Settembre - Ottobre 2004 - Ordine dei Giornalisti
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<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong><br />
giornalisti<br />
della<br />
Lombardia<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
I ministri dell’Economia<br />
e del Lavoro bocciano<br />
l’accordo Fnsi-Fieg-Inpgi<br />
su condono, sistema sanzionatorio,<br />
cumulo pensione-redditi da lavoro<br />
e riscatto <strong>dei</strong> periodi di studi universitari<br />
Roma, 30 luglio <strong>2004</strong>. I ministri dell’Economia<br />
e del Lavoro hanno bocciato l’accordo (5<br />
maggio <strong>2004</strong>) Fnsi-Fieg-Inpgi su condono,<br />
sistema sanzionatorio, cumulo pensioneredditi<br />
da lavoro e riscatto <strong>dei</strong> periodi di studi<br />
universitari.<br />
Ne ha dato notizia il presidente dell’Inpgi,<br />
Gabriele Cescutti, con questa lettera: “Cari<br />
colleghi, mi spiace dovervi comunicare che<br />
i ministeri del Lavoro e dell’Economia ci<br />
hanno notificato la decisione di non dar<br />
corso all’approvazione di quattro delibere<br />
approvate dal Cda il 19 maggio scorso<br />
(condono, sistema sanzionatorio, cumulo<br />
pensione-redditi da lavoro e riscatto <strong>dei</strong><br />
periodi di studi universitari), che facevano<br />
parte del gruppo di sei provvedimenti approvati<br />
dal Cda lo scorso 19 maggio. Come ben<br />
ricorderete, invece, gli stessi ministeri il 13<br />
luglio avevano espresso parere favorevole in<br />
merito alle due delibere relative allo sconto<br />
contributivo per il riassorbimento <strong>dei</strong> giornalisti<br />
disoccupati e all’una tantum in favore <strong>dei</strong><br />
titolari di trattamenti pensionistici anteriori al<br />
1° gennaio 1999. La mancata approvazione<br />
per la prima delibera è riferita soprattutto<br />
all’esigenza di conoscere i motivi che sorreggono<br />
la proposta di applicazione del condono<br />
a “rapporti giuridici già definiti”.<br />
Per la seconda e terza delibera (sistema<br />
sanzionatorio e cumulo) sono richiesti precisi<br />
dettagli in merito agli equilibri gestionali<br />
nel medio e lungo periodo, mentre per il<br />
quarto provvedimento (riscatto di periodi<br />
universitari) vengono sollecitati aggiustamenti<br />
che potranno essere inseriti senza<br />
alcun problema. Abbiamo già preso contatto<br />
con la Fnsi e con la Fieg (firmatarie dell’accordo<br />
sindacale successivamente fatto<br />
proprio dal Cda dell’Inpgi) per valutare assieme<br />
le preoccupazioni espresse dai ministeri<br />
vigilanti, al fine di poter individuare, alla ripresa<br />
dell’attività in settembre, la miglior soluzione<br />
che consenta di rendere operative le<br />
quattro delibere.<br />
Cordialmente. Gabriele Cescutti”.<br />
Una nuova onorificenza per i giornalisti morti sui fronti di guerra<br />
Primo sì del Senato all’“<strong>Ordine</strong><br />
al merito del giornalismo italiano”<br />
Il capo dell’<strong>Ordine</strong> sarà il Presidente della Repubblica<br />
Roma, 26 agosto <strong>2004</strong>.<br />
Una nuova onorificenza per<br />
i giornalisti morti sui fronti di<br />
guerra. È quanto prevede un<br />
disegno di legge approvato<br />
dala Commissione Affari<br />
costituzionali del Senato, in<br />
sede deliberante, in prima<br />
lettura, il 30 giugno.<br />
Quest’approvazione equivale<br />
a una deliberazione del<br />
Senato. Il provvedimento<br />
mira ad istituire “l’<strong>Ordine</strong> al<br />
merito del giornalismo<br />
italiano”, al fine di introdurre<br />
un riconoscimento da<br />
parte dello Stato in favore di<br />
tutti coloro che si sono<br />
distinti – fino al sacrificio<br />
della stessa vita – nello svolgimento<br />
di un servizio di<br />
pubblica utilità ed interesse<br />
generale. Il ddl passa ora<br />
all’esame della Camera.<br />
(da www.cittadinolex.it)<br />
Ddl Senato 982 - Istituzione<br />
dell’«<strong>Ordine</strong> al merito<br />
del giornalismo italiano»<br />
Articolo 1<br />
1. È istituito l’“<strong>Ordine</strong> al merito<br />
del giornalismo italiano”<br />
destinato a dare una particolare<br />
attestazione agli inviati<br />
speciali della stampa a diffusione<br />
nazionale morti, o che<br />
abbiano subito comprovati e<br />
gravi danni fisici o psicologici,<br />
che si siano comunque<br />
distinti per particolari meriti,<br />
nell’adempimento del proprio<br />
dovere in zone di guerra o in<br />
occasione di eventi calamitosi<br />
di grande rilevanza, su<br />
proposta del Presidente del<br />
consiglio <strong>dei</strong> ministri.<br />
Articolo 2<br />
1. Il capo dell’<strong>Ordine</strong> è il<br />
Presidente della Repubblica<br />
Articolo 3<br />
1. Gli insigniti, o i loro con-<br />
giunti, dopo la pubblicazione<br />
sulla Gazzetta Ufficiale del<br />
decreto di conferimento dell’onorificenza<br />
da parte del<br />
Presidente della Repubblica,<br />
hanno il diritto di fregiarsene<br />
in occasione di festività<br />
nazionali e di altri importanti<br />
eventi.<br />
Articolo 4<br />
1. Le onorificenze, di cui alla<br />
presente legge, non producono<br />
effetti economici su<br />
pensioni, assegni o indennità<br />
di qualsiasi natura che<br />
sono o saranno percepite<br />
dagli aventi diritto.<br />
Articolo 5<br />
1. In attuazione della presente<br />
legge, il Presidente<br />
del consiglio <strong>dei</strong> ministri - di<br />
concerto con i ministri competenti<br />
- emana con proprio<br />
decreto le norme occorrenti<br />
per la sua attuazione.<br />
L’accordo (tra Fnsi, Fieg<br />
e Inpgi) sul cumulo in<br />
particolare prevede:<br />
a) che a decorrere<br />
dal 1° gennaio 2001<br />
le pensioni di vecchiaia<br />
e le pensioni liquidate<br />
con anzianità contributiva pari<br />
o superiore a 40 anni sono<br />
interamente cumulabili con<br />
i redditi di lavoro autonomo<br />
e dipendente; b) che in tutti<br />
gli altri casi il limite di<br />
cumulabilità viene elevato da<br />
euro 7.747 (lire 15 milioni) ad<br />
euro 13.000 (lire 25.171.510).<br />
ALTRI SERVIZI SULL’INPGI<br />
ALLE PAGINE 2, 3 e 4<br />
Milano, 20 luglio <strong>2004</strong>. Il Consiglio di presidenza<br />
dell’Associazione “Walter Tobagi” per la<br />
Formazione al Giornalismo ha eletto ieri sera<br />
il suo presidente per il triennio <strong>2004</strong>/2007: è<br />
l’economista d’impresa e commercialista<br />
Giuseppe Antonio Barranco di Valdivieso. I<br />
vicepresidenti sono tre: i giornalisti professionisti<br />
Andrea Biglia e David Messina, il giornalista<br />
pubblicista Damiano Nigro (vicepresidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia).<br />
Svolgeranno le funzioni di segretario e tesoriere<br />
Guido Re e Angelo Morandi. Presidente<br />
del Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti è il giornalista<br />
professionista Luciano Micconi.<br />
L’Afg “Walter Tobagi” è l’ente senza scopo di<br />
lucro convenzionato con la Regione Lombardia,<br />
che gestisce l’Istituto “Carlo De Martino”<br />
(meglio noto come “Scuola di giornalismo di<br />
Milano”) di cui sono direttore e vicedirettore i<br />
giornalisti professionisti Gigi Speroni e Alfredo<br />
Pallavisini.<br />
Con l’elezione di Barranco di Valdivieso, su<br />
proposta dal presidente del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia, si è impressa una svolta<br />
nella vita dell’Ifg, che ha bisogno di nuovi<br />
Anno XXXIV<br />
n. 9-10 <strong>Settembre</strong>-<strong>Ottobre</strong> <strong>2004</strong><br />
Direzione e redazione<br />
Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />
Telefono: 02 63 61 171<br />
Telefax: 02 65 54 307<br />
http://www.odg.mi.it<br />
e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />
Spedizione in a.p. (45%)<br />
Comma 20 (lettera b)<br />
dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />
Filiale di Milano<br />
DATI FIEG-FNSI-INPGI/ PAG 26<br />
Giugno <strong>2004</strong>:<br />
14.500 professionisti,<br />
1.500 disoccupati<br />
SOMMARIO<br />
Mobbing Intervista allo psichiatra<br />
Michele Piccione pag. 5<br />
Normativa <strong>Giornalisti</strong> e residenza<br />
anagrafica pag. 6<br />
Editoria Più cultura, più futuro pag. 8<br />
Martiri del Enzo Baldoni:<br />
giornalismo “Io viaggio per la pace” pag. 10<br />
Garante Al duopolio tv l’86,5%<br />
comunicazioni della pubblicità pag. 12<br />
Freelance Un successo il corso Ifg pag. 15<br />
I nostri lutti Tiziano Terzani.<br />
“Il giornalismo,<br />
la mia vita”<br />
Elio Sparano,<br />
pag. 16<br />
simbolo Rai a Milano pag. 17<br />
Memoria Gigi Ghirotti, il cronista<br />
Leo Longanesi,<br />
un “Borghese”<br />
pag. 18<br />
grande grande pag. 20<br />
Giornalismo Luigi Comencini<br />
e cinema<br />
La libreria<br />
giornalista “politico” pag. 22<br />
di Tabloid<br />
I dossier<br />
pag. 24<br />
di Tabloid Inserto speciale<br />
sulla diffamazione<br />
a mezzo stampa -<br />
appello penale<br />
L’ente gestisce l’Istituto per la Formazione al Giornalismo<br />
Giuseppe A. Barranco di Valdivieso<br />
presidente dell’Afg “Walter Tobagi”<br />
Eletti vicepresidenti Andrea Biglia, David Messina e Damiano Nigro<br />
mezzi economici per rafforzare la sua leadership<br />
tra le scuole riconosciute dall’<strong>Ordine</strong><br />
nazionale. Va ridisegnata anche la strategia<br />
di alleanze nel campo universitario per preparare<br />
una figura di giornalista italiano, capace<br />
di lavorare in tutti i Paesi della Ue. L’Ifg,<br />
quindi, investe e scommette sull’Europa.<br />
Sarà rilanciata “l’Associazione degli ex-allievi<br />
dell’Ifg”, forte <strong>dei</strong> 650 giornalisti professionisti<br />
“creati” dal 1977 ad oggi.<br />
1
20/21<br />
luglio<br />
<strong>2004</strong><br />
Non è possibile, sotto<br />
il profilo dell’articolo 3 della<br />
Costituzione, che le gestioni<br />
separate dell’Inps e dell’Inpgi<br />
abbiano regole contrastanti<br />
tali da creare disuguaglianze<br />
tra i cittadini. Le circolari<br />
non modificano le leggi<br />
Cessione <strong>dei</strong> diritti<br />
d’autore e Inpgi/2:<br />
l’Inpgi conferma<br />
la linea dura<br />
analisi di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Milano, 21 luglio <strong>2004</strong>. Nello spazio di poche ore, tra il 20 e 21 luglio, il direttore dell’Inpgi,<br />
Arsenio Tortora, ha ribadito con due note la linea dura dell’Istituto e la “condanna” <strong>dei</strong> pareri<br />
resi pubblici da chi scrive in merito alla raccomandata 6 luglio <strong>2004</strong> della signora Giuseppina<br />
Cappa (dirigente dell’Inpgi/2). Gli iscritti sono frastornati, mentre monta la rabbia contro una<br />
gestione separata giudicata iniqua e vessatoria. I colleghi soprattutto non comprendono<br />
perché l’Inpgi/2 riconosca la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore fino al 2000 e non più a partire<br />
dall’anno d’imposta 2001. I colleghi non comprendono perché l’Inpgi/2 si ostini a non rispettare<br />
una legge che dichiara lavoro occasionale quello che coincide con l’introito annuale di<br />
5mila euro. Soprattutto non capiscono perché i cittadini assicurati con l’Inps/2 hanno un trattamento<br />
più favorevole sia sul fronte del diritto d’autore sia sul fronte del lavoro occasionale.<br />
Eppure il Consiglio di Stato – con il parere n. 881 (17 giugno 1998) emesso su richiesta del<br />
ministro del Lavoro (“in linea con il ministero del Tesoro”) - ha stabilito che “non sussiste<br />
obbligo di iscrizione alla Cassa di previdenza per i soggetti iscritti nell’Albo che esercitano<br />
un’attività professionale in maniera occasionale”. Il pensiero della suprema magistratura<br />
amministrativa della nazione dovrebbe avere un peso maggiore rispetto a una circolare ministeriale,<br />
tenuta ad interpretare le leggi o una legge avvicinandosi il più possibile ai valori<br />
costituzionali di solidarietà, giustizia ed uguaglianza.<br />
I cittadini italiani non giornalisti, che, avvalendosi del diritto sancito nell’articolo 21 della Costituzione,<br />
scrivono sistematicamente od occasionalmente articoli, servizi, analisi e commenti,<br />
retribuiti con la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, non versano alcunché alla gestione separata<br />
dell’Inps (vedi circolare Inps n° 83 del 28 marzo 1997). Diverso è, invece, il destino <strong>dei</strong> cittadini<br />
italiani iscritti negli elenchi (professionisti e pubblicisti) dell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e che collaborano<br />
sistematicamente od occasionalmente con giornali e riviste. Eppure la Costituzione<br />
(articolo 3) non consente discriminazioni e trattamenti economici diseguali. La vicenda assume<br />
i contorni della farsa ove si pensi che il presidente dell’Inpgi il 16 maggio 1996 ha scritto<br />
La svolta (sbagliata) del 26 gennaio 2001<br />
Il 26 gennaio 2001 il presidente dell’Inpgi,<br />
facendo riferimento a una lettera del ministro<br />
del Lavoro (il carteggio è… segreto di Stato!)<br />
ha mutato idea sull’argomento, sia pure dopo<br />
aver affermato che “la legge prevede che la<br />
cessione del diritto d’autore non comporti<br />
l’obbligo di iscrizione alla Gestione previdenziale<br />
separata”!<br />
L’Inpgi nutre, questa l’amara verità, dubbi<br />
sulla correttezza <strong>dei</strong> giornalisti e pertanto –<br />
spiega il presidente dell’Istituto – ha chiesto<br />
al ministero del Lavoro “regole le quali<br />
consentano di distinguere senza equivoci<br />
quando ci si trovi in presenza di autentica<br />
cessione di diritto d’autore, e quando invece<br />
tale formula sia illegittima, e non possa quindi<br />
costituire elemento per evitare l’obbligo di<br />
iscrizione alla Gestione separata”.<br />
Il ministero avrebbe condiviso le osservazioni<br />
dell’Inpgi “in merito alla possibilità che il<br />
ricorso alla cessione del diritto d’autore<br />
fosse, in determinati casi, illegittimo”, invitando<br />
quindi l’Istituto “ad individuare parametri<br />
oggettivi attraverso i quali sia possibile determinare<br />
se la cessione del diritto d’autore sia<br />
corrispondente alla norma, o mascheri invece<br />
una sia pur inconsapevole elusione<br />
contributiva”.<br />
I “parametri” dell’Inpgi, però, confliggono<br />
con due articoli della Costituzione (4 e 41).<br />
Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e di<br />
scegliere il lavoro più confacente alla sua<br />
personalità. Anche l’impresa gode di una sua<br />
libertà e può pertanto stipulare contratti con i<br />
cittadini professionisti regolati dalla legge sul<br />
diritto d’autore sul presupposto che, in base<br />
alla legge n. 633/1941, articoli, servizi giornalistici,<br />
servizi fotogiornalistici e progetti<br />
grafico-giornalistici sono opere dell’ingegno.<br />
I parametri dell’Inpgi, avallati a quanto<br />
sembra dal ministero del Lavoro, non hanno<br />
alcun raccordo con l’Inps e con le normative<br />
fiscali. Il reddito derivante dall’utilizzazione<br />
economica delle opere dell’ingegno (in particolare<br />
i compensi pagati da quotidiani e da<br />
riviste agli autori di articoli) va dichiarato nel<br />
rigo D4 del Quadro D (altri redditi) del Modello<br />
730 oppure nel Modello unico (Quadro<br />
RE). I compensi a titolo di cessione di diritti<br />
d’autore costituiscono redditi di lavoro autonomo<br />
ai sensi dell’articolo 49 (comma 2,<br />
lettera b) del Dpr n. 917/1986 e, come tali,<br />
ridotti del 25% (art. 50, comma 8, del Dpr n.<br />
917/986), sono soggetti a ritenuta d’acconto<br />
del 20% (art. 25 del Dpr n. 600/1973). È<br />
escluso, come d’altro lato riconobbe lo stesso<br />
presidente dell’Inpgi, che debbano iscriversi<br />
all’Inpgi/2 coloro che percepiscano<br />
“redditi derivanti dalla utilizzazione economica<br />
di opere dell’ingegno (articoli, servizi giornalistici,<br />
progetti grafici e servizi fotografici<br />
ndr)” in quanto gli stessi redditi sono compresi<br />
nel comma 2 (lettera b) dell’articolo 49 del<br />
Dpr n. 917/1986. “Un articolo ricade nella<br />
tutela della legge sul diritto d’autore quando<br />
ha il requisito dell’originalità e della creatività<br />
e reca l’impronta di una elaborazione personale<br />
del giornalista” (Cassazione civile, 19<br />
luglio 1990, n. 7397). Anche la Sezione lavoro<br />
della Cassazione (sentenza n. 1° giugno<br />
1998, n. 5370) ha ritenuto applicabile la tutela<br />
del diritto d’autore all’opera giornalistica.<br />
La massima giurisprudenziale suona così:<br />
“Può qualificarsi come giornalistica l’opera<br />
svolta in favore di editori di quotidiani e periodici,<br />
di agenzie d’informazione o di emittenti<br />
televisive, ove esplicata con energie prevalentemente<br />
intellettuali e consistente nella<br />
raccolta, elaborazione o commento della<br />
notizia destinata a formare oggetto di comunicazione<br />
di massa; tale opera si distingue<br />
da quelle collaterali o ausiliarie per la creati-<br />
vità, ossia per la presenza, nella manifestazione<br />
del pensiero finalizzata all’informazione,<br />
di un apporto soggettivo e inventivo,<br />
secondo i criteri desumibili anche dall’art.<br />
2575 c.c. e dall’art. 1 l. n. 633 del 1941 in<br />
materia di protezione delle opere dell’ingegno,<br />
letterarie e artistiche”.<br />
Si può, pertanto, ritenere che si possa configurare<br />
la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore tutte le<br />
volte in cui oggetto della cessione sia un’opera<br />
originale e creativa (articoli, interviste e<br />
servizi giornalistici, progetti grafici giornalistici,<br />
servizi fotogiornalistici). Tonino Morina su<br />
Il Sole 24 Ore del 21 giugno 1999, rispondendo<br />
a un pubblicista che erroneamente<br />
aveva aderito all’Inps/2, ha scritto: “Il conferimento<br />
dell’opera dell’ingegno da parte<br />
dell’autore, sia esso a titolo di cessione o di<br />
mera concessione (la differenza è esclusivamente<br />
civilistica, mentre ai fini fiscali è irrilevante),<br />
e indipendentemente dall’occasionalità<br />
della produzione stessa, è fonte generatrice<br />
di quella tipologia di redditi che trova il<br />
suo regime impositivo nell’articolo 50,<br />
comma 8 del Tuir, ed è tassato quindi in capo<br />
al percettore per un importo corrispondente<br />
all’ammontare <strong>dei</strong> proventi in denaro o in<br />
natura percepiti nell’anno solare, ridotto del<br />
25% a titolo di deduzione forfettaria delle<br />
spese. Si noti infine che ai sensi della legge<br />
8 agosto 1995, n. 335, articolo 2, comma 26,<br />
nessun versamento è dovuto alla gestione<br />
separata dell’Inps, la quale abbraccia solo i<br />
redditi di lavoro autonomo prodotti in forma<br />
abituale di cui al primo comma dell’articolo<br />
49, e quelli derivanti da rapporti di collaborazione<br />
coordinata e continuativa indicati alla<br />
lettera a) del comma 2 dell’articolo 49”.<br />
Il presidente dell’Inpgi e con lui l’ex ministro<br />
del Lavoro <strong>dei</strong> governi D’Alema/Amato,<br />
cercando di stabilire quando non si può appli-<br />
I cittadini senza Albo<br />
non versano alcunché<br />
all’Inps/2, mentre<br />
i giornalisti avrebbero<br />
l’obbligo opposto rispetto<br />
all’Inpgi/2 in base a una<br />
circolare (illegittima)<br />
di un ex ministro<br />
del Lavoro<br />
in una circolare indirizzata agli iscritti alla gestione separata, affermando categoricamente:<br />
“Non è obbligato a iscriversi all’Inpgi/2 chi effettua cessioni di diritti d’autore”. Questo<br />
il suo pensiero (di allora): “Non è obbligato all’iscrizione chi effettua cessioni di diritti d’autore.<br />
Possono essere considerate tali esclusivamente quelle prestazioni che esplicitamente sono<br />
regolate tra le parti (azienda editoriale e giornalista) come cessione del diritto d’autore, e che<br />
come tali sono soggette all’imposizione Irpef. La cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, se effettuata<br />
direttamente dall’autore stesso, è esente da Iva ed in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi deve<br />
essere compilata nella sezione II del quadro E (in apposito rigo, differente da quello di cui<br />
all’ipotesi di collaborazione coordinata e continuativa) con l’indicazione <strong>dei</strong> compensi lordi<br />
effettivamente percepiti e dai quali viene detratta una percentuale forfetaria a titolo di riconoscimento<br />
delle spese sostenute. Anche in questo caso non è previsto obbligo (né possibilità)<br />
di iscrizione ad alcuna forma di previdenza”. Nella stessa circolare Cescutti era stato perentorio<br />
sul fronte delle prestazioni occasionali giornalistiche:“Non è obbligato a iscriversi<br />
all’Inpgi/2 chi svolge attività occasionale. In tal caso l’attività giornalistica è saltuaria e<br />
sporadica. Non può sicuramente costituire la fonte principale di reddito e nemmeno una<br />
fonte secondaria permanente, in quanto non sussiste un rapporto fisso con l’editore. I servizi<br />
vengono resi in via eccezionale, anche se su specifica ordinazione, e non sussiste alcuna<br />
situazione giuridica che garantisca la prosecuzione del rapporto, il conseguimento di ulteriori<br />
compensi o la pretesa dell’editore di ricevere altri servizi. In senso tecnico specifico il soggetto<br />
non è nemmeno considerato ai fini fiscali come lavoratore autonomo tanto che, oltre a non<br />
essere tenuto all’apertura di partita Iva, in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi non è neanche<br />
tenuto alla compilazione del quadro E, ma del differente quadro L. Conseguentemente non<br />
ha la possibilità di iscriversi ad alcuna forma di previdenza, né deve versare contributi, né<br />
può pretendere prestazioni”.<br />
Ai piani alti di via Nizza 35-00198 Roma non hanno ancora capito che un free-lance può<br />
svolgere benissimo un’attività professionale non occasionale (500 articoli all’anno) ed essere<br />
retribuito, soprattutto in provincia, in maniera occasionale (cioè con 4 euro ad articolo, cioè<br />
con 2mila euro all’anno).<br />
Dal 16 maggio 1996 la normativa in vigore è sempre quella, l’Inps non ha cambiato linea. Per<br />
l’Inps, gli autori e gli occasionali non hanno alcun obbligo di iscrizione alla gestione separata.<br />
care il diritto d’autore, teorizzano che tale<br />
formula non vale per i giornalisti quando un’opera<br />
è “tesa ad esaurire la sua funzione con<br />
la prima e tempestiva diffusione”; quindi, se<br />
ne deduce, la formula vale invece in caso<br />
contrario, cioè dove l’articolo non “muore”<br />
affatto con la prima pubblicazione. Ebbene: di<br />
norma i giornalisti che applicano il diritto d’autore,<br />
almeno nel caso di settimanali e soprattutto<br />
di mensili, cedono la proprietà <strong>dei</strong> loro<br />
articoli non solo per la “prima e tempestiva<br />
diffusione”, ma anche per le eventuali pubblicazioni<br />
successive, che di fatto non sono solo<br />
“eventuali”, perché le riviste ripubblicano i<br />
testi su siti web, cd, pubblicazioni distribuite<br />
all’estero. Ergo: se gli stessi Salvi e Cescutti,<br />
pur avendo come obiettivo la limitazione<br />
dell’uso del diritto d’autore da parte <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
ammettono di fatto che questo diritto<br />
si può applicare nel caso di testi destinati alla<br />
ripubblicazione, le pretese dell’Inpgi/2 appaiono<br />
deboli e con fondamenta di argilla.<br />
I parametri dell’Inpgi svelano una impronta<br />
dirigistica degna di altri regimi e non tengono<br />
conto dell’evoluzione delle tecnologie<br />
informatiche e delle banche dati. Le aziende<br />
editoriali in base alla legge n. 633/1941<br />
hanno il diritto di sfruttamento delle opere<br />
dell’ingegno acquisite attraverso liberi<br />
contratti individuali e pubblicate nei loro giornali<br />
e periodici. I giornalisti hanno diritto, con<br />
accordi scritti, di tutelare la loro produzione<br />
intellettuale (utilizzando anche i principi<br />
contenuti nell’articolo 14 del vigente Cnlg).<br />
Anche i quotidiani e le agenzie di stampa –<br />
come i periodici – immagazzinano articoli e<br />
servizi giornalistici nelle banche dati e cedono<br />
a terzi, dietro pagamento, questi articoli e<br />
questi servizi giornalistici. Sono pochissimi<br />
gli articoli che “esauriscono la loro funzione<br />
con la prima e tempestiva diffusione”.<br />
2 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
L’errore dell’ex ministro Salvi<br />
L’ex ministro del Lavoro Salvi non aveva il<br />
potere di abrogare, cambiare, manipolare<br />
o interpretare le leggi (potere che è del<br />
Parlamento, della Corte costituzionale o<br />
della Cassazione). Bisogna ribadire con<br />
forza, invece, quello che Cescutti ha scritto<br />
nella circolare 16 maggio 1996 e ripetuto<br />
nella circolare 26 gennaio 2001: “La legge<br />
prevede che la cessione del diritto d’autore<br />
non comporti l’obbligo di iscrizione alla<br />
Gestione previdenziale separata”! Conseguentemente<br />
“non è obbligato a iscriversi<br />
all’Inpgi/2 chi effettua cessioni di diritti<br />
d’autore”. La circolare di Cescutti richiama<br />
una circolare, quella di Salvi, che è un<br />
mostro giuridico!<br />
Non è possibile, sotto il profilo dell’articolo<br />
3 della Costituzione, che le gestioni separate<br />
dell’Inps e dell’Inpgi abbiano regole<br />
contrastanti tali da creare disuguaglianze<br />
tra i cittadini (si veda sul punto la sentenza<br />
n. 437/2002 della Corte costituzionale).<br />
Dopo la sentenza n. 5280/2003 del Tar<br />
Lazio, l’Inpgi è maggiormente tenuto a<br />
rispettare le regole che sono dell’Inps<br />
(punto 4 dell’articolo 76 della legge n.<br />
388/2000). Nella sentenza n. 15/1999 la<br />
Corte costituzionale ha scritto: “La garanzia<br />
dell’autonomia gestionale, organizzativa,<br />
amministrativa e contabile degli enti<br />
privatizzati, che costituisce un principio<br />
direttivo della delega, non attiene tanto alla<br />
struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio<br />
delle sue funzioni. In tal senso il legislatore<br />
delegato ha recepito la formulazione<br />
della norma delegante inserendo tale<br />
garanzia nella disposizione che disciplina<br />
la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del<br />
Conclusioni<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
CHIARIMENTO INPS<br />
Lavoratori occasionali:<br />
contributi dovuti<br />
dopo i 5.000 euro<br />
Roma, 7 luglio <strong>2004</strong>. Con circolare n. 103 del 6 luglio <strong>2004</strong><br />
l’Inps ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli obblighi contributivi<br />
<strong>dei</strong> lavoratori occasionali e degli incaricati alle vendite a<br />
domicilio come disciplinato dall’art. 44 della legge 24 novembre<br />
2003, n. 326.<br />
In particolare si precisa che l’esenzione contributiva opera<br />
solo per la fascia <strong>dei</strong> 5.000 euro e, in caso di superamento di<br />
questo limite di reddito i contributi sono dovuti solo per la<br />
quota di reddito eccedente.<br />
I versamenti vanno effettuati il mese successivo al superamento<br />
del limito reddituale entro il giorno 16 utilizzando i codici<br />
relativi alle collaborazioni coordinate e continuative.<br />
decreto legislativo n. 509 del 1994). Ma<br />
anche se, considerando isolatamente i<br />
singoli segmenti della formula normativa<br />
adottata dal legislatore, si intendesse l’autonomia<br />
organizzativa come elemento del<br />
tutto distinto dalla organizzazione della<br />
gestione amministrativa e contabile, riferita<br />
quindi alla struttura dell’ente ed alla<br />
composizione <strong>dei</strong> suoi organi, essa non<br />
implicherebbe un’assoluta libertà di configurare<br />
le strutture dell’ente e non escluderebbe<br />
l’eventuale indicazione di limiti entro<br />
i quali l’autonomia debba essere esercitata”.<br />
Il punto 4 dell’articolo 76 della legge n.<br />
388/2000 in effetti fissa per l’Inpgi <strong>dei</strong> paletti:<br />
l’esercizio da parte dell’Inpgi della potestà<br />
di autonomia normativa, a decorrere<br />
dalla entrata in vigore della legge n.<br />
388/2000, “richiede il coordinamento<br />
specifico con le norme generali che regolano<br />
il sistema contributivo e delle prestazioni<br />
previdenziali”.<br />
L’articolo 1 (comma 2) della legge<br />
335/1995 dice: “Le disposizioni della<br />
presente legge costituiscono princìpi<br />
fondamentali di riforma economico-sociale<br />
della Repubblica. Le successive leggi della<br />
Repubblica non possono introdurre eccezioni<br />
o deroghe alla presente legge se non<br />
mediante espresse modificazioni delle sue<br />
disposizioni”. In sostanza ciò che decide<br />
una legge non può essere “corretto” con un<br />
atto amministrativo qual è una circolare<br />
ministeriale. Questo piccolo/grande particolare<br />
è finora sfuggito ai vertici dell’Inpgi,<br />
che vogliono “tassare” le opere dell’ingegno<br />
<strong>dei</strong> giornalisti in forza di una circolare<br />
ministeriale.<br />
• I compensi a titolo di cessione di diritti d’autore costituiscono redditi di lavoro autonomo ai<br />
sensi dell’articolo 49 (comma 2, lettera b) del Dpr n. 917/1986 e, come tali, ridotti del 25%<br />
(art. 50, comma 8, del Dpr n. 917/986), sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20 % (art. 25<br />
del Dpr n. 600/1973). Gli stessi non sono tra quelli assoggettati alle gestioni separate come<br />
“i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a),<br />
dell’articolo 49 del medesimo testo unico”!!!<br />
• la ritenuta d’acconto del 20% si applica in sostanza sul 75% del compenso a titolo di<br />
cessione di diritti d’autore (art. 110 della legge 633/1941 e art. 2581 del Codice civile);<br />
• i compensi collegati alla cessione di diritti d’autore vanno denunciati fiscalmente nel Modello<br />
unico (Quadro RE) o nel Modello 730 (Quadro D);<br />
• chi cede i propri diritti sulle opere dell’ingegno (articoli, servizi giornalistici o fotografici,<br />
progetti grafici) non paga il 12% all’Inpgi/2. La legge 335/1995, il Dlgs 103/1996, l’Inps, il<br />
Regolamento dell’Inpgi/2, la Cassazione civile, il ministero delle Finanze e… la circolare 16<br />
maggio 1996 dell’Inpgi escludono dalla gestione separata i “soggetti” che ricadono nel<br />
campo della cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore.<br />
• “La trasmissione <strong>dei</strong> diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto” (articolo 110 della<br />
legge 633/1941 sul diritto d’autore).<br />
• Chi ha compiuto i 65 anni non ha obbligo di iscrizione all’Inpgi/2. Dice il comma 6 dell’articolo<br />
del Regolamento: “I giornalisti che hanno compiuto il 65° anno di età hanno facoltà di<br />
iscriversi alla gestione di cui al comma 1. Gli iscritti che compiono il 65° anno di età senza<br />
avere maturato il diritto a pensione hanno facoltà di continuare a versare all’Istituto i contributi<br />
di cui all’art. 3 e seguenti”.<br />
• “La prescrizione <strong>dei</strong> contributi dovuti all’Istituto interviene con il decorso di 5 anni” (art. 7 del<br />
Regolamento gestione separata Inpgi)<br />
• Chi svolge prestazioni giornalistiche occasionali fino a 5mila euro (comma 2 dell’articolo 44<br />
della legge n. 326/2003) non ha obbligo di iscrizione all’Inpgi/2;<br />
• Le circolari ministeriali e le delibere dell’Inpgi in contrasto con le leggi sopra citate non<br />
possono correggere o cambiare le leggi stesse.<br />
Nota<br />
18 luglio<br />
<strong>2004</strong><br />
Non esistono cittadini<br />
di serie A e di serie B:<br />
la gestione separata dell’Inps<br />
non chiede quattrini a chi realizza<br />
proventi collegati alle opere<br />
dell’ingegno.<br />
Perché l’Inpgi/2<br />
si comporta diversamente?<br />
Come rispondere<br />
all’Inpgi/2:<br />
due possibili<br />
repliche<br />
Milano, 18 luglio <strong>2004</strong>. Con una lettera<br />
raccomandata 6 luglio <strong>2004</strong>, il dirigente<br />
(Giuseppina Cappa) della gestione separata<br />
dell’Inpgi (o Inpgi/2) ha annunciato che l’Istituto<br />
riconosce la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore<br />
fino all’anno fiscale 2000, ma non dal 2001<br />
in poi. Bisogna chiedere all’Istituto di rivelare<br />
quale legge a partire dal 2001 ha modificato<br />
detto regime, assoggettando a contribuzione<br />
i proventi derivanti dall’utilizzazione economica<br />
di opere dell’ingegno. In verità quella<br />
legge non esiste. La posizione dell’Inpgi è<br />
contraddittoria e non rispetta le legislazione<br />
dell’Inps alla quale è tenuta ad adeguarsi<br />
(art. 76 della legge n. 388/200). L’articolo 76<br />
della legge n. 388/2000 prevede infatti che<br />
“le forme previdenziali gestite dall’inpgi devo-<br />
L’Inpgi annuncia che non<br />
riconoscerà il diritto d’autore<br />
a partire dall’anno fiscale 2001,<br />
ma tace sulla legge che avrebbe<br />
assoggettato a contribuzione<br />
i proventi derivanti<br />
dalle opere dell’ingegno.<br />
In verità quella legge non esiste<br />
Eppure Gabriele Cescutti<br />
(presidente Inpgi)<br />
il 16 maggio 1996 ha scritto:<br />
“Non è obbligato a iscriversi<br />
all’Inpgi/2 chi effettua cessioni<br />
di diritti d’autore”<br />
no essere coordinate con le norme che regolano<br />
il regime delle prestazioni e <strong>dei</strong> contributi<br />
delle forme di previdenza sociale obbligatoria<br />
sia generali che sostitutive”. Non<br />
esistono cittadini di serie A e di serie B: la<br />
gestione separata dell’Inps non chiede quattrini<br />
a chi realizza proventi collegati alle<br />
opere dell’ingegno. Perché l’Inpgi/2 si<br />
comporta diversamente?<br />
Dall’archivio elettronico della gestione separata<br />
dell’Inpgi affiora una circolare 16 maggio<br />
1996 firmata da Gabriele Cescutti la quale<br />
dice esattamente il contrario rispetto a quanto<br />
ha scritto Giuseppina Cappa. Riportiamo<br />
una parte di quella interessante circolare<br />
(http://www.inpgi.it/inpgi/inpgi.nsf) allineata ai<br />
criteri operativi dell’Inps:<br />
CHI NON È TENUTO<br />
ALL’ISCRIZIONE<br />
In base alla legge le esclusioni sono due.<br />
1) Non è obbligato chi svolge attività occasionale. In tal caso l’attività giornalistica è saltuaria<br />
e sporadica. Non può sicuramente costituire la fonte principale di reddito e nemmeno una<br />
fonte secondaria permanente, in quanto non sussiste un rapporto fisso con l’editore. I servizi<br />
vengono resi in via eccezionale, anche se su specifica ordinazione, e non sussiste alcuna<br />
situazione giuridica che garantisca la prosecuzione del rapporto, il conseguimento di ulteriori<br />
compensi o la pretesa dell’editore di ricevere altri servizi.<br />
In senso tecnico specifico il soggetto non è nemmeno considerato ai fini fiscali come lavoratore<br />
autonomo tanto che, oltre a non essere tenuto all’apertura di partita Iva, in sede di dichiarazione<br />
<strong>dei</strong> redditi non è neanche tenuto alla compilazione del quadro E, ma del differente<br />
quadro L.<br />
Conseguentemente non ha la possibilità di iscriversi ad alcuna forma di previdenza, né deve<br />
versare contributi, né può pretendere prestazioni.<br />
2) Non è obbligato all’iscrizione chi effettua cessioni di diritti d’autore. Possono essere considerate<br />
tali esclusivamente quelle prestazioni che esplicitamente sono regolate tra le parti<br />
(azienda editoriale e giornalista) come cessione del diritto d’autore, e che come tali sono<br />
soggette all’imposizione Irpef. La cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, se effettuata direttamente<br />
dall’autore stesso, è esente da Iva ed in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi deve essere compilata<br />
nella sezione II del quadro E (in apposito rigo, differente da quello di cui all’ipotesi di<br />
collaborazione coordinata e continuativa) con l’indicazione <strong>dei</strong> compensi lordi effettivamente<br />
percepiti e dai quali viene detratta una percentuale forfetaria a titolo di riconoscimento delle<br />
spese sostenute.<br />
Anche in questo caso non è previsto obbligo (né possibilità) di iscrizione ad alcuna forma di<br />
previdenza. Fto Gabriele Cescutti”.<br />
segue<br />
3
Segue - Inpgi/2<br />
e diritto d’autore<br />
http://www.odg.mi.it/autore02.htm<br />
I giornalisti-autori non<br />
sono “clienti” dell’Inpgi/2<br />
Lo dicono Cassazione e<br />
ministero delle Finanze<br />
La Sezione lavoro della Cassazione (sentenza 1° giugno<br />
1998, n. 5370) ha ritenuto applicabile la tutela del diritto d’autore<br />
all’opera giornalistica. La massima giurisprudenziale<br />
suona così: “Può qualificarsi come giornalistica l’opera svolta<br />
in favore di editori di quotidiani e periodici, di agenzie<br />
d’informazione o di emittenti televisive, ove esplicata con<br />
energie prevalentemente intellettuali e consistente nella<br />
raccolta, elaborazione o commento della notizia destinata a<br />
formare oggetto di comunicazione di massa; tale opera si<br />
distingue da quelle collaterali o ausiliarie per la creatività,<br />
ossia per la presenza, nella manifestazione del pensiero<br />
finalizzata all’informazione, di un apporto soggettivo e inventivo,<br />
secondo i criteri desumibili anche dall’art. 2575 c.c. e<br />
dall’art. 1 l. n. 633 del 1941 in materia di protezione delle<br />
opere dell’ingegno, letterarie e artistiche”.<br />
Circolare 26 gennaio 2001 n. 7/E del ministero delle<br />
Finanze: “L’articolo 34 della legge 21 novembre 2000, n.<br />
342, tramite l’inserimento della lettera c-bis) nell’articolo 47<br />
del Tuir. (Dpr. n. 917 del 1986) e la soppressione di alcune<br />
disposizioni, ha modificato il regime fiscale delle collaborazioni<br />
coordinate e continuative in precedenza assimilate<br />
dalla lettera a) dell’articolo 49, ai redditi di lavoro autonomo.<br />
Tali modifiche non hanno interessato la lettera b) dell’articolo<br />
49 del Tuir concernente i compensi derivanti dall’utilizzazione<br />
di opere e invenzioni tutelate dalle norme sul diritto d’autore.<br />
Tali compensi pertanto continuano a costituire redditi di<br />
lavoro autonomo”.<br />
Il ministero delle Finanze in data 30 gennaio 1996 aveva<br />
precisato che “quando la collaborazione resa a giornali o riviste<br />
ha per oggetto la cessione di un’opera dell’ingegno tutelata<br />
dalle norme sul diritto d’autore, il corrispondente provento<br />
va qualificato, ai fini fiscali, come diritto d’autore. In sostanza<br />
la cessione <strong>dei</strong> diritti fa “zona franca”.<br />
Parere della Direzione delle entrate per la Lombardia:<br />
“Tutte le volte che si realizza la cessione di un’opera dell’ingegno<br />
di carattere creativo, tutelata e disciplinata dagli articoli<br />
2575 e seguenti del Codice civile e dalla legge 22.4.1941<br />
n. 633, il relativo compenso costituisce reddito rientrante<br />
nella previsione dell’articolo 49, comma 2, lettera b, del Tuir”.<br />
L’argomento è stato affrontato nel gennaio 1996 dall’<strong>Ordine</strong><br />
della Lombardia. Allora il rischio era quello di dover versare il<br />
10% all’Inps. La legge sul diritto d’autore (n. 633/1941)<br />
apparve l’ancora di salvezza. L’<strong>Ordine</strong> raccomandò: “La<br />
cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore (articolo, servizio giornalistico o<br />
fotografico, progetto grafico) deve risultare da una contrattazione<br />
scritta tra le parti (articolo 2581 del Codice civile e articolo<br />
110 della legge sul diritto d’autore n. 633/1941)”.<br />
Il principio 137 approvato nel 1999 dalla Commissione<br />
per le norme di comportamento in materia tributaria<br />
dell’Associazione dottori commercialisti di Milano ritiene<br />
che il diritto d’autore è tutelato quanto un’opera è caratterizzata<br />
da: creatività (è necessario apportare qualche novità,<br />
anche modesta), originalità (si deve differenziare dalle consimili)<br />
e concretezza (deve essere in forma idonea a essere<br />
resa pubblica e riprodotta). Non può essere tale anche un<br />
articolo pubblicato su un giornale?<br />
UN DATO INDISPENSABILE PER MOLTI ADEMPIMENTI<br />
L’Inpgi ha la necessità di essere costantemente<br />
aggiornato sull’esatta residenza<br />
anagrafica di tutti gli iscritti. Questi ultimi,<br />
invece, spesso inviano all’Istituto comunicazioni<br />
generiche di variazione d’indirizzo,<br />
senza specificare se si tratti di residenza<br />
anagrafica o di domicilio.<br />
Tutto ciò, quando accade, comporta problemi<br />
non indifferenti, in quanto per l’Istituto è<br />
indispensabile avere informazioni precise,<br />
che aiutino a migliorare l’organizzazione e,<br />
quindi, la qualità del servizio reso a chi fa<br />
parte dell’Ente. In questa attività abbiamo<br />
riscontrato che molti iscritti preferiscono ricevere<br />
la corrispondenza ad un indirizzo diverso<br />
da quello di residenza anagrafica. Per far<br />
fronte a questa esigenza l’Inpgi ha modificato<br />
il proprio sistema anagrafico in modo tale<br />
da consentire una doppia registrazione. In<br />
questo modo l’Istituto dispone di due indirizzi,<br />
uno corrispondente alla residenza ana-<br />
grafica, ed uno al quale spedire la semplice<br />
corrispondenza, le circolari postel e la nostra<br />
rivista “Inpgi Comunicazione”. Come è<br />
nell’interesse dell’iscritto ricevere tempestivamente<br />
presso il proprio domicilio tutta la<br />
corrispondenza che lo riguarda, così l’Istituto<br />
chiede ai giornalisti di comunicare all’Ente<br />
l’esatta residenza anagrafica, al fine di<br />
consentire agli uffici di adempiere in modo<br />
corretto agli obblighi imposti dalla legge.<br />
Questa esigenza non riguarda soltanto i<br />
pensionati, ma anche coloro che sono in attività<br />
di servizio che percepiscono prestazioni<br />
temporanee, quali trattamento di cassa integrazione,<br />
disoccupazione, mobilità, ovvero di<br />
assegno temporaneo di inabilità o trattamento<br />
TBC, per i quali l’Istituto è sostituto d’imposta.<br />
Negli anni scorsi, infatti, sono stati emanati<br />
due decreti legislativi (n. 446/97 e n. 360/98)<br />
con i quali sono state istituite nuove imposte,<br />
Come rispondere all’Inpgi/2:<br />
due possibili repliche<br />
REPLICA<br />
1<br />
Una risposta<br />
possibile<br />
alla raccomandata<br />
della signora<br />
Cappa<br />
REPLICA<br />
2<br />
La possibile<br />
risposta<br />
suggerita<br />
dal presidente<br />
dell’Ogl Franco<br />
Abruzzo<br />
Appare opportuno<br />
diffidare<br />
e mettere<br />
in mora l’Istituto<br />
Appello dell’Inpgi:<br />
data ................<br />
Raccomandata ar<br />
Spett.le Servizio Contributi<br />
Gestione separata Inpgi (o Inpgi/2)<br />
Via Nizza 35 – 00198 Roma<br />
Preciso che le mie collaborazioni degli anni 1998, 1999 e 2000 cadono tutte<br />
sotto il regime della cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore. Chiedo di conoscere la legge<br />
che a partire dal 2001 ha modificato detto regime, assoggettando a contribuzione<br />
i proventi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno.<br />
(firma) .....................................<br />
indirizzo .....................................<br />
“Aggiornate subito<br />
il vostro indirizzo”<br />
l’addizionale Irpef regionale e comunale. Tali<br />
imposte devono essere trattenute dall’Inpgi<br />
sui trattamenti economici erogati agli iscritti,<br />
e versati alle Regioni ed ai Comuni in relazione<br />
alla residenza anagrafica <strong>dei</strong> soggetti<br />
fiscali risultanti al 31 dicembre di ogni anno.<br />
È evidente che in questo contesto è assai<br />
rilevante avere a disposizione dati esatti, in<br />
mancanza <strong>dei</strong> quali l’Inpgi potrebbe compiere<br />
in modo inesatto gli adempimenti di legge.<br />
La misura dell’aliquota relativa all’addizionale<br />
Irpef comunale, ad esempio, viene determinata<br />
dai singoli Comuni.<br />
Di conseguenza, una residenza anagrafica<br />
inesatta potrebbe condurre l’Istituto a<br />
commettere errori, nel momento in cui opera<br />
la trattenuta, sia in riferimento all’individuazione<br />
del Comune destinatario dell’imposta,<br />
sia per quanto riguarda la misura dell’aliquota<br />
da applicare. A questo riguardo va anche<br />
sottolineato che eventuali responsabilità, da<br />
data ................<br />
Raccomandata ar<br />
Spett.le Servizio Contributi<br />
Gestione separata Inpgi (o Inpgi/2)<br />
Via Nizza 35 – 00198 Roma<br />
Oggetto: Cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore. Diffida e messa in mora.<br />
La legge n. 335/1995, alla base dell’istituzione della gestione separata Inps e<br />
anche dell’Inpgi/2, ha escluso dall’imponibile contributivo i proventi da opere<br />
dell’ingegno, ricomprendendo “soltanto” i redditi di lavoro autonomo e da<br />
collaborazioni. L’articolo 2, comma 26, che detta queste regole, è riferito alla<br />
gestione Inps. L’articolo 76 (punto 4) della legge n. 388/2000 stabilisce che<br />
“le forme previdenziali gestite dall’Inpgi devono essere coordinate con le<br />
norme che regolano il regime delle prestazioni e <strong>dei</strong> contributi delle forme di<br />
previdenza sociale obbligatoria, sia generali, che sostitutive”. La legge, quindi,<br />
parla chiaro. L’Inpgi, ente sostituivo dell’Inps, si deve adeguare alla normativa<br />
dell’Inps. Il diritto d’autore non sconta i contributi all’Inps, quindi - quantomeno<br />
per coordinamento - nemmeno all’Inpgi. Il principio costituzionale<br />
dell’uguaglianza di trattamento non lascia spazi di manovra. L’ordinamento<br />
non tollera l’esistenza di cittadini di serie A (quelli iscritti all’Inps) e di cittadini<br />
di serie B (quelli iscritti all’Inpgi). Anche il presidente dell’Istituto era dell’avviso<br />
di escludere la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore dall’imponibile contributivo,<br />
quando ha scritto la circolare 16 maggio 1996 (http://www.inpgi.it/inpgi/<br />
inpgi.nsf) fedelmente allineata ai principi dell’Inps.<br />
L’articolo 1 (comma 2) della legge 335/1995 dice: “Le disposizioni della<br />
presente legge costituiscono princìpi fondamentali di riforma economicosociale<br />
della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non possono<br />
introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse<br />
modificazioni delle sue disposizioni”. In sostanza ciò che decide una legge<br />
non può essere “corretto” con un atto amministrativo qual è una circolare<br />
ministeriale. Questo piccolo/grande particolare è finora sfuggito ai vertici<br />
dell’Inpgi, che vogliono “tassare” le opere dell’ingegno <strong>dei</strong> giornalisti in forza<br />
di una circolare ministeriale.<br />
Questa lettera vale come diffida e messa in mora dell’Istituto, che è tenuto<br />
a rispettare gli articoli 76 (punto 4) della legge n. 388/2000 e 2 (comma 26)<br />
della legge n. 335/1995 in relazione all’articolo 3 della Costituzione.<br />
(firma) .....................................<br />
indirizzo .....................................<br />
un punto di vista fiscale, non ricadrebbero<br />
sull’Inpgi che ha effettuato l’adempimento<br />
avvalendosi di dati forniti in modo non esatto<br />
dall’iscritto, ma sull’iscritto medesimo. Per<br />
questo motivo, non soltanto nell’interesse<br />
dell’Istituto ma anche e soprattutto nell’interesse<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, tutti gli iscritti sono invitati<br />
a comunicare la propria residenza<br />
anagrafica ed un altro eventuale domicilio<br />
per la corrispondenza.<br />
A tal fine è stato predisposto un modulo<br />
reperibile presso il nostro Ufficio Pensioni di<br />
Roma (Via Nizza, 35) e presso tutti gli Uffici<br />
di corrispondenza regionali. Sarà possibile<br />
scaricare il facsimile di modulo anche dal<br />
nostro sito www.inpgi.it, nella sezione dedicata<br />
alla modulistica (sotto. il nome “variazione<br />
residenza- domicilio”).<br />
(Inpgi comunicazione n. 1-6/<strong>2004</strong>)<br />
4 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
INTERVISTA ALLO PSICHIATRA MICHELE PICCIONE<br />
di Paola Pastacaldi<br />
Michele Piccione è il presidente della<br />
Commissione voluta dalla presidenza del<br />
Consiglio <strong>dei</strong> ministri, ed istituita dal ministro<br />
per la Funzione pubblica, Franco Frattini, con<br />
il compito di fornire una definizione del fenomeno<br />
“mobbing”, indicare come prevenirlo e<br />
fornire anche una bozza di carattere normativo.<br />
La Commissione ha assolto al proprio<br />
compito consegnando nel gennaio del 2003<br />
una bozza di legge contro la “Violenza morale<br />
o psichica in occasione di lavoro (mobbing)”.<br />
Michele Piccione è titolare della cattedra<br />
di clinica psichiatrica dell’Università “La<br />
Sapienza” di Roma ed è direttore del “Centro<br />
per la valutazione, la diagnosi e la terapia<br />
contro il mobbing”.<br />
Che doveri ha il datore di lavoro verso il<br />
lavoratore come ambiente di lavoro?<br />
cosa dice la legge?<br />
È la 626 a fare riferimento alle responsabilità<br />
del datore di lavoro, che è tenuto all’integrità<br />
psicofisica del lavoratore. Deve fare sì che<br />
nel luogo di lavoro non vi siano motivi di disagio<br />
né fisici né psichici.<br />
Nel caso del lavoro giornalistico potremmo<br />
dire che deve permettere ai giornalisti di<br />
vivere in una realtà che consenta loro di<br />
espletare le funzioni, che immagino sono<br />
quelle di raccogliere notizie, di scrivere<br />
senza disagio. Né fisico né psichico.<br />
Cosa è allora il mobbing? Molti tendono<br />
a qualificarlo come gelosia e rivalità tra<br />
colleghi o superiori.<br />
La Commissione ne ha dato una definizione,<br />
dopo aver preso in esame la letteratura internazionale<br />
sull’argomento e valutato tutte le<br />
proposte e i disegni di legge giacenti alla<br />
Camera ed al Senato. L’articolo 1 della bozza<br />
di legge ha definito il mobbing in questo<br />
modo: “Atti, atteggiamenti o comportamenti<br />
di violenza morale o psichica in occasione di<br />
lavoro, ripetuti nel tempo in modo sistematico<br />
o abituale che portano ad un degrado<br />
delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere<br />
la salute o la professionalità o la<br />
dignità del lavoratore”.<br />
La bozza dà anche indicazioni utili alla valutazione<br />
del nesso di causalità e fornisce<br />
criteri per la prevenzione. Perché oggi accade<br />
che i pochi centri che si occupano di tale<br />
problematica agiscano e funzionino in modo<br />
non omogeneo, sia per quanto riguarda i<br />
criteri ed i modelli valutativi, sia per quanto<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
È la 626 a fare riferimento<br />
alle responsabilità del datore<br />
di lavoro, che è tenuto<br />
all’integrità psicofisica<br />
del lavoratore.<br />
Deve fare sì che nel luogo<br />
di lavoro non vi siano motivi<br />
di disagio né fisici né psichici<br />
Nel caso del lavoro giornalistico<br />
potremmo dire che deve<br />
permettere ai giornalisti di vivere<br />
in una realtà che consenta loro<br />
di espletare le funzioni, che<br />
immagino sono quelle di raccogliere<br />
notizie, di scrivere senza disagio.<br />
Né fisico né psichico<br />
Mobbing, le responsabilità<br />
dell’editore sono nella legge<br />
attiene i risvolti medico legali che inevitabilmente<br />
scaturiscono dal conflitto lavoratoredatore<br />
di lavoro. Appare indispensabile, quindi,<br />
uniformare a livello nazionale le attività<br />
<strong>dei</strong> vari centri.<br />
Che finalità ha il ricorso al mobbing?<br />
Il mobbing ha come finalità quella di escludere<br />
volutamente qualcuno dal lavoro, esercitando<br />
contro di lui una violenza morale o<br />
psichica.<br />
Nel caso di attività mobbizzanti esercitate<br />
dai colleghi è indispensabile differenziarle<br />
da quella che è invece la competizione e/o<br />
dal carrierismo. Competizione e carrierismo<br />
rispondono a comportamenti diversi,<br />
sempre più o meno eticamente corretti, in<br />
funzione della personalità, dell’educazione<br />
e di tante altre variabili. Perché queste azioni<br />
divengano atti di mobbing è indispensabile<br />
che ci sia la costruzione di una persecuzione<br />
che, come in altra occasione ho<br />
avuto l’opportunità di evidenziare (vedi<br />
Tabloid n. 4/<strong>2004</strong>), transita attraverso delle<br />
modalità definite.<br />
Il mobbing si verifica quando qualcuno decide<br />
che qualcun altro deve essere escluso dal<br />
lavoro e tale risultato deve essere raggiunto<br />
in modo non dichiarato, ma come espressione<br />
della distruzione psicofisica dell’altro. Il<br />
mobbing c’è quando l’attività è sottile, fatta<br />
nell’oscurità, quando la violenza morale è<br />
messa in atto in modo subdolo. Al giornalista<br />
si può fare mobbing non pubblicandogli un<br />
articolo, non facendolo scrivere, impedendo<br />
che gli arrivino le notizie, facendogliele riscrivere<br />
varie volte, dicendo ai colleghi di isolarlo,<br />
di non andare a pranzo con lui, andando<br />
a dire in giro che ha relazioni più o meno lecite<br />
con tizio o caio, che guadagna di più,<br />
mettendo in circolazione su di lui maldicenze<br />
e calunnie, creandogli così un isolamento<br />
reale.<br />
Il tutto in modo non chiaro. Racconto, per<br />
fare un esempio, un fatto realmente accaduto,<br />
terribilmente vero ed illuminante di cosa<br />
significa mobbizzare una persona. C’era un<br />
impiegato che lavorava in un enorme palazzo,<br />
dove tutti erano dipendenti della stessa<br />
azienda. Fu mobbizzato. Nessuno più gli<br />
parlava, viveva in una stanza da solo a non<br />
fare nulla.<br />
Un giorno scoppiò un incendio nel palazzo,<br />
tutti scapparono, quando arrivarono i<br />
pompieri e, aprirono anche la sua porta lo<br />
videro lì seduto. “Che fa?”, gli chiesero.<br />
“Perché non è scappato?”. L’impiegato con<br />
atteggiamento meravigliato disse che non<br />
sapeva nulla dell’incendio, perché nessuno<br />
Sette sezioni: a ogni vincitore 2.500 euro<br />
I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre<br />
Milano, 2 luglio <strong>2004</strong>. Promosso dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />
prende il via la settima edizione del “Concorso” destinato a valorizzare le tesi di laurea dedicate<br />
al giornalismo e alle istituzioni della professione. Giudice insindacabile del Premio è lo<br />
stesso Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>. Le tesi (in unica copia e anche su dischetto in programma<br />
word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell’<strong>Ordine</strong> (via Appiani 2 - 20121 Milano)<br />
entro il 31 dicembre <strong>2004</strong>. Le tesi, comunque, non verranno restituite. Ogni candidato<br />
dovrà presentare la domanda in carta semplice corredata dai dati anagrafici comprensivi del<br />
codice fiscale, recapiti telefonici e residenza. Potranno concorrere le tesi discusse nelle<br />
Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre <strong>2004</strong> a conclusione<br />
<strong>dei</strong> corsi quadriennali e quinquennali nonché <strong>dei</strong> corsi biennali specialistici post<br />
laurea triennale (laurea magistrale). Le sezioni del Premio (al quale ogni candidato dovrà<br />
far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione riceverà 2.500 euro. L’impegno finanziario<br />
dell’<strong>Ordine</strong> è, pertanto, di 17.500 euro complessivi. La cerimonia della consegna avverrà<br />
si era ricordato di lui e lo aveva avvisato del<br />
pericolo: i colleghi se l’erano dimenticato.<br />
Quello non esisteva più. Era come se fosse<br />
morto.<br />
Ma perché fare tutto questo? È una perdita<br />
di tempo e denaro. Le persone si<br />
ammalano e l’azienda ci rimette, credo.<br />
Le azioni di mobbing sono finalizzate a creare<br />
un disagio psicofisico per espellere, far<br />
espellere una persona. O perché si espella<br />
da sola, per collassarla: l’obiettivo può anche<br />
essere quello di chiudergli la bocca, come<br />
nel caso <strong>dei</strong> giornalisti, rompergli metaforicamente<br />
la penna e il computer.<br />
A questo punto il mobbizzato potrebbe reagire,<br />
anche se le dinamiche che la violenza<br />
morale mette in atto sono pesanti. Non è<br />
così facile arrivare a parlarne, a denunciare<br />
l’aggressione. Ma dalla ricerche emerge che<br />
si tratta di un piano qualche volta programmato<br />
a tavolino.<br />
Abbiamo diviso il processo del mobbizzare<br />
in tre momenti. Nel primo, viene identificata<br />
la vittima e messa in atto la strategia. Il<br />
mobbizzato è totalmente ignaro, non capisce,<br />
non crede a ciò che gli accade, e lascia<br />
inevitabilmente trascorrere il tempo prima di<br />
reagire e quasi sempre anche troppo. Intanto<br />
il mobber mette in atto le sue azioni per<br />
non farlo lavorare e isolarlo.<br />
Nel secondo momento, il mobbizzato trova il<br />
coraggio di parlare con il mobber. E quest’ultimo<br />
nega ogni lamentela, gli dice che c’è un<br />
equivoco, che si tratta di coincidenze, di errori,<br />
e ribatte per lamentarsi a sua volta, accusandolo<br />
di aver lavorato male. E, comunque,<br />
dice che non è vero niente.<br />
Questo provoca l’identificazione con il persecutore,<br />
infatti, il mobbizzato crede che sia<br />
tutto chiarito, mentre in realtà è stato disarmato<br />
ancora di più. Il mobber gli ha tolto<br />
l’energia dell’accusa.<br />
Il terzo momento non può che essere quello<br />
legale. Il mobbizzato deve correre ai ripari<br />
con l’unica pratica che gli è rimasta, quando<br />
si accorge che le sue istanze non sono state<br />
raccolte da nessuna delle figure istituzionali<br />
responsabili che dovrebbero evitare questo<br />
disagio, intendo i capi, l’ufficio del personale,<br />
il direttore. Quando c’è la crisi di tutti questi<br />
moduli di comportamento si arriva al<br />
momento della legge.<br />
Chi è il mobber?<br />
È colui che decide di mobbizzare e che<br />
pensa di eliminare dal lavoro una persona,<br />
usando una strategia che non è il licenziamento.<br />
Crea dunque un clima di una paura,<br />
di tensione, di non libertà.<br />
Il sistema giuridico non consente licenziamenti<br />
facili....<br />
Per questo si usa il mobbing. Perché i licenziamenti<br />
sono difficili. Ma chi mobbizza può<br />
anche usare un altro metodo, blandire le<br />
persone. Per esempio, dopo anni di isolamento,<br />
nei giornali capita che il direttore e i<br />
capiredattori si facciano vivi con espressioni<br />
di improvvisa considerazione e commissioni<br />
di pezzi interessanti, viaggi, parole di encomio<br />
mai avute prime.... Dopo anni di maltrattamenti,<br />
questo è un modo subdolo ed efficace<br />
per mistificare le cose. Difficile non<br />
cadere nel tranello. A volte viene usato come<br />
schermo contro le azioni legali o per far<br />
collassare la persona, per spomparla definitivamente.<br />
E magari si ripesca la vittima, trattandola<br />
meglio.<br />
È un falso ripescaggio, gli danno una falsa<br />
opportunità e dopo gli avanzano una richiesta<br />
di complicità.<br />
Per fare cosa?<br />
Per isolare altri colleghi, per esempio, per<br />
renderlo complice delle azioni di mobbing.<br />
E la fase tre, quella legale, a suo avviso, è<br />
inevitabile, perché?<br />
È l’unico momento in cui colui che fa<br />
mobbing soffre. Ma bisogna essere preparati<br />
ed in questo consiste anche la prevenzione<br />
che si dovrebbe mettere in atto nel periodo<br />
in cui si subiscono le violenze.<br />
Bisogna reagire appena ci si accorge che<br />
qualcosa non funziona, che accadono delle<br />
ingiustizie, dirlo, comunicarlo per iscritto,<br />
informarne il sindacato, l’ufficio del personale,<br />
i direttori. Non poche volte l’attività<br />
mobbizzante comincia con delle provocazioni<br />
ed è già in quel momento che bisogna<br />
capire che è in atto una aggressione. Come<br />
si diceva, è questo il momento utile per<br />
denunciare, creare documentazione di ciò<br />
che è accaduto, scrivere al direttore, al superiore,<br />
al direttore del personale, denunciare il<br />
maltrattamento, perché altrimenti il mobbizzato<br />
non ha in mano nulla, solo la sua parola<br />
contro quella dell’altro.<br />
Il mobber trema di fronte alle vicende legali,<br />
perché è l’unico momento in cui è allo<br />
scoperto perché ha sempre fatto attività<br />
subdola, oscura, una guerra non dichiarata.<br />
Ma è bene ricordare che legalmente l’onere<br />
della prova spetta al mobbizzato. Perciò il<br />
mobbizzato che si vuole difendere deve<br />
costruire delle prove, denunciando sempre<br />
tutto per iscritto di volta in volta.<br />
PROMOSSO E ORGANIZZATO DAL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA<br />
Via al VII Concorso tesi di laurea sul giornalismo<br />
in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albo dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia. La cerimonia,<br />
quindi, è prevista per il marzo 2005 al Circolo della Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi<br />
premiate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />
della Lombardia. Per la valutazione delle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso<br />
anno, dell’opera di consulenti (giornalisti e professori universitari).<br />
Queste le sezioni:<br />
1) Storia del giornalismo italiano, <strong>dei</strong> suoi interessi e <strong>dei</strong> suoi protagonisti, anche attraverso<br />
le vicende storiche e di costume che lo hanno impegnato.<br />
2) Storia del giornalismo occidentale.<br />
3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale.<br />
4) Giornalismo radiotelevisivo.<br />
5) Giornalismo telematico.<br />
6) Giornalismo economico e finanziario..<br />
7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume.<br />
5
ANCHE PER FAR FRONTE AGLI OBBLIGHI FISCALI (ADDIZIONALE REGIONALE E ADDIZIONALE COMUNALE PREVISTE<br />
L’Inpgi recentemente<br />
ha chiesto ai propri iscritti<br />
di comunicare all’Ente<br />
“l’esatta residenza<br />
anagrafica,<br />
al fine di consentire<br />
agli uffici di adempiere<br />
in modo corretto<br />
agli obblighi imposti<br />
dalla legge”<br />
Negli anni scorsi,<br />
infatti,<br />
sono stati emanati<br />
– scrive l’Inpgi –<br />
due decreti legislativi<br />
(n. 446/97 e n. 360/98)<br />
con i quali sono<br />
state istituite nuove imposte,<br />
l’addizionale Irpef<br />
regionale comunale<br />
Tali imposte devono essere<br />
trattenute dall’Inpgi<br />
sui trattamenti economici<br />
erogati agli iscritti,<br />
e versati alle Regioni<br />
e ai Comuni in relazione<br />
alla residenza anagrafica<br />
<strong>dei</strong> soggetti fiscali risultanti<br />
al 31 dicembre<br />
di ogni anno<br />
Quanti hanno la dimora abituale<br />
in un dato centro hanno l’obbligo<br />
di fissarvi la residenza anagrafica<br />
(e di iscriversi al relativo Albo)<br />
di Franco Abruzzo<br />
L’Inpgi recentemente ha chiesto ai propri iscritti di comunicare all’Ente “l’esatta residenza<br />
anagrafica, al fine di consentire agli uffici di adempiere in modo corretto agli obblighi imposti<br />
dalla legge. Questa esigenza non riguarda soltanto i pensionati, ma anche coloro che sono in<br />
attività di servizio che percepiscono prestazioni temporanee, quali trattamento di cassa integrazione,<br />
disoccupazione, mobilità, ovvero di assegno temporaneo di inabilità o trattamento<br />
tbc, per i quali l’Istituto è sostituto d’imposta”.<br />
“Negli anni scorsi, infatti, sono stati emanati – scrive l’Inpgi – due decreti legislativi (n. 446/97<br />
e n. 360/98) con i quali sono state istituite nuove imposte l’addizionale Irpef regionale e comunale.<br />
Tali imposte devono essere trattenute dall’Inpgi sui trattamenti economici erogati agli<br />
iscritti, e versati alle Regioni ed ai Comuni in relazione alla residenza anagrafica <strong>dei</strong> soggetti<br />
fiscali risultanti al 31 dicembre di ogni anno. È evidente che in questo contesto è assai rilevante<br />
avere a disposizione dati esatti, in mancanza <strong>dei</strong> quali 1’Inpgi potrebbe compiere in<br />
modo inesatto gli adempimenti di legge. La misura dell’aliquota relativa all’addizionale Irpef<br />
comunale, ad esempio, viene determinata dai singoli Comuni.<br />
Di conseguenza, una residenza anagrafica inesatta potrebbe condurre l’Istituto a commettere<br />
errori, nel momento in cui opera la trattenuta, sia in riferimento all’individuazione del<br />
Comune destinatario dell’imposta, sia per quanto riguarda la misura dell’aliquota da applicare.<br />
A questo riguardo va anche sottolineato che eventuali responsabilità, da un punto di<br />
vista fiscale, non ricadrebbero sull’Inpgi che ha effettuato l’adempimento avvalendosi di<br />
dati forniti in modo non esatto dall’iscritto, ma sull’iscritto medesimo. Per questo motivo,<br />
non soltanto nell’interesse dell’Istituto ma anche e soprattutto nell’interesse <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
tutti gli iscritti sono invitati a comunicare la propria residenza anagrafica ed un altro eventuale<br />
domicilio per la corrispondenza”.<br />
RASSEGNA NORMATIVA<br />
Dlgs n. 446/1997<br />
Articolo 3. Soggetti passivi<br />
1. Soggetti passivi dell’imposta sono coloro<br />
che esercitano una o più delle attività di cui<br />
all’articolo 2. Pertanto sono soggetti all’imposta<br />
(2/a):<br />
c) le persone fisiche, le società semplici e<br />
quelle ad esse equiparate a norma dell’articolo<br />
5, comma 3, del predetto testo unico<br />
(Dpr 22 dicembre 1986, n. 917) esercenti arti<br />
e professioni di cui all’articolo 49, comma 1,<br />
del medesimo testo unico (3/cost);<br />
Articolo 21. Domicilio <strong>dei</strong> soggetti passivi<br />
1. Ogni soggetto passivo si considera domiciliato<br />
nel comune nel quale ha il domicilio<br />
fiscale secondo le disposizioni previste dal<br />
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.<br />
Articolo 24. Poteri delle regioni<br />
1. Le regioni a statuto ordinario possono<br />
disciplinare, con legge, nel rispetto <strong>dei</strong><br />
princìpi in materia di imposte sul reddito e di<br />
quelli recati dal presente titolo, le procedure<br />
applicative dell’imposta, ferme restando le<br />
disposizioni degli articoli 19, da 21 a 23, e<br />
da 32 a 35.<br />
Articolo 27. Compartecipazione <strong>dei</strong> comuni<br />
e delle province al gettito dell’imposta<br />
1. A decorrere dall’anno di entrata in vigore<br />
del presente decreto le regioni devolvono ad<br />
ogni comune e ad ogni provincia del proprio<br />
territorio una quota del gettito della imposta<br />
regionale sulle attività produttive pari, per il<br />
comune, al gettito riscosso nel 1997 per<br />
tasse di concessione comunale e per imposta<br />
comunale per l’esercizio di impresa,<br />
arti e professioni, al netto della quota di<br />
spettanza della provincia, e, per la provincia,<br />
all’ammontare di questa quota al lordo<br />
di quella spettante allo Stato a norma<br />
dell’articolo 6 del decreto-legge 2 marzo<br />
1989, n. 66, convertito, con modificazioni,<br />
dalla legge 24 aprile 1989, n. 144 (21).<br />
Articolo 50. Istituzione dell’addizionale<br />
regionale all’imposta sul reddito delle<br />
persone fisiche<br />
1. È istituita l’addizionale regionale all’imposta<br />
sul reddito delle persone fisiche. L’addizionale<br />
regionale non è deducibile ai fini di<br />
alcuna imposta, tassa o contributo.<br />
2. L’addizionale regionale è determinata<br />
applicando l’aliquota, fissata dalla regione in<br />
cui il contribuente ha la residenza, al reddito<br />
complessivo determinato ai fini dell’imposta<br />
sul reddito delle persone fisiche, al netto<br />
degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale<br />
imposta.<br />
L’addizionale regionale è dovuta se per lo<br />
stesso anno l’imposta sul reddito delle<br />
persone fisiche, al netto delle detrazioni per<br />
essa riconosciute e <strong>dei</strong> crediti di cui agli arti-<br />
A questo riguardo va anche<br />
sottolineato che eventuali<br />
responsabilità,<br />
da un punto di vista fiscale,<br />
non ricadrebbero sull’Inpgi,<br />
che ha effettuato<br />
l’adempimento avvalendosi<br />
di dati forniti in modo<br />
non esatto dall’iscritto,<br />
ma sull’iscritto medesimo<br />
Una delibera del Consiglio nazionale (5 luglio 2002) “dà la facoltà”, - in applicazione del principio<br />
di equiparazione tra residenza e domicilio professionale (l’art. 16 della legge 21 dicembre<br />
1999 n. 526) ai fini dell’iscrizione negli albi professionali anche nei confronti <strong>dei</strong> giornalisti<br />
che abbiano fissato nel territorio italiano sia la residenza che il domicilio professionale -, “di<br />
opzione agli iscritti nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti circa l’utilizzo dell’uno o l’altro requisito ai<br />
fini dell’iscrizione medesima, ferma restando in ogni caso l’osservanza delle norme in<br />
tema di residenza, con i relativi obblighi derivanti dall’art. 3, primo comma, del Dpr n.<br />
223/1989, che identifica la residenza anagrafica nel luogo dove si ha la dimora abituale”.<br />
Presso ogni Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> regionale è istituito - dice l’articolo 26 della legge n. 69/1963 -<br />
l’Albo <strong>dei</strong> giornalisti che hanno la residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del<br />
Consiglio. La residenza, quindi, determina l’appartenenza a un determinato Albo. L’articolo 16<br />
della legge n. 526/1999 equipara residenza e domicilio professionale.<br />
Chi, comunque, “ha la dimora abituale” (per ragioni di stabile occupazione lavorativa) in un<br />
dato centro ha l’obbligo giuridico di fissarvi la sua residenza anagrafica (articolo 3, prima<br />
comma, del Dpr n. 223/1989 in relazione all’articolo 43 del Codice Civile) anche per far fronte<br />
ai suoi obblighi fiscali (addizionale regionale e addizionale comunale previste dai decreti<br />
legislativi n. 446/1997 e n. 360/1998). In sostanza “l’imposta è dovuta alla regione o al<br />
Comune nel cui territorio il reddito è stato prodotto”.<br />
L’articolo 43 del Codice civile fissa il domicilio di una persona “nel luogo in cui essa ha stabilito<br />
la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari e interessi”, mentre “la residenza è nel luogo in cui la<br />
persona ha la dimora abituale”.<br />
L’articolo 3 del Dpr n. 223/1989 (“popolazione residente”) afferma: “1. Per persone residenti<br />
nel comune s’intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune. 2. Non cessano<br />
di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altri<br />
comuni o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata”. La<br />
coli 14 e 15 del citato testo unico, risulta<br />
dovuta.<br />
3. L’aliquota di compartecipazione dell’addizionale<br />
regionale di cui al comma 1 è fissata<br />
allo 0,9 per cento (42/a). Ciascuna regione,<br />
con proprio provvedimento, da pubblicare<br />
nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30<br />
novembre dell’anno precedente a quello cui<br />
l’addizionale si riferisce, può maggiorare<br />
l’aliquota suddetta fino all’1,4 per cento.<br />
Dlgs n. 360/1998<br />
Articolo 6. L’addizionale è dovuta alla<br />
provincia ed al comune nel quale il<br />
contribuente ha il domicilio fiscale alla data<br />
del 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale<br />
stessa, per le parti spettanti,<br />
ovvero, relativamente ai redditi di lavoro<br />
dipendente e a quelli assimilati ai medesimi<br />
redditi, al comune in cui il sostituito ha il<br />
domicilio fiscale alla data di effettuazione<br />
delle operazioni di conguaglio relative a detti<br />
redditi, ed è versata, unitamente all’imposta<br />
sul reddito delle persone fisiche, con le<br />
modalità stabilite con decreto del ministro<br />
delle Finanze, di concerto con i ministri del<br />
Tesoro, del bilancio e della programmazione<br />
economica e dell’Interno.<br />
Dpr n. 917/1986<br />
Articolo 2. Soggetti passivi.<br />
1. Soggetti passivi dell’imposta sono le<br />
persone fisiche, residenti e non residenti nel<br />
territorio dello Stato.<br />
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano<br />
residenti le persone che per la maggior<br />
parte del periodo di imposta sono iscritte<br />
nelle anagrafi della popolazione residente o<br />
hanno nel territorio dello Stato il domicilio o<br />
la residenza ai sensi del codice civile.<br />
2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo<br />
prova contraria, i cittadini italiani cancellati<br />
dalle anagrafi della popolazione residente ed<br />
emigrati in Stati o territori aventi un regime<br />
fiscale privilegiato, individuati con decreto del<br />
ministro delle Finanze da pubblicare nella<br />
Gazzetta Ufficiale (4).<br />
————————————<br />
(4) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 23<br />
dicembre 1998, n. 448, riportata alla voce<br />
Amministrazione del patrimonio e contabilità<br />
generale dello Stato. Gli Stati e i territori con<br />
un regime fiscale privilegiato sono stati<br />
individuati con D.M. 4 maggio 1999.<br />
6 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
DAI DECRETI LEGISLATIVI N. 446/1997 E N. 360/1998) LE DISPOSIZIONI A PARTIRE DAL 1° GENNAIO <strong>2004</strong><br />
giurisprudenza sulla residenza è eloquente: “Ai sensi dell’art. 43 comma 2, c.c. e dell’art. 3<br />
Dpr. 30 maggio 1989 n. 223, la residenza come dimora abituale, cioè stabile, è data dall’elemento<br />
oggettivo della permanenza in un dato luogo, la quale non è incompatibile con eventuali<br />
allontanamenti, mentre è irrilevante la mera intenzione, sganciata dal dato di fatto, di<br />
scegliere altro luogo di residenza (nella specie, mantenendo ivi consuetudini e rapporti sociali)”<br />
(Tar Valle d’Aosta, 20 novembre 1995, n. 172; Riviste: Foro Amm., 1996, 1312).<br />
La vicenda solleva, infine, questioni di grande profilo:<br />
A. Il nuovo articolo 119 della Costituzione stabilisce che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane<br />
e le Regioni hanno risorse autonome... stabiliscono e applicano tributi ed entrate<br />
propri... dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”.<br />
Pertanto Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni avranno compartecipazioni al gettito<br />
<strong>dei</strong> tributi erariali in rapporto al numero <strong>dei</strong> cittadini residenti nel loro territorio. Conseguentemente<br />
la mancata iscrizione nelle liste <strong>dei</strong> cittadini residenti comporterà un danno alle entrate di<br />
Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni,<br />
B. Chi, lavorando in Lombardia, mantiene la residenza (fittizia) altrove, elude non solo l’articolo<br />
119 della Costituzione e l’articolo 43 del Codice Civile quant’anche l’articolo 25 (I<br />
comma) della Costituzione: il suo giudice disciplinare naturale è innegabilmente il Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
C. È da considerare anche l’opportunità che il rapporto del giornalista venga mantenuto con<br />
l’<strong>Ordine</strong> regionale o interregionale ove viene esercitata la professione, anche per stabilire<br />
comunque una relazione oggettiva tra il singolo giornalista e la sua attività;<br />
D. Tutti i cittadini “hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione<br />
e le leggi” (articolo 54 Cost.).<br />
È evidente il significato della delibera 5 luglio 2002 del Cnog: ogni giornalista può ancorare<br />
l’appartenenza all’Albo sia in base alla residenza e sia in base al domicilio professionale, ma<br />
non può non collocare la sua residenza nella città dove abbia la dimora abituale.<br />
GIURISPRUDENZA<br />
Residenza fiscale: nozione e presupposti.<br />
1. In tema d’imposte sui redditi, l’art. 2,<br />
secondo comma, del D.P.R. 22 dicembre<br />
1986, n. 917 individua, perché sussista la<br />
residenza fiscale nello Stato, tre presupposti,<br />
indicati in via alternativa: il primo,<br />
formale, rappresentato dall’iscrizione nelle<br />
anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri<br />
due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal<br />
domicilio nello Stato ai sensi del codice<br />
civile; ne consegue, pertanto, che l’iscrizione<br />
del cittadino nell’anagrafe <strong>dei</strong> residenti<br />
all’estero non è elemento determinante<br />
per escludere la residenza fiscale in<br />
Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio<br />
dello Stato il proprio domicilio, inteso come<br />
sede principale degli affari ed interessi<br />
economici, nonché delle proprie relazioni<br />
personali.<br />
Né a diversa conclusione conduce la<br />
Convenzione tra l’Italia e la Gran Bretagna<br />
per evitare le doppie imposizioni (ratificata<br />
e resa esecutiva con legge 5 novembre<br />
1990, n. 329), atteso che, ai sensi dell’art. 4<br />
del testo dell’accordo, il concetto di residenza<br />
fiscale ben può essere ricollegato, ove<br />
non sia possibile l’utilizzazione di altri<br />
criteri, al centro degli interessi vitali, ossia<br />
al luogo con il quale il soggetto ha il più<br />
stretto collegamento sotto il profilo degli<br />
interessi personali e patrimoniali. (Sez. V,<br />
sent. n. 13803 del 07-11-2001, Dubini c.<br />
ministero delle Finanze).<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Si deve presumere che la residenza effettiva<br />
coincida con quella anagrafica. L’iscrizione<br />
anagrafica relativa alla residenza di<br />
una persona, ossia all’elemento obiettivo<br />
della sua permanenza in tale luogo e all’elemento<br />
soggettivo dell’intenzione di abitarvi<br />
stabilmente, ha pur sempre valore di presunzione<br />
semplice circa la rispondenza della<br />
situazione di fatto a quella di diritto, sicché,<br />
fermo restando che, pur dovendosi<br />
presumere che la residenza effettiva coincida<br />
con quella anagrafica, l’efficacia presuntiva<br />
delle risultanze anagrafiche risulta superabile<br />
con ogni mezzo di prova purché<br />
idoneo a dimostrare la volontaria e abituale<br />
dimora di un soggetto in un luogo diverso.<br />
(Cons. Stato Sez.IV 18-10-2002, n. 5746;<br />
Pres. Cons. c. Arianna; FONTI Foro Amm.<br />
CDS, 2002, 2377)<br />
Il domicilio coincide con la sede principale<br />
dove una persona ha stabilito affari<br />
e interessi personali. La nozione di domicilio<br />
deve intendersi, ai sensi dell’art. 43<br />
comma 1 c.c., come il luogo ove la persona<br />
ha stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari<br />
e interessi e non vi è dubbio che il riferimento<br />
agli interessi della persona ricomprenda<br />
tanto gli interessi patrimoniali quanto quelli<br />
personali. (Commiss. Trib. Reg. Reggio Emilia<br />
Sez.XIX 27-03-2000, n. 16 -L.P. c. Uff. imp.<br />
dir. Modena; FONTI GT Riv. Giur. Trib., 2000,<br />
60 nota di Tazzioli).<br />
Con provvedimento<br />
23 ottobre 2003<br />
l’Agenzia delle entrate<br />
ha indicato gli uffici<br />
competenti a stabilire<br />
il domicilio fiscale<br />
del contribuente in un<br />
comune diverso da quello<br />
della residenza anagrafica<br />
o della sede legale<br />
Se la modifica<br />
è nell’ambito<br />
della stessa regione,<br />
vi provvede<br />
il direttore regionale;<br />
se tra regioni diverse,<br />
il direttore centrale<br />
dell’Accertamento<br />
Domicilio fiscale,<br />
cambiano<br />
le competenze per<br />
i provvedimenti<br />
Con recente provvedimento (Agenzia<br />
delle entrate, Provv. 23/10/2003,<br />
G.U., 13/11/2003, n. 264) il direttore<br />
Pur tuttavia, l’utilizzo sempre più consistente<br />
da parte dell’Agenzia delle<br />
entrate dell’informatica e della tele-<br />
dell’Agenzia delle entrate ha attribuito la matica, cresciuto in maniera esponenziale<br />
competenza a emanare i provvedimenti in questi ultimi anni, ha fatto venir meno la<br />
che stabiliscono il domicilio fiscale del necessità di una “vicinanza” tra il funziona-<br />
contribuente in Comune diverso da quello rio tributario e l’attività economica svolta<br />
della residenza anagrafica o della sede dal contribuente. L’invio delle dichiarazioni<br />
legale, al direttore regionale e al direttore e una serie di adempimenti, quali quelli<br />
centrale dell’Accertamento, a seconda che legati all’inizio dell’attività e alle successive<br />
la variazione intervenga in ambito regiona- variazioni, vengono svolti in via telematica.<br />
le o tra regioni diverse.<br />
Inoltre, il contribuente, per ricevere assi-<br />
La nuova suddivisione delle competenze stenza e consulenza, può rivolgersi al<br />
(la circolare n. 77/1994 operava una distin- front-office di qualunque ufficio d’Italia o al<br />
zione tra le variazioni in ambito provinciale call center.<br />
ed extra-provinciale, di competenza rispet- Ciò ha portato a restringere ulteriormente<br />
tivamente del direttore regionale e del la nozione di “circostanze eccezionali”, per<br />
direttore del dipartimento delle Entrate) cui la richiesta <strong>dei</strong> contribuenti non potrà<br />
risponde a esigenze di decentramento e di essere motivata da semplici disagi organiz-<br />
efficienza dell’azione amministrativa. zativi, essendo questi ormai riferibili quasi<br />
Esaminiamo il procedimento che la legge esclusivamente a soggetti che risiedono<br />
prevede per dar luogo alla variazione di all’estero.<br />
domicilio.<br />
In via preliminare, occorre richiamare l’articolo<br />
58 del Dpr n. 600/1973, in base al<br />
quale il domicilio fiscale si intende normal-<br />
Anche il provvedimento di variazione<br />
del domicilio fiscale attivato d’ufficio,<br />
di cui al primo comma del citato artimente<br />
fissato, per le persone fisiche, nel colo 59, deve essere adeguatamente moti-<br />
Comune nella cui Anagrafe civile sono vato; l’esposizione delle ragioni su cui si<br />
iscritte, e, per le persone giuridiche, nel fonda il provvedimento sono previste, infat-<br />
Comune in cui si trova la sede legale. ti, nella generalità <strong>dei</strong> casi, a garanzia della<br />
correttezza e della trasparenza dell’azione<br />
In deroga alla precedente disposizione amministrativa, che deve essere conoscibi-<br />
avente carattere generale, il successivo le, a maggior ragione, per quelle determi-<br />
articolo 59 prevede la possibilità per nazioni che negano una facoltà o che non<br />
l’amministrazione finanziaria di stabilire soddisfano le legittime aspettative del<br />
d’ufficio il domicilio fiscale del soggetto privato.<br />
nel Comune dove svolge in modo conti- È evidente che in questa ipotesi il motivo<br />
nuativo la principale attività ovvero, per che induce l’Agenzia delle entrate a opera-<br />
i soggetti diversi dalle persone fisiche, re il trasferimento è di natura diversa, ed è<br />
nel Comune in cui è stabilita la sede conseguente a un palese comportamento<br />
amministrativa.<br />
elusivo del contribuente, senza alcun riferi-<br />
La variazione può essere altresì disposta<br />
a seguito di istanza motivata del<br />
contribuente, in presenza di particolari<br />
circostanze giustificative, e, in tale ipotesi,<br />
mento a esigenze organizzative.<br />
Agenzia, infatti, è capillarmente presente<br />
sul territorio nazionale ed è in L’ grado di operare con efficacia, a<br />
l’Agenzia deve emanare i decreti di varia- prescindere dalla localizzazione fiscale del<br />
zione del domicilio fiscale entro il termine contribuente. Inoltre le attività istruttorie<br />
massimo di 180 giorni dalla data di ricezio- finalizzate al controllo non necessariamenne<br />
delle istanze.<br />
te devono presupporre un collegamento<br />
La ratio dell’articolo 59 risiede nella volontà territoriale tra contribuente controllato e<br />
del legislatore fiscale di agevolare il contri- ufficio controllante; a ciò si aggiunga che i<br />
buente quanto più possibile nei vari adem- nuclei operativi della Guardia di Finanza<br />
pimenti che la normativa tributaria impone, svolgono le proprie verifiche quasi esclusi-<br />
collegando la sua posizione fiscale con l’ufvamente in base alla localizzazione delle<br />
ficio locale con il quale vi è effettivamente sedi amministrative.<br />
rapporto più diretto e immediato. È di tutta Pertanto l’Agenzia potrà legittimamente<br />
evidenza, infatti, che consentire al contri- disporre la variazione del domicilio fiscale<br />
buente di avere quale interlocutore l’ufficio nei casi in cui rilevi che la fissazione del<br />
nella cui area territoriale di competenza domicilio in località diversa rispetto all’atti-<br />
svolge prevalentemente la sua attività sia vità economica esercitata sia strumentale<br />
espressione dell’impegno dell’amministrazione<br />
fiscale di rendere quanto meno<br />
all’ottenimento di particolari vantaggi.<br />
gravoso il concreto adempimento degli<br />
Daniela D’Agostino<br />
oneri e degli adempimenti tributari.<br />
(da www.fiscooggi.it)<br />
7
E D I T O R I A<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
Si sono svolti a Roma<br />
il 14 e 15 settembre<br />
gli Stati generali dell’editoria<br />
“Più cultura, più lettura, più Paese”. Questo il tema degli Stati generali dell’editoria svoltisi a<br />
Roma il 14 e 15 settembre. Due giorni di confronto promossi dall’Aie, l’Associazione italiana<br />
editori, tra i rappresentanti dell’intero universo <strong>dei</strong> contenuti, quelli istituzionali e quelli delle<br />
altre forze imprenditoriali, con la partecipazione di politici, economisti, giornalisti, intellettuali.<br />
Al centro del dibattito, il libro e l’industria editoriale, quale punto di partenza per una riflessione<br />
ben più ampia e orientata a individuare le strategie capaci di far crescere la domanda e<br />
l’offerta di lettura e di cultura.<br />
Tre le sezioni: “Imparare a leggere, leggere per imparare”, focus sul ruolo della scuola e<br />
dell’università; “Promuovere cultura: i libri tra evento e mercato”; “Anche la concorrenza fa<br />
sinergia: il libri e gli altri media”.<br />
Un evento la cui filosofia ben si riassume nelle parole del presidente dell’Aie, Federico Motta:<br />
“Se è vero che il futuro del Paese dipende dalla qualità del suo capitale umano, dalla ricerca,<br />
dalla scuola, in una parola dalla sua cultura, allora proprio l’attenzione alla cultura, alla lettura,<br />
al libro è l’unico modo per guardare in modo consapevole al futuro”.<br />
Strumento di lavoro per lo sviluppo del confronto, il “Libro bianco dell’editoria libraria”, con<br />
tutti i dati aggiornati del settore, che qui trattiamo.<br />
Più cultura, più futuro. Il libro,<br />
Quanto leggono gli italiani? O, meglio, quanti italiani, di età<br />
superiore ai 6 anni, mettono mano almeno a un libro (non<br />
scolastico) nell’arco di dodici mesi? A voler essere ottimisti,<br />
uno su due. Per l’esattezza - secondo dati Istat riferiti al 2002<br />
ed elaborati dall’Aie, l’Associazione italiana editori - il 52,9%<br />
della popolazione, con una crescita, rispetto all’anno precedente,<br />
dell’1,1%.<br />
Editori di libri<br />
Di fatto, e volendo guardare la situazione con occhio meno<br />
“morbido”, molti meno: il 41,4% (22.834.000 persone). Un<br />
valore più che modesto, che colloca l’Italia nelle ultime posizioni<br />
a livello europeo, e che viene rafforzato solo dall’aggiunta<br />
di quella fascia di lettori che l’Istat definisce appunto<br />
“morbidi”: connazionali che dichiarano di leggere esclusivamente<br />
gialli, fantascienza, romanzi rosa, fantasy, libri di cucina,<br />
manuali.<br />
Gli indici di lettura<br />
E per fortuna che il 2002 è l’anno nel quale il fenomeno delle<br />
vendite di libri allegati ai quotidiani si è manifestato, nel nostro<br />
Paese, in tutta la sua ampiezza (nel 2001, tranne che per<br />
alcune operazioni sporadiche, era completamente assente<br />
dal panorama editoriale), con oltre 44 milioni di copie vendute,<br />
pari al 47% delle vendite realizzate attraverso i canali<br />
tradizionali, e con un giro d’affari stimabile, a copertina, in<br />
220 milioni di euro. Numeri di tutto rispetto, che tuttavia,<br />
raffrontati ai dati sulla lettura, e al loro poco incoraggiante<br />
+1,1%, sembrerebbero, come osserva l’Associazione italiana<br />
editori, “dare credito a quanti ritengono che, nel loro insieme,<br />
le operazioni <strong>dei</strong> quotidiani abbiano finito per far comprare,<br />
e forse leggere, libri a chi già era lettore, invece di allargare<br />
in misura significativa il perimetro del mercato”.<br />
I libri con il quotidiano<br />
Interessante potrà risultare, al proposito, il confronto con i<br />
dati Istat sulla lettura riferiti al 2003, ancora non disponibili.<br />
Lo scorso anno, infatti, il fenomeno delle vendite di libri allegati<br />
ai quotidiani ha subito un’ulteriore accelerazione: si<br />
contano non meno di 19 diverse iniziative, con più di 400 titoli<br />
e oltre 62 milioni di copie vendute (forse 64 milioni, se si<br />
considerano le operazioni condotte da quotidiani locali, di più<br />
difficile monitoraggio), con un incremento del 40% e per un<br />
valore complessivo di 328 milioni di euro (il 49,1% in più<br />
rispetto al 2002). Nel frattempo, il consumo di libri resta<br />
contraddistinto, nel nostro Paese, da decise note di povertà.<br />
Non può che far riflettere il sapere che sono poco più di 5<br />
milioni le famiglie italiane che avrebbero, in casa, una biblioteca<br />
domestica con più di due metri lineari di scaffali. Mentre<br />
quelle che superano gli otto si aggirano intorno al 6,5%.<br />
Il presidente Motta a colloquio con il collega de Bortoli.<br />
In alto, accanto al titolo, Roberto Gulli, Federico Motta,<br />
Ferruccio de Bortoli e Stefano Mauri.<br />
Vendite a prezzo di copertina e per canale di libri, cd rom, servizi<br />
Valori in milioni di euro e in percentuale<br />
Gli esercizi commerciali<br />
Per non parlare delle librerie, o comunque <strong>dei</strong> 1.935 esercizi<br />
commerciali che si possono in qualche modo definire tali:<br />
820 non vanno oltre i 100 metri quadrati di superficie, il che<br />
significa meno titoli, meno autori, meno case editrici, meno<br />
scelta per il potenziale lettore. Sono solo 290, in Italia, le<br />
librerie che possono contare su una superficie di vendita<br />
superiore ai 300 metri quadrati. Quanto ai cosiddetti megastore,<br />
non rappresentano che l’1%.<br />
E magari fosse solo una questione di libri. Gli italiani non<br />
solo leggono poco libri e giornali (39% di lettori nel giorno<br />
medio), ma ancora meno frequentano musei, teatri, concerti.<br />
Sempre nel 2002 gli ingressi nei musei sono stati<br />
15.820.000: il 39% a gallerie d’arte antica o contemporanea,<br />
il 33% a scavi archeologici, il 28% a circuiti museali.<br />
Complessivamente, meno di un italiano su tre (il 28%) ne<br />
ha varcato i cancelli in dodici mesi, vacanze e fine settimana<br />
inclusi.<br />
Mentre solo un esiguo 19% della popolazione si è accomodato<br />
sulla poltrona di un teatro, e un ancora più esiguo<br />
9% ha ascoltato dal vivo un concerto di musica classica<br />
(la percentuale sale al 19% per i concerti di altri generi).<br />
Tutti al cinema? Macché: vi ha messo piede, almeno una<br />
2001 2002 2003<br />
Euro Euro % Euro Euro % Euro Euro ∆%<br />
Libreria e cartolibreria: 1.702,2 48,5 1.720,6 48,3 1.759,0 +2,2 %<br />
- Scolastico di adozione 640,7 18,2 642,0 18,0 652,0 +1,6 %<br />
- Varia, Stm, universitario 885,4 25,2 901,3 25,4 925,0 +2,6 %<br />
- Metà prezzo 68,8 2,0 70,2 2,0 73,0 +4,0 %<br />
- cd rom 28,3 0,8 30,0 0,8 31,0 +3,3%<br />
- Non book 19,0 0,5 19,8 0,6 23,0 +16,2%<br />
- Vendita a enti, biblioteche 60,0 1,7 57,3 1,6 55,0 -4,0 %<br />
Grande distribuzione: 202,5 5,6 201,4 5,7 205,0 +1,8 %<br />
- Libri varia adulti e ragazzi 185,5 5,1 186,3 5,2 195,0 +4,7 %<br />
- cd-rom 17,0 0,5 15,1 0,4 10,0 -33,8%<br />
Edicola: 420,5 12,0 422,1 11,9 408,7<br />
- Libri varia adulti e ragazzi 1 39,0 1,1 36,7 1,0 34,7 -5,4%<br />
- Fascicoli con supporti allegati 342,0 9,7 347,1 9,8 339,0 -2,3%<br />
- cd rom 39,5 1,1 38,3 1,1 35,0 -8,6 %<br />
Vendite di libri fiere 16,0 0,5 15,9 0,4 18,0 +13,2%<br />
Vendite in book shop e mostre 14,0 0,4 14,5 0,4 17,0 +17,2%<br />
Internet (vendita da siti italiani) 29,0 0,8 36,5 1,0 46,5<br />
- Libri 7,0 0,2 12,3 0,3 20,5 +66,7%<br />
- Cd rom (vendita a distanza) 22,0 0,6 24,2 0,7 26,0 +7,4%<br />
Cd rom in pv di elettronica 140,0 4,0 148,5 4,2 152,0 +2,4%<br />
Cd rom in negozi giocattoli, altro 4,0 0,1 0,5 0,01 0,5<br />
Rateale: 409,9 11,7 408,3 11,4 417,0<br />
- Prodotti enciclopedici, Stm 310,0 8,8 312,5 8,8 315,5 +1,0%<br />
- Cd rom consumer 22,5 0,6 22,3 0,6 22,0 -1,3%<br />
- Cd rom e Dvd professionali 77,4 2,2 73,5 2,1 80,0 +8,8%<br />
Vendite dirette al pubblico: 222,0 6,3 224,5 6,3 227,0 +1,1%<br />
- Vendite per corrispondenza 143,0 4,1 144,0 4,1 145,0 +0,7%<br />
- Book club 79,0 2,3 80,5 2,3 82,0 +1,9%<br />
Vendite dirette a biblioteche, ecc. 65,0 1,9 67,5 1,9 70,0 +3,7%<br />
Vendite per iniziative speciali 115,4 3,3 120,8 3,4 115,0 -4,8%<br />
Export 176,5 5,0 180,0 5,1 185,0 +2,8%<br />
Totale 3.517,5 100,0 3.555,0 100,0 3.620,7 +1,8%<br />
volta, solo un italiano su due. E allora la domanda non è<br />
più e solo dove stia andando il mondo del libro, ma quale<br />
futuro attenda, più in generale, tutti i consumi culturali del<br />
Paese. Perché, come ha sottolineato lo scorso 20 luglio,<br />
presentando a Milano gli Stati generali dell’editoria (vedi<br />
riquadro), Federico Motta, presidente dell’Aie e amministratore<br />
delegato dell’omonima casa editrice, “i diversi consumi<br />
culturali sono tra loro fortemente intrecciati: uno non cresce<br />
se non cresce l’altro. Sono intrecciati lungo il percorso di<br />
crescita della persona: dalla scuola alla vita adulta. E sono<br />
intrecciati tra loro”.<br />
Musei, teatri e concerti I ricavi dell’industria libraria<br />
Di qui l’obiettivo di allargare la domanda di cultura, e quindi<br />
di lettura, ma partendo dalla consapevolezza del peso che<br />
l’editoria libraria - la più antica e, probabilmente, la meno effimera<br />
tra le varie modalità di diffusione - ha nel più generale<br />
ambito <strong>dei</strong> contenuti culturali, dell’economia e dello sviluppo<br />
del Paese.<br />
Con i suoi 3.621 milioni di euro (fra libri, collezionabili, editoria<br />
elettronica, coedizioni, export) a prezzo di copertina<br />
(+1,8% a valore corrente sul 2002, escluse le vendite di libri<br />
allegati a quotidiani e periodici), l’editoria libraria si aggiudica<br />
infatti il 31% <strong>dei</strong> ricavi dell’industria <strong>dei</strong> contenuti (televisione<br />
escluse, per via <strong>dei</strong> forti introiti pubblicitari), collocandosi<br />
seconda solo al comparto della stampa quotidiana e periodi-<br />
8 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
I principali settori dell’industria <strong>dei</strong> contenuti<br />
Valori in euro e in percentuale<br />
Valore % Note<br />
- Stampa quotidiana e periodica<br />
(vendite al pubblico)<br />
- Libri allegati alla stampa<br />
2.362.000.000 22,4% Fieg, IeM, 2002<br />
quotidiana e periodica 328.000.000 3,1% Stima Aie su dati editori<br />
- Ricavi pubblicitari 2.332.000.000 22,1% Fieg, IeM, 2002<br />
Totale stampa quotidiana e periodica 5.022.000.000<br />
Home video 829.000.000 7,9% Vhs, Dvd, vendita, noleggio, edicola normal trade<br />
Cinema 629.380.000 6,0% IeM su dati Siae (2002)<br />
Musica registrata 416.000.000 3,9% Musica & Dischi (2002)<br />
Videogiochi 23.645.000 0,2% GfK agosto 2002-luglio 20031<br />
Cd rom professionali 110.000.000 1,0% IeM, Aie<br />
Cd rom consumer e educational 246.000.000 2,3% IeM, Aie<br />
Libri 3.264.200.000 31,0% Aie (esclusi prodotti editoria elettronica)<br />
10.540.225.000 100,0<br />
vero digitale terrestre<br />
ca, che pure fa derivare dai ricavi pubblicitari circa il 50% del<br />
fatturato.<br />
Un panorama fatto di luci e di ombre. I numeri della produzione,<br />
per esempio. Secondo dati forniti dall’Aie, nel 2003 in<br />
Italia sono stati circa 53.000 i titoli pubblicati, e 254 milioni le<br />
copie stampate. Tanti? Siamo il terz’ultimo Paese europeo<br />
per titoli pubblicati ogni mille abitanti: 0,95. Davanti a noi,<br />
quasi tutti: la Francia, (0,97), la Germania (1,01), la Finlandia<br />
(1,26), la Svezia (1,45), la Spagna (1,60), il Regno Unito<br />
(1,85). Alle nostre spalle, solo il Portogallo, con 0,90 titoli, e<br />
la Grecia, con 0,62.<br />
Provenienza <strong>dei</strong> titoli<br />
In compenso, l’editoria nazionale sembra essere, fra le diverse<br />
europee, quella più attenta a proporre autori e titoli provenienti<br />
da altre letterature e da altre culture. Nel 2002 il 23%<br />
(un valore pressoché identico a quello dell’anno precedente)<br />
<strong>dei</strong> titoli pubblicati in Italia erano traduzioni da lingue straniere.<br />
Un’incidenza che, dagli anni Novanta a oggi, non è mai<br />
scesa sotto il 22%, con punte che in alcuni anni, come nel<br />
1994, sono arrivate a superare il 25%. L’area dalla quale<br />
proviene la stragrande maggioranza <strong>dei</strong> testi tradotti è quella<br />
inglese - che con i suoi 7.906 titoli pubblicati nel 2002 copre<br />
da sola il 65% dell’offerta “straniera” -, seguita da quella francofona<br />
(1.814 opere) e da quella tedesca (1.126). Ma mentre<br />
la tiratura media, sempre nel 2002, di un libro tradotto era di<br />
6.600 copie, quella di un libro di autore italiano continuava,<br />
con le sue 4.200 copie, a risultare inferiore del 30-35%.<br />
Interscambio con l’estero<br />
C’è tuttavia un fatto nuovo, emerso da una recente indagine<br />
condotta da Doxa per conto dell’Aie e dell’Istituto per il<br />
commercio estero: se fra il 2001 e il 2003 il numero <strong>dei</strong> titoli<br />
acquistati dalle case editrici italiane all’estero è cresciuto del<br />
7%, quello <strong>dei</strong> titoli venduti è aumentato del 32,2%.<br />
Si vendono diritti soprattutto di libri per bambini, illustrati,<br />
manuali, di argomento religioso. Solo in un secondo momento<br />
vengono la narrativa e la saggistica di cultura.<br />
I dati di lettura<br />
Dopodiché, si legge più nelle regioni del nord (un italiano su<br />
due) che in quelle del sud e nelle isole (tre su dieci); più nelle<br />
aree metropolitane (47%) che nei comuni al di sotto <strong>dei</strong><br />
duemila abitanti (41%), che in quelli fino ai 50 mila (38-39%).<br />
E ancora: leggono più le donne degli uomini (il 47% contro il<br />
36%), più i figli <strong>dei</strong> genitori (nel 2003 il 65% <strong>dei</strong> bambini di<br />
età compresa fra i 5 e i 13 anni aveva letto, nei dodici mesi<br />
precedenti, almeno un libro non scolastico). Ma non a caso il<br />
57% del mercato del libro per ragazzi è costituito da genitori<br />
laureati o diplomati. Di qui la naturale, e ormai tristemente<br />
annosa, chiamata in causa del ruolo della famiglia e di quello<br />
della scuola.<br />
Il libro nella scuola<br />
Quest’ultima, osserva l’Aie, “priva di una coerente politica di<br />
promozione del piacere di leggere, ma anche di utilizzo del<br />
libro come strumento di lavoro”, nonché incapace di “colmare<br />
i ritardi derivanti da contesti culturali meno favorevoli in<br />
famiglia”. “Il manuale scolastico, di sicuro, non è sufficiente”,<br />
ha detto, nell’incontro milanese, il vice presidente dell’Aie, e<br />
amministratore delegato PBM Editori, Roberto Gulli, auspicando<br />
che, nell’ambito della riforma scolastica, venga prevista,<br />
alle superiori, la lettura obbligatoria di testi di narrativa,<br />
come già avviene all’estero.<br />
Quanto alla famiglia, i piccoli italiani - come nota l’Aie, su dati<br />
Doxa Junior - abiteranno anche in case con pochi libri, ma<br />
certo non si fanno mancare niente quanto a tecnologie. Il<br />
94% delle famiglie ha un videoregistratore, che oltre la metà<br />
<strong>dei</strong> bambini (il 53%) usa almeno una volta alla settimana; il<br />
19% ha un lettore dvd; il 58% una consolle per videogiochi; il<br />
63% un computer, cui accede il 48% <strong>dei</strong> figli. Soprattutto,<br />
naturalmente, per giocare (il 39%).<br />
La diffusione di Internet<br />
E Internet? Vi si collegano il 45% <strong>dei</strong> ragazzini di 10-11 anni<br />
(il 20% lo utilizza anche) e il 48% di quelli fra i 12 e i 13 (35%<br />
di utilizzatori). Mentre il 38% usa abitualmente un telefono<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Ripartizione della produzione<br />
per tipo di edizione<br />
Valori in numero di titoli e in percentuali<br />
Ristampe<br />
35%<br />
Edizioni<br />
successive<br />
5%<br />
Ripartizione della produzione<br />
di titoli per fasce di prezzo<br />
Valori in numero di titoli e in percentuali<br />
16,60%<br />
oltre 26 euro<br />
23,60<br />
da 15,50 a 26 euro<br />
cellulare e il 27% lo possiede personalmente, impiegandolo<br />
in massima parte (il 76%) per inviare e ricevere sms.<br />
Che cos’ha a che fare, tutto questo, con la lettura? Nulla,<br />
ovviamente. Il che tuttavia non significa, e non deve significare,<br />
una sorta di contrapposizione fra i buoni, vecchi libri da<br />
una parte e le insidiose, avverse tecnologie dall’altra. Perché,<br />
anzi, il corretto consumo di queste ultime - laddove per tecnologie<br />
non si intendano il ricorso permanente al telefonino o<br />
l’uso esasperato della posta elettronica - è, rileva l’Associazione<br />
italiana editori, “più alto e diffuso in quegli stessi Paesi<br />
europei in cui sono più alti, ancora una volta, gli indici di lettura<br />
<strong>dei</strong> libri e <strong>dei</strong> giornali”.<br />
I nuovi media<br />
Prime edizioni<br />
(novità)<br />
60%<br />
Lo scenario, allora, si amplia, in una sorta di affresco globale<br />
nel quale forze diverse concorrano e facciano sinergia,<br />
crescendo anche attraverso la competizione. Senza paure e<br />
senza pregiudizi. “Siamo convinti - ha detto intervenendo alla<br />
presentazione milanese il vice presidente dell’Aie, e amministratore<br />
delegato RCS libri, Ferruccio de Bortoli - che l’arrivo<br />
di nuovi media non distragga dalla lettura, anzi la incoraggi,<br />
che la grandissima evoluzione tecnologica non rappresenti<br />
un rischio per la creatività, che l’affermarsi di nuovi linguaggi,<br />
come per esempio quello <strong>dei</strong> telefonini, finisca non per impoverire,<br />
ma per arricchire la nostra lingua, ovviamente modificandola”.<br />
Sì allora alle sinergie, con la dovuta attenzione.<br />
“Per essere - sono sempre parole di de Bortoli - cittadini<br />
globali senza perdere i contatti con le proprie radici e la<br />
propria appartenenza”.<br />
La vitalità del libro<br />
23,10%<br />
fino a 7,75 euro<br />
36,60%<br />
da 7,75 a 15,50 euro<br />
Che si chiama, anche e soprattutto, libro. “È il libro - ha osservato<br />
Stefano Mauri, consigliere dell’Aie e amministratore<br />
delegato Longanesi & C. - il vero digitale terrestre. Cinquecento<br />
anni dopo, sempre vivo e amato. Non ha bisogno di un<br />
decoder, ma di fiducia sì”. Patrizia Pedrazzini<br />
Accordo Mediaset-Iulm:<br />
nasce “Consorzio campus<br />
multimedia in.formazione”<br />
Milano, 29 giugno <strong>2004</strong>. Dall’intesa tra il<br />
Gruppo Mediaset e Università Iulm prende il<br />
via il Consorzio Campus Multimedia<br />
in.Formazione, un polo di eccellenza per la<br />
formazione e la ricerca nel digitale, nei media<br />
e nella comunicazione. I primi Master di alta<br />
formazione realizzati dal Campus partiranno<br />
con l’anno accademico <strong>2004</strong>-2005: il Master<br />
in Giornalismo, riconosciuto dal Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, e il<br />
Master in Management multimediale che<br />
hanno l’obiettivo di formare rispettivamente<br />
giornalisti e manager in grado di operare nel<br />
mercato del lavoro del settore multimediale e<br />
dell’informazione.<br />
“In questo nuovo progetto si incontrano il<br />
sapere accademico e l’esperienza dell’imprenditoria<br />
multimediale di Mediaset” ha<br />
dichiarato il rettore dello Iulm Giovanni Puglisi<br />
durante la conferenza stampa di presentazione.<br />
“Prendendo spunto dal monito del<br />
presidente di Confindustria Montezemolo il<br />
sistema Paese, le imprese si incontrano col<br />
mondo dell’università”.<br />
“La nostra intesa con l’Università Iulm si è<br />
decisamenterafforzata quest’anno: l’idea è<br />
quella di mettere assieme per la prima volta<br />
un autorevole polo universitario milanese e<br />
una squadra multimediale di eccellenza” ha<br />
dichiarato il presidente di Mediaset Fedele<br />
Confalonieri, che ha voluto ancora una volta<br />
sottolineare l’importanza nelle attività di tutti i<br />
giorni delle tecnologie e del digitale terrestre<br />
in particolare. “Il digitale terrestre è la nuova<br />
frontiera, noi ci crediamo, lo faremo” ha detto<br />
Confalonieri.<br />
Tra le aziende che partecipano al progetto:<br />
Enterprise Digital Architects, Dmt, Medusa,<br />
Mondadori, Sole 24 Ore, Txt e Wind.<br />
(Apcom)<br />
Costa: “Mondadori<br />
investirà 20 milioni<br />
in 3 anni per lo sviluppo<br />
di Radio 101”<br />
Roma, 3 settembre <strong>2004</strong>. Rilancio di Radio<br />
101 per farla diventare un network nazionale<br />
e sviluppo <strong>dei</strong> periodici in Spagna e Centro<br />
Europa sono fra i progetti di espansione del<br />
gruppo Mondadori.<br />
Lo ha detto in un’intervista al Sole 24 Ore il<br />
vice presidente e a.d. del Gruppo editoriale,<br />
Maurizio Costa, sottolineando l’obiettivo di<br />
voler rafforzare Radio 101 con “investimenti<br />
di oltre 20 mln in 3 anni dedicati alla copertura<br />
sul territorio e al rilancio sia in termini di<br />
advertising che di nuovi progetti”.<br />
Il Gruppo editoriale di Segrate ha versato 42<br />
milioni di euro per acquisire l’emittente, che<br />
era sottoposta a sequestro giudiziario.<br />
(Mf-Dj)<br />
Giovanni Sartori<br />
vince la XIV edizione<br />
del premio PEN<br />
Milano, 4 settembre <strong>2004</strong>. Dopo lo scrutinio<br />
pubblico delle schede di voto <strong>dei</strong> soci PEN,<br />
è risultato in testa, con 436 voti, il nome di<br />
Giovanni Sartori, con il suo libro Mala tempora<br />
(Laterza), a cui andranno i 2.600 euro del<br />
premio. Mala Tempora: dieci anni di malaffare<br />
politico nelle analisi lucide e graffianti di<br />
uno <strong>dei</strong> massimi studiosi della politica del<br />
nostro tempo.<br />
Al Premio letterario PEN (noto anche come<br />
"Lo scrittore votato da scrittori") sono giunti in<br />
finale quest’anno anche Matteo Collura, con<br />
In Sicilia; Raffaele Crovi, con Appennino;<br />
Sergio Ferrero, con Il cancello nero, e Margherita<br />
Hack, con Dove nascono le stelle.<br />
Come sempre il premio PEN (presieduto da<br />
Lucio Lami) rivela le tendenze del momento<br />
e quest’anno ha visto per la prima volta in<br />
finale più titoli di saggistica che di narrativa.<br />
9
La strage<br />
<strong>dei</strong> reporter:<br />
i terroristi<br />
non vogliono<br />
testimoni<br />
scomodi<br />
Enzo Baldoni, pubblicitario e giornalista<br />
“Io viaggio per la pace”<br />
di Pietro Del Re (www.repubblica.it-27 agosto <strong>2004</strong>)<br />
Un uomo di pace. Questo era Baldoni, come hanno cercato<br />
di spiegare i figli Guido e Gabriella, nell’appello lanciato ai<br />
suoi sequestratori. Ma era anche un uomo che la voglia di<br />
raccontare aveva spinto nei punti più caldi del pianeta, senza<br />
biglietti di prima classe né alberghi prenotati, senza scorte<br />
armate né giubbotti antiproiettile. Per capire chi fosse Baldoni<br />
basta leggere il suo autoritratto: “Non c’è niente da fare:<br />
quando uno è ficcanaso, è ficcanaso. È insopprimibilmente<br />
curioso, gli interessano i lebbrosi, quelli che vivono nelle<br />
fogne, i guerriglieri. E poi non gli basta fare il pubblicitario,<br />
deve occuparsi anche di critica di fumetti, di traduzioni, di<br />
temi civili e perfino di cose un sacco zen”.<br />
Nella sua vita precedente, prima che la passione del<br />
reportage lo inghiottisse, era uno <strong>dei</strong> più creativi pubblicitari<br />
d’Italia, fondatore dell’agenzia “Le Balene colpiscono ancora”.<br />
Era alto (1,86 metri) e robusto (un quintale di peso),<br />
Baldoni. E aveva il dono della simpatia. Chi l’ha conosciuto lo<br />
descrive come un idealista, un sognatore. Una persona<br />
generosa, cordiale e altruista: carica d’umanità.<br />
Era nato nel 1948 a Città di Castello. Sposato e padre di due<br />
figli di 21 e 24 anni (la famiglia vive in Sicilia), Baldoni lavorava<br />
da tempo a Milano. All’attività di pubblicitario è arrivato<br />
però dopo aver fatto, si legge nel suo sito, “il muratore in<br />
Belgio, lo scaricatore alle Halles, il fotografo di nera a Sesto<br />
San Giovanni, il professore di ginnastica, l’interprete e il<br />
tecnico di laboratorio chimico”.<br />
Fu Emanuele Pirella a fargli capire che “fare il copy è meglio<br />
che lavorare”. Tra le sue campagne televisive più note, quella<br />
del rasoio per uomini sensibili, in grado anche di “fare la<br />
barba” a un palloncino senza farlo scoppiare. Tra le sue<br />
trovate più famose c’è la rondine dell’acqua minerale San<br />
Benedetto.<br />
Traduttore di fumetti, appassionato di Zen, amante delle<br />
Delitti senza castigo<br />
L’assassinio di Enzo Baldoni,<br />
raro Don Chisciotte italico travolto<br />
dai feroci mulini mossi<br />
dal vento del fanatismo, trasforma<br />
in certezza un sospetto:<br />
sì, siamo pericolosamente<br />
prossimi al buco nero<br />
d’un medioevo postmoderno.<br />
Si annunciò in Vietnam sparigliando<br />
le regole antiche<br />
della guerra: non più duello di<br />
due nemici certi e visibili ma<br />
oscena partouse di delitto<br />
(senza castigo) e di ideologia<br />
bugiarda. Spaccò la partitura<br />
del concerto bellico in Somalia,<br />
per quindi invadere<br />
con una gigantesca flebo di<br />
orrori himmleriani la regione<br />
balcanica, nel contempo travasandosi<br />
nell’Algeria della<br />
galassia islamista, per infine<br />
tracimare l’Afghanistan pista<br />
di lancio degli stupratori delle<br />
Torri Gemelle. «È la Pearl<br />
Harbor del Tremila»: così<br />
classificammo l’incredibile attentato<br />
nella presunzione<br />
che, come gli Stati Uniti di<br />
Roosevelt, gli attuali, dopo<br />
essersi leccate le umilianti fe-<br />
IRAQ<br />
Enzo Baldoni nella foto conservata nell’archivio personale<br />
dell’<strong>Ordine</strong>. Le altre immagini lo ritraggono nella sua ultima<br />
“missione”. Al centro (in basso) è fotografato con Muhammed,<br />
il mutilato iracheno curato e seguito dal freelance<br />
milanese.<br />
Generosità e terrore<br />
vacanze ad alto rischio, Baldoni è diventato anche freelance<br />
per vocazione, pronto a raccontare su Linus, Specchio della<br />
Stampa, Venerdì di Repubblica le sue esperienze in giro per<br />
il mondo. Una vocazione nata per caso, nel 1996 in Chiapas,<br />
Messico. Baldoni conobbe il subcomandante Marcos, e da<br />
quel sodalizio nacque l’amore per il reportage. Un amore che<br />
lo portò nelle fogne di Bucarest e in Birmania a testimoniare<br />
lo sterminio <strong>dei</strong> Karen.<br />
Andò poi vedere i massacri di Timor Est, e le sofferenza nel<br />
lebbrosario di Kalaupapa. Baldoni mangiò riso e ranocchi<br />
con la portavoce <strong>dei</strong> ribelli Aye Aye Khing, si perse nella giungla<br />
thailandese alla ricerca <strong>dei</strong> fratelli Htoo, i gemellini di 12<br />
anni che guidano l’Esercito di Dio vantando poteri miracolosi.<br />
In Colombia finì in un campo di guerriglieri delle Farc,<br />
conobbe una comandante sul cui capo pendeva una taglia di<br />
un milione di dollari, intervistò la cupola del movimento guerrigliero.<br />
Due anni più tardi, sempre in Colombia, venne<br />
sequestrato da un paio di ragazzini col mitra e riuscì a farsi<br />
liberare diventando amico del comandante che aveva ordinato<br />
la sua cattura.<br />
Per giustificare questa sua passione tardiva, una volta disse:<br />
“Qualcuno pensa che io sia un mezzo Rambo che ama<br />
provare emozioni forti, vedere la gente morire e respirare<br />
l’odore della guerra come Benjamin Willard l’odore del<br />
napalm la mattina in “Apocalypse now”, invece sono lontano<br />
mille miglia da questa mentalità, molto semplicemente sono<br />
curioso. Voglio capire cosa spinge persone normalissime a<br />
imbracciare un mitra per difendersi”.<br />
Già, Baldoni era anzitutto un uomo curioso. Eppure si descrive<br />
come un gran pigro, che viaggia per caso, quando proprio<br />
non può farne a meno, sull’onda delle coincidenze.<br />
In Iraq Baldoni era arrivato per la prima volta un paio di settimane<br />
fa, con un accredito di Diario. “Non ho una particolare<br />
paura della morte, l’ho conosciuta abbastanza bene. Alla mia<br />
sono andato vicino un paio di volte”. Fino a quando la sua<br />
passione non l’ha spinto tra le braccia <strong>dei</strong> suoi assassini.<br />
di Igor Man (da La Stampa del 28 agosto <strong>2004</strong>) di Sergio Romano (dal “Corriere della Sera” del 27 agosto <strong>2004</strong>)<br />
rite, sarebbero passati al contrattacco,<br />
consegnando all’Occidente<br />
gli apprendisti<br />
stregoni plagiatori <strong>dei</strong> piloti<br />
suicidi, nel segno della vittoria<br />
del Bene sul Male. Allora,<br />
l’America di Roosevelt sapeva<br />
esattamente chi fosse (e<br />
come fosse) lo sfidante e fu<br />
subito duello destinato a infinitamente<br />
durare se uno<br />
square di Kansas City non<br />
avesse avuto il barbaro coraggio<br />
di tirare lo zip atomico.<br />
Il fungo di Hiroshima voluto<br />
da Truman venne assolto da<br />
vinti e vincitori e ciò permise<br />
quell’equilibrio del terrore alla<br />
cui ombra cominciò la ricostruzione<br />
del mondo. Il vuoto<br />
aperto dal declino delle potenze<br />
colonialiste (Francia,<br />
Gran Bretagna) venne colmato,<br />
per la forza d’inerzia<br />
della Storia, dal potente<br />
Impero Nuovo: gli Stati Uniti.<br />
Ma nel Dna della Superpotenza<br />
c’è la lotta contro<br />
l’Impero britannico, contro il<br />
colonialismo sicché riesce difficile<br />
agli Usa esercitare il cini-<br />
smo ineludibile che fu degli<br />
Inglesi, per esempio nei Trenta<br />
quando la Mesopotamia era<br />
un inferno.Trasformato in purgatorio<br />
dagli inglesi dopo un<br />
lunghissimo tempo intriso di<br />
studiata repressione e di alta<br />
politica. L’incapacità genetica<br />
degli Usa, coniugata con la<br />
presunzione del primo della<br />
classe, sono all’origine della<br />
attuale crisi del Superimpero<br />
in Iraq.<br />
Nel caos attuale che tuttavia<br />
non vieta il «successo finale»,<br />
volano fatalmente gli<br />
stracci. Quelli sporchi, quelli<br />
puliti: entrambi condannati alla<br />
rovina. Stracci: uomini<br />
mossi dall’odio e dall’ignoranza<br />
ovvero dalla volontà di dar<br />
testimonianza d’amore verso<br />
chi soffre. Come il nostro collega<br />
Baldoni, Don Chisciotte<br />
italico che non era un crapone<br />
né un esibizionista. Bensì<br />
un idealista. La sua estrema<br />
testimonianza non merita,<br />
dunque, sarcasmi né retromarce<br />
ipocrite. Pretende<br />
pietà, rispetto.<br />
Non è facile parlare della<br />
morte di un uomo che si è rivolto<br />
con grande compostezza<br />
ai suoi connazionali<br />
di fronte a una telecamera<br />
due giorni fa, e a cui i figli<br />
hanno inviato un coraggioso<br />
saluto nelle scorse ore.<br />
Fra i tanti orrori della guerra<br />
irachena, il massacro di<br />
Enzo Baldoni è per noi un<br />
tragico, incomprensibile lutto<br />
italiano. Baldoni non era né<br />
un soldato né il dipendente<br />
di una ditta straniera.<br />
Era un testimone compassionevole,<br />
in parte reporter,<br />
in parte operatore umanitario.<br />
Se non fosse stata troppo<br />
usata, soprattutto fra i<br />
musulmani, la parola martire<br />
è forse quella che potrebbe<br />
meglio figurare sulla sua<br />
tomba.<br />
A noi resta il compito di comprendere,<br />
per quanto possibile,<br />
la logica della sua uccisione.<br />
Sappiamo che nel<br />
campo della rivolta esiste,<br />
accanto ad alcuni gruppi<br />
meglio conosciuti, una ga-<br />
lassia di formazioni minori di<br />
cui è difficile analizzare composizione<br />
e ideologia. È probabile<br />
che alcune di esse<br />
siano politiche, decise a dimostrare<br />
la loro destrezza<br />
per meglio conquistare autorità.<br />
Ed è probabile che altre<br />
siano più semplicemente<br />
bande criminali, attratte soltanto<br />
dal prezzo del ricatto.<br />
Politici o predoni, tuttavia, i<br />
rapitori di ostaggi hanno obbedito<br />
sinora a una logica<br />
relativamente comprensibile.<br />
Hanno catturato personale<br />
delle società di sicurezza,<br />
come nel caso di Quattrocchi<br />
e <strong>dei</strong> suoi amici, perché<br />
potevano sostenere che<br />
i prigionieri erano complici<br />
degli americani. E si sono<br />
impadroniti di impiegati di<br />
società straniere per costringere<br />
i datori di lavoro a lasciare<br />
il Paese o pagare in<br />
denaro la loro libertà.<br />
Nel caso di Baldoni questa<br />
logica sembra completamente<br />
assente. Dopo le dichiarazioni<br />
del suo settima-<br />
nale era evidente che egli<br />
non era «negoziabile». Il governo<br />
non avrebbe mai potuto<br />
cedere e il settimanale<br />
avrebbe potuto semplicemente<br />
promettere ciò che<br />
Baldoni faceva da tempo<br />
con una straordinaria carica<br />
di ingenuità e di entusiasmo:<br />
un appassionato lavoro giornalistico<br />
e umanitario.<br />
Non basta. La morte è giunta<br />
mentre i due maggiori<br />
esponenti della comunità<br />
sciita sembrano avere concluso<br />
a Najaf una sorta di armistizio<br />
e aperto qualche tenue<br />
prospettiva di pace. A<br />
qualcuno sembrerà forse<br />
che Baldoni sia morto per<br />
nulla. A noi sembra che sia<br />
morto per restare fedele al<br />
proprio personaggio in un<br />
mondo in cui la generosità e<br />
la fantasia vengono ogni<br />
giorno disprezzate e calpestate.<br />
10 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
La fatica<br />
di piazzare<br />
notizie che<br />
gli altri<br />
non hanno,<br />
da posti in<br />
cui magari<br />
gli altri<br />
non vanno<br />
Freelance<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Una tribù nomade<br />
a caccia di scoop<br />
Francesco Battistini (dal Corriere della Sera del 22 agosto <strong>2004</strong>)<br />
BAGDAD - I voli Milano-Londra<br />
a 10 euro sono roba da dilettanti.<br />
Nelle zone di guerra, esiste<br />
una tribù nomade che<br />
s’arrangia con meno: s’infila<br />
sugli aerei del World Food Programme,<br />
dorme in case d’amici<br />
per caso, mangia quando<br />
capita e si gioca la pelle per un<br />
pezzo, uno scatto, una ripresa.<br />
Antonio Russo, il reporter di<br />
Radio Radicale ucciso in<br />
Georgia, era uno capace d’alloggiare<br />
due settimane in un<br />
campo profughi kosovari, sotto<br />
le tende, o di partecipare alle<br />
imboscate militari dell’Uck o di<br />
stare nascosto, unico, nelle<br />
case albanesi di Pristina durante<br />
la pulizia etnica serba.<br />
Raffaele Ciriello, il fotoreporter<br />
ammazzato a Ramallah, spariva<br />
coi pastori sulle montagne<br />
dell’Afghanistan e correva dietro<br />
ai tanzim dell’intifada ed è<br />
morto per aver voluto guardare<br />
con l’obbiettivo nella bocca di<br />
fuoco d’un tank israeliano.<br />
Li ha dimenticati in fretta chi<br />
non li conosceva, perché<br />
Russo e Ciriello non erano della<br />
casta eletta che si premia a<br />
ogni trasferta: una conferenza<br />
stampa <strong>dei</strong> radicali per<br />
chiedersi chi abbia voluto la<br />
fine di Antonio, una lapide<br />
palestinese dove il nome di<br />
Raffaele è perfino scritto sbagliato.Pace<br />
e amen.<br />
Vita da freelance. Quelli pagati<br />
ad articolo o a collegamento,<br />
più ne fai più guadagni, le<br />
Abruzzo:<br />
“Baldoni<br />
tra i martiri<br />
del<br />
giornalismo”<br />
spese di solito escluse, la fatica<br />
di piazzare merce che gli altri<br />
non hanno da posti in cui gli altri<br />
magari non vanno. Da quando<br />
hanno decapitato Daniel<br />
Pearl, firma del Wall Street<br />
Journal, gli inviati mettono<br />
piede in Pakistan se proprio si<br />
deve: inglesi e americani, la<br />
stessa Cnn usano i locali, così<br />
come facevano i francesi<br />
nell’Algeria degli sgozzamenti<br />
o com’è nell’impossibile Mogadiscio.Tutti<br />
freelance, coi contatti<br />
giusti e la rapidità che<br />
serve, a volte one man band<br />
che in un giorno riscrivono lo<br />
stesso pezzo per quattro o<br />
cinque testate.<br />
Rischiano parecchio, i freelance.<br />
E vanno anche al di là<br />
del troppo. Ce n’è che cominciano<br />
a metà del cammino, vedi<br />
Enzo Baldoni che fino a 50<br />
anni faceva solo il pubblicitario<br />
o Franco Pagetti, allievo del<br />
grande Natchwey, passato dai<br />
clic patinati alle morgue irachene.<br />
E ce n’è di più giovani,<br />
Barbara Schiavulli, una collega<br />
che da Gerusalemme a Haiti,<br />
da Kabul a Bagdad non si<br />
perde una crisi e riesce a «coprire»<br />
sul posto anche per un<br />
innegabile vantaggio: è di pelle<br />
creola e tratti orientaleggianti,<br />
l’ideale per passare inosservati<br />
nella caccia all’occidentale di<br />
Najaf o di Falluja. I freelance<br />
per eccellenza sono i fotografi,<br />
Mauro Sioli o Livio Senigallesi,<br />
obbligati alla corsa a ostacoli<br />
d’una tecnologia che fa arrivare<br />
in tempo reale le immagini<br />
di tutto: «Entrare in concorrenza<br />
con le grandi agenzie<br />
non ha senso - dice Pigi Cipelli,<br />
base a Milano e anni di reportage<br />
dai Balcani all’Iraq -.<br />
Più che puntare su immagini<br />
che mostrano l’avvenimento,<br />
meglio andare su quelle che lo<br />
spiegano». Come girare in pattuglia<br />
di notte, per le vie di<br />
Bagdad: gli occhi atterriti d’un<br />
arrestato, lo sguardo spaventato<br />
uguale d’un marine.<br />
Avere qualcosa di più. Per<br />
questo si può morire: capitò<br />
ad Almerigo Grilzz, 1987,<br />
Mozambico. O ci si può andare<br />
vicini, come Fausto<br />
Biloslavo e Gian Micalessin,<br />
«storici» freelance che sono<br />
stati colpiti (Fausto in Afghanistan)<br />
o hanno rischiato: partito<br />
in macchina da Bagdad<br />
per Nassiriya, poche settimane<br />
fa, Gian è incappato in<br />
un posto di blocco di sadristi e<br />
solo la prontezza del suo<br />
autista («sdraiati, fingi di<br />
dormire, dirò io che sei un<br />
giordano!») gli ha salvato la<br />
pelle. Qualche volta, con la<br />
tribù nomade, sbarcano anche<br />
i turisti della guerra: signore<br />
annoiate, esaltati, autentici<br />
psicopatici. A Sarajevo, ci fu<br />
un tale che s’inventò d’essere<br />
stato rapito. Tornò a casa, si<br />
prese due ceffoni dalla mamma<br />
e capì la lezione. Non s’è<br />
più visto.<br />
<strong>Giornalisti</strong> nella storia - I nostri martiri<br />
Una sezione del sito dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia viene riservata a 14 giornalisti<br />
ammazzati dallo squadrismo fascista, dal terrorismo rosso, dal terrorismo internazionale,<br />
dalla mafia e dalla camorra. Questa la galleria <strong>dei</strong> martiri:<br />
Giovanni Amendola<br />
Piero Gobetti<br />
Carlo Casalegno<br />
Walter Tobagi<br />
Guido Puletti<br />
Ilaria Alpi<br />
Maria Grazia Cutuli<br />
Antonio Russo<br />
Enzo Baldoni<br />
Mauro De Mauro<br />
Mario Francese<br />
Giuseppe "Pippo" Fava<br />
Giancarlo Siani<br />
Giuseppe "Beppe" Alfano<br />
Tutti facevano giornalismo investigativo o d’inchiesta oppure<br />
esprimevano posizioni fortemente critiche, chi sul fascismo<br />
(Amendola e Gobetti), chi sul terrorismo (Casalegno e<br />
Tobagi) o sulle zone calde del pianeta (Guido Puletti in<br />
Bosnia, Ilaria Alpi in Somalia, Maria Grazia Cutuli in Afghanistan,<br />
Antonio Russo in Cecenia, Enzo Baldoni in Iraq) ,<br />
altri sulla mafia o sulla camorra (De Mauro, Francese, Fava,<br />
Siani e Alfano). L’obiettivo dell’iniziativa è quello di preservare<br />
la memoria di questi 14 giornalisti, che hanno scritto<br />
ognuno una pagina importante nella storia della nostra<br />
nazione, e che sono un esempio di alta coscienza civile da<br />
additare ai giovani. Non bisogna dimenticare il loro sacrificio.<br />
I giornalisti italiani possono arricchire questa sezione<br />
del sito, spedendo saggi e articoli all’indirizzo e-mail<br />
odgmi@odg.mi.it.<br />
Milano, 27 agosto <strong>2004</strong>. - “L’<strong>Ordine</strong> piange un ottimo collega,<br />
simbolo di abnegazione e impegno civile. È un peccato<br />
averlo perso... l’Albo <strong>dei</strong> giornalisti oggi è più leggero”.Con<br />
queste parole Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia, commenta l’assassinio del<br />
pubblicista Enzo Baldoni, iscritto all’Albo dal 16 settembre<br />
del 1985. “L’<strong>Ordine</strong> lombardo - continua - ha inserito Enzo fra<br />
i martiri del giornalismo, ammazzati dallo squadrismo<br />
fascista, dal terrorismo rosso, dal terrorismo internazionale,<br />
dalla mafia e dalla camorra. Questo elenco, corredato dalle<br />
biografie, è nel sito web del nostro ente”. (Adnkronos)<br />
D E O N T O L O G I A<br />
Le relazioni<br />
perverse<br />
tra i protagonisti<br />
dell’informazione<br />
di Amelia Beltramini*<br />
Mi occupo di divulgazione scientifica, e in<br />
particolare di medicina (gli altri argomenti,<br />
come psicologia e affini, non interessano<br />
economicamente nessuno), per una testata<br />
interessante per gli uffici stampa perché<br />
vende più di 700 mila copie al mese.<br />
Gli inviti mi giungono prevalentemente da<br />
aziende farmaceutiche, ma anche da cliniche<br />
private e di produttori di tecnologie biomediche.<br />
Gli inviti sono a congressi, convegni,<br />
simposi, inaugurazioni di filiali, presentazione<br />
di “grandi scoperte della medicina” che si<br />
svolgono a volte a Milano (dove è la sede del<br />
giornale) altre a Roma, ma abbastanza spesso,<br />
soprattutto in primavera e autunno, in<br />
località amene, a volte addirittura esotiche,<br />
oppure grandi capitali europee o americane.<br />
Le parti coinvolte nel<br />
viaggio stampa sono<br />
quattro: l’ufficio stampa<br />
dell’azienda ospite; i relatori,<br />
i giornalisti, la testata<br />
che hanno interessi diversi.<br />
Ho provato ad analizzarli.<br />
1. L’ufficio stampa deve<br />
fare gli interessi dell’azienda<br />
che rappresenta,<br />
per la quale quel viaggio<br />
è un’operazione di marketing<br />
pubblicitario. Lo scopo<br />
delle aziende farmaceutiche è avere bilanci<br />
in attivo, non perdere quote di mercato e<br />
pagare i dividendi agli azionisti. L’obbligo quindi<br />
è di risultati, non di mezzi. Non hanno<br />
nessun obbligo di essere obiettivi sottolineando<br />
masochisticamente gli effetti collaterali <strong>dei</strong><br />
farmaci. La loro informazione quindi deve<br />
essere di parte: i relatori saranno scelti in<br />
questa ottica, e i giornalisti ospiti pure saranno<br />
scelti fra coloro che in passato hanno<br />
dimostrato di poter pubblicare la “notizia”<br />
come è stata presentata, meglio senza aggiunte<br />
critiche, su una testata interessante,<br />
tale da garantire ricadute.<br />
Per esperienza, se le mie premesse sono<br />
corrette, gli uffici stampa sanno fare benissimo<br />
il loro lavoro.<br />
2. I relatori, cui viene offerta una munifica<br />
ospitalità e pagata la prestazione professionale,<br />
certo non saranno così ingrati da elencare<br />
i lati negativi di un farmaco, o le lacune<br />
di una tecnica. Inoltre sono costretti ad essere<br />
molto gentili nella speranza che sia finanziata<br />
una loro ricerca o la borsa di studio di<br />
uno specializzando, manna viste le attuali<br />
condizioni di asfissia della ricerca italiana.<br />
3. Noi giornalisti scriviamo (o dovremmo scrivere)<br />
per i nostri lettori. Se la testata è in attivo<br />
è il lettore che ci paga lo stipendio. Se<br />
l’informazione non è fatta bene, nel suo interesse,<br />
cercherà sul mercato qualcosa di più<br />
attendibile: la testata rischia la chiusura e noi<br />
PER SAPERNE DI PIÙ<br />
Marco Bobbio: Giuro di esercitare<br />
la medicina in libertà e indipendenza,<br />
Einaudi <strong>2004</strong><br />
Maurizio Paganelli, Congressi o<br />
vacanze (Salute di Repubblica<br />
20 febbraio 2003 p. 10).<br />
Chi fa la regia della stampa di<br />
settore? (Il Sole 24 Ore sanità 4-<br />
11 novembre 2003 pp. 16-17).<br />
la cassa integrazione. Ideale sarebbe essere<br />
inviati dalla testata a congressi indipendenti<br />
e almeno internazionali. E ricevere in ufficio i<br />
testi delle cartelle stampa (non gli inviti, che<br />
per lo più non aggiungono nulla a eventuali<br />
cartelle stampa fatte bene) per poterle leggere<br />
con calma e in modo critico. Purtroppo ciò<br />
non avviene. Ma forse non sempre ci accorgiamo<br />
di quanto l’ospitalità munifica degli<br />
uffici stampa, la loro cortesia, la loro generosità,<br />
influenza il nostro lavoro. Il Coordinamento<br />
per l’integrità della ricerca biomedica<br />
