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Settembre - Ottobre 2004 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong><br />

giornalisti<br />

della<br />

Lombardia<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />

Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

I ministri dell’Economia<br />

e del Lavoro bocciano<br />

l’accordo Fnsi-Fieg-Inpgi<br />

su condono, sistema sanzionatorio,<br />

cumulo pensione-redditi da lavoro<br />

e riscatto <strong>dei</strong> periodi di studi universitari<br />

Roma, 30 luglio <strong>2004</strong>. I ministri dell’Economia<br />

e del Lavoro hanno bocciato l’accordo (5<br />

maggio <strong>2004</strong>) Fnsi-Fieg-Inpgi su condono,<br />

sistema sanzionatorio, cumulo pensioneredditi<br />

da lavoro e riscatto <strong>dei</strong> periodi di studi<br />

universitari.<br />

Ne ha dato notizia il presidente dell’Inpgi,<br />

Gabriele Cescutti, con questa lettera: “Cari<br />

colleghi, mi spiace dovervi comunicare che<br />

i ministeri del Lavoro e dell’Economia ci<br />

hanno notificato la decisione di non dar<br />

corso all’approvazione di quattro delibere<br />

approvate dal Cda il 19 maggio scorso<br />

(condono, sistema sanzionatorio, cumulo<br />

pensione-redditi da lavoro e riscatto <strong>dei</strong><br />

periodi di studi universitari), che facevano<br />

parte del gruppo di sei provvedimenti approvati<br />

dal Cda lo scorso 19 maggio. Come ben<br />

ricorderete, invece, gli stessi ministeri il 13<br />

luglio avevano espresso parere favorevole in<br />

merito alle due delibere relative allo sconto<br />

contributivo per il riassorbimento <strong>dei</strong> giornalisti<br />

disoccupati e all’una tantum in favore <strong>dei</strong><br />

titolari di trattamenti pensionistici anteriori al<br />

1° gennaio 1999. La mancata approvazione<br />

per la prima delibera è riferita soprattutto<br />

all’esigenza di conoscere i motivi che sorreggono<br />

la proposta di applicazione del condono<br />

a “rapporti giuridici già definiti”.<br />

Per la seconda e terza delibera (sistema<br />

sanzionatorio e cumulo) sono richiesti precisi<br />

dettagli in merito agli equilibri gestionali<br />

nel medio e lungo periodo, mentre per il<br />

quarto provvedimento (riscatto di periodi<br />

universitari) vengono sollecitati aggiustamenti<br />

che potranno essere inseriti senza<br />

alcun problema. Abbiamo già preso contatto<br />

con la Fnsi e con la Fieg (firmatarie dell’accordo<br />

sindacale successivamente fatto<br />

proprio dal Cda dell’Inpgi) per valutare assieme<br />

le preoccupazioni espresse dai ministeri<br />

vigilanti, al fine di poter individuare, alla ripresa<br />

dell’attività in settembre, la miglior soluzione<br />

che consenta di rendere operative le<br />

quattro delibere.<br />

Cordialmente. Gabriele Cescutti”.<br />

Una nuova onorificenza per i giornalisti morti sui fronti di guerra<br />

Primo sì del Senato all’“<strong>Ordine</strong><br />

al merito del giornalismo italiano”<br />

Il capo dell’<strong>Ordine</strong> sarà il Presidente della Repubblica<br />

Roma, 26 agosto <strong>2004</strong>.<br />

Una nuova onorificenza per<br />

i giornalisti morti sui fronti di<br />

guerra. È quanto prevede un<br />

disegno di legge approvato<br />

dala Commissione Affari<br />

costituzionali del Senato, in<br />

sede deliberante, in prima<br />

lettura, il 30 giugno.<br />

Quest’approvazione equivale<br />

a una deliberazione del<br />

Senato. Il provvedimento<br />

mira ad istituire “l’<strong>Ordine</strong> al<br />

merito del giornalismo<br />

italiano”, al fine di introdurre<br />

un riconoscimento da<br />

parte dello Stato in favore di<br />

tutti coloro che si sono<br />

distinti – fino al sacrificio<br />

della stessa vita – nello svolgimento<br />

di un servizio di<br />

pubblica utilità ed interesse<br />

generale. Il ddl passa ora<br />

