25 Ordine marzo 2002 - Ordine dei Giornalisti
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25 Ordine marzo 2002 - Ordine dei Giornalisti
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<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong><br />
giornalisti<br />
della<br />
Lombardia<br />
L’assemblea degli iscritti<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
“Oro” a 29 colleghi<br />
per 50 anni di Albo<br />
Sono 29 i colleghi (17 professionisti e<br />
12 pubblicisti) che quest’anno compiono<br />
i 50 anni di iscrizione agli elenchi<br />
dell’Albo. Riceveranno la medaglia<br />
d’oro dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in<br />
occasione dell’assemblea annuale degli<br />
iscritti che si terrà giovedì 21 <strong>marzo</strong><br />
(ore 15) al Circolo della Stampa. Ecco i<br />
loro nomi:<br />
PROFESSIONISTI<br />
Bruno Ambrosi, Carmelo Azzolina, Gian<br />
Galeazzo Biazzi Vergani, Carlo Brazzi,<br />
Mario Costa Cardol, Enrico Crespi, Sante<br />
Della Putta, Dante Ferrari, Raul Oreste<br />
Fornezza, Gian Mario Maletto, Annamaria<br />
Malvestiti, Floriana Maudente,<br />
Rodolfo Pagnini, Giancarlo Pertegato,<br />
Giacinto Spadetta, Fernando Strambaci,<br />
Alfredo Todisco.<br />
PUBBLICISTI<br />
Vincenzo Angelucci, mons. Loris Capovilla,<br />
Gino Cesaretti, Gillo Dorfles, Gian<br />
Luigi Falabrino, Renato Ferrari, Pasquale<br />
Magni, Rolando Marchi, Oliviero Sandrini,<br />
Sandra Sollazzi, Guido Weiller, Pier<br />
Luigi Zampetti.<br />
Nel corso dell’assemblea verranno<br />
consegnate le tessere di praticante agli<br />
allievi della Scuola di giornalismo dell’Università<br />
Cattolica e dell’Ifg “Carlo De<br />
Martino”. All’ordine del giorno dell’assemblea<br />
degli iscritti all’Albo figura l’approvazione<br />
del bilancio preventivo <strong>2002</strong><br />
e del conto consuntivo 2001.<br />
ALLE PAGINE 4-13 LE SCHEDE<br />
BIOGRAFICHE DEI COLLEGHI CHE<br />
RICEVERANNO LA MEDAGLIA D’ORO.<br />
SOMMARIO<br />
Nelle pagine centrali<br />
Anno XXXII<br />
n.3 <strong>marzo</strong> <strong>2002</strong><br />
Direzione e redazione<br />
Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />
Telefono: 02 63 61 171<br />
Telefax: 02 65 54 307<br />
http://www.odg.mi.it<br />
e-mail:odg@galactica.it<br />
Spedizione in a.p. (45%)<br />
Comma 20 (lettera b)<br />
dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />
Filiale di Milano<br />
L’Autorità Garante per la protezione della privacy: “Siamo di fronte ad una grave violazione della dignità della persona”<br />
Mucca<br />
pazza:<br />
“Non si<br />
pubblicano<br />
le notizie<br />
sulla<br />
ragazza<br />
ammalata”<br />
giovedì<br />
21<br />
<strong>marzo</strong><br />
<strong>2002</strong><br />
Roma, 7 febbraio - L’Autorità Garante per<br />
la protezione <strong>dei</strong> dati personali (composta<br />
da Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello,<br />
Gaetano Rasi, Mauro Paissan) ha emesso<br />
un provvedimento con il quale si dispone il<br />
divieto di trattamento, da parte <strong>dei</strong> mezzi di<br />
informazione, <strong>dei</strong> dati personali della<br />
ragazza sospetta di aver contratto la<br />
variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jacob.<br />
La decisione è stata presa nella riunione<br />
odierna, viste le notizie diffuse nei giorni<br />
scorsi da molteplici mezzi di informazione<br />
che hanno reso possibile l’identificazione<br />
della ragazza. Giornali e mass-media<br />
hanno fornito una dovizia di particolari sulla<br />
ragazza, contraria al principio di essenzialità<br />
dell’informazione sancito dalla legge<br />
sulla privacy e dal codice deontologico <strong>dei</strong><br />
giornalisti. È il primo caso di divieto alla<br />
pubblicazione adottato dal Garante.<br />
La pubblicazione di quella che è una notizia<br />
di indubbio interesse generale (la<br />
presenza della malattia nel nostro paese)<br />
non rendeva necessario – ha affermato il<br />
Garante – alcun riferimento alla specifica<br />
persona. Si è in tal modo concretata una<br />
grave violazione della dignità della persona.<br />
La ricordata dovizia di particolari ha,<br />
peraltro, comportato la pubblicazione di<br />
notizie relative a congiunti dell’interessata<br />
e ad altre persone estranee ai fatti, con una<br />
palese violazione del codice deontologico<br />
<strong>dei</strong> giornalisti.<br />
La diffusione di molte delle notizie, ha<br />
osservato l’Autorità Garante, ha verosimilmente<br />
la sua origine nella violazione di<br />
specifici obblighi di segretezza da parte di<br />
soggetti pubblici e di esercenti la professione<br />
medica. Il pregiudizio riferibile a diversi<br />
Milano, 28 gennaio <strong>2002</strong> - Il Gup del Tribunale<br />
di Brescia, Silvia Milesi, ha dichiarato<br />
“in nome del popolo italiano” il non luogo a<br />
procedere contro Franco Abruzzo, presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />
“per non essere punibile, ex articolo 51<br />
Cp, ritenuta sussistente l’esimente del diritto<br />
di cronaca e di critica”. Franco Abruzzo era<br />
stato accusato del reato di diffamazione a<br />
mezzo stampa nei riguardi di un Pm di Como<br />
al quale un cronista del Corriere di Como<br />
aveva opposto il segreto professionale alla<br />
richiesta dello stesso Pm di consegnare<br />
l’elenco delle sue utenze telefoniche. Abruzzo<br />
(che è stato difeso dagli avvocati Raffaele<br />
Di Palma e Francesco Sardi De Letto)<br />
aveva rivolto un appello al Procuratore generale<br />
della Repubblica, Francesco Saverio<br />
Borrelli, e concesso una intervista al Corrie-<br />
soggetti a causa della diffusione delle notizie<br />
potrà, ha spiegato l’Autorità, essere<br />
fatto valere davanti alla competente autorità<br />
giudiziaria.<br />
Constatate dunque, le numerose violazioni<br />
delle norme sulla privacy e del codice<br />
deontologico per l’attività giornalistica e<br />
constatata l’illiceità del trattamento <strong>dei</strong> dati<br />
personali che rendono identificabili, in casi<br />
come quello in esame, la persona interessata,<br />
i suoi congiunti e altre persone non<br />
interessate ai fatti, l’Autorità ha vietato il<br />
trattamento <strong>dei</strong> dati da parte <strong>dei</strong> mezzi di<br />
informazione. Il Garante ha inviato, per le<br />
valutazioni di loro competenza, il provvedimento<br />
agli editori, ai direttori responsabili<br />
<strong>dei</strong> quotidiani, ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti, al Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> medici, alla competente autorità<br />
giudiziaria.<br />
Il Gup di Brescia Silvia Milesi chiude la battaglia svolta dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> a tutela delle fonti <strong>dei</strong> cronisti giudiziari di Como<br />
Abruzzo dichiarato non punibile:<br />
“Uso legittimo del diritto di critica”<br />
Un cronista<br />
del “Corriere<br />
di Como”<br />
aveva opposto<br />
il segreto<br />
professionale<br />
alla richiesta del<br />
Pm di consegnare<br />
l’elenco<br />
delle sue “utenze<br />
telefoniche”<br />
Abruzzo ha reagito<br />
con una lettera<br />
aperta al Pg<br />
Borrelli, scrivendo:<br />
“La Procura<br />
di Como si è posta<br />
fuori dalla<br />
Costituzione e<br />
dalla Convenzione<br />
europea <strong>dei</strong> diritti<br />
dell’Uomo”<br />
La presa<br />
di posizione<br />
era stata seguita<br />
dalla<br />
denuncia-querela<br />
di un Pm<br />
della città lariana.<br />
Il Pm<br />
di Brescia<br />
per l’archiviazione<br />
Professione La critica giornalistica:<br />
& legge contenuto e limiti pag. 2<br />
Documenti Pubblica amministrazione<br />
e informazione pag. 14<br />
L’<strong>Ordine</strong> e i “tosati”<br />
della Bipop-Carire pag. 16<br />
Società del- Internet e la “buona notizia”<br />
l’informazione messaggio del Papa pag. 18<br />
Il Cardinale Martini<br />
a Lecco pag. 20<br />
Stampa “Il Popolo<br />
locale Cattolico” pag. 24<br />
Memoria Il centenario di don Gnocchi pag. 22<br />
Milano ricorda la Shoah pag. 28<br />
Grandi Ferdinando Scianna:<br />
fotografi ricomincerei dalla scrittura pag. 26<br />
La libreria Le recensioni<br />
di Tabloid del mese pag. 30<br />
L’inserto Tabloid dell’Istituto Carlo de Martino - Ifg<br />
re di Como, raccolta dal giornalista Paolo<br />
Annoni, in difesa di un altro redattore del<br />
quotidiano, Paolo Moretti, messo sotto<br />
inchiesta per reticenza dal Pm incaricato di<br />
una indagine su una fuga di notizie. Con<br />
Abruzzo e Annoni, era finito sotto procedimento<br />
penale anche Mario Rapisarda, direttore<br />
del Corriere di Como. Abruzzo, Annoni<br />
e Rapisarda sono stati dichiarati non punibili<br />
con la stessa sentenza.<br />
La decisione del Gup significa che i pubblici<br />
ministeri possono essere legittimamente criticati<br />
in maniera “aspra, polemica, forte e<br />
veemente ma non denigratoria”, quando<br />
chiedono ai cronisti la consegna delle agende<br />
personali con l’elenco delle “utenze<br />
telefoniche”. Il segreto (<strong>dei</strong> giornalisti) sulle<br />
del caso. segue in ultima pagina<br />
1
PROFESSIONE&LEGGE<br />
PROFESSIONE & LEGGE<br />
La critica giornalistica: cont<br />
di Sabrina Peron, avvocato in Milano<br />
Appare nozione scontata e ormai acquisita che con il termine<br />
“cronaca giornalistica” ci si riferisce non solo al testo scritto<br />
di un articolo, ma anche al titolo, all’occhiello, alle immagini<br />
fotografiche che lo corredano e, più in generale, all’impaginazione<br />
ed alla presentazione grafica dell’articolo stesso.<br />
Da ciò deriva che può realizzarsi il reato di diffamazione non<br />
solo tramite il contenuto di un “pezzo” giornalistico, ma anche<br />
tramite tutti quegli elementi che concorrono a realizzare la<br />
presentazione della notizia. Con la conseguenza che il contenuto<br />
diffamatorio di un articolo viene valutato non solo sulla<br />
base del suo tenore letterale, ma anche tenendo presente il<br />
contesto complessivo in cui lo stesso si colloca e, quindi, le<br />
immagini e/o la vignetta satirica che eventualmente l’accompagnano,<br />
il titolo, il sottotitolo, l’occhiello, il sommario, la didascalia,<br />
il risalto grafico dato alle parole, lo spazio utilizzato<br />
per sottolineare maliziosamente alcuni particolari eccetera.<br />
Per quanto riguarda la formulazione <strong>dei</strong> titoli (i quali assolvono<br />
la funzione di richiamare e selezionare l’attenzione <strong>dei</strong><br />
lettori), devono essere rispettati sia il limite della verità che<br />
quello della continenza (ossia la forma civile nell’esposizione<br />
<strong>dei</strong> fatti), entrambi necessari ed imprescindibili per il corretto<br />
esercizio del diritto di cronaca. Ciò premesso, vediamo che la<br />
valutazione della portata diffamatoria del titolo può risultare<br />
sia da un esame di questo unitamente al contenuto dell’articolo<br />
cui si riferisce, sia dal solo titolo, tutte le volte in cui questi<br />
presenti un’autonoma efficacia suggestionante, travisando ed<br />
amplificando un testo veritiero (magari utilizzando l’artificio<br />
costituito dal riferimento ad un fatto vero, rappresentato in<br />
Con riguardo alla valutazione, spettante al<br />
giudice, del carattere diffamatorio di uno<br />
scritto, tale carattere non può essere escluso<br />
sulla base di una lettura atomistica dello<br />
stesso, dovendosi, invece, giudicare la portata<br />
offensiva non solo delle singole espressioni<br />
in esso contenute, ma dell’intero contesto;<br />
ne consegue che, anche in relazione al titolo<br />
di un articolo di stampa, il carattere offensivo<br />
va escluso non solo alla stregua della valutazione<br />
del titolo in sé, ma anche del rapporto<br />
di esso con il contenuto dello scritto.<br />
Cass., <strong>25</strong>.07.2000, n. 9746, Bagnasco c.<br />
Albertini<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />
valutazione della portata diffamatoria di un<br />
articolo deve essere effettuata prendendone<br />
in esame l’intero contenuto, sia sotto il profilo<br />
letterale sia sotto il profilo delle modalità<br />
complessive con le quali la notizia viene<br />
data, potendo assumere significato decisivo,<br />
tra l’altro, anche l’esame del titolo (nella fattispecie<br />
la corte ha ritenuto che l’omesso<br />
esame dell’intero contenuto narrativo della<br />
pubblicazione da parte del giudice di merito<br />
si è tradotto in un vizio della motivazione con<br />
riflessi sulla ritenuta esimente del diritto di<br />
cronaca).<br />
Cass., 30.03.2000, Giustolisi<br />
L’apprezzamento del limite della continenza<br />
va effettuato in relazione non alla singolare<br />
valenza di un termine adoperato ma dall’intero<br />
contenuto espositivo dell’articolo e al<br />
complesso della pubblicazione, rappresentata<br />
anche dal titolo e dal modo di rappresentazione<br />
(nella fattispecie si è ritenuto superato<br />
il limite della forma civile dell’esposizione<br />
sin dal titolo - “Basta marchette per favore” -<br />
che fungeva da corredo all’articolo incriminato).<br />
Trib. Milano 01.10.1999, Occhipinti c. La Pira,<br />
Abruzzo<br />
L’evento del reato di cui all’art. 57 c.p., giusto<br />
l’art. 40 cpv. c.p., è quello che, cagionato<br />
dall’autore della pubblicazione, il direttore<br />
responsabile del periodico, omettendo il<br />
controllo, non ha impedito; pertanto, in caso<br />
di assoluzione dell’imputato di diffamazione,<br />
termini volutamente equivoci), oppure tutte le volte in cui il<br />
titolo risulti impreciso, errato o iperbolico. Per fare qualche<br />
esempio concreto vediamo che è stato ritenuto illecito il titolo<br />
di un articolo che presentava il fatto senza far riferimento alla<br />
fonte da cui era tratto (nel caso di specie un’interpellanza<br />
parlamentare) e senza l’utilizzo della forma dubitativa o interrogativa.<br />
Altresì è stato ritenuto illecito un titolo maliziosamente<br />
confusorio e scritto a caratteri rilevanti (così da catturare<br />
subito l’attenzione del lettore), accompagnato da un occhiello<br />
chiarificatore dell’equivoco scritto invece con caratteri più<br />
piccoli. Per contro non è stato reputato diffamante il titolo<br />
metaforico in relazione al quale i lettori potevano facilmente<br />
intuire che l’espressione utilizzata (nella fattispecie “Sua Emittenza<br />
bara al gioco”), per quanto pungente, costituiva la sintesi<br />
delle critiche legittimamente avanzate nel testo dell’articolo;<br />
e neppure è stato ritenuto illecito l’uso nella formulazione del<br />
titolo e/o dell’occhiello di toni sì aspri o enfatici ma, comunque,<br />
in sintonia con il gergo tipico della cronaca giudiziaria e<br />
non idonei a falsificare il contenuto veridico della notizia.<br />
Si noti, inoltre, che nel caso in cui l’articolo pubblicato non<br />
abbia di per sé un contenuto diffamatorio, ma questo risulti<br />
dal complesso dell’informazione pubblicata (per le modalità<br />
di presentazione della notizia e, soprattutto, per i titoli che<br />
l’accompagnano), del fatto lesivo non può essere chiamato a<br />
rispondere l’autore dell’articolo quando questi si sia limitato -<br />
come di regola - a fornirne il testo alla redazione del giornale,<br />
la quale abbia poi provveduto alla pubblicazione stabilendo<br />
la collocazione in una determinata pagina, il risalto da<br />
dare alla notizia, la formulazione <strong>dei</strong> titoli, <strong>dei</strong> sottotitoli ed<br />
ogni altro particolare. In questo caso potrà essere chiamato<br />
a rispondere il direttore responsabile del periodico, unita-<br />
Ricerca di giurisprudenza<br />
autore di un articolo, perché il fatto non costituisce<br />
reato, allorché il direttore sia imputato<br />
solo dell’omesso controllo del suo tenore,<br />
non può ritenersi sussistente, ancorché ai<br />
soli effetti civili, la sua condotta omissiva<br />
qualificata circa i titoli, e gli elementi iconografici<br />
di contorno per se stessi, per i quali<br />
non è stata formulata autonoma imputazione<br />
a carico <strong>dei</strong> diretti responsabili, diversi<br />
dall’autore dell’articolo (nella fattispecie<br />
accanto all’articolo era stata pubblicata una<br />
“mappa, clan per clan, nome per nome”, non<br />
oggetto di imputazione).<br />
Cass., 28.05.1999, Monti<br />
Quando il “fatto-intervista” pubblicato consista<br />
in valutazioni o giudizi, il giornalista è<br />
tenuto al rigoroso rispetto delle opinioni<br />
manifestate dall’intervistato anche in termini<br />
critici, al fine di far emergere l’obiettività del<br />
dibattito e fornire al pubblico un quadro più<br />
genuino possibile, atto ad orientare il giudizio<br />
anche sul personaggio intervistato; il<br />
mantenimento della posizione di “testimone”<br />
obiettivo, che si limita a sintetizzare nel titolo<br />
il contenuto critico dell’intervista, a spendere<br />
semplici espressioni volte a presentare l’intervistato<br />
ed a porre quesiti strettamente<br />
funzionali alla manifestazione della sua<br />
opinione, si risolve nella realizzazione di<br />
quegli elementi che, se pure rapportabili ad<br />
un principio di continenza in senso lato,<br />
valgono a riassumere l’atteggiamento di<br />
distacco dall’intrinseco contenuto - anche<br />
diffamatorio - delle risposte.<br />
Cass., 14.12.1999, Scalfari<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai<br />
fini della sussistenza della scriminante del<br />
diritto di critica l’apprezzamento del limite<br />
della continenza nello scritto va operato in<br />
relazione non alla singolare valenza di un<br />
termine adoperato ma all’intero contenuto<br />
espositivo dell’articolo e al complesso della<br />
pubblicazione, rappresentata anche dal titolo<br />
e dal modo di rappresentazione (fattispecie<br />
in cui il giudice di merito s’era limitato a rilevare<br />
- pur se congruamente, secondo la<br />
suprema corte - il corrente non offensivo<br />
significato letterale del termine “lottizzato”).<br />
Cass., 03.06.1998, Scalfari<br />
Il reato di diffamazione può realizzarsi<br />
non solo tramite il contenuto dell’articolo,<br />
ma anche tramite tutti quegli elementi<br />
che concorrono a realizzare la presentazione<br />
della notizia (titolo, immagini, didascalia ecc.)<br />
Il diritto di cronaca, tutelato dall’art. 21 cost.,<br />
può liberamente esplicarsi ove ricorrano<br />
cumulativamente le condizioni dell’utilità<br />
sociale della notizia, della verità <strong>dei</strong> fatti<br />
divulgati e della forma civile dell’esposizione<br />
<strong>dei</strong> fatti e della loro valutazione (nella specie,<br />
sono stati ritenuti legittimi sotto i tre profili<br />
indicati i titoli e gli articoli pubblicati sul crack<br />
Bagnasco).<br />
Trib. Roma, 08.07.1996, Bagnasco c. Soc.<br />
ed. La Repubblica<br />
Va confermata la sentenza d’appello che,<br />
dalla constatata mancanza di coinvolgimento<br />
di un leader politico (nella specie, Bettino<br />
Craxi) in un’inchiesta finalizzata a perseguire<br />
finanziamenti illeciti in favore di un partito,<br />
abbia desunto il carattere non veritiero e<br />
scorretto <strong>dei</strong> titoli utilizzati da un quotidiano<br />
(La Repubblica) per presentare il relativo<br />
servizio giornalistico e, di conseguenza,<br />
abbia affermato la responsabilità della<br />
società editrice e del direttore del giornale<br />
per violazione dell’onore e della reputazione<br />
dell’uomo politico. Va confermata la sentenza<br />
d’appello che abbia riconosciuto l’illiceità<br />
di una vignetta satirica (nella specie, Craxi vi<br />
era raffigurato, per mano di Forattini, nelle<br />
vesti di un ladro con garofano rosso sull’orecchio<br />
destro e gli si attribuiva la frase:<br />
“quanto mi piace questo giornale da quando<br />
ha Portfolio”), in quanto idonea, unitamente<br />
al titolo di un contestuale servizio giornalistico,<br />
ad integrare il reato di diffamazione a<br />
mezzo stampa.<br />
Cass., 29.05.1996, n. 4993, Soc. ed. La<br />
Repubblica c. Craxi.<br />
Nell’impostazione generale di una pagina di<br />
giornale il titolo, per il rilievo <strong>dei</strong> caratteri che<br />
lo contraddistinguono, assolve alla funzione<br />
naturale di richiamare e selezionare l’attenzione<br />
<strong>dei</strong> lettori; pertanto, quand’anche il<br />
testo dell’articolo contenga una corretta<br />
esposizione <strong>dei</strong> fatti di cronaca relativi ad un<br />
procedimento penale all’epoca in corso, la<br />
reputazione dell’imputato può essere lesa da<br />
un’intitolazione tendenziosa e suggestionante,<br />
che accosti le ipotesi di reato contestate<br />
a fenomeni ad esse estranei (nella specie, il<br />
termine tangentopoli universitaria conteneva<br />
mente - in sede civile - all’editore.<br />
Per quanto concerne la grafica, come si è accennato<br />
anch’essa deve sottostare al limite della verità e della forma<br />
civile. Nella famosa sentenza della Corte di Cassazione, nota<br />
come il “decalogo” (Cass., 18.10.1984, 5<strong>25</strong>9), viene preso in<br />
considerazione non solo il tono sproporzionatamente scandalizzato<br />
e sdegnato <strong>dei</strong> titoli, ma anche il modo di presentazione<br />
della notizia, quale l’uso del punto esclamativo dove di<br />
solito non viene messo, l’utilizzo delle virgolette allo scopo di<br />
far intendere al lettore che esse non sono altro che eufemismi<br />
da interpretarsi in ben altro (e noto) senso da quello che<br />
avrebbero senza le virgolette stesse, e così via. Altresì si è<br />
ritenuto che l’enfatizzazione grafica nella copertina <strong>dei</strong> contenuti<br />
di un’intervista non solo rappresenti un richiamo per i<br />
lettori, ma sia anche un’attribuzione di verità e certezze assolute<br />
di quelle dichiarazioni nei cui confronti il giornalista manifesta<br />
piena adesione (per contro, invece, il mantenimento<br />
della posizione di “testimone” obiettivo, che si limita a sintetizzare<br />
nel titolo il contenuto critico dell’intervista, non è ritenuto<br />
diffamatorio).<br />
Per quanto concerne le immagini, si ritiene illecita la pubblicazione<br />
dell’immagine di una persona tutte le volte in cui si<br />
porta il pubblico ad equivocare la realtà <strong>dei</strong> fatti inducendolo<br />
così in inganno. Ciò si realizza, ad esempio, qualora si<br />
pubblichi un immagine decontestualizzata oppure si impieghi<br />
l’immagine di un sosia. Mentre in tema di presentazione della<br />
notizia nell’ambito del giornalismo televisivo è possibile<br />
realizzare il reato di diffamazione attraverso la tecnica del<br />
montaggio e della riproduzione di immagini televisive, idonea<br />
a presentare il soggetto preso di mira in modo grottesco così<br />
da esporlo al biasimo della pubblica opinione.<br />
un’allusione a pratiche di corruzione derivanti<br />
dall’intreccio fra politica ed affari).<br />
Trib. Torino, 18.05.1996, Bin c. Soc. ed. La<br />
Repubblica<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />
valutazione circa il rispetto del limite di continenza<br />
nell’esercizio del diritto di critica non<br />
può prescindere dalla verifica di correlazione<br />
con i titoli, la grafica e, particolarmente, il<br />
contenuto espositivo, giacché la mera collocazione<br />
del riferimento può implicarne un<br />
ulteriore significato, connotato dal disvalore<br />
(fattispecie relativa ad annullamento per vizio<br />
di motivazione da parte della suprema corte,<br />
nella quale il giudice di merito aveva ritenuto<br />
giustificata l’espressione “un vero boss”, riferita<br />
all’assessore ai ll.pp. del comune di<br />
Ardea sulla scorta del solo significato letterale<br />
del termine).<br />
Cass., 24.10.1995, Fedele<br />
Non costituisce esercizio del diritto di cronaca,<br />
e pertanto comporta responsabilità<br />
dell’editore e del giornalista per lesione del<br />
diritto all’onore e alla reputazione, la pubblicazione<br />
(accompagnata da un titolo e da una<br />
fotografia aventi autonomo effetto lesivo) di<br />
un’intervista a un parlamentare che, riportandosi<br />
a una sua interrogazione parlamentare,<br />
abbia riferito notizie non vere.<br />
Cass., 05.05.1995, n. 4871, Soc. Gepi c.<br />
Cerminara<br />
In tema di diffamazione col mezzo della<br />
stampa, i limiti che circoscrivono l’ambito<br />
dell’esercizio del diritto di cronaca sono<br />
rappresentati - oltre che dall’oggettivo interesse<br />
che i fatti narrati rivestano per l’opinione<br />
pubblica - dalla correttezza con la quale<br />
essi vengono narrati, in modo da evitare<br />
gratuite aggressioni all’altrui onorabilità, e<br />
dalla corrispondenza tra i fatti accaduti e<br />
quelli esposti (principi, rispettivamente, della<br />
continenza e della verità); la relativa valutazione<br />
va effettuata con riferimento non solo<br />
al contenuto letterale dell’articolo, ma anche<br />
alle modalità complessive, con le quali la<br />
notizia viene data, sicché decisivo può essere,<br />
tra l’altro, l’esame <strong>dei</strong> titoli e <strong>dei</strong> sottotitoli.<br />
Cass., 12.01.1995, Scalari<br />
2 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
tenuto e limiti<br />
Non può considerarsi lecito esercizio del<br />
diritto di satira la raffigurazione caricaturale<br />
di contenuto offensivo, anche se ironica, che<br />
esplicitamente si colleghi, attraverso i titoli,<br />
ad articoli giornalistici, anche se il contenuto<br />
di questi ultimi non sia di per sé diffamatorio;<br />
in tal caso, infatti, la vignetta non è pura e<br />
semplice espressione satirica ma vero e<br />
proprio veicolo di informazione giornalistica<br />
e - come tale - assoggettata ai limiti propri<br />
del diritto di cronaca.<br />
Trib. Milano, 26.05.1994, Soc. ed. L’Unità c.<br />
Soc. ed. A. Mondatori<br />
Comporta responsabilità civile per lesione<br />
del diritto all’onore la pubblicazione di articoli<br />
privi degli elementi della verità e continenza<br />
nel titolo, nell’occhiello e nel testo.<br />
Trib. Roma, 28.09.1993, Filocamo c. Magri<br />
Nella utilizzazione <strong>dei</strong> mezzi di informazione,<br />
fatti e notizie debbono essere riferiti con<br />
correttezza, non potendosi ricomprendere<br />
nell’interesse sociale che giustifica la discriminante<br />
dell’esercizio del diritto di cronaca<br />
giornalistica inutili eccessi ed aggressioni<br />
dell’interesse morale della persona; la valutazione<br />
di tale requisito, però, va effettuata<br />
con riferimento non solo al contenuto letterale<br />
dell’articolo, ma anche alle modalità<br />
complessive con le quali la notizia viene<br />
data, sicché decisivo può essere l’esame <strong>dei</strong><br />
titoli e <strong>dei</strong> sottotitoli, lo spazio utilizzato per<br />
sottolineare maliziosamente alcuni particolari,<br />
l’utilizzazione eventuale di fotografie; con<br />
la conseguenza che l’eventuale valutazione<br />
negativa della correttezza farebbe venire<br />
meno il requisito della continenza e quindi la<br />
configurabilità della esimente del diritto di<br />
cronaca.<br />
Cass., 05.07.1993, Renga<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />
genericità del titolo, per la vaghezza <strong>dei</strong><br />
termini usati, va risolta mediante analisi del<br />
contenuto dell’articolo; ma quando tale<br />
contenuto è stato ritenuto non diffamatorio<br />
nei confronti di una determinata persona per<br />
aver riferito fatti risultati corrispondenti a<br />
verità e l’intero articolo è stato ritenuto costituire<br />
espressione del diritto di cronaca giornalistica,<br />
è da escludere la sussistenza della<br />
diffamazione in base alla sola formulazione<br />
generica del titolo stesso.<br />
Cass., 04.11.1992, Kamenetski<br />
L’autore di un articolo non può essere ritenuto<br />
responsabile delle espressioni diffamatorie<br />
contenute nel titolo, nell’“occhiello” e nel<br />
“catenaccio” che, solitamente, sono compilati<br />
a cura della redazione del medesimo organo<br />
di stampa; è viceversa responsabile l’articolista<br />
che non ha rispettato i limiti fissati<br />
dalla giurisprudenza per un corretto esercizio<br />
dell’attività giornalistica.<br />
Trib. Lecce, 07.04.1992, Bollino<br />
Si realizza una lesione dell’identità personale<br />
e del decoro di un personaggio dello spettacolo<br />
(nella specie una giovane attrice) nel<br />
caso in cui venga pubblicato: un titolo maliziosamente<br />
confusorio scritto a caratteri rilevanti;<br />
un occhiello in testa alla pagina che<br />
dovrebbe chiarire l’equivoco, scritto a caratteri<br />
nettamente inferiori; un’immagine di un<br />
sosia in atteggiamenti provocanti; un testo<br />
che dedica solo poche righe alla spiegazione<br />
dell’equivoco creato dal titolo e dalle<br />
immagini che lo accompagnano.<br />
Trib. Roma, 28.01.1992, Russo c. Tattilo<br />
Editrice<br />
Qualora un articolo fornito dal giornalista e<br />
per di sé privo di contenuto diffamatorio<br />
venga pubblicato con titoli e sottotitoli aventi<br />
contenuto offensivo ma predisposti dalla<br />
redazione, il fatto lesivo non può essere<br />
addebitato all’autore dell’articolo.<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
fini della individuazione del contenuto diffamatorio<br />
della informazione, deve essere<br />
valutato sia il testo letterale dell’articolo<br />
pubblicato sia il complesso dell’informazione<br />
rappresentato dal testo, dalla sua interpretazione,<br />
dalle immagini che l’accompagnano,<br />
dai titoli e sottotitoli, dal modo di presentazione<br />
e da ogni altro elemento utile; la lesione<br />
dell’altrui reputazione, infatti, non si verifica<br />
necessariamente a mezzo del solo contenuto<br />
dell’articolo, ma può verificarsi anche con<br />
altre modalità, come nel caso di un articolo<br />
corredato da un titolo di per sé offensivo.<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel<br />
caso in cui l’articolo pubblicato non abbia di<br />
per sé un contenuto diffamatorio, ma sia il<br />
complesso dell’informazione, per le modalità<br />
di presentazione e, soprattutto, per i titoli che<br />
l’accompagnano, ad attribuire alla informazione<br />
un contenuto offensivo dell’altrui reputazione,<br />
del fatto lesivo non può essere chiamato<br />
a rispondere l’autore dell’articolo quando<br />
questi si sia limitato - come di regola - a<br />
fornirne il testo alla redazione del giornale, la<br />
quale abbia provveduto alla pubblicazione<br />
stabilendone essa, come appunto avviene di<br />
norma, la collocazione in una determinata<br />
pagina, il risalto da dare alla notizia, la formulazione<br />
di titoli e sottotitoli ed ogni altro particolare<br />
(nella specie, in cui il querelante si<br />
doleva del contenuto diffamatorio del titolo e<br />
non anche dell’articolo, la cassazione ha<br />
accolto la tesi del ricorrente, autore dell’articolo,<br />
che sosteneva che il fatto lesivo non<br />
fosse a lui addebitabile in quanto il titolo non<br />
era opera sua essendo la stesura dello stesso<br />
affidata ad una speciale équipe all’interno<br />
del giornale).<br />
Cass., 27.11.1991, Cerasa<br />
L’uso di toni aspri o enfatici non esorbita dai<br />
limiti dell’esercizio <strong>dei</strong> diritti di cronaca giudiziaria<br />
se il giornalista utilizza una formulazione<br />
di titoli, occhielli, ecc., in linea con gli<br />
schemi ed il gergo del giornalismo giudiziario,<br />
e non distorce il contenuto veridico della<br />
notizia.<br />
Trib. Milano, 08.04.1991, Bonetti c. R.C.S.<br />
Editoriale Quotidiani<br />
Ai fini dell’accertamento della sussistenza<br />
del reato di diffamazione a mezzo stampa,<br />
deve esser valutato sia il testo letterale<br />
dell’articolo sia il complesso dell’informazione<br />
rappresentata dal testo, dal titolo, dalle<br />
immagini e dal modo di presentazione, di<br />
modo che se dal complesso di questi<br />
elementi viene agevolata una interpretazione<br />
del testo letterale piuttosto che un’altra,<br />
deve tenersi conto di tale situazione per la<br />
valutazione del contenuto diffamatorio della<br />
notizia pubblicata.<br />
Cass., 12.12.1991, Benincasa<br />
Il reato di diffamazione a mezzo stampa può<br />
essere realizzato anche attraverso il titolo<br />
soltanto; il titolo però deve essere interpretato<br />
in relazione al contesto in cui si riferisce,<br />
non essendo diffamante un titolo metaforico<br />
in relazione al quale i lettori possono facilmente<br />
intuire che l’espressione utilizzata in<br />
esso, per quanto pungente, costituisca solo<br />
la sintesi delle critiche legittimamente avanzate<br />
nel testo dell’editoriale (nella fattispecie<br />
“Sua Emittenza bara al gioco”).<br />
Trib. Roma, 02.11.1989, Fazzolari.<br />
La lesività dell’onore e della reputazione può<br />
desumersi anche solo dal titolo, quando<br />
questo sia un’affermazione compiuta, chiara<br />
e univoca la cui portata sia integralmente<br />
percepibile del lettore. Il titolo costituisce<br />
reato di diffamazione a mezzo stampa se ha<br />
un’autonoma efficacia suggestionante,<br />
specie quando travisi e amplifichi un testo<br />
veritiero, utilizzando l’artificio costituito dal<br />
riferimento ad un fatto vero rappresentato in<br />
termini volutamente equivoci, laddove il<br />
contenuto dell’articolo, lungi dall’ingenerare<br />
Berlusconi<br />
e le tv:<br />
la<br />
Federazione<br />
internazionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti<br />
scrive a Prodi<br />
nel lettore l’univoco convincimento che il titolo<br />
sia impreciso, iperbolico ed errato, definisca<br />
il fatto tacendo ulteriori elementi chiarificatori<br />
delle verità <strong>dei</strong> fatti.<br />
Trib. Roma, 19.12.1989, Rendo c. La Repubblica<br />
Configura il reato di diffamazione a mezzo<br />
stampa la pubblicazione di una fotografia di<br />
una donna nuda attribuita ad una attrice,<br />
qualora essa risulti falsa ed il titolo del giornale<br />
confermi l’intendimento di sottolineare<br />
la circostanza della nudità.<br />
Trib. Milano, 28.01.1988, Andreoli<br />
È configurabile il reato di cui all’art. 595 c.p.<br />
nel caso di diffusione a mezzo stampa del<br />
contenuto diffamatorio di una interpellanza o<br />
interrogazione parlamentare qualora sia<br />
omessa la formula dubitativa o interrogativa<br />
dell’atto che esclude l’iniziale rispondenza<br />
<strong>dei</strong> fatti a verità obiettiva non ancora accertata,<br />
o quando il titolo dell’articolo che contiene<br />
la notizia venga formulato in maniera da<br />
presentare l’accadimento del fatto senza riferimento<br />
alla fonte e alla forma in cui è stato<br />
prospettato.<br />
Cass., 04.02.1987, Saraceni.<br />
In tema di diffamazione a mezzo stampa,<br />
l’obbligo della verità e della continenza sussiste<br />
tanto con riferimento all’articolo quanto al<br />
solo titolo; il reato de quo può essere quindi<br />
realizzato anche per il tramite del solo titolo.<br />
Cass., 13.02.1985, Criscuoli<br />
Costituisce diffamazione col mezzo della<br />
stampa accostare, in uno <strong>dei</strong> titoli di prima<br />
pagina di un giornale quotidiano, il nome di<br />
un esponente politico a quello di un noto<br />
criminale di guerra nazista, ancorché nel<br />
testo dell’articolo non siano contenute<br />
espressioni in sé diffamatorie.<br />
Trib. Trento, 09.05.1986, Trentini<br />
Il reato di diffamazione può consistere anche<br />
nell’autonoma efficacia e suggestione del<br />
titolo rispetto al testo, specie quando il titolo<br />
travisi ed amplifichi un testo veritiero.<br />
Cass., 12.01.1983, Scalari<br />
“Cronaca” non vuole dire soltanto un articolo<br />
o un testo scritto, ma immagini fotografiche,<br />
Bruxelles, 29 gennaio - La Federazione internazionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti (Ifj) ha inviato una lettera aperta al presidente<br />
della Commissione europea, Romano Prodi, invitandolo “ad<br />
intervenire sulla stretta mortale esercitata dal primo ministro<br />
italiano, Silvio Berlusconi, sulle emittenti televisive<br />
italiane”.<br />
Per il segretario generale dell’Ifj, Aidan White, “la percezione<br />
di un controllo e di una influenza politica indebiti sull’intero<br />
settore televisivo di uno Stato membro è in contraddizione<br />
con i principi e con le politiche della democrazia moderna,<br />
che richiede una gestione indipendente e professionale <strong>dei</strong><br />
media”.<br />
La Federazione che ha sede a Bruxelles e rappresenta le<br />
associazioni giornalistiche di 106 paesi si è rivolta a Prodi<br />
“perché intervenga presso il governo italiano per sollevare la<br />
questione del conflitto di interessi, che è inaccettabile e intollerabile”.<br />
“Si tratta di un conflitto di interessi - conclude l’Ifj - che non<br />
sarebbe tollerato in nessuno <strong>dei</strong> paesi candidati all’ adesione<br />
all’Ue, e a maggior ragione non può essere tollerato in<br />
nessuno degli attuali Stati membri”. (ANSA)<br />
<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />
titolo e impaginazione; i reati commessi per<br />
mezzo della stampa possono configurarsi<br />
sia nel complesso del testo e delle immagini,<br />
valutati unitariamente, sia in una singola<br />
frase dell’articolo, oppure nel risalto grafico<br />
del titolo e delle immagini, valutati a parte.<br />
La comunicazione sociale e la comunicazione<br />
giornalistica non consistono soltanto in un<br />
testo parlato o scritto; invero l’attività giornalistica<br />
ha forme diverse che vanno dallo scrivere<br />
un articolo, all’illustrarlo con immagini,<br />
fotografie e fotomontaggi, dall’impaginazione<br />
grafica (titolo, risalto tipografico etc.) alle<br />
ricerche storiche o d’archivio, etc. (fattispecie<br />
in cui è stata ritenuta offensiva la pubblicazione<br />
di un fotomontaggio).<br />
La verità di una comunicazione sociale deve<br />
essere integrale e rispecchiarsi nella “grafica”;<br />
il reato di diffamazione può consistere<br />
pertanto anche nella autonoma efficacia e<br />
suggestione del titolo rispetto al testo, specie<br />
qualora il titolo travisi ed amplifichi un testo<br />
veritiero; in questo caso l’autore dell’articolo<br />
non risponde di diffamazione.<br />
Cass., 09.05.1980, Traversi<br />
La comunicazione sociale e la comunicazione<br />
giornalistica non consistono soltanto in un<br />
testo parlato o scritto; invero l’attività giornalistica<br />
ha forme diverse che vanno dallo scrivere<br />
un articolo, all’illustrarlo con immagini,<br />
fotografie e fotomontaggi, dall’impaginazione<br />
grafica (titolo, risalto tipografico etc.) alle<br />
ricerche storiche o d’archivio etc. (fattispecie<br />
in cui è stata ritenuta offensiva la pubblicazione<br />
di un fotomontaggio).<br />
Cass., 05.02.1980, Gregoretti<br />
Quando si contesta a taluno di avere scritto<br />
un articolo diffamatorio non occorre la riproduzione<br />
testuale dell’articolo stesso, né la<br />
indicazione del titolo, del risalto pratico e di<br />
tutte le modalità della condotta offensiva; è<br />
sufficiente che l’articolo sia individuabile<br />
mediante la data, la testata del giornale e la<br />
indicazione di alcuni passi; pertanto non<br />
costituisce immutazione del fatto l’aver ritenuto<br />
la diffamazione non solo nel testo dell’articolo,<br />
ma nel titolo e nella relazione tra titolo<br />
e testo, a nulla rilevando che nel capo di<br />
imputazione il titolo non fosse menzionato ed<br />
il testo non fosse integralmente riprodotto.<br />
Cass., 09.07.1979, Vecchiato<br />
ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Mensile / Spedizione in a. p. (45%) - Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 -<br />
Filiale di Milano - Anno XXXII - Numero 3, <strong>marzo</strong> <strong>2002</strong><br />
Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />
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Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />
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La tiratura di questo numero è stata di 21.500 copie<br />
Chiuso in redazione il 18 febbraio <strong>2002</strong><br />
3
Ventinove “decorati”<br />
ALFREDO TODISCO<br />
Un giramondo del giornalismo<br />
“segnato” dal vento<br />
di Raffaele Musumeci<br />
“Trovare un amico è raro come un dì senza<br />
vento a Catanzaro”: cominciano così i ricordi<br />
di Alfredo Todisco, giramondo del giornalismo.<br />
Cominciano dalla città dove nacque<br />
nell’agosto del 1920: “I miei genitori erano<br />
originari di Menfi – continua – ma il giorno in<br />
cui nacqui, mia madre si trovava a Catanzaro<br />
per caso. E il vento è stato per me un segno<br />
del destino: la mia famiglia, infatti, si trasferì a<br />
Trieste, e io passai dalla ventosa Catanzaro<br />
alla città giuliana, ‘abitata’ dalla bora”.<br />
La Grande guerra era appena finita, e il<br />
Governo Nitti, per equilibrare le etnie nella<br />
Venezia Giulia, incoraggiò l’emigrazione <strong>dei</strong><br />
meridionali nel territorio.<br />
Il padre di Todisco, che aveva combattuto<br />
sul Carso, fu contento di trasferirsi, e così<br />
fu nel capoluogo giuliano che Alfredo Todisco,<br />
che si definisce “un triestino del Sud, o<br />
un meridionale del Nord”, iniziò la sua<br />
carriera come giornalista, grazie anche a<br />
Franco Amatini, allora alla guida del quotidiano<br />
Ultimissime, poi anche direttore del<br />
Piccolo: “Amatini – ricorda Todisco – aveva<br />
simpatia per noi giovani di belle speranze<br />
che collaboravamo con le riviste locali. Un<br />
giorno, era il 1949, gli chiesi se mi mandava<br />
a Venezia per fare la cronaca del Festival<br />
del Cinema, e lui mi disse di andare”.<br />
Nel capoluogo veneto, Todisco fa il primo<br />
<strong>dei</strong> suoi tanti incontri importanti: “Quell’anno<br />
a Venezia Orson Wells presentava il suo<br />
Macbeth. Quando lo incontrai era furente<br />
con i critici italiani, che avevano stroncato il<br />
suo lavoro.<br />
A me, invece, era piaciuto, e glielo dissi. Me<br />
ne fu grato, e da allora in poi mi onorò della<br />
sua amicizia. Una volta gli chiesi cosa<br />
pensasse degli attori italiani. Rispose: ‘Gli<br />
italiani sono un popolo di attori nati’”.<br />
L’amicizia con Orson Welles gli permise di<br />
conoscere tante persone che frequentavano<br />
l’ambiente, e tra esse Luigi Barzini jr.<br />
figlio del grande Luigi Barzini, anche lui<br />
amico di Wells.<br />
Era venuto il momento di fare il grande<br />
balzo, e da Trieste Todisco si trasferì a<br />
Roma: “Andai da Barzini – racconta – e gli<br />
dissi che volevo diventare giornalista.<br />
A dire la verità avrei voluto fare il poeta, ma<br />
siccome carmina non dant panem, pensai<br />
che avrei potuto assecondare la mia<br />
passione per lo scrivere facendo questo<br />
mestiere. Barzini mi presentò a Mario<br />
Pannunzio, direttore del settimanale Il<br />
Mondo e siccome allora, a differenza di<br />
oggi, era più facile riuscire a fare questo<br />
mestiere, Pannunzio mi disse di portargli un<br />
pezzo di prova”.<br />
Todisco scrive un pezzo dal titolo “Il mestiere<br />
di Trieste” e, prima di passarlo a Pannunzio,<br />
lo fa vedere e rivedere a Barzini. L’arti-<br />
BRUNO AMBROSI<br />
Il mistero del “sonoro” (sparito)<br />
del contadino di Bascapè<br />
di Diana Fichera<br />
È nella “sua” Lunigiana che si consumano<br />
le prime esperienze giornalistiche di Bruno<br />
Ambrosi, toscano di Pontremoli, dove è<br />
nato nel 1930: studente di medicina comincia<br />
a scrivere per riviste scientifiche, si<br />
occupa di critica cinematografica; fra il 1947<br />
e il 1950 è corrispondente per La Nazione,<br />
il Secolo XIX, l’Ansa, la Gazzetta dello<br />
Sport, Il Tempo.<br />
Nel 1953, un anno prima dell’avvio ufficiale<br />
colo piace e<br />
viene pubblicato:<br />
“Dopo un po’ che<br />
collaboravo al<br />
Mondo – prosegue<br />
Todisco – mi<br />
notò Arrigo<br />
Benedetti, direttoredell’Europeo<br />
allora in<br />
formato quotidiano.<br />
Benedetti mi<br />
disse che se<br />
fossi andato a<br />
Milano, mi<br />
avrebbe assunto.<br />
Non ci pensai due volte: mi trasferii a Milano<br />
e rimasi per quattro anni nella redazione<br />
dell’Europeo, una vera e propria palestra di<br />
giornalismo”.<br />
“Siccome Arrigo Benedetti aveva un buon<br />
rapporto con De Benedetti, direttore della<br />
Stampa – ricorda ancora – deve essere stato<br />
attraverso la sua mediazione che il direttore<br />
del quotidiano torinese, cui ogni tanto<br />
mandavo qualche piccola corrispondenza,<br />
mi chiamò e mi disse se volevo fare il corrispondente<br />
da Mosca. ‘Ci vado’, risposi.<br />
A Mosca rimasi un anno e mezzo come<br />
corrispondente”.<br />
Sempre per la Stampa, poi, gira il mondo<br />
come inviato: Giappone, Nord e Sud America,<br />
l’Europa, Cuba, in occasione della vicenda<br />
della Baia <strong>dei</strong> Porci; e l’India, che Todisco<br />
racconta anche in un libro, Viaggio in<br />
India, pubblicato nel ‘63 nei saggi Einaudi.<br />
Nel 1964, sempre come inviato, arriva al<br />
Corriere della Sera dove rimane per vent’anni.<br />
Chiude la sua carriera lavorando per il<br />
gruppo Monti (Resto del Carlino, La Nazione):<br />
“Andare in pensione è il massimo che si<br />
può chiedere alla vita, conclude, perché<br />
puoi smettere di fare quello che devi fare e<br />
puoi cominciare a fare le cose per cui vale<br />
la pena essere nati”, che per Todisco, che si<br />
rivela anche un buon filosofo, equivale a<br />
“cambiare se stessi.<br />
Quelli che vogliono cambiare il mondo non<br />
hanno la vita facile, ma cambiare se stessi è<br />
ancora più difficile: dentro ognuno di noi ci<br />
sono <strong>dei</strong> demoni, come la volontà di potenza,<br />
avidità, denaro, successo. Invece il<br />
massimo del successo è essere sereni: se<br />
uno riesce a mettere da parte il carico ereditario<br />
che gli uomini hanno, e che li conduce<br />
eternamente in guerra, allora può diventare<br />
una ‘Persona’.<br />
Uno che non ha invidia, gelosia, avidità, non<br />
è competitivo e mette in primo piano gli<br />
aspetti positivi dell’essere.<br />
Se uno riesce a trasformare se stesso in<br />
questo senso, fa molto per gli altri, perché<br />
diventa un buon esempio di come gli uomini<br />
possono diventare e che, invece, raramente<br />
diventano.”<br />
della tv di Stato, entra nella nascente redazione<br />
della Rai di Milano, dove si occupa di<br />
servizi per il telegiornale e di documentari.<br />
La sua esperienza di giornalista è legata a<br />
momenti terribili e cruciali della nostra storia<br />
del dopoguerra: è testimone della disgregazione<br />
dell’Italia contadina sotto i colpi del<br />
boom economico e <strong>dei</strong> grandi movimenti<br />
migratori, cronista delle tragedie emblematiche<br />
di un Paese che dolorosamente entra<br />
nella modernità industriale: il crollo del<br />
Vajont (10 ottobre 1963), il terremoto in Sicilia<br />
del ‘68, il disastro ecologico di Seveso<br />
(luglio ‘76), ma anche la stagione delle<br />
trame nere, delle stragi di Stato, del terrorismo.<br />
Fu uno fra i primi cronisti a giungere, il 27<br />
ottobre del 1962, a Bascapè, nel Pavese,<br />
nel luogo dove si era appena schiantato il<br />
piccolo aereo che trasportava il presidente<br />
dell’Eni, Enrico Mattei, il pilota Irnerio<br />
Bertuzzi e il giornalista americano William<br />
McHale. Riuscì ad intervistare l’unico testimone<br />
oculare della tragedia, il contadino<br />
Mario Ronchi. La cassetta sulla quale era<br />
incisa l’intervista raccolta da Ambrosi risultò<br />
in seguito misteriosamente danneggiata,<br />
proprio nel punto in cui Ronchi parlava di<br />
uno scoppio in cielo, avvalorando l’ipotesi<br />
di chi non credette mai ad un incidente<br />
aereo, di chi cioè era convinto che l’aereo<br />
di Mattei fosse stato sabotato. Sulla vicenda<br />
dell’intervista è ancora aperta un’inchiesta<br />
giudiziaria.<br />
Nei primi anni ‘70, Ambrosi è uno <strong>dei</strong> protagonisti<br />
dell’importante fase di rinnovamento<br />
del linguaggio e della tecnica dell’informazione<br />
televisiva, che si svilupperà soprattutto<br />
all’interno di quel grande laboratorio di<br />
idee che più tardi diventerà la seconda rete<br />
Rai. Tra il 1971 e il ‘72 conduce il rotocalco<br />
del sabato sera AZ: un fatto come e perché,<br />
uno <strong>dei</strong> primi e rigorosi esempi di inchiesta<br />
in studio che, seguendo il modello giudiziario,<br />
cerca di ricostruire la verità attraverso il<br />
confronto davanti alle telecamere:<br />
“In tal modo, scrive Aldo Grasso, il giornalista<br />
non è più solo autore o intervistatore,<br />
ma parte attiva del dibattito che via via si<br />
trasforma in dibattimento”.<br />
Nel 1976 è caporedattore del Tg2 diretto da<br />
Andrea Barbato, il primo notiziario di matrice<br />
laica e socialista che tenta varie forme<br />
di innovazione e sperimentazione,<br />
rompendo la<br />
centralità assoluta<br />
data alla<br />
lettura della<br />
notizia, introducendo<br />
servizi<br />
speciali, dando<br />
largo spazio al<br />
dibattito e alla<br />
ripresa diretta<br />
degli avvenimenti.<br />
Inoltre nascono<br />
proprio nell’ambito<br />
del Tg2 i<br />
supplementi di approfondimento dell’attualità<br />
politica e culturale. È presso il più noto<br />
fra i supplementi di approfondimento del<br />
Tg2, Tg2 Dossier, che prosegue l’esperienza<br />
giornalistica di Ambrosi, tutta segnata<br />
dal gusto laico e illuministico per l’indagine,<br />
per la ricostruzione rigorosa e paziente<br />
della verità, nel suo intimo valore di denuncia.<br />
All’inizio degli anni ‘90 è caporedattore del<br />
Tg3 di Milano, dopo un periodo come inviato<br />
all’estero, soprattutto in America Latina e<br />
in Africa. Nel 1992 inaugura l’edizione delle<br />
ore 12.00. Nel 1994 la Rai cosidetta “<strong>dei</strong><br />
professori” lo congeda bruscamente per<br />
raggiunti limiti di età.<br />
Conclusasi in modo repentino l’esperienza<br />
all’interno della televisione pubblica, Bruno<br />
Ambrosi diviene consigliere dell’<strong>Ordine</strong>,<br />
finché sei anni fa gli viene affidata la presidenza<br />
dell’Associazione per la Formazione<br />
al giornalismo di Milano (Afg), intitolata a<br />
Walter Tobagi.<br />
Dalle stanze della presidenza osserva con<br />
garbata e malinconica ironia il passaggio<br />
della varia umanità che aspira alla professione<br />
giornalistica, le sue ingenuità, le sue<br />
speranze, le sue illusioni.<br />
A questa varia umanità parla, una volta a<br />
settimana, di “lettura critica <strong>dei</strong> media”, di<br />
“anatomia e patologia <strong>dei</strong> telegiornali”, di<br />
giornali e giornalisti troppo timidi e discreti<br />
nei confronti del potere, ma anche delle<br />
grandi inchieste del passato che hanno<br />
segnato la faticosa conquista della piena<br />
libertà di stampa in Italia.<br />
Non può fare a meno di stupirsi di quanto<br />
profondamente sia cambiato il Paese negli<br />
ultimi trent’anni, di quanto sia diverso il clima<br />
politico e culturale che si respira oggi in una<br />
metropoli come Milano e, dunque, di quanto<br />
sia cambiata la professione giornalistica, il<br />
suo senso e la sua natura.<br />
“Oggi è più semplice fare il giornalista”<br />
sostiene, perché non esiste più quel clima<br />
di continua tensione, di continua minaccia,<br />
quella consapevolezza di rappresentare<br />
l’estremo presidio di una vita democratica<br />
che a volte sembrò precipitare nel caos<br />
della violenza; eppure Ambrosi sembra<br />
rimpiangere la coscienza, il rigore, la tensione<br />
ideale di quegli anni che sente irrimediabilmente<br />
lontani, soprattutto di fronte al lento<br />
e inesorabile scivolare dell’informazione<br />
nell’intrattenimento, nello spettacolo e, a<br />
volte, nel cabaret di infima qualità.<br />
GIAN GALEAZZO BIAZZI VERGANI<br />
“Quella sfida del Giornale<br />
al fianco di Montanelli”<br />
di Sabrina Provenzani<br />
Gian Galeazzo Biazzi Vergani resta, dopo<br />
cinquant’anni di professione, uno <strong>dei</strong> protagonisti<br />
del giornalismo milanese. Vi è entrato<br />
nel 1952, a 27 anni, dopo la laurea in<br />
Lettere a Pavia e due anni d’insegnamento.<br />
Ma i primi articoli risalgono al 1947, quando,<br />
giovanissimo, si occupava di arte per<br />
l’edizione cremonese del Mattino. Il passaggio<br />
alla Provincia di Cremona avviene l’anno<br />
dopo: Biazzi Vergani debutta come critico<br />
d’arte e teatrale, ma finisce presto per<br />
occuparsi di ogni tipo di notizie.<br />
Nel <strong>marzo</strong> del 1956 entra al Corriere,<br />
dove è caposervizio Interni con Alfio<br />
Russo, vicecaporedattore con Spadolini,<br />
caporedattore con Ottone. In<br />
polemica proprio con la gestione<br />
Ottone, nel ‘74 affianca Indro<br />
Montanelli nell’avventura del Giornale,<br />
nel quale ha un ruolo di primo<br />
piano, fino alla carica di condirettore,<br />
per assumere successivamente<br />
la presidenza della Società Europea<br />
di edizioni, editrice del Giornale.<br />
Della sua lunga carriera parla con<br />
lucidità, realismo e passione.<br />
Prima di iniziare a collaborare con La<br />
Provincia di Cremona, Lei si è dedicato<br />
per due anni all’insegnamento. Cosa l’ha<br />
spinta verso l’attività giornalistica?<br />
Era un’aspirazione coltivata fin dagli anni<br />
del liceo. Non ho mai desiderato, né invidiato,<br />
altre attività professionali. Infatti, appena<br />
possibile, sono passato dalla scuola al giornalismo.<br />
Come sono stati gli esordi? Ricorda<br />
qualche episodio particolare del suo<br />
apprendistato?<br />
Gli esordi sono sempre difficili, ma l’entusiasmo<br />
aiuta a superare gli ostacoli. La<br />
scuola della Provincia fu molto formativa: si<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
4 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
per 50 anni di Albo<br />
lavorava anche<br />
quindici ore al<br />
giorno e si passava<br />
dalla politica<br />
allo sport, dalla<br />
cronaca giudiziariaall’impaginazione.<br />
È il metodo<br />
migliore per imparare<br />
il mestiere.<br />
Ho letto che,<br />
dopo alcuni anni<br />
alla Provincia,un<br />
suo fondo di<br />
politica interna fu notato da Missiroli e<br />
le aprì le porte del Corriere. Come andarono<br />
le cose?<br />
Non fu, almeno credo, un fondo di politica<br />
interna. Una sera andai con Giuseppe<br />
Sprovieri, il mio direttore alla Provincia di<br />
Cremona, ad assistere a un comizio dell’onorevole<br />
Villabruna, segretario del Pli.<br />
Attaccò duramente Cremona e i cremonesi<br />
per i trascorsi fascisti. Scoppiò l’inferno, la<br />
polizia caricò. Erano le 22.30. Tornammo in<br />
redazione e, a tempo di record, feci un<br />
resoconto che piacque. Poi Sparvieri, che<br />
evidentemente mi stimava perché mi stimolava<br />
a scrivere articoli di fondo, andò da<br />
Missiroli, allora direttore del Corriere della<br />
Sera, mi segnalò e fui assunto.<br />
Lei è stato testimone di un lungo periodo<br />
di vita del Corriere, dalla direzione di<br />
Missiroli a quella di Ottone. Che giudizio<br />
darebbe delle diverse gestioni?<br />
La scuola del Corriere è stata severa e<br />
selettiva, e ciascun direttore fu un personaggio.<br />
Missiroli era un signore mite, colto,<br />
dal piglio ottocentesco. Alfio Russo un siciliano<br />
dal cuore ardente, grande innovatore.<br />
Spadolini: uno storico di alto profilo, votato<br />
alla politica. Ottone, bravo professionalmente,<br />
modificò però troppo bruscamente la<br />
linea tradizionale del Corriere.<br />
Proprio durante la direzione di Ottone<br />
decise di lasciare il Corriere e di affiancare<br />
Montanelli nell’avventura del Giornale.<br />
Come e perché ha maturato questa<br />
decisione, sicuramente sofferta?<br />
CARLO BRAZZI<br />
“L’ANSA, la bottega<br />
dove ho vissuto la mia vita”<br />
di Leonardo Sacchetti<br />
È in pensione dal 1993 ma quando c’è da<br />
fissare un appuntamento per l’intervista la<br />
scelta sembra obbligata. “Ci vediamo all’Ansa”.<br />
Carlo Brazzi continua ad essere molto<br />
legato agli uffici milanesi dell’agenzia per la<br />
quale ha lavorato 42 anni. Al secondo piano<br />
del Palazzo dell’Informazione, nel centro di<br />
Milano, Carlo Brazzi non ha più un ufficio,<br />
ma appena entra in sede, tutti si alzano, lo<br />
salutano, lo chiamano, gli chiedono mille<br />
consigli. E lui dà mille risposte. “In<br />
cinquant’anni di lavoro, ho imparato da tutti<br />
i grandi giornalisti italiani. Soprattutto da<br />
Egisto Corradi e dal mio direttore, Sergio<br />
Lepri. Adesso sta a me dare qualcosa”.<br />
Carlo Brazzi è nato a Budrio, in provincia di<br />
Bologna, il 19 ottobre del 1929. Nel ‘45 ha il<br />
suo primo lavoro all’Ansa, presso l’ufficio di<br />
corrispondenza di Bologna. Come telescriventista.<br />
“Allora, per trasmettere le notizie,<br />
l’Ansa si serviva del linguaggio morse. Il<br />
mio lavoro consisteva nel passare i fogli e<br />
la carta carbone ai radiotelegrafisti che<br />
‘ascoltavano’ la notizia e la scrivevano per i<br />
clienti dell’agenzia”. Così ha iniziato Carlo<br />
Brazzi: “In pantaloni corti ed in bicicletta,<br />
consegnando quei fogli alle testate che ne<br />
facevano richiesta”. Nel 1951 arriva il primo<br />
vero contratto da giornalista per l’Ansa,<br />
sempre a Bologna. “Prima d’allora, lavoravo<br />
come impiegato di giorno, la sera scrivevo<br />
articoli per qualche rivista e la notte studiavo<br />
per finire l’università”. E la laurea in giurisprudenza<br />
rimane la testimonianza di quel<br />
periodo.<br />
Proprio nel ‘51 l’alluvione del Polesine trova<br />
Brazzi come unico corrispondente da Bologna.<br />
“Toccò a me seguire quella tragedia<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Lasciammo il Corriere perché non ci sentivamo<br />
più a nostro agio. Cercammo di<br />
ricreare al Giornale le condizioni e lo stile<br />
del vecchio Corriere. Non fu una decisione<br />
sofferta: ci proiettammo subito nella nuova<br />
iniziativa, che è stata poi la grande passione<br />
della mia vita professionale. C’era una<br />
creatura ancora gracile da far vivere e<br />
crescere, e dovevamo assicurare il posto di<br />
lavoro ad alcune centinaia di famiglie che<br />
avevamo trascinato nella nostra avventura.<br />
Questi sono sempre stati, e sono ancora, la<br />
mia ambizione e il mio impegno profondo.<br />
Tanto è vero che allora rifiutai, senza esitare,<br />
alcune offerte vantaggiose.<br />
Si è occupato per un certo periodo<br />
anche di televisione, per poi tornare alla<br />
carta stampata. Qual è il suo giudizio<br />
sull’informazione televisiva odierna?<br />
Mi occupai per qualche anno del settore<br />
giornalistico di Telemontecarlo e fui presidente<br />
del Consiglio di Amministrazione<br />
della Società di controllo di Italia 1, già di<br />
proprietà Fininvest, senza però aver mai<br />
lasciato la mia occupazione al Giornale.<br />
Cosa penso dell’informazione televisiva? È<br />
molto ricca e molto varia, tanto da creare<br />
qualche problema alla carta stampata.<br />
Dopo cinquant’anni di servizio Lei è ancora<br />
pienamente attivo. Questo mestiere<br />
continua ad appassionarLa? Non ha mai<br />
avuto la tentazione di “deporre la penna”?<br />
La passione è sempre viva. Ma da molti<br />
anni oramai non scrivo più e mi occupo di<br />
problemi organizzativi e gestionali, sempre<br />
nell’ambito giornalistico.<br />
Qual è il pezzo che ricorda con maggior<br />
piacere?<br />
Certamente l’articolo che favorì la mia<br />
assunzione al Corriere. Sempre al Corriere<br />
scrissi un giorno un articolo sui giovani. Il<br />
direttore Alfio Russo entrò in redazione e<br />
mi elogiò pubblicamente. Ma la mia carriera<br />
prese poi un’altra strada, quella della<br />
costruzione del giornale.<br />
Quali competenze e qualità ritiene debba<br />
avere un giornalista oggi?<br />
Cultura innanzitutto, poi serietà, buona<br />
volontà. E un pizzico di fantasia.<br />
dal versante<br />
emiliano”. Anche<br />
grazie a quel lavoro,<br />
nel 1961, l’allora<br />
direttore<br />
dell’Ansa – Sergio<br />
Lepri – gli propone<br />
il trasferimento<br />
a Milano. “Non fu<br />
facile scrollarmi di<br />
dosso tutto il<br />
provincialismo<br />
delle mie zone,<br />
ma è proprio a<br />
Milano in cui ho capito che l’Ansa è come<br />
un balcone da cui vedere quel che succede<br />
nel mondo”. Dopo tre anni, diventa il<br />
responsabile dell’ufficio milanese dell’agenzia.<br />
E da quel “balcone” si trovò a vivere, a<br />
vedere, a raccontare alcuni tra gli anni più<br />
bui della storia d’Italia: la strage in piazza<br />
Fontana, il terrorismo, la nascita della Lega,<br />
l’inizio di Mani Pulite.<br />
Di quel 12 dicembre del ‘69, i ricordi sono<br />
vivissimi: “Mi ricordo le sirene delle ambulanze.<br />
Dopo i primi minuti di smarrimento,<br />
nessuno sapeva quel che fosse realmente<br />
accaduto: c’era chi parlava di una caldaia<br />
esplosa e chi, a bassa voce, parlava di un<br />
attentato”. L’esperienza giornalistica della<br />
strage di piazza Fontana rimane una sorta<br />
di lezione fondamentale nell’esperienza di<br />
Brazzi. Se lavorare per l’Ansa significava e<br />
significa saper scrivere oltre le proprie posizioni<br />
politiche, oltre la propria opinione,<br />
facendo dell’obbiettività il proprio nume<br />
tutelare, quei dieci, dodici minuti di caos<br />
redazionale rimangono, a più di trent’anni, il<br />
passaggio decisivo nella sua carriera. “Mi<br />
presi la responsabilità, nei confronti <strong>dei</strong><br />
giornali e nei confronti dell’agenzia, di dare<br />
la notizia di un attentato. Rischiai e mi tagliai<br />
i ponti alle spalle”. E fu grazie alla copertura<br />
di quel tragico evento che Carlo Brazzi fu<br />
insignito del “Premiolino”, riconoscimento<br />
che girò a tutta la redazione che con<br />
lui aveva seguito e vissuto quei dodici<br />
minuti dopo piazza Fontana.<br />
“Scrivere per un’agenzia, e scrivere<br />
per di più per l’Ansa, significa<br />
questo: in dieci righe dire tutto,<br />
nella maniera più oggettiva<br />
possibile. Non puoi sbagliare<br />
nella valutazione degli eventi”.<br />
Non di sola agenzia è fatta la vita<br />
professionale di Brazzi. Collabora<br />
con riviste italiane e straniere<br />
– “un po’ per passione e un po’ per<br />
curiosità” - da Time-Life (“l’esperienza<br />
maggiormente formativa<br />
della mia carriera”, confessa) a<br />
Momento Sera di Roma (“uno sfogo<br />
con cui sono riuscito a pagarmi le tasse<br />
universitarie”). La nostra intervista finisce<br />
qui, all’Ansa, dove è iniziata la carriera di<br />
Carlo Brazzi. Prima di salutarci, indica la<br />
stanza della redazione e, con un ampio<br />
movimento della mano, sembra abbracciare<br />
tutti i giornalisti: “Amore e gelosia per i<br />
propri redattori. Questa è la mia famiglia,<br />
qui ho vissuto come in una bottega rinascimentale”.<br />
DANTE FERRARI<br />
Lo chiamavano lo “zio”<br />
del Sole-24 Ore<br />
di Matteo Bernardelli<br />
Da cinquant’anni racconta l’economia.<br />
Eppure, Dante Ferrari (classe 1927), uno<br />
<strong>dei</strong> primi in Italia, si definisce un «giornalista<br />
per caso». «Lavoravo all’ufficio Titoli e<br />
Borsa della Banca Unione di proprietà della<br />
famiglia Feltrinelli», racconta. Era più o<br />
meno la metà del 1944 con l’Italia spaccata<br />
in due: a nord la Repubblica di Salò, al sud<br />
gli Alleati. «Il mio capufficio – ricorda – mi<br />
manda negli uffici della Agenzia Stefani di<br />
Milano per sottoscrivere l’abbonamento al<br />
notiziario. In quella occasione, il direttore<br />
della Stefani mi chiede di collaborare con<br />
loro per redigere il commento di Borsa e le<br />
notizie finanziarie della giornata. Ho accettato».<br />
Da allora Dante Ferrari è sempre stato<br />
legato al mondo dell’economia: «Mezzo<br />
secolo, briciole a parte», precisa.<br />
Cinquant’anni attraverso i più importanti<br />
avvenimenti della storia italiana del secondo<br />
Novecento. Quello che di certo Dante<br />
Ferrari ha potuto constatare è stata una<br />
sempre maggiore influenza dell’economia<br />
sul potere politico. «La forza dell’economia,<br />
adesso, è molto più radicata di quanto non<br />
sia la politica», sostiene.<br />
La sua carriera, dopo l’Agenzia Stefani,<br />
passa attraverso la Orbis, nata a Roma nel<br />
1944. «Ero nell’ufficio di Milano – precisa –<br />
responsabile del “Bollettino economico”. Per<br />
quell’impiego mi sono addirittura licenziato<br />
dalla banca, senza dire nulla a mio padre,<br />
che lavorava alle Ferrovie». Era il settembre<br />
del 1945.<br />
Un anno dopo approda agli uffici dell’Ansa<br />
di Milano, sempre con il compito di curare<br />
un bollettino economico. Nel 1947 diviene<br />
corrispondente dell’ufficio milanese de Il<br />
Globo, il quotidiano economico di Roma.<br />
«Nel 1950 – ricorda ancora – iniziai la mia<br />
avventura a Il Sole». Un’avventura durata<br />
ben 42 anni, diventando nel 1953 capocronista<br />
della redazione delle “cronache milanesi”,<br />
inserite per la prima volta dalla nascita<br />
del quotidiano, ed assumendo successivamente<br />
la qualifica di capocronista e vice<br />
redattore capo fino al 1978, poi di inviato<br />
speciale, fino al giugno del 1992.<br />
«In tutti questi anni per i giornalisti è<br />
cambiato il modo di lavorare», ammette.<br />
«Adesso è tutto molto più semplice, e non<br />
soltanto per quanto riguarda il giornalismo<br />
economico. C’è Internet, ci sono i fax<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
e i computer, i<br />
telefoni cellulari.<br />
È molto più facile<br />
comunicare,<br />
cercare le notizie<br />
e soprattutto inviare<br />
o trasmettere<br />
un testo. Ai<br />
miei tempi era<br />
tutto più complicato».<br />
«E se la<br />
tecnologia aiuta,<br />
certamente,<br />
credo che abbia<br />
contribuito ad affossare la passione della<br />
professione. Il giornalista lo si fa innanzitutto<br />
con l’anima». E confessa: «Ho<br />
sempre cercato di essere imparziale...<br />
Certo, Il Sole 24 Ore era (ed è) il giornale<br />
della Confindustria, quindi non propriamente<br />
‘neutrale’, ma l’equilibrio lo si trova<br />
sempre».<br />
Ecco, equilibrio, obiettività ed imparzialità:<br />
queste le doti riconosciute unanimamente<br />
al Ferrari. «Tanto che – racconta – la prima<br />
intervista dell’allora neo segretario della<br />
Cgil, Luciano Lama la feci io, che lavoravo<br />
per il quotidiano di Confindustria».<br />
Nessun contrasto con la proprietà editoriale<br />
(«Mi sono sempre trovato benissimo – dice<br />
Ferrari, anzi, più volte Vittorio Merloni mi<br />
chiese di andare a lavorare come capo del<br />
suo ufficio stampa») e un fare amichevole e<br />
disponibile con i colleghi. La testimonianza<br />
dell’attuale presidente dell’<strong>Ordine</strong>, Franco<br />
Abruzzo, 38 anni fa chiamato a Il Sole per<br />
una sostituzione estiva, è la migliore cartina<br />
di tornasole. «Il fare paterno e gentile di<br />
Dante era unico, tanto che gli valse il<br />
soprannome di “zio”».<br />
In pensione dal 1992, lo “zio” Dante Ferrari<br />
ha collaborato con la Rai, ha prestato la sua<br />
opera di consulente ad enti, istituzioni ed<br />
imprese per ricerche, studi economici e<br />
grandi eventi. È l’autore di: “Quasi un secolo<br />
fa: dall’Archivio Assolombarda”; Gli anni<br />
da non dimenticare: dalla Liberazione all’Autunno<br />
caldo; Il Grande Trading: storie di<br />
operatori italiani con l’estero; Le Carte della<br />
Carta: storia dell’industria.<br />
Di una cosa in particolare va fiero: «Sono<br />
stato amico e consulente personale di Enrico<br />
Mattei, organizzando, tra l’altro, il concorso<br />
per il cane a sei zampe, il marchio dell’Eni».<br />
Ma gli appose un fermo anche se<br />
garbato “no”, quando cercò di portarlo a Il<br />
Giorno, sul finire degli anni Cinquanta.<br />
5
Mezzo secolo di pr<br />
MARIO COSTA CARDOL<br />
La difficile arte<br />
di sapersi reinventare<br />
di Alessandro Ursic<br />
Ingegnere, giornalista, storico. In oltre<br />
cinquant’anni di carriera, Mario Costa (in<br />
seguito aggiungerà al suo il cognome della<br />
madre, Cardol) ha saputo reinventarsi più<br />
volte. Nato a Saluzzo (Cuneo) nel 19<strong>25</strong>,<br />
arriva al giornalismo in maniera non certo<br />
convenzionale.<br />
A 17 anni, infatti, sogna una carriera da<br />
ufficiale di Marina, e comincia il corso<br />
all’Accademia di Venezia. Poi, la disfatta<br />
italiana cambia il suo futuro. Riparato a<br />
Brindisi dopo l’8 settembre 1943, studia al<br />
collegio navale per altri due anni, iscrivendosi<br />
in seguito ad Ingegneria civile. Nel<br />
frattempo, durante un viaggio in Belgio,<br />
terra natia della madre, l’esempio di un<br />
cugino giornalista fa nascere nel giovane<br />
Mario la voglia di imitarlo. I suoi primi articoli,<br />
riguardanti proprio quell’esperienza,<br />
vengono pubblicati da Mondo Nuovo, giornale<br />
socialdemocratico.<br />
Laureatosi nel 1948, accantona subito<br />
l’idea di fare l’ingegnere. Ormai la passione<br />
per il giornalismo e la storia hanno preso il<br />
sopravvento. Dopo aver lavorato per un<br />
anno in un’agenzia a Roma, si trasferisce a<br />
Torino, dove diventa praticante per il foglio<br />
democristiano Popolo Nuovo.<br />
Rimane nel capoluogo piemontese tre<br />
anni, il tempo di farsi le ossa. Ha il vantaggio<br />
di essere praticamente bilingue, e lo<br />
sfrutta stabilendosi a Parigi nel 1953. Lì<br />
comincia lavorando alla redazione esteri<br />
dell’ Information, giornale economico. Nello<br />
stesso anno diventa corrispondente per il<br />
Corriere d’Informazione.<br />
La sua permanenza nella capitale francese<br />
durerà dodici anni, durante i quali scriverà<br />
periodicamente anche per la terza<br />
pagina del Messaggero e in seguito per l’<br />
Europeo.<br />
Dal suo osservatorio privilegiato, Costa<br />
impara a guardare i francesi con occhio<br />
critico. Già nei suoi articoli analizza i loro<br />
vizi, le loro abitudini, la loro visione del<br />
mondo, i problemi del Paese. Nel 1963, le<br />
sue riflessioni confluiscono nel suo primo<br />
libro Francesi allo specchio. Tradotta l’anno<br />
successivo in francese, la pungente inchiesta<br />
tocca la suscettibilità nazionale nel<br />
periodo della grandeur. Alla vigilia di una<br />
visita ufficiale all’Eliseo del Presidente<br />
della Repubblica, Antonio Segni, Le Figaro<br />
CARMELO AZZOLINA<br />
pubblica un articolo sul libro appena uscito<br />
che per poco non provoca un incidente<br />
diplomatico.<br />
A Parigi ha l’occasione di incontrare i<br />
personaggi francesi più influenti del tempo.<br />
La sua intervista più importante rimane<br />
probabilmente quella a Paul Reynaud,<br />
Presidente del Consiglio, nel 1957.<br />
“Ho di lui un pessimo ricordo: con la disfatta<br />
della Quarta Repubblica ormai imminente,<br />
parlava come se fosse colpa di tutti,<br />
tranne che sua”.<br />
L’aver vissuto a contatto quotidiano con gli<br />
avvenimenti francesi dell’epoca gli permette<br />
nel 1970 di scrivere un libro sul generale<br />
Charles De Gaulle per la collana “I contemporanei”,<br />
diretta da Enzo Biagi.<br />
Nonostante il suo amore per la Francia, nel<br />
1965 sente il bisogno di voltare pagina, e<br />
torna in Italia. La collaborazione con Storia<br />
illustrata riaccende in lui un’antica passione<br />
(“il mio cuore ha sempre battuto per la<br />
storia”, dice). Nel 1966 diventa inviato<br />
speciale del Giorno. Gira tutta l’Europa,<br />
visita gli Stati Uniti, va in Africa, “ma anche<br />
a Sesto S. Giovanni, perché al giornale<br />
bisognava fare un po’ di tutto”. Al Giorno<br />
lavora per 17 anni. Passano i direttori<br />
(Pietra, Afeltra, Zucconi), ma lui rimane.<br />
Poi, nel 1983, finisce la sua carriera di giornalista<br />
e inizia quella di storico a tempo<br />
pieno. Come detto, si aggiunge il cognome<br />
della madre e diventa Mario Costa Cardol.<br />
Si concentra sulla storia italiana dal Risorgimento<br />
ai primi decenni dell’Unità, dandone<br />
una versione nuova, cercando di smitizzare<br />
alcune verità convenzionali su un<br />
periodo fatto passare dalla storiografia ufficiale<br />
come glorioso “con l’omissione di fatti<br />
fondamentali, la forma peggiore di falsificazione”.<br />
Nascono così Venga a Napoli, signor Conte<br />
(1986), Ingovernabili da Torino (1989) e Va’<br />
pensiero… su Roma assopita (1993).<br />
Successivamente sposta la sua attenzione<br />
su un fatto inspiegabilmente rimosso dalla<br />
memoria collettiva: lo sterminio di due<br />
milioni di ebrei attuato dalla Russia zarista<br />
tra il 1914 e il 1916, perché accusati di<br />
essere spie del nemico tedesco.<br />
Il suo ultimo libro Ultimo Zar – Primo<br />
Olocausto (2001), oltre a riportare alla luce<br />
un massacro dimenticato, è anche un tributo<br />
alla moglie Doris Sarina, scomparsa<br />
recentemente, che gli ha permesso di capire<br />
l’animo e il mondo ebraici.<br />
“Quell’articolo di ‘nera’<br />
che quasi mi rovinava”<br />
di Matteo Bernardelli<br />
«Dopo appena tre mesi dal mio passaggio<br />
ai professionisti, ho ricevuto la lettera di<br />
licenziamento»: un bruttissimo colpo, all’inizio<br />
del 1959, per Carmelo Azzolina, milanese,<br />
pubblicista dal 1952. La sua attività di<br />
giornalista, iniziata nel 1949 con la rivista<br />
Incontri e passata attraverso il settimanale<br />
sportivo MilanInter, agli inizi del 1959<br />
sembrò vacillare in modo irreparabile. «Tutta<br />
colpa di un articolo di cronaca nera – spiega<br />
– che non venne tra l’altro mai pubblicato<br />
perché riguardava un personaggio influente<br />
di Brescia. Il vescovo di Brescia e il direttore<br />
de L’Italia, mons. Pisoni mi appoggiarono,<br />
ma dovetti ugualmente rassegnare le dimis-<br />
sioni da L’Italia e<br />
trasferirmi a Milano<br />
a La Notte.<br />
Come avvio non<br />
fu certo facile,<br />
anche se ero sicuro<br />
di aver fatto un<br />
ottimo lavoro giornalistico».<br />
A partire dal<br />
1959, per Azzolina<br />
si aprono due<br />
anni di collaborazioni<br />
incrociate e<br />
frenetiche con L’Italia, La Notte, e il Guerin<br />
Sportivo. Per una settimana al mese, poi,<br />
per i due anni successivi, Azzolina è a Parigi,<br />
presso il Bureau de Information de Press,<br />
con un impiego a metà fra il cronista ed il<br />
traduttore. «In quel periodo – ricorda –<br />
sognavo di dormire una notte intera, senza<br />
interruzioni, per almeno otto ore di fila».<br />
Nel 1968 passa all’Avvenire, nato dalla<br />
fusione de L’Italia e de L’Avvenire d’Italia.<br />
Redattore, segretario di redazione, poi inviato<br />
e capo della redazione sportiva. «Tolti gli<br />
Spettacoli – sintetizza – mi sono occupato<br />
di tutto, ma le mie passioni rimangono<br />
automobili e calcio.Tuttora mi occupo della<br />
pagina Motori su L’Avvenire». Tra i servizi<br />
che Azzolina ricorda con più trasporto,<br />
certamente i tre Campionati del Mondo<br />
di calcio (’82, ’86 e ’90), ma anche il<br />
lancio della navicella spaziale “Shuttle”<br />
nel 1981, a Cape Canaveral.<br />
«Adesso però il modo di fare giornalismo<br />
è cambiato – puntualizza - c’è meno<br />
trasporto e più tecnologia. Ricordo quando<br />
a Bruxelles seguii Edoardo Mangiarotti,<br />
campione mondiale di scherma. Per dettare<br />
il pezzo al giornale allora si usava il telefono:<br />
mi sporsi talmente tanto per raggiungere<br />
l’apparecchio, che era nella parte più<br />
interna della biglietteria, che rimasi incastrato<br />
tra il vetro e il telefono. Alla fine mi liberarono<br />
le guardie della sorveglianza alle<br />
cinque del mattino, scambiandomi per un<br />
ladro. Ma il pezzo, anche quella volta, riuscii<br />
a dettarlo…».<br />
ENRICO CRESPI<br />
Il giornalista sportivo<br />
dallo stile britannico<br />
di Andrea Senesi<br />
Enrico Crespi è uno <strong>dei</strong> decani del giornalismo<br />
sportivo italiano. Sulla breccia da 50<br />
anni (è tuttora in attività in veste di direttore<br />
di GoalFlash, mensile dedicato al calcio),<br />
forse nessuno meglio di lui è in grado di<br />
raccontare le vicende e i segreti di uno <strong>dei</strong><br />
settori che più sono cresciuti all’interno del<br />
panorama giornalistico. Crespi è stato infatti<br />
per 20 anni presidente dell’Ussi (Unione<br />
Stampa Sportiva Italiana) e dal ’79 all’85 a<br />
capo dell’Associazione mondiale della<br />
stampa sportiva.<br />
Ha cominciato a 22 anni quando, studente<br />
di medicina, iniziò a collaborare con una<br />
rivista settimanale dedicata al calcio milanese.<br />
La testata si chiamava MilanInter<br />
(stesso nome, peraltro, della fortunatissima<br />
trasmissione, in onda dapprima su TeleMilano<br />
e poi su TeleNova, con cui trent’anni<br />
più tardi si è trovato a debuttare in televisione<br />
nelle vesti di opinionista). “Per puro caso<br />
il direttore di quel pionieristico settimanale,<br />
Luigi Scarambone, mi chiese se fossi disponibile<br />
a seguire gli allenamenti delle squadre<br />
milanesi. Non me lo feci ripetere due<br />
volte, anche perché fare il giornalista significava,<br />
tra le altre cose, ottenere l’accredito<br />
per l’ingresso allo stadio”.<br />
Enrico Crespi ha seguito nella sua carriera<br />
decine di avvenimenti sportivi delle più<br />
svariate discipline. I dati sono impressionanti<br />
e la dicono lunga sull’esperienza<br />
professionale accumulata nella sua<br />
cinquantennale carriera: “Ho seguito 9 Tour<br />
de France, 7 Giri d’Italia, tutti i campionati<br />
del mondo di calcio dal 1954 in Svizzera a<br />
Italia ‘90 (di alcune edizioni <strong>dei</strong> Mondiali ha<br />
anche curato la stesura <strong>dei</strong> libri<br />
ufficiali, ndr), diverse edizioni olimpiche e<br />
mi sono spesso occupato anche di tennis e<br />
di automobilismo. Gli aneddoti che potrei<br />
narrare sono infiniti”. E in effetti Crespi è<br />
una miniera di ricordi: racconta, del giorno<br />
in cui Coppi staccò Koblet e vinse il Giro o<br />
delle ore drammatiche susseguenti all’attentato<br />
<strong>dei</strong> fedayn palestinesi al villaggio<br />
degli atleti in occasione delle Olimpiadi di<br />
Monaco nel 1972.<br />
E così via, tentando di tirare le fila di una<br />
carriera lunghissima, cominciata con il praticantato<br />
al Corriere Lombardo e proseguita<br />
dal ‘53 all’83 a La Notte come responsabile<br />
delle pagine sportive. “Quando Nino Nutrizio<br />
lasciò il Corriere Lombardo per fondare<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
La Notte mi chiese<br />
di seguirlo. Io<br />
accettai subito e<br />
non me ne pento.<br />
Sono stati 30 anni<br />
fantastici. Di quel<br />
periodo ricordo<br />
con particolare<br />
affetto la battaglia<br />
che intraprendemmo<br />
per far<br />
intitolare lo stadio<br />
di San Siro a<br />
Peppino Meazza,<br />
di cui io ero stato grande amico. Attraverso<br />
una raccolta di firme promossa dalle colonne<br />
del giornale riuscimmo ad intercedere<br />
presso il Comune di Milano”. Comune di<br />
Milano, che lo ha peraltro insignito nel 1982<br />
del titolo di cittadino benemerito, un’onorificenza<br />
che lo rende particolarmente orgoglioso:<br />
“Quel giorno venni premiato insieme<br />
a Giorgio Strehler”, ricorda con reticente<br />
soddisfazione.<br />
E ricorda anche il rapporto quasi simbiotico<br />
che legava un tempo il giornalista e lo<br />
sportivo. “Io ero intimamente amico di molti<br />
giocatori. Oggi la distanza tra il divo-sportivo<br />
e il cronista è molto maggiore. Cosicché<br />
i miei colleghi ora si ritrovano a fare un giornalismo<br />
da “stenografi”, passandosi vicendevolmente<br />
le notizie preconfezionate dagli<br />
addetti stampa delle Società”.<br />
E anche sul calcio, la sua grande passione,<br />
non nasconde un po’ di nostalgia: “Il<br />
calcio di oggi è più noioso, a volte mi capita<br />
perfino di non riuscire a seguire una<br />
partita intera in Tv”.<br />
Dopo la trentennale esperienza al quotidiano<br />
milanese del pomeriggio, Crespi è diventato<br />
uno <strong>dei</strong> volti più noti presso gli appassionati<br />
sportivi grazie a numerose trasmissioni<br />
in onda sulle emittenti private lombarde.<br />
“Ho fatto tanta televisione, ma mi sono<br />
sempre tenuto lontano dai teatrini costruiti<br />
sulla rissa e sull’insulto. Io ho sempre privilegiato<br />
un giornalismo più posato e riflessivo”.<br />
In effetti di lui colpiscono la sobrietà <strong>dei</strong><br />
toni e la serenità del giudizio: in un settore<br />
professionale in cui troppo spesso la vena<br />
urlata, la fatua polemica campanilistica, il<br />
sensazionalismo esasperato risultano essere<br />
collaudate armi professionali, Enrico<br />
Crespi si è sempre distinto per la pacatezza<br />
e lo stile quasi britannico, doti che hanno<br />
contribuito a fare di lui uno <strong>dei</strong> più autorevoli<br />
e stimati commentatori.<br />
6 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
ofessione...<br />
SANTE DELLA PUTTA<br />
“La professione?<br />
Anche non dimenticare”<br />
di Luca Galassi<br />
È di Erto, Sante Della Putta, classe 1911.<br />
Di quel paese vicino a Longarone dove nel<br />
‘63 si scatenò un inferno di acqua e fango<br />
dalla diga del Vajont.<br />
Dagli esordi, gli anni del regime fascista ai<br />
quali fa risalire il suo primo “ vero” articolo<br />
(un’appassionata difesa della musica jazz<br />
sul giornalino dell’Università di Padova) è<br />
l’ecatombe del ‘63 il ricordo più violento,<br />
dove, per un accidentale concorso di cause,<br />
vita professionale e coinvolgimento emotivo<br />
sono venuti a coincidere. E dove il secondo<br />
ha soverchiato il primo. “Sono arrivato all’alba<br />
– narra – e il letto del Piave era paurosamente<br />
gonfio.<br />
La prima persona che ho incontrato era una<br />
mia conoscente: mi guardava muta, con gli<br />
occhi sgranati, incredula per quanto era<br />
successo. Ma due anni prima l’avevamo<br />
scritto che si trattava di una tragedia annunciata:<br />
‘Una frana di 50 milioni di metri cubi<br />
minaccia l’abitato<br />
di Erto’. Solo che<br />
i metri cubi poi<br />
sono diventati<br />
300 milioni”.<br />
Tra un sorso di<br />
whisky e un sigaro,<br />
questo novantenne<br />
cui il tempo<br />
ha scontato almeno<br />
vent’anni, racconta<br />
di “un mestieraccio<br />
in cui<br />
si imparano due<br />
RAOUL ORESTE FORNEZZA<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
cose: velocità e sacrificio”. Redattore, inviato<br />
e caposervizio delle cronache provinciali<br />
all’Unità, Della Putta comincia la professione<br />
con uno degli storici direttori del quotidiano<br />
comunista, Davide “Ulisse” Lajolo.<br />
“Totalmente ignaro delle mie possibilità,<br />
Lajolo ha avuto il coraggio di avviarmi ad<br />
una professione ricca di gratificazioni, ma<br />
anche, e soprattutto, di sacrifici. L’Unità <strong>dei</strong><br />
miei tempi è stata definita “tetra”. C’erano<br />
invece un grande entusiasmo, vivacità,<br />
dibattiti. E poi, lavorando con Fortebraccio,<br />
come si fa a chiamarla tetra? Bisognava<br />
essere talmente veloci da chiudere le pagine<br />
prima di tutti gli altri”.<br />
Alcune immagini affiorano più nitide tra le<br />
centinaia del “mestieraccio”: “Gli occhi fermi<br />
e dignitosi di un padre venuto in redazione<br />
a raccontarci il massacro <strong>dei</strong> suoi sette figli.<br />
Erano i Cervi, i contadini emiliani che i nazisti<br />
trucidarono nel ‘44. Poi la caparbia determinazione<br />
e l’onestà di Tina Merlin durante<br />
il Vajont, una donna volitiva e mai molesta,<br />
come invece è stata rappresentata nel film.<br />
Ho girato in tutta Europa, ma la Romania di<br />
Ceausescu nell’86 è quanto di più inconcepibile<br />
mi sia capitato di vedere: lui era una<br />
figura ridicola, più un padrone che un capo<br />
di Stato”. L’ultimo articolo? “Nell’88, alla<br />
fiera della calzatura di Vigevano”. Che giudizio<br />
dà di questo mestiere? “Che costringe a<br />
spogliarsi di se stessi, dell’autonomia di<br />
giudizio”. E il consiglio a un giovane apprendista<br />
giornalista? Non scegliere mai questa<br />
professione. Ma se si è tanto ostinati, sacrificarsi,<br />
leggere buoni libri, togliersi di testa<br />
ogni velleità letteraria. Ah, e anche…non<br />
dimenticare”.<br />
Le “grandi solitudini”<br />
di un globe-trotter fortunato<br />
di Luca Galassi<br />
La contestazione giovanile nella Parigi del<br />
‘68, lo sbarco degli esuli anticastristi nella<br />
“Baia <strong>dei</strong> porci”, la guerra <strong>dei</strong> Sei giorni tra<br />
Israele ed Egitto, la Rivoluzione <strong>dei</strong> garofani<br />
in Portogallo. E poi i viaggi all’estero di<br />
Gronchi, Saragat e Pertini, la morte di<br />
Walter Tobagi, Jacqueline Kennedy in visita<br />
ad Onassis. Un elenco lunghissimo. Ma se<br />
il fotoreporter dell’Associated Press, Raoul<br />
Fornezza, 77 anni, friulano di San Giorgio<br />
di Nogaro, volesse fermare con un’istantanea<br />
l’episodio più singolare della sua carriera,<br />
forse sceglierebbe il Cairo, anno 1957.<br />
Non fosse altro che per le tragicomiche<br />
circostanze in cui si è trovato. Un fanatico<br />
funzionario del “Ministry of information” di<br />
Nasser, nel rinnovargli le credenziali stampa<br />
per l’ingresso in Egitto, si era fissato che<br />
Raoul fosse un nome ebreo, così come chi<br />
lo portava. A nulla era servita, per “certificare”<br />
le sue origini, l’esibizione, tra gli sghignazzi<br />
<strong>dei</strong> presenti, di parti intime esenti da<br />
circoncisione. Fu il certificato di battesimo,<br />
inviatogli a tempo di record dalla Ap, a<br />
salvarlo dall’imbarazzante situazione.<br />
Il giornalista friulano, globe-trotter dell’informazione<br />
fotografica, deve soprattutto alla<br />
fortuna se oggi può raccontare quell’episodio<br />
con divertita ironia, eleggendolo come il<br />
più bizzarro tra i mille che costellano la sua<br />
avventurosa carriera, cominciata all’agenzia<br />
Orbis nel 1946. Nel ‘49 passa al Corriere<br />
Lombardo come cronista di bianca. Poi<br />
all’agenzia Upi fino al ‘50, anno in cui entra<br />
alla Ap, per rimanervi oltre un trentennio.<br />
Incaricato di riportare notizie attraverso<br />
immagini, e spesso,<br />
date le difficili<br />
circostanze, a<br />
corredarle con<br />
testi, Fornezza è<br />
una delle rare<br />
figure professionali<br />
che hanno<br />
saputo compiere<br />
in modo memorabile<br />
la difficile<br />
saldatura tra fotografia<br />
e notizia.<br />
“Grandi soddisfazioni<br />
– commenta – ma spesso anche delusioni<br />
e manganellate. Come a Montevideo<br />
nel ‘61. Occupato a riprendere una manifestazione<br />
filocastrista, la polizia a cavallo mi<br />
ha colpito con lo sfollagente: cinque punti<br />
alla testa”. Nel ‘68, a Parigi, per un fotoreporter<br />
era quasi impossibile uscire indenne<br />
dalle manifestazioni di piazza. “Da una bottiglia<br />
incendiaria mi ha salvato in parte un<br />
caschetto prestatomi da un motociclista”. La<br />
fortuna aiuta Fornezza anche nel ‘61, in<br />
Congo, durante la lotta per il potere tra<br />
Mobutu e Ciombé. “Il momento più pericoloso<br />
della mia carriera. Poco prima che<br />
uccidessero i 13 aviatori italiani che portavano<br />
medicinali, fui catturato con alcuni<br />
colleghi e gettato, livido di percosse, in un<br />
garage per auto. Scambiati per spie,<br />
evitammo la fucilazione grazie a un ufficiale<br />
belga”. Ma la professione che ha dato a<br />
Fornezza il privilegio di scorrazzare per i<br />
quattro angoli del mondo è stata anche<br />
foriera di una cocente delusione. Anticipata<br />
per errore dall’Ap la risoluzione del rapporto<br />
di lavoro, il fotoreporter si è vista dimez-<br />
zata, al termine di una lunga vertenza giudiziaria,<br />
la liquidazione, anche a causa di un<br />
legale del sindacato “molto poco vocato alla<br />
tutela degli associati”. È sposato, Fornezza?<br />
“Divorziato, 15 giorni prima del referen-<br />
GIAN MARIO MALETTO<br />
La penna blues<br />
del cronista sportivo<br />
di Giuseppe Cosso<br />
“Il calcio è come il jazz: schema, ritmo e<br />
improvvisazione”. Gian Mario Maletto, nato<br />
a Vedano Olona, in provincia di Varese, nel<br />
1927, accomuna così le due passioni sulle<br />
quali ha costruito più di cinquant’anni di<br />
carriera giornalistica. Alla musica jazz si<br />
accosta assai presto. “A dodici anni ero già<br />
un appassionato. Ascoltavo i 78 giri di mio<br />
fratello storpiando i nomi <strong>dei</strong> grandi autori.<br />
Il mio preferito era ed è rimasto Louis<br />
Armstrong”.<br />
L’entusiasmo è tale che Maletto, durante il<br />
ginnasio, copia su un quaderno, che<br />
conserva ancora gelosamente, l’intera<br />
discografia dell’esperto svizzero Kurt Mohr<br />
avuta in prestito: un lavoro di un centinaio<br />
di pagine. Dal blues al bebop, da Sonny<br />
Rollins a Dizzie Gillespie non ci sono generi<br />
e autori che Maletto, nella sua veste di<br />
critico musicale, non abbia commentato e<br />
frequentato. Lo studio della sua casa di<br />
Milano è ricco di preziosi reperti: un migliaio<br />
di dischi in vinile da collezione, foto celebri<br />
e, soprattutto, una raccolta di riviste inglesi,<br />
americane e francesi degli ultimi<br />
cinquant’anni che è una vera e propria<br />
miniera d’oro per i colleghi interessati a<br />
ricerche sull’argomento.<br />
Ma è seguendo lo sport che Maletto muove<br />
i primi passi in redazione: a vent’anni scrive<br />
cronache calcistiche per la Gazzetta dello<br />
Sport. “Il mio esordio avvenne commentando<br />
la partita Crema–Cagliari. L’incontro fu<br />
stravinto dal Crema. Il Cagliari non era ancora<br />
la squadra formidabile di Gigi Riva”. Alla<br />
“rosea”, Maletto diventa praticante nel ‘51 e<br />
professionista nel ‘52. Per il quotidiano, diretto<br />
da Gianni Brera (dal 1949 al ‘54) e poi da<br />
Giuseppe Ambrosini, Maletto segue soprattutto<br />
il calcio: “Mi piaceva intervistare i giocatori.<br />
Era una bella soddisfazione poter dare<br />
del tu ai personaggi sportivi che avevo idolatrato<br />
da ragazzino. Giuseppe Meazza<br />
diventò mio grande amico”. All’epoca, forse,<br />
era più facile parlare con i campioni. “È<br />
vero”, commenta Maletto, “lo spogliatoio<br />
ideale era quello di Nereo Rocco, allenatore<br />
del Milan: un triestino di grande classe,<br />
umanità e intelligenza. La battuta era assicurata<br />
ed eri certo di uscire sempre con il<br />
titolo già pronto”. Durante gli anni della<br />
gavetta l’archivio del giornale è una scuola<br />
importante: “Leggevo avidamente gli articoli<br />
di Bruno Roghi, un giornalista che ha rivoluzionato<br />
lo stile delle cronache sportive, per<br />
non parlare di Gianni Brera”. Per la Gazzetta<br />
scrive anche brevi critiche cinematografiche<br />
che all’epoca il quotidiano ospitava.<br />
Nel ‘56 entra al Giorno: in redazione ci<br />
sono Gianni Brera, “personalità grandissima”,<br />
Mario Fossati e Pilade del<br />
Buono. Nel foglio di Mattei l’entusiasmo<br />
va di pari passo con le difficoltà:<br />
“Al Giorno ho imparato a scrivere<br />
pezzi più brevi e a comporre attacchi<br />
concisi ed esaurienti”. Diventa<br />
caposervizio dello sport, ma continua<br />
a scrivere di jazz: “Ho sempre<br />
cercato di coltivare l’altra mia<br />
passione, il mio giardino prediletto”.<br />
Dalla fine degli anni Cinquanta inizia<br />
a collaborare con Musica Jazz, il periodico<br />
di Hachette-Rusconi che tanto ha<br />
contribuito a far crescere l’entusiasmo<br />
per la black music in Italia. Partecipa al<br />
lavoro redazionale e cura, dal 1966 a<br />
tutt’oggi, la rassegna Carta stampata.<br />
Per la rivista incontra personalità di spicco<br />
del mondo della musica: “Ricordo un’intervista<br />
nel ‘58 al giovane Claudio Abbado,<br />
dum sul divorzio. In questa professione non<br />
ci sono feste, non esistono affetti, non ci<br />
sono momenti per mangiare e per dormire.<br />
Solo grandi solitudini, in cui esisti tu e la tua<br />
macchina fotografica”.<br />
fresco vincitore<br />
di un riconoscimentoimportante.<br />
Negli<br />
Anni Cinquanta,<br />
in Italia, il<br />
jazz era ancora<br />
s n o b b a t o<br />
dall’accademia<br />
e il maestro mi<br />
confessò che la<br />
sera, trovandosi<br />
a New York<br />
per ritirare il<br />
premio, scappava dall’albergo per andare a<br />
sentire Jerry Mulligan”. Al Giorno rimane<br />
fino al ‘62. Per due anni collabora come free<br />
lance al periodico Settimo Giorno diretto<br />
prima dal critico cinematografico, Pietro<br />
Bianchi e poi da Carlo De Martino. Nel ‘72<br />
approda al Corriere d’Informazione dove<br />
lavora fino alla pensione che arriva nel<br />
1981.<br />
Da allora Maletto si dedica solo al jazz.<br />
Partecipa a opere collettive, scrivendo, tra<br />
l’altro, per le edizioni Fabbri monografie e<br />
minibiografie da Chet Baker a Jimmy<br />
Rushing, da Martial Solal ad Art Tatum, “il<br />
pianista cieco che aveva un orecchio finissimo:<br />
sapeva riconoscere l’esatta tonalità<br />
del suono prodotto da una lattina di birra<br />
mezza vuota lasciata cadere sul pavimento.<br />
Possedeva una tecnica straordinaria e<br />
notevole inventiva”. Dal 1990 tiene ogni<br />
domenica la rubrica “Ritmi nel tempo” sul<br />
supplemento culturale de Il Sole-24 Ore,<br />
mentre nel 1996 cura, come responsabile,<br />
il rifacimento della parte jazz nella nuova<br />
edizione della “Garzantina” della musica.<br />
Ha consigli per un giovane che si affaccia<br />
alla professione? “Un articolo, risponde, è<br />
un po’ come musica che nasce sul momento.<br />
È composizione istantanea. Ogni pezzo<br />
è irripetibile. Come un musicista prende un<br />
tema e in due minuti ci mette di suo il<br />
suono, l’idea immediata, così il cronista,<br />
ogni giorno, ha la fortuna di poter usare la<br />
creatività. Un suggerimento? Imparare dai<br />
colleghi a scrivere chiaramente senza<br />
rinunciare a cercare una propria via, un<br />
proprio stile”.<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
7
Il riconoscimento d<br />
ANNAMARIA MALVESTITI<br />
Da Bruxelles ha descritto<br />
la nascita dell’Europa<br />
di Giuseppe Cosso<br />
Annamaria Malvestiti, detta Mila, ha raccontato,<br />
come corrispondente da Bruxelles del<br />
Resto del Carlino–La Nazione, la nascita<br />
delle istituzioni della Comunità Europea e<br />
ha descritto con passione le battaglie politiche<br />
degli statisti che, sull’esempio e lungo<br />
la strada tracciata da Alcide De Gasperi<br />
hanno contribuito alla loro costruzione:<br />
“Colombo, Rumor, Segni sono uomini che<br />
hanno lottato duro per l’Europa. La capitale<br />
belga è stata un laboratorio privilegiato che<br />
mi ha permesso di assistere alla trasformazione<br />
pacifica di un continente e alla realizzazione<br />
del sogno concreto della moneta<br />
unica”. Una “passione di famiglia”, l’Europa:<br />
suo padre Piero, amico e sodale di De<br />
Gasperi, fu vicepresidente della Commissione<br />
Europea nel 1958 e, dal ‘59 al ‘63,<br />
presidente della Ceca (Comunità Europea<br />
del Carbone e dell’Acciaio).<br />
Nata a Milano, si laurea in filosofia nel 1950<br />
con una tesi in diritto su sovranità e sovranazionalità:<br />
“Considerata l’epoca, sostenni<br />
un’idea che era quasi un’eresia. Scrissi che<br />
per non ricadere in un conflitto, gli Stati<br />
europei dovevano accettare di cedere alcune<br />
prerogative, tra cui la moneta, ad un’istituzione<br />
superiore”. Dopo il diploma, Mila si<br />
trasferisce a Roma e inizia a collaborare<br />
con il Giornale d’Italia. Scrive le cronache<br />
della provincia, poi viene promossa agli<br />
Interni e infine approda agli Esteri. “Una<br />
donna nel ruolo di inviata era considerata<br />
con diffidenza: la prima volta che il giornale<br />
mi affidò un incarico, tra i colleghi maschi ci<br />
fu la rivoluzione”.<br />
Ma il coraggio non le manca. Tra un viaggio<br />
e l’altro, sul quotidiano romano compone<br />
anche una serie di inchieste nelle quali<br />
intervista alcuni lavoratori addetti a mestieri<br />
pericolosi. “Ho provato in prima persona<br />
cosa significhi collaudare un aeroplano o<br />
salire su un bolide da corsa lanciato a<br />
trecento orari. Devo ammettere che ho<br />
sempre considerato il giornalismo una<br />
professione appagante, ma anche molto<br />
stressante, direi più emozionante che<br />
piacevole. Ricordo<br />
le snervanti<br />
attese di alcune<br />
riunioni ministeriali<br />
alla Nato<br />
durante gli anni<br />
bui della guerra<br />
fredda. A volte<br />
sembrava di stare<br />
su un vulcano in<br />
procinto di scoppiare”.Nel 1955 la svolta: il<br />
Resto del Carlino le propone l’ufficio di corrispondenza<br />
di Bruxelles. Politica interna<br />
belga e matrimoni reali sono, in partenza, il<br />
tema principale delle sue cronache ma<br />
dopo il trattato di Roma del 1957, la macchina<br />
sempre più complessa della Commissione<br />
Europea diventa un argomento prioritario<br />
da spiegare ai lettori. “Ho cercato di far<br />
conoscere nel modo più semplice possibile<br />
le istituzioni comunitarie e le loro regole”.<br />
Un lavoro che svolge con passione tanto<br />
che Giovanni Marcora, ministro dell’Agricoltura<br />
un giorno le confessa: “Per capire esattamente<br />
quello che è stato deciso in un<br />
Consiglio Europeo, devo leggere i suoi articoli<br />
il mattino seguente”.<br />
Il quotidiano bolognese in quegli anni è<br />
molto sensibile alle questioni che la<br />
Commissione Europea discute, soprattutto<br />
in tema di politiche agricole. “Ma il mio<br />
motto è sempre stato quello di far capire<br />
innanzitutto ai lettori quali fossero la portata<br />
e le conseguenze di decisioni prese a<br />
Bruxelles sulla loro vita quotidiana. Durante<br />
una visita ufficiale di Giovanni Leone in<br />
Belgio, Aldo Moro, allora ministro degli<br />
Esteri, mi presentò al Presidente dicendo<br />
che nei miei articoli non sempre ero gentile,<br />
ma spesso avevo ragione. Un complimento<br />
che mi fece piacere perché aveva riconosciuto<br />
la lealtà delle mie critiche”.<br />
Lealtà e correttezza: qualità che Mila Malvestiti<br />
considera indispensabili per far bene<br />
questo lavoro e che ha apprezzato in molti<br />
giornalisti con i quali ha collaborato: “Ricordo<br />
con grande affetto Alfredo Pieroni e<br />
Piero Magi, due direttori del Resto del Carlino<br />
ai quali queste doti non sono certo<br />
mancate”.<br />
RODOLFO PAGNINI<br />
“Ecologista ante litteram,<br />
ma vuoi mettere il calcio…”<br />
di Salvatore M. Seu<br />
Rodolfo Pagnini ovvero una grande passione:<br />
lo sport. Se ne occupa fin da ragazzo<br />
su Il Rondò, quotidiano di Sesto San<br />
Giovanni, dove è nato. In seguito collabora<br />
con la Gazzetta dello Sport per un paio<br />
d’anni (‘49-’50). Al quotidiano milanese<br />
trova un estimatore in Nino Oppio e l’assunzione<br />
sembra prossima.<br />
Nel frattempo si presenta l’occasione di<br />
entrare all’edizione di Milano de L’Unità.È il<br />
1950. Suo padre è un militante comunista e<br />
inevitabilmente ne influenza la scelta, poi<br />
rivelatasi definitiva: «Accettai soprattutto<br />
per compiacerlo; io non ero particolarmente<br />
attivo nel Partito. E ammetto un certo<br />
rammarico per non essere andato alla<br />
Gazzetta dello Sport che, per un giornalista<br />
sportivo, è il massimo». Il suo primo direttore<br />
è Davide Lajolo, il più “giornalista” fra<br />
quelli da lui incontrati: «Il migliore, senza<br />
dubbio. Ma ricordo volentieri anche Aldo<br />
Tortorella».<br />
Al quotidiano del Pci si occupa inizialmente<br />
della cronaca milanese, quindi diventa<br />
caposervizio agli Interni e, finalmente, nel<br />
1958 approda alla<br />
redazione sportiva<br />
come caposervizio<br />
e inviato<br />
per il calcio.<br />
Come era trattato<br />
lo sport nel<br />
maggiore giornale<br />
di partito italiano?<br />
«L’Unità, al tempo,<br />
era un grande<br />
quotidiano popolare<br />
e si occupava<br />
di tutto. Allo sport<br />
erano dedicate due pagine al giorno, che<br />
diventavano 5 o 6 il lunedì. Lo sport era inoltre<br />
il settore meno vincolato alla linea politica<br />
del giornale. Certo, se un “padrone”<br />
spendeva uno sproposito per un calciatore,<br />
non gliela facevamo passare».<br />
Gli anni 60 per Rodolfo Pagnini sono densi<br />
di esperienze indimenticabili. Segue le<br />
Olimpiadi di Roma e tre edizioni <strong>dei</strong><br />
mondiali, Cile, Inghilterra e Messico. «Il 19<br />
luglio del ‘66 non ero a Middlesbrough a<br />
seguire la disfatta dell’Italia con la Corea,<br />
ma a Liverpool, per assistere ad un’altra<br />
clamorosa eliminazione, quella del Brasile<br />
di Pelè; ricordo gli sghignazzi <strong>dei</strong> colleghi di<br />
mezzo mondo, quando si seppe della<br />
nostra sconfitta». Una pagina deprimente.<br />
Quattro anni dopo è tra i privilegiati che<br />
vivono quella più esaltante, l’Italia-Germania<br />
Ovest 4-3, entrata nella mitologia del<br />
nostro calcio. «Presi posizione contro la<br />
“staffetta” Mazzola-Rivera, eterno vizio<br />
italiano di penalizzare i talenti».<br />
Sempre in questi anni il giornale lancia<br />
una rubrica dedicata alla caccia e alla<br />
pesca sportiva e a Pagnini è affidata<br />
quest’ultima. Vi si applica al punto che<br />
GIANCARLO PERTEGATO<br />
La paura e l’angoscia<br />
degli “anni di piombo”<br />
di Lara Zani<br />
Ha raccontato le emozioni di un’Europa in<br />
cambiamento, l’informatizzazione della<br />
valle padana e l’alluvione del Polesine. Ma<br />
non c’è avvenimento che abbia segnato la<br />
sua esistenza quanto gli anni del terrorismo.<br />
Quello di destra, conosciuto attraverso<br />
le vicende eversive della pista nera<br />
veneta, e soprattutto quello di sinistra.<br />
“Quegli anni – racconta Giancarlo<br />
Pertegato, padovano, cinquant’anni di professione<br />
spesi tra alcune delle più prestigiose<br />
testate italiane – sono incisi dentro di<br />
me, anche se allora non avevo compreso<br />
fino in fondo il dramma che aveva vissuto la<br />
mia famiglia. L’ho capito anni dopo, da uno<br />
scritto di mia figlia che risaliva ai tempi in<br />
cui mi vedeva rientrare accompagnato dalla<br />
scorta”.<br />
L’assegnazione della scorta ai giornalisti<br />
segna un momento drammatico del periodo<br />
dell’eversione, dopo l’assassinio di Walter<br />
Tobagi. Lo stesso Pertegato lo visse in<br />
prima persona: “Un giorno – racconta –,<br />
tornando dal giornale verso la stazione<br />
Moscova, vidi un gruppo di persone in attesa.<br />
Scendendo le scale della metropolitana,<br />
notai una ragazza che mi guardava dietro<br />
le spalle con aria preoccupata. Scesi i gradini<br />
correndo a zigzag, mescolandomi alla<br />
gente. In fondo mi voltai e vidi una donna il<br />
cui volto non dimenticherò mai: sui trent’anni,<br />
robusta, dall’aspetto meridionale, con in<br />
mano un borsone del quale impugnava una<br />
sola maniglia. Apparteneva al gruppo in<br />
attesa fuori, e la ragazza l’aveva vista<br />
scambiare segnali con gli altri. Dai magistrati<br />
ricevetti la conferma che si trattava di<br />
una tecnica frequente. Ma non ci fu una<br />
denuncia, perché fortunatamente non era<br />
accaduto nulla.”<br />
Fu l’episodio che provocò l’allontanamento<br />
di Pertegato da Milano per motivi di incolumità<br />
personale. Prima in Istria, poi in<br />
Libano, Turchia, Balcani. Nel 1982 sarà a<br />
Beirut e con Bernardo Valli, Sandro Viola,<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
diviene uno specializzato e la sua collaborazione<br />
è richiesta da riviste del settore,<br />
come Caccia e Pesca e Pescare. L’ esperienza<br />
culmina nel libro I pesci d’acqua<br />
dolce, pubblicato del 1974 e accolto molto<br />
bene fra gli appassionati. «Anche di recente<br />
ne ho trovato una copia in libreria. Non<br />
è il lavoro di uno studioso, piuttosto di un<br />
osservatore attento. Ho cercato di capire<br />
come i pesci modificano i propri comportamenti<br />
a causa delle alterazioni che la<br />
modernità produce sull’ambiente. Posso<br />
definirmi un ecologista ante litteram.<br />
Oriana Fallaci e<br />
Carlo Rossella, in<br />
un albergo proprio<br />
a cavallo tra<br />
la Beirut musulmana<br />
e quella<br />
maronita, assisterà<br />
alla disfatta<br />
<strong>dei</strong> palestinesi.<br />
Racconta di una<br />
terribile esplosione<br />
davanti all’albergo.<br />
Racconta<br />
dell’enorme<br />
scheggia da cui fu sfiorato mentre, nella<br />
cantina, lavorava alle telescriventi con un<br />
collega spagnolo. “Ma mai in nessun luogo<br />
– ricorda – conobbi la tensione che avevo<br />
vissuto a Milano”.<br />
Il legame del giornalista veneto con la carta<br />
stampata ha radici lontane. Padova, quartiere<br />
Arcella, anni Trenta: un giovanissimo<br />
Pertegato si conquista il privilegio di sfogliare<br />
i giornali aiutando l’edicolante a piegarli.<br />
Gli anni successivi sono quelli della<br />
palestra de Il lavoratore, di cui resterà direttore<br />
responsabile fino alla metà degli anni<br />
Cinquanta; dell’“esperienza garibaldina” de<br />
La tribuna di Padova: “Forse non abbiamo<br />
dato ai lettori il meglio di quello che si<br />
aspettavano; certamente, abbiamo dato il<br />
meglio di noi stessi.” Poi l’incarico di corrispondente<br />
di Milano Sera e la collaborazione<br />
con Lavoro. Il 1952 è l’anno dell’approdo<br />
a L’Unità, testata presso la quale Pertegato<br />
svolgerà il praticantato dal ‘56 al ‘58. In<br />
seguito verrà la breve esperienza a<br />
Stasera (1961), con Mario Melloni<br />
“Fortebraccio”, Gigi Fossati e un giovanissimo<br />
Aldo Biscardi. La chiusura della testata<br />
dopo un anno segna l’inizio di un periodo<br />
travagliato: due anni di collaborazioni saltuarie,<br />
fino all’assunzione, nel 1965, nella<br />
redazione “Province” de Il Giorno, guidata<br />
da Leonardo Valenti. Di Valenti Pertegato<br />
ama ricordare la consapevolezza civile<br />
della professione, sintetizzata nella frase<br />
“questo mestiere mi piace e lo faccio perché<br />
è un mestiere democratico”.<br />
“Un mestiere – aggiunge Pertegato – che ti<br />
invecchia da giovane e ti ringiovanisce da<br />
vecchio”. Colpa e merito insieme, soprattutto,<br />
di quei travagliati anni già ricordati,<br />
raccontati prima dalle colonne de Il<br />
Giorno e poi, dal 1971, da quelle del<br />
Corriere della Sera: “Le tensioni<br />
della città si scaricavano sui fatti e<br />
sulle notizie. Un’esperienza<br />
intensissima”. Ma alla fine il giudizio<br />
sulla stampa di quegli anni<br />
è senza dubbio positivo:<br />
“Ripercorrendo quelle vicende,<br />
credo che la stampa italiana nel<br />
suo complesso sia andata,<br />
nonostante i clamorosi episodi di<br />
depistaggio, molto vicina alla<br />
verità: solo gli strumenti giudiziari<br />
avrebbero potuto andare oltre”.<br />
Conclusa la lunga stagione al<br />
Corsera – “una famiglia giornalistica<br />
che ti lascia un’impronta incancellabile di<br />
rigore” – Pertegato ha pubblicato Intervista<br />
sulla Fiat e lavora a un altro volume sulla<br />
strage alla Questura in via Fatebenefratelli<br />
(17 maggio 1973, quattro morti).<br />
8 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
dell’<strong>Ordine</strong>...<br />
FLORIANA MAUDENTE<br />
Costume e spettacolo<br />
ma soprattutto cinema<br />
di Salvatore M. Seu<br />
Floriana Maudente nasce a Torino, ma<br />
presto si trasferisce a Bologna, dove si<br />
laurea in Giurisprudenza. Potrebbe trovare<br />
un impiego all’Intendenza di finanza ma,<br />
quasi per caso, entra in contatto con il direttore<br />
del Giornale dell’Emilia e dal 1947<br />
comincia a scrivere.<br />
Poco dopo segue direttore e redattore<br />
capo all’Alto Adige di Bolzano, in cui svolge<br />
il praticantato in qualità di inviato, soprattutto<br />
in Austria, grazie alla conoscenza del<br />
tedesco (parla anche il francese e l’inglese).<br />
Il giornale chiude e la Maudente si trasferisce<br />
a Milano, trovando lavoro per pochi<br />
mesi e al minimo salariale a Cinema Nuovo,<br />
rivista della Feltrinelli.<br />
È, quindi, assunta dal settimanale La Tribuna,<br />
in cui si impone come inviato e dove si<br />
trattiene per tutti gli anni 50: «Questa esperienza<br />
mi ha insegnato che la vita, la mia e<br />
delle persone che incontravo, non era solo<br />
quella privilegiata in cui ero cresciuta».<br />
Nei primi anni 60 vive una breve esperienza<br />
a Settimo giorno, settimanale culturale di<br />
buon livello (vi collaborano intellettuali come<br />
Arbasino, Cancogni e Testori) in cui incontra<br />
- confessa - il migliore fra i direttori della<br />
sua carriera, Pietro Bianchi: «Quando lo<br />
licenziarono, il giornale chiuse in tre mesi»<br />
ricorda ancora con amarezza.<br />
Lavora per un breve periodo alla Settimana<br />
Incom ed è quindi assunta dal mensile<br />
Arian, edito da Mondatori: «Era un giornale<br />
per signore, ma molto raffinato», ricorda.<br />
Negli stessi anni si iscrive, una delle prime<br />
GIACINTO SPADETTA<br />
Dal Roma di Napoli<br />
al Corriere della Sera<br />
di Alessio Antonini<br />
Giacinto Spadetta è un elegante signore di<br />
75 anni. Porta baffi curati e parla con un<br />
marcato accento napoletano. Racconta di<br />
una vita professionale non facile per chi,<br />
come lui, ha «voluto fare giornalismo senza<br />
mai prendere una tessera di Partito».<br />
Ha iniziato la sua carriera negli anni<br />
Cinquanta a Napoli, sua città d’origine,<br />
collaborando con la redazione locale del<br />
Giornale d’Italia. Nel 1953, diventato professionista,<br />
fu assunto alla Gazzetta del Sud,<br />
dove vide «passare come praticanti Antonio<br />
Lubrano e Nicola Calarco». Rimase alla<br />
Gazzetta solo tre anni. Nel 1956 non poté<br />
rifiutare l’offerta di trasferirsi alla redazione<br />
napoletana del Roma, il giornale di<br />
proprietà del «potentissimo» armatore<br />
Achille Lauro, «che al tempo era anche<br />
sindaco di Napoli e presidente del Partito<br />
monarchico». Ma nell’ottobre del 1961 –<br />
racconta Spadetta – lasciò il giornale in<br />
seguito a un servizio che lo portò allo scontro<br />
con l’editore. «Le cose andavano così –<br />
ricorda – fui incaricato di seguire un festival<br />
della musica, in cui erano presenti tutti i big:<br />
Mike Bongiorno, Milva, Johnny Dorelli e<br />
altri. In quella occasione Bongiorno spense<br />
l’audio ad Achille Lauro e io riportai l’accaduto».<br />
Lauro non gradì e ordinò ad Alberto<br />
Giovannini, allora direttore del Roma, di<br />
licenziare Spadetta. Giovannini si rifiutò e<br />
chiese l’intervento della Federazione della<br />
Stampa. Alla fine, Lauro rinunciò alla sua<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
donne, al Sindacato Cinematografico.<br />
Ad Arian si specializza nelle interviste a<br />
personaggi della cultura e dello spettacolo,<br />
ma anche dell’attualità, come il cardiochirurgo<br />
Gaetano Azzolina: «Mi preparavo<br />
con dedizione e portavo con me il<br />
registratore.<br />
Il colloquio poteva durare anche delle ore e<br />
riempiva molte pagine del giornale. Ricordo<br />
che Nino Manfredi era inizialmente<br />
perplesso, poi andammo avanti per l’intero<br />
pomeriggio».<br />
È uno <strong>dei</strong> periodi professionalmente più<br />
appaganti. Incontra, tra gli altri, personaggi<br />
come Ungaretti («Mi sembrò originale<br />
parlare con lui della conquista della Luna,<br />
era il 1969»), Fellini, in occasione delle sue<br />
nozze d’argento, e Luchino Visconti.<br />
Arian chiude nei primi anni 70 («Stavo per<br />
realizzare un’intervista al Presidente della<br />
Repubblica, Giovanni Leone») quando termina<br />
anche la carriera giornalistica di Floriana<br />
Maudente: «Quel giornalismo elegante e<br />
discreto che io ho sempre amato e cercato<br />
di praticare, sembrava non interessare più ai<br />
direttori. Così decisi di smettere».<br />
È ora il cinema, passione di una vita, a<br />
diventare la sua unica occupazione. Lavora<br />
alla Biennale di Venezia nel settore documentazione<br />
e per qualche tempo si trasferisce<br />
anche a Parigi. Oggi cura il Festival di<br />
cortometraggio di Montecatini e continua,<br />
con straordinaria vitalità, a girare l’Europa<br />
per seguire le rassegne cinematografiche.<br />
E quando glielo chiedono scrive ancora,<br />
ovviamente di cinema, per riviste specializzate,<br />
anche estere: «Nell’ambiente conosco<br />
tante persone, quando vado ad un festival<br />
mi sento a casa mia».<br />
pretesa.<br />
L’episodio amareggiò Spadetta a tal punto<br />
da spingerlo a lasciare Napoli e a «emigrare»<br />
a Milano: «All’avventura». «Iniziai così a<br />
lavorare per Stasera, sotto la direzione di<br />
Fortebraccio, ma non firmavo gli articoli<br />
perché non volevo avere nulla a che fare<br />
con la politica». Vi rimase solo pochi mesi,<br />
fino a che non ottenne un contratto con il<br />
Corriere Lombardo. Nel 1966, però, il<br />
proprietario, l’industriale del cemento, Carlo<br />
Pesenti, «sacrificò il Corriere a vantaggio de<br />
La Notte e diversi giornalisti rimasero disoccupati».<br />
Spadetta si ritrovò senza lavoro e<br />
con una famiglia da mantenere. Accettò<br />
così un posto a Confidenze, periodico della<br />
Mondadori che si occupava di spettacoli. Fu<br />
una grande sofferenza dal punto di vista<br />
professionale – ricorda – sembrava il lavoro<br />
di un impiegato: si entrava alla mattina<br />
presto e si usciva al pomeriggio. Ci mancava<br />
poco che si dovesse timbrare il cartellino».<br />
Spadetta, però,<br />
non si arrese e<br />
lavorando di notte<br />
iniziò a collaborare<br />
con il Corriere<br />
della Sera. Negli<br />
ultimi mesi del<br />
1969, sotto la<br />
direzione di<br />
Giovanni Spadolini,<br />
fu assunto.<br />
Lavorò al Supplemento<br />
Illustrato<br />
del Corriere fino alla sua chiusura, quando<br />
finì alla redazione sportiva del quotidiano<br />
di via Solferino. Andò in pensione «coatta»<br />
nel 1985. «Me ne andai contro la<br />
mia volontà – spiega – a causa della<br />
legge di riforma dell’editoria che<br />
consentiva agli editori di pensionare<br />
i giornalisti che avessero<br />
raggiunto i 15 anni di contributi.<br />
Comunque, il lavoro non era più<br />
lo stesso. Il giornalismo moderno<br />
è completamente diverso da<br />
quello cui ero abituato. L’informatica,<br />
poi, ha stravolto tutto. Io<br />
mi sono fermato alla macchina<br />
per scrivere».<br />
FERNANDO STRAMBACI<br />
Una vita all’Unità<br />
passando per la Michelin<br />
«Ho iniziato a fare il giornalista per caso:<br />
militavo nel Partito comunista e mi sono<br />
trovato a scrivere sull’Unità». Fernando<br />
Strambaci è un uomo gentile. Ha 74 anni<br />
ben portati e una grande disponibilità a<br />
chiacchierare della sua storia, che poi è un<br />
pezzo di storia del nostro Paese.<br />
Si avvicinò alla politica travolto dai grandi<br />
eventi: nel 1944 era ancora un ragazzo,<br />
quando partecipò, come «sappista» delle<br />
Brigate Garibaldi, alla Resistenza a Torino.<br />
Alla fine della guerra non poté riprendere la<br />
scuola per motivi economici, ma continuò a<br />
studiare sui «fogliettoni» <strong>dei</strong> giornali e a<br />
«leggere quello che poteva».<br />
In quegli anni, assunto come operaio alla<br />
Michelin divenne presto impiegato e iniziò a<br />
stampare un giornale, La Voce della<br />
Gioventù, «un foglio di due pagine che ebbe<br />
un successo strepitoso, perché denunciava<br />
il comportamento scorretto di alcuni dirigenti<br />
verso gli operai». Parallelamente Strambaci<br />
redigeva un vero e proprio giornale,<br />
utilizzando la tipografia interna della Michelin:<br />
«La Voce di Bibendum (Bibendum è<br />
l’omino simbolo della fabbrica di pneumatici<br />
ndr) era uno <strong>dei</strong> fogli <strong>dei</strong> Comitati di Liberazione<br />
nazionale ed è stato poi, per decenni,<br />
l’Houseorgan della Michelin».<br />
I «doveri» della militanza politica lo portarono<br />
anche ad organizzare una piccola<br />
«Università Operaia» in cui insegnanti e<br />
giornalisti tenevano lezione di economia e<br />
storia. Durante uno di questi incontri, Guido<br />
Milli, caporedattore dell’Unità di Torino,<br />
vedendo La Voce della Gioventù e La Voce<br />
di Bibendum lo volle con sé al giornale.<br />
Strambaci accettò. Iniziò lavorando gratis,<br />
«andando dalla Michelin alla redazione<br />
del giornale in bicicletta»; poi Marco<br />
Vais, l’allora vicedirettore, lo volle a<br />
tempo pieno. Strambaci accettò<br />
anche questa volta per disciplina<br />
di partito, nonostante lo stipendio<br />
di redattore fosse molto più<br />
basso di quello di un tecnico<br />
della Michelin e il suo passaggio<br />
immediato al giornale comportasse<br />
la perdita della liquidazione.<br />
Strambaci ha lavorato per tutta la<br />
vita all’Unità, ricoprendo tutti gli<br />
incarichi, da redattore a inviato,<br />
dalla cronaca nera alla pagina <strong>dei</strong><br />
motori, da segretario di redazione a<br />
redattore capo. «Una volta era diverso,<br />
non ci si specializzava, si faceva quello di<br />
cui c’era bisogno. Se non si sapeva qualcosa<br />
si studiava e poi si scriveva». «Ma il vero<br />
lavoro del giornalista lo feci solo da inviato<br />
o cronista. Ricordo il caso della “Banda <strong>dei</strong><br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
Cremaschi”: i carabinieri<br />
avevano<br />
costretto con le<br />
botte un gruppo di<br />
ladruncoli a confessare<br />
rapine<br />
che non avevano<br />
commesso.<br />
Scoprimmo, infatti,<br />
che uno <strong>dei</strong><br />
“rapinatori confessi”,<br />
il giorno del<br />
colpo in banca,<br />
era ricoverato in<br />
ospedale. Scoppiò un putiferio e il tenente<br />
<strong>dei</strong> carabinieri fu trasferito». Strambaci ricevette<br />
anche minacce per aver scritto degli<br />
articoli sul lavoro minorile, ma «naturalmente»<br />
non fu mai smentito. Come cronista si<br />
occupò di molti avvenimenti importanti:<br />
dall’alluvione del Polesine, al Vajont, alla<br />
strage di piazza Fontana.<br />
Strambaci è andato in prepensionamento<br />
nel 1983, in seguito a una delle crisi dell’Unità.<br />
Ha concluso la carriera occupandosi<br />
della pagina <strong>dei</strong> motori dell’Unità («inventata»<br />
da lui) e dal 1979 al 1985 è stato segretario<br />
dell’Uiga (Unione Italiana <strong>Giornalisti</strong><br />
dell’Automobile). Ora, «per non dimenticare»,<br />
cura, per il sito Internet dell’Anpi, la<br />
rubrica “Uomini e donne della Resistenza”.<br />
a.a.<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Professionisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
9
...a 17 professionis<br />
MONSIGNOR LORIS CAPOVILLA<br />
Il giornalista-segretario<br />
di papa Giovanni XXIII<br />
di Nicola Falcinella<br />
Parla, e con la mano destra tiene sollevata,<br />
quasi a metterla più avanti fra sé e il suo interlocutore,<br />
la croce che porta sul petto. Da<br />
uomo di Chiesa, le parole di monsignor Loris<br />
Capovilla si spostano in continuazione da se<br />
stesso e dal mondo del giornalismo a quello<br />
più grande che lo circonda e che osserva<br />
sempre con attenzione. La guerra in corso e<br />
l’attualità italiana sono al centro <strong>dei</strong> suoi<br />
pensieri. Come riferimento il “suo” Papa<br />
Giovanni XXIII e i tanti personaggi incontrati<br />
in oltre 60 anni di apostolato. Si definisce<br />
“pervaso di entusiasmo giovanile e ottimista”.<br />
Nello studio a Ca’ Maitino, dietro la chiesa di<br />
Sotto il Monte, méta di fedeli riconoscenti al<br />
Papa “della bontà”, il segretario particolare del<br />
Pontefice che aprì il Concilio e segnò la storia<br />
del Novecento legge, studia, si documenta,<br />
scrive, riceve persone o coppie in difficoltà, ha<br />
parole di incoraggiamento per un giovane<br />
studente che gli telefona. Non ama, però, farsi<br />
intervistare. “Si ritenga fortunato”, mi sussurra<br />
la suora che mi introduce nel suo studio.<br />
Restiamo a parlare due ore e mezza e<br />
l’espressione che ritorna più spesso è “eliminabilità<br />
della guerra”. Cita l’accordo<br />
Kellog–Briand del 1928 e critica quanti scrivono<br />
con leggerezza che “la guerra ci sarà<br />
sempre”. È una lezione di giornalismo, un invito<br />
a fare attenzione ai termini e alle espressioni<br />
che quotidianamente scegliamo. “La<br />
guerra c’è stata, c’è e forse ci sarà ancora –<br />
sostiene. Anche in passato sono esistite istituzioni<br />
giuridiche che sembravano ineliminabili,<br />
mentre poi le condizioni sono cambiate e<br />
l’umanità è progredita. Penso alla schiavitù:<br />
sembrava incancellabile invece è stata<br />
combattuta e considerata illegittima. La guerra<br />
di Secessione risale a quasi un secolo e<br />
mezzo fa. Credo fermamente nella maturazione<br />
delle coscienze liberate dalla fatalità della<br />
guerra”. Auspica che si trovi “una soluzione<br />
equa” al dramma <strong>dei</strong> prigionieri afgani nella<br />
base Usa di Guantanamo. “Anche il delinquente<br />
rimane una persona con diritti che<br />
nessuno gli può togliere: mangiare, riposare,<br />
leggere, conversare, curarsi, amare – si infervora.<br />
Li hanno rasati a zero anche se questo<br />
è contro le loro usanze”. Ricorda che Papa<br />
Giovanni teneva sempre vicino a sé un<br />
mappamondo e quando un politico straniero<br />
andava a trovarlo vi metteva sopra una mano<br />
in corrispondenza del suo Paese. “Mi piace<br />
averlo anch’io qui a fianco. Penso ai tanti italiani<br />
che hanno esportato intelligenza e intraprendenza.<br />
Ciò deve farci riflettere sulla nostra<br />
vocazione universalistica. Penso a Cina, India<br />
e gli altri grandi paesi di Asia e Africa dove<br />
nascono ogni giorno migliaia di bambini:<br />
come ci poniamo di fronte alle questioni che<br />
riguardano l’umanità intera?”.<br />
Giovanni XXIII introdusse, con i pellegrinaggi<br />
a Loreto e Assisi, la novità <strong>dei</strong> viaggi papali.<br />
Quale fu la reazione della Chiesa e della<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Pubblicisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
gente? “Furono<br />
vissuti in maniera<br />
molto migliore di<br />
quanto si potesse<br />
immaginare. Era<br />
il 1962, l’anno<br />
prima s’era festeggiato<br />
il centenario<br />
dell’Unità d’Italia.<br />
Il Papa era persona<br />
universale, ma<br />
anche un buon<br />
italiano. Aveva<br />
sempre pensato<br />
che non si dovesse chiudere le porte, che si<br />
dovesse sempre cercare il dialogo, che non<br />
significa compromesso. Il colloquio fa parte<br />
della natura umana. Non c’era calcolo politico<br />
o diplomatico nei suoi gesti, non lo interessavano<br />
gli applausi. Nel famoso discorso di<br />
apertura del Concilio continuò a parlare sopra<br />
gli applausi <strong>dei</strong> presenti. Io mi sorprendo<br />
quando mi ricordano che disse di portare un<br />
bacio ai bambini o quando qualcuno fa notare<br />
che il Papa va dagli ammalati o in carcere.<br />
Che cosa dovrebbe fare? Queste cose non le<br />
aveva già fatte Gesù? ”.<br />
Al suo lavoro di giornalista, svolto con settimanali<br />
diocesani e con Avvenire, L’Osservatore<br />
Romano, Famiglia Cristiana e L’Eco di<br />
Bergamo, dedica poche frasi. “Nel 1950 il<br />
Patriarca di Venezia mi chiamò perché dirigessi<br />
il settimanale La Voce di S. Marco. Non<br />
avevo mai scritto, ma mi piacque subito. Facevo<br />
il giornale praticamente da solo, in più curavo<br />
una pagina quotidiana per L’Avvenire d’Italia.<br />
Dopo la guerra, dal ’45 al ’53, avevo fatto il<br />
commento al Vangelo in radio: lì avevo imparato<br />
a parlare a persone che non venivano in<br />
chiesa e avevo stretto amicizie stupende”. E il<br />
rapporto fra la stampa e Papa Giovanni?<br />
“C’era un buon rapporto. Quando nel <strong>marzo</strong><br />
‘59 Missiroli, allora direttore del Corriere, mi<br />
chiamò per l’intervista al Papa chiesi chi<br />
pensava di mandare. Rispose Silvio Negro, il<br />
vaticanista di allora. Poiché Negro era di area<br />
cattolica non volevo che sembrasse una cosa<br />
tra di noi. Gli chiesi perciò di incaricare un altro<br />
giornalista. Alla domanda chi avrei suggerito,<br />
risposi Indro Montanelli anche se non lo conoscevo:<br />
avevo letto <strong>dei</strong> suoi pezzi, notando che<br />
era sempre molto schietto con tutti. Montanelli<br />
mi fu sempre riconoscente per questo,<br />
perché cercai di metterlo a suo agio suggerendogli<br />
di comportarsi normalmente”. “Più<br />
tardi – aggiunge monsignor Capovilla – ho<br />
ricevuto molte richieste di intervista cui acconsentivo.<br />
Non potevo pretendere che gli altri<br />
scrivessero quello che avrei scritto io, ma<br />
cercavo di trovare un terreno comune con tutti.<br />
Da principio ero titubante a prestarmi al giornalismo<br />
cosiddetto laico, temendo strumentalizzazioni<br />
e travisamenti di pensiero. Invece mi<br />
trovai sempre a mio agio, capito e rispettato.<br />
Fra i giornalisti ricordo, oltre a Montanelli,<br />
Sergio Zavoli, Enzo Biagi, il carissimo Carlo<br />
Casalegno e Vittorio Gorresio, uno che stava<br />
nell’olimpo del giornalismo italiano”.<br />
E la Chiesa di oggi? “La Chiesa è una grande<br />
famiglia, c’è chi è più avanti e chi è più indietro,<br />
ma bisogna sforzarsi di arrivare tutti insieme.<br />
L’unità non deve essere uniformità. Per la<br />
chiesa italiana è un momento di ricambio<br />
generazionale ma non sono preoccupazioni.<br />
La novità sono i movimenti ecclesiali e laici.<br />
Ho fiducia, già Papa Giovanni diceva che i<br />
movimenti, a contatto con la realtà, non<br />
possono che modificarsi in meglio”. Spende<br />
parole sull’incontro interreligioso di Assisi. “È<br />
stato un momento limpido e rispettoso,<br />
partendo dalla pace, un grande ideale che sta<br />
a cuore a tutti. Nel viaggio i rappresentanti<br />
delle diverse religioni si sono incontrati alla<br />
pari. Solo ad Assisi, nella terra di S. Francesco<br />
che è riconosciuto come cittadino del<br />
mondo, e per invito di questo Papa poteva<br />
accadere una cosa simile”.<br />
Mi dona una copia di Manzù - L’artista di Papa<br />
Giovanni (1996), una delle sue pubblicazioni<br />
su Giovanni XXIII. “Sento che lei ama l’arte, le<br />
piacerà” mi saluta. Come lo avrà capito?<br />
VINCENZO ANGELUCCI<br />
“Quella sera<br />
con la Loren…”<br />
di Leonardo Sacchetti<br />
Cinquant’anni tra cinema, editoria e giornalismo.<br />
Vincenzo Angelucci, classe 1929, è<br />
nato a Foligno ma si è trasferito presto a<br />
Roma, per frequentare l’università. Due<br />
lauree: una in Scienze politiche e sociali e<br />
una in Giornalismo. Era la fine degli anni<br />
Quaranta e la capitale si apprestava a vivere<br />
uno <strong>dei</strong> periodi più intensi e vivaci della<br />
sua storia contemporanea.<br />
Fu proprio attraverso l’università che Angelucci<br />
vinse una borsa di studio di due settimane<br />
in Spagna, presso una facoltà di giornalismo.<br />
Pochi giorni che segnarono l’inizio<br />
della sua carriera attraverso la collaborazione<br />
con la rivista cinematografica Triunfo.<br />
Angelucci avrebbe curato le pagine della<br />
rivista dedicate alle produzioni “kolossali” di<br />
Cinecittà e a quelle neorealiste.<br />
Nel 1950, grazie a questa collaborazione<br />
con Triunfo, Vincenzo Angelucci vince il<br />
Premio Italia per la miglior corrispondenza<br />
per l’estero.<br />
Questo riconoscimento facilitò la sua<br />
assunzione nell’ufficio stampa della casa di<br />
produzione cinematografica Lux Film, dal<br />
‘50 al ‘55. “Fu in quel periodo – ricorda<br />
Angelucci – che la Lux produsse Carosello<br />
Napoletano, il musical che lanciò Sophia<br />
Loren”.<br />
E i ricordi volano al Festival del Cinema a<br />
Cannes, dove il film veniva presentato per<br />
la prima volta. Fu un successo e Angelucci,<br />
unico rappresentante della Lux a Cannes,<br />
ebbe il compito e l’onore di accompagnare<br />
la Loren in quel tour francese fatto di<br />
applausi, feste, paparazzi e interviste.<br />
Nel ‘59 arriva la grande occasione: lo cerca<br />
la casa editrice Mondadori per affidargli la<br />
GILLO DORFLES<br />
“Che soddisfazione<br />
poter scrivere”<br />
di Eugenio Arcidiacono<br />
Pittore, critico d’arte e letterario, docente di<br />
Estetica nelle Università di Milano, Cagliari<br />
e Trieste, membro dell’American Society for<br />
Aestehtics e dell’Academia del Diseño di<br />
Città del Messico, Accademico onorario di<br />
Brera, Fellow della World Academy of Arts<br />
and Sciences, cittadino onorario di<br />
Paestum. Tutto questo, e molto altro, è Gillo<br />
Dorfles.<br />
Fra tante esperienze così ricche e intense,<br />
quella giornalistica potrebbe apparire<br />
marginale. Ma non è così. “Una delle cose<br />
che mi dà più soddisfazione – spiega – è<br />
scrivere. Il fatto di ricevere lettere da sconosciuti<br />
di ogni parte d’Italia che hanno letto i<br />
miei articoli è molto più appagante rispetto<br />
a tutte le altre forme più “ufficiali” di riconoscimento<br />
della mia attività”.<br />
Nato a Trieste nel 1910, Dorfles è pubblicista<br />
dal 1952, anche se gli inizi della sua attività<br />
giornalistica risalgono a molti anni<br />
prima: “Frequentavo il primo anno di università<br />
– racconta Dorfles – quando mi fu offerta<br />
la possibilità di collaborare ad Arti Plastiche,<br />
una rivista che usciva a Milano, diretta<br />
da Vincenzo Costantini, un noto antifascista.<br />
Ricordo bene quei tempi. Tutta la stampa<br />
era controllata: certe cose le potevi dire,<br />
altre no”.<br />
Sono, comunque, anni importanti per<br />
Dorfles: completa la sua formazione<br />
laureandosi in Medicina (specializzazione<br />
guida del settore<br />
per lo sviluppo <strong>dei</strong><br />
periodici. Il legame<br />
durerà fino al<br />
1985.<br />
Nei 26 anni trascorsi<br />
in Mondadori,<br />
ad Angelucci<br />
arrivano anche<br />
le opportunità di<br />
applicare le sue<br />
conoscenze nel<br />
settore delle pubbliche<br />
relazioni<br />
per lanciare sul mercato internazionale e<br />
soprattutto negli Stati Uniti la Mondadori<br />
International, di cui diventerà direttore nel<br />
1973.<br />
Da allora fino all’uscita dall’azienda di<br />
Segrate, Vincenzo Angelucci si divide tra il<br />
lavoro organizzativo in Italia e frequenti<br />
peregrinazioni all’estero, con l’obiettivo di<br />
incrementare la presenza editoriale di<br />
Mondadori. Nel 1985, alla sua uscita dall’azienda,<br />
si concentra nella produzione e<br />
nella distribuzione di quei libri illustrati che<br />
hanno fatto la sua fortuna presso la casa<br />
editrice. Sono gli anni della sua società<br />
Fenice 2000 e dell’esportazione dell’editoria<br />
italiana di libri di testo negli Usa e in<br />
Giappone.<br />
Nel 1993 Angelucci torna alla sua grande<br />
passione, una passione privata: quella legata<br />
alla storia dell’aviazione, grazie alla<br />
pubblicazione di alcuni testi basilari che<br />
ottengono un notevole successo di pubblico.<br />
Ma la sua parabola lavorativa non si ferma<br />
qui. Negli ultimi anni, Angelucci ha trovato<br />
anche il tempo di avviare e guidare alcune<br />
riviste di settore, come Skate’n’roll, Tutto<br />
Montain Bike e Snow Board Magazine.<br />
in Psichiatria),<br />
collabora con una<br />
delle riviste culturali<br />
più prestigiose<br />
di quel periodo, la<br />
Fiera Letteraria e,<br />
soprattutto, inizia<br />
ad esporre i suoi<br />
primi lavori pittorici.<br />
Finita la guerra,<br />
fonda insieme ad<br />
Atanasio Soldati,<br />
Gianni Monnet e<br />
Bruno Munari il<br />
MAC (Movimento Arte Concreta). Fino alla<br />
fine degli anni Cinquanta partecipa a tutte<br />
le mostre del gruppo in Italia e all’estero e<br />
cura la pubblicazione presso la libreria<br />
Salto di Milano <strong>dei</strong> Bollettini del MAC, vero<br />
e proprio punto di riferimento sulle ultime<br />
tendenze dell’arte non figurativa in Italia.<br />
Sempre in quegli anni Dorfles si trasferisce<br />
temporaneamente in Toscana, dove collabora<br />
per qualche anno con Il Mondo di<br />
Firenze, una rivista letteraria diretta da<br />
Alessandro Bonsanti che poteva contare<br />
sulla collaborazione di illustri letterati come<br />
Eugenio Montale.<br />
Ma il momento più importante della carriera<br />
giornalistica di Dorfles arriva nel 1951:<br />
insieme al filosofo Enzo Paci decide di dar<br />
vita alla rivista Aut Aut, destinata a svolgere<br />
un ruolo molto importante nel panorama<br />
culturale italiano. “Fu la prima rivista filosofi-<br />
10 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
ti e 12 pubblicisti<br />
ca – spiega il critico triestino – ad aprire un<br />
discorso più ampio sulle arti”. Come caporedattore<br />
di Aut Aut, per anni vede passare<br />
sotto i suoi occhi gli scritti <strong>dei</strong> più importanti<br />
autori e critici italiani e stranieri, da<br />
Thomas Mann a Ernst Gombrich.<br />
L’esperienza di caporedattore di Aut Aut<br />
(ma non il rapporto di collaborazione, che<br />
dura tuttora) si conclude sul finire degli Anni<br />
Cinquanta: dopo, gli impegni accademici lo<br />
costringono a diradare la produzione artistica<br />
e l’impegno giornalistico. Da segnalare<br />
comunque in questa fase della carriera di<br />
Dorfles, l’esperienza da vicedirettore della<br />
rivista di architettura Domus.<br />
Negli anni Sessanta, professore di estetica<br />
alla Statale di Milano, Dorfles vive il periodo<br />
della contestazione, schierato a fianco degli<br />
studenti nelle lotte per modernizzare il<br />
sistema scolastico, e inizia un’intensa collaborazione<br />
con il Corriere della Sera, per il<br />
quale continua a scrivere critiche d’arte e<br />
elzeviri su fatti di costume. “Ho conosciuto<br />
tutti i direttori del Corriere che si sono avvicendati<br />
in questi anni – spiega Dorfles – da<br />
Giovanni Spadolini, a Piero Ottone a Paolo<br />
Mieli. Con alcuni di loro, come Alberto<br />
Cavallari e Ugo Stille, che conoscevo e<br />
stimavo da molto tempo prima, il rapporto è<br />
stato di vera amicizia. Ricordo in particolare<br />
il periodo della direzione di Ottone, in cui i<br />
giornali si svecchiarono molto, aprendosi di<br />
più alla società civile. Certo, c’è ancora<br />
molto da migliorare: ci sono molte più notizie<br />
rispetto al passato, ma manca ad esempio<br />
uno spazio dedicato alla cultura para-<br />
ROLANDO (ROLLY) MARCHI<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
gonabile a quello di altri giornali europei<br />
come El Pais o la Frankfurter Allgemeine<br />
Zeitung. Ma, soprattutto, i giornali italiani<br />
non dovrebbero rincorrere la Tv, copiandone<br />
la superficialità”.<br />
A partire dagli anni Ottanta, Dorfles riprende<br />
a dipingere con assiduità (è del 1986<br />
una sua mostra personale allo Studio<br />
Marconi di Milano), senza tuttavia rallentare<br />
l’attività critica: tra gli ultimi saggi usciti, Il<br />
feticcio quotidiano (Feltrinelli, 1990), Fatti e<br />
fattoidi (Neri & Pozza, 1997), Conformisti<br />
(Donzelli, 1997).<br />
Tra tutti gli articoli scritti in quasi settant’anni<br />
di carriera, Dorfles ricorda con particolare<br />
piacere uno, pubblicato la scorsa estate<br />
dal “Corriere della sera”: “Sono venuto a<br />
sapere da voci che circolavano nell’ambiente<br />
letterario della storia di un amore clandestino<br />
fra Umberto Saba e un giovinetto,<br />
amore da cui il poeta trasse ispirazione per<br />
scrivere il romanzo Ernesto, uscito postumo.<br />
Ho fatto delle ricerche e poi ho scritto<br />
un articolo che ha suscitato un vivace dibattito”.<br />
A 92 anni, Dorfles ha saputo conservare<br />
tutte le doti indispensabili per ogni buon<br />
giornalista: curiosità, desiderio di andare a<br />
fondo alle cose, prontezza di spirito. Con la<br />
coda dell’occhio nota sul taccuino un<br />
appunto che lo riguarda: immediatamente<br />
interrompe il discorso e chiede informazioni.<br />
Poi riprende: “Desidera un cioccolatino?”.<br />
No, grazie professore. “Bravo. Sa, la<br />
invidio moltissimo. Io non ho mai saputo<br />
rinunciarvi”.<br />
Il “cow-boy” delle nevi,<br />
testimone di 21 Olimpiadi<br />
di Francesco Polizzi<br />
Non solo sci. La multiforme passione sportiva<br />
di Rolando Marchi - ribattezzato Rolly<br />
da un gruppo di sciatrici universitarie toscane<br />
che egli allenava sul Monte Bondone (il<br />
diminutivo non gli piaceva, gli amici trentini<br />
ironizzavano, ma poi ha prevalso) - ha<br />
scandito anche tutta la sua carriera giornalistica.<br />
Nato a Lavis, vicino Trento, nel 1921,<br />
si dedica inizialmente al ciclismo per poi<br />
passare all’atletica, allo sci e all’alpinismo.<br />
Con lo scoppio della guerra Marchi viene<br />
arruolato nei Granatieri di Sardegna, con i<br />
quali combatterà in Africa e vi sarà fatto<br />
prigioniero.<br />
Queste esperienze e il ritorno a Trento con<br />
le truppe Alleate verranno raccontate<br />
nell’ultimo romanzo Il silenzio delle cicale,<br />
recensito in modo lusinghiero, fra gli altri,<br />
anche da Indro Montanelli, che ha confessato:<br />
“Mi sono coricato e ho preso in mano<br />
il libro per vedere come cominciava e poi<br />
non l’ho più lasciato fino alle tre di notte”.<br />
Instancabile organizzatore, Rolly Marchi<br />
aveva fondato, ancor prima della guerra, la<br />
sua prima società sportiva, il Gruppo Sportivo<br />
Cesare Battisti, che tutt’ora agisce<br />
bene dopo essersi abbinato all’Associazione<br />
Trentina Atletica.<br />
Da questo gruppo nascerà nel 1950 la 3-<br />
Tre, oggi famosa gara di coppa del mondo<br />
di sci di Madonna di Campiglio, che allora<br />
si disputò intorno a Trento. Partecipa personalmente<br />
a molte gare, vincendone alcune<br />
come il Trofeo Dal Lago e una discesa della<br />
Raganella.<br />
Nel frattempo inizia la carriera giornalistica<br />
collaborando con Liberazione e con L’Adige.<br />
Durante gli anni universitari arriverà alla<br />
Gazzetta dello Sport tramite Gianni Brera.<br />
Era il 1951 e Brera aveva letto per caso un<br />
suo articolo spiritoso pubblicato sul giornale<br />
degli sportivi universitari e gli propose di<br />
seguire una gara di sci per la Gazzetta. Il<br />
pezzo piacque.<br />
“Avevo detto agli amici dell’articolo, ma non<br />
trovandolo nelle cronache interne iniziarono<br />
a ironizzare. Poi qualcuno si accorse che<br />
lo avevano messo in prima pagina”. Un<br />
anno dopo, nel 1952, la Gazzetta lo inviò<br />
alle Olimpiadi invernali di Oslo e da allora<br />
Marchi ha instaurato un rapporto privilegiato<br />
con i Giochi. Prima come tifoso e poi<br />
come cronista, dall’edizione invernale del<br />
‘48 non se ne è persa una. Da quelli<br />
invernali di Squaw Valley nel 1960, per<br />
diversi anni fu ribattezzato “il cow-boy<br />
delle nevi”, per il cappellone nero regalatogli<br />
da Walt Disney. Nel ‘94, a Lillehammer, il<br />
Cio fece un’indagine e premiò Marchi come<br />
il più longevo cronista olimpico del mondo.<br />
Tra Giochi estivi e invernali ne ha viste e<br />
raccontate ventuno edizioni (“non è un<br />
vanto, si tratta di anagrafe e di salute”,<br />
commentò Montanelli).<br />
Nel 1956 lascia la Gazzetta ed entra, insieme<br />
a Brera, nella avventura del nuovo<br />
quotidiano il Giorno e in quello stesso anno<br />
è speaker ufficiale <strong>dei</strong> giochi olimpici di<br />
Cortina d’Ampezzo. In seguito inizierà a<br />
scrivere per il Giornale, dove oggi collabora<br />
alla pagina culturale. Da quattro anni inoltre<br />
pubblica una apprezzata rivista semestrale,<br />
La buona neve, mentre negli ultimi<br />
tempi è romanticamente tornato a scrivere<br />
sulla “rosea” dove prese le mosse la sua<br />
carriera.<br />
Per molti il suo nome rimane legato alla<br />
sua creatura più famosa: il Trofeo Topolino,<br />
inventato, insieme a Mike Buongiorno, nel<br />
1958. Il Trofeo divenne in pochi anni la gara<br />
per ragazzi più importante del mondo e<br />
nelle attuali edizioni conta la partecipazione<br />
di giovani sciatori provenienti da quaranta<br />
diverse nazioni.<br />
Dal “Topolino” e da altre analoghe competizioni<br />
create da Marchi vennero scoperti e<br />
lanciati praticamente tutti i più grandi nomi<br />
dello sci italiano, da Thoeni a Tomba<br />
(scoperto al Gran Premio Saette), passando<br />
per Kristian Ghedina e Deborah<br />
Compagnoni.<br />
Nel 1959 Marchi promuoveva la prima gara<br />
sul KL, il chilometro lanciato, sul Monte<br />
Bianco a Courmayeur, manifestazione poi<br />
diffusasi in tutto il mondo. Anche lo slalom<br />
parallelo di Natale è una sua creatura,<br />
prima edizione al Passo del Tonale nel<br />
1974.<br />
Oltre all’impegno nello sci, l’instancabile<br />
Marchi, memore della giovanile passione<br />
ciclistica, costituì nel 1955 il Gruppo Spor-<br />
tivo Chlorodont. Due anni dopo uno <strong>dei</strong><br />
suoi pupilli, Gastone Nencini, vinse il Giro<br />
d’Italia.<br />
In altro campo, sua anche l’idea della sfida<br />
della Coppa America di vela. Il progetto fu<br />
presentato da Marchi all’avvocato Gianni<br />
Agnelli, che ne fu entusiasta concedendogli<br />
il primo finanziamento di 600 milioni<br />
di lire.<br />
L’ultima sua iniziativa, “Milano montagna<br />
2000”, l’idea di celebrare il mito e la<br />
storia <strong>dei</strong> monti a Milano, in concomitanza<br />
con l’arrivo del terzo millennio attraverso<br />
due mostre di fotografia e oggettistica<br />
e di pittura, ha radunato a Milano i<br />
100 protagonisti, uomini e donne, che più<br />
di altri hanno inciso sulla storia <strong>dei</strong> monti di<br />
questo secolo alpinisti, sciatori, esploratori<br />
giunti da tutti i continenti.<br />
GIAN LUIGI FALABRINO<br />
Una tormentata parabola<br />
tra coerenza e dispersione<br />
di Enrica Piovan<br />
Coerenza e dispersione. In questo binomio<br />
sta Gian Luigi Falabrino: giornalista per<br />
passione che, per una serie di eventi, si è<br />
trovato a fare anche lo storico, il poeta, l’uomo<br />
d’azienda, il professore, il pubblicitario.<br />
Ne ha fatte di esperienze, «ma – confessa –<br />
ho il rimorso di non aver avuto coraggio a<br />
27 anni. Avevo delle strane modestie, di cui<br />
molto mi pentii». Ben perdonabili, visto che<br />
dietro si celava un sentimento più che<br />
rispettabile: un forte senso del dovere,<br />
soprattutto nei confronti della famiglia.<br />
Falabrino si trova presto a dover fare i conti<br />
con la realtà: quella dura e faticosa del<br />
fascismo, che a Trieste, dove vive la sua<br />
giovinezza, coincide con un periodo di<br />
moralismo molto forte.<br />
Nel capoluogo giuliano egli arriva con la<br />
famiglia a nove anni, per restarvi fino a<br />
venti. «È questo il periodo formativo per<br />
eccellenza, per me doppiamente formativo,<br />
perché coincise con la guerra e il dopoguerra,<br />
con il Litorale Adriatico <strong>dei</strong> tedeschi, con<br />
l’occupazione jugoslava e la questione<br />
nazionale.<br />
Posso dirmi triestino come Stendhal si è<br />
sempre dichiarato milanese».<br />
Ed è in questi anni che Falabrino forma<br />
anche la sua coscienza critica, cresciuta e<br />
allevata alle cure di importanti maestri: oltre<br />
agli insegnanti, la madre, da cui riceve una<br />
prima educazione politica, e soprattutto il<br />
padre, il “babbo” (come si faceva chiamare,<br />
lui che aveva vissuto a Pisa da giovane)<br />
amante di libri di storia e uomo dalla concezione<br />
molto rigida della vita.<br />
Ed è grazie al padre che Falabrino comincia<br />
giovanissimo la sua attività di giornalista.<br />
Con un articolo sulla decadenza del<br />
porto di Genova egli conquista la stima del<br />
direttore de L’avvisatore marittimo, un amico<br />
del padre, che lo vuole come collaboratore.<br />
Sempre l’ambiente ligure ritorna anche<br />
nelle successive collaborazioni a Il Piccolo<br />
di Trieste.<br />
A Genova, dove si trasferisce nel 1950, il<br />
processo si inverte: Falabrino si occupa di<br />
storia triestina e la scrittura e lo studio<br />
diventano un tramite per tenere unite idealmente<br />
le sue due patrie. Ma anche una<br />
sorta di rifugio ideale dove nascondersi nei<br />
momenti di maggiore debolezza. In una<br />
Genova ostile a tutto ciò che è oltre Appennino,<br />
Falabrino studia e scrive di Istria,<br />
Austria, Jugoslavia.<br />
Tanto si appassiona a questi temi, che<br />
vince nel ‘54 un concorso dell’Istituto<br />
Geografico Militare su “Le possibili soluzioni<br />
del Territorio Libero di Trieste”. Le sue<br />
collaborazioni appaiono prima sul Corriere<br />
mercantile e dal ‘54 sul Corriere della Liguria,<br />
un giornale che vivacchia malamente e<br />
dove Falabrino si trova ad essere una delle<br />
tante vittime del lavoro nero.<br />
Assunto come redattore, si occupa di<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Pubblicisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
cronaca bianca<br />
e lavora con<br />
impegno, nell’attesa<br />
del praticantato:<br />
che,<br />
dopo tre anni, gli<br />
sfuma davanti<br />
agli occhi, per<br />
l’improvviso fallimento<br />
del giornale.<br />
A 26 anni non è<br />
professore e<br />
nemmeno giornalista.<br />
Ha in mano una laurea in filosofia<br />
teoretica su Croce, e sulle spalle un prezioso<br />
patrimonio culturale fatto di studi storici<br />
e di sperimentazioni poetiche.<br />
Ma non basta a difenderlo da una profonda<br />
crisi depressiva che lo travolge proprio in<br />
questi anni.<br />
Non l’aiutano a superare questi momenti il<br />
senso di scissione tra due patrie così diverse<br />
e lontane. Inevitabile l’approdo ad un<br />
foglio come L’Emigrante, che dirige dal ‘55<br />
al ‘68, anni in cui egli approfondisce questa<br />
sua sensibilità per le sofferenze e le difficoltà<br />
<strong>dei</strong> più deboli.<br />
Alla base del suo impegno sta il tentativo di<br />
costruire «una cultura nel senso di un ritorno<br />
all’intelligenza, al cuore, alla ragione e<br />
all’umanità»: questo è anche il motivo<br />
conduttore della sua esperienza di giornalismo<br />
culturale con Diogene, rivista bimestrale<br />
fondata nel ‘59 da Falabrino e Adriano<br />
Guerrini. E sulla stessa linea si inserisce<br />
anche la collaborazione a Il Mondo di<br />
Pannunzio.<br />
In quegli anni si aggiungono le nuove esperienze<br />
in campo aziendale: l’occasione arriva<br />
proprio pochi giorni dopo il fallimento del<br />
Corriere della Liguria. La Shell lo chiama nel<br />
suo Ufficio editoriale per tre anni: un lavoro<br />
faticoso, al seguito di un «borbonico<br />
tremendo» - come lui stesso definisce il suo<br />
capo -, ma anche un lavoro prezioso,<br />
perché è qui che egli impara le tecniche di<br />
impaginazione e di grafica.<br />
È questo il momento delle scelte, quello che<br />
Falabrino lamenta di non aver fatto prima: il<br />
grande salto dalla città natale alla città-mito,<br />
quella del Corriere <strong>dei</strong> piccoli.<br />
Da Genova a Milano c’è un abisso. Falabrino<br />
arriva in Piazza Affari come copywriter e<br />
di lì, per dieci anni, passerà dalle agenzie<br />
pubblicitarie al ruolo di account agent. Un<br />
settore che lo vede protagonista di passi<br />
importanti: come direttore dell’Associazione<br />
delle Industrie Committenti, Falabrino dà<br />
vita, insieme al presidente Gian Sandro<br />
Bassetti, alle due riforme del Codice di<br />
autodisciplina pubblicitaria e fonda Pubblicità<br />
Progresso. Nell’88 entra, uno <strong>dei</strong> pochi<br />
non giuristi, a far parte del Giurì dell’autodisciplina<br />
pubblicitaria.<br />
L’attività giornalistica vera e propria prosegue<br />
con le collaborazioni a Critica sociale e<br />
al mensile Pietre. E soprattutto, con la<br />
11
All’assemblea inco<br />
fondazione de Il Mondo nuovo nel ‘94, un<br />
interessante, ma sfortunato – è durato appena<br />
quindici numeri – mensile di idee,<br />
analisi critica e stimolo.<br />
Da Trieste a Genova e Milano, tra poesia,<br />
storia e pubblicità: un viaggio lungo una<br />
vita, condotto con precisione e accuratez-<br />
RENATO FERRARI<br />
Mezzo secolo<br />
dedicato allo sport<br />
di Sabrina Provenzani<br />
Una passione, lo sport, l’ha guidato verso<br />
l’altra, il giornalismo: così Renato Ferrari,<br />
classe 1927, è diventato pubblicista. Nato<br />
a Gorla Precotto, giovanissimo è ammesso<br />
al 3° corso di avviamento alla Scuola del<br />
Libro e diventa tipografo.<br />
Lavora alla Same di piazza Cavour in anni<br />
in cui i giornalisti frequentano la tipografia<br />
quanto la strada e la redazione. I caratteri<br />
che maneggia ogni giorno non sono per lui<br />
muti pezzi di piombo: comincia a scrivere<br />
come corrispondente da Milano per Il Ring,<br />
un settimanale di pugilato diretto da Decio<br />
Lucarini.<br />
È il 1948 e la noble art è, con il ciclismo,<br />
fra le discipline più seguite in un’Italia che<br />
ancora si identifica con chi mastica fatica e<br />
resta in piedi sotto i colpi più duri.<br />
Solo due anni più tardi Ferrari inizia una<br />
lunga collaborazione con l’Avanti (ed. Altitalia),<br />
e nel 1951 approda a Sport Italia,<br />
sempre come collaboratore, ma con<br />
competenze estese a tutti gli sport.<br />
È solo nel 1952, dopo diversi anni di attività,<br />
che prende la tessera di pubblicista.<br />
Tessera numero 001570, datata primo<br />
febbraio: alla consegna della medaglia che<br />
GINO CESARETTI<br />
Tra letteratura<br />
e scienza<br />
di Alessandro Ursic<br />
“Cinquant’anni di carriera, ma pensa un po’.<br />
E dire che dopo qualche mese di praticantato<br />
mi ero già rotto… d’altronde, ero un tipo<br />
piuttosto irrequieto”. Gino Cesaretti riassume<br />
con questa battuta la sua vita nel giornalismo,<br />
che l’ha visto spaziare in vari<br />
campi.<br />
Nato a Lucca nel 1917, trova la seconda<br />
guerra mondiale tra sé e il suo futuro.<br />
Durante il conflitto, cui prese parte come<br />
pilota, pubblica il suo primo racconto sulla<br />
rivista La Ruota di Mario Alicata. A guerra<br />
finita riprende gli studi. Si laurea in Scienze<br />
Agrarie, ma il cuore batte per il giornalismo<br />
e la letteratura. Decide allora per il grande<br />
salto: lascia la sua Lucca e si trasferisce a<br />
Milano. Fa il praticante per quattro mesi all’<br />
Avanti!, poi lascia il foglio socialista perché<br />
“non mi andava di scrivere quello che mi<br />
ordinavano”.<br />
Comincia così la sua carriera di pubblicista,<br />
collaborando “con talmente tanti giornali e<br />
riviste che neanche me le ricordo”. Scrive<br />
per l’Europeo di Arrigo Benedetti, per il<br />
Risorgimento liberale e il Mondo di Mario<br />
Pannunzio, per Milano Sera, la Nazione, il<br />
Giorno, Grazia, la rivista Le Arti. “Quella<br />
volta si chiamavano inchieste, ora servizi”,<br />
sorride.<br />
za, curiosità e passione per il proprio<br />
mestiere. Coerente e dispersivo, Falabrino<br />
lamenta di «non aver realizzato quasi nulla<br />
di profondo e duraturo».<br />
Cinque volumi e un infinità di saggi su letteratura,<br />
storia, giornalismo e pubblicità: forse<br />
è qualcosa di più di un “quasi nulla”.<br />
riconosce tanto<br />
lavoro saranno<br />
quasi cinquant’anni<br />
esatti.<br />
Nel 1957 inizia la<br />
collaborazione a Il Campione: ancora un<br />
settimanale, dove però Ferrari alle corrispondenze<br />
sportive affianca articoli di<br />
varietà. A metà degli Anni Sessanta lavora<br />
anche per il Corriere lombardo, poi per la<br />
Gazzetta del Sud. Scrive sempre di sport,<br />
suo interesse predominante anche se non<br />
esclusivo e specchio concreto <strong>dei</strong> cambiamenti<br />
culturali e sociali che attraversano il<br />
Paese.<br />
Gli anni Settanta, dal punto di vista giornalistico,<br />
sono rivoluzionati dal proliferare in<br />
tutta Italia delle radio private: Ferrari si fa<br />
attrarre del nuovo “linguaggio” e approda a<br />
Radio Vimercate, dove dal 1978 all’80 è<br />
direttore responsabile del notiziario. Ma<br />
l’esperienza professionale forse più totalizzante<br />
e significativa, che lo consegna alla<br />
memoria di tanti lettori di cronache sportive,<br />
arriva qualche anno dopo, nel 1983,<br />
con la direzione della rivista specializzata<br />
Forza Milan.<br />
A Milano, l’ex direttore della testata<br />
dell’A.C. Milan se lo ricordano tutti, persino<br />
i ragazzini. Persino gli interisti.<br />
Agli articoli, nel<br />
frattempo, alterna<br />
la letteratura. Il<br />
suo primo libro, I<br />
pipistrelli (1957),<br />
attira l’attenzione<br />
di Eugenio Montale, che gli dedica un pezzo<br />
sul Corriere della Sera. Tra il 1960 e il 1962<br />
pubblica un altro romanzo, Il sole scoppia,<br />
ed una raccolta di racconti, Il violino del pilota.<br />
Sono storie di aviatori in guerra, di una<br />
generazione di sbandati dopo l’8 settembre<br />
1943. Esperienze spesso personali, filtrate<br />
dalla prosa.<br />
Agli inizi degli anni Sessanta arriva la grande<br />
occasione, l’assunzione alla Mondadori:<br />
“Una scelta di vita – dice – capii che le attività<br />
editoriali erano la mia sede naturale. E<br />
poi – ride – era il mio primo stipendio fisso”.<br />
Dopo aver partecipato all’ideazione e al<br />
progetto di un’enciclopedia generale con<br />
Remo Cantoni, mai realizzata, la sua preparazione<br />
scientifica lo aiuta: diventa caporedattore<br />
del nuovo settore editoriale Scienza<br />
e Tecnica. Nei vent’anni sotto la sua supervisione<br />
nascono i quindici volumi e le sette<br />
edizioni dell’Enciclopedia della Scienza e<br />
della Tecnica, più altri lavori tra cui Scienziati<br />
e Tecnologi – dalle origini al 1900,<br />
Scienzati e Tecnologi – contemporanei, e<br />
un’altra Enciclopedia della Scienza in quattro<br />
volumi.<br />
PASQUALE MAGNI<br />
“Il giornalismo<br />
tra fede e scienza”<br />
di Andrea Senesi<br />
Ha la lucidità intellettuale di un ventenne e<br />
il portamento fisico di un signore poco più<br />
che attempato. In realtà, padre Pasquale<br />
Magni è un uomo di 90 anni di cui è straordinariamente<br />
difficile raccontare in poche<br />
righe la lunghissima vita professionale: religioso<br />
della Compagnia di San Paolo,<br />
epistemologo di fama internazionale, dotato<br />
di straordinarie doti di intuizione scientifica,<br />
collaboratore, in veste di divulgatore<br />
scientifico, dell’Osservatore Romano, conferenziere<br />
prestigioso (“Ho partecipato a<br />
conferenze in ogni angolo del mondo”,<br />
racconta con orgoglio), autore di una quindicina<br />
di pubblicazioni a carattere scientifico<br />
e religioso (tra cui Homo solaris una<br />
summa del suo pensiero teologico-metafisico),<br />
presidente dell’associazione culturale<br />
“Akropolis”, vice-presidente del Centro<br />
Internazionale Comparazione e Sintesi,<br />
fondatore di Studium Christi, Magni è<br />
pubblicista dal 1952, da quando, cioè, ha<br />
fondato e diretto la rassegna “di pensiero e<br />
di vita” Il Fuoco, di cui è tuttora lucidissimo<br />
e attento direttore.<br />
La rivista (ora a cadenza semestrale) si<br />
occupa di teologia, epistemologia, filosofia<br />
e cultura.<br />
E, in effetti, la personalità e la formazione<br />
di padre Magni riflettono bene la sua ansia<br />
SANDRA SOLLAZZI<br />
“Fu Giovanni Mosca<br />
che mi esortò a scrivere”<br />
di Lara Zani<br />
Ai suoi studenti che le chiedevano di<br />
questo mestiere, delle soddisfazioni e delle<br />
difficoltà che nasconde, ha sempre risposto<br />
con entusiasmo, perché – spiega –<br />
“questo lavoro è davvero quanto di meglio<br />
si possa fare”. È una passione velata di<br />
rimpianti, quella di Sandra Sollazzi,<br />
cinquant’anni di attività giornalistica vissuti,<br />
suo malgrado, come un itinerario parallelo<br />
e secondario che corre accanto al viale<br />
principale dell’esistenza. Per vivere ha fatto<br />
l’insegnante di lettere e mille altri mestieri.<br />
“Ai miei tempi – racconta con un po’ di<br />
amarezza – quella del giornalista era una<br />
professione che non garantiva di che vivere.<br />
Soprattutto fra le donne, a poterselo<br />
permettere erano solo quelle che avevano<br />
alle spalle una situazione economica abbastanza<br />
solida”.<br />
Ma anche se i cinquant’anni di iscrizione<br />
all’albo non identificano mezzo secolo di<br />
lavoro giornalistico a tempo pieno, il<br />
legame di Sandra Sollazzi con la carta<br />
stampata è un filo che non si spezza<br />
mai. Dagli esordi sulle pagine del<br />
Corriere <strong>dei</strong> Piccoli al battesimo e alla<br />
direzione della rivista Itinerari pavesi.<br />
“Fu Giovanni Mosca – ricorda – a esortarmi<br />
a scrivere, quando frequentavo il<br />
liceo. Lo conobbi durante la guerra, e<br />
iniziai allora a collaborare con il Corriere<br />
<strong>dei</strong> Piccoli: prima con alcuni racconti, poi<br />
con la traduzione di un romanzo di Verne”.<br />
Gli anni successivi sono quelli della collaborazione<br />
con Il Tempo di Milano, del provvisorio<br />
rientro nella natia Pavia per<br />
di eclettismo culturale. “In tutta la mia vita<br />
ho tentato di tenere insieme filosofia, teologia<br />
e scienza.<br />
Mi sono occupato indifferentemente di<br />
teologia e di epistemologia, di cristologia e<br />
di matematica, di escatologia e di fisica. Il<br />
Fuoco nasce proprio da questo sforzo culturale,<br />
da questa volontà unificatrice”.<br />
Quest’uomo, che all’Università di San<br />
Tommaso ha avuto come compagno di<br />
studi nientemeno che Karol Woytila, è un<br />
vulcano intellettuale in perenne eruzione:<br />
“Dopo il Concilio Vaticano II, in seguito al<br />
quale è stata permessa una maggiore<br />
libertà di ricerca e di studio ai rappresentanti<br />
ecclesiastici, mi sono spinto anche<br />
oltre, interessandomi a nuovi fenomeni<br />
quali la parapsicologia, la medianità e la<br />
metafonia”.<br />
Padre Magni è un rappresentante di un<br />
giornalismo di nicchia, molto specifico e<br />
settoriale.<br />
Eppure la sua ansia di conoscenza, il suo<br />
bisogno di verità, la sua costante ricerca di<br />
approfondimento fanno (un po’ mestamente)<br />
pensare al fatto che di giornalisti come<br />
lui ce ne vorrebbero ben di più.<br />
“Sono venuto in Terra a portare fuoco e<br />
ardo dal desiderio che esso divampi”, cita<br />
dal Vangelo.<br />
Non è un caso che don Pasquale scelga<br />
proprio questo passo di Luca mentre prendiamo<br />
commiato da lui.<br />
frequentare l’università, del trasferimento a<br />
Roma e dell’iscrizione all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
Per una decina d’anni la vita di Sandra<br />
Sollazzi si snoda tra le cronache romane<br />
– con la collaborazione con Il Tempo<br />
di Roma e il Messaggero Turistico –<br />
e una serie di altri impegni, tra i quali<br />
quello di direttrice di una casa discografica.<br />
Poi gravi motivi familiari la<br />
riportano nella sua Pavia, dove prepara il<br />
concorso per l’insegnamento. “Malauguratamente<br />
lo vinsi – racconta – e le condizioni<br />
economiche della mia famiglia mi<br />
costrinsero ad accettare la cattedra”.<br />
L’attività giornalistica si dirada, ma non si<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Pubblicisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
12 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
ntro con i giovani<br />
interrompe mai. Prosegue la collaborazione<br />
con il Corriere <strong>dei</strong> Piccoli e con La<br />
Provincia pavese, fonda e dirige per un<br />
anno il periodico Itinerari pavesi e, tra un<br />
impegno e l’altro, trova il tempo di di dirigere<br />
le “cinquanta ore”, gloriosi antenati di<br />
OLIVIERO SANDRINI<br />
“Raccontare il mondo<br />
attraverso le immagini”<br />
di Francesco Polizzi<br />
Si definisce uno “scrivano anomalo”, Oliviero<br />
Sandrini, classe 1929. “L’apporto alla<br />
carta stampata è stato minoritario, rispetto<br />
a tutto il resto della mia attività”. Ma nonostante<br />
l’incostante rapporto con il giornalismo<br />
cartaceo, egli ha sempre considerato<br />
il “raccontare il mondo” la sua professione,<br />
con la differenza che il mezzo non sono<br />
state le parole, ma l’immagine.<br />
Dal paese natio di Legnago (VR) Sandrini<br />
si trasferisce a Milano nel ‘48, appena<br />
terminati gli studi liceali. Per un “provinciale”<br />
capitato nella metropoli negli anni della<br />
ricostruzione “è un momento meraviglioso,<br />
pieno di opportunità, ma anche difficile;<br />
c’era il problema di combinare insieme il<br />
pranzo con la cena”.<br />
Inizia a stendere i lemmi per l’Enciclopedia<br />
<strong>dei</strong> Ragazzi e a scrivere la riduzione per<br />
ragazzi di grandi romanzi. “Dopo il periodo<br />
delle collaborazioni con i rotocalchi, in<br />
particolare con Visto, divenni finalmente<br />
redattore fisso del Ragguaglio librario,<br />
occupandomi sostanzialmente <strong>dei</strong> libri sul<br />
cinema”.<br />
Fu in quelle circostanze che gli capitò di<br />
dover intervistare Ermanno Olmi. L’incontro<br />
con il regista fu decisivo nella svolta professionale<br />
verso la regia. Olmi lo volle come<br />
aiuto-regista per il suo primo film (Il tempo<br />
si è fermato, del 1959). Negli anni Sessanta<br />
e Settanta, dopo aver imparato l’arte<br />
registica a bottega, Sandrini lavora presso<br />
la sezione cinema della Società Montedison,<br />
firmando parecchi documentari.<br />
Cominciarono ad arrivare le prime soddisfazioni<br />
con premi internazionali (Rassegna<br />
Internazionale di Salerno, Festival di<br />
Monza del 1964). Nel ‘65 partecipa alla<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Mostra Internazionale<br />
del Cinema<br />
di Venezia<br />
con un cortometraggio.<br />
L’attività<br />
documentaristica<br />
è affiancata dai<br />
film pubblicitari. I<br />
“Caroselli” sono,<br />
in ogni senso, il<br />
pane quotidiano.<br />
Inizia nel 1970 la<br />
collaborazione<br />
con il settore <strong>dei</strong><br />
programmi culturali della Rai, a volte anche<br />
come curatore e autore di testi, tra le quali<br />
Piaceri (con Giovanni Mariotti) sulla gastronomia<br />
italiana, Inventario, serie di documentari<br />
che rivisita i grandi complessi<br />
monumentali italiani e numerose edizioni<br />
del glorioso Tuttolibri.<br />
“Pubblicista anomalo? In effetti non ho mai<br />
pensato di diventare professionista (anche<br />
se mi era stato suggerito per esigenze di<br />
carriera). Ma probabilmente una scelta<br />
diversa mi avrebbe portato ad occuparmi<br />
soprattutto di cronaca, e comunque lontano<br />
dai miei effettivi interessi”.<br />
Le sue produzioni in Rai tuttavia seguono<br />
spesso il modello dell’inchiesta giornalistica:<br />
“Di chi è la salute”, una serie-inchiesta<br />
sulla sanità in Italia e i suoi vari problemi,<br />
“Managers” con Nicola Caracciolo, dedicata<br />
ai grandi industriali italiani e la serie<br />
“Dietro l’obiettivo” sui principali fotografi<br />
italiani.<br />
Negli ultimi anni Sandrini cura la regia (sia<br />
in studio che nei servizi esterni) di diverse<br />
trasmissioni, tra cui quelle di Piero Angela,<br />
Enzo Biagi, Michele Santoro e Giulio<br />
Macchi e le riprese di concerti, spettacoli e<br />
manifestazioni.<br />
GUIDO WEILLER<br />
Ingegnere per vocazione<br />
cronista per caso<br />
di Raffaele Musumeci<br />
“Sono diventato giornalista per caso: mi trovavo<br />
a Milano, pochi giorni dopo la Liberazione,<br />
e stavo osservando l’ingresso in città <strong>dei</strong><br />
bersaglieri quando un giornalista dell’Unità mi<br />
chiese se sapevo scrivere. Io risposi di sì, e<br />
così fui preso come redattore di quel giornale”.<br />
Guido Weiller racconta in questo modo<br />
l’esordio della sua carriera, lunga e ricca di<br />
soddisfazioni: “Conoscevo un po’ le lingue, e<br />
così mi ritrovai come redattore degli Esteri<br />
dell’Unità il giorno in cui gli americani sganciarono<br />
la bomba atomica su Hiroshima…”<br />
Weiller lavora all’Unità come redattore per<br />
due anni. Poi si laurea in ingegneria, e da quel<br />
momento, racconta, “ho fatto l’ingegnere per<br />
l’80% del mio tempo, prendendomi anche in<br />
quel campo molte soddisfazioni: ad esempio,<br />
ho messo in servizio la linea A della Metropolitana<br />
di Roma.”<br />
Ma l’attività di scrittore di Weiller non si ferma,<br />
né si limita al solo giornalismo: “Ho collaborato<br />
con le enciclopedie Rizzoli e De Agostini,<br />
scrivendo, per quest’ultima un aggiornamento<br />
delle ‘voci’ del settore automobilistico. Collaboro<br />
anche col periodico degli ingegneri. Ho<br />
scritto pubblicazioni sul ‘fai da te’, una Storia<br />
quelle che ora sono le scuole serali per i<br />
lavoratori. Oggi, sia pure a ritmi più pacati,<br />
Sandra Sollazzi non ha smesso di scrivere<br />
e lavora alla pubblicazione di alcuni<br />
opuscoli di storia dell’arte dedicati ad autori<br />
contemporanei.<br />
dell’Aeronautica,<br />
ed anche una<br />
raccolta di memorie<br />
che dovrebbe<br />
uscire nel prossimo<br />
mese di aprile”.<br />
Nato a Milano<br />
nell’agosto del ‘<strong>25</strong>,<br />
ebreo e partigiano,<br />
Guido Weiller ha<br />
nel suo ricco<br />
carniere anche<br />
un’interessante<br />
raccolta di scritti<br />
storici: “Ho curato un numero unico sulla storia<br />
degli ebrei italiani, ed un’altra pubblicazione<br />
sugli ebrei in Lombardia”. Poi, come ingegnere<br />
prima ancora che come ebreo, sta scrivendo<br />
per il Calendario del Popolo (“Un mensile<br />
– lo descrive Weiller – nato nel ‘49-’50 che,<br />
stranamente, viaggia ancora”) un grosso articolo<br />
sull’elaborazione delle tecniche di morte<br />
programmate dai nazisti: “Dal punto di vista<br />
ingegneristico – spiega ancora Guido Weiller<br />
– i campi di concentramento di Auschwitz e<br />
Birkenau erano <strong>dei</strong> veri e propri capolavori,<br />
tanto che molti lager furono chiusi perché per<br />
il progetto di sterminio <strong>dei</strong> nazisti quei due<br />
campi erano sufficienti. Nessuno sa com’era-<br />
no fatti esattamente i forni crematori e le<br />
camere a gas, ma erano realizzati con criteri<br />
così scientifici da permettere ai nazisti di<br />
ottenere, purtroppo, i risultati che si<br />
erano prefissi”.<br />
L’attività giornalistica di Weiller, nonostante<br />
i cinquant’anni di carriera,<br />
non accenna a fermarsi: “Una volta<br />
finito di fare l’ingegnere, scrivere è<br />
stato, per me, un modo per rimanere<br />
in contatto con la realtà –<br />
spiega. E tra l’altro, la mia competenza<br />
come ingegnere mi permette<br />
di potere scrivere con precisione<br />
su alcuni argomenti di scottante<br />
attualità: inquinamento, trasporto su<br />
gomma, energia…Tutte realtà collegate<br />
attraverso un giro piuttosto<br />
complicato…”<br />
E, da ingegnere, non mancano le<br />
bacchettate per Milano: “è assurdo che<br />
un’opera come il passante ferroviario milanese<br />
non sia ancora stato completato, dopo tanti<br />
anni che è stato messo in cantiere”.<br />
PIERLUIGI ZAMPETTI<br />
Il giurista che Montanelli<br />
arruolò nella sua squadra<br />
di Eugenio Arcidiacono<br />
Pierluigi Zampetti appartiene a quella<br />
schiera di studiosi che considera i giornali<br />
uno strumento insostituibile per far uscire il<br />
dibattito culturale dalle aule accademiche<br />
e portarlo nel vivo della società civile. “Per<br />
me i giornali sono sempre stati un formidabile<br />
veicolo per diffondere le mie idee presso<br />
un pubblico più vasto”.<br />
Nato a Uboldo (Va) nel 1927, Zampetti,<br />
dopo la laurea in Giurisprudenza nel 1948,<br />
inizia a collaborare con il Popolo di Roma,<br />
organo ufficiale della Dc, e con il quotidiano<br />
La Prealpina, oltre che con varie riviste<br />
giuridiche, come il mensile Prospettive nel<br />
mondo, che gli consentono di approfondire<br />
i suoi studi. “Io sono un teorico della partecipazione<br />
– spiega – sostengo cioè la<br />
necessità di promuovere delle forme di<br />
partecipazione dal basso, in modo da<br />
costruire un modello di società alternativo<br />
a quello individualistico e consumistico<br />
predominante”.<br />
L’esperienza più importante della carriera<br />
giornalistica di Zampetti arriva negli anni<br />
Settanta, quando i suoi articoli catturano<br />
l’attenzione di un lettore molto particolare:<br />
Indro Montanelli. Il grande inviato del<br />
Corriere della Sera, dopo aver rotto con il<br />
quotidiano di via Solferino, era alla ricerca<br />
di firme autorevoli del mondo culturale per<br />
dare lustro alla sua nuova creatura, il Giornale<br />
nuovo. “Fu Federico Orlando a contat-<br />
21<br />
Marzo <strong>2002</strong><br />
Pubblicisti<br />
Medaglia<br />
d’oro<br />
tarmi – ricorda<br />
Zampetti – e io<br />
accettai con entusiasmo:<br />
il Corriere<br />
della sera era<br />
allora troppo appiattito<br />
su posizioni<br />
di difesa<br />
dello stato assistenziale,<br />
mentre<br />
Montanelli dava<br />
molto più spazio<br />
a posizioni vicine<br />
alle mie”.<br />
Procede, intanto, la sua carriera universitaria:<br />
professore di Dottrina dello Stato alla<br />
Statale di Milano, preside della facoltà di<br />
Giurisprudenza dell’Università di Trieste e,<br />
dal 1981 al 1986, membro laico del Consiglio<br />
Superiore della Magistratura.<br />
Ma la passione per il giornalismo non si è<br />
mai attenuata.<br />
“Molti articoli – spiega Zampetti – nascono<br />
da convegni che organizzo e a cui invito<br />
sempre altri giornalisti. Mi piacerebbe che i<br />
temi che mi stanno più a cuore trovassero<br />
più spazio sui giornali.<br />
Sono comunque ottimista: oggi il pubblico<br />
è molto più ricettivo su questi argomenti”.<br />
Sottolinea che “il clima è molto cambiato<br />
rispetto agli anni in cui sul Giornale scrivevo<br />
della degenerazione del sistema <strong>dei</strong><br />
partiti: Tangentopoli era ancora lontana, ma<br />
grazie a Montanelli ho potuto anticipare<br />
quello che poi si è verificato”.<br />
Le tessere di praticante ai 40 allievi<br />
dell’Ifg e ai 16 della Cattolica<br />
L'assemblea annuale degli iscritti, che si terrà il prossimo 21 <strong>marzo</strong>, sarà anche l'occasione per consegnare<br />
le tessere di praticanti ai cinquantasei studenti delle due scuole di giornalismo di Milano: quaranta<br />
gli allievi dell'Ifg "Carlo De Martino" e sedici quelli dell'Università Cattolica. Ecco i loro nomi:<br />
Ifg:<br />
Angelucci Luca<br />
Antonini Alessio<br />
Arcidiacono Eugenio<br />
Bani Francesca<br />
Bellinazzo Marco<br />
Bernardelli Matteo<br />
Caselli Stefano<br />
Chiari Matteo<br />
Clementi Francesco<br />
Cosso Giuseppe<br />
Di Blasi Eduardo<br />
Di Molfetta Nicola<br />
Falcinella Nicola<br />
Fichera Diana<br />
Galassi Luca<br />
Gallione Alessia<br />
Lapertosa Adele<br />
Lepido Daniele<br />
Liso Oriana<br />
Manfredi Bianca Maria<br />
Metta Matteo<br />
Montrone Marco<br />
Musumeci Raffaele<br />
Pinna Giovanni<br />
Piovan Enrica<br />
Piovesana Enrico<br />
Polizzi Francesco<br />
Prandi Elena<br />
Priolo Stefano<br />
Provenzani Sabrina<br />
Sacchetti Leonardo<br />
Salvaggiulo Giuseppe<br />
Santucci Giovanni<br />
Scognamiglio Ciro<br />
Senesi Andrea<br />
Seu Salvatore Massimiliano<br />
Tomaselli Paolo<br />
Ursic Alessandro<br />
Verrastro Roberto<br />
Zani Lara<br />
Università Cattolica:<br />
Bertolazzi Cecilia<br />
Casalinuovo Flora<br />
Cravotta Silvia<br />
Galavotti Alessandro<br />
Goretti Elena<br />
Guglielmino Annalisa<br />
Lovera Adriano<br />
Muschella Elsa<br />
Nicoli Daria<br />
Porcelli Elena<br />
Riva Federica<br />
Rocco Gian Luca<br />
Spinelli Ylenia<br />
Stabile Giuseppe<br />
Trovati Gianni<br />
Vercesi Francesca<br />
13
D O C U M E N T I<br />
DIRETTIVA 14 FEBBRAIO <strong>2002</strong> SULLE ATTIVITÀ DI COM<br />
Frattini: “Le pubbliche ammin<br />
Premessa garantire un’informa<br />
Con l’entrata in vigore della legge del 7 giugno 2000<br />
n.150, e l’emanazione del Regolamento di attuazione del<br />
21 settembre 2001 n. 422, le pubbliche amministrazioni<br />
dispongono di un nuovo indispensabile strumento per<br />
sviluppare le loro relazioni con i cittadini, potenziare e<br />
armonizzare i flussi di informazioni al loro interno e<br />
concorrere ad affermare il diritto <strong>dei</strong> cittadini ad un’efficace<br />
comunicazione.<br />
La comunicazione pubblica cessa di essere un segmento<br />
aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni,<br />
e ne diviene parte integrante, così come accade<br />
da decenni alle imprese che agiscono nel mercato <strong>dei</strong><br />
prodotti e <strong>dei</strong> servizi. Lo sviluppo delle attività legate alla<br />
comunicazione di impresa e alla pubblicità, in grado di<br />
determinare scelte organizzative e strategiche che influiscono<br />
positivamente sulla visibilità e sull’immagine aziendale<br />
e che coinvolgono trasversalmente tutto il processo<br />
produttivo, attraverso azioni di comunicazione interna,<br />
hanno accompagnato nel nostro Paese il percorso e la<br />
crescita delle imprese del settore privato e, recentemente,<br />
anche di alcune pubbliche amministrazioni.<br />
La riforma della pubblica amministrazione, il federalismo<br />
e il rafforzamento <strong>dei</strong> livelli locali di governo, l’attuazione<br />
del principio di sussidiarietà e il conseguente nuovo orizzonte<br />
delle missioni delle amministrazioni, possono<br />
realizzarsi solo con il pieno consenso <strong>dei</strong> cittadini e delle<br />
imprese, degli operatori del settore pubblico, da coinvolgere<br />
attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione<br />
e comunicazione.<br />
Finalità e ambito di applicazione. Con questa direttiva il<br />
Dipartimento della Funzione pubblica, in linea con la<br />
volontà del Governo di attuare un radicale processo di<br />
cambiamento della pubblica amministrazione, fornisce<br />
alle amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1 comma 2<br />
del Dpr 21 settembre 2001, n. 422, gli indirizzi di coordinamento,<br />
organizzazione e monitoraggio delle strutture,<br />
degli strumenti e delle attività previste dalla normativa in<br />
materia di informazione e comunicazione pubblica.<br />
La direttiva si propone di contribuire al perseguimento, da<br />
parte delle pubbliche amministrazioni, delle seguenti finalità:<br />
• sviluppo di una coerente politica di comunicazione integrata<br />
con i cittadini e le imprese;<br />
• gestione professionale e sistematica <strong>dei</strong> rapporti con<br />
tutti gli organi di informazione (mass media tradizionali<br />
e nuovi);<br />
• realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione<br />
interna incentrato sull’intenso utilizzo di tecnologie informatiche<br />
e banche dati, sia per migliorare la qualità <strong>dei</strong><br />
servizi e l’efficienza organizzativa, sia per creare tra gli<br />
operatori del settore pubblico senso di appartenenza<br />
alla funzione svolta, pieno coinvolgimento nel processo<br />
di cambiamento e condivisione nelle rinnovate missioni<br />
istituzionali delle pubbliche amministrazioni;<br />
• formazione e valorizzazione del personale impegnato<br />
nelle attività di informazione e comunicazione;<br />
• ottimizzazione, attraverso la pianificazione e il monitoraggio<br />
delle attività di informazione e comunicazione,<br />
dell’impiego delle risorse finanziarie.<br />
Questa direttiva, pertanto, richiama e impegna la responsabilità<br />
<strong>dei</strong> vertici delle amministrazioni pubbliche all’applicazione<br />
della legge n.150/2000 e alla definizione di<br />
strutture e risorse necessarie per:<br />
• progettare e realizzare attività di informazione e comunicazione<br />
destinate ai cittadini e alle imprese;<br />
• procedere ad una rinnovata ingegneria <strong>dei</strong> processi di<br />
comunicazione interna e adeguare i flussi di informazione<br />
a supporto dell’attività degli uffici che svolgono attività<br />
di informazione e comunicazione, e il loro coordinamento,<br />
già individuati dalla legge 150/2000;<br />
• produrre e fornire informazioni, promuovere eventi che,<br />
tenendo conto <strong>dei</strong> tempi e <strong>dei</strong> criteri che regolamentano il<br />
sistema <strong>dei</strong> media, possano tradursi in notizie per i mass<br />
media tradizionali e nuovi – come i giornali on-line - e altri<br />
mezzi di diffusione di notizie di interesse pubblico.<br />
La direttiva, inoltre, pone all’attenzione <strong>dei</strong> dirigenti degli<br />
Uffici stampa e degli Urp, così come delle analoghe strutture<br />
previste dalla legge 150/2000, la ricerca dell’efficienza<br />
e dell’efficacia nei processi di produzione della comunicazione,<br />
quale obiettivo della loro attività.<br />
Presidenza del Consiglio <strong>dei</strong> ministri - Dipartimento della Funzione pubblica.. Direttiva sulle attività di comunicazione<br />
delle pubbliche amministrazioni<br />
IL MINISTRO<br />
VISTA la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio <strong>dei</strong><br />
ministri”;<br />
VISTO il decreto legislativo 30 <strong>marzo</strong> 2001, n.165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle<br />
amministrazioni pubbliche”;<br />
VISTA la legge 7 giugno 2000, n.150 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”;<br />
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica del 21 settembre 2001, n.422, recante “Regolamento per l’individuazione <strong>dei</strong> titoli<br />
professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e comunicazione e<br />
disciplina degli interventi formativi”;<br />
VISTO il decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri del 9 agosto 2001, recante “Delega di funzioni del Presidente del Consiglio<br />
<strong>dei</strong> ministri in materia di funzione pubblica e di coordinamento <strong>dei</strong> Servizi di informazione e sicurezza al ministro senza portafoglio<br />
on. dott. Franco Frattini”;<br />
VISTO il decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri del 31 ottobre 2001, recante “Struttura di missione per la comunicazione<br />
e informazione ai cittadini”;<br />
VISTA la direttiva del ministro per la Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001, sulla Formazione e la valorizzazione del personale<br />
delle pubbliche amministrazioni<br />
emana la presente direttiva:<br />
1Gli obiettivi<br />
Le pubbliche amministrazioni, attraverso gli Uffici stampa, i<br />
Portavoce e gli Urp e le analoghe strutture, devono:<br />
1) garantire un’informazione trasparente ed esauriente sul<br />
loro operato;<br />
2) pubblicizzare e consentire l’accesso ai servizi promuovendo<br />
nuove relazioni con i cittadini,<br />
3) ottimizzare l’efficienza e l’efficacia <strong>dei</strong> prodotti-servizi attraverso<br />
un adeguato sistema di comunicazione interna.<br />
Per consentire il pieno raggiungimento di questi obiettivi, le<br />
pubbliche amministrazioni devono:<br />
1) dare avvio e sviluppo alle strutture deputate alla realizzazione<br />
delle attività di informazione, Portavoce e Ufficio stampa, e<br />
di comunicazione, Ufficio per le relazioni con il pubblico,<br />
2) promuoverne il pieno raccordo operativo sotto forma di<br />
coordinamento e attraverso una adeguata struttura organizzativa.<br />
Inoltre, nella creazione <strong>dei</strong> nuovi profili professionali e delle<br />
nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico e della<br />
sua comunicazione interna, deve essere favorita la definizione<br />
di adeguati interventi formativi e di aggiornamento che<br />
promuovano operatori dell’informazione e comunicazione<br />
competenti e motivati.<br />
Il Dipartimento della Funzione pubblica, con la collaborazione<br />
delle associazioni professionali del mondo dell’informazione,<br />
della comunicazione e delle relazioni pubbliche, realizzerà<br />
un sistema di monitoraggio dell’applicazione della legge<br />
n.150/2000 anche in vista di una programmazione di successivi<br />
interventi e direttive che avranno come obiettivo di rendere<br />
il settore coerente con la dimensione europea.<br />
2Tipologia della<br />
comunicazione<br />
La legge n.150/2000 indica quali figure capaci di realizzare<br />
le attività di informazione e comunicazione nell’amministrazione<br />
pubblica il Portavoce e l’Ufficio stampa, da un lato, e<br />
l’Ufficio per le relazioni con il pubblico e analoghe strutture,<br />
dall’altro.<br />
I due segmenti di attività individuati sono importanti, ma non<br />
singolarmente esaustivi della funzione di comunicazione la<br />
cui complessità si esprime sia attraverso la previsione di<br />
differenti tipologie professionali, sia attraverso attività che non<br />
si esauriscono nel front-office o nei rapporti con i media.<br />
La comunicazione interna e la produzione di messaggi<br />
complessi verso l’esterno rappresentano momenti differenti<br />
della stessa funzione di informazione e comunicazione delle<br />
pubbliche amministrazioni, e pertanto richiedono un coordinamento<br />
che ne governi, con efficacia, le interazioni e le<br />
sinergie.<br />
Questa dimensione complessiva e integrata della comunicazione<br />
non può essere dimenticata né sottovalutata nell’attuazione<br />
della legge del 7 giugno 2000 n.150. Nello svolgimento<br />
delle attività di comunicazione e informazione, così come<br />
nella costruzione degli assetti organizzativi delle loro struttu-<br />
re, le amministrazioni devono, inoltre, considerare centrali e<br />
decisivi gli strumenti interattivi della comunicazione on line<br />
(Internet-intranet).<br />
I processi organizzativi devono, conseguentemente, essere<br />
ridisegnati in relazione all’esigenza di sviluppare modalità<br />
interattive di comunicazione interna ed interistituzionale nei<br />
confronti <strong>dei</strong> cittadini. Una buona comunicazione interna,<br />
fondata su di un’ampia circolazione delle informazioni sulle<br />
attività ed i processi lavorativi, e il pieno coinvolgimento del<br />
personale nei progetti di cambiamento organizzativo,<br />
consente di costruire al meglio l’identità di un’amministrazione,<br />
favorisce la crescita di un senso di appartenenza positivo<br />
alla dimensione del lavoro pubblico e contribuisce a porre su<br />
nuove basi l’immagine della sfera pubblica.<br />
3Degli strumenti<br />
della<br />
comunicazione<br />
modalità<br />
operative: il<br />
coordinamento<br />
Le amministrazioni devono assicurare il raccordo operativo<br />
tra i segmenti di comunicazione attivati, il Portavoce, l’Ufficio<br />
stampa e l’Ufficio per le relazioni con il pubblico e le analoghe<br />
strutture, devono prevedere forme organizzative di coordinamento<br />
delle loro attività per massimizzare l’utilizzo delle<br />
risorse umane ed economiche, e creare sinergie ed integrazione<br />
tra le azioni di comunicazione per contribuire a rendere<br />
efficaci e soddisfacenti le relazioni con i cittadini.<br />
Ciascuna amministrazione, quindi, potrà istituire al proprio<br />
interno una struttura di coordinamento, costituita dal direttore<br />
dell’Urp e delle analoghe strutture ove esistenti, dal direttore<br />
dell’Ufficio stampa e dal Portavoce se presente all’interno<br />
dell’amministrazione. La struttura di coordinamento ha<br />
funzioni di programmazione, indirizzo e raccordo delle attività<br />
da realizzare. Alla struttura di coordinamento spetta il<br />
compito di presentare al vertice dell’amministrazione, entro il<br />
30 novembre di ogni anno, il Piano di comunicazione.<br />
Il progetto deve contenere:<br />
- la definizione degli obiettivi e della strategia della comunicazione<br />
integrata (azioni di comunicazione interna, esterna,<br />
on line, pubblicitaria etc);<br />
- la descrizione delle singole azioni con l’indicazione <strong>dei</strong><br />
tempi di realizzazione (calendarizzazione per fasi);<br />
- la scelta <strong>dei</strong> mezzi di diffusione e il budget;<br />
- la pianificazione delle attività di monitoraggio e valutazione<br />
dell’efficacia delle azioni (sia in itinere al progetto sia ex post).<br />
3.1 La struttura di missione per l’informazione e la comunicazione<br />
con i cittadini<br />
Per soddisfare l’esigenza di raccordo operativo e d’integrazione<br />
tra le strutture di informazione e comunicazione previste<br />
della legge del 7 giugno 2000 n.150 il Dipartimento della<br />
Funzione pubblica ha attivato un’apposita “Struttura di<br />
missione”, con l’incarico di:<br />
1) integrare le proprie attività di comunicazione ed informazione<br />
(Ufficio stampa, Urp, sito web) coordinandole con<br />
l’ufficio del Portavoce;<br />
2) supportare le amministrazioni nell’attuazione delle norme<br />
per sviluppare e sperimentare azioni e progetti di comunicazione<br />
pubblica integrata.<br />
La struttura di missione ha l’obiettivo di garantire l’attuazione<br />
della legge del 7 giugno 2000 n.150, di monitorare l’attivazione<br />
di strutture di comunicazione integrata presso le ammini-<br />
14 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
OMUNICAZIONE ATTRAVERSO GLI UFFICI STAMPA, I PORTAVOCE E GLI URP<br />
Le amministrazioni si impegnano a individuare nel proprio<br />
bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la<br />
comunicazione e informazione pubblica in una percentuale<br />
non inferiore al 2% delle risorse generali<br />
inistrazioni devono<br />
azione trasparente”<br />
strazioni, nonché di fornire consulenza alle amministrazioni<br />
anche per l’attività di formazione, limitatamente al settore<br />
della comunicazione.<br />
Presso la struttura, inoltre, operano gruppi di lavoro specializzati<br />
sull’applicazione della legge e sull’uso di un linguaggio<br />
chiaro e comprensibile da parte delle amministrazioni.<br />
4Funzioni<br />
degli organi<br />
dell’informazione<br />
e della<br />
comunicazione<br />
Un moderno sviluppo dell’informazione e della comunicazione<br />
richiede un decisivo impegni delle amministrazioni.<br />
Particolare attenzione deve essere posta ai compiti che la<br />
legge affida agli Urp, attraverso la realizzazione delle Reti civiche<br />
e del sito Internet della pubblica amministrazione, nella<br />
loro funzione di relazione verso l’esterno. Essi svolgono infatti<br />
compiti di informazione, di garanzia di accesso ai servizi, di<br />
ascolto delle esigenze degli utenti, di promozione dell’innovazione<br />
e della semplificazione, nonché di verifica della soddisfazione<br />
del cittadino rispetto all’erogazione <strong>dei</strong> servizi stessi.<br />
In questo contesto, gli Uffici per le relazioni con il pubblico e<br />
le analoghe strutture devono poter ricorrere a procedure di<br />
comunicazione interna codificate ed efficaci per divenire il<br />
terminale di destinazione di atti e documenti che consentano<br />
sollecite ed esaurienti risposte alle richieste <strong>dei</strong> cittadini. Nei<br />
casi più complessi, gli Urp devono poter disporre della documentazione<br />
utile alla soddisfazione dell’utente entro un<br />
tempo ragionevole, comunque predeterminato dalle amministrazioni<br />
di appartenenza che individueranno, del pari, le<br />
sanzioni in caso di inadempienza o di ritardo nella risposta.<br />
Al fine di rendere gli Urp strumenti del cambiamento interno<br />
della pubblica amministrazione, attraverso una funzione di<br />
marketing istituzionale e di verifica della soddisfazione del<br />
cittadino rispetto all’erogazione <strong>dei</strong> servizi, è opportuno che<br />
essi siano in grado di progettare e sviluppare azioni di studio<br />
e ricerca attraverso risorse umane in possesso delle competenze<br />
necessarie.<br />
L’incarico di gestione delle Reti civiche, assegnato dalla<br />
legge n.150/2000 agli Urp, e del sito Internet, è destinato ad<br />
espandere la dimensione di questi uffici da semplice sportello<br />
di informazione al cittadino a terminali di banche dati. Gli<br />
Urp devono pertanto essere in grado di svolgere più funzioni<br />
e di corrispondere ad una domanda differenziata di servizi<br />
da parte del cittadino.<br />
La stessa legge n.150/2000 attribuisce all’Ufficio stampa,<br />
prioritariamente, la gestione dell’informazione in collegamento<br />
con gli organi di informazione mezzo stampa, radiofonici,<br />
televisivi ed on line.<br />
In particolare l’Ufficio stampa, coordinato da un direttore di<br />
servizio, si occupa:<br />
- della redazione di comunicati riguardanti sia l’attività<br />
dell’amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella<br />
di informazione, promozione, lancio <strong>dei</strong> servizi;<br />
- dell’organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa;<br />
- della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o<br />
periodica, anche attraverso strumenti informatici;<br />
- del coordinamento e della realizzazione della newsletter<br />
istituzionale e di altri prodotti editoriali.<br />
Nelle amministrazioni locali di piccole dimensioni, per meglio<br />
ottimizzare le loro funzioni, gli Uffici stampa, così come gli<br />
Uffici per le relazioni con il pubblico, possono essere costituiti<br />
in forma consorziata tra Enti locali che raggruppino una<br />
popolazione residente non inferiore a <strong>25</strong>.000 unità.<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
“<br />
”<br />
A differenza dell’Ufficio stampa e <strong>dei</strong> suoi compiti istituzionali,<br />
la figura del Portavoce, presente nelle amministrazioni<br />
complesse, sviluppa un’attività di relazioni con gli organi di<br />
informazione in stretto collegamento ed alle dipendenze del<br />
vertice “pro tempore” delle amministrazioni.<br />
5La formazione<br />
La legge del 7 giugno 2000 n.150 e il regolamento del 21<br />
settembre 2001, Dpr n. 422, e più specificatamente la direttiva<br />
del ministro per la Funzione pubblica del 13 dicembre<br />
2001, sulla “Formazione e la valorizzazione del personale<br />
delle pubbliche amministrazioni”, individuano nella formazione<br />
la chiave per migliorare la qualità delle prestazioni e per<br />
incentivare la motivazione del personale. La normativa offre<br />
alle amministrazioni i primi strumenti per adeguare, migliorare,<br />
selezionare – attraverso la definizione di percorsi di formazione<br />
ad hoc – le risorse umane già indirizzate o da indirizzare<br />
nei settori delle relazioni con i media (Ufficio stampa e Ufficio<br />
del portavoce) e con i cittadini (Uffici delle relazioni con il<br />
pubblico e analoghe strutture). È da tenere presente che le<br />
attività di informazione e comunicazione - svolte all’interno di<br />
queste strutture - sono considerate rilevanti per la concreta<br />
realizzazione di pratiche di buon governo.<br />
Le norme sopraindicate sanciscono una parità dell’offerta<br />
formativa con la presenza di soggetti privati e di una cultura<br />
di mercato dal cui confronto e competizione deve derivare<br />
un miglioramento complessivo della qualità della formazione<br />
in questo settore. La formazione, oltre ad avere il compito di<br />
professionalizzare le risorse umane, dovrà essere la leva<br />
primaria per rendere omogeneo il livello di preparazione e la<br />
capacità del personale impegnato nella comunicazione<br />
pubblica. In considerazione di ciò le amministrazioni devono<br />
adottare programmi formativi per tutto il personale impegnato<br />
nell’attività di informazione e comunicazione come previsto<br />
dalle norme vigenti e dalla direttiva del 13 dicembre 2001.<br />
L’attività formativa <strong>dei</strong> singoli dipendenti svolta nel periodo<br />
intercorso tra l’entrata in vigore della legge n.150/2000 e la<br />
pubblicazione del regolamento (Dpr n.422/2001), che rispetti<br />
i requisiti previsti dalle due norme, su richiesta delle amministrazioni<br />
di appartenenza, potrà essere validata da una<br />
commissione, istituita presso la Struttura di missione del<br />
Dipartimento della Funzione pubblica.<br />
6I nuovi profili<br />
professionali<br />
L’individuazione e la regolamentazione delle tipologie professionali<br />
che opereranno negli Uffici stampa, negli Uffici per le<br />
relazioni con il pubblico e in strutture analoghe utilizzando strumenti<br />
di informazione e comunicazione tradizionali e nuovi,<br />
come indicato dall’art.8, comma 3 ed art. 9, comma 5, della<br />
legge del 7 giugno 2000 n.150, sono affidate alla contrattazione<br />
collettiva con le organizzazioni sindacali rappresentative<br />
sul territorio nazionale delle categorie professionali.<br />
7Il monitoraggio<br />
delle attività<br />
Il Dipartimento della Funzione pubblica ha già promosso e<br />
svilupperà in modo costante sondaggi, studi, ricerche e<br />
sperimentazioni finalizzate a:<br />
1) monitorare lo stato di attuazione della legge del 7 giugno<br />
2000 n. 150;<br />
2) verificare le inadeguatezze da questa già rivelate nel lungo<br />
dibattito che ne ha accompagnato la pur necessaria<br />
approvazione (dall’esigenza di meglio definire gli ambiti<br />
delle singole professionalità, ai rilievi mossi anche in sede<br />
europea circa gli accessi a taluni ruoli ed uffici);<br />
3) promuovere modelli e standard di riferimento che favoriscano<br />
la nascita e lo sviluppo di una cultura della comunicazione<br />
integrata nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Nell’ambito<br />
di tale attività, che sarà sviluppata in collaborazione con<br />
le associazioni di categoria e gli ordini professionali <strong>dei</strong> comunicatori,<br />
delle relazioni pubbliche e <strong>dei</strong> giornalisti, grande<br />
attenzione verrà dedicata alla costruzione di tipologie professionali<br />
e modelli di valutazione delle professionalità della<br />
nuova comunicazione pubblica e dell’efficacia del loro agire.<br />
Si tratta di tenere sotto osservazione la qualità <strong>dei</strong> servizi e<br />
delle attività, di valutare le performance e “validare” i risultati.<br />
Le amministrazioni, a tal fine, dovranno verificare, attraverso<br />
sondaggi, studi e ricerche, da affidare anche a soggetti privati,<br />
l’attuazione del piano di comunicazione annuale e misurarne<br />
l’efficacia.<br />
8Il linguaggio<br />
Il Dipartimento della Funzione pubblica ha già promosso e<br />
realizzato, a partire dai primi anni ‘90, progetti dedicati alla<br />
semplificazione del linguaggio amministrativo usato nei<br />
contatti con i cittadini. L’opinione pubblica, ma anche le amministrazioni,<br />
si aspettano ulteriori sforzi per rendere il cosiddetto<br />
“burocratese” più chiaro ed accessibile e la comunicazione<br />
tra i cittadini e la pubblica amministrazione più snella<br />
ed efficace. La comunicazione delle pubbliche amministrazioni<br />
deve soddisfare i requisiti della chiarezza, semplicità e<br />
sinteticità e, nel contempo, garantire completezza e correttezza<br />
dell’informazione. Questo obiettivo dovrà essere perseguito<br />
anche con l’impiego <strong>dei</strong> nuovi strumenti informatici.<br />
Il Dipartimento della Funzione pubblica attiverà nei prossimi<br />
mesi, presso la Struttura di missione, un servizio di consulenza<br />
il cui scopo sarà di assistere le pubbliche amministrazioni<br />
e i gestori di servizi pubblici a riscrivere atti e documenti,<br />
a migliorare la qualità della comunicazione per renderla<br />
più semplice e comprensibile a tutti i cittadini ed utenti <strong>dei</strong><br />
servizi pubblici. L’obiettivo sarà di quello di rendere ufficiali le<br />
regole della semplificazione e di promuoverne la diffusione<br />
in tutte le amministrazioni.<br />
9Le risorse<br />
Le amministrazioni si impegnano a individuare nel proprio<br />
bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la<br />
comunicazione e informazione pubblica in una percentuale<br />
non inferiore al 2% delle risorse generali.<br />
della<br />
direttiva<br />
10Osservanza<br />
La dirigenza verrà valutata, ai sensi del D.lgs. del 30 luglio<br />
1999 n.286 e del D.lgs del 30 <strong>marzo</strong> 2001 n.165, anche alla<br />
luce dell’applicazione della presente direttiva. Pertanto i vertici<br />
dell’amministrazione, in sede di emanazione della direttiva<br />
annuale e degli indirizzi strategici, indicheranno le misure di<br />
comunicazione istituzionale da adottare e gli obiettivi da<br />
raggiungere in linea con il programma di governo dell’amministrazione<br />
pubblica.<br />
Il ministro per la Funzione pubblica e per il<br />
Coordinamento <strong>dei</strong> servizi di informazione e sicurezza<br />
Franco Frattini<br />
15
In un articolo apparso su Borsa e Finanza del 9 febbraio scorso (“Anche l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti tra i clienti ‘tosati’ da Sonzogni”; pagina 10, a sigla G.Riv.) si dà conto in<br />
maniera non del tutto corretta della spiacevole situazione in cui s’è venuto a trovare<br />
l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia in quanto cliente dell’istituto bresciano.<br />
L’<strong>Ordine</strong> e i “tosati”<br />
della Bipop-Carire<br />
Il Tribunale di Teramo (sezione distaccata di<br />
Giulianova) il 6 febbraio <strong>2002</strong> ha pronunciato<br />
la sentenza n. 112 sulla “diffamazione via<br />
Internet”. Il principio affermato è questo: la<br />
diffamazione via Intenet è un reato tutto da<br />
dimostrare e, comunque, Internet diffama di<br />
meno rispetto agli altri media (tv e giornali).<br />
Un imprenditore, lamentando di essere stato<br />
truffato da funzionari di una banca, querela<br />
costoro e pubblica su un sito web una rassegna<br />
stampa sul caso. A parere del Tribunale<br />
il “montaggio” <strong>dei</strong> resoconti e la presentazione<br />
degli stessi hanno travalicato i limiti della<br />
cronaca o comunque della narrazione di fatti,<br />
dando luogo ad una impressione da parte di<br />
un eventuale “internauta” che effettivamente<br />
truffa vi fosse stata, mentre i fatti erano ancora<br />
sub iudice. In conclusione l’imputato è<br />
stato ritenuto colpevole di tentata diffamazione<br />
e, concesse le attenuanti generiche, è<br />
stato condannato alla pena di 100 euro di<br />
multa oltre al pagamento delle spese processuali.<br />
Il punto in cui la decisione si caratterizza è<br />
quello della individuazione della prova della<br />
consumazione del delitto di diffamazione,<br />
cioè della avvenuta percezione da parte di<br />
più persone (almeno 2) del messaggio lesivo<br />
della reputazione. Scrive il giudice:<br />
«Ciò detto ritiene però il giudicante che non<br />
vi sia prova dell’avvenuta consumazione del<br />
delitto di diffamazione. A tal proposito va<br />
evidenziato che il delitto di diffamazione è<br />
reato di evento, un evento che è di natura<br />
psicologica, e si realizza nel momento della<br />
diffusione all’esterno del messaggio con la<br />
sua percezione da parte <strong>dei</strong> terzi, conseguendone<br />
che esso può risultare temporalmente<br />
differenziato rispetto alla condotta,<br />
con la possibile ravvisabilità della fattispecie<br />
tentata, realizzabile in tutti i reati di evento e<br />
quindi anche nel delitto di diffamazione per<br />
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TERAMO<br />
Diffamazione via Internet:<br />
reato tutto da dimostrare<br />
come sempre ritenuto dalla più autorevole<br />
dottrina.<br />
Proprio a proposito della diffamazione a<br />
mezzo Internet la Suprema Corte ha recentemente<br />