ha inviato recentemente un questionario a<br />
121 giornalisti medico-scientifici. Hanno<br />
risposto solo uno su tre (32%).<br />
Di questi il 38% riconosce che l’essere ospiti<br />
ha influenzato l’articolo scritto; il 13% che<br />
esiste una relazione tra munificenza dell’ospitalità<br />
e orientamento dell’articolo; il 30%<br />
che ha subito pressioni per la pubblicazione<br />
della notizia al ritorno dal<br />
congresso; il 13% di<br />
basarsi solo sulla documentazione<br />
degli uffici<br />
stampa. Questi non sono<br />
articoli giornalistici, ma<br />
pubblicità occulta.<br />
Quello che emerge è un<br />
giornalista che spesso si<br />
abbassa a fare il divulgatore<br />
passivo, che fa da<br />
megafono degli interessi<br />
di chi lo ospita.<br />
Siamo quindi noi che non<br />
sappiamo fare il nostro<br />
lavoro, non gli uffici stampa. Penso che il<br />
settore farmacologico, che può danneggiare<br />
la salute <strong>dei</strong> lettori, sia il più critico, ma non<br />
penso che un viaggio turistico, o la presentazione<br />
di un prodotto delle tecnologie come<br />
un telefonino o altro abbiano minore influenza<br />
sulla deontologia. Se tutti fossimo più indipendenti<br />
e più critici, gli uffici stampa non<br />
potrebbero scegliere fra giornalisti più o<br />
meno influenzabili. Saremmo tutti altrettanto<br />
indipendenti. Ma soprattutto solo così<br />
potremmo dirci giornalisti.<br />
4. Mi dicono che nelle redazioni i direttori e i<br />
vice direttori usano i viaggi stampa per<br />
premiare la fedeltà <strong>dei</strong> giornalisti alla linea del<br />
direttore. In questo caso chi si vende è non<br />
solo il direttore, ma anche il giornalista che<br />
invece di andare a lavorare duramente in una<br />
trasferta (altrimenti perché ricevere in busta<br />
paga il diritto di trasferta?) va a fare una<br />
pubblicità occulta. Non si tratta di reati punibili<br />
dal codice penale e visto che tutti sono d’accordo<br />
neppure con il codice civile. Ma sicuramente<br />
l’<strong>Ordine</strong> dovrebbe vigilare di più i<br />
rapporti fra uffici stampa e giornalisti, e mettere<br />
delle regole sui viaggi stampa. Cominciamo<br />
ad essere sbeffeggiati su libri e giornali. Si<br />
favoleggia di viaggi di una settimana in località<br />
per pochi ricchi per decantare i supposti<br />
vantaggi di farmaci già rivelatisi una bufala<br />
dalle pubblicazioni scientifiche accreditate.<br />
*Coordinatrice del gruppo “Etica e Informazione”<br />
di qp-Senza Bavaglio<br />
11
RELAZIONE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLE COMUNICAZIONI<br />
Roma, 9 luglio <strong>2004</strong>. I ricavi della Rai sono<br />
in crescita marginale, quelli di Mediaset<br />
aumentano più alla media di mercato, mentre<br />
Sky fa segnare un significativo + 18%, Sono<br />
questi alcuni <strong>dei</strong> dati snocciolati da Enzo Cheli,<br />
presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle<br />
Comunicazioni, nel corso della presentazione<br />
della Relazione annuale sull’attività svolta dalla<br />
cosiddetta “Agcom”. Il Garante, però, ha avuto<br />
anche modo di sottolineare come la concessionaria<br />
pubblica continui ad essere l’impresa televisiva<br />
più rilevante sul mercato, mentre Mediaset<br />
segue con un leggero aumento rispetto<br />
all’anno precedente. Congiuntamente, però, le<br />
due emittenti assorbono il 74,3% <strong>dei</strong> ricavi<br />
complessivi, nonché l’86,5% delle risorse del<br />
mercato pubblicitario. Insomma, ci si trova di<br />
fronte ad un vero e proprio duopolio.<br />
Il bilancio del Garante, che sembra<br />
rispondere a distanza alle considerazioni<br />
di Tesauro <strong>dei</strong> giorni scorsi, è più positivo<br />
nel settore delle telecomunicazioni. L’Italia,<br />
sostiene Cheli, si colloca “da due anni a<br />
questa parte, in una delle posizioni più avanzate<br />
del contesto europeo, sia in termini di<br />
sviluppo che di concorrenzialità”, “dato<br />
questo che viene a trovare conferma, da un<br />
lato, nella costante riduzione delle quote di<br />
mercato dell’operatore dominante, dall’altro,<br />
nel fatto che nel nostro Paese, in pochi anni,<br />
si sono potuti affermare, nella telefonia fissa,<br />
il maggiore secondo operatore europeo, e,<br />
nella telefonia mobile, un terzo operatore<br />
che, nel panorama comunitario, tende a<br />
sopravanzare gli operatori terzi entranti dagli<br />
altri Paesi”.<br />
La relazione si conclude con una richie-<br />
sta alle autorità politiche: “Se crediamo,<br />
infatti, nell’utilità del ruolo assegnato alle<br />
autorità amministrative di garanzia più direttamente<br />
impegnate sul fronte della difesa<br />
<strong>dei</strong> diritti connessi allo sviluppo <strong>dei</strong> processi<br />
economici, occorre mettere questi soggetti<br />
in condizione di funzionare, con mezzi<br />
adeguati alla delicatezza e al rilievo costituzionale<br />
delle funzioni esercitate, nonché al<br />
tasso di indipendenza richiesto a chi è chiamato<br />
ad esercitarle”.<br />
Al duopolio tv l’86,5<br />
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Relazione annuale sull’attività svolta e sui<br />
PREMESSA<br />
1L’anno appena trascorso è stato per il mondo della<br />
comunicazione e dell’informazione un anno cruciale,<br />
che ha fatto registrare, sia a livello europeo che nazionale,<br />
un mutamento profondo nel tessuto delle regole<br />
destinate a guidare i vari settori di questo comparto. A<br />
livello europeo, le novità maggiori sono emerse con l’entrata in<br />
vigore, nel luglio dello scorso anno, delle cinque direttive sulla<br />
“comunicazione elettronica” approvate, a conclusione di un<br />
lungo processo di revisione della preesistente legislazione<br />
comunitaria, dal Parlamento e dal Consiglio europei, direttive<br />
completate da altri atti connessi, quali la direttiva sulla concorrenza<br />
nel mercato delle reti e <strong>dei</strong> servizi e la raccomandazione<br />
sui mercati rilevanti. Come avemmo già modo di accennare<br />
nella Relazione dello scorso anno, questo nuovo quadro regolamentare<br />
ha segnato, per molti aspetti, un vero punto di svolta<br />
rispetto al passato.<br />
Al livello nazionale, le novità più rilevanti sono derivate dal varo<br />
di due leggi organiche (o di sistema), quali il Codice delle<br />
comunicazioni elettroniche approvato con il D.lgs. 1° agosto<br />
2003, n. 259 e la legge 3 maggio <strong>2004</strong>, n. 112 [1], in tema di<br />
riassetto dell’intero sistema radiotelevisivo pubblico e privato.<br />
Attraverso il Codice delle comunicazioni elettroniche sono<br />
state recepite con puntualità le nuove direttive europee e sono<br />
state definite le sfere di competenza del ministero delle Comunicazioni<br />
e dell’Autorità. Attraverso la legge n. 112 del <strong>2004</strong> -<br />
maturata dopo un lungo e contrastato percorso parlamentare -<br />
si è cercato di dare basi nuove all’impianto del sistema radiotelevisivo,<br />
alla luce delle trasformazioni tecnologiche in atto,<br />
anche al fine di offrire una risposta alla giurisprudenza della<br />
Corte costituzionale e agli indirizzi espressi nel messaggio del<br />
Presidente della Repubblica del 22 luglio 2002, in tema di<br />
pluralismo.<br />
In virtù di questo nuovo quadro si può, dunque, dire che,<br />
tanto a livello europeo che nazionale, una stagione si è chiusa<br />
ed un’altra si è appena avviata, i cui sviluppi possibili<br />
restano ancora in gran parte indefiniti, data la varietà e la<br />
complessità <strong>dei</strong> fattori tecnologici, economici e sociali che le<br />
nuove discipline stanno ponendo in gioco. L’Autorità si trova,<br />
di conseguenza, oggi, impegnata, nell’ambito delle sue<br />
competenze, a dare attuazione a questo quadro e ad<br />
adeguare, alla luce delle novità introdotte, le proprie attività<br />
di regolazione e di controllo.<br />
2Ma al di là delle regole, mutamenti consistenti sono<br />
venuti a emergere, nel corso dell’anno, anche sul<br />
piano <strong>dei</strong> processi economici. Sviluppando un percorso<br />
già iniziato nel 2002, il mercato Ict è tornato, infatti,<br />
ad assumere il ruolo di driver della ripresa economica<br />
in quasi tutto il mondo. È vero che la crescita del mercato<br />
mondiale delle telecomunicazioni risulta ancora limitata, nel<br />
2003, al 2,9% (con un volume pari a 915 miliardi di euro), ma<br />
le previsioni per il biennio <strong>2004</strong>-2005 si presentano decisamente<br />
più incoraggianti, con un’attesa di crescita pari al 4,1%<br />
per il <strong>2004</strong> e al 4,8% per il 2005.<br />
Esistono, d’altro canto, a livello mondiale, chiari segnali che<br />
possono indurre ad un ragionevole ottimismo, quali quelli che<br />
si collegano agli sforzi di risanamento compiuti dai principali<br />
operatori telefonici, all’atteggiamento più favorevole <strong>dei</strong> mercati<br />
finanziari, alla dinamicità e innovatività del settore della telefonia<br />
mobile, alla crescita veloce e consistente della banda larga<br />
e delle nuove applicazioni ad essa legate.<br />
Dal canto suo, la Commissione europea ha previsto, per il<br />
<strong>2004</strong>, un tasso di crescita del settore destinato a collocarsi<br />
tra il 3,7% ed il 4,7%, in ragione di un ulteriore sviluppo della<br />
telefonia mobile (anche attraverso l’avvio dell’Umts), di una<br />
crescente diffusione della banda larga, di un incremento<br />
delle linee d’accesso disaggregato alla rete locale. E questo<br />
nonostante talune difficoltà che tuttora permangono nella<br />
telefonia fissa, dove, peraltro, la quota di mercato degli<br />
operatori storici seguita ancora a decrescere a favore degli<br />
operatori alternativi.<br />
Tutto induce, dunque, a ritenere che i mercati in cui si articola<br />
il mondo della comunicazione abbiano ormai imboccato, in<br />
virtù delle spinte indotte dai processi di digitalizzazione in atto,<br />
l’uscita definitiva dal tunnel di quella crisi che, a livello mondiale,<br />
si era aperta, dopo la grande euforia degli anni ‘90, all’inizio<br />
del nuovo secolo.<br />
LE AZIONI SVOLTE DALL’AUTORITÀ<br />
NEL CORSO DELL’ANNO<br />
3Entro questo quadro, segnato da tanti fattori di mutamento,<br />
si collocano gli interventi che l’Autorità, nel<br />
corso dell’anno, ha sviluppato nei settori delle telecomunicazioni,<br />
della radiotelevisione, dell’editoria, delle<br />
nuove tecnologie della comunicazione. Mi limito, in<br />
questa sede, a richiamare soltanto alcune delle decisioni più<br />
rilevanti, rinviando per un quadro più completo al testo esteso<br />
della Relazione annuale.<br />
4Nel settore della telefonia fissa l’attività regolatoria<br />
dell’Autorità è intervenuta sia sul mercato wholesale<br />
(concernente l’interconnessione e l’accesso speciale<br />
alla rete), sia su quello retail (concernente i prezzi<br />
finali, la qualità <strong>dei</strong> servizi e il servizio universale). In<br />
particolare, in questo settore l’Autorità: a) ha introdotto un cap<br />
di salvaguardia per quanto concerne il paniere <strong>dei</strong> servizi a<br />
canone, volto specialmente a garantire la tutela <strong>dei</strong> clienti residenziali;<br />
b) ha stabilito una riduzione media <strong>dei</strong> prezzi dell’offerta<br />
retail per le linee affittate del 5,25%; c) ha approvato il<br />
listino di interconnessione per l’anno <strong>2004</strong>, con una sensibile<br />
riduzione <strong>dei</strong> prezzi di interconnessione rispetto all’anno<br />
precedente; d) ha adeguato il Piano di numerazione nazionale,<br />
tenendo conto in particolare dello sviluppo <strong>dei</strong> servizi più<br />
innovativi. L’Autorità ha anche approvato una direttiva generale<br />
in materia di qualità e carte <strong>dei</strong> servizi di telecomunicazioni,<br />
che gli operatori sono tenuti ad adottare a tutela dell’utenza.<br />
Passando al settore della telefonia mobile, i principali interventi<br />
hanno riguardato: a) l’adozione della disciplina relativa<br />
alle procedure per l’assegnazione di frequenze per il servizio<br />
radiomobile professionale a gestione centralizzata (Public<br />
access mobile radio - Pamr); b) la consultazione pubblica per<br />
il riordino delle frequenze Gsm; c) la promozione della realizzazione<br />
da parte degli operatori di un database unico nazionale<br />
per la gestione di un codice <strong>dei</strong> terminali radiomobili<br />
(Imei), destinato a contenere i fenomeni criminali ai danni<br />
degli utenti.<br />
Ulteriori interventi regolamentari hanno investito la sfera di<br />
Internet, dove l’Autorità ha continuato a dedicare una specifica<br />
attenzione alla disciplina delle attività di sviluppo <strong>dei</strong> servizi di<br />
accesso disaggregato a livello di rete locale. Intensa è stata<br />
anche, in questo periodo, l’azione di vigilanza diretta a verificare<br />
le condizioni di offerta praticate dagli operatori e il rispetto<br />
delle normative di settore. Fra gennaio e dicembre 2003 sono<br />
pervenute all’Autorità alcune migliaia di istanze da parte degli<br />
utenti e delle imprese, con un consistente aumento rispetto<br />
agli anni precedenti.<br />
5Nel settore dell’audiovisivo le principali azioni dell’Autorità<br />
hanno avuto ad oggetto: a) l’integrazione del<br />
Piano cd. di “primo livello” delle frequenze digitali<br />
terrestri ai fini dell’assegnazione di risorse in ambito<br />
provinciale (integrazione che, in aggiunta alle 12 reti<br />
nazionali e 126 regionali, ha individuato 71 bacini provinciali in<br />
grado di consentire la realizzazione di 1.272 reti in ambito locale);<br />
b) la rideterminazione <strong>dei</strong> canoni annui di concessione per<br />
le emittenti relativi al triennio 2003-2005; c) l’individuazione del<br />
limite temporale per i diritti di sfruttamento secondari delle<br />
opere televisive realizzate da produttori indipendenti, lasciando<br />
alla libera contrattazione delle parti la determinazione del<br />
corrispettivo; d) la definizione del regime autorizzativo per i<br />
trasferimenti di proprietà delle società radiotelevisive; e) l’indizione<br />
di una consultazione pubblica finalizzata a stabilire la<br />
disciplina dell’accesso alle reti da parte <strong>dei</strong> fornitori di contenuti,<br />
così da garantire, in presenza di risorse frequenziali insufficienti<br />
a soddisfare tutte le richieste, l’accesso alle radiofrequenze<br />
in condizioni di parità di trattamento. In questo quadro,<br />
particolare rilievo assume il recente completamento dell’analisi<br />
delle posizioni dominanti nel mercato radiotelevisivo, condotto<br />
in attuazione della delibera n. 226/03/Cons del 17 giugno 2003<br />
(già richiamata in occasione della precedente Relazione), che<br />
aveva accertato, per il triennio 1998-2000, il superamento, da<br />
parte delle emittenti Rai e Rti e della concessionaria di pubblicità<br />
Publitalia ‘80, del tetto del 30% fissato per la raccolta delle<br />
risorse economiche dalla legge n. 249 del 1997. Con la delibera<br />
n. 117 del 30 aprile <strong>2004</strong>, l’Autorità ha concluso tale analisi,<br />
confermando anche per il triennio 2001-2003 l’avvenuto sforamento<br />
da parte degli stessi soggetti del limite antitrust indicato<br />
dalla stessa legge n. 249, con Rai e Rti che hanno raccolto,<br />
nel 2003, rispettivamente il 38,1% ed il 31,4% delle risorse.<br />
Essendo, peraltro, dopo tale delibera, mutati i parametri della<br />
disciplina antitrust in conseguenza dell’entrata in vigore della<br />
legge n. 112 del <strong>2004</strong> e degli accertamenti effettuati in ordine<br />
agli sviluppi della tecnologia digitale terrestre ai sensi della<br />
legge n. 43 del <strong>2004</strong>, l’Autorità sta oggi valutando i provvedimenti<br />
da adottare alla luce delle innovazioni legislative introdotte<br />
e <strong>dei</strong> risultati raggiunti nel corso delle precedenti istruttorie.<br />
La decisione relativa a tali provvedimenti è prevista per la<br />
fine del corrente mese di luglio.<br />
6Un altro settore che ha molto impegnato il lavoro<br />
dell’Autorità è stato quello relativo ai controlli sulla par<br />
condicio (come regolata dalla legge n. 28 del 2000), sul<br />
pluralismo dell’informazione (come previsto dalla legge<br />
n. 223 del 1990) e sui sondaggi (come disciplinati dai<br />
vari regolamenti dell’Autorità). Su questo terreno va segnalato<br />
che: a) in materia di par condicio durante le campagne elettorali,<br />
dal 1° aprile 2003 ad oggi sono stati aperti 116 procedimenti<br />
ed adottate 109 delibere, di cui 13 di riequilibrio (11 delle quali<br />
nel periodo maggio-giugno <strong>2004</strong>, relativo all’ultima campagna<br />
elettorale); b) in materia di pluralismo dell’informazione, dopo i<br />
due casi-pilota relativi a trasmissioni della Rai (“Sciuscià<br />
edizione straordinaria”) e di Rti (“TG4” e “Studio Aperto”), già<br />
ricordati nella Relazione dello scorso anno, si è concluso un<br />
ulteriore procedimento relativo ad un esposto dell’Associazione<br />
Lista Pannella nei confronti della trasmissione “Primo<br />
Piano” della Rai. Anche in questo caso, in assenza di specifiche<br />
disposizioni sanzionatorie indicate dalla legge, l’Autorità<br />
ha disposto un richiamo verso l’emittente ai fini del rispetto <strong>dei</strong><br />
principi di correttezza, completezza, imparzialità ed obiettività<br />
dell’informazione indicati nell’art. 1 della legge n. 223 del 1990;<br />
c) in materia di verifica del rispetto della normativa in tema di<br />
sondaggi, l’attività di vigilanza ha riguardato la pubblicazione<br />
sia di risultati di sondaggi demoscopici in materia politico/elettorale<br />
(con l’apertura di 59 procedimenti), sia di risultati attinenti<br />
ad altre tipologie di rilevazioni (con l’apertura di 64 procedimenti).<br />
Da segnalare, come novità significativa che - con i<br />
regolamenti varati, previa consultazione con la Commissione<br />
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza <strong>dei</strong> servizi<br />
radiotelevisivi, in occasione delle recenti campagne elettorali, -<br />
è stato introdotto nei programmi di approfondimento informativo,<br />
pubblici e privati, l’obbligo di garantire la presenza equilibrata<br />
di tutti i soggetti politici che partecipano alle elezioni<br />
“assicurando sempre e comunque un equilibrato contraddittorio”.<br />
Infine, un ulteriore tema emerso per la prima volta nel<br />
corso dell’anno è stato quello della partecipazione di esponenti<br />
politici ai programmi di intrattenimento trasmessi dalla<br />
concessionaria pubblica, in violazione di un atto di indirizzo<br />
emanato dalla Commissione parlamentare di vigilanza nel<br />
marzo 2003, dove si è imposto di limitare tale partecipazione<br />
ai soli casi in cui la particolare competenza e responsabilità<br />
<strong>dei</strong> soggetti invitati sia idonea a giustificarne la presenza. La<br />
prima decisione relativa a tale questione - che ha comportato<br />
un’ampia indagine sulla generalità <strong>dei</strong> programmi di intrattenimento<br />
della Rai - verrà adottata nei prossimi giorni, con riferimento<br />
ai primi sei programmi esaminati. Nel complesso appare,<br />
dunque, confermata l’utilità di una disciplina posta a garanzia<br />
dell’accesso ai media dentro e fuori le campagne elettorali:<br />
disciplina ormai presente in tutte le democrazie più evolute,<br />
fatte salve le opportune modulazioni per adeguare la portata<br />
delle varie norme alle singole circostanze (così come è accaduto<br />
di recente in Italia con la legge n. 313 del 2003, che ha<br />
previsto per l’emittenza locale un’attenuazione della disciplina<br />
generale posta in tema di par condicio).<br />
7In materia di tutela <strong>dei</strong> minori, l’anno 2003 ha visto<br />
consolidarsi i rapporti con il “Comitato televisione e<br />
minori”, insediato presso il ministero delle Comunicazioni<br />
ai fini della verifica del rispetto del “Codice di<br />
autoregolamentazione TV e minori”, varato alla fine<br />
del 2002. L’entrata in vigore della legge n. 112 del <strong>2004</strong> ha,<br />
d’altro canto, rafforzato la tutela preesistente, prevedendo sia<br />
la diretta sanzionabilità delle disposizioni contenute in tale<br />
Codice sia l’aggravamento delle sanzioni che oggi, anche<br />
attraverso la loro necessaria pubblicità, hanno assunto un’ef-<br />
12 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
NEL SETTORE DELLE TELECOMUNICAZIONI C’È PIÙ CONCORRENZA<br />
% della pubblicità<br />
programmi di lavoro. Presentazione del presidente dell’Autorità del 9 luglio <strong>2004</strong><br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
SVILUPPI E TENDENZE<br />
DEI MERCATI ITALIANI<br />
fettiva deterrenza. Nel periodo in esame il Comitato ha<br />
(che fanno registrare oggi sia per l’accesso disaggregato [full<br />
trasmesso all’Autorità 35 segnalazioni che hanno condotto<br />
unbundling] che per l’accesso condiviso [shared access] le<br />
all’approvazione di 8 ingiunzioni e 17 contestazioni, concer-<br />
tariffe più basse su scala europea).<br />
nenti trasmissioni pornografiche o violente o nocive per lo<br />
sviluppo psichico e morale <strong>dei</strong> minori.<br />
8Un altro settore da richiamare è quello della vigilanza<br />
sulla pubblicità, effettuata sia a campionamento che<br />
su segnalazione di soggetti terzi. Su questo piano,<br />
nel periodo aprile 2003 - marzo <strong>2004</strong>, sono stati effettuati<br />
nei confronti delle emittenti nazionali 85 inter-<br />
queste sono state le principali linee di azione<br />
perseguite dall’Autorità, vediamo ora gli<br />
sviluppi e le tendenze che, nel corso dell’anno,<br />
si sono manifestate nei mercati italiani<br />
12Se<br />
legati al mondo della comunicazione. Anche<br />
su questo terreno le novità emerse sono state numerose e<br />
rilevanti. Mi limito solo a ricordare alcuni dati. Nel settore delle<br />
Per questo insieme di fattori, il mercato italiano delle telecomunicazioni<br />
seguita a collocarsi, da due anni a questa parte,<br />
in una delle posizioni più avanzate del contesto europeo, sia<br />
in termini di sviluppo che di concorrenzialità. Dato questo che<br />
viene a trovare conferma, da un lato, nella costante riduzione<br />
delle quote di mercato dell’operatore dominante, dall’altro,<br />
nel fatto che nel nostro Paese, in pochi anni, si sono potuti<br />
affermare, nella telefonia fissa, il maggiore secondo operaventi,<br />
di cui 14 in materia di affollamenti pubblicitari. In 29 casi telecomunicazioni il tasso di crescita del mercato italiano è tore europeo, e, nella telefonia mobile, un terzo operatore<br />
l’Autorità ha provveduto ad applicare le sanzioni previste dalla stato nell’anno pari al 5,2%, molto superiore al tasso riguar- che, nel panorama comunitario, tende a sopravanzare gli<br />
legge n. 223 del 1990, sanzioni che hanno riguardato, in partidante l’intera economia, che è risultato attestato al 3,2%. operatori terzi entranti dagli altri Paesi.<br />
colare, l’inserimento di pubblicità nei cartoni animati, la manca- Siamo oggi in presenza di un mercato che vale ormai quasi Si può, quindi, ritenere che, pur con le lacune che tuttora<br />
ta separazione della pubblicità dal resto <strong>dei</strong> programmi, le 33 miliardi di euro, con la previsione di raggiungere i 35 sussistono e che vanno colmate, la liberalizzazione in Italia<br />
trasmissioni di spot isolati non eccezionali, il superamento del miliardi di euro alla fine del <strong>2004</strong>.<br />
non è più “zoppa” (come è stato anche di recente affermato)<br />
limite massimo di interruzioni pubblicitarie nei film, nonché il Questo sviluppo ha tratto la sua spinta maggiore dal settore [2], ma comincia ormai a camminare bene sulle sue gambe.<br />
superamento del limite stabilito dalla legge per distanziare tra<br />
loro le varie interruzioni. Da segnalare, infine, che l’Autorità ha<br />
concorso, insieme con le forze di Polizia e della Guardia di<br />
Finanza, all’accresciuta azione di contrasto del fenomeno della<br />
pirateria audiovisiva, che ha condotto, nel corso del 2003, ad<br />
un numero rilevante di sequestri di musicassette, videocasset-<br />
<strong>dei</strong> servizi mobili, che, l’anno scorso, ha sfiorato i 57 milioni<br />
di abbonamenti, superando, per la prima volta, i ricavi <strong>dei</strong><br />
servizi di telefonia fissa (16,7 contro 16 miliardi di euro).<br />
Cresce, inoltre, sia nella rete fissa che in quella mobile, l’apporto<br />
della componente dati, che ormai costituisce oltre il<br />
15% <strong>dei</strong> ricavi <strong>dei</strong> servizi di rete fissa ed il 13% <strong>dei</strong> ricavi <strong>dei</strong><br />
al settore televisivo, le dimensioni<br />
del mercato italiano hanno fatto registrare<br />
nell’anno una crescita del 5,9% raggiungendo<br />
quasi 5,9 miliardi di euro. In questa crescita, il<br />
13Passando<br />
ruolo della concessionaria pubblica è apparso<br />
te e apparecchi audiovisivi.<br />
servizi di rete mobile. Intanto gli utenti di Internet sfiorano la marginale, quello di Rti superiore a quello medio di mercato,<br />
9Nel settore radiofonico, l’approvazione del Piano<br />
nazionale di assegnazione delle frequenze per la<br />
radiodiffusione sonora in tecnica digitale nello standard<br />
DAB-T ha aperto nuove possibilità di sviluppo<br />
per molte emittenti radiofoniche che hanno deciso di<br />
soglia <strong>dei</strong> 23 milioni.<br />
Ma altri indici non meno significativi continuano a collocare<br />
l’Italia nelle posizioni migliori del contesto europeo. Questi<br />
indici emergono in particolare: a) nella diffusione <strong>dei</strong> servizi<br />
in carrier preselection, che hanno raggiunto i 3,7 milioni di<br />
abbonati, conseguendo uno <strong>dei</strong> livelli più alti in Europa; b)<br />
mentre i ricavi della televisione a pagamento hanno fatto<br />
registrare una decisa accelerazione, con un incremento<br />
superiore al 18%, anche se la pubblicità resta la componente<br />
prevalente tra le fonti di finanziamento del settore (57,3%).<br />
Il canone continua, invece, il suo declino, rappresentando<br />
ormai meno di un quarto delle risorse del sistema.<br />
investire sull’innovazione tecnologica. Non avendo il legislato- nella utilizzazione della portabilità del numero che, in appena Per quanto riguarda le quote del mercato televisivo, la<br />
re, peraltro, fissato, in questo settore, una data certa di turn off, due anni dalla sua introduzione, registra già la presenza di concessionaria pubblica continua ad essere l’impresa più<br />
il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale resta, 2,2 milioni di utenti; c) nello sviluppo dell’accesso disaggre- rilevante, mentre Mediaset segue con un leggero aumento<br />
in gran parte, legato alle iniziative degli operatori più interessagato alla rete locale (unbundling del local loop), che, ancor- rispetto all’anno precedente. Congiuntamente le due emitti<br />
alla prospettiva di uno sviluppo di questo mezzo come piatché limitato, fa emergere un tasso di crescita più veloce di tenti assorbono il 74,3% <strong>dei</strong> ricavi complessivi, nonché<br />
taforma interattiva. Su questo piano l’Autorità è chiamata ora quello riscontrabile negli altri paesi europei; d) nell’avvio <strong>dei</strong> l’86,5% delle risorse del mercato pubblicitario. L’assetto del<br />
ad adottare un regolamento diretto a garantire il principio del servizi di telefonia mobile di terza generazione (Umts), che, sistema radiotelevisivo appare, dunque, ancora fortemente<br />
pluralismo attraverso un equilibrato rapporto tra diffusione pur in presenza di un solo operatore già pienamente attivo concentrato, anche se tendono a manifestarsi, con sempre<br />
nazionale e locale.<br />
(gli altri, in fase di avvio, porteranno a regime la loro attività maggiore evidenza, segnali che rivelano l’avvio di un nuovo<br />
segnalare anche che, nel corso degli ultimi<br />
mesi, l’Autorità si è impegnata a promuovere,<br />
d’intesa con il ministero delle Comunicazioni e<br />
con il dipartimento della Protezione civile, la<br />
10Da<br />
realizzazione di un circuito nazionale dell’infor-<br />
entro la fine del corrente anno), ha ormai raggiunto i cinquecentomila<br />
abbonati.<br />
Ma sul piano dell’innovazione tecnologica il dato più significativo<br />
resta ancora quello della diffusione degli accessi a<br />
banda larga che, nel marzo <strong>2004</strong>, hanno toccato in Italia la<br />
soglia di 3,4 milioni di utenze, segnando anche in questo<br />
ciclo espansivo basato su tecnologie alternative alla televisione<br />
analogica.<br />
Negli ultimi dodici mesi si sono, infatti, moltiplicati in Italia<br />
(come, del resto, in gran parte d’Europa) i segni della rapida<br />
trasformazione che sta investendo il mercato televisivo quale<br />
si era consolidato dopo l’avvento delle emittenti commerciali.<br />
mazione d’emergenza. Il progetto, ormai definito, coinvolge la caso il tasso di crescita più elevato in Europa. Intanto, Il principale fattore di novità è dato, su questo piano, dalla<br />
concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, le imprese sempre sul terreno dell’innovazione, prosegue la diffusione nascita e dal rafforzamento di iniziative che utilizzano, nei<br />
televisive e radiofoniche private nazionali e locali e gli operato- <strong>dei</strong> servizi wi-fi e comincia ad affermarsi la telefonia su proto- diversi sistemi di trasmissione (terrestre, cavo, satellitare), la<br />
ri della telefonia mobile. Obiettivo del progetto è l’attivazione di collo Internet (cd. VoIP). In parallelo con la crescita nell’offer- tecnologia digitale. In Italia questa tecnologia aveva fatto la<br />
un nuovo strumento di informazione per i cittadini nell’ambito ta servizi - e in particolare <strong>dei</strong> servizi legati alle nuove tecno- sua comparsa nel 1996, con trasmissioni satellitari usate<br />
delle iniziative di prevenzione e contrasto delle situazioni logie - si è ulteriormente sviluppato un processo costante di come complemento dell’offerta analogica terrestre di servizi<br />
d’emergenza.<br />
discesa <strong>dei</strong> prezzi. Come già si segnalava lo scorso anno, il pay, ma non aveva avuto mai uno sviluppo adeguato. Tale<br />
quanto riguarda, infine, il settore dell’editoria,<br />
a tre anni di distanza dalla legge n. 62 del<br />
2001, si manifesta, in generale, l’esigenza di un<br />
nuovo intervento organico diretto, in particolare,<br />
11Per<br />
ad aggiornare la disciplina della rete distributiva,<br />
comparto delle telecomunicazioni resta il solo, tra quelli di<br />
pubblica utilità, che, in presenza di sensibili, diffusi aumenti<br />
nel prezzo <strong>dei</strong> servizi, ha seguitato a far registrare, dal 1998<br />
ad oggi, un calo costante, complessivamente quantificabile<br />
in circa il 46% nei prezzi all’ingrosso e in circa il 10% nei<br />
prezzi al consumo, con una incidenza significativa sul conte-<br />
situazione è però mutata nell’estate del 2003, quando Sky, il<br />
più grande operatore pay del mondo, ha fatto il suo ingresso<br />
sul mercato italiano. Sky agisce oggi, come sappiamo, in<br />
condizioni di monopolio nell’ambito delle trasmissioni satellitari<br />
dopo aver acquisito gli impianti <strong>dei</strong> due operatori preesistenti<br />
e dopo aver ottenuto dalla Commissione UE una dero-<br />
delle agevolazioni, dell’editoria elettronica. L’avvio di un mercanimento dell’indice generale di inflazione. Questi risultati ga alla disciplina antitrust sulla base dell’impegno a rispettato<br />
per la diffusione <strong>dei</strong> contenuti nella televisione digitale terre- vengono a dimostrare il successo di una liberalizzazione in re una serie di obblighi procompetitivi, sulla cui osservanza è<br />
stre offre, d’altro canto, nuove opportunità agli editori che inten- gran parte compiuta, così come è stato rilevato negli ultimi ora chiamata a vigilare questa Autorità.<br />
dano utilizzare la propria posizione di detentori di contenuti, tre rapporti annuali della Commissione europea in tema di Non solo. A partire dal dicembre 2003, sotto la spinta di una<br />
vera risorsa scarsa della nuova realtà multicanale. Su questo implementazione del quadro normativo attinente al settore scelta legislativa diretta a superare il limite temporale fissato,<br />
terreno risulta, dunque, ben giustificata la riserva temporale delle comunicazioni elettroniche (di cui il più recente, il IX, per le risorse frequenziali della televisione analogica, dalla<br />
(fino al 2010) tracciata, dall’art. 15 della legge n. 112, a favore risale al novembre scorso), nonché nel rapporto pubblicato sentenza n. 466 del 2002 della Corte costituzionale, è inizia-<br />
delle imprese editoriali. Sempre con riferimento all’editoria va poche settimane fa, con riferimento allo stesso settore, da ta anche la costruzione delle reti digitali terrestri, oggi distri-<br />
anche richiamata l’attività svolta dall’Autorità ai fini del control- un osservatore qualificato quale l’Ecta (European competitibuite fra quattro diversi operatori. Attualmente sono già in<br />
lo sul rispetto delle norme che vincolano gli enti pubblici e le ve telecommunications association), che colloca l’Italia ai funzione cinque multiplex (di cui due gestiti dalla concessio-<br />
pubbliche amministrazioni a destinare a quotidiani e periodici primi posti nella graduatoria <strong>dei</strong> paesi dove più efficace è naria pubblica), ciascuno <strong>dei</strong> quali è capace di un’offerta, non<br />
una quota non inferiore al 50% delle spese relative alla pubbli- stata la regolamentazione.<br />
ancora satura, di cinque o sei programmi.<br />
cità, comunicandone l’ammontare all’Autorità.<br />
È indubbio, infatti, che la spiegazione di tali risultati - come Si aggiunga che dal 2001 sulla rete di Fastweb è disponibi-<br />
Nel corso del 2003 è stata avviata, con la collaborazione del gli stessi rapporti segnalano - vada in primo luogo cercata le un’offerta che assembla sia i programmi televisivi nazio-<br />
Nucleo speciale della Guardia di Finanza, un’ampia verifica nella completezza, nella tempestività e nella buona qualità nali, sia una selezione di programmi <strong>dei</strong> pacchetti pay, sia,<br />
sull’adempimento di questo obbligo. Al contempo, grazie alla delle regole poste dal nostro Paese, specialmente in taluni infine, programmi forniti su richiesta, mentre, a partire dal<br />
disponibilità della Fieg e di molti editori ad essa associati, l’Au- settori essenziali ai fini della competizione, quali quelli corrente anno, Telecom Italia ha, a sua volta, avviato, su<br />
torità ha avviato una campagna di informazione intesa a dell’accesso disaggregato alla rete locale, dell’offerta whole- una propria rete DSL, un’offerta sperimentale a richiesta<br />
promuovere la conoscenza di tale obbligo e le modalità per il sale per le linee affittate, della parità di trattamento interna- individuale di programmi televisivi. Sulle reti mobili, infine,<br />
suo assolvimento.<br />
esterna nella telefonia fissa, <strong>dei</strong> livelli delle tariffe di accesso oltre alla possibilità di accedere a sequenze di immagini<br />
13
RELAZIONE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLE COMUICAZIONI<br />
Al duopolio tv<br />
l’86,5%<br />
della pubblicità<br />
ALCUNI INDIRIZZI<br />
PER LE AZIONI FUTURE<br />
con standard Gsm, è già disponibile l’offerta di programmi<br />
completi mediante lo standard Umts. Questa è la situazione,<br />
in gran parte inedita, che l’Autorità si è trovata ad affrontare<br />
quando, in adempimento del mandato ricevuto con la<br />
legge n. 43 del <strong>2004</strong>, ha dovuto valutare la complessiva<br />
offerta <strong>dei</strong> programmi televisivi digitali terrestri, allo scopo<br />
di accertare la quota di popolazione coperta dalle nuove<br />
reti, la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi<br />
accessibili, l’effettiva offerta al pubblico su tali reti di<br />
riferimento al sistema complessivo della<br />
comunicazione e dell’informazione, siamo, quindi,<br />
in presenza, in Italia, di un quadro dove molti<br />
sono i fattori di movimento e innovazione, ma<br />
15Con<br />
dove permangono anche forti squilibri e resistenti<br />
programmi originali.<br />
zone d’ombra. Da qui l’esigenza di mettere a punto, sul piano<br />
L’accertamento compiuto dall’Autorità - che, come voluto della regolazione e della vigilanza, una strategia di intervento<br />
dalla legge, ha tenuto conto anche delle tendenze in atto sul adeguata alla nuova realtà che, sul piano tecnologico ed econo-<br />
mercato - si è concluso positivamente rispetto alla presenza mico, si va delineando, anche alla luce delle nuove regole, nel<br />
delle tre condizioni indicate, ma ha condotto anche a far contesto <strong>dei</strong> processi di digitalizzazione in atto. Questa strategia -<br />
emergere vari aspetti problematici relativi sia all’effettiva frui- come già si accennava lo scorso anno - dovrebbe, a nostro avvibilità<br />
della nuova tecnologia che all’attuale quadro di distribuso, poggiare almeno su due perni. Un primo perno orientato a<br />
zione delle risorse. Su questo piano, a conclusione del suo favorire al massimo - sulla scorta delle nuove direttive sulle comu-<br />
accertamento, l’Autorità ha dovuto notare che “se la strozzanicazioni elettroniche - l’“europeizzazione” delle regole e delle<br />
tura relativa all’utilizzo <strong>dei</strong> mezzi televisivi è superabile alla procedure di controllo incidenti sul mondo delle telecomunicazio-<br />
luce <strong>dei</strong> nuovi sviluppi nel campo della televisione digitale, ni e dell’audiovisivo, oltre che sulle nuove tecnologie convergenti.<br />
ciò non implica automaticamente una più equilibrata distribu- Attraverso l’“europeizzazione” delle regole si possono, infatti,<br />
zione delle risorse nel settore <strong>dei</strong> mezzi di comunicazione di contenere i differenziali nazionali ed estendere progressivamente<br />
massa, e in particolare per quanto riguarda la disponibilità quegli standard che già esistono nello spazio europeo non solo<br />
<strong>dei</strong> mezzi tecnici e delle piattaforme e la raccolta delle risor- in tema di concorrenza, ma anche di pluralismo: obiettivo che<br />
se economiche”. Da qui la conclusione che - nonostante lo potrebbe essere innanzitutto perseguito, tenendo anche conto<br />
sviluppo rapido e promettente delle tecnologie alternative del quadro tracciato dalla nuova Costituzione europea, attraver-<br />
all’analogico terrestre cui oggi assistiamo - restano “di piena so un ampliamento <strong>dei</strong> contenuti della direttiva n. 89/552/CEE<br />
attualità i problemi della garanzia dell’accesso alle reti e della cd. “Televisione senza frontiere”.<br />
distribuzione delle risorse economiche per consentire un Un secondo perno andrebbe, invece, orientato ad incentivare al<br />
equilibrato sviluppo del sistema anche con l’ingresso di nuovi massimo i percorsi di sviluppo delle tecnologie della comunica-<br />
soggetti”.<br />
zione legate alla convergenza. Questo sviluppo rappresenta,<br />
Partendo dalla constatazione di questa realtà, l’Autorità è infatti, l’elemento che più può favorire la fusione tra le regole del<br />
oggi sul punto di avviare le analisi richieste dall’art. 14, 2° mercato (proprie del settore delle telecomunicazioni) e quelle del<br />
comma, della legge n. 112 del <strong>2004</strong>, con riferimento al servizio pubblico (proprie del settore dell’audiovisivo) stimolando,<br />
complesso <strong>dei</strong> parametri da tali norme indicati (ricavi, livello di conseguenza, uno scambio virtuoso tra i vari comparti della<br />
di concorrenza, barriere all’ingresso, efficienza economica comunicazione e dell’informazione, così da rendere più agevole,<br />
delle imprese, indici quantitativi di diffusione <strong>dei</strong> programmi), nei diversi contesti, la ricerca del giusto punto di equilibrio tra<br />
al fine di definire, anche alla luce <strong>dei</strong> risultati già raggiunti concorrenza e pluralismo.<br />
nelle precedenti istruttorie sulle posizioni dominanti, le misu- Questa è la prospettiva entro cui l’Autorità si appresta ad affronre<br />
da adottare, ai sensi dell’art. 2, 7° comma, della legge n. tare gli appuntamenti che l’attendono nel futuro prossimo e che<br />
249, nei singoli mercati che compongono il sistema integrato riguardano, in particolare, nel settore delle comunicazioni elettro-<br />
delle comunicazioni. Contestualmente altre istruttorie saranniche, l’analisi <strong>dei</strong> diciotto mercati rilevanti indicati dalla Commisno<br />
avviate per le verifiche di cui all’art. 15, 2° comma, e sione europea ai fini della individuazione delle posizioni domi-<br />
all’art. 25, 8° comma, della legge n. 112, in ordine ai limiti di nanti e <strong>dei</strong> possibili correttivi da apportare (cd. remedies); nel<br />
raccolta delle risorse nel sistema integrato delle comunica- settore radiotelevisivo, l’attivazione delle nuove, numerose<br />
zioni e al numero di programmi consentiti ai singoli soggetti. competenze che la legge n. 112 assegna all’Autorità e che investono,<br />
in particolare, il programma di attuazione del Piano di<br />
quanto concerne, infine, il settore dell’editoria<br />
quotidiana, nell’anno 2003, secondo i<br />
primi dati a disposizione, il mercato italiano ha<br />
mostrato segnali incoraggianti di inversione di<br />
14Per<br />
tendenza rispetto ai trend negativi degli anni<br />
assegnazione delle frequenze in tecnica digitale; la verifica del<br />
cd. “sistema integrato delle comunicazioni”, ai fini del controllo<br />
delle posizioni dominanti nel nuovo ambiente digitale; la vigilanza<br />
sul rispetto degli obblighi del servizio pubblico, ivi compresa la<br />
separazione contabile tra le attività di servizio e quelle di natura<br />
passati. In particolare, si è arrestato il preoccupante calo commerciale; il concorso alla redazione, d’intesa con il ministero,<br />
della diffusione <strong>dei</strong> giornali, il cui dato registra, per la prima del nuovo codice della radiotelevisione. Nella stessa prospettiva<br />
volta negli ultimi anni, un sia pur debole segnale di crescita. andranno anche ricercate le soluzioni relative a taluni problemi<br />
Resta, però, difficile la situazione sotto il profilo <strong>dei</strong> ricavi caratterizzati da particolare urgenza, quali quelli inerenti la rego-<br />
pubblicitari, la cui diminuzione è stata, peraltro, compensata lazione <strong>dei</strong> rapporti tra proprietari di reti e fornitori di contenuti, cui<br />
attraverso l’aumento <strong>dei</strong> ricavi da vendita di copie e soprat- si collega la decisione delle controversie promosse da e.BisMetutto<br />
<strong>dei</strong> ricavi derivanti da altre attività editoriali. Si conferdia e Gioco Calcio contro Sky (e dove assume una particolare<br />
ma, quindi, la permanenza di un fenomeno di drenaggio di valenza la disciplina sul “diritto di accesso” alle reti e ai contenuti,<br />
risorse pubblicitarie da parte del mezzo televisivo.<br />
che l’Autorità si appresta ad adottare).<br />
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
rilevando che questa è la sesta e<br />
ultima Relazione annuale che questo Consiglio<br />
viene a presentare al Parlamento e al<br />
Governo. Se volgiamo lo sguardo al passato,<br />
16Concludo<br />
al percorso compiuto in questi sei anni di attività,<br />
non possiamo non constatare l’intensità e l’ampiezza<br />
del lavoro svolto, spesso in condizioni di vera emergenza.<br />
Diciamo questo con una punta di orgoglio - che, spero, ci<br />
verrà perdonata - senza dimenticare le critiche che spesso<br />
ci sono state rivolte e che abbiamo sempre accolto con<br />
molta umiltà, anche quando, ignorando i compiti naturali di<br />
un organo di garanzia, la nostra azione veniva descritta<br />
come gravata da un eccesso di prudenza e mediazioni, nel<br />
tentativo evidente di trascinarla dentro il vivo della contesa<br />
politica.<br />
In realtà, le attività che, in questi anni, abbiamo svolto e le decisioni<br />
che abbiamo adottato, in condizioni di assoluta indipendenza,<br />
riassumono la storia di un percorso che abbiamo<br />
sempre cercato di sviluppare con imparzialità in direzione del<br />
perseguimento di obiettivi che la legge ha indicato in funzione<br />
della garanzia <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> cittadini e non certo della supplenza<br />
del potere politico.<br />
Questa occasione è, dunque, propizia per rivolgere un pensiero<br />
grato a quanti, in questi anni, ci hanno accompagnato in<br />
questo percorso: al personale che, sotto la guida del Segretario<br />
generale, ha dato il meglio delle proprie energie; agli organi<br />
di supporto, quali il Nucleo speciale della Guardia di Finanza<br />
ed il Corpo di Polizia postale e delle comunicazioni, che non<br />
hanno mai fatto mancare il loro prezioso sostegno; agli organi<br />
funzionalmente connessi, quali il Consiglio nazionale degli<br />
utenti (che, di recente, dopo aver svolto un proficuo lavoro, si è<br />
rinnovato) ed i Comitati regionali per le comunicazioni (che,<br />
nell’ambito dell’accordo-quadro stipulato nel 2003, hanno<br />
completato il loro assetto strutturale ed avviato l’esercizio<br />
sperimentale delle prime cinque deleghe); agli organi interni di<br />
garanzia, quali il Comitato etico, la Commissione di garanzia<br />
ed il Servizio del controllo interno, che ci hanno assistito con<br />
grande autorevolezza.<br />
Ma i risultati raggiunti in questi anni sono anche dovuti al clima<br />
di leale ed efficace collaborazione che l’Autorità ha potuto<br />
stabilire con i soggetti esterni più direttamente collegati al<br />
nostro lavoro: con il ministero delle Comunicazioni (con cui è<br />
stato da poco rinnovato l’originario accordo di collaborazione);<br />
con la Commissione parlamentare di vigilanza sul servizio<br />
pubblico radiotelevisivo; con il Comitato televisione e minori;<br />
con le altre autorità amministrative indipendenti e, in particolare,<br />
con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (con<br />
cui è stato sottoscritto di recente un primo accordo di collaborazione)<br />
e con il Garante per la protezione <strong>dei</strong> dati personali;<br />
con gli uffici dell’Unione europea competenti per il settore delle<br />
comunicazioni e della concorrenza; con la Regione Campania<br />
ed il Comune di Napoli; con la Fondazione Ugo Bordoni; con<br />
le varie Università che hanno attivato, d’intesa con l’Autorità,<br />
programmi di ricerca e formazione. Anche a tutti questi soggetti<br />
va la nostra riconoscenza per il sostegno ricevuto. Resta un<br />
problema che abbiamo più volte segnalato al Parlamento e al<br />
Governo e che, avviandoci verso la conclusione del nostro<br />
mandato, sentiamo il dovere di richiamare. Il problema è quello<br />
del crescente divario tra funzioni e risorse, un divario che<br />
tende sempre più a condizionare la vita di questa Autorità. Il<br />
fatto è che, nel corso degli ultimi anni, in conseguenza di varie<br />
leggi che si sono succedute nel tempo (e, adesso, in particolare,<br />
in conseguenza dell’entrata in vigore del Codice delle<br />
comunicazioni elettroniche e della legge n. 112 del <strong>2004</strong>), i<br />
compiti assegnati all’Autorità sono cresciuti fino, quasi, a<br />
raddoppiare; di contro, le risorse assegnate attraverso il contributo<br />
statale, anziché aumentare, sono progressivamente diminuite<br />
fino a toccare, con l’ultima legge finanziaria, una riduzione<br />
di circa il 12%.<br />
Siamo ben consapevoli delle ragioni che stanno alla base della<br />
politica di contenimento della spesa pubblica, ma la situazione<br />
che si va oggi creando rischia di alterare irreversibilmente l’assetto<br />
e il ruolo di questa Autorità, impedendo, da un lato, di<br />
portare a regime l’impianto organizzativo già definito dalla<br />
legge, dall’altro, di sviluppare funzioni essenziali, come quelle<br />
concernenti il monitoraggio televisivo e il decentramento delle<br />
attività attraverso i Corecom. Per avere un dato di riferimento<br />
su questo divario, che va crescendo, basti solo considerare<br />
Note<br />
[1] Si tratta della cosiddetta “legge Gasparri” di riforma del<br />
settore televisivo; [2] Il riferimento è al recente saggio <strong>dei</strong><br />
professori Frova e Pontarollo “La liberalizzazione zoppa”, nel<br />
quale si criticano i risultati raggiunti in Italia in termini di concorrenzialità<br />
del mercato della telefonia fissa.<br />
Marziale: “Dal 10 settembre<br />
è legge Codice Tv e Minori”<br />
Milano, 2 settembre <strong>2004</strong>. “È indispensabile<br />
che Fedele Confalonieri, presidente di<br />
Mediaset, e Flavio Cattaneo, direttore<br />
generale della Rai, consegnino ai partecipanti<br />
<strong>dei</strong> reality show una copia del Codice<br />
Gasparri per l’autoregolamentazione<br />
Tv e Minori, la cui lettura e comprensione<br />
si rende indispensabile visto e<br />
considerato che la vera novità dell’imminente<br />
stagione televisiva è costituita dal<br />
passaggio di osservanza del Codice per<br />
patto ad osservanza per legge, essendo<br />
stato lo strumento recepito dall’articolo 10<br />
della legge per il riassetto del sistema<br />
radiotelevisivo”. A pronunciarsi è Antonio<br />
Marziale, presidente dell’Osservatorio sui<br />
Diritti <strong>dei</strong> Minori, che alla vigilia della<br />
messa in onda di una vera e propria fiera<br />
del reality ritiene: “indispensabile la presa<br />
d’atto del Codice da parte di personaggi<br />
che entreranno nelle nostre case in piena<br />
fascia protetta”.<br />
“Il reality show - sottolinea Marziale - è il<br />
genere televisivo più sanzionato dal Comitato<br />
ministeriale Tv e Minori per violazione<br />
della privacy, voyeurismo, esibizione di<br />
cose intime, spettacolarizzazione e banalizzazione.<br />
Se i reality in divenire celano le<br />
solite sorpresine ad effetto, sul fronte del<br />
contenimento si registra un potenziamento<br />
delle misure di contrasto”.<br />
“Il combinato disposto della legislazione<br />
vigente in materia di tutela <strong>dei</strong> minori - spiega<br />
il presidente dell’Osservatorio - consente<br />
all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,<br />
in caso di programmi che possano<br />
nuocere allo sviluppo psichico o morale<br />
<strong>dei</strong> minori o che contengano scene di<br />
violenza gratuita o pornografiche, di irrogare<br />
direttamente sanzioni pecuniarie che<br />
vanno da 5mila a 250mila euro con, in caso<br />
di grave e reiterata violazione, la sospensione<br />
o la revoca della licenza o dell’autorizzazione.<br />
Per molti reality show, già passati al vaglio<br />
del Comitato presieduto da Emilio Rossi,<br />
eventuali sanzioni costituirebbero una recidiva,<br />
dunque - conclude Marziale - la<br />
produzione potrebbe ritrovarsi a fare i conti<br />
con la revoca della licenza, misura per l’ottenimento<br />
della quale ci batteremo, se<br />
costretti, in ogni sede”.<br />
(ITALPRESS)<br />
che, nel Regno Unito, l’Ofcom (Office of communications) -<br />
che ha assunto di recente le caratteristiche di autorità della<br />
convergenza con compiti largamente comparabili con quelli<br />
propri della nostra Autorità - può disporre di una dotazione di<br />
personale di ben quattro volte superiore alla nostra. La scelta<br />
operata dal legislatore inglese non pecca, d’altro canto, per<br />
eccesso, dal momento che viene a trovare la sua spiegazione<br />
nel fatto che l’equilibrata distribuzione delle risorse economiche<br />
e tecnologiche tra i vari operatori della comunicazione e i<br />
vari media rappresenta una delle chiavi di volta di quella<br />
competizione, sia economica che politica, su cui si fondano le<br />
democrazie moderne.<br />
Questa è la premessa che ha giustificato, non solo in Italia, la<br />
nascita di autorità indipendenti chiamate ad arbitrare i processi<br />
relativi alla distribuzione di tali risorse, destinate a condizionare<br />
gli assetti reali del mondo della comunicazione e<br />
dell’informazione. La posta in gioco è, dunque, alta e tale da<br />
richiedere una considerazione attenta da parte di tutti. Se<br />
crediamo, infatti, nell’utilità del ruolo assegnato alle autorità<br />
amministrative di garanzia più direttamente impegnate sul fronte<br />
della difesa <strong>dei</strong> diritti connessi allo sviluppo <strong>dei</strong> processi<br />
economici, occorre mettere questi soggetti in condizione di<br />
funzionare, con mezzi adeguati alla delicatezza e al rilievo<br />
costituzionale delle funzioni esercitate, nonché al tasso di indipendenza<br />
richiesto a chi è chiamato ad esercitarle. Questa è<br />
la riflessione che, verso la conclusione del nostro mandato,<br />
vorremmo affidare agli organi politici cui questa Relazione è<br />
diretta, anche nella prospettiva dell’annunciata riforma del<br />
sistema delle autorità indipendenti. Una riforma che, a nostro<br />
avviso, dovrebbe in ogni caso tener presente la buona riuscita<br />
ottenuta da questo inedito modello di “Autorità della convergenza”<br />
che, con una certa lungimiranza, fu introdotto in Italia<br />
dalla legge n. 249 del 1997: un modello che oggi molti paesi<br />
europei stanno già applicando o si accingono ad adottare<br />
sull’esempio italiano, nella convinzione che esso possa, più di<br />
altri, garantire e incentivare quel giusto bilanciamento tra<br />
concorrenza e pluralismo, cui il mondo della comunicazione e<br />
dell’informazione, per ben funzionare, dovrebbe costantemente<br />
ispirarsi.<br />
Roma, 9 luglio <strong>2004</strong><br />
14 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
Sono trascorse<br />
poche settimane<br />
dalla fine<br />
del primo corso<br />
di aggiornamento<br />
per freelance,<br />
voluto dall’<strong>Ordine</strong><br />
nazionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti<br />
e tenutosi<br />
a Milano presso<br />
l’Istituto<br />
per la Formazione<br />
al Giornalismo<br />
“Carlo de Martino”<br />
Un successo all’Ifg il corso<br />
di aggiornamento per freelance<br />
Siamo noi i protagonisti del primo corso di aggiornamento<br />
professionale per freelance voluto dall’<strong>Ordine</strong> nazionale, e<br />
organizzato dall’Istituto per la Formazione al Giornalismo<br />
“Carlo De Martino” di Milano, e che si è concluso il 30<br />
giugno scorso.<br />
Un progetto-pilota che ha coinvolto giornalisti provenienti<br />
da tutta Italia: in questo modo abbiamo colto l’occasione<br />
per approfondire la normativa che ci riguarda (il rapporto<br />
tra etica, informazione e deontologia e gli aspetti fiscali per<br />
l’attività autonoma), senza trascurare le tecniche pratiche<br />
più avanzate attraverso Internet, i pacchetti applicativi e,<br />
non ultimo, il programma di impaginazione Quark XPress.<br />
“Un utile confronto, così definirei in estrema<br />
sintesi questo corso per freelance, senza<br />
scindere dall’aspetto didattico quello umano.<br />
Trattandosi di un ‘numero zero’, ha naturalmente<br />
manifestato <strong>dei</strong> limiti, com’era prevedibile.<br />
Complessivamente per quanto mi riguarda<br />
ho tratto giovamento dalla frequentazione<br />
completa delle sette settimane. I freelance<br />
soffrono in qualche modo di un isolamento<br />
forzato, quindi il fatto stesso di poter vedere e<br />
conoscere le realtà in cui vivono ed operano i<br />
propri colleghi permette di acquisire apertura<br />
mentale e ricevere incoraggiamento, laddove<br />
se ne senta l’esigenza. Dal un punto di vista<br />
puramente didattico un’esigenza e un suggerimento:<br />
sarebbe opportuna qualche esercitazione<br />
in piú”.<br />
Roberta Barcella<br />
“Una panoramica chiara ed esaustiva sulla<br />
situazione <strong>dei</strong> giornalisti liberi professionisti:<br />
questo l’esito maggiormente condivisibile del<br />
corso. Ma, orari e giorni scelti sono stati, pur<br />
essendo corretti per una iniziativa nazionale,<br />
difficili da rispettare per chi vuole aggiornarsi<br />
svolgendo le varie collaborazioni professionali<br />
da cui non può, ovviamente, prescindere.<br />
Mai. Di fronte ai docenti del corso e alle lezioni<br />
ho ripensato alla mia ventennale attività<br />
professionale con tutte le tensioni e le problematiche<br />
retributive e contributive e mi sono<br />
ripromesso di fare delle scelte di campo. Mi<br />
ha incuriosito molto la proposizione di riflessioni<br />
su di un nuovo campo aperto della<br />
professione giornalistica, l'e-learning per<br />
essere precisi, perché gli informatori possono<br />
essere anche formatori o insegnanti veri e<br />
propri. Nella mia esperienza debbo confermare<br />
che in molti casi mi sono trovato a svolgere<br />
compiti diversi e non l'ho ritenuta cosa "altra"<br />
dal mio essere giornalista”.<br />
Claudio Consonni<br />
“L’entusiasmo, l’impegno , la costanza sono<br />
stati sempre alti nel corso delle 6 settimane di<br />
lezioni full-time, che mi hanno permesso di<br />
apprendere e approfondire in una nuova veste<br />
questa figura professionale. Essere freelance è<br />
un privilegio acquisito. Ci è stato trasmesso un<br />
ricco patrimonio di informazioni, un potenziale<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Forse troppo poche per riflettere e riorganizzare le idee. Ma<br />
una cosa è certa: già sentiamo la mancanza dell’atmosfera<br />
cordiale che si era formata nella sede di via Filzi.<br />
Per chi non è più un ragazzino, ritornare sui banchi di scuola,<br />
sottomesso alla gentile pressione educativa <strong>dei</strong> docenti, è<br />
stato come un ritorno a casa, alle abitudine quotidiane.<br />
Un richiamo ad un momento di revisione di se stessi e delle<br />
proprie conoscenze, un atto libero di partecipazione alla<br />
propria formazione.<br />
E liberi siamo noi, i giornalisti freelance, ora più che in<br />
passato, chiamati a formare e difendere la nostra<br />
indipendenza al di fuori delle redazioni e, ancor più, al di fuori<br />
<strong>dei</strong> normali schemi di lavoro. In un contesto educativo<br />
nazionale, talvolta carente di strutture e mezzi specificamente<br />
dedicati, i freelance hanno percepito un significativo spirito<br />
d’interesse nei loro confronti da parte dell’<strong>Ordine</strong> nazionale.<br />
Siamo rimasti felicemente coinvolti dall’avventura scolastica<br />
all’Ifg “De Martino”, e siamo consapevoli di essere stati<br />
fortunati a poter respirare e vivere il clima di questa storica<br />
istituzione, che tanto si è prodigata, in prima linea e senza<br />
riserve, per fornirci tutti gli strumenti di cui avevamo bisogno.<br />
Prescindendo dal puro quadro formativo, a partire proprio dal<br />
direttore, Gigi Speroni, e a seguire dai docenti e da tutto<br />
l’organico, abbiamo avuto la sensazione di far parte di un<br />
progetto “tutto per noi”, e ogni sforzo è stato compiuto perché<br />
percepissimo la presenza di un impegno nel quale eravamo<br />
presenze attive.<br />
Questa lettera vuole testimoniare un sentito ringraziamento<br />
per tutto ciò che è stato e che non dimenticheremo mai.<br />
Prezioso è il contributo che questa iniziativa dal carattere<br />
sperimentale offrirà alle future sessioni di lavoro, che auspichiamo<br />
l’<strong>Ordine</strong> nazionale intenderà riproporre, nell’ambito<br />
del progetto di formazione e aggiornamento imposti dalle<br />
nuove frontiere della professione.<br />
A nostra disposizione, esperienza e professionalità di “colleghi-docenti”<br />
(giornalisti <strong>dei</strong> quotidiani nazionali, elettronici e<br />
della carta stampata, foto-giornalisti, grafici, informatici,<br />
rappresentanti dell’<strong>Ordine</strong>, del sindacato, delle istituzioni<br />
comunitarie, insieme ad avvocati e commercialisti) che si<br />
sono avvicendati in quasi cento ore di lezione, offrendoci in<br />
alcuni casi assistenza e consulenza specializzata.<br />
professionale che sfrutteremo ognuno a seconda<br />
del proprio settore specialistico. Interessante<br />
è stato l’amichevole confronto con altri colleghi<br />
provenienti da tutta l’Italia”.<br />
Rosita Giulian<br />
“Molfetta-Milano con ritorno. In treno. Di notte.<br />
Ogni sabato e mercoledì. Per sei settimane.<br />
Centoventi ore di viaggio. “Traversate” dalla<br />
Puglia per riflettere. Arrivare a Milano, nell’Ifg,<br />
e magari capire.Tu che la scuola non l’hai mai<br />
fatta, perché il “duro lavoro” ce l’hai nel<br />
sangue, e l’hai imparato sul campo, in strada,<br />
in redazione. Dovunque fosse una notizia. O<br />
non ci fosse e andava trovata. A combattere<br />
sola contro tutti. Per otto anni. E, spesso, per<br />
quattro soldi. E, magari, ti rivedi alle prime<br />
armi nello sguardo incantato dell’allievo del<br />
biennio, che posa coi colleghi nella foto di fine<br />
anno. Ma quel corso di aggiornamento freelance<br />
andava fatto. Il corso è un tassello che<br />
ha caricato di significato la svolta che sta<br />
caratterizzando il tuo percorso professionale<br />
attuale, offrendoti gli spunti di riflessione che<br />
ti servono per orientare le tue scelte”.<br />
Giulia La Volpe<br />
“L’esperienza di un viaggio su un treno che<br />
all’alba di ogni mattina dalla stazione di<br />
Mestre mi porta a Milano all’Istituto “Carlo<br />
De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
e che poi riprendo per tornare a casa,<br />
tre giorni per sei settimane, sei ore della mia<br />
vita vissute su una carrozza dell’Intercity<br />
604, per capire qualcosa di più di questo<br />
lavoro. Un corso impegnativo, un’esperienza<br />
straordinaria, tanti sforzi e una dura lotta<br />
che significa: non mollare mai. Venti colleghi-allievi,<br />
e insegnanti professionisti a<br />
disposizione. Tante le materie interessanti.<br />
Docenti preparati, ma il tempo messo a<br />
nostra disposizione è tiranno e in poche ore<br />
non fai in tempo a elaborare ciò che ti spiegano,<br />
le cose importanti hanno bisogno di<br />
tempo. Tanta e tanta competizione tra di noi.<br />
Coraggio mi ha trasmesso Simona Fossati,<br />
presidente del Gruppo freelance della<br />
Lombardia, il coraggio di credere in questa<br />
professione, che le cose possono cambiare<br />
davvero, che bisogna lottare fino alla fine.<br />
Il presidente Abruzzo<br />
attorniato dai partecipanti<br />
al corso organizzato<br />
dall’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />
e svoltosi nella scuola<br />
di Milano.<br />
“Il nostro pensiero, la nostra voce”. Impressioni e suggerimenti<br />
Le persone che ho incontrato, ogni singolo<br />
insegnante mi ha comunque trasmesso un<br />
valore. Un suggerimento, infine: la durata<br />
del corso è stata troppo breve per elaborare<br />
ed approfondire tutte le materie a livello<br />
teorico e pratico. Qualcosa”.<br />
Maria Teresa Mezzina<br />
“Il corso che ha permesso di conoscere e<br />
approfondire, in diversi ambiti, nozioni tecniche<br />
e pratiche utili per l’esercizio della nostra<br />
professione, una significativa opportunità per<br />
la categoria <strong>dei</strong> freelance sia per il livello di<br />
preparazione degli insegnanti, sia per il contenuto<br />
delle lezioni. Come per altro sottolineato<br />
dai nostri docenti la tecnologia ha un ruolo<br />
sempre più dominante sia nel settore della<br />
carta stampata che in quello radio televisivo,<br />
sia nel settore del telelavoro che in quello <strong>dei</strong><br />
fotoreporter e inviati speciali. Non sono stati<br />
trascurati gli aspetti fiscali, legislativi e non ultimo<br />
quello previdenziale dell’attività giornalistica<br />
per permettere di conoscere e di conseguenza<br />
eventualmente adeguare le proprie<br />
posizioni. A livello personale data la mia<br />
specializzazione e il settore con cui collaboro<br />
ritengo questo corso estremamente positivo<br />
sia per gli aspetti che completano e aggiornano<br />
la mia professionalità sia per la mia cultura<br />
generale. Ho particolarmente apprezzato il<br />
corso di XPress che mi permetterà di svolgere<br />
collaborazioni all’interno delle redazioni in<br />
modo più agevole”.<br />
Giovanna Moldenhauer<br />
“L’esperimento ha un elevato e indubbio valore<br />
positivo perché è un segno dell’interesse e<br />
della cura per una categoria di giornalisti<br />
sempre più numerosa, ma, forse, trascurata.<br />
Come tutte le cose, il corso, anche per il fatto<br />
di essere il primo organizzato in Italia, può<br />
essere migliorato. Ad esempio, la selezione<br />
dovrebbe tendere all’omogeneità, dovrebbe<br />
tener conto cioè della specifica preparazione,<br />
delle conoscenze e degli ambiti di lavoro <strong>dei</strong><br />
partecipanti. Inoltre la durata va aumentata.<br />
Per ciò che riguarda le materie, buona è stata<br />
al scelta di quelle del corso. Personalmente<br />
avrei aumentato le ore dedicate alle esercitazioni.<br />
Tra le cose che ancora avrei privilegiato<br />
La cornice di eccellenza fornita dall’Ifg di Milano “Carlo de<br />
Martino”, la scuola di giornalismo dell'<strong>Ordine</strong> della Lombardia,<br />
ci ha assicurato infine il giusto supporto tecnico-logistico<br />
per trasferire “in pagina” quanto appreso in classe.<br />
I giornalisti freelance si sono organizzati creando un sito<br />
internet di rappresentanza all’indirizzo:<br />
www.giornalistifreelance.it<br />
sono le lezioni sull’etica, sulla deontologia, e<br />
sugli enti della categoria, di cui i freelance - a<br />
meno che non abbiano sostenuto l’esame da<br />
professionisti - di solito sono (molto) a digiuno.<br />
Quanto al (giusto) obbligo di frequenza,<br />
essendo i freelance occupati (almeno in<br />
teoria) sarebbe opportuno pensare ad un<br />
corso in periodi, ma soprattutto “orari”, non<br />
lavorativi, come quelli serali per esempio.<br />
Forse sarebbe utile e opportuno effettuare<br />
una specie di sondaggio tra i freelance per<br />
individuare le loro necessità e chissà, magari<br />
un giorno anche per organizzare più corsi<br />
paralleli, differenti per contenuti e finalità”.<br />
Matteo Negri<br />
“Mi occupo di tecnologia ed informatica ormai<br />
da diversi anni e il mio settore di competenza è<br />
la divulgazione scientifica. La mia partecipazione<br />
al corso è stata motivata dall’intenzione di<br />
trasportare alcune conoscenze personali allo<br />
spazio <strong>dei</strong> media, eventualmente ricavando<br />
dalle lezioni un confronto diretto con altri colleghi.<br />
Si presentava l’occasione di affinare l’uso<br />
di alcuni strumenti informatici che già conoscevo<br />
e di imparare da esperti l’utilizzo <strong>dei</strong> prodotti<br />
di editoria e pubblicazione elettronica. Quando<br />
all’inizio della sessione ho potuto osservare<br />
il programma mi sono accorto che i contenuti<br />
erano addirittura più ampi di quanto avessi<br />
immaginato. Il mio interesse verso gli argomenti<br />
trattati è cresciuto di giorno in giorno, motivandomi<br />
ad andare avanti e a non perdere<br />
nemmeno un appuntamento. Ritengo siano<br />
state fondamentali le lezioni sulle iniziative<br />
dell’<strong>Ordine</strong> nazionale, del sindacato e delle<br />
rappresentanze comunitarie perché hanno<br />
disegnato una cornice istituzionale di pregio<br />
intorno alla mia attività giornalistica, in un certo<br />
senso valorizzandola. Da freelance considero<br />
importanti gli approfondimenti economici, di<br />
consulenza commerciale e legale, sulla gestione<br />
della mia attività, perché ho scoperto diverse<br />
possibilità che prima non avevo valutato. Di<br />
notevole interesse per me è stato il confronto<br />
con i giornalisti <strong>dei</strong> quotidiani nazionali della<br />
carta stampata, grandi esperti di comunicazione,<br />
dai quali ho potuto ricavare alcune linee<br />
guida per la mia professione”.<br />
Massimiliano Riatti<br />
15 (23)
I NOSTRI LUTTI<br />
Tiziano Terzani “Il giornalismo è stata la mia vita.<br />
Una vita dura, di sacrifici,<br />
ma di grande moralità”<br />
di Gigi Speroni<br />
Tiziano Terzani “ha lasciato il suo corpo” il 29 luglio scorso.<br />
E noi qui possiamo ricordarlo soltanto ora, sul primo numero<br />
raggiungibile di un mensile uscito dopo la pausa estiva.<br />
Ricordare, soprattutto, quel pomeriggio indimenticabile di<br />
due anni fa quando Terzani venne alla scuola per parlare<br />
del suo libro Lettere contro la guerra. Aveva lasciato l’eremo<br />
ai piedi dell’Himalaya per compiere, disse «un pellegrinaggio<br />
di pace». Non nei talk show televisivi, che invano lo<br />
corteggiavano, ma a diretto contatto con le persone, in<br />
particolare i giovani.<br />
Poche ore prima aveva incontrato Ferruccio de Bortoli al<br />
quale s’era presentato “in un completo bianco di maestosa<br />
bellezza, con i capelli raccolti dietro la nuca, la barba curatissima…<br />
L’abito doveva essere in armonia con il corpo e<br />
con l’ambiente. Un lampo di luce in un interno milanese”.<br />
Lo stesso lampo che illuminò l’Aula Magna quando Terzani<br />
apparve, è il caso di dirlo, ai nostri praticanti. Le immagini<br />
di quell’evento parlano da sole.<br />
Stralcio dalle cronache di due allievi, Stefano Caselli e<br />
Giovanni Pinna, uscite su Tabloid nell’aprile del 2002: «Se<br />
un pomeriggio di fine inverno un visitatore fosse passato<br />
all’Ifg, ignaro dell’appuntamento con Tiziano Terzani, avrebbe<br />
probabilmente girato i tacchi, credendo di esser finito in<br />
una scuola di meditazione yoga o di training autogeno. La<br />
sua figura si stagliava come Farinata degli Uberti “dalla<br />
cintola in su”; questo perché il giornalista-scrittore sedeva<br />
scalzo a gambe incrociate, a mo’ di fachiro indiano, sul<br />
tavolo dell’Aula Magna.<br />
Il colore bianco dominava assoluto: barba, capelli e abiti,<br />
candidi quasi come le vette dell’Himalaya che Terzani ha<br />
eletto sua dimora. In “Lettere contro la guerra”, ultimo <strong>dei</strong><br />
suoi otto libri scritti, c’è la spiegazione della scelta che è<br />
anche un atto d’amore: «Le montagne, come il mare, ricordano<br />
una misura di grandezza dalla quale l’uomo si sente<br />
ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno<br />
di noi, ma lì ci è difficile riconoscerla…»<br />
Quest’uomo, da autentico giornalista, si è raccontato agli<br />
aspiranti giornalisti con umiltà e rara finezza gestuale e<br />
verbale, e da questa linea non si è discostato neppure quando<br />
ha messo alla berlina, senza fare mai alcun nome, i vizi,<br />
le inadempienze e le slealtà riscontrate in più di trent’anni di<br />
“mestiere”.<br />
Terzani si è confessato, di fronte a noi quaranta e ad altri<br />
numerosi ospiti della scuola, sotto gli occhi di sua moglie<br />
Angela che, discreta, stava seduta accanto a una finestra<br />
della sala. In via Filzi 17 non è approdato per caso; l’Ifg era<br />
una tappa quasi obbligata del pellegrinaggio di pace intrapreso<br />
dopo la reazione americana all’attacco alle Twin<br />
Towers.<br />
Mensile / Spedizione in a. p. (45%)<br />
Comma 20 (lettera B)<br />
art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano<br />
Anno XXXIV -<br />
Numero 9/10, <strong>Settembre</strong>/<strong>Ottobre</strong> <strong>2004</strong><br />
Direttore responsabile<br />
FRANCO ABRUZZO<br />
Direzione, redazione,<br />
amministrazione<br />
Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />
Tel. 02/ 63.61.171 -<br />
Telefax 02/ 65.54.307<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia<br />
Franco Abruzzo<br />
presidente;<br />
Cosma Damiano Nigro<br />
vicepresidente;<br />
Sergio D’Asnasch<br />
consigliere segretario;<br />
Alberto Comuzzi<br />
consigliere tesoriere.<br />
<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />
Consiglieri:<br />
Michele D’Elia,<br />
Letizia Gonzales,<br />
Laura Mulassano,<br />
Paola Pastacaldi,<br />
Brunello Tanzi<br />
Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />
Giacinto Sarubbi<br />
(presidente),<br />
Ezio Chiodini<br />
e Marco Ventimiglia<br />
Direttore dell’OgL<br />
Elisabetta Graziani<br />
Segretaria di redazione<br />
Teresa Risé<br />
Realizzazione grafica:<br />
Grafica Torri Srl<br />
(coordinamento<br />
Franco Malaguti,<br />
Marco Micci)<br />
Il nostro ospite ha visto gli effetti <strong>dei</strong> bombardamenti su<br />
Kabul e sui villaggi afghani, ha intervistato i testimoni, ha<br />
contato i morti civili, ha rivissuto a 63 anni le esperienze<br />
del fronte di guerra, come gli accadde in Cambogia, Laos<br />
e Vietnam quando era corrispondente di “Der Spiegel”.<br />
Anche del suo fortuito incontro col prestigioso settimanale<br />
tedesco, Terzani ci ha voluto rendere partecipi, con una<br />
storia che narra l’inizio della sua simbiosi con l’Asia.<br />
«Dopo aver scritto per vari quotidiani e con in tasca due<br />
lauree e sei lingue europee, sostenni l’esame di Stato e<br />
diventai giornalista professionista. Mi ero già appassionato<br />
allo studio del cinese perché desideravo ardentemente<br />
corrispondere per qualche testata dall’ex Celeste Impero,<br />
allora governato da Mao. Mi proposi senza successo a<br />
diversi giornali».<br />
Fu il finanziere Raffaele Mattioli ad aprire a Terzani le porte<br />
del continente asiatico nel 1968. Lo contattò per affidargli la<br />
stesura di alcune lettere commerciali in cinese e successivamente<br />
lo “inviò” a Singapore con uno stipendio di mille dollari<br />
al mese e il compito di scoprire le aree più adatte allo sbarco<br />
di nuove banche e aziende europee. Durante un soggior-<br />
ORDINE - TABLOID<br />
periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia Copia omaggio<br />
Stampa<br />
Stem Editoriale S.p.A.<br />
Via Brescia, 22 -<br />
20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />
Registrazione<br />
n. 213 del 26 maggio 1970<br />
presso il Tribunale di Milano.<br />
Testata iscritta al n. 6197<br />
del Registro<br />
degli Operatori di Comunicazione (ROC)<br />
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e Pubblicità<br />
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La tiratura di questo<br />
numero è di 23.777 copie<br />
Chiuso in redazione<br />
il 14 settembre <strong>2004</strong><br />
Tiziano<br />
Terzani<br />
“sulla<br />
cattedra”<br />
della scuola<br />
di<br />
giornalismo<br />
di Milano<br />
durante<br />
il suo<br />
incontro<br />
con gli<br />
allievi<br />
del XXIII<br />
biennio.<br />
no in Germania, ritagliato in un periodo di ferie, fu presentato<br />
da un amico al direttore di “Der Spiegel” che – mai metter<br />
limiti alla Provvidenza – cercava un corrispondente dal continente<br />
asiatico. «Tornai da Mattioli e rinunciai all’incarico e ai<br />
mille dollari mensili. Auguro a tutti voi di godere di un po’ di<br />
fortuna che, si intende, aiuta gli audaci. Guardate me: mi<br />
sono divertito e sono stato pagato per realizzare il mio sogno<br />
di sempre».<br />
Su una cosa Terzani ha insistito particolarmente, ha voluto<br />
trasmettercela: «Non ho mai accettato viaggi e soggiorni<br />
gratuiti dalle aziende, né lusinghe dai potenti. Sarebbe<br />
stato incompatibile con la mia libertà di giornalista, mi<br />
avrebbe impedito di scrivere la verità oggettiva di cui ero<br />
testimone»….<br />
«Il giornalismo è stata la mia vita. Una vita dura, di sacrifici,<br />
ma di grande moralità». E dall’idea di moralità nasce lo<br />
spunto per una riflessione critica sul giornalismo italiano,<br />
che a Terzani – lui, “tedesco” per trent’anni – decisamente<br />
non piace. «Nel dicembre del 1931 Gandhi, di ritorno da<br />
Londra, si fermò a Roma. Mussolini (“il macellaio dagli<br />
occhi di gatto” come in seguito lo definì) volle incontrarlo. I<br />
due, come ovvio, non si piacquero e bastarono pochi minuti<br />
per capirlo. Tuttavia “Il Giornale del Popolo” parlò di “lungo<br />
e cordiale incontro” e due giorni dopo pubblicò un’intervista<br />
che Gandhi non aveva mai rilasciato».<br />
Un episodio lontano nel tempo ma non nello stile, un esempio<br />
di disonestà che ricorre tutt’oggi: «Qualche giorno fa ho<br />
letto su un quotidiano un appello nel quale si chiedeva al<br />
governo italiano di non modificare la legge sul commercio<br />
delle armi. Sotto ci ho trovato la mia firma, ma io non ne<br />
sapevo nulla. Nessuno, prima di pubblicare, si è preoccupato<br />
di verificare. Bastava una telefonata».<br />
Ma il problema del giornalismo italiano non è solo di moralità;<br />
c’è una carenza di inquisivitness, di curiosità: «È<br />
possibile che, con il mondo in guerra, i giornali italiani<br />
dedichino otto-nove pagine al delitto di Cogne? Questo<br />
non è giornalismo, è spettacolismo». L’accenno alla guerra<br />
riporta Terzani sui binari del suo pellegrinaggio di pace,<br />
per ribadire che l’attuale conflitto non è altro che «una<br />
guerra di bugie», a partire «dalla vendetta che l’ ha generata<br />
fino all’insufficiente, a volte complice, copertura da<br />
parte <strong>dei</strong> mezzi d’informazione.Gli americani in Afghanistan<br />
non hanno vinto nulla, ma in patria – e in tutto l’Occidente<br />
– hanno vinto la guerra psicologica sulla necessità<br />
e l’ineluttabilità di questo attacco. La stampa americana è<br />
stata per molti mesi totalmente supina ai briefing della<br />
Casa Bianca».<br />
«Non bastano – conclude Terzani – i fatti. A volte i fatti<br />
nascondono la verità, esattamente come sta accadendo<br />
per questa guerra. Il giornalista deve sentirsi in dovere di<br />
fare i conti in tasca al mondo, perché la verità in sé non<br />
esiste, ma se ne trova un pezzettino dovunque».<br />
Qualcuno, infine, gli chiede cosa farebbe oggi se dovesse<br />
ricominciare. Senza esitazioni, Terzani risponde che imparerebbe<br />
l’arabo e andrebbe a vivere in mezzo agli arabi”.<br />
Ci lasciò promettendoci di ritornare. Ma dentro si portava<br />
un tumore. Quando lo seppe, lui, dopo aver tanto viaggiato<br />
per vivere straordinarie esperienze umane in Vietnam,<br />
Cina, Cambogia, Russia, cercando di capire chi fossero gli<br />
altri, cominciò a intraprendere un viaggio dentro se stesso<br />
alla ricerca delle ragioni del male che l’aveva colpito e delle<br />
possibili cure. Per raccontarle ne “L’Ultimo giro di giostra”.<br />
Disse una volta «Se potessi rinascere vorrei essere rugiada».<br />
E allora penso alla rugiada per il Manzoni “refrigerio di<br />
una parola amica”. Quella che Tiziano Terzani ci ha lasciato<br />
con questo suo ultimo libro.<br />
Rileggo le prime pagine: “Viaggiare, era stato per me un<br />
modo di vivere, e ora avevo preso la malattia come un altro<br />
viaggio, involontario, non previsto, per il quale non avevo<br />
carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo<br />
preparato, che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più<br />
impegnativo, il più intenso.. Un viaggio nel bene e nel male<br />
del nostro tempo”.<br />
E le ultime:<br />
“La storia di questo viaggio non è la riprova che non c’è<br />
medicina contro certi malanni. E che tutto quello che ho<br />
fatto per cercarla non è servito a nulla. Al contrario: tutto,<br />
compreso il malanno stesso, è servito tantissimo. È così<br />
che sono stato spinto a rivedere le mie priorità. A riflettere,<br />
a cambiare prospettiva e, soprattutto, a cambiare vita. E<br />
questo è ciò che posso consigliare agli altri: cambiare vita<br />
per curarsi, cambiare vita per cambiare se stessi. Per il<br />
resto ognuno deve fare la strada da solo.…E io sono particolarmente<br />
fortunato perché, ora più che mai, ogni giorno<br />
è davvero un altro giro di giostra”.<br />
16 (24) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
I NOSTRI LUTTI<br />
Elio Sparano Per 40 anni inviato<br />
e caporedattore.<br />
Simbolo della Rai a Milano<br />
Non c’è come la Televisione per dare il senso dell’effimero e<br />
del provvisorio; ma Elio Sparano era qualcosa di più di un<br />
volto diventato familiare a milioni di famiglie che ne apprezzavano<br />
il tono calmo e rassicurante. Sparano è stato il caporedattore<br />
“storico” ed ha legato il suo nome alla Rai di Milano,<br />
come dirigente e inventore di rubriche televisive, come<br />
Nord chiama Sud, in collaborazione con Baldo Fiorentino da<br />
Napoli, e come telecronista col genio della cronaca insignito<br />
del Premio Speciale Ischia nel 2003. Aveva ricevuto altri riconoscimenti,<br />
ma non amava parlarne come tutti quelli che li<br />
ricevono a giusto titolo.<br />
Aveva un debole per il profumo di violetta. Faceva parte del<br />
suo bagaglio di stile e di eleganza, come il fiocchino blu a<br />
pois, che portava con grande disinvoltura, e col quale appariva<br />
regolarmente nelle telecronache dalla Fiera di Milano, uno<br />
<strong>dei</strong> suoi appuntamenti fissi.<br />
All’apparenza dava l’impressione di una severità studiata: il<br />
tratto gentile da vecchio gentiluomo gli veniva dall’educazione<br />
ricevuta in famiglia. Suo padre era un alto ufficiale della<br />
Guardia di Finanza e so che ebbe una forte influenza su di<br />
lui; e non credo fosse soddisfatto quando Elio vinse il concorso<br />
per telecronista ed entrò in Rai. La tv era agli albori,<br />
Sparano contribuì a farla crescere con il suo grande mestiere<br />
e le sue doti di inventiva. Non aveva tessere. Restò sempre<br />
un uomo libero.<br />
Per portamento, naturale eleganza e con una bella voce calda<br />
e senza inflessioni dialettali, la Televisione sembrava fatta per<br />
lui. Divenne la sua casa e la sua ragione di vita.Veniva il mattino<br />
presto e se andava quand’era buio. Lo accompagnavo a<br />
mezzogiorno al relais con Roma dove ogni sede Rai collegata<br />
riferiva sugli avvenimenti della giornata; con il suo amico Biagio<br />
Agnes, allora direttore del Telegiornale, seguiva uno scambio<br />
vivacissimo di battute che riecheggiavano in tutte le sedi Rai in<br />
ascolto. Agnes lo provocava apposta e Sparano diventava irresistibile.<br />
La domenica mattina nel corridoio della redazione si<br />
esibivano i tipi più divertenti: Nino Vascon, caporedattore alla<br />
radio, Paolo Callegaris, il principe <strong>dei</strong> montatori, ed Elio se la<br />
rideva partecipando al teatrino; e in quei momenti diventava<br />
ciò che era veramente: un uomo spiritoso, un uomo semplice<br />
e di grande umanità, e in fondo un solitario. Mi dicono che in<br />
Rai il clima oggi sia cambiato.<br />
Credo di averlo visto la prima volta in Tv nel sequestro <strong>dei</strong><br />
bambini d’una scuola di Tavazzano ad opera di un pazzo.<br />
Nella cronaca diretta e nel tumulto della giornata colpivano<br />
la calma, l’assenza di ogni enfasi, la precisione della ricostruzione.<br />
Il cronista della carta stampata raccoglie i dati,<br />
vede, poi racconta la storia con sufficiente calma, il telecronista<br />
non ha tutto questo tempo e deve raccontare l’avvenimento<br />
sul “tamburo”, in tempo reale, sceverare le notizie vere<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
di Romano Bracalini<br />
da quelle di fantasia. Elio Sparano è stato un caposcuola. Fu<br />
il primo a stabilire il collegamento diretto nel telegiornale delle<br />
13,30, che d’improvviso, abituati come eravamo all’ufficialità<br />
e al linguaggio castigatissimo (c’era un prontuario di parole<br />
che non si potevano usare, come per esempio “membri di<br />
governo”), parve ringiovanire e offrire una visione più autentica<br />
della realtà. Non fu un caso che l’esperimento prendesse<br />
il via col telegiornale delle 13,30, mentre quello della sera<br />
mantenne il carattere serioso e imbalsamato dell’ufficialità.<br />
Certe liberalità di lingua non erano consentite, la cronaca era<br />
limitata al traffico e alla nebbia in Val Padana; delitti di sangue<br />
se proprio non se ne poteva fare a meno. Sparano arricchì il<br />
telegiornale di notizie di cronaca e di attualità; mi consentì di<br />
occuparmi di avvenimenti storici. Nel 1976, per la rubrica<br />
Nord chiama Sud, nel trentesimo del referendum istituzionale,<br />
intervistai a Cascais l’ex re Umberto. Era la prima volta<br />
che appariva alla Tv italiana. A Milano montai il servizio e<br />
nell’introduzione all’intervista misi la marcia reale. L’avessi<br />
mai fatto. C’era l’ordine tassativo di non trasmettere musiche<br />
e marce del passato regime. Oggi è prassi normale ma allora<br />
non si poteva. Sparano chiese se per caso nell’intervista a<br />
un ex re dovevamo mettere la marsigliese. Di colpo un altro<br />
diaframma di ipocrisia cadde. Il servizio andò in onda come<br />
l’avevamo concepito.<br />
La malapianta della violenza nera e del terrorismo rosso ci<br />
abituò a ben altre tragedie e anche in quell’occasione Sparano<br />
fu all’altezza del compito. Nel pomeriggio del 12 dicembre<br />
1969 mi spedì alla Banca dell’Agricoltura, in piazza Fontana,<br />
Elio Sparano,<br />
nella foto<br />
dell’archivio<br />
dell’<strong>Ordine</strong>, con<br />
l’immancabile<br />
“farfallino”.<br />
Nella fotografia<br />
“storica”<br />
qui accanto,<br />
la redazione<br />
del primo<br />
telegiornale<br />
a Milano<br />
negli anni ’50:<br />
alle scrivanie,<br />
da sinistra,<br />
Franco Fassetta,<br />
Elio Sparano,<br />
Luciano Serani,<br />
Avvento<br />
Montesano.<br />
In piedi, Bruno<br />
Ambrosi.<br />
A destra:<br />
Claudio Lavazza,<br />
Ilio De Giorgis,<br />
Emilio Sanna<br />
e la segretaria<br />
Giuliana<br />
Bagnasco.<br />
dove sembrava fosse scoppiata una caldaia. Quella sera<br />
stessa diede per primo la notizia dell’attentato. Memorabile<br />
la sua cronaca <strong>dei</strong> funerali. Fu un susseguirsi di eventi tragici:<br />
piazza della Loggia, e poi il terrore brigatista che colpiva a<br />
tradimento: così furono uccisi il Pm Alessandrini, il giudice<br />
Galli e il giornalista Walter Tobagi. Sparano veniva in moviola,<br />
controllava ma difficilmente faceva un rilievo. Non avrebbe<br />
mai corretto un testo senza suggerire all’autore la forma più<br />
adatta e corretta.<br />
Cerco di ordinare i ricordi, e mi sorprendo di farlo a ciglio<br />
asciutto. Anche questa è una lezione che ho imparato da lui.<br />
Una volta sola l’ho visto piangere. Fu quando morì l’operatore<br />
Carlo Rolly Cannara, l’amico di una vita, il collaboratore<br />
fedele di tante trasmissioni televisive. Quando andò in<br />
pensione qualcosa si ruppe.Viveva in un piccolo appartamento<br />
con la sua compagna, e quando lei morì e lui restò<br />
solo con la figlia Rita, gli telefonai. Non amava le frasi di circostanza<br />
e in questi casi non si sa mai cosa dire. La Televisione<br />
l’aveva abituato all’essenziale. A usare quattro parole<br />
invece di cinque quando queste possono bastare. Cambiò<br />
subito discorso, evitandomi di dire le solite cose. Anche<br />
questa sua ritrosia burbera era una maschera per non cedere<br />
alla commozione che a lui pareva debolezza. Quel che so<br />
di Televisione lo devo a lui. Ma non solo questo. La vita passa<br />
in fretta; ma se mi volto indietro, nel turbinare <strong>dei</strong> ricordi, ora<br />
nitidi ora sfocati, vedo non più di dieci persone generose e<br />
indimenticabili che mi hanno aiutato. Elio Sparano è tra i<br />
primi, ma so che non vorrebbe che glielo dicessi.<br />
17 (25)
M E M O R I A<br />
Una Fondazione per aiutare chi soffre<br />
Il 5 maggio 1975, nemmeno un anno dopo<br />
la morte di Ghirotti, nasceva a Roma, su<br />
iniziativa della moglie e di un gruppo di amici<br />
e colleghi, il “Comitato nazionale Gigi Ghirotti”,<br />
con l’obiettivo di mantenere vivo il<br />
messaggio del giornalista vicentino e di<br />
portarne avanti, attraverso iniziative e attività<br />
concrete, la testimonianza. Tra i fondatori,<br />
anche l’amico e collega Giovanni Grazzini,<br />
che del Comitato fu, per i primi undici anni, il<br />
presidente.<br />
Presentato ufficialmente in Campidoglio nel<br />
1975, ottenuto il riconoscimento giuridico nel<br />
1984, il Comitato ha, il 10 giugno 2002,<br />
assunto la denominazione di “Fondazione<br />
nazionale Gigi Ghirotti”, attualmente presieduta<br />
dal giornalista Bruno Vespa. Con la finalità,<br />
come si legge nello Statuto, di “realizzare<br />
servizi per la prevenzione, la terapia, lo<br />
studio e le ricerche sulle malattie in campo<br />
emato-oncologico e strutture operative per<br />
l’assistenza sociale e sanitaria <strong>dei</strong> malati<br />
affetti da sindromi altamente invalidanti o in<br />
fase terminale e <strong>dei</strong> loro familiari”.<br />
Gigi Ghirotti,<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
Trent’anni fa, la mattina del 17 luglio 1974, moriva a Vicenza,<br />
sua città, Gigi Ghirotti. Stroncato da quello che allora,<br />
quasi facesse paura anche solo il chiamarlo per nome, si<br />
preferiva evocare come “il male del secolo”. Per lui, un linfogranuloma<br />
maligno, altrimenti detto morbo di Hodgkin. Una<br />
malattia neoplastica che aggredisce il sistema linfatico. Un<br />
cancro.<br />
Quando morì, non aveva ancora compiuto 54 anni (era nato<br />
il 10 dicembre 1920) e, per tutta la vita, non aveva fatto che<br />
un mestiere: il giornalista.<br />
Era l’ultimo di nove figli. Interrotti, per lo scoppio della guerra,<br />
gli studi classici, arruolatosi come volontario negli Alpini,<br />
aggregatosi, nel settembre del ’43, alle formazioni partigiane,<br />
era entrato, nel 1945, a Il Giornale di Vicenza, per<br />
passare a La Stampa (1950-1958), quindi a L’Europeo<br />
(1958-1960), poi ancora a La Stampa (1960-1974).<br />
Acuto osservatore della realtà italiana del dopoguerra,<br />
soprattutto degli anni del cosiddetto boom economico,<br />
aveva indagato, firmato servizi, scritto libri, su personaggi e<br />
temi fra i più diversi. Dall’intervista, uscita su La Stampa il<br />
24 maggio 1950, al generale Battisti, comandante della<br />
Cuneense, appena rientrato dalla Russia dopo otto anni di<br />
prigionia, ai pezzi spiritosi e brillanti che - erano gli anni di<br />
Lascia o raddoppia? e <strong>dei</strong> primi Festival di Sanremo - confezionava<br />
in veste di inviato al seguito di Mike Bongiorno e di<br />
Nilla Pizzi (e che non dovevano proprio essere il suo genere,<br />
se, come ricorda l’amico e collega Giorgio Calcagno,<br />
“partiva mugugnando, con improperi che il direttore intuiva<br />
ma fingeva di ignorare”). Dagli incontri con De Gasperi in<br />
Valsugana e con Eisenhower a Udine, ai resoconti (La<br />
Stampa, 1964) sul delitto del “bitter avvelenato”, con il dottor<br />
Renzo Ferrari, veterinario di Barengo, inquisito di aver<br />
All’indomani della prima trasmissione televisiva,<br />
che grande eco suscitò su tutti i giornali,<br />
Guido Gerosa, che di Ghirotti era stato<br />
collega e “antagonista” in tanti servizi, scrisse,<br />
per Epoca, un lungo articolo su di lui, intitolato<br />
“Quel giorno Ghirotti non mi lasciò<br />
copiare il compito”.<br />
Ne proponiamo uno stralcio, quello nel quale<br />
il giornalista vicentino viene ritratto alle prese<br />
con il quotidiano lavoro di cronista.<br />
Era stato arrestato a Milano un ingegnere,<br />
certo Dalla Verde, accusato di aver ucciso<br />
una mondana; e la storia aveva assai<br />
impressionato, perché lasciava intravedere<br />
risvolti impensabili dietro il fascino discreto<br />
della borghesia ambrosiana. La vicenda<br />
era precipitata nelle ultime ore e tutti noi<br />
cronisti eravamo nello studio dell’avvocato<br />
Oggi la Fondazione opera nell’ambito della<br />
ricerca, dell’organizzazione di convegni, giornate<br />
di studio e tavole rotonde, dell’informazione<br />
(attraverso la “Collana di studi Gigi<br />
Ghirotti” e il periodico trimestrale “Gigi Ghirotti<br />
Notizie”). Ma soprattutto offre, gratuitamente,<br />
a chiunque vi si rivolga, aiuto, orientamento<br />
e assistenza attraverso il Centro di<br />
ascolto psicosociale. Attivo tutti i giorni,<br />
comprese le domeniche, dalle ore 10 alle 20,<br />
il Centro (numero verde 800.30.15.10) opera<br />
sull’intero territorio nazionale, nell’ottica di<br />
aiutare le persone malate di tumore e i loro<br />
familiari ad affrontare la malattia. Solo nel<br />
2003, ha avuto 6.230 contatti, quasi venti al<br />
giorno.<br />
Da due anni a questa parte, poi, l’ultima<br />
domenica di maggio, la Fondazione dà vita,<br />
insieme al ministero della Salute e alla<br />
Conferenza <strong>dei</strong> presidenti delle Regioni e<br />
delle Province autonome, alla “Giornata<br />
nazionale del sollievo”: una grande campagna<br />
di sensibilizzazione sociale sul tema<br />
della sofferenza.<br />
avvelenato il signor Tino Allevi, marito della sua amante,<br />
con un bitter fattogli recapitare a casa. Dall’incontro-scontro<br />
con don Lorenzo Milani, fondatore della scuola di Barbiana,<br />
nel Mugello, e ispiratore di una radicale critica alla tradizionale<br />
cultura scolastica e al suo classismo, che emarginava<br />
il mondo popolare e contadino (Comunità, 1967), all’intervista,<br />
apparsa su La Stampa il 17 gennaio 1970, al “marxista”<br />
Gianni Morandi.<br />
Fino alle inchieste sulla giustizia, sulla mafia, sul banditismo<br />
sardo, sui grandi fenomeni civili e sociali del tempo.<br />
Che si tradussero in altrettanti libri: Il magistrato (1963, rifacimento<br />
di una prima edizione del ’59), sulla condizione del<br />
giudice in Italia; Italia mia benché (1963), sugli anni del<br />
miracolo economico e della corsa al benessere; Da Olimpia<br />
a casa mia. 3.000 anni di cronache sportive (1964),<br />
originale raccolta di scritti sul tema dello sport, di autori<br />
delle più svariate epoche: da Omero a Umberto Saba, da<br />
Senofonte a Italo Calvino, da Ernest Hemingway a Oriana<br />
Fallaci; Mitra e Sardegna. Guida documentata per continuare<br />
impuniti il sequestro di persona (1968), sul fenomeno<br />
del banditismo sardo; Rumor (1970), biografia del<br />
concittadino e amico Mariano Rumor, allora presidente del<br />
Consiglio.<br />
Tutto questo, e altro ancora, era Gigi Ghirotti. “Uomo di<br />
carta stampata - sono ancora parole di Giorgio Calcagno -,<br />
e soprattutto di ricerca. Poteva firmare, non apparire,<br />
secondo il miglior costume di allora. La sua natura lo portava<br />
a essere attento ai fatti della vita, a domandarsene il<br />
perché. E frugare, frugare, finché non trovava il bandolo”.<br />
Una vocazione al racconto e all’approfondimento, che<br />
andava di pari passo con la caparbietà, l’ironia e il distacco<br />
con i quali Ghirotti si poneva nei confronti della realtà -<br />
uomini o fatti che fossero - della quale era chiamato a<br />
rendere testimonianza. E che ha un solo nome: cronaca.<br />
“Cronista attento, Ghirotti, preciso; e soprattutto libero.<br />
Giulio De Benedetti, che dal 1948 dirigeva La Stampa, fiutò<br />
Guido Gerosa: “Quel giorno che Ghirotti<br />
non mi lasciò copiare”<br />
Bovio per le rivelazioni decisive.<br />
Ghirotti sapeva più di noi perché, per il settimanale<br />
dove allora lavorava, era riuscito a<br />
intervistare l’ingegnere poco prima che le<br />
porte del carcere si chiudessero dietro di lui.<br />
Eravamo tutti amici là dentro, ma eravamo<br />
anche professionalmente concorrenti. E allora<br />
Ghirotti, che aveva il giornale “in chiusura”<br />
[…], aspettando il fattorino che avrebbe ritirato<br />
il suo pezzo, scriveva con la sua portatile<br />
appartato su un tavolo dell’ufficio dell’avvocato,<br />
batteva sui tasti con le dita di una<br />
mano e con l’altra mano teneva un po’ occultato<br />
il foglio, come si fa a scuola, perché non<br />
“copiassimo”, soprattutto noi <strong>dei</strong> quotidiani<br />
che avremmo avuto su di lui un vantaggio di<br />
molte ore.<br />
Però gli rincresceva e ci guardava con un<br />
TRENT’ANNI FA MORIVA IL GIORNALISTA VICENTINO<br />
sorriso un po’ di<br />
rimprovero come a<br />
dire: “Ma guarda un<br />
po’ cosa mi fai fare”. Il<br />
giorno dopo mandai<br />
a prendere il giornale<br />
di Ghirotti: il pezzo<br />
era bellissimo. Il fascino<br />
discreto dell’ingegnere ne usciva descritto<br />
con agghiacciante precisione. L’articolo<br />
non diceva, né poteva dire, se quell’uomo si<br />
fosse macchiato di quella gravissima colpa.<br />
Ma diceva di più. Ne scaturiva un ritratto<br />
dostoevskiano di un’anima divisa, ambigua,<br />
smarrita. E alla fine cadeva nel deserto di<br />
quella confessione una domanda dolorosa,<br />
che rimaneva senza risposta: “Ingegnere, lei<br />
crede in Dio?”.<br />
presto in lui l’inviato giusto. Gli affidò vari servizi dal Veneto,<br />
e poi lo chiamò a Torino, per farlo girare in Italia. Ebbe<br />
servizi e inchieste di prim’ordine, e qualche problema di<br />
convivenza. Il giovane vicentino, tanto gentile nel tratto<br />
quanto roccioso nel temperamento, intendeva difendere,<br />
anche nei rapporti di lavoro, uno spirito di indipendenza<br />
non sempre tollerabile dal Napoleone del giornalismo. Si<br />
arrivò più volte alla rottura”. Così sempre Giorgio Calcagno,<br />
nell’introduzione a Gigi Ghirotti nel tunnel della malattia,<br />
del 1994. E ancora: “Di fronte alla notizia, non si accontentava<br />
mai della prima versione, voleva vedere dietro la<br />
facciata, scoprire quel tanto di inconoscibile dimenticato<br />
dai verbali, nel quale spesso consiste la realtà. Soprattutto<br />
andava verso l’interlocutore con quella carica di simpatia<br />
umana che costringeva l’altro a gettare la maschera e<br />
mostrarsi com’era”.<br />
Curiosità? Cocciutaggine? Coraggio? Forse, più semplicemente,<br />
fu per onestà che alle dieci di una domenica sera -<br />
era il 27 maggio 1973 - quest’uomo forte e robusto, dagli<br />
occhi chiari e ridenti da veneto autentico, decise di farsi<br />
riprendere, in pigiama e vestaglia, dall’obbiettivo di una telecamera<br />
e di mostrarsi in televisione mentre, in un corridoio<br />
d’ospedale, intervistava medici e compagni di malattia. E<br />
raccontava dell’isolamento <strong>dei</strong> malati, dell’insufficienza<br />
delle strutture sanitarie, delle carenze dell’assistenza<br />
pubblica. Della paura e del dolore. Come se il malato fosse<br />
un altro. Solo che questo “altro”, quello del quale era chiamato,<br />
ancora una volta, a rendere testimonianza, questa<br />
volta era lui.<br />
Il servizio, nato da un incontro di Ghirotti con il vecchio<br />
amico Piero Dal Moro, divenuto regista televisivo, venne<br />
trasmesso, sul secondo canale, sotto la testata Orizzonti.<br />
L’uomo, la scienza, la tecnica, di Giulio Macchi. La sua collocazione,<br />
a quell’ora e in quel giorno, fu non solo, come ha<br />
sottolineato Calcagno, “una scelta coraggiosa che la Rai in<br />
quegli anni aveva ancora l’intelligenza di permettersi”, ma<br />
Così lo ha<br />
ricordato Vicenza<br />
Nel trentennale della scomparsa di Gigi<br />
Ghirotti, la Fondazione a lui dedicata ha<br />
ricordato la figura del giornalista con un<br />
incontro, svoltosi lo scorso 17 luglio nella<br />
Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino, a<br />
Vicenza. Erano presenti il sindaco, Enrico<br />
Hullweck, il nipote Franco Carlassare, il vice<br />
presidente della Fondazione, Carlo Sampietro,<br />
il presidente della Biblioteca Bertoliana,<br />
Mario Giulianati, il giornalista de La Stampa,<br />
Alberto Sinigaglia.<br />
L’indomani il convegno è proseguito nell’Aula<br />
Magna della Scuola per operatori sociosanitari<br />
(Ulss 6) di Vicenza, con interventi di<br />
medici e dirigenti, che hanno affrontato le<br />
diverse tematiche del sostegno psicologico,<br />
<strong>dei</strong> progressi ottenuti in campo terapeutico,<br />
delle nuove sfide dell’ematologia.<br />
18 (26) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
DIVENUTO EMBLEMA DI IMPEGNO CIVILE<br />
Ulteriori approfondimenti nel sito<br />
www.ghirotti.org<br />
Per saperne di più<br />
Gigi Ghirotti<br />
Il lungo viaggio nel tunnel della malattia,<br />
Franco Angeli editore per Comitato nazionale<br />
Gigi Ghirotti, Milano 2002<br />
Il volume, che si avvale della prefazione di<br />
Umberto Veronesi e che ripropone l’introduzione<br />
all’edizione del 1994, firmata da Giovanni<br />
Giovannini e da Giorgio Calcagno, raccoglie<br />
i testi delle due inchieste televisive realizzate<br />
da Ghirotti e da Piero Dal Moro nel 1973<br />
e nel 1974, e gli undici articoli che il giornalista<br />
vicentino scrisse per La Stampa fra il 26<br />
aprile 1973 e il giugno 1974.<br />
Mariangela Bacco<br />
Gigi Ghirotti. Profilo di un giornalista<br />
e del suo impegno civile,<br />
Fondazione Gigi Ghirotti, Vicenza <strong>2004</strong><br />
Il lavoro, dato alle stampe in occasione del<br />
trentennale della morte del giornalista, è nato<br />
come tesi di laurea dell’autrice presso il Dipartimento<br />
di Italianistica dell’Università di Padova<br />
ed è stato premiato, nel marzo del 2002,<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
il cronista<br />
anche una sfida difficile: contemporaneamente, sull’altra<br />
rete, c’era La domenica sportiva. La trasmissione fu seguita<br />
da otto milioni di italiani.<br />
Incominciava con lo stesso “attacco” con il quale il giornalista<br />
vicentino aveva iniziato, su La Stampa del 26 aprile, la<br />
prima delle sue undici corrispondenze (l’ultima, Il malato<br />
inerme, uscì quasi un mese dopo la sua morte) da “inviato,<br />
suo malgrado, dentro il tunnel della malattia e della ospedalizzazione”,<br />
come lui stesso si definì. Un “attacco” esemplare<br />
per semplicità e stile: “Da un anno mi insegue un<br />
odore di etere, di alcool, di antibiotici, di lisoformio e questo<br />
cocktail olfattivo mi pizzica le narici, mi inzuppa le ossa, mi<br />
si è attaccato alla pelle”.<br />
Il programma era terminato da pochi minuti, che il telefono<br />
di casa Ghirotti incominciò a squillare. Fu solo l’inizio. Il<br />
primo telegramma arrivò dal Quirinale. Era di Giovanni<br />
Leone, allora presidente della Repubblica, ammirato “per la<br />
edificante testimonianza di coraggio e di serenità”.<br />
Fu, per tutti, il toccare con mano la sofferenza, la solitudine,<br />
l’emarginazione del malato. Certo, in trent’anni, molto<br />
è stato fatto, soprattutto sotto il profilo dell’approccio e del<br />
sostegno psicologico al malato di cancro e ai suoi familiari.<br />
Oggi nessuno si stupisce se il ministro della Salute,<br />
Girolamo Sirchia, afferma che “il malato deve essere<br />
sempre al centro del sistema”, o che “l’attenzione per la<br />
sofferenza e il sostegno psicologico nelle diversi fasi della<br />
malattia costituiscono degli obiettivi irrinunciabili per una<br />
società civile”. Oggi è normale discutere di diagnostica, di<br />
cure palliative, di terapia del dolore. Trent’anni fa, molto<br />
meno. Ma era esattamente questo l’obiettivo del giornalista<br />
vicentino. Che così, con il consueto disincanto, scriveva<br />
all’amico e collega Giovanni Giovannini: “Mi auguro che<br />
gli amici mi siano amici fino in fondo, e che non facciano di<br />
me l’Enrico Toti del carcinoma, ma sappiano esortare a<br />
vedere oltre il caso personale: a vedere di prendersi a<br />
cuore le faccende <strong>dei</strong> nostri ospedali, e a tener caldo il<br />
problema sino a che non avremo ospedali, medici, infermieri<br />
dal volto umano”.<br />
Ci riuscì? È ancora Giorgio Calcagno: “Molti giornalisti,<br />
nella storia del nostro mestiere, hanno cercato di influire<br />
sulle grandi scelte della politica e dell’economia, si sono<br />
sentiti giudici e condottieri di crociate. Ghirotti, con la sua<br />
umiltà di cronista, la concretezza montanara del suo lavoro,<br />
è il solo che ha lasciato, in profondità, il segno del cambiamento.<br />
Ha inciso là dove si decide la vita del singolo: che è<br />
la vita di tutti”.<br />
Il secondo, e ultimo, servizio televisivo fu trasmesso la sera<br />
del 4 giugno 1974. Stessa testata, stesso canale. Solo il<br />
viso era più scavato, le rughe più profonde, la voce più affaticata:<br />
“Se gli capita di correre un’avventura tra vita e morte<br />
in prima persona e poi non la racconta, direi che quel giornalista<br />
è uno che non ha capito nulla, né del proprio mestiere,<br />
né <strong>dei</strong> propri doveri di cittadino”.<br />
Ma l’incontro volgeva al termine. “Mi trovo impegnato in una<br />
partita difficile, su terreno fangoso, con un avversario -<br />
questo oscuro signor Hodgkin - che è furbo e anche sleale.<br />
Ma non sono solo. […] E poi, finché dura l’incontro, ogni<br />
possibilità è sospesa: non ho vinto io, ma nemmeno lui,<br />
siamo pari. È vero, il signor Hodgkin deve tirare il suo terribile<br />
calcio di rigore. È pauroso pensarci, ma in fin <strong>dei</strong> conti<br />
anche i più famosi campioni talvolta sbagliano il rigore. E in<br />
ogni caso è giusto che quel pallone mi trovi sulla porta,<br />
quando arriverà”. Arrivò, di lì a poco. Puntuale, netto, preciso.<br />
Imparabile.<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
LETTERA IN REDAZIONE<br />
“I giornalisti non sono membri<br />
di una orwelliana consorteria<br />
di uguali più degli altri”<br />
Caro presidente Abruzzo, seguo sempre con attenzione e simpatia la tua<br />
saggia conduzione dell’<strong>Ordine</strong> attraverso gli interventi che appaiono su<br />
Tabloid scoprendomi generalmente in sintonia con le tue parole: almeno per<br />
una volta, però, debbo esprimere dissenso. Mi riferisco alla condanna da<br />
parte del Tribunale di Lodi al “cronista che si era finto clandestino”.<br />
Tu argomenti che si tratta di errore e che andava assolto, e per sostenere<br />
questa tesi fai riferimento ad un fantomatico “codice della privacy” e al fatto<br />
che il giornalista possa “nascondere la propria identità in situazioni di pericolo”.<br />
Mi permetto di obiettare: 1) non esiste alcuna situazione di pericolo<br />
quando un agente di polizia richiede il documento di identità; 2) un bravo e<br />
consapevole giornalista sa svolgere un’inchiesta anche senza ricorrere a<br />
spettacolari falsi, fingendosi rumeno e traendo deliberatamente in inganno<br />
un funzionario pubblico del campo di via Corelli a Milano; 3) i giornalisti non<br />
sono membri di una orwelliana consorteria di “uguali più degli altri” reclamando<br />
una deontologia professionale diversa da quella di altre categorie.<br />
Difendiamo e pratichiamo il diritto alla cronaca ma con serietà, altrimenti<br />
dovremmo giustificare anche i 37 clandestini della nave Cap Anamur che si<br />
spacciavano per sudanesi allo scopo di ottenere un surrettizio stato di rifugiati<br />
politici.<br />
Appartenere alla redazione di un Corriere non comporta l’automatico godimento<br />
di privilegi corporativi. Insegna il Vangelo: “Sforzatevi di entrare per la<br />
porta stretta perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi ma non ci riusciranno”<br />
(Lc. 13,24). Mi auguro pertanto che la sentenza del Tribunale di Lodi<br />
venga confermata anche in eventuali altre sedi successive per dimostrare<br />
che tutti i cittadini, giornalisti o meno, sono uguali di fronte alla Legge. Con<br />
amicizia e schiettezza. Giacomo de Antonellis<br />
RISPOSTA. Caro Giacomo, il codice, che<br />
tu definisci fantomatico, è il “Codice di<br />
deontologia della privacy nell’esercizio<br />
dell’attività giornalistica”, voluto<br />
dall’articolo 25 della legge n. 675/1996 e<br />
pubblicato il 3 agosto 1998 nella Gazzetta<br />
Ufficiale. Oggi quel Codice, inglobato<br />
nel Dlgs n. 196/2003, ha il rango sostanziale<br />
di legge e non più di norma secondaria.<br />
L’articolo 2 afferma: “Il giornalista<br />
che raccoglie notizie... rende note la<br />
propria identità, la propria professione e<br />
le finalità della raccolta, salvo che ciò<br />
comporti rischi per la sua incolumità o<br />
renda altrimenti impossibile l’esercizio<br />
della funzione informativa; evita artifici e<br />
pressioni indebite. Fatta palese tale attività,<br />
il giornalista non è tenuto a fornire gli<br />
altri elementi...”. Non ho motivo, quindi, di<br />
cambiare opinione, pur apprezzando la<br />
sincerità a-giuridica di quanto hai scritto.<br />
Con pari schiettezza e amicizia,<br />
Franco Abruzzo<br />
L’Ifj promuove una nuova campagna<br />
contro la corruzione nel giornalismo,<br />
per un’etica della professione e <strong>dei</strong> media<br />
Lo studio dell’istituto<br />
sulla corruzione<br />
può essere visionato sul:<br />
http://www.instituteforpr.com<br />
/international.phtml?article_i<br />
d=bribery_index<br />
Full Press Statement on<br />
Statement of Principles -<br />
http://www.ifj.org/docs/Joint<br />
%20statement%20on%20m<br />
edia%20transparency%20pr<br />
inciples.doc<br />
Per ulteriori informazioni:<br />
Aidan White, +32 2 235<br />
2200, aidan.white@ifj.org<br />
(da ww.fnsi.it)<br />
Roma, 3 agosto <strong>2004</strong>. La Federazione internazionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti ha, oggi, dato il suo<br />
appoggio a una nuova iniziativa per eliminare<br />
la pratica della commercializzazione e la<br />
corruzione nel giornalismo.<br />
L’Ifj è una delle sei organizzazioni che<br />
sostengono una serie di principi miranti a<br />
promuovere una maggiore trasparenza nei<br />
rapporti tra professionisti delle relazioni<br />
pubbliche e media, e per mettere fine alla<br />
corruzione <strong>dei</strong> media nel mondo.<br />
“Il problema del ‘giornalismo in vendita’, o del<br />
materiale pagato considerato come legittimi<br />
reportage giornalistici, è una delle più grande<br />
sfide che i media devono affrontare oggi”,<br />
ha detto Aidan White, segretario generale<br />
dell’Ifj. “La pratica erode la fiducia pubblica,<br />
mina la professionalità e si prende gioco <strong>dei</strong><br />
valori etici”. Il congresso dell’Ifj svoltosi ad<br />
Atene in maggio ha incitato ad agire per<br />
promuovere la qualità del giornalismo.<br />
“Questo insieme di principi è un’ottima iniziativa<br />
del settore per rimettere in carreggiata la<br />
missione del giornalismo ed eliminare ogni<br />
forma di corruzione”, ha detto White.<br />
Gli altri gruppi che sostengono la dichiarazione<br />
<strong>dei</strong> principi sono l’International press<br />
institute, il Transparency international, la<br />
Global alliance for public relations and<br />
communications management, l’Institute for<br />
public relations research and education, ed<br />
l’International public relations association.<br />
I principi, inseriti della Carta per la trasparenza<br />
<strong>dei</strong> media sviluppata dall’International<br />
public relations association, sono i<br />
seguenti:<br />
- Il nuovo materiale deve apparire dietro<br />
giudizio <strong>dei</strong> giornalisti e degli editori, e non<br />
dietro pagamento in contanti o con altri<br />
metodi, o incentivi.<br />
- Il materiale che presuppone un pagamento<br />
deve essere chiaramente identificato come<br />
pubblicità, sponsorizzazione o promozione.<br />
- Nessun giornalista o rappresentante <strong>dei</strong><br />
media deve mai suggerire che la copertura<br />
delle notizie debba avvenire per motivi differenti<br />
dal merito.<br />
- Quando campioni o anticipazioni di prodotti<br />
o servizi sono ritenuti necessari dalle aziende,<br />
i prodotti anticipati devono poi essere<br />
restituiti.<br />
- I media devono istituire delle polizze scritte<br />
riguardanti la ricevuta per regali o prodotti e<br />
servizi scontati, e ai giornalisti deve essere<br />
richiesto di sottoscriverle.<br />
“Questa iniziativa è la benvenuta”, ha detto<br />
White. “Essa getta una luce positiva sugli<br />
spesso oscuri rapporti tra il mondo degli affari<br />
e il giornalismo, e ci aiuta a concentrarci<br />
sulla necessità di qualità nei media”.<br />
Lo scorso anno, l’Institute for public relations<br />
research and education e l’International<br />
public relations association, hanno resa<br />
pubblica una lista di 66 nazioni riguardante<br />
la possibilità che i giornalisti della carta stampata<br />
cerchino o accettino denaro in cambio<br />
della copertura di notizie. Frank Ovaitt, presidente<br />
dell’Istituto, ha detto: “Riteniamo che si<br />
tratti di una questione critica, che giornalisti<br />
seri ed esperti di pubbliche relazioni devono<br />
affrontare insieme”.<br />
Sentenza americana: e-mail senza privacy<br />
La decisione<br />
potrebbe<br />
avere<br />
conseguenze<br />
sullo<br />
sviluppo<br />
<strong>dei</strong> nuovi<br />
servizi<br />
Roma, 6 luglio <strong>2004</strong>. È un inquietante precedente<br />
mondiale quello sancito dalla Corte di<br />
appello del primo Circuito a Boston: una<br />
sentenza - molto contestata, che ha fatto scalpore<br />
ma che non tutti prendono sul serio - ha<br />
stabilito che i messaggi e-mail non sono<br />
protetti dalle leggi sulla privacy poiché transitano,<br />
anche solo per un millesimo di secondo,<br />
sui computer di provider Internet che possono<br />
farne quello che vogliono. Negli Stati Uniti, la<br />
patria di Internet, si discute animatamente se<br />
questo può costituire un precedente.<br />
Alcuni sostengono che la sentenza potrebbe<br />
avere effetti su tutto il prossimo sviluppo di<br />
Internet; altri che la decisione di Boston non<br />
avrà effetti pratici.<br />
Il caso di cui parliamo nasce dalla vicenda di<br />
un venditore di libri on-line di Boston : la<br />
compagnia nel 1998 vendette indirizzi e-mail<br />
a commercianti di libri e, in segreto, copiò i<br />
messaggi che questi venditori avevano avuto<br />
da Amazon.com. Nel 1999 la società e un<br />
impiegato si dichiararono colpevoli di spionaggio<br />
telematico ma ora la sentenza che<br />
pubblichiamo afferma che, in effetti, non<br />
commisero alcun reato.<br />
19 (27)
M E M O R I A<br />
Leo<br />
Longanesi<br />
di Enzo Magrì<br />
Di statura non superava il metro e<br />
sessanta. Mino Maccari, amico di<br />
sempre, sosteneva che “era nato<br />
nel secolo decimonano”. Vincenzo<br />
Cardarelli, suo sodale degli anni<br />
romani, ripeteva, ironizzando, che<br />
di notte, quando s’arrabbiava,<br />
“andava su e giù sotto il letto”. Tuttavia,<br />
nonostante l’altezza, o forse<br />
proprio per questo, Leo Longanesi<br />
non esitava, ancora ventiquattrenne,<br />
ad accapigliarsi con i grandi di<br />
statura e di fama. Nel 1929 sfidò a<br />
duello Guido Da Verona che aveva “offeso” Alessandro<br />
Manzoni scrivendo una parodia <strong>dei</strong> Promessi sposi in cui<br />
Lucia faceva la donna di vita in una casa chiusa di via Tadino,<br />
a Milano. Due anni più tardi, davanti al Comunale di Bologna,<br />
benché sommerso da una turba d’uomini vocianti, riuscì<br />
a mollare uno schiaffo ad Arturo Toscanini (che definiva un<br />
Gondrand della musica) il quale si rifiutava di aprire con<br />
Giovinezza il concerto in onore del maestro Giuseppe<br />
Martucci. Solitario e malinconico, instancabile inventore di<br />
scritte, battute, calembour, sigle, emblemi, trovate, barzellette,<br />
aforismi e disegni satirici, Longanesi è stato un genio della<br />
grafica, del giornalismo e dell’editoria tanto da potere essere<br />
paragonato ad Aldo Manuzio, il<br />
Gutemberg italiano, colui che nel<br />
1550 creò il carattere italico, ispirandosi<br />
anche alla scrittura di Francesco<br />
Petrarca.<br />
Irrimediabilmente borghese, Leo<br />
era allo stesso tempo un anarchico<br />
e un conformista dissacratore con<br />
la vocazione a schierarsi controcorrente,<br />
forte della sua preparazione<br />
culturale e del suo innegabile gusto<br />
grafico. Le definizioni di conformista<br />
e di anarchico potrebbero apparire<br />
contraddittorie. Non lo sono se riferiti<br />
ad una persona la cui vita si è dipanata sotto il segno<br />
dell’incoerenza. Fascista, ma contemporaneamente frondista,<br />
coniò esaltanti motti che osannavano il dittatore (“Mussolini<br />
ha sempre ragione”). Nel medesimo tempo inventò irridenti<br />
battute contro lo stesso tiranno (“Di Mussolini non mi<br />
fanno paura le idee ma le ghette”).Tuttavia, dopo aver ironizzato<br />
sul duce, si recava a Palazzo Venezia per sottoporre al<br />
tiranno la prima copia dell’Italiano oppure, più tardi, i numeri<br />
zero di Omnibus. Anche per questa ragione Giovanni Comisso<br />
lo definì “piccolo nano di corte”.<br />
Le sue incongruenze non sono confinate al solo periodo<br />
fascista. Si estendono anche a quello della democrazia.<br />
Bramoso d’essere liberato prima possibile dagli americani,<br />
nella primavera del 1944 attraversò le linee (colto dal fuoco<br />
<strong>dei</strong> due eserciti si riparò sotto un muro pericolante nel quale<br />
campeggiava la sua frase Il duce ha sempre ragione) e si<br />
presentò agli alleati a Napoli che lo impiegarono con Steno e<br />
Mario Soldati nel Centro italiano di propaganda dove si distinse<br />
per la satira antifascista. Tentò anche d’iscriversi al partito<br />
comunista, ma ne fu rifiutato dalla dirigenza. A democrazia<br />
instaurata, cominciò a dolersi del nuovo regime, tanto da<br />
indulgere nella nostalgia e d’essere preso per un passatista,<br />
addirittura per un neofascista. Un<br />
dialogo riportato in un suo volume,<br />
e che risale al 1944, dà la misura<br />
della sua insofferenza verso l’Italia<br />
del dopo ventennio.<br />
“Lei è democratico?”.<br />
“Lo ero”.<br />
“Lo sarà ancora?”<br />
“Spero di no”.<br />
“Perché?”. “<br />
“Perché dovrebbe tornare il fascismo:<br />
soltanto sotto una dittatura<br />
riesco a credere nella democrazia”.<br />
Il giornalista fondatore dell’ononima casa editrice<br />
Fascista e frondista, coniava esaltanti slogan per il dittatore (Il duce<br />
ha sempre ragione), che poi bollava con brucianti motti (Di Mussolini<br />
non mi fanno paura le idee ma le ghette). Inventò parecchi giornali<br />
tra cui Omnibus, un modello di rotocalco degli anni ‘30 e, nel<br />
1950, Il Borghese.<br />
Scoprì numerosi talenti letterari quali Buzzati, Berto, Brancati. La<br />
casa editrice da lui fondata giunse a competere con le grandi del<br />
settore: Mondadori e Rizzoli. Le sue contraddizioni continuarono<br />
anche in tempi di democrazia; mentre attaccava lo statalismo, redigeva<br />
Il Garofano Rosso, un giornale aziendale dell’Eni di Enrico<br />
Mattei di cui era amico e consulente.<br />
I suoi aforismi e i suoi giudizi erano temuti tanto dai nemici quanto<br />
dagli amici che alla sua morte, pur rimpiangendolo, si confortarono<br />
al pensiero che da quel momento ciascuno di loro, scrivendo<br />
un articolo oppure un libro, non si sarebbe più chiesto<br />
“chissà che cosa dirà Leo quando lo leggerà”. Morì a 52 anni<br />
mentre stava per fondare un’altra Longanesi.<br />
Un “Borghese”<br />
grande grande<br />
I due volti della Romagna<br />
e la passione per il fascismo<br />
La sua travagliata, affascinante, avventura<br />
nel mondo della carta stampata comincia<br />
quand’egli ha ancora i pantaloni corti. Romagnolo<br />
(era nato il 30 agosto 1905, in una<br />
famiglia borghese di Lugo) aveva avuto<br />
un’infanzia solitaria “dominata dal contrasto<br />
tra il cattolicesimo casalingo della nonna e il<br />
socialismo irruente del nonno; due volti<br />
inconciliati della Romagna”. Questo conflitto<br />
accende probabilmente nel ragazzo la<br />
passione per il fascismo nel quale s’imbranca<br />
nel 1920 partecipando ad un’azione<br />
squadrista all’università di Bologna brandendo<br />
addirittura una pistola.<br />
L’audacia che impronta il quindicenne, indurrebbe<br />
a inquadrarne lo spirito in un contesto<br />
di grossolanità irriflessiva e volgare.<br />
Sarebbe un errore. Patito del pittore-disegnatore-litografo<br />
Honeré Daumeir, Leo acquista<br />
pacchi di ottocentesche riviste francesi con<br />
le incisioni del suo modello ma anche collezioni<br />
dell’Asino con le vignette di Podrecca e<br />
Galantara. Trasferitosi stabilmente a Bologna,<br />
inventa i mensili È permesso…?, Il Toro<br />
e Dominio. Contemporaneamente inizia a<br />
collaborare con il periodico di Anton Giulio<br />
Bragaglia, L’Index rerum virorunque proibitorum,<br />
in cui si prendono in giro i vip del momento.<br />
Nel 1924 scrive per L’Assalto e Il Selvaggio.<br />
Ma è con la creazione de L’Italiano (14<br />
gennaio 1926) che il suo nome si diffonde tra<br />
l’Italia colta. Longanesi e l’Italiano combaciano<br />
con il movimento culturale “Strapaese”<br />
che difende la tradizione nazionale contro la<br />
tendenza della cultura aperta a influssi stranieri.<br />
Il giovane di Lugo entra in polemica con<br />
“Stracittà”, la corrente opposta che propugna<br />
l’impegno del sapere verso il modernismo, e<br />
a favore degli influssi della civiltà industriale,<br />
della Scienza e della Tecnica, indirizzo che<br />
si richiama alla rivista 9OO. L’Italiano si<br />
propone soprattutto “d’impedire l’imborghesimento<br />
del fascismo, di sostenerne le finalità<br />
rivoluzionarie, di colpire a fondo gli avversari<br />
di Mussolini, d’inventare un’arte e una letteratura<br />
fasciste”.<br />
Approvata dal duce (“purché si polemizzi<br />
soltanto con gli antifascisti”), la rivista ospita<br />
scritti di Ungaretti, Rosai, Carrà, Bartoli,<br />
Agnoletti. È in quegli anni che Longanesi,<br />
posseduto dal mito mussoliniano, scrive “Il<br />
Vademecum del perfetto fascista seguito da<br />
dieci assiomi per il milite ovvero avvisi ideali”<br />
(1926). Nonostante avesse avuto il merito<br />
d’aver diffuso lo slogan “Mussolini ha sempre<br />
ragione”, il settimanale (divenuto quindicinale)<br />
è chiuso il 31 ottobre dello stesso anno,<br />
poco dopo l’attentato di Anteo Zamboni al<br />
dittatore.<br />
Privo del suo foglio, ed estromesso anche<br />
dall’Assalto (per avere criticato il senatore<br />
Tanari, finanziatore dello squadrismo bolognese),<br />
Leo si trasferisce a Roma dove, con<br />
Maccari, Cardarelli, Bartoli, Barili, Talarico ed<br />
altri, elegge il caffè Aragno a cenacolo. Qui,<br />
nonostante le trepidazioni del poeta, il quale,<br />
intabarrato estate e inverno nel suo cappotto,<br />
è convinto che uno <strong>dei</strong> camerieri sia una<br />
spia dell’Ovra, nascono molti celebri calembour:<br />
“Sbagliando s’impera”, “Lardo ai giovani”,<br />
“Mi piacciono i giovani perché sbagliano<br />
subito”. Frondista di sera, continua ad essere<br />
fascista di giorno. Ma valendosi dell’autoironia,<br />
si sottrae a servili prestazioni al regime<br />
come quando, nel 1932, chiede d’essere<br />
dispensato dal fare la guardia d’onore con il<br />
moschetto alla Mostra del decennale del<br />
fascismo (dove egli aveva allestito una rassegna<br />
fotografica su Mussolini) con una battuta<br />
che strappò una risata al duce. Rilevò,<br />
beffardo: “La gente vedrebbe solo il moschetto<br />
e penserebbe che la guardia è scappata.<br />
Bella figura per la rivoluzione”.<br />
Nel 1938 nasce “Omnibus”<br />
con l’imprimatur del Duce<br />
La cortigianeria che usa verso il fascismo,<br />
è riscattata solo in parte della genialità con<br />
la quale realizza alcune iniziative giornalistiche<br />
di notevole spessore culturale e<br />
professionale. Nel 1933 chiede a Mussolini<br />
il permesso di pubblicare un settimanale.<br />
L’autorizzazione gli viene accordata nel ‘35,<br />
alla vigilia della guerra contro l’Etiopia.<br />
Omnibus, primo settimanale italiano a<br />
lenzuolo, nasce il 28 marzo 1938 per i tipi<br />
di Angelo Rizzoli che, con Arnoldo Mondadori,<br />
utilizza il rotocalco, un sistema di stampa<br />
nato in America e che ha fatto la fortuna<br />
di Life.<br />
Il servizio d’apertura del primo numero su<br />
Leon Blum, corredato da una grande foto,<br />
scritto da Carlo Scarfoglio, strappò una<br />
bestemmia a Mussolini. Sul settimanale, che<br />
resterà un modello di giornalismo d’avanguardia,<br />
scrivono oltre a Scarfoglio, Mario<br />
Missiroli, Arrigo Benedetti, Mario Pannunzio,<br />
Alberto Moravia, Giovanni Drogo (Dino<br />
Buzzati), Mario Soldati, Tommasi di Lampedusa.<br />
E poi ancora Enrico Emanuelli, Curzio<br />
Malaparte, Eugenio Montale, Vitaliano Brancati,<br />
Elio Vittorini, Riccardo Bacchelli oltre<br />
naturalmente a Indro Montanelli che con<br />
Giovanni Ansaldo saranno impegnati anche<br />
nella “cucina”.<br />
Per alcuni (e tra questi c’è Giuseppe Trevisani),<br />
“il settimanale rappresentò il tentativo di<br />
rifare un giornalismo per pochi, un periodico<br />
per una minoranza qualificata mentre l’indirizzo<br />
politico del tempo e lo sviluppo <strong>dei</strong><br />
nuovi mezzi tecnici designavano sempre di<br />
più il giornalismo come prodotto destinato<br />
alle masse”. Ma Arrigo Benedetti scriverà<br />
che ne venne fuori “un giornale letterario<br />
solo perché compilato in gran parte da scrittori<br />
e che improvvisamente innestò sul tronco<br />
del giornalismo italiano nuovo, motivi<br />
provenienti da quello anglosassone”. Il giornalista<br />
di Lucca rilevò che si trattò “d’un’esperienza<br />
morale e d’un’esperienza tecnica”.<br />
Riferendosi al suo maestro Longanesi, l’inventore<br />
dell’Europeo e dell’Espresso sottolineò<br />
che “la sua intransigenza artigiana<br />
rappresentò per molti il migliore insegnamento<br />
che possa avere avuto un giornalista<br />
nei tempi precedenti all’ultima guerra<br />
mondiale”.<br />
Omnibus riportava articoli di fondo fascisti e<br />
“foto di ebrei per far rilevare che erano brutti<br />
e antifascisti”. Tuttavia, primo in Italia,<br />
pubblicò scrittori proibiti come Ernest<br />
Hemingway, tradotto da Elio Vittorini. Attraverso<br />
quel giornale gli italiani colti conobbero<br />
D. H. Lawrence, Dashiell Hammett, James<br />
Cain, Joseph Roth, John Steinbeck, Erskine<br />
20 (28) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Caldwell. Direttore e unico redattore, Longanesi<br />
(qualche volta aiutato da Indro Montanelli<br />
e da altri fedelissimi), mescola insieme<br />
caratteri tipografici diversi e ordina immagini<br />
indicando al fotografo oggetto e posa. Naturalmente<br />
interviene sui pezzi, tagliando,<br />
aggiungendo, togliendo qua e là un aggettivo,<br />
rimaneggiando ove sia necessario.<br />
E all’uscita di ogni numero<br />
Mussolini si lamenta<br />
Omnibus campò complessivamente un anno<br />
e mezzo avendo vissuto una vita agitata e<br />
precaria. Dopo l’uscita d’ogni numero,<br />
Mussolini chiamava il ministro per la Cultura<br />
popolare, per dolersi delle critiche che il giornale<br />
rivolgeva al regime. Dino Alfieri riusciva<br />
a rabbonire il dittatore che concludeva<br />
immancabilmente con una minaccia: “dal<br />
prossimo numero il giornale va sospeso”. La<br />
chiusura di Omnibus giunse con la copia del<br />
29 gennaio 1939. Le versioni sulla sua fine<br />
sono due.<br />
Secondo la prima, il giornale venne chiuso<br />
perché Alberto Savinio raccontò la morte di<br />
Leopardi a Napoli per via d’un attacco di<br />
“cacarella” causato dai troppi gelati ingollati.<br />
Secondo altri perché, sempre il fratello di De<br />
Chirico, attribuì la chiusura del caffè Gambrinus<br />
alla decisione d’un alto commissario per<br />
il chiasso che proveniva dal locale e che<br />
disturbava la moglie mentre giocava a bridge<br />
con le amiche nell’appartamento sovrastante.<br />
Savinio aveva scritto “che l’aria di<br />
Napoli era fatale ai caffè come le rose sono<br />
fatali agli asini”. “Duce, questo gazzettiere mi<br />
dà del somaro” si lamentò il funzionario con<br />
il dittatore che decretò la cessazione della<br />
rivista. Rimasto “disoccupato”, Longanesi<br />
resuscita l’Italiano e, allo scoppio della guerra,<br />
dopo una breve esperienza in Libia con<br />
Italo Balbo, per ragioni di salute, si dedica a<br />
Fronte, una rivista per i soldati preparata dal<br />
ministero per la Cultura popolare. Nel frattempo<br />
dirige per Rizzoli la collana “Il sofà<br />
delle Muse”.<br />
La sua insofferenza di frondista verso il fascismo<br />
esplode il 25 luglio 1943. La caduta del<br />
regime lo coglie esultante per le strade di<br />
Roma al pari d’un inveterato antifascista.<br />
Paolo Monelli ricorda che quel giorno i cittadini,<br />
“presi da bellicoso furore mossero<br />
all’assalto <strong>dei</strong> circoli rionali e s’impadroniscono<br />
delle armi”. Annota: “Si vede Longanesi<br />
che va fieramente per via con un fucile a<br />
bracciarm”. In serata Leo si ritrova con<br />
Pannunzio, Flaiano e Benedetti al Messaggero<br />
dove insieme scrivono un fondo inneggiante<br />
alla libertà.<br />
L’esultanza del giornalista per la fine della<br />
dittatura dura poco. A Napoli, dove si è recato<br />
agli inizi del 1944, oltre che con il Centro<br />
italiano di propaganda radiofonica, Stella<br />
Bianca, collabora con i giornali L’Astolfo e il<br />
Partigiano, un foglio quest’ultimo che le<br />
fortezze volanti lanciano sull’Italia non ancora<br />
liberata. Ben presto affiora la sua scontentezza<br />
verso il nuovo clima. Ad innescarla è la<br />
presenza nel capoluogo campano di molti<br />
fuorusciti che vi sono confluiti dai diversi esili<br />
e che “turbano il senso estetico” del romagnolo.<br />
Cosicché tra se stesso e i gli antifascisti<br />
reduci da ventanni di lontananza dall’Italia,<br />
mette i cento e più chilometri che separano<br />
Napoli da Roma.<br />
Ed è nella capitale, che il 25 aprile 1945<br />
apprende da un giornale della fucilazione e<br />
dello scempio del corpo di Mussolini e degli<br />
altri gerarchi a piazzale Loreto. Mentre legge<br />
il titolo, ricorda le parole che il duce gli aveva<br />
rivolto sulla spiaggia di Cesenatico: “Voi siete<br />
anarchico. Siatelo per molti anni finché lo<br />
potete. È una ricetta per restar giovani”.<br />
Fonda la casa editrice<br />
con l’industriale Monti<br />
Non c’è bisogno dell’esortazione del defunto<br />
duce per stimolare Longanesi a continuare<br />
pervicacemente, per la restante parte della<br />
sua vita, nello stile libertario che ne ha caratterizzato<br />
fino a quel punto la condotta. Alla<br />
fine dell’anno 1945, egli lascia Roma per<br />
Milano.<br />
Qui, agli inizi del 1946 fonda la casa editrice<br />
che porta il suo nome insieme con l’industriale<br />
Giovanni Monti. A competere con i<br />
grandi dell’editoria, Rizzoli e Mondadori, lo<br />
coadiuvano un redattore, Mario Monti, figlio<br />
di Giovanni, comproprietario dell’azienda e<br />
un collaboratore, Bruno Licitra. Danno una<br />
mano anche Indro Montanelli, che all’occorrenza<br />
riscrive i libri e Giovanni Ansaldo che<br />
si occupa della saggistica. Collaborano<br />
intellettuali di diverse tendenze politiche:<br />
Henry Furst, Emilio Cecchi e Alberto Moravia.<br />
Come per il giornalismo anche per l’editoria,<br />
Longanesi rivela un acume sbalorditi-<br />
vo nello scoprire talenti e genialità; dote che<br />
ha sperimentato al tempo di Omnibus. Un<br />
giorno, in quella fine di anni 30, Montanelli<br />
e Pannunzio si stavano sganasciando dalla<br />
risate in redazione mentre leggevano un<br />
libretto intitolato Piave, scritto da uno<br />
sconosciuto autore. Si trattava d’un’opera<br />
retorica “che traboccava fesserie”. Leo chiese<br />
ai due quale fosse il motivo di quel divertimento.<br />
Montanelli gli mostrò il volume. Il<br />
direttore vi gettò una rapida occhiata e<br />
replicò: “Siete due cretini. Non capite un<br />
accidente. Qui sotto c’è un talento”.<br />
Fu lo stesso Montanelli a scovargli l’autore,Vitaliano<br />
Brancati che lavorava al Tevere.<br />
Quando ebbe davanti il giovane siciliano,<br />
Leo lo strapazzò: “Lei è un idiota. Crede di<br />
essere un poeta epico. È invece sa cos’è? È<br />
un Gogol, un gogolino di Catania. Mi scriva<br />
un racconto sulla sua città. Deve raccontare<br />
storie di corna e il dongiovannismo della Sicilia.<br />
Si dia da fare”.<br />
“Il cielo è rosso” di Berto:<br />
retroscena di un successo<br />
Tra i primi libri pubblicati dalla Longanesi c’è<br />
Il cielo è rosso di Giuseppe Berto. L’autore<br />
rievocherà più tardi il retroscena di quel<br />
successo dovuto ovviamente all’intuizione di<br />
Longanesi. Il volume, scritto durante la<br />
prigionia, era stato respinto da parecchi<br />
editori, uno <strong>dei</strong> quali non l’aveva neppure<br />
letto.<br />
Leo, dopo avere percorso velocemente con<br />
lo sguardo il manoscritto davanti a Berto,<br />
ebbe un gesto di disgusto ma invitò il giovane<br />
scrittore a farsi vedere due giorni più tardi.<br />
La diagnosi fu inesorabile: era necessario<br />
eliminare il primo capitolo e bisognava<br />
eseguire sapienti tagli perché “l’opera era<br />
noiosa”. “Bisogna mettere le mani dappertutto”<br />
concluse l’editore. Berto accondiscese a<br />
malincuore ad affidargli il romanzo. Riteneva<br />
tuttavia che Longanesi lo avrebbe consultato<br />
per concordare tagli e rifacimenti.<br />
Per tre mesi non seppe nulla. Un giorno,<br />
occhieggiando nella vetrina d’un libraio di<br />
Venezia, lo scrittore notò il suo nome e<br />
cognome sopra un libro che s’intitolava Il<br />
cielo è rosso, intestazione che trovò tuttavia<br />
gradevole. Amareggiato per essere<br />
stato escluso dall’editing (ma anche scarsamente<br />
disposto a protestare), l’autore<br />
trovò conforto nel risvolto finanziario che<br />
ebbe la sua vicenda. Non essendo riuscito<br />
ad opporsi al disegno di Longanesi di<br />
“aggiustare” il volume, Berto quasi involontariamente<br />
si era assicurato un piccolo<br />
vantaggio.<br />
Il romagnolo gli aveva proposto royalties<br />
molto basse. Tuttavia aveva aderito alla<br />
richiesta dello scrittore d’avere una percentuale<br />
del venti per cento qualora l’opera<br />
avesse superato le novemila copie. Una<br />
provvigione che l’editore aveva concesso<br />
convinto che il libro non avrebbe toccato<br />
quella punta di vendita. Longanesi dovette<br />
pentirsi di quella scarsa estimazione. In poco<br />
tempo Il cielo è rosso superò le novemila<br />
copie di tiratura.<br />
La “scoperta” di Berto si aggiungeva a quell’altra<br />
felice intuizione che lo aveva illuminato<br />
su Dino Buzzati (suo collaboratore in Omnibus)<br />
al quale aveva suggerito Il deserto <strong>dei</strong><br />
tartari.<br />
Montanelli nel ruolo<br />
di revisore <strong>dei</strong> testi<br />
Nell’immediato dopoguerra, per i tipi della<br />
Longanesi (che si batte senza soggezione<br />
contro Mondadori e Rizzoli) escono anche<br />
Tempo d’uccidere di Ennio Flaiano, premio<br />
Strega del 1947, La vera signora di Elena<br />
Canino, Il vero signore di Giovanni Ansaldo<br />
(oltre a Latinorum e al Ministro della buona<br />
vita dello stesso autore), I pensieri di un<br />
libertino di Arrigo Cajumi, Fuga in Italia di<br />
Mario Soldati e decine di altri libri. Come<br />
ricorderà Spadolini, il periodo che va dal<br />
1945 al 1950, rappresenta un momento felice<br />
per l’ex direttore di Omnibus, unito in<br />
sodalizio con Montanelli, che riscrive parecchi<br />
volumi.<br />
Molte opere della casa editrice degli spadini<br />
hanno carattere provocatorio come quelle di<br />
Bertrand Russel (Storia della filosofia occidentale),<br />
Saverio Merlino (Utopia collettivista),<br />
Panfilo Gentile (Cinquantanni di Socialismo),<br />
Francesco Saverio Nitti (Eroi e briganti),<br />
John Reed (Dieci giorni che sconvolsero<br />
il mondo), Quinto Navarra (Le memorie<br />
del cameriere di Mussolini).<br />
Questo volume fu in effetti scritto da Montanelli<br />
e da Longanesi sotto la dettatura del<br />
domestico del dittatore. Sempre legato al<br />
giornalismo attivo, nel 1946 Leo inventa Il<br />
Libraio, primo tabloid italiano; un mensile<br />
distribuito nelle librerie e venduto in abbonamento.<br />
Benché avesse carattere eminentemente<br />
promozionale, la rivista rappresentò<br />
un esempio di pubblicazione periodica tanto<br />
da essere definita “un Omnibus in piccolo”.<br />
L’impegno che obbliga il romagnolo a leggere<br />
i libri degli altri, non gli toglie la voglia di<br />
scriverne di propri.<br />
Nel 1948 manda alle stampe In piedi e seduti,<br />
un exursus di avvenimenti e personaggi<br />
dal 1919 al 1943. Nel 1950, inventa Il Borghese,<br />
un settimanale politico in cui eccelle<br />
sin dalla copertina la sua produzione grafica,<br />
carica di sarcasmo e di ironia. Sulla nuova<br />
pubblicazione scrivono Montanelli (anche<br />
con gli pseudonimi di Adolfo Contano e Antonio<br />
Siberia) che in America “stimola” Giuseppe<br />
Prezzolini, Giovanni Spadolini, Alberto<br />
Savinio, Ennio Flaiano, Colette Rosselli,<br />
Henry Furst, Giovanni Ansaldo, Irene Brin,<br />
Goffredo Parise, Giuseppe Compagnoni,<br />
Elena Canino, Orsola Nemi, Piero Buscaroli.<br />
Il giornale è in polemica con i governi centristi<br />
della repubblica: un contrasto carico di<br />
elementi e di inflessioni tipici della destra<br />
protestataria.<br />
Le critiche, che da quella posizione politica<br />
Leo rivolge ad alcuni intellettuali, accendono<br />
una disputa tra il romagnolo ed un suo<br />
vecchio discepolo che, professionalmente,<br />
aveva fatto onore al maestro inventando<br />
prima Oggi e successivamente Il Mondo.Mi<br />
riferisco a Mario Pannunzio. “Ma come”<br />
(scrisse questi rivolgendosi al suo ex direttore)<br />
“io quando arrivai a Roma ero un buon<br />
fascista per il semplice motivo che conoscevo<br />
solo il fascismo. Ero vissuto in provincia,<br />
a Lucca, e avevo poco più di vent’anni. Venni<br />
a Omnibus. E fu lì, accanto a lei, e per sua<br />
suggestione, che ho cominciato ad avere <strong>dei</strong><br />
dubbi e poi a passare addirittura all’altra<br />
parte. Fu lei a spingerci tutti sulla strada<br />
dell’antifascismo e ora ci rimprovera d’averla<br />
battuta fino in fondo”.<br />
“Il Borghese”, un giornale<br />
che demonizza lo statalismo<br />
È assolutamente inutile richiamare Leo alla<br />
coerenza <strong>dei</strong> suoi gesti e <strong>dei</strong> suoi pensieri. Il<br />
carattere contraddittorio del suo spirito si<br />
manifesta anche nel dopoguerra. Mentre<br />
pubblica Il Borghese, un giornale di destra<br />
che demonizza lo statalismo il quale trova<br />
sempre più spazio nella società italiana,<br />
Longanesi insieme con Giovanni Ansaldo,<br />
redige e stampa Il Garofano Rosso, un giornale<br />
aziendale di propaganda anticomunista<br />
che però sostiene l’impresa di stato perché<br />
appartiene all’Eni di Enrico Mattei di cui è<br />
diventato amico e confidente, una sorta di<br />
consigliere politico.<br />
Poiché questi è in difficoltà con la componente<br />
di destra della Democrazia Cristiana,<br />
il direttore del Borghese gli consiglia di<br />
buttarsi a sinistra. “Vedrà” gli assicura “come<br />
cambierà il vento”.Più tardi gli suggerirà pure<br />
l’idea di stampare Il Giorno, il quotidiano che<br />
verrà realizzato dal suo amico Gaetano<br />
Baldacci.<br />
A partire dall’inizio degli anni Cinquanta si<br />
apre per Longanesi una fase (1950-1957)<br />
difficile durante la quale manifesta rabbia e<br />
livore contro tutti. È il periodo in cui litiga<br />
persino con Indro. Ma la sua collera è rivolta<br />
soprattutto contro la borghesia “populista<br />
che scimmiotta gli operai”. Un atteggiamento<br />
che uno <strong>dei</strong> suoi critici, Alberto Moravia bolla<br />
come “un crepuscolarismo che gli impedisce<br />
di prevedere la ripresa consumistica e<br />
neocapitalista di quella borghesia nella quale<br />
non gli era mai riuscito di credere anche per<br />
via <strong>dei</strong> suoi insuperabili limiti di geniale artigiano<br />
che non gli consentirono di passare<br />
dall’artigianato all’industria culturale come<br />
fecero gli altri”.<br />
Il pessimismo di Leo trasuda dalle battute<br />
che sono trafiggenti anche in tempi di democrazia.<br />
“La nostra bandiera dovrebbe recare<br />
una grande scritta: ho famiglia”; “L’ingiustizia<br />
ha ancora un avvenire”; “Non è la libertà che<br />
manca, mancano gli uomini liberi”; “Uno<br />
stupido è uno stupido. Due stupidi sono due<br />
stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica”;<br />
“Veterani si nasce”; “Non sono le idee<br />
che mi spaventano ma le facce che rappresentano<br />
queste idee”; “È meglio assumere<br />
un sottosegretario che una responsabilità”; “I<br />
presenti non sono mai stati fascisti”; “Non c’è<br />
posto per la fantasia che è figlia della libertà”;<br />
“La libertà è morta perché si è troppo estesa”;<br />
“Sono fanatici ma non senza conservare<br />
una qualche amicizia nel campo avversario”;<br />
“Cercava la rivoluzione trovò l’agiatezza”;<br />
“Una personalità complessa: si scrive lettere<br />
anonime per guidare la propria coscienza”.<br />
Longanesi dissemina di battute acide e ciniche<br />
i suoi libri.<br />
All’esordio degli anni Cinquanta stampa Una<br />
segue<br />
21 (29)
Leo Longanesi / segue<br />
vita (1950), Il destino à cambiato cavallo<br />
(1951), Un morto fra noi (1952), Ci salveranno<br />
le vecchie zie (1953). Dopo una pausa di<br />
quattro anni, riprende a scrivere opere nella<br />
seconda metà <strong>dei</strong> Cinquanta: Lettera alla<br />
figlia del tipografo di L.L. (1957), Me ne vado<br />
(1957), La sua signora, taccuino di L.L.<br />
(1957). Ai libri aggiunge la mai interrotta<br />
produzione pittorica e grafica carica di scherno<br />
e derisione.<br />
L’impegno nella politica<br />
con la Lega Fratelli d’Italia<br />
Un po’ perché la linea politica del Borghese<br />
collide con gli interessi della casa editrice un<br />
po’ perché la sua azione disturba l’intero<br />
arco costituzionale, sta di fatto che la disinvolta<br />
indipendenza di Leo entra in conflitto<br />
con il suo socio.<br />
I due decidono di separarsi. Un primo<br />
accordo che consente a Longanesi di<br />
acquistare per cinque milioni la testata del<br />
settimanale, comprese le riserve di carta,<br />
non va in porto. Poi, un nuovo assetto societario<br />
della Longanesi e C e l’aumento di<br />
capitale lo escludono dall’azienda. Mentre<br />
tenta d’impegnarsi sul piano politico con la<br />
costituzione della Lega Fratelli d’Italia, una<br />
formazione di destra (da alcuni considerata<br />
“impossibile”) insieme con Mario Tedeschi<br />
e Gianna Preda, il romagnolo studia di dar<br />
vita ad una nuova casa editrice. Inizia a<br />
lavorare alla Rizzoli per preparare una<br />
collana di volumi che s’intitola I libri di Leo<br />
Longanesi.<br />
Era il primo nucleo d’un’altra azienda editoriale<br />
per la quale ha preparato anche il<br />
simbolo.<br />
Mentre per la prima<br />
Longanesi aveva<br />
inventato l’emblema<br />
<strong>dei</strong> due spadini,<br />
in omaggio alla<br />
moglie, Maria Spadini,<br />
figlia del celebre<br />
pittore, Armando,<br />
per questa nuova<br />
ha ideato una<br />
figurazione rappresentata<br />
due cannoni<br />
incrociati.<br />
Nel pomeriggio di venerdì 17 settembre del<br />
1957 il giornalista si sentì male nel suo<br />
studio di via Bigli. “Meglio così tra i miei arnesi”<br />
sibilò prima di entrare in coma e di morire.<br />
Per trasportarlo in clinica, fu necessario<br />
fare un lungo periplo cittadino perché il<br />
centro di Milano era bloccato dai funerali del<br />
conte Dino Branca di Romanico.<br />
Cardarelli scrisse: “Caro Leo, il tuo trapasso<br />
era l’estremo dispetto che hai voluto farci.<br />
Siamo qui a pentirci d’essere ancora in vita.<br />
Vorremmo scrutarci e siamo certi che sei in<br />
un luogo adatto per intenderci”. Il devoto<br />
commiato si chiudeva teneramente: “Sii<br />
beato, sii felice, felice, caro Leo, nel regno<br />
che certo ti ha destinato la tua guerriera<br />
innocenza”.<br />
Amici e nemici liberati<br />
dalla sua “tirannia” culturale<br />
Con la sua morte,<br />
Longanesi liberò<br />
amici e nemici dalla<br />
impietosa e crudele<br />
tirannia culturale<br />
per la quale<br />
era temuto tanto<br />
dagli uni quanto<br />
dagli altri.<br />
Di ritorno da Lugo<br />
di Romagna, dove<br />
lo avevano accompagnato<br />
all’ultima<br />
dimora, Giorgio Cabella, Indro Montanelli e<br />
Giovanni Ansaldo, durante il lungo viaggio in<br />
macchina verso Milano, evocarono la figura<br />
dell’amico. Abbandonati quasi subito le frasi<br />
di circostanza, i ricordi <strong>dei</strong> tre sprigionarono<br />
un fuoco d’artificio di battute, aneddoti, definizioni.<br />
Venne fuori pure il carattere sopraffattore<br />
del defunto. Ansaldo, pur riconoscendo<br />
la irreparabilità della dolorosa perdita, non<br />
poté non annotare che da quel momento tutti<br />
loro avrebbero potuto scrivere articoli “anche<br />
nei momenti di fiacca e lardellarli di sbadigli<br />
senza la solita maledetta paura che cadessero<br />
sotto l’occhio di Longanesi”.<br />
“Potremmo pronunciare frasi inutili e stupide<br />
senza il solito maledetto terrore che arrivino<br />
all’orecchio di Longanesi”.<br />
Pur nel rispetto del morto, con un sospiro di<br />
sollievo l’autore del Ministro della buonavita,<br />
libero da infingimenti, confessò: “L’incubo è<br />
finito”.<br />
Enzo Magrì<br />
GIORNALISMO<br />
E CINEMA<br />
Regista di numerosi film di successo -<br />
Pane amore e fantasia,<br />
Pinocchio Incompreso -<br />
ha collaborato a periodici e giornali.<br />
Con la critica cinematografica<br />
e la militanza civile e politica<br />
Luigi<br />
Comencini<br />
di Renata Broggini<br />
Un profilo meno noto nella biografia di Luigi Comencini è<br />
l’impegno quale giornalista negli anni Quaranta. In ruoli<br />
diversi: critico cinematografico, poi inviato speciale del settimanale<br />
Tempo illustrato, di Mondadori, nel 1939-41. Di critica<br />
si occupa su Vita Giovanile e Corrente - portavoce del<br />
movimento post-impressionista di Ernesto Treccani e di<br />
Raffaele De Grada, fondato nel 1938 contro l’isolazionismo<br />
fascista. Attività ripresa sulla pagina culturale dell’Avanti!<br />
nel 1945-46.<br />
Ma in quel periodo c’è una parentesi ancora meno conosciuta,<br />
l’antifascismo “militante” nel 1943-45, quando dall’Italia<br />
occupata dai tedeschi trova rifugio in Svizzera. È il Comencini<br />
collaboratore e redattore di fogli politici degli esuli italiani di<br />
orientamento socialista, che rivela un’apertura culturale non<br />
comune per un giovane della borghesia italiana di allora. Una<br />
formazione che riflette non solo gli studi, ma anche gli anni<br />
giovanili vissuti all’estero e la nascita in una famiglia “internazionale”.<br />
La madre Marie-Magdaleine Hefti è svizzera-tedesca originaria<br />
di Glarona, “valdese”, cresciuta nel Bresciano, dove i<br />
suoi sono proprietari di una filatura di cotone: “poneva molta<br />
cura nello sviluppare in me l’amore per le cose gentili e poetiche”,<br />
racconta Comencini stesso nel suo Infanzia, vocazione,<br />
esperienza di un regista (1999). Cerca di appassionarlo<br />
invece alla tecnica e alla meccanica il padre Cesare, ingegnere<br />
civile, di una modesta famiglia cattolica di campagna<br />
di Orzivecchi presso Brescia.<br />
Oltre a questa dialettica familiare, incide sul suo carattere<br />
l’adolescenza nel sud ovest francese, dove i Comencini si<br />
trasferiscono in un’azienda agricola: vita isolata e solitaria,<br />
fantasticando però viaggi da quando in casa entra un “orario<br />
ferroviario europeo”, anche se poi si limitano a rientri in Italia<br />
o alle vacanze dalla nonna in Svizzera. La passione per il<br />
cinema nasce proprio negli anni in Francia tra inquietudini,<br />
situazioni difficili, emarginazione dai compagni che lo chiamano<br />
“sporco italiano”, ma col cinematografo a portata di<br />
mano con le sue “emozioni sconvolgenti”.<br />
Della licenza liceale scrive: “non ricordo le facce <strong>dei</strong> professori<br />
ma il film che, per caso, avevo visto la sera prima: L’opera<br />
da tre soldi (in Francia “de quatr’sous”). Le canzoni <strong>dei</strong><br />
bassifondi, l’atmosfera di rabbia disperata, la sensualità torbida<br />
che mi aggredì, mi convinsero che il cinema era la grande<br />
arte totalizzante di questo secolo. Volevo farne parte”. La<br />
famiglia rientra in Italia, non a Salò sul lago di Garda dov’è<br />
nato, ma Milano. Iscritto al Politecnico, come desiderava il<br />
padre, morto nel dicembre 1934, scopre le avanguardie<br />
europee e in particolare l’opera di Le Corbusier.<br />
Si diploma architetto. Ma la vera passione, condivisa con<br />
Alberto Lattuada, è un’altra: collezionano vecchi film, il<br />
nucleo della futura Cineteca italiana. Una delle figlie, Cristina<br />
Comencini, regista di successo anche lei, ne ha raccolto le<br />
confidenze su quel periodo:<br />
giornalista<br />
“politico”<br />
L’idea di fare il cinema l’ho avuta da ragazzo, in Francia, ma<br />
l’ho realizzato in Italia. In Francia, negli anni della mia giovinezza,<br />
c’era un grande fermento culturale. Il cinema era<br />
molto avanti. C’erano riviste di cinema, dibattiti, associazioni.<br />
In Italia c’era il fascismo e il cinema <strong>dei</strong> telefoni bianchi.<br />
Non era un grande cinema. Poi, dopo la guerra, il cinema<br />
italiano è diventato grande. Perché si è tuffato nella realtà.<br />
Aspirante regista, nel 1937 riesce a piazzare al Cineguf di<br />
Milano la sua Novelletta, arrivato al quinto posto <strong>dei</strong> Littoriali,<br />
“primo <strong>dei</strong> film non politici”: va perduto per le vicende belliche,<br />
sicché in realtà inizierà a dirigere nel 1946 con Bambini<br />
in città, premonitore della “specializzazione” di regista di<br />
bambini. Nel 1940 con Lattuada organizza la “Mostra del<br />
cinema” alla Triennale di Milano, dove porta tra i registi celebri<br />
all’estero René Clair e Jean Renoir, la cui Grande illusion,<br />
“disfattista” per i fascisti, provoca incidenti con fischi di una<br />
parte del pubblico contro gli applausi dell’altra.<br />
Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940)<br />
Comencini dirotta quindi verso il giornalismo e “in breve si<br />
professionalizza, diventa critico del settimanale Tempo illustrato”,<br />
sottolinea Tullio Kezich, “quando decide di smettere,<br />
definitivamente risucchiato dal set, è già una firma prestigiosa,<br />
una sorta di Minosse temutissimo da chi gli capita sotto”.<br />
Intanto, arruolato, finisce a Udine dove vive in caserma “da<br />
lavativo”, commenterà lui stesso, evitando di partire per il<br />
fronte russo:<br />
Mi salvai dal fronte. Fu un caso anche questo legato al<br />
cinema. A Milano avevo conosciuto Carlo Ponti che spesso<br />
mi regalava i biglietti per andare al cinema. In caserma<br />
c’era un maresciallo che si occupava dello spaccio. Per<br />
ingraziarmelo, ogni tanto gli regalavo i biglietti del cinema.<br />
Era contentissimo e mi domandava sempre: “Come posso<br />
sdebitarmi?” E io: “Non si preoccupi, verrà il momento”.<br />
Un giorni gli ordinarono di fare una lista di soldati per il<br />
fronte russo. Mi chiese se volevo andarci. Gli risposi ovviamente<br />
di no e lui mi assegnò al reparto degli ammalati,<br />
<strong>dei</strong> riformabili. Diventai specialista nello sturare i cessi.<br />
Ogni tanto il maresciallo mi chiedeva se volevo andare al<br />
fronte, come fosse un optional, e io gli dicevo di no. Come<br />
De Laurentiis, che non ha mai fatto un giorno di guerra<br />
perché era il produttore addetto al fronte. Andava avanti e<br />
indietro fra Milano e Trieste.<br />
L’8 settembre 1943, anche lui va incontro a quel Tutti a casa<br />
che diventerà il soggetto di uno <strong>dei</strong> suoi film (1960) più celebri<br />
e riusciti. “Sono scappato, come Sordi, come tutti”, racconterà:<br />
“Mi sono nascosto prima a Milano e poi in Svizzera.<br />
Aspettavo la fine della guerra e inviavo articoli per la stampa<br />
socialista”. Il ricordo è un po’ sottotono, in realtà proprio<br />
nell’esilio svizzero Comencini riprende l’attività di giornalista,<br />
ora però con un esplicito intento “politico” su fogli di area<br />
appunto socialista. Ma qui è utile un passo indietro per seguire<br />
la sua vicenda di rifugiato.<br />
Comencini nel 1957<br />
con Alberto Sordi<br />
e Sergio Tofano:<br />
si gira La bella di Roma<br />
con Silvana Pampanini<br />
e Paolo Stoppa.<br />
Centro documentazione<br />
“Corsera”.<br />
In alto,<br />
Comencini, 1960.<br />
Archivio Giancolombo.<br />
22 (30) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
La vicenda di rifugiato in Svizzera dal dicembre 1943 al maggio 1945<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
La scheda del Commissariato federale per<br />
l’internamento dà: “Comencini Luigi, tenente<br />
del genio, classe 1916, residente Milano,<br />
entrato clandestino 7 dicembre 1943, rimpatriato<br />
maggio 1945”. È uno <strong>dei</strong> 30.000 militari<br />
fuggiti in Svizzera da settembre per evitare<br />
il reclutamento nella repubblica di Salò o la<br />
deportazione in Germania e internati in<br />
campi della Svizzera tedesca. Dati i legami<br />
familiari – madre svizzera e parenti nella<br />
Confederazione - l’internamento di Comencini<br />
ha carattere speciale: sotto “controllo<br />
militare” può risiedere presso una parente<br />
nel Canton San Gallo, in seguito è “liberato”<br />
a Lugano grazie a una “garanzia” per la sua<br />
liberazione. In Svizzera c’è anche il fratello.<br />
Nel dicembre 1944 entrerà clandestina<br />
anche la madre, che dichiarerà alla polizia:<br />
“J’ai eu deux enfants, Louis, 1916 et Gianni,<br />
1921, refugiées en Suisse depuis l’anneé<br />
dernière, car ils ne voulaient pas servir la<br />
république sociale”.<br />
Nella Svizzera italiana, e in particolare a<br />
Lugano dove Luigi può risiedere, sono<br />
numerosi i “politici” che una volta giunti nel<br />
Ticino, trovano ambienti ospitali e, spesso,<br />
vicini anche sotto il profilo ideologico. Ci sono<br />
liberali, popolari e cellule comuniste che<br />
danno soccorso ai rifugiati e appoggiano loro<br />
scritti in giornali di partito. I tempisti sono i<br />
socialisti che già nel settembre 1943 hanno<br />
istituito una sezione del Centro svizzero di<br />
soccorso operaio, patrocinata dal consigliere<br />
di stato Guglielmo Canevascini e diretta<br />
dall’esule Fernando Santi. Fra i mezzi più<br />
diretti per tenere i contatti anche con i campi<br />
di internamento è il foglio Libera Stampa, da<br />
sempre sulle posizioni antifasciste di Canevascini.<br />
Il quale da uomo di governo ha<br />
influenza nelle istituzioni: “I ringraziamenti<br />
dovrebbero essere collettivi, o meglio, a<br />
nome di tutti gl’italiani, qui e altrove, ché<br />
quello che tu hai fatto per noi merita di essere<br />
conosciuto e giustamente apprezzato”,<br />
come alla fine dell’esilio lo ringrazierà proprio<br />
Comencini.<br />
“Libera Stampa” accoglie<br />
gli intellettuali italiani<br />
Data la presenza a Lugano nel 1944 di tanti<br />
“politici”, la redazione del giornale li accoglie<br />
e, in contrasto con le norme federali di<br />
neutralità della Confederazione, dà loro la<br />
possibilità di scrivere. Su Libera Stampa un<br />
drappello di rifugiati avvia la “Pagina dell’emigrazione<br />
italiana”, di contenuto più politico,<br />
diretta da Guglielmo Usellini con Riccardo<br />
Momigliano, Ugo Guido Mondolfo, Piero<br />
Della Giusta, Marcello Cirenei, Antonio<br />
Greppi, Ezio Vigorelli; e “Arte, letteratura e<br />
lavoro”, diretta da Arturo Tofanelli. Poi all’arrivo<br />
di giovani letterati, tra i quali giornalisti del<br />
Tempo di Mondadori, la redazione del foglio<br />
socialista diventa quasi un “porto di mare”<br />
che li raccoglie da diverse provenienze per il<br />
comune destino di rifugiati: Fabio Carpi, Aldo<br />
Borlenghi, Giorgio Strehler, Gianni Pavia,<br />
Fernando Giolli, Giansiro Ferrata, Franco<br />
Fortini.<br />
Il titolo “Arte, letteratura e lavoro” intende<br />
sottolineare la connessione stretta, “necessaria”,<br />
tra arte, vita, impegno civile; lo scrittore,<br />
l’artista, l’intellettuale si pongono al servizio<br />
di una causa, non in senso stretto socialista,<br />
ma in generale dell’antifascismo. Il<br />
dibattito si fa vivace, caratterizzato da forte<br />
tensione morale e dall’impegno per una<br />
letteratura che cerchi in effetti “un dialogo col<br />
popolo” per viverne “le sofferenze, le aspirazioni<br />
di libertà”. Il nuovo indirizzo è dato da<br />
Gianfranco Contini, professore all’Università<br />
svizzera di Friburgo, a contatto con l’ambiente<br />
italiano di Lugano. Nell’autunno 1944<br />
un’altra svolta: gli Alleati avanzano lungo la<br />
penisola, le incursioni della Resistenza si<br />
moltiplicano, qua e là i Cln formano “repubbliche”<br />
partigiane, nel settembre-ottobre si<br />
costituisce la Giunta provvisoria di governo a<br />
Domodossola.<br />
Con l’Ossola a due passi molti rifugiati,<br />
specie i più giovani, durante i “40 giorni di<br />
libertà” lasciano il Canton Ticino e accorrono<br />
nella valle. Tra loro alcuni tra i collaboratori di<br />
Libera Stampa. Così il compito di dirigere la<br />
pagina sul foglio socialista svizzero tocca ad<br />
Alberto Vigevani, scrittore, autore di un<br />
“romanzo” Compagni di settembre, che parla<br />
della fuga dall’Italia nel ‘43; e a Luigi Comencini,<br />
giornalista, che dirigerà il film Tutti a<br />
casa… La sigla “L.C.” compare sotto gli articoli<br />
Cinema e socialismo, in sette puntate<br />
(20-27 settembre 1944), Buio fino in fondo<br />
(26 ottobre), Letteratura americana? (21<br />
dicembre); ai racconti La moglie (28 settembre)<br />
e Lettera (14 dicembre 1944).<br />
Il primo contributo, basato sulle ultime pubblicazioni<br />
e con dati della Mostra del cinema di<br />
Basilea del 1943, è un’analisi approfondita e<br />
documentata sulla storia e sulla situazione<br />
del cinema nei rapporti con la società, dall’invenzione<br />
tecnica al suo riconoscimento ufficiale,<br />
dove si schiera per un’arte “cosciente<br />
<strong>dei</strong> propri doveri civili” che sappia trovare in<br />
autonomia una propria strada. All’epoca “un<br />
telaio a mano”, ora è un’arte “sempre meno<br />
libera”, nella quale la politica incide “notevolmente”.<br />
Il tema autobiografico della superiorità<br />
della cinematografia in Francia per la<br />
libertà; e di quella americana, favorita dall’emigrazione<br />
provocata dagli sconvolgimenti<br />
politici in Europa, fa da contrasto al cinema<br />
“strumento di propaganda o di difesa” in<br />
paesi e climi autoritari da Lenin a Goebbels<br />
da Pio XI a Mussolini, a motivo del successo<br />
popolare:<br />
La difesa delle Avanguardie<br />
e la polemica con il “Corriere”<br />
A Venezia,<br />
nel 1987,<br />
Comencini<br />
riceve<br />
da Michel<br />
Piccoli<br />
il “Leone<br />
d’oro alla<br />
carriera”.<br />
Centro<br />
documentazione<br />
“Corsera”.<br />
A Roma<br />
nel 1978.<br />
Centro<br />
documentazione<br />
“Corsera”.<br />
Dal momento che il cinema affascinava le<br />
masse, perché non farne uno strumento di<br />
propaganda o di difesa, collegato a interessi<br />
politici e sociali? Perché limitarsi a controllare<br />
i film prodotti da altri, e non produrre in<br />
proprio, direttamente, con scopi precisi?<br />
Altro tema legato alla sua formazione, ma<br />
stavolta di architetto, è la difesa delle avanguardie<br />
artistiche. “Su Libera Stampa, foglio<br />
socialista di Lugano, mi son trovato a dover<br />
difendere opere come quelle di Le Corbusier<br />
e Guernica di Picasso dalla pubblica<br />
‘incomprensione’”, mi raccontava anni fa.<br />
Il tema di Buio fino in fondo, in polemica col<br />
Corriere della Sera che attaccava l’ormai<br />
famoso architetto perché “uno <strong>dei</strong> maggiori<br />
rappresentanti dell’antitradizionalismo” il<br />
quale “quando sale in cattedra ha sempre<br />
bisogno dello stupefacente; è nato in Svizzera<br />
ma ancora giovane corse a scialacquare<br />
(sic) i panni nelle torbide acque della<br />
Senna, quando la Francia era il ritrovo <strong>dei</strong><br />
metechi di tutto il mondo; le sue teorie sono<br />
apprezzatissime nell’Urss”. Comencini contrattacca,<br />
precisa “come tutti sanno Le<br />
Corbusier è architetto”:<br />
… per chi non lo sapesse, dall’Urss fu<br />
messo alla porta perché dichiarato “architetto<br />
borghese”. In quanto all’ateismo l’accusa<br />
non è nuova. Quando fu inaugurata la<br />
sua Casa dello studente svizzera alla Città<br />
universitaria di Parigi, i fogli protestanti<br />
della Svizzera francese fecero un gran<br />
chiasso, pretendendo che corrompeva la<br />
sana gioventù elvetica, avendo osato decorare<br />
il refettorio della sua casa dello studente<br />
con vedute di ghiacciai, di monti e di fiori,<br />
anziché con scene della Sacra Scrittura.<br />
Tralasciamo poi il fatto che un marxista,<br />
parlando incidentalmente, l’abbia definito “il<br />
calvinista Le Corbusier”… La confusione,<br />
l’oscurantismo per ora trionfano; la macabra<br />
danza <strong>dei</strong> predoni della natura e dell’arte<br />
non è ancora finita.<br />
Aspettano anch’essi i patrioti che li mettano<br />
al muro. Ma intanto Le Corbusier, e non<br />
solo Le Corbusier, bensì tanti altri, e forse i<br />
migliori e i più geniali architetti, disegnano<br />
in silenzio e preparano<br />
le case per la pace di<br />
domani.<br />
Anche i racconti hanno<br />
sfondo autobiografico, La<br />
moglie per esempio -<br />
vicenda politico-sentimentale<br />
- è l’occasione<br />
per tratteggiare il profilo<br />
di due compagni di studi<br />
che il fascismo aveva<br />
cambiato, e la guerra<br />
civile portato a rivelare i<br />
lati oscuri del loro carattere.<br />
Con questi scritti<br />
“Arte, letteratura e lavoro”<br />
entra nel vivo della critica<br />
a una certa Italia, mentre<br />
Comencini si orienta su<br />
temi ancora più politici<br />
che svolgerà su un altro<br />
foglio.<br />
Promosso dal Centro estero del Psiup di<br />
Zurigo, dal febbraio 1944 al settembre 1945<br />
sotto il motto “liberare e federare” esce il<br />
quindicinale L’Avvenire <strong>dei</strong> lavoratori, diretto<br />
da Ignazio Silone. Nel febbraio 1945 apre<br />
una redazione a Lugano diretta da Guglielmo<br />
Usellini e inizia a comparire la sigla di<br />
Comenicini, con quelle del gruppo di “Libera<br />
Stampa”: Momigliano, Mondolfo, Fortini,<br />
oltre a Luigi Preti, Edgardo Lami Starnuti,<br />
Gigino Battisti, Alessandro Levi, Lucio<br />
Luzzatto.<br />
Il programma di Silone era volto “all’esame<br />
sistematico <strong>dei</strong> problemi politici fondamentali<br />
del socialismo europeo” con appello “a<br />
tutte le forze della coscienza”. Un tema che<br />
si ritrova negli scritti di Comencini, Finirà la<br />
guerra? E Perché si muore (24 febbraio e<br />
15 marzo 1945). Nel primo affronta tra l’altro<br />
una questione, che “il concetto di nazione<br />
è un concetto assurdo, oggi, anche se<br />
oggi l’internazionalismo è passato di<br />
moda”:<br />
“…un mondo diverso<br />
che si ride delle frontiere”<br />
Posso scegliermi i miei amici dove mi pare,<br />
senza conoscerli, udendoli per radio,<br />
leggendo i loro scritti, e lentamente formiamo<br />
un mondo diverso, un mondo clandestino,<br />
un mondo superiore, che si ride delle<br />
frontiere e <strong>dei</strong> discorsi <strong>dei</strong> tribuni. Mentre i<br />
giornali corrono febbrilmente a spolverare<br />
vecchie feluche per darsi un’aria maestosa,<br />
mentre si proclamano dovunque rinati<br />
patriottismi, nascono tra gli uomini strane<br />
amicizie. Quanto tempo dovranno aspettare<br />
per trionfare? Non so. Forse pochi anni,<br />
forse molti. Ma finché non trionferanno la<br />
guerra non finirà. Finché si userà il linguaggio<br />
assurdo che ogni giorno udiamo, la<br />
guerra non finirà.<br />
Perché si muore nasce come riflessione alla<br />
notizia dell’uccisione dell’antifascista socialista<br />
Eugenio Colorni alla vigilia della liberazione<br />
di Roma (maggio 1944). “Esiste un’immortalità<br />
terrena che i vivi si tramandano nel<br />
ricordo <strong>dei</strong> morti che hanno conosciuto.<br />
Eppure, anche se la morte non è sempre<br />
uno sbaglio, ma diviene improvvisamente<br />
necessaria come una virtù, qualcosa di noi<br />
si ribella al peso di questa fatalità”, scrive, e<br />
conclude:<br />
… il sorriso <strong>dei</strong> defunti s’è fatto amaro; cinico<br />
il nostro giubilo di vivere e di vincere; triste<br />
la vittoria ch’è costata troppi morti. Possiamo<br />
vivere in un mondo di uccisori? La vita<br />
appartiene ai morti; i vivi l’hanno perduta.<br />
Ecco perché ad ogni amico che cade si<br />
stringe il cuore di paura, al pensiero che con<br />
lui muore per noi l’uomo che l’ha ucciso. Si<br />
muore perché si uccide, è il pensiero che mi<br />
assilla, e soltanto quando non si ucciderà<br />
più il mio pensiero potrà ritrovare un filo col<br />
passato, un filo con l’avvenire, rivivranno le<br />
idee, gli uomini, le cose, di vita propria e non<br />
di ridicola parvenza di vita, velata da un<br />
continuo interminabile lutto.<br />
La Svizzera nei suoi film<br />
dopo il rientro in Italia<br />
Rientrato in Italia nel maggio 1945, nel dopoguerra<br />
Luigi Comencini avrà modo di riflettere<br />
anche sul ruolo della Svizzera neutrale<br />
traducendo un testo dello scrittore espressionista<br />
tedesco Georg Kaiser, per la Collana<br />
Teatro Moderno, a cura di Paolo Grassi<br />
(Milano 1947). Nell’introduzione a Il soldato<br />
Tanaka, 1940, di Kaiser - vissuto per anni<br />
sulle rive del lago di Zurigo morto ad Ascona,<br />
Canton Ticino, nel 1944 - Comencini<br />
commenta:<br />
Uno “scrittore rivoluzionario” ha vita breve:<br />
quando la rivoluzione è fallita, oppure fatta<br />
e – secondo lui – fallita, la Svizzera è l’unico<br />
porto, fuori del tempo e del mondo, che<br />
possa accoglierlo, con tutte le rinunce che<br />
l’accettazione di questo rifugio comporta.<br />
Kaiser vi ha consentito, e da quell’osservatorio<br />
veramente neutrale, ha scritto per gli<br />
uomini in preda al furore della guerra, un<br />
candido messaggio di fratellanza e di<br />
giustizia, nel quale esso molto difficilmente<br />
di riconosceranno.<br />
La Svizzera tornerà ancora, in toni sempre<br />
autobiografici ma familiari, nel film Heidi o<br />
Sono tornata per te, ambientato nelle montagne<br />
dell’Engadina: “l’unico modo per respirare<br />
un po’ d’aria buona in senso reale e in<br />
senso metaforico”, è il giudizio di Comencini.<br />
Erano gli anni ‘50.<br />
Ranata Broggini<br />
23 (31)
LA LIBRERIA DI TABLOID<br />
Michele Ainis<br />
Le libertà negate.<br />
Come gli italiani<br />
stanno perdendo i loro diritti<br />
di Rosa Alba Bucceri<br />
Aristotele aveva ben spiegato<br />
che democrazia e libertà non<br />
vanno a braccetto, che il rapporto<br />
tra demokratia ed<br />
eleutheria è conflittuale. Noi<br />
però ci ostiniamo a identificare<br />
l’una con l’altra e a credere che<br />
le democrazie occidentali siano<br />
culla e patria del diritto e delle libertà.<br />
Ne siamo così convinti<br />
da pretendere di esportare il<br />
nostro modello.<br />
Il prezzo di un così marchiano<br />
errore è la svendita e perdita<br />
progressiva delle libertà nel<br />
mondo occidentale. Consumate<br />
tra l’illusione di vivere nell’età<br />
dell’oro <strong>dei</strong> diritti e il loro<br />
sprezzo. A mettere il dito sulla<br />
piaga che erode le nostre democrazie<br />
avanzate è il giurista<br />
Michele Ainis, in un un saggio<br />
brillante quanto documentato:<br />
Le libertà negate. Come gli italiani<br />
stanno perdendo i loro diritti,<br />
edito da Rizzoli.Ordinario di<br />
Istituzioni di diritto pubblico e<br />
preside della facoltà di<br />
Giurisprudenza a Teramo, Ainis<br />
è autore e curatore di un centi-<br />
Valerio Onida (a cura di)<br />
Viva vox Constitutionis<br />
di Sabrina Peron<br />
Il volume Viva Vox Constitutionis<br />
è un’opera collettiva<br />
(a cura di Valerio Onida), nata<br />
dal proposito di effettuare una<br />
rassegna annuale della giurisprudenza<br />
costituzionale, al<br />
fine di individuare i vari indirizzi<br />
giurisprudenziali enucleati<br />
dalla Corte Costituzionale e<br />
dare così al lettore un panorama<br />
in progress del contributo<br />
che la giustizia costituzionale<br />
offre allo sviluppo del diritto<br />
nel nostro Paese.<br />
La Corte Costituzionale nel<br />
corso dell’anno 2002 ha pubblicato<br />
in totale 536 decisioni<br />
di cui 135 sentenze e 401 ordinanze,<br />
la grande varietà <strong>dei</strong><br />
temi trattati dalla Corte va dal<br />
diritto penale (al quale sono<br />
stati dedicati i primi tra capitoli<br />
della raccolta), al diritto e<br />
giustizia minorili, alla sanità,<br />
la scuola, l’ambiente, il lavoro<br />
(sia quello subordinato che il<br />
pubblico impiego). Altresì, vi<br />
è anche un capitolo dedicato<br />
alle “libertà civili” ed uno alle<br />
“telecomunicazioni”.<br />
naio di volumi e saggi accademici<br />
ed editorialista della<br />
Stampa.<br />
Le libertà negate è l’ultimo di<br />
una serie di saggi divulgativi - il<br />
più noto <strong>dei</strong> quali è La legge<br />
oscura (Laterza 2002 2 ) - pubblicati<br />
a partire dagli anni ‘90.<br />
L’autore parte da una mega-inchiesta<br />
che si snoda parallela<br />
tra il dettato copioso di leggi e<br />
leggine solenni e una realtà sociale<br />
misera. In 35 capitoli, disposti<br />
in ordine alfabetico e arricchiti<br />
da un sostanzioso apparato<br />
di note, sono descritte le<br />
categorie colpite – bambini, detenuti,<br />
disabili, donne, immigrati,<br />
gay, ma anche anziani, consumatori,<br />
elettori, malati, cioè<br />
tutti noi – e insieme i casi numerosi<br />
di diritti coartati o in perenne<br />
stand-by.<br />
Compaiono i cittadini, iperspiati<br />
alla faccia della valanga di leggi<br />
a tutela della privacy; le donne,<br />
pagate il 27% in meno <strong>dei</strong> colleghi<br />
maschi; gli elettori, illusi di<br />
scegliere i loro rappresentanti; i<br />
disinformati, bombardati da un<br />
numero esagerato di informazioni,<br />
gestite e manipolate però<br />
da pochi padroni. E le vittime<br />
dell’accanimento legislativo da<br />
parte di uno Stato che si veste<br />
da poliziotto: fumatori, amanti e<br />
automobilisti ne sanno qualcosa.<br />
Un mosaico colorato e dolente<br />
in cui – colpa nostra – ci ritroviamo<br />
un po’tutti.<br />
Michele Ainis,<br />
Le libertà negate.<br />
Come gli italiani<br />
stanno perdendo<br />
i loro diritti, Rizzoli <strong>2004</strong>,<br />
pagine 396, euro 18,00<br />
Limitando questa recensione<br />
a tali ultimi due capitoli<br />
che maggiormente interessano<br />
la professione giornalistica,<br />
vediamo che nell’ambito<br />
della libertà di manifestazione<br />
del pensiero, la<br />
Corte Costituzionale nell’anno<br />
2002 ha emesso cinque<br />
decisioni: due attenenti alla<br />
libertà di manifestazione a<br />
mezzo stampa e tre concernenti<br />
la disciplina del mezzo<br />
televisivo.<br />
In particolare, la Corte è stata<br />
chiamata a pronunciarsi in<br />
ordine alla compatibilità costituzionale<br />
dell’art. 15 Legge<br />
sulla stampa (L. 47/1948) -<br />
che qualifica come reato la<br />
pubblicazione di stampati<br />
contenenti immagini e particolari<br />
impressionanti o raccapriccianti<br />
in grado di turbare il<br />
comune sentimento della<br />
morale - con l’art. 21 Cost.<br />
che assume unicamente la<br />
nozione di buon costume come<br />
limite alla libertà di pensiero.<br />
La Corte, tuttavia, ha ribadito<br />
l’infondatezza della<br />
questione (già oggetto di pronuncia<br />
con la sentenza n.<br />
Intervista<br />
all’autore<br />
293/2000), sul presupposto<br />
che il “comune sentimento<br />
della morale”, deve intendersi<br />
come una sorta di minimo<br />
comun denominatore delle<br />
diverse concezioni etiche<br />
presenti nella società e coincidente<br />
con il rispetto della<br />
persona umana e della sua<br />
dignità. In tal modo esso assume<br />
la funzione di limite alla<br />
libertà di manifestazione del<br />
pensiero e ragione giustificatrice<br />
della sua repressione.<br />
Tra le sentenze emesse in<br />
materia televisiva si segnala,<br />
invece, la pronuncia che ha<br />
sancito il principio il forza del<br />
quale il fine cui deve essere<br />
preordinato il sistema radiotelevisivo<br />
(sia esso pubblico o<br />
privato), è il soddisfacimento<br />
del diritto <strong>dei</strong> cittadini ad una<br />
informazione completa ed<br />
obiettiva. Ora quando si è in<br />
ambito elettorale, tale fine<br />
non si realizza attraverso la<br />
mera garanzia della pari visibilità<br />
<strong>dei</strong> partiti, ma, bensì, attraverso<br />
il rispetto di un corretto<br />
svolgimento del confronto<br />
politico (unico presupposto<br />
per l’esistenza di un ef-<br />
Ainis, studioso del<br />
linguaggio giuridico,<br />
fa parte del<br />
Comitato scientifico<br />
del Nucleo per la<br />
semplificazione<br />
delle norme<br />
e delle procedure,<br />
costituito presso<br />
la presidenza<br />
del Consiglio<br />
<strong>dei</strong> ministri.<br />
Verso una<br />
democrazia<br />
senza libertà<br />
Cosa l’ha spinta a scrivere un libro così fuori dagli schemi<br />
accademici?<br />
“L’idea mi frullava in testa da tempo. Ne avevo ragionato a<br />
metà degli anni ‘90 con Giulio Salierno, sociologo e personaggio<br />
fuori dall’ordinario. In seguito ho cominciato a<br />
pubblicare sulla Stampa un’inchiesta sulle libertà. E in quella<br />
sede è stato Gianni Riotta a suggerirmi di farne un libro.<br />
Mi sono messo all’opera, coadiuvato da un pool di ricercatori<br />
e lavorando ho scoperto le tante gocce di cui non ci<br />
accorgiamo ma che insieme formano il mare nostrum delle<br />
libertà negate”.<br />
Da una così aperta denuncia, fatta a suon di dati e di<br />
nomi, ci si aspetta qualche suggerimento di ordine giuridico<br />
per combattere l’erosione <strong>dei</strong> diritti.<br />
“Chi fa un lavoro intellettuale penso debba svolgere una<br />
funzione critica, di denuncia. Se questa coglie nel segno, il<br />
resto dovrebbe arrivare da sé.<br />
Le leggi sono lo specchio del nostro tempo e sarebbe bene<br />
facessero tre passi indietro. Che fossero meno invasive e<br />
meno di numero. Credo però, e vorrei sottolinearlo, che la<br />
soluzione <strong>dei</strong> nostri mali non sia tecnica ma che faccia capo<br />
all’ethos, ai valori”.<br />
Lei dice che la libertà in assenza di certi valori - sicurezza,<br />
tolleranza, solidarietà, giustizia, pluralismo - inaridisce.<br />
Quale mette al primo posto?<br />
“La giustizia sociale, l’eguaglianza. Che giuridicamente si<br />
traduce nella formulazione di un “diritto diseguale”, concepito<br />
per ridurre il divario esistente tra Nord e Sud del mondo, tra<br />
poveri e ricchi, tra donne e uomini, eccetera”.<br />
Nel clima di perdita <strong>dei</strong> diritti che ha delineato, cosa ritiene<br />
più grave?<br />
“Il fatto che nessuno sembra notare che siamo ridotti quasi<br />
peggio che sotto la dittatura fascista. Che nessuno si accorga<br />
che l’uomo totalitario che si è delineato anticipa e precede<br />
un totalitarismo che a parole nessuno vuole ma di fatto<br />
già profilato”.<br />
fettivo sistema democratico),<br />
con tutte le implicazioni che<br />
ne conseguono quali, la parità<br />
di accesso di tutti i soggetti<br />
politici al sistema di informazione<br />
e la necessità di regolare<br />
il contraddittorio tra i<br />
candidati che esprimono programmi<br />
politici diversi. Difatti<br />
è solo in tal modo che si realizza<br />
un adeguato bilanciamento<br />
fra il diritto <strong>dei</strong> cittadini<br />
ad avere un’informazione imparziale<br />
e la libertà di espressione<br />
delle singole emittenti.<br />
La Corte altresì non ha mancato<br />
di sottolineare la circostanza<br />
che in questo caso<br />
non può dirsi violato il principio<br />
di uguaglianza per il fatto<br />
che analoghi correttivi non<br />
siano stati previsti con riferimento<br />
alla stampa periodica:<br />
ad avviso dell’organo costituzionale,<br />
difatti, la maggiore<br />
pervasività del mezzo televisivo<br />
preclude qualsivoglia<br />
comparazione con gli altri<br />
strumenti di diffusione del<br />
pensiero.<br />
Proprio con riferimento alla<br />
maggiore pervasività del<br />
mezzo televisivo, il giudice<br />
delle leggi, si è posto il problema<br />
di scongiurare la formazione<br />
di oligopoli privati<br />
nazionali, all’interno <strong>dei</strong> quali<br />
possa moltiplicarsi l’effetto<br />
“diffusivo e pervasivo” peculiare<br />
del messaggio Tv. Per<br />
tale ragione la Corte (chiamata<br />
a pronunciarsi dal Tar<br />
Barry Chamish<br />
Chi ha ucciso<br />
Yitzhàk Rabìn<br />
di Marzio De Marchi<br />
Chi ama il noir non può fare a<br />
meno di cercare e leggere<br />
questo convulso libro del reporter<br />
e scrittore Barry<br />
Chamish: avrà pane per i<br />
suoi denti. Troverà, in definitiva,<br />
un altro caso JFK. Ecco la<br />
tesi: il primo ministro israeliano<br />
Yitzhàk Rabìn non fu ucciso<br />
il 4 novembre 1995 dall’uomo<br />
che oggi è in carcere<br />
per quell’omicidio, tale Yigàl<br />
Amir. Rabìn fu vittima, al contrario,<br />
di un complotto ordito<br />
dai servizi di sicurezza israeliani<br />
(Shabàk).<br />
Questa, in breve, la vicenda.<br />
Ad Amìr sarebbe stata fornita<br />
una pistola a salve con la<br />
quale avrebbe dovuto sparare<br />
a Rabìn; poi, sarebbe stato<br />
arrestato perché colto in flagranza<br />
di reato e il governo<br />
del primo ministro, a quel<br />
punto, avrebbe avuto via libera<br />
per ordinare la repressione<br />
contro gli oppositori del processo<br />
di pace. Ma c’era un’operazione<br />
incrociata. Rabìn,<br />
secondo le testimonianze<br />
portate dal nostro autore, sarebbe<br />
stato caricato - dopo la<br />
sparatoria e ancora vivo e vegeto<br />
- sulla sua limousine,<br />
dove il vero assassino stava<br />
in agguato.<br />
A testimonianza di tutto ciò,<br />
Chamish sostiene di avere<br />
un filmato amatoriale in cui<br />
Rabìn appare in piena forma<br />
dopo gli spari; esami di laboratorio<br />
sulla salma del primo<br />
ministro che contraddicono i<br />
Lazio circa la legittimità costituzionale<br />
della L. 249/1997<br />
che, nell’introdurre nuovi e<br />
più cogenti limiti alla concentrazione<br />
di reti televisive analogiche<br />
in ambito nazionale,<br />
ha nel contempo consentito<br />
la prosecuzione “in via transitoria”<br />
delle trasmissioni da<br />
parte delle emittenti nazionali<br />
già operanti in deroga ai predetti<br />
limiti), con sentenza n.<br />
466/200, ha osservato come<br />
la carenza di un termine assolutamente<br />
certo, definitivo<br />
e non eludibile, entro cui far<br />
cessare questo stato di cose,<br />
espone la norma al vizio di inconstituzionalità,<br />
giacché in<br />
tal modo si comprime indefinitivamente<br />
il principio del<br />
pluralismo informativo, già in<br />
passato stimato lesivo dell’art.<br />
21 Cost. (sentenza n.<br />
420/1994). In particolare, nella<br />
sentenza n. 466/2000, la<br />
Corte ha duramente rimarcato,<br />
come «la formazione dell’esistente<br />
sistema televisivo<br />
italiano privato in ambito nazionale<br />
ed in tecnica analogica<br />
trae origine da situazioni di<br />
mera occupazione di fatto<br />
delle frequenze (esercizio di<br />
impianti senza rilascio di concessioni<br />
e autorizzazioni), al<br />
di fuori di ogni logica di incremento<br />
del pluralismo nella distribuzione<br />
delle frequenze e<br />
di pianificazione effettiva dell’etere.<br />
Detta occupazione di<br />
fatto è stata, peraltro, in varie<br />
risultati della commissione<br />
d’inchiesta; rapporti balistici<br />
che lasciano parecchi dubbi<br />
sulle versioni ufficiali; e poi,<br />
racconti di testimoni oculari e<br />
tanto altro materiale. Non<br />
sveliamo il finale, lo lasciamo<br />
ai cultori della «controinformazione».<br />
Che in queste pagine<br />
- confuse, graficamente<br />
pasticciate, a volte più incomprensibili<br />
del racconto stesso<br />
- troveranno materiale per le<br />
loro interminabili discussioni<br />
al bar.<br />
Barry Chamish,<br />
Chi ha ucciso<br />
Yitzhàk Rabìn,<br />
Editrice Nuovi Autori,<br />
pagine 391, euro 18,00<br />
occasioni per lunghi periodi<br />
temporali, legittimata ex post<br />
e sanata con il consentire la<br />
prosecuzione delle attività<br />
delle singole emittenti radiotelevisive<br />
private». In ogni caso,<br />
la Consulta - a parziale<br />
accoglimento del ricorso - ha<br />
ritenuto che il legislatore possa<br />
legittimamente affidare ad<br />
un’autorità amministrativa indipendente<br />
(ossia l’Autorità<br />
Garante per la concorrenza)<br />
la concreta determinazione<br />
del termine esatto di cessazione<br />
del periodo transitorio,<br />
ritenendo, però, necessario<br />
che le valutazioni dell’Autorità<br />
siano ancorate a parametri<br />
predeterminati per legge e<br />
che tali parametri siano idonei<br />
ad impedire che la temporaneità<br />
si protragga indefinitamente,<br />
senza che esista un<br />
termine certo. Tuttavia, la necessità<br />
di governare ordinatamente<br />
il passaggio dalla<br />
comunicazione analogica al<br />
satellite, ad avviso della<br />
Corte rende ammissibile il ricorso<br />
ad una fase transitoria,<br />
durante la quale tollerare l’eccedenza<br />
<strong>dei</strong> limiti concentrativi.<br />
A cura di Valerio Onida,<br />
Viva vox Constitutionis.<br />
Temi e tendenze<br />
nella giurisprudenza<br />
costituzionale<br />
dell’anno 2002,<br />
Giuffrè 2003,<br />
pagine 890, euro 70,00<br />
24 (32) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>
LIBRI IN REDAZIONE<br />
Autori vari, Confraternite tra storia e futuro,<br />
Edizioni Insieme, pagine 77, euro 5,00<br />
Barbara Maio e Christian Uva, L’estetica dell’ibrido, Editore Bulzoni, pagine 153, euro 11,00<br />
Massimiliano Parcaroli, La telenovela brasiliana, Editore Bulzoni, pagine 115, euro 10,00<br />
Elisa Giomi, Il piacere di “Vivere”, Editore Bulzoni, pagine 199, euro 12,00<br />
Cecilia Martino, Comunità medianiche, Editore Bulzoni, pagine 150, euro 10,00<br />
Joseph L. Badaracco Jr., Momenti della verità, Il Sole 24 Ore, pagine 156, euro 9,00<br />
Paolo Garonna e Gian Maria Gros-Pietro, Il modello italiano di competitività, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 304, euro 35,00<br />
Fabrizio Carotti, Giuseppe Schlitzer e Gustavo Vicentini, La governance dell’impresa tra<br />
regole ed etica, Il Sole 24 Ore, pagine 256, euro 32,00<br />
Marco Mariani, Decidere e negoziare, Il Sole 24 Ore, pagine 224, euro 22,00<br />
Alberto Galgano, I sette strumenti della qualità totale, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 302, euro 17,00<br />
Ferdinando Azzariti, Diventa Leader, Il Sole 24 Ore, pagine 159, euro 18,00<br />
Giulio de Caprariis e Luigi Guiso, Finanza legge e crescita delle imprese, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 217, euro 29,00<br />
Valerio Melandri e Alberto Masacci, Fund Raising per le organizzazioni non profit, Il Sole 24<br />
Ore, pagine 305, euro 25,00<br />
Barry Nalebuff e Ian Ayres, Perché no? Il Sole 24 Ore, pagine 241, euro 19,00<br />
C.K.Prahalad e Venkat Ramaswamy, Il futuro della competizione, Il Sole 24 Ore, pagine<br />
280, euro 24,00<br />
Federico Merla, I fondi immobiliari, Il Sole 24 Ore, pagine 345, euro 29,00<br />
Riccardo Colangelo, Supply Chain Management, Il Sole 24 Ore, pagine 251, euro 25,31<br />
Giorgio Laganà, Frodi societarie e corporate governance, Il Sole 24 Ore, pagine 402, euro<br />
45,00<br />
Claudio F.Fava, Project Financing, Il Sole 24 Ore, pagine 246, euro 28,00<br />
Mark J.Roe, La public company e i suoi nemici, Il Sole 24 Ore, pagine 309, euro 25,00<br />
Sergio Veneziani, Organizzare l’ufficio stampa, Il Sole 24 Ore, pagine 217, euro 16,00<br />
Roger Botole, Soldi dal nulla, Il Sole 24 Ore, pagine 344, euro 24,00<br />
Donatella Depperu, Crescere all’estero, Il Sole 24 Ore, pagine 206, euro 48,00<br />
Imerio Facchinetti, Guida al nuovo bilancio d’esercizio, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 684, euro 55,00<br />
Piero Meucci e Luca Paolazzi, Economia & Giornalismo, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 232, euro 15,00<br />
Mauro Pecchenino e Bartolomeo Corsini, Gestire le relazioni pubbliche per l’impresa,<br />
Il Sole 24 Ore, pagine 141, euro 16,00<br />
Autori vari, Gestione per processi e knowledge management, Il Sole 24 Ore,<br />
pagine 328, euro 34,00<br />
Autori vari, Project Management, Il Sole 24 Ore, pagine 230, euro 20,00<br />
Autori vari, Organizzare le pmi per la crescita, Il Sole 24 Ore, pagine 382, euro 30,47<br />
Autori vari, 150 domande e 150 risposte, «guida pratica per gestire un’attività sportiva»,<br />
Il Sole 24 Ore, pagine 186, euro 19,00<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
Giorgio Bocca<br />
Partigiani<br />
della montagna<br />
di Vincenzo Ceppellini<br />
Cinquantotto anni dopo la fine<br />
della guerra Giorgio<br />
Bocca ha riletto, riscritto e ripubblicato<br />
il saggio sui partigiani<br />
delle montagne col proposito<br />
di spiegare inequivocabilmente,<br />
a chi andava<br />
spiegato, e in particolare ai<br />
revisionisti dell’ultima era, come<br />
sono andate esattamente<br />
le cose della Resistenza.<br />
Quarantacinquemila partigiani<br />
caduti, ventimila feriti e mutilati,<br />
gli operai e i contadini<br />
per la prima volta partecipi di<br />
una guerra popolare senza<br />
cartolina precetto, una formazione<br />
partigiana in ogni valle<br />
alpina o appenninica, un comitato<br />
di liberazione in ogni<br />
città o villaggio, l’appoggio<br />
della popolazione, la cruenta,<br />
sofferta gestazione di un<br />
Italia diversa, la fatica paziente<br />
per armare e far vivere un<br />
esercito senza generali. E alla<br />
fine tutti a casa senza ricompense<br />
e privilegi.<br />
Questo il senso del saggio, la<br />
sua attualità dopo oltre mezzo<br />
secolo, il discorso ai contemporanei,<br />
senza allontanare<br />
il passato, ma anche senza<br />
svuotare il presente. Il libro<br />
– che giustamente andrebbe<br />
divulgato di più, rivissuto più<br />
attentamente, approfondito in<br />
varie direzioni – si apre con<br />
una dichiarazione fermamente<br />
ancorata al Duemila. “A ripensarci<br />
sessanta anni dopo<br />
ci chiediamo come sia possibile<br />
quella guerra di liberazione,<br />
non tanto l’insurrezione<br />
del 25 aprile, la discesa nella<br />
pianura e nella città, ma la liberazione<br />
di ciascuno di noi<br />
dal provincialismo, dal fascismo,<br />
dal perbenismo piccolo<br />
borghese”. E Bocca rende<br />
ancora più esplicito il suo<br />
pensiero: “La prima e più importante<br />
cosa che i libri di<br />
storia non spiegano, che i documenti<br />
non raccontano della<br />
guerra partigiana è questo<br />
stato d’animo di libertà totale<br />
ritrovata proprio negli anni in<br />
cui un giovane normale conosce<br />
il suo destino obbligato:<br />
quale posto, quale lavoro,<br />
quale ceto, quale donna sono<br />
stati preparati e spesso imposti<br />
per lui; quale sarà la sua<br />
prevedibile vita, quali vizi dovrà<br />
praticare per cavarsela,<br />
dove troverà il denaro per<br />
campare.<br />
E invece d’improvviso, un<br />
giorno del 1943 si ritrova totalmente<br />
libero, senza re,<br />
Mariane Pearl. Un cuore grande.<br />
La vita e la morte coraggiose di mio marito Daniel Pearl<br />
di Margherita Lepini<br />
Il 23 gennaio del 2002 il giornalista<br />
del Wall Street<br />
Journal Daniel Pearl sale su<br />
un’auto che dovrebbe portarlo<br />
a incontrare Mubarak Ali<br />
Shah Gilani, capo di un gruppo<br />
islamico iscritto nella lista<br />
dell’Fbi delle organizzazioni<br />
terroristiche.<br />
Pearl sta indagando sull’ispiratore<br />
di Richard Reid, l’uomo<br />
che voleva farsi saltare<br />
sul volo di linea Parigi-Miami<br />
con le scarpe imbottite di<br />
esplosivo. L’autista, d’accordo<br />
con una frangia di Al Qaeda,<br />
lo condurrà invece in una casa<br />
colonica nei sobborghi di<br />
Karachi, capitale del Pakistan.<br />
Il suo rapimento durerà<br />
otto giorni, alla fine <strong>dei</strong> quali,<br />
il 31 gennaio, verrà ucciso e<br />
la sua barbara decapitazione<br />
ripresa da una telecamera.<br />
La morte di Pearl segna una<br />
svolta nella campagna intimidatoria<br />
studiata dai terroristi<br />
islamici per utilizzare i rappresentanti<br />
<strong>dei</strong> media come cassa<br />
di risonanza per le loro ri-<br />
vendicazioni. Dal 22 febbraio,<br />
giorno in cui il video dell’esecuzione<br />
del giornalista viene<br />
recapitato al consolato americano<br />
di Karachi, l’opinione<br />
pubblica mondiale comincia<br />
a fare i conti con le atrocità<br />
<strong>dei</strong> fondamentalisti, filmate<br />
con un macabro rituale in<br />
molti <strong>dei</strong> rapimenti a seguire.<br />
L’ultimo <strong>dei</strong> quali ha coinvolto<br />
e ucciso il reporter italiano<br />
Enzo Baldoni. Il corpo fatto in<br />
pezzi di Daniel Pearl viene ritrovato<br />
il 17 maggio, sepolto<br />
mezzo metro sotto terra.<br />
L’esecutore materiale – si saprà<br />
più tardi – si chiama<br />
Khalid Sheik Mohammed è lo<br />
stesso che ideò l’attentato alle<br />
Torri Gemelle.<br />
Le cinque settimane in cui si<br />
concentrano le ricerche dell’inviato<br />
americano sono raccontate<br />
in prima persona da<br />
sua moglie, Mariane Pearl,<br />
nel libro Un cuore grande,<br />
uscito in Italia lo scorso marzo<br />
e tradotto in diciotto lingue,<br />
tra cui il giapponese.<br />
Con un tono asciutto nelle<br />
pagine, che ispireranno poi<br />
anche un film prodotto da<br />
Brad Pitt e Jennifer Aniston,<br />
Mariane Pearl racconta i tentativi<br />
di portare in salvo il marito<br />
e ricordi di vita, a partire<br />
dal primo incontro tra Danny,<br />
38enne, e Mariane, di quattro<br />
anni più giovane, a Parigi, dove<br />
lei viveva con la madre cubana<br />
e lavorava come giornalista<br />
free lance per la radio<br />
e la televisione francese. Da lì<br />
la decisione di seguire Daniel,<br />
nella vita e nel lavoro in<br />
India, Qatar, Bangladesh,<br />
Canada e Pakistan. La sera<br />
del rapimento Mariane lo<br />
aspetta per cena a casa di<br />
un’amica. Invano. Solo due<br />
giorni saprà di essere incinta.<br />
“Si chiamerà Adam, come<br />
fosse il primo uomo, capace<br />
di portare la pace in un mondo<br />
sempre più carico di violenza”.<br />
Il libro ha il pregio di raccontare,<br />
in una sorta di diario privato,<br />
i retroscena di una vicenda<br />
di cronaca internazionale,<br />
che ha tenuto con il fiato sospeso<br />
milioni di persone in<br />
tutto il mondo. Racconta la difficoltà<br />
di capire chi sono i veri<br />
interlocutori nel rapimento, in<br />
una città con 12 milioni di abitanti,<br />
Karachi, che parla urdu<br />
e che è diventata in pochi anni<br />
uno snodo del traffico di armi<br />
per la jihad. In tal modo offre<br />
uno spunto di riflessione<br />
per comprendere più da vicino<br />
l’organizzazione di Al<br />
Qaeda, le sue numerose cellule<br />
e il reticolo di complicità di<br />
cui gode il terrorismo in molti<br />
stati musulmani. Il libro è anche<br />
il racconto di come<br />
Mariane sia riuscita, con una<br />
lucidità fuori dal comune, a<br />
coordinare una serie di al-<br />
leanze tra gli agenti <strong>dei</strong> servizi<br />
segreti pakistani (Isi) e i funzionari<br />
dell’Fbi che si sono occupati<br />
del caso superando le<br />
diffidenze etniche e religiose.<br />
È musulmano - il Capitano,<br />
capo della polizia pakistana-,<br />
la persona che più le è stata<br />
vicina nei momenti dell’attesa.<br />
Un cuore grande è il racconto<br />
di una vicenda corale,<br />
condivisa con l’amica Asra<br />
che le da ospitalità a Karachi,<br />
i vertici del Wall Street<br />
Journal, le autorità pakistane,<br />
il governo americano, e una<br />
serie di dipartimenti di sicurezza<br />
sintetizzati in mille acronimi<br />
misteriosi. Alla fine della<br />
sua biografia-inchiesta Mariane,<br />
che oggi vive a New<br />
York, ha incluso alcuni <strong>dei</strong><br />
messaggi che le sono pervenuti<br />
dal momento della tragedia:<br />
gli auguri di George W e<br />
Laura Bush per la nascita di<br />
Adam, i saluti del presidente<br />
del Pakistan, Musharraf, e<br />
quelli del francese Chirac, ma<br />
anche persone meno note,<br />
come per esempio alcuni orchestrali<br />
di Tel Aviv che hanno<br />
dedicato a Daniel (che d’origi-<br />
senza duce, libero e ribelle,<br />
con tutta la grande montagna<br />
come rifugio. Libero anche<br />
dal denaro e dalla famiglia…<br />
È dunque un libro quanto mai<br />
stimolante, di cronaca, ma<br />
anche di pensiero, di atmosfere,<br />
ma anche di documentazione,<br />
di liberazione e di sacrifici,<br />
di morte, di protagonisti<br />
e umili vittime.<br />
La Resistenza si combatte in<br />
montagna e Bocca compila<br />
una base fitta e organizzata<br />
di militanti di luoghi, distingue<br />
guerriglia e guerra grossa,<br />
spiega che cosa è stata la zona<br />
grigia, i personaggi indimenticati<br />
incontrati con i soldati<br />
di Salò, il frate che non ricordava<br />
il suo nome, l’assassinio<br />
di Matteotti, l’uccisione<br />
del filosofo Gentile, la risiera<br />
di San Sabba, sino alla Resistenza<br />
cancellata o archiviata<br />
<strong>dei</strong> nostri giorni, con il ritorno<br />
di ricchi sempre più ricchi<br />
e poveri sempre più poveri…<br />
Una cospicua parte del<br />
saggio di Bocca è una rievocazione<br />
precisa di fatti, persone,<br />
interpretazioni, con un<br />
paesaggio di fondo in montagna,<br />
sulla neve, di Natale, i bilanci<br />
<strong>dei</strong> periodi più significativi,<br />
la formazione organica<br />
delle bande, i settori dislocati<br />
su varie zone, in Piemonte e<br />
altrove, i rastrellamenti, gli accordi<br />
con la Resistenza francese,<br />
le Repubbliche coraggiose<br />
e provvisorie, la stampa<br />
clandestina, la preghiera<br />
del partigiano. In sintesi,<br />
Bocca, dichiara che il libro<br />
non vuol essere una semplice<br />
cronaca di fatti, ma soprattutto<br />
un ricordo <strong>dei</strong> motivi<br />
ideali e delle trasformazioni<br />
spirituali avvenute nell’anima<br />
delle formazioni GL del<br />
Cuneese. Un libro di straordinario<br />
vigore e di alta tensione.<br />
Giorgio Bocca,<br />
Partigiani della montagna,<br />
Feltrinelli,<br />
pagine 179, euro 12,00<br />
ne era ebreo) il concerto del<br />
giorno dopo la notizia della<br />
sua uccisione, persone che<br />
sono rimaste colpite dalla serenità<br />
con cui Mariane in tv si<br />
era rivolta ai sequestratori, rifiutandosi<br />
di alimentare l’odio<br />
nei confronti del mondo islamico.<br />
Nel libro trovano il giusto<br />
spazio gli ideali di pace<br />
che Mariane condivideva con<br />
il marito che, sebbene non<br />
abbiano impedito a Daniel di<br />
perdere la vita, hanno permesso<br />
di lanciare una sfida ai<br />
terroristi, “nella consapevolezza–<br />
scrive l’autrice – che il tuo<br />
coraggio e il tuo spirito possano<br />
essere d’ispirazione agli<br />
altri”. E inoltre, sempre rivolgendosi<br />
a Daniel:“Scrivo questo<br />
libro per dimostrare che<br />
avevi ragione: il compito di<br />
cambiare un mondo pieno di<br />
odio spetta a ciascuno di noi”.<br />
Mariane Pearl,<br />
Un cuore grande.<br />
La vita e la morte<br />
coraggiose di mio marito<br />
Daniel Pearl,<br />
Sonzogno editore,<br />
Milano <strong>2004</strong>,<br />
pagine 319, euro 17,00<br />
25 (33)
DATI FIEG-FNSI-INPGI - GIUGNO <strong>2004</strong><br />
Roma, 30 giugno <strong>2004</strong>. A<br />
giugno <strong>2004</strong>, sono 14.500 i<br />
giornalisti professionisti a<br />
contratto pieno regolarmente<br />
iscritti all’Inpgi (13<br />
mila in base agli articoli<br />
1,2,12 e 36 del contratto<br />
nazionale e gli altri impiegati<br />
presso periodici), più<br />
400 contratti a termine.<br />
Sono invece 1.500 i disoccupati<br />
solo nella carta<br />
stampata e alla Rai e circa<br />
60.000 i pubblicisti (di questi,<br />
circa 8.500 hanno vari<br />
contratti di collaborazione e<br />
versano i contributi all’Inpgi<br />
2, mentre in 48.000 non<br />
hanno posizione contributiva).<br />
Sono alcuni <strong>dei</strong> dati Fieg-<br />
Fnsi-Inpgi resi noti nel<br />
corso del convegno su<br />
comunicazione e giornalismo,<br />
in corso a Roma,<br />
nella sede del Cnel. Quanto<br />
ai collaboratori e informatori<br />
senza titolo profes-<br />
14.500 professionisti,<br />
1.500 disoccupati<br />
Cancellati dall’Albo<br />
200 colleghi<br />
per morosità<br />
Milano, 13 luglio <strong>2004</strong>. Nella seduta di ieri il<br />
Consiglio ha cancellato dagli elenchi<br />
dell’Albo 200 giornalisti (70 professionisti)<br />
per morosità. Si tratta di giornalisti, che per lo<br />
più devono all’<strong>Ordine</strong> della Lombardia anche<br />
cinque anni di quote. Il pagamento delle<br />
somme fa cessare la materia del contendere<br />
e spiana la strada all’annullamento immediato<br />
del provvedimento. L’Inpgi non può ricevere<br />
i contributi versati dalle aziende a<br />
favore <strong>dei</strong> giornalisti professionisti, pubblicisti<br />
e praticanti non più iscritti negli<br />
elenchi dell’Albo.<br />
L’ECO<br />
DELLA<br />
STAMPA<br />
ECO<br />
STAMPA<br />
MEDIA<br />
MONITOR<br />
S.R.L.<br />
Via Compagnoni 28,<br />
20129 Milano<br />
Tel. 02 74 81 131<br />
Fax. 02 76 11 03 46<br />
sionale, sono tra i 30 e i 40<br />
mila e non godono di nessun<br />
tipo di contratto o tutela<br />
previdenziale e sindacale.<br />
I precari Rai, che nel 1999<br />
erano 270, attualmente,<br />
secondo i dati del coordinamento<br />
precari e dell’Usigrai,<br />
ammontano a circa<br />
500 (100 <strong>dei</strong> quali hanno<br />
un’anzianità compresa tra i<br />
6 e gli 8 anni); a questi<br />
vanno aggiunti 600 programmisti<br />
registi, di cui solo<br />
20 sono giornalisti professionisti<br />
e la metà pubblicisti<br />
(con punte di anzianità<br />
lavorativa di 15-16 anni).<br />
Sempre in base ai dati<br />
diffusi al Cnel, i praticanti<br />
Fieg iscritti all’Inpgi erano<br />
circa 400 alla fine del 2003.<br />
I nuovi professionisti sono<br />
invece tra i 700 e gli 800<br />
l’anno: secondo recenti rilevazioni<br />
della Fieg, il 60%<br />
non svolge attività giornali-<br />
stica o di comunicazione e<br />
solo il 3-4%, dopo un lungo<br />
precariato, trova piena e<br />
duratura occupazione in<br />
aziende editoriali.<br />
Sul fronte <strong>dei</strong> comunicatori,<br />
secondo una recente indagine<br />
Istat, il 91,3% <strong>dei</strong> giovani<br />
che frequentano corsi<br />
di laurea in scienze della<br />
comunicazione dichiara<br />
che, dopo la laurea, non<br />
intende svolgere la professione<br />
giornalistica.<br />
Ma secondo stime Enn (Dimensione<br />
lavoro e comunicazione)<br />
e Cnel, il mercato<br />
italiano è in grado di assorbire<br />
entro i prossimi dieci<br />
anni non meno di 50-60<br />
mila comunicatori professionisti<br />
in particolare nei<br />
settori <strong>dei</strong> beni culturali,<br />
delle infrastrutture e telecomunicazioni,<br />
dell’ambiente<br />
e attività agricole, del commercio<br />
estero e del made<br />
in Italy.<br />
Sempre in base ai dati<br />
statistici resi noti oggi al<br />
Cnel, il 20% <strong>dei</strong> giornali<br />
(meno di una trentina di<br />
testate) vende il 95% del<br />
totale delle copie acquistate<br />
(circa sei milioni).<br />
Le nuove iniziative editoriali,<br />
compreso l’online, sono<br />
svariate decine l’anno, ma<br />
il tasso di mortalità delle<br />
nuove pubblicazioni è oltre<br />
il 70%.<br />
E soprattutto, l’80% delle<br />
testate giornalistiche (135<br />
quotidiani e 70 agenzie di<br />
informazione) non crea<br />
nuova occupazione già da<br />
diversi anni. In controtendenza,<br />
i grandi gruppi editoriali<br />
e l’informazione online<br />
che dal 2001 registrano<br />
un incremento dell’occupazione<br />
del 2% circa l’anno<br />
(dati Censis).<br />
Appello ai colleghi distratti<br />
Quota 2005: è possibile<br />
da subito aderire<br />
al Rid e non pensarci più<br />
anche negli anni successivi<br />
Visto il gradimento che gli iscritti all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia hanno dimostrato con la massiccia adesione<br />
al servizio di pagamento mediante addebito in via<br />
continuativa sul conto corrente bancario (Rid), Esatri ha<br />
riaperto (ovviamente a favore di chi non ha ancora<br />
fatto ricorso al servizio) i canali di adesione per il<br />
pagamento dell’avviso della quota annuale relativa<br />
all’anno 2005 e agli anni successivi.<br />
Per aderire al servizio Rid è sufficiente:<br />
a) compilare il modello Rid ricevuto con l’avviso di pagamento<br />
del <strong>2004</strong> e trasmetterlo via fax ad Esatri al numero<br />
0264166090<br />
b) oppure compilare il modello Rid elettronico disponibile<br />
su Internet al sito www.taxtel.it (selezionando nell’home<br />
page del sito la voce ADESIONI RID)<br />
c) oppure comunicare via telefono i dati richiesti nel modulo<br />
RID al n. 199 104 343 (dal lunedì al venerdì dalle ore<br />
8.30 alle 17.00). Tale numero è disponibile per informazioni<br />
e variazioni relative al Rid.<br />
Esatri provvederà ad ogni scadenza, a partire dalla quota<br />
del 2005 e per gli anni successivi, salvo revoca, al pagamento<br />
in automatico con addebito dell’importo sul conto<br />
corrente indicato. Con il Rid è possibile pagare gli avvisi di<br />
pagamento, ma non le cartelle esattoriali.<br />
Il termine ultimo di adesione al Rid verrà indicato sugli<br />
avvisi di pagamento relativi alla quota annuale 2005 e<br />
verrà pubblicato su Tabloid.<br />
26 (34) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
(ANSA)
RITRATTO DI UNO STRAORDINARIO “COMUNICATORE” DA 26 ANNI SULLA CATTEDRA DI PIETRO<br />
16 ottobre 1978: Karol Wojtyla viene eletto Papa<br />
Papa<br />
Wojtyla<br />
ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />
di Giacomo de Antonellis<br />
Ricordate quella puntata di “Porta a porta” del<br />
13 ottobre 1998 dedicata a Karol Wojtyla in<br />
occasione del suo ventesimo anno di pontificato?<br />
Ci fu un evento straordinario. Bruno<br />
Vespa, che stava alternando le testimonianze<br />
registrate alle opinioni degli invitati in studio,<br />
venne interrotto dalla regia per una telefonata<br />
in diretta: “Sono don Stanislao, segretario del<br />
papa. Buonasera, il Santo Padre vi vuole salutare…”<br />
Imbarazzo del conduttore, incredulità<br />
<strong>dei</strong> presenti, stupore persino sul volto di<br />
Joaquin Navarro-Valls, portavoce del Vaticano.<br />
La voce, inconfondibile, non lasciava<br />
spazio a scherzi o equivoci: “Signor Vespa, voglio<br />
ringraziare lei e tutti i partecipanti per quello<br />
che avete preparato e detto su questi<br />
vent’anni di pontificato”. Un clamoroso scoop.<br />
Il Papa polacco è fatto così, quando sente di<br />
agire non bada alle forme, parla ed esprime il<br />
proprio pensiero. È noto. Nessun tipo di suo<br />
comportamento ormai desta meraviglia. Così,<br />
alla vigilia della cadenza numero ventisei, rileviamo<br />
nell’Uomo venuto dall’Est un perfetto e<br />
tempestivo “comunicatore”.<br />
Il rapporto tra Giovanni Paolo II e la stampa, e<br />
quindi con la pubblica opinione, è davvero perfetto.<br />
Si rivelò tale sin dal primo giorno del suo<br />
pontificato in quel lontano 16 ottobre 1978.<br />
Ricordate l’esordio sulla piazza San Pietro<br />
quando offrì ai media il modo migliore per una<br />
prima definizione? “I venerabili cardinali hanno<br />
chiamato un nuovo vescovo di Roma…<br />
L’hanno chiamato da un paese lontano…<br />
Avevo paura di accettare la nomina… Mi capite<br />
bene? Non so se riuscirò a esprimermi nella<br />
vostra lingua… nella nostra lingua. Se sbaglio<br />
mi corrigerete!” Delizioso il finale che la<br />
gente interpreta come errore senza capire che<br />
è un latinismo, comprensibile in un sacerdote<br />
che conosce grammatica e sintassi dell’antico<br />
idioma assai meglio della moderna parlata.<br />
Pochi giorni più tardi, durante la messa solenne<br />
di intronizzazione, il Papa polacco rivela in<br />
pieno la formula che da carattere alla sua missione.<br />
Rivolgendosi ai fedeli di tutto il mondo,<br />
più che un invito, pronuncia un proclama: “Non<br />
abbiate paura di accogliere il Cristo. Spalancate<br />
le porte al Cristo! Non abbiate paura!”<br />
Da allora in poi ogni suo messaggio appare<br />
permeato di forza missionaria.<br />
Un profondo conoscitore<br />
<strong>dei</strong> mezzi di comunicazione<br />
Non avere paura. Dando l’esempio in prima<br />
persona, Wojtyla dimostra di non avere paura<br />
<strong>dei</strong> giornalisti, anzi di comprenderne lo spirito e<br />
di sostenerne il lavoro. Il contatto iniziale con la<br />
stampa è perfetto. Uomo che conosce la realtà<br />
dell’Est comunista, parla in italiano della libertà<br />
di scrivere: “Consideratevi fortunati di poterne<br />
disporre”. Poi, con un colpo da profondo conoscitore<br />
<strong>dei</strong> mezzi d’informazione, conclude con<br />
una battuta in inglese ben sapendo che sarà<br />
l’unica a fare il giro del mondo in televisione.<br />
Quindi si distacca dal microfono e passeggia<br />
tra i corrispondenti accreditati rispondendo per<br />
un’ora ad ogni domanda, seducendo tutti per<br />
la capacità di passare dal polacco al tedesco,<br />
dal francese allo spagnolo, dall’inglese all’italiano.<br />
È il modello che si ripete in ogni viaggio all’estero,<br />
sull’aereo. Ne ho diverse personali<br />
esperienze. La prima a conclusione di un lungo<br />
giro in America centrale nel marzo 1983 tra<br />
La memoria esistenziale del Papa polacco è tratta in larga<br />
misura dal volume di Bernard Lecomte, Giovanni Paolo II. La<br />
biografia (ottima la traduzione di Clara Ghibellini ed Enzo Peru)<br />
che è denso di analisi e documentazione. L’autore è parigino,<br />
53 anni, prima redattore del quotidiano La Croix, in seguito di<br />
testate laiche. Viene considerato tra i più preparati sui problemi<br />
dell’Europa orientale tra i giornalisti d’oltre Alpe; in particolare<br />
conosce benissimo la società polacca. Questo lavoro su Wojtyla<br />
gli è costato quattro anni di lavoro tra Cracovia e Roma per<br />
mettere in luce l’immagine completa di un pontefice che spazia<br />
da oltre un quarto di secolo tra giudizi contraddittori, da taluni<br />
ritenuto un restauratore e da altri un innovatore.<br />
Libro affascinante che propone questa storica figura in ogni<br />
sua sfaccettatura: poeta, viaggiatore, professore, ma soprattutto<br />
sacerdote e pastore di anime. In un certo senso lo scrittore<br />
francese ripercorre la stessa strada proposta in termini più<br />
concisi dai nostri Luigi Accattoli (L’uomo di fine millennio, San<br />
Paolo, 1998) e Domenico Del Rio (Karol il Grande, edizione<br />
speciale di “Famiglia cristiana”, 2003) oltre ai ricordi dello stesso<br />
protagonista attraverso i best-sellers Varcare la soglia della<br />
speranza (intervista di Vittorio Messori, Mondadori, 1994) e il<br />
recentissimo Alzatevi, andiamo! (Mondadori, <strong>2004</strong>).<br />
protagonista del nostro tempo<br />
(secondo Bernard Lecomte)<br />
Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador,<br />
Guatemala, Honduras, Belize e Haiti. Nella<br />
tratta di ritorno mi avvicinai con il microfono<br />
aperto per chiedergli un’impressione sull’incontro<br />
con tante popolazioni afflitte da miseria<br />
e dittature. Prima di rispondere levò su di me<br />
uno sguardo di simpatia chiedendomi per chi<br />
lavorassi. “Rai, per la precisione Giornaleradiotre”.<br />
“Ah, peccato, non riesco a sentirla<br />
tra tante cose…” Riuscii appena a formulare la<br />
domanda che mi ero preparato. In seguito – in<br />
altri viaggi in Africa, Europa settentrionale, Asia<br />
– il contatto poteva ripetersi ma con maggiore<br />
disinvoltura.<br />
“Anche l’Eurovisione<br />
ha le sue esigenze”<br />
Questo Papa si rende conto che anche la<br />
stampa ha le sue esigenze. In Francia l’ho visto<br />
bloccarsi e dire: “Anche l’Eurovisione ha le<br />
sue esigenze”. Un’altra volta, in San Pietro ha<br />
riconosciuto: “Dovevo parlare per venticinque<br />
minuti ed ho superato il limite”. Ancora, nel<br />
1989 ricevendo in Vaticano il sindacalista polacco<br />
Lech Walesa lo invitava a ripetere la scena<br />
del suo inginocchiarsi e dell’abbraccio perché<br />
i fotografi non erano ancora presenti. Da<br />
giovane egli ha fatto il giornalista, sia pure da<br />
dilettante, e quindi conosce le strutture redazionali,<br />
le pressioni <strong>dei</strong> tempi, l’importanza<br />
dell’impaginazione, le esigenze della televisione.<br />
E non perde occasione affinché la Chiesa,<br />
attraverso la sua stessa immagine, sia sempre<br />
visibile. Una volta a Malta (maggio 2001) egli<br />
si trovò a passare davanti alla tribuna della<br />
stampa per un errore del protocollo: accortosene,<br />
sorridendo, con la mano rivolse un cenno<br />
da vecchio amico. Osserva il biografo<br />
Bernard Lecomte: “I due esempi più sensazionali<br />
dell’utilizzazione <strong>dei</strong> media sono forse la<br />
visita al carcere di Rebibbia, dove Giovanni<br />
Paolo II si intrattiene a lungo con l’uomo che<br />
ha tentato di ucciderlo nel dicembre 1983, e<br />
quella al muro del Pianto, in occasione del pellegrinaggio<br />
in Terra Santa nel marzo del 2000.<br />
Quale immagine poteva esprimere meglio la<br />
forza della riconciliazione di quella del papa<br />
con l’uomo che aveva cercato di ucciderlo? E<br />
quale condanna più definitiva di tutte le forme<br />
di antisemitismo di quella in cui Giovanni<br />
Paolo II infila, con mano tremante, la preghiera<br />
in una crepa del muro sacro?”<br />
Il Papa polacco tiene in gran conto la mondializzazione<br />
informatica. Il vangelo va proclamato<br />
attraverso ogni strumento moderno (non<br />
soltanto dai pulpiti, ormai tanto poco usati)<br />
perché occorre andare verso la gente senza<br />
attendere che essa entri in chiesa. In un discorso<br />
del 16 febbraio 1996, il pontefice rilevava:<br />
“Al principio del secondo millennio la<br />
Chiesa ha contribuito in modo decisivo alla diffusione<br />
del Vangelo e all’edificazione <strong>dei</strong> popoli<br />
grazie ai monasteri, che davano risonanza<br />
ai tesori della civiltà. In occasione del terzo<br />
millennio, mentre è in corso una vera e propria<br />
rivoluzione tecnologica e telematica, la comunità<br />
cristiana viene invitata a prendere coscienza<br />
delle nuove sfide e ad accettarle con<br />
coraggio”. In volo verso l’America latina, nel<br />
febbraio 1985, ad un giornalista che gli chiedeva<br />
se lo disturbassero le telecamere puntate<br />
sulla sua persona, rispondeva: “È scritto nel<br />
Vangelo che la buona novella dev’essere predicata<br />
sui tetti. Che cosa vedremo noi dappertutto<br />
nelle città e nei villaggi che andremo a visitare<br />
se non le antenne della televisione sui<br />
tetti?” I media sono fatti per l’uomo, è la sua filosofia.<br />
E per ottenere raggiungere lo scopo il<br />
Vaticano possiede un collaudato sistema<br />
informativo per via telematica diffuso in tutto il<br />
mondo su Internet (www.vatican.va, scritto in<br />
inglese, spagnolo, francese) al quale si affianca<br />
il lavoro del Centro televisivo che dirama<br />
notizie e servizi attraverso un satellite. Tre<br />
computer con il nome degli arcangeli Raffaele,<br />
Michele e Gabriele assicurano la presenza in<br />
rete stimolando migliaia di iniziative in ogni angolo<br />
del mondo cattolico. In un messaggio del<br />
23 gennaio 2002, il papa scriveva: “La Chiesa<br />
si accosta a questo nuovo mezzo di comunicazione<br />
con realismo e con fiducia” non senza<br />
rimarcare e deplorare i modi “degradanti e nocivi”<br />
con cui spesso viene utilizzato per finalità<br />
speculative.<br />
Come è cambiato il mondo<br />
sotto il suo pontificato<br />
Giovanni Paolo II,<br />
Baldini Castoldi<br />
Dalai editore,<br />
Milano <strong>2004</strong>,<br />
pp. 768, euro 24,60<br />
In duemila anni di cristianesimo, soltanto tre<br />
papi hanno superato la soglia del quarto di secoli:<br />
Pietro capo della Chiesa per presunti<br />
trentaquattro anni, Pio IX per 32 dal 1846 al<br />
1878, Leone XIII per 25 dal 1878 al 1903.<br />
Giovanni Paolo II sta per superare il traguardo<br />
<strong>dei</strong> 26 anni: nel corso del suo pontificato si sono<br />
succeduti cinque presidenti degli Stati Uniti<br />
e sei capi dell’Urss-Russia mentre lo scenario<br />
del mondo ha visto accadere eventi clamorosi<br />
come il crollo del comunismo (pochi e antistorici<br />
i residui, Italia insegna), le trasformazioni<br />
dell’Europa (allargamento politico, unità monetaria,<br />
dismissione <strong>dei</strong> valori morali), l’invasione<br />
islamica dell’Occidente, il dilagare del<br />
terrorismo, la globalizzazione economica. Il<br />
Papa polacco è stato testimone di questo e di<br />
tanti altri segni <strong>dei</strong> tempi ma anche propugnatore<br />
di una ripresa etica e religiosa per l’intera<br />
umanità. Quattordici encicliche, centinaia di<br />
esortazioni e lettere, oltre quattromila discorsi<br />
e omelie, su temi impegnativi di ogni genere:<br />
dalla liturgia all’istituzione ecclesiastica, dalla<br />
proclamazione di beati e santi alla difesa della<br />
famiglia su ogni piano, dalla tutela <strong>dei</strong> diritti<br />
umani alla denuncia della violenza e alla richiesta<br />
di perdono. Interventi e tematiche che<br />
hanno scatenato grida di scandalo o di approvazione<br />
secondo i punti di vista, che hanno indotto<br />
taluni a definirlo conservatore e reazionario<br />
mentre per altri appare progressista e<br />
profeta, che l’hanno talora esaltato e talvolta<br />
depresso. Quando veniva eletto papa, Karol<br />
Wojtyla aveva 58 anni che attualmente sono<br />
divenuti 84. È sempre difficile dare giudizi ma,<br />
raccogliendo la passione che anima ogni parola<br />
del pontefice e rifacendomi all’opinione<br />
del settimanale Time di Nuova York che nel<br />
1994 lo proclamava “uomo dell’anno”, occorre<br />
ammettere che “le sue idee sono molto diverse<br />
da quelle della maggior parte <strong>dei</strong> mortali,<br />
sono più grandi”. Giovanni Paolo II ha portato<br />
per mano la Chiesa nel terzo millennio, puntando<br />
sui giovani e puntando sulla schiettezza<br />
del linguaggio fino al limite della contraddizione.<br />
Perciò (lo sostiene convinto Lecomte) siamo<br />
di fronte ad un personaggio “eccezionale<br />
soprattutto per quello che ha detto o fatto”. È<br />
un uomo che possiede il fascino dell’origine<br />
lontana e della gioventù vissuta come uno<br />
qualsiasi tra i suoi simili, un uomo che si trova<br />
a perfetto agio nel fare di conto alla storia, un<br />
uomo che esprime idee grandiose ed originali<br />
– ne deduceva il compianto Domenico Del Rio<br />
– non può non essere un Grande.<br />
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