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25 Ordine marzo 2002 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong><br />

giornalisti<br />

della<br />

Lombardia<br />

L’assemblea degli iscritti<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />

Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

“Oro” a 29 colleghi<br />

per 50 anni di Albo<br />

Sono 29 i colleghi (17 professionisti e<br />

12 pubblicisti) che quest’anno compiono<br />

i 50 anni di iscrizione agli elenchi<br />

dell’Albo. Riceveranno la medaglia<br />

d’oro dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in<br />

occasione dell’assemblea annuale degli<br />

iscritti che si terrà giovedì 21 <strong>marzo</strong><br />

(ore 15) al Circolo della Stampa. Ecco i<br />

loro nomi:<br />

PROFESSIONISTI<br />

Bruno Ambrosi, Carmelo Azzolina, Gian<br />

Galeazzo Biazzi Vergani, Carlo Brazzi,<br />

Mario Costa Cardol, Enrico Crespi, Sante<br />

Della Putta, Dante Ferrari, Raul Oreste<br />

Fornezza, Gian Mario Maletto, Annamaria<br />

Malvestiti, Floriana Maudente,<br />

Rodolfo Pagnini, Giancarlo Pertegato,<br />

Giacinto Spadetta, Fernando Strambaci,<br />

Alfredo Todisco.<br />

PUBBLICISTI<br />

Vincenzo Angelucci, mons. Loris Capovilla,<br />

Gino Cesaretti, Gillo Dorfles, Gian<br />

Luigi Falabrino, Renato Ferrari, Pasquale<br />

Magni, Rolando Marchi, Oliviero Sandrini,<br />

Sandra Sollazzi, Guido Weiller, Pier<br />

Luigi Zampetti.<br />

Nel corso dell’assemblea verranno<br />

consegnate le tessere di praticante agli<br />

allievi della Scuola di giornalismo dell’Università<br />

Cattolica e dell’Ifg “Carlo De<br />

Martino”. All’ordine del giorno dell’assemblea<br />

degli iscritti all’Albo figura l’approvazione<br />

del bilancio preventivo <strong>2002</strong><br />

e del conto consuntivo 2001.<br />

ALLE PAGINE 4-13 LE SCHEDE<br />

BIOGRAFICHE DEI COLLEGHI CHE<br />

RICEVERANNO LA MEDAGLIA D’ORO.<br />

SOMMARIO<br />

Nelle pagine centrali<br />

Anno XXXII<br />

n.3 <strong>marzo</strong> <strong>2002</strong><br />

Direzione e redazione<br />

Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Telefono: 02 63 61 171<br />

Telefax: 02 65 54 307<br />

http://www.odg.mi.it<br />

e-mail:odg@galactica.it<br />

Spedizione in a.p. (45%)<br />

Comma 20 (lettera b)<br />

dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />

Filiale di Milano<br />

L’Autorità Garante per la protezione della privacy: “Siamo di fronte ad una grave violazione della dignità della persona”<br />

Mucca<br />

pazza:<br />

“Non si<br />

pubblicano<br />

le notizie<br />

sulla<br />

ragazza<br />

ammalata”<br />

giovedì<br />

21<br />

<strong>marzo</strong><br />

<strong>2002</strong><br />

Roma, 7 febbraio - L’Autorità Garante per<br />

la protezione <strong>dei</strong> dati personali (composta<br />

da Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello,<br />

Gaetano Rasi, Mauro Paissan) ha emesso<br />

un provvedimento con il quale si dispone il<br />

divieto di trattamento, da parte <strong>dei</strong> mezzi di<br />

informazione, <strong>dei</strong> dati personali della<br />

ragazza sospetta di aver contratto la<br />

variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jacob.<br />

La decisione è stata presa nella riunione<br />

odierna, viste le notizie diffuse nei giorni<br />

scorsi da molteplici mezzi di informazione<br />

che hanno reso possibile l’identificazione<br />

della ragazza. Giornali e mass-media<br />

hanno fornito una dovizia di particolari sulla<br />

ragazza, contraria al principio di essenzialità<br />

dell’informazione sancito dalla legge<br />

sulla privacy e dal codice deontologico <strong>dei</strong><br />

giornalisti. È il primo caso di divieto alla<br />

pubblicazione adottato dal Garante.<br />

La pubblicazione di quella che è una notizia<br />

di indubbio interesse generale (la<br />

presenza della malattia nel nostro paese)<br />

non rendeva necessario – ha affermato il<br />

Garante – alcun riferimento alla specifica<br />

persona. Si è in tal modo concretata una<br />

grave violazione della dignità della persona.<br />

La ricordata dovizia di particolari ha,<br />

peraltro, comportato la pubblicazione di<br />

notizie relative a congiunti dell’interessata<br />

e ad altre persone estranee ai fatti, con una<br />

palese violazione del codice deontologico<br />

<strong>dei</strong> giornalisti.<br />

La diffusione di molte delle notizie, ha<br />

osservato l’Autorità Garante, ha verosimilmente<br />

la sua origine nella violazione di<br />

specifici obblighi di segretezza da parte di<br />

soggetti pubblici e di esercenti la professione<br />

medica. Il pregiudizio riferibile a diversi<br />

Milano, 28 gennaio <strong>2002</strong> - Il Gup del Tribunale<br />

di Brescia, Silvia Milesi, ha dichiarato<br />

“in nome del popolo italiano” il non luogo a<br />

procedere contro Franco Abruzzo, presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />

“per non essere punibile, ex articolo 51<br />

Cp, ritenuta sussistente l’esimente del diritto<br />

di cronaca e di critica”. Franco Abruzzo era<br />

stato accusato del reato di diffamazione a<br />

mezzo stampa nei riguardi di un Pm di Como<br />

al quale un cronista del Corriere di Como<br />

aveva opposto il segreto professionale alla<br />

richiesta dello stesso Pm di consegnare<br />

l’elenco delle sue utenze telefoniche. Abruzzo<br />

(che è stato difeso dagli avvocati Raffaele<br />

Di Palma e Francesco Sardi De Letto)<br />

aveva rivolto un appello al Procuratore generale<br />

della Repubblica, Francesco Saverio<br />

Borrelli, e concesso una intervista al Corrie-<br />

soggetti a causa della diffusione delle notizie<br />

potrà, ha spiegato l’Autorità, essere<br />

fatto valere davanti alla competente autorità<br />

giudiziaria.<br />

Constatate dunque, le numerose violazioni<br />

delle norme sulla privacy e del codice<br />

deontologico per l’attività giornalistica e<br />

constatata l’illiceità del trattamento <strong>dei</strong> dati<br />

personali che rendono identificabili, in casi<br />

come quello in esame, la persona interessata,<br />

i suoi congiunti e altre persone non<br />

interessate ai fatti, l’Autorità ha vietato il<br />

trattamento <strong>dei</strong> dati da parte <strong>dei</strong> mezzi di<br />

informazione. Il Garante ha inviato, per le<br />

valutazioni di loro competenza, il provvedimento<br />

agli editori, ai direttori responsabili<br />

<strong>dei</strong> quotidiani, ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti, al Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> medici, alla competente autorità<br />

giudiziaria.<br />

Il Gup di Brescia Silvia Milesi chiude la battaglia svolta dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> a tutela delle fonti <strong>dei</strong> cronisti giudiziari di Como<br />

Abruzzo dichiarato non punibile:<br />

“Uso legittimo del diritto di critica”<br />

Un cronista<br />

del “Corriere<br />

di Como”<br />

aveva opposto<br />

il segreto<br />

professionale<br />

alla richiesta del<br />

Pm di consegnare<br />

l’elenco<br />

delle sue “utenze<br />

telefoniche”<br />

Abruzzo ha reagito<br />

con una lettera<br />

aperta al Pg<br />

Borrelli, scrivendo:<br />

“La Procura<br />

di Como si è posta<br />

fuori dalla<br />

Costituzione e<br />

dalla Convenzione<br />

europea <strong>dei</strong> diritti<br />

dell’Uomo”<br />

La presa<br />

di posizione<br />

era stata seguita<br />

dalla<br />

denuncia-querela<br />

di un Pm<br />

della città lariana.<br />

Il Pm<br />

di Brescia<br />

per l’archiviazione<br />

Professione La critica giornalistica:<br />

& legge contenuto e limiti pag. 2<br />

Documenti Pubblica amministrazione<br />

e informazione pag. 14<br />

L’<strong>Ordine</strong> e i “tosati”<br />

della Bipop-Carire pag. 16<br />

Società del- Internet e la “buona notizia”<br />

l’informazione messaggio del Papa pag. 18<br />

Il Cardinale Martini<br />

a Lecco pag. 20<br />

Stampa “Il Popolo<br />

locale Cattolico” pag. 24<br />

Memoria Il centenario di don Gnocchi pag. 22<br />

Milano ricorda la Shoah pag. 28<br />

Grandi Ferdinando Scianna:<br />

fotografi ricomincerei dalla scrittura pag. 26<br />

La libreria Le recensioni<br />

di Tabloid del mese pag. 30<br />

L’inserto Tabloid dell’Istituto Carlo de Martino - Ifg<br />

re di Como, raccolta dal giornalista Paolo<br />

Annoni, in difesa di un altro redattore del<br />

quotidiano, Paolo Moretti, messo sotto<br />

inchiesta per reticenza dal Pm incaricato di<br />

una indagine su una fuga di notizie. Con<br />

Abruzzo e Annoni, era finito sotto procedimento<br />

penale anche Mario Rapisarda, direttore<br />

del Corriere di Como. Abruzzo, Annoni<br />

e Rapisarda sono stati dichiarati non punibili<br />

con la stessa sentenza.<br />

La decisione del Gup significa che i pubblici<br />

ministeri possono essere legittimamente criticati<br />

in maniera “aspra, polemica, forte e<br />

veemente ma non denigratoria”, quando<br />

chiedono ai cronisti la consegna delle agende<br />

personali con l’elenco delle “utenze<br />

telefoniche”. Il segreto (<strong>dei</strong> giornalisti) sulle<br />

del caso. segue in ultima pagina<br />

1


PROFESSIONE&LEGGE<br />

PROFESSIONE & LEGGE<br />

La critica giornalistica: cont<br />

di Sabrina Peron, avvocato in Milano<br />

Appare nozione scontata e ormai acquisita che con il termine<br />

“cronaca giornalistica” ci si riferisce non solo al testo scritto<br />

di un articolo, ma anche al titolo, all’occhiello, alle immagini<br />

fotografiche che lo corredano e, più in generale, all’impaginazione<br />

ed alla presentazione grafica dell’articolo stesso.<br />

Da ciò deriva che può realizzarsi il reato di diffamazione non<br />

solo tramite il contenuto di un “pezzo” giornalistico, ma anche<br />

tramite tutti quegli elementi che concorrono a realizzare la<br />

presentazione della notizia. Con la conseguenza che il contenuto<br />

diffamatorio di un articolo viene valutato non solo sulla<br />

base del suo tenore letterale, ma anche tenendo presente il<br />

contesto complessivo in cui lo stesso si colloca e, quindi, le<br />

immagini e/o la vignetta satirica che eventualmente l’accompagnano,<br />

il titolo, il sottotitolo, l’occhiello, il sommario, la didascalia,<br />

il risalto grafico dato alle parole, lo spazio utilizzato<br />

per sottolineare maliziosamente alcuni particolari eccetera.<br />

Per quanto riguarda la formulazione <strong>dei</strong> titoli (i quali assolvono<br />

la funzione di richiamare e selezionare l’attenzione <strong>dei</strong><br />

lettori), devono essere rispettati sia il limite della verità che<br />

quello della continenza (ossia la forma civile nell’esposizione<br />

<strong>dei</strong> fatti), entrambi necessari ed imprescindibili per il corretto<br />

esercizio del diritto di cronaca. Ciò premesso, vediamo che la<br />

valutazione della portata diffamatoria del titolo può risultare<br />

sia da un esame di questo unitamente al contenuto dell’articolo<br />

cui si riferisce, sia dal solo titolo, tutte le volte in cui questi<br />

presenti un’autonoma efficacia suggestionante, travisando ed<br />

amplificando un testo veritiero (magari utilizzando l’artificio<br />

costituito dal riferimento ad un fatto vero, rappresentato in<br />

Con riguardo alla valutazione, spettante al<br />

giudice, del carattere diffamatorio di uno<br />

scritto, tale carattere non può essere escluso<br />

sulla base di una lettura atomistica dello<br />

stesso, dovendosi, invece, giudicare la portata<br />

offensiva non solo delle singole espressioni<br />

in esso contenute, ma dell’intero contesto;<br />

ne consegue che, anche in relazione al titolo<br />

di un articolo di stampa, il carattere offensivo<br />

va escluso non solo alla stregua della valutazione<br />

del titolo in sé, ma anche del rapporto<br />

di esso con il contenuto dello scritto.<br />

Cass., <strong>25</strong>.07.2000, n. 9746, Bagnasco c.<br />

Albertini<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />

valutazione della portata diffamatoria di un<br />

articolo deve essere effettuata prendendone<br />

in esame l’intero contenuto, sia sotto il profilo<br />

letterale sia sotto il profilo delle modalità<br />

complessive con le quali la notizia viene<br />

data, potendo assumere significato decisivo,<br />

tra l’altro, anche l’esame del titolo (nella fattispecie<br />

la corte ha ritenuto che l’omesso<br />

esame dell’intero contenuto narrativo della<br />

pubblicazione da parte del giudice di merito<br />

si è tradotto in un vizio della motivazione con<br />

riflessi sulla ritenuta esimente del diritto di<br />

cronaca).<br />

Cass., 30.03.2000, Giustolisi<br />

L’apprezzamento del limite della continenza<br />

va effettuato in relazione non alla singolare<br />

valenza di un termine adoperato ma dall’intero<br />

contenuto espositivo dell’articolo e al<br />

complesso della pubblicazione, rappresentata<br />

anche dal titolo e dal modo di rappresentazione<br />

(nella fattispecie si è ritenuto superato<br />

il limite della forma civile dell’esposizione<br />

sin dal titolo - “Basta marchette per favore” -<br />

che fungeva da corredo all’articolo incriminato).<br />

Trib. Milano 01.10.1999, Occhipinti c. La Pira,<br />

Abruzzo<br />

L’evento del reato di cui all’art. 57 c.p., giusto<br />

l’art. 40 cpv. c.p., è quello che, cagionato<br />

dall’autore della pubblicazione, il direttore<br />

responsabile del periodico, omettendo il<br />

controllo, non ha impedito; pertanto, in caso<br />

di assoluzione dell’imputato di diffamazione,<br />

termini volutamente equivoci), oppure tutte le volte in cui il<br />

titolo risulti impreciso, errato o iperbolico. Per fare qualche<br />

esempio concreto vediamo che è stato ritenuto illecito il titolo<br />

di un articolo che presentava il fatto senza far riferimento alla<br />

fonte da cui era tratto (nel caso di specie un’interpellanza<br />

parlamentare) e senza l’utilizzo della forma dubitativa o interrogativa.<br />

Altresì è stato ritenuto illecito un titolo maliziosamente<br />

confusorio e scritto a caratteri rilevanti (così da catturare<br />

subito l’attenzione del lettore), accompagnato da un occhiello<br />

chiarificatore dell’equivoco scritto invece con caratteri più<br />

piccoli. Per contro non è stato reputato diffamante il titolo<br />

metaforico in relazione al quale i lettori potevano facilmente<br />

intuire che l’espressione utilizzata (nella fattispecie “Sua Emittenza<br />

bara al gioco”), per quanto pungente, costituiva la sintesi<br />

delle critiche legittimamente avanzate nel testo dell’articolo;<br />

e neppure è stato ritenuto illecito l’uso nella formulazione del<br />

titolo e/o dell’occhiello di toni sì aspri o enfatici ma, comunque,<br />

in sintonia con il gergo tipico della cronaca giudiziaria e<br />

non idonei a falsificare il contenuto veridico della notizia.<br />

Si noti, inoltre, che nel caso in cui l’articolo pubblicato non<br />

abbia di per sé un contenuto diffamatorio, ma questo risulti<br />

dal complesso dell’informazione pubblicata (per le modalità<br />

di presentazione della notizia e, soprattutto, per i titoli che<br />

l’accompagnano), del fatto lesivo non può essere chiamato a<br />

rispondere l’autore dell’articolo quando questi si sia limitato -<br />

come di regola - a fornirne il testo alla redazione del giornale,<br />

la quale abbia poi provveduto alla pubblicazione stabilendo<br />

la collocazione in una determinata pagina, il risalto da<br />

dare alla notizia, la formulazione <strong>dei</strong> titoli, <strong>dei</strong> sottotitoli ed<br />

ogni altro particolare. In questo caso potrà essere chiamato<br />

a rispondere il direttore responsabile del periodico, unita-<br />

Ricerca di giurisprudenza<br />

autore di un articolo, perché il fatto non costituisce<br />

reato, allorché il direttore sia imputato<br />

solo dell’omesso controllo del suo tenore,<br />

non può ritenersi sussistente, ancorché ai<br />

soli effetti civili, la sua condotta omissiva<br />

qualificata circa i titoli, e gli elementi iconografici<br />

di contorno per se stessi, per i quali<br />

non è stata formulata autonoma imputazione<br />

a carico <strong>dei</strong> diretti responsabili, diversi<br />

dall’autore dell’articolo (nella fattispecie<br />

accanto all’articolo era stata pubblicata una<br />

“mappa, clan per clan, nome per nome”, non<br />

oggetto di imputazione).<br />

Cass., 28.05.1999, Monti<br />

Quando il “fatto-intervista” pubblicato consista<br />

in valutazioni o giudizi, il giornalista è<br />

tenuto al rigoroso rispetto delle opinioni<br />

manifestate dall’intervistato anche in termini<br />

critici, al fine di far emergere l’obiettività del<br />

dibattito e fornire al pubblico un quadro più<br />

genuino possibile, atto ad orientare il giudizio<br />

anche sul personaggio intervistato; il<br />

mantenimento della posizione di “testimone”<br />

obiettivo, che si limita a sintetizzare nel titolo<br />

il contenuto critico dell’intervista, a spendere<br />

semplici espressioni volte a presentare l’intervistato<br />

ed a porre quesiti strettamente<br />

funzionali alla manifestazione della sua<br />

opinione, si risolve nella realizzazione di<br />

quegli elementi che, se pure rapportabili ad<br />

un principio di continenza in senso lato,<br />

valgono a riassumere l’atteggiamento di<br />

distacco dall’intrinseco contenuto - anche<br />

diffamatorio - delle risposte.<br />

Cass., 14.12.1999, Scalfari<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai<br />

fini della sussistenza della scriminante del<br />

diritto di critica l’apprezzamento del limite<br />

della continenza nello scritto va operato in<br />

relazione non alla singolare valenza di un<br />

termine adoperato ma all’intero contenuto<br />

espositivo dell’articolo e al complesso della<br />

pubblicazione, rappresentata anche dal titolo<br />

e dal modo di rappresentazione (fattispecie<br />

in cui il giudice di merito s’era limitato a rilevare<br />

- pur se congruamente, secondo la<br />

suprema corte - il corrente non offensivo<br />

significato letterale del termine “lottizzato”).<br />

Cass., 03.06.1998, Scalfari<br />

Il reato di diffamazione può realizzarsi<br />

non solo tramite il contenuto dell’articolo,<br />

ma anche tramite tutti quegli elementi<br />

che concorrono a realizzare la presentazione<br />

della notizia (titolo, immagini, didascalia ecc.)<br />

Il diritto di cronaca, tutelato dall’art. 21 cost.,<br />

può liberamente esplicarsi ove ricorrano<br />

cumulativamente le condizioni dell’utilità<br />

sociale della notizia, della verità <strong>dei</strong> fatti<br />

divulgati e della forma civile dell’esposizione<br />

<strong>dei</strong> fatti e della loro valutazione (nella specie,<br />

sono stati ritenuti legittimi sotto i tre profili<br />

indicati i titoli e gli articoli pubblicati sul crack<br />

Bagnasco).<br />

Trib. Roma, 08.07.1996, Bagnasco c. Soc.<br />

ed. La Repubblica<br />

Va confermata la sentenza d’appello che,<br />

dalla constatata mancanza di coinvolgimento<br />

di un leader politico (nella specie, Bettino<br />

Craxi) in un’inchiesta finalizzata a perseguire<br />

finanziamenti illeciti in favore di un partito,<br />

abbia desunto il carattere non veritiero e<br />

scorretto <strong>dei</strong> titoli utilizzati da un quotidiano<br />

(La Repubblica) per presentare il relativo<br />

servizio giornalistico e, di conseguenza,<br />

abbia affermato la responsabilità della<br />

società editrice e del direttore del giornale<br />

per violazione dell’onore e della reputazione<br />

dell’uomo politico. Va confermata la sentenza<br />

d’appello che abbia riconosciuto l’illiceità<br />

di una vignetta satirica (nella specie, Craxi vi<br />

era raffigurato, per mano di Forattini, nelle<br />

vesti di un ladro con garofano rosso sull’orecchio<br />

destro e gli si attribuiva la frase:<br />

“quanto mi piace questo giornale da quando<br />

ha Portfolio”), in quanto idonea, unitamente<br />

al titolo di un contestuale servizio giornalistico,<br />

ad integrare il reato di diffamazione a<br />

mezzo stampa.<br />

Cass., 29.05.1996, n. 4993, Soc. ed. La<br />

Repubblica c. Craxi.<br />

Nell’impostazione generale di una pagina di<br />

giornale il titolo, per il rilievo <strong>dei</strong> caratteri che<br />

lo contraddistinguono, assolve alla funzione<br />

naturale di richiamare e selezionare l’attenzione<br />

<strong>dei</strong> lettori; pertanto, quand’anche il<br />

testo dell’articolo contenga una corretta<br />

esposizione <strong>dei</strong> fatti di cronaca relativi ad un<br />

procedimento penale all’epoca in corso, la<br />

reputazione dell’imputato può essere lesa da<br />

un’intitolazione tendenziosa e suggestionante,<br />

che accosti le ipotesi di reato contestate<br />

a fenomeni ad esse estranei (nella specie, il<br />

termine tangentopoli universitaria conteneva<br />

mente - in sede civile - all’editore.<br />

Per quanto concerne la grafica, come si è accennato<br />

anch’essa deve sottostare al limite della verità e della forma<br />

civile. Nella famosa sentenza della Corte di Cassazione, nota<br />

come il “decalogo” (Cass., 18.10.1984, 5<strong>25</strong>9), viene preso in<br />

considerazione non solo il tono sproporzionatamente scandalizzato<br />

e sdegnato <strong>dei</strong> titoli, ma anche il modo di presentazione<br />

della notizia, quale l’uso del punto esclamativo dove di<br />

solito non viene messo, l’utilizzo delle virgolette allo scopo di<br />

far intendere al lettore che esse non sono altro che eufemismi<br />

da interpretarsi in ben altro (e noto) senso da quello che<br />

avrebbero senza le virgolette stesse, e così via. Altresì si è<br />

ritenuto che l’enfatizzazione grafica nella copertina <strong>dei</strong> contenuti<br />

di un’intervista non solo rappresenti un richiamo per i<br />

lettori, ma sia anche un’attribuzione di verità e certezze assolute<br />

di quelle dichiarazioni nei cui confronti il giornalista manifesta<br />

piena adesione (per contro, invece, il mantenimento<br />

della posizione di “testimone” obiettivo, che si limita a sintetizzare<br />

nel titolo il contenuto critico dell’intervista, non è ritenuto<br />

diffamatorio).<br />

Per quanto concerne le immagini, si ritiene illecita la pubblicazione<br />

dell’immagine di una persona tutte le volte in cui si<br />

porta il pubblico ad equivocare la realtà <strong>dei</strong> fatti inducendolo<br />

così in inganno. Ciò si realizza, ad esempio, qualora si<br />

pubblichi un immagine decontestualizzata oppure si impieghi<br />

l’immagine di un sosia. Mentre in tema di presentazione della<br />

notizia nell’ambito del giornalismo televisivo è possibile<br />

realizzare il reato di diffamazione attraverso la tecnica del<br />

montaggio e della riproduzione di immagini televisive, idonea<br />

a presentare il soggetto preso di mira in modo grottesco così<br />

da esporlo al biasimo della pubblica opinione.<br />

un’allusione a pratiche di corruzione derivanti<br />

dall’intreccio fra politica ed affari).<br />

Trib. Torino, 18.05.1996, Bin c. Soc. ed. La<br />

Repubblica<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />

valutazione circa il rispetto del limite di continenza<br />

nell’esercizio del diritto di critica non<br />

può prescindere dalla verifica di correlazione<br />

con i titoli, la grafica e, particolarmente, il<br />

contenuto espositivo, giacché la mera collocazione<br />

del riferimento può implicarne un<br />

ulteriore significato, connotato dal disvalore<br />

(fattispecie relativa ad annullamento per vizio<br />

di motivazione da parte della suprema corte,<br />

nella quale il giudice di merito aveva ritenuto<br />

giustificata l’espressione “un vero boss”, riferita<br />

all’assessore ai ll.pp. del comune di<br />

Ardea sulla scorta del solo significato letterale<br />

del termine).<br />

Cass., 24.10.1995, Fedele<br />

Non costituisce esercizio del diritto di cronaca,<br />

e pertanto comporta responsabilità<br />

dell’editore e del giornalista per lesione del<br />

diritto all’onore e alla reputazione, la pubblicazione<br />

(accompagnata da un titolo e da una<br />

fotografia aventi autonomo effetto lesivo) di<br />

un’intervista a un parlamentare che, riportandosi<br />

a una sua interrogazione parlamentare,<br />

abbia riferito notizie non vere.<br />

Cass., 05.05.1995, n. 4871, Soc. Gepi c.<br />

Cerminara<br />

In tema di diffamazione col mezzo della<br />

stampa, i limiti che circoscrivono l’ambito<br />

dell’esercizio del diritto di cronaca sono<br />

rappresentati - oltre che dall’oggettivo interesse<br />

che i fatti narrati rivestano per l’opinione<br />

pubblica - dalla correttezza con la quale<br />

essi vengono narrati, in modo da evitare<br />

gratuite aggressioni all’altrui onorabilità, e<br />

dalla corrispondenza tra i fatti accaduti e<br />

quelli esposti (principi, rispettivamente, della<br />

continenza e della verità); la relativa valutazione<br />

va effettuata con riferimento non solo<br />

al contenuto letterale dell’articolo, ma anche<br />

alle modalità complessive, con le quali la<br />

notizia viene data, sicché decisivo può essere,<br />

tra l’altro, l’esame <strong>dei</strong> titoli e <strong>dei</strong> sottotitoli.<br />

Cass., 12.01.1995, Scalari<br />

2 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


tenuto e limiti<br />

Non può considerarsi lecito esercizio del<br />

diritto di satira la raffigurazione caricaturale<br />

di contenuto offensivo, anche se ironica, che<br />

esplicitamente si colleghi, attraverso i titoli,<br />

ad articoli giornalistici, anche se il contenuto<br />

di questi ultimi non sia di per sé diffamatorio;<br />

in tal caso, infatti, la vignetta non è pura e<br />

semplice espressione satirica ma vero e<br />

proprio veicolo di informazione giornalistica<br />

e - come tale - assoggettata ai limiti propri<br />

del diritto di cronaca.<br />

Trib. Milano, 26.05.1994, Soc. ed. L’Unità c.<br />

Soc. ed. A. Mondatori<br />

Comporta responsabilità civile per lesione<br />

del diritto all’onore la pubblicazione di articoli<br />

privi degli elementi della verità e continenza<br />

nel titolo, nell’occhiello e nel testo.<br />

Trib. Roma, 28.09.1993, Filocamo c. Magri<br />

Nella utilizzazione <strong>dei</strong> mezzi di informazione,<br />

fatti e notizie debbono essere riferiti con<br />

correttezza, non potendosi ricomprendere<br />

nell’interesse sociale che giustifica la discriminante<br />

dell’esercizio del diritto di cronaca<br />

giornalistica inutili eccessi ed aggressioni<br />

dell’interesse morale della persona; la valutazione<br />

di tale requisito, però, va effettuata<br />

con riferimento non solo al contenuto letterale<br />

dell’articolo, ma anche alle modalità<br />

complessive con le quali la notizia viene<br />

data, sicché decisivo può essere l’esame <strong>dei</strong><br />

titoli e <strong>dei</strong> sottotitoli, lo spazio utilizzato per<br />

sottolineare maliziosamente alcuni particolari,<br />

l’utilizzazione eventuale di fotografie; con<br />

la conseguenza che l’eventuale valutazione<br />

negativa della correttezza farebbe venire<br />

meno il requisito della continenza e quindi la<br />

configurabilità della esimente del diritto di<br />

cronaca.<br />

Cass., 05.07.1993, Renga<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la<br />

genericità del titolo, per la vaghezza <strong>dei</strong><br />

termini usati, va risolta mediante analisi del<br />

contenuto dell’articolo; ma quando tale<br />

contenuto è stato ritenuto non diffamatorio<br />

nei confronti di una determinata persona per<br />

aver riferito fatti risultati corrispondenti a<br />

verità e l’intero articolo è stato ritenuto costituire<br />

espressione del diritto di cronaca giornalistica,<br />

è da escludere la sussistenza della<br />

diffamazione in base alla sola formulazione<br />

generica del titolo stesso.<br />

Cass., 04.11.1992, Kamenetski<br />

L’autore di un articolo non può essere ritenuto<br />

responsabile delle espressioni diffamatorie<br />

contenute nel titolo, nell’“occhiello” e nel<br />

“catenaccio” che, solitamente, sono compilati<br />

a cura della redazione del medesimo organo<br />

di stampa; è viceversa responsabile l’articolista<br />

che non ha rispettato i limiti fissati<br />

dalla giurisprudenza per un corretto esercizio<br />

dell’attività giornalistica.<br />

Trib. Lecce, 07.04.1992, Bollino<br />

Si realizza una lesione dell’identità personale<br />

e del decoro di un personaggio dello spettacolo<br />

(nella specie una giovane attrice) nel<br />

caso in cui venga pubblicato: un titolo maliziosamente<br />

confusorio scritto a caratteri rilevanti;<br />

un occhiello in testa alla pagina che<br />

dovrebbe chiarire l’equivoco, scritto a caratteri<br />

nettamente inferiori; un’immagine di un<br />

sosia in atteggiamenti provocanti; un testo<br />

che dedica solo poche righe alla spiegazione<br />

dell’equivoco creato dal titolo e dalle<br />

immagini che lo accompagnano.<br />

Trib. Roma, 28.01.1992, Russo c. Tattilo<br />

Editrice<br />

Qualora un articolo fornito dal giornalista e<br />

per di sé privo di contenuto diffamatorio<br />

venga pubblicato con titoli e sottotitoli aventi<br />

contenuto offensivo ma predisposti dalla<br />

redazione, il fatto lesivo non può essere<br />

addebitato all’autore dell’articolo.<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

fini della individuazione del contenuto diffamatorio<br />

della informazione, deve essere<br />

valutato sia il testo letterale dell’articolo<br />

pubblicato sia il complesso dell’informazione<br />

rappresentato dal testo, dalla sua interpretazione,<br />

dalle immagini che l’accompagnano,<br />

dai titoli e sottotitoli, dal modo di presentazione<br />

e da ogni altro elemento utile; la lesione<br />

dell’altrui reputazione, infatti, non si verifica<br />

necessariamente a mezzo del solo contenuto<br />

dell’articolo, ma può verificarsi anche con<br />

altre modalità, come nel caso di un articolo<br />

corredato da un titolo di per sé offensivo.<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel<br />

caso in cui l’articolo pubblicato non abbia di<br />

per sé un contenuto diffamatorio, ma sia il<br />

complesso dell’informazione, per le modalità<br />

di presentazione e, soprattutto, per i titoli che<br />

l’accompagnano, ad attribuire alla informazione<br />

un contenuto offensivo dell’altrui reputazione,<br />

del fatto lesivo non può essere chiamato<br />

a rispondere l’autore dell’articolo quando<br />

questi si sia limitato - come di regola - a<br />

fornirne il testo alla redazione del giornale, la<br />

quale abbia provveduto alla pubblicazione<br />

stabilendone essa, come appunto avviene di<br />

norma, la collocazione in una determinata<br />

pagina, il risalto da dare alla notizia, la formulazione<br />

di titoli e sottotitoli ed ogni altro particolare<br />

(nella specie, in cui il querelante si<br />

doleva del contenuto diffamatorio del titolo e<br />

non anche dell’articolo, la cassazione ha<br />

accolto la tesi del ricorrente, autore dell’articolo,<br />

che sosteneva che il fatto lesivo non<br />

fosse a lui addebitabile in quanto il titolo non<br />

era opera sua essendo la stesura dello stesso<br />

affidata ad una speciale équipe all’interno<br />

del giornale).<br />

Cass., 27.11.1991, Cerasa<br />

L’uso di toni aspri o enfatici non esorbita dai<br />

limiti dell’esercizio <strong>dei</strong> diritti di cronaca giudiziaria<br />

se il giornalista utilizza una formulazione<br />

di titoli, occhielli, ecc., in linea con gli<br />

schemi ed il gergo del giornalismo giudiziario,<br />

e non distorce il contenuto veridico della<br />

notizia.<br />

Trib. Milano, 08.04.1991, Bonetti c. R.C.S.<br />

Editoriale Quotidiani<br />

Ai fini dell’accertamento della sussistenza<br />

del reato di diffamazione a mezzo stampa,<br />

deve esser valutato sia il testo letterale<br />

dell’articolo sia il complesso dell’informazione<br />

rappresentata dal testo, dal titolo, dalle<br />

immagini e dal modo di presentazione, di<br />

modo che se dal complesso di questi<br />

elementi viene agevolata una interpretazione<br />

del testo letterale piuttosto che un’altra,<br />

deve tenersi conto di tale situazione per la<br />

valutazione del contenuto diffamatorio della<br />

notizia pubblicata.<br />

Cass., 12.12.1991, Benincasa<br />

Il reato di diffamazione a mezzo stampa può<br />

essere realizzato anche attraverso il titolo<br />

soltanto; il titolo però deve essere interpretato<br />

in relazione al contesto in cui si riferisce,<br />

non essendo diffamante un titolo metaforico<br />

in relazione al quale i lettori possono facilmente<br />

intuire che l’espressione utilizzata in<br />

esso, per quanto pungente, costituisca solo<br />

la sintesi delle critiche legittimamente avanzate<br />

nel testo dell’editoriale (nella fattispecie<br />

“Sua Emittenza bara al gioco”).<br />

Trib. Roma, 02.11.1989, Fazzolari.<br />

La lesività dell’onore e della reputazione può<br />

desumersi anche solo dal titolo, quando<br />

questo sia un’affermazione compiuta, chiara<br />

e univoca la cui portata sia integralmente<br />

percepibile del lettore. Il titolo costituisce<br />

reato di diffamazione a mezzo stampa se ha<br />

un’autonoma efficacia suggestionante,<br />

specie quando travisi e amplifichi un testo<br />

veritiero, utilizzando l’artificio costituito dal<br />

riferimento ad un fatto vero rappresentato in<br />

termini volutamente equivoci, laddove il<br />

contenuto dell’articolo, lungi dall’ingenerare<br />

Berlusconi<br />

e le tv:<br />

la<br />

Federazione<br />

internazionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti<br />

scrive a Prodi<br />

nel lettore l’univoco convincimento che il titolo<br />

sia impreciso, iperbolico ed errato, definisca<br />

il fatto tacendo ulteriori elementi chiarificatori<br />

delle verità <strong>dei</strong> fatti.<br />

Trib. Roma, 19.12.1989, Rendo c. La Repubblica<br />

Configura il reato di diffamazione a mezzo<br />

stampa la pubblicazione di una fotografia di<br />

una donna nuda attribuita ad una attrice,<br />

qualora essa risulti falsa ed il titolo del giornale<br />

confermi l’intendimento di sottolineare<br />

la circostanza della nudità.<br />

Trib. Milano, 28.01.1988, Andreoli<br />

È configurabile il reato di cui all’art. 595 c.p.<br />

nel caso di diffusione a mezzo stampa del<br />

contenuto diffamatorio di una interpellanza o<br />

interrogazione parlamentare qualora sia<br />

omessa la formula dubitativa o interrogativa<br />

dell’atto che esclude l’iniziale rispondenza<br />

<strong>dei</strong> fatti a verità obiettiva non ancora accertata,<br />

o quando il titolo dell’articolo che contiene<br />

la notizia venga formulato in maniera da<br />

presentare l’accadimento del fatto senza riferimento<br />

alla fonte e alla forma in cui è stato<br />

prospettato.<br />

Cass., 04.02.1987, Saraceni.<br />

In tema di diffamazione a mezzo stampa,<br />

l’obbligo della verità e della continenza sussiste<br />

tanto con riferimento all’articolo quanto al<br />

solo titolo; il reato de quo può essere quindi<br />

realizzato anche per il tramite del solo titolo.<br />

Cass., 13.02.1985, Criscuoli<br />

Costituisce diffamazione col mezzo della<br />

stampa accostare, in uno <strong>dei</strong> titoli di prima<br />

pagina di un giornale quotidiano, il nome di<br />

un esponente politico a quello di un noto<br />

criminale di guerra nazista, ancorché nel<br />

testo dell’articolo non siano contenute<br />

espressioni in sé diffamatorie.<br />

Trib. Trento, 09.05.1986, Trentini<br />

Il reato di diffamazione può consistere anche<br />

nell’autonoma efficacia e suggestione del<br />

titolo rispetto al testo, specie quando il titolo<br />

travisi ed amplifichi un testo veritiero.<br />

Cass., 12.01.1983, Scalari<br />

“Cronaca” non vuole dire soltanto un articolo<br />

o un testo scritto, ma immagini fotografiche,<br />

Bruxelles, 29 gennaio - La Federazione internazionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti (Ifj) ha inviato una lettera aperta al presidente<br />

della Commissione europea, Romano Prodi, invitandolo “ad<br />

intervenire sulla stretta mortale esercitata dal primo ministro<br />

italiano, Silvio Berlusconi, sulle emittenti televisive<br />

italiane”.<br />

Per il segretario generale dell’Ifj, Aidan White, “la percezione<br />

di un controllo e di una influenza politica indebiti sull’intero<br />

settore televisivo di uno Stato membro è in contraddizione<br />

con i principi e con le politiche della democrazia moderna,<br />

che richiede una gestione indipendente e professionale <strong>dei</strong><br />

media”.<br />

La Federazione che ha sede a Bruxelles e rappresenta le<br />

associazioni giornalistiche di 106 paesi si è rivolta a Prodi<br />

“perché intervenga presso il governo italiano per sollevare la<br />

questione del conflitto di interessi, che è inaccettabile e intollerabile”.<br />

“Si tratta di un conflitto di interessi - conclude l’Ifj - che non<br />

sarebbe tollerato in nessuno <strong>dei</strong> paesi candidati all’ adesione<br />

all’Ue, e a maggior ragione non può essere tollerato in<br />

nessuno degli attuali Stati membri”. (ANSA)<br />

<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />

titolo e impaginazione; i reati commessi per<br />

mezzo della stampa possono configurarsi<br />

sia nel complesso del testo e delle immagini,<br />

valutati unitariamente, sia in una singola<br />

frase dell’articolo, oppure nel risalto grafico<br />

del titolo e delle immagini, valutati a parte.<br />

La comunicazione sociale e la comunicazione<br />

giornalistica non consistono soltanto in un<br />

testo parlato o scritto; invero l’attività giornalistica<br />

ha forme diverse che vanno dallo scrivere<br />

un articolo, all’illustrarlo con immagini,<br />

fotografie e fotomontaggi, dall’impaginazione<br />

grafica (titolo, risalto tipografico etc.) alle<br />

ricerche storiche o d’archivio, etc. (fattispecie<br />

in cui è stata ritenuta offensiva la pubblicazione<br />

di un fotomontaggio).<br />

La verità di una comunicazione sociale deve<br />

essere integrale e rispecchiarsi nella “grafica”;<br />

il reato di diffamazione può consistere<br />

pertanto anche nella autonoma efficacia e<br />

suggestione del titolo rispetto al testo, specie<br />

qualora il titolo travisi ed amplifichi un testo<br />

veritiero; in questo caso l’autore dell’articolo<br />

non risponde di diffamazione.<br />

Cass., 09.05.1980, Traversi<br />

La comunicazione sociale e la comunicazione<br />

giornalistica non consistono soltanto in un<br />

testo parlato o scritto; invero l’attività giornalistica<br />

ha forme diverse che vanno dallo scrivere<br />

un articolo, all’illustrarlo con immagini,<br />

fotografie e fotomontaggi, dall’impaginazione<br />

grafica (titolo, risalto tipografico etc.) alle<br />

ricerche storiche o d’archivio etc. (fattispecie<br />

in cui è stata ritenuta offensiva la pubblicazione<br />

di un fotomontaggio).<br />

Cass., 05.02.1980, Gregoretti<br />

Quando si contesta a taluno di avere scritto<br />

un articolo diffamatorio non occorre la riproduzione<br />

testuale dell’articolo stesso, né la<br />

indicazione del titolo, del risalto pratico e di<br />

tutte le modalità della condotta offensiva; è<br />

sufficiente che l’articolo sia individuabile<br />

mediante la data, la testata del giornale e la<br />

indicazione di alcuni passi; pertanto non<br />

costituisce immutazione del fatto l’aver ritenuto<br />

la diffamazione non solo nel testo dell’articolo,<br />

ma nel titolo e nella relazione tra titolo<br />

e testo, a nulla rilevando che nel capo di<br />

imputazione il titolo non fosse menzionato ed<br />

il testo non fosse integralmente riprodotto.<br />

Cass., 09.07.1979, Vecchiato<br />

ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Mensile / Spedizione in a. p. (45%) - Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 -<br />

Filiale di Milano - Anno XXXII - Numero 3, <strong>marzo</strong> <strong>2002</strong><br />

Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />

Condirettore BRUNO AMBROSI<br />

Direzione, redazione, amministrazione - Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Franco Abruzzo presidente;<br />

Brunello Tanzi vicepresidente;<br />

Letizia Gonzales consigliere segretario;<br />

Davide Colombo consigliere tesoriere.<br />

Consiglieri: Bruno Ambrosi, Sergio D’Asnasch, Liviana Nemes Fezzi,<br />

Cosma Damiano Nigro, Paola Pastacaldi.<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />

Alberto Comuzzi, Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi<br />

Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani<br />

Segretaria di redazione Teresa Risé<br />

Realizzazione grafica: Grafica Torri Srl<br />

(coordinamento Franco Malaguti, Marco Micci)<br />

Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 22 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />

Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano.<br />

Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della Stampa<br />

Comunicazione e Pubblicità<br />

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Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08<br />

La tiratura di questo numero è stata di 21.500 copie<br />

Chiuso in redazione il 18 febbraio <strong>2002</strong><br />

3


Ventinove “decorati”<br />

ALFREDO TODISCO<br />

Un giramondo del giornalismo<br />

“segnato” dal vento<br />

di Raffaele Musumeci<br />

“Trovare un amico è raro come un dì senza<br />

vento a Catanzaro”: cominciano così i ricordi<br />

di Alfredo Todisco, giramondo del giornalismo.<br />

Cominciano dalla città dove nacque<br />

nell’agosto del 1920: “I miei genitori erano<br />

originari di Menfi – continua – ma il giorno in<br />

cui nacqui, mia madre si trovava a Catanzaro<br />

per caso. E il vento è stato per me un segno<br />

del destino: la mia famiglia, infatti, si trasferì a<br />

Trieste, e io passai dalla ventosa Catanzaro<br />

alla città giuliana, ‘abitata’ dalla bora”.<br />

La Grande guerra era appena finita, e il<br />

Governo Nitti, per equilibrare le etnie nella<br />

Venezia Giulia, incoraggiò l’emigrazione <strong>dei</strong><br />

meridionali nel territorio.<br />

Il padre di Todisco, che aveva combattuto<br />

sul Carso, fu contento di trasferirsi, e così<br />

fu nel capoluogo giuliano che Alfredo Todisco,<br />

che si definisce “un triestino del Sud, o<br />

un meridionale del Nord”, iniziò la sua<br />

carriera come giornalista, grazie anche a<br />

Franco Amatini, allora alla guida del quotidiano<br />

Ultimissime, poi anche direttore del<br />

Piccolo: “Amatini – ricorda Todisco – aveva<br />

simpatia per noi giovani di belle speranze<br />

che collaboravamo con le riviste locali. Un<br />

giorno, era il 1949, gli chiesi se mi mandava<br />

a Venezia per fare la cronaca del Festival<br />

del Cinema, e lui mi disse di andare”.<br />

Nel capoluogo veneto, Todisco fa il primo<br />

<strong>dei</strong> suoi tanti incontri importanti: “Quell’anno<br />

a Venezia Orson Wells presentava il suo<br />

Macbeth. Quando lo incontrai era furente<br />

con i critici italiani, che avevano stroncato il<br />

suo lavoro.<br />

A me, invece, era piaciuto, e glielo dissi. Me<br />

ne fu grato, e da allora in poi mi onorò della<br />

sua amicizia. Una volta gli chiesi cosa<br />

pensasse degli attori italiani. Rispose: ‘Gli<br />

italiani sono un popolo di attori nati’”.<br />

L’amicizia con Orson Welles gli permise di<br />

conoscere tante persone che frequentavano<br />

l’ambiente, e tra esse Luigi Barzini jr.<br />

figlio del grande Luigi Barzini, anche lui<br />

amico di Wells.<br />

Era venuto il momento di fare il grande<br />

balzo, e da Trieste Todisco si trasferì a<br />

Roma: “Andai da Barzini – racconta – e gli<br />

dissi che volevo diventare giornalista.<br />

A dire la verità avrei voluto fare il poeta, ma<br />

siccome carmina non dant panem, pensai<br />

che avrei potuto assecondare la mia<br />

passione per lo scrivere facendo questo<br />

mestiere. Barzini mi presentò a Mario<br />

Pannunzio, direttore del settimanale Il<br />

Mondo e siccome allora, a differenza di<br />

oggi, era più facile riuscire a fare questo<br />

mestiere, Pannunzio mi disse di portargli un<br />

pezzo di prova”.<br />

Todisco scrive un pezzo dal titolo “Il mestiere<br />

di Trieste” e, prima di passarlo a Pannunzio,<br />

lo fa vedere e rivedere a Barzini. L’arti-<br />

BRUNO AMBROSI<br />

Il mistero del “sonoro” (sparito)<br />

del contadino di Bascapè<br />

di Diana Fichera<br />

È nella “sua” Lunigiana che si consumano<br />

le prime esperienze giornalistiche di Bruno<br />

Ambrosi, toscano di Pontremoli, dove è<br />

nato nel 1930: studente di medicina comincia<br />

a scrivere per riviste scientifiche, si<br />

occupa di critica cinematografica; fra il 1947<br />

e il 1950 è corrispondente per La Nazione,<br />

il Secolo XIX, l’Ansa, la Gazzetta dello<br />

Sport, Il Tempo.<br />

Nel 1953, un anno prima dell’avvio ufficiale<br />

colo piace e<br />

viene pubblicato:<br />

“Dopo un po’ che<br />

collaboravo al<br />

Mondo – prosegue<br />

Todisco – mi<br />

notò Arrigo<br />

Benedetti, direttoredell’Europeo<br />

allora in<br />

formato quotidiano.<br />

Benedetti mi<br />

disse che se<br />

fossi andato a<br />

Milano, mi<br />

avrebbe assunto.<br />

Non ci pensai due volte: mi trasferii a Milano<br />

e rimasi per quattro anni nella redazione<br />

dell’Europeo, una vera e propria palestra di<br />

giornalismo”.<br />

“Siccome Arrigo Benedetti aveva un buon<br />

rapporto con De Benedetti, direttore della<br />

Stampa – ricorda ancora – deve essere stato<br />

attraverso la sua mediazione che il direttore<br />

del quotidiano torinese, cui ogni tanto<br />

mandavo qualche piccola corrispondenza,<br />

mi chiamò e mi disse se volevo fare il corrispondente<br />

da Mosca. ‘Ci vado’, risposi.<br />

A Mosca rimasi un anno e mezzo come<br />

corrispondente”.<br />

Sempre per la Stampa, poi, gira il mondo<br />

come inviato: Giappone, Nord e Sud America,<br />

l’Europa, Cuba, in occasione della vicenda<br />

della Baia <strong>dei</strong> Porci; e l’India, che Todisco<br />

racconta anche in un libro, Viaggio in<br />

India, pubblicato nel ‘63 nei saggi Einaudi.<br />

Nel 1964, sempre come inviato, arriva al<br />

Corriere della Sera dove rimane per vent’anni.<br />

Chiude la sua carriera lavorando per il<br />

gruppo Monti (Resto del Carlino, La Nazione):<br />

“Andare in pensione è il massimo che si<br />

può chiedere alla vita, conclude, perché<br />

puoi smettere di fare quello che devi fare e<br />

puoi cominciare a fare le cose per cui vale<br />

la pena essere nati”, che per Todisco, che si<br />

rivela anche un buon filosofo, equivale a<br />

“cambiare se stessi.<br />

Quelli che vogliono cambiare il mondo non<br />

hanno la vita facile, ma cambiare se stessi è<br />

ancora più difficile: dentro ognuno di noi ci<br />

sono <strong>dei</strong> demoni, come la volontà di potenza,<br />

avidità, denaro, successo. Invece il<br />

massimo del successo è essere sereni: se<br />

uno riesce a mettere da parte il carico ereditario<br />

che gli uomini hanno, e che li conduce<br />

eternamente in guerra, allora può diventare<br />

una ‘Persona’.<br />

Uno che non ha invidia, gelosia, avidità, non<br />

è competitivo e mette in primo piano gli<br />

aspetti positivi dell’essere.<br />

Se uno riesce a trasformare se stesso in<br />

questo senso, fa molto per gli altri, perché<br />

diventa un buon esempio di come gli uomini<br />

possono diventare e che, invece, raramente<br />

diventano.”<br />

della tv di Stato, entra nella nascente redazione<br />

della Rai di Milano, dove si occupa di<br />

servizi per il telegiornale e di documentari.<br />

La sua esperienza di giornalista è legata a<br />

momenti terribili e cruciali della nostra storia<br />

del dopoguerra: è testimone della disgregazione<br />

dell’Italia contadina sotto i colpi del<br />

boom economico e <strong>dei</strong> grandi movimenti<br />

migratori, cronista delle tragedie emblematiche<br />

di un Paese che dolorosamente entra<br />

nella modernità industriale: il crollo del<br />

Vajont (10 ottobre 1963), il terremoto in Sicilia<br />

del ‘68, il disastro ecologico di Seveso<br />

(luglio ‘76), ma anche la stagione delle<br />

trame nere, delle stragi di Stato, del terrorismo.<br />

Fu uno fra i primi cronisti a giungere, il 27<br />

ottobre del 1962, a Bascapè, nel Pavese,<br />

nel luogo dove si era appena schiantato il<br />

piccolo aereo che trasportava il presidente<br />

dell’Eni, Enrico Mattei, il pilota Irnerio<br />

Bertuzzi e il giornalista americano William<br />

McHale. Riuscì ad intervistare l’unico testimone<br />

oculare della tragedia, il contadino<br />

Mario Ronchi. La cassetta sulla quale era<br />

incisa l’intervista raccolta da Ambrosi risultò<br />

in seguito misteriosamente danneggiata,<br />

proprio nel punto in cui Ronchi parlava di<br />

uno scoppio in cielo, avvalorando l’ipotesi<br />

di chi non credette mai ad un incidente<br />

aereo, di chi cioè era convinto che l’aereo<br />

di Mattei fosse stato sabotato. Sulla vicenda<br />

dell’intervista è ancora aperta un’inchiesta<br />

giudiziaria.<br />

Nei primi anni ‘70, Ambrosi è uno <strong>dei</strong> protagonisti<br />

dell’importante fase di rinnovamento<br />

del linguaggio e della tecnica dell’informazione<br />

televisiva, che si svilupperà soprattutto<br />

all’interno di quel grande laboratorio di<br />

idee che più tardi diventerà la seconda rete<br />

Rai. Tra il 1971 e il ‘72 conduce il rotocalco<br />

del sabato sera AZ: un fatto come e perché,<br />

uno <strong>dei</strong> primi e rigorosi esempi di inchiesta<br />

in studio che, seguendo il modello giudiziario,<br />

cerca di ricostruire la verità attraverso il<br />

confronto davanti alle telecamere:<br />

“In tal modo, scrive Aldo Grasso, il giornalista<br />

non è più solo autore o intervistatore,<br />

ma parte attiva del dibattito che via via si<br />

trasforma in dibattimento”.<br />

Nel 1976 è caporedattore del Tg2 diretto da<br />

Andrea Barbato, il primo notiziario di matrice<br />

laica e socialista che tenta varie forme<br />

di innovazione e sperimentazione,<br />

rompendo la<br />

centralità assoluta<br />

data alla<br />

lettura della<br />

notizia, introducendo<br />

servizi<br />

speciali, dando<br />

largo spazio al<br />

dibattito e alla<br />

ripresa diretta<br />

degli avvenimenti.<br />

Inoltre nascono<br />

proprio nell’ambito<br />

del Tg2 i<br />

supplementi di approfondimento dell’attualità<br />

politica e culturale. È presso il più noto<br />

fra i supplementi di approfondimento del<br />

Tg2, Tg2 Dossier, che prosegue l’esperienza<br />

giornalistica di Ambrosi, tutta segnata<br />

dal gusto laico e illuministico per l’indagine,<br />

per la ricostruzione rigorosa e paziente<br />

della verità, nel suo intimo valore di denuncia.<br />

All’inizio degli anni ‘90 è caporedattore del<br />

Tg3 di Milano, dopo un periodo come inviato<br />

all’estero, soprattutto in America Latina e<br />

in Africa. Nel 1992 inaugura l’edizione delle<br />

ore 12.00. Nel 1994 la Rai cosidetta “<strong>dei</strong><br />

professori” lo congeda bruscamente per<br />

raggiunti limiti di età.<br />

Conclusasi in modo repentino l’esperienza<br />

all’interno della televisione pubblica, Bruno<br />

Ambrosi diviene consigliere dell’<strong>Ordine</strong>,<br />

finché sei anni fa gli viene affidata la presidenza<br />

dell’Associazione per la Formazione<br />

al giornalismo di Milano (Afg), intitolata a<br />

Walter Tobagi.<br />

Dalle stanze della presidenza osserva con<br />

garbata e malinconica ironia il passaggio<br />

della varia umanità che aspira alla professione<br />

giornalistica, le sue ingenuità, le sue<br />

speranze, le sue illusioni.<br />

A questa varia umanità parla, una volta a<br />

settimana, di “lettura critica <strong>dei</strong> media”, di<br />

“anatomia e patologia <strong>dei</strong> telegiornali”, di<br />

giornali e giornalisti troppo timidi e discreti<br />

nei confronti del potere, ma anche delle<br />

grandi inchieste del passato che hanno<br />

segnato la faticosa conquista della piena<br />

libertà di stampa in Italia.<br />

Non può fare a meno di stupirsi di quanto<br />

profondamente sia cambiato il Paese negli<br />

ultimi trent’anni, di quanto sia diverso il clima<br />

politico e culturale che si respira oggi in una<br />

metropoli come Milano e, dunque, di quanto<br />

sia cambiata la professione giornalistica, il<br />

suo senso e la sua natura.<br />

“Oggi è più semplice fare il giornalista”<br />

sostiene, perché non esiste più quel clima<br />

di continua tensione, di continua minaccia,<br />

quella consapevolezza di rappresentare<br />

l’estremo presidio di una vita democratica<br />

che a volte sembrò precipitare nel caos<br />

della violenza; eppure Ambrosi sembra<br />

rimpiangere la coscienza, il rigore, la tensione<br />

ideale di quegli anni che sente irrimediabilmente<br />

lontani, soprattutto di fronte al lento<br />

e inesorabile scivolare dell’informazione<br />

nell’intrattenimento, nello spettacolo e, a<br />

volte, nel cabaret di infima qualità.<br />

GIAN GALEAZZO BIAZZI VERGANI<br />

“Quella sfida del Giornale<br />

al fianco di Montanelli”<br />

di Sabrina Provenzani<br />

Gian Galeazzo Biazzi Vergani resta, dopo<br />

cinquant’anni di professione, uno <strong>dei</strong> protagonisti<br />

del giornalismo milanese. Vi è entrato<br />

nel 1952, a 27 anni, dopo la laurea in<br />

Lettere a Pavia e due anni d’insegnamento.<br />

Ma i primi articoli risalgono al 1947, quando,<br />

giovanissimo, si occupava di arte per<br />

l’edizione cremonese del Mattino. Il passaggio<br />

alla Provincia di Cremona avviene l’anno<br />

dopo: Biazzi Vergani debutta come critico<br />

d’arte e teatrale, ma finisce presto per<br />

occuparsi di ogni tipo di notizie.<br />

Nel <strong>marzo</strong> del 1956 entra al Corriere,<br />

dove è caposervizio Interni con Alfio<br />

Russo, vicecaporedattore con Spadolini,<br />

caporedattore con Ottone. In<br />

polemica proprio con la gestione<br />

Ottone, nel ‘74 affianca Indro<br />

Montanelli nell’avventura del Giornale,<br />

nel quale ha un ruolo di primo<br />

piano, fino alla carica di condirettore,<br />

per assumere successivamente<br />

la presidenza della Società Europea<br />

di edizioni, editrice del Giornale.<br />

Della sua lunga carriera parla con<br />

lucidità, realismo e passione.<br />

Prima di iniziare a collaborare con La<br />

Provincia di Cremona, Lei si è dedicato<br />

per due anni all’insegnamento. Cosa l’ha<br />

spinta verso l’attività giornalistica?<br />

Era un’aspirazione coltivata fin dagli anni<br />

del liceo. Non ho mai desiderato, né invidiato,<br />

altre attività professionali. Infatti, appena<br />

possibile, sono passato dalla scuola al giornalismo.<br />

Come sono stati gli esordi? Ricorda<br />

qualche episodio particolare del suo<br />

apprendistato?<br />

Gli esordi sono sempre difficili, ma l’entusiasmo<br />

aiuta a superare gli ostacoli. La<br />

scuola della Provincia fu molto formativa: si<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

4 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


per 50 anni di Albo<br />

lavorava anche<br />

quindici ore al<br />

giorno e si passava<br />

dalla politica<br />

allo sport, dalla<br />

cronaca giudiziariaall’impaginazione.<br />

È il metodo<br />

migliore per imparare<br />

il mestiere.<br />

Ho letto che,<br />

dopo alcuni anni<br />

alla Provincia,un<br />

suo fondo di<br />

politica interna fu notato da Missiroli e<br />

le aprì le porte del Corriere. Come andarono<br />

le cose?<br />

Non fu, almeno credo, un fondo di politica<br />

interna. Una sera andai con Giuseppe<br />

Sprovieri, il mio direttore alla Provincia di<br />

Cremona, ad assistere a un comizio dell’onorevole<br />

Villabruna, segretario del Pli.<br />

Attaccò duramente Cremona e i cremonesi<br />

per i trascorsi fascisti. Scoppiò l’inferno, la<br />

polizia caricò. Erano le 22.30. Tornammo in<br />

redazione e, a tempo di record, feci un<br />

resoconto che piacque. Poi Sparvieri, che<br />

evidentemente mi stimava perché mi stimolava<br />

a scrivere articoli di fondo, andò da<br />

Missiroli, allora direttore del Corriere della<br />

Sera, mi segnalò e fui assunto.<br />

Lei è stato testimone di un lungo periodo<br />

di vita del Corriere, dalla direzione di<br />

Missiroli a quella di Ottone. Che giudizio<br />

darebbe delle diverse gestioni?<br />

La scuola del Corriere è stata severa e<br />

selettiva, e ciascun direttore fu un personaggio.<br />

Missiroli era un signore mite, colto,<br />

dal piglio ottocentesco. Alfio Russo un siciliano<br />

dal cuore ardente, grande innovatore.<br />

Spadolini: uno storico di alto profilo, votato<br />

alla politica. Ottone, bravo professionalmente,<br />

modificò però troppo bruscamente la<br />

linea tradizionale del Corriere.<br />

Proprio durante la direzione di Ottone<br />

decise di lasciare il Corriere e di affiancare<br />

Montanelli nell’avventura del Giornale.<br />

Come e perché ha maturato questa<br />

decisione, sicuramente sofferta?<br />

CARLO BRAZZI<br />

“L’ANSA, la bottega<br />

dove ho vissuto la mia vita”<br />

di Leonardo Sacchetti<br />

È in pensione dal 1993 ma quando c’è da<br />

fissare un appuntamento per l’intervista la<br />

scelta sembra obbligata. “Ci vediamo all’Ansa”.<br />

Carlo Brazzi continua ad essere molto<br />

legato agli uffici milanesi dell’agenzia per la<br />

quale ha lavorato 42 anni. Al secondo piano<br />

del Palazzo dell’Informazione, nel centro di<br />

Milano, Carlo Brazzi non ha più un ufficio,<br />

ma appena entra in sede, tutti si alzano, lo<br />

salutano, lo chiamano, gli chiedono mille<br />

consigli. E lui dà mille risposte. “In<br />

cinquant’anni di lavoro, ho imparato da tutti<br />

i grandi giornalisti italiani. Soprattutto da<br />

Egisto Corradi e dal mio direttore, Sergio<br />

Lepri. Adesso sta a me dare qualcosa”.<br />

Carlo Brazzi è nato a Budrio, in provincia di<br />

Bologna, il 19 ottobre del 1929. Nel ‘45 ha il<br />

suo primo lavoro all’Ansa, presso l’ufficio di<br />

corrispondenza di Bologna. Come telescriventista.<br />

“Allora, per trasmettere le notizie,<br />

l’Ansa si serviva del linguaggio morse. Il<br />

mio lavoro consisteva nel passare i fogli e<br />

la carta carbone ai radiotelegrafisti che<br />

‘ascoltavano’ la notizia e la scrivevano per i<br />

clienti dell’agenzia”. Così ha iniziato Carlo<br />

Brazzi: “In pantaloni corti ed in bicicletta,<br />

consegnando quei fogli alle testate che ne<br />

facevano richiesta”. Nel 1951 arriva il primo<br />

vero contratto da giornalista per l’Ansa,<br />

sempre a Bologna. “Prima d’allora, lavoravo<br />

come impiegato di giorno, la sera scrivevo<br />

articoli per qualche rivista e la notte studiavo<br />

per finire l’università”. E la laurea in giurisprudenza<br />

rimane la testimonianza di quel<br />

periodo.<br />

Proprio nel ‘51 l’alluvione del Polesine trova<br />

Brazzi come unico corrispondente da Bologna.<br />

“Toccò a me seguire quella tragedia<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Lasciammo il Corriere perché non ci sentivamo<br />

più a nostro agio. Cercammo di<br />

ricreare al Giornale le condizioni e lo stile<br />

del vecchio Corriere. Non fu una decisione<br />

sofferta: ci proiettammo subito nella nuova<br />

iniziativa, che è stata poi la grande passione<br />

della mia vita professionale. C’era una<br />

creatura ancora gracile da far vivere e<br />

crescere, e dovevamo assicurare il posto di<br />

lavoro ad alcune centinaia di famiglie che<br />

avevamo trascinato nella nostra avventura.<br />

Questi sono sempre stati, e sono ancora, la<br />

mia ambizione e il mio impegno profondo.<br />

Tanto è vero che allora rifiutai, senza esitare,<br />

alcune offerte vantaggiose.<br />

Si è occupato per un certo periodo<br />

anche di televisione, per poi tornare alla<br />

carta stampata. Qual è il suo giudizio<br />

sull’informazione televisiva odierna?<br />

Mi occupai per qualche anno del settore<br />

giornalistico di Telemontecarlo e fui presidente<br />

del Consiglio di Amministrazione<br />

della Società di controllo di Italia 1, già di<br />

proprietà Fininvest, senza però aver mai<br />

lasciato la mia occupazione al Giornale.<br />

Cosa penso dell’informazione televisiva? È<br />

molto ricca e molto varia, tanto da creare<br />

qualche problema alla carta stampata.<br />

Dopo cinquant’anni di servizio Lei è ancora<br />

pienamente attivo. Questo mestiere<br />

continua ad appassionarLa? Non ha mai<br />

avuto la tentazione di “deporre la penna”?<br />

La passione è sempre viva. Ma da molti<br />

anni oramai non scrivo più e mi occupo di<br />

problemi organizzativi e gestionali, sempre<br />

nell’ambito giornalistico.<br />

Qual è il pezzo che ricorda con maggior<br />

piacere?<br />

Certamente l’articolo che favorì la mia<br />

assunzione al Corriere. Sempre al Corriere<br />

scrissi un giorno un articolo sui giovani. Il<br />

direttore Alfio Russo entrò in redazione e<br />

mi elogiò pubblicamente. Ma la mia carriera<br />

prese poi un’altra strada, quella della<br />

costruzione del giornale.<br />

Quali competenze e qualità ritiene debba<br />

avere un giornalista oggi?<br />

Cultura innanzitutto, poi serietà, buona<br />

volontà. E un pizzico di fantasia.<br />

dal versante<br />

emiliano”. Anche<br />

grazie a quel lavoro,<br />

nel 1961, l’allora<br />

direttore<br />

dell’Ansa – Sergio<br />

Lepri – gli propone<br />

il trasferimento<br />

a Milano. “Non fu<br />

facile scrollarmi di<br />

dosso tutto il<br />

provincialismo<br />

delle mie zone,<br />

ma è proprio a<br />

Milano in cui ho capito che l’Ansa è come<br />

un balcone da cui vedere quel che succede<br />

nel mondo”. Dopo tre anni, diventa il<br />

responsabile dell’ufficio milanese dell’agenzia.<br />

E da quel “balcone” si trovò a vivere, a<br />

vedere, a raccontare alcuni tra gli anni più<br />

bui della storia d’Italia: la strage in piazza<br />

Fontana, il terrorismo, la nascita della Lega,<br />

l’inizio di Mani Pulite.<br />

Di quel 12 dicembre del ‘69, i ricordi sono<br />

vivissimi: “Mi ricordo le sirene delle ambulanze.<br />

Dopo i primi minuti di smarrimento,<br />

nessuno sapeva quel che fosse realmente<br />

accaduto: c’era chi parlava di una caldaia<br />

esplosa e chi, a bassa voce, parlava di un<br />

attentato”. L’esperienza giornalistica della<br />

strage di piazza Fontana rimane una sorta<br />

di lezione fondamentale nell’esperienza di<br />

Brazzi. Se lavorare per l’Ansa significava e<br />

significa saper scrivere oltre le proprie posizioni<br />

politiche, oltre la propria opinione,<br />

facendo dell’obbiettività il proprio nume<br />

tutelare, quei dieci, dodici minuti di caos<br />

redazionale rimangono, a più di trent’anni, il<br />

passaggio decisivo nella sua carriera. “Mi<br />

presi la responsabilità, nei confronti <strong>dei</strong><br />

giornali e nei confronti dell’agenzia, di dare<br />

la notizia di un attentato. Rischiai e mi tagliai<br />

i ponti alle spalle”. E fu grazie alla copertura<br />

di quel tragico evento che Carlo Brazzi fu<br />

insignito del “Premiolino”, riconoscimento<br />

che girò a tutta la redazione che con<br />

lui aveva seguito e vissuto quei dodici<br />

minuti dopo piazza Fontana.<br />

“Scrivere per un’agenzia, e scrivere<br />

per di più per l’Ansa, significa<br />

questo: in dieci righe dire tutto,<br />

nella maniera più oggettiva<br />

possibile. Non puoi sbagliare<br />

nella valutazione degli eventi”.<br />

Non di sola agenzia è fatta la vita<br />

professionale di Brazzi. Collabora<br />

con riviste italiane e straniere<br />

– “un po’ per passione e un po’ per<br />

curiosità” - da Time-Life (“l’esperienza<br />

maggiormente formativa<br />

della mia carriera”, confessa) a<br />

Momento Sera di Roma (“uno sfogo<br />

con cui sono riuscito a pagarmi le tasse<br />

universitarie”). La nostra intervista finisce<br />

qui, all’Ansa, dove è iniziata la carriera di<br />

Carlo Brazzi. Prima di salutarci, indica la<br />

stanza della redazione e, con un ampio<br />

movimento della mano, sembra abbracciare<br />

tutti i giornalisti: “Amore e gelosia per i<br />

propri redattori. Questa è la mia famiglia,<br />

qui ho vissuto come in una bottega rinascimentale”.<br />

DANTE FERRARI<br />

Lo chiamavano lo “zio”<br />

del Sole-24 Ore<br />

di Matteo Bernardelli<br />

Da cinquant’anni racconta l’economia.<br />

Eppure, Dante Ferrari (classe 1927), uno<br />

<strong>dei</strong> primi in Italia, si definisce un «giornalista<br />

per caso». «Lavoravo all’ufficio Titoli e<br />

Borsa della Banca Unione di proprietà della<br />

famiglia Feltrinelli», racconta. Era più o<br />

meno la metà del 1944 con l’Italia spaccata<br />

in due: a nord la Repubblica di Salò, al sud<br />

gli Alleati. «Il mio capufficio – ricorda – mi<br />

manda negli uffici della Agenzia Stefani di<br />

Milano per sottoscrivere l’abbonamento al<br />

notiziario. In quella occasione, il direttore<br />

della Stefani mi chiede di collaborare con<br />

loro per redigere il commento di Borsa e le<br />

notizie finanziarie della giornata. Ho accettato».<br />

Da allora Dante Ferrari è sempre stato<br />

legato al mondo dell’economia: «Mezzo<br />

secolo, briciole a parte», precisa.<br />

Cinquant’anni attraverso i più importanti<br />

avvenimenti della storia italiana del secondo<br />

Novecento. Quello che di certo Dante<br />

Ferrari ha potuto constatare è stata una<br />

sempre maggiore influenza dell’economia<br />

sul potere politico. «La forza dell’economia,<br />

adesso, è molto più radicata di quanto non<br />

sia la politica», sostiene.<br />

La sua carriera, dopo l’Agenzia Stefani,<br />

passa attraverso la Orbis, nata a Roma nel<br />

1944. «Ero nell’ufficio di Milano – precisa –<br />

responsabile del “Bollettino economico”. Per<br />

quell’impiego mi sono addirittura licenziato<br />

dalla banca, senza dire nulla a mio padre,<br />

che lavorava alle Ferrovie». Era il settembre<br />

del 1945.<br />

Un anno dopo approda agli uffici dell’Ansa<br />

di Milano, sempre con il compito di curare<br />

un bollettino economico. Nel 1947 diviene<br />

corrispondente dell’ufficio milanese de Il<br />

Globo, il quotidiano economico di Roma.<br />

«Nel 1950 – ricorda ancora – iniziai la mia<br />

avventura a Il Sole». Un’avventura durata<br />

ben 42 anni, diventando nel 1953 capocronista<br />

della redazione delle “cronache milanesi”,<br />

inserite per la prima volta dalla nascita<br />

del quotidiano, ed assumendo successivamente<br />

la qualifica di capocronista e vice<br />

redattore capo fino al 1978, poi di inviato<br />

speciale, fino al giugno del 1992.<br />

«In tutti questi anni per i giornalisti è<br />

cambiato il modo di lavorare», ammette.<br />

«Adesso è tutto molto più semplice, e non<br />

soltanto per quanto riguarda il giornalismo<br />

economico. C’è Internet, ci sono i fax<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

e i computer, i<br />

telefoni cellulari.<br />

È molto più facile<br />

comunicare,<br />

cercare le notizie<br />

e soprattutto inviare<br />

o trasmettere<br />

un testo. Ai<br />

miei tempi era<br />

tutto più complicato».<br />

«E se la<br />

tecnologia aiuta,<br />

certamente,<br />

credo che abbia<br />

contribuito ad affossare la passione della<br />

professione. Il giornalista lo si fa innanzitutto<br />

con l’anima». E confessa: «Ho<br />

sempre cercato di essere imparziale...<br />

Certo, Il Sole 24 Ore era (ed è) il giornale<br />

della Confindustria, quindi non propriamente<br />

‘neutrale’, ma l’equilibrio lo si trova<br />

sempre».<br />

Ecco, equilibrio, obiettività ed imparzialità:<br />

queste le doti riconosciute unanimamente<br />

al Ferrari. «Tanto che – racconta – la prima<br />

intervista dell’allora neo segretario della<br />

Cgil, Luciano Lama la feci io, che lavoravo<br />

per il quotidiano di Confindustria».<br />

Nessun contrasto con la proprietà editoriale<br />

(«Mi sono sempre trovato benissimo – dice<br />

Ferrari, anzi, più volte Vittorio Merloni mi<br />

chiese di andare a lavorare come capo del<br />

suo ufficio stampa») e un fare amichevole e<br />

disponibile con i colleghi. La testimonianza<br />

dell’attuale presidente dell’<strong>Ordine</strong>, Franco<br />

Abruzzo, 38 anni fa chiamato a Il Sole per<br />

una sostituzione estiva, è la migliore cartina<br />

di tornasole. «Il fare paterno e gentile di<br />

Dante era unico, tanto che gli valse il<br />

soprannome di “zio”».<br />

In pensione dal 1992, lo “zio” Dante Ferrari<br />

ha collaborato con la Rai, ha prestato la sua<br />

opera di consulente ad enti, istituzioni ed<br />

imprese per ricerche, studi economici e<br />

grandi eventi. È l’autore di: “Quasi un secolo<br />

fa: dall’Archivio Assolombarda”; Gli anni<br />

da non dimenticare: dalla Liberazione all’Autunno<br />

caldo; Il Grande Trading: storie di<br />

operatori italiani con l’estero; Le Carte della<br />

Carta: storia dell’industria.<br />

Di una cosa in particolare va fiero: «Sono<br />

stato amico e consulente personale di Enrico<br />

Mattei, organizzando, tra l’altro, il concorso<br />

per il cane a sei zampe, il marchio dell’Eni».<br />

Ma gli appose un fermo anche se<br />

garbato “no”, quando cercò di portarlo a Il<br />

Giorno, sul finire degli anni Cinquanta.<br />

5


Mezzo secolo di pr<br />

MARIO COSTA CARDOL<br />

La difficile arte<br />

di sapersi reinventare<br />

di Alessandro Ursic<br />

Ingegnere, giornalista, storico. In oltre<br />

cinquant’anni di carriera, Mario Costa (in<br />

seguito aggiungerà al suo il cognome della<br />

madre, Cardol) ha saputo reinventarsi più<br />

volte. Nato a Saluzzo (Cuneo) nel 19<strong>25</strong>,<br />

arriva al giornalismo in maniera non certo<br />

convenzionale.<br />

A 17 anni, infatti, sogna una carriera da<br />

ufficiale di Marina, e comincia il corso<br />

all’Accademia di Venezia. Poi, la disfatta<br />

italiana cambia il suo futuro. Riparato a<br />

Brindisi dopo l’8 settembre 1943, studia al<br />

collegio navale per altri due anni, iscrivendosi<br />

in seguito ad Ingegneria civile. Nel<br />

frattempo, durante un viaggio in Belgio,<br />

terra natia della madre, l’esempio di un<br />

cugino giornalista fa nascere nel giovane<br />

Mario la voglia di imitarlo. I suoi primi articoli,<br />

riguardanti proprio quell’esperienza,<br />

vengono pubblicati da Mondo Nuovo, giornale<br />

socialdemocratico.<br />

Laureatosi nel 1948, accantona subito<br />

l’idea di fare l’ingegnere. Ormai la passione<br />

per il giornalismo e la storia hanno preso il<br />

sopravvento. Dopo aver lavorato per un<br />

anno in un’agenzia a Roma, si trasferisce a<br />

Torino, dove diventa praticante per il foglio<br />

democristiano Popolo Nuovo.<br />

Rimane nel capoluogo piemontese tre<br />

anni, il tempo di farsi le ossa. Ha il vantaggio<br />

di essere praticamente bilingue, e lo<br />

sfrutta stabilendosi a Parigi nel 1953. Lì<br />

comincia lavorando alla redazione esteri<br />

dell’ Information, giornale economico. Nello<br />

stesso anno diventa corrispondente per il<br />

Corriere d’Informazione.<br />

La sua permanenza nella capitale francese<br />

durerà dodici anni, durante i quali scriverà<br />

periodicamente anche per la terza<br />

pagina del Messaggero e in seguito per l’<br />

Europeo.<br />

Dal suo osservatorio privilegiato, Costa<br />

impara a guardare i francesi con occhio<br />

critico. Già nei suoi articoli analizza i loro<br />

vizi, le loro abitudini, la loro visione del<br />

mondo, i problemi del Paese. Nel 1963, le<br />

sue riflessioni confluiscono nel suo primo<br />

libro Francesi allo specchio. Tradotta l’anno<br />

successivo in francese, la pungente inchiesta<br />

tocca la suscettibilità nazionale nel<br />

periodo della grandeur. Alla vigilia di una<br />

visita ufficiale all’Eliseo del Presidente<br />

della Repubblica, Antonio Segni, Le Figaro<br />

CARMELO AZZOLINA<br />

pubblica un articolo sul libro appena uscito<br />

che per poco non provoca un incidente<br />

diplomatico.<br />

A Parigi ha l’occasione di incontrare i<br />

personaggi francesi più influenti del tempo.<br />

La sua intervista più importante rimane<br />

probabilmente quella a Paul Reynaud,<br />

Presidente del Consiglio, nel 1957.<br />

“Ho di lui un pessimo ricordo: con la disfatta<br />

della Quarta Repubblica ormai imminente,<br />

parlava come se fosse colpa di tutti,<br />

tranne che sua”.<br />

L’aver vissuto a contatto quotidiano con gli<br />

avvenimenti francesi dell’epoca gli permette<br />

nel 1970 di scrivere un libro sul generale<br />

Charles De Gaulle per la collana “I contemporanei”,<br />

diretta da Enzo Biagi.<br />

Nonostante il suo amore per la Francia, nel<br />

1965 sente il bisogno di voltare pagina, e<br />

torna in Italia. La collaborazione con Storia<br />

illustrata riaccende in lui un’antica passione<br />

(“il mio cuore ha sempre battuto per la<br />

storia”, dice). Nel 1966 diventa inviato<br />

speciale del Giorno. Gira tutta l’Europa,<br />

visita gli Stati Uniti, va in Africa, “ma anche<br />

a Sesto S. Giovanni, perché al giornale<br />

bisognava fare un po’ di tutto”. Al Giorno<br />

lavora per 17 anni. Passano i direttori<br />

(Pietra, Afeltra, Zucconi), ma lui rimane.<br />

Poi, nel 1983, finisce la sua carriera di giornalista<br />

e inizia quella di storico a tempo<br />

pieno. Come detto, si aggiunge il cognome<br />

della madre e diventa Mario Costa Cardol.<br />

Si concentra sulla storia italiana dal Risorgimento<br />

ai primi decenni dell’Unità, dandone<br />

una versione nuova, cercando di smitizzare<br />

alcune verità convenzionali su un<br />

periodo fatto passare dalla storiografia ufficiale<br />

come glorioso “con l’omissione di fatti<br />

fondamentali, la forma peggiore di falsificazione”.<br />

Nascono così Venga a Napoli, signor Conte<br />

(1986), Ingovernabili da Torino (1989) e Va’<br />

pensiero… su Roma assopita (1993).<br />

Successivamente sposta la sua attenzione<br />

su un fatto inspiegabilmente rimosso dalla<br />

memoria collettiva: lo sterminio di due<br />

milioni di ebrei attuato dalla Russia zarista<br />

tra il 1914 e il 1916, perché accusati di<br />

essere spie del nemico tedesco.<br />

Il suo ultimo libro Ultimo Zar – Primo<br />

Olocausto (2001), oltre a riportare alla luce<br />

un massacro dimenticato, è anche un tributo<br />

alla moglie Doris Sarina, scomparsa<br />

recentemente, che gli ha permesso di capire<br />

l’animo e il mondo ebraici.<br />

“Quell’articolo di ‘nera’<br />

che quasi mi rovinava”<br />

di Matteo Bernardelli<br />

«Dopo appena tre mesi dal mio passaggio<br />

ai professionisti, ho ricevuto la lettera di<br />

licenziamento»: un bruttissimo colpo, all’inizio<br />

del 1959, per Carmelo Azzolina, milanese,<br />

pubblicista dal 1952. La sua attività di<br />

giornalista, iniziata nel 1949 con la rivista<br />

Incontri e passata attraverso il settimanale<br />

sportivo MilanInter, agli inizi del 1959<br />

sembrò vacillare in modo irreparabile. «Tutta<br />

colpa di un articolo di cronaca nera – spiega<br />

– che non venne tra l’altro mai pubblicato<br />

perché riguardava un personaggio influente<br />

di Brescia. Il vescovo di Brescia e il direttore<br />

de L’Italia, mons. Pisoni mi appoggiarono,<br />

ma dovetti ugualmente rassegnare le dimis-<br />

sioni da L’Italia e<br />

trasferirmi a Milano<br />

a La Notte.<br />

Come avvio non<br />

fu certo facile,<br />

anche se ero sicuro<br />

di aver fatto un<br />

ottimo lavoro giornalistico».<br />

A partire dal<br />

1959, per Azzolina<br />

si aprono due<br />

anni di collaborazioni<br />

incrociate e<br />

frenetiche con L’Italia, La Notte, e il Guerin<br />

Sportivo. Per una settimana al mese, poi,<br />

per i due anni successivi, Azzolina è a Parigi,<br />

presso il Bureau de Information de Press,<br />

con un impiego a metà fra il cronista ed il<br />

traduttore. «In quel periodo – ricorda –<br />

sognavo di dormire una notte intera, senza<br />

interruzioni, per almeno otto ore di fila».<br />

Nel 1968 passa all’Avvenire, nato dalla<br />

fusione de L’Italia e de L’Avvenire d’Italia.<br />

Redattore, segretario di redazione, poi inviato<br />

e capo della redazione sportiva. «Tolti gli<br />

Spettacoli – sintetizza – mi sono occupato<br />

di tutto, ma le mie passioni rimangono<br />

automobili e calcio.Tuttora mi occupo della<br />

pagina Motori su L’Avvenire». Tra i servizi<br />

che Azzolina ricorda con più trasporto,<br />

certamente i tre Campionati del Mondo<br />

di calcio (’82, ’86 e ’90), ma anche il<br />

lancio della navicella spaziale “Shuttle”<br />

nel 1981, a Cape Canaveral.<br />

«Adesso però il modo di fare giornalismo<br />

è cambiato – puntualizza - c’è meno<br />

trasporto e più tecnologia. Ricordo quando<br />

a Bruxelles seguii Edoardo Mangiarotti,<br />

campione mondiale di scherma. Per dettare<br />

il pezzo al giornale allora si usava il telefono:<br />

mi sporsi talmente tanto per raggiungere<br />

l’apparecchio, che era nella parte più<br />

interna della biglietteria, che rimasi incastrato<br />

tra il vetro e il telefono. Alla fine mi liberarono<br />

le guardie della sorveglianza alle<br />

cinque del mattino, scambiandomi per un<br />

ladro. Ma il pezzo, anche quella volta, riuscii<br />

a dettarlo…».<br />

ENRICO CRESPI<br />

Il giornalista sportivo<br />

dallo stile britannico<br />

di Andrea Senesi<br />

Enrico Crespi è uno <strong>dei</strong> decani del giornalismo<br />

sportivo italiano. Sulla breccia da 50<br />

anni (è tuttora in attività in veste di direttore<br />

di GoalFlash, mensile dedicato al calcio),<br />

forse nessuno meglio di lui è in grado di<br />

raccontare le vicende e i segreti di uno <strong>dei</strong><br />

settori che più sono cresciuti all’interno del<br />

panorama giornalistico. Crespi è stato infatti<br />

per 20 anni presidente dell’Ussi (Unione<br />

Stampa Sportiva Italiana) e dal ’79 all’85 a<br />

capo dell’Associazione mondiale della<br />

stampa sportiva.<br />

Ha cominciato a 22 anni quando, studente<br />

di medicina, iniziò a collaborare con una<br />

rivista settimanale dedicata al calcio milanese.<br />

La testata si chiamava MilanInter<br />

(stesso nome, peraltro, della fortunatissima<br />

trasmissione, in onda dapprima su TeleMilano<br />

e poi su TeleNova, con cui trent’anni<br />

più tardi si è trovato a debuttare in televisione<br />

nelle vesti di opinionista). “Per puro caso<br />

il direttore di quel pionieristico settimanale,<br />

Luigi Scarambone, mi chiese se fossi disponibile<br />

a seguire gli allenamenti delle squadre<br />

milanesi. Non me lo feci ripetere due<br />

volte, anche perché fare il giornalista significava,<br />

tra le altre cose, ottenere l’accredito<br />

per l’ingresso allo stadio”.<br />

Enrico Crespi ha seguito nella sua carriera<br />

decine di avvenimenti sportivi delle più<br />

svariate discipline. I dati sono impressionanti<br />

e la dicono lunga sull’esperienza<br />

professionale accumulata nella sua<br />

cinquantennale carriera: “Ho seguito 9 Tour<br />

de France, 7 Giri d’Italia, tutti i campionati<br />

del mondo di calcio dal 1954 in Svizzera a<br />

Italia ‘90 (di alcune edizioni <strong>dei</strong> Mondiali ha<br />

anche curato la stesura <strong>dei</strong> libri<br />

ufficiali, ndr), diverse edizioni olimpiche e<br />

mi sono spesso occupato anche di tennis e<br />

di automobilismo. Gli aneddoti che potrei<br />

narrare sono infiniti”. E in effetti Crespi è<br />

una miniera di ricordi: racconta, del giorno<br />

in cui Coppi staccò Koblet e vinse il Giro o<br />

delle ore drammatiche susseguenti all’attentato<br />

<strong>dei</strong> fedayn palestinesi al villaggio<br />

degli atleti in occasione delle Olimpiadi di<br />

Monaco nel 1972.<br />

E così via, tentando di tirare le fila di una<br />

carriera lunghissima, cominciata con il praticantato<br />

al Corriere Lombardo e proseguita<br />

dal ‘53 all’83 a La Notte come responsabile<br />

delle pagine sportive. “Quando Nino Nutrizio<br />

lasciò il Corriere Lombardo per fondare<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

La Notte mi chiese<br />

di seguirlo. Io<br />

accettai subito e<br />

non me ne pento.<br />

Sono stati 30 anni<br />

fantastici. Di quel<br />

periodo ricordo<br />

con particolare<br />

affetto la battaglia<br />

che intraprendemmo<br />

per far<br />

intitolare lo stadio<br />

di San Siro a<br />

Peppino Meazza,<br />

di cui io ero stato grande amico. Attraverso<br />

una raccolta di firme promossa dalle colonne<br />

del giornale riuscimmo ad intercedere<br />

presso il Comune di Milano”. Comune di<br />

Milano, che lo ha peraltro insignito nel 1982<br />

del titolo di cittadino benemerito, un’onorificenza<br />

che lo rende particolarmente orgoglioso:<br />

“Quel giorno venni premiato insieme<br />

a Giorgio Strehler”, ricorda con reticente<br />

soddisfazione.<br />

E ricorda anche il rapporto quasi simbiotico<br />

che legava un tempo il giornalista e lo<br />

sportivo. “Io ero intimamente amico di molti<br />

giocatori. Oggi la distanza tra il divo-sportivo<br />

e il cronista è molto maggiore. Cosicché<br />

i miei colleghi ora si ritrovano a fare un giornalismo<br />

da “stenografi”, passandosi vicendevolmente<br />

le notizie preconfezionate dagli<br />

addetti stampa delle Società”.<br />

E anche sul calcio, la sua grande passione,<br />

non nasconde un po’ di nostalgia: “Il<br />

calcio di oggi è più noioso, a volte mi capita<br />

perfino di non riuscire a seguire una<br />

partita intera in Tv”.<br />

Dopo la trentennale esperienza al quotidiano<br />

milanese del pomeriggio, Crespi è diventato<br />

uno <strong>dei</strong> volti più noti presso gli appassionati<br />

sportivi grazie a numerose trasmissioni<br />

in onda sulle emittenti private lombarde.<br />

“Ho fatto tanta televisione, ma mi sono<br />

sempre tenuto lontano dai teatrini costruiti<br />

sulla rissa e sull’insulto. Io ho sempre privilegiato<br />

un giornalismo più posato e riflessivo”.<br />

In effetti di lui colpiscono la sobrietà <strong>dei</strong><br />

toni e la serenità del giudizio: in un settore<br />

professionale in cui troppo spesso la vena<br />

urlata, la fatua polemica campanilistica, il<br />

sensazionalismo esasperato risultano essere<br />

collaudate armi professionali, Enrico<br />

Crespi si è sempre distinto per la pacatezza<br />

e lo stile quasi britannico, doti che hanno<br />

contribuito a fare di lui uno <strong>dei</strong> più autorevoli<br />

e stimati commentatori.<br />

6 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


ofessione...<br />

SANTE DELLA PUTTA<br />

“La professione?<br />

Anche non dimenticare”<br />

di Luca Galassi<br />

È di Erto, Sante Della Putta, classe 1911.<br />

Di quel paese vicino a Longarone dove nel<br />

‘63 si scatenò un inferno di acqua e fango<br />

dalla diga del Vajont.<br />

Dagli esordi, gli anni del regime fascista ai<br />

quali fa risalire il suo primo “ vero” articolo<br />

(un’appassionata difesa della musica jazz<br />

sul giornalino dell’Università di Padova) è<br />

l’ecatombe del ‘63 il ricordo più violento,<br />

dove, per un accidentale concorso di cause,<br />

vita professionale e coinvolgimento emotivo<br />

sono venuti a coincidere. E dove il secondo<br />

ha soverchiato il primo. “Sono arrivato all’alba<br />

– narra – e il letto del Piave era paurosamente<br />

gonfio.<br />

La prima persona che ho incontrato era una<br />

mia conoscente: mi guardava muta, con gli<br />

occhi sgranati, incredula per quanto era<br />

successo. Ma due anni prima l’avevamo<br />

scritto che si trattava di una tragedia annunciata:<br />

‘Una frana di 50 milioni di metri cubi<br />

minaccia l’abitato<br />

di Erto’. Solo che<br />

i metri cubi poi<br />

sono diventati<br />

300 milioni”.<br />

Tra un sorso di<br />

whisky e un sigaro,<br />

questo novantenne<br />

cui il tempo<br />

ha scontato almeno<br />

vent’anni, racconta<br />

di “un mestieraccio<br />

in cui<br />

si imparano due<br />

RAOUL ORESTE FORNEZZA<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

cose: velocità e sacrificio”. Redattore, inviato<br />

e caposervizio delle cronache provinciali<br />

all’Unità, Della Putta comincia la professione<br />

con uno degli storici direttori del quotidiano<br />

comunista, Davide “Ulisse” Lajolo.<br />

“Totalmente ignaro delle mie possibilità,<br />

Lajolo ha avuto il coraggio di avviarmi ad<br />

una professione ricca di gratificazioni, ma<br />

anche, e soprattutto, di sacrifici. L’Unità <strong>dei</strong><br />

miei tempi è stata definita “tetra”. C’erano<br />

invece un grande entusiasmo, vivacità,<br />

dibattiti. E poi, lavorando con Fortebraccio,<br />

come si fa a chiamarla tetra? Bisognava<br />

essere talmente veloci da chiudere le pagine<br />

prima di tutti gli altri”.<br />

Alcune immagini affiorano più nitide tra le<br />

centinaia del “mestieraccio”: “Gli occhi fermi<br />

e dignitosi di un padre venuto in redazione<br />

a raccontarci il massacro <strong>dei</strong> suoi sette figli.<br />

Erano i Cervi, i contadini emiliani che i nazisti<br />

trucidarono nel ‘44. Poi la caparbia determinazione<br />

e l’onestà di Tina Merlin durante<br />

il Vajont, una donna volitiva e mai molesta,<br />

come invece è stata rappresentata nel film.<br />

Ho girato in tutta Europa, ma la Romania di<br />

Ceausescu nell’86 è quanto di più inconcepibile<br />

mi sia capitato di vedere: lui era una<br />

figura ridicola, più un padrone che un capo<br />

di Stato”. L’ultimo articolo? “Nell’88, alla<br />

fiera della calzatura di Vigevano”. Che giudizio<br />

dà di questo mestiere? “Che costringe a<br />

spogliarsi di se stessi, dell’autonomia di<br />

giudizio”. E il consiglio a un giovane apprendista<br />

giornalista? Non scegliere mai questa<br />

professione. Ma se si è tanto ostinati, sacrificarsi,<br />

leggere buoni libri, togliersi di testa<br />

ogni velleità letteraria. Ah, e anche…non<br />

dimenticare”.<br />

Le “grandi solitudini”<br />

di un globe-trotter fortunato<br />

di Luca Galassi<br />

La contestazione giovanile nella Parigi del<br />

‘68, lo sbarco degli esuli anticastristi nella<br />

“Baia <strong>dei</strong> porci”, la guerra <strong>dei</strong> Sei giorni tra<br />

Israele ed Egitto, la Rivoluzione <strong>dei</strong> garofani<br />

in Portogallo. E poi i viaggi all’estero di<br />

Gronchi, Saragat e Pertini, la morte di<br />

Walter Tobagi, Jacqueline Kennedy in visita<br />

ad Onassis. Un elenco lunghissimo. Ma se<br />

il fotoreporter dell’Associated Press, Raoul<br />

Fornezza, 77 anni, friulano di San Giorgio<br />

di Nogaro, volesse fermare con un’istantanea<br />

l’episodio più singolare della sua carriera,<br />

forse sceglierebbe il Cairo, anno 1957.<br />

Non fosse altro che per le tragicomiche<br />

circostanze in cui si è trovato. Un fanatico<br />

funzionario del “Ministry of information” di<br />

Nasser, nel rinnovargli le credenziali stampa<br />

per l’ingresso in Egitto, si era fissato che<br />

Raoul fosse un nome ebreo, così come chi<br />

lo portava. A nulla era servita, per “certificare”<br />

le sue origini, l’esibizione, tra gli sghignazzi<br />

<strong>dei</strong> presenti, di parti intime esenti da<br />

circoncisione. Fu il certificato di battesimo,<br />

inviatogli a tempo di record dalla Ap, a<br />

salvarlo dall’imbarazzante situazione.<br />

Il giornalista friulano, globe-trotter dell’informazione<br />

fotografica, deve soprattutto alla<br />

fortuna se oggi può raccontare quell’episodio<br />

con divertita ironia, eleggendolo come il<br />

più bizzarro tra i mille che costellano la sua<br />

avventurosa carriera, cominciata all’agenzia<br />

Orbis nel 1946. Nel ‘49 passa al Corriere<br />

Lombardo come cronista di bianca. Poi<br />

all’agenzia Upi fino al ‘50, anno in cui entra<br />

alla Ap, per rimanervi oltre un trentennio.<br />

Incaricato di riportare notizie attraverso<br />

immagini, e spesso,<br />

date le difficili<br />

circostanze, a<br />

corredarle con<br />

testi, Fornezza è<br />

una delle rare<br />

figure professionali<br />

che hanno<br />

saputo compiere<br />

in modo memorabile<br />

la difficile<br />

saldatura tra fotografia<br />

e notizia.<br />

“Grandi soddisfazioni<br />

– commenta – ma spesso anche delusioni<br />

e manganellate. Come a Montevideo<br />

nel ‘61. Occupato a riprendere una manifestazione<br />

filocastrista, la polizia a cavallo mi<br />

ha colpito con lo sfollagente: cinque punti<br />

alla testa”. Nel ‘68, a Parigi, per un fotoreporter<br />

era quasi impossibile uscire indenne<br />

dalle manifestazioni di piazza. “Da una bottiglia<br />

incendiaria mi ha salvato in parte un<br />

caschetto prestatomi da un motociclista”. La<br />

fortuna aiuta Fornezza anche nel ‘61, in<br />

Congo, durante la lotta per il potere tra<br />

Mobutu e Ciombé. “Il momento più pericoloso<br />

della mia carriera. Poco prima che<br />

uccidessero i 13 aviatori italiani che portavano<br />

medicinali, fui catturato con alcuni<br />

colleghi e gettato, livido di percosse, in un<br />

garage per auto. Scambiati per spie,<br />

evitammo la fucilazione grazie a un ufficiale<br />

belga”. Ma la professione che ha dato a<br />

Fornezza il privilegio di scorrazzare per i<br />

quattro angoli del mondo è stata anche<br />

foriera di una cocente delusione. Anticipata<br />

per errore dall’Ap la risoluzione del rapporto<br />

di lavoro, il fotoreporter si è vista dimez-<br />

zata, al termine di una lunga vertenza giudiziaria,<br />

la liquidazione, anche a causa di un<br />

legale del sindacato “molto poco vocato alla<br />

tutela degli associati”. È sposato, Fornezza?<br />

“Divorziato, 15 giorni prima del referen-<br />

GIAN MARIO MALETTO<br />

La penna blues<br />

del cronista sportivo<br />

di Giuseppe Cosso<br />

“Il calcio è come il jazz: schema, ritmo e<br />

improvvisazione”. Gian Mario Maletto, nato<br />

a Vedano Olona, in provincia di Varese, nel<br />

1927, accomuna così le due passioni sulle<br />

quali ha costruito più di cinquant’anni di<br />

carriera giornalistica. Alla musica jazz si<br />

accosta assai presto. “A dodici anni ero già<br />

un appassionato. Ascoltavo i 78 giri di mio<br />

fratello storpiando i nomi <strong>dei</strong> grandi autori.<br />

Il mio preferito era ed è rimasto Louis<br />

Armstrong”.<br />

L’entusiasmo è tale che Maletto, durante il<br />

ginnasio, copia su un quaderno, che<br />

conserva ancora gelosamente, l’intera<br />

discografia dell’esperto svizzero Kurt Mohr<br />

avuta in prestito: un lavoro di un centinaio<br />

di pagine. Dal blues al bebop, da Sonny<br />

Rollins a Dizzie Gillespie non ci sono generi<br />

e autori che Maletto, nella sua veste di<br />

critico musicale, non abbia commentato e<br />

frequentato. Lo studio della sua casa di<br />

Milano è ricco di preziosi reperti: un migliaio<br />

di dischi in vinile da collezione, foto celebri<br />

e, soprattutto, una raccolta di riviste inglesi,<br />

americane e francesi degli ultimi<br />

cinquant’anni che è una vera e propria<br />

miniera d’oro per i colleghi interessati a<br />

ricerche sull’argomento.<br />

Ma è seguendo lo sport che Maletto muove<br />

i primi passi in redazione: a vent’anni scrive<br />

cronache calcistiche per la Gazzetta dello<br />

Sport. “Il mio esordio avvenne commentando<br />

la partita Crema–Cagliari. L’incontro fu<br />

stravinto dal Crema. Il Cagliari non era ancora<br />

la squadra formidabile di Gigi Riva”. Alla<br />

“rosea”, Maletto diventa praticante nel ‘51 e<br />

professionista nel ‘52. Per il quotidiano, diretto<br />

da Gianni Brera (dal 1949 al ‘54) e poi da<br />

Giuseppe Ambrosini, Maletto segue soprattutto<br />

il calcio: “Mi piaceva intervistare i giocatori.<br />

Era una bella soddisfazione poter dare<br />

del tu ai personaggi sportivi che avevo idolatrato<br />

da ragazzino. Giuseppe Meazza<br />

diventò mio grande amico”. All’epoca, forse,<br />

era più facile parlare con i campioni. “È<br />

vero”, commenta Maletto, “lo spogliatoio<br />

ideale era quello di Nereo Rocco, allenatore<br />

del Milan: un triestino di grande classe,<br />

umanità e intelligenza. La battuta era assicurata<br />

ed eri certo di uscire sempre con il<br />

titolo già pronto”. Durante gli anni della<br />

gavetta l’archivio del giornale è una scuola<br />

importante: “Leggevo avidamente gli articoli<br />

di Bruno Roghi, un giornalista che ha rivoluzionato<br />

lo stile delle cronache sportive, per<br />

non parlare di Gianni Brera”. Per la Gazzetta<br />

scrive anche brevi critiche cinematografiche<br />

che all’epoca il quotidiano ospitava.<br />

Nel ‘56 entra al Giorno: in redazione ci<br />

sono Gianni Brera, “personalità grandissima”,<br />

Mario Fossati e Pilade del<br />

Buono. Nel foglio di Mattei l’entusiasmo<br />

va di pari passo con le difficoltà:<br />

“Al Giorno ho imparato a scrivere<br />

pezzi più brevi e a comporre attacchi<br />

concisi ed esaurienti”. Diventa<br />

caposervizio dello sport, ma continua<br />

a scrivere di jazz: “Ho sempre<br />

cercato di coltivare l’altra mia<br />

passione, il mio giardino prediletto”.<br />

Dalla fine degli anni Cinquanta inizia<br />

a collaborare con Musica Jazz, il periodico<br />

di Hachette-Rusconi che tanto ha<br />

contribuito a far crescere l’entusiasmo<br />

per la black music in Italia. Partecipa al<br />

lavoro redazionale e cura, dal 1966 a<br />

tutt’oggi, la rassegna Carta stampata.<br />

Per la rivista incontra personalità di spicco<br />

del mondo della musica: “Ricordo un’intervista<br />

nel ‘58 al giovane Claudio Abbado,<br />

dum sul divorzio. In questa professione non<br />

ci sono feste, non esistono affetti, non ci<br />

sono momenti per mangiare e per dormire.<br />

Solo grandi solitudini, in cui esisti tu e la tua<br />

macchina fotografica”.<br />

fresco vincitore<br />

di un riconoscimentoimportante.<br />

Negli<br />

Anni Cinquanta,<br />

in Italia, il<br />

jazz era ancora<br />

s n o b b a t o<br />

dall’accademia<br />

e il maestro mi<br />

confessò che la<br />

sera, trovandosi<br />

a New York<br />

per ritirare il<br />

premio, scappava dall’albergo per andare a<br />

sentire Jerry Mulligan”. Al Giorno rimane<br />

fino al ‘62. Per due anni collabora come free<br />

lance al periodico Settimo Giorno diretto<br />

prima dal critico cinematografico, Pietro<br />

Bianchi e poi da Carlo De Martino. Nel ‘72<br />

approda al Corriere d’Informazione dove<br />

lavora fino alla pensione che arriva nel<br />

1981.<br />

Da allora Maletto si dedica solo al jazz.<br />

Partecipa a opere collettive, scrivendo, tra<br />

l’altro, per le edizioni Fabbri monografie e<br />

minibiografie da Chet Baker a Jimmy<br />

Rushing, da Martial Solal ad Art Tatum, “il<br />

pianista cieco che aveva un orecchio finissimo:<br />

sapeva riconoscere l’esatta tonalità<br />

del suono prodotto da una lattina di birra<br />

mezza vuota lasciata cadere sul pavimento.<br />

Possedeva una tecnica straordinaria e<br />

notevole inventiva”. Dal 1990 tiene ogni<br />

domenica la rubrica “Ritmi nel tempo” sul<br />

supplemento culturale de Il Sole-24 Ore,<br />

mentre nel 1996 cura, come responsabile,<br />

il rifacimento della parte jazz nella nuova<br />

edizione della “Garzantina” della musica.<br />

Ha consigli per un giovane che si affaccia<br />

alla professione? “Un articolo, risponde, è<br />

un po’ come musica che nasce sul momento.<br />

È composizione istantanea. Ogni pezzo<br />

è irripetibile. Come un musicista prende un<br />

tema e in due minuti ci mette di suo il<br />

suono, l’idea immediata, così il cronista,<br />

ogni giorno, ha la fortuna di poter usare la<br />

creatività. Un suggerimento? Imparare dai<br />

colleghi a scrivere chiaramente senza<br />

rinunciare a cercare una propria via, un<br />

proprio stile”.<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

7


Il riconoscimento d<br />

ANNAMARIA MALVESTITI<br />

Da Bruxelles ha descritto<br />

la nascita dell’Europa<br />

di Giuseppe Cosso<br />

Annamaria Malvestiti, detta Mila, ha raccontato,<br />

come corrispondente da Bruxelles del<br />

Resto del Carlino–La Nazione, la nascita<br />

delle istituzioni della Comunità Europea e<br />

ha descritto con passione le battaglie politiche<br />

degli statisti che, sull’esempio e lungo<br />

la strada tracciata da Alcide De Gasperi<br />

hanno contribuito alla loro costruzione:<br />

“Colombo, Rumor, Segni sono uomini che<br />

hanno lottato duro per l’Europa. La capitale<br />

belga è stata un laboratorio privilegiato che<br />

mi ha permesso di assistere alla trasformazione<br />

pacifica di un continente e alla realizzazione<br />

del sogno concreto della moneta<br />

unica”. Una “passione di famiglia”, l’Europa:<br />

suo padre Piero, amico e sodale di De<br />

Gasperi, fu vicepresidente della Commissione<br />

Europea nel 1958 e, dal ‘59 al ‘63,<br />

presidente della Ceca (Comunità Europea<br />

del Carbone e dell’Acciaio).<br />

Nata a Milano, si laurea in filosofia nel 1950<br />

con una tesi in diritto su sovranità e sovranazionalità:<br />

“Considerata l’epoca, sostenni<br />

un’idea che era quasi un’eresia. Scrissi che<br />

per non ricadere in un conflitto, gli Stati<br />

europei dovevano accettare di cedere alcune<br />

prerogative, tra cui la moneta, ad un’istituzione<br />

superiore”. Dopo il diploma, Mila si<br />

trasferisce a Roma e inizia a collaborare<br />

con il Giornale d’Italia. Scrive le cronache<br />

della provincia, poi viene promossa agli<br />

Interni e infine approda agli Esteri. “Una<br />

donna nel ruolo di inviata era considerata<br />

con diffidenza: la prima volta che il giornale<br />

mi affidò un incarico, tra i colleghi maschi ci<br />

fu la rivoluzione”.<br />

Ma il coraggio non le manca. Tra un viaggio<br />

e l’altro, sul quotidiano romano compone<br />

anche una serie di inchieste nelle quali<br />

intervista alcuni lavoratori addetti a mestieri<br />

pericolosi. “Ho provato in prima persona<br />

cosa significhi collaudare un aeroplano o<br />

salire su un bolide da corsa lanciato a<br />

trecento orari. Devo ammettere che ho<br />

sempre considerato il giornalismo una<br />

professione appagante, ma anche molto<br />

stressante, direi più emozionante che<br />

piacevole. Ricordo<br />

le snervanti<br />

attese di alcune<br />

riunioni ministeriali<br />

alla Nato<br />

durante gli anni<br />

bui della guerra<br />

fredda. A volte<br />

sembrava di stare<br />

su un vulcano in<br />

procinto di scoppiare”.Nel 1955 la svolta: il<br />

Resto del Carlino le propone l’ufficio di corrispondenza<br />

di Bruxelles. Politica interna<br />

belga e matrimoni reali sono, in partenza, il<br />

tema principale delle sue cronache ma<br />

dopo il trattato di Roma del 1957, la macchina<br />

sempre più complessa della Commissione<br />

Europea diventa un argomento prioritario<br />

da spiegare ai lettori. “Ho cercato di far<br />

conoscere nel modo più semplice possibile<br />

le istituzioni comunitarie e le loro regole”.<br />

Un lavoro che svolge con passione tanto<br />

che Giovanni Marcora, ministro dell’Agricoltura<br />

un giorno le confessa: “Per capire esattamente<br />

quello che è stato deciso in un<br />

Consiglio Europeo, devo leggere i suoi articoli<br />

il mattino seguente”.<br />

Il quotidiano bolognese in quegli anni è<br />

molto sensibile alle questioni che la<br />

Commissione Europea discute, soprattutto<br />

in tema di politiche agricole. “Ma il mio<br />

motto è sempre stato quello di far capire<br />

innanzitutto ai lettori quali fossero la portata<br />

e le conseguenze di decisioni prese a<br />

Bruxelles sulla loro vita quotidiana. Durante<br />

una visita ufficiale di Giovanni Leone in<br />

Belgio, Aldo Moro, allora ministro degli<br />

Esteri, mi presentò al Presidente dicendo<br />

che nei miei articoli non sempre ero gentile,<br />

ma spesso avevo ragione. Un complimento<br />

che mi fece piacere perché aveva riconosciuto<br />

la lealtà delle mie critiche”.<br />

Lealtà e correttezza: qualità che Mila Malvestiti<br />

considera indispensabili per far bene<br />

questo lavoro e che ha apprezzato in molti<br />

giornalisti con i quali ha collaborato: “Ricordo<br />

con grande affetto Alfredo Pieroni e<br />

Piero Magi, due direttori del Resto del Carlino<br />

ai quali queste doti non sono certo<br />

mancate”.<br />

RODOLFO PAGNINI<br />

“Ecologista ante litteram,<br />

ma vuoi mettere il calcio…”<br />

di Salvatore M. Seu<br />

Rodolfo Pagnini ovvero una grande passione:<br />

lo sport. Se ne occupa fin da ragazzo<br />

su Il Rondò, quotidiano di Sesto San<br />

Giovanni, dove è nato. In seguito collabora<br />

con la Gazzetta dello Sport per un paio<br />

d’anni (‘49-’50). Al quotidiano milanese<br />

trova un estimatore in Nino Oppio e l’assunzione<br />

sembra prossima.<br />

Nel frattempo si presenta l’occasione di<br />

entrare all’edizione di Milano de L’Unità.È il<br />

1950. Suo padre è un militante comunista e<br />

inevitabilmente ne influenza la scelta, poi<br />

rivelatasi definitiva: «Accettai soprattutto<br />

per compiacerlo; io non ero particolarmente<br />

attivo nel Partito. E ammetto un certo<br />

rammarico per non essere andato alla<br />

Gazzetta dello Sport che, per un giornalista<br />

sportivo, è il massimo». Il suo primo direttore<br />

è Davide Lajolo, il più “giornalista” fra<br />

quelli da lui incontrati: «Il migliore, senza<br />

dubbio. Ma ricordo volentieri anche Aldo<br />

Tortorella».<br />

Al quotidiano del Pci si occupa inizialmente<br />

della cronaca milanese, quindi diventa<br />

caposervizio agli Interni e, finalmente, nel<br />

1958 approda alla<br />

redazione sportiva<br />

come caposervizio<br />

e inviato<br />

per il calcio.<br />

Come era trattato<br />

lo sport nel<br />

maggiore giornale<br />

di partito italiano?<br />

«L’Unità, al tempo,<br />

era un grande<br />

quotidiano popolare<br />

e si occupava<br />

di tutto. Allo sport<br />

erano dedicate due pagine al giorno, che<br />

diventavano 5 o 6 il lunedì. Lo sport era inoltre<br />

il settore meno vincolato alla linea politica<br />

del giornale. Certo, se un “padrone”<br />

spendeva uno sproposito per un calciatore,<br />

non gliela facevamo passare».<br />

Gli anni 60 per Rodolfo Pagnini sono densi<br />

di esperienze indimenticabili. Segue le<br />

Olimpiadi di Roma e tre edizioni <strong>dei</strong><br />

mondiali, Cile, Inghilterra e Messico. «Il 19<br />

luglio del ‘66 non ero a Middlesbrough a<br />

seguire la disfatta dell’Italia con la Corea,<br />

ma a Liverpool, per assistere ad un’altra<br />

clamorosa eliminazione, quella del Brasile<br />

di Pelè; ricordo gli sghignazzi <strong>dei</strong> colleghi di<br />

mezzo mondo, quando si seppe della<br />

nostra sconfitta». Una pagina deprimente.<br />

Quattro anni dopo è tra i privilegiati che<br />

vivono quella più esaltante, l’Italia-Germania<br />

Ovest 4-3, entrata nella mitologia del<br />

nostro calcio. «Presi posizione contro la<br />

“staffetta” Mazzola-Rivera, eterno vizio<br />

italiano di penalizzare i talenti».<br />

Sempre in questi anni il giornale lancia<br />

una rubrica dedicata alla caccia e alla<br />

pesca sportiva e a Pagnini è affidata<br />

quest’ultima. Vi si applica al punto che<br />

GIANCARLO PERTEGATO<br />

La paura e l’angoscia<br />

degli “anni di piombo”<br />

di Lara Zani<br />

Ha raccontato le emozioni di un’Europa in<br />

cambiamento, l’informatizzazione della<br />

valle padana e l’alluvione del Polesine. Ma<br />

non c’è avvenimento che abbia segnato la<br />

sua esistenza quanto gli anni del terrorismo.<br />

Quello di destra, conosciuto attraverso<br />

le vicende eversive della pista nera<br />

veneta, e soprattutto quello di sinistra.<br />

“Quegli anni – racconta Giancarlo<br />

Pertegato, padovano, cinquant’anni di professione<br />

spesi tra alcune delle più prestigiose<br />

testate italiane – sono incisi dentro di<br />

me, anche se allora non avevo compreso<br />

fino in fondo il dramma che aveva vissuto la<br />

mia famiglia. L’ho capito anni dopo, da uno<br />

scritto di mia figlia che risaliva ai tempi in<br />

cui mi vedeva rientrare accompagnato dalla<br />

scorta”.<br />

L’assegnazione della scorta ai giornalisti<br />

segna un momento drammatico del periodo<br />

dell’eversione, dopo l’assassinio di Walter<br />

Tobagi. Lo stesso Pertegato lo visse in<br />

prima persona: “Un giorno – racconta –,<br />

tornando dal giornale verso la stazione<br />

Moscova, vidi un gruppo di persone in attesa.<br />

Scendendo le scale della metropolitana,<br />

notai una ragazza che mi guardava dietro<br />

le spalle con aria preoccupata. Scesi i gradini<br />

correndo a zigzag, mescolandomi alla<br />

gente. In fondo mi voltai e vidi una donna il<br />

cui volto non dimenticherò mai: sui trent’anni,<br />

robusta, dall’aspetto meridionale, con in<br />

mano un borsone del quale impugnava una<br />

sola maniglia. Apparteneva al gruppo in<br />

attesa fuori, e la ragazza l’aveva vista<br />

scambiare segnali con gli altri. Dai magistrati<br />

ricevetti la conferma che si trattava di<br />

una tecnica frequente. Ma non ci fu una<br />

denuncia, perché fortunatamente non era<br />

accaduto nulla.”<br />

Fu l’episodio che provocò l’allontanamento<br />

di Pertegato da Milano per motivi di incolumità<br />

personale. Prima in Istria, poi in<br />

Libano, Turchia, Balcani. Nel 1982 sarà a<br />

Beirut e con Bernardo Valli, Sandro Viola,<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

diviene uno specializzato e la sua collaborazione<br />

è richiesta da riviste del settore,<br />

come Caccia e Pesca e Pescare. L’ esperienza<br />

culmina nel libro I pesci d’acqua<br />

dolce, pubblicato del 1974 e accolto molto<br />

bene fra gli appassionati. «Anche di recente<br />

ne ho trovato una copia in libreria. Non<br />

è il lavoro di uno studioso, piuttosto di un<br />

osservatore attento. Ho cercato di capire<br />

come i pesci modificano i propri comportamenti<br />

a causa delle alterazioni che la<br />

modernità produce sull’ambiente. Posso<br />

definirmi un ecologista ante litteram.<br />

Oriana Fallaci e<br />

Carlo Rossella, in<br />

un albergo proprio<br />

a cavallo tra<br />

la Beirut musulmana<br />

e quella<br />

maronita, assisterà<br />

alla disfatta<br />

<strong>dei</strong> palestinesi.<br />

Racconta di una<br />

terribile esplosione<br />

davanti all’albergo.<br />

Racconta<br />

dell’enorme<br />

scheggia da cui fu sfiorato mentre, nella<br />

cantina, lavorava alle telescriventi con un<br />

collega spagnolo. “Ma mai in nessun luogo<br />

– ricorda – conobbi la tensione che avevo<br />

vissuto a Milano”.<br />

Il legame del giornalista veneto con la carta<br />

stampata ha radici lontane. Padova, quartiere<br />

Arcella, anni Trenta: un giovanissimo<br />

Pertegato si conquista il privilegio di sfogliare<br />

i giornali aiutando l’edicolante a piegarli.<br />

Gli anni successivi sono quelli della<br />

palestra de Il lavoratore, di cui resterà direttore<br />

responsabile fino alla metà degli anni<br />

Cinquanta; dell’“esperienza garibaldina” de<br />

La tribuna di Padova: “Forse non abbiamo<br />

dato ai lettori il meglio di quello che si<br />

aspettavano; certamente, abbiamo dato il<br />

meglio di noi stessi.” Poi l’incarico di corrispondente<br />

di Milano Sera e la collaborazione<br />

con Lavoro. Il 1952 è l’anno dell’approdo<br />

a L’Unità, testata presso la quale Pertegato<br />

svolgerà il praticantato dal ‘56 al ‘58. In<br />

seguito verrà la breve esperienza a<br />

Stasera (1961), con Mario Melloni<br />

“Fortebraccio”, Gigi Fossati e un giovanissimo<br />

Aldo Biscardi. La chiusura della testata<br />

dopo un anno segna l’inizio di un periodo<br />

travagliato: due anni di collaborazioni saltuarie,<br />

fino all’assunzione, nel 1965, nella<br />

redazione “Province” de Il Giorno, guidata<br />

da Leonardo Valenti. Di Valenti Pertegato<br />

ama ricordare la consapevolezza civile<br />

della professione, sintetizzata nella frase<br />

“questo mestiere mi piace e lo faccio perché<br />

è un mestiere democratico”.<br />

“Un mestiere – aggiunge Pertegato – che ti<br />

invecchia da giovane e ti ringiovanisce da<br />

vecchio”. Colpa e merito insieme, soprattutto,<br />

di quei travagliati anni già ricordati,<br />

raccontati prima dalle colonne de Il<br />

Giorno e poi, dal 1971, da quelle del<br />

Corriere della Sera: “Le tensioni<br />

della città si scaricavano sui fatti e<br />

sulle notizie. Un’esperienza<br />

intensissima”. Ma alla fine il giudizio<br />

sulla stampa di quegli anni<br />

è senza dubbio positivo:<br />

“Ripercorrendo quelle vicende,<br />

credo che la stampa italiana nel<br />

suo complesso sia andata,<br />

nonostante i clamorosi episodi di<br />

depistaggio, molto vicina alla<br />

verità: solo gli strumenti giudiziari<br />

avrebbero potuto andare oltre”.<br />

Conclusa la lunga stagione al<br />

Corsera – “una famiglia giornalistica<br />

che ti lascia un’impronta incancellabile di<br />

rigore” – Pertegato ha pubblicato Intervista<br />

sulla Fiat e lavora a un altro volume sulla<br />

strage alla Questura in via Fatebenefratelli<br />

(17 maggio 1973, quattro morti).<br />

8 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


dell’<strong>Ordine</strong>...<br />

FLORIANA MAUDENTE<br />

Costume e spettacolo<br />

ma soprattutto cinema<br />

di Salvatore M. Seu<br />

Floriana Maudente nasce a Torino, ma<br />

presto si trasferisce a Bologna, dove si<br />

laurea in Giurisprudenza. Potrebbe trovare<br />

un impiego all’Intendenza di finanza ma,<br />

quasi per caso, entra in contatto con il direttore<br />

del Giornale dell’Emilia e dal 1947<br />

comincia a scrivere.<br />

Poco dopo segue direttore e redattore<br />

capo all’Alto Adige di Bolzano, in cui svolge<br />

il praticantato in qualità di inviato, soprattutto<br />

in Austria, grazie alla conoscenza del<br />

tedesco (parla anche il francese e l’inglese).<br />

Il giornale chiude e la Maudente si trasferisce<br />

a Milano, trovando lavoro per pochi<br />

mesi e al minimo salariale a Cinema Nuovo,<br />

rivista della Feltrinelli.<br />

È, quindi, assunta dal settimanale La Tribuna,<br />

in cui si impone come inviato e dove si<br />

trattiene per tutti gli anni 50: «Questa esperienza<br />

mi ha insegnato che la vita, la mia e<br />

delle persone che incontravo, non era solo<br />

quella privilegiata in cui ero cresciuta».<br />

Nei primi anni 60 vive una breve esperienza<br />

a Settimo giorno, settimanale culturale di<br />

buon livello (vi collaborano intellettuali come<br />

Arbasino, Cancogni e Testori) in cui incontra<br />

- confessa - il migliore fra i direttori della<br />

sua carriera, Pietro Bianchi: «Quando lo<br />

licenziarono, il giornale chiuse in tre mesi»<br />

ricorda ancora con amarezza.<br />

Lavora per un breve periodo alla Settimana<br />

Incom ed è quindi assunta dal mensile<br />

Arian, edito da Mondatori: «Era un giornale<br />

per signore, ma molto raffinato», ricorda.<br />

Negli stessi anni si iscrive, una delle prime<br />

GIACINTO SPADETTA<br />

Dal Roma di Napoli<br />

al Corriere della Sera<br />

di Alessio Antonini<br />

Giacinto Spadetta è un elegante signore di<br />

75 anni. Porta baffi curati e parla con un<br />

marcato accento napoletano. Racconta di<br />

una vita professionale non facile per chi,<br />

come lui, ha «voluto fare giornalismo senza<br />

mai prendere una tessera di Partito».<br />

Ha iniziato la sua carriera negli anni<br />

Cinquanta a Napoli, sua città d’origine,<br />

collaborando con la redazione locale del<br />

Giornale d’Italia. Nel 1953, diventato professionista,<br />

fu assunto alla Gazzetta del Sud,<br />

dove vide «passare come praticanti Antonio<br />

Lubrano e Nicola Calarco». Rimase alla<br />

Gazzetta solo tre anni. Nel 1956 non poté<br />

rifiutare l’offerta di trasferirsi alla redazione<br />

napoletana del Roma, il giornale di<br />

proprietà del «potentissimo» armatore<br />

Achille Lauro, «che al tempo era anche<br />

sindaco di Napoli e presidente del Partito<br />

monarchico». Ma nell’ottobre del 1961 –<br />

racconta Spadetta – lasciò il giornale in<br />

seguito a un servizio che lo portò allo scontro<br />

con l’editore. «Le cose andavano così –<br />

ricorda – fui incaricato di seguire un festival<br />

della musica, in cui erano presenti tutti i big:<br />

Mike Bongiorno, Milva, Johnny Dorelli e<br />

altri. In quella occasione Bongiorno spense<br />

l’audio ad Achille Lauro e io riportai l’accaduto».<br />

Lauro non gradì e ordinò ad Alberto<br />

Giovannini, allora direttore del Roma, di<br />

licenziare Spadetta. Giovannini si rifiutò e<br />

chiese l’intervento della Federazione della<br />

Stampa. Alla fine, Lauro rinunciò alla sua<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

donne, al Sindacato Cinematografico.<br />

Ad Arian si specializza nelle interviste a<br />

personaggi della cultura e dello spettacolo,<br />

ma anche dell’attualità, come il cardiochirurgo<br />

Gaetano Azzolina: «Mi preparavo<br />

con dedizione e portavo con me il<br />

registratore.<br />

Il colloquio poteva durare anche delle ore e<br />

riempiva molte pagine del giornale. Ricordo<br />

che Nino Manfredi era inizialmente<br />

perplesso, poi andammo avanti per l’intero<br />

pomeriggio».<br />

È uno <strong>dei</strong> periodi professionalmente più<br />

appaganti. Incontra, tra gli altri, personaggi<br />

come Ungaretti («Mi sembrò originale<br />

parlare con lui della conquista della Luna,<br />

era il 1969»), Fellini, in occasione delle sue<br />

nozze d’argento, e Luchino Visconti.<br />

Arian chiude nei primi anni 70 («Stavo per<br />

realizzare un’intervista al Presidente della<br />

Repubblica, Giovanni Leone») quando termina<br />

anche la carriera giornalistica di Floriana<br />

Maudente: «Quel giornalismo elegante e<br />

discreto che io ho sempre amato e cercato<br />

di praticare, sembrava non interessare più ai<br />

direttori. Così decisi di smettere».<br />

È ora il cinema, passione di una vita, a<br />

diventare la sua unica occupazione. Lavora<br />

alla Biennale di Venezia nel settore documentazione<br />

e per qualche tempo si trasferisce<br />

anche a Parigi. Oggi cura il Festival di<br />

cortometraggio di Montecatini e continua,<br />

con straordinaria vitalità, a girare l’Europa<br />

per seguire le rassegne cinematografiche.<br />

E quando glielo chiedono scrive ancora,<br />

ovviamente di cinema, per riviste specializzate,<br />

anche estere: «Nell’ambiente conosco<br />

tante persone, quando vado ad un festival<br />

mi sento a casa mia».<br />

pretesa.<br />

L’episodio amareggiò Spadetta a tal punto<br />

da spingerlo a lasciare Napoli e a «emigrare»<br />

a Milano: «All’avventura». «Iniziai così a<br />

lavorare per Stasera, sotto la direzione di<br />

Fortebraccio, ma non firmavo gli articoli<br />

perché non volevo avere nulla a che fare<br />

con la politica». Vi rimase solo pochi mesi,<br />

fino a che non ottenne un contratto con il<br />

Corriere Lombardo. Nel 1966, però, il<br />

proprietario, l’industriale del cemento, Carlo<br />

Pesenti, «sacrificò il Corriere a vantaggio de<br />

La Notte e diversi giornalisti rimasero disoccupati».<br />

Spadetta si ritrovò senza lavoro e<br />

con una famiglia da mantenere. Accettò<br />

così un posto a Confidenze, periodico della<br />

Mondadori che si occupava di spettacoli. Fu<br />

una grande sofferenza dal punto di vista<br />

professionale – ricorda – sembrava il lavoro<br />

di un impiegato: si entrava alla mattina<br />

presto e si usciva al pomeriggio. Ci mancava<br />

poco che si dovesse timbrare il cartellino».<br />

Spadetta, però,<br />

non si arrese e<br />

lavorando di notte<br />

iniziò a collaborare<br />

con il Corriere<br />

della Sera. Negli<br />

ultimi mesi del<br />

1969, sotto la<br />

direzione di<br />

Giovanni Spadolini,<br />

fu assunto.<br />

Lavorò al Supplemento<br />

Illustrato<br />

del Corriere fino alla sua chiusura, quando<br />

finì alla redazione sportiva del quotidiano<br />

di via Solferino. Andò in pensione «coatta»<br />

nel 1985. «Me ne andai contro la<br />

mia volontà – spiega – a causa della<br />

legge di riforma dell’editoria che<br />

consentiva agli editori di pensionare<br />

i giornalisti che avessero<br />

raggiunto i 15 anni di contributi.<br />

Comunque, il lavoro non era più<br />

lo stesso. Il giornalismo moderno<br />

è completamente diverso da<br />

quello cui ero abituato. L’informatica,<br />

poi, ha stravolto tutto. Io<br />

mi sono fermato alla macchina<br />

per scrivere».<br />

FERNANDO STRAMBACI<br />

Una vita all’Unità<br />

passando per la Michelin<br />

«Ho iniziato a fare il giornalista per caso:<br />

militavo nel Partito comunista e mi sono<br />

trovato a scrivere sull’Unità». Fernando<br />

Strambaci è un uomo gentile. Ha 74 anni<br />

ben portati e una grande disponibilità a<br />

chiacchierare della sua storia, che poi è un<br />

pezzo di storia del nostro Paese.<br />

Si avvicinò alla politica travolto dai grandi<br />

eventi: nel 1944 era ancora un ragazzo,<br />

quando partecipò, come «sappista» delle<br />

Brigate Garibaldi, alla Resistenza a Torino.<br />

Alla fine della guerra non poté riprendere la<br />

scuola per motivi economici, ma continuò a<br />

studiare sui «fogliettoni» <strong>dei</strong> giornali e a<br />

«leggere quello che poteva».<br />

In quegli anni, assunto come operaio alla<br />

Michelin divenne presto impiegato e iniziò a<br />

stampare un giornale, La Voce della<br />

Gioventù, «un foglio di due pagine che ebbe<br />

un successo strepitoso, perché denunciava<br />

il comportamento scorretto di alcuni dirigenti<br />

verso gli operai». Parallelamente Strambaci<br />

redigeva un vero e proprio giornale,<br />

utilizzando la tipografia interna della Michelin:<br />

«La Voce di Bibendum (Bibendum è<br />

l’omino simbolo della fabbrica di pneumatici<br />

ndr) era uno <strong>dei</strong> fogli <strong>dei</strong> Comitati di Liberazione<br />

nazionale ed è stato poi, per decenni,<br />

l’Houseorgan della Michelin».<br />

I «doveri» della militanza politica lo portarono<br />

anche ad organizzare una piccola<br />

«Università Operaia» in cui insegnanti e<br />

giornalisti tenevano lezione di economia e<br />

storia. Durante uno di questi incontri, Guido<br />

Milli, caporedattore dell’Unità di Torino,<br />

vedendo La Voce della Gioventù e La Voce<br />

di Bibendum lo volle con sé al giornale.<br />

Strambaci accettò. Iniziò lavorando gratis,<br />

«andando dalla Michelin alla redazione<br />

del giornale in bicicletta»; poi Marco<br />

Vais, l’allora vicedirettore, lo volle a<br />

tempo pieno. Strambaci accettò<br />

anche questa volta per disciplina<br />

di partito, nonostante lo stipendio<br />

di redattore fosse molto più<br />

basso di quello di un tecnico<br />

della Michelin e il suo passaggio<br />

immediato al giornale comportasse<br />

la perdita della liquidazione.<br />

Strambaci ha lavorato per tutta la<br />

vita all’Unità, ricoprendo tutti gli<br />

incarichi, da redattore a inviato,<br />

dalla cronaca nera alla pagina <strong>dei</strong><br />

motori, da segretario di redazione a<br />

redattore capo. «Una volta era diverso,<br />

non ci si specializzava, si faceva quello di<br />

cui c’era bisogno. Se non si sapeva qualcosa<br />

si studiava e poi si scriveva». «Ma il vero<br />

lavoro del giornalista lo feci solo da inviato<br />

o cronista. Ricordo il caso della “Banda <strong>dei</strong><br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

Cremaschi”: i carabinieri<br />

avevano<br />

costretto con le<br />

botte un gruppo di<br />

ladruncoli a confessare<br />

rapine<br />

che non avevano<br />

commesso.<br />

Scoprimmo, infatti,<br />

che uno <strong>dei</strong><br />

“rapinatori confessi”,<br />

il giorno del<br />

colpo in banca,<br />

era ricoverato in<br />

ospedale. Scoppiò un putiferio e il tenente<br />

<strong>dei</strong> carabinieri fu trasferito». Strambaci ricevette<br />

anche minacce per aver scritto degli<br />

articoli sul lavoro minorile, ma «naturalmente»<br />

non fu mai smentito. Come cronista si<br />

occupò di molti avvenimenti importanti:<br />

dall’alluvione del Polesine, al Vajont, alla<br />

strage di piazza Fontana.<br />

Strambaci è andato in prepensionamento<br />

nel 1983, in seguito a una delle crisi dell’Unità.<br />

Ha concluso la carriera occupandosi<br />

della pagina <strong>dei</strong> motori dell’Unità («inventata»<br />

da lui) e dal 1979 al 1985 è stato segretario<br />

dell’Uiga (Unione Italiana <strong>Giornalisti</strong><br />

dell’Automobile). Ora, «per non dimenticare»,<br />

cura, per il sito Internet dell’Anpi, la<br />

rubrica “Uomini e donne della Resistenza”.<br />

a.a.<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Professionisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

9


...a 17 professionis<br />

MONSIGNOR LORIS CAPOVILLA<br />

Il giornalista-segretario<br />

di papa Giovanni XXIII<br />

di Nicola Falcinella<br />

Parla, e con la mano destra tiene sollevata,<br />

quasi a metterla più avanti fra sé e il suo interlocutore,<br />

la croce che porta sul petto. Da<br />

uomo di Chiesa, le parole di monsignor Loris<br />

Capovilla si spostano in continuazione da se<br />

stesso e dal mondo del giornalismo a quello<br />

più grande che lo circonda e che osserva<br />

sempre con attenzione. La guerra in corso e<br />

l’attualità italiana sono al centro <strong>dei</strong> suoi<br />

pensieri. Come riferimento il “suo” Papa<br />

Giovanni XXIII e i tanti personaggi incontrati<br />

in oltre 60 anni di apostolato. Si definisce<br />

“pervaso di entusiasmo giovanile e ottimista”.<br />

Nello studio a Ca’ Maitino, dietro la chiesa di<br />

Sotto il Monte, méta di fedeli riconoscenti al<br />

Papa “della bontà”, il segretario particolare del<br />

Pontefice che aprì il Concilio e segnò la storia<br />

del Novecento legge, studia, si documenta,<br />

scrive, riceve persone o coppie in difficoltà, ha<br />

parole di incoraggiamento per un giovane<br />

studente che gli telefona. Non ama, però, farsi<br />

intervistare. “Si ritenga fortunato”, mi sussurra<br />

la suora che mi introduce nel suo studio.<br />

Restiamo a parlare due ore e mezza e<br />

l’espressione che ritorna più spesso è “eliminabilità<br />

della guerra”. Cita l’accordo<br />

Kellog–Briand del 1928 e critica quanti scrivono<br />

con leggerezza che “la guerra ci sarà<br />

sempre”. È una lezione di giornalismo, un invito<br />

a fare attenzione ai termini e alle espressioni<br />

che quotidianamente scegliamo. “La<br />

guerra c’è stata, c’è e forse ci sarà ancora –<br />

sostiene. Anche in passato sono esistite istituzioni<br />

giuridiche che sembravano ineliminabili,<br />

mentre poi le condizioni sono cambiate e<br />

l’umanità è progredita. Penso alla schiavitù:<br />

sembrava incancellabile invece è stata<br />

combattuta e considerata illegittima. La guerra<br />

di Secessione risale a quasi un secolo e<br />

mezzo fa. Credo fermamente nella maturazione<br />

delle coscienze liberate dalla fatalità della<br />

guerra”. Auspica che si trovi “una soluzione<br />

equa” al dramma <strong>dei</strong> prigionieri afgani nella<br />

base Usa di Guantanamo. “Anche il delinquente<br />

rimane una persona con diritti che<br />

nessuno gli può togliere: mangiare, riposare,<br />

leggere, conversare, curarsi, amare – si infervora.<br />

Li hanno rasati a zero anche se questo<br />

è contro le loro usanze”. Ricorda che Papa<br />

Giovanni teneva sempre vicino a sé un<br />

mappamondo e quando un politico straniero<br />

andava a trovarlo vi metteva sopra una mano<br />

in corrispondenza del suo Paese. “Mi piace<br />

averlo anch’io qui a fianco. Penso ai tanti italiani<br />

che hanno esportato intelligenza e intraprendenza.<br />

Ciò deve farci riflettere sulla nostra<br />

vocazione universalistica. Penso a Cina, India<br />

e gli altri grandi paesi di Asia e Africa dove<br />

nascono ogni giorno migliaia di bambini:<br />

come ci poniamo di fronte alle questioni che<br />

riguardano l’umanità intera?”.<br />

Giovanni XXIII introdusse, con i pellegrinaggi<br />

a Loreto e Assisi, la novità <strong>dei</strong> viaggi papali.<br />

Quale fu la reazione della Chiesa e della<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Pubblicisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

gente? “Furono<br />

vissuti in maniera<br />

molto migliore di<br />

quanto si potesse<br />

immaginare. Era<br />

il 1962, l’anno<br />

prima s’era festeggiato<br />

il centenario<br />

dell’Unità d’Italia.<br />

Il Papa era persona<br />

universale, ma<br />

anche un buon<br />

italiano. Aveva<br />

sempre pensato<br />

che non si dovesse chiudere le porte, che si<br />

dovesse sempre cercare il dialogo, che non<br />

significa compromesso. Il colloquio fa parte<br />

della natura umana. Non c’era calcolo politico<br />

o diplomatico nei suoi gesti, non lo interessavano<br />

gli applausi. Nel famoso discorso di<br />

apertura del Concilio continuò a parlare sopra<br />

gli applausi <strong>dei</strong> presenti. Io mi sorprendo<br />

quando mi ricordano che disse di portare un<br />

bacio ai bambini o quando qualcuno fa notare<br />

che il Papa va dagli ammalati o in carcere.<br />

Che cosa dovrebbe fare? Queste cose non le<br />

aveva già fatte Gesù? ”.<br />

Al suo lavoro di giornalista, svolto con settimanali<br />

diocesani e con Avvenire, L’Osservatore<br />

Romano, Famiglia Cristiana e L’Eco di<br />

Bergamo, dedica poche frasi. “Nel 1950 il<br />

Patriarca di Venezia mi chiamò perché dirigessi<br />

il settimanale La Voce di S. Marco. Non<br />

avevo mai scritto, ma mi piacque subito. Facevo<br />

il giornale praticamente da solo, in più curavo<br />

una pagina quotidiana per L’Avvenire d’Italia.<br />

Dopo la guerra, dal ’45 al ’53, avevo fatto il<br />

commento al Vangelo in radio: lì avevo imparato<br />

a parlare a persone che non venivano in<br />

chiesa e avevo stretto amicizie stupende”. E il<br />

rapporto fra la stampa e Papa Giovanni?<br />

“C’era un buon rapporto. Quando nel <strong>marzo</strong><br />

‘59 Missiroli, allora direttore del Corriere, mi<br />

chiamò per l’intervista al Papa chiesi chi<br />

pensava di mandare. Rispose Silvio Negro, il<br />

vaticanista di allora. Poiché Negro era di area<br />

cattolica non volevo che sembrasse una cosa<br />

tra di noi. Gli chiesi perciò di incaricare un altro<br />

giornalista. Alla domanda chi avrei suggerito,<br />

risposi Indro Montanelli anche se non lo conoscevo:<br />

avevo letto <strong>dei</strong> suoi pezzi, notando che<br />

era sempre molto schietto con tutti. Montanelli<br />

mi fu sempre riconoscente per questo,<br />

perché cercai di metterlo a suo agio suggerendogli<br />

di comportarsi normalmente”. “Più<br />

tardi – aggiunge monsignor Capovilla – ho<br />

ricevuto molte richieste di intervista cui acconsentivo.<br />

Non potevo pretendere che gli altri<br />

scrivessero quello che avrei scritto io, ma<br />

cercavo di trovare un terreno comune con tutti.<br />

Da principio ero titubante a prestarmi al giornalismo<br />

cosiddetto laico, temendo strumentalizzazioni<br />

e travisamenti di pensiero. Invece mi<br />

trovai sempre a mio agio, capito e rispettato.<br />

Fra i giornalisti ricordo, oltre a Montanelli,<br />

Sergio Zavoli, Enzo Biagi, il carissimo Carlo<br />

Casalegno e Vittorio Gorresio, uno che stava<br />

nell’olimpo del giornalismo italiano”.<br />

E la Chiesa di oggi? “La Chiesa è una grande<br />

famiglia, c’è chi è più avanti e chi è più indietro,<br />

ma bisogna sforzarsi di arrivare tutti insieme.<br />

L’unità non deve essere uniformità. Per la<br />

chiesa italiana è un momento di ricambio<br />

generazionale ma non sono preoccupazioni.<br />

La novità sono i movimenti ecclesiali e laici.<br />

Ho fiducia, già Papa Giovanni diceva che i<br />

movimenti, a contatto con la realtà, non<br />

possono che modificarsi in meglio”. Spende<br />

parole sull’incontro interreligioso di Assisi. “È<br />

stato un momento limpido e rispettoso,<br />

partendo dalla pace, un grande ideale che sta<br />

a cuore a tutti. Nel viaggio i rappresentanti<br />

delle diverse religioni si sono incontrati alla<br />

pari. Solo ad Assisi, nella terra di S. Francesco<br />

che è riconosciuto come cittadino del<br />

mondo, e per invito di questo Papa poteva<br />

accadere una cosa simile”.<br />

Mi dona una copia di Manzù - L’artista di Papa<br />

Giovanni (1996), una delle sue pubblicazioni<br />

su Giovanni XXIII. “Sento che lei ama l’arte, le<br />

piacerà” mi saluta. Come lo avrà capito?<br />

VINCENZO ANGELUCCI<br />

“Quella sera<br />

con la Loren…”<br />

di Leonardo Sacchetti<br />

Cinquant’anni tra cinema, editoria e giornalismo.<br />

Vincenzo Angelucci, classe 1929, è<br />

nato a Foligno ma si è trasferito presto a<br />

Roma, per frequentare l’università. Due<br />

lauree: una in Scienze politiche e sociali e<br />

una in Giornalismo. Era la fine degli anni<br />

Quaranta e la capitale si apprestava a vivere<br />

uno <strong>dei</strong> periodi più intensi e vivaci della<br />

sua storia contemporanea.<br />

Fu proprio attraverso l’università che Angelucci<br />

vinse una borsa di studio di due settimane<br />

in Spagna, presso una facoltà di giornalismo.<br />

Pochi giorni che segnarono l’inizio<br />

della sua carriera attraverso la collaborazione<br />

con la rivista cinematografica Triunfo.<br />

Angelucci avrebbe curato le pagine della<br />

rivista dedicate alle produzioni “kolossali” di<br />

Cinecittà e a quelle neorealiste.<br />

Nel 1950, grazie a questa collaborazione<br />

con Triunfo, Vincenzo Angelucci vince il<br />

Premio Italia per la miglior corrispondenza<br />

per l’estero.<br />

Questo riconoscimento facilitò la sua<br />

assunzione nell’ufficio stampa della casa di<br />

produzione cinematografica Lux Film, dal<br />

‘50 al ‘55. “Fu in quel periodo – ricorda<br />

Angelucci – che la Lux produsse Carosello<br />

Napoletano, il musical che lanciò Sophia<br />

Loren”.<br />

E i ricordi volano al Festival del Cinema a<br />

Cannes, dove il film veniva presentato per<br />

la prima volta. Fu un successo e Angelucci,<br />

unico rappresentante della Lux a Cannes,<br />

ebbe il compito e l’onore di accompagnare<br />

la Loren in quel tour francese fatto di<br />

applausi, feste, paparazzi e interviste.<br />

Nel ‘59 arriva la grande occasione: lo cerca<br />

la casa editrice Mondadori per affidargli la<br />

GILLO DORFLES<br />

“Che soddisfazione<br />

poter scrivere”<br />

di Eugenio Arcidiacono<br />

Pittore, critico d’arte e letterario, docente di<br />

Estetica nelle Università di Milano, Cagliari<br />

e Trieste, membro dell’American Society for<br />

Aestehtics e dell’Academia del Diseño di<br />

Città del Messico, Accademico onorario di<br />

Brera, Fellow della World Academy of Arts<br />

and Sciences, cittadino onorario di<br />

Paestum. Tutto questo, e molto altro, è Gillo<br />

Dorfles.<br />

Fra tante esperienze così ricche e intense,<br />

quella giornalistica potrebbe apparire<br />

marginale. Ma non è così. “Una delle cose<br />

che mi dà più soddisfazione – spiega – è<br />

scrivere. Il fatto di ricevere lettere da sconosciuti<br />

di ogni parte d’Italia che hanno letto i<br />

miei articoli è molto più appagante rispetto<br />

a tutte le altre forme più “ufficiali” di riconoscimento<br />

della mia attività”.<br />

Nato a Trieste nel 1910, Dorfles è pubblicista<br />

dal 1952, anche se gli inizi della sua attività<br />

giornalistica risalgono a molti anni<br />

prima: “Frequentavo il primo anno di università<br />

– racconta Dorfles – quando mi fu offerta<br />

la possibilità di collaborare ad Arti Plastiche,<br />

una rivista che usciva a Milano, diretta<br />

da Vincenzo Costantini, un noto antifascista.<br />

Ricordo bene quei tempi. Tutta la stampa<br />

era controllata: certe cose le potevi dire,<br />

altre no”.<br />

Sono, comunque, anni importanti per<br />

Dorfles: completa la sua formazione<br />

laureandosi in Medicina (specializzazione<br />

guida del settore<br />

per lo sviluppo <strong>dei</strong><br />

periodici. Il legame<br />

durerà fino al<br />

1985.<br />

Nei 26 anni trascorsi<br />

in Mondadori,<br />

ad Angelucci<br />

arrivano anche<br />

le opportunità di<br />

applicare le sue<br />

conoscenze nel<br />

settore delle pubbliche<br />

relazioni<br />

per lanciare sul mercato internazionale e<br />

soprattutto negli Stati Uniti la Mondadori<br />

International, di cui diventerà direttore nel<br />

1973.<br />

Da allora fino all’uscita dall’azienda di<br />

Segrate, Vincenzo Angelucci si divide tra il<br />

lavoro organizzativo in Italia e frequenti<br />

peregrinazioni all’estero, con l’obiettivo di<br />

incrementare la presenza editoriale di<br />

Mondadori. Nel 1985, alla sua uscita dall’azienda,<br />

si concentra nella produzione e<br />

nella distribuzione di quei libri illustrati che<br />

hanno fatto la sua fortuna presso la casa<br />

editrice. Sono gli anni della sua società<br />

Fenice 2000 e dell’esportazione dell’editoria<br />

italiana di libri di testo negli Usa e in<br />

Giappone.<br />

Nel 1993 Angelucci torna alla sua grande<br />

passione, una passione privata: quella legata<br />

alla storia dell’aviazione, grazie alla<br />

pubblicazione di alcuni testi basilari che<br />

ottengono un notevole successo di pubblico.<br />

Ma la sua parabola lavorativa non si ferma<br />

qui. Negli ultimi anni, Angelucci ha trovato<br />

anche il tempo di avviare e guidare alcune<br />

riviste di settore, come Skate’n’roll, Tutto<br />

Montain Bike e Snow Board Magazine.<br />

in Psichiatria),<br />

collabora con una<br />

delle riviste culturali<br />

più prestigiose<br />

di quel periodo, la<br />

Fiera Letteraria e,<br />

soprattutto, inizia<br />

ad esporre i suoi<br />

primi lavori pittorici.<br />

Finita la guerra,<br />

fonda insieme ad<br />

Atanasio Soldati,<br />

Gianni Monnet e<br />

Bruno Munari il<br />

MAC (Movimento Arte Concreta). Fino alla<br />

fine degli anni Cinquanta partecipa a tutte<br />

le mostre del gruppo in Italia e all’estero e<br />

cura la pubblicazione presso la libreria<br />

Salto di Milano <strong>dei</strong> Bollettini del MAC, vero<br />

e proprio punto di riferimento sulle ultime<br />

tendenze dell’arte non figurativa in Italia.<br />

Sempre in quegli anni Dorfles si trasferisce<br />

temporaneamente in Toscana, dove collabora<br />

per qualche anno con Il Mondo di<br />

Firenze, una rivista letteraria diretta da<br />

Alessandro Bonsanti che poteva contare<br />

sulla collaborazione di illustri letterati come<br />

Eugenio Montale.<br />

Ma il momento più importante della carriera<br />

giornalistica di Dorfles arriva nel 1951:<br />

insieme al filosofo Enzo Paci decide di dar<br />

vita alla rivista Aut Aut, destinata a svolgere<br />

un ruolo molto importante nel panorama<br />

culturale italiano. “Fu la prima rivista filosofi-<br />

10 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


ti e 12 pubblicisti<br />

ca – spiega il critico triestino – ad aprire un<br />

discorso più ampio sulle arti”. Come caporedattore<br />

di Aut Aut, per anni vede passare<br />

sotto i suoi occhi gli scritti <strong>dei</strong> più importanti<br />

autori e critici italiani e stranieri, da<br />

Thomas Mann a Ernst Gombrich.<br />

L’esperienza di caporedattore di Aut Aut<br />

(ma non il rapporto di collaborazione, che<br />

dura tuttora) si conclude sul finire degli Anni<br />

Cinquanta: dopo, gli impegni accademici lo<br />

costringono a diradare la produzione artistica<br />

e l’impegno giornalistico. Da segnalare<br />

comunque in questa fase della carriera di<br />

Dorfles, l’esperienza da vicedirettore della<br />

rivista di architettura Domus.<br />

Negli anni Sessanta, professore di estetica<br />

alla Statale di Milano, Dorfles vive il periodo<br />

della contestazione, schierato a fianco degli<br />

studenti nelle lotte per modernizzare il<br />

sistema scolastico, e inizia un’intensa collaborazione<br />

con il Corriere della Sera, per il<br />

quale continua a scrivere critiche d’arte e<br />

elzeviri su fatti di costume. “Ho conosciuto<br />

tutti i direttori del Corriere che si sono avvicendati<br />

in questi anni – spiega Dorfles – da<br />

Giovanni Spadolini, a Piero Ottone a Paolo<br />

Mieli. Con alcuni di loro, come Alberto<br />

Cavallari e Ugo Stille, che conoscevo e<br />

stimavo da molto tempo prima, il rapporto è<br />

stato di vera amicizia. Ricordo in particolare<br />

il periodo della direzione di Ottone, in cui i<br />

giornali si svecchiarono molto, aprendosi di<br />

più alla società civile. Certo, c’è ancora<br />

molto da migliorare: ci sono molte più notizie<br />

rispetto al passato, ma manca ad esempio<br />

uno spazio dedicato alla cultura para-<br />

ROLANDO (ROLLY) MARCHI<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

gonabile a quello di altri giornali europei<br />

come El Pais o la Frankfurter Allgemeine<br />

Zeitung. Ma, soprattutto, i giornali italiani<br />

non dovrebbero rincorrere la Tv, copiandone<br />

la superficialità”.<br />

A partire dagli anni Ottanta, Dorfles riprende<br />

a dipingere con assiduità (è del 1986<br />

una sua mostra personale allo Studio<br />

Marconi di Milano), senza tuttavia rallentare<br />

l’attività critica: tra gli ultimi saggi usciti, Il<br />

feticcio quotidiano (Feltrinelli, 1990), Fatti e<br />

fattoidi (Neri & Pozza, 1997), Conformisti<br />

(Donzelli, 1997).<br />

Tra tutti gli articoli scritti in quasi settant’anni<br />

di carriera, Dorfles ricorda con particolare<br />

piacere uno, pubblicato la scorsa estate<br />

dal “Corriere della sera”: “Sono venuto a<br />

sapere da voci che circolavano nell’ambiente<br />

letterario della storia di un amore clandestino<br />

fra Umberto Saba e un giovinetto,<br />

amore da cui il poeta trasse ispirazione per<br />

scrivere il romanzo Ernesto, uscito postumo.<br />

Ho fatto delle ricerche e poi ho scritto<br />

un articolo che ha suscitato un vivace dibattito”.<br />

A 92 anni, Dorfles ha saputo conservare<br />

tutte le doti indispensabili per ogni buon<br />

giornalista: curiosità, desiderio di andare a<br />

fondo alle cose, prontezza di spirito. Con la<br />

coda dell’occhio nota sul taccuino un<br />

appunto che lo riguarda: immediatamente<br />

interrompe il discorso e chiede informazioni.<br />

Poi riprende: “Desidera un cioccolatino?”.<br />

No, grazie professore. “Bravo. Sa, la<br />

invidio moltissimo. Io non ho mai saputo<br />

rinunciarvi”.<br />

Il “cow-boy” delle nevi,<br />

testimone di 21 Olimpiadi<br />

di Francesco Polizzi<br />

Non solo sci. La multiforme passione sportiva<br />

di Rolando Marchi - ribattezzato Rolly<br />

da un gruppo di sciatrici universitarie toscane<br />

che egli allenava sul Monte Bondone (il<br />

diminutivo non gli piaceva, gli amici trentini<br />

ironizzavano, ma poi ha prevalso) - ha<br />

scandito anche tutta la sua carriera giornalistica.<br />

Nato a Lavis, vicino Trento, nel 1921,<br />

si dedica inizialmente al ciclismo per poi<br />

passare all’atletica, allo sci e all’alpinismo.<br />

Con lo scoppio della guerra Marchi viene<br />

arruolato nei Granatieri di Sardegna, con i<br />

quali combatterà in Africa e vi sarà fatto<br />

prigioniero.<br />

Queste esperienze e il ritorno a Trento con<br />

le truppe Alleate verranno raccontate<br />

nell’ultimo romanzo Il silenzio delle cicale,<br />

recensito in modo lusinghiero, fra gli altri,<br />

anche da Indro Montanelli, che ha confessato:<br />

“Mi sono coricato e ho preso in mano<br />

il libro per vedere come cominciava e poi<br />

non l’ho più lasciato fino alle tre di notte”.<br />

Instancabile organizzatore, Rolly Marchi<br />

aveva fondato, ancor prima della guerra, la<br />

sua prima società sportiva, il Gruppo Sportivo<br />

Cesare Battisti, che tutt’ora agisce<br />

bene dopo essersi abbinato all’Associazione<br />

Trentina Atletica.<br />

Da questo gruppo nascerà nel 1950 la 3-<br />

Tre, oggi famosa gara di coppa del mondo<br />

di sci di Madonna di Campiglio, che allora<br />

si disputò intorno a Trento. Partecipa personalmente<br />

a molte gare, vincendone alcune<br />

come il Trofeo Dal Lago e una discesa della<br />

Raganella.<br />

Nel frattempo inizia la carriera giornalistica<br />

collaborando con Liberazione e con L’Adige.<br />

Durante gli anni universitari arriverà alla<br />

Gazzetta dello Sport tramite Gianni Brera.<br />

Era il 1951 e Brera aveva letto per caso un<br />

suo articolo spiritoso pubblicato sul giornale<br />

degli sportivi universitari e gli propose di<br />

seguire una gara di sci per la Gazzetta. Il<br />

pezzo piacque.<br />

“Avevo detto agli amici dell’articolo, ma non<br />

trovandolo nelle cronache interne iniziarono<br />

a ironizzare. Poi qualcuno si accorse che<br />

lo avevano messo in prima pagina”. Un<br />

anno dopo, nel 1952, la Gazzetta lo inviò<br />

alle Olimpiadi invernali di Oslo e da allora<br />

Marchi ha instaurato un rapporto privilegiato<br />

con i Giochi. Prima come tifoso e poi<br />

come cronista, dall’edizione invernale del<br />

‘48 non se ne è persa una. Da quelli<br />

invernali di Squaw Valley nel 1960, per<br />

diversi anni fu ribattezzato “il cow-boy<br />

delle nevi”, per il cappellone nero regalatogli<br />

da Walt Disney. Nel ‘94, a Lillehammer, il<br />

Cio fece un’indagine e premiò Marchi come<br />

il più longevo cronista olimpico del mondo.<br />

Tra Giochi estivi e invernali ne ha viste e<br />

raccontate ventuno edizioni (“non è un<br />

vanto, si tratta di anagrafe e di salute”,<br />

commentò Montanelli).<br />

Nel 1956 lascia la Gazzetta ed entra, insieme<br />

a Brera, nella avventura del nuovo<br />

quotidiano il Giorno e in quello stesso anno<br />

è speaker ufficiale <strong>dei</strong> giochi olimpici di<br />

Cortina d’Ampezzo. In seguito inizierà a<br />

scrivere per il Giornale, dove oggi collabora<br />

alla pagina culturale. Da quattro anni inoltre<br />

pubblica una apprezzata rivista semestrale,<br />

La buona neve, mentre negli ultimi<br />

tempi è romanticamente tornato a scrivere<br />

sulla “rosea” dove prese le mosse la sua<br />

carriera.<br />

Per molti il suo nome rimane legato alla<br />

sua creatura più famosa: il Trofeo Topolino,<br />

inventato, insieme a Mike Buongiorno, nel<br />

1958. Il Trofeo divenne in pochi anni la gara<br />

per ragazzi più importante del mondo e<br />

nelle attuali edizioni conta la partecipazione<br />

di giovani sciatori provenienti da quaranta<br />

diverse nazioni.<br />

Dal “Topolino” e da altre analoghe competizioni<br />

create da Marchi vennero scoperti e<br />

lanciati praticamente tutti i più grandi nomi<br />

dello sci italiano, da Thoeni a Tomba<br />

(scoperto al Gran Premio Saette), passando<br />

per Kristian Ghedina e Deborah<br />

Compagnoni.<br />

Nel 1959 Marchi promuoveva la prima gara<br />

sul KL, il chilometro lanciato, sul Monte<br />

Bianco a Courmayeur, manifestazione poi<br />

diffusasi in tutto il mondo. Anche lo slalom<br />

parallelo di Natale è una sua creatura,<br />

prima edizione al Passo del Tonale nel<br />

1974.<br />

Oltre all’impegno nello sci, l’instancabile<br />

Marchi, memore della giovanile passione<br />

ciclistica, costituì nel 1955 il Gruppo Spor-<br />

tivo Chlorodont. Due anni dopo uno <strong>dei</strong><br />

suoi pupilli, Gastone Nencini, vinse il Giro<br />

d’Italia.<br />

In altro campo, sua anche l’idea della sfida<br />

della Coppa America di vela. Il progetto fu<br />

presentato da Marchi all’avvocato Gianni<br />

Agnelli, che ne fu entusiasta concedendogli<br />

il primo finanziamento di 600 milioni<br />

di lire.<br />

L’ultima sua iniziativa, “Milano montagna<br />

2000”, l’idea di celebrare il mito e la<br />

storia <strong>dei</strong> monti a Milano, in concomitanza<br />

con l’arrivo del terzo millennio attraverso<br />

due mostre di fotografia e oggettistica<br />

e di pittura, ha radunato a Milano i<br />

100 protagonisti, uomini e donne, che più<br />

di altri hanno inciso sulla storia <strong>dei</strong> monti di<br />

questo secolo alpinisti, sciatori, esploratori<br />

giunti da tutti i continenti.<br />

GIAN LUIGI FALABRINO<br />

Una tormentata parabola<br />

tra coerenza e dispersione<br />

di Enrica Piovan<br />

Coerenza e dispersione. In questo binomio<br />

sta Gian Luigi Falabrino: giornalista per<br />

passione che, per una serie di eventi, si è<br />

trovato a fare anche lo storico, il poeta, l’uomo<br />

d’azienda, il professore, il pubblicitario.<br />

Ne ha fatte di esperienze, «ma – confessa –<br />

ho il rimorso di non aver avuto coraggio a<br />

27 anni. Avevo delle strane modestie, di cui<br />

molto mi pentii». Ben perdonabili, visto che<br />

dietro si celava un sentimento più che<br />

rispettabile: un forte senso del dovere,<br />

soprattutto nei confronti della famiglia.<br />

Falabrino si trova presto a dover fare i conti<br />

con la realtà: quella dura e faticosa del<br />

fascismo, che a Trieste, dove vive la sua<br />

giovinezza, coincide con un periodo di<br />

moralismo molto forte.<br />

Nel capoluogo giuliano egli arriva con la<br />

famiglia a nove anni, per restarvi fino a<br />

venti. «È questo il periodo formativo per<br />

eccellenza, per me doppiamente formativo,<br />

perché coincise con la guerra e il dopoguerra,<br />

con il Litorale Adriatico <strong>dei</strong> tedeschi, con<br />

l’occupazione jugoslava e la questione<br />

nazionale.<br />

Posso dirmi triestino come Stendhal si è<br />

sempre dichiarato milanese».<br />

Ed è in questi anni che Falabrino forma<br />

anche la sua coscienza critica, cresciuta e<br />

allevata alle cure di importanti maestri: oltre<br />

agli insegnanti, la madre, da cui riceve una<br />

prima educazione politica, e soprattutto il<br />

padre, il “babbo” (come si faceva chiamare,<br />

lui che aveva vissuto a Pisa da giovane)<br />

amante di libri di storia e uomo dalla concezione<br />

molto rigida della vita.<br />

Ed è grazie al padre che Falabrino comincia<br />

giovanissimo la sua attività di giornalista.<br />

Con un articolo sulla decadenza del<br />

porto di Genova egli conquista la stima del<br />

direttore de L’avvisatore marittimo, un amico<br />

del padre, che lo vuole come collaboratore.<br />

Sempre l’ambiente ligure ritorna anche<br />

nelle successive collaborazioni a Il Piccolo<br />

di Trieste.<br />

A Genova, dove si trasferisce nel 1950, il<br />

processo si inverte: Falabrino si occupa di<br />

storia triestina e la scrittura e lo studio<br />

diventano un tramite per tenere unite idealmente<br />

le sue due patrie. Ma anche una<br />

sorta di rifugio ideale dove nascondersi nei<br />

momenti di maggiore debolezza. In una<br />

Genova ostile a tutto ciò che è oltre Appennino,<br />

Falabrino studia e scrive di Istria,<br />

Austria, Jugoslavia.<br />

Tanto si appassiona a questi temi, che<br />

vince nel ‘54 un concorso dell’Istituto<br />

Geografico Militare su “Le possibili soluzioni<br />

del Territorio Libero di Trieste”. Le sue<br />

collaborazioni appaiono prima sul Corriere<br />

mercantile e dal ‘54 sul Corriere della Liguria,<br />

un giornale che vivacchia malamente e<br />

dove Falabrino si trova ad essere una delle<br />

tante vittime del lavoro nero.<br />

Assunto come redattore, si occupa di<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Pubblicisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

cronaca bianca<br />

e lavora con<br />

impegno, nell’attesa<br />

del praticantato:<br />

che,<br />

dopo tre anni, gli<br />

sfuma davanti<br />

agli occhi, per<br />

l’improvviso fallimento<br />

del giornale.<br />

A 26 anni non è<br />

professore e<br />

nemmeno giornalista.<br />

Ha in mano una laurea in filosofia<br />

teoretica su Croce, e sulle spalle un prezioso<br />

patrimonio culturale fatto di studi storici<br />

e di sperimentazioni poetiche.<br />

Ma non basta a difenderlo da una profonda<br />

crisi depressiva che lo travolge proprio in<br />

questi anni.<br />

Non l’aiutano a superare questi momenti il<br />

senso di scissione tra due patrie così diverse<br />

e lontane. Inevitabile l’approdo ad un<br />

foglio come L’Emigrante, che dirige dal ‘55<br />

al ‘68, anni in cui egli approfondisce questa<br />

sua sensibilità per le sofferenze e le difficoltà<br />

<strong>dei</strong> più deboli.<br />

Alla base del suo impegno sta il tentativo di<br />

costruire «una cultura nel senso di un ritorno<br />

all’intelligenza, al cuore, alla ragione e<br />

all’umanità»: questo è anche il motivo<br />

conduttore della sua esperienza di giornalismo<br />

culturale con Diogene, rivista bimestrale<br />

fondata nel ‘59 da Falabrino e Adriano<br />

Guerrini. E sulla stessa linea si inserisce<br />

anche la collaborazione a Il Mondo di<br />

Pannunzio.<br />

In quegli anni si aggiungono le nuove esperienze<br />

in campo aziendale: l’occasione arriva<br />

proprio pochi giorni dopo il fallimento del<br />

Corriere della Liguria. La Shell lo chiama nel<br />

suo Ufficio editoriale per tre anni: un lavoro<br />

faticoso, al seguito di un «borbonico<br />

tremendo» - come lui stesso definisce il suo<br />

capo -, ma anche un lavoro prezioso,<br />

perché è qui che egli impara le tecniche di<br />

impaginazione e di grafica.<br />

È questo il momento delle scelte, quello che<br />

Falabrino lamenta di non aver fatto prima: il<br />

grande salto dalla città natale alla città-mito,<br />

quella del Corriere <strong>dei</strong> piccoli.<br />

Da Genova a Milano c’è un abisso. Falabrino<br />

arriva in Piazza Affari come copywriter e<br />

di lì, per dieci anni, passerà dalle agenzie<br />

pubblicitarie al ruolo di account agent. Un<br />

settore che lo vede protagonista di passi<br />

importanti: come direttore dell’Associazione<br />

delle Industrie Committenti, Falabrino dà<br />

vita, insieme al presidente Gian Sandro<br />

Bassetti, alle due riforme del Codice di<br />

autodisciplina pubblicitaria e fonda Pubblicità<br />

Progresso. Nell’88 entra, uno <strong>dei</strong> pochi<br />

non giuristi, a far parte del Giurì dell’autodisciplina<br />

pubblicitaria.<br />

L’attività giornalistica vera e propria prosegue<br />

con le collaborazioni a Critica sociale e<br />

al mensile Pietre. E soprattutto, con la<br />

11


All’assemblea inco<br />

fondazione de Il Mondo nuovo nel ‘94, un<br />

interessante, ma sfortunato – è durato appena<br />

quindici numeri – mensile di idee,<br />

analisi critica e stimolo.<br />

Da Trieste a Genova e Milano, tra poesia,<br />

storia e pubblicità: un viaggio lungo una<br />

vita, condotto con precisione e accuratez-<br />

RENATO FERRARI<br />

Mezzo secolo<br />

dedicato allo sport<br />

di Sabrina Provenzani<br />

Una passione, lo sport, l’ha guidato verso<br />

l’altra, il giornalismo: così Renato Ferrari,<br />

classe 1927, è diventato pubblicista. Nato<br />

a Gorla Precotto, giovanissimo è ammesso<br />

al 3° corso di avviamento alla Scuola del<br />

Libro e diventa tipografo.<br />

Lavora alla Same di piazza Cavour in anni<br />

in cui i giornalisti frequentano la tipografia<br />

quanto la strada e la redazione. I caratteri<br />

che maneggia ogni giorno non sono per lui<br />

muti pezzi di piombo: comincia a scrivere<br />

come corrispondente da Milano per Il Ring,<br />

un settimanale di pugilato diretto da Decio<br />

Lucarini.<br />

È il 1948 e la noble art è, con il ciclismo,<br />

fra le discipline più seguite in un’Italia che<br />

ancora si identifica con chi mastica fatica e<br />

resta in piedi sotto i colpi più duri.<br />

Solo due anni più tardi Ferrari inizia una<br />

lunga collaborazione con l’Avanti (ed. Altitalia),<br />

e nel 1951 approda a Sport Italia,<br />

sempre come collaboratore, ma con<br />

competenze estese a tutti gli sport.<br />

È solo nel 1952, dopo diversi anni di attività,<br />

che prende la tessera di pubblicista.<br />

Tessera numero 001570, datata primo<br />

febbraio: alla consegna della medaglia che<br />

GINO CESARETTI<br />

Tra letteratura<br />

e scienza<br />

di Alessandro Ursic<br />

“Cinquant’anni di carriera, ma pensa un po’.<br />

E dire che dopo qualche mese di praticantato<br />

mi ero già rotto… d’altronde, ero un tipo<br />

piuttosto irrequieto”. Gino Cesaretti riassume<br />

con questa battuta la sua vita nel giornalismo,<br />

che l’ha visto spaziare in vari<br />

campi.<br />

Nato a Lucca nel 1917, trova la seconda<br />

guerra mondiale tra sé e il suo futuro.<br />

Durante il conflitto, cui prese parte come<br />

pilota, pubblica il suo primo racconto sulla<br />

rivista La Ruota di Mario Alicata. A guerra<br />

finita riprende gli studi. Si laurea in Scienze<br />

Agrarie, ma il cuore batte per il giornalismo<br />

e la letteratura. Decide allora per il grande<br />

salto: lascia la sua Lucca e si trasferisce a<br />

Milano. Fa il praticante per quattro mesi all’<br />

Avanti!, poi lascia il foglio socialista perché<br />

“non mi andava di scrivere quello che mi<br />

ordinavano”.<br />

Comincia così la sua carriera di pubblicista,<br />

collaborando “con talmente tanti giornali e<br />

riviste che neanche me le ricordo”. Scrive<br />

per l’Europeo di Arrigo Benedetti, per il<br />

Risorgimento liberale e il Mondo di Mario<br />

Pannunzio, per Milano Sera, la Nazione, il<br />

Giorno, Grazia, la rivista Le Arti. “Quella<br />

volta si chiamavano inchieste, ora servizi”,<br />

sorride.<br />

za, curiosità e passione per il proprio<br />

mestiere. Coerente e dispersivo, Falabrino<br />

lamenta di «non aver realizzato quasi nulla<br />

di profondo e duraturo».<br />

Cinque volumi e un infinità di saggi su letteratura,<br />

storia, giornalismo e pubblicità: forse<br />

è qualcosa di più di un “quasi nulla”.<br />

riconosce tanto<br />

lavoro saranno<br />

quasi cinquant’anni<br />

esatti.<br />

Nel 1957 inizia la<br />

collaborazione a Il Campione: ancora un<br />

settimanale, dove però Ferrari alle corrispondenze<br />

sportive affianca articoli di<br />

varietà. A metà degli Anni Sessanta lavora<br />

anche per il Corriere lombardo, poi per la<br />

Gazzetta del Sud. Scrive sempre di sport,<br />

suo interesse predominante anche se non<br />

esclusivo e specchio concreto <strong>dei</strong> cambiamenti<br />

culturali e sociali che attraversano il<br />

Paese.<br />

Gli anni Settanta, dal punto di vista giornalistico,<br />

sono rivoluzionati dal proliferare in<br />

tutta Italia delle radio private: Ferrari si fa<br />

attrarre del nuovo “linguaggio” e approda a<br />

Radio Vimercate, dove dal 1978 all’80 è<br />

direttore responsabile del notiziario. Ma<br />

l’esperienza professionale forse più totalizzante<br />

e significativa, che lo consegna alla<br />

memoria di tanti lettori di cronache sportive,<br />

arriva qualche anno dopo, nel 1983,<br />

con la direzione della rivista specializzata<br />

Forza Milan.<br />

A Milano, l’ex direttore della testata<br />

dell’A.C. Milan se lo ricordano tutti, persino<br />

i ragazzini. Persino gli interisti.<br />

Agli articoli, nel<br />

frattempo, alterna<br />

la letteratura. Il<br />

suo primo libro, I<br />

pipistrelli (1957),<br />

attira l’attenzione<br />

di Eugenio Montale, che gli dedica un pezzo<br />

sul Corriere della Sera. Tra il 1960 e il 1962<br />

pubblica un altro romanzo, Il sole scoppia,<br />

ed una raccolta di racconti, Il violino del pilota.<br />

Sono storie di aviatori in guerra, di una<br />

generazione di sbandati dopo l’8 settembre<br />

1943. Esperienze spesso personali, filtrate<br />

dalla prosa.<br />

Agli inizi degli anni Sessanta arriva la grande<br />

occasione, l’assunzione alla Mondadori:<br />

“Una scelta di vita – dice – capii che le attività<br />

editoriali erano la mia sede naturale. E<br />

poi – ride – era il mio primo stipendio fisso”.<br />

Dopo aver partecipato all’ideazione e al<br />

progetto di un’enciclopedia generale con<br />

Remo Cantoni, mai realizzata, la sua preparazione<br />

scientifica lo aiuta: diventa caporedattore<br />

del nuovo settore editoriale Scienza<br />

e Tecnica. Nei vent’anni sotto la sua supervisione<br />

nascono i quindici volumi e le sette<br />

edizioni dell’Enciclopedia della Scienza e<br />

della Tecnica, più altri lavori tra cui Scienziati<br />

e Tecnologi – dalle origini al 1900,<br />

Scienzati e Tecnologi – contemporanei, e<br />

un’altra Enciclopedia della Scienza in quattro<br />

volumi.<br />

PASQUALE MAGNI<br />

“Il giornalismo<br />

tra fede e scienza”<br />

di Andrea Senesi<br />

Ha la lucidità intellettuale di un ventenne e<br />

il portamento fisico di un signore poco più<br />

che attempato. In realtà, padre Pasquale<br />

Magni è un uomo di 90 anni di cui è straordinariamente<br />

difficile raccontare in poche<br />

righe la lunghissima vita professionale: religioso<br />

della Compagnia di San Paolo,<br />

epistemologo di fama internazionale, dotato<br />

di straordinarie doti di intuizione scientifica,<br />

collaboratore, in veste di divulgatore<br />

scientifico, dell’Osservatore Romano, conferenziere<br />

prestigioso (“Ho partecipato a<br />

conferenze in ogni angolo del mondo”,<br />

racconta con orgoglio), autore di una quindicina<br />

di pubblicazioni a carattere scientifico<br />

e religioso (tra cui Homo solaris una<br />

summa del suo pensiero teologico-metafisico),<br />

presidente dell’associazione culturale<br />

“Akropolis”, vice-presidente del Centro<br />

Internazionale Comparazione e Sintesi,<br />

fondatore di Studium Christi, Magni è<br />

pubblicista dal 1952, da quando, cioè, ha<br />

fondato e diretto la rassegna “di pensiero e<br />

di vita” Il Fuoco, di cui è tuttora lucidissimo<br />

e attento direttore.<br />

La rivista (ora a cadenza semestrale) si<br />

occupa di teologia, epistemologia, filosofia<br />

e cultura.<br />

E, in effetti, la personalità e la formazione<br />

di padre Magni riflettono bene la sua ansia<br />

SANDRA SOLLAZZI<br />

“Fu Giovanni Mosca<br />

che mi esortò a scrivere”<br />

di Lara Zani<br />

Ai suoi studenti che le chiedevano di<br />

questo mestiere, delle soddisfazioni e delle<br />

difficoltà che nasconde, ha sempre risposto<br />

con entusiasmo, perché – spiega –<br />

“questo lavoro è davvero quanto di meglio<br />

si possa fare”. È una passione velata di<br />

rimpianti, quella di Sandra Sollazzi,<br />

cinquant’anni di attività giornalistica vissuti,<br />

suo malgrado, come un itinerario parallelo<br />

e secondario che corre accanto al viale<br />

principale dell’esistenza. Per vivere ha fatto<br />

l’insegnante di lettere e mille altri mestieri.<br />

“Ai miei tempi – racconta con un po’ di<br />

amarezza – quella del giornalista era una<br />

professione che non garantiva di che vivere.<br />

Soprattutto fra le donne, a poterselo<br />

permettere erano solo quelle che avevano<br />

alle spalle una situazione economica abbastanza<br />

solida”.<br />

Ma anche se i cinquant’anni di iscrizione<br />

all’albo non identificano mezzo secolo di<br />

lavoro giornalistico a tempo pieno, il<br />

legame di Sandra Sollazzi con la carta<br />

stampata è un filo che non si spezza<br />

mai. Dagli esordi sulle pagine del<br />

Corriere <strong>dei</strong> Piccoli al battesimo e alla<br />

direzione della rivista Itinerari pavesi.<br />

“Fu Giovanni Mosca – ricorda – a esortarmi<br />

a scrivere, quando frequentavo il<br />

liceo. Lo conobbi durante la guerra, e<br />

iniziai allora a collaborare con il Corriere<br />

<strong>dei</strong> Piccoli: prima con alcuni racconti, poi<br />

con la traduzione di un romanzo di Verne”.<br />

Gli anni successivi sono quelli della collaborazione<br />

con Il Tempo di Milano, del provvisorio<br />

rientro nella natia Pavia per<br />

di eclettismo culturale. “In tutta la mia vita<br />

ho tentato di tenere insieme filosofia, teologia<br />

e scienza.<br />

Mi sono occupato indifferentemente di<br />

teologia e di epistemologia, di cristologia e<br />

di matematica, di escatologia e di fisica. Il<br />

Fuoco nasce proprio da questo sforzo culturale,<br />

da questa volontà unificatrice”.<br />

Quest’uomo, che all’Università di San<br />

Tommaso ha avuto come compagno di<br />

studi nientemeno che Karol Woytila, è un<br />

vulcano intellettuale in perenne eruzione:<br />

“Dopo il Concilio Vaticano II, in seguito al<br />

quale è stata permessa una maggiore<br />

libertà di ricerca e di studio ai rappresentanti<br />

ecclesiastici, mi sono spinto anche<br />

oltre, interessandomi a nuovi fenomeni<br />

quali la parapsicologia, la medianità e la<br />

metafonia”.<br />

Padre Magni è un rappresentante di un<br />

giornalismo di nicchia, molto specifico e<br />

settoriale.<br />

Eppure la sua ansia di conoscenza, il suo<br />

bisogno di verità, la sua costante ricerca di<br />

approfondimento fanno (un po’ mestamente)<br />

pensare al fatto che di giornalisti come<br />

lui ce ne vorrebbero ben di più.<br />

“Sono venuto in Terra a portare fuoco e<br />

ardo dal desiderio che esso divampi”, cita<br />

dal Vangelo.<br />

Non è un caso che don Pasquale scelga<br />

proprio questo passo di Luca mentre prendiamo<br />

commiato da lui.<br />

frequentare l’università, del trasferimento a<br />

Roma e dell’iscrizione all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

Per una decina d’anni la vita di Sandra<br />

Sollazzi si snoda tra le cronache romane<br />

– con la collaborazione con Il Tempo<br />

di Roma e il Messaggero Turistico –<br />

e una serie di altri impegni, tra i quali<br />

quello di direttrice di una casa discografica.<br />

Poi gravi motivi familiari la<br />

riportano nella sua Pavia, dove prepara il<br />

concorso per l’insegnamento. “Malauguratamente<br />

lo vinsi – racconta – e le condizioni<br />

economiche della mia famiglia mi<br />

costrinsero ad accettare la cattedra”.<br />

L’attività giornalistica si dirada, ma non si<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Pubblicisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

12 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


ntro con i giovani<br />

interrompe mai. Prosegue la collaborazione<br />

con il Corriere <strong>dei</strong> Piccoli e con La<br />

Provincia pavese, fonda e dirige per un<br />

anno il periodico Itinerari pavesi e, tra un<br />

impegno e l’altro, trova il tempo di di dirigere<br />

le “cinquanta ore”, gloriosi antenati di<br />

OLIVIERO SANDRINI<br />

“Raccontare il mondo<br />

attraverso le immagini”<br />

di Francesco Polizzi<br />

Si definisce uno “scrivano anomalo”, Oliviero<br />

Sandrini, classe 1929. “L’apporto alla<br />

carta stampata è stato minoritario, rispetto<br />

a tutto il resto della mia attività”. Ma nonostante<br />

l’incostante rapporto con il giornalismo<br />

cartaceo, egli ha sempre considerato<br />

il “raccontare il mondo” la sua professione,<br />

con la differenza che il mezzo non sono<br />

state le parole, ma l’immagine.<br />

Dal paese natio di Legnago (VR) Sandrini<br />

si trasferisce a Milano nel ‘48, appena<br />

terminati gli studi liceali. Per un “provinciale”<br />

capitato nella metropoli negli anni della<br />

ricostruzione “è un momento meraviglioso,<br />

pieno di opportunità, ma anche difficile;<br />

c’era il problema di combinare insieme il<br />

pranzo con la cena”.<br />

Inizia a stendere i lemmi per l’Enciclopedia<br />

<strong>dei</strong> Ragazzi e a scrivere la riduzione per<br />

ragazzi di grandi romanzi. “Dopo il periodo<br />

delle collaborazioni con i rotocalchi, in<br />

particolare con Visto, divenni finalmente<br />

redattore fisso del Ragguaglio librario,<br />

occupandomi sostanzialmente <strong>dei</strong> libri sul<br />

cinema”.<br />

Fu in quelle circostanze che gli capitò di<br />

dover intervistare Ermanno Olmi. L’incontro<br />

con il regista fu decisivo nella svolta professionale<br />

verso la regia. Olmi lo volle come<br />

aiuto-regista per il suo primo film (Il tempo<br />

si è fermato, del 1959). Negli anni Sessanta<br />

e Settanta, dopo aver imparato l’arte<br />

registica a bottega, Sandrini lavora presso<br />

la sezione cinema della Società Montedison,<br />

firmando parecchi documentari.<br />

Cominciarono ad arrivare le prime soddisfazioni<br />

con premi internazionali (Rassegna<br />

Internazionale di Salerno, Festival di<br />

Monza del 1964). Nel ‘65 partecipa alla<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Mostra Internazionale<br />

del Cinema<br />

di Venezia<br />

con un cortometraggio.<br />

L’attività<br />

documentaristica<br />

è affiancata dai<br />

film pubblicitari. I<br />

“Caroselli” sono,<br />

in ogni senso, il<br />

pane quotidiano.<br />

Inizia nel 1970 la<br />

collaborazione<br />

con il settore <strong>dei</strong><br />

programmi culturali della Rai, a volte anche<br />

come curatore e autore di testi, tra le quali<br />

Piaceri (con Giovanni Mariotti) sulla gastronomia<br />

italiana, Inventario, serie di documentari<br />

che rivisita i grandi complessi<br />

monumentali italiani e numerose edizioni<br />

del glorioso Tuttolibri.<br />

“Pubblicista anomalo? In effetti non ho mai<br />

pensato di diventare professionista (anche<br />

se mi era stato suggerito per esigenze di<br />

carriera). Ma probabilmente una scelta<br />

diversa mi avrebbe portato ad occuparmi<br />

soprattutto di cronaca, e comunque lontano<br />

dai miei effettivi interessi”.<br />

Le sue produzioni in Rai tuttavia seguono<br />

spesso il modello dell’inchiesta giornalistica:<br />

“Di chi è la salute”, una serie-inchiesta<br />

sulla sanità in Italia e i suoi vari problemi,<br />

“Managers” con Nicola Caracciolo, dedicata<br />

ai grandi industriali italiani e la serie<br />

“Dietro l’obiettivo” sui principali fotografi<br />

italiani.<br />

Negli ultimi anni Sandrini cura la regia (sia<br />

in studio che nei servizi esterni) di diverse<br />

trasmissioni, tra cui quelle di Piero Angela,<br />

Enzo Biagi, Michele Santoro e Giulio<br />

Macchi e le riprese di concerti, spettacoli e<br />

manifestazioni.<br />

GUIDO WEILLER<br />

Ingegnere per vocazione<br />

cronista per caso<br />

di Raffaele Musumeci<br />

“Sono diventato giornalista per caso: mi trovavo<br />

a Milano, pochi giorni dopo la Liberazione,<br />

e stavo osservando l’ingresso in città <strong>dei</strong><br />

bersaglieri quando un giornalista dell’Unità mi<br />

chiese se sapevo scrivere. Io risposi di sì, e<br />

così fui preso come redattore di quel giornale”.<br />

Guido Weiller racconta in questo modo<br />

l’esordio della sua carriera, lunga e ricca di<br />

soddisfazioni: “Conoscevo un po’ le lingue, e<br />

così mi ritrovai come redattore degli Esteri<br />

dell’Unità il giorno in cui gli americani sganciarono<br />

la bomba atomica su Hiroshima…”<br />

Weiller lavora all’Unità come redattore per<br />

due anni. Poi si laurea in ingegneria, e da quel<br />

momento, racconta, “ho fatto l’ingegnere per<br />

l’80% del mio tempo, prendendomi anche in<br />

quel campo molte soddisfazioni: ad esempio,<br />

ho messo in servizio la linea A della Metropolitana<br />

di Roma.”<br />

Ma l’attività di scrittore di Weiller non si ferma,<br />

né si limita al solo giornalismo: “Ho collaborato<br />

con le enciclopedie Rizzoli e De Agostini,<br />

scrivendo, per quest’ultima un aggiornamento<br />

delle ‘voci’ del settore automobilistico. Collaboro<br />

anche col periodico degli ingegneri. Ho<br />

scritto pubblicazioni sul ‘fai da te’, una Storia<br />

quelle che ora sono le scuole serali per i<br />

lavoratori. Oggi, sia pure a ritmi più pacati,<br />

Sandra Sollazzi non ha smesso di scrivere<br />

e lavora alla pubblicazione di alcuni<br />

opuscoli di storia dell’arte dedicati ad autori<br />

contemporanei.<br />

dell’Aeronautica,<br />

ed anche una<br />

raccolta di memorie<br />

che dovrebbe<br />

uscire nel prossimo<br />

mese di aprile”.<br />

Nato a Milano<br />

nell’agosto del ‘<strong>25</strong>,<br />

ebreo e partigiano,<br />

Guido Weiller ha<br />

nel suo ricco<br />

carniere anche<br />

un’interessante<br />

raccolta di scritti<br />

storici: “Ho curato un numero unico sulla storia<br />

degli ebrei italiani, ed un’altra pubblicazione<br />

sugli ebrei in Lombardia”. Poi, come ingegnere<br />

prima ancora che come ebreo, sta scrivendo<br />

per il Calendario del Popolo (“Un mensile<br />

– lo descrive Weiller – nato nel ‘49-’50 che,<br />

stranamente, viaggia ancora”) un grosso articolo<br />

sull’elaborazione delle tecniche di morte<br />

programmate dai nazisti: “Dal punto di vista<br />

ingegneristico – spiega ancora Guido Weiller<br />

– i campi di concentramento di Auschwitz e<br />

Birkenau erano <strong>dei</strong> veri e propri capolavori,<br />

tanto che molti lager furono chiusi perché per<br />

il progetto di sterminio <strong>dei</strong> nazisti quei due<br />

campi erano sufficienti. Nessuno sa com’era-<br />

no fatti esattamente i forni crematori e le<br />

camere a gas, ma erano realizzati con criteri<br />

così scientifici da permettere ai nazisti di<br />

ottenere, purtroppo, i risultati che si<br />

erano prefissi”.<br />

L’attività giornalistica di Weiller, nonostante<br />

i cinquant’anni di carriera,<br />

non accenna a fermarsi: “Una volta<br />

finito di fare l’ingegnere, scrivere è<br />

stato, per me, un modo per rimanere<br />

in contatto con la realtà –<br />

spiega. E tra l’altro, la mia competenza<br />

come ingegnere mi permette<br />

di potere scrivere con precisione<br />

su alcuni argomenti di scottante<br />

attualità: inquinamento, trasporto su<br />

gomma, energia…Tutte realtà collegate<br />

attraverso un giro piuttosto<br />

complicato…”<br />

E, da ingegnere, non mancano le<br />

bacchettate per Milano: “è assurdo che<br />

un’opera come il passante ferroviario milanese<br />

non sia ancora stato completato, dopo tanti<br />

anni che è stato messo in cantiere”.<br />

PIERLUIGI ZAMPETTI<br />

Il giurista che Montanelli<br />

arruolò nella sua squadra<br />

di Eugenio Arcidiacono<br />

Pierluigi Zampetti appartiene a quella<br />

schiera di studiosi che considera i giornali<br />

uno strumento insostituibile per far uscire il<br />

dibattito culturale dalle aule accademiche<br />

e portarlo nel vivo della società civile. “Per<br />

me i giornali sono sempre stati un formidabile<br />

veicolo per diffondere le mie idee presso<br />

un pubblico più vasto”.<br />

Nato a Uboldo (Va) nel 1927, Zampetti,<br />

dopo la laurea in Giurisprudenza nel 1948,<br />

inizia a collaborare con il Popolo di Roma,<br />

organo ufficiale della Dc, e con il quotidiano<br />

La Prealpina, oltre che con varie riviste<br />

giuridiche, come il mensile Prospettive nel<br />

mondo, che gli consentono di approfondire<br />

i suoi studi. “Io sono un teorico della partecipazione<br />

– spiega – sostengo cioè la<br />

necessità di promuovere delle forme di<br />

partecipazione dal basso, in modo da<br />

costruire un modello di società alternativo<br />

a quello individualistico e consumistico<br />

predominante”.<br />

L’esperienza più importante della carriera<br />

giornalistica di Zampetti arriva negli anni<br />

Settanta, quando i suoi articoli catturano<br />

l’attenzione di un lettore molto particolare:<br />

Indro Montanelli. Il grande inviato del<br />

Corriere della Sera, dopo aver rotto con il<br />

quotidiano di via Solferino, era alla ricerca<br />

di firme autorevoli del mondo culturale per<br />

dare lustro alla sua nuova creatura, il Giornale<br />

nuovo. “Fu Federico Orlando a contat-<br />

21<br />

Marzo <strong>2002</strong><br />

Pubblicisti<br />

Medaglia<br />

d’oro<br />

tarmi – ricorda<br />

Zampetti – e io<br />

accettai con entusiasmo:<br />

il Corriere<br />

della sera era<br />

allora troppo appiattito<br />

su posizioni<br />

di difesa<br />

dello stato assistenziale,<br />

mentre<br />

Montanelli dava<br />

molto più spazio<br />

a posizioni vicine<br />

alle mie”.<br />

Procede, intanto, la sua carriera universitaria:<br />

professore di Dottrina dello Stato alla<br />

Statale di Milano, preside della facoltà di<br />

Giurisprudenza dell’Università di Trieste e,<br />

dal 1981 al 1986, membro laico del Consiglio<br />

Superiore della Magistratura.<br />

Ma la passione per il giornalismo non si è<br />

mai attenuata.<br />

“Molti articoli – spiega Zampetti – nascono<br />

da convegni che organizzo e a cui invito<br />

sempre altri giornalisti. Mi piacerebbe che i<br />

temi che mi stanno più a cuore trovassero<br />

più spazio sui giornali.<br />

Sono comunque ottimista: oggi il pubblico<br />

è molto più ricettivo su questi argomenti”.<br />

Sottolinea che “il clima è molto cambiato<br />

rispetto agli anni in cui sul Giornale scrivevo<br />

della degenerazione del sistema <strong>dei</strong><br />

partiti: Tangentopoli era ancora lontana, ma<br />

grazie a Montanelli ho potuto anticipare<br />

quello che poi si è verificato”.<br />

Le tessere di praticante ai 40 allievi<br />

dell’Ifg e ai 16 della Cattolica<br />

L'assemblea annuale degli iscritti, che si terrà il prossimo 21 <strong>marzo</strong>, sarà anche l'occasione per consegnare<br />

le tessere di praticanti ai cinquantasei studenti delle due scuole di giornalismo di Milano: quaranta<br />

gli allievi dell'Ifg "Carlo De Martino" e sedici quelli dell'Università Cattolica. Ecco i loro nomi:<br />

Ifg:<br />

Angelucci Luca<br />

Antonini Alessio<br />

Arcidiacono Eugenio<br />

Bani Francesca<br />

Bellinazzo Marco<br />

Bernardelli Matteo<br />

Caselli Stefano<br />

Chiari Matteo<br />

Clementi Francesco<br />

Cosso Giuseppe<br />

Di Blasi Eduardo<br />

Di Molfetta Nicola<br />

Falcinella Nicola<br />

Fichera Diana<br />

Galassi Luca<br />

Gallione Alessia<br />

Lapertosa Adele<br />

Lepido Daniele<br />

Liso Oriana<br />

Manfredi Bianca Maria<br />

Metta Matteo<br />

Montrone Marco<br />

Musumeci Raffaele<br />

Pinna Giovanni<br />

Piovan Enrica<br />

Piovesana Enrico<br />

Polizzi Francesco<br />

Prandi Elena<br />

Priolo Stefano<br />

Provenzani Sabrina<br />

Sacchetti Leonardo<br />

Salvaggiulo Giuseppe<br />

Santucci Giovanni<br />

Scognamiglio Ciro<br />

Senesi Andrea<br />

Seu Salvatore Massimiliano<br />

Tomaselli Paolo<br />

Ursic Alessandro<br />

Verrastro Roberto<br />

Zani Lara<br />

Università Cattolica:<br />

Bertolazzi Cecilia<br />

Casalinuovo Flora<br />

Cravotta Silvia<br />

Galavotti Alessandro<br />

Goretti Elena<br />

Guglielmino Annalisa<br />

Lovera Adriano<br />

Muschella Elsa<br />

Nicoli Daria<br />

Porcelli Elena<br />

Riva Federica<br />

Rocco Gian Luca<br />

Spinelli Ylenia<br />

Stabile Giuseppe<br />

Trovati Gianni<br />

Vercesi Francesca<br />

13


D O C U M E N T I<br />

DIRETTIVA 14 FEBBRAIO <strong>2002</strong> SULLE ATTIVITÀ DI COM<br />

Frattini: “Le pubbliche ammin<br />

Premessa garantire un’informa<br />

Con l’entrata in vigore della legge del 7 giugno 2000<br />

n.150, e l’emanazione del Regolamento di attuazione del<br />

21 settembre 2001 n. 422, le pubbliche amministrazioni<br />

dispongono di un nuovo indispensabile strumento per<br />

sviluppare le loro relazioni con i cittadini, potenziare e<br />

armonizzare i flussi di informazioni al loro interno e<br />

concorrere ad affermare il diritto <strong>dei</strong> cittadini ad un’efficace<br />

comunicazione.<br />

La comunicazione pubblica cessa di essere un segmento<br />

aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni,<br />

e ne diviene parte integrante, così come accade<br />

da decenni alle imprese che agiscono nel mercato <strong>dei</strong><br />

prodotti e <strong>dei</strong> servizi. Lo sviluppo delle attività legate alla<br />

comunicazione di impresa e alla pubblicità, in grado di<br />

determinare scelte organizzative e strategiche che influiscono<br />

positivamente sulla visibilità e sull’immagine aziendale<br />

e che coinvolgono trasversalmente tutto il processo<br />

produttivo, attraverso azioni di comunicazione interna,<br />

hanno accompagnato nel nostro Paese il percorso e la<br />

crescita delle imprese del settore privato e, recentemente,<br />

anche di alcune pubbliche amministrazioni.<br />

La riforma della pubblica amministrazione, il federalismo<br />

e il rafforzamento <strong>dei</strong> livelli locali di governo, l’attuazione<br />

del principio di sussidiarietà e il conseguente nuovo orizzonte<br />

delle missioni delle amministrazioni, possono<br />

realizzarsi solo con il pieno consenso <strong>dei</strong> cittadini e delle<br />

imprese, degli operatori del settore pubblico, da coinvolgere<br />

attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione<br />

e comunicazione.<br />

Finalità e ambito di applicazione. Con questa direttiva il<br />

Dipartimento della Funzione pubblica, in linea con la<br />

volontà del Governo di attuare un radicale processo di<br />

cambiamento della pubblica amministrazione, fornisce<br />

alle amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1 comma 2<br />

del Dpr 21 settembre 2001, n. 422, gli indirizzi di coordinamento,<br />

organizzazione e monitoraggio delle strutture,<br />

degli strumenti e delle attività previste dalla normativa in<br />

materia di informazione e comunicazione pubblica.<br />

La direttiva si propone di contribuire al perseguimento, da<br />

parte delle pubbliche amministrazioni, delle seguenti finalità:<br />

• sviluppo di una coerente politica di comunicazione integrata<br />

con i cittadini e le imprese;<br />

• gestione professionale e sistematica <strong>dei</strong> rapporti con<br />

tutti gli organi di informazione (mass media tradizionali<br />

e nuovi);<br />

• realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione<br />

interna incentrato sull’intenso utilizzo di tecnologie informatiche<br />

e banche dati, sia per migliorare la qualità <strong>dei</strong><br />

servizi e l’efficienza organizzativa, sia per creare tra gli<br />

operatori del settore pubblico senso di appartenenza<br />

alla funzione svolta, pieno coinvolgimento nel processo<br />

di cambiamento e condivisione nelle rinnovate missioni<br />

istituzionali delle pubbliche amministrazioni;<br />

• formazione e valorizzazione del personale impegnato<br />

nelle attività di informazione e comunicazione;<br />

• ottimizzazione, attraverso la pianificazione e il monitoraggio<br />

delle attività di informazione e comunicazione,<br />

dell’impiego delle risorse finanziarie.<br />

Questa direttiva, pertanto, richiama e impegna la responsabilità<br />

<strong>dei</strong> vertici delle amministrazioni pubbliche all’applicazione<br />

della legge n.150/2000 e alla definizione di<br />

strutture e risorse necessarie per:<br />

• progettare e realizzare attività di informazione e comunicazione<br />

destinate ai cittadini e alle imprese;<br />

• procedere ad una rinnovata ingegneria <strong>dei</strong> processi di<br />

comunicazione interna e adeguare i flussi di informazione<br />

a supporto dell’attività degli uffici che svolgono attività<br />

di informazione e comunicazione, e il loro coordinamento,<br />

già individuati dalla legge 150/2000;<br />

• produrre e fornire informazioni, promuovere eventi che,<br />

tenendo conto <strong>dei</strong> tempi e <strong>dei</strong> criteri che regolamentano il<br />

sistema <strong>dei</strong> media, possano tradursi in notizie per i mass<br />

media tradizionali e nuovi – come i giornali on-line - e altri<br />

mezzi di diffusione di notizie di interesse pubblico.<br />

La direttiva, inoltre, pone all’attenzione <strong>dei</strong> dirigenti degli<br />

Uffici stampa e degli Urp, così come delle analoghe strutture<br />

previste dalla legge 150/2000, la ricerca dell’efficienza<br />

e dell’efficacia nei processi di produzione della comunicazione,<br />

quale obiettivo della loro attività.<br />

Presidenza del Consiglio <strong>dei</strong> ministri - Dipartimento della Funzione pubblica.. Direttiva sulle attività di comunicazione<br />

delle pubbliche amministrazioni<br />

IL MINISTRO<br />

VISTA la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio <strong>dei</strong><br />

ministri”;<br />

VISTO il decreto legislativo 30 <strong>marzo</strong> 2001, n.165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle<br />

amministrazioni pubbliche”;<br />

VISTA la legge 7 giugno 2000, n.150 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”;<br />

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica del 21 settembre 2001, n.422, recante “Regolamento per l’individuazione <strong>dei</strong> titoli<br />

professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e comunicazione e<br />

disciplina degli interventi formativi”;<br />

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri del 9 agosto 2001, recante “Delega di funzioni del Presidente del Consiglio<br />

<strong>dei</strong> ministri in materia di funzione pubblica e di coordinamento <strong>dei</strong> Servizi di informazione e sicurezza al ministro senza portafoglio<br />

on. dott. Franco Frattini”;<br />

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri del 31 ottobre 2001, recante “Struttura di missione per la comunicazione<br />

e informazione ai cittadini”;<br />

VISTA la direttiva del ministro per la Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001, sulla Formazione e la valorizzazione del personale<br />

delle pubbliche amministrazioni<br />

emana la presente direttiva:<br />

1Gli obiettivi<br />

Le pubbliche amministrazioni, attraverso gli Uffici stampa, i<br />

Portavoce e gli Urp e le analoghe strutture, devono:<br />

1) garantire un’informazione trasparente ed esauriente sul<br />

loro operato;<br />

2) pubblicizzare e consentire l’accesso ai servizi promuovendo<br />

nuove relazioni con i cittadini,<br />

3) ottimizzare l’efficienza e l’efficacia <strong>dei</strong> prodotti-servizi attraverso<br />

un adeguato sistema di comunicazione interna.<br />

Per consentire il pieno raggiungimento di questi obiettivi, le<br />

pubbliche amministrazioni devono:<br />

1) dare avvio e sviluppo alle strutture deputate alla realizzazione<br />

delle attività di informazione, Portavoce e Ufficio stampa, e<br />

di comunicazione, Ufficio per le relazioni con il pubblico,<br />

2) promuoverne il pieno raccordo operativo sotto forma di<br />

coordinamento e attraverso una adeguata struttura organizzativa.<br />

Inoltre, nella creazione <strong>dei</strong> nuovi profili professionali e delle<br />

nuove forme di organizzazione del lavoro pubblico e della<br />

sua comunicazione interna, deve essere favorita la definizione<br />

di adeguati interventi formativi e di aggiornamento che<br />

promuovano operatori dell’informazione e comunicazione<br />

competenti e motivati.<br />

Il Dipartimento della Funzione pubblica, con la collaborazione<br />

delle associazioni professionali del mondo dell’informazione,<br />

della comunicazione e delle relazioni pubbliche, realizzerà<br />

un sistema di monitoraggio dell’applicazione della legge<br />

n.150/2000 anche in vista di una programmazione di successivi<br />

interventi e direttive che avranno come obiettivo di rendere<br />

il settore coerente con la dimensione europea.<br />

2Tipologia della<br />

comunicazione<br />

La legge n.150/2000 indica quali figure capaci di realizzare<br />

le attività di informazione e comunicazione nell’amministrazione<br />

pubblica il Portavoce e l’Ufficio stampa, da un lato, e<br />

l’Ufficio per le relazioni con il pubblico e analoghe strutture,<br />

dall’altro.<br />

I due segmenti di attività individuati sono importanti, ma non<br />

singolarmente esaustivi della funzione di comunicazione la<br />

cui complessità si esprime sia attraverso la previsione di<br />

differenti tipologie professionali, sia attraverso attività che non<br />

si esauriscono nel front-office o nei rapporti con i media.<br />

La comunicazione interna e la produzione di messaggi<br />

complessi verso l’esterno rappresentano momenti differenti<br />

della stessa funzione di informazione e comunicazione delle<br />

pubbliche amministrazioni, e pertanto richiedono un coordinamento<br />

che ne governi, con efficacia, le interazioni e le<br />

sinergie.<br />

Questa dimensione complessiva e integrata della comunicazione<br />

non può essere dimenticata né sottovalutata nell’attuazione<br />

della legge del 7 giugno 2000 n.150. Nello svolgimento<br />

delle attività di comunicazione e informazione, così come<br />

nella costruzione degli assetti organizzativi delle loro struttu-<br />

re, le amministrazioni devono, inoltre, considerare centrali e<br />

decisivi gli strumenti interattivi della comunicazione on line<br />

(Internet-intranet).<br />

I processi organizzativi devono, conseguentemente, essere<br />

ridisegnati in relazione all’esigenza di sviluppare modalità<br />

interattive di comunicazione interna ed interistituzionale nei<br />

confronti <strong>dei</strong> cittadini. Una buona comunicazione interna,<br />

fondata su di un’ampia circolazione delle informazioni sulle<br />

attività ed i processi lavorativi, e il pieno coinvolgimento del<br />

personale nei progetti di cambiamento organizzativo,<br />

consente di costruire al meglio l’identità di un’amministrazione,<br />

favorisce la crescita di un senso di appartenenza positivo<br />

alla dimensione del lavoro pubblico e contribuisce a porre su<br />

nuove basi l’immagine della sfera pubblica.<br />

3Degli strumenti<br />

della<br />

comunicazione<br />

modalità<br />

operative: il<br />

coordinamento<br />

Le amministrazioni devono assicurare il raccordo operativo<br />

tra i segmenti di comunicazione attivati, il Portavoce, l’Ufficio<br />

stampa e l’Ufficio per le relazioni con il pubblico e le analoghe<br />

strutture, devono prevedere forme organizzative di coordinamento<br />

delle loro attività per massimizzare l’utilizzo delle<br />

risorse umane ed economiche, e creare sinergie ed integrazione<br />

tra le azioni di comunicazione per contribuire a rendere<br />

efficaci e soddisfacenti le relazioni con i cittadini.<br />

Ciascuna amministrazione, quindi, potrà istituire al proprio<br />

interno una struttura di coordinamento, costituita dal direttore<br />

dell’Urp e delle analoghe strutture ove esistenti, dal direttore<br />

dell’Ufficio stampa e dal Portavoce se presente all’interno<br />

dell’amministrazione. La struttura di coordinamento ha<br />

funzioni di programmazione, indirizzo e raccordo delle attività<br />

da realizzare. Alla struttura di coordinamento spetta il<br />

compito di presentare al vertice dell’amministrazione, entro il<br />

30 novembre di ogni anno, il Piano di comunicazione.<br />

Il progetto deve contenere:<br />

- la definizione degli obiettivi e della strategia della comunicazione<br />

integrata (azioni di comunicazione interna, esterna,<br />

on line, pubblicitaria etc);<br />

- la descrizione delle singole azioni con l’indicazione <strong>dei</strong><br />

tempi di realizzazione (calendarizzazione per fasi);<br />

- la scelta <strong>dei</strong> mezzi di diffusione e il budget;<br />

- la pianificazione delle attività di monitoraggio e valutazione<br />

dell’efficacia delle azioni (sia in itinere al progetto sia ex post).<br />

3.1 La struttura di missione per l’informazione e la comunicazione<br />

con i cittadini<br />

Per soddisfare l’esigenza di raccordo operativo e d’integrazione<br />

tra le strutture di informazione e comunicazione previste<br />

della legge del 7 giugno 2000 n.150 il Dipartimento della<br />

Funzione pubblica ha attivato un’apposita “Struttura di<br />

missione”, con l’incarico di:<br />

1) integrare le proprie attività di comunicazione ed informazione<br />

(Ufficio stampa, Urp, sito web) coordinandole con<br />

l’ufficio del Portavoce;<br />

2) supportare le amministrazioni nell’attuazione delle norme<br />

per sviluppare e sperimentare azioni e progetti di comunicazione<br />

pubblica integrata.<br />

La struttura di missione ha l’obiettivo di garantire l’attuazione<br />

della legge del 7 giugno 2000 n.150, di monitorare l’attivazione<br />

di strutture di comunicazione integrata presso le ammini-<br />

14 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


OMUNICAZIONE ATTRAVERSO GLI UFFICI STAMPA, I PORTAVOCE E GLI URP<br />

Le amministrazioni si impegnano a individuare nel proprio<br />

bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la<br />

comunicazione e informazione pubblica in una percentuale<br />

non inferiore al 2% delle risorse generali<br />

inistrazioni devono<br />

azione trasparente”<br />

strazioni, nonché di fornire consulenza alle amministrazioni<br />

anche per l’attività di formazione, limitatamente al settore<br />

della comunicazione.<br />

Presso la struttura, inoltre, operano gruppi di lavoro specializzati<br />

sull’applicazione della legge e sull’uso di un linguaggio<br />

chiaro e comprensibile da parte delle amministrazioni.<br />

4Funzioni<br />

degli organi<br />

dell’informazione<br />

e della<br />

comunicazione<br />

Un moderno sviluppo dell’informazione e della comunicazione<br />

richiede un decisivo impegni delle amministrazioni.<br />

Particolare attenzione deve essere posta ai compiti che la<br />

legge affida agli Urp, attraverso la realizzazione delle Reti civiche<br />

e del sito Internet della pubblica amministrazione, nella<br />

loro funzione di relazione verso l’esterno. Essi svolgono infatti<br />

compiti di informazione, di garanzia di accesso ai servizi, di<br />

ascolto delle esigenze degli utenti, di promozione dell’innovazione<br />

e della semplificazione, nonché di verifica della soddisfazione<br />

del cittadino rispetto all’erogazione <strong>dei</strong> servizi stessi.<br />

In questo contesto, gli Uffici per le relazioni con il pubblico e<br />

le analoghe strutture devono poter ricorrere a procedure di<br />

comunicazione interna codificate ed efficaci per divenire il<br />

terminale di destinazione di atti e documenti che consentano<br />

sollecite ed esaurienti risposte alle richieste <strong>dei</strong> cittadini. Nei<br />

casi più complessi, gli Urp devono poter disporre della documentazione<br />

utile alla soddisfazione dell’utente entro un<br />

tempo ragionevole, comunque predeterminato dalle amministrazioni<br />

di appartenenza che individueranno, del pari, le<br />

sanzioni in caso di inadempienza o di ritardo nella risposta.<br />

Al fine di rendere gli Urp strumenti del cambiamento interno<br />

della pubblica amministrazione, attraverso una funzione di<br />

marketing istituzionale e di verifica della soddisfazione del<br />

cittadino rispetto all’erogazione <strong>dei</strong> servizi, è opportuno che<br />

essi siano in grado di progettare e sviluppare azioni di studio<br />

e ricerca attraverso risorse umane in possesso delle competenze<br />

necessarie.<br />

L’incarico di gestione delle Reti civiche, assegnato dalla<br />

legge n.150/2000 agli Urp, e del sito Internet, è destinato ad<br />

espandere la dimensione di questi uffici da semplice sportello<br />

di informazione al cittadino a terminali di banche dati. Gli<br />

Urp devono pertanto essere in grado di svolgere più funzioni<br />

e di corrispondere ad una domanda differenziata di servizi<br />

da parte del cittadino.<br />

La stessa legge n.150/2000 attribuisce all’Ufficio stampa,<br />

prioritariamente, la gestione dell’informazione in collegamento<br />

con gli organi di informazione mezzo stampa, radiofonici,<br />

televisivi ed on line.<br />

In particolare l’Ufficio stampa, coordinato da un direttore di<br />

servizio, si occupa:<br />

- della redazione di comunicati riguardanti sia l’attività<br />

dell’amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella<br />

di informazione, promozione, lancio <strong>dei</strong> servizi;<br />

- dell’organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa;<br />

- della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o<br />

periodica, anche attraverso strumenti informatici;<br />

- del coordinamento e della realizzazione della newsletter<br />

istituzionale e di altri prodotti editoriali.<br />

Nelle amministrazioni locali di piccole dimensioni, per meglio<br />

ottimizzare le loro funzioni, gli Uffici stampa, così come gli<br />

Uffici per le relazioni con il pubblico, possono essere costituiti<br />

in forma consorziata tra Enti locali che raggruppino una<br />

popolazione residente non inferiore a <strong>25</strong>.000 unità.<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

“<br />

”<br />

A differenza dell’Ufficio stampa e <strong>dei</strong> suoi compiti istituzionali,<br />

la figura del Portavoce, presente nelle amministrazioni<br />

complesse, sviluppa un’attività di relazioni con gli organi di<br />

informazione in stretto collegamento ed alle dipendenze del<br />

vertice “pro tempore” delle amministrazioni.<br />

5La formazione<br />

La legge del 7 giugno 2000 n.150 e il regolamento del 21<br />

settembre 2001, Dpr n. 422, e più specificatamente la direttiva<br />

del ministro per la Funzione pubblica del 13 dicembre<br />

2001, sulla “Formazione e la valorizzazione del personale<br />

delle pubbliche amministrazioni”, individuano nella formazione<br />

la chiave per migliorare la qualità delle prestazioni e per<br />

incentivare la motivazione del personale. La normativa offre<br />

alle amministrazioni i primi strumenti per adeguare, migliorare,<br />

selezionare – attraverso la definizione di percorsi di formazione<br />

ad hoc – le risorse umane già indirizzate o da indirizzare<br />

nei settori delle relazioni con i media (Ufficio stampa e Ufficio<br />

del portavoce) e con i cittadini (Uffici delle relazioni con il<br />

pubblico e analoghe strutture). È da tenere presente che le<br />

attività di informazione e comunicazione - svolte all’interno di<br />

queste strutture - sono considerate rilevanti per la concreta<br />

realizzazione di pratiche di buon governo.<br />

Le norme sopraindicate sanciscono una parità dell’offerta<br />

formativa con la presenza di soggetti privati e di una cultura<br />

di mercato dal cui confronto e competizione deve derivare<br />

un miglioramento complessivo della qualità della formazione<br />

in questo settore. La formazione, oltre ad avere il compito di<br />

professionalizzare le risorse umane, dovrà essere la leva<br />

primaria per rendere omogeneo il livello di preparazione e la<br />

capacità del personale impegnato nella comunicazione<br />

pubblica. In considerazione di ciò le amministrazioni devono<br />

adottare programmi formativi per tutto il personale impegnato<br />

nell’attività di informazione e comunicazione come previsto<br />

dalle norme vigenti e dalla direttiva del 13 dicembre 2001.<br />

L’attività formativa <strong>dei</strong> singoli dipendenti svolta nel periodo<br />

intercorso tra l’entrata in vigore della legge n.150/2000 e la<br />

pubblicazione del regolamento (Dpr n.422/2001), che rispetti<br />

i requisiti previsti dalle due norme, su richiesta delle amministrazioni<br />

di appartenenza, potrà essere validata da una<br />

commissione, istituita presso la Struttura di missione del<br />

Dipartimento della Funzione pubblica.<br />

6I nuovi profili<br />

professionali<br />

L’individuazione e la regolamentazione delle tipologie professionali<br />

che opereranno negli Uffici stampa, negli Uffici per le<br />

relazioni con il pubblico e in strutture analoghe utilizzando strumenti<br />

di informazione e comunicazione tradizionali e nuovi,<br />

come indicato dall’art.8, comma 3 ed art. 9, comma 5, della<br />

legge del 7 giugno 2000 n.150, sono affidate alla contrattazione<br />

collettiva con le organizzazioni sindacali rappresentative<br />

sul territorio nazionale delle categorie professionali.<br />

7Il monitoraggio<br />

delle attività<br />

Il Dipartimento della Funzione pubblica ha già promosso e<br />

svilupperà in modo costante sondaggi, studi, ricerche e<br />

sperimentazioni finalizzate a:<br />

1) monitorare lo stato di attuazione della legge del 7 giugno<br />

2000 n. 150;<br />

2) verificare le inadeguatezze da questa già rivelate nel lungo<br />

dibattito che ne ha accompagnato la pur necessaria<br />

approvazione (dall’esigenza di meglio definire gli ambiti<br />

delle singole professionalità, ai rilievi mossi anche in sede<br />

europea circa gli accessi a taluni ruoli ed uffici);<br />

3) promuovere modelli e standard di riferimento che favoriscano<br />

la nascita e lo sviluppo di una cultura della comunicazione<br />

integrata nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Nell’ambito<br />

di tale attività, che sarà sviluppata in collaborazione con<br />

le associazioni di categoria e gli ordini professionali <strong>dei</strong> comunicatori,<br />

delle relazioni pubbliche e <strong>dei</strong> giornalisti, grande<br />

attenzione verrà dedicata alla costruzione di tipologie professionali<br />

e modelli di valutazione delle professionalità della<br />

nuova comunicazione pubblica e dell’efficacia del loro agire.<br />

Si tratta di tenere sotto osservazione la qualità <strong>dei</strong> servizi e<br />

delle attività, di valutare le performance e “validare” i risultati.<br />

Le amministrazioni, a tal fine, dovranno verificare, attraverso<br />

sondaggi, studi e ricerche, da affidare anche a soggetti privati,<br />

l’attuazione del piano di comunicazione annuale e misurarne<br />

l’efficacia.<br />

8Il linguaggio<br />

Il Dipartimento della Funzione pubblica ha già promosso e<br />

realizzato, a partire dai primi anni ‘90, progetti dedicati alla<br />

semplificazione del linguaggio amministrativo usato nei<br />

contatti con i cittadini. L’opinione pubblica, ma anche le amministrazioni,<br />

si aspettano ulteriori sforzi per rendere il cosiddetto<br />

“burocratese” più chiaro ed accessibile e la comunicazione<br />

tra i cittadini e la pubblica amministrazione più snella<br />

ed efficace. La comunicazione delle pubbliche amministrazioni<br />

deve soddisfare i requisiti della chiarezza, semplicità e<br />

sinteticità e, nel contempo, garantire completezza e correttezza<br />

dell’informazione. Questo obiettivo dovrà essere perseguito<br />

anche con l’impiego <strong>dei</strong> nuovi strumenti informatici.<br />

Il Dipartimento della Funzione pubblica attiverà nei prossimi<br />

mesi, presso la Struttura di missione, un servizio di consulenza<br />

il cui scopo sarà di assistere le pubbliche amministrazioni<br />

e i gestori di servizi pubblici a riscrivere atti e documenti,<br />

a migliorare la qualità della comunicazione per renderla<br />

più semplice e comprensibile a tutti i cittadini ed utenti <strong>dei</strong><br />

servizi pubblici. L’obiettivo sarà di quello di rendere ufficiali le<br />

regole della semplificazione e di promuoverne la diffusione<br />

in tutte le amministrazioni.<br />

9Le risorse<br />

Le amministrazioni si impegnano a individuare nel proprio<br />

bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la<br />

comunicazione e informazione pubblica in una percentuale<br />

non inferiore al 2% delle risorse generali.<br />

della<br />

direttiva<br />

10Osservanza<br />

La dirigenza verrà valutata, ai sensi del D.lgs. del 30 luglio<br />

1999 n.286 e del D.lgs del 30 <strong>marzo</strong> 2001 n.165, anche alla<br />

luce dell’applicazione della presente direttiva. Pertanto i vertici<br />

dell’amministrazione, in sede di emanazione della direttiva<br />

annuale e degli indirizzi strategici, indicheranno le misure di<br />

comunicazione istituzionale da adottare e gli obiettivi da<br />

raggiungere in linea con il programma di governo dell’amministrazione<br />

pubblica.<br />

Il ministro per la Funzione pubblica e per il<br />

Coordinamento <strong>dei</strong> servizi di informazione e sicurezza<br />

Franco Frattini<br />

15


In un articolo apparso su Borsa e Finanza del 9 febbraio scorso (“Anche l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti tra i clienti ‘tosati’ da Sonzogni”; pagina 10, a sigla G.Riv.) si dà conto in<br />

maniera non del tutto corretta della spiacevole situazione in cui s’è venuto a trovare<br />

l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia in quanto cliente dell’istituto bresciano.<br />

L’<strong>Ordine</strong> e i “tosati”<br />

della Bipop-Carire<br />

Il Tribunale di Teramo (sezione distaccata di<br />

Giulianova) il 6 febbraio <strong>2002</strong> ha pronunciato<br />

la sentenza n. 112 sulla “diffamazione via<br />

Internet”. Il principio affermato è questo: la<br />

diffamazione via Intenet è un reato tutto da<br />

dimostrare e, comunque, Internet diffama di<br />

meno rispetto agli altri media (tv e giornali).<br />

Un imprenditore, lamentando di essere stato<br />

truffato da funzionari di una banca, querela<br />

costoro e pubblica su un sito web una rassegna<br />

stampa sul caso. A parere del Tribunale<br />

il “montaggio” <strong>dei</strong> resoconti e la presentazione<br />

degli stessi hanno travalicato i limiti della<br />

cronaca o comunque della narrazione di fatti,<br />

dando luogo ad una impressione da parte di<br />

un eventuale “internauta” che effettivamente<br />

truffa vi fosse stata, mentre i fatti erano ancora<br />

sub iudice. In conclusione l’imputato è<br />

stato ritenuto colpevole di tentata diffamazione<br />

e, concesse le attenuanti generiche, è<br />

stato condannato alla pena di 100 euro di<br />

multa oltre al pagamento delle spese processuali.<br />

Il punto in cui la decisione si caratterizza è<br />

quello della individuazione della prova della<br />

consumazione del delitto di diffamazione,<br />

cioè della avvenuta percezione da parte di<br />

più persone (almeno 2) del messaggio lesivo<br />

della reputazione. Scrive il giudice:<br />

«Ciò detto ritiene però il giudicante che non<br />

vi sia prova dell’avvenuta consumazione del<br />

delitto di diffamazione. A tal proposito va<br />

evidenziato che il delitto di diffamazione è<br />

reato di evento, un evento che è di natura<br />

psicologica, e si realizza nel momento della<br />

diffusione all’esterno del messaggio con la<br />

sua percezione da parte <strong>dei</strong> terzi, conseguendone<br />

che esso può risultare temporalmente<br />

differenziato rispetto alla condotta,<br />

con la possibile ravvisabilità della fattispecie<br />

tentata, realizzabile in tutti i reati di evento e<br />

quindi anche nel delitto di diffamazione per<br />

SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TERAMO<br />

Diffamazione via Internet:<br />

reato tutto da dimostrare<br />

come sempre ritenuto dalla più autorevole<br />

dottrina.<br />

Proprio a proposito della diffamazione a<br />

mezzo Internet la Suprema Corte ha recentemente<br />

affermato che “nel caso in cui l’offesa<br />

venga arrecata tramite tale mezzo, l’evento<br />

appare temporalmente, oltre che concettualmente,<br />

ben differenziato dalla condotta”.<br />

Ed invero in un primo momento si avrà l’in-<br />

Gli otto giornalisti giudici<br />

aggregati di Tribunale<br />

civile e Corte d’Appello<br />

serimento in rete da parte dell’agente degli provato che un giornale sia letto da più<br />

scritti o immagini offensivi e, solo in un persone o una trasmissione televisiva<br />

secondo momento, (a distanza di secondi, raggiunga più spettatori. Peraltro quanto alla<br />

minuti, giorni ecc.) i terzi connettendosi con diffamazione a mezzo stampa va detto che<br />

sito e percependo il messaggio, consentiran- una prima diffusione comunque già si realizno<br />

la verificazione dell’evento.<br />

za al momento della consegna da parte dello<br />

Tanto ciò è vero che sono ben immaginabili stampatore delle prescritte copie in adempi-<br />

sia il tentativo (l’evento non si verifica perché mento dell’obbligo previsto dalla legge 2<br />

in ipotesi nessuno, per qualsiasi ragione, visi- febbraio 1989 n 374, che ovviamente non ha<br />

ta il sito) che il reato impossibile (l’azione è riscontro nel caso in esame per le peculiarità<br />

inidonea per qualsivoglia ragione tecnica). del mezzo tecnico.<br />

Né può affermarsi, è da aggiungere, che in Nella diffamazione a mezzo Internet quanto<br />

Con decreto 14 gennaio <strong>2002</strong> il presidente della Corte d’Appello, dottor Giuseppe Grechi,<br />

ha nominato gli otto giornalisti (4 professionisti e 4 pubblicisti) chiamati a integrare, per il<br />

quadriennio <strong>2002</strong>-2005, i collegi del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano (articolo 63<br />

della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica). Ecco i loro nomi:<br />

1) Annibale Carenzo PROFESSIONISTA<br />

2) Ranieri Orlandi PROFESSIONISTA<br />

3) Giorgio Lazar PUBBLICISTA<br />

4) Ilaria Sottotetti PUBBLICISTA<br />

CORTE D’APPELLO<br />

1) Giovanni Spartà PROFESSIONISTA<br />

2) Fabio Tamburini PROFESSIONISTA<br />

3) Alberto Liguoro PUBBLICISTA<br />

4) Francesco Molfese PUBBLICISTA<br />

I collegi “integrati” di Tribunale e di Corte d’Appello hanno competenza sui ricorsi contro le<br />

delibere del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> relative alle questioni disciplinari e alle iscrizioni<br />

negli elenchi dell’Albo.<br />

tale caso sia possibile presumere la conoscenza<br />

del messaggio da parte di terzi,<br />

come potrebbe sostenersi nel caso della<br />

stampa o della diffusione televisiva (tesi<br />

questa sostenuta nella memoria della parte<br />

offesa).<br />

Infatti del tutto diverso in questi casi è il<br />

mezzo di diffusione, rispetto al quale può<br />

ritenersi effettivamente ragionevole dare per<br />

Nella diffamazione a mezzo<br />

Internet quanto alla visibilità<br />

del messaggio va evidenziato<br />

che nessun sito può essere<br />

raggiunto per caso<br />

Giornalista responsabile<br />

anche se usa il condizionale<br />

Per completezza d’informazione e in<br />

attesa della relazione di tesoreria sui<br />

conti 2001 che verrà presentata all’as-<br />

–31% dall’inizio della gestione). Una situazione<br />

certamente preoccupante anche per<br />

un investitore istituzionale qual è l’OgL. E che<br />

Lede la reputazione altrui la notizia non vera<br />

che attribuisce ad una persona un flirt con<br />

un personaggio famoso, e l’uso del condizionale<br />

da parte del giornalista non esclude la<br />

diffamazione.<br />

Questo il principio stabilito dalla Quinta<br />

Sezione Penale della Corte di Cassazione,<br />

semblea annuale, fissata per il prossimo 21 resta grave (–500 milioni di lire circa in due che, con la sentenza 31912/2001, ha confer-<br />

<strong>marzo</strong>, si rendono necessarie alcune preci- anni) anche se confrontata con i risultati mato la condanna per il reato di diffamaziosazioni.<br />

Nell’assemblea del <strong>marzo</strong> 2001, conseguiti da altri enti come l’Inpgi (che al ne a mezzo stampa inflitta ad una giornalista<br />

comunque, il consigliere tesoriere dell’epoca 30 settembre 2001 ha subito una svalutazio- di un noto settimanale che, in un articolo,<br />

ha già riferito sulle perdite del 2000 (–240 ne in portafoglio per i titoli mobiliari detenuti aveva citato una ignara ragazza come<br />

milioni di lire circa) coperte con il ricorso agli pari a 28,1 miliardi di lire). Tuttavia i veri guai “ragazza di turno” del noto fotomodello Raz<br />

accantonamenti.<br />

con Bipop-Carire sarebbero arrivati a metà Degan. La donna aveva sporto denuncia in<br />

L’OgL (con voto unanime del Consiglio e del ottobre, quando il nuovo amministratore quanto la notizia, non rispondente al vero,<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti) ha affidato delegato, Maurizio Cozzolini, ha comunicato aveva leso la sua reputazione presso amici<br />

all’inizio dell’anno 2000 una quota del suo con una missiva agli azionisti che era stata e conoscenti, essendo la stessa oltretutto già<br />

patrimonio - all’incirca 775mila euro; 1,5 scoperta una lista di <strong>25</strong>0 clienti privilegiati legata sentimentalmente ad un altro uomo.<br />

miliardi delle vecchie lire - a una gestione<br />

patrimoniale su fondi proposto dal Servizio<br />

di Private Banking della Filiale di Milano<br />

della Bipop-Carire. La scelta, fatta dal<br />

Aafferenti alle gestioni patrimoniali in fondi.<br />

ppresa la notizia il Consiglio s’è subito<br />

mosso dando mandato a un legale,<br />

l’avvocato Raffaele Di Palma, affinché<br />

precedente Consiglio, si inquadrava in un individuasse un’eventuale linea difensiva. A<br />

momento storico particolare: l’OgL, a fronte metà novembre la Procura della Repubblica<br />

della prospettiva di una riforma che pareva di Brescia ha aperto un’inchiesta ipotizzando<br />

imminente e che avrebbe potuto portare al reati di falso in bilancio, aggiotaggio, viola-<br />

superamento dell’attuale assetto degli ordizione della legge bancaria, e associazione a<br />

ni professionali, decise di escludere l’ipote- delinquere. L’OgL, ente pubblico non econosi<br />

di acquisto di una propria sede. In attesa mico, non poteva restare ancora a guardare<br />

di capire gli sviluppi politici e legislativi si e, infatti, approvata l’apertura di un proprio<br />

scelse di valorizzare il patrimonio abbando- fronte giudiziario (civile e penale) contro<br />

nando un vecchio investimento in obbliga- Bipop-Carire a tutela del patrimonio e dell’imzioni<br />

Cariplo per una più innovativa gestiomagine, il Consiglio ha deliberato la gestione<br />

Ene patrimoniale.<br />

Bipop-Carire, due anni fa, risultava<br />

essere la banca italiana dotata di uno<br />

<strong>dei</strong> servizi di private banking che pote-<br />

<strong>dei</strong> propri fondi ad altro istituto di credito (il<br />

servizio di private banking di IntesaBci),<br />

mantenendo invariata la tipologia d’impieghi<br />

e la duration dell’investimento, sempre affiva<br />

garantire, sul fronte delle gestioni in fondi,<br />

certificazioni di qualità e di controllo da parte<br />

di società di rilievo internazionale che altri<br />

istituti non avevano. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> e<br />

data Fa una gestione patrimoniale.<br />

in qui i rapporti con Bipop-Carire, che<br />

sarebbero stati risolti allo stesso identico<br />

modo anche a fronte di ben diversi<br />

il Collegio <strong>dei</strong> revisori, comunque, scelsero risultati della gestione sul portafoglio dato in<br />

Bipop-Carire dopo un attento esame di un affidamento.<br />

TRIBUNALE<br />

ventaglio di offerte fatte da cinque primari L’articolo pubblicato su Borsa e Finanza si<br />

istituti di credito.<br />

chiude con un riferimento all’aumento a 100<br />

L’affidamento in gestione venne fatto su una euro delle quote annue d’iscrizione facendo<br />

tipologia di asset allocation che prevedeva intendere che, anche tramite quella mossa,<br />

una quota azionaria del 45% e una quota l’OgL starebbe ora cercando di “fare qualco-<br />

obbligazionaria del 55%: il portafoglio era sa per recuperare”. Ovviamente non è così:<br />

costituito da fondi internazionali raccolti in l’aumento a 100 euro, che non riguarda solo<br />

quattro linee di investimento e il benchmark i giornalisti della Lombardia ma tutti i giorna-<br />

prescelto garantiva una rendita sul capitale listi italiani, è stato stabilito dal Consiglio<br />

Pda verificare su una duration di 5-7 anni.<br />

urtroppo il pessimo andamento <strong>dei</strong><br />

mercati azionari e obbligazionari nel<br />

biennio che è seguito ha portato a una<br />

nazionale con motivazioni che nulla hanno a<br />

che fare con la situazione <strong>dei</strong> conti dell’OgL<br />

e dello stesso Consiglio nazionale. L’aumento<br />

arriva dopo sei anni e rimarrà invariato per<br />

minusvalenza piuttosto importante (circa i prossimi sei anni. (O.T.)<br />

Attribuire un falso flirt lede l’altrui reputazione<br />

Nominati dal dottor Giuseppe Grechi<br />

“ ”<br />

La difesa della giornalista aveva sostenuto<br />

che l’uso del condizionale nell’articolo - che<br />

lasciava il beneficio del dubbio - escludeva la<br />

diffamazione. La Suprema Corte ha rilevato<br />

che l’attribuire ad una persona una falsa relazione<br />

sentimentale, specialmente quando in<br />

quello stesso tempo detta persona ne abbia<br />

un’altra nota ad amici e conoscenti, costituisce,<br />

nonostante l’indubbio mutamento <strong>dei</strong><br />

costumi sociali che si è registrato in questi<br />

ultimi anni, una offesa alla reputazione tutelata<br />

dall’articolo 595 c.p.; nel caso in questione,<br />

inoltre, l’uso del condizionale o della<br />

forma dubitativa non era sufficiente ad escludere<br />

la idoneità a diffamare, in quanto le<br />

espressioni usate, “insinuanti ed allusive”,<br />

inducevano il lettore a ritenere che i fatti<br />

narrati fossero veri.<br />

alla visibilità del messaggio va evidenziato<br />

che nessun sito può essere raggiunto per<br />

caso. È necessario conoscerlo o quantomeno<br />

procedere ad una precisa interrogazione<br />

di un motore di ricerca. Il motore di ricerca è<br />

a sua volta un sito, all’interno del quale è<br />

possibile consultare degli elenchi, aggiornati<br />

periodicamente, che contengono delle brevi<br />

recensioni di ogni sito web e consentono di<br />

raggiungerlo grazie ad un collegamento ipertestuale.<br />

È quindi palese che il sito attivato dall’imputato<br />

poteva essere consultato solo da chi lo<br />

avesse cercato oppure, del tutto casualmente,<br />

avesse seguito una interrogazione all’interno<br />

<strong>dei</strong> motori di ricerca utilizzando parole<br />

chiave contenute nel sito dell’imputato stesso.<br />

Orbene sul punto ha ragione la difesa del<br />

prevenuto quando afferma che non vi è<br />

prova che ciò si sia in concreto verificato né<br />

è da aggiungere vi sono elementi indiziari o<br />

argomenti fondati su dati esperenziali affidabili<br />

che possano consentire di affermare la<br />

verificazione dell’evento (come sarebbe ad<br />

esempio nel caso di una trasmissione televisiva).<br />

In definitiva manca la prova della realizzazione<br />

dell’evento rappresentato dalla effettiva<br />

diffusione del messaggio con percezione da<br />

parte di più persone ed in tale situazione,<br />

secondo i principi generali del diritto penale,<br />

deve ritenersi integrata l’ipotesi del tentativo,<br />

in quanto l’imputato con l’apertura del sito e<br />

l’inserimento delle notizie e messaggi di cui<br />

si è detto realizzò una condotta idonea tecnicamente<br />

( il sito era attivo e visitabile) e volta<br />

in modo non equivoco a diffonderli nel<br />

quadro della sua “battaglia” da tempo iniziata<br />

nei confronti della banca. Ne va quindi<br />

affermata la penale responsabilità sotto tale<br />

profilo».<br />

16 ORDINE 3 <strong>2002</strong>


Potenziato il corso di preparazione tenuto nelle aule della Scuola del Turismo di viale Murillo<br />

Pubblichiamo<br />

la lettera che<br />

il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> della<br />

Lombardia,<br />

Franco Abruzzo,<br />

ha trasmesso<br />

ai praticanti,<br />

che affronteranno<br />

l’esame di Stato<br />

del 30 aprile<br />

“Cari colleghi, da quest’anno il corso di<br />

preparazione all’esame di giornalista<br />

presenta alcune novità importanti. Il Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

ha, infatti, deciso di potenziare ulteriormente<br />

gli sforzi: l’obiettivo è di assicurare a<br />

tutti i partecipanti la miglior preparazione per<br />

affrontare in assoluta sicurezza la prova.<br />

Per questo motivo è stato deciso di strutturare<br />

il corso su due parti distinte. Una prima<br />

per la preparazione alla prova scritta e una<br />

seconda, in maggio, per gli esami orali.<br />

Durante la prima parte del corso svolgerete<br />

otto prove scritte simulate: si cercherà di<br />

riprodurre al meglio la situazione che dovrete<br />

affrontare il 30 aprile durante l’esame vero<br />

e proprio. Avrete 5 ore a disposizione per<br />

svolgere le tre prove previste dall’esame<br />

(tema, sintesi e quiz). Tutti gli elaborati vi<br />

verranno corretti la settimana successiva dai<br />

docenti nel corso di lezioni la cui durata è<br />

stata incrementata. È richiesto da parte<br />

vostro un grosso sforzo.<br />

2. Il corso, curato dal consigliere dell’<strong>Ordine</strong>,<br />

dottoressa Paola Pastacaldi, con la collaborazione<br />

di validi colleghi, inizierà il <strong>25</strong><br />

febbraio <strong>2002</strong> e terminerà il 30 maggio.<br />

Vi consiglio di preparare in maniera accurata<br />

il diritto costituzionale, il contratto, la legge<br />

sulla professione giornalistica e istitutiva<br />

dell’<strong>Ordine</strong>, la storia del giornalismo, l’etica e<br />

le norme sull’editoria e sull’emittenza radiotelevisiva,<br />

la legge sul diritto d’autore e sulla<br />

stampa, la legge e il Codice sulla privacy. La<br />

conoscenza di queste materie è fondamentale<br />

anche per la prova scritta (risposte ai quiz).<br />

L’esame orale prevede la discussione di una<br />

Libri consigliati<br />

per l’esame di giornalista<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Corso di tre mesi<br />

per i praticanti<br />

in vista dell’esame<br />

tesina. Per quanto riguarda lo scritto, l’esperienza<br />

dice che il tema (45 righe) è sempre<br />

su un argomento di attualità, cioè sui fatti che<br />

accadranno nel mese di aprile. Vi raccomando<br />

di preparare i dossier sui singoli argomenti.<br />

L’ottimo è avere la padronanza di 6/10<br />

argomenti. Il riassunto di un articolo deve<br />

essere contenuto in 30 righe. Attenti ai quiz<br />

(attualità, cultura, economia, politica, diritto).<br />

3. Il Codice dell’informazione (edizione<br />

ottobre 2001), che è l’unico manuale in<br />

commercio dedicato all’esame di giornalista,<br />

va integrato, in maniera vincolante e tassativa,<br />

con i testi che sono pubblicati nel sito<br />

web dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

(www.odg.mi.it). Mi riferisco in particolare<br />

al testo della Costituzione (pagine 237-262<br />

1) Franco Abruzzo, Codice dell’informazione, III edizione ottobre 2001,<br />

due volumi, 2.176 pagine, £ 160mila, Centro di Documentazione <strong>Giornalisti</strong>ca (00186 Roma<br />

- piazza di Pietra 26 - tel. 06/67.914.96 - 06/ 67.981.48 - Fax 06/67.974.92), 67,14. Il manuale<br />

è disponibile presso le librerie giuridiche oppure può essere chiesto direttamente all’editore.<br />

Il distributore è “Pecorini rappresentanze editoriali” (Foro Bonaparte n. 48, Milano, telef.<br />

02-86460660).<br />

- La Costituzione della Repubblica, la libertà di informazione e di critica, l’ordinamento della<br />

professione giornalistica<br />

- L’etica professionale <strong>dei</strong> giornalisti e il Codice di deontologia sulla privacy<br />

- Il contratto nazionale di lavoro giornalistico e il sistema previdenziale<br />

- Le norme sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Il diritto d’autore<br />

- Le norme amministrative e penali concernenti la stampa<br />

- Le testate online<br />

- Gli uffici stampa nelle pubbliche amministrazioni<br />

- La storia del giornalismo italiano e la storia delle leggi sulla professione<br />

- L’accesso alla professione<br />

- Gli statuti, i trattati e le convenzioni internazionali<br />

- Settecento quesiti sul mondo dell’informazione<br />

Corredano il volume: il Massimario deontologico della professione giornalistica; una Ricerca<br />

sui “Doveri del giornalista connessi all’esercizio del diritto di cronaca e di critica”; una ricerca<br />

su Giornalismo e Convenzione europea <strong>dei</strong> diritti dell’uomo; una Ricerca sulla giurisprudenza<br />

del lavoro giornalistico; una Rassegna delle regole fissate dall’Ufficio del Garante su cronaca<br />

e privacy; uno studio del Cnlg 2001-2005 e una analisi della legge 150/2000 sugli Uffici stampa<br />

e gli Urp nelle pubbliche amministrazioni)<br />

2) - Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 2000, 16,53.<br />

3) - Giovanni Valentini, Media village (L’informazione nell’era di Internet), Donzelli Editore,<br />

Roma 2000, 8,26.<br />

4) - Omar Calabrese e Ugo Volli, I telegiornali (istruzioni per l’uso), Laterza, Bari-Roma 2001<br />

5) - Enrico Menduni, Il mondo della radio (dal transistor a Internet), il Mulino, Bologna<br />

2001<br />

6) - Massimo Olmi, I giornali degli altri (storia contemporanea del giornalismo inglese,<br />

francese, tedesco ed americano), Bulzoni editore, Roma 1994, 28,41.<br />

7) - Sergio Romano, Storia d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni, Longanesi & C. 1998.<br />

8) - Bino Olini, L’Europa difficile (storia politica dell’integrazione europea 1948-1998), Il<br />

Mulino, Bologna 1998, <strong>25</strong>,82.<br />

9) - Alberto Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli Editore, Roma 1998, 20,66..<br />

10) - Sergio Lepri, Professione giornalista, Etas-Rcs Libri 1999, 17,56.<br />

11) - Angelo Crespi, Stefano Mura e Cecilia Santini, La professione giornalistica in Europa,<br />

Isu Università cattolica, Milano 2001, 16,01.<br />

12) - Paolo Murialdi, Il giornale, Il Mulino 1998, 6,20.<br />

13) - Stefania Garassini, Dizionario <strong>dei</strong> new media (Internet, multimedia, tv digitale, tlc,<br />

intelligenza artificiale), Cortina Editore, Milano 1999, 19,63.<br />

14) - Giorgio Calcagno, Ennio Festa, Carla Marello, Alberto Papuzzi e Franco Pastore, Stile<br />

Stampa, Editrice La Stampa 1998, 12,91.<br />

15) - Stefano Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’Unità ai giorni nostri, Donzelli 1997<br />

16) - AA.VV., Il libro <strong>dei</strong> fatti <strong>2002</strong>, Adnkronos Libri <strong>2002</strong>.<br />

Costo del corso: 336 euro (= £ 650.000)<br />

Ogni praticante pagherà, per l’iscrizione al corso, 336 euro (£ 650.000). Il costo è stato<br />

adeguato a quello del corso organizzato dal Consiglio nazionale, che dura 7 giorni e<br />

che ha una sola prova scritta.<br />

del volume) e al capitolo 4 (VII.4 – La Repubblica<br />

- Regioni, Province, Comuni Città<br />

metropolitane e Stato - dopo la riforma<br />

costituzionale del 2001, pagine 1353-1395<br />

del volume). Il Codice dell’informazione<br />

può ritenersi completo ed esaustivo, per<br />

quanto riguarda la prova orale, in rapporto<br />

ovviamente a quanto è previsto, per l’esame<br />

orale, dall’articolo 44 del Dpr n. 115/1965: “La<br />

prova orale consiste in un colloquio diretto ad<br />

accertare la conoscenza <strong>dei</strong> principi dell’etica<br />

professionale, delle norme giuridiche attinenti<br />

al giornalismo e specificatamente delle<br />

tecniche e pratiche inerenti all’esercizio della<br />

professione. In particolare è richiesta la conoscenza<br />

delle seguenti materie:<br />

a) elementi di storia del giornalismo;<br />

b) elementi di sociologia e di psicologia<br />

dell’opinione pubblica;<br />

c) tecnica e pratica del giornalismo: elementi<br />

teorici e tecnici fondamentali; esercitazione<br />

di pratica giornalistica;<br />

d) norme giuridiche attinenti al giornalismo:<br />

elementi di diritto pubblico; ordinamento giuridico<br />

della professione di giornalista e norme<br />

contrattuali e previdenziali; norme amministrative<br />

e penali concernenti la stampa;<br />

elementi di legislazione sul diritto d’autore;<br />

e) etica professionale;<br />

f) i media nel sistema economico italiano.<br />

Lo svolgimento della prova orale comprende<br />

anche la discussione di un argomento di<br />

attualità, liberamente scelto dal candidato,<br />

nel settore della politica interna, della politica<br />

estera, dell’economia, del costume, dell’arte,<br />

dello spettacolo, dello sport, della moda o in<br />

qualsiasi altro campo specifico nel quale egli<br />

abbia acquisito una particolare conoscenza<br />

professionale durante il praticantato. Analoga<br />

scelta può essere compiuta dal candidato<br />

nella materia delle norme giuridiche attinenti<br />

al giornalismo. L’argomento o gli argomenti<br />

prescelti, compendiati in un breve<br />

sommario, debbono essere comunicati alla<br />

commissione almeno tre giorni prima della<br />

prova, e da essi può prendere l’avvio il colloquio<br />

allo scopo sia di mettere il candidato a<br />

suo completo agio sia di valutarne le capacità<br />

di ricerca e di indagine, di attitudine alla<br />

inchiesta e di acume critico, di discernimento<br />

e di sintesi”. Conto di consegnarvi un<br />

dischetto con i testi della dispensa elettronica.<br />

Arrivederci al <strong>25</strong> febbraio <strong>2002</strong> e in<br />

bocca al lupo.<br />

Dispensa telematica per l’esame di giornalista<br />

(integra il manuale “Codice dell’informazione”)<br />

Il “Codice dell’informazione”, manuale dell’esame di giornalista, è stato “chiuso” in<br />

redazione nel settembre 2001. Questi gli aggiornamenti:<br />

1. La Costituzione della Repubblica dopo il referendum del 7 ottobre 2001 con un’analisi<br />

<strong>dei</strong> “nuovi” articoli del Titolo V;<br />

2. Codice dell’informazione. Il capitolo 4 (VII.4 – Il decentramento della Repubblica:<br />

Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni) della parte settima <strong>dei</strong> quesiti<br />

(pagine 1353-1395 del volume).<br />

3. Codice dell’informazione. Parte III. 18. Codice penale e giornalisti (pagina 590 del manuale).<br />

Sentenza della Corte costituzionale n. 6/<strong>2002</strong>: esistono limiti all’immunità parlamentare.<br />

4. Le novità legislative dall’ottobre 2001 ad oggi (4A. Legge 366/2001 sulla delega al<br />

Governo per la riforma del diritto societario; 4B. Legge 415/2001 che blocca i beni alla<br />

fazione talibana; 4C. Legge 431/2001 sulle misure urgenti per reprimere e contrastare il<br />

finanziamento del terrorismo internazionale; 4D. Legge 438/2001 sulle disposizioni urgenti<br />

per contrastare il terrorismo internazionale. Le modifiche al Codice penale e al Codice di<br />

procedura penale. Le novità in pillole; 4E. Dlgs 467/2001: come cambia la legge sulla privacy.<br />

Il provvedimento in sintesi. I Codici deontologici in arrivo; 4F. Legge 459/2001 sulle<br />

norme per l’esercizio di voto <strong>dei</strong> cittadini italiani residenti all’estero).<br />

5. Conflitto di interessi (1. Relazione al disegno di legge n. 1707 presentato il 4 ottobre<br />

2001 dal presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri (Berlusconi) e dal ministro della Funzione pubblica<br />

(Frattini) di concerto con il ministro per gli Affari regionali (La Loggia). Norme in materia<br />

di risoluzione <strong>dei</strong> conflitti di interessi. 2. Disegno di legge n. 1707. Norme in materia di risoluzione<br />

<strong>dei</strong> conflitti di interessi. 3. Testo del parere del Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente<br />

emerito della Corte costituzionale, richiesto dalla Commissione affari costituzionali della<br />

Camera <strong>dei</strong> Deputati. 4. Prima commissione Affari costituzionali. Indagine conoscitiva.<br />

Audizione del professor Vincenzo Caianiello; 5. Il servizio televisivo pubblico in Europa).<br />

6. Sport e Giustizia (con la disciplina della lotta contro il doping e le disposizioni contro i<br />

fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive).<br />

7. Il Cnlg (Contratto nazionale di lavoro giornalistico) 2001-2005.<br />

8. Legge 14 aprile 1975, n. 103. Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.<br />

9. Legge 6 giugno 1975, n. 172. Provvidenze per l’editoria.<br />

10. Legge <strong>25</strong> giugno 1993, n. 206. La nomina del Consiglio d’amministrazione e del direttore<br />

generale della Rai.<br />

11. Il primo sì al rientro <strong>dei</strong> Savoia.<br />

12. Il dibattito italiano sull’embrione dal 1980 ad oggi (La Convenzione di Oviedo recepita<br />

dall’Italia con la legge n. 145/2001).<br />

13. Le domande ricorrenti all’esame di giornalista<br />

14. Le parole chiave per capire la Borsa<br />

15. La riforma del Csm approvata da Palazzo Madama<br />

Gli altri argomenti trattati nella dispensa telematica:<br />

1. L’ordinamento delle professioni: problemi italiani e modelli stranieri.<br />

Il profilo della professione giornalistica in Europa<br />

2. Il programma degli esami di idoneità professionale<br />

3. Libri di testo consigliati per gli esami<br />

4. Praticanti giornalisti, permessi per esami e corsi<br />

5. Come si scrive per “Il Sole 24 Ore”<br />

www.odg.mi.it<br />

17 (21)


SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE Pubblichiamo<br />

il messaggio di Papa<br />

Giovanni Paolo II,<br />

“Internet: un nuovo<br />

Forum per proclamare<br />

il Vangelo”,<br />

Dalla Galassia Internet<br />

emerga la “buona notizia”<br />

Cari Fratelli<br />

e care Sorelle,<br />

1La Chiesa in ogni epoca prosegue<br />

l’opera cominciata il giorno della<br />

Pentecoste, quando gli Apostoli, con<br />

la forza dello Spirito Santo, andarono<br />

per le strade di Gerusalemme a predicare il<br />

Vangelo di Gesù Cristo in molte lingue (cfr.<br />

At 2, 5-11). Nei secoli successivi, questa<br />

missione evangelizzatrice si è diffusa in<br />

tutto ha imparato a parlare le diverse lingue<br />

del mondo, sempre in il mondo, in quanto il<br />

cristianesimo si è radicato in molti luoghi e<br />

obbedienza al mandato di Cristo di<br />

annunciare il Vangelo a tutte le nazioni (cfr.<br />

Mt 28, 19-20).<br />

Tuttavia, la storia dell’evangelizzazione non<br />

è soltanto una questione di espansione<br />

geografica, poiché la Chiesa ha dovuto<br />

varcare anche numerose soglie culturali,<br />

ognuna delle quali ha richiesto energia e<br />

immaginazione nuove nell’annuncio<br />

dell’unico Vangelo di Gesù Cristo.<br />

L’epoca delle grandi scoperte, il<br />

Rinascimento e l’invenzione della stampa,<br />

la rivoluzione industriale e la nascita del<br />

mondo moderno: anche questi sono stati<br />

momenti di transizione che hanno richiesto<br />

nuove forme di evangelizzazione. Ora, con<br />

la rivoluzione delle comunicazioni e<br />

dell’informazione in atto, la Chiesa si trova<br />

senza dubbio di fronte a un’altra soglia<br />

decisiva.<br />

È dunque opportuno che in questa Giornata<br />

Mondiale delle Comunicazioni Sociali <strong>2002</strong><br />

riflettiamo sul tema: “Internet: un nuovo<br />

Forum per proclamare il Vangelo”.<br />

2Internet è certamente un nuovo “forum”,<br />

nel senso attribuito a questo<br />

termine nell’antica Roma, ossia uno<br />

spazio pubblico dove si conducevano<br />

politica e affari, dove si adempivano i doveri<br />

religiosi, dove si svolgeva gran parte della<br />

Rodotà: Sms<br />

soltanto<br />

nel rispetto<br />

della privacy<br />

Roma, 24 gennaio - L’Autorità Garante per la protezione <strong>dei</strong><br />

dati personali, anche in riferimento a notizie di stampa relative<br />

ad accordi o convenzioni che sarebbero stati o sono in<br />

procinto di essere sottoscritti tra enti locali e gestori di telefonia<br />

mobile, allo scopo di utilizzare gli Sms (brevi messaggi di<br />

testo inviati via cellulare) per fini di pubblica utilità, rende noto<br />

che è in corso un procedimento di verifica che sarà definito<br />

in tempi brevi.<br />

Nell’ambito del procedimento, il Garante ha in particolare<br />

chiesto alla Regione Lombardia e a gestori di telefonia mobile<br />

di far conoscere tutti gli elementi necessari per una piena<br />

valutazione di un progetto che sarebbe stato avviato nella<br />

Regione. Consapevole che tali iniziative possono rispondere<br />

a Finalità di pubblico interesse legate a particolari situazioni<br />

di emergenza (limitazioni alla circolazione degli autoveicoli,<br />

eventi atmosferici, circolazione <strong>dei</strong> mezzi pubblici eccetera),<br />

il Garante sottolinea comunque la necessità che esse avvengano<br />

solo entro i limiti previsti dalla normativa a tutela della<br />

privacy e di altri diritti di utenti e abbonati.<br />

Ciò anche a fini di rispetto della forte sensibilità dimostrata dai<br />

cittadini, i quali hanno più volte sollevato dinanzi al Garante il<br />

problema dell’invasione della loro sfera privata tramite Sms.<br />

Nelle more della conclusione del procedimento, il Garante<br />

ha chiesto agli enti locali e ai gestori di astenersi da ogni invio<br />

di messaggi in contrasto con il quadro normativo in materia<br />

di privacy. (ASCA)<br />

vita sociale della città e dove la natura<br />

umana si mostrava al suo meglio e al suo<br />

peggio. Era uno spazio urbano affollato e<br />

caotico che rifletteva la cultura dominante,<br />

ma creava anche una cultura propria.<br />

Ciò vale anche per il ciberspazio, che è una<br />

nuova frontiera che si schiude all’inizio di<br />

questo millennio. Come le nuove frontiere di<br />

altre epoche, anche questa è una<br />

commistione di pericoli e promesse, non<br />

priva di quel senso di avventura che ha<br />

caratterizzato altri grandi periodi di cambiamento.<br />

Per la Chiesa il nuovo mondo del<br />

ciberspazio esorta alla grande avventura di<br />

utilizzare il suo potenziale per annunciare il<br />

messaggio evangelico. Questa sfida è<br />

l’essenza del significato che, all’inizio del<br />

millennio, rivestono la sequela di Cristo e il<br />

suo mandato “prendi il largo”: Duc in altum!<br />

(Lc 5, 4).<br />

3La Chiesa si avvicina a questo<br />

mezzo con realismo e fiducia. Come<br />

altri strumenti di comunicazione,<br />

esso è un mezzo e non un fine in se<br />

stesso.<br />

Internet può offrire magnifiche opportunità<br />

di evangelizzazione se utilizzato con competenza<br />

e con una chiara consapevolezza<br />

della sua forza e delle sue debolezze.<br />

Soprattutto, offrendo informazioni e<br />

suscitando interesse, esso rende possibile<br />

un primo incontro con il messaggio<br />

cristiano, in particolare ai giovani che<br />

sempre più ricorrono al ciberpazio quale<br />

finestra sul mondo. È importante, quindi,<br />

che la comunità cristiana escogiti modi<br />

molto pratici per aiutare coloro che entrano<br />

in contatto per la prima volta attraverso<br />

Internet, a passare dal mondo virtuale del<br />

ciberspazio al mondo reale della comunità<br />

cristiana.<br />

In una tappa successiva, Internet può<br />

anche facilitare il tipo di procedimento che<br />

l’evangelizzazione richiede. In particolare, in<br />

una cultura che non offre sostegno, la vita<br />

cristiana esige un’istruzione e una<br />

catechesi permanenti e questa è forse<br />

l’area in cui Internet può assicurare un aiuto<br />

eccellente.<br />

Esistono già nella rete innumerevoli fonti di<br />

informazione, documentazione e istruzione<br />

sulla Chiesa, la sua storia e la sua<br />

tradizione, la sua dottrina e il suo impegno<br />

in ogni campo, dappertutto nel mondo.<br />

È chiaro allora che, anche se non potrà mai<br />

sostituire l’esperienza profonda di Dio che<br />

solo la vita liturgica e sacramentale della<br />

Chiesa può offrire, Internet potrà<br />

certamente offrire un supplemento e un<br />

sostegno unici sia nel preparare all’incontro<br />

con Cristo nella comunità, sia nel sostenere<br />

i nuovi credenti nel cammino di fede che<br />

iniziano.<br />

4Ciononostante, emergono alcune<br />

questioni necessarie, persino ovvie,<br />

nell’utilizzo di Internet per la causa<br />

dell’evangelizzazione. Infatti, la<br />

caratteristica essenziale di Internet consiste<br />

nel fornire un flusso quasi infinito di<br />

informazioni, molte delle quali durano solo<br />

un attimo. In una cultura che si nutre<br />

dell’effimero, si può facilmente correre il<br />

rischio di credere che siano i fatti a contare<br />

piuttosto che i valori.<br />

Internet offre numerose nozioni, ma non<br />

insegna valori e quando questi ultimi<br />

vengono trascurati la nostra stessa umanità<br />

ne risulta sminuita e l’uomo perde<br />

facilmente di vista la sua dignità<br />

trascendente.<br />

Nonostante il suo enorme potenziale di<br />

bene, alcuni modi degradanti e dannosi di<br />

utilizzare Internet sono noti a tutti e le<br />

autorità pubbliche hanno di certo la<br />

responsabilità di garantire che questo<br />

strumento meraviglioso serva il bene<br />

comune e non divenga dannoso.<br />

Inoltre, Internet ridefinisce in modo radicale<br />

il rapporto psicologico di una persona con lo<br />

spazio e con il tempo.<br />

Attrae l’attenzione ciò che è tangibile, utile,<br />

subito disponibile. Può venire a mancare lo<br />

stimolo a un pensiero e a una riflessione<br />

più profondi, mentre gli esseri umani hanno<br />

bisogno vitale di tempo e di tranquillità<br />

interiore per ponderare ed esaminare la vita<br />

On line l’iter<br />

<strong>dei</strong> provvedimenti<br />

presentati<br />

dal Governo<br />

Roma, 13 febbraio - I cittadini, e i giornalisti, possono da<br />

oggi controllare in tempo reale l’iter parlamentare di tutti i<br />

provvedimenti presentati dal governo. Il nuovo servizio, fornito<br />

dal sito Internet della presidenza del Consiglio<br />

(www.governo.it) è stato presentato a Palazzo Chigi dal ministro<br />

per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi.<br />

Ogni settimana il dipartimento per i rapporti con il parlamento<br />

fornirà il calendario <strong>dei</strong> provvedimenti (con il loro status,<br />

dalla delibera del Consiglio <strong>dei</strong> ministri fino al varo definitivo<br />

da parte delle Camere) che saranno inseriti nel sito web del<br />

governo. La tabella è facilmente accessibile a tutti - ha spiegato<br />

Giovanardi -, basta entrare nel sito e cliccare su una<br />

nuova icona (contenente le lettere iniziali di Camera e Senato)<br />

che consente di entrare in una pagina di “spiegazione”<br />

delle procedure di accesso e di consultazione. Il tabulato che<br />

viene visualizzato indica il numero <strong>dei</strong> consigli <strong>dei</strong> ministri<br />

convocati dall’Esecutivo e tutti i provvedimenti deliberati (i<br />

disegni di legge evidenziati in bianco e i decreti in grigio chiaro),<br />

la data della loro presentazione alle Camere, il loro iter in<br />

commissione e in aula e l’indicazione dell’eventuale approvazione<br />

definitiva, evidenziata in verde.<br />

Giovanardi ha espresso grande soddisfazione per il nuovo<br />

prodotto, messo a punto in collaborazione con lo staff di Palazzo<br />

Chigi responsabile del sito Internet del governo: uno strumento<br />

semplice e rapido - ha detto- messo a disposizione di<br />

tutti i cittadini per conoscere l’attività dell’Esecutivo. (ANSA)<br />

diffuso il 24 gennaio<br />

in occasione della 36 a<br />

Giornata mondiale delle<br />

comunicazioni sociali<br />

e i suoi misteri e per acquisire<br />

gradualmente un maturo dominio di sé e<br />

del mondo che li circonda.<br />

La comprensione e la saggezza sono il<br />

frutto di uno sguardo contemplativo sul<br />

mondo e non derivano dalla mera<br />

acquisizione di fatti, seppur interessanti.<br />

Sono il risultato di un’intuizione che penetra<br />

il significato più profondo delle cose in<br />

relazione fra loro e con tutta la realtà.<br />

Inoltre, quale “forum” in cui praticamente<br />

tutto è accettabile e quasi nulla è duraturo,<br />

Internet favorisce un modo di pensare<br />

relativistico e a volte alimenta la fuga dalla<br />

responsabilità e dall’impegno personali. In<br />

tale contesto, in che modo dobbiamo<br />

coltivare quella saggezza che<br />

non deriva dall’informazione, ma<br />

dall’intuizione, quella saggezza che<br />

comprende la differenza fra giusto ed errato<br />

e sostiene la scala di valori che deriva da<br />

tale differenza?<br />

5Il fatto che mediante Internet le<br />

persone moltiplichino i loro contatti in<br />

modi finora impensabili offre<br />

meravigliose possibilità alla diffusione<br />

del Vangelo.<br />

Ma è anche vero che rapporti mediati<br />

elettronicamente non potranno mai<br />

prendere il posto del contatto umano diretto,<br />

richiesto da un’evangelizzazione autentica.<br />

Infatti l’evangelizzazione dipende sempre<br />

dalla testimonianza personale di colui che è<br />

stato mandato a evangelizzare (cfr. Rm 10,<br />

14-15).<br />

In che modo la Chiesa conduce dal tipo di<br />

contatto reso possibile da Internet a quella<br />

comunicazione più profonda che richiede<br />

l’annuncio cristiano? In che modo<br />

sviluppiamo il primo contatto e il primo<br />

scambio di informazioni che Internet rende<br />

possibile? Senza dubbio la rivoluzione<br />

elettronica ha in sé la promessa di grandi<br />

progressi per il mondo in via di sviluppo, ma<br />

esiste anche l’eventualità che aggravi di<br />

fatto le ineguaglianze esistenti poichè il<br />

divario dell’informazione e delle<br />

comunicazioni si fa più profondo.<br />

Informazione:<br />

rai.it<br />

al primo<br />

posto<br />

Roma, 11 febbraio -<br />

Anche a gennaio, primo<br />

posto per Rai.it tra i<br />

portali dedicati all’informazione.<br />

Lo riferisce lo stesso<br />

portale della Rai, spiegando<br />

che - secondo i<br />

dati pubblicati da Nielsen-NetRatings<br />

- lo<br />

scorso mese Rai.it ha<br />

avuto quasi 1,5 milioni di utenti unici, piazzandosi così davanti a<br />

Repubblica.it, Corriere.it, TgCom.it, IlNuovo.It e Tg5.it. “Nella<br />

classifica generale di tutti i siti italiani - si legge nella nota - il<br />

portale Rai è preceduto solo da motori di ricerca quali Virgilio,<br />

Yahoo! e Google, o da portali che offrono servizi come<br />

Tiscali e InWind. Con una quota di mercato superiore al 10%<br />

- prosegue il comunciato - il portale della Rai precede i suoi<br />

diretti concorrenti quali Jumpy, Repubblica.it, Sole24Ore.it e<br />

TgCom.it”.<br />

È da sottolineare - conclude la nota - che il numero di navigatori<br />

di Rai.it nel mese di gennaio “è stato addirittura superiore<br />

a quello relativo al mese di settembre quando, a fronte<br />

degli eventi americani, tutte le testate giornalistiche in rete<br />

hanno ottenuto picchi di traffico molto superiori alla loro<br />

media”. (ANSA)<br />

18 (22) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


Come possiamo garantire che la rivoluzione<br />

dell’informazione e delle comunicazioni che<br />

ha in Internet il suo motore primo, operi a<br />

favore della globalizzazione dello sviluppo<br />

umano e della solidarietà, obiettivi<br />

strettamente legati alla missione<br />

evangelizzatrice della Chiesa? Infine, in<br />

questi tempi difficili, permettetemi di<br />

chiedere: in che modo possiamo garantire<br />

che questo meraviglioso strumento,<br />

concepito in origine nell’ambito di<br />

operazioni militari, possa ora servire la<br />

causa della pace? Può esso promuovere<br />

quella cultura di dialogo, di partecipazione,<br />

di solidarietà e di riconciliazione senza la<br />

quale la pace non può fiorire? La Chiesa<br />

crede che ciò sia possibile.<br />

Per garantirlo è determinata a entrare in<br />

questo nuovo “forum”, armata del Vangelo<br />

di Cristo, il Principe della Pace.<br />

6Internet permette a miliardi di<br />

immagini di apparire su milioni di<br />

schermi in tutto il mondo. Da questa<br />

galassia di immagini e suoni,<br />

emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua<br />

voce? Perché solo quando si vedrà il Suo<br />

Volto e si udirà la Sua voce, il mondo<br />

conoscerà la “buona notizia” della nostra<br />

redenzione.<br />

Questo è il fine dell’evangelizzazione e<br />

questo farà di Internet uno spazio umano<br />

autentico, perché se non c’è spazio per<br />

Cristo, non c’è spazio per l’uomo.<br />

In questa Giornata Mondiale delle<br />

Comunicazioni Sociali, esorto tutta la<br />

Chiesa a varcare coraggiosamente questa<br />

nuova soglia, per “prendere il largo” nella<br />

Rete, cosicché, ora come in passato, il<br />

grande impegno del Vangelo e della cultura<br />

possa mostrare al mondo “la gloria divina<br />

che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 6).<br />

Che il Signore benedica tutti coloro che<br />

operano a questo fine.<br />

GIOVANNI PAOLO II<br />

dal Vaticano, 24 gennaio <strong>2002</strong>,<br />

Festa di san Francesco di Sales<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Al disegnatore<br />

Francesco Altan<br />

il Premio<br />

“È giornalismo” <strong>2002</strong><br />

Roma, 8 febbraio - È il disegnatore Francesco Tullio Altan il<br />

vincitore dell’edizione <strong>2002</strong> del premio “è Giornalismo”. La<br />

decisione è stata presa da Enzo Biagi e Giorgio Bocca, che<br />

formano la giuria del premio istituito da Giancarlo Aneri,<br />

presidente della “è Group”. La cerimonia di consegna del<br />

premio, che, sottolinea una nota, ha “la dotazione più ricca<br />

fra tutti i premi letterari e giornalistici attribuiti in Italia”, è prevista<br />

per il 21 febbraio a Milano. “è Giornalismo” è stato vinto<br />

fino ad oggi da Curzio Maltese, Gianni Riotta, Gian Antonio<br />

Stella, Ettore Mo, Claudio Rinaldi, Natalia Aspesi. (ANSA)<br />

Roma, 13 febbraio - Le linee di azione che, entro fine legislatura,<br />

porteranno alla modernizzazione dell’Italia attraverso<br />

un nuovo modello di Stato digitalizzato sono state presentate<br />

oggi dal ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio<br />

Stanca, nel corso del comitato interministeriale per la Società<br />

dell’Informazione.<br />

Questi, è detto in una nota, i dieci obiettivi di legislatura: fornitura<br />

on line di tutti i servizi prioritari; emissione di 30 milioni di<br />

carte d’identità elettroniche; diffusione (entro il 2003) di un<br />

milione di firme digitali; approvvigionamento tramite e-procu-<br />

I “navigatori” in Italia<br />

sono 20 milioni<br />

e passano in rete<br />

60 miliardi di minuti<br />

in un anno<br />

di Attilio De Pascalis<br />

Internet sta diventando una realtà sempre<br />

più matura e solida, nonostante la crisi delle<br />

dot.com e la chiusura di alcuni portali di<br />

news, anche nel nostro Paese. Alcuni miti<br />

sono stati sfatati, ma la base è ormai consolidata.<br />

Il 2001 ha segnato la definitiva affermazione<br />

del Web in Italia. In dodici mesi gli “internauti”<br />

sono in pratica raddoppiati, passando da<br />

10 a 20 milioni. La Rete calamita un italiano<br />

su tre. Nel 2001 il popolo <strong>dei</strong> “navigatori” ha<br />

trascorso on-line oltre 60 miliardi di minuti,<br />

con una connessione media di 50 ore, equivalenti<br />

a due giorni e due notti no-stop.<br />

È quanto emerge da varie ricerche, fra le<br />

quali un recente report realizzato da COLT,<br />

leader europeo nei servizi di telecomunicazione<br />

e Internet a banda larga per imprese,<br />

che in Italia fornisce accesso veloce alla rete<br />

e hosting per siti aziendali, grazie alle “web<br />

farm” di Milano e Torino.<br />

Boom fra i giovani. Il fenomeno Internet,<br />

insomma, è ormai uscito dalla fase pionieristica<br />

ed è entrato massicciamente negli<br />

uffici e nelle case. Fra i giovani è una vera<br />

e propria mania: la rete con le sue infinite<br />

possibilità sembra sposarsi perfettamente<br />

con il DNA digitale di una generazione<br />

figlia del telefonino e della comunicazione<br />

globale.<br />

Internet, infatti, attira soprattutto i giovani,<br />

con una penetrazione che supera il 75% fra<br />

gli studenti universitari.<br />

In generale, l’utilizzo prevalente è legato al<br />

lavoro e allo studio. Quasi il 90% delle aziende<br />

con più di 20 addetti usa la rete in modo<br />

significativo per comunicare.<br />

Le abitazioni collegate sono già circa un<br />

terzo del totale, nonostante la relativa lentezza<br />

della linea telefonica tradizionale.<br />

La crescente importanza del web “made in<br />

Italy”, è confermata dal vero e proprio boom<br />

dal numero di domini registrati nella penisola,<br />

passati dai 100.000 del 1999 agli oltre<br />

600.000 attuali.<br />

Le previsioni per i prossimi anni indicano<br />

un’ulteriore crescita. Nel <strong>2002</strong> gli italiani<br />

dovrebbero trascorrere in rete circa 70 miliar-<br />

di di minuti, con un’ulteriore espansione <strong>dei</strong><br />

navigatori.<br />

Alla fine del 2001 in Italia c’erano circa<br />

300.000 aziende con un sito web. Una<br />

presenza destinata a salire a 800.000 unità<br />

nei prossimi quattro anno. E tra queste, quasi<br />

un quarto affiderà la gestione del proprio sito<br />

ad una “web farm” esterna.<br />

Il 2001 ha perciò segnato una svolta: è finita<br />

l’era di Internet fai-da-te e del miraggio di<br />

diventare miliardari con una semplice idea.<br />

In compenso si è affermato il modello, ben<br />

più solido, della rete come motore di sviluppo<br />

di attività tradizionali.<br />

Gli italiani, infatti, usano il Web soprattutto<br />

per lavoro e studio.<br />

La navigazione avviene per quasi quattro<br />

quinti del tempo dall’ufficio. Gli acquisti on<br />

line, che rappresentano meno del 2% delle<br />

vendite totali, sono nell’80% <strong>dei</strong> casi business-to-business,<br />

ovvero forniture da un’azienda<br />

all’altra.<br />

Un diluvio di e-mail. Che cosa fanno gli italiani<br />

sul web? Il servizio più gettonato è la posta<br />

elettronica, con un volume di e-mail che si<br />

aggira fra i 100 e i 120 miliardi di messaggi<br />

all’anno. Per le aziende la posta elettronica<br />

sta, di fatto, sostituendo le tradizionali lettere<br />

cartacee.<br />

Su Internet gli italiani cercano soprattutto<br />

informazioni per il lavoro o lo studio e notizie<br />

aggiornate, come conferma l’esplosione di<br />

siti dedicati a news, generali o specializzati,<br />

che sono circa 4.000.<br />

Altri importanti motivi di consultazione sono<br />

gli acquisti business-to-business, i viaggi e le<br />

prenotazioni di ticket per eventi e spettacoli.<br />

In crescita, anche se più lenta delle attese, i<br />

servizi offerti tramite il web. I clienti bancari on<br />

line, per esempio, sono saliti a 2 milioni, rispetto<br />

a 1,5 milioni del 2000. Le previsioni indicano<br />

una crescita a oltre 10 milioni nel 2005.<br />

Insomma, il miraggio di una rete slot-machine<br />

è svanito. Ma a dispetto <strong>dei</strong> crolli in Borsa<br />

di molte società della new economy, il Web è<br />

ormai diventato adulto. Non possono farne a<br />

meno, in particolare, i giornalisti, che vivono<br />

e divorano informazioni ogni giorno in<br />

sempre maggiore quantità.<br />

atdepa@tin.it<br />

A Folco Quilici<br />

il “Neos <strong>2002</strong>” conferito<br />

dall’associazione<br />

<strong>Giornalisti</strong> di viaggio<br />

Milano, 6 febbraio - Sarà Folco Quilici a ricevere il 22<br />

febbraio prossimo a Milano, in occasione della Borsa Internazionale<br />

del Turismo, il Premio Neos <strong>2002</strong>.<br />

Giunto alla terza edizione, il premio viene conferito dall’associazione<br />

<strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> di Viaggio che raccoglie circa 70<br />

professionisti che, per professione, viaggiano e documentano,<br />

per mezzo di fotografie e articoli, le loro esperienze.<br />

Nelle precedenti edizioni, 2000 e 2001, il premio è stato<br />

assegnato a Fosco Maraini e Walter Bonatti.<br />

(ANSA)<br />

rement di beni e servizi della pubblica amministrazione per il<br />

50% della spesa; totalità delle comunicazioni interne alla P.A.<br />

tramite posta elettronica; gestione on line di tutti gli impegni e<br />

mandati di pagamento; alfabetizzazione certificata di tutti i<br />

dipendenti pubblici eleggibili; erogazione tramite e-learning di<br />

un terzo della formazione <strong>dei</strong> dipendenti pubblici; accesso on<br />

line all’iter delle pratiche in due terzi degli uffici della P.A.;<br />

sistema per valutare la soddisfazione del “cliente” in tutti gli<br />

uffici che erogano servizi.<br />

Per quanto riguarda lo sviluppo della Società dell’ Informa-<br />

Ma i<br />

collegamenti<br />

in Italia<br />

sono<br />

i più cari<br />

d’Europa<br />

Roma, <strong>25</strong><br />

gennaio - I<br />

costi <strong>dei</strong> collegamenti<br />

di rete<br />

Internet sono<br />

in Italia 10<br />

volte più cari<br />

rispetto agli<br />

altri paesi industrializzati<br />

dell’UE.<br />

A denunciarlo<br />

il responsabile<br />

della rete<br />

italiana della<br />

ricerca Garr-B, Enzo Valente, in occasione<br />

della presentazione al Cnr di Società<br />

Internet, la sezione italiana della principale<br />

organizzazione mondiale per lo sviluppo della<br />

Rete.<br />

Collegarsi via Internet da Malta a Catania,<br />

afferma la ricerca, costa oggi 10 volte di più<br />

che da Malta agli Stati Uniti.<br />

Una “anomalia”, che rallenta enormemente<br />

lo sviluppo della società dell’informazione<br />

nel nostro Paese, ha detto Valente, nel corso<br />

del convegno. “Non c’è dubbio - ha sottolineato<br />

Valente - che un limite importante alla<br />

diffusione <strong>dei</strong> collegamenti Internet tra le<br />

aziende e tra i consumatori è dato dall’alto<br />

costo della connessione di rete.<br />

Un dato che ci accomuna a Grecia e<br />

Portogallo, ci allontana dagli altri paesi industrializzati<br />

della Comunità Europea e potrebbe<br />

diventare drammatico con l’introduzione<br />

<strong>dei</strong> moderni servizi di rete”.<br />

Valente ha poi rilevato un paradosso tutto<br />

italiano: “Le alte tariffe imposte dall’Autorità<br />

per le Garanzie nelle Comunicazioni, introdotte<br />

per evitare che Telecom Italia potesse<br />

avvantaggiarsi come ex-monopolista,<br />

non hanno favorito in realtà il libero gioco<br />

della concorrenza, visto che gli altri operatori<br />

si sono adeguati di fatto alle tariffe più<br />

alte.<br />

Unico rimedio sembra allora essere quello di<br />

liberalizzare i costi <strong>dei</strong> circuiti tra le varie<br />

compagnie”.<br />

Sinigaglia presidente<br />

del Centro<br />

di Studi Pestelli<br />

sul giornalismo<br />

(ASCA)<br />

Torino - Alberto Sinigaglia succede a Giovanni Giovannini,<br />

quale presidente del “Centro studi sul giornalismo Gino<br />

Pestelli”, su designazione unanime dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

del Piemonte e della Valle d’Aosta, dell’Associazione Stampa<br />

Subalpina e del Circolo della Stampa di Torino, i cui presidenti<br />

entrano nel consiglio di amministrazione.<br />

Giovannini è stato nominato presidente d’onore dell’istituzione<br />

da lui fondata trentacinque anni fa con Luigi Firpo, con<br />

Alessandro Galante tuttore consigliere, e con Valerio Castronovo<br />

che rimane l’attivo coordinatore scientifico.<br />

Il ministro per l’Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca: i dieci obiettivi per innovare l’Italia<br />

zione in Italia, tra le iniziative già in atto, il ministro Stanca ha<br />

parlato della diffusione della larga banda, lo sviluppo del telelavoro<br />

e della patente informatica.<br />

“Grazie a queste iniziative - ha commentato Stanca - modernizzeremo<br />

l’Italia attraverso un uso diffuso delle nuove tecnologie<br />

sia nel pubblico che nel privato. Sarà inoltre favorita la<br />

competitività del sistema paese accelerando lo sviluppo dell’economia<br />

della rete per realizzare una Società dell’informazione<br />

che migliori la qualità della vita e prevenga esclusioni di<br />

natura sociale o economica”. (ANSA)<br />

19 (23)


SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE<br />

L’arcivescovo<br />

di Milano<br />

a Lecco<br />

per la festa<br />

di San Francesco<br />

di Sales,<br />

patrono<br />

<strong>dei</strong> giornalisti,<br />

e la celebrazione<br />

<strong>dei</strong> 120 anni<br />

de “Il Resegone”<br />

Martini: “Informate<br />

in modo coraggioso”<br />

di Matteo Chiari e Alessia Gallione<br />

“La Bibbia nella mano destra e il giornale nella sinistra”. È<br />

così, con una frase del teologo protestante Karl Barth, che il<br />

cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, ha invitato<br />

a “Leggere da cristiani il mondo che cambia”, tema scelto<br />

per l’incontro con gli operatori della comunicazione, in<br />

occasione della festa del patrono <strong>dei</strong> giornalisti, San Francesco<br />

di Sales.<br />

Un appuntamento tradizionale che, quest’anno, si è svolto il <strong>25</strong><br />

gennaio al cinema Marconi di Lecco per celebrare anche un’altra<br />

ricorrenza: i 120 anni del settimanale diocesano Il Resegone,<br />

il giornale di più antica tradizione della provincia di Lecco e<br />

il primo <strong>dei</strong> fogli cattolici nati nella diocesi ambrosiana.<br />

Al dialogo con il Cardinale, a cui hanno assistito milleduecento<br />

persone, hanno partecipato don Antonio Sciortino,<br />

direttore di Famiglia Cristiana, Dino Boffo, direttore di Avvenire<br />

e Gianni Borsa, direttore de Il Resegone.<br />

Tra le molte autorità presenti anche il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, per una<br />

serata che si è rivelata un’occasione di riflessione su guerra,<br />

dialogo tra religioni, informazione e sul ruolo del “giornalista<br />

cristiano”, chiamato ad essere testimone imparziale e controcorrente<br />

del suo tempo.<br />

Il tema è stato ispirato dagli orientamenti della Cei per il<br />

primo decennio del nuovo millennio, espressi nel documento<br />

“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, ma anche<br />

dagli eventi che si sono succeduti dopo l’11 settembre e dallo<br />

storico incontro interreligioso di preghiera per la pace svoltosi<br />

ad Assisi il 24 gennaio.<br />

Ed è proprio da qui che il Cardinale, prendendo la parola<br />

dopo i saluti di monsignor Roberto Busti, prevosto di Lecco e<br />

del direttore de Il Resegone, è voluto partire, raccontando la<br />

Un folto pubblico ha seguito l’ intervento del cardinale<br />

“sua” Assisi: le emozioni vissute accanto al Papa sul treno<br />

partito dal Vaticano, le testimonianze per la pace <strong>dei</strong> 13<br />

rappresentanti delle religioni di tutto il mondo, i momenti di<br />

preghiera, “rifugio primo e supremo in un momento così difficile<br />

per la storia dell’umanità”.<br />

Perché è soprattutto di pace che il Cardinale ha parlato, con<br />

il pensiero rivolto a Gerusalemme, citando il passo del<br />

Vangelo di Luca che racconta l’ingresso in città di Gesù:<br />

“Quando fu vicino alla vista della città, pianse su di essa,<br />

dicendo: ‘Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la<br />

via della pace’.<br />

Una via difficile da percorrere, almeno fino a quando, ha<br />

ammonito Martini, “esisteranno situazioni di ingiustizia<br />

economica e sociale che fomentano terrorismo, guerre e<br />

violenze”. Accanto alla preghiera, quindi, è necessario un<br />

sincero cambiamento di vita. Sono proprio i giornalisti i primi<br />

ad essere chiamati a quest’impegno perché, ha concluso il<br />

Cardinale, “l’opinione pubblica deve essere informata in<br />

modo aperto e coraggioso, serio e completo”.<br />

Anche don Sciortino, per spiegare il significato di un modo di<br />

fare informazione ispirato dalla fede, è partito dalla guerra in<br />

Afghanistan, “glorificata dalla maggior parte <strong>dei</strong> media che<br />

ne hanno dato solo una lettura militare ed economica”.<br />

Al contrario i giornalisti, per Sciortino, soprattutto se cristiani,<br />

“non sono chiamati a fare omelie o crociate sui giornali, ma<br />

ad imparare a capire il mondo e a dare spazio anche alle<br />

voci “contro”, cercando di offrire risposte a quelle domande<br />

che la gente si fa e che la cultura moderna non riesce più a<br />

dare”. Il compito del giornalista è in definitiva quello di saper<br />

interpretare il Vangelo e di farlo mettendo in relazione il<br />

messaggio profetico con la realtà.<br />

Solo in questo modo, per il direttore di uno <strong>dei</strong> più diffusi settimanali<br />

italiani, è possibile non fare <strong>dei</strong> mezzi di informazione<br />

<strong>dei</strong> semplici “altoparlanti”.<br />

Un impegno che la redazione di Famiglia Cristiana cerca di<br />

Cinque minuti di applausi<br />

scroscianti hanno accolto<br />

l’ingresso di Carlo Maria<br />

Martini nel cinema Marconi:<br />

insieme un augurio di buon<br />

settantacinquesimo compleanno<br />

e un ringraziamento<br />

della comunità al suo<br />

arcivescovo per i 22 anni<br />

che le ha dedicato.<br />

E anche in questa occasione<br />

il cardinale non si è<br />

smentito: per l’annuale incontro<br />

con i giornalisti, nel<br />

giorno del loro santo patrono,<br />

ha scelto di andare a<br />

Lecco, a festeggiare i 120<br />

anni del settimanale locale<br />

Il Resegone.<br />

“Vi ringrazio degli auguri –<br />

ha esordito. Si vorrebbe non<br />

venisse mai il momento di<br />

dire addio ai monti, ma<br />

porterò con me la memoria<br />

grata di questa comunità e<br />

Le parole del presule<br />

sulla pace, una via<br />

difficile da percorrere<br />

se non si cambia<br />

stile di vita.<br />

Gli interventi<br />

di Dino Boffo<br />

e don Sciortino,<br />

direttori di<br />

“Famiglia Cristiana”<br />

e “Avvenire”<br />

tener presente ogni giorno: nessun tema viene considerato<br />

tabù; ogni argomento è ammesso a patto che risponda a due<br />

condizioni: che i giornalisti possiedano la competenza necessaria<br />

per trattarlo e che si conservi una prospettiva cristiana.<br />

Regole chiare fin dalla selezione delle notizie, come spiega il<br />

direttore: “Cerchiamo di non parlare solo di religione, ma di<br />

tutto. Siamo professionisti e dobbiamo saper coltivare l’autonomia<br />

e l’indipendenza, tenendo i lettori come unico punto di<br />

riferimento”.<br />

E aggiunge, ricordando lo slogan che ha accompagnato il<br />

lancio della “nuova” Famiglia Cristiana, “Non siamo solo casa<br />

e Chiesa. Cerchiamo di gettare uno sguardo sulla piazza<br />

dove la gente si incontra, per offrire un giornale che crei ottimismo<br />

e speranza, ma illumini anche i fatti ignorati dalla<br />

maggior parte della stampa e dia un contributo alla Chiesa<br />

perché su certi temi sia meno timida e silenziosa”.<br />

A sottolineare le responsabilità degli operatori dell’informazione<br />

è anche Dino Boffo, direttore di Avvenire, che ha<br />

confessato di essere cresciuto professionalmente proprio in<br />

un settimanale diocesano come Il Resegone, di quelli con un<br />

antico e profondo legame col territorio e la comunità.<br />

Una grande scuola per chi crede che fare informazione non<br />

significhi soltanto riportare quello che dicono le agenzie, ma<br />

osservare la gente e raccontarla. Perché quello del giornalista<br />

“è un mestiere per gente solida, che sa guardare il mondo a<br />

trecentosessanta gradi, senza paraocchi e senza sudditanze”.<br />

Le qualità di chi vuole fare questo mestiere devono essere<br />

una curiosità endemica e l’inquietudine di chiedersi sempre,<br />

aggiunge Boffo, “se hai fatto tutto il possibile per cercare di<br />

offrire al tuo lettore un altro punto di vista su un fatto”.<br />

Uno sguardo, quello <strong>dei</strong> giornalisti cristiani, che, per il direttore<br />

di Avvenire, può servire a riequilibrare un certo modo di<br />

vedere e leggere il mondo, sottraendosi all’omologazione e<br />

alle classificazioni e mostrando che la religione non è qualcosa<br />

di “obsoleto e un po’ vergognoso”.<br />

“È venuto<br />

il momento<br />

di dire addio<br />

ai monti”<br />

di questi luoghi”. Anche se<br />

il momento di accomiatarsi<br />

sembra vicino, il cardinale<br />

non ha concesso nulla più<br />

alla nostalgia e si è rivolto<br />

direttamente a fedeli e<br />

giornalisti intervenuti all’incontro.<br />

di Bianca Maria Manfredi<br />

“La ricerca della mia<br />

esistenza – ha confidato –<br />

è vivere il Vangelo nell’oggi.<br />

E questa è anche la ricerca<br />

<strong>dei</strong> giornali cattolici, che<br />

devono aiutare a leggere<br />

cristianamente il mondo<br />

che cambia, devono saper<br />

posare uno sguardo di fede<br />

sugli eventi quotidiani,<br />

anche sui drammi”.<br />

È proprio questa la particolarità<br />

della stampa cattolica,<br />

che aiuta a interpretare la<br />

realtà. Ha ricordato un<br />

passaggio della Lettera ai<br />

Filippesi che ai giornali si<br />

adatta perfettamente.<br />

“Tutto ciò che è vero, che è<br />

virtù e merita lode sia<br />

oggetto <strong>dei</strong> vostri pensieri”.<br />

Questo non significa che<br />

non devono essere affrontati<br />

temi scottanti, anzi.<br />

Tragedie come quella<br />

dell’11 settembre e la guerra<br />

in Afghanistan ci mettono,<br />

secondo l’arcivescovo,<br />

di fronte alle nostre responsabilità,<br />

ci costringono “a<br />

porci domande sulla verità<br />

di Dio e dell’uomo”.<br />

“L’informazione – ha ag-<br />

20 (24) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


“Il Resegone”,<br />

ovvero la storia<br />

di Lecco<br />

e dintorni<br />

“Verità nei fatti, rettitudine,<br />

giustizia nei princìpi, la religione<br />

a base e fondamento<br />

di tutto”. Con questo motto<br />

Il Resegone si presenta per<br />

la prima volta ai suoi lettori:<br />

è il 17 febbraio 1882. Da<br />

allora sono passati 120 anni<br />

ma ancora oggi il settimanale<br />

lecchese esce puntuale<br />

ogni settimana.<br />

L’idea di fondare un giornale<br />

cattolico è di Pietro Galli,<br />

prevosto di Lecco, insieme<br />

a Giuseppe Capanna,<br />

coadiutore, e al tipografo<br />

Giuseppe Corti.<br />

Come primo direttore viene<br />

scelto don Capanna, ma<br />

nel 1886 il sacerdote deve<br />

lasciare Lecco, probabilmente<br />

per le sue simpatie<br />

liberali. È sostituito da don<br />

Gian Battista Scatti, di ritorno<br />

da una missione in<br />

Bengala, che utilizza il suo<br />

patrimonio familiare per<br />

migliorare il settimanale.<br />

Cambia il formato, aumenta<br />

le pagine e soprattutto<br />

fonda una tipografia dotata<br />

di moderne macchine da<br />

stampa.<br />

Alla sua morte, nel 1918,<br />

direttore diventa un laico,<br />

Edmondo Verga, che resta<br />

in carica fino al 1959.<br />

Durante i suoi quarant’anni<br />

di guida Il Resegone, con la<br />

sua diffusione capillare nel<br />

lecchese, è spesso l’unico<br />

giornale letto nelle famiglie.<br />

Per questo, cerca di fornire<br />

ai suoi lettori un’idea di<br />

quanto sta succedendo<br />

nella regione e nel mondo.<br />

Solo durante il periodo<br />

fascista Il Resegone rinuncia<br />

a questa vocazione per<br />

ripiegare su posizioni letterarie<br />

e cronaca minuta.<br />

Il periodo più difficile della<br />

sua storia, però, Il Resegone<br />

lo vive dopo la morte di<br />

Verga, quando il giornale è<br />

messo in vendita.<br />

Le autorità ecclesiastiche<br />

nel 1960 fondano un altro<br />

settimanale, Incontro (che<br />

nel febbraio ‘60 diventa<br />

Incontro Lariano sotto la<br />

direzione di Bernardino<br />

Mauri). L’idea della curia è<br />

di farlo diventare il punto<br />

d’incontro di tutti i cattolici<br />

del lecchese.<br />

La situazione si risolve il<br />

primo gennaio ‘61, quando<br />

Il Resegone si fonda con<br />

giunto Martini – deve raccontare<br />

al pubblico la<br />

gravità della situazione<br />

attuale, ma mostrare anche<br />

i rimedi possibili”.<br />

E il rimedio indicato dal<br />

Papa è la centralità di<br />

Gesù, e la sicurezza che ci<br />

infonde.<br />

“Il Santo Padre – ha osservato<br />

il cardinale – ribadisce<br />

la centralità della preghiera”,<br />

come ha ben dimostrato<br />

l’incontro ecumenico di<br />

Assisi.<br />

Una preghiera in tredici<br />

luoghi diversi della città<br />

(tredici erano infatti le religioni<br />

rappresentate dove –<br />

ha osservato l’Arcivescovo<br />

– è stato delineato un<br />

percorso di pace e ascolto”,<br />

che può indicare la via da<br />

seguire anche ai giornalisti<br />

cattolici.<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

Incontro Lariano, che prende<br />

come sottotitolo.<br />

Dal 13 febbraio 1975 il settimanale<br />

è di proprietà di una<br />

srl costituita dalle chiese<br />

parrocchiali di Lecco e delle<br />

aree vicine. Attuale direttore<br />

(in carica dal 1 gennaio<br />

2001) è Gianni Borsa. A lui<br />

dunque è toccata la preparazione<br />

delle fitte celebrazioni<br />

per i 120 anni del settimanale.<br />

“Puntiamo – ha spiegato –<br />

ad affrontare alcune grandi<br />

tematiche che possono<br />

interessare i lettori del settimanale<br />

ma anche l’intero<br />

territorio”. Incontri pubblici<br />

come quello in occasione<br />

della festa di San Francesco<br />

di Sales (o nei mesi<br />

scorsi un convegno sull’impatto<br />

dell’euro per le imprese<br />

lecchesi), una mostra,<br />

un concorso per le scuole<br />

per essere presenti oggi<br />

come 120 anni fa.<br />

b.m.m.<br />

Sopra, l’allievo dell’Ifg<br />

Matteo Metta intervista<br />

il direttore di Avvenire,<br />

Dino Boffo.<br />

Sotto, il cardinale<br />

Carlo Maria Martini saluta<br />

gli intervenuti.<br />

Boffo:<br />

“Dobbiamo<br />

saper<br />

‘guardare’”<br />

di Matteo Metta<br />

“Dobbiamo inseguire questo<br />

mondo febbricitante e<br />

caleidoscopico.<br />

Questo mondo proteiforme<br />

e dalle mille facce e<br />

sorprenderlo a tutti i varchi”.<br />

È nel citare queste parole<br />

pronunciate nel 1958 dall’allora<br />

cardinale Giovanni<br />

Battista Montini, poi papa<br />

Paolo VI, che si concentra<br />

tutto il fervore dell’intervento<br />

del direttore di Avvenire,<br />

Dino Boffo, durante l’incontro-dibattito<br />

organizzato a<br />

Lecco. E nel giorno consacrato<br />

a San Francesco di<br />

Sales, patrono <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

non è sembrato strano<br />

che il suo discorso si sia<br />

principalmente rivolto agli<br />

addetti ai lavori presenti.<br />

Con tono pacato e parole<br />

forti ha tenuto una vera e<br />

propria lectio di giornalismo,<br />

in cui l’imperativo “dobbiamo”<br />

è ricorso molte volte.<br />

Così, forse senza volerlo, ha<br />

finito per tracciare il ritratto<br />

del perfetto giornalista<br />

secondo Boffo. Perché, per<br />

il direttore non basta “leggere<br />

da cristiani un mondo che<br />

cambia” – questo è il titolo<br />

dato alla serata – se non<br />

sono per primi i giornalisti a<br />

cambiare. “A che serve riferire<br />

quello che dicono le<br />

agenzie, se non scendiamo<br />

in strada a guardare con i<br />

nostri occhi la vita della<br />

gente?”. Per Boffo, tutto sta<br />

in quell’atto, che non è affatto<br />

semplice: “Guardare”. E<br />

avverte che non significa<br />

solo vedere, ma “saper<br />

entrare nelle pieghe del<br />

mondo, con distacco e<br />

appassionamento, allenamento<br />

e tormento.<br />

E ancora: “Il bravo giornalista<br />

deve tenere gli occhi<br />

fissi anche là dove gli altri si<br />

ritraggono, e saper guardare<br />

a 360 gradi, senza lenti<br />

oscuranti, senza il selezionatore<br />

incorporato, senza<br />

seguire le mode ma piuttosto<br />

percorrendo i sentieri<br />

meno battuti”.<br />

E dice basta con il negativo,<br />

il patologico, il pruriginoso<br />

di cui sono sempre strapiene<br />

le pagine <strong>dei</strong> giornali.<br />

C’è un tesoro di storie<br />

nascoste, piccoli eroismi,<br />

lodevoli iniziative che meritano<br />

di essere portati alla<br />

luce, di avere l’onore della<br />

cronaca: “una falda acquifera<br />

intonsa, cui pochi attingono”.<br />

E si inorgoglisce nel<br />

ricordare come da una<br />

ricerca, commissionata<br />

dalla Caritas, insieme a<br />

Famiglia Cristiana, proprio il<br />

suo giornale, Avvenire, sia<br />

risultato quello che più di<br />

tutti si è occupato delle<br />

guerre dimenticate, “anche<br />

quando – aggiunge – è finita<br />

l’emozione trombonesca<br />

del momento”. Pochi –<br />

accusa poi – hanno<br />

compiuto lo sforzo di interpretare<br />

la guerra seguita ai<br />

fatti dell’11 settembre in<br />

una chiave che non fosse<br />

solamente stategico-militare<br />

ed economica, ma in cui<br />

trovasse spazio soprattutto<br />

la speranza e la solidarietà<br />

per le vittime. “La speranza<br />

cristiana non è un mito o un<br />

atteggiamento emozionale,<br />

ma un’attitudine esistenziale,<br />

ontologica”.<br />

Quando gli viene chiesto<br />

cosa significa per Avvenire<br />

essere un quotidiano di<br />

ispirazione cristiana, Boffo<br />

risponde: “essere fatto da<br />

giornalisti che svolgono<br />

questo mestiere da cristiani,<br />

perché credono che il<br />

Risorto sia davvero nel<br />

cuore del mondo e muove<br />

la cronaca. Siamo narratori<br />

della Pasqua che si fa largo<br />

nella vita degli uomini e<br />

nella storia del mondo”.<br />

UCSI<br />

Ripensare<br />

la professione<br />

alla luce<br />

<strong>dei</strong> nuovi<br />

scenari<br />

mondiali<br />

Roma, 29 gennaio - Raccontare di più<br />

senza coprire nulla, ma allo stesso tempo<br />

interrogarsi sui mutati scenari mondiali dopo<br />

l’11 settembre, perché c’è il rischio di tornare<br />

alla normalità “come se non fosse accaduto<br />

nulla”. Il mondo del giornalismo si è riunito a<br />

Roma, convocato dall’Ucsi per “ragionare<br />

sull’informazione dopo gli attentati” in Usa.<br />

Alla presenza <strong>dei</strong> vertici della Fnsi (il presidente<br />

Franco Siddi e il segretario Paolo<br />

Serventi Longhi, e dell’<strong>Ordine</strong> nazionale, il<br />

presidente Lorenzo Del Boca) il presidente<br />

dell’ Unione Cattolica della Stampa Italiana,<br />

Emilio Rossi ha affrontato il tema con Gad<br />

Lerner, Ennio Remondino, il direttore di<br />

Avvenire Dino Boffo e il direttore di Ap Italia,<br />

Dennis Redmont.<br />

“Vogliamo riaffermare la nostra voglia di<br />

stare sulla notizia”, ha detto Siddi, mentre<br />

per Serventi l’informazione ha avuto un buon<br />

livello di qualità, mentre “molte aziende non<br />

hanno sostenuto con necessario vigore lo<br />

sforzo fatto dall’ informazione: si parla troppo<br />

spesso di tagli sul giornalismo e siamo<br />

preoccupati per il futuro”.<br />

Critico Del Boca, secondo il quale il risultato<br />

complessivo dell’ informazione “è deludente,<br />

con troppa retorica e poco tempo per fare gli<br />

approfondimenti”.<br />

Emilio Rossi ha posto l’attenzione sul fatto<br />

che i giornalisti debbano mettersi in discussione,<br />

“credenti e non credenti, per dare un<br />

senso alla propria professione”.<br />

Remondino ha lanciato l’allarme per<br />

un’informazione utilizzata sempre più come<br />

un’arma dall’apparato militare: “Scatta l’obbligo<br />

del giornalista patriottico o possiamo<br />

continuare ad esercitare il diritto costituzionale<br />

ad informare?”.<br />

D’altro canto, secondo Remondino è stata<br />

consentita “una generalizzazione della<br />

professione senza tutelare il giornalismo di<br />

strada”, quello degli inviati sul posto che<br />

raccontano ciò che vedono.<br />

Un’idea non pienamente condivisa da Buffo,<br />

secondo il quale se da una parte “intollerabile<br />

il salto tra il rischiare la vita e il mimetizzarsi<br />

in una categoria in un certo senso<br />

d’élite”, dall’altro c’è un “eroismo quotidiano”<br />

anche in chi sta in redazione e riesce a<br />

“riportare lo spicchio di mondo che gli<br />

compete alla sua limpidezza”.<br />

Rispetto al “giornalismo patriottico”, secondo<br />

Lerner, né l’Italia, né gli Stati Uniti ne hanno<br />

bisogno: “È invece importante capire le<br />

nostre paure e riflettere a voce alta con<br />

il pubblico”. Due le “icone” di questo particolare<br />

momento per Lerner: da una parte Oriana<br />

Fallaci, con il suo libro-sfogo, dall’altra<br />

Gino Strada con i suoi ospedali in giro per il<br />

mondo dilaniato dalle guerre.<br />

Infine, Redmont ha dato uno spaccato della<br />

situazione vista con gli occhi d’oltre oceano:<br />

patriottismo, livello di dissenso ai minimi<br />

storici, calo della pubblicità e aumento leggero<br />

delle vendite <strong>dei</strong> quotidiani soprattutto<br />

nella fascia d’età 15-34 anni, mancanza di<br />

notizie con un saldo controllo da parte del<br />

Pentagono del flusso di informazioni, un<br />

preoccupante controllo delle immagini televisive.<br />

“Un panorama deprimente - ha concluso<br />

Redmont - ma i sondaggi dicono che agli<br />

americani va bene che sia il Pentagono a<br />

dare le informazioni”. (ANSA)<br />

21 (<strong>25</strong>)


M E M O R I A<br />

L’eroico percorso<br />

del “padre <strong>dei</strong> mutilatini”<br />

Carlo Gnocchi nacque a<br />

San Colombano al Lambro,<br />

presso Lodi, il <strong>25</strong> ottobre<br />

1902. Rimasto orfano del<br />

padre all’età di cinque anni,<br />

si trasferì a Milano con la<br />

madre e i due fratelli, che di<br />

lì a poco morirono di tubercolosi.<br />

Ordinato sacerdote<br />

nel 19<strong>25</strong>, fu assistente d’oratorio<br />

prima a Cernusco sul<br />

Naviglio e poi, dopo solo un<br />

anno, nella parrocchia di<br />

San Pietro in Sala, a Milano.<br />

Nel ‘36 il Cardinale Schuster<br />

lo nominò direttore spirituale<br />

di una delle scuole più prestigiose<br />

di Milano: l’Istituto<br />

Gonzaga <strong>dei</strong> Fratelli delle<br />

Scuole Cristiane.<br />

Nel 1940 l’Italia entrò in<br />

guerra: don Carlo si arruolò<br />

come cappellano volontario<br />

e partì, prima per il fronte<br />

greco albanese e poi, con gli<br />

alpini della Tridentina, per la<br />

campagna di Russia. E proprio<br />

con i suoi alpini strinse<br />

un “patto”, che dopo mantenne:<br />

“Ai vostri figli penserò<br />

io”. Nel gennaio del ‘43 iniziò<br />

la drammatica ritirata del<br />

contingente italiano: don<br />

Carlo, caduto stremato ai<br />

margini della pista dove passava<br />

la fiumana <strong>dei</strong> soldati,<br />

venne miracolosamente raccolto<br />

su una slitta e salvato.<br />

Fu proprio in questa tragica<br />

esperienza che, assistendo<br />

gli alpini feriti e morenti e<br />

raccogliendone le ultime volontà,<br />

maturò in lui l’idea di<br />

realizzare una grande opera<br />

di carità.<br />

Tornato in Italia, iniziò il pietoso<br />

pellegrinaggio, attraverso<br />

le vallate alpine, alla ricerca<br />

<strong>dei</strong> familiari <strong>dei</strong> caduti,<br />

per dare loro conforto morale<br />

e materiale. In questo<br />

stesso periodo aiutò molti<br />

partigiani a fuggire in<br />

Svizzera, rischiando in prima<br />

persona: arrestato dalle<br />

SS, fu rinchiuso nel carcere<br />

di San Vittore.<br />

Nel 1945 venne nominato direttore<br />

dell’Istituto Grandi<br />

Invalidi di Arosio, dove accolse<br />

i primi orfani di guerra e i<br />

bambini mutilati, avviando<br />

così l’opera che lo portò a<br />

guadagnare sul campo il ti-<br />

tolo più meritorio di “padre<br />

<strong>dei</strong> mutilatini”. Nacque così<br />

la Pro Infanzia Mutilata e<br />

aprirono i primi collegi:<br />

Parma, Pessano, Inverigo,<br />

Torino, Roma, Salerno... Nel<br />

‘52 la Pro Infanzia Mutilata si<br />

trasformò in Fondazione Pro<br />

Juventute. Nel ‘55 don Carlo<br />

lanciò la sua ultima, grande<br />

sfida: costruire un moderno<br />

Centro che costituisse la sintesi<br />

della sua metodologia<br />

riabilitativa. Nel settembre<br />

dello stesso anno, alla presenza<br />

del Capo dello Stato,<br />

Giovanni Gronchi, venne posata<br />

la prima pietra della<br />

nuova struttura, a Milano, nei<br />

pressi dello stadio di San<br />

Siro.<br />

Don Carlo, minato da una<br />

malattia incurabile, non riuscì<br />

però a vedere completato<br />

il progetto nel quale aveva<br />

investito le maggiori energie:<br />

il 28 febbraio 1956, la morte<br />

lo raggiunse prematuramente<br />

alla Columbus, una clinica<br />

di Milano dove era da tempo<br />

ricoverato. Le sue ultime parole<br />

furono: “Amici, vi raccomando<br />

la mia baracca”. E<br />

l’ultimo suo gesto profetico<br />

fu la donazione delle cornee<br />

a due ragazzi non vedenti,<br />

quando in Italia il trapianto di<br />

organi non era ancora disciplinato<br />

da apposite leggi.<br />

Il <strong>2002</strong> è per la Fondazione Don Carlo Gnocchi un anno straordinario, perché insieme<br />

al centenario dalla nascita del fondatore si ricordano i primi cinquant’anni di attività<br />

dell’Opera da lui avviata, riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della<br />

Repubblica l’11 febbraio 1952. Nell’occasione, è stato approntato un significativo<br />

calendario di iniziative e celebrazioni (che partiranno nel mese di <strong>marzo</strong>, per<br />

concludersi a fine anno, con l’udienza particolare che verrà concessa dal Santo Padre<br />

alla Fondazione Don Gnocchi) insieme a un pacchetto di nuovi sussidi che andranno<br />

a integrare i volumi editi finora. Tra le novità, una biografia di don Gnocchi, firmata da<br />

Giorgio Rumi ed Edoardo Bressan (edita da Mondadori) e due nuovi audiovisivi, il<br />

primo sulla vita di don Carlo (protagonista l’attore Roberto Accornero) e l’altro sulle<br />

Don Gnocchi, alpino, gio<br />

Educatore e scrittore formidabile, don Gnocchi<br />

è autore di testi che conservano intatti il<br />

loro fascino e la loro straordinaria attualità.<br />

Si tratta di Andate e insegnate (1934); L’insegnamento<br />

religioso nell’Opera Nazionale<br />

Balilla (1934); Agli uomini di buona volontà<br />

(1937); Educazione del cuore (1937); La<br />

direzione spirituale nella preparazione <strong>dei</strong><br />

giovani alla famiglia (1939); I giovani del<br />

nostro tempo e la direzione spirituale (1940);<br />

Il problema del cinema (1940); Cristo con gli<br />

alpini (1943); Restaurazione della persona<br />

umana (1946); Elementi del problema divorzistico<br />

(1947) e Pedagogia del dolore innocente<br />

(1956).<br />

I testi sono stati raccolti nel volume Gli scritti,<br />

edito da Ancora, con prefazione del cardinale<br />

Martini.<br />

Da alcuni anni, la Fondazione Don Gnocchi,<br />

I suoi scritti<br />

Ricorre<br />

il centenario<br />

della nascita e il<br />

cinquantenario di<br />

attività dell’Opera<br />

in collaborazione con Ancora Editrice, ha<br />

avviato una Collana nell’ambito della quale<br />

sono usciti i volumi di Ennio Apeciti (Seminatore<br />

di speranza, <strong>2002</strong>); Ezio Bolis (Con<br />

cuore di padre, 2001); Roberto Parmaggiani<br />

(Ho conosciuto don Gnocchi, 2001) e<br />

Ferruccio De Marchi (Diario 1941, 2000). Nel<br />

volume Il dolore innocente (2000), con la<br />

pedagogia di don Gnocchi ci sono interventi<br />

del cardinale Carlo Maria Martini, Luigi Ciotti,<br />

Massimo Cacciari, Francesco Alberoni,<br />

Salvatore Natoli, Bruno Forte e Gianfranco<br />

Ravasi.<br />

Gli interessati possono rivolgersi all’Ufficio<br />

Comunicazione della Fondazione Don<br />

Gnocchi (tel. 02/40308.710, mail ufficiostampa@dongnocchi.it).<br />

Notizie sui testi e in<br />

generale sulla vita e le opere di don Carlo<br />

Gnocchi si trovano al sito www.dongnocchi.it<br />

di Emanuele Brambilla<br />

Nell’archivio della Fondazione la raccolta <strong>dei</strong><br />

servizi e <strong>dei</strong> pezzi dedicati a don Carlo<br />

Gnocchi negli anni del secondo dopoguerra<br />

sfoggia firme illustri. «Questo sacerdote –<br />

commentava un cronista del tempo – è un<br />

Un grande comunicatore<br />

dai giornali alla radio<br />

grande comunicatore, senza orpelli, secco e<br />

preciso. Quel che c’è da dire va detto, con<br />

ogni mezzo, con i libri, sui giornali e alla radio…».<br />

Cronista tra i cronisti, don Gnocchi (tessera<br />

dell’Albo regionale, elenco speciale) nelle redazioni<br />

era uno di casa: chi lo ricorda, racconta<br />

di come irrompesse negli uffici, rovesciando<br />

sul tavolo <strong>dei</strong> capiredattori il contenuto<br />

di una grossa busta gialla di cuoio.<br />

Erano fotografie. Tutt’altro che belle e nitide.<br />

Foto da pochi soldi, spesso sfocate, male inquadrate,<br />

stampate altrettanto male. Eppure<br />

quelle immagini valevano più di qualsiasi articolo<br />

di giornale. Riprendevano i suoi ragazzi<br />

mutilati: fanciulli con una gamba sola che,<br />

aiutandosi con una stampella, inseguivano<br />

un pallone su un prato; bimbi privi delle mani<br />

che, reggendo una matita tra i due moncherini,<br />

scrivevano lentamente su un quaderno, il<br />

volto teso per lo sforzo e la grafia incerta, ma<br />

chiara; piccoli senza gambe, sulle spalle di<br />

compagni senza braccia… Dietro, una semplice<br />

didascalia, scritta di proprio pugno da<br />

quel prete alto e magro: «C’è tutta la guerra<br />

negli occhi di questi bambini…».<br />

Il gelo calava di colpo nelle redazioni. Gli uomini<br />

in maniche di camicia seduti ai tavoli,<br />

uno per uno si alzavano, facendo circolo attorno<br />

al sacerdote. Don Gnocchi non si<br />

scomponeva. E spiegava: «Quando uno di<br />

questi ragazzini ciechi perde, giocando, l’occhio<br />

di vetro - perché, nonostante tutto, sono<br />

pur sempre bambini, vero? - bisogna subito<br />

sostituirlo perché, ogni giorno che passa,<br />

l’orbita vuota si modifica. Sono piccoli, la crescita<br />

è repentina e deve intervenire il chirurgo».<br />

E ancora: «Vedete questo bambino mutilato<br />

di entrambe le braccia? Tagliava l’erba per i<br />

conigli e ha urtato con il falcetto una bomba<br />

inesplosa. Ora i moncherini sono già in suppurazione:<br />

il chirurgo li deve riaprire, segare<br />

l’osso per accorciarlo e richiuderli di nuovo.<br />

L’organismo umano non cresce contemporaneamente<br />

in tutte le sue parti: prima crescono<br />

le ossa e poi i muscoli. Quindi l’osso <strong>dei</strong><br />

monconi preme e avanza, provocando fitte<br />

atroci. Occorrono tre o quattro interventi chirurgici<br />

prima del completamento della crescita.<br />

Ogni notte qualcuno di loro grida, per il dolore<br />

delle ferite. Si alza a sedere sul lettuccio<br />

e piange. Gli altri si svegliano, stanno con gli<br />

occhi aperti nel buio, pensano alla notte che<br />

toccherà a loro...».<br />

Don Gnocchi se ne andava lasciando dietro<br />

di sé un insopportabile fardello di dolore e<br />

sofferenza. E dando appuntamento agli inviati<br />

e ai fotografi di quel giornale nei propri<br />

collegi. Apparvero così i primi articoli, l’opinione<br />

pubblica si scontrò con quelle immagini<br />

e vennero lanciate le prime sottoscrizioni.<br />

De Sica e Zavattini produssero un bellissimo<br />

documentario (I bambini ci giocano, che seguiva<br />

quello voluto dallo stesso don Gnocchi<br />

a guerra appena conclusa, dal titolo Per noi<br />

la guerra continua…) che sensibilizzava<br />

l’Italia al problema degli ordigni abbandonati.<br />

E la tragedia dell’infanzia innocente e mutilata<br />

divenne un problema nazionale.<br />

Don Carlo Gnocchi era un comunicatore perfetto,<br />

capace di coinvolgere chiunque. Lo era<br />

stato con i ragazzi d’oratorio nei suoi primi<br />

anni di sacerdozio e con gli studenti<br />

dell’Istituto Gonzaga prima dello scoppio della<br />

guerra. Colpiva la sua comunicabilità innata,<br />

la carica umana che sapeva trasmettere.<br />

Gentile, aperto, disposto a capire tutto, paterno<br />

senza essere paternalista; ma fermo, esigente,<br />

anche insistente, sicuro nei princìpi<br />

cristiani e sicuro che non serva imporli quanto<br />

proporli: questo tipo di direttore spirituale<br />

era don Carlo Gnocchi al Gonzaga. Uno che<br />

non agguantava la “preda”, che non la trattava<br />

altezzosamente, ma che al contrario si avvicinava<br />

con delicatezza, non si stancava<br />

22 (26) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


attività della Fondazione. In preparazione vi sono inoltre un volume a fumetti sulla<br />

vita di don Carlo e uno spettacolo teatrale che verrà proposto ai ragazzi delle scuole.<br />

Sempre nel corso del <strong>2002</strong> verrà ristampata in copie numerate la prima edizione del<br />

Cristo con gli alpini (edita a Lecco nel 1942), l’opera più conosciuta di don Gnocchi,<br />

che raccoglie le testimonianze e le riflessioni del cappellano militare sui fronti grecoalbanese<br />

e nella tragica campagna di Russia. Ma non sarà soltanto una festa:<br />

l’impegno della “Don Gnocchi” sarà anche quello di testimoniare - attraverso segni e<br />

gesti concreti - la continuità dell’opera della Fondazione, che affonda le proprie radici<br />

nei valori legati alla memoria, ma che rimane costantemente attenta e proiettata alla<br />

ricerca di risposte adeguate ai bisogni del nostro tempo.<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

La storia vera di un prete<br />

innamorato della vita<br />

ornalista e santo<br />

mai di spiegare e incoraggiare; uno che<br />

confortava, che esaltava i successi e relativizzava<br />

le sconfitte di quelli che si rivolgevano<br />

a lui».<br />

E con i suoi ragazzi partì per la guerra.<br />

Sconvolgenti – e mirabili dal punto di vista<br />

giornalistico – le sue corrispondenze dal<br />

fronte, veri e propri reportage d’autore, pubblicati<br />

su L’Italia e poi raccolti nel duro e incantevole<br />

Cristo con gli alpini. Don Gnocchi<br />

sapeva essere scrittore avvincente, con uno<br />

stile graffiante che mezzo secolo dopo ancora<br />

si legge d’un fiato, genuino e scorrevole,<br />

efficace e coinvolgente, crudo e dolce insieme.<br />

E comunicatore straordinario lo era nell’orga-<br />

«Bisogna rifare l’uomo e, per<br />

farlo, bisogna restituirgli anche<br />

la dignità, la dolcezza e<br />

la varietà del vivere, quel rispetto<br />

della personalità individuale<br />

e quella possibilità di<br />

esplicare completamente il<br />

potenziale della propria ricchezza<br />

personale».<br />

Fedele al mandato ricevuto<br />

da don Carlo, oggi la<br />

Fondazione Don Gnocchi<br />

opera in venti Centri, distribuiti<br />

in nove regioni d’Italia.<br />

Qui viene svolta attività di riabilitazione<br />

post-acuta nei filoni<br />

ortopedico, neurologico,<br />

cardiologico e respiratorio;<br />

riabilitazione per disabili lungo<br />

assistiti; assistenza agli<br />

anziani in prevalenza non autosufficienti;<br />

assistenza di<br />

malati oncologici in fase terminale.<br />

Le prestazioni riabilitative<br />

sono erogate in regime<br />

Tutti i testimoni concordano:<br />

don Carlo Gnocchi merita di<br />

essere fatto santo. Anzi, è<br />

già santo, perché lo è sempre<br />

stato. Ha vissuto così,<br />

perché non era capace di<br />

vivere in altro modo. È una<br />

biografia assolutamente<br />

inedita quella che Roberto<br />

Parmeggiani, vicecaporedattore<br />

di Famiglia Cristiana,<br />

ha tracciato nel quinto<br />

volume della Collana Don<br />

Gnocchi (Ho conosciuto<br />

don Gnocchi, editrice<br />

Ancora). È la storia vera di<br />

un prete innamorato della<br />

vita, è il racconto di una<br />

santità fatta di mille piccole<br />

azioni quotidiane, che affascinano<br />

ancora oggi e non<br />

solo i credenti.<br />

Appassionante come un romanzo,<br />

il libro narra episodi<br />

e riprende testimonianze di<br />

figure celebri e persone<br />

semplici che sono immagini,<br />

colpi di flash, con primi<br />

piani e campi lunghi. Quasi<br />

un film, insomma, tratto da<br />

una storia vera.<br />

E bellissima.<br />

residenziale (ricovero a tempo<br />

pieno), di seminternato<br />

(day-hospital), extramurale,<br />

ambulatoriale e domiciliare.<br />

Ampio spazio è riservato alla<br />

ricerca scientifica in tutti i<br />

Centri, specie negli Istituti di<br />

Ricovero e Cura a Carattere<br />

Scientifico (IRCCS) di Milano<br />

e di Pozzolatico-Firenze.<br />

In particolare, l’IRCCS “S.<br />

Maria Nascente” di Milano,<br />

dotato di un Centro di<br />

Bioingegneria istituito in collaborazione<br />

con il Politecnico,<br />

è specializzato nella ricerca<br />

nei settori biomedico, biotecnologico<br />

e nella sperimentazione<br />

clinica finalizzata alla<br />

individuazione di nuove metodiche<br />

e di nuove tecnologie<br />

per il recupero <strong>dei</strong> deficit motori<br />

e neurocognitivi e per la<br />

riduzione delle condizioni di<br />

disabilità.<br />

Il processo di beatificazione,<br />

concluso nel ‘91 in sede<br />

diocesana, è ora alla<br />

Congregazione per le<br />

Cause <strong>dei</strong> Santi, a Roma.<br />

«Ricordo la strabocchevole<br />

e commossa folla che lo accompagnò<br />

in Duomo – scrive<br />

il senatore Giulio<br />

Andreotti nella prefazione<br />

del libro –: fu in quel pomeriggio<br />

milanese che don<br />

Carlo venne di fatto elevato<br />

agli altari. Così come tanti<br />

secoli prima il popolo ambrosiano<br />

aveva eletto il suo<br />

vescovo Ambrogio».<br />

Era il 1° <strong>marzo</strong> del 1956.<br />

Don Gnocchi aveva solo 54<br />

anni.<br />

«Per i funerali, i monsignori<br />

del Duomo non li volevano in<br />

Duomo – ricorda monsignor<br />

Giovanni Barbareschi, amico<br />

fedele ed esecutore testamentario<br />

di don Gnocchi –.<br />

Si impose Montini. Durante il<br />

rito, a un certo punto Montini<br />

mi disse: “Io non parlo. Fa’<br />

parlare un bambino”. Fu preso<br />

un bambino e portato al<br />

microfono. Disse: “Prima ti di-<br />

nizzare iniziative per sensibilizzare l’opinione<br />

pubblica. Si servì della radio, oltre che <strong>dei</strong><br />

giornali, per tutte le manifestazioni scaturite<br />

dalla sua mente fantasiosa e vulcanica. Il raid<br />

motociclistico Milano-Oslo (la nota “Fraccia<br />

Rossa”, con gli scout in sella ai Guzzini) e ancor<br />

più la trasvolata oceanica verso l’America<br />

del Sud con “L’Angelo <strong>dei</strong> bimbi”, un velivolo<br />

– pilotato dal giornalista Maner Lualdi e dal<br />

conte Leonardo Bonzi – che gettò un ponte<br />

ideale tra i due continenti. Don Gnocchi era<br />

ormai conosciutissimo in tutte le redazioni e<br />

l’impresa venne seguita con grandissima attenzione.<br />

Don Gnocchi fu perfino uno “scandaloso” comunicatore,<br />

quando sul letto di morte decise<br />

cevo: ciao, don Carlo.<br />

Adesso ti dico: ciao, san<br />

Carlo”. Ci fu un’ovazione. E<br />

Montini commentò: “Molto<br />

meglio che abbia parlato un<br />

bambino”».<br />

Anni prima un altro bambino<br />

giocava a pallone in un<br />

campetto polveroso.<br />

Seguiva la sfera, la prendeva<br />

a calci, anche se era cieco.<br />

Dentro il pallone c’era<br />

un barattolo che faceva rumore<br />

a ogni rotolio: il bambino<br />

lo sentiva e così poteva<br />

giocare come gli altri. Ai<br />

bordi del campo c’era un<br />

prete alto e magro che tifava<br />

per lui, contento della<br />

sua invenzione.<br />

di donare le proprie cornee, ben cosciente<br />

del clamore che l’ufficialità dell’intervento – a<br />

quel tempo non ancora regolato dalle leggi –<br />

avrebbe sollevato. Volle così per donare se<br />

stesso ai propri ragazzi, fin oltre la morte, e<br />

perché così avrebbe potuto spingere il legislatore<br />

e la Chiesa stessa a prendere posizione<br />

sul tema. Troppi ragazzi, troppe persone<br />

bisognose potevano avere salva la vita<br />

grazie ai trapianti. «Chi può escludere - scrissero<br />

i giornali in quei giorni - che non ci sia<br />

stata tra lo scienziato e don Carlo morente<br />

addirittura una sorta di nobile congiura, di<br />

stupendo complotto al fine di raggiungere<br />

questo umanissimo scopo?».<br />

Questo era don Carlo Gnocchi. E questo<br />

La Fondazione oggi<br />

Il suo ultimo dono<br />

«Ti chiedo un grande favore, non negarmelo: sei pronto a<br />

rischiare la prigione per me? Io voglio donare le mie cornee.<br />

Fra poco non ci sarò più... Prendi i miei occhi: anche questi<br />

sono per i miei ragazzi». Milano, febbraio 1956: don Carlo<br />

Gnocchi, sentendosi vicino alla fine, si rivolge così all’amico<br />

professor Cesare Galeazzi, illustre primario oftalmico, chiedendogli<br />

di sfidare la legge. A quel tempo i trapianti in Italia<br />

erano proibiti. E fu proprio il clamore del gesto voluto da don<br />

Gnocchi a spingere il Parlamento ad approvare la prima<br />

normativa in materia. Anche la riflessione etica e teologica<br />

subì grazie a don Carlo un’accelerazione decisiva.<br />

Le cornee del “papà <strong>dei</strong> mutilatini” furono trapiantate a due<br />

ragazzi non vedenti: Silvio Colagrande e Amabile Battistello.<br />

Entrambi hanno riacquistato la vista grazie a quell’atto di<br />

generosità: Amabile si è sposata ed è oggi madre; Silvio ha<br />

raggiunto la laurea, si è sposato anche lui e ha proseguito il<br />

proprio cammino professionale all’interno della Fondazione<br />

Don Gnocchi, dove tuttora opera in qualità di direttore del<br />

Centro “S. Maria alla Rotonda” di Inverigo (Co). «Avevo perso<br />

quasi completamente la vista all’età di sette anni - spiega -.<br />

Uno zampillo di calce viva mi aveva colpito agli occhi mentre<br />

stavo giocando. Poi, al centro Pro Juventute che don Carlo<br />

aveva aperto a Roma, avevo imparato il linguaggio Braille,<br />

nell’attesa di un trapianto possibile soltanto all’estero». Ci<br />

pensò, invece, don Gnocchi. « Il 27 febbraio ‘56, vigilia del<br />

giorno della morte di don<br />

Gnocchi, tutti i suoi alunni<br />

non vedenti furono chiamati<br />

per una visita oculistica.<br />

Quando entrai nell’ambulatorio,<br />

riconobbi la voce del<br />

professor Galeazzi.<br />

Dopo la visita mi fu semplicemente<br />

detto che occorreva<br />

andare a Milano, destinazione<br />

l’Istituto Oftalmico. Non<br />

mi dissero altro. Mi resi conto<br />

di quanto mi era accaduto<br />

soltanto il giorno dopo, al<br />

risveglio dall’anestesia: Da<br />

allora i miei occhi non hanno<br />

avuto più bisogno di nulla.<br />

Sono rimasto legato alla<br />

Fondazione Don Gnocchi -<br />

conclude Colagrande - non<br />

solo per finire gli studi, ma anche per lavorarci: mi è sembrato<br />

l’unico modo di rispondere a quel gesto ricevuto senza<br />

neanche una parola.<br />

Mi avvicino ormai ai trent’anni di servizio e li ho svolti cercando<br />

di esprimere nel quotidiano quello spirito di servizio e solidarietà<br />

che avevo conosciuto da ragazzo alla Centro “La<br />

Rotonda”, quando ho ricevuto non solo una cornea, ma una<br />

fortissima educazione di esempi, non di parole, a praticare<br />

attenzione verso gli altri e ad esprimere in azioni quotidiane<br />

il senso del nostro essere cristiani».<br />

L’attività formativa è invece<br />

svolta attraverso scuole elementari<br />

speciali, i corsi di formazione<br />

professionale per<br />

disabili, Centri Socio<br />

Educativi e i Centri di Formazione<br />

Professionale. In<br />

qualità di Istituto di Ricovero<br />

e Cura a Carattere Scientifico,<br />

la Fondazione ha inoltre<br />

attivato una serie di percorsi<br />

di formazione in convenzione<br />

con Università e<br />

Regione Lombardia: si tratta<br />

<strong>dei</strong> corsi di laurea in<br />

Ingegneria biomedica (con il<br />

Politecnico di Milano), per<br />

Terapista della Riabilitazione,<br />

Tecnico di Neurofisiopatologia,<br />

Terapia Occupazionale,<br />

per Infermiere e per<br />

Educatore Professionale<br />

(con l’Università degli Studi),<br />

oltre a corsi di perfezionamento<br />

post-laurea su<br />

spiega quel che Orio Vergani scrisse sul<br />

Corriere della Sera il giorno della sua morte,<br />

nella Milano commossa di quel 28 febbraio<br />

1956: «Davanti a quest’uomo semplicissimo<br />

tremai, perché temevo di non poter essere,<br />

nel mio racconto, semplice in modo degno<br />

della sua estrema semplicità. C’era, in lui,<br />

qualcosa che non si può definire se non aereo,<br />

come un distacco dalle misure della contingenza<br />

immediata, un senso di levitazione,<br />

quasi di un passo senza rumore. Vite di santi<br />

se ne sono scritte tante, ma questo ch’io mi<br />

vedevo davanti quella mattina che rimasi con<br />

lui tra i suoi ragazzi di Inverigo era un “santo”<br />

come nei quadri e negli affreschi o nei mosaici<br />

se ne vedono ben pochi…».<br />

“Tecnologie per l’autonomia e<br />

l’integrazione sociale delle<br />

persone disabili” (con<br />

l’Università Cattolica del<br />

Sacro Cuore di Milano).<br />

La Fondazione Don Gnocchi<br />

ha alle proprie dipendenze<br />

quasi 3000 operatori ed eroga<br />

le proprie prestazioni in<br />

regime di accreditamento<br />

con il Servizio Sanitario<br />

Nazionale. Di recente ha ottenuto<br />

il riconoscimento di<br />

Organizzazione Non Governativa<br />

(ONG) per un più diretto<br />

intervento nei Paesi in<br />

via di Sviluppo. Interventi e<br />

progetti sono in corso in<br />

Kosovo (formazione di terapisti<br />

della riabilitazione),<br />

Zimbabwe (assistenza a<br />

bambini affetti da Aids) e nel<br />

Tibet (riabilitazione, formazione<br />

e inserimento lavorativo<br />

di persone disabili).<br />

23 (27)


STAMPA<br />

LOCALE<br />

“Il Popolo<br />

Cattolico”<br />

di Mario Tirloni<br />

Il Popolo Cattolico è un settimanale che in questi giorni ha<br />

festeggiato gli ottant’anni di attività. Nato a Treviglio il 31<br />

dicembre 1921 (voluto dall’allora arcivescovo di Milano card.<br />

Achille Ratti, divenuto poi Papa Pio XI e fondato da mons.<br />

Ambrogio Portaluppi, prevosto di Treviglio San Martino), il<br />

giornale si proponeva di essere vicino al popolo, interpretandone<br />

le esigenze e le speranze sociali, dentro una visione<br />

cristiana, di fedeltà alla Chiesa e alla Diocesi di Milano<br />

(poiché Treviglio, pur in provincia di Bergamo, fa capo religiosamente<br />

alla diocesi ambrosiana). E dimostrò subito di essere<br />

vicino alla gente.<br />

Oggi, ottant’anni dopo, il settimanale è cresciuto, dilatandosi:<br />

dalle due facciate iniziali alle 48-56 pagine tabloid, a colori,<br />

con grandissima ricchezza di cronaca locale (che “si prende”<br />

almeno il 95 per cento del numero), il Popolo Cattolico ha<br />

percorso un cammino di forte radicamento: a fronte del notiziario<br />

fornito dai quotidiani provinciali e milanesi, è in grado<br />

di... andare oltre, approfondendo e legando l’informazione al<br />

valore del confronto in sede cittadina.<br />

Ed è una “bandiera”... prestigiosa, se si pensa che esce in<br />

una città - che non arriva ai trentamila abitanti - che non è<br />

capoluogo di provincia né sede vescovile (suddivisa in sei<br />

parrocchie), caso unico in Italia (se si eccettua Monza, che<br />

però ha il quadruplo di abitanti). Ed ogni settimana rinnova il<br />

dialogo con la sua gente, chiamandola anzi a discutere, a<br />

confrontarsi: è un dibattito aperto, ininterrotto, fra tutte le idee<br />

e le forze, e pertanto acquista autorevolezza, proprio perché<br />

entra dentro la realtà degli interessi - veri, e di tutti - della<br />

Il settimanale<br />

esce a Treviglio<br />

dal dicembre<br />

1921 ed ha<br />

festeggiato<br />

gli ottant’anni,<br />

sia con un<br />

“numerone”<br />

eccezionale<br />

di 140 pagine sia<br />

con un convegno<br />

sulla stampa<br />

“minore” cattolica.<br />

Diretto da<br />

Amanzio Possenti<br />

dal 1983 è amato<br />

dalla comunità<br />

perché ad essa<br />

vicino<br />

Ottant’anni al servizio<br />

della città e del territorio<br />

di Carlo Rigamonti<br />

Sfogliamo insieme una<br />

copia de il Popolo Cattolico.<br />

La “prima” è rappresentata<br />

da un... impianto fisso: l’editoriale<br />

di Amanzio Possenti<br />

(che esce ininterrottamente<br />

dall’ottobre 1983 e si<br />

sofferma sui principali fatti<br />

di attualità, non solo trevigliese)<br />

e la rubrica Di stri-<br />

scio, a cura del direttore,<br />

che rimarca, come “distico”<br />

veloce, ogni settimana, un<br />

aspetto, dal punto di vista<br />

sociale, culturale, morale e<br />

politico. Nella “seconda”,<br />

spazio ad una curiosa<br />

rubrica Forma Urbis di<br />

Marcello Santagiuliana, un<br />

compendio di attenzioni<br />

alla realtà locale, al Vangelo,<br />

ad una testimonianza<br />

fotografica del passato.<br />

città, procurando di essere costantemente pronto ad accogliere<br />

ogni parere, con umiltà, senza prosopopea, anzi con<br />

la piena disponibilità a dare spazio a tutti, sempre, comunque,<br />

affinché il dialogo sia effettivo, non solo proclamato.<br />

È singolare aggiungere un altro dato di fatto, storico: quando<br />

nacque, il Popolo Cattolico era stato preceduto, da una decina<br />

d’anni, da altro settimanale anch’esso cattolico: si chiamava<br />

La sveglia, ma si decise che occorreva un settimanale<br />

nuovo, più visibile nella realtà sociale ed ecclesiale, più innovativo<br />

rispetto alle attese della gente. Così venne alla luce<br />

questo settimanale, che, festeggiando nel gennaio <strong>2002</strong> gli<br />

ottant’anni, ha dato spazio a due iniziative importanti: in<br />

primo luogo la pubblicazione di un “giornalone” straordinario<br />

(il primo numero del gennaio <strong>2002</strong>) di 140 pagine con sovracoperta<br />

a colori (disegnata dall’artista trevigliese Trento<br />

Longaretti) e con quattro “coste” di foliazione e, soprattutto,<br />

con il recupero, anno per anno, dal 1921 al 2001, di tutta la<br />

cronaca di Treviglio ripristinata; in secondo luogo, l’effettuazione<br />

di un convegno sul rapporto tra la “piccola stampa locale<br />

cattolica” e la grande informazione, convegno che, moderato<br />

dal direttore del giornale, Amanzio Possenti, ha visto la<br />

partecipazione di illustri personaggi, quali il vescovo ausiliare<br />

di Milano mons. Giuseppe Merisi (che fu anche collaboratore<br />

de il Popolo Cattolico, essendo egli un trevigliese), il direttore<br />

di Avvenire Dino Boffo, il direttore di Studi Cattolici Cesare<br />

Cavalleri, lo storico Erminio Gennaro (che ha ripercorso tutta<br />

la vicenda storica de il Popolo Cattolico dalla fondazione), il<br />

presidente nazionale Fisc don Vincenzo Rini e il delegato<br />

regionale don Giorgio Zucchelli, il responsabile delle pagine<br />

diocesane di Milano Claudio Mazza, l’editore mons. Enrico<br />

Anzaghi e, particolare curioso, sette collaboratori de il Popo-<br />

Nella radice<br />

cristiana<br />

la pluralità<br />

delle voci<br />

La “terza” è costituita dalla<br />

rubrica Spunti, tessuta di<br />

ironia e commenti, ad<br />

opera di Fioresanto, con<br />

spazi dedicati a rubriche di<br />

cultura, di arte, di scienza,<br />

di “siti” ed ora anche una<br />

vignetta. Dalla pagina 4,<br />

inizia La nostra città, ovvero<br />

tutto ciò che è cronaca di<br />

Treviglio: e seguono tantissime<br />

pagine attente al<br />

pullulare di iniziative locali.<br />

Previste anche due pagine<br />

del Territorio, riservate ai<br />

paesi della zona. Al centro,<br />

un prezioso inserto - curato<br />

da Laura Fagnani - Tuttonotizie,<br />

con ricchezza di fatti<br />

culturali, di spettacoli, di<br />

memorie, di “pillole” di<br />

cultura: tra i collaboratori<br />

più apprezzati, Mario Arduino,<br />

Marco Carminati, Flavio<br />

Gusmini (per il cinema),<br />

Eria Tasca, Gianfranco<br />

lo Cattolico che hanno “raccontato” la singolarità della loro<br />

esperienza nel corso del tempo.<br />

Il Popolo Cattolico ha una sede dignitosa e accogliente, sita<br />

nel centro di Treviglio, in via Fratelli Galliari (tel. 0363 49423,<br />

fax 0363 49968, e-mail popolocattolico@libero.it).<br />

All’ingresso le persone sono accolte dalle due segretarie,<br />

Laura Fagnani e Nadia Mazzola, c’è poi l’ufficio del direttore<br />

amministrativo rag. Antonio Muttoni, un ampio salone per il<br />

settore computer (con i “tecnici” Mauro Faccà e Chiara Bianchi),<br />

l’ufficio per il direttore tecnico rag. Paolo Parodi e spazio<br />

specifico, ovviamente, per il direttore e per i collaboratori. Il<br />

settore tecnologico è di assoluto primordine: dieci computer<br />

calibrati a seconda delle necessità, cosicché il giornale - che<br />

non ha <strong>dei</strong> redattori nel senso contrattuale, bensì <strong>dei</strong> collaboratori,<br />

iscritti all’<strong>Ordine</strong> quali giornalisti pubblicisti - è nelle<br />

condizioni di essere rapido per ogni evenienza, anche per<br />

cambiamenti totali nella mattinata di giovedì.<br />

Sostenuto da un consiglio di amministrazione (editore mons.<br />

Enrico Anzaghi, che rappresenta pro-tempore la proprietà,<br />

ovvero la parrocchia di san Martino, membri Luca Colleoni,<br />

Lorenzo Bergamini e Angelo Chiari) che provvede a garantire<br />

costantemente l’uscita del settimanale - che non ha mai<br />

avuto interruzioni nella sua lunga vita - “il Popolo Cattolico<br />

ora intende diventare - come ha ricordato il direttore Amanzio<br />

Possenti - ancor più vicino alla gente ed ancora più amato<br />

dalla gente”.<br />

Questo è l’obiettivo di un giornale, che è pienamente tale a<br />

tutti gli effetti e vive in una cittadina dove, tra l’altro, esce un<br />

altro settimanale (laico), opera una tv con sei edizioni giornaliere<br />

di “news”, si pubblicano un mensile e un bimestrale, è in<br />

funzione un’altra stazione televisiva.<br />

Previtali Rosti, Giovanna<br />

Bassetta.<br />

Da notare anche la presenza,<br />

a ritmo alternato, della<br />

Pagina al femminile (a cura<br />

di Giovanna Bindelli), delle<br />

pagine <strong>dei</strong> bambini e <strong>dei</strong><br />

ragazzi (a cura di Francesca<br />

Oggionni e di Maria<br />

Laura Parmeggiano), della<br />

Pagina degli artigiani. E<br />

poi, ancora, tantissima<br />

cronaca frutto importante<br />

del lavoro di Fabio Conti,<br />

Saverio Volpe, Mariella<br />

Ravasi, Paolo Belloni,<br />

Maria Lauretta Moioli, Pina<br />

Donzelli Possenti, Domenico<br />

Vescia, Francesco Chiari,<br />

Michele Motta, Renato<br />

Possenti, Erminio Gennaro,<br />

Manlio Possenti, Luigi<br />

Minuti, Stefano Cerea e<br />

Luca Cesni (con le fotografie).<br />

Fatto eccezionale, il<br />

Popolo Cattolico propone, in<br />

ogni numero un inserto di<br />

otto pagine dal titolo Tuttocalcio<br />

(realizzato da Gigi Di<br />

Cio), dedicato ai ragazzini<br />

che giocano al pallone e<br />

alle squadre minori del<br />

territorio.<br />

Lo sport si nutre anche di<br />

pagine speciali riservate al<br />

basket (con Gabriele<br />

Colombo), alla pallavolo,<br />

allo sport sciistico, all’atletica<br />

e così via.<br />

Insomma, un giornale ricco<br />

di idee, di proposte, di<br />

stimoli, di informazioni, di<br />

buon gusto: va detto a<br />

corollario che lo scrivere è<br />

eccellente, curato, attento.<br />

Infine la grafica, un bel<br />

“colpo d’occhio”, assicurata<br />

da qualità e sensibilità,<br />

oltre che da una stampa<br />

efficace, dalla Sigraf di<br />

Calvenzano.<br />

Il giornale che nasce dalla<br />

collaborazione con i lettori,<br />

che è il sommario della<br />

testata è dunque un luogo<br />

privilegiato di confronto;<br />

cattolico senz’altro, ma<br />

cittadino, totalmente cittadi-<br />

24 (28) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


Intervista con il direttore Amanzio Possenti<br />

I primi<br />

collaboratori<br />

sono<br />

i lettori<br />

di Giseppe Pini<br />

Amanzio Possenti è il direttore<br />

responsabile de il<br />

Popolo Cattolico. Giornalista<br />

professionista, già caposervizio<br />

e vice-redattore capo<br />

per le pagine della provincia<br />

al quotidiano L’Eco di<br />

Bergamo (dal 1963 al<br />

1994), collaboratore di<br />

testate nazionali, dirige il<br />

settimanale di Treviglio dal<br />

1983: Treviglio è la sua città<br />

natale e di residenza.<br />

Qual è il segreto del<br />

successo de il Popolo<br />

Cattolico?<br />

“In primo luogo il suo essere<br />

giornale della gente, nel<br />

vero senso della espressione.<br />

I lettori sono i primi collaboratori<br />

del settimanale, al<br />

quale portano informazioni<br />

di ogni tipo. In secondo<br />

luogo, perché è un giornale<br />

radicato nel cuore <strong>dei</strong> trevigliesi<br />

e degli abitanti del<br />

territorio: per ‘radicato’ intendo<br />

che... non se ne può fare<br />

a meno, da parte di tutti,<br />

cattolici e non. Il fatto che il<br />

settimanale venda attorno<br />

alle 4mila copie (ed abbia la<br />

metà <strong>dei</strong> lettori fra gli abbonati)<br />

significa che tutta la<br />

città lo legge, anche chi non<br />

è d’accordo con la sua<br />

matrice, chiaramente cattolica,<br />

ma libera e aperta”.<br />

Come si organizza ogni<br />

numero in redazione?<br />

“Si comincia il venerdì antecedente<br />

la successiva uscita,<br />

che reca la data del<br />

sabato, ma è in edicola fin<br />

dal giovedì sera. I collaboratori<br />

- che sono tantissimi,<br />

un’ottantina, quasi tutti<br />

giovani, insieme ad alcuni<br />

‘pilastri storici’ - sono avvertiti<br />

dal direttore, tramite la<br />

segreteria, <strong>dei</strong> servizi che<br />

dovranno preparare, degli<br />

spazi e <strong>dei</strong> tempi di presentazione.<br />

Tutto affluisce sul<br />

tavolo del direttore che, nel<br />

no, un giornale che dimostra<br />

come la stampa locale<br />

possa avere un grande<br />

avvenire, quando sappia<br />

sposare la notizia con la<br />

capacità di raccontarla.<br />

I direttori che si sono<br />

succeduti negli 80 anni de<br />

il Popolo Cattolico sono<br />

numerosi. Ricordiamo -<br />

insieme a don Carlo Rossi<br />

dell’epoca della fondazione<br />

- alcuni altri del periodo<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

caso specifico, rivede l’intero<br />

materiale, lo colloca titolandolo<br />

nelle singole pagine,<br />

ne traccia le tipologie<br />

grafiche, poi il tutto viene<br />

realizzato al meglio, con<br />

grande professionalità, dai<br />

due tecnici del settore<br />

computer, Mauro Faccà e<br />

Chiara Bianchi, sotto la<br />

guida tecnica del rag. Paolo<br />

Parodi. Seguono i momenti<br />

del controllo e delle correzioni:<br />

giovedì mattina, ultimi<br />

tempi a disposizione,<br />

giovedì nel primo pomeriggio<br />

la stampa, quindi la<br />

diffusione nelle edicole a<br />

partire dalle ore 17.<br />

E l’attesa è tale che subito<br />

‘spariscono’ moltissime<br />

copie...”.<br />

Quale esperienza in più<br />

rispetto al periodo di<br />

lavoro (mi pare 32 anni) al<br />

quotidiano?<br />

“Quella di vivere la realtà<br />

‘autentica’ della gente, a<br />

contatto diretto: niente<br />

‘discorsi alati’, molta pratica<br />

e sensibilità, tanta concretezza<br />

e attenzione, perché<br />

si opera ‘sul difficile’, nella<br />

propria città e dunque<br />

occorrono rispetto (sempre<br />

e comunque) delle persone<br />

e delle situazioni, della<br />

verità, della oggettività e<br />

della comunità, nonché<br />

prudenza che significa<br />

risposta ai fatti, non sensazionalismi,<br />

attenzione alle<br />

norme morali, penali e<br />

deontologiche. Dunque,<br />

una ricerca continua di un<br />

giornalismo fatto per il lettore,<br />

nel modo più immediato<br />

e comunicativo. Ovviamente<br />

dentro la radice cristiana,<br />

che però vuol dire, qui a il<br />

Popolo Cattolico, totale<br />

pluralità di opinioni: ed è<br />

anche per questo che il<br />

giornale ‘tira’ e vende,<br />

proprio perché è di tutti e<br />

per tutti, nessuno escluso,<br />

senza preferenze per<br />

nessuna forza politica o<br />

sociale”.<br />

posteriore all’ultima guerra<br />

mondiale: don Costantino<br />

Rossi, don Alessandro<br />

Mezzanotti (che impresse<br />

uno slancio straordinario<br />

negli anni fra il 1948 e il<br />

1962), don Walter Vigo, P.<br />

Gaetano Galbiati, don<br />

Paolo Donato, P. Battista<br />

Cortinovis, ed infine, primo<br />

direttore laico, il giornalista<br />

Amanzio Possenti (dall’ottobre<br />

1983).<br />

IL RICONOSCIMENTO CONSEGNATO A REPORTERS SANS FRONTIERES<br />

Il “Premiolino”<br />

ai Caduti sul campo<br />

di Nicola Falcinella<br />

I giornalisti che trascorrevano insieme settimane<br />

o mesi lontani da casa sui teatri delle<br />

principali vicende internazionali stringevano<br />

fra loro legami che fatalmente si allentavano<br />

al rientro, ciascuno assorbito dalla routine<br />

del quotidiano. Fu così che, nel 1960,<br />

nacque il “Premiolino”, il riconoscimento al<br />

giornalista del mese, l’autore del servizio più<br />

lucido o dell’inchiesta più significativa. La<br />

giuria era costituita da illustri inviati che<br />

avevano modo di ritrovarsi, magari intorno al<br />

tavolo di una trattoria, in occasioni e sedi<br />

diverse da quelle di corrispondenza o dai<br />

campi di battaglia. Questa volta il premio è<br />

andato a chi non si può più incontrare al ritorno<br />

da una “missione” all’estero.<br />

La giuria ha assegnato il riconoscimento agli<br />

8 giornalisti, di 7 Paesi diversi, che hanno<br />

perso la vita cercando di raccontare il conflitto<br />

in Afghanistan.<br />

Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera, i<br />

francesi Pierre Billaud, di Rtl e Johanne<br />

Sutton, di Radio France International, l’australiano<br />

Harry Burton, di Reuters Video<br />

News, l’afgano Azizullah Haidari, della<br />

Reuters, lo spagnolo Julio Fuentes, di El<br />

Mundo, il tedesco Volker Handloik, di Stern,<br />

e lo svedese Ulf Stromberg, di Tv4.<br />

In loro memoria il Premiolino è stato consegnato,<br />

lo scorso 31 gennaio al Circolo della<br />

Stampa di Milano, nelle mani di Robert<br />

Ménard, segretario generale di Reporters<br />

sans Frontières.<br />

All’associazione, considerata “l’organismo<br />

più idoneo a rappresentare tutti i giornalisti<br />

caduti”, è andato l’assegno di 15.000 euro,<br />

mentre pergamene sono state inviate alle<br />

famiglie degli 8 giornalisti. Gaetano Tumiati,<br />

presidente della giuria, ha introdotto la serata<br />

ricordando i messaggi giunti dalle più alte<br />

cariche dello Stato.<br />

Robert Ménard ha parlato <strong>dei</strong> rischi che ancora<br />

oggi i giornalisti corrono svolgendo il<br />

proprio lavoro, citando i 513 colleghi uccisi<br />

negli ultimi 10 anni. “I conflitti sono sempre più<br />

pericolosi per chi li vuole raccontare perché la<br />

loro natura è mutata – ha affermato. “La guerra<br />

classica con un fronte ben definito non<br />

Riccione, 6 febbraio - Al via il bando di concorso dell’ottava<br />

edizione del Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi (Riccione,<br />

6-7-8 giugno <strong>2002</strong>) che da quest’ anno ha ottenuto il patrocinio<br />

della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.<br />

Solidarietà, non violenza e giustizia sono le tematiche<br />

sociali su cui si devono concentrare i servizi televisivi d’inchiesta<br />

che vogliono concorrere al Premio dedicato alla giornalista<br />

Rai uccisa a Mogadiscio (Somalia) nel <strong>marzo</strong> ‘94, insieme al<br />

telecineoperatore Miran Hrovatin. Il concorso è promosso dalla<br />

Regione Emilia Romagna, dal Comune di Riccione e dalla<br />

Provincia di Rimini ed organizzato dall’Associazione culturale<br />

Comunità Aperta. Confermate - oltre a quella del Premio Miran<br />

Hrovatin per teleoperatori - le cinque sezioni <strong>dei</strong> giornalisti: per<br />

servizi brevi da Tg, medio lunghi, di approfondimento, una<br />

quarta riservata alle Tv locali e regionali, una quinta ai giornalisti<br />

under 32. Per quest’ ultima (Premio giovani) è stata organizzata<br />

una giuria ad hoc composta esclusivamente dagli<br />

Gaetano Tumiati, esiste più e i giornalisti diventano <strong>dei</strong> bersagli,<br />

al centro, uccisi proprio perché giornalisti. È importante<br />

presidente che si mandino al fronte giornalisti esperti,<br />

della giuria, possibilmente dopo aver seguito corsi di<br />

illustra i motivi formazione come già fa la Bbc, e che venga-<br />

che hanno no assicurati per garantire le loro famiglie. E<br />

portato ancora va combattuta l’impunità di chi uccide<br />

ad assegnare giornalisti”. Compito di Reporters sans Fron-<br />

il Premiolino tieres, secondo il suo segretario, è aiutare i<br />

a Reporters cronisti in difficoltà, soprattutto quelli seque-<br />

sans Frontieres<br />

strati che non debbono essere dimenticati.<br />

“Abbiamo il dovere di difendere ed estendere<br />

la possibilità di informare in modo libero” è<br />

intervenuto il vicedirettore di Le Monde,<br />

Anne Chaussebourg. “I giornalisti fanno<br />

paura perché testimoniano, perché raccolgono<br />

prove che a molti danno fastidio. Il nostro<br />

giornale è molto attaccato a questi valori di<br />

libertà e presto a Parigi sorgerà una casa di<br />

accoglienza per i giornalisti stranieri”.<br />

Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere,<br />

nel suo intervento ha definito “opportuna” la<br />

scelta della giuria di ricordare “i colleghi morti<br />

in questo conflitto”. “È importante - ha<br />

aggiunto De Bortoli che ha portato il ringraziamento<br />

della famiglia Cutuli – non perdere<br />

la memoria del loro sacrificio”. Sul dovere<br />

della memoria ha incentrato il proprio saluto<br />

anche il presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia,<br />

Franco Abruzzo, che ha annunciato la<br />

proposta di un ricordo annuale “perché questi<br />

colleghi restino sempre con noi”.<br />

Il presidente nazionale dell’<strong>Ordine</strong>, Lorenzo<br />

Del Boca si è complimentato con la giuria<br />

per “un premio di grande significato”. “Maria<br />

Grazia – ha sostenuto Del Boca – ha riscattato<br />

le piccole vigliaccherie quotidiane di tutti<br />

noi. Dobbiamo prestare più attenzione al<br />

linguaggio. Utilizziamo termini guerreschi per<br />

raccontare manifestazioni sportive o confronti<br />

politici e quando andiamo in guerra non<br />

abbiamo più parole capaci di descrivere<br />

quello che avviene”.<br />

In chiusura il vicepresidente della Parmalat,<br />

Domenico Barili, ha consegnato il premio a<br />

Robert Ménard. “Abbiamo sponsorizzato di<br />

tutto – ha affermato Barili – ma mai mi sarei<br />

aspettato di sponsorizzare la libertà di stampa<br />

e quindi la difesa della verità”.<br />

Al via l’ottava edizione del Premio Ilaria Alpi<br />

studenti delle scuole superiori della provincia di Rimini.<br />

La novità di quest’anno è la sezione dedicata agli studenti<br />

delle scuole di giornalismo. All’edizione <strong>2002</strong> potranno partecipare<br />

al concorso anche gli allievi delle scuole riconosciute<br />

dagli Ordini <strong>dei</strong> giornalisti di tutta Italia, con servizi realizzati<br />

come prodotti didattici ed in linea con le tematiche del Premio<br />

giornalistico televisivo Ilaria Alpi.<br />

L’ edizione <strong>2002</strong> ripropone anche il Premio della critica, attraverso<br />

la segnalazione di servizi d’approfondimento andati in<br />

onda sulle emittenti televisive italiane da parte di una giuria<br />

di critici televisivi.<br />

Sempre più consolidati gli intenti del Premio, che si propone<br />

di promuovere servizi e inchieste che trattino temi d’impegno<br />

civile e sociale, con l’obiettivo di voler valorizzare e far conoscere<br />

il giornalismo d’ inchiesta televisivo.<br />

Quello per l’ appunto in cui era impegnata Ilaria Alpi. Il bando<br />

è reperibile anche sul sito www.ilariaalpi.it. (ANSA)<br />

<strong>25</strong> (29)


GRANDI FOTOGRAFI<br />

Se a Milano la mostra sulle<br />

fotografie di Ferdinando<br />

Scianna Altre forme del<br />

caos rimanda allo stesso titolo<br />

dell’antologica che alcuni<br />

anni fa ottenne uno<br />

strepitoso successo ed ha<br />

appena chiuso oltre un mese<br />

di celebrazione, l’altra<br />

esposizione ospitata a<br />

Parigi e inaugurata a fine<br />

gennaio, precisamente il<br />

22, rimarrà aperta fino al 7<br />

aprile. Si chiama Mondo<br />

bambino e come accennato<br />

nella sua intervista descrive<br />

la condizione infantile<br />

in tutto il mondo visitato<br />

dall’obbiettivo di Scianna.<br />

Ancora contrasto, questa<br />

volta fra arretratezza e felicità<br />

<strong>dei</strong> più piccoli, che non<br />

Scianna: ricomincerei da<br />

di Francesca Romanelli<br />

Si definisce un «conversatore fluviale», ma<br />

la sua iniziale ritrosia conserva il retaggio di<br />

un pudore e una riservatezza tutti siciliani,<br />

riproposti a tratti in un accento ruvido e tornito<br />

come la sua terra. Ferdinando Scianna<br />

rievoca i suoi 40 anni di fotografia e 30 di<br />

giornalismo. Ripudia la svolta artistica delle<br />

immagini che spinge i fotografi lontano dalla<br />

testimonianza, mette in guardia dalle manipolazioni<br />

insite nelle nuove tecnologie. Un<br />

grande osservatore si racconta. E confessa<br />

che, se potesse tornare indietro, ricomincerebbe.<br />

Questa volta, a sorpresa, dalla scrittura.<br />

Quale storia personale si cela dietro la<br />

sua avventura di fotografo di fama: come<br />

ha iniziato questa attività e soprattutto a<br />

quale età?<br />

«Ho cominciato assai presto. Vivevo a<br />

Bagheria, a pochi chilometri da Palermo e<br />

avevo probabilmente un destino precostituito:<br />

la mia famiglia aspirava a vedermi professionista.<br />

La mia scelta è stata forse un modo<br />

di fuggire da quel destino. Mi ero iscritto alla<br />

facoltà di Lettere all’università di Palermo e<br />

intanto mi divertivo a fotografare le feste religiose,<br />

un interesse che si tradusse nella<br />

scelta di una tesi in antropologia culturale.<br />

Alla mia prima mostra venne Leonardo Sciascia.<br />

E lì scoppiò una scintilla d’affetto che<br />

innescò un’amicizia imperitura. Lo accompagnai<br />

a Bari dove doveva presentare il suo<br />

testo Morte dell’inquisitore e così, con un<br />

piccolo editore che si chiamava Leonardo da<br />

Tutto<br />

Scianna<br />

da<br />

Milano<br />

a Parigi<br />

Sciascia fotografato da Scianna a Racalmuto. 1964<br />

coincide con la soddisfazione<br />

materiale, bensì con<br />

la serenità dell’innocenza.<br />

Miseria oggettiva eppure<br />

pienezza spirituale. La rassegna<br />

è ospitata all’Istituto<br />

Italiano di Cultura. E poi c’è<br />

il nuovissimo libro che l’autore<br />

ha intitolato Obiettivo<br />

ambiguo, edito da Rizzoli,<br />

334 pagine in cui la tecnica<br />

fotografica fa i conti con se<br />

stessa: con l’obbiettivo che<br />

non è sempre oggettivo ma<br />

spesso ambiguo, capace di<br />

celare, interpretare, modificare<br />

la visione complessiva<br />

della realtà. Si tratta soprattutto<br />

di pagine nelle<br />

quali si mescolano le sue<br />

due grandi passioni di vita:<br />

la scrittura racconta la foto.<br />

Vinci, nacque l’idea di un mio libro proprio<br />

sulle feste. Avevo 21 anni. Ecco, è di allora la<br />

mia prima opera. Sull’onda di quel libro ho<br />

iniziato. Un lavoro che portò anche qualche<br />

polemica, ma le contestazioni furono presenti<br />

durante tutta la carriera di Sciascia. Emigrai<br />

a Milano e qui trascorsi undici anni all’Europeo<br />

come fotoreporter in una stagione considerata<br />

mitica. Era il giornale di Tommaso<br />

Giglio, della Fallaci, chi vinceva il Campiello,<br />

chi faceva il professore universitario... era un<br />

mondo singolare. Qui ho cominciato la mia<br />

esperienza. Gianfranco Moroldo mi ha aiutato<br />

a trasformare in mestiere quello che era<br />

solo un istinto. Poi nel 1973 ho cominciato a<br />

scrivere e durante il 1974 sono passato da<br />

reporter al lavoro di giornalista. Nello stesso<br />

anno sono stato inviato a Parigi da parte di<br />

Giglio: in Francia ho conosciuto il mio grande<br />

amico Cartier Bresson, che mi consigliò di<br />

presentare il mio curriculum all’agenzia<br />

Magnum. Ed eccomi qui.»<br />

Che cos’è per lei la fotografia?<br />

«La fotografia è un modo di entrare in relazione<br />

con il mondo attraverso il felice alibi di<br />

testimone. Ma è soprattutto un sistema per<br />

raccontare anche le proprie vicende personali».<br />

Condivide la definizione del giornalista<br />

come storico dell’istante?<br />

«Siamo storici, la foto è storia, se ne sono<br />

accorti con ritardo estremo che è il linguaggio<br />

chiesto dalla modernità. La fotografia<br />

giostra con gli istanti. Ma con essa si possono<br />

ricostruire cose molto diverse».<br />

Quale ritiene sia il ruolo della fotografia<br />

oggi?<br />

«Come per molti autori della<br />

tradizione narrativa siciliana,<br />

la sua terra ha rappresentato<br />

per lui una metafora del mondo:<br />

un mondo che somiglia a<br />

un a trappola, in cui la ragione,<br />

negata e conculcata da<br />

poteri e complicità di tutti i tipi,<br />

è costretta a cercare se stessa,<br />

a difendere ostinatamente<br />

la sua funzione di giustizia<br />

e di verità».<br />

Questo è Leonardo Sciascia<br />

secondo le parole dello storico<br />

della letteratura Giulio<br />

Ferroni (1992). Non è stata<br />

solo dunque una semplice<br />

comunanza anagrafica ad<br />

avvicinare il siciliano Sciascia<br />

e il siciliano Scianna, ma una<br />

vera contiguità ideale vestita<br />

da un sentimento di amicizia.<br />

Uno con la penna, l’altro con<br />

l’obbiettivo, hanno voluto illuminare<br />

la realtà recondita di<br />

una terra statica nei secoli e<br />

imporsi una riflessione sul si-<br />

«È un momento ambiguo, sta attraversando<br />

uno spartiacque tecnologico e culturale. Ha<br />

costituito una rivoluzione quando all’inizio<br />

dell’Ottocento ha risposto ad un’esigenza<br />

industriale, alla necessità di diffondere le<br />

immagini velocemente grazie alla fotoincisione<br />

e alla litografia. È un’emergenza della<br />

sensibilità, rappresenta il bisogno di tornare<br />

alla prova dell’esistenza del reale, ha continuato<br />

a vivere un ruolo ambiguo. Perché la<br />

portiamo nei tribunali, la teniamo sulle nostre<br />

carte d’identità, la conserviamo quando<br />

ritrae la persona di cui siamo innamorati e la<br />

strappiamo quando un amore finisce. Ne<br />

abbiamo fatto e ne facciamo una testimonianza<br />

fisica di identità. Le abbiamo conferito<br />

il valore della prova. Ma è un linguaggio<br />

che dice la verità e insieme mente, proprio<br />

come la parola. In più, la fotografia ha una<br />

specificità: qualunque foto è vera; può essere<br />

falsa la didascalia, il contesto.<br />

La verità dell’immagine c’è anche nel fotomontaggio,<br />

che pure è imbrogliare. Le foto si<br />

portano comunque dietro una traccia del<br />

reale e determinano il modo di concepire il<br />

mondo. Se scomparissero, i doganieri avrebbero<br />

difficoltà a farci passare...<br />

Ora la fotografia ha trasformato la pittura. Per<br />

secoli questa è stata dar conto del reale ed<br />

anche se ambigua è un frammento del reale.<br />

Le nuove tecnologie digitali presuppongono<br />

oggettivamente la possibilità di manipolazioni.<br />

Anche se poi non avvengono. Le rendono<br />

possibili il trasporto di pixel e non di atomi di<br />

carta, che danno l’opportunità di produrre<br />

autonomamente immagini. La mistificazione<br />

è connaturata alla tecnologia stessa: anche<br />

Leonardo Sciascia<br />

amico degli esordi<br />

gnificato della verità, l’uno<br />

con la razionalità, l’altro con<br />

la sensibilità.<br />

Non stupisce quindi che l’autore<br />

de Il giorno della civetta<br />

abbia intravisto nel giovane<br />

Scianna la sua stessa tensione<br />

per l’indagine antropologica,<br />

la sua stessa passione<br />

per la commistione di generi<br />

e la lucida reattività <strong>dei</strong><br />

vent’anni. Sciascia nasce a<br />

Racalmuto nel 1921, in provincia<br />

di Agrigento, dove diviene<br />

subito maestro elementare<br />

nella scuola del suo<br />

paese. La didattica occupa la<br />

sua vita fino alla fine degli anni<br />

‘50, quando approda a<br />

Roma al ministero della<br />

Pubblica istruzione per tornare<br />

poi a Caltanissetta dove si<br />

stabilisce e lavora per il<br />

Patronato scolastico. Degli<br />

stessi anni è il suo primo libro<br />

a diventare famoso: Le parrocchie<br />

di Regalpetra scritto<br />

nel 1956. Di soli pochi anni<br />

più tardi, ovvero del 1961 è il<br />

suo romanzo più noto. Parte<br />

dal neorealismo dominante<br />

dopo la seconda guerra<br />

mondiale e lascia nella sua<br />

scrittura tracce di verismo<br />

per l’attenzione alla dimensione<br />

meridionale, ma si differenzia<br />

nettamente per le<br />

costruzioni intellettuali e le<br />

complicazioni delle vicende<br />

che sovrappone ai paesaggi<br />

della sua terra. Una scelta<br />

deliberata per mettere la ragione<br />

alla prova delle difficoltà.<br />

Tipica della sua produzione è<br />

la forma letteraria del giallo:<br />

la attinge sia da un marcato<br />

gusto che il pubblico rivela in<br />

quegli anni e che si esprime<br />

sui molti settimanali tentati<br />

dalla forma detective sia dalla<br />

perenne amarezza che<br />

contraddistingue il suo carattere.<br />

Ripropone questo gene-<br />

L’Europeo<br />

Undici anni<br />

d’inchiesta<br />

All’agenzia Magnum, Scianna lavora dal<br />

1982. Prima, anni di fotografie e servizi<br />

all’Europeo. La storia di questa pubblicazione<br />

italiana, che comincia la sua avventura<br />

nel 1944 con formato lenzuolo e lo stile privilegiato<br />

dell’inchiesta, parla di un settimanale<br />

che già tirava fra le 100.000 e le 130.000<br />

copie negli anni Cinquanta, periodo in cui<br />

spiccava per il suo anticonformismo. Vide<br />

come direttore Arrigo Benedetti e la collaborazione<br />

in economia di Eugenio Scalfari.<br />

Quando la proprietà di questa testata liberaldemocratica<br />

passò ad Angelo Rizzoli, la<br />

rottura fra direzione e proprietà condusse<br />

l’entourage di Benedetti a fondare un nuovo<br />

settimanale: nacque così L’Espresso. L’intenzione<br />

iniziale lo voleva quotidiano, la realizzazione<br />

lo vide settimanale. A finanziare<br />

buona parte dell’impresa è Adriano Olivetti.<br />

se non la usi, sai che può essere usata.<br />

Cambierà il modo di rapportarsi con il<br />

mondo. La stessa televisione ci dà l’impressione<br />

di partecipare agli avvenimenti, ma la<br />

realtà è autonoma e c’è un muro costante fra<br />

noi e il reale. Non a caso sono diffidentissimo<br />

nei confronti del tentativo, che da più<br />

parti si tenta di fare, di promozione della fotografia<br />

ad arte: è un modo per buttare i fotografi<br />

fuori dalla realtà».<br />

La sua vita le ha provate entrambe. Qual<br />

è a suo parere la differenza tra fotografia<br />

e scrittura?<br />

« È una differenza capitale. Se potessi ricominciare<br />

dall’inizio, sceglierei di scrivere.<br />

Perché la scrittura è il linguaggio di espressione<br />

più alto che l’uomo abbia mai elaborato<br />

da quando grugniva con una pietra in<br />

mano. Ho difficoltà a pensare ad un Dante<br />

della pittura o ad un Omero della fotografia.<br />

Questa tecnica ha una storia più recente. E<br />

finirà prima che possa competere con altri<br />

linguaggi. È un processo conoscitivo diverso<br />

dalla scrittura, la fotografia si scioglie nell’incontro<br />

con la realtà. Così come Valéry diceva<br />

a proposito della danza: l’istante si scioglie<br />

nella forma e la forma si scioglie nell’istante.<br />

La fotografia ha a che fare con l’istinto,<br />

è una risposta psicoanalitica a ciò che si<br />

ha già dentro di sé. La fotografia è folgorazione.<br />

La scrittura è sedimentazione.<br />

Hanno relazioni molto forti, è vero, perché<br />

vengono spesso abbinate. Ma la fotografia è<br />

più vicina alla pittura che alla letteratura».<br />

Parliamo del suo ultimo lavoro.<br />

« Ho fatto un viaggio in Yemen. Diciamo che<br />

mi compro il tempo e la libertà. Recentemen-<br />

re letterario nel volume A ciascuno<br />

il suo del 1966.<br />

Soltanto di un anno più tardi<br />

è il libro ricordato da Scianna:<br />

Morte dell’inquisitore edito<br />

nel 1967 e dedicato alla<br />

tragedia dell’inquisizione.<br />

La sua figura letteraria e d’intellettuale<br />

attento all’attualità<br />

sono causa delle innumerevoli<br />

critiche alla sua produzione<br />

ricordate anche da<br />

Scianna.<br />

La fama della sua inestricabile<br />

problematicità supera perfino<br />

i confini nazionali e si impone<br />

nel contesto del dibattito<br />

internazionale, non solo<br />

culturale. Ancora giallo nello<br />

scritto Il contesto del 1971.<br />

Si avvicina alla politica da sinistra<br />

e fra gli anni ‘70 e ‘80<br />

dedica un’ampia pubblicistica<br />

polemica al mondo contemporaneo.<br />

Deluso dal comportamento<br />

della classe dirigente italiana<br />

durante la vicenda Moro, fu<br />

deputato alla Camera dal<br />

1979 al 1983 ed esponente<br />

dalla Commissione di inchiesta<br />

proprio sul caso Moro.<br />

Morì a Palermo nel 1989.<br />

(Fra. Ro)<br />

26 (30) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


alla scrittura<br />

te ho lavorato per alcune campagne pubblicitarie.<br />

Domani, ad esempio, andrò a fotografare<br />

degli atleti.»<br />

Perché l’esistenza di due mostre, una a<br />

Milano e l’altra a Parigi?<br />

«Perché sì. Milano è un adattamento di<br />

spazio dell’antologica che gira l’Europa ed è<br />

già stata in Spagna. Traccia un percorso<br />

all’interno del labirinto della vita. Ha un<br />

accento marcatamente siciliano, appartenente<br />

alle pose riprese dai miei 19, 20 anni.<br />

Presenta il tema del paesaggio, del viaggio,<br />

del reportage sociale. A Parigi invece è<br />

incentrata sui bambini. Ho tirato fuori foto di<br />

bimbi colte in varie occasioni, per mostrare<br />

la condizione dell’infanzia nel mondo.<br />

Scoprendo che la felicità può convivere con<br />

la miseria».<br />

Ha appena pubblicato un testo dal titolo<br />

particolare, Obiettivo ambiguo.<br />

Comprensibile alla luce della “poetica”<br />

che ha appena esposto. In che cosa<br />

consiste il volume?<br />

«È un libro di testi. Ho molto riflettuto su ciò<br />

che faccio. Quando la mia pigrizia me lo<br />

consente, scrivo sui problemi della fotografia.<br />

Contiene articoli di vent’anni divisi in tre<br />

settori: l’etica, la teorica e i ritratti di 50 fotografi.<br />

L’anno scorso ho anche tenuto un<br />

bizzarro insegnamento su tutto questo all’università<br />

di Torino».<br />

Com’è stata la sua esperienza all’università?<br />

«Estremamente affascinante. Un modo per<br />

incontrare gente. Dapprima ho resistito un<br />

po’, perché mi sento discepolo e mi vedo<br />

malissimo come maestro. La grande crisi c’è<br />

Costa d’Avorio. 1972<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

stata quando ho capito che non si trattava<br />

soltanto di chiacchierare, ma dovevo seguire<br />

esami, tesi. Sono rimasto sconvolto dalla<br />

cosa. E sono fuggito. Inseguito, ma mai<br />

raggiunto. Per lo stesso motivo non partecipo<br />

mai a premi e giurie. Come dice Cartier Bresson:<br />

“Non siamo mica cavalli da corsa..”».<br />

C’è una fotografia che considera la più<br />

significativa della sua carriera o alla<br />

quale tiene maggiormente rispetto alle<br />

altre?<br />

«I rapporti con le foto sono come quelli con<br />

le idee, con i pensieri. E con gli amori. Non si<br />

può dire a quale si è più legati. O lo si può<br />

dire nel momento in cui lo si è. Non ho preferenze<br />

fra le foto mie, ma fra quelle degli altri.<br />

Fra le mie costantemente scelgo. Cartesio<br />

del resto non diceva che “pensare significa<br />

scegliere”?».<br />

Quale realtà o situazione mondiale<br />

vorrebbe raccontare oggi in fotografia?<br />

C’è un luogo di guerra dove desidererebbe<br />

essere?<br />

«Mi è capitato di trovarmici in mezzo. Ma noi<br />

siamo ancora tributari ad un’idea della storia<br />

un po’ vecchia, fatta di precisi momenti<br />

epocali con cui si scrive il tempo. Ricordiamo<br />

le grandi battaglie. Ho l’impressione al contrario<br />

che gli avvenimenti siano trasversali.<br />

Sono stato, ad esempio, più volte a Benares<br />

in India. E l’impressione iniziale era di banalità,<br />

tutto sembrava uguale a venticinque anni<br />

prima, ma ad uno sguardo attento ho visto<br />

nelle stesse strade come invece si opponessero<br />

modernità e tradizione. Le contaminazioni<br />

mi attirano, gli innesti, come gli arabi in<br />

Sicilia. Cerco e ritraggo i contrasti».<br />

Bagheria è una donna in età<br />

totalmente immersa nell’ombra,<br />

a capo coperto, che dietro<br />

le liste di un’imposta battuta<br />

dal sole scruta indagativa<br />

e incerta una realtà luminosa<br />

e accecante.<br />

Ignota, solo intuita dal timore<br />

reverenziale degli occhi. È<br />

nel 1981, alle soglie <strong>dei</strong> suoi<br />

40 anni e della maturità professionale<br />

che Ferdinando<br />

Scianna rapisce in una<br />

istantanea lo spirito della<br />

sua cittadina natale: reclusa<br />

nella tradizione del sud, buia<br />

ed ermetica per il resto del<br />

mondo che si presenta invece<br />

brillante e veloce. In questo<br />

rettangolo verticale, rigorosamente<br />

in bianco e nero,<br />

l’autore racchiude idealmente<br />

e forse inconsapevolmente<br />

il mistero della sua vocazione:<br />

fatta di attrazione e fuga<br />

dalle origini, di appartenenza<br />

e denuncia per una<br />

stessa realtà, di osservatore<br />

che denuda i contrasti, qui di<br />

luce e di ombra, di arretratezza<br />

e modernità, sostanziata<br />

dalla volontà di perpetuare<br />

l’eterno che alberga in<br />

ogni attimo. Questo primissimo<br />

piano sfuggente riassume<br />

simbolicamente tutta l’esposizione<br />

con cui Milano ha<br />

celebrato Ferdinando Scianna<br />

dal 17<br />

gennaio al<br />

24 febbraio<br />

con la personale.<br />

Altre forme<br />

del caos organizzata<br />

da<br />

Sozzani in<br />

collaborazione<br />

con Contrasto.<br />

Un centinaio<br />

di fotografie<br />

fra stampe<br />

alla gelatina<br />

d’argento e<br />

vintage mostrati<br />

per la<br />

prima volta,<br />

radunati negli<br />

ambienti<br />

irregolari<br />

della galleria<br />

Sozzani di<br />

corso Como<br />

10: poche pareti ruvide tinteggiate<br />

di bianco in una delle<br />

tante periferie della città<br />

per chi crede ancora che<br />

l’understatement sia sinonimo<br />

di cultura o di qualche<br />

malinteso snobismo radical<br />

chic. Le immagini sono appese<br />

in un continuum ad altezza<br />

d’uomo, in quello che<br />

prima di dedicarsi a divagazioni<br />

artistiche doveva essere<br />

un semplice appartamento.<br />

Bella idea. Da un bar giardino<br />

tutto avvolto di verde<br />

sale silenzioso, dalle scale di<br />

ringhiera, un profumo primaverile<br />

di focaccia.<br />

Scianna è idealmente lì a<br />

proporsi in tutte le declinazioni<br />

visive dapprima del suo<br />

io giovanile, poi della sua<br />

identità di fotoreporter dal<br />

mondo: c’è Roccamena,<br />

Sicilia. Lo scrittore Ignazio<br />

Buttitta declama poesie, vintage<br />

in cui appare la patriarcalità<br />

di una comunità di uomini,<br />

tutti in campagna, raccolti<br />

ad ascoltare un oratore<br />

sopraelevato. Ma c’è soprattutto<br />

Prizzi, Sicilia. Sulla<br />

piazza del paese la domenica<br />

mattina, dove esclusivamente<br />

uomini affollano lo<br />

spazio aperto sotto il sole e<br />

una congrega di donne si<br />

Una realtà<br />

in bianco<br />

e nero<br />

A sinistra:<br />

«Budapest,<br />

Ungheria.<br />

La statua di<br />

Stalin viene<br />

portata in<br />

un deposito.<br />

1990»<br />

A destra:<br />

«Valencia–<br />

Spagna.<br />

1995»<br />

Sotto:<br />

«Napoli.<br />

1989»<br />

accalca sul terrazzo di casa.<br />

Ci sono i miti della socialità<br />

contadina e i riti di una religiosità<br />

altera ma insieme<br />

ostentata.<br />

Degli inizi, scattata a 19 anni,<br />

c’è Ventimiglia di Sicilia:<br />

venerdì santo incentrata sulle<br />

feste religiose che saranno<br />

il suo trampolino di lancio.<br />

La folla trasporta un Cristo<br />

sulla lettiga.<br />

L’inquadratura ne scorcia la<br />

figura dal fondo. E la citazione<br />

è chiara: il famoso Cristo<br />

rinascimentale di Mantegna.<br />

Protagonisti agli occhi di<br />

Scianna sono i volti, le persone,<br />

tutto ciò che è mosso<br />

da vita: ecco allora anche il<br />

curioso ritratto delle razze riprese<br />

come visi, di polpi<br />

mollemente adagiati, di un<br />

gatto nello slancio di un salto<br />

fra gli scogli. Non ci sono<br />

paesaggi, se non uno tradizionale<br />

e da cartolina: la luna<br />

che troneggia nel cielo<br />

notturno di una costiera marittima.<br />

Il gusto per il contrasto, già<br />

nettamente scolpito nella<br />

scelta del bianco e nero,<br />

sembra accentuarsi nei<br />

viaggi all’estero. Costante rimane<br />

invece la tecnica di<br />

porre in sfocato e sfumato lo<br />

sfondo (Douz, Tunisia.<br />

Tempesta di sabbia nel deserto),<br />

meno spesso i soggetti,<br />

per conferire movimento<br />

all’immagine. E se agli<br />

scenari di Grecia applica la<br />

stessa amorevole e calda attenzione<br />

per le persone così<br />

simili a quelle del meridione<br />

italiano, gli scatti su Parigi,<br />

India e New York sanno invece<br />

di forte denuncia sociale.<br />

Così è Parigi, barboni nella<br />

metropolitana. 1975: sotto<br />

un enorme cartellone pubblicitario<br />

con due mani in atto<br />

di sorreggere due calici di<br />

champagne che si incontrano,<br />

dormono altrettanto speculari<br />

due clochard distesi<br />

su due panchine. Invettiva<br />

contro una ricchezza superflua<br />

per pochi e un’umanità<br />

necessaria di tutti. Analoga<br />

nel suo significato si rivela<br />

India, Benares. Un cane sui<br />

ghats su travi di legno e che<br />

si contorce per combattere<br />

le zecche. C’è anche, in questo<br />

Scianna, una rapida pennellata<br />

al presente politico:<br />

Budapest, Ungheria. La statua<br />

di Stalin viene portata in<br />

un deposito. 1990 presenta<br />

un imponente e inservibile<br />

monumento all’ideologia ormai<br />

sgretolatasi che viene<br />

trascinato via da un piccolo<br />

uomo. È presente qui e anche<br />

in tutte le altre istantanee<br />

una specie di rumore di<br />

fondo: un’aria di dismissione,<br />

di decadenza che si respira<br />

in ogni scatto. Dedicata<br />

alla guerra è poi la foto più<br />

bella della galleria, Beirut:<br />

un guerrigliero. 1976 che impugna<br />

un fucile sul cui manico<br />

è incastonata l’immagine<br />

della Madonna. Il contrasto<br />

si aggrava in conflitto, non<br />

solo bellico, ma fra bene e<br />

male. E risalta icastica l’ipocrisia<br />

umana di dominio. Ma<br />

un’altra peculiarità decisiva<br />

di Scianna è la sua radicale<br />

vocazione estetica.<br />

I reportage di moda esposti<br />

quali Napoli. 1989 con la sua<br />

dicotomia fra una donna giovane,<br />

alta e abbigliata di<br />

bianco accanto ad un uomo<br />

anziano, basso, vestito di<br />

nero o come le immagini riprese<br />

proprio per l’omaggio<br />

di Dolce & Gabbana alla<br />

Sicilia non sono altro che la<br />

premessa di una ricerca<br />

continua della perfezione<br />

nella forma. Il lineamento, il<br />

contorno, il profilo, il ritratto<br />

attraggono il suo sguardo<br />

sulla bellezza rarefatta di un<br />

primo piano o sulla morbidezza<br />

delle acconciature,<br />

come in Tongo Tongo, Mali:<br />

danzatore Dajan. L’attualità<br />

combina infine tutte le sue<br />

ispirazioni: movimento, gradevolezza,<br />

drammaticità si<br />

sprigionano insieme in<br />

Brindisi, l’esodo degli albanesi.<br />

1991. (Fra.Ro.)<br />

27 (31)


“MEMORIA”<br />

DELLA SHOAH<br />

MILANO - Fa un certo effetto<br />

trovarsi di fronte quella<br />

prima pagina del Corriere<br />

della Sera, datata venerdì<br />

11 novembre 1938. Il giornale<br />

costava 30 centesimi in<br />

Italia come nell’Impero ed<br />

era un’edizione del pomeriggio.<br />

Sotto la testata, il titolo:<br />

Leggi per la difesa della<br />

razza approvate dal consiglio<br />

<strong>dei</strong> ministri.<br />

In sommario: I matrimoni<br />

misti sono proibiti; la definizione<br />

di «ebreo», le discriminazioni<br />

e l’annotazione allo<br />

stato civile. Disteso su otto<br />

colonne, tutto il testo della<br />

nuova legge dello Stato.<br />

Questo è solo uno degli<br />

esempi di quotidiani esposti<br />

nella sezione meneghina<br />

della mostra. Una parte<br />

curata dalla Fondazione<br />

centro di Documentazione<br />

Ebraica Contemporanea,<br />

che ha ripartito per temi l’immenso<br />

materiale raccolto<br />

negli anni e l’ha raggruppato<br />

sotto diverse voci: da “La<br />

campagna razziale del<br />

1938” a “La denuncia del<br />

complotto internazionale<br />

giudaico-massonico”, da<br />

“L’invenzione della tradizione:<br />

la pura razza italiana” a<br />

“L’applicazione delle leggi<br />

razziali”. Il tutto per puntualizzare<br />

la portata dell’indottrinamento<br />

e della propaganda<br />

dell’epoca. Di più.<br />

Attorno alla stampa lombarda<br />

la Fondazione ha raccolto<br />

la sua mostra intitolata<br />

Il veleno delle parole, realizzata<br />

in occasione della giornata<br />

della Memoria all’interno<br />

dell’iniziativa espositiva.<br />

Si ripercorre l’esplosione<br />

della questione ebraica<br />

nel 1938 con “Il fascismo<br />

e i problemi della razza”,<br />

documento pseudoscientifico<br />

meglio conosciuto come<br />

il Manifesto della razza.<br />

Ripreso da tutti i giornali,<br />

costituisce la fondazione teorica<br />

in Italia delle differenze<br />

fra razze, postulate da studiosi<br />

fascisti. E instaura quasi<br />

retroattivamente la tradizione<br />

di una identità italica vicina a<br />

quella ariana tedesca.<br />

Ecco, a seguire da quel<br />

momento, che la ripresa di<br />

semplici documenti antisemiti<br />

diviene invece convinzione<br />

diffusa e riflessione<br />

autonoma negli articoli,<br />

come “Razze e razzismo” in<br />

Corriere della Sera del 2<br />

luglio 1938, “L’Unità etnica<br />

italiana” sempre del Corriere<br />

del 9 agosto 1938 e ancora<br />

“Origini ed omogeneità<br />

della razza italiana” pubblicato<br />

il 24 agosto del ‘38. Il<br />

Corriere diviene così voce<br />

del regime. Lo storico direttore<br />

Luigi Albertini era stato<br />

allontanato dalla sua carica<br />

nel 19<strong>25</strong> per contrasti con il<br />

fascismo, che determinò<br />

una serie di epurazioni della<br />

redazione. Nello stesso<br />

anno che vede la promulgazione<br />

delle leggi razziali, la<br />

direzione è in mano ad Aldo<br />

Borrelli: notevoli i meriti di<br />

innovazione giornalistica;<br />

chiara tuttavia l’adesione al<br />

regime.<br />

LA GRANDE MOSTRA DI PALAZZO REALE<br />

Allo specchio della storia sono stati posti eventi,<br />

luoghi e personaggi delle parti d’Italia più colpite dalle leggi razziali<br />

emanate nel 1938 e dalla deportazione avvenuta fra 1943 e 1944<br />

di Francesca Romanelli<br />

La giornata della Memoria. Ovvero il giorno più lungo della<br />

coscienza. Milano ha celebrato la data che rievoca le leggi<br />

razziali e lo sterminio nazista degli ebrei, il 27 gennaio, con<br />

un evento di assoluto rilievo internazionale che ha intitolato<br />

semplicemente Memoria, collocato nel cuore della città, nella<br />

prestigiosa sede di Palazzo Reale e aperto per un mese dal<br />

24 gennaio al 24 febbraio.<br />

È la grande mostra Memoria. Dalle leggi antiebraiche alla<br />

liberazione. Venezia, Milano, Auschwitz: più di una manifestazione<br />

culturale.<br />

Una esposizione monumentale, promossa dall’Associazione<br />

Figli della Shoah in collaborazione con il Comune di Milano,<br />

il patrocinio della Regione Lombardia, della Provincia e del<br />

ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la<br />

cooperazione dell’assessorato alla Cultura e ai Musei più gli<br />

apporti diretti della Comunità Ebraica della città ambrosiana,<br />

l’Unione della Comunità Ebraica Italiana, la Comunità Ebraica<br />

di Venezia insieme con la Fondazione Centro di Documentazione<br />

Ebraica Contemporanea e Proedi Editore.<br />

Un appuntamento alla cui inaugurazione non è voluto<br />

mancare il sindaco Gabriele Albertini insieme con l’assessore<br />

all’Infanzia e all’educazione Bruno Simini.<br />

Ma anche la giornalista Fiamma Nierestein, la sopravvissuta<br />

Forte anche il<br />

concorso della stampa<br />

libraria riproposta in volumi<br />

con titoli estremamente<br />

significativi quali Ecco il<br />

diavolo: Israele! edito proprio<br />

nel 1938 oppure L’ebreo<br />

internazionale. Un problema<br />

del mondo dello stesso<br />

anno per la casa editrice<br />

Sonzogno. A questi si<br />

aggiungono le ristampe del<br />

testo di Hitler Mein Kampf.<br />

La descrizione degli ebrei<br />

che viene diffusa sottolinea<br />

comunemente e a più riprese<br />

la secolare opposizione<br />

dell’ebraismo contro il cristianesimo,<br />

suggellata dalla<br />

crocifissione di Gesù. Ma<br />

sono soprattutto le dicerie e<br />

i luoghi comuni ad imporsi<br />

nella pubblicistica a serpeggiare<br />

nell’opinione pubblica:<br />

le mitiche ricchezze accumulate<br />

dagli «ebrei» che<br />

ordinerebbero una congiura<br />

economico-finanziaria ai<br />

danni del resto del mondo;<br />

l’avarizia e la poca pulizia<br />

come caratteri distintivi della<br />

loro immagine; l’accostamento<br />

della loro fisiognomica<br />

a quella considerata<br />

criminale.<br />

Il capoluogo lombardo si<br />

rivela così ad un tragico<br />

crocevia della sua storia:<br />

«Tutto quello che succede in<br />

Italia, prima accade a Milano»,<br />

diceva lo studioso<br />

inglese John Foot.<br />

Così, questa metropoli si<br />

trova agitata e divisa fra due<br />

tendenze: luogo ove per<br />

primo nasce il fascismo<br />

eppure capitale morale del<br />

Regno; centro culturale della<br />

penisola e perciò culla<br />

dell’editoria, città dell’accoglienza<br />

e della tolleranza<br />

che però si trova a contaminare<br />

la sua superiorità intellettuale<br />

con la prepotenza di<br />

un odio inarrestabile. O che<br />

non si è voluto arrestare.<br />

milanese Liliana Segre, il presidente della comunità ebraica<br />

di Milano Roberto Jarach, il rabbino capo della metropoli<br />

Giuseppe Laras e il presidente dell’Associazione figli della<br />

Shoah Marco Szulc.<br />

Un percorso doloroso indietro nel tempo di quasi sessant’anni,<br />

ricostruito attraverso fotografie d’epoca, documenti originali,<br />

istantanee aeree <strong>dei</strong> luoghi di concentramento, opere<br />

d’arte dedicate all’Olocausto, testimonianze dirette <strong>dei</strong><br />

“salvati”, così come li chiamava lo scrittore Primo Levi,<br />

modelli in gesso sulle fasi dello sterminio, cartografie, ricognizioni<br />

e immagini odierne <strong>dei</strong> campi per dichiarare oltre<br />

ogni revisionismo la verità di quanto è accaduto.<br />

E ammonire di ricordare ciò che è stato. Per evitare che il<br />

germe dell’intolleranza corrompa il futuro.<br />

Come specchio della storia sono stati utilizzati soprattutto<br />

articoli della stampa lombarda e libri, quali testimonianze di<br />

una precisa mentalità dominante. Il giornalismo milanese è<br />

stato dunque chiamato personalmente all’appello per ricostruire<br />

e dimostrare l’orrore di un passato non così remoto.<br />

Il percorso della mostra si è articolato in tre sezioni distinte,<br />

per moltiplicare al massimo lo spazio espositivo e soprattutto<br />

didattico, essendo Memoria realizzata principalmente con la<br />

finalità di informare i giovani, gli studenti.<br />

Per restituire loro l’originalità di un’epoca appresa solo sui<br />

libri e di cui si è lamentata nelle ultime settimane la progressiva<br />

scomparsa <strong>dei</strong> “sopravvissuti”.<br />

Milano e il giorno del r<br />

Venezia<br />

Una comunità<br />

tra persecuzione<br />

e rinascita<br />

VENEZIA - Sessanta pannelli con documenti dell’epoca,<br />

curati dalla Comunità Ebraica locale e personalmente dalla<br />

consulenza storica di Renata Segre, ripercorrono la vicenda<br />

della città lagunare quale paradigma di tutte le comunità<br />

italiane.<br />

Simbolo della lacerazione sociale che squarcia un aggregato<br />

urbano unito e fluido da sempre nobilitato dalla sua estrema<br />

mobilità professionale.<br />

Sono oltre 1.500 gli iscritti dell’epoca a questa antichissima<br />

comunità che vive in un ghetto storico caratterizzato dall’eccezionale<br />

conservazione dell’apparato monumentale e delle<br />

sue sinagoghe, retaggio vivente della più antica tradizione<br />

ebraica italiana ed europea.<br />

Memoria concentra l’attenzione, nei suoi spazi, sul passaggio<br />

della discriminazione razziale avvenuta fra ‘38 e ‘43 alla<br />

realizzazione della soluzione finale tra 1943 e 1945. A testimoniare<br />

lo sradicamento e il tentato annullamento perpetuato<br />

a danno della realtà ebraica veneta ci sono carte pubbliche<br />

reperite dall’Archivio centrale dello Stato e dall’Archivio<br />

di Stato di Venezia, giornali di regime, stampa locale ed<br />

ebraica italiana, documenti estratti da fondi di raccolte appartenenti<br />

a istituzioni economiche.<br />

Più pannelli illustrativi <strong>dei</strong> servizi assistenziali, educativi, religiosi<br />

attivi all’interno della Comunità insieme con i censimenti<br />

della popolazione ebraica veneziana effettuati dal comune<br />

nell’agosto del 1938, rielaborati in statistiche e grafici su<br />

grande scala.<br />

28 (32) ORDINE 3 <strong>2002</strong>


27 gennaio 2001:<br />

giornata dell’orgoglio<br />

di un’umanità dimenticata<br />

Che cos’è e come si è giunti a istituire la<br />

Giornata della Memoria? Le cronache<br />

raccontano di anni spesi dall’Associazione<br />

Figli della Shoah per sensibilizzare le masse<br />

sulla necessità di una data interamente dedicata<br />

al ricordo dello sterminio. Una semplice<br />

pagina di calendario, come tante ricorrenze<br />

religiose e civili si vedono attribuite.<br />

Perché mezzo secolo dopo ancora mancava<br />

un minuscolo giorno in tributo ad oltre sei<br />

milioni di vite. La dimensione internazionale<br />

è stata la prima a raccogliere quest’esigenza<br />

lanciata da più paesi, fissando nel mondo la<br />

cadenza del 27 gennaio quale giornata<br />

dell’orgoglio di un’umanità dimenticata e così<br />

riportata in vita. Anche l’Italia si è mossa.<br />

La campagna portata avanti dall’Associazione<br />

per tradurre in legge anche nella penisola<br />

quell’imperativo morale ha avuto successo<br />

nel 2001.<br />

Lo scorso anno si è quindi assistito alla<br />

ricordo<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

prima edizione ufficiale della memoria. Con<br />

la presentazione in anteprima del film Gli<br />

ultimi giorni prodotto da Steven Spielberg e<br />

presentato in anteprima a Roma, davanti al<br />

Presidente della Repubblica Carlo Azeglio<br />

Ciampi. Il primo passo istituzionale per poi<br />

distribuirlo nelle scuole. E ancora la toccante<br />

galleria espositiva incentrata su Anna Frank<br />

e collocata l’anno precedente nei nobili<br />

ambienti del Castello Sforzesco.<br />

Questa manifestazione aveva già decretato<br />

il successo della memoria presso i più giovani:<br />

i numeri parlano di 4.400 studenti accorsi<br />

a visitarla, per un totale di 215 classi.<br />

Tutto in crescendo il riscontro di pubblico<br />

giovanile per la mostra che ne ha seguito le<br />

orme: Per non dimenticare la Shoah. Sempre<br />

a Palazzo Reale, lo scorso anno, i visitatori<br />

sono stati più di 8.000 nel complesso.<br />

Fra loro, 8.000 ragazzi e 340 classi.<br />

Non solo lombarde. (Fra. Ro.)<br />

Dal catalogo della<br />

mostra sulle<br />

deportazioni da<br />

Venezia abbiamo<br />

riprodotto i due<br />

documenti qui sopra.<br />

Edito dalla comunità<br />

Ebraica di Venezia é<br />

a cura di Renata<br />

Segre.<br />

A lato la copertina<br />

del catalogo della<br />

mostra “Memoriadalle<br />

leggi<br />

antiebraiche alla<br />

liberazione” esposta<br />

a Milano, da cui<br />

abbiamo tratto i tre<br />

disegni riprodotti.<br />

Edito dalla Proedi,é<br />

la trasposizione<br />

cartacea del<br />

materiale contenuto<br />

nell’opera<br />

multimediale<br />

“Destinazione<br />

Auuschwitz”.<br />

Milano ha tributato buona parte della sua<br />

sensibilità civile di queste settimane proprio<br />

al tema dell’Olocausto. Ci sono stati i preziosi<br />

incontri con i sopravvissuti avvenuti alla<br />

sala della Provincia in via Corridoni il 6, l’11,<br />

il 13 e il 18 febbraio, la proiezione in anteprima<br />

del filmato della Shoah Foundation alla<br />

Cineteca Italiana il 28 febbraio e poi il 30 del<br />

mese, più il 7 febbraio per le scuole. C’è<br />

stato, ancora, il grande corteo che il 27<br />

gennaio ha portato la Giornata della Memoria<br />

nel cuore della città e sugli striscioni.<br />

Soprattutto con gli studenti. Una parte importante<br />

dell’associazionismo studentesco che<br />

si riconosce nella milanese Unione degli<br />

Studenti ha infatti elaborato una propria piattaforma<br />

di celebrazione fatta di iniziative ad<br />

hoc negli istituti quali conferenze, dibattiti e<br />

infine la partecipazione alla manifestazione<br />

di piazza. Ma ci sono state anche le testimonianze<br />

di Francesco Rosi con il suo film La<br />

Auschwitz<br />

Rivivono<br />

le macchine<br />

dell’annientamento<br />

AUSCHWITZ - È un grande quadro di David Olère, prestato<br />

per l’occasione dal figlio Alexandre, ad aprire la mostra.<br />

Questo autore non è un artista. Né un pittore di fama. Né un<br />

disegnatore. Il suo tratto, lucido, pulito, rigido ritrae i carnefici<br />

sempre di spalle, quasi a celarne con pudore l’ignominia. Al<br />

contrario le vittime, soprattutto donne e bambini, sono proposti<br />

con i loro volti offerti allo spettatore, come per gridarne<br />

l’insopprimibile umanità. Questo sguardo all’interno dello<br />

sterminio che si macchiò della scomparsa di sei milioni di<br />

ebrei, non appartiene ad un<br />

ritrattista postumo, bensì ad<br />

un testimone diretto, che<br />

visse nel campo di<br />

Auschwitz al confine tra i<br />

«sommersi e salvati».<br />

Fu deportato nel 1943 e<br />

lavorò a Birkenau come<br />

Sonderkommando, ovvero<br />

in qualità di addetto ai forni<br />

crematori. I suoi disegni,<br />

composti fra ‘45 e ‘46, restituiscono<br />

alla memoria ciò<br />

che i militari tedeschi in<br />

fuga cercarono di distruggere:<br />

in pratica le strutture<br />

e le macchine dell’annientamento.<br />

Tutte le iniziative<br />

per l’Olocausto<br />

tregua tratto dall’omonimo romanzo verità<br />

del chimico e scrittore Primo Levi, insieme<br />

con i racconti di Valentina Cortese e Moni<br />

Ovadia al teatro Franco Parenti, la proiezione<br />

di Schindler’s list Palazzo Dugnani, l’incontro<br />

con il sopravvissuto Nedo Fiano al<br />

cinema Orfeo il 7 febbraio. E poi un’altra<br />

mostra intitolata L’universo concentrazionario<br />

ospitata alla Società Umanitaria e curata<br />

dalla Fondazione Auschwitz di Bruxelles.<br />

Intensa anche la produzione libraria di<br />

quest’inizio di <strong>2002</strong>: ne fa parte il nuovo testo<br />

Il libro della memoria edito da Mursia e scritto<br />

da Liliana Picciotto. Tema centrale: gli<br />

ebrei italiani nelle deportazioni fra ‘43 e ‘45.<br />

(Fra. Ro.).<br />

Anche in forza delle sue immagini sono state possibili esclusive<br />

ricostruzioni architettoniche degli ambienti di concentramento<br />

elaborate da storici della Shoah che hanno ricomposto<br />

l’assetto e il funzionamento delle strutture della morte.<br />

L’esposizione rende così visibili i luoghi dell’universo concentrazionario<br />

sovrapposti in sequenza al loro stato attuale.<br />

Il materiale è tratto dall’opera multimediale Destinazione<br />

Auschwitz vincitrice dell’Innovation Prize dell’Unione Europea<br />

edito da Proedi editore in collaborazione con la Fondazione<br />

CDEC. Inframmezzati ai pannelli esplicativi campeggiano<br />

poi, di enorme valore umano e simbolico, serie di<br />

oggetti originali conservati dai sopravvissuti.<br />

E insieme, nella stessa sezione, anche un’opera dell’artista<br />

veronese Loretta Leso che esprime la sofferenza della<br />

deportazione. Ma c’è anche, vibrante, un’intera area pensata<br />

per proiettare filmati e testimonianze a voce di chi è scampato<br />

alla follia.<br />

Eccezionale la galleria fotografica che materializza il progetto<br />

nazista dello sterminio.<br />

Si parte della visione della villa alla periferia di Berlino dove<br />

si tenne la conferenza di Wannsee che il 20 gennaio 1942<br />

pianificò la soluzione finale alla presenza dello stato maggiore<br />

del Reich. E si approda al protocollo conclusivo della<br />

riunione: battuta a macchina una lista di oltre 33 paesi con il<br />

nominativo accompagnato dalle cifre di ebrei da eliminare.<br />

Tragica la conclusione del progetto che ne suggella le intenzioni:<br />

Uber11.000.000.<br />

29 (33)


LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

Maria Vittoria Gatti (a cura di)<br />

Cinema, Tv, Pubblicità. Riflessioni su<br />

un’etica della comunicazione giovanile<br />

di Gianluca Atzeni<br />

Il vivere in relazione con l’altro<br />

comporta delle responsabilità<br />

etiche spesso dimenticate<br />

ed emarginate in<br />

nome di altre priorità. Il mondo<br />

della comunicazione ed i<br />

suoi attori dovrebbe essere,<br />

per definizione, il luogo privilegiato<br />

della relazione.<br />

Allo stesso tempo, però,<br />

sembra il luogo dove i valori<br />

scivolano verso il relativismo<br />

etico. “Che l’etica sia<br />

relazionale non significa affatto<br />

che sia relativa”: problema<br />

spinoso che si complica<br />

se si osserva in modo<br />

particolare il settore della<br />

comunicazione nei confronti<br />

del mondo giovanile. Ancor<br />

più se gli attori della comunicazione<br />

sono gli stessi<br />

giovani.<br />

Senza alcuna pretesa risolutiva,<br />

gli spunti per una riflessione<br />

sul rapporto tra<br />

giovani e media vengono da<br />

Cinema, Tv, Pubblicità. Riflessioni<br />

su un’etica della co-<br />

municazione giovanile.<br />

Questioni attuali e spesso<br />

dibattute da specialisti del<br />

settore attraversano lo scritto,<br />

curato da Maria Vittoria<br />

Gatti, docente di Etica della<br />

comunicazione all’Università<br />

Cattolica di Milano:<br />

“Com’è raffigurato, all’interno<br />

del mondo <strong>dei</strong> media,<br />

l’universo giovanile? Quali<br />

sono i valori che vengono<br />

proposti e/o rappresentati?<br />

Sono essenzialmente proposti<br />

o rappresentati?”.<br />

In una società plasmata e/o<br />

plagiata dall’influsso persuasivo<br />

della pubblicità, lo<br />

sguardo verte sui giovani<br />

tra i 20 e i 30 anni, sui loro<br />

modelli di riferimento, sui loro<br />

gusti e sulle tendenze più<br />

diffuse. I dati dell’ultimo rapporto<br />

IARD, che ha riconsiderato<br />

l’età giovane spostandola<br />

in avanti da 29 a<br />

34 anni, fanno da supporto<br />

tecnico e da sfondo al lavoro<br />

svolto dagli studenti del<br />

1° anno della Scuola di<br />

specializzazione in Analisi e<br />

gestione della comu-<br />

Emilio Bonicelli<br />

Ritorno alla vita<br />

nicazione e <strong>dei</strong> master in<br />

Comunicazione pubblica e<br />

d’impresa e in Comunicazione<br />

audiovisiva. Un<br />

lavoro costituito da interviste<br />

a personaggi televisivi<br />

(da Fabio Volo a Cristina<br />

Loglio di Rai Educational, a<br />

Davide Parenti, autore de<br />

Le Iene), recensioni di film e<br />

analisi degli spot pubblicitari,<br />

in grado di dipingere un<br />

universo complesso, in continua<br />

evoluzione e difficilmente<br />

omologabile.<br />

Il problema è per l’appunto<br />

quello di stabilire se e in<br />

quale misura le rappresentazioni<br />

offerte dai mezzi di<br />

comunicazione (cinema, televisione<br />

e pubblicità) siano<br />

in grado di produrre valori.<br />

Ma soprattutto quali tipi di<br />

valori vengono trasmessi e<br />

quale tipo di etica sta alla<br />

base del comunicare.<br />

Con una preoccupazione di<br />

fondo, esplicita nella prefazione,<br />

che è anche un forte<br />

auspicio: “Un’etica che non<br />

si imponga con la pretesa<br />

dell’assolutezza ma che<br />

non rinunci alla ricerca di<br />

valori comuni, su tutti quello<br />

della responsabilità.”<br />

Un viaggio, dunque, all’interno<br />

del mondo <strong>dei</strong> media,<br />

il cui linguaggio è troppo<br />

spesso orientato e riadattato<br />

sul modello di quello pubblicitario,<br />

che “inganna il<br />

consumatore con quella<br />

componente persuasiva<br />

che finisce per agire nella<br />

sfera valoriale degli individui”;<br />

di ogni individuo, in<br />

maniera indistinta.<br />

Un male diffuso, questo, di<br />

cui soffrono diversi settori<br />

massmediatici, come ad<br />

esempio, e prima fra tutti,<br />

l’informazione televisiva <strong>dei</strong><br />

tg, che dovrebbe fare della<br />

ricerca della verità il fine ultimo<br />

della comunicazione.<br />

Invece, come sostiene Giorgio<br />

Simonelli, docente della<br />

Scuola di specializzazione<br />

in Analisi e gestione della<br />

comunicazione alla Cattolica,<br />

ci troviamo di fronte a<br />

tg “vecchi di vent’anni” e<br />

“superati” (rispetto al resto<br />

d’Europa); tg spettacolariz-<br />

zati e ansiosi di arrivare in<br />

tutti i modi allo spettatore,<br />

“incollandolo al teleschermo”<br />

ma, allo stesso tempo,<br />

destinati a “perdere l’entità<br />

vera dell’evento descritto”,<br />

stracolmi di “informazione<br />

urlata, che certifica come<br />

reale quello che in realtà è<br />

una sua artificiale ricostruzione.”<br />

L’esempio più eclatante lo si<br />

ritrova in Studio Aperto: dove<br />

la vena sperimentale di<br />

Mario Giordano, impegnato<br />

a comunicare ai giovani con<br />

il suo “tg rompiscatole” e a<br />

distinguersi, allo stesso<br />

tempo, dal classicismo del<br />

Tg1 e del Tg5, sembrerebbe<br />

giustificare il pathos <strong>dei</strong><br />

servizi televisivi proposti.<br />

Ma è lo stesso direttore a<br />

stigmatizzare la labilità del<br />

confine con la spettacolarizzazione<br />

ed evidenziare come<br />

il giornalista si muova<br />

sempre tra due estremi facilmente<br />

oltrepassabili.<br />

L’ingannevole velo di Maja<br />

di matrice shopenhaueriana<br />

prodotto da cattivi maestri -<br />

ricordava Karl Popper - quali<br />

sono i media, non lascerebbe<br />

spazio ad un’etica<br />

che sia in grado di proporre<br />

un universo di valori forti e<br />

stabili adatti ad un pubblico<br />

giovane. E scorrendo le recensioni<br />

ai film viene da<br />

chiedersi se i modelli di<br />

comportamento descritti in<br />

celebri pellicole come<br />

Trainspotting, Arancia<br />

Meccanica e Baise moi siano<br />

davvero “la vita sognata<br />

dai giovani”, ormai assidui<br />

frequentatori, più o meno<br />

passivamente, del grande<br />

schermo.<br />

A tratti si avverte nello scritto<br />

una decisa presa di posizione<br />

contro l’apparenza e<br />

l’effimero, contro quel culto<br />

dell’immagine proposto da<br />

celebri spot pubblicitari, come<br />

quelli della Breil o della<br />

Omnitel: accusati di un sistematico<br />

capovolgimento<br />

<strong>dei</strong> valori in nome della vanità<br />

e dell’individualismo.<br />

Spazio dunque ai commenti<br />

se questi stimolano il dibattito.<br />

Del resto è questa<br />

l’essenza dell’etica, relazionale<br />

appunto. Un’etica che,<br />

per dirla con W. Weischedel,<br />

“si impone a noi<br />

come esperienza necessaria<br />

della nostra vita” dando<br />

origine a domande con le<br />

quali dobbiamo continuamente<br />

confrontarci: obiettivo<br />

di Cinema, Tv, Pubblicità.<br />

Un libro che intende porre<br />

problemi, lasciandoli aperti,<br />

piuttosto che trovare ad ogni<br />

costo soluzioni definitive.<br />

Maria Vittoria Gatti<br />

(a cura di), Cinema,Tv,<br />

Pubblicità.<br />

Riflessioni su un’etica<br />

della comunicazione<br />

giovanile, Edizioni ANCCI,<br />

pagine 1<strong>25</strong>, euro 7<br />

In pratica, nella quarta di<br />

ma. A guardar bene, quecioli della breve quanto toc-<br />

copertina, è condensato il<br />

sto elaborato si legge tutto cante introduzione dell’au-<br />

succo del libro firmato dal<br />

d’un fiato; non manca di toctore al “racconto”.<br />

cinquantenne Emilio Bocare<br />

con una certa violenza Una introduzione che dà il<br />

nicelli, responsabile della<br />

le corde del sentimento, an- polso, più di mille chiacchie-<br />

redazione bolognese del<br />

che se sono stati volutare, a quanto il lettore si tro-<br />

Sole-24 Ore e docente alla<br />

mente evitati non pochi pasverà a scoprire pagina dopo<br />

Scuola superiore di giornalisaggi<br />

drammatici infarciti di pagina.<br />

di Mauro Castelli<br />

monianza personale, animata<br />

da un profondo sentismo<br />

presso la facoltà di<br />

Lettere dell’Università di<br />

dolore e di sofferenza; si<br />

inerpica sul calvario, sop-<br />

“Mentre ero in camera sterile,<br />

dopo il trapianto, i medimento<br />

religioso, che tocca Bologna, nonché autore di<br />

portato con cristiana rasseci, gli infermieri, mia moglie,<br />

“Una grave malattia che ir- le questioni decisive dell’e- una ventina di pubblicazioni<br />

gnazione, che Bonicelli ha i miei figli potevano avvicirompe,<br />

improvvisa e devasistenza umana: i rapporti che hanno spaziato, sem-<br />

pazientemente attraversato narsi al mio letto solo indosstante,<br />

nella vita di un uo- familiari, messi alla prova in pre in un ambito economi-<br />

(usiamo il passato perché i sando il camice, la cuffia, i<br />

mo. Il drammatico percorso un momento di grande diffico, dalla cultura d’impresa<br />

giorni peggiori sono ormai guanti, i calzari e la ma-<br />

della cura, una battaglia coltà; la fragilità del corpo di alla valorizzazione delle ri-<br />

lontani, anche se poi non scherina (una separazione<br />

senza esclusione di colpi fronte di fronte alla provocasorse umane in azienda.<br />

troppo.<br />

fisica resa più “pesante”, e<br />

che porta al limite estremo zione della malattia; la ricer- Soltanto in questo caso è<br />

Non a caso il sottotitolo del per molti aspetti più inquie-<br />

tra la vita e la morte. Un racca di un senso alla sofferen- arrivata una specie di dero-<br />

libro suona come una spetante, da una parete divisoconto<br />

crudo che nulla naza; la gestione dell’assistenga rappresentata da una<br />

cie di campanello, il cui suoria in plastica trasparente,<br />

sconde, costruito con frasi za sanitaria; le nuove espe- storia di vita sintetizzata in ne.“Volevo soltanto far sano risulta ovattato sì ma an- ndr).<br />

brevi e parole semplici, ma rienze del volontariato; la meno di 150 pagine. pere – tiene infatti a precicora percepibile: Il cammino Per un intero mese di chi mi<br />

che raggiunge profonde frontiere della scienza nella L’arco temporale della visare questo sfortunato-for- di un uomo che lotta per vin- assisteva ho visto solo gli<br />

emozioni e alti livelli di poe- lotta ai tumori; l’urto della cenda abbraccia comunque tunato collega – che di leucere la leucemia.<br />

occhi. Sguardi di amore e di<br />

sia. Il problema sociale <strong>dei</strong> domanda sul destino ultimo un anno e mezzo di battacemia si può guarire; volevo Insomma, un libro che meri- condivisione che mi hanno<br />

trapianti, la ricerca del do- e sulla morte; l’incontro con glie vinte e perse, di mo- ricordare l’importanza del ta di essere letto, perché aiutato a vincere la malattia<br />

natore, l’aiuto ai malati e al- una presenza che spalanca menti di ottimismo e di pes- sostegno <strong>dei</strong> familiari nella non mancherà di farci riflet- per rinascere alla vita”.<br />

le loro famiglie coinvolte in le porte alla vera speranza. simismo, delle speranze e lotta contro questa malattia tere e in un certo senso di<br />

un cammino lungo, difficile, Un libro attualissimo, attra- delle delusioni che hanno tremenda; volevo ancora porci tutti sotto esame. Emilio Bonicelli, Ritorno<br />

costoso. Sono questi i temi versato da molti degli inter- accompagnato un lungo una volta far presente che Niente altro se non “assa- alla vita, Jaca Book <strong>2002</strong>,<br />

attorno a cui si svolge il libro rogativi che animano la sce- viaggio personale contro un esiste una associazione, porare” insieme alcuni spic- pagine 148, euro 12,00<br />

Ritorno alla vita. Una testina del nostro tempo”. male subdolo e vigliacco: la l’Admo, che fa miracoli per<br />

leucemia appunto.<br />

chi si trova a dover batta-<br />

® A guardar bene, ci troviamo<br />

di fronte a un lavoro che, algliare<br />

con questa “voragine<br />

nera”, e che proprio per GIORNALISTI:<br />

L’informazione su misura.<br />

© Rassegne Stampa<br />

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la stregua di un romanzo<br />

giallo, dispensa colpi di scena<br />

a ripetizione, peraltro ben<br />

scanditi da una penna<br />

esperta che non lascia spazio<br />

al caso o all’improvvisazione,<br />

concedendosi soltanto<br />

il lusso di alcune, peraltro<br />

questo merita di essere apprezzata<br />

e sostenuta. In che<br />

modo? Semplicemente<br />

dando la propria disponibilità<br />

a diventare donatore di<br />

midollo, proponendosi così<br />

come il possibile protagonista<br />

di un iter medico, senza<br />

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piacevoli e non certo fuori<br />

tema, digressioni narrative.<br />

E merito di Bonicelli è l’essere<br />

riuscito a mantenersi<br />

nel giusto equilibrio, senza<br />

scivolare (sarebbe stato facile,<br />

e in ogni caso com-<br />

peraltro dover affrontare pericoli<br />

di sorta per la propria<br />

vita, che potrebbe portare al<br />

salvataggio di un altro essere<br />

umano.<br />

Di un estraneo che non potrà<br />

mai conoscere e che po-<br />

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30 (34)<br />

dell’autocommiserazione.<br />

Perché quando certe malattie<br />

si vivono in prima persona<br />

non è facile travasarne<br />

per altri i “contenuti” e i passaggi<br />

con il giusto equilibrio,<br />

anche se proposti a fin di be-<br />

dalla porta accanto a un altro<br />

paese, a un’altra città o<br />

addirittura a un’altra nazione”.<br />

Non a caso la salvezza per<br />

Bonicelli è arrivata da<br />

Berlino. Ma torniamo in te-<br />

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ORDINE 3 <strong>2002</strong>


LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

dal Corriere della Sera del 4 novembre 2001<br />

«Lacerba», una guerra<br />

pro e contro Marinetti<br />

di Sebastiano Grasso<br />

Lacerba durò circa un triennio: dall’1 gennaio<br />

1913 al 22 maggio 1915. Tiratura dichiarata:<br />

20 mila copie. Un’ enormità per i tempi. La<br />

rivista di filosofia, letteratura e arte, fondata<br />

a Firenze da Giovanni Papini e Ardengo<br />

Soffici ha lasciato un segno indelebile. Nata<br />

dalla scissione di alcuni scrittori e artisti da<br />

La Voce (creata da Giuseppe Prezzolini nel<br />

1908), che non si riconoscevano più nelle<br />

posizioni dell’ autore de L’ italiano inutile,<br />

essa rifiutò il razionalismo positivista dominante,<br />

affiancò il Futurismo e, alla fine,<br />

indossò l’abito dell’interventismo, schierandosi<br />

per l’entrata in guerra dell’Italia. Una rivista<br />

d’avanguardia di prim’ordine, Lacerba,<br />

capace di contribuire a fare la storia d’Italia,<br />

fra gli inizi del secolo e lo scoppio della prima<br />

guerra mondiale.<br />

Se già nel ‘61, da Einaudi è uscita un’antologia<br />

del periodico, con un saggio di Gianni<br />

Scalia, adesso la rinata Vallecchi (e il fondatore,<br />

Attilio Vallecchi, allora, ne era stato l’editore)<br />

ha deciso di riunire in un cofanetto una<br />

splendida edizione in facsimile delle tre<br />

annate, completa di indici, con un’introduzione,<br />

davvero puntuale, di Giorgio Luti. Che s’è<br />

preso la briga di scandagliare il fondo Papini<br />

e di riportare un buon numero di lettere sia<br />

dello stesso Papini che di Marinetti, Boccioni,<br />

Russolo, Carrà e altri. La qual cosa anima<br />

la discussione, come se la querelle stesse<br />

avvenendo adesso, nelle stanze dell’appartamento<br />

accanto al nostro e del cui vociare<br />

Gilles Martinet,<br />

Sergio Romano<br />

Un’amicizia difficile<br />

di Marzio De Marchi<br />

Gilles Martinet è giornalista,<br />

storico, saggista, ma è soprattutto<br />

amante della cultura<br />

italiana; e anche per questa<br />

passione, dal 1981 all’85<br />

è stato nominato ambasciatore<br />

di Francia nel nostro<br />

Paese.<br />

Il professor Sergio Romano,<br />

invece, è per tutti “l’ambasciatore”.<br />

Diplomatico dal<br />

ORDINE 3 <strong>2002</strong><br />

1954 all’89, scrittore ed editorialista<br />

fra i più lucidi e brillanti<br />

del giornalismo italiano<br />

di oggi, a lui si devono, fra<br />

l’altro, numerosi saggi<br />

sull’Europa e una sintesi della<br />

storia di Francia dal 1870<br />

ai giorni nostri.<br />

Ora, se a questi eminenti<br />

rappresentanti della storia e<br />

della cultura contemporanea<br />

si chiede, come ha fatto il<br />

giornalista Michele Canonica,<br />

di tracciare un profilo<br />

si avvertissero non solo i toni adirati, ma si<br />

scandissero temi e parole. C’è sì la diaspora<br />

tra vociani e quelli che de La Voce hanno<br />

sbattuto la porta. Tema del contendere, naturalmente,<br />

è il Futurismo.<br />

Ma sotto sotto s’avverte una sorta di lotta tra<br />

fiorentini e milanesi, cominciata già, ricorda<br />

Luti, nell’estate del 1911, con uno «scontro<br />

fisico, al caffè delle Giubbe rosse, in seguito<br />

alla spedizione punitiva organizzata da<br />

Boccioni, Marinetti e Carrà, nei confronti di<br />

Prezzolini, Soffici e Papini». Scipio Slataper<br />

parlerà di «un lusso di letterati» sorretto<br />

«dalla potenza finanziaria milanese moderna».<br />

Su La Voce, Prezzolini promuove la<br />

poetica del frammento lirico (Rebora, Slataper,<br />

lo stesso Papini), ma quando alcuni del<br />

gruppo dichiarano le proprie simpatie per<br />

Marinetti, Prezzolini ci va duro.<br />

E (aprile 1913) li accusa di «roba vecchia,<br />

residui, rimasticature, zeppe dannunziane,<br />

pascoliane, corazziniane, maeterlinkiane,<br />

decadenti, simboliste, wildiane», e chi più ne<br />

ha più ne metta. Così Soffici e Papini si staccano<br />

da La Voce. «Questa baracca non mi<br />

interessa più - scrive Ardengo a Giovanni -.<br />

S’è infiltrato qualcosa nell’organismo che mi<br />

ripugna. Non si sa da dove sia uscita, ma<br />

oscilla su tutti come una nebbia di mediocrità<br />

e di meschineria, anche falsità, che rattrista.<br />

Come finiscono le belle cose, eh! Ma fortunatamente<br />

noi ci salviamo». Nella polemica<br />

interviene Marinetti. Che scrive a Papini: ho<br />

parlato a lungo con Prezzolini, «ma, ahimè,<br />

anche lui s’allontana sempre di più. E il buffo<br />

è che s’allontana appunto maggiormente<br />

quando tenta di avvicinarsi. Dipingo forme<br />

<strong>dei</strong> rapporti fra Italia e<br />

Francia, il risultato non poteva<br />

che essere <strong>dei</strong> più “alti”.<br />

Ecco quindi 140 pagine per<br />

raccontare di quella “amicizia<br />

difficile” che negli ultimi<br />

due secoli, in particolare, ha<br />

caratterizzato le relazioni italo-francesi.<br />

Il tutto raccolto in forma di<br />

conversazione, dove le domande<br />

di Canonica sono lo<br />

spunto “per dare il la” a risposte,<br />

riflessioni, commenti<br />

e opinioni - a volte anche<br />

contrastanti - fra gli storici.<br />

Così si parte da Napoleone<br />

e, attraverso il grande choc<br />

della prima guerra mondiale<br />

e del fascismo, si giunge al<br />

secondo dopoguerra, alla<br />

Quinta Repubblica francese<br />

e all’Italia di oggi.<br />

Le esperienze diverse <strong>dei</strong><br />

due ambasciatori hanno il<br />

senza contenuto, quelli dello Sturm ai quali<br />

ho mandato le fotografie sono entusiasti e mi<br />

hanno detto che potrò fare l’esposizione a<br />

Berlino quando voglio. In quell’arte vi è un<br />

principio di libertà e ha questo merito<br />

immenso di rompere i coglioni e sviare i filistei».<br />

E a proposito di orphiques, Marinetti rincara<br />

la dose: «Apollinaire disse pochi mesi fa a<br />

Severini che creava questa parola e questa<br />

categoria per i futuristi. E ora gli orfici saltano<br />

fuori come una nuova scuola originale,<br />

mentre non sono altro che futuristi nostri<br />

imitatori questo per merito del plagiaro Apollinaire,<br />

che per suo conto abbandona le sue<br />

poesiole lustrate come scarpe, parnassiane<br />

e mallarmèane seguendo egli pure il futurismo<br />

senza riconoscerlo. Leggi questa lettera<br />

al carissimo Soffici, dicendogli che si fa delle<br />

illusioni circa l’equità artistica di Apollinaire e<br />

soci cubisti, i quali tendono come sempre a<br />

fregare gli stranieri». Anche se Papini dichiarerà<br />

che «il Futurismo è l’unico movimento<br />

d’avanguardia, l’unico gruppo di gente di<br />

fegato pronta ad affrontare sghignazzate e<br />

cazzotti in nome del libero lirismo» l’asse<br />

Marinetti-Lacerba durerà poco. I fiorentini,<br />

ricorda Luigi Baldacci, si autoproclamano i<br />

soli veri futuristi «e scomunicano come marinettisti,<br />

oltre al caposcuola, Boccioni e Balla,<br />

Russolo e Sant’Elia». L’avanguardia è spaccata.<br />

Da Parigi, Severini scrive a Papini<br />

lanciando accuse a Marinetti: «Il suo cesarismo,<br />

e quello di qualcuno che lo imita, non<br />

può a lungo andare che rompere i coglioni<br />

alle persone che vedono chiaro in tutto bisogna<br />

essere toscani, dio cane, per avere il<br />

merito di offrire lo spaccato<br />

di realtà che a volte sono assai<br />

più “vicine” di quanto si<br />

pensi, ma che, dove invece<br />

potrebbero scoprire valori<br />

comuni, sia allontanano fino<br />

a imboccare strade opposte.<br />

Nell’introduzione al volume,<br />

affidata a Sergio Romano,<br />

l’editorialista del Corriere si<br />

spinge ad affermare che “i<br />

due Paesi sono diversi per<br />

storia, strutture economiche,<br />

maturità civile e interessi<br />

geopolitici. Ma sanno di potere<br />

attingere liberamente ai<br />

loro rispettivi patrimoni politici<br />

e culturali. Sanno da sempre,<br />

in altre parole, che ciò<br />

che è francese può diventare<br />

italiano, e viceversa…”.<br />

E ancora, per sottolineare<br />

quella diversità di orizzonti<br />

della storia <strong>dei</strong> due Paesi:<br />

“Da allora (anni Sessanta,<br />

Ristampate in facsimile,<br />

dalla Vallecchi, le tre annate<br />

della celebre rivista fiorentina fondata<br />

da Papini e Soffici<br />

Miserie e splendori<br />

di artisti e scrittori che si staccarono<br />

da La Voce di Prezzolini<br />

ndr) ricominciano a percorrere<br />

strade costituzionalmente<br />

diverse.<br />

La Francia diventa semipresidenzialista<br />

e ottiene, grazie<br />

alla riforma del suo sistema<br />

politico, alcuni risultati straordinari.<br />

(…) L’Italia invece accentua<br />

i vizi del sistema parlamentare<br />

sino a creare un<br />

regime in cui il potere è di<br />

tutti e di nessuno.<br />

La Francia è governata da<br />

un presidente e dal suo esecutivo;<br />

l’Italia da una gigantesca<br />

assemblea condominiale<br />

a cui partecipano, con<br />

funzioni che si confondono e<br />

si accavallano, il governo, il<br />

presidente della Repubblica,<br />

le Camere, i partiti, i sindacati,<br />

la magistratura ordinaria<br />

e amministrativa, le corporazioni<br />

professionali”.<br />

In definitiva, questo è uno<br />

senso della misura e la misura della perfezione<br />

anche nella ricerca. Penso a Giotto».<br />

Dopo la rottura con Marinetti, dovuta a una<br />

serie di riserve e, perché no?, secondo<br />

Scalia, anche di ambiguità, Lacerba vira di<br />

bordo. Si punta su quello che Carrà chiama<br />

«il nemico naturale (Austria)» e «l’odioso<br />

imperialismo teutonico». Intervenire, precisa,<br />

«è stretto dovere nostro e di ogni giovine<br />

italiano che non sia figlio di puttana. Il popolo<br />

è pronto a marciare con noi». Interventista,<br />

dall’agosto del ‘14 Lacerba si dedica solo alla<br />

propaganda politica.<br />

Letteratura, arte e attività speculative vengono<br />

rinviate «a cose finite». Attacchi al governo<br />

italiano («il quale in questo momento sta<br />

disonorando e rovinando il Paese con l’insistere,<br />

nessuno sa il perché, in una neutralità<br />

divenuta ormai imbecille»), appelli, dichiarazioni.<br />

Il terzo periodo di Lacerba comincia col<br />

gennaio del ‘15. Stavolta, accanto all’impegno<br />

politico, riaffiora quello culturale. Vi collaborano<br />

Palazzeschi, Govoni, Ungaretti,<br />

Jahier, Sbarbaro, De Robertis.<br />

L’Italia scende in campo. Papini esulta:<br />

«Abbiamo vinto Il ministero Salandra-Sonnino<br />

ha fatto suo il nostro programma Questo<br />

è l’ultimo numero di Lacerba. Crediamo<br />

necessario sospenderla almeno per tutta la<br />

durata della guerra».<br />

In realtà, non di sospensione si trattò. La<br />

chiusura divenne definitiva.<br />

Lacerba, edizione in facsimile, cofanetto<br />

con la raccolta di tutti i numeri usciti dal<br />

1913 al 1915,<br />

Edizioni Vallecchi, pagine 880, euro 247,90<br />

<strong>dei</strong> saggi più intensi e<br />

profondi sul difficile tema <strong>dei</strong><br />

rapporti politici e culturali di<br />

queste due nazioni “cugine”:<br />

ma è anche un libro che, a<br />

incominciare proprio dalla<br />

struttura “a conversazione”,<br />

probabilmente si allontana<br />

dal grande pubblico per rifugiarsi<br />

nella nicchia degli specialisti.<br />

Gilles Martinet,<br />

Sergio Romano<br />

(con Michele Canonica),<br />

Un’amicizia difficile,<br />

Ponte alle Grazie<br />

pagine 143, euro 12,91<br />

31 (35)


Il vincolo (che nasce dall’articolo 43 del CC e dall’articolo 3 del Dpr n. 223/1989) riguarda tutti i cittadini<br />

Il giornalista ha l’obbligo di prendere la residenza<br />

nella città in cui ha la “dimora abituale”<br />

L’articolo 16 della legge 21 dicembre 1999 n.<br />

526 regola i requisiti per l’iscrizione agli albi<br />

professionali per i cittadini degli Stati membri<br />

dell’Unione europea. Una circolare del ministero<br />

della Giustizia - Direzione generale<br />

degli Affari civili e Libere professioni (prot. n.<br />

7/995/U del 14 <strong>marzo</strong> 2000) sull’interpretazione<br />

dell’articolo 16 e la nota 24 <strong>marzo</strong><br />

2000 (prot. n. 900) del Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti hanno stabilito il<br />

principio secondo il quale “i giornalisti italiani<br />

dovranno essere iscritti all’albo non in base<br />

alla residenza ma al domicilio professionale”.<br />

Chi “ha la dimora abituale” (per ragioni di<br />

stabile occupazione lavorativa) in un dato<br />

centro ha l’obbligo giuridico, comunque, di<br />

fissarvi la sua residenza anagrafica (in base<br />

all’articolo 3, prima comma, del Dpr n.<br />

223/1989 in relazione all’articolo 43 del Codice<br />

Civile) anche per far fronte ai suoi obblighi<br />

fiscali (addizionale regionale ed eventualmente<br />

comunale, tassa rifiuti, Irap, Ici, bollo<br />

automobilistico) e di elettore.<br />

continua<br />

dalla<br />

prima pagina<br />

L’articolo 43 del Codice Civile fissa il domicilio<br />

di una persona “nel luogo in cui essa ha<br />

stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari e<br />

interessi”, mentre “la residenza è nel luogo<br />

in cui la persona ha la dimora abituale”.<br />

L’articolo 3 del Dpr n. 223/1989 (“popolazione<br />

residente”) afferma: “1. Per persone residenti<br />

nel comune s’intendono quelle aventi<br />

la propria dimora abituale nel comune. 2.<br />

Non cessano di appartenere alla popolazione<br />

residente le persone temporaneamente<br />

dimoranti in altri comuni o all’estero per<br />

l’esercizio di occupazioni stagionali o per<br />

causa di durata limitata”.<br />

La giurisprudenza sulla residenza è eloquente:<br />

“Ai sensi dell’art. 43 comma 2, CC e<br />

dell’art. 3 Dpr 30 maggio 1989 n. 223, la residenza<br />

come dimora abituale, cioè stabile, è<br />

data dall’elemento oggettivo della permanenza<br />

in un dato luogo, la quale non è<br />

incompatibile con eventuali allontanamenti,<br />

mentre è irrilevante la mera intenzione,<br />

sganciata dal dato di fatto, di scegliere altro<br />

luogo di residenza (nella specie, mantenen-<br />

Abruzzo dichiarato non punibile:<br />

“Uso legittimo del diritto di critica”<br />

fonti fiduciarie è tutelato dagli articoli 2 dellalegge<br />

n. 69/1963 sulla professione giornalistica<br />

e 13 della legge n. 675/1996 sulla privacy<br />

nonché dall’articolo 10 della Convenzione<br />

europea per la salvaguardia <strong>dei</strong> diritti dell’Uomo<br />

(sentenza Goodwin della Corte di Strasburgo).<br />

Il Pm di Brescia, Maria Paola Borio, ha chiesto<br />

l’archiviazione della querela presentata<br />

contro Franco Abruzzo, intervenuto il 13<br />

maggio 2000, come presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, a tutela <strong>dei</strong><br />

cronisti giudiziari di Como e del diritto <strong>dei</strong><br />

cittadini di Como all’informazione. Abruzzo ha<br />

agito nell’esercizio di un diritto costituzionale<br />

(quello di critica) e nell’adempimento di un<br />

dovere (la difesa del diritto di cronaca).<br />

Le critiche di Abruzzo in sostanza non costituiscono<br />

reato in quanto, come ha scritto<br />

il Pm, “la libertà, riconosciuta dalla Costituzione,<br />

di manifestazione del pensiero<br />

e di formulazione di critica nei confronti di<br />

chi esercita funzioni pubbliche comprende<br />

necessariamente il diritto di critica giudiziaria<br />

ossia l’espressione di dissenso,<br />

anche aspro e veemente, nei confronti<br />

dell’operato di magistrati i quali, in quanto<br />

tali, non godono di alcuna immunità,<br />

nonché degli atti da costoro compiuti”.<br />

Il Gip Spanò, nell’udienza del 14 giugno, in<br />

sede di discussione dell’opposizione del Pm<br />

di Como all’archiviazione, ha ordinato al Pm<br />

di elevare capo di imputazione contro Abruzzo,<br />

Annoni e Rapisarda. Era seguita il 29 ottobre<br />

2001 l’udienza davanti al Gup Milesi, che<br />

ha letto la sentenza di non luogo a procedere<br />

il 15 gennaio <strong>2002</strong>.<br />

Nella richiesta del Pm Borio si legge:<br />

“- rilevato che con denuncia querela depositata<br />

in data 13.5.2000 la dott.ssa...., Magistrato<br />

in servizio presso la Procura della<br />

Repubblica presso il Tribunale di Como,<br />

lamentava il contenuto asseritamente diffamatorio<br />

dell’articolo apparso il medesimo<br />

giorno sull’inserto comasco del quotidiano il<br />

Corriere della Sera a firma di Annoni Paolo<br />

recante il titolo “Un attentato alla libertà di<br />

informazione”. Si doleva la querelante delle<br />

dichiarazioni rese nel corso di un’intervista<br />

dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> lombardo <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

Franco Abruzzo (e riportate dall’Annoni<br />

nel predetto articolo) in relazione alla avvenuta<br />

iscrizione nel registro degli indagati per<br />

il reato di cui all’art. 371-bis Cp del nominativo<br />

del giornalista Moretti Paolo il quale, sentito<br />

dalla dott.ssa... in qualità di persona informata<br />

sui fatti in relazione ad una indagine<br />

“per fuga di notizie”, si era avvalso del segreto<br />

professionale. Lamentava in particolare il<br />

magistrato che l’Abruzzo, commentando l’iniziativa<br />

adottata dal Pm, ai sensi dell’art. 335<br />

Cpp, nei confronti del Moretti, affermava: “È il<br />

Pubblico Ministero con le sue iniziative che<br />

si è posto fuori dal quadro costituzionale.<br />

Quando ha chiesto i numeri telefonici e le<br />

fonti ha compiuto un attentato al ruolo di<br />

mediatore intellettuale che è proprio del<br />

collega Moretti. Un attentato al principio<br />

dell’informazione, alla libertà di critica che<br />

caratterizza uno stato democratico... Il Pm si<br />

è posto contro alcune sentenze della Corte<br />

costituzionale. È un diritto del giornalista<br />

essere messo in posizione di operare secondo<br />

le regole della deontologia professionale.<br />

La sentenza della Corte non è stata tramutata<br />

in legge ma merita rispetto soprattutto<br />

da parte <strong>dei</strong> magistrati e <strong>dei</strong> pubblici ministeri.<br />

Alla luce di questo principio il Pm è fuori<br />

dalle regole e del quadro costituzionale”;<br />

- ritenuto che la libertà, riconosciuta dalla<br />

Costituzione, di manifestazione del pensiero<br />

e di formulazione di critica nei confronti di chi<br />

esercita funzioni pubbliche comprende<br />

necessariamente il diritto di critica giudiziaria<br />

ossia l’espressione di dissenso, anche aspro<br />

e veemente, nei confronti dell’operato di<br />

magistrati i quali, in quanto tali, non godono<br />

di alcuna immunità, nonché degli atti da<br />

costoro compiuti;<br />

- ritenuto che pertanto vanno considerate<br />

diffamatorie e dunque lesive dell’onore e<br />

della reputazione del magistrato soltanto<br />

quelle manifestazioni di biasimo aventi carattere<br />

denigratorio e consistenti in un gratuito<br />

attacco alla persona ed alla stima di cui gode<br />

all’interno del proprio ambiente professionale<br />

(vedi fra le tante Cass. Sezione V 6.2.1998<br />

n.1450);<br />

- ritenuto che, nel caso di specie, le espressioni<br />

utilizzate dall’intervistato e riportate<br />

fedelmente dal giornalista Annoni, pur contenendo<br />

espressioni a tratti aspre e polemiche<br />

(si veda l’utilizza della parola “attentato”)<br />

costituiscono espressione di un deciso<br />

dissenso, peraltro motivato mediante il richiamo<br />

ad alcune sentenze della Corte Costituzionale,<br />

all’operato della dott.ssa... e di una<br />

pubblica denuncia di un errore, a suo parere<br />

commesso dal magistrato, nei confronti del<br />

collega Moretti;<br />

- ritenuto pertanto che le espressioni<br />

utilizzate dall’Abruzzo e riportate nell’articolo<br />

oggetto di querela non abbiano travalicato<br />

i limiti di una critica, certamente forte, ma<br />

tale da non trascendere nell’offesa gratuita<br />

e nella lesione della dignità morale e<br />

professionale della querelante;<br />

- ritenuto che, non configurandosi responsabilità<br />

a carico dell’intervistato Abruzzo e del<br />

giornalista Annoni per il reato di diffamazione,<br />

non è conseguentemente configurabile<br />

responsabilità a titolo colposo, ai sensi<br />

dell’art. 57 Cp, nei confronti del direttore del<br />

quotidiano Il Corriere di Como. Ed infatti nella<br />

fattispecie criminosa prevista dall’art. 57 Cp il<br />

reato che con il mezzo della pubblicazione<br />

viene commesso si configura come evento<br />

dell’autonomo reato colposo addebitato al<br />

direttore, sicché se esso fa difetto per<br />

mancanza di uno degli elementi costitutivi,<br />

viene meno anche la responsabilità del direttore<br />

medesimo.<br />

Visti gli artt. 408 c.p.p., 1<strong>25</strong> D.Lv. 271/89<br />

CHIEDE che il Giudice per le indagini preliminari<br />

in sede voglia disporre l’archiviazione<br />

del procedimento e la restituzione degli atti a<br />

questo Ufficio”.<br />

Franco Abruzzo, già cronista giudiziario de Il<br />

Giorno negli anni 60 e 70, ha commentato<br />

così la vittoria di Brescia: “È un successo di<br />

tutti i cronisti”.<br />

(O.T.)<br />

do ivi consuetudini e rapporti sociali)” (Tar<br />

Valle d’Aosta, 20 novembre 1995, n. 172;<br />

Riviste: Foro Amm., 1996, 1312).<br />

Il nuovo articolo 119 della Costituzione afferma<br />

che “I Comuni, le Province, le Città<br />

metropolitane e le Regioni...stabiliscono e<br />

applicano tributi ed entrate propri....dispongono<br />

di compartecipazioni al gettito di tributi<br />

erariali riferibile al loro territorio”.<br />

Pertanto Comuni, Province, Città metropolitane<br />

e Regioni avranno compartecipazioni<br />

al gettito <strong>dei</strong> tributi erariali in rapporto al<br />

numero <strong>dei</strong> cittadini residenti nel loro territorio.<br />

Conseguentemente la mancata iscrizione<br />

nelle liste <strong>dei</strong> cittadini residenti comporterà<br />

un danno alle entrate di Comuni, Province,<br />

Città metropolitane e Regioni.<br />

C’è un altro problema, poi, che la riguarda la<br />

giustizia disciplinare.<br />

Chi si sottrae agli obblighi della residenza<br />

nella città in cui ha “la dimora abituale” sfugge<br />

al controllo deontologico del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Regione dove<br />

FILO DIRETTO con l’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />

PRESIDENTE<br />

(Franco Abruzzo)<br />

02 63 61 17 22-38 fabruzzo39@yahoo.it<br />

VICE-PRESIDENTE<br />

(Brunello Tanzi)<br />

CONSIGLIERE SEGRETARIO<br />

02 63 61 17 31 odg@galactica.it<br />

incaricato dell’URP<br />

(Letizia Gonzales)<br />

02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />

DIRETTORE UFFICI 02 63 61 17 23<br />

(Elisabetta Graziani) 02 65 54 946 odg.direzione@galactica.it<br />

A chi chiedere<br />

le informazioni:<br />

Centralino:<br />

Evelina Mosca<br />

e Fernanda Principe<br />

Informazioni generali,<br />

tessere FS e Alitalia,<br />

appuntamenti<br />

(Urp - legali e fiscali)<br />

Ufficio presidenza:<br />

Anna Contini:<br />

02 63 61 171 odg.segreteria@galactica.it<br />

appuntamenti Presidente,<br />

Consiglieri e Revisori<br />

<strong>dei</strong> conti; premi tesi laurea<br />

in giornalismo<br />

Segreteria - sportello:<br />

Isabella Massara:<br />

02 63 61 17 38 odg.direzione@galactica.it<br />

Elenco professionisti<br />

praticanti d’ufficio.<br />

Corso praticanti; esame<br />

idoneità professionale<br />

Rosangela Petruzzelli:<br />

02 63 6117 37 odg.segreteria@galactica.it<br />

Registro praticanti<br />

elenco speciale<br />

Teresa Risè:<br />

segreteria redazione mensile<br />

02 63 61 17 36 odg.segreteria@galactica.it<br />

“Tabloid”<br />

elenco pubblicisti<br />

scuole lombarde giornalismo<br />

Ufficio informatico:<br />

02 63 61 17 39 odg.segreteria@galactica.it<br />

Alfredo Pedoto:<br />

quote; sito web;<br />

Annuario e pubblicazioni edite<br />

dall’<strong>Ordine</strong><br />

Ufficio contabilità:<br />

Sabrina Boffino:<br />

Ufficio acquisti - economato:<br />

Alberto Ruta<br />

Patrocinio legale<br />

avv.Luisa Nicosia<br />

presente in sede ogni<br />

martedì pomeriggio<br />

Patrocinio<br />

fiscale/amministrativo<br />

Commercialista studio<br />

dott. R. Marcianesi<br />

presente in sede<br />

ogni mercoledì pomeriggio<br />

la professione viene esercitata.<br />

L’evasione, quindi, non è soltanto fiscale ma<br />

è anche morale.<br />

Diversi Ordini regionali contestano l’interpretazione<br />

dell’articolo 16 della legge 526/1999<br />

nel senso di vincolare l’appartenenza all’Albo<br />

al domicilio professionale.<br />

Queste divergenze sono superate, una volta<br />

che venga fatto rispettare il principio secondo<br />

il quale il cittadino/giornalista ha l’obbligo<br />

giuridico di ancorare la residenza nella città<br />

in cui ha la sua “dimora abituale”.<br />

La dichiarazione di un cittadino/giornalista di<br />

avere la residenza in una città diversa da<br />

quella dove svolge stabilmente la professione<br />

ha valore meramente presuntivo contestabile<br />

con ogni mezzo di prova.<br />

Compreso il ricorso alle indagini che può<br />

disporre il direttore dell’Ufficio anagrafe di<br />

ogni Comune.<br />

Questi argomenti sono stati illustrati da Franco<br />

Abruzzo nella riunione romana del 23<br />

gennaio della Consulta <strong>dei</strong> presidenti degli<br />

Ordini regionali.<br />

02 63 61 17 29 odg@galactica.it<br />

02 63 61 17 28 odg.amm@galactica.it<br />

02 63 61 17 30 odg.amm@galactica.it<br />

02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />

02 63 61 17 21 odg@galactica.it<br />

32 (36) ORDINE 3 <strong>2002</strong>

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