affermato che “nel caso in cui l’offesa<br />
venga arrecata tramite tale mezzo, l’evento<br />
appare temporalmente, oltre che concettualmente,<br />
ben differenziato dalla condotta”.<br />
Ed invero in un primo momento si avrà l’in-<br />
Gli otto giornalisti giudici<br />
aggregati di Tribunale<br />
civile e Corte d’Appello<br />
serimento in rete da parte dell’agente degli provato che un giornale sia letto da più<br />
scritti o immagini offensivi e, solo in un persone o una trasmissione televisiva<br />
secondo momento, (a distanza di secondi, raggiunga più spettatori. Peraltro quanto alla<br />
minuti, giorni ecc.) i terzi connettendosi con diffamazione a mezzo stampa va detto che<br />
sito e percependo il messaggio, consentiran- una prima diffusione comunque già si realizno<br />
la verificazione dell’evento.<br />
za al momento della consegna da parte dello<br />
Tanto ciò è vero che sono ben immaginabili stampatore delle prescritte copie in adempi-<br />
sia il tentativo (l’evento non si verifica perché mento dell’obbligo previsto dalla legge 2<br />
in ipotesi nessuno, per qualsiasi ragione, visi- febbraio 1989 n 374, che ovviamente non ha<br />
ta il sito) che il reato impossibile (l’azione è riscontro nel caso in esame per le peculiarità<br />
inidonea per qualsivoglia ragione tecnica). del mezzo tecnico.<br />
Né può affermarsi, è da aggiungere, che in Nella diffamazione a mezzo Internet quanto<br />
Con decreto 14 gennaio <strong>2002</strong> il presidente della Corte d’Appello, dottor Giuseppe Grechi,<br />
ha nominato gli otto giornalisti (4 professionisti e 4 pubblicisti) chiamati a integrare, per il<br />
quadriennio <strong>2002</strong>-2005, i collegi del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano (articolo 63<br />
della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica). Ecco i loro nomi:<br />
1) Annibale Carenzo PROFESSIONISTA<br />
2) Ranieri Orlandi PROFESSIONISTA<br />
3) Giorgio Lazar PUBBLICISTA<br />
4) Ilaria Sottotetti PUBBLICISTA<br />
CORTE D’APPELLO<br />
1) Giovanni Spartà PROFESSIONISTA<br />
2) Fabio Tamburini PROFESSIONISTA<br />
3) Alberto Liguoro PUBBLICISTA<br />
4) Francesco Molfese PUBBLICISTA<br />
I collegi “integrati” di Tribunale e di Corte d’Appello hanno competenza sui ricorsi contro le<br />
delibere del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> relative alle questioni disciplinari e alle iscrizioni<br />
negli elenchi dell’Albo.<br />
tale caso sia possibile presumere la conoscenza<br />
del messaggio da parte di terzi,<br />
come potrebbe sostenersi nel caso della<br />
stampa o della diffusione televisiva (tesi<br />
questa sostenuta nella memoria della parte<br />
offesa).<br />
Infatti del tutto diverso in questi casi è il<br />
mezzo di diffusione, rispetto al quale può<br />
ritenersi effettivamente ragionevole dare per<br />
Nella diffamazione a mezzo<br />
Internet quanto alla visibilità<br />
del messaggio va evidenziato<br />
che nessun sito può essere<br />
raggiunto per caso<br />
Giornalista responsabile<br />
anche se usa il condizionale<br />
Per completezza d’informazione e in<br />
attesa della relazione di tesoreria sui<br />
conti 2001 che verrà presentata all’as-<br />
–31% dall’inizio della gestione). Una situazione<br />
certamente preoccupante anche per<br />
un investitore istituzionale qual è l’OgL. E che<br />
Lede la reputazione altrui la notizia non vera<br />
che attribuisce ad una persona un flirt con<br />
un personaggio famoso, e l’uso del condizionale<br />
da parte del giornalista non esclude la<br />
diffamazione.<br />
Questo il principio stabilito dalla Quinta<br />
Sezione Penale della Corte di Cassazione,<br />
semblea annuale, fissata per il prossimo 21 resta grave (–500 milioni di lire circa in due che, con la sentenza 31912/2001, ha confer-<br />
<strong>marzo</strong>, si rendono necessarie alcune preci- anni) anche se confrontata con i risultati mato la condanna per il reato di diffamaziosazioni.<br />
Nell’assemblea del <strong>marzo</strong> 2001, conseguiti da altri enti come l’Inpgi (che al ne a mezzo stampa inflitta ad una giornalista<br />
comunque, il consigliere tesoriere dell’epoca 30 settembre 2001 ha subito una svalutazio- di un noto settimanale che, in un articolo,<br />
ha già riferito sulle perdite del 2000 (–240 ne in portafoglio per i titoli mobiliari detenuti aveva citato una ignara ragazza come<br />
milioni di lire circa) coperte con il ricorso agli pari a 28,1 miliardi di lire). Tuttavia i veri guai “ragazza di turno” del noto fotomodello Raz<br />
accantonamenti.<br />
con Bipop-Carire sarebbero arrivati a metà Degan. La donna aveva sporto denuncia in<br />
L’OgL (con voto unanime del Consiglio e del ottobre, quando il nuovo amministratore quanto la notizia, non rispondente al vero,<br />
Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti) ha affidato delegato, Maurizio Cozzolini, ha comunicato aveva leso la sua reputazione presso amici<br />
all’inizio dell’anno 2000 una quota del suo con una missiva agli azionisti che era stata e conoscenti, essendo la stessa oltretutto già<br />
patrimonio - all’incirca 775mila euro; 1,5 scoperta una lista di <strong>25</strong>0 clienti privilegiati legata sentimentalmente ad un altro uomo.<br />
miliardi delle vecchie lire - a una gestione<br />
patrimoniale su fondi proposto dal Servizio<br />
di Private Banking della Filiale di Milano<br />
della Bipop-Carire. La scelta, fatta dal<br />
Aafferenti alle gestioni patrimoniali in fondi.<br />
ppresa la notizia il Consiglio s’è subito<br />
mosso dando mandato a un legale,<br />
l’avvocato Raffaele Di Palma, affinché<br />
precedente Consiglio, si inquadrava in un individuasse un’eventuale linea difensiva. A<br />
momento storico particolare: l’OgL, a fronte metà novembre la Procura della Repubblica<br />
della prospettiva di una riforma che pareva di Brescia ha aperto un’inchiesta ipotizzando<br />
imminente e che avrebbe potuto portare al reati di falso in bilancio, aggiotaggio, viola-<br />
superamento dell’attuale assetto degli ordizione della legge bancaria, e associazione a<br />
ni professionali, decise di escludere l’ipote- delinquere. L’OgL, ente pubblico non econosi<br />
di acquisto di una propria sede. In attesa mico, non poteva restare ancora a guardare<br />
di capire gli sviluppi politici e legislativi si e, infatti, approvata l’apertura di un proprio<br />
scelse di valorizzare il patrimonio abbando- fronte giudiziario (civile e penale) contro<br />
nando un vecchio investimento in obbliga- Bipop-Carire a tutela del patrimonio e dell’imzioni<br />
Cariplo per una più innovativa gestiomagine, il Consiglio ha deliberato la gestione<br />
Ene patrimoniale.<br />
Bipop-Carire, due anni fa, risultava<br />
essere la banca italiana dotata di uno<br />
<strong>dei</strong> servizi di private banking che pote-<br />
<strong>dei</strong> propri fondi ad altro istituto di credito (il<br />
servizio di private banking di IntesaBci),<br />
mantenendo invariata la tipologia d’impieghi<br />
e la duration dell’investimento, sempre affiva<br />
garantire, sul fronte delle gestioni in fondi,<br />
certificazioni di qualità e di controllo da parte<br />
di società di rilievo internazionale che altri<br />
istituti non avevano. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> e<br />
data Fa una gestione patrimoniale.<br />
in qui i rapporti con Bipop-Carire, che<br />
sarebbero stati risolti allo stesso identico<br />
modo anche a fronte di ben diversi<br />
il Collegio <strong>dei</strong> revisori, comunque, scelsero risultati della gestione sul portafoglio dato in<br />
Bipop-Carire dopo un attento esame di un affidamento.<br />
TRIBUNALE<br />
ventaglio di offerte fatte da cinque primari L’articolo pubblicato su Borsa e Finanza si<br />
istituti di credito.<br />
chiude con un riferimento all’aumento a 100<br />
L’affidamento in gestione venne fatto su una euro delle quote annue d’iscrizione facendo<br />
tipologia di asset allocation che prevedeva intendere che, anche tramite quella mossa,<br />
una quota azionaria del 45% e una quota l’OgL starebbe ora cercando di “fare qualco-<br />
obbligazionaria del 55%: il portafoglio era sa per recuperare”. Ovviamente non è così:<br />
costituito da fondi internazionali raccolti in l’aumento a 100 euro, che non riguarda solo<br />
quattro linee di investimento e il benchmark i giornalisti della Lombardia ma tutti i giorna-<br />
prescelto garantiva una rendita sul capitale listi italiani, è stato stabilito dal Consiglio<br />
Pda verificare su una duration di 5-7 anni.<br />
urtroppo il pessimo andamento <strong>dei</strong><br />
mercati azionari e obbligazionari nel<br />
biennio che è seguito ha portato a una<br />
nazionale con motivazioni che nulla hanno a<br />
che fare con la situazione <strong>dei</strong> conti dell’OgL<br />
e dello stesso Consiglio nazionale. L’aumento<br />
arriva dopo sei anni e rimarrà invariato per<br />
minusvalenza piuttosto importante (circa i prossimi sei anni. (O.T.)<br />
Attribuire un falso flirt lede l’altrui reputazione<br />
Nominati dal dottor Giuseppe Grechi<br />
“ ”<br />
La difesa della giornalista aveva sostenuto<br />
che l’uso del condizionale nell’articolo - che<br />
lasciava il beneficio del dubbio - escludeva la<br />
diffamazione. La Suprema Corte ha rilevato<br />
che l’attribuire ad una persona una falsa relazione<br />
sentimentale, specialmente quando in<br />
quello stesso tempo detta persona ne abbia<br />
un’altra nota ad amici e conoscenti, costituisce,<br />
nonostante l’indubbio mutamento <strong>dei</strong><br />
costumi sociali che si è registrato in questi<br />
ultimi anni, una offesa alla reputazione tutelata<br />
dall’articolo 595 c.p.; nel caso in questione,<br />
inoltre, l’uso del condizionale o della<br />
forma dubitativa non era sufficiente ad escludere<br />
la idoneità a diffamare, in quanto le<br />
espressioni usate, “insinuanti ed allusive”,<br />
inducevano il lettore a ritenere che i fatti<br />
narrati fossero veri.<br />
alla visibilità del messaggio va evidenziato<br />
che nessun sito può essere raggiunto per<br />
caso. È necessario conoscerlo o quantomeno<br />
procedere ad una precisa interrogazione<br />
di un motore di ricerca. Il motore di ricerca è<br />
a sua volta un sito, all’interno del quale è<br />
possibile consultare degli elenchi, aggiornati<br />
periodicamente, che contengono delle brevi<br />
recensioni di ogni sito web e consentono di<br />
raggiungerlo grazie ad un collegamento ipertestuale.<br />
È quindi palese che il sito attivato dall’imputato<br />
poteva essere consultato solo da chi lo<br />
avesse cercato oppure, del tutto casualmente,<br />
avesse seguito una interrogazione all’interno<br />
<strong>dei</strong> motori di ricerca utilizzando parole<br />
chiave contenute nel sito dell’imputato stesso.<br />
Orbene sul punto ha ragione la difesa del<br />
prevenuto quando afferma che non vi è<br />
prova che ciò si sia in concreto verificato né<br />
è da aggiungere vi sono elementi indiziari o<br />
argomenti fondati su dati esperenziali affidabili<br />
che possano consentire di affermare la<br />
verificazione dell’evento (come sarebbe ad<br />
esempio nel caso di una trasmissione televisiva).<br />
In definitiva manca la prova della realizzazione<br />
dell’evento rappresentato dalla effettiva<br />
diffusione del messaggio con percezione da<br />
parte di più persone ed in tale situazione,<br />
secondo i principi generali del diritto penale,<br />
deve ritenersi integrata l’ipotesi del tentativo,<br />
in quanto l’imputato con l’apertura del sito e<br />
l’inserimento delle notizie e messaggi di cui<br />
si è detto realizzò una condotta idonea tecnicamente<br />
( il sito era attivo e visitabile) e volta<br />
in modo non equivoco a diffonderli nel<br />
quadro della sua “battaglia” da tempo iniziata<br />
nei confronti della banca. Ne va quindi<br />
affermata la penale responsabilità sotto tale<br />
profilo».<br />
16 ORDINE 3 <strong>2002</strong>
Potenziato il corso di preparazione tenuto nelle aule della Scuola del Turismo di viale Murillo<br />
Pubblichiamo<br />
la lettera che<br />
il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> della<br />
Lombardia,<br />
Franco Abruzzo,<br />
ha trasmesso<br />
ai praticanti,<br />
che affronteranno<br />
l’esame di Stato<br />
del 30 aprile<br />
“Cari colleghi, da quest’anno il corso di<br />
preparazione all’esame di giornalista<br />
presenta alcune novità importanti. Il Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
ha, infatti, deciso di potenziare ulteriormente<br />
gli sforzi: l’obiettivo è di assicurare a<br />
tutti i partecipanti la miglior preparazione per<br />
affrontare in assoluta sicurezza la prova.<br />
Per questo motivo è stato deciso di strutturare<br />
il corso su due parti distinte. Una prima<br />
per la preparazione alla prova scritta e una<br />
seconda, in maggio, per gli esami orali.<br />
Durante la prima parte del corso svolgerete<br />
otto prove scritte simulate: si cercherà di<br />
riprodurre al meglio la situazione che dovrete<br />
affrontare il 30 aprile durante l’esame vero<br />
e proprio. Avrete 5 ore a disposizione per<br />
svolgere le tre prove previste dall’esame<br />
(tema, sintesi e quiz). Tutti gli elaborati vi<br />
verranno corretti la settimana successiva dai<br />
docenti nel corso di lezioni la cui durata è<br />
stata incrementata. È richiesto da parte<br />
vostro un grosso sforzo.<br />
2. Il corso, curato dal consigliere dell’<strong>Ordine</strong>,<br />
dottoressa Paola Pastacaldi, con la collaborazione<br />
di validi colleghi, inizierà il <strong>25</strong><br />
febbraio <strong>2002</strong> e terminerà il 30 maggio.<br />
Vi consiglio di preparare in maniera accurata<br />
il diritto costituzionale, il contratto, la legge<br />
sulla professione giornalistica e istitutiva<br />
dell’<strong>Ordine</strong>, la storia del giornalismo, l’etica e<br />
le norme sull’editoria e sull’emittenza radiotelevisiva,<br />
la legge sul diritto d’autore e sulla<br />
stampa, la legge e il Codice sulla privacy. La<br />
conoscenza di queste materie è fondamentale<br />
anche per la prova scritta (risposte ai quiz).<br />
L’esame orale prevede la discussione di una<br />
Libri consigliati<br />
per l’esame di giornalista<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Corso di tre mesi<br />
per i praticanti<br />
in vista dell’esame<br />
tesina. Per quanto riguarda lo scritto, l’esperienza<br />
dice che il tema (45 righe) è sempre<br />
su un argomento di attualità, cioè sui fatti che<br />
accadranno nel mese di aprile. Vi raccomando<br />
di preparare i dossier sui singoli argomenti.<br />
L’ottimo è avere la padronanza di 6/10<br />
argomenti. Il riassunto di un articolo deve<br />
essere contenuto in 30 righe. Attenti ai quiz<br />
(attualità, cultura, economia, politica, diritto).<br />
3. Il Codice dell’informazione (edizione<br />
ottobre 2001), che è l’unico manuale in<br />
commercio dedicato all’esame di giornalista,<br />
va integrato, in maniera vincolante e tassativa,<br />
con i testi che sono pubblicati nel sito<br />
web dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
(www.odg.mi.it). Mi riferisco in particolare<br />
al testo della Costituzione (pagine 237-262<br />
1) Franco Abruzzo, Codice dell’informazione, III edizione ottobre 2001,<br />
due volumi, 2.176 pagine, £ 160mila, Centro di Documentazione <strong>Giornalisti</strong>ca (00186 Roma<br />
- piazza di Pietra 26 - tel. 06/67.914.96 - 06/ 67.981.48 - Fax 06/67.974.92), 67,14. Il manuale<br />
è disponibile presso le librerie giuridiche oppure può essere chiesto direttamente all’editore.<br />
Il distributore è “Pecorini rappresentanze editoriali” (Foro Bonaparte n. 48, Milano, telef.<br />
02-86460660).<br />
- La Costituzione della Repubblica, la libertà di informazione e di critica, l’ordinamento della<br />
professione giornalistica<br />
- L’etica professionale <strong>dei</strong> giornalisti e il Codice di deontologia sulla privacy<br />
- Il contratto nazionale di lavoro giornalistico e il sistema previdenziale<br />
- Le norme sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Il diritto d’autore<br />
- Le norme amministrative e penali concernenti la stampa<br />
- Le testate online<br />
- Gli uffici stampa nelle pubbliche amministrazioni<br />
- La storia del giornalismo italiano e la storia delle leggi sulla professione<br />
- L’accesso alla professione<br />
- Gli statuti, i trattati e le convenzioni internazionali<br />
- Settecento quesiti sul mondo dell’informazione<br />
Corredano il volume: il Massimario deontologico della professione giornalistica; una Ricerca<br />
sui “Doveri del giornalista connessi all’esercizio del diritto di cronaca e di critica”; una ricerca<br />
su Giornalismo e Convenzione europea <strong>dei</strong> diritti dell’uomo; una Ricerca sulla giurisprudenza<br />
del lavoro giornalistico; una Rassegna delle regole fissate dall’Ufficio del Garante su cronaca<br />
e privacy; uno studio del Cnlg 2001-2005 e una analisi della legge 150/2000 sugli Uffici stampa<br />
e gli Urp nelle pubbliche amministrazioni)<br />
2) - Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 2000, 16,53.<br />
3) - Giovanni Valentini, Media village (L’informazione nell’era di Internet), Donzelli Editore,<br />
Roma 2000, 8,26.<br />
4) - Omar Calabrese e Ugo Volli, I telegiornali (istruzioni per l’uso), Laterza, Bari-Roma 2001<br />
5) - Enrico Menduni, Il mondo della radio (dal transistor a Internet), il Mulino, Bologna<br />
2001<br />
6) - Massimo Olmi, I giornali degli altri (storia contemporanea del giornalismo inglese,<br />
francese, tedesco ed americano), Bulzoni editore, Roma 1994, 28,41.<br />
7) - Sergio Romano, Storia d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni, Longanesi & C. 1998.<br />
8) - Bino Olini, L’Europa difficile (storia politica dell’integrazione europea 1948-1998), Il<br />
Mulino, Bologna 1998, <strong>25</strong>,82.<br />
9) - Alberto Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli Editore, Roma 1998, 20,66..<br />
10) - Sergio Lepri, Professione giornalista, Etas-Rcs Libri 1999, 17,56.<br />
11) - Angelo Crespi, Stefano Mura e Cecilia Santini, La professione giornalistica in Europa,<br />
Isu Università cattolica, Milano 2001, 16,01.<br />
12) - Paolo Murialdi, Il giornale, Il Mulino 1998, 6,20.<br />
13) - Stefania Garassini, Dizionario <strong>dei</strong> new media (Internet, multimedia, tv digitale, tlc,<br />
intelligenza artificiale), Cortina Editore, Milano 1999, 19,63.<br />
14) - Giorgio Calcagno, Ennio Festa, Carla Marello, Alberto Papuzzi e Franco Pastore, Stile<br />
Stampa, Editrice La Stampa 1998, 12,91.<br />
15) - Stefano Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’Unità ai giorni nostri, Donzelli 1997<br />
16) - AA.VV., Il libro <strong>dei</strong> fatti <strong>2002</strong>, Adnkronos Libri <strong>2002</strong>.<br />
Costo del corso: 336 euro (= £ 650.000)<br />
Ogni praticante pagherà, per l’iscrizione al corso, 336 euro (£ 650.000). Il costo è stato<br />
adeguato a quello del corso organizzato dal Consiglio nazionale, che dura 7 giorni e<br />
che ha una sola prova scritta.<br />
del volume) e al capitolo 4 (VII.4 – La Repubblica<br />
- Regioni, Province, Comuni Città<br />
metropolitane e Stato - dopo la riforma<br />
costituzionale del 2001, pagine 1353-1395<br />
del volume). Il Codice dell’informazione<br />
può ritenersi completo ed esaustivo, per<br />
quanto riguarda la prova orale, in rapporto<br />
ovviamente a quanto è previsto, per l’esame<br />
orale, dall’articolo 44 del Dpr n. 115/1965: “La<br />
prova orale consiste in un colloquio diretto ad<br />
accertare la conoscenza <strong>dei</strong> principi dell’etica<br />
professionale, delle norme giuridiche attinenti<br />
al giornalismo e specificatamente delle<br />
tecniche e pratiche inerenti all’esercizio della<br />
professione. In particolare è richiesta la conoscenza<br />
delle seguenti materie:<br />
a) elementi di storia del giornalismo;<br />
b) elementi di sociologia e di psicologia<br />
dell’opinione pubblica;<br />
c) tecnica e pratica del giornalismo: elementi<br />
teorici e tecnici fondamentali; esercitazione<br />
di pratica giornalistica;<br />
d) norme giuridiche attinenti al giornalismo:<br />
elementi di diritto pubblico; ordinamento giuridico<br />
della professione di giornalista e norme<br />
contrattuali e previdenziali; norme amministrative<br />
e penali concernenti la stampa;<br />
elementi di legislazione sul diritto d’autore;<br />
e) etica professionale;<br />
f) i media nel sistema economico italiano.<br />
Lo svolgimento della prova orale comprende<br />
anche la discussione di un argomento di<br />
attualità, liberamente scelto dal candidato,<br />
nel settore della politica interna, della politica<br />
estera, dell’economia, del costume, dell’arte,<br />
dello spettacolo, dello sport, della moda o in<br />
qualsiasi altro campo specifico nel quale egli<br />
abbia acquisito una particolare conoscenza<br />
professionale durante il praticantato. Analoga<br />
scelta può essere compiuta dal candidato<br />
nella materia delle norme giuridiche attinenti<br />
al giornalismo. L’argomento o gli argomenti<br />
prescelti, compendiati in un breve<br />
sommario, debbono essere comunicati alla<br />
commissione almeno tre giorni prima della<br />
prova, e da essi può prendere l’avvio il colloquio<br />
allo scopo sia di mettere il candidato a<br />
suo completo agio sia di valutarne le capacità<br />
di ricerca e di indagine, di attitudine alla<br />
inchiesta e di acume critico, di discernimento<br />
e di sintesi”. Conto di consegnarvi un<br />
dischetto con i testi della dispensa elettronica.<br />
Arrivederci al <strong>25</strong> febbraio <strong>2002</strong> e in<br />
bocca al lupo.<br />
Dispensa telematica per l’esame di giornalista<br />
(integra il manuale “Codice dell’informazione”)<br />
Il “Codice dell’informazione”, manuale dell’esame di giornalista, è stato “chiuso” in<br />
redazione nel settembre 2001. Questi gli aggiornamenti:<br />
1. La Costituzione della Repubblica dopo il referendum del 7 ottobre 2001 con un’analisi<br />
<strong>dei</strong> “nuovi” articoli del Titolo V;<br />
2. Codice dell’informazione. Il capitolo 4 (VII.4 – Il decentramento della Repubblica:<br />
Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni) della parte settima <strong>dei</strong> quesiti<br />
(pagine 1353-1395 del volume).<br />
3. Codice dell’informazione. Parte III. 18. Codice penale e giornalisti (pagina 590 del manuale).<br />
Sentenza della Corte costituzionale n. 6/<strong>2002</strong>: esistono limiti all’immunità parlamentare.<br />
4. Le novità legislative dall’ottobre 2001 ad oggi (4A. Legge 366/2001 sulla delega al<br />
Governo per la riforma del diritto societario; 4B. Legge 415/2001 che blocca i beni alla<br />
fazione talibana; 4C. Legge 431/2001 sulle misure urgenti per reprimere e contrastare il<br />
finanziamento del terrorismo internazionale; 4D. Legge 438/2001 sulle disposizioni urgenti<br />
per contrastare il terrorismo internazionale. Le modifiche al Codice penale e al Codice di<br />
procedura penale. Le novità in pillole; 4E. Dlgs 467/2001: come cambia la legge sulla privacy.<br />
Il provvedimento in sintesi. I Codici deontologici in arrivo; 4F. Legge 459/2001 sulle<br />
norme per l’esercizio di voto <strong>dei</strong> cittadini italiani residenti all’estero).<br />
5. Conflitto di interessi (1. Relazione al disegno di legge n. 1707 presentato il 4 ottobre<br />
2001 dal presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri (Berlusconi) e dal ministro della Funzione pubblica<br />
(Frattini) di concerto con il ministro per gli Affari regionali (La Loggia). Norme in materia<br />
di risoluzione <strong>dei</strong> conflitti di interessi. 2. Disegno di legge n. 1707. Norme in materia di risoluzione<br />
<strong>dei</strong> conflitti di interessi. 3. Testo del parere del Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente<br />
emerito della Corte costituzionale, richiesto dalla Commissione affari costituzionali della<br />
Camera <strong>dei</strong> Deputati. 4. Prima commissione Affari costituzionali. Indagine conoscitiva.<br />
Audizione del professor Vincenzo Caianiello; 5. Il servizio televisivo pubblico in Europa).<br />
6. Sport e Giustizia (con la disciplina della lotta contro il doping e le disposizioni contro i<br />
fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive).<br />
7. Il Cnlg (Contratto nazionale di lavoro giornalistico) 2001-2005.<br />
8. Legge 14 aprile 1975, n. 103. Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.<br />
9. Legge 6 giugno 1975, n. 172. Provvidenze per l’editoria.<br />
10. Legge <strong>25</strong> giugno 1993, n. 206. La nomina del Consiglio d’amministrazione e del direttore<br />
generale della Rai.<br />
11. Il primo sì al rientro <strong>dei</strong> Savoia.<br />
12. Il dibattito italiano sull’embrione dal 1980 ad oggi (La Convenzione di Oviedo recepita<br />
dall’Italia con la legge n. 145/2001).<br />
13. Le domande ricorrenti all’esame di giornalista<br />
14. Le parole chiave per capire la Borsa<br />
15. La riforma del Csm approvata da Palazzo Madama<br />
Gli altri argomenti trattati nella dispensa telematica:<br />
1. L’ordinamento delle professioni: problemi italiani e modelli stranieri.<br />
Il profilo della professione giornalistica in Europa<br />
2. Il programma degli esami di idoneità professionale<br />
3. Libri di testo consigliati per gli esami<br />
4. Praticanti giornalisti, permessi per esami e corsi<br />
5. Come si scrive per “Il Sole 24 Ore”<br />
www.odg.mi.it<br />
17 (21)
SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE Pubblichiamo<br />
il messaggio di Papa<br />
Giovanni Paolo II,<br />
“Internet: un nuovo<br />
Forum per proclamare<br />
il Vangelo”,<br />
Dalla Galassia Internet<br />
emerga la “buona notizia”<br />
Cari Fratelli<br />
e care Sorelle,<br />
1La Chiesa in ogni epoca prosegue<br />
l’opera cominciata il giorno della<br />
Pentecoste, quando gli Apostoli, con<br />
la forza dello Spirito Santo, andarono<br />
per le strade di Gerusalemme a predicare il<br />
Vangelo di Gesù Cristo in molte lingue (cfr.<br />
At 2, 5-11). Nei secoli successivi, questa<br />
missione evangelizzatrice si è diffusa in<br />
tutto ha imparato a parlare le diverse lingue<br />
del mondo, sempre in il mondo, in quanto il<br />
cristianesimo si è radicato in molti luoghi e<br />
obbedienza al mandato di Cristo di<br />
annunciare il Vangelo a tutte le nazioni (cfr.<br />
Mt 28, 19-20).<br />
Tuttavia, la storia dell’evangelizzazione non<br />
è soltanto una questione di espansione<br />
geografica, poiché la Chiesa ha dovuto<br />
varcare anche numerose soglie culturali,<br />
ognuna delle quali ha richiesto energia e<br />
immaginazione nuove nell’annuncio<br />
dell’unico Vangelo di Gesù Cristo.<br />
L’epoca delle grandi scoperte, il<br />
Rinascimento e l’invenzione della stampa,<br />
la rivoluzione industriale e la nascita del<br />
mondo moderno: anche questi sono stati<br />
momenti di transizione che hanno richiesto<br />
nuove forme di evangelizzazione. Ora, con<br />
la rivoluzione delle comunicazioni e<br />
dell’informazione in atto, la Chiesa si trova<br />
senza dubbio di fronte a un’altra soglia<br />
decisiva.<br />
È dunque opportuno che in questa Giornata<br />
Mondiale delle Comunicazioni Sociali <strong>2002</strong><br />
riflettiamo sul tema: “Internet: un nuovo<br />
Forum per proclamare il Vangelo”.<br />
2Internet è certamente un nuovo “forum”,<br />
nel senso attribuito a questo<br />
termine nell’antica Roma, ossia uno<br />
spazio pubblico dove si conducevano<br />
politica e affari, dove si adempivano i doveri<br />
religiosi, dove si svolgeva gran parte della<br />
Rodotà: Sms<br />
soltanto<br />
nel rispetto<br />
della privacy<br />
Roma, 24 gennaio - L’Autorità Garante per la protezione <strong>dei</strong><br />
dati personali, anche in riferimento a notizie di stampa relative<br />
ad accordi o convenzioni che sarebbero stati o sono in<br />
procinto di essere sottoscritti tra enti locali e gestori di telefonia<br />
mobile, allo scopo di utilizzare gli Sms (brevi messaggi di<br />
testo inviati via cellulare) per fini di pubblica utilità, rende noto<br />
che è in corso un procedimento di verifica che sarà definito<br />
in tempi brevi.<br />
Nell’ambito del procedimento, il Garante ha in particolare<br />
chiesto alla Regione Lombardia e a gestori di telefonia mobile<br />
di far conoscere tutti gli elementi necessari per una piena<br />
valutazione di un progetto che sarebbe stato avviato nella<br />
Regione. Consapevole che tali iniziative possono rispondere<br />
a Finalità di pubblico interesse legate a particolari situazioni<br />
di emergenza (limitazioni alla circolazione degli autoveicoli,<br />
eventi atmosferici, circolazione <strong>dei</strong> mezzi pubblici eccetera),<br />
il Garante sottolinea comunque la necessità che esse avvengano<br />
solo entro i limiti previsti dalla normativa a tutela della<br />
privacy e di altri diritti di utenti e abbonati.<br />
Ciò anche a fini di rispetto della forte sensibilità dimostrata dai<br />
cittadini, i quali hanno più volte sollevato dinanzi al Garante il<br />
problema dell’invasione della loro sfera privata tramite Sms.<br />
Nelle more della conclusione del procedimento, il Garante<br />
ha chiesto agli enti locali e ai gestori di astenersi da ogni invio<br />
di messaggi in contrasto con il quadro normativo in materia<br />
di privacy. (ASCA)<br />
vita sociale della città e dove la natura<br />
umana si mostrava al suo meglio e al suo<br />
peggio. Era uno spazio urbano affollato e<br />
caotico che rifletteva la cultura dominante,<br />
ma creava anche una cultura propria.<br />
Ciò vale anche per il ciberspazio, che è una<br />
nuova frontiera che si schiude all’inizio di<br />
questo millennio. Come le nuove frontiere di<br />
altre epoche, anche questa è una<br />
commistione di pericoli e promesse, non<br />
priva di quel senso di avventura che ha<br />
caratterizzato altri grandi periodi di cambiamento.<br />
Per la Chiesa il nuovo mondo del<br />
ciberspazio esorta alla grande avventura di<br />
utilizzare il suo potenziale per annunciare il<br />
messaggio evangelico. Questa sfida è<br />
l’essenza del significato che, all’inizio del<br />
millennio, rivestono la sequela di Cristo e il<br />
suo mandato “prendi il largo”: Duc in altum!<br />
(Lc 5, 4).<br />
3La Chiesa si avvicina a questo<br />
mezzo con realismo e fiducia. Come<br />
altri strumenti di comunicazione,<br />
esso è un mezzo e non un fine in se<br />
stesso.<br />
Internet può offrire magnifiche opportunità<br />
di evangelizzazione se utilizzato con competenza<br />
e con una chiara consapevolezza<br />
della sua forza e delle sue debolezze.<br />
Soprattutto, offrendo informazioni e<br />
suscitando interesse, esso rende possibile<br />
un primo incontro con il messaggio<br />
cristiano, in particolare ai giovani che<br />
sempre più ricorrono al ciberpazio quale<br />
finestra sul mondo. È importante, quindi,<br />
che la comunità cristiana escogiti modi<br />
molto pratici per aiutare coloro che entrano<br />
in contatto per la prima volta attraverso<br />
Internet, a passare dal mondo virtuale del<br />
ciberspazio al mondo reale della comunità<br />
cristiana.<br />
In una tappa successiva, Internet può<br />
anche facilitare il tipo di procedimento che<br />
l’evangelizzazione richiede. In particolare, in<br />
una cultura che non offre sostegno, la vita<br />
cristiana esige un’istruzione e una<br />
catechesi permanenti e questa è forse<br />
l’area in cui Internet può assicurare un aiuto<br />
eccellente.<br />
Esistono già nella rete innumerevoli fonti di<br />
informazione, documentazione e istruzione<br />
sulla Chiesa, la sua storia e la sua<br />
tradizione, la sua dottrina e il suo impegno<br />
in ogni campo, dappertutto nel mondo.<br />
È chiaro allora che, anche se non potrà mai<br />
sostituire l’esperienza profonda di Dio che<br />
solo la vita liturgica e sacramentale della<br />
Chiesa può offrire, Internet potrà<br />
certamente offrire un supplemento e un<br />
sostegno unici sia nel preparare all’incontro<br />
con Cristo nella comunità, sia nel sostenere<br />
i nuovi credenti nel cammino di fede che<br />
iniziano.<br />
4Ciononostante, emergono alcune<br />
questioni necessarie, persino ovvie,<br />
nell’utilizzo di Internet per la causa<br />
dell’evangelizzazione. Infatti, la<br />
caratteristica essenziale di Internet consiste<br />
nel fornire un flusso quasi infinito di<br />
informazioni, molte delle quali durano solo<br />
un attimo. In una cultura che si nutre<br />
dell’effimero, si può facilmente correre il<br />
rischio di credere che siano i fatti a contare<br />
piuttosto che i valori.<br />
Internet offre numerose nozioni, ma non<br />
insegna valori e quando questi ultimi<br />
vengono trascurati la nostra stessa umanità<br />
ne risulta sminuita e l’uomo perde<br />
facilmente di vista la sua dignità<br />
trascendente.<br />
Nonostante il suo enorme potenziale di<br />
bene, alcuni modi degradanti e dannosi di<br />
utilizzare Internet sono noti a tutti e le<br />
autorità pubbliche hanno di certo la<br />
responsabilità di garantire che questo<br />
strumento meraviglioso serva il bene<br />
comune e non divenga dannoso.<br />
Inoltre, Internet ridefinisce in modo radicale<br />
il rapporto psicologico di una persona con lo<br />
spazio e con il tempo.<br />
Attrae l’attenzione ciò che è tangibile, utile,<br />
subito disponibile. Può venire a mancare lo<br />
stimolo a un pensiero e a una riflessione<br />
più profondi, mentre gli esseri umani hanno<br />
bisogno vitale di tempo e di tranquillità<br />
interiore per ponderare ed esaminare la vita<br />
On line l’iter<br />
<strong>dei</strong> provvedimenti<br />
presentati<br />
dal Governo<br />
Roma, 13 febbraio - I cittadini, e i giornalisti, possono da<br />
oggi controllare in tempo reale l’iter parlamentare di tutti i<br />
provvedimenti presentati dal governo. Il nuovo servizio, fornito<br />
dal sito Internet della presidenza del Consiglio<br />
(www.governo.it) è stato presentato a Palazzo Chigi dal ministro<br />
per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi.<br />
Ogni settimana il dipartimento per i rapporti con il parlamento<br />
fornirà il calendario <strong>dei</strong> provvedimenti (con il loro status,<br />
dalla delibera del Consiglio <strong>dei</strong> ministri fino al varo definitivo<br />
da parte delle Camere) che saranno inseriti nel sito web del<br />
governo. La tabella è facilmente accessibile a tutti - ha spiegato<br />
Giovanardi -, basta entrare nel sito e cliccare su una<br />
nuova icona (contenente le lettere iniziali di Camera e Senato)<br />
che consente di entrare in una pagina di “spiegazione”<br />
delle procedure di accesso e di consultazione. Il tabulato che<br />
viene visualizzato indica il numero <strong>dei</strong> consigli <strong>dei</strong> ministri<br />
convocati dall’Esecutivo e tutti i provvedimenti deliberati (i<br />
disegni di legge evidenziati in bianco e i decreti in grigio chiaro),<br />
la data della loro presentazione alle Camere, il loro iter in<br />
commissione e in aula e l’indicazione dell’eventuale approvazione<br />
definitiva, evidenziata in verde.<br />
Giovanardi ha espresso grande soddisfazione per il nuovo<br />
prodotto, messo a punto in collaborazione con lo staff di Palazzo<br />
Chigi responsabile del sito Internet del governo: uno strumento<br />
semplice e rapido - ha detto- messo a disposizione di<br />
tutti i cittadini per conoscere l’attività dell’Esecutivo. (ANSA)<br />
diffuso il 24 gennaio<br />
in occasione della 36 a<br />
Giornata mondiale delle<br />
comunicazioni sociali<br />
e i suoi misteri e per acquisire<br />
gradualmente un maturo dominio di sé e<br />
del mondo che li circonda.<br />
La comprensione e la saggezza sono il<br />
frutto di uno sguardo contemplativo sul<br />
mondo e non derivano dalla mera<br />
acquisizione di fatti, seppur interessanti.<br />
Sono il risultato di un’intuizione che penetra<br />
il significato più profondo delle cose in<br />
relazione fra loro e con tutta la realtà.<br />
Inoltre, quale “forum” in cui praticamente<br />
tutto è accettabile e quasi nulla è duraturo,<br />
Internet favorisce un modo di pensare<br />
relativistico e a volte alimenta la fuga dalla<br />
responsabilità e dall’impegno personali. In<br />
tale contesto, in che modo dobbiamo<br />
coltivare quella saggezza che<br />
non deriva dall’informazione, ma<br />
dall’intuizione, quella saggezza che<br />
comprende la differenza fra giusto ed errato<br />
e sostiene la scala di valori che deriva da<br />
tale differenza?<br />
5Il fatto che mediante Internet le<br />
persone moltiplichino i loro contatti in<br />
modi finora impensabili offre<br />
meravigliose possibilità alla diffusione<br />
del Vangelo.<br />
Ma è anche vero che rapporti mediati<br />
elettronicamente non potranno mai<br />
prendere il posto del contatto umano diretto,<br />
richiesto da un’evangelizzazione autentica.<br />
Infatti l’evangelizzazione dipende sempre<br />
dalla testimonianza personale di colui che è<br />
stato mandato a evangelizzare (cfr. Rm 10,<br />
14-15).<br />
In che modo la Chiesa conduce dal tipo di<br />
contatto reso possibile da Internet a quella<br />
comunicazione più profonda che richiede<br />
l’annuncio cristiano? In che modo<br />
sviluppiamo il primo contatto e il primo<br />
scambio di informazioni che Internet rende<br />
possibile? Senza dubbio la rivoluzione<br />
elettronica ha in sé la promessa di grandi<br />
progressi per il mondo in via di sviluppo, ma<br />
esiste anche l’eventualità che aggravi di<br />
fatto le ineguaglianze esistenti poichè il<br />
divario dell’informazione e delle<br />
comunicazioni si fa più profondo.<br />
Informazione:<br />
rai.it<br />
al primo<br />
posto<br />
Roma, 11 febbraio -<br />
Anche a gennaio, primo<br />
posto per Rai.it tra i<br />
portali dedicati all’informazione.<br />
Lo riferisce lo stesso<br />
portale della Rai, spiegando<br />
che - secondo i<br />
dati pubblicati da Nielsen-NetRatings<br />
- lo<br />
scorso mese Rai.it ha<br />
avuto quasi 1,5 milioni di utenti unici, piazzandosi così davanti a<br />
Repubblica.it, Corriere.it, TgCom.it, IlNuovo.It e Tg5.it. “Nella<br />
classifica generale di tutti i siti italiani - si legge nella nota - il<br />
portale Rai è preceduto solo da motori di ricerca quali Virgilio,<br />
Yahoo! e Google, o da portali che offrono servizi come<br />
Tiscali e InWind. Con una quota di mercato superiore al 10%<br />
- prosegue il comunciato - il portale della Rai precede i suoi<br />
diretti concorrenti quali Jumpy, Repubblica.it, Sole24Ore.it e<br />
TgCom.it”.<br />
È da sottolineare - conclude la nota - che il numero di navigatori<br />
di Rai.it nel mese di gennaio “è stato addirittura superiore<br />
a quello relativo al mese di settembre quando, a fronte<br />
degli eventi americani, tutte le testate giornalistiche in rete<br />
hanno ottenuto picchi di traffico molto superiori alla loro<br />
media”. (ANSA)<br />
18 (22) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
Come possiamo garantire che la rivoluzione<br />
dell’informazione e delle comunicazioni che<br />
ha in Internet il suo motore primo, operi a<br />
favore della globalizzazione dello sviluppo<br />
umano e della solidarietà, obiettivi<br />
strettamente legati alla missione<br />
evangelizzatrice della Chiesa? Infine, in<br />
questi tempi difficili, permettetemi di<br />
chiedere: in che modo possiamo garantire<br />
che questo meraviglioso strumento,<br />
concepito in origine nell’ambito di<br />
operazioni militari, possa ora servire la<br />
causa della pace? Può esso promuovere<br />
quella cultura di dialogo, di partecipazione,<br />
di solidarietà e di riconciliazione senza la<br />
quale la pace non può fiorire? La Chiesa<br />
crede che ciò sia possibile.<br />
Per garantirlo è determinata a entrare in<br />
questo nuovo “forum”, armata del Vangelo<br />
di Cristo, il Principe della Pace.<br />
6Internet permette a miliardi di<br />
immagini di apparire su milioni di<br />
schermi in tutto il mondo. Da questa<br />
galassia di immagini e suoni,<br />
emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua<br />
voce? Perché solo quando si vedrà il Suo<br />
Volto e si udirà la Sua voce, il mondo<br />
conoscerà la “buona notizia” della nostra<br />
redenzione.<br />
Questo è il fine dell’evangelizzazione e<br />
questo farà di Internet uno spazio umano<br />
autentico, perché se non c’è spazio per<br />
Cristo, non c’è spazio per l’uomo.<br />
In questa Giornata Mondiale delle<br />
Comunicazioni Sociali, esorto tutta la<br />
Chiesa a varcare coraggiosamente questa<br />
nuova soglia, per “prendere il largo” nella<br />
Rete, cosicché, ora come in passato, il<br />
grande impegno del Vangelo e della cultura<br />
possa mostrare al mondo “la gloria divina<br />
che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 6).<br />
Che il Signore benedica tutti coloro che<br />
operano a questo fine.<br />
GIOVANNI PAOLO II<br />
dal Vaticano, 24 gennaio <strong>2002</strong>,<br />
Festa di san Francesco di Sales<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Al disegnatore<br />
Francesco Altan<br />
il Premio<br />
“È giornalismo” <strong>2002</strong><br />
Roma, 8 febbraio - È il disegnatore Francesco Tullio Altan il<br />
vincitore dell’edizione <strong>2002</strong> del premio “è Giornalismo”. La<br />
decisione è stata presa da Enzo Biagi e Giorgio Bocca, che<br />
formano la giuria del premio istituito da Giancarlo Aneri,<br />
presidente della “è Group”. La cerimonia di consegna del<br />
premio, che, sottolinea una nota, ha “la dotazione più ricca<br />
fra tutti i premi letterari e giornalistici attribuiti in Italia”, è prevista<br />
per il 21 febbraio a Milano. “è Giornalismo” è stato vinto<br />
fino ad oggi da Curzio Maltese, Gianni Riotta, Gian Antonio<br />
Stella, Ettore Mo, Claudio Rinaldi, Natalia Aspesi. (ANSA)<br />
Roma, 13 febbraio - Le linee di azione che, entro fine legislatura,<br />
porteranno alla modernizzazione dell’Italia attraverso<br />
un nuovo modello di Stato digitalizzato sono state presentate<br />
oggi dal ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio<br />
Stanca, nel corso del comitato interministeriale per la Società<br />
dell’Informazione.<br />
Questi, è detto in una nota, i dieci obiettivi di legislatura: fornitura<br />
on line di tutti i servizi prioritari; emissione di 30 milioni di<br />
carte d’identità elettroniche; diffusione (entro il 2003) di un<br />
milione di firme digitali; approvvigionamento tramite e-procu-<br />
I “navigatori” in Italia<br />
sono 20 milioni<br />
e passano in rete<br />
60 miliardi di minuti<br />
in un anno<br />
di Attilio De Pascalis<br />
Internet sta diventando una realtà sempre<br />
più matura e solida, nonostante la crisi delle<br />
dot.com e la chiusura di alcuni portali di<br />
news, anche nel nostro Paese. Alcuni miti<br />
sono stati sfatati, ma la base è ormai consolidata.<br />
Il 2001 ha segnato la definitiva affermazione<br />
del Web in Italia. In dodici mesi gli “internauti”<br />
sono in pratica raddoppiati, passando da<br />
10 a 20 milioni. La Rete calamita un italiano<br />
su tre. Nel 2001 il popolo <strong>dei</strong> “navigatori” ha<br />
trascorso on-line oltre 60 miliardi di minuti,<br />
con una connessione media di 50 ore, equivalenti<br />
a due giorni e due notti no-stop.<br />
È quanto emerge da varie ricerche, fra le<br />
quali un recente report realizzato da COLT,<br />
leader europeo nei servizi di telecomunicazione<br />
e Internet a banda larga per imprese,<br />
che in Italia fornisce accesso veloce alla rete<br />
e hosting per siti aziendali, grazie alle “web<br />
farm” di Milano e Torino.<br />
Boom fra i giovani. Il fenomeno Internet,<br />
insomma, è ormai uscito dalla fase pionieristica<br />
ed è entrato massicciamente negli<br />
uffici e nelle case. Fra i giovani è una vera<br />
e propria mania: la rete con le sue infinite<br />
possibilità sembra sposarsi perfettamente<br />
con il DNA digitale di una generazione<br />
figlia del telefonino e della comunicazione<br />
globale.<br />
Internet, infatti, attira soprattutto i giovani,<br />
con una penetrazione che supera il 75% fra<br />
gli studenti universitari.<br />
In generale, l’utilizzo prevalente è legato al<br />
lavoro e allo studio. Quasi il 90% delle aziende<br />
con più di 20 addetti usa la rete in modo<br />
significativo per comunicare.<br />
Le abitazioni collegate sono già circa un<br />
terzo del totale, nonostante la relativa lentezza<br />
della linea telefonica tradizionale.<br />
La crescente importanza del web “made in<br />
Italy”, è confermata dal vero e proprio boom<br />
dal numero di domini registrati nella penisola,<br />
passati dai 100.000 del 1999 agli oltre<br />
600.000 attuali.<br />
Le previsioni per i prossimi anni indicano<br />
un’ulteriore crescita. Nel <strong>2002</strong> gli italiani<br />
dovrebbero trascorrere in rete circa 70 miliar-<br />
di di minuti, con un’ulteriore espansione <strong>dei</strong><br />
navigatori.<br />
Alla fine del 2001 in Italia c’erano circa<br />
300.000 aziende con un sito web. Una<br />
presenza destinata a salire a 800.000 unità<br />
nei prossimi quattro anno. E tra queste, quasi<br />
un quarto affiderà la gestione del proprio sito<br />
ad una “web farm” esterna.<br />
Il 2001 ha perciò segnato una svolta: è finita<br />
l’era di Internet fai-da-te e del miraggio di<br />
diventare miliardari con una semplice idea.<br />
In compenso si è affermato il modello, ben<br />
più solido, della rete come motore di sviluppo<br />
di attività tradizionali.<br />
Gli italiani, infatti, usano il Web soprattutto<br />
per lavoro e studio.<br />
La navigazione avviene per quasi quattro<br />
quinti del tempo dall’ufficio. Gli acquisti on<br />
line, che rappresentano meno del 2% delle<br />
vendite totali, sono nell’80% <strong>dei</strong> casi business-to-business,<br />
ovvero forniture da un’azienda<br />
all’altra.<br />
Un diluvio di e-mail. Che cosa fanno gli italiani<br />
sul web? Il servizio più gettonato è la posta<br />
elettronica, con un volume di e-mail che si<br />
aggira fra i 100 e i 120 miliardi di messaggi<br />
all’anno. Per le aziende la posta elettronica<br />
sta, di fatto, sostituendo le tradizionali lettere<br />
cartacee.<br />
Su Internet gli italiani cercano soprattutto<br />
informazioni per il lavoro o lo studio e notizie<br />
aggiornate, come conferma l’esplosione di<br />
siti dedicati a news, generali o specializzati,<br />
che sono circa 4.000.<br />
Altri importanti motivi di consultazione sono<br />
gli acquisti business-to-business, i viaggi e le<br />
prenotazioni di ticket per eventi e spettacoli.<br />
In crescita, anche se più lenta delle attese, i<br />
servizi offerti tramite il web. I clienti bancari on<br />
line, per esempio, sono saliti a 2 milioni, rispetto<br />
a 1,5 milioni del 2000. Le previsioni indicano<br />
una crescita a oltre 10 milioni nel 2005.<br />
Insomma, il miraggio di una rete slot-machine<br />
è svanito. Ma a dispetto <strong>dei</strong> crolli in Borsa<br />
di molte società della new economy, il Web è<br />
ormai diventato adulto. Non possono farne a<br />
meno, in particolare, i giornalisti, che vivono<br />
e divorano informazioni ogni giorno in<br />
sempre maggiore quantità.<br />
atdepa@tin.it<br />
A Folco Quilici<br />
il “Neos <strong>2002</strong>” conferito<br />
dall’associazione<br />
<strong>Giornalisti</strong> di viaggio<br />
Milano, 6 febbraio - Sarà Folco Quilici a ricevere il 22<br />
febbraio prossimo a Milano, in occasione della Borsa Internazionale<br />
del Turismo, il Premio Neos <strong>2002</strong>.<br />
Giunto alla terza edizione, il premio viene conferito dall’associazione<br />
<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> di Viaggio che raccoglie circa 70<br />
professionisti che, per professione, viaggiano e documentano,<br />
per mezzo di fotografie e articoli, le loro esperienze.<br />
Nelle precedenti edizioni, 2000 e 2001, il premio è stato<br />
assegnato a Fosco Maraini e Walter Bonatti.<br />
(ANSA)<br />
rement di beni e servizi della pubblica amministrazione per il<br />
50% della spesa; totalità delle comunicazioni interne alla P.A.<br />
tramite posta elettronica; gestione on line di tutti gli impegni e<br />
mandati di pagamento; alfabetizzazione certificata di tutti i<br />
dipendenti pubblici eleggibili; erogazione tramite e-learning di<br />
un terzo della formazione <strong>dei</strong> dipendenti pubblici; accesso on<br />
line all’iter delle pratiche in due terzi degli uffici della P.A.;<br />
sistema per valutare la soddisfazione del “cliente” in tutti gli<br />
uffici che erogano servizi.<br />
Per quanto riguarda lo sviluppo della Società dell’ Informa-<br />
Ma i<br />
collegamenti<br />
in Italia<br />
sono<br />
i più cari<br />
d’Europa<br />
Roma, <strong>25</strong><br />
gennaio - I<br />
costi <strong>dei</strong> collegamenti<br />
di rete<br />
Internet sono<br />
in Italia 10<br />
volte più cari<br />
rispetto agli<br />
altri paesi industrializzati<br />
dell’UE.<br />
A denunciarlo<br />
il responsabile<br />
della rete<br />
italiana della<br />
ricerca Garr-B, Enzo Valente, in occasione<br />
della presentazione al Cnr di Società<br />
Internet, la sezione italiana della principale<br />
organizzazione mondiale per lo sviluppo della<br />
Rete.<br />
Collegarsi via Internet da Malta a Catania,<br />
afferma la ricerca, costa oggi 10 volte di più<br />
che da Malta agli Stati Uniti.<br />
Una “anomalia”, che rallenta enormemente<br />
lo sviluppo della società dell’informazione<br />
nel nostro Paese, ha detto Valente, nel corso<br />
del convegno. “Non c’è dubbio - ha sottolineato<br />
Valente - che un limite importante alla<br />
diffusione <strong>dei</strong> collegamenti Internet tra le<br />
aziende e tra i consumatori è dato dall’alto<br />
costo della connessione di rete.<br />
Un dato che ci accomuna a Grecia e<br />
Portogallo, ci allontana dagli altri paesi industrializzati<br />
della Comunità Europea e potrebbe<br />
diventare drammatico con l’introduzione<br />
<strong>dei</strong> moderni servizi di rete”.<br />
Valente ha poi rilevato un paradosso tutto<br />
italiano: “Le alte tariffe imposte dall’Autorità<br />
per le Garanzie nelle Comunicazioni, introdotte<br />
per evitare che Telecom Italia potesse<br />
avvantaggiarsi come ex-monopolista,<br />
non hanno favorito in realtà il libero gioco<br />
della concorrenza, visto che gli altri operatori<br />
si sono adeguati di fatto alle tariffe più<br />
alte.<br />
Unico rimedio sembra allora essere quello di<br />
liberalizzare i costi <strong>dei</strong> circuiti tra le varie<br />
compagnie”.<br />
Sinigaglia presidente<br />
del Centro<br />
di Studi Pestelli<br />
sul giornalismo<br />
(ASCA)<br />
Torino - Alberto Sinigaglia succede a Giovanni Giovannini,<br />
quale presidente del “Centro studi sul giornalismo Gino<br />
Pestelli”, su designazione unanime dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
del Piemonte e della Valle d’Aosta, dell’Associazione Stampa<br />
Subalpina e del Circolo della Stampa di Torino, i cui presidenti<br />
entrano nel consiglio di amministrazione.<br />
Giovannini è stato nominato presidente d’onore dell’istituzione<br />
da lui fondata trentacinque anni fa con Luigi Firpo, con<br />
Alessandro Galante tuttore consigliere, e con Valerio Castronovo<br />
che rimane l’attivo coordinatore scientifico.<br />
Il ministro per l’Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca: i dieci obiettivi per innovare l’Italia<br />
zione in Italia, tra le iniziative già in atto, il ministro Stanca ha<br />
parlato della diffusione della larga banda, lo sviluppo del telelavoro<br />
e della patente informatica.<br />
“Grazie a queste iniziative - ha commentato Stanca - modernizzeremo<br />
l’Italia attraverso un uso diffuso delle nuove tecnologie<br />
sia nel pubblico che nel privato. Sarà inoltre favorita la<br />
competitività del sistema paese accelerando lo sviluppo dell’economia<br />
della rete per realizzare una Società dell’informazione<br />
che migliori la qualità della vita e prevenga esclusioni di<br />
natura sociale o economica”. (ANSA)<br />
19 (23)
SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE<br />
L’arcivescovo<br />
di Milano<br />
a Lecco<br />
per la festa<br />
di San Francesco<br />
di Sales,<br />
patrono<br />
<strong>dei</strong> giornalisti,<br />
e la celebrazione<br />
<strong>dei</strong> 120 anni<br />
de “Il Resegone”<br />
Martini: “Informate<br />
in modo coraggioso”<br />
di Matteo Chiari e Alessia Gallione<br />
“La Bibbia nella mano destra e il giornale nella sinistra”. È<br />
così, con una frase del teologo protestante Karl Barth, che il<br />
cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, ha invitato<br />
a “Leggere da cristiani il mondo che cambia”, tema scelto<br />
per l’incontro con gli operatori della comunicazione, in<br />
occasione della festa del patrono <strong>dei</strong> giornalisti, San Francesco<br />
di Sales.<br />
Un appuntamento tradizionale che, quest’anno, si è svolto il <strong>25</strong><br />
gennaio al cinema Marconi di Lecco per celebrare anche un’altra<br />
ricorrenza: i 120 anni del settimanale diocesano Il Resegone,<br />
il giornale di più antica tradizione della provincia di Lecco e<br />
il primo <strong>dei</strong> fogli cattolici nati nella diocesi ambrosiana.<br />
Al dialogo con il Cardinale, a cui hanno assistito milleduecento<br />
persone, hanno partecipato don Antonio Sciortino,<br />
direttore di Famiglia Cristiana, Dino Boffo, direttore di Avvenire<br />
e Gianni Borsa, direttore de Il Resegone.<br />
Tra le molte autorità presenti anche il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, per una<br />
serata che si è rivelata un’occasione di riflessione su guerra,<br />
dialogo tra religioni, informazione e sul ruolo del “giornalista<br />
cristiano”, chiamato ad essere testimone imparziale e controcorrente<br />
del suo tempo.<br />
Il tema è stato ispirato dagli orientamenti della Cei per il<br />
primo decennio del nuovo millennio, espressi nel documento<br />
“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, ma anche<br />
dagli eventi che si sono succeduti dopo l’11 settembre e dallo<br />
storico incontro interreligioso di preghiera per la pace svoltosi<br />
ad Assisi il 24 gennaio.<br />
Ed è proprio da qui che il Cardinale, prendendo la parola<br />
dopo i saluti di monsignor Roberto Busti, prevosto di Lecco e<br />
del direttore de Il Resegone, è voluto partire, raccontando la<br />
Un folto pubblico ha seguito l’ intervento del cardinale<br />
“sua” Assisi: le emozioni vissute accanto al Papa sul treno<br />
partito dal Vaticano, le testimonianze per la pace <strong>dei</strong> 13<br />
rappresentanti delle religioni di tutto il mondo, i momenti di<br />
preghiera, “rifugio primo e supremo in un momento così difficile<br />
per la storia dell’umanità”.<br />
Perché è soprattutto di pace che il Cardinale ha parlato, con<br />
il pensiero rivolto a Gerusalemme, citando il passo del<br />
Vangelo di Luca che racconta l’ingresso in città di Gesù:<br />
“Quando fu vicino alla vista della città, pianse su di essa,<br />
dicendo: ‘Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la<br />
via della pace’.<br />
Una via difficile da percorrere, almeno fino a quando, ha<br />
ammonito Martini, “esisteranno situazioni di ingiustizia<br />
economica e sociale che fomentano terrorismo, guerre e<br />
violenze”. Accanto alla preghiera, quindi, è necessario un<br />
sincero cambiamento di vita. Sono proprio i giornalisti i primi<br />
ad essere chiamati a quest’impegno perché, ha concluso il<br />
Cardinale, “l’opinione pubblica deve essere informata in<br />
modo aperto e coraggioso, serio e completo”.<br />
Anche don Sciortino, per spiegare il significato di un modo di<br />
fare informazione ispirato dalla fede, è partito dalla guerra in<br />
Afghanistan, “glorificata dalla maggior parte <strong>dei</strong> media che<br />
ne hanno dato solo una lettura militare ed economica”.<br />
Al contrario i giornalisti, per Sciortino, soprattutto se cristiani,<br />
“non sono chiamati a fare omelie o crociate sui giornali, ma<br />
ad imparare a capire il mondo e a dare spazio anche alle<br />
voci “contro”, cercando di offrire risposte a quelle domande<br />
che la gente si fa e che la cultura moderna non riesce più a<br />
dare”. Il compito del giornalista è in definitiva quello di saper<br />
interpretare il Vangelo e di farlo mettendo in relazione il<br />
messaggio profetico con la realtà.<br />
Solo in questo modo, per il direttore di uno <strong>dei</strong> più diffusi settimanali<br />
italiani, è possibile non fare <strong>dei</strong> mezzi di informazione<br />
<strong>dei</strong> semplici “altoparlanti”.<br />
Un impegno che la redazione di Famiglia Cristiana cerca di<br />
Cinque minuti di applausi<br />
scroscianti hanno accolto<br />
l’ingresso di Carlo Maria<br />
Martini nel cinema Marconi:<br />
insieme un augurio di buon<br />
settantacinquesimo compleanno<br />
e un ringraziamento<br />
della comunità al suo<br />
arcivescovo per i 22 anni<br />
che le ha dedicato.<br />
E anche in questa occasione<br />
il cardinale non si è<br />
smentito: per l’annuale incontro<br />
con i giornalisti, nel<br />
giorno del loro santo patrono,<br />
ha scelto di andare a<br />
Lecco, a festeggiare i 120<br />
anni del settimanale locale<br />
Il Resegone.<br />
“Vi ringrazio degli auguri –<br />
ha esordito. Si vorrebbe non<br />
venisse mai il momento di<br />
dire addio ai monti, ma<br />
porterò con me la memoria<br />
grata di questa comunità e<br />
Le parole del presule<br />
sulla pace, una via<br />
difficile da percorrere<br />
se non si cambia<br />
stile di vita.<br />
Gli interventi<br />
di Dino Boffo<br />
e don Sciortino,<br />
direttori di<br />
“Famiglia Cristiana”<br />
e “Avvenire”<br />
tener presente ogni giorno: nessun tema viene considerato<br />
tabù; ogni argomento è ammesso a patto che risponda a due<br />
condizioni: che i giornalisti possiedano la competenza necessaria<br />
per trattarlo e che si conservi una prospettiva cristiana.<br />
Regole chiare fin dalla selezione delle notizie, come spiega il<br />
direttore: “Cerchiamo di non parlare solo di religione, ma di<br />
tutto. Siamo professionisti e dobbiamo saper coltivare l’autonomia<br />
e l’indipendenza, tenendo i lettori come unico punto di<br />
riferimento”.<br />
E aggiunge, ricordando lo slogan che ha accompagnato il<br />
lancio della “nuova” Famiglia Cristiana, “Non siamo solo casa<br />
e Chiesa. Cerchiamo di gettare uno sguardo sulla piazza<br />
dove la gente si incontra, per offrire un giornale che crei ottimismo<br />
e speranza, ma illumini anche i fatti ignorati dalla<br />
maggior parte della stampa e dia un contributo alla Chiesa<br />
perché su certi temi sia meno timida e silenziosa”.<br />
A sottolineare le responsabilità degli operatori dell’informazione<br />
è anche Dino Boffo, direttore di Avvenire, che ha<br />
confessato di essere cresciuto professionalmente proprio in<br />
un settimanale diocesano come Il Resegone, di quelli con un<br />
antico e profondo legame col territorio e la comunità.<br />
Una grande scuola per chi crede che fare informazione non<br />
significhi soltanto riportare quello che dicono le agenzie, ma<br />
osservare la gente e raccontarla. Perché quello del giornalista<br />
“è un mestiere per gente solida, che sa guardare il mondo a<br />
trecentosessanta gradi, senza paraocchi e senza sudditanze”.<br />
Le qualità di chi vuole fare questo mestiere devono essere<br />
una curiosità endemica e l’inquietudine di chiedersi sempre,<br />
aggiunge Boffo, “se hai fatto tutto il possibile per cercare di<br />
offrire al tuo lettore un altro punto di vista su un fatto”.<br />
Uno sguardo, quello <strong>dei</strong> giornalisti cristiani, che, per il direttore<br />
di Avvenire, può servire a riequilibrare un certo modo di<br />
vedere e leggere il mondo, sottraendosi all’omologazione e<br />
alle classificazioni e mostrando che la religione non è qualcosa<br />
di “obsoleto e un po’ vergognoso”.<br />
“È venuto<br />
il momento<br />
di dire addio<br />
ai monti”<br />
di questi luoghi”. Anche se<br />
il momento di accomiatarsi<br />
sembra vicino, il cardinale<br />
non ha concesso nulla più<br />
alla nostalgia e si è rivolto<br />
direttamente a fedeli e<br />
giornalisti intervenuti all’incontro.<br />
di Bianca Maria Manfredi<br />
“La ricerca della mia<br />
esistenza – ha confidato –<br />
è vivere il Vangelo nell’oggi.<br />
E questa è anche la ricerca<br />
<strong>dei</strong> giornali cattolici, che<br />
devono aiutare a leggere<br />
cristianamente il mondo<br />
che cambia, devono saper<br />
posare uno sguardo di fede<br />
sugli eventi quotidiani,<br />
anche sui drammi”.<br />
È proprio questa la particolarità<br />
della stampa cattolica,<br />
che aiuta a interpretare la<br />
realtà. Ha ricordato un<br />
passaggio della Lettera ai<br />
Filippesi che ai giornali si<br />
adatta perfettamente.<br />
“Tutto ciò che è vero, che è<br />
virtù e merita lode sia<br />
oggetto <strong>dei</strong> vostri pensieri”.<br />
Questo non significa che<br />
non devono essere affrontati<br />
temi scottanti, anzi.<br />
Tragedie come quella<br />
dell’11 settembre e la guerra<br />
in Afghanistan ci mettono,<br />
secondo l’arcivescovo,<br />
di fronte alle nostre responsabilità,<br />
ci costringono “a<br />
porci domande sulla verità<br />
di Dio e dell’uomo”.<br />
“L’informazione – ha ag-<br />
20 (24) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
“Il Resegone”,<br />
ovvero la storia<br />
di Lecco<br />
e dintorni<br />
“Verità nei fatti, rettitudine,<br />
giustizia nei princìpi, la religione<br />
a base e fondamento<br />
di tutto”. Con questo motto<br />
Il Resegone si presenta per<br />
la prima volta ai suoi lettori:<br />
è il 17 febbraio 1882. Da<br />
allora sono passati 120 anni<br />
ma ancora oggi il settimanale<br />
lecchese esce puntuale<br />
ogni settimana.<br />
L’idea di fondare un giornale<br />
cattolico è di Pietro Galli,<br />
prevosto di Lecco, insieme<br />
a Giuseppe Capanna,<br />
coadiutore, e al tipografo<br />
Giuseppe Corti.<br />
Come primo direttore viene<br />
scelto don Capanna, ma<br />
nel 1886 il sacerdote deve<br />
lasciare Lecco, probabilmente<br />
per le sue simpatie<br />
liberali. È sostituito da don<br />
Gian Battista Scatti, di ritorno<br />
da una missione in<br />
Bengala, che utilizza il suo<br />
patrimonio familiare per<br />
migliorare il settimanale.<br />
Cambia il formato, aumenta<br />
le pagine e soprattutto<br />
fonda una tipografia dotata<br />
di moderne macchine da<br />
stampa.<br />
Alla sua morte, nel 1918,<br />
direttore diventa un laico,<br />
Edmondo Verga, che resta<br />
in carica fino al 1959.<br />
Durante i suoi quarant’anni<br />
di guida Il Resegone, con la<br />
sua diffusione capillare nel<br />
lecchese, è spesso l’unico<br />
giornale letto nelle famiglie.<br />
Per questo, cerca di fornire<br />
ai suoi lettori un’idea di<br />
quanto sta succedendo<br />
nella regione e nel mondo.<br />
Solo durante il periodo<br />
fascista Il Resegone rinuncia<br />
a questa vocazione per<br />
ripiegare su posizioni letterarie<br />
e cronaca minuta.<br />
Il periodo più difficile della<br />
sua storia, però, Il Resegone<br />
lo vive dopo la morte di<br />
Verga, quando il giornale è<br />
messo in vendita.<br />
Le autorità ecclesiastiche<br />
nel 1960 fondano un altro<br />
settimanale, Incontro (che<br />
nel febbraio ‘60 diventa<br />
Incontro Lariano sotto la<br />
direzione di Bernardino<br />
Mauri). L’idea della curia è<br />
di farlo diventare il punto<br />
d’incontro di tutti i cattolici<br />
del lecchese.<br />
La situazione si risolve il<br />
primo gennaio ‘61, quando<br />
Il Resegone si fonda con<br />
giunto Martini – deve raccontare<br />
al pubblico la<br />
gravità della situazione<br />
attuale, ma mostrare anche<br />
i rimedi possibili”.<br />
E il rimedio indicato dal<br />
Papa è la centralità di<br />
Gesù, e la sicurezza che ci<br />
infonde.<br />
“Il Santo Padre – ha osservato<br />
il cardinale – ribadisce<br />
la centralità della preghiera”,<br />
come ha ben dimostrato<br />
l’incontro ecumenico di<br />
Assisi.<br />
Una preghiera in tredici<br />
luoghi diversi della città<br />
(tredici erano infatti le religioni<br />
rappresentate dove –<br />
ha osservato l’Arcivescovo<br />
– è stato delineato un<br />
percorso di pace e ascolto”,<br />
che può indicare la via da<br />
seguire anche ai giornalisti<br />
cattolici.<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
Incontro Lariano, che prende<br />
come sottotitolo.<br />
Dal 13 febbraio 1975 il settimanale<br />
è di proprietà di una<br />
srl costituita dalle chiese<br />
parrocchiali di Lecco e delle<br />
aree vicine. Attuale direttore<br />
(in carica dal 1 gennaio<br />
2001) è Gianni Borsa. A lui<br />
dunque è toccata la preparazione<br />
delle fitte celebrazioni<br />
per i 120 anni del settimanale.<br />
“Puntiamo – ha spiegato –<br />
ad affrontare alcune grandi<br />
tematiche che possono<br />
interessare i lettori del settimanale<br />
ma anche l’intero<br />
territorio”. Incontri pubblici<br />
come quello in occasione<br />
della festa di San Francesco<br />
di Sales (o nei mesi<br />
scorsi un convegno sull’impatto<br />
dell’euro per le imprese<br />
lecchesi), una mostra,<br />
un concorso per le scuole<br />
per essere presenti oggi<br />
come 120 anni fa.<br />
b.m.m.<br />
Sopra, l’allievo dell’Ifg<br />
Matteo Metta intervista<br />
il direttore di Avvenire,<br />
Dino Boffo.<br />
Sotto, il cardinale<br />
Carlo Maria Martini saluta<br />
gli intervenuti.<br />
Boffo:<br />
“Dobbiamo<br />
saper<br />
‘guardare’”<br />
di Matteo Metta<br />
“Dobbiamo inseguire questo<br />
mondo febbricitante e<br />
caleidoscopico.<br />
Questo mondo proteiforme<br />
e dalle mille facce e<br />
sorprenderlo a tutti i varchi”.<br />
È nel citare queste parole<br />
pronunciate nel 1958 dall’allora<br />
cardinale Giovanni<br />
Battista Montini, poi papa<br />
Paolo VI, che si concentra<br />
tutto il fervore dell’intervento<br />
del direttore di Avvenire,<br />
Dino Boffo, durante l’incontro-dibattito<br />
organizzato a<br />
Lecco. E nel giorno consacrato<br />
a San Francesco di<br />
Sales, patrono <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
non è sembrato strano<br />
che il suo discorso si sia<br />
principalmente rivolto agli<br />
addetti ai lavori presenti.<br />
Con tono pacato e parole<br />
forti ha tenuto una vera e<br />
propria lectio di giornalismo,<br />
in cui l’imperativo “dobbiamo”<br />
è ricorso molte volte.<br />
Così, forse senza volerlo, ha<br />
finito per tracciare il ritratto<br />
del perfetto giornalista<br />
secondo Boffo. Perché, per<br />
il direttore non basta “leggere<br />
da cristiani un mondo che<br />
cambia” – questo è il titolo<br />
dato alla serata – se non<br />
sono per primi i giornalisti a<br />
cambiare. “A che serve riferire<br />
quello che dicono le<br />
agenzie, se non scendiamo<br />
in strada a guardare con i<br />
nostri occhi la vita della<br />
gente?”. Per Boffo, tutto sta<br />
in quell’atto, che non è affatto<br />
semplice: “Guardare”. E<br />
avverte che non significa<br />
solo vedere, ma “saper<br />
entrare nelle pieghe del<br />
mondo, con distacco e<br />
appassionamento, allenamento<br />
e tormento.<br />
E ancora: “Il bravo giornalista<br />
deve tenere gli occhi<br />
fissi anche là dove gli altri si<br />
ritraggono, e saper guardare<br />
a 360 gradi, senza lenti<br />
oscuranti, senza il selezionatore<br />
incorporato, senza<br />
seguire le mode ma piuttosto<br />
percorrendo i sentieri<br />
meno battuti”.<br />
E dice basta con il negativo,<br />
il patologico, il pruriginoso<br />
di cui sono sempre strapiene<br />
le pagine <strong>dei</strong> giornali.<br />
C’è un tesoro di storie<br />
nascoste, piccoli eroismi,<br />
lodevoli iniziative che meritano<br />
di essere portati alla<br />
luce, di avere l’onore della<br />
cronaca: “una falda acquifera<br />
intonsa, cui pochi attingono”.<br />
E si inorgoglisce nel<br />
ricordare come da una<br />
ricerca, commissionata<br />
dalla Caritas, insieme a<br />
Famiglia Cristiana, proprio il<br />
suo giornale, Avvenire, sia<br />
risultato quello che più di<br />
tutti si è occupato delle<br />
guerre dimenticate, “anche<br />
quando – aggiunge – è finita<br />
l’emozione trombonesca<br />
del momento”. Pochi –<br />
accusa poi – hanno<br />
compiuto lo sforzo di interpretare<br />
la guerra seguita ai<br />
fatti dell’11 settembre in<br />
una chiave che non fosse<br />
solamente stategico-militare<br />
ed economica, ma in cui<br />
trovasse spazio soprattutto<br />
la speranza e la solidarietà<br />
per le vittime. “La speranza<br />
cristiana non è un mito o un<br />
atteggiamento emozionale,<br />
ma un’attitudine esistenziale,<br />
ontologica”.<br />
Quando gli viene chiesto<br />
cosa significa per Avvenire<br />
essere un quotidiano di<br />
ispirazione cristiana, Boffo<br />
risponde: “essere fatto da<br />
giornalisti che svolgono<br />
questo mestiere da cristiani,<br />
perché credono che il<br />
Risorto sia davvero nel<br />
cuore del mondo e muove<br />
la cronaca. Siamo narratori<br />
della Pasqua che si fa largo<br />
nella vita degli uomini e<br />
nella storia del mondo”.<br />
UCSI<br />
Ripensare<br />
la professione<br />
alla luce<br />
<strong>dei</strong> nuovi<br />
scenari<br />
mondiali<br />
Roma, 29 gennaio - Raccontare di più<br />
senza coprire nulla, ma allo stesso tempo<br />
interrogarsi sui mutati scenari mondiali dopo<br />
l’11 settembre, perché c’è il rischio di tornare<br />
alla normalità “come se non fosse accaduto<br />
nulla”. Il mondo del giornalismo si è riunito a<br />
Roma, convocato dall’Ucsi per “ragionare<br />
sull’informazione dopo gli attentati” in Usa.<br />
Alla presenza <strong>dei</strong> vertici della Fnsi (il presidente<br />
Franco Siddi e il segretario Paolo<br />
Serventi Longhi, e dell’<strong>Ordine</strong> nazionale, il<br />
presidente Lorenzo Del Boca) il presidente<br />
dell’ Unione Cattolica della Stampa Italiana,<br />
Emilio Rossi ha affrontato il tema con Gad<br />
Lerner, Ennio Remondino, il direttore di<br />
Avvenire Dino Boffo e il direttore di Ap Italia,<br />
Dennis Redmont.<br />
“Vogliamo riaffermare la nostra voglia di<br />
stare sulla notizia”, ha detto Siddi, mentre<br />
per Serventi l’informazione ha avuto un buon<br />
livello di qualità, mentre “molte aziende non<br />
hanno sostenuto con necessario vigore lo<br />
sforzo fatto dall’ informazione: si parla troppo<br />
spesso di tagli sul giornalismo e siamo<br />
preoccupati per il futuro”.<br />
Critico Del Boca, secondo il quale il risultato<br />
complessivo dell’ informazione “è deludente,<br />
con troppa retorica e poco tempo per fare gli<br />
approfondimenti”.<br />
Emilio Rossi ha posto l’attenzione sul fatto<br />
che i giornalisti debbano mettersi in discussione,<br />
“credenti e non credenti, per dare un<br />
senso alla propria professione”.<br />
Remondino ha lanciato l’allarme per<br />
un’informazione utilizzata sempre più come<br />
un’arma dall’apparato militare: “Scatta l’obbligo<br />
del giornalista patriottico o possiamo<br />
continuare ad esercitare il diritto costituzionale<br />
ad informare?”.<br />
D’altro canto, secondo Remondino è stata<br />
consentita “una generalizzazione della<br />
professione senza tutelare il giornalismo di<br />
strada”, quello degli inviati sul posto che<br />
raccontano ciò che vedono.<br />
Un’idea non pienamente condivisa da Buffo,<br />
secondo il quale se da una parte “intollerabile<br />
il salto tra il rischiare la vita e il mimetizzarsi<br />
in una categoria in un certo senso<br />
d’élite”, dall’altro c’è un “eroismo quotidiano”<br />
anche in chi sta in redazione e riesce a<br />
“riportare lo spicchio di mondo che gli<br />
compete alla sua limpidezza”.<br />
Rispetto al “giornalismo patriottico”, secondo<br />
Lerner, né l’Italia, né gli Stati Uniti ne hanno<br />
bisogno: “È invece importante capire le<br />
nostre paure e riflettere a voce alta con<br />
il pubblico”. Due le “icone” di questo particolare<br />
momento per Lerner: da una parte Oriana<br />
Fallaci, con il suo libro-sfogo, dall’altra<br />
Gino Strada con i suoi ospedali in giro per il<br />
mondo dilaniato dalle guerre.<br />
Infine, Redmont ha dato uno spaccato della<br />
situazione vista con gli occhi d’oltre oceano:<br />
patriottismo, livello di dissenso ai minimi<br />
storici, calo della pubblicità e aumento leggero<br />
delle vendite <strong>dei</strong> quotidiani soprattutto<br />
nella fascia d’età 15-34 anni, mancanza di<br />
notizie con un saldo controllo da parte del<br />
Pentagono del flusso di informazioni, un<br />
preoccupante controllo delle immagini televisive.<br />
“Un panorama deprimente - ha concluso<br />
Redmont - ma i sondaggi dicono che agli<br />
americani va bene che sia il Pentagono a<br />
dare le informazioni”. (ANSA)<br />
21 (<strong>25</strong>)
M E M O R I A<br />
L’eroico percorso<br />
del “padre <strong>dei</strong> mutilatini”<br />
Carlo Gnocchi nacque a<br />
San Colombano al Lambro,<br />
presso Lodi, il <strong>25</strong> ottobre<br />
1902. Rimasto orfano del<br />
padre all’età di cinque anni,<br />
si trasferì a Milano con la<br />
madre e i due fratelli, che di<br />
lì a poco morirono di tubercolosi.<br />
Ordinato sacerdote<br />
nel 19<strong>25</strong>, fu assistente d’oratorio<br />
prima a Cernusco sul<br />
Naviglio e poi, dopo solo un<br />
anno, nella parrocchia di<br />
San Pietro in Sala, a Milano.<br />
Nel ‘36 il Cardinale Schuster<br />
lo nominò direttore spirituale<br />
di una delle scuole più prestigiose<br />
di Milano: l’Istituto<br />
Gonzaga <strong>dei</strong> Fratelli delle<br />
Scuole Cristiane.<br />
Nel 1940 l’Italia entrò in<br />
guerra: don Carlo si arruolò<br />
come cappellano volontario<br />
e partì, prima per il fronte<br />
greco albanese e poi, con gli<br />
alpini della Tridentina, per la<br />
campagna di Russia. E proprio<br />
con i suoi alpini strinse<br />
un “patto”, che dopo mantenne:<br />
“Ai vostri figli penserò<br />
io”. Nel gennaio del ‘43 iniziò<br />
la drammatica ritirata del<br />
contingente italiano: don<br />
Carlo, caduto stremato ai<br />
margini della pista dove passava<br />
la fiumana <strong>dei</strong> soldati,<br />
venne miracolosamente raccolto<br />
su una slitta e salvato.<br />
Fu proprio in questa tragica<br />
esperienza che, assistendo<br />
gli alpini feriti e morenti e<br />
raccogliendone le ultime volontà,<br />
maturò in lui l’idea di<br />
realizzare una grande opera<br />
di carità.<br />
Tornato in Italia, iniziò il pietoso<br />
pellegrinaggio, attraverso<br />
le vallate alpine, alla ricerca<br />
<strong>dei</strong> familiari <strong>dei</strong> caduti,<br />
per dare loro conforto morale<br />
e materiale. In questo<br />
stesso periodo aiutò molti<br />
partigiani a fuggire in<br />
Svizzera, rischiando in prima<br />
persona: arrestato dalle<br />
SS, fu rinchiuso nel carcere<br />
di San Vittore.<br />
Nel 1945 venne nominato direttore<br />
dell’Istituto Grandi<br />
Invalidi di Arosio, dove accolse<br />
i primi orfani di guerra e i<br />
bambini mutilati, avviando<br />
così l’opera che lo portò a<br />
guadagnare sul campo il ti-<br />
tolo più meritorio di “padre<br />
<strong>dei</strong> mutilatini”. Nacque così<br />
la Pro Infanzia Mutilata e<br />
aprirono i primi collegi:<br />
Parma, Pessano, Inverigo,<br />
Torino, Roma, Salerno... Nel<br />
‘52 la Pro Infanzia Mutilata si<br />
trasformò in Fondazione Pro<br />
Juventute. Nel ‘55 don Carlo<br />
lanciò la sua ultima, grande<br />
sfida: costruire un moderno<br />
Centro che costituisse la sintesi<br />
della sua metodologia<br />
riabilitativa. Nel settembre<br />
dello stesso anno, alla presenza<br />
del Capo dello Stato,<br />
Giovanni Gronchi, venne posata<br />
la prima pietra della<br />
nuova struttura, a Milano, nei<br />
pressi dello stadio di San<br />
Siro.<br />
Don Carlo, minato da una<br />
malattia incurabile, non riuscì<br />
però a vedere completato<br />
il progetto nel quale aveva<br />
investito le maggiori energie:<br />
il 28 febbraio 1956, la morte<br />
lo raggiunse prematuramente<br />
alla Columbus, una clinica<br />
di Milano dove era da tempo<br />
ricoverato. Le sue ultime parole<br />
furono: “Amici, vi raccomando<br />
la mia baracca”. E<br />
l’ultimo suo gesto profetico<br />
fu la donazione delle cornee<br />
a due ragazzi non vedenti,<br />
quando in Italia il trapianto di<br />
organi non era ancora disciplinato<br />
da apposite leggi.<br />
Il <strong>2002</strong> è per la Fondazione Don Carlo Gnocchi un anno straordinario, perché insieme<br />
al centenario dalla nascita del fondatore si ricordano i primi cinquant’anni di attività<br />
dell’Opera da lui avviata, riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della<br />
Repubblica l’11 febbraio 1952. Nell’occasione, è stato approntato un significativo<br />
calendario di iniziative e celebrazioni (che partiranno nel mese di <strong>marzo</strong>, per<br />
concludersi a fine anno, con l’udienza particolare che verrà concessa dal Santo Padre<br />
alla Fondazione Don Gnocchi) insieme a un pacchetto di nuovi sussidi che andranno<br />
a integrare i volumi editi finora. Tra le novità, una biografia di don Gnocchi, firmata da<br />
Giorgio Rumi ed Edoardo Bressan (edita da Mondadori) e due nuovi audiovisivi, il<br />
primo sulla vita di don Carlo (protagonista l’attore Roberto Accornero) e l’altro sulle<br />
Don Gnocchi, alpino, gio<br />
Educatore e scrittore formidabile, don Gnocchi<br />
è autore di testi che conservano intatti il<br />
loro fascino e la loro straordinaria attualità.<br />
Si tratta di Andate e insegnate (1934); L’insegnamento<br />
religioso nell’Opera Nazionale<br />
Balilla (1934); Agli uomini di buona volontà<br />
(1937); Educazione del cuore (1937); La<br />
direzione spirituale nella preparazione <strong>dei</strong><br />
giovani alla famiglia (1939); I giovani del<br />
nostro tempo e la direzione spirituale (1940);<br />
Il problema del cinema (1940); Cristo con gli<br />
alpini (1943); Restaurazione della persona<br />
umana (1946); Elementi del problema divorzistico<br />
(1947) e Pedagogia del dolore innocente<br />
(1956).<br />
I testi sono stati raccolti nel volume Gli scritti,<br />
edito da Ancora, con prefazione del cardinale<br />
Martini.<br />
Da alcuni anni, la Fondazione Don Gnocchi,<br />
I suoi scritti<br />
Ricorre<br />
il centenario<br />
della nascita e il<br />
cinquantenario di<br />
attività dell’Opera<br />
in collaborazione con Ancora Editrice, ha<br />
avviato una Collana nell’ambito della quale<br />
sono usciti i volumi di Ennio Apeciti (Seminatore<br />
di speranza, <strong>2002</strong>); Ezio Bolis (Con<br />
cuore di padre, 2001); Roberto Parmaggiani<br />
(Ho conosciuto don Gnocchi, 2001) e<br />
Ferruccio De Marchi (Diario 1941, 2000). Nel<br />
volume Il dolore innocente (2000), con la<br />
pedagogia di don Gnocchi ci sono interventi<br />
del cardinale Carlo Maria Martini, Luigi Ciotti,<br />
Massimo Cacciari, Francesco Alberoni,<br />
Salvatore Natoli, Bruno Forte e Gianfranco<br />
Ravasi.<br />
Gli interessati possono rivolgersi all’Ufficio<br />
Comunicazione della Fondazione Don<br />
Gnocchi (tel. 02/40308.710, mail ufficiostampa@dongnocchi.it).<br />
Notizie sui testi e in<br />
generale sulla vita e le opere di don Carlo<br />
Gnocchi si trovano al sito www.dongnocchi.it<br />
di Emanuele Brambilla<br />
Nell’archivio della Fondazione la raccolta <strong>dei</strong><br />
servizi e <strong>dei</strong> pezzi dedicati a don Carlo<br />
Gnocchi negli anni del secondo dopoguerra<br />
sfoggia firme illustri. «Questo sacerdote –<br />
commentava un cronista del tempo – è un<br />
Un grande comunicatore<br />
dai giornali alla radio<br />
grande comunicatore, senza orpelli, secco e<br />
preciso. Quel che c’è da dire va detto, con<br />
ogni mezzo, con i libri, sui giornali e alla radio…».<br />
Cronista tra i cronisti, don Gnocchi (tessera<br />
dell’Albo regionale, elenco speciale) nelle redazioni<br />
era uno di casa: chi lo ricorda, racconta<br />
di come irrompesse negli uffici, rovesciando<br />
sul tavolo <strong>dei</strong> capiredattori il contenuto<br />
di una grossa busta gialla di cuoio.<br />
Erano fotografie. Tutt’altro che belle e nitide.<br />
Foto da pochi soldi, spesso sfocate, male inquadrate,<br />
stampate altrettanto male. Eppure<br />
quelle immagini valevano più di qualsiasi articolo<br />
di giornale. Riprendevano i suoi ragazzi<br />
mutilati: fanciulli con una gamba sola che,<br />
aiutandosi con una stampella, inseguivano<br />
un pallone su un prato; bimbi privi delle mani<br />
che, reggendo una matita tra i due moncherini,<br />
scrivevano lentamente su un quaderno, il<br />
volto teso per lo sforzo e la grafia incerta, ma<br />
chiara; piccoli senza gambe, sulle spalle di<br />
compagni senza braccia… Dietro, una semplice<br />
didascalia, scritta di proprio pugno da<br />
quel prete alto e magro: «C’è tutta la guerra<br />
negli occhi di questi bambini…».<br />
Il gelo calava di colpo nelle redazioni. Gli uomini<br />
in maniche di camicia seduti ai tavoli,<br />
uno per uno si alzavano, facendo circolo attorno<br />
al sacerdote. Don Gnocchi non si<br />
scomponeva. E spiegava: «Quando uno di<br />
questi ragazzini ciechi perde, giocando, l’occhio<br />
di vetro - perché, nonostante tutto, sono<br />
pur sempre bambini, vero? - bisogna subito<br />
sostituirlo perché, ogni giorno che passa,<br />
l’orbita vuota si modifica. Sono piccoli, la crescita<br />
è repentina e deve intervenire il chirurgo».<br />
E ancora: «Vedete questo bambino mutilato<br />
di entrambe le braccia? Tagliava l’erba per i<br />
conigli e ha urtato con il falcetto una bomba<br />
inesplosa. Ora i moncherini sono già in suppurazione:<br />
il chirurgo li deve riaprire, segare<br />
l’osso per accorciarlo e richiuderli di nuovo.<br />
L’organismo umano non cresce contemporaneamente<br />
in tutte le sue parti: prima crescono<br />
le ossa e poi i muscoli. Quindi l’osso <strong>dei</strong><br />
monconi preme e avanza, provocando fitte<br />
atroci. Occorrono tre o quattro interventi chirurgici<br />
prima del completamento della crescita.<br />
Ogni notte qualcuno di loro grida, per il dolore<br />
delle ferite. Si alza a sedere sul lettuccio<br />
e piange. Gli altri si svegliano, stanno con gli<br />
occhi aperti nel buio, pensano alla notte che<br />
toccherà a loro...».<br />
Don Gnocchi se ne andava lasciando dietro<br />
di sé un insopportabile fardello di dolore e<br />
sofferenza. E dando appuntamento agli inviati<br />
e ai fotografi di quel giornale nei propri<br />
collegi. Apparvero così i primi articoli, l’opinione<br />
pubblica si scontrò con quelle immagini<br />
e vennero lanciate le prime sottoscrizioni.<br />
De Sica e Zavattini produssero un bellissimo<br />
documentario (I bambini ci giocano, che seguiva<br />
quello voluto dallo stesso don Gnocchi<br />
a guerra appena conclusa, dal titolo Per noi<br />
la guerra continua…) che sensibilizzava<br />
l’Italia al problema degli ordigni abbandonati.<br />
E la tragedia dell’infanzia innocente e mutilata<br />
divenne un problema nazionale.<br />
Don Carlo Gnocchi era un comunicatore perfetto,<br />
capace di coinvolgere chiunque. Lo era<br />
stato con i ragazzi d’oratorio nei suoi primi<br />
anni di sacerdozio e con gli studenti<br />
dell’Istituto Gonzaga prima dello scoppio della<br />
guerra. Colpiva la sua comunicabilità innata,<br />
la carica umana che sapeva trasmettere.<br />
Gentile, aperto, disposto a capire tutto, paterno<br />
senza essere paternalista; ma fermo, esigente,<br />
anche insistente, sicuro nei princìpi<br />
cristiani e sicuro che non serva imporli quanto<br />
proporli: questo tipo di direttore spirituale<br />
era don Carlo Gnocchi al Gonzaga. Uno che<br />
non agguantava la “preda”, che non la trattava<br />
altezzosamente, ma che al contrario si avvicinava<br />
con delicatezza, non si stancava<br />
22 (26) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
attività della Fondazione. In preparazione vi sono inoltre un volume a fumetti sulla<br />
vita di don Carlo e uno spettacolo teatrale che verrà proposto ai ragazzi delle scuole.<br />
Sempre nel corso del <strong>2002</strong> verrà ristampata in copie numerate la prima edizione del<br />
Cristo con gli alpini (edita a Lecco nel 1942), l’opera più conosciuta di don Gnocchi,<br />
che raccoglie le testimonianze e le riflessioni del cappellano militare sui fronti grecoalbanese<br />
e nella tragica campagna di Russia. Ma non sarà soltanto una festa:<br />
l’impegno della “Don Gnocchi” sarà anche quello di testimoniare - attraverso segni e<br />
gesti concreti - la continuità dell’opera della Fondazione, che affonda le proprie radici<br />
nei valori legati alla memoria, ma che rimane costantemente attenta e proiettata alla<br />
ricerca di risposte adeguate ai bisogni del nostro tempo.<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
La storia vera di un prete<br />
innamorato della vita<br />
ornalista e santo<br />
mai di spiegare e incoraggiare; uno che<br />
confortava, che esaltava i successi e relativizzava<br />
le sconfitte di quelli che si rivolgevano<br />
a lui».<br />
E con i suoi ragazzi partì per la guerra.<br />
Sconvolgenti – e mirabili dal punto di vista<br />
giornalistico – le sue corrispondenze dal<br />
fronte, veri e propri reportage d’autore, pubblicati<br />
su L’Italia e poi raccolti nel duro e incantevole<br />
Cristo con gli alpini. Don Gnocchi<br />
sapeva essere scrittore avvincente, con uno<br />
stile graffiante che mezzo secolo dopo ancora<br />
si legge d’un fiato, genuino e scorrevole,<br />
efficace e coinvolgente, crudo e dolce insieme.<br />
E comunicatore straordinario lo era nell’orga-<br />
«Bisogna rifare l’uomo e, per<br />
farlo, bisogna restituirgli anche<br />
la dignità, la dolcezza e<br />
la varietà del vivere, quel rispetto<br />
della personalità individuale<br />
e quella possibilità di<br />
esplicare completamente il<br />
potenziale della propria ricchezza<br />
personale».<br />
Fedele al mandato ricevuto<br />
da don Carlo, oggi la<br />
Fondazione Don Gnocchi<br />
opera in venti Centri, distribuiti<br />
in nove regioni d’Italia.<br />
Qui viene svolta attività di riabilitazione<br />
post-acuta nei filoni<br />
ortopedico, neurologico,<br />
cardiologico e respiratorio;<br />
riabilitazione per disabili lungo<br />
assistiti; assistenza agli<br />
anziani in prevalenza non autosufficienti;<br />
assistenza di<br />
malati oncologici in fase terminale.<br />
Le prestazioni riabilitative<br />
sono erogate in regime<br />
Tutti i testimoni concordano:<br />
don Carlo Gnocchi merita di<br />
essere fatto santo. Anzi, è<br />
già santo, perché lo è sempre<br />
stato. Ha vissuto così,<br />
perché non era capace di<br />
vivere in altro modo. È una<br />
biografia assolutamente<br />
inedita quella che Roberto<br />
Parmeggiani, vicecaporedattore<br />
di Famiglia Cristiana,<br />
ha tracciato nel quinto<br />
volume della Collana Don<br />
Gnocchi (Ho conosciuto<br />
don Gnocchi, editrice<br />
Ancora). È la storia vera di<br />
un prete innamorato della<br />
vita, è il racconto di una<br />
santità fatta di mille piccole<br />
azioni quotidiane, che affascinano<br />
ancora oggi e non<br />
solo i credenti.<br />
Appassionante come un romanzo,<br />
il libro narra episodi<br />
e riprende testimonianze di<br />
figure celebri e persone<br />
semplici che sono immagini,<br />
colpi di flash, con primi<br />
piani e campi lunghi. Quasi<br />
un film, insomma, tratto da<br />
una storia vera.<br />
E bellissima.<br />
residenziale (ricovero a tempo<br />
pieno), di seminternato<br />
(day-hospital), extramurale,<br />
ambulatoriale e domiciliare.<br />
Ampio spazio è riservato alla<br />
ricerca scientifica in tutti i<br />
Centri, specie negli Istituti di<br />
Ricovero e Cura a Carattere<br />
Scientifico (IRCCS) di Milano<br />
e di Pozzolatico-Firenze.<br />
In particolare, l’IRCCS “S.<br />
Maria Nascente” di Milano,<br />
dotato di un Centro di<br />
Bioingegneria istituito in collaborazione<br />
con il Politecnico,<br />
è specializzato nella ricerca<br />
nei settori biomedico, biotecnologico<br />
e nella sperimentazione<br />
clinica finalizzata alla<br />
individuazione di nuove metodiche<br />
e di nuove tecnologie<br />
per il recupero <strong>dei</strong> deficit motori<br />
e neurocognitivi e per la<br />
riduzione delle condizioni di<br />
disabilità.<br />
Il processo di beatificazione,<br />
concluso nel ‘91 in sede<br />
diocesana, è ora alla<br />
Congregazione per le<br />
Cause <strong>dei</strong> Santi, a Roma.<br />
«Ricordo la strabocchevole<br />
e commossa folla che lo accompagnò<br />
in Duomo – scrive<br />
il senatore Giulio<br />
Andreotti nella prefazione<br />
del libro –: fu in quel pomeriggio<br />
milanese che don<br />
Carlo venne di fatto elevato<br />
agli altari. Così come tanti<br />
secoli prima il popolo ambrosiano<br />
aveva eletto il suo<br />
vescovo Ambrogio».<br />
Era il 1° <strong>marzo</strong> del 1956.<br />
Don Gnocchi aveva solo 54<br />
anni.<br />
«Per i funerali, i monsignori<br />
del Duomo non li volevano in<br />
Duomo – ricorda monsignor<br />
Giovanni Barbareschi, amico<br />
fedele ed esecutore testamentario<br />
di don Gnocchi –.<br />
Si impose Montini. Durante il<br />
rito, a un certo punto Montini<br />
mi disse: “Io non parlo. Fa’<br />
parlare un bambino”. Fu preso<br />
un bambino e portato al<br />
microfono. Disse: “Prima ti di-<br />
nizzare iniziative per sensibilizzare l’opinione<br />
pubblica. Si servì della radio, oltre che <strong>dei</strong><br />
giornali, per tutte le manifestazioni scaturite<br />
dalla sua mente fantasiosa e vulcanica. Il raid<br />
motociclistico Milano-Oslo (la nota “Fraccia<br />
Rossa”, con gli scout in sella ai Guzzini) e ancor<br />
più la trasvolata oceanica verso l’America<br />
del Sud con “L’Angelo <strong>dei</strong> bimbi”, un velivolo<br />
– pilotato dal giornalista Maner Lualdi e dal<br />
conte Leonardo Bonzi – che gettò un ponte<br />
ideale tra i due continenti. Don Gnocchi era<br />
ormai conosciutissimo in tutte le redazioni e<br />
l’impresa venne seguita con grandissima attenzione.<br />
Don Gnocchi fu perfino uno “scandaloso” comunicatore,<br />
quando sul letto di morte decise<br />
cevo: ciao, don Carlo.<br />
Adesso ti dico: ciao, san<br />
Carlo”. Ci fu un’ovazione. E<br />
Montini commentò: “Molto<br />
meglio che abbia parlato un<br />
bambino”».<br />
Anni prima un altro bambino<br />
giocava a pallone in un<br />
campetto polveroso.<br />
Seguiva la sfera, la prendeva<br />
a calci, anche se era cieco.<br />
Dentro il pallone c’era<br />
un barattolo che faceva rumore<br />
a ogni rotolio: il bambino<br />
lo sentiva e così poteva<br />
giocare come gli altri. Ai<br />
bordi del campo c’era un<br />
prete alto e magro che tifava<br />
per lui, contento della<br />
sua invenzione.<br />
di donare le proprie cornee, ben cosciente<br />
del clamore che l’ufficialità dell’intervento – a<br />
quel tempo non ancora regolato dalle leggi –<br />
avrebbe sollevato. Volle così per donare se<br />
stesso ai propri ragazzi, fin oltre la morte, e<br />
perché così avrebbe potuto spingere il legislatore<br />
e la Chiesa stessa a prendere posizione<br />
sul tema. Troppi ragazzi, troppe persone<br />
bisognose potevano avere salva la vita<br />
grazie ai trapianti. «Chi può escludere - scrissero<br />
i giornali in quei giorni - che non ci sia<br />
stata tra lo scienziato e don Carlo morente<br />
addirittura una sorta di nobile congiura, di<br />
stupendo complotto al fine di raggiungere<br />
questo umanissimo scopo?».<br />
Questo era don Carlo Gnocchi. E questo<br />
La Fondazione oggi<br />
Il suo ultimo dono<br />
«Ti chiedo un grande favore, non negarmelo: sei pronto a<br />
rischiare la prigione per me? Io voglio donare le mie cornee.<br />
Fra poco non ci sarò più... Prendi i miei occhi: anche questi<br />
sono per i miei ragazzi». Milano, febbraio 1956: don Carlo<br />
Gnocchi, sentendosi vicino alla fine, si rivolge così all’amico<br />
professor Cesare Galeazzi, illustre primario oftalmico, chiedendogli<br />
di sfidare la legge. A quel tempo i trapianti in Italia<br />
erano proibiti. E fu proprio il clamore del gesto voluto da don<br />
Gnocchi a spingere il Parlamento ad approvare la prima<br />
normativa in materia. Anche la riflessione etica e teologica<br />
subì grazie a don Carlo un’accelerazione decisiva.<br />
Le cornee del “papà <strong>dei</strong> mutilatini” furono trapiantate a due<br />
ragazzi non vedenti: Silvio Colagrande e Amabile Battistello.<br />
Entrambi hanno riacquistato la vista grazie a quell’atto di<br />
generosità: Amabile si è sposata ed è oggi madre; Silvio ha<br />
raggiunto la laurea, si è sposato anche lui e ha proseguito il<br />
proprio cammino professionale all’interno della Fondazione<br />
Don Gnocchi, dove tuttora opera in qualità di direttore del<br />
Centro “S. Maria alla Rotonda” di Inverigo (Co). «Avevo perso<br />
quasi completamente la vista all’età di sette anni - spiega -.<br />
Uno zampillo di calce viva mi aveva colpito agli occhi mentre<br />
stavo giocando. Poi, al centro Pro Juventute che don Carlo<br />
aveva aperto a Roma, avevo imparato il linguaggio Braille,<br />
nell’attesa di un trapianto possibile soltanto all’estero». Ci<br />
pensò, invece, don Gnocchi. « Il 27 febbraio ‘56, vigilia del<br />
giorno della morte di don<br />
Gnocchi, tutti i suoi alunni<br />
non vedenti furono chiamati<br />
per una visita oculistica.<br />
Quando entrai nell’ambulatorio,<br />
riconobbi la voce del<br />
professor Galeazzi.<br />
Dopo la visita mi fu semplicemente<br />
detto che occorreva<br />
andare a Milano, destinazione<br />
l’Istituto Oftalmico. Non<br />
mi dissero altro. Mi resi conto<br />
di quanto mi era accaduto<br />
soltanto il giorno dopo, al<br />
risveglio dall’anestesia: Da<br />
allora i miei occhi non hanno<br />
avuto più bisogno di nulla.<br />
Sono rimasto legato alla<br />
Fondazione Don Gnocchi -<br />
conclude Colagrande - non<br />
solo per finire gli studi, ma anche per lavorarci: mi è sembrato<br />
l’unico modo di rispondere a quel gesto ricevuto senza<br />
neanche una parola.<br />
Mi avvicino ormai ai trent’anni di servizio e li ho svolti cercando<br />
di esprimere nel quotidiano quello spirito di servizio e solidarietà<br />
che avevo conosciuto da ragazzo alla Centro “La<br />
Rotonda”, quando ho ricevuto non solo una cornea, ma una<br />
fortissima educazione di esempi, non di parole, a praticare<br />
attenzione verso gli altri e ad esprimere in azioni quotidiane<br />
il senso del nostro essere cristiani».<br />
L’attività formativa è invece<br />
svolta attraverso scuole elementari<br />
speciali, i corsi di formazione<br />
professionale per<br />
disabili, Centri Socio<br />
Educativi e i Centri di Formazione<br />
Professionale. In<br />
qualità di Istituto di Ricovero<br />
e Cura a Carattere Scientifico,<br />
la Fondazione ha inoltre<br />
attivato una serie di percorsi<br />
di formazione in convenzione<br />
con Università e<br />
Regione Lombardia: si tratta<br />
<strong>dei</strong> corsi di laurea in<br />
Ingegneria biomedica (con il<br />
Politecnico di Milano), per<br />
Terapista della Riabilitazione,<br />
Tecnico di Neurofisiopatologia,<br />
Terapia Occupazionale,<br />
per Infermiere e per<br />
Educatore Professionale<br />
(con l’Università degli Studi),<br />
oltre a corsi di perfezionamento<br />
post-laurea su<br />
spiega quel che Orio Vergani scrisse sul<br />
Corriere della Sera il giorno della sua morte,<br />
nella Milano commossa di quel 28 febbraio<br />
1956: «Davanti a quest’uomo semplicissimo<br />
tremai, perché temevo di non poter essere,<br />
nel mio racconto, semplice in modo degno<br />
della sua estrema semplicità. C’era, in lui,<br />
qualcosa che non si può definire se non aereo,<br />
come un distacco dalle misure della contingenza<br />
immediata, un senso di levitazione,<br />
quasi di un passo senza rumore. Vite di santi<br />
se ne sono scritte tante, ma questo ch’io mi<br />
vedevo davanti quella mattina che rimasi con<br />
lui tra i suoi ragazzi di Inverigo era un “santo”<br />
come nei quadri e negli affreschi o nei mosaici<br />
se ne vedono ben pochi…».<br />
“Tecnologie per l’autonomia e<br />
l’integrazione sociale delle<br />
persone disabili” (con<br />
l’Università Cattolica del<br />
Sacro Cuore di Milano).<br />
La Fondazione Don Gnocchi<br />
ha alle proprie dipendenze<br />
quasi 3000 operatori ed eroga<br />
le proprie prestazioni in<br />
regime di accreditamento<br />
con il Servizio Sanitario<br />
Nazionale. Di recente ha ottenuto<br />
il riconoscimento di<br />
Organizzazione Non Governativa<br />
(ONG) per un più diretto<br />
intervento nei Paesi in<br />
via di Sviluppo. Interventi e<br />
progetti sono in corso in<br />
Kosovo (formazione di terapisti<br />
della riabilitazione),<br />
Zimbabwe (assistenza a<br />
bambini affetti da Aids) e nel<br />
Tibet (riabilitazione, formazione<br />
e inserimento lavorativo<br />
di persone disabili).<br />
23 (27)
STAMPA<br />
LOCALE<br />
“Il Popolo<br />
Cattolico”<br />
di Mario Tirloni<br />
Il Popolo Cattolico è un settimanale che in questi giorni ha<br />
festeggiato gli ottant’anni di attività. Nato a Treviglio il 31<br />
dicembre 1921 (voluto dall’allora arcivescovo di Milano card.<br />
Achille Ratti, divenuto poi Papa Pio XI e fondato da mons.<br />
Ambrogio Portaluppi, prevosto di Treviglio San Martino), il<br />
giornale si proponeva di essere vicino al popolo, interpretandone<br />
le esigenze e le speranze sociali, dentro una visione<br />
cristiana, di fedeltà alla Chiesa e alla Diocesi di Milano<br />
(poiché Treviglio, pur in provincia di Bergamo, fa capo religiosamente<br />
alla diocesi ambrosiana). E dimostrò subito di essere<br />
vicino alla gente.<br />
Oggi, ottant’anni dopo, il settimanale è cresciuto, dilatandosi:<br />
dalle due facciate iniziali alle 48-56 pagine tabloid, a colori,<br />
con grandissima ricchezza di cronaca locale (che “si prende”<br />
almeno il 95 per cento del numero), il Popolo Cattolico ha<br />
percorso un cammino di forte radicamento: a fronte del notiziario<br />
fornito dai quotidiani provinciali e milanesi, è in grado<br />
di... andare oltre, approfondendo e legando l’informazione al<br />
valore del confronto in sede cittadina.<br />
Ed è una “bandiera”... prestigiosa, se si pensa che esce in<br />
una città - che non arriva ai trentamila abitanti - che non è<br />
capoluogo di provincia né sede vescovile (suddivisa in sei<br />
parrocchie), caso unico in Italia (se si eccettua Monza, che<br />
però ha il quadruplo di abitanti). Ed ogni settimana rinnova il<br />
dialogo con la sua gente, chiamandola anzi a discutere, a<br />
confrontarsi: è un dibattito aperto, ininterrotto, fra tutte le idee<br />
e le forze, e pertanto acquista autorevolezza, proprio perché<br />
entra dentro la realtà degli interessi - veri, e di tutti - della<br />
Il settimanale<br />
esce a Treviglio<br />
dal dicembre<br />
1921 ed ha<br />
festeggiato<br />
gli ottant’anni,<br />
sia con un<br />
“numerone”<br />
eccezionale<br />
di 140 pagine sia<br />
con un convegno<br />
sulla stampa<br />
“minore” cattolica.<br />
Diretto da<br />
Amanzio Possenti<br />
dal 1983 è amato<br />
dalla comunità<br />
perché ad essa<br />
vicino<br />
Ottant’anni al servizio<br />
della città e del territorio<br />
di Carlo Rigamonti<br />
Sfogliamo insieme una<br />
copia de il Popolo Cattolico.<br />
La “prima” è rappresentata<br />
da un... impianto fisso: l’editoriale<br />
di Amanzio Possenti<br />
(che esce ininterrottamente<br />
dall’ottobre 1983 e si<br />
sofferma sui principali fatti<br />
di attualità, non solo trevigliese)<br />
e la rubrica Di stri-<br />
scio, a cura del direttore,<br />
che rimarca, come “distico”<br />
veloce, ogni settimana, un<br />
aspetto, dal punto di vista<br />
sociale, culturale, morale e<br />
politico. Nella “seconda”,<br />
spazio ad una curiosa<br />
rubrica Forma Urbis di<br />
Marcello Santagiuliana, un<br />
compendio di attenzioni<br />
alla realtà locale, al Vangelo,<br />
ad una testimonianza<br />
fotografica del passato.<br />
città, procurando di essere costantemente pronto ad accogliere<br />
ogni parere, con umiltà, senza prosopopea, anzi con<br />
la piena disponibilità a dare spazio a tutti, sempre, comunque,<br />
affinché il dialogo sia effettivo, non solo proclamato.<br />
È singolare aggiungere un altro dato di fatto, storico: quando<br />
nacque, il Popolo Cattolico era stato preceduto, da una decina<br />
d’anni, da altro settimanale anch’esso cattolico: si chiamava<br />
La sveglia, ma si decise che occorreva un settimanale<br />
nuovo, più visibile nella realtà sociale ed ecclesiale, più innovativo<br />
rispetto alle attese della gente. Così venne alla luce<br />
questo settimanale, che, festeggiando nel gennaio <strong>2002</strong> gli<br />
ottant’anni, ha dato spazio a due iniziative importanti: in<br />
primo luogo la pubblicazione di un “giornalone” straordinario<br />
(il primo numero del gennaio <strong>2002</strong>) di 140 pagine con sovracoperta<br />
a colori (disegnata dall’artista trevigliese Trento<br />
Longaretti) e con quattro “coste” di foliazione e, soprattutto,<br />
con il recupero, anno per anno, dal 1921 al 2001, di tutta la<br />
cronaca di Treviglio ripristinata; in secondo luogo, l’effettuazione<br />
di un convegno sul rapporto tra la “piccola stampa locale<br />
cattolica” e la grande informazione, convegno che, moderato<br />
dal direttore del giornale, Amanzio Possenti, ha visto la<br />
partecipazione di illustri personaggi, quali il vescovo ausiliare<br />
di Milano mons. Giuseppe Merisi (che fu anche collaboratore<br />
de il Popolo Cattolico, essendo egli un trevigliese), il direttore<br />
di Avvenire Dino Boffo, il direttore di Studi Cattolici Cesare<br />
Cavalleri, lo storico Erminio Gennaro (che ha ripercorso tutta<br />
la vicenda storica de il Popolo Cattolico dalla fondazione), il<br />
presidente nazionale Fisc don Vincenzo Rini e il delegato<br />
regionale don Giorgio Zucchelli, il responsabile delle pagine<br />
diocesane di Milano Claudio Mazza, l’editore mons. Enrico<br />
Anzaghi e, particolare curioso, sette collaboratori de il Popo-<br />
Nella radice<br />
cristiana<br />
la pluralità<br />
delle voci<br />
La “terza” è costituita dalla<br />
rubrica Spunti, tessuta di<br />
ironia e commenti, ad<br />
opera di Fioresanto, con<br />
spazi dedicati a rubriche di<br />
cultura, di arte, di scienza,<br />
di “siti” ed ora anche una<br />
vignetta. Dalla pagina 4,<br />
inizia La nostra città, ovvero<br />
tutto ciò che è cronaca di<br />
Treviglio: e seguono tantissime<br />
pagine attente al<br />
pullulare di iniziative locali.<br />
Previste anche due pagine<br />
del Territorio, riservate ai<br />
paesi della zona. Al centro,<br />
un prezioso inserto - curato<br />
da Laura Fagnani - Tuttonotizie,<br />
con ricchezza di fatti<br />
culturali, di spettacoli, di<br />
memorie, di “pillole” di<br />
cultura: tra i collaboratori<br />
più apprezzati, Mario Arduino,<br />
Marco Carminati, Flavio<br />
Gusmini (per il cinema),<br />
Eria Tasca, Gianfranco<br />
lo Cattolico che hanno “raccontato” la singolarità della loro<br />
esperienza nel corso del tempo.<br />
Il Popolo Cattolico ha una sede dignitosa e accogliente, sita<br />
nel centro di Treviglio, in via Fratelli Galliari (tel. 0363 49423,<br />
fax 0363 49968, e-mail popolocattolico@libero.it).<br />
All’ingresso le persone sono accolte dalle due segretarie,<br />
Laura Fagnani e Nadia Mazzola, c’è poi l’ufficio del direttore<br />
amministrativo rag. Antonio Muttoni, un ampio salone per il<br />
settore computer (con i “tecnici” Mauro Faccà e Chiara Bianchi),<br />
l’ufficio per il direttore tecnico rag. Paolo Parodi e spazio<br />
specifico, ovviamente, per il direttore e per i collaboratori. Il<br />
settore tecnologico è di assoluto primordine: dieci computer<br />
calibrati a seconda delle necessità, cosicché il giornale - che<br />
non ha <strong>dei</strong> redattori nel senso contrattuale, bensì <strong>dei</strong> collaboratori,<br />
iscritti all’<strong>Ordine</strong> quali giornalisti pubblicisti - è nelle<br />
condizioni di essere rapido per ogni evenienza, anche per<br />
cambiamenti totali nella mattinata di giovedì.<br />
Sostenuto da un consiglio di amministrazione (editore mons.<br />
Enrico Anzaghi, che rappresenta pro-tempore la proprietà,<br />
ovvero la parrocchia di san Martino, membri Luca Colleoni,<br />
Lorenzo Bergamini e Angelo Chiari) che provvede a garantire<br />
costantemente l’uscita del settimanale - che non ha mai<br />
avuto interruzioni nella sua lunga vita - “il Popolo Cattolico<br />
ora intende diventare - come ha ricordato il direttore Amanzio<br />
Possenti - ancor più vicino alla gente ed ancora più amato<br />
dalla gente”.<br />
Questo è l’obiettivo di un giornale, che è pienamente tale a<br />
tutti gli effetti e vive in una cittadina dove, tra l’altro, esce un<br />
altro settimanale (laico), opera una tv con sei edizioni giornaliere<br />
di “news”, si pubblicano un mensile e un bimestrale, è in<br />
funzione un’altra stazione televisiva.<br />
Previtali Rosti, Giovanna<br />
Bassetta.<br />
Da notare anche la presenza,<br />
a ritmo alternato, della<br />
Pagina al femminile (a cura<br />
di Giovanna Bindelli), delle<br />
pagine <strong>dei</strong> bambini e <strong>dei</strong><br />
ragazzi (a cura di Francesca<br />
Oggionni e di Maria<br />
Laura Parmeggiano), della<br />
Pagina degli artigiani. E<br />
poi, ancora, tantissima<br />
cronaca frutto importante<br />
del lavoro di Fabio Conti,<br />
Saverio Volpe, Mariella<br />
Ravasi, Paolo Belloni,<br />
Maria Lauretta Moioli, Pina<br />
Donzelli Possenti, Domenico<br />
Vescia, Francesco Chiari,<br />
Michele Motta, Renato<br />
Possenti, Erminio Gennaro,<br />
Manlio Possenti, Luigi<br />
Minuti, Stefano Cerea e<br />
Luca Cesni (con le fotografie).<br />
Fatto eccezionale, il<br />
Popolo Cattolico propone, in<br />
ogni numero un inserto di<br />
otto pagine dal titolo Tuttocalcio<br />
(realizzato da Gigi Di<br />
Cio), dedicato ai ragazzini<br />
che giocano al pallone e<br />
alle squadre minori del<br />
territorio.<br />
Lo sport si nutre anche di<br />
pagine speciali riservate al<br />
basket (con Gabriele<br />
Colombo), alla pallavolo,<br />
allo sport sciistico, all’atletica<br />
e così via.<br />
Insomma, un giornale ricco<br />
di idee, di proposte, di<br />
stimoli, di informazioni, di<br />
buon gusto: va detto a<br />
corollario che lo scrivere è<br />
eccellente, curato, attento.<br />
Infine la grafica, un bel<br />
“colpo d’occhio”, assicurata<br />
da qualità e sensibilità,<br />
oltre che da una stampa<br />
efficace, dalla Sigraf di<br />
Calvenzano.<br />
Il giornale che nasce dalla<br />
collaborazione con i lettori,<br />
che è il sommario della<br />
testata è dunque un luogo<br />
privilegiato di confronto;<br />
cattolico senz’altro, ma<br />
cittadino, totalmente cittadi-<br />
24 (28) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
Intervista con il direttore Amanzio Possenti<br />
I primi<br />
collaboratori<br />
sono<br />
i lettori<br />
di Giseppe Pini<br />
Amanzio Possenti è il direttore<br />
responsabile de il<br />
Popolo Cattolico. Giornalista<br />
professionista, già caposervizio<br />
e vice-redattore capo<br />
per le pagine della provincia<br />
al quotidiano L’Eco di<br />
Bergamo (dal 1963 al<br />
1994), collaboratore di<br />
testate nazionali, dirige il<br />
settimanale di Treviglio dal<br />
1983: Treviglio è la sua città<br />
natale e di residenza.<br />
Qual è il segreto del<br />
successo de il Popolo<br />
Cattolico?<br />
“In primo luogo il suo essere<br />
giornale della gente, nel<br />
vero senso della espressione.<br />
I lettori sono i primi collaboratori<br />
del settimanale, al<br />
quale portano informazioni<br />
di ogni tipo. In secondo<br />
luogo, perché è un giornale<br />
radicato nel cuore <strong>dei</strong> trevigliesi<br />
e degli abitanti del<br />
territorio: per ‘radicato’ intendo<br />
che... non se ne può fare<br />
a meno, da parte di tutti,<br />
cattolici e non. Il fatto che il<br />
settimanale venda attorno<br />
alle 4mila copie (ed abbia la<br />
metà <strong>dei</strong> lettori fra gli abbonati)<br />
significa che tutta la<br />
città lo legge, anche chi non<br />
è d’accordo con la sua<br />
matrice, chiaramente cattolica,<br />
ma libera e aperta”.<br />
Come si organizza ogni<br />
numero in redazione?<br />
“Si comincia il venerdì antecedente<br />
la successiva uscita,<br />
che reca la data del<br />
sabato, ma è in edicola fin<br />
dal giovedì sera. I collaboratori<br />
- che sono tantissimi,<br />
un’ottantina, quasi tutti<br />
giovani, insieme ad alcuni<br />
‘pilastri storici’ - sono avvertiti<br />
dal direttore, tramite la<br />
segreteria, <strong>dei</strong> servizi che<br />
dovranno preparare, degli<br />
spazi e <strong>dei</strong> tempi di presentazione.<br />
Tutto affluisce sul<br />
tavolo del direttore che, nel<br />
no, un giornale che dimostra<br />
come la stampa locale<br />
possa avere un grande<br />
avvenire, quando sappia<br />
sposare la notizia con la<br />
capacità di raccontarla.<br />
I direttori che si sono<br />
succeduti negli 80 anni de<br />
il Popolo Cattolico sono<br />
numerosi. Ricordiamo -<br />
insieme a don Carlo Rossi<br />
dell’epoca della fondazione<br />
- alcuni altri del periodo<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
caso specifico, rivede l’intero<br />
materiale, lo colloca titolandolo<br />
nelle singole pagine,<br />
ne traccia le tipologie<br />
grafiche, poi il tutto viene<br />
realizzato al meglio, con<br />
grande professionalità, dai<br />
due tecnici del settore<br />
computer, Mauro Faccà e<br />
Chiara Bianchi, sotto la<br />
guida tecnica del rag. Paolo<br />
Parodi. Seguono i momenti<br />
del controllo e delle correzioni:<br />
giovedì mattina, ultimi<br />
tempi a disposizione,<br />
giovedì nel primo pomeriggio<br />
la stampa, quindi la<br />
diffusione nelle edicole a<br />
partire dalle ore 17.<br />
E l’attesa è tale che subito<br />
‘spariscono’ moltissime<br />
copie...”.<br />
Quale esperienza in più<br />
rispetto al periodo di<br />
lavoro (mi pare 32 anni) al<br />
quotidiano?<br />
“Quella di vivere la realtà<br />
‘autentica’ della gente, a<br />
contatto diretto: niente<br />
‘discorsi alati’, molta pratica<br />
e sensibilità, tanta concretezza<br />
e attenzione, perché<br />
si opera ‘sul difficile’, nella<br />
propria città e dunque<br />
occorrono rispetto (sempre<br />
e comunque) delle persone<br />
e delle situazioni, della<br />
verità, della oggettività e<br />
della comunità, nonché<br />
prudenza che significa<br />
risposta ai fatti, non sensazionalismi,<br />
attenzione alle<br />
norme morali, penali e<br />
deontologiche. Dunque,<br />
una ricerca continua di un<br />
giornalismo fatto per il lettore,<br />
nel modo più immediato<br />
e comunicativo. Ovviamente<br />
dentro la radice cristiana,<br />
che però vuol dire, qui a il<br />
Popolo Cattolico, totale<br />
pluralità di opinioni: ed è<br />
anche per questo che il<br />
giornale ‘tira’ e vende,<br />
proprio perché è di tutti e<br />
per tutti, nessuno escluso,<br />
senza preferenze per<br />
nessuna forza politica o<br />
sociale”.<br />
posteriore all’ultima guerra<br />
mondiale: don Costantino<br />
Rossi, don Alessandro<br />
Mezzanotti (che impresse<br />
uno slancio straordinario<br />
negli anni fra il 1948 e il<br />
1962), don Walter Vigo, P.<br />
Gaetano Galbiati, don<br />
Paolo Donato, P. Battista<br />
Cortinovis, ed infine, primo<br />
direttore laico, il giornalista<br />
Amanzio Possenti (dall’ottobre<br />
1983).<br />
IL RICONOSCIMENTO CONSEGNATO A REPORTERS SANS FRONTIERES<br />
Il “Premiolino”<br />
ai Caduti sul campo<br />
di Nicola Falcinella<br />
I giornalisti che trascorrevano insieme settimane<br />
o mesi lontani da casa sui teatri delle<br />
principali vicende internazionali stringevano<br />
fra loro legami che fatalmente si allentavano<br />
al rientro, ciascuno assorbito dalla routine<br />
del quotidiano. Fu così che, nel 1960,<br />
nacque il “Premiolino”, il riconoscimento al<br />
giornalista del mese, l’autore del servizio più<br />
lucido o dell’inchiesta più significativa. La<br />
giuria era costituita da illustri inviati che<br />
avevano modo di ritrovarsi, magari intorno al<br />
tavolo di una trattoria, in occasioni e sedi<br />
diverse da quelle di corrispondenza o dai<br />
campi di battaglia. Questa volta il premio è<br />
andato a chi non si può più incontrare al ritorno<br />
da una “missione” all’estero.<br />
La giuria ha assegnato il riconoscimento agli<br />
8 giornalisti, di 7 Paesi diversi, che hanno<br />
perso la vita cercando di raccontare il conflitto<br />
in Afghanistan.<br />
Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera, i<br />
francesi Pierre Billaud, di Rtl e Johanne<br />
Sutton, di Radio France International, l’australiano<br />
Harry Burton, di Reuters Video<br />
News, l’afgano Azizullah Haidari, della<br />
Reuters, lo spagnolo Julio Fuentes, di El<br />
Mundo, il tedesco Volker Handloik, di Stern,<br />
e lo svedese Ulf Stromberg, di Tv4.<br />
In loro memoria il Premiolino è stato consegnato,<br />
lo scorso 31 gennaio al Circolo della<br />
Stampa di Milano, nelle mani di Robert<br />
Ménard, segretario generale di Reporters<br />
sans Frontières.<br />
All’associazione, considerata “l’organismo<br />
più idoneo a rappresentare tutti i giornalisti<br />
caduti”, è andato l’assegno di 15.000 euro,<br />
mentre pergamene sono state inviate alle<br />
famiglie degli 8 giornalisti. Gaetano Tumiati,<br />
presidente della giuria, ha introdotto la serata<br />
ricordando i messaggi giunti dalle più alte<br />
cariche dello Stato.<br />
Robert Ménard ha parlato <strong>dei</strong> rischi che ancora<br />
oggi i giornalisti corrono svolgendo il<br />
proprio lavoro, citando i 513 colleghi uccisi<br />
negli ultimi 10 anni. “I conflitti sono sempre più<br />
pericolosi per chi li vuole raccontare perché la<br />
loro natura è mutata – ha affermato. “La guerra<br />
classica con un fronte ben definito non<br />
Riccione, 6 febbraio - Al via il bando di concorso dell’ottava<br />
edizione del Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi (Riccione,<br />
6-7-8 giugno <strong>2002</strong>) che da quest’ anno ha ottenuto il patrocinio<br />
della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.<br />
Solidarietà, non violenza e giustizia sono le tematiche<br />
sociali su cui si devono concentrare i servizi televisivi d’inchiesta<br />
che vogliono concorrere al Premio dedicato alla giornalista<br />
Rai uccisa a Mogadiscio (Somalia) nel <strong>marzo</strong> ‘94, insieme al<br />
telecineoperatore Miran Hrovatin. Il concorso è promosso dalla<br />
Regione Emilia Romagna, dal Comune di Riccione e dalla<br />
Provincia di Rimini ed organizzato dall’Associazione culturale<br />
Comunità Aperta. Confermate - oltre a quella del Premio Miran<br />
Hrovatin per teleoperatori - le cinque sezioni <strong>dei</strong> giornalisti: per<br />
servizi brevi da Tg, medio lunghi, di approfondimento, una<br />
quarta riservata alle Tv locali e regionali, una quinta ai giornalisti<br />
under 32. Per quest’ ultima (Premio giovani) è stata organizzata<br />
una giuria ad hoc composta esclusivamente dagli<br />
Gaetano Tumiati, esiste più e i giornalisti diventano <strong>dei</strong> bersagli,<br />
al centro, uccisi proprio perché giornalisti. È importante<br />
presidente che si mandino al fronte giornalisti esperti,<br />
della giuria, possibilmente dopo aver seguito corsi di<br />
illustra i motivi formazione come già fa la Bbc, e che venga-<br />
che hanno no assicurati per garantire le loro famiglie. E<br />
portato ancora va combattuta l’impunità di chi uccide<br />
ad assegnare giornalisti”. Compito di Reporters sans Fron-<br />
il Premiolino tieres, secondo il suo segretario, è aiutare i<br />
a Reporters cronisti in difficoltà, soprattutto quelli seque-<br />
sans Frontieres<br />
strati che non debbono essere dimenticati.<br />
“Abbiamo il dovere di difendere ed estendere<br />
la possibilità di informare in modo libero” è<br />
intervenuto il vicedirettore di Le Monde,<br />
Anne Chaussebourg. “I giornalisti fanno<br />
paura perché testimoniano, perché raccolgono<br />
prove che a molti danno fastidio. Il nostro<br />
giornale è molto attaccato a questi valori di<br />
libertà e presto a Parigi sorgerà una casa di<br />
accoglienza per i giornalisti stranieri”.<br />
Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere,<br />
nel suo intervento ha definito “opportuna” la<br />
scelta della giuria di ricordare “i colleghi morti<br />
in questo conflitto”. “È importante - ha<br />
aggiunto De Bortoli che ha portato il ringraziamento<br />
della famiglia Cutuli – non perdere<br />
la memoria del loro sacrificio”. Sul dovere<br />
della memoria ha incentrato il proprio saluto<br />
anche il presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia,<br />
Franco Abruzzo, che ha annunciato la<br />
proposta di un ricordo annuale “perché questi<br />
colleghi restino sempre con noi”.<br />
Il presidente nazionale dell’<strong>Ordine</strong>, Lorenzo<br />
Del Boca si è complimentato con la giuria<br />
per “un premio di grande significato”. “Maria<br />
Grazia – ha sostenuto Del Boca – ha riscattato<br />
le piccole vigliaccherie quotidiane di tutti<br />
noi. Dobbiamo prestare più attenzione al<br />
linguaggio. Utilizziamo termini guerreschi per<br />
raccontare manifestazioni sportive o confronti<br />
politici e quando andiamo in guerra non<br />
abbiamo più parole capaci di descrivere<br />
quello che avviene”.<br />
In chiusura il vicepresidente della Parmalat,<br />
Domenico Barili, ha consegnato il premio a<br />
Robert Ménard. “Abbiamo sponsorizzato di<br />
tutto – ha affermato Barili – ma mai mi sarei<br />
aspettato di sponsorizzare la libertà di stampa<br />
e quindi la difesa della verità”.<br />
Al via l’ottava edizione del Premio Ilaria Alpi<br />
studenti delle scuole superiori della provincia di Rimini.<br />
La novità di quest’anno è la sezione dedicata agli studenti<br />
delle scuole di giornalismo. All’edizione <strong>2002</strong> potranno partecipare<br />
al concorso anche gli allievi delle scuole riconosciute<br />
dagli Ordini <strong>dei</strong> giornalisti di tutta Italia, con servizi realizzati<br />
come prodotti didattici ed in linea con le tematiche del Premio<br />
giornalistico televisivo Ilaria Alpi.<br />
L’ edizione <strong>2002</strong> ripropone anche il Premio della critica, attraverso<br />
la segnalazione di servizi d’approfondimento andati in<br />
onda sulle emittenti televisive italiane da parte di una giuria<br />
di critici televisivi.<br />
Sempre più consolidati gli intenti del Premio, che si propone<br />
di promuovere servizi e inchieste che trattino temi d’impegno<br />
civile e sociale, con l’obiettivo di voler valorizzare e far conoscere<br />
il giornalismo d’ inchiesta televisivo.<br />
Quello per l’ appunto in cui era impegnata Ilaria Alpi. Il bando<br />
è reperibile anche sul sito www.ilariaalpi.it. (ANSA)<br />
<strong>25</strong> (29)
GRANDI FOTOGRAFI<br />
Se a Milano la mostra sulle<br />
fotografie di Ferdinando<br />
Scianna Altre forme del<br />
caos rimanda allo stesso titolo<br />
dell’antologica che alcuni<br />
anni fa ottenne uno<br />
strepitoso successo ed ha<br />
appena chiuso oltre un mese<br />
di celebrazione, l’altra<br />
esposizione ospitata a<br />
Parigi e inaugurata a fine<br />
gennaio, precisamente il<br />
22, rimarrà aperta fino al 7<br />
aprile. Si chiama Mondo<br />
bambino e come accennato<br />
nella sua intervista descrive<br />
la condizione infantile<br />
in tutto il mondo visitato<br />
dall’obbiettivo di Scianna.<br />
Ancora contrasto, questa<br />
volta fra arretratezza e felicità<br />
<strong>dei</strong> più piccoli, che non<br />
Scianna: ricomincerei da<br />
di Francesca Romanelli<br />
Si definisce un «conversatore fluviale», ma<br />
la sua iniziale ritrosia conserva il retaggio di<br />
un pudore e una riservatezza tutti siciliani,<br />
riproposti a tratti in un accento ruvido e tornito<br />
come la sua terra. Ferdinando Scianna<br />
rievoca i suoi 40 anni di fotografia e 30 di<br />
giornalismo. Ripudia la svolta artistica delle<br />
immagini che spinge i fotografi lontano dalla<br />
testimonianza, mette in guardia dalle manipolazioni<br />
insite nelle nuove tecnologie. Un<br />
grande osservatore si racconta. E confessa<br />
che, se potesse tornare indietro, ricomincerebbe.<br />
Questa volta, a sorpresa, dalla scrittura.<br />
Quale storia personale si cela dietro la<br />
sua avventura di fotografo di fama: come<br />
ha iniziato questa attività e soprattutto a<br />
quale età?<br />
«Ho cominciato assai presto. Vivevo a<br />
Bagheria, a pochi chilometri da Palermo e<br />
avevo probabilmente un destino precostituito:<br />
la mia famiglia aspirava a vedermi professionista.<br />
La mia scelta è stata forse un modo<br />
di fuggire da quel destino. Mi ero iscritto alla<br />
facoltà di Lettere all’università di Palermo e<br />
intanto mi divertivo a fotografare le feste religiose,<br />
un interesse che si tradusse nella<br />
scelta di una tesi in antropologia culturale.<br />
Alla mia prima mostra venne Leonardo Sciascia.<br />
E lì scoppiò una scintilla d’affetto che<br />
innescò un’amicizia imperitura. Lo accompagnai<br />
a Bari dove doveva presentare il suo<br />
testo Morte dell’inquisitore e così, con un<br />
piccolo editore che si chiamava Leonardo da<br />
Tutto<br />
Scianna<br />
da<br />
Milano<br />
a Parigi<br />
Sciascia fotografato da Scianna a Racalmuto. 1964<br />
coincide con la soddisfazione<br />
materiale, bensì con<br />
la serenità dell’innocenza.<br />
Miseria oggettiva eppure<br />
pienezza spirituale. La rassegna<br />
è ospitata all’Istituto<br />
Italiano di Cultura. E poi c’è<br />
il nuovissimo libro che l’autore<br />
ha intitolato Obiettivo<br />
ambiguo, edito da Rizzoli,<br />
334 pagine in cui la tecnica<br />
fotografica fa i conti con se<br />
stessa: con l’obbiettivo che<br />
non è sempre oggettivo ma<br />
spesso ambiguo, capace di<br />
celare, interpretare, modificare<br />
la visione complessiva<br />
della realtà. Si tratta soprattutto<br />
di pagine nelle<br />
quali si mescolano le sue<br />
due grandi passioni di vita:<br />
la scrittura racconta la foto.<br />
Vinci, nacque l’idea di un mio libro proprio<br />
sulle feste. Avevo 21 anni. Ecco, è di allora la<br />
mia prima opera. Sull’onda di quel libro ho<br />
iniziato. Un lavoro che portò anche qualche<br />
polemica, ma le contestazioni furono presenti<br />
durante tutta la carriera di Sciascia. Emigrai<br />
a Milano e qui trascorsi undici anni all’Europeo<br />
come fotoreporter in una stagione considerata<br />
mitica. Era il giornale di Tommaso<br />
Giglio, della Fallaci, chi vinceva il Campiello,<br />
chi faceva il professore universitario... era un<br />
mondo singolare. Qui ho cominciato la mia<br />
esperienza. Gianfranco Moroldo mi ha aiutato<br />
a trasformare in mestiere quello che era<br />
solo un istinto. Poi nel 1973 ho cominciato a<br />
scrivere e durante il 1974 sono passato da<br />
reporter al lavoro di giornalista. Nello stesso<br />
anno sono stato inviato a Parigi da parte di<br />
Giglio: in Francia ho conosciuto il mio grande<br />
amico Cartier Bresson, che mi consigliò di<br />
presentare il mio curriculum all’agenzia<br />
Magnum. Ed eccomi qui.»<br />
Che cos’è per lei la fotografia?<br />
«La fotografia è un modo di entrare in relazione<br />
con il mondo attraverso il felice alibi di<br />
testimone. Ma è soprattutto un sistema per<br />
raccontare anche le proprie vicende personali».<br />
Condivide la definizione del giornalista<br />
come storico dell’istante?<br />
«Siamo storici, la foto è storia, se ne sono<br />
accorti con ritardo estremo che è il linguaggio<br />
chiesto dalla modernità. La fotografia<br />
giostra con gli istanti. Ma con essa si possono<br />
ricostruire cose molto diverse».<br />
Quale ritiene sia il ruolo della fotografia<br />
oggi?<br />
«Come per molti autori della<br />
tradizione narrativa siciliana,<br />
la sua terra ha rappresentato<br />
per lui una metafora del mondo:<br />
un mondo che somiglia a<br />
un a trappola, in cui la ragione,<br />
negata e conculcata da<br />
poteri e complicità di tutti i tipi,<br />
è costretta a cercare se stessa,<br />
a difendere ostinatamente<br />
la sua funzione di giustizia<br />
e di verità».<br />
Questo è Leonardo Sciascia<br />
secondo le parole dello storico<br />
della letteratura Giulio<br />
Ferroni (1992). Non è stata<br />
solo dunque una semplice<br />
comunanza anagrafica ad<br />
avvicinare il siciliano Sciascia<br />
e il siciliano Scianna, ma una<br />
vera contiguità ideale vestita<br />
da un sentimento di amicizia.<br />
Uno con la penna, l’altro con<br />
l’obbiettivo, hanno voluto illuminare<br />
la realtà recondita di<br />
una terra statica nei secoli e<br />
imporsi una riflessione sul si-<br />
«È un momento ambiguo, sta attraversando<br />
uno spartiacque tecnologico e culturale. Ha<br />
costituito una rivoluzione quando all’inizio<br />
dell’Ottocento ha risposto ad un’esigenza<br />
industriale, alla necessità di diffondere le<br />
immagini velocemente grazie alla fotoincisione<br />
e alla litografia. È un’emergenza della<br />
sensibilità, rappresenta il bisogno di tornare<br />
alla prova dell’esistenza del reale, ha continuato<br />
a vivere un ruolo ambiguo. Perché la<br />
portiamo nei tribunali, la teniamo sulle nostre<br />
carte d’identità, la conserviamo quando<br />
ritrae la persona di cui siamo innamorati e la<br />
strappiamo quando un amore finisce. Ne<br />
abbiamo fatto e ne facciamo una testimonianza<br />
fisica di identità. Le abbiamo conferito<br />
il valore della prova. Ma è un linguaggio<br />
che dice la verità e insieme mente, proprio<br />
come la parola. In più, la fotografia ha una<br />
specificità: qualunque foto è vera; può essere<br />
falsa la didascalia, il contesto.<br />
La verità dell’immagine c’è anche nel fotomontaggio,<br />
che pure è imbrogliare. Le foto si<br />
portano comunque dietro una traccia del<br />
reale e determinano il modo di concepire il<br />
mondo. Se scomparissero, i doganieri avrebbero<br />
difficoltà a farci passare...<br />
Ora la fotografia ha trasformato la pittura. Per<br />
secoli questa è stata dar conto del reale ed<br />
anche se ambigua è un frammento del reale.<br />
Le nuove tecnologie digitali presuppongono<br />
oggettivamente la possibilità di manipolazioni.<br />
Anche se poi non avvengono. Le rendono<br />
possibili il trasporto di pixel e non di atomi di<br />
carta, che danno l’opportunità di produrre<br />
autonomamente immagini. La mistificazione<br />
è connaturata alla tecnologia stessa: anche<br />
Leonardo Sciascia<br />
amico degli esordi<br />
gnificato della verità, l’uno<br />
con la razionalità, l’altro con<br />
la sensibilità.<br />
Non stupisce quindi che l’autore<br />
de Il giorno della civetta<br />
abbia intravisto nel giovane<br />
Scianna la sua stessa tensione<br />
per l’indagine antropologica,<br />
la sua stessa passione<br />
per la commistione di generi<br />
e la lucida reattività <strong>dei</strong><br />
vent’anni. Sciascia nasce a<br />
Racalmuto nel 1921, in provincia<br />
di Agrigento, dove diviene<br />
subito maestro elementare<br />
nella scuola del suo<br />
paese. La didattica occupa la<br />
sua vita fino alla fine degli anni<br />
‘50, quando approda a<br />
Roma al ministero della<br />
Pubblica istruzione per tornare<br />
poi a Caltanissetta dove si<br />
stabilisce e lavora per il<br />
Patronato scolastico. Degli<br />
stessi anni è il suo primo libro<br />
a diventare famoso: Le parrocchie<br />
di Regalpetra scritto<br />
nel 1956. Di soli pochi anni<br />
più tardi, ovvero del 1961 è il<br />
suo romanzo più noto. Parte<br />
dal neorealismo dominante<br />
dopo la seconda guerra<br />
mondiale e lascia nella sua<br />
scrittura tracce di verismo<br />
per l’attenzione alla dimensione<br />
meridionale, ma si differenzia<br />
nettamente per le<br />
costruzioni intellettuali e le<br />
complicazioni delle vicende<br />
che sovrappone ai paesaggi<br />
della sua terra. Una scelta<br />
deliberata per mettere la ragione<br />
alla prova delle difficoltà.<br />
Tipica della sua produzione è<br />
la forma letteraria del giallo:<br />
la attinge sia da un marcato<br />
gusto che il pubblico rivela in<br />
quegli anni e che si esprime<br />
sui molti settimanali tentati<br />
dalla forma detective sia dalla<br />
perenne amarezza che<br />
contraddistingue il suo carattere.<br />
Ripropone questo gene-<br />
L’Europeo<br />
Undici anni<br />
d’inchiesta<br />
All’agenzia Magnum, Scianna lavora dal<br />
1982. Prima, anni di fotografie e servizi<br />
all’Europeo. La storia di questa pubblicazione<br />
italiana, che comincia la sua avventura<br />
nel 1944 con formato lenzuolo e lo stile privilegiato<br />
dell’inchiesta, parla di un settimanale<br />
che già tirava fra le 100.000 e le 130.000<br />
copie negli anni Cinquanta, periodo in cui<br />
spiccava per il suo anticonformismo. Vide<br />
come direttore Arrigo Benedetti e la collaborazione<br />
in economia di Eugenio Scalfari.<br />
Quando la proprietà di questa testata liberaldemocratica<br />
passò ad Angelo Rizzoli, la<br />
rottura fra direzione e proprietà condusse<br />
l’entourage di Benedetti a fondare un nuovo<br />
settimanale: nacque così L’Espresso. L’intenzione<br />
iniziale lo voleva quotidiano, la realizzazione<br />
lo vide settimanale. A finanziare<br />
buona parte dell’impresa è Adriano Olivetti.<br />
se non la usi, sai che può essere usata.<br />
Cambierà il modo di rapportarsi con il<br />
mondo. La stessa televisione ci dà l’impressione<br />
di partecipare agli avvenimenti, ma la<br />
realtà è autonoma e c’è un muro costante fra<br />
noi e il reale. Non a caso sono diffidentissimo<br />
nei confronti del tentativo, che da più<br />
parti si tenta di fare, di promozione della fotografia<br />
ad arte: è un modo per buttare i fotografi<br />
fuori dalla realtà».<br />
La sua vita le ha provate entrambe. Qual<br />
è a suo parere la differenza tra fotografia<br />
e scrittura?<br />
« È una differenza capitale. Se potessi ricominciare<br />
dall’inizio, sceglierei di scrivere.<br />
Perché la scrittura è il linguaggio di espressione<br />
più alto che l’uomo abbia mai elaborato<br />
da quando grugniva con una pietra in<br />
mano. Ho difficoltà a pensare ad un Dante<br />
della pittura o ad un Omero della fotografia.<br />
Questa tecnica ha una storia più recente. E<br />
finirà prima che possa competere con altri<br />
linguaggi. È un processo conoscitivo diverso<br />
dalla scrittura, la fotografia si scioglie nell’incontro<br />
con la realtà. Così come Valéry diceva<br />
a proposito della danza: l’istante si scioglie<br />
nella forma e la forma si scioglie nell’istante.<br />
La fotografia ha a che fare con l’istinto,<br />
è una risposta psicoanalitica a ciò che si<br />
ha già dentro di sé. La fotografia è folgorazione.<br />
La scrittura è sedimentazione.<br />
Hanno relazioni molto forti, è vero, perché<br />
vengono spesso abbinate. Ma la fotografia è<br />
più vicina alla pittura che alla letteratura».<br />
Parliamo del suo ultimo lavoro.<br />
« Ho fatto un viaggio in Yemen. Diciamo che<br />
mi compro il tempo e la libertà. Recentemen-<br />
re letterario nel volume A ciascuno<br />
il suo del 1966.<br />
Soltanto di un anno più tardi<br />
è il libro ricordato da Scianna:<br />
Morte dell’inquisitore edito<br />
nel 1967 e dedicato alla<br />
tragedia dell’inquisizione.<br />
La sua figura letteraria e d’intellettuale<br />
attento all’attualità<br />
sono causa delle innumerevoli<br />
critiche alla sua produzione<br />
ricordate anche da<br />
Scianna.<br />
La fama della sua inestricabile<br />
problematicità supera perfino<br />
i confini nazionali e si impone<br />
nel contesto del dibattito<br />
internazionale, non solo<br />
culturale. Ancora giallo nello<br />
scritto Il contesto del 1971.<br />
Si avvicina alla politica da sinistra<br />
e fra gli anni ‘70 e ‘80<br />
dedica un’ampia pubblicistica<br />
polemica al mondo contemporaneo.<br />
Deluso dal comportamento<br />
della classe dirigente italiana<br />
durante la vicenda Moro, fu<br />
deputato alla Camera dal<br />
1979 al 1983 ed esponente<br />
dalla Commissione di inchiesta<br />
proprio sul caso Moro.<br />
Morì a Palermo nel 1989.<br />
(Fra. Ro)<br />
26 (30) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
alla scrittura<br />
te ho lavorato per alcune campagne pubblicitarie.<br />
Domani, ad esempio, andrò a fotografare<br />
degli atleti.»<br />
Perché l’esistenza di due mostre, una a<br />
Milano e l’altra a Parigi?<br />
«Perché sì. Milano è un adattamento di<br />
spazio dell’antologica che gira l’Europa ed è<br />
già stata in Spagna. Traccia un percorso<br />
all’interno del labirinto della vita. Ha un<br />
accento marcatamente siciliano, appartenente<br />
alle pose riprese dai miei 19, 20 anni.<br />
Presenta il tema del paesaggio, del viaggio,<br />
del reportage sociale. A Parigi invece è<br />
incentrata sui bambini. Ho tirato fuori foto di<br />
bimbi colte in varie occasioni, per mostrare<br />
la condizione dell’infanzia nel mondo.<br />
Scoprendo che la felicità può convivere con<br />
la miseria».<br />
Ha appena pubblicato un testo dal titolo<br />
particolare, Obiettivo ambiguo.<br />
Comprensibile alla luce della “poetica”<br />
che ha appena esposto. In che cosa<br />
consiste il volume?<br />
«È un libro di testi. Ho molto riflettuto su ciò<br />
che faccio. Quando la mia pigrizia me lo<br />
consente, scrivo sui problemi della fotografia.<br />
Contiene articoli di vent’anni divisi in tre<br />
settori: l’etica, la teorica e i ritratti di 50 fotografi.<br />
L’anno scorso ho anche tenuto un<br />
bizzarro insegnamento su tutto questo all’università<br />
di Torino».<br />
Com’è stata la sua esperienza all’università?<br />
«Estremamente affascinante. Un modo per<br />
incontrare gente. Dapprima ho resistito un<br />
po’, perché mi sento discepolo e mi vedo<br />
malissimo come maestro. La grande crisi c’è<br />
Costa d’Avorio. 1972<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
stata quando ho capito che non si trattava<br />
soltanto di chiacchierare, ma dovevo seguire<br />
esami, tesi. Sono rimasto sconvolto dalla<br />
cosa. E sono fuggito. Inseguito, ma mai<br />
raggiunto. Per lo stesso motivo non partecipo<br />
mai a premi e giurie. Come dice Cartier Bresson:<br />
“Non siamo mica cavalli da corsa..”».<br />
C’è una fotografia che considera la più<br />
significativa della sua carriera o alla<br />
quale tiene maggiormente rispetto alle<br />
altre?<br />
«I rapporti con le foto sono come quelli con<br />
le idee, con i pensieri. E con gli amori. Non si<br />
può dire a quale si è più legati. O lo si può<br />
dire nel momento in cui lo si è. Non ho preferenze<br />
fra le foto mie, ma fra quelle degli altri.<br />
Fra le mie costantemente scelgo. Cartesio<br />
del resto non diceva che “pensare significa<br />
scegliere”?».<br />
Quale realtà o situazione mondiale<br />
vorrebbe raccontare oggi in fotografia?<br />
C’è un luogo di guerra dove desidererebbe<br />
essere?<br />
«Mi è capitato di trovarmici in mezzo. Ma noi<br />
siamo ancora tributari ad un’idea della storia<br />
un po’ vecchia, fatta di precisi momenti<br />
epocali con cui si scrive il tempo. Ricordiamo<br />
le grandi battaglie. Ho l’impressione al contrario<br />
che gli avvenimenti siano trasversali.<br />
Sono stato, ad esempio, più volte a Benares<br />
in India. E l’impressione iniziale era di banalità,<br />
tutto sembrava uguale a venticinque anni<br />
prima, ma ad uno sguardo attento ho visto<br />
nelle stesse strade come invece si opponessero<br />
modernità e tradizione. Le contaminazioni<br />
mi attirano, gli innesti, come gli arabi in<br />
Sicilia. Cerco e ritraggo i contrasti».<br />
Bagheria è una donna in età<br />
totalmente immersa nell’ombra,<br />
a capo coperto, che dietro<br />
le liste di un’imposta battuta<br />
dal sole scruta indagativa<br />
e incerta una realtà luminosa<br />
e accecante.<br />
Ignota, solo intuita dal timore<br />
reverenziale degli occhi. È<br />
nel 1981, alle soglie <strong>dei</strong> suoi<br />
40 anni e della maturità professionale<br />
che Ferdinando<br />
Scianna rapisce in una<br />
istantanea lo spirito della<br />
sua cittadina natale: reclusa<br />
nella tradizione del sud, buia<br />
ed ermetica per il resto del<br />
mondo che si presenta invece<br />
brillante e veloce. In questo<br />
rettangolo verticale, rigorosamente<br />
in bianco e nero,<br />
l’autore racchiude idealmente<br />
e forse inconsapevolmente<br />
il mistero della sua vocazione:<br />
fatta di attrazione e fuga<br />
dalle origini, di appartenenza<br />
e denuncia per una<br />
stessa realtà, di osservatore<br />
che denuda i contrasti, qui di<br />
luce e di ombra, di arretratezza<br />
e modernità, sostanziata<br />
dalla volontà di perpetuare<br />
l’eterno che alberga in<br />
ogni attimo. Questo primissimo<br />
piano sfuggente riassume<br />
simbolicamente tutta l’esposizione<br />
con cui Milano ha<br />
celebrato Ferdinando Scianna<br />
dal 17<br />
gennaio al<br />
24 febbraio<br />
con la personale.<br />
Altre forme<br />
del caos organizzata<br />
da<br />
Sozzani in<br />
collaborazione<br />
con Contrasto.<br />
Un centinaio<br />
di fotografie<br />
fra stampe<br />
alla gelatina<br />
d’argento e<br />
vintage mostrati<br />
per la<br />
prima volta,<br />
radunati negli<br />
ambienti<br />
irregolari<br />
della galleria<br />
Sozzani di<br />
corso Como<br />
10: poche pareti ruvide tinteggiate<br />
di bianco in una delle<br />
tante periferie della città<br />
per chi crede ancora che<br />
l’understatement sia sinonimo<br />
di cultura o di qualche<br />
malinteso snobismo radical<br />
chic. Le immagini sono appese<br />
in un continuum ad altezza<br />
d’uomo, in quello che<br />
prima di dedicarsi a divagazioni<br />
artistiche doveva essere<br />
un semplice appartamento.<br />
Bella idea. Da un bar giardino<br />
tutto avvolto di verde<br />
sale silenzioso, dalle scale di<br />
ringhiera, un profumo primaverile<br />
di focaccia.<br />
Scianna è idealmente lì a<br />
proporsi in tutte le declinazioni<br />
visive dapprima del suo<br />
io giovanile, poi della sua<br />
identità di fotoreporter dal<br />
mondo: c’è Roccamena,<br />
Sicilia. Lo scrittore Ignazio<br />
Buttitta declama poesie, vintage<br />
in cui appare la patriarcalità<br />
di una comunità di uomini,<br />
tutti in campagna, raccolti<br />
ad ascoltare un oratore<br />
sopraelevato. Ma c’è soprattutto<br />
Prizzi, Sicilia. Sulla<br />
piazza del paese la domenica<br />
mattina, dove esclusivamente<br />
uomini affollano lo<br />
spazio aperto sotto il sole e<br />
una congrega di donne si<br />
Una realtà<br />
in bianco<br />
e nero<br />
A sinistra:<br />
«Budapest,<br />
Ungheria.<br />
La statua di<br />
Stalin viene<br />
portata in<br />
un deposito.<br />
1990»<br />
A destra:<br />
«Valencia–<br />
Spagna.<br />
1995»<br />
Sotto:<br />
«Napoli.<br />
1989»<br />
accalca sul terrazzo di casa.<br />
Ci sono i miti della socialità<br />
contadina e i riti di una religiosità<br />
altera ma insieme<br />
ostentata.<br />
Degli inizi, scattata a 19 anni,<br />
c’è Ventimiglia di Sicilia:<br />
venerdì santo incentrata sulle<br />
feste religiose che saranno<br />
il suo trampolino di lancio.<br />
La folla trasporta un Cristo<br />
sulla lettiga.<br />
L’inquadratura ne scorcia la<br />
figura dal fondo. E la citazione<br />
è chiara: il famoso Cristo<br />
rinascimentale di Mantegna.<br />
Protagonisti agli occhi di<br />
Scianna sono i volti, le persone,<br />
tutto ciò che è mosso<br />
da vita: ecco allora anche il<br />
curioso ritratto delle razze riprese<br />
come visi, di polpi<br />
mollemente adagiati, di un<br />
gatto nello slancio di un salto<br />
fra gli scogli. Non ci sono<br />
paesaggi, se non uno tradizionale<br />
e da cartolina: la luna<br />
che troneggia nel cielo<br />
notturno di una costiera marittima.<br />
Il gusto per il contrasto, già<br />
nettamente scolpito nella<br />
scelta del bianco e nero,<br />
sembra accentuarsi nei<br />
viaggi all’estero. Costante rimane<br />
invece la tecnica di<br />
porre in sfocato e sfumato lo<br />
sfondo (Douz, Tunisia.<br />
Tempesta di sabbia nel deserto),<br />
meno spesso i soggetti,<br />
per conferire movimento<br />
all’immagine. E se agli<br />
scenari di Grecia applica la<br />
stessa amorevole e calda attenzione<br />
per le persone così<br />
simili a quelle del meridione<br />
italiano, gli scatti su Parigi,<br />
India e New York sanno invece<br />
di forte denuncia sociale.<br />
Così è Parigi, barboni nella<br />
metropolitana. 1975: sotto<br />
un enorme cartellone pubblicitario<br />
con due mani in atto<br />
di sorreggere due calici di<br />
champagne che si incontrano,<br />
dormono altrettanto speculari<br />
due clochard distesi<br />
su due panchine. Invettiva<br />
contro una ricchezza superflua<br />
per pochi e un’umanità<br />
necessaria di tutti. Analoga<br />
nel suo significato si rivela<br />
India, Benares. Un cane sui<br />
ghats su travi di legno e che<br />
si contorce per combattere<br />
le zecche. C’è anche, in questo<br />
Scianna, una rapida pennellata<br />
al presente politico:<br />
Budapest, Ungheria. La statua<br />
di Stalin viene portata in<br />
un deposito. 1990 presenta<br />
un imponente e inservibile<br />
monumento all’ideologia ormai<br />
sgretolatasi che viene<br />
trascinato via da un piccolo<br />
uomo. È presente qui e anche<br />
in tutte le altre istantanee<br />
una specie di rumore di<br />
fondo: un’aria di dismissione,<br />
di decadenza che si respira<br />
in ogni scatto. Dedicata<br />
alla guerra è poi la foto più<br />
bella della galleria, Beirut:<br />
un guerrigliero. 1976 che impugna<br />
un fucile sul cui manico<br />
è incastonata l’immagine<br />
della Madonna. Il contrasto<br />
si aggrava in conflitto, non<br />
solo bellico, ma fra bene e<br />
male. E risalta icastica l’ipocrisia<br />
umana di dominio. Ma<br />
un’altra peculiarità decisiva<br />
di Scianna è la sua radicale<br />
vocazione estetica.<br />
I reportage di moda esposti<br />
quali Napoli. 1989 con la sua<br />
dicotomia fra una donna giovane,<br />
alta e abbigliata di<br />
bianco accanto ad un uomo<br />
anziano, basso, vestito di<br />
nero o come le immagini riprese<br />
proprio per l’omaggio<br />
di Dolce & Gabbana alla<br />
Sicilia non sono altro che la<br />
premessa di una ricerca<br />
continua della perfezione<br />
nella forma. Il lineamento, il<br />
contorno, il profilo, il ritratto<br />
attraggono il suo sguardo<br />
sulla bellezza rarefatta di un<br />
primo piano o sulla morbidezza<br />
delle acconciature,<br />
come in Tongo Tongo, Mali:<br />
danzatore Dajan. L’attualità<br />
combina infine tutte le sue<br />
ispirazioni: movimento, gradevolezza,<br />
drammaticità si<br />
sprigionano insieme in<br />
Brindisi, l’esodo degli albanesi.<br />
1991. (Fra.Ro.)<br />
27 (31)
“MEMORIA”<br />
DELLA SHOAH<br />
MILANO - Fa un certo effetto<br />
trovarsi di fronte quella<br />
prima pagina del Corriere<br />
della Sera, datata venerdì<br />
11 novembre 1938. Il giornale<br />
costava 30 centesimi in<br />
Italia come nell’Impero ed<br />
era un’edizione del pomeriggio.<br />
Sotto la testata, il titolo:<br />
Leggi per la difesa della<br />
razza approvate dal consiglio<br />
<strong>dei</strong> ministri.<br />
In sommario: I matrimoni<br />
misti sono proibiti; la definizione<br />
di «ebreo», le discriminazioni<br />
e l’annotazione allo<br />
stato civile. Disteso su otto<br />
colonne, tutto il testo della<br />
nuova legge dello Stato.<br />
Questo è solo uno degli<br />
esempi di quotidiani esposti<br />
nella sezione meneghina<br />
della mostra. Una parte<br />
curata dalla Fondazione<br />
centro di Documentazione<br />
Ebraica Contemporanea,<br />
che ha ripartito per temi l’immenso<br />
materiale raccolto<br />
negli anni e l’ha raggruppato<br />
sotto diverse voci: da “La<br />
campagna razziale del<br />
1938” a “La denuncia del<br />
complotto internazionale<br />
giudaico-massonico”, da<br />
“L’invenzione della tradizione:<br />
la pura razza italiana” a<br />
“L’applicazione delle leggi<br />
razziali”. Il tutto per puntualizzare<br />
la portata dell’indottrinamento<br />
e della propaganda<br />
dell’epoca. Di più.<br />
Attorno alla stampa lombarda<br />
la Fondazione ha raccolto<br />
la sua mostra intitolata<br />
Il veleno delle parole, realizzata<br />
in occasione della giornata<br />
della Memoria all’interno<br />
dell’iniziativa espositiva.<br />
Si ripercorre l’esplosione<br />
della questione ebraica<br />
nel 1938 con “Il fascismo<br />
e i problemi della razza”,<br />
documento pseudoscientifico<br />
meglio conosciuto come<br />
il Manifesto della razza.<br />
Ripreso da tutti i giornali,<br />
costituisce la fondazione teorica<br />
in Italia delle differenze<br />
fra razze, postulate da studiosi<br />
fascisti. E instaura quasi<br />
retroattivamente la tradizione<br />
di una identità italica vicina a<br />
quella ariana tedesca.<br />
Ecco, a seguire da quel<br />
momento, che la ripresa di<br />
semplici documenti antisemiti<br />
diviene invece convinzione<br />
diffusa e riflessione<br />
autonoma negli articoli,<br />
come “Razze e razzismo” in<br />
Corriere della Sera del 2<br />
luglio 1938, “L’Unità etnica<br />
italiana” sempre del Corriere<br />
del 9 agosto 1938 e ancora<br />
“Origini ed omogeneità<br />
della razza italiana” pubblicato<br />
il 24 agosto del ‘38. Il<br />
Corriere diviene così voce<br />
del regime. Lo storico direttore<br />
Luigi Albertini era stato<br />
allontanato dalla sua carica<br />
nel 19<strong>25</strong> per contrasti con il<br />
fascismo, che determinò<br />
una serie di epurazioni della<br />
redazione. Nello stesso<br />
anno che vede la promulgazione<br />
delle leggi razziali, la<br />
direzione è in mano ad Aldo<br />
Borrelli: notevoli i meriti di<br />
innovazione giornalistica;<br />
chiara tuttavia l’adesione al<br />
regime.<br />
LA GRANDE MOSTRA DI PALAZZO REALE<br />
Allo specchio della storia sono stati posti eventi,<br />
luoghi e personaggi delle parti d’Italia più colpite dalle leggi razziali<br />
emanate nel 1938 e dalla deportazione avvenuta fra 1943 e 1944<br />
di Francesca Romanelli<br />
La giornata della Memoria. Ovvero il giorno più lungo della<br />
coscienza. Milano ha celebrato la data che rievoca le leggi<br />
razziali e lo sterminio nazista degli ebrei, il 27 gennaio, con<br />
un evento di assoluto rilievo internazionale che ha intitolato<br />
semplicemente Memoria, collocato nel cuore della città, nella<br />
prestigiosa sede di Palazzo Reale e aperto per un mese dal<br />
24 gennaio al 24 febbraio.<br />
È la grande mostra Memoria. Dalle leggi antiebraiche alla<br />
liberazione. Venezia, Milano, Auschwitz: più di una manifestazione<br />
culturale.<br />
Una esposizione monumentale, promossa dall’Associazione<br />
Figli della Shoah in collaborazione con il Comune di Milano,<br />
il patrocinio della Regione Lombardia, della Provincia e del<br />
ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la<br />
cooperazione dell’assessorato alla Cultura e ai Musei più gli<br />
apporti diretti della Comunità Ebraica della città ambrosiana,<br />
l’Unione della Comunità Ebraica Italiana, la Comunità Ebraica<br />
di Venezia insieme con la Fondazione Centro di Documentazione<br />
Ebraica Contemporanea e Proedi Editore.<br />
Un appuntamento alla cui inaugurazione non è voluto<br />
mancare il sindaco Gabriele Albertini insieme con l’assessore<br />
all’Infanzia e all’educazione Bruno Simini.<br />
Ma anche la giornalista Fiamma Nierestein, la sopravvissuta<br />
Forte anche il<br />
concorso della stampa<br />
libraria riproposta in volumi<br />
con titoli estremamente<br />
significativi quali Ecco il<br />
diavolo: Israele! edito proprio<br />
nel 1938 oppure L’ebreo<br />
internazionale. Un problema<br />
del mondo dello stesso<br />
anno per la casa editrice<br />
Sonzogno. A questi si<br />
aggiungono le ristampe del<br />
testo di Hitler Mein Kampf.<br />
La descrizione degli ebrei<br />
che viene diffusa sottolinea<br />
comunemente e a più riprese<br />
la secolare opposizione<br />
dell’ebraismo contro il cristianesimo,<br />
suggellata dalla<br />
crocifissione di Gesù. Ma<br />
sono soprattutto le dicerie e<br />
i luoghi comuni ad imporsi<br />
nella pubblicistica a serpeggiare<br />
nell’opinione pubblica:<br />
le mitiche ricchezze accumulate<br />
dagli «ebrei» che<br />
ordinerebbero una congiura<br />
economico-finanziaria ai<br />
danni del resto del mondo;<br />
l’avarizia e la poca pulizia<br />
come caratteri distintivi della<br />
loro immagine; l’accostamento<br />
della loro fisiognomica<br />
a quella considerata<br />
criminale.<br />
Il capoluogo lombardo si<br />
rivela così ad un tragico<br />
crocevia della sua storia:<br />
«Tutto quello che succede in<br />
Italia, prima accade a Milano»,<br />
diceva lo studioso<br />
inglese John Foot.<br />
Così, questa metropoli si<br />
trova agitata e divisa fra due<br />
tendenze: luogo ove per<br />
primo nasce il fascismo<br />
eppure capitale morale del<br />
Regno; centro culturale della<br />
penisola e perciò culla<br />
dell’editoria, città dell’accoglienza<br />
e della tolleranza<br />
che però si trova a contaminare<br />
la sua superiorità intellettuale<br />
con la prepotenza di<br />
un odio inarrestabile. O che<br />
non si è voluto arrestare.<br />
milanese Liliana Segre, il presidente della comunità ebraica<br />
di Milano Roberto Jarach, il rabbino capo della metropoli<br />
Giuseppe Laras e il presidente dell’Associazione figli della<br />
Shoah Marco Szulc.<br />
Un percorso doloroso indietro nel tempo di quasi sessant’anni,<br />
ricostruito attraverso fotografie d’epoca, documenti originali,<br />
istantanee aeree <strong>dei</strong> luoghi di concentramento, opere<br />
d’arte dedicate all’Olocausto, testimonianze dirette <strong>dei</strong><br />
“salvati”, così come li chiamava lo scrittore Primo Levi,<br />
modelli in gesso sulle fasi dello sterminio, cartografie, ricognizioni<br />
e immagini odierne <strong>dei</strong> campi per dichiarare oltre<br />
ogni revisionismo la verità di quanto è accaduto.<br />
E ammonire di ricordare ciò che è stato. Per evitare che il<br />
germe dell’intolleranza corrompa il futuro.<br />
Come specchio della storia sono stati utilizzati soprattutto<br />
articoli della stampa lombarda e libri, quali testimonianze di<br />
una precisa mentalità dominante. Il giornalismo milanese è<br />
stato dunque chiamato personalmente all’appello per ricostruire<br />
e dimostrare l’orrore di un passato non così remoto.<br />
Il percorso della mostra si è articolato in tre sezioni distinte,<br />
per moltiplicare al massimo lo spazio espositivo e soprattutto<br />
didattico, essendo Memoria realizzata principalmente con la<br />
finalità di informare i giovani, gli studenti.<br />
Per restituire loro l’originalità di un’epoca appresa solo sui<br />
libri e di cui si è lamentata nelle ultime settimane la progressiva<br />
scomparsa <strong>dei</strong> “sopravvissuti”.<br />
Milano e il giorno del r<br />
Venezia<br />
Una comunità<br />
tra persecuzione<br />
e rinascita<br />
VENEZIA - Sessanta pannelli con documenti dell’epoca,<br />
curati dalla Comunità Ebraica locale e personalmente dalla<br />
consulenza storica di Renata Segre, ripercorrono la vicenda<br />
della città lagunare quale paradigma di tutte le comunità<br />
italiane.<br />
Simbolo della lacerazione sociale che squarcia un aggregato<br />
urbano unito e fluido da sempre nobilitato dalla sua estrema<br />
mobilità professionale.<br />
Sono oltre 1.500 gli iscritti dell’epoca a questa antichissima<br />
comunità che vive in un ghetto storico caratterizzato dall’eccezionale<br />
conservazione dell’apparato monumentale e delle<br />
sue sinagoghe, retaggio vivente della più antica tradizione<br />
ebraica italiana ed europea.<br />
Memoria concentra l’attenzione, nei suoi spazi, sul passaggio<br />
della discriminazione razziale avvenuta fra ‘38 e ‘43 alla<br />
realizzazione della soluzione finale tra 1943 e 1945. A testimoniare<br />
lo sradicamento e il tentato annullamento perpetuato<br />
a danno della realtà ebraica veneta ci sono carte pubbliche<br />
reperite dall’Archivio centrale dello Stato e dall’Archivio<br />
di Stato di Venezia, giornali di regime, stampa locale ed<br />
ebraica italiana, documenti estratti da fondi di raccolte appartenenti<br />
a istituzioni economiche.<br />
Più pannelli illustrativi <strong>dei</strong> servizi assistenziali, educativi, religiosi<br />
attivi all’interno della Comunità insieme con i censimenti<br />
della popolazione ebraica veneziana effettuati dal comune<br />
nell’agosto del 1938, rielaborati in statistiche e grafici su<br />
grande scala.<br />
28 (32) ORDINE 3 <strong>2002</strong>
27 gennaio 2001:<br />
giornata dell’orgoglio<br />
di un’umanità dimenticata<br />
Che cos’è e come si è giunti a istituire la<br />
Giornata della Memoria? Le cronache<br />
raccontano di anni spesi dall’Associazione<br />
Figli della Shoah per sensibilizzare le masse<br />
sulla necessità di una data interamente dedicata<br />
al ricordo dello sterminio. Una semplice<br />
pagina di calendario, come tante ricorrenze<br />
religiose e civili si vedono attribuite.<br />
Perché mezzo secolo dopo ancora mancava<br />
un minuscolo giorno in tributo ad oltre sei<br />
milioni di vite. La dimensione internazionale<br />
è stata la prima a raccogliere quest’esigenza<br />
lanciata da più paesi, fissando nel mondo la<br />
cadenza del 27 gennaio quale giornata<br />
dell’orgoglio di un’umanità dimenticata e così<br />
riportata in vita. Anche l’Italia si è mossa.<br />
La campagna portata avanti dall’Associazione<br />
per tradurre in legge anche nella penisola<br />
quell’imperativo morale ha avuto successo<br />
nel 2001.<br />
Lo scorso anno si è quindi assistito alla<br />
ricordo<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
prima edizione ufficiale della memoria. Con<br />
la presentazione in anteprima del film Gli<br />
ultimi giorni prodotto da Steven Spielberg e<br />
presentato in anteprima a Roma, davanti al<br />
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio<br />
Ciampi. Il primo passo istituzionale per poi<br />
distribuirlo nelle scuole. E ancora la toccante<br />
galleria espositiva incentrata su Anna Frank<br />
e collocata l’anno precedente nei nobili<br />
ambienti del Castello Sforzesco.<br />
Questa manifestazione aveva già decretato<br />
il successo della memoria presso i più giovani:<br />
i numeri parlano di 4.400 studenti accorsi<br />
a visitarla, per un totale di 215 classi.<br />
Tutto in crescendo il riscontro di pubblico<br />
giovanile per la mostra che ne ha seguito le<br />
orme: Per non dimenticare la Shoah. Sempre<br />
a Palazzo Reale, lo scorso anno, i visitatori<br />
sono stati più di 8.000 nel complesso.<br />
Fra loro, 8.000 ragazzi e 340 classi.<br />
Non solo lombarde. (Fra. Ro.)<br />
Dal catalogo della<br />
mostra sulle<br />
deportazioni da<br />
Venezia abbiamo<br />
riprodotto i due<br />
documenti qui sopra.<br />
Edito dalla comunità<br />
Ebraica di Venezia é<br />
a cura di Renata<br />
Segre.<br />
A lato la copertina<br />
del catalogo della<br />
mostra “Memoriadalle<br />
leggi<br />
antiebraiche alla<br />
liberazione” esposta<br />
a Milano, da cui<br />
abbiamo tratto i tre<br />
disegni riprodotti.<br />
Edito dalla Proedi,é<br />
la trasposizione<br />
cartacea del<br />
materiale contenuto<br />
nell’opera<br />
multimediale<br />
“Destinazione<br />
Auuschwitz”.<br />
Milano ha tributato buona parte della sua<br />
sensibilità civile di queste settimane proprio<br />
al tema dell’Olocausto. Ci sono stati i preziosi<br />
incontri con i sopravvissuti avvenuti alla<br />
sala della Provincia in via Corridoni il 6, l’11,<br />
il 13 e il 18 febbraio, la proiezione in anteprima<br />
del filmato della Shoah Foundation alla<br />
Cineteca Italiana il 28 febbraio e poi il 30 del<br />
mese, più il 7 febbraio per le scuole. C’è<br />
stato, ancora, il grande corteo che il 27<br />
gennaio ha portato la Giornata della Memoria<br />
nel cuore della città e sugli striscioni.<br />
Soprattutto con gli studenti. Una parte importante<br />
dell’associazionismo studentesco che<br />
si riconosce nella milanese Unione degli<br />
Studenti ha infatti elaborato una propria piattaforma<br />
di celebrazione fatta di iniziative ad<br />
hoc negli istituti quali conferenze, dibattiti e<br />
infine la partecipazione alla manifestazione<br />
di piazza. Ma ci sono state anche le testimonianze<br />
di Francesco Rosi con il suo film La<br />
Auschwitz<br />
Rivivono<br />
le macchine<br />
dell’annientamento<br />
AUSCHWITZ - È un grande quadro di David Olère, prestato<br />
per l’occasione dal figlio Alexandre, ad aprire la mostra.<br />
Questo autore non è un artista. Né un pittore di fama. Né un<br />
disegnatore. Il suo tratto, lucido, pulito, rigido ritrae i carnefici<br />
sempre di spalle, quasi a celarne con pudore l’ignominia. Al<br />
contrario le vittime, soprattutto donne e bambini, sono proposti<br />
con i loro volti offerti allo spettatore, come per gridarne<br />
l’insopprimibile umanità. Questo sguardo all’interno dello<br />
sterminio che si macchiò della scomparsa di sei milioni di<br />
ebrei, non appartiene ad un<br />
ritrattista postumo, bensì ad<br />
un testimone diretto, che<br />
visse nel campo di<br />
Auschwitz al confine tra i<br />
«sommersi e salvati».<br />
Fu deportato nel 1943 e<br />
lavorò a Birkenau come<br />
Sonderkommando, ovvero<br />
in qualità di addetto ai forni<br />
crematori. I suoi disegni,<br />
composti fra ‘45 e ‘46, restituiscono<br />
alla memoria ciò<br />
che i militari tedeschi in<br />
fuga cercarono di distruggere:<br />
in pratica le strutture<br />
e le macchine dell’annientamento.<br />
Tutte le iniziative<br />
per l’Olocausto<br />
tregua tratto dall’omonimo romanzo verità<br />
del chimico e scrittore Primo Levi, insieme<br />
con i racconti di Valentina Cortese e Moni<br />
Ovadia al teatro Franco Parenti, la proiezione<br />
di Schindler’s list Palazzo Dugnani, l’incontro<br />
con il sopravvissuto Nedo Fiano al<br />
cinema Orfeo il 7 febbraio. E poi un’altra<br />
mostra intitolata L’universo concentrazionario<br />
ospitata alla Società Umanitaria e curata<br />
dalla Fondazione Auschwitz di Bruxelles.<br />
Intensa anche la produzione libraria di<br />
quest’inizio di <strong>2002</strong>: ne fa parte il nuovo testo<br />
Il libro della memoria edito da Mursia e scritto<br />
da Liliana Picciotto. Tema centrale: gli<br />
ebrei italiani nelle deportazioni fra ‘43 e ‘45.<br />
(Fra. Ro.).<br />
Anche in forza delle sue immagini sono state possibili esclusive<br />
ricostruzioni architettoniche degli ambienti di concentramento<br />
elaborate da storici della Shoah che hanno ricomposto<br />
l’assetto e il funzionamento delle strutture della morte.<br />
L’esposizione rende così visibili i luoghi dell’universo concentrazionario<br />
sovrapposti in sequenza al loro stato attuale.<br />
Il materiale è tratto dall’opera multimediale Destinazione<br />
Auschwitz vincitrice dell’Innovation Prize dell’Unione Europea<br />
edito da Proedi editore in collaborazione con la Fondazione<br />
CDEC. Inframmezzati ai pannelli esplicativi campeggiano<br />
poi, di enorme valore umano e simbolico, serie di<br />
oggetti originali conservati dai sopravvissuti.<br />
E insieme, nella stessa sezione, anche un’opera dell’artista<br />
veronese Loretta Leso che esprime la sofferenza della<br />
deportazione. Ma c’è anche, vibrante, un’intera area pensata<br />
per proiettare filmati e testimonianze a voce di chi è scampato<br />
alla follia.<br />
Eccezionale la galleria fotografica che materializza il progetto<br />
nazista dello sterminio.<br />
Si parte della visione della villa alla periferia di Berlino dove<br />
si tenne la conferenza di Wannsee che il 20 gennaio 1942<br />
pianificò la soluzione finale alla presenza dello stato maggiore<br />
del Reich. E si approda al protocollo conclusivo della<br />
riunione: battuta a macchina una lista di oltre 33 paesi con il<br />
nominativo accompagnato dalle cifre di ebrei da eliminare.<br />
Tragica la conclusione del progetto che ne suggella le intenzioni:<br />
Uber11.000.000.<br />
29 (33)
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
Maria Vittoria Gatti (a cura di)<br />
Cinema, Tv, Pubblicità. Riflessioni su<br />
un’etica della comunicazione giovanile<br />
di Gianluca Atzeni<br />
Il vivere in relazione con l’altro<br />
comporta delle responsabilità<br />
etiche spesso dimenticate<br />
ed emarginate in<br />
nome di altre priorità. Il mondo<br />
della comunicazione ed i<br />
suoi attori dovrebbe essere,<br />
per definizione, il luogo privilegiato<br />
della relazione.<br />
Allo stesso tempo, però,<br />
sembra il luogo dove i valori<br />
scivolano verso il relativismo<br />
etico. “Che l’etica sia<br />
relazionale non significa affatto<br />
che sia relativa”: problema<br />
spinoso che si complica<br />
se si osserva in modo<br />
particolare il settore della<br />
comunicazione nei confronti<br />
del mondo giovanile. Ancor<br />
più se gli attori della comunicazione<br />
sono gli stessi<br />
giovani.<br />
Senza alcuna pretesa risolutiva,<br />
gli spunti per una riflessione<br />
sul rapporto tra<br />
giovani e media vengono da<br />
Cinema, Tv, Pubblicità. Riflessioni<br />
su un’etica della co-<br />
municazione giovanile.<br />
Questioni attuali e spesso<br />
dibattute da specialisti del<br />
settore attraversano lo scritto,<br />
curato da Maria Vittoria<br />
Gatti, docente di Etica della<br />
comunicazione all’Università<br />
Cattolica di Milano:<br />
“Com’è raffigurato, all’interno<br />
del mondo <strong>dei</strong> media,<br />
l’universo giovanile? Quali<br />
sono i valori che vengono<br />
proposti e/o rappresentati?<br />
Sono essenzialmente proposti<br />
o rappresentati?”.<br />
In una società plasmata e/o<br />
plagiata dall’influsso persuasivo<br />
della pubblicità, lo<br />
sguardo verte sui giovani<br />
tra i 20 e i 30 anni, sui loro<br />
modelli di riferimento, sui loro<br />
gusti e sulle tendenze più<br />
diffuse. I dati dell’ultimo rapporto<br />
IARD, che ha riconsiderato<br />
l’età giovane spostandola<br />
in avanti da 29 a<br />
34 anni, fanno da supporto<br />
tecnico e da sfondo al lavoro<br />
svolto dagli studenti del<br />
1° anno della Scuola di<br />
specializzazione in Analisi e<br />
gestione della comu-<br />
Emilio Bonicelli<br />
Ritorno alla vita<br />
nicazione e <strong>dei</strong> master in<br />
Comunicazione pubblica e<br />
d’impresa e in Comunicazione<br />
audiovisiva. Un<br />
lavoro costituito da interviste<br />
a personaggi televisivi<br />
(da Fabio Volo a Cristina<br />
Loglio di Rai Educational, a<br />
Davide Parenti, autore de<br />
Le Iene), recensioni di film e<br />
analisi degli spot pubblicitari,<br />
in grado di dipingere un<br />
universo complesso, in continua<br />
evoluzione e difficilmente<br />
omologabile.<br />
Il problema è per l’appunto<br />
quello di stabilire se e in<br />
quale misura le rappresentazioni<br />
offerte dai mezzi di<br />
comunicazione (cinema, televisione<br />
e pubblicità) siano<br />
in grado di produrre valori.<br />
Ma soprattutto quali tipi di<br />
valori vengono trasmessi e<br />
quale tipo di etica sta alla<br />
base del comunicare.<br />
Con una preoccupazione di<br />
fondo, esplicita nella prefazione,<br />
che è anche un forte<br />
auspicio: “Un’etica che non<br />
si imponga con la pretesa<br />
dell’assolutezza ma che<br />
non rinunci alla ricerca di<br />
valori comuni, su tutti quello<br />
della responsabilità.”<br />
Un viaggio, dunque, all’interno<br />
del mondo <strong>dei</strong> media,<br />
il cui linguaggio è troppo<br />
spesso orientato e riadattato<br />
sul modello di quello pubblicitario,<br />
che “inganna il<br />
consumatore con quella<br />
componente persuasiva<br />
che finisce per agire nella<br />
sfera valoriale degli individui”;<br />
di ogni individuo, in<br />
maniera indistinta.<br />
Un male diffuso, questo, di<br />
cui soffrono diversi settori<br />
massmediatici, come ad<br />
esempio, e prima fra tutti,<br />
l’informazione televisiva <strong>dei</strong><br />
tg, che dovrebbe fare della<br />
ricerca della verità il fine ultimo<br />
della comunicazione.<br />
Invece, come sostiene Giorgio<br />
Simonelli, docente della<br />
Scuola di specializzazione<br />
in Analisi e gestione della<br />
comunicazione alla Cattolica,<br />
ci troviamo di fronte a<br />
tg “vecchi di vent’anni” e<br />
“superati” (rispetto al resto<br />
d’Europa); tg spettacolariz-<br />
zati e ansiosi di arrivare in<br />
tutti i modi allo spettatore,<br />
“incollandolo al teleschermo”<br />
ma, allo stesso tempo,<br />
destinati a “perdere l’entità<br />
vera dell’evento descritto”,<br />
stracolmi di “informazione<br />
urlata, che certifica come<br />
reale quello che in realtà è<br />
una sua artificiale ricostruzione.”<br />
L’esempio più eclatante lo si<br />
ritrova in Studio Aperto: dove<br />
la vena sperimentale di<br />
Mario Giordano, impegnato<br />
a comunicare ai giovani con<br />
il suo “tg rompiscatole” e a<br />
distinguersi, allo stesso<br />
tempo, dal classicismo del<br />
Tg1 e del Tg5, sembrerebbe<br />
giustificare il pathos <strong>dei</strong><br />
servizi televisivi proposti.<br />
Ma è lo stesso direttore a<br />
stigmatizzare la labilità del<br />
confine con la spettacolarizzazione<br />
ed evidenziare come<br />
il giornalista si muova<br />
sempre tra due estremi facilmente<br />
oltrepassabili.<br />
L’ingannevole velo di Maja<br />
di matrice shopenhaueriana<br />
prodotto da cattivi maestri -<br />
ricordava Karl Popper - quali<br />
sono i media, non lascerebbe<br />
spazio ad un’etica<br />
che sia in grado di proporre<br />
un universo di valori forti e<br />
stabili adatti ad un pubblico<br />
giovane. E scorrendo le recensioni<br />
ai film viene da<br />
chiedersi se i modelli di<br />
comportamento descritti in<br />
celebri pellicole come<br />
Trainspotting, Arancia<br />
Meccanica e Baise moi siano<br />
davvero “la vita sognata<br />
dai giovani”, ormai assidui<br />
frequentatori, più o meno<br />
passivamente, del grande<br />
schermo.<br />
A tratti si avverte nello scritto<br />
una decisa presa di posizione<br />
contro l’apparenza e<br />
l’effimero, contro quel culto<br />
dell’immagine proposto da<br />
celebri spot pubblicitari, come<br />
quelli della Breil o della<br />
Omnitel: accusati di un sistematico<br />
capovolgimento<br />
<strong>dei</strong> valori in nome della vanità<br />
e dell’individualismo.<br />
Spazio dunque ai commenti<br />
se questi stimolano il dibattito.<br />
Del resto è questa<br />
l’essenza dell’etica, relazionale<br />
appunto. Un’etica che,<br />
per dirla con W. Weischedel,<br />
“si impone a noi<br />
come esperienza necessaria<br />
della nostra vita” dando<br />
origine a domande con le<br />
quali dobbiamo continuamente<br />
confrontarci: obiettivo<br />
di Cinema, Tv, Pubblicità.<br />
Un libro che intende porre<br />
problemi, lasciandoli aperti,<br />
piuttosto che trovare ad ogni<br />
costo soluzioni definitive.<br />
Maria Vittoria Gatti<br />
(a cura di), Cinema,Tv,<br />
Pubblicità.<br />
Riflessioni su un’etica<br />
della comunicazione<br />
giovanile, Edizioni ANCCI,<br />
pagine 1<strong>25</strong>, euro 7<br />
In pratica, nella quarta di<br />
ma. A guardar bene, quecioli della breve quanto toc-<br />
copertina, è condensato il<br />
sto elaborato si legge tutto cante introduzione dell’au-<br />
succo del libro firmato dal<br />
d’un fiato; non manca di toctore al “racconto”.<br />
cinquantenne Emilio Bocare<br />
con una certa violenza Una introduzione che dà il<br />
nicelli, responsabile della<br />
le corde del sentimento, an- polso, più di mille chiacchie-<br />
redazione bolognese del<br />
che se sono stati volutare, a quanto il lettore si tro-<br />
Sole-24 Ore e docente alla<br />
mente evitati non pochi pasverà a scoprire pagina dopo<br />
Scuola superiore di giornalisaggi<br />
drammatici infarciti di pagina.<br />
di Mauro Castelli<br />
monianza personale, animata<br />
da un profondo sentismo<br />
presso la facoltà di<br />
Lettere dell’Università di<br />
dolore e di sofferenza; si<br />
inerpica sul calvario, sop-<br />
“Mentre ero in camera sterile,<br />
dopo il trapianto, i medimento<br />
religioso, che tocca Bologna, nonché autore di<br />
portato con cristiana rasseci, gli infermieri, mia moglie,<br />
“Una grave malattia che ir- le questioni decisive dell’e- una ventina di pubblicazioni<br />
gnazione, che Bonicelli ha i miei figli potevano avvicirompe,<br />
improvvisa e devasistenza umana: i rapporti che hanno spaziato, sem-<br />
pazientemente attraversato narsi al mio letto solo indosstante,<br />
nella vita di un uo- familiari, messi alla prova in pre in un ambito economi-<br />
(usiamo il passato perché i sando il camice, la cuffia, i<br />
mo. Il drammatico percorso un momento di grande diffico, dalla cultura d’impresa<br />
giorni peggiori sono ormai guanti, i calzari e la ma-<br />
della cura, una battaglia coltà; la fragilità del corpo di alla valorizzazione delle ri-<br />
lontani, anche se poi non scherina (una separazione<br />
senza esclusione di colpi fronte di fronte alla provocasorse umane in azienda.<br />
troppo.<br />
fisica resa più “pesante”, e<br />
che porta al limite estremo zione della malattia; la ricer- Soltanto in questo caso è<br />
Non a caso il sottotitolo del per molti aspetti più inquie-<br />
tra la vita e la morte. Un racca di un senso alla sofferen- arrivata una specie di dero-<br />
libro suona come una spetante, da una parete divisoconto<br />
crudo che nulla naza; la gestione dell’assistenga rappresentata da una<br />
cie di campanello, il cui suoria in plastica trasparente,<br />
sconde, costruito con frasi za sanitaria; le nuove espe- storia di vita sintetizzata in ne.“Volevo soltanto far sano risulta ovattato sì ma an- ndr).<br />
brevi e parole semplici, ma rienze del volontariato; la meno di 150 pagine. pere – tiene infatti a precicora percepibile: Il cammino Per un intero mese di chi mi<br />
che raggiunge profonde frontiere della scienza nella L’arco temporale della visare questo sfortunato-for- di un uomo che lotta per vin- assisteva ho visto solo gli<br />
emozioni e alti livelli di poe- lotta ai tumori; l’urto della cenda abbraccia comunque tunato collega – che di leucere la leucemia.<br />
occhi. Sguardi di amore e di<br />
sia. Il problema sociale <strong>dei</strong> domanda sul destino ultimo un anno e mezzo di battacemia si può guarire; volevo Insomma, un libro che meri- condivisione che mi hanno<br />
trapianti, la ricerca del do- e sulla morte; l’incontro con glie vinte e perse, di mo- ricordare l’importanza del ta di essere letto, perché aiutato a vincere la malattia<br />
natore, l’aiuto ai malati e al- una presenza che spalanca menti di ottimismo e di pes- sostegno <strong>dei</strong> familiari nella non mancherà di farci riflet- per rinascere alla vita”.<br />
le loro famiglie coinvolte in le porte alla vera speranza. simismo, delle speranze e lotta contro questa malattia tere e in un certo senso di<br />
un cammino lungo, difficile, Un libro attualissimo, attra- delle delusioni che hanno tremenda; volevo ancora porci tutti sotto esame. Emilio Bonicelli, Ritorno<br />
costoso. Sono questi i temi versato da molti degli inter- accompagnato un lungo una volta far presente che Niente altro se non “assa- alla vita, Jaca Book <strong>2002</strong>,<br />
attorno a cui si svolge il libro rogativi che animano la sce- viaggio personale contro un esiste una associazione, porare” insieme alcuni spic- pagine 148, euro 12,00<br />
Ritorno alla vita. Una testina del nostro tempo”. male subdolo e vigliacco: la l’Admo, che fa miracoli per<br />
leucemia appunto.<br />
chi si trova a dover batta-<br />
® A guardar bene, ci troviamo<br />
di fronte a un lavoro che, algliare<br />
con questa “voragine<br />
nera”, e che proprio per GIORNALISTI:<br />
L’informazione su misura.<br />
© Rassegne Stampa<br />
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la stregua di un romanzo<br />
giallo, dispensa colpi di scena<br />
a ripetizione, peraltro ben<br />
scanditi da una penna<br />
esperta che non lascia spazio<br />
al caso o all’improvvisazione,<br />
concedendosi soltanto<br />
il lusso di alcune, peraltro<br />
questo merita di essere apprezzata<br />
e sostenuta. In che<br />
modo? Semplicemente<br />
dando la propria disponibilità<br />
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midollo, proponendosi così<br />
come il possibile protagonista<br />
di un iter medico, senza<br />
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piacevoli e non certo fuori<br />
tema, digressioni narrative.<br />
E merito di Bonicelli è l’essere<br />
riuscito a mantenersi<br />
nel giusto equilibrio, senza<br />
scivolare (sarebbe stato facile,<br />
e in ogni caso com-<br />
peraltro dover affrontare pericoli<br />
di sorta per la propria<br />
vita, che potrebbe portare al<br />
salvataggio di un altro essere<br />
umano.<br />
Di un estraneo che non potrà<br />
mai conoscere e che po-<br />
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30 (34)<br />
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si vivono in prima persona<br />
non è facile travasarne<br />
per altri i “contenuti” e i passaggi<br />
con il giusto equilibrio,<br />
anche se proposti a fin di be-<br />
dalla porta accanto a un altro<br />
paese, a un’altra città o<br />
addirittura a un’altra nazione”.<br />
Non a caso la salvezza per<br />
Bonicelli è arrivata da<br />
Berlino. Ma torniamo in te-<br />
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ORDINE 3 <strong>2002</strong>
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
dal Corriere della Sera del 4 novembre 2001<br />
«Lacerba», una guerra<br />
pro e contro Marinetti<br />
di Sebastiano Grasso<br />
Lacerba durò circa un triennio: dall’1 gennaio<br />
1913 al 22 maggio 1915. Tiratura dichiarata:<br />
20 mila copie. Un’ enormità per i tempi. La<br />
rivista di filosofia, letteratura e arte, fondata<br />
a Firenze da Giovanni Papini e Ardengo<br />
Soffici ha lasciato un segno indelebile. Nata<br />
dalla scissione di alcuni scrittori e artisti da<br />
La Voce (creata da Giuseppe Prezzolini nel<br />
1908), che non si riconoscevano più nelle<br />
posizioni dell’ autore de L’ italiano inutile,<br />
essa rifiutò il razionalismo positivista dominante,<br />
affiancò il Futurismo e, alla fine,<br />
indossò l’abito dell’interventismo, schierandosi<br />
per l’entrata in guerra dell’Italia. Una rivista<br />
d’avanguardia di prim’ordine, Lacerba,<br />
capace di contribuire a fare la storia d’Italia,<br />
fra gli inizi del secolo e lo scoppio della prima<br />
guerra mondiale.<br />
Se già nel ‘61, da Einaudi è uscita un’antologia<br />
del periodico, con un saggio di Gianni<br />
Scalia, adesso la rinata Vallecchi (e il fondatore,<br />
Attilio Vallecchi, allora, ne era stato l’editore)<br />
ha deciso di riunire in un cofanetto una<br />
splendida edizione in facsimile delle tre<br />
annate, completa di indici, con un’introduzione,<br />
davvero puntuale, di Giorgio Luti. Che s’è<br />
preso la briga di scandagliare il fondo Papini<br />
e di riportare un buon numero di lettere sia<br />
dello stesso Papini che di Marinetti, Boccioni,<br />
Russolo, Carrà e altri. La qual cosa anima<br />
la discussione, come se la querelle stesse<br />
avvenendo adesso, nelle stanze dell’appartamento<br />
accanto al nostro e del cui vociare<br />
Gilles Martinet,<br />
Sergio Romano<br />
Un’amicizia difficile<br />
di Marzio De Marchi<br />
Gilles Martinet è giornalista,<br />
storico, saggista, ma è soprattutto<br />
amante della cultura<br />
italiana; e anche per questa<br />
passione, dal 1981 all’85<br />
è stato nominato ambasciatore<br />
di Francia nel nostro<br />
Paese.<br />
Il professor Sergio Romano,<br />
invece, è per tutti “l’ambasciatore”.<br />
Diplomatico dal<br />
ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />
1954 all’89, scrittore ed editorialista<br />
fra i più lucidi e brillanti<br />
del giornalismo italiano<br />
di oggi, a lui si devono, fra<br />
l’altro, numerosi saggi<br />
sull’Europa e una sintesi della<br />
storia di Francia dal 1870<br />
ai giorni nostri.<br />
Ora, se a questi eminenti<br />
rappresentanti della storia e<br />
della cultura contemporanea<br />
si chiede, come ha fatto il<br />
giornalista Michele Canonica,<br />
di tracciare un profilo<br />
si avvertissero non solo i toni adirati, ma si<br />
scandissero temi e parole. C’è sì la diaspora<br />
tra vociani e quelli che de La Voce hanno<br />
sbattuto la porta. Tema del contendere, naturalmente,<br />
è il Futurismo.<br />
Ma sotto sotto s’avverte una sorta di lotta tra<br />
fiorentini e milanesi, cominciata già, ricorda<br />
Luti, nell’estate del 1911, con uno «scontro<br />
fisico, al caffè delle Giubbe rosse, in seguito<br />
alla spedizione punitiva organizzata da<br />
Boccioni, Marinetti e Carrà, nei confronti di<br />
Prezzolini, Soffici e Papini». Scipio Slataper<br />
parlerà di «un lusso di letterati» sorretto<br />
«dalla potenza finanziaria milanese moderna».<br />
Su La Voce, Prezzolini promuove la<br />
poetica del frammento lirico (Rebora, Slataper,<br />
lo stesso Papini), ma quando alcuni del<br />
gruppo dichiarano le proprie simpatie per<br />
Marinetti, Prezzolini ci va duro.<br />
E (aprile 1913) li accusa di «roba vecchia,<br />
residui, rimasticature, zeppe dannunziane,<br />
pascoliane, corazziniane, maeterlinkiane,<br />
decadenti, simboliste, wildiane», e chi più ne<br />
ha più ne metta. Così Soffici e Papini si staccano<br />
da La Voce. «Questa baracca non mi<br />
interessa più - scrive Ardengo a Giovanni -.<br />
S’è infiltrato qualcosa nell’organismo che mi<br />
ripugna. Non si sa da dove sia uscita, ma<br />
oscilla su tutti come una nebbia di mediocrità<br />
e di meschineria, anche falsità, che rattrista.<br />
Come finiscono le belle cose, eh! Ma fortunatamente<br />
noi ci salviamo». Nella polemica<br />
interviene Marinetti. Che scrive a Papini: ho<br />
parlato a lungo con Prezzolini, «ma, ahimè,<br />
anche lui s’allontana sempre di più. E il buffo<br />
è che s’allontana appunto maggiormente<br />
quando tenta di avvicinarsi. Dipingo forme<br />
<strong>dei</strong> rapporti fra Italia e<br />
Francia, il risultato non poteva<br />
che essere <strong>dei</strong> più “alti”.<br />
Ecco quindi 140 pagine per<br />
raccontare di quella “amicizia<br />
difficile” che negli ultimi<br />
due secoli, in particolare, ha<br />
caratterizzato le relazioni italo-francesi.<br />
Il tutto raccolto in forma di<br />
conversazione, dove le domande<br />
di Canonica sono lo<br />
spunto “per dare il la” a risposte,<br />
riflessioni, commenti<br />
e opinioni - a volte anche<br />
contrastanti - fra gli storici.<br />
Così si parte da Napoleone<br />
e, attraverso il grande choc<br />
della prima guerra mondiale<br />
e del fascismo, si giunge al<br />
secondo dopoguerra, alla<br />
Quinta Repubblica francese<br />
e all’Italia di oggi.<br />
Le esperienze diverse <strong>dei</strong><br />
due ambasciatori hanno il<br />
senza contenuto, quelli dello Sturm ai quali<br />
ho mandato le fotografie sono entusiasti e mi<br />
hanno detto che potrò fare l’esposizione a<br />
Berlino quando voglio. In quell’arte vi è un<br />
principio di libertà e ha questo merito<br />
immenso di rompere i coglioni e sviare i filistei».<br />
E a proposito di orphiques, Marinetti rincara<br />
la dose: «Apollinaire disse pochi mesi fa a<br />
Severini che creava questa parola e questa<br />
categoria per i futuristi. E ora gli orfici saltano<br />
fuori come una nuova scuola originale,<br />
mentre non sono altro che futuristi nostri<br />
imitatori questo per merito del plagiaro Apollinaire,<br />
che per suo conto abbandona le sue<br />
poesiole lustrate come scarpe, parnassiane<br />
e mallarmèane seguendo egli pure il futurismo<br />
senza riconoscerlo. Leggi questa lettera<br />
al carissimo Soffici, dicendogli che si fa delle<br />
illusioni circa l’equità artistica di Apollinaire e<br />
soci cubisti, i quali tendono come sempre a<br />
fregare gli stranieri». Anche se Papini dichiarerà<br />
che «il Futurismo è l’unico movimento<br />
d’avanguardia, l’unico gruppo di gente di<br />
fegato pronta ad affrontare sghignazzate e<br />
cazzotti in nome del libero lirismo» l’asse<br />
Marinetti-Lacerba durerà poco. I fiorentini,<br />
ricorda Luigi Baldacci, si autoproclamano i<br />
soli veri futuristi «e scomunicano come marinettisti,<br />
oltre al caposcuola, Boccioni e Balla,<br />
Russolo e Sant’Elia». L’avanguardia è spaccata.<br />
Da Parigi, Severini scrive a Papini<br />
lanciando accuse a Marinetti: «Il suo cesarismo,<br />
e quello di qualcuno che lo imita, non<br />
può a lungo andare che rompere i coglioni<br />
alle persone che vedono chiaro in tutto bisogna<br />
essere toscani, dio cane, per avere il<br />
merito di offrire lo spaccato<br />
di realtà che a volte sono assai<br />
più “vicine” di quanto si<br />
pensi, ma che, dove invece<br />
potrebbero scoprire valori<br />
comuni, sia allontanano fino<br />
a imboccare strade opposte.<br />
Nell’introduzione al volume,<br />
affidata a Sergio Romano,<br />
l’editorialista del Corriere si<br />
spinge ad affermare che “i<br />
due Paesi sono diversi per<br />
storia, strutture economiche,<br />
maturità civile e interessi<br />
geopolitici. Ma sanno di potere<br />
attingere liberamente ai<br />
loro rispettivi patrimoni politici<br />
e culturali. Sanno da sempre,<br />
in altre parole, che ciò<br />
che è francese può diventare<br />
italiano, e viceversa…”.<br />
E ancora, per sottolineare<br />
quella diversità di orizzonti<br />
della storia <strong>dei</strong> due Paesi:<br />
“Da allora (anni Sessanta,<br />
Ristampate in facsimile,<br />
dalla Vallecchi, le tre annate<br />
della celebre rivista fiorentina fondata<br />
da Papini e Soffici<br />
Miserie e splendori<br />
di artisti e scrittori che si staccarono<br />
da La Voce di Prezzolini<br />
ndr) ricominciano a percorrere<br />
strade costituzionalmente<br />
diverse.<br />
La Francia diventa semipresidenzialista<br />
e ottiene, grazie<br />
alla riforma del suo sistema<br />
politico, alcuni risultati straordinari.<br />
(…) L’Italia invece accentua<br />
i vizi del sistema parlamentare<br />
sino a creare un<br />
regime in cui il potere è di<br />
tutti e di nessuno.<br />
La Francia è governata da<br />
un presidente e dal suo esecutivo;<br />
l’Italia da una gigantesca<br />
assemblea condominiale<br />
a cui partecipano, con<br />
funzioni che si confondono e<br />
si accavallano, il governo, il<br />
presidente della Repubblica,<br />
le Camere, i partiti, i sindacati,<br />
la magistratura ordinaria<br />
e amministrativa, le corporazioni<br />
professionali”.<br />
In definitiva, questo è uno<br />
senso della misura e la misura della perfezione<br />
anche nella ricerca. Penso a Giotto».<br />
Dopo la rottura con Marinetti, dovuta a una<br />
serie di riserve e, perché no?, secondo<br />
Scalia, anche di ambiguità, Lacerba vira di<br />
bordo. Si punta su quello che Carrà chiama<br />
«il nemico naturale (Austria)» e «l’odioso<br />
imperialismo teutonico». Intervenire, precisa,<br />
«è stretto dovere nostro e di ogni giovine<br />
italiano che non sia figlio di puttana. Il popolo<br />
è pronto a marciare con noi». Interventista,<br />
dall’agosto del ‘14 Lacerba si dedica solo alla<br />
propaganda politica.<br />
Letteratura, arte e attività speculative vengono<br />
rinviate «a cose finite». Attacchi al governo<br />
italiano («il quale in questo momento sta<br />
disonorando e rovinando il Paese con l’insistere,<br />
nessuno sa il perché, in una neutralità<br />
divenuta ormai imbecille»), appelli, dichiarazioni.<br />
Il terzo periodo di Lacerba comincia col<br />
gennaio del ‘15. Stavolta, accanto all’impegno<br />
politico, riaffiora quello culturale. Vi collaborano<br />
Palazzeschi, Govoni, Ungaretti,<br />
Jahier, Sbarbaro, De Robertis.<br />
L’Italia scende in campo. Papini esulta:<br />
«Abbiamo vinto Il ministero Salandra-Sonnino<br />
ha fatto suo il nostro programma Questo<br />
è l’ultimo numero di Lacerba. Crediamo<br />
necessario sospenderla almeno per tutta la<br />
durata della guerra».<br />
In realtà, non di sospensione si trattò. La<br />
chiusura divenne definitiva.<br />
Lacerba, edizione in facsimile, cofanetto<br />
con la raccolta di tutti i numeri usciti dal<br />
1913 al 1915,<br />
Edizioni Vallecchi, pagine 880, euro 247,90<br />
<strong>dei</strong> saggi più intensi e<br />
profondi sul difficile tema <strong>dei</strong><br />
rapporti politici e culturali di<br />
queste due nazioni “cugine”:<br />
ma è anche un libro che, a<br />
incominciare proprio dalla<br />
struttura “a conversazione”,<br />
probabilmente si allontana<br />
dal grande pubblico per rifugiarsi<br />
nella nicchia degli specialisti.<br />
Gilles Martinet,<br />
Sergio Romano<br />
(con Michele Canonica),<br />
Un’amicizia difficile,<br />
Ponte alle Grazie<br />
pagine 143, euro 12,91<br />
31 (35)
Il vincolo (che nasce dall’articolo 43 del CC e dall’articolo 3 del Dpr n. 223/1989) riguarda tutti i cittadini<br />
Il giornalista ha l’obbligo di prendere la residenza<br />
nella città in cui ha la “dimora abituale”<br />
L’articolo 16 della legge 21 dicembre 1999 n.<br />
526 regola i requisiti per l’iscrizione agli albi<br />
professionali per i cittadini degli Stati membri<br />
dell’Unione europea. Una circolare del ministero<br />
della Giustizia - Direzione generale<br />
degli Affari civili e Libere professioni (prot. n.<br />
7/995/U del 14 <strong>marzo</strong> 2000) sull’interpretazione<br />
dell’articolo 16 e la nota 24 <strong>marzo</strong><br />
2000 (prot. n. 900) del Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti hanno stabilito il<br />
principio secondo il quale “i giornalisti italiani<br />
dovranno essere iscritti all’albo non in base<br />
alla residenza ma al domicilio professionale”.<br />
Chi “ha la dimora abituale” (per ragioni di<br />
stabile occupazione lavorativa) in un dato<br />
centro ha l’obbligo giuridico, comunque, di<br />
fissarvi la sua residenza anagrafica (in base<br />
all’articolo 3, prima comma, del Dpr n.<br />
223/1989 in relazione all’articolo 43 del Codice<br />
Civile) anche per far fronte ai suoi obblighi<br />
fiscali (addizionale regionale ed eventualmente<br />
comunale, tassa rifiuti, Irap, Ici, bollo<br />
automobilistico) e di elettore.<br />
continua<br />
dalla<br />
prima pagina<br />
L’articolo 43 del Codice Civile fissa il domicilio<br />
di una persona “nel luogo in cui essa ha<br />
stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari e<br />
interessi”, mentre “la residenza è nel luogo<br />
in cui la persona ha la dimora abituale”.<br />
L’articolo 3 del Dpr n. 223/1989 (“popolazione<br />
residente”) afferma: “1. Per persone residenti<br />
nel comune s’intendono quelle aventi<br />
la propria dimora abituale nel comune. 2.<br />
Non cessano di appartenere alla popolazione<br />
residente le persone temporaneamente<br />
dimoranti in altri comuni o all’estero per<br />
l’esercizio di occupazioni stagionali o per<br />
causa di durata limitata”.<br />
La giurisprudenza sulla residenza è eloquente:<br />
“Ai sensi dell’art. 43 comma 2, CC e<br />
dell’art. 3 Dpr 30 maggio 1989 n. 223, la residenza<br />
come dimora abituale, cioè stabile, è<br />
data dall’elemento oggettivo della permanenza<br />
in un dato luogo, la quale non è<br />
incompatibile con eventuali allontanamenti,<br />
mentre è irrilevante la mera intenzione,<br />
sganciata dal dato di fatto, di scegliere altro<br />
luogo di residenza (nella specie, mantenen-<br />
Abruzzo dichiarato non punibile:<br />
“Uso legittimo del diritto di critica”<br />
fonti fiduciarie è tutelato dagli articoli 2 dellalegge<br />
n. 69/1963 sulla professione giornalistica<br />
e 13 della legge n. 675/1996 sulla privacy<br />
nonché dall’articolo 10 della Convenzione<br />
europea per la salvaguardia <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo<br />
(sentenza Goodwin della Corte di Strasburgo).<br />
Il Pm di Brescia, Maria Paola Borio, ha chiesto<br />
l’archiviazione della querela presentata<br />
contro Franco Abruzzo, intervenuto il 13<br />
maggio 2000, come presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, a tutela <strong>dei</strong><br />
cronisti giudiziari di Como e del diritto <strong>dei</strong><br />
cittadini di Como all’informazione. Abruzzo ha<br />
agito nell’esercizio di un diritto costituzionale<br />
(quello di critica) e nell’adempimento di un<br />
dovere (la difesa del diritto di cronaca).<br />
Le critiche di Abruzzo in sostanza non costituiscono<br />
reato in quanto, come ha scritto<br />
il Pm, “la libertà, riconosciuta dalla Costituzione,<br />
di manifestazione del pensiero<br />
e di formulazione di critica nei confronti di<br />
chi esercita funzioni pubbliche comprende<br />
necessariamente il diritto di critica giudiziaria<br />
ossia l’espressione di dissenso,<br />
anche aspro e veemente, nei confronti<br />
dell’operato di magistrati i quali, in quanto<br />
tali, non godono di alcuna immunità,<br />
nonché degli atti da costoro compiuti”.<br />
Il Gip Spanò, nell’udienza del 14 giugno, in<br />
sede di discussione dell’opposizione del Pm<br />
di Como all’archiviazione, ha ordinato al Pm<br />
di elevare capo di imputazione contro Abruzzo,<br />
Annoni e Rapisarda. Era seguita il 29 ottobre<br />
2001 l’udienza davanti al Gup Milesi, che<br />
ha letto la sentenza di non luogo a procedere<br />
il 15 gennaio <strong>2002</strong>.<br />
Nella richiesta del Pm Borio si legge:<br />
“- rilevato che con denuncia querela depositata<br />
in data 13.5.2000 la dott.ssa...., Magistrato<br />
in servizio presso la Procura della<br />
Repubblica presso il Tribunale di Como,<br />
lamentava il contenuto asseritamente diffamatorio<br />
dell’articolo apparso il medesimo<br />
giorno sull’inserto comasco del quotidiano il<br />
Corriere della Sera a firma di Annoni Paolo<br />
recante il titolo “Un attentato alla libertà di<br />
informazione”. Si doleva la querelante delle<br />
dichiarazioni rese nel corso di un’intervista<br />
dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> lombardo <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
Franco Abruzzo (e riportate dall’Annoni<br />
nel predetto articolo) in relazione alla avvenuta<br />
iscrizione nel registro degli indagati per<br />
il reato di cui all’art. 371-bis Cp del nominativo<br />
del giornalista Moretti Paolo il quale, sentito<br />
dalla dott.ssa... in qualità di persona informata<br />
sui fatti in relazione ad una indagine<br />
“per fuga di notizie”, si era avvalso del segreto<br />
professionale. Lamentava in particolare il<br />
magistrato che l’Abruzzo, commentando l’iniziativa<br />
adottata dal Pm, ai sensi dell’art. 335<br />
Cpp, nei confronti del Moretti, affermava: “È il<br />
Pubblico Ministero con le sue iniziative che<br />
si è posto fuori dal quadro costituzionale.<br />
Quando ha chiesto i numeri telefonici e le<br />
fonti ha compiuto un attentato al ruolo di<br />
mediatore intellettuale che è proprio del<br />
collega Moretti. Un attentato al principio<br />
dell’informazione, alla libertà di critica che<br />
caratterizza uno stato democratico... Il Pm si<br />
è posto contro alcune sentenze della Corte<br />
costituzionale. È un diritto del giornalista<br />
essere messo in posizione di operare secondo<br />
le regole della deontologia professionale.<br />
La sentenza della Corte non è stata tramutata<br />
in legge ma merita rispetto soprattutto<br />
da parte <strong>dei</strong> magistrati e <strong>dei</strong> pubblici ministeri.<br />
Alla luce di questo principio il Pm è fuori<br />
dalle regole e del quadro costituzionale”;<br />
- ritenuto che la libertà, riconosciuta dalla<br />
Costituzione, di manifestazione del pensiero<br />
e di formulazione di critica nei confronti di chi<br />
esercita funzioni pubbliche comprende<br />
necessariamente il diritto di critica giudiziaria<br />
ossia l’espressione di dissenso, anche aspro<br />
e veemente, nei confronti dell’operato di<br />
magistrati i quali, in quanto tali, non godono<br />
di alcuna immunità, nonché degli atti da<br />
costoro compiuti;<br />
- ritenuto che pertanto vanno considerate<br />
diffamatorie e dunque lesive dell’onore e<br />
della reputazione del magistrato soltanto<br />
quelle manifestazioni di biasimo aventi carattere<br />
denigratorio e consistenti in un gratuito<br />
attacco alla persona ed alla stima di cui gode<br />
all’interno del proprio ambiente professionale<br />
(vedi fra le tante Cass. Sezione V 6.2.1998<br />
n.1450);<br />
- ritenuto che, nel caso di specie, le espressioni<br />
utilizzate dall’intervistato e riportate<br />
fedelmente dal giornalista Annoni, pur contenendo<br />
espressioni a tratti aspre e polemiche<br />
(si veda l’utilizza della parola “attentato”)<br />
costituiscono espressione di un deciso<br />
dissenso, peraltro motivato mediante il richiamo<br />
ad alcune sentenze della Corte Costituzionale,<br />
all’operato della dott.ssa... e di una<br />
pubblica denuncia di un errore, a suo parere<br />
commesso dal magistrato, nei confronti del<br />
collega Moretti;<br />
- ritenuto pertanto che le espressioni<br />
utilizzate dall’Abruzzo e riportate nell’articolo<br />
oggetto di querela non abbiano travalicato<br />
i limiti di una critica, certamente forte, ma<br />
tale da non trascendere nell’offesa gratuita<br />
e nella lesione della dignità morale e<br />
professionale della querelante;<br />
- ritenuto che, non configurandosi responsabilità<br />
a carico dell’intervistato Abruzzo e del<br />
giornalista Annoni per il reato di diffamazione,<br />
non è conseguentemente configurabile<br />
responsabilità a titolo colposo, ai sensi<br />
dell’art. 57 Cp, nei confronti del direttore del<br />
quotidiano Il Corriere di Como. Ed infatti nella<br />
fattispecie criminosa prevista dall’art. 57 Cp il<br />
reato che con il mezzo della pubblicazione<br />
viene commesso si configura come evento<br />
dell’autonomo reato colposo addebitato al<br />
direttore, sicché se esso fa difetto per<br />
mancanza di uno degli elementi costitutivi,<br />
viene meno anche la responsabilità del direttore<br />
medesimo.<br />
Visti gli artt. 408 c.p.p., 1<strong>25</strong> D.Lv. 271/89<br />
CHIEDE che il Giudice per le indagini preliminari<br />
in sede voglia disporre l’archiviazione<br />
del procedimento e la restituzione degli atti a<br />
questo Ufficio”.<br />
Franco Abruzzo, già cronista giudiziario de Il<br />
Giorno negli anni 60 e 70, ha commentato<br />
così la vittoria di Brescia: “È un successo di<br />
tutti i cronisti”.<br />
(O.T.)<br />
do ivi consuetudini e rapporti sociali)” (Tar<br />
Valle d’Aosta, 20 novembre 1995, n. 172;<br />
Riviste: Foro Amm., 1996, 1312).<br />
Il nuovo articolo 119 della Costituzione afferma<br />
che “I Comuni, le Province, le Città<br />
metropolitane e le Regioni...stabiliscono e<br />
applicano tributi ed entrate propri....dispongono<br />
di compartecipazioni al gettito di tributi<br />
erariali riferibile al loro territorio”.<br />
Pertanto Comuni, Province, Città metropolitane<br />
e Regioni avranno compartecipazioni<br />
al gettito <strong>dei</strong> tributi erariali in rapporto al<br />
numero <strong>dei</strong> cittadini residenti nel loro territorio.<br />
Conseguentemente la mancata iscrizione<br />
nelle liste <strong>dei</strong> cittadini residenti comporterà<br />
un danno alle entrate di Comuni, Province,<br />
Città metropolitane e Regioni.<br />
C’è un altro problema, poi, che la riguarda la<br />
giustizia disciplinare.<br />
Chi si sottrae agli obblighi della residenza<br />
nella città in cui ha “la dimora abituale” sfugge<br />
al controllo deontologico del Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Regione dove<br />
FILO DIRETTO con l’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
PRESIDENTE<br />
(Franco Abruzzo)<br />
02 63 61 17 22-38 fabruzzo39@yahoo.it<br />
VICE-PRESIDENTE<br />
(Brunello Tanzi)<br />
CONSIGLIERE SEGRETARIO<br />
02 63 61 17 31 odg@galactica.it<br />
incaricato dell’URP<br />
(Letizia Gonzales)<br />
02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />
DIRETTORE UFFICI 02 63 61 17 23<br />
(Elisabetta Graziani) 02 65 54 946 odg.direzione@galactica.it<br />
A chi chiedere<br />
le informazioni:<br />
Centralino:<br />
Evelina Mosca<br />
e Fernanda Principe<br />
Informazioni generali,<br />
tessere FS e Alitalia,<br />
appuntamenti<br />
(Urp - legali e fiscali)<br />
Ufficio presidenza:<br />
Anna Contini:<br />
02 63 61 171 odg.segreteria@galactica.it<br />
appuntamenti Presidente,<br />
Consiglieri e Revisori<br />
<strong>dei</strong> conti; premi tesi laurea<br />
in giornalismo<br />
Segreteria - sportello:<br />
Isabella Massara:<br />
02 63 61 17 38 odg.direzione@galactica.it<br />
Elenco professionisti<br />
praticanti d’ufficio.<br />
Corso praticanti; esame<br />
idoneità professionale<br />
Rosangela Petruzzelli:<br />
02 63 6117 37 odg.segreteria@galactica.it<br />
Registro praticanti<br />
elenco speciale<br />
Teresa Risè:<br />
segreteria redazione mensile<br />
02 63 61 17 36 odg.segreteria@galactica.it<br />
“Tabloid”<br />
elenco pubblicisti<br />
scuole lombarde giornalismo<br />
Ufficio informatico:<br />
02 63 61 17 39 odg.segreteria@galactica.it<br />
Alfredo Pedoto:<br />
quote; sito web;<br />
Annuario e pubblicazioni edite<br />
dall’<strong>Ordine</strong><br />
Ufficio contabilità:<br />
Sabrina Boffino:<br />
Ufficio acquisti - economato:<br />
Alberto Ruta<br />
Patrocinio legale<br />
avv.Luisa Nicosia<br />
presente in sede ogni<br />
martedì pomeriggio<br />
Patrocinio<br />
fiscale/amministrativo<br />
Commercialista studio<br />
dott. R. Marcianesi<br />
presente in sede<br />
ogni mercoledì pomeriggio<br />
la professione viene esercitata.<br />
L’evasione, quindi, non è soltanto fiscale ma<br />
è anche morale.<br />
Diversi Ordini regionali contestano l’interpretazione<br />
dell’articolo 16 della legge 526/1999<br />
nel senso di vincolare l’appartenenza all’Albo<br />
al domicilio professionale.<br />
Queste divergenze sono superate, una volta<br />
che venga fatto rispettare il principio secondo<br />
il quale il cittadino/giornalista ha l’obbligo<br />
giuridico di ancorare la residenza nella città<br />
in cui ha la sua “dimora abituale”.<br />
La dichiarazione di un cittadino/giornalista di<br />
avere la residenza in una città diversa da<br />
quella dove svolge stabilmente la professione<br />
ha valore meramente presuntivo contestabile<br />
con ogni mezzo di prova.<br />
Compreso il ricorso alle indagini che può<br />
disporre il direttore dell’Ufficio anagrafe di<br />
ogni Comune.<br />
Questi argomenti sono stati illustrati da Franco<br />
Abruzzo nella riunione romana del 23<br />
gennaio della Consulta <strong>dei</strong> presidenti degli<br />
Ordini regionali.<br />
02 63 61 17 29 odg@galactica.it<br />
02 63 61 17 28 odg.amm@galactica.it<br />
02 63 61 17 30 odg.amm@galactica.it<br />
02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />
02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />
32 (36) ORDINE 3 <strong>2002</strong>