all’esame della Camera.<br />

(da www.cittadinolex.it)<br />

Ddl Senato 982 - Istituzione<br />

dell’«<strong>Ordine</strong> al merito<br />

del giornalismo italiano»<br />

Articolo 1<br />

1. È istituito l’“<strong>Ordine</strong> al merito<br />

del giornalismo italiano”<br />

destinato a dare una particolare<br />

attestazione agli inviati<br />

speciali della stampa a diffusione<br />

nazionale morti, o che<br />

abbiano subito comprovati e<br />

gravi danni fisici o psicologici,<br />

che si siano comunque<br />

distinti per particolari meriti,<br />

nell’adempimento del proprio<br />

dovere in zone di guerra o in<br />

occasione di eventi calamitosi<br />

di grande rilevanza, su<br />

proposta del Presidente del<br />

consiglio <strong>dei</strong> ministri.<br />

Articolo 2<br />

1. Il capo dell’<strong>Ordine</strong> è il<br />

Presidente della Repubblica<br />

Articolo 3<br />

1. Gli insigniti, o i loro con-<br />

giunti, dopo la pubblicazione<br />

sulla Gazzetta Ufficiale del<br />

decreto di conferimento dell’onorificenza<br />

da parte del<br />

Presidente della Repubblica,<br />

hanno il diritto di fregiarsene<br />

in occasione di festività<br />

nazionali e di altri importanti<br />

eventi.<br />

Articolo 4<br />

1. Le onorificenze, di cui alla<br />

presente legge, non producono<br />

effetti economici su<br />

pensioni, assegni o indennità<br />

di qualsiasi natura che<br />

sono o saranno percepite<br />

dagli aventi diritto.<br />

Articolo 5<br />

1. In attuazione della presente<br />

legge, il Presidente<br />

del consiglio <strong>dei</strong> ministri - di<br />

concerto con i ministri competenti<br />

- emana con proprio<br />

decreto le norme occorrenti<br />

per la sua attuazione.<br />

L’accordo (tra Fnsi, Fieg<br />

e Inpgi) sul cumulo in<br />

particolare prevede:<br />

a) che a decorrere<br />

dal 1° gennaio 2001<br />

le pensioni di vecchiaia<br />

e le pensioni liquidate<br />

con anzianità contributiva pari<br />

o superiore a 40 anni sono<br />

interamente cumulabili con<br />

i redditi di lavoro autonomo<br />

e dipendente; b) che in tutti<br />

gli altri casi il limite di<br />

cumulabilità viene elevato da<br />

euro 7.747 (lire 15 milioni) ad<br />

euro 13.000 (lire 25.171.510).<br />

ALTRI SERVIZI SULL’INPGI<br />

ALLE PAGINE 2, 3 e 4<br />

Milano, 20 luglio <strong>2004</strong>. Il Consiglio di presidenza<br />

dell’Associazione “Walter Tobagi” per la<br />

Formazione al Giornalismo ha eletto ieri sera<br />

il suo presidente per il triennio <strong>2004</strong>/2007: è<br />

l’economista d’impresa e commercialista<br />

Giuseppe Antonio Barranco di Valdivieso. I<br />

vicepresidenti sono tre: i giornalisti professionisti<br />

Andrea Biglia e David Messina, il giornalista<br />

pubblicista Damiano Nigro (vicepresidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia).<br />

Svolgeranno le funzioni di segretario e tesoriere<br />

Guido Re e Angelo Morandi. Presidente<br />

del Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti è il giornalista<br />

professionista Luciano Micconi.<br />

L’Afg “Walter Tobagi” è l’ente senza scopo di<br />

lucro convenzionato con la Regione Lombardia,<br />

che gestisce l’Istituto “Carlo De Martino”<br />

(meglio noto come “Scuola di giornalismo di<br />

Milano”) di cui sono direttore e vicedirettore i<br />

giornalisti professionisti Gigi Speroni e Alfredo<br />

Pallavisini.<br />

Con l’elezione di Barranco di Valdivieso, su<br />

proposta dal presidente del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia, si è impressa una svolta<br />

nella vita dell’Ifg, che ha bisogno di nuovi<br />

Anno XXXIV<br />

n. 9-10 <strong>Settembre</strong>-<strong>Ottobre</strong> <strong>2004</strong><br />

Direzione e redazione<br />

Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Telefono: 02 63 61 171<br />

Telefax: 02 65 54 307<br />

http://www.odg.mi.it<br />

e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />

Spedizione in a.p. (45%)<br />

Comma 20 (lettera b)<br />

dell’art. 2 della legge n. 662/96<br />

Filiale di Milano<br />

DATI FIEG-FNSI-INPGI/ PAG 26<br />

Giugno <strong>2004</strong>:<br />

14.500 professionisti,<br />

1.500 disoccupati<br />

SOMMARIO<br />

Mobbing Intervista allo psichiatra<br />

Michele Piccione pag. 5<br />

Normativa <strong>Giornalisti</strong> e residenza<br />

anagrafica pag. 6<br />

Editoria Più cultura, più futuro pag. 8<br />

Martiri del Enzo Baldoni:<br />

giornalismo “Io viaggio per la pace” pag. 10<br />

Garante Al duopolio tv l’86,5%<br />

comunicazioni della pubblicità pag. 12<br />

Freelance Un successo il corso Ifg pag. 15<br />

I nostri lutti Tiziano Terzani.<br />

“Il giornalismo,<br />

la mia vita”<br />

Elio Sparano,<br />

pag. 16<br />

simbolo Rai a Milano pag. 17<br />

Memoria Gigi Ghirotti, il cronista<br />

Leo Longanesi,<br />

un “Borghese”<br />

pag. 18<br />

grande grande pag. 20<br />

Giornalismo Luigi Comencini<br />

e cinema<br />

La libreria<br />

giornalista “politico” pag. 22<br />

di Tabloid<br />

I dossier<br />

pag. 24<br />

di Tabloid Inserto speciale<br />

sulla diffamazione<br />

a mezzo stampa -<br />

appello penale<br />

L’ente gestisce l’Istituto per la Formazione al Giornalismo<br />

Giuseppe A. Barranco di Valdivieso<br />

presidente dell’Afg “Walter Tobagi”<br />

Eletti vicepresidenti Andrea Biglia, David Messina e Damiano Nigro<br />

mezzi economici per rafforzare la sua leadership<br />

tra le scuole riconosciute dall’<strong>Ordine</strong><br />

nazionale. Va ridisegnata anche la strategia<br />

di alleanze nel campo universitario per preparare<br />

una figura di giornalista italiano, capace<br />

di lavorare in tutti i Paesi della Ue. L’Ifg,<br />

quindi, investe e scommette sull’Europa.<br />

Sarà rilanciata “l’Associazione degli ex-allievi<br />

dell’Ifg”, forte <strong>dei</strong> 650 giornalisti professionisti<br />

“creati” dal 1977 ad oggi.<br />

1


20/21<br />

luglio<br />

<strong>2004</strong><br />

Non è possibile, sotto<br />

il profilo dell’articolo 3 della<br />

Costituzione, che le gestioni<br />

separate dell’Inps e dell’Inpgi<br />

abbiano regole contrastanti<br />

tali da creare disuguaglianze<br />

tra i cittadini. Le circolari<br />

non modificano le leggi<br />

Cessione <strong>dei</strong> diritti<br />

d’autore e Inpgi/2:<br />

l’Inpgi conferma<br />

la linea dura<br />

analisi di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Milano, 21 luglio <strong>2004</strong>. Nello spazio di poche ore, tra il 20 e 21 luglio, il direttore dell’Inpgi,<br />

Arsenio Tortora, ha ribadito con due note la linea dura dell’Istituto e la “condanna” <strong>dei</strong> pareri<br />

resi pubblici da chi scrive in merito alla raccomandata 6 luglio <strong>2004</strong> della signora Giuseppina<br />

Cappa (dirigente dell’Inpgi/2). Gli iscritti sono frastornati, mentre monta la rabbia contro una<br />

gestione separata giudicata iniqua e vessatoria. I colleghi soprattutto non comprendono<br />

perché l’Inpgi/2 riconosca la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore fino al 2000 e non più a partire<br />

dall’anno d’imposta 2001. I colleghi non comprendono perché l’Inpgi/2 si ostini a non rispettare<br />

una legge che dichiara lavoro occasionale quello che coincide con l’introito annuale di<br />

5mila euro. Soprattutto non capiscono perché i cittadini assicurati con l’Inps/2 hanno un trattamento<br />

più favorevole sia sul fronte del diritto d’autore sia sul fronte del lavoro occasionale.<br />

Eppure il Consiglio di Stato – con il parere n. 881 (17 giugno 1998) emesso su richiesta del<br />

ministro del Lavoro (“in linea con il ministero del Tesoro”) - ha stabilito che “non sussiste<br />

obbligo di iscrizione alla Cassa di previdenza per i soggetti iscritti nell’Albo che esercitano<br />

un’attività professionale in maniera occasionale”. Il pensiero della suprema magistratura<br />

amministrativa della nazione dovrebbe avere un peso maggiore rispetto a una circolare ministeriale,<br />

tenuta ad interpretare le leggi o una legge avvicinandosi il più possibile ai valori<br />

costituzionali di solidarietà, giustizia ed uguaglianza.<br />

I cittadini italiani non giornalisti, che, avvalendosi del diritto sancito nell’articolo 21 della Costituzione,<br />

scrivono sistematicamente od occasionalmente articoli, servizi, analisi e commenti,<br />

retribuiti con la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, non versano alcunché alla gestione separata<br />

dell’Inps (vedi circolare Inps n° 83 del 28 marzo 1997). Diverso è, invece, il destino <strong>dei</strong> cittadini<br />

italiani iscritti negli elenchi (professionisti e pubblicisti) dell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti e che collaborano<br />

sistematicamente od occasionalmente con giornali e riviste. Eppure la Costituzione<br />

(articolo 3) non consente discriminazioni e trattamenti economici diseguali. La vicenda assume<br />

i contorni della farsa ove si pensi che il presidente dell’Inpgi il 16 maggio 1996 ha scritto<br />

La svolta (sbagliata) del 26 gennaio 2001<br />

Il 26 gennaio 2001 il presidente dell’Inpgi,<br />

facendo riferimento a una lettera del ministro<br />

del Lavoro (il carteggio è… segreto di Stato!)<br />

ha mutato idea sull’argomento, sia pure dopo<br />

aver affermato che “la legge prevede che la<br />

cessione del diritto d’autore non comporti<br />

l’obbligo di iscrizione alla Gestione previdenziale<br />

separata”!<br />

L’Inpgi nutre, questa l’amara verità, dubbi<br />

sulla correttezza <strong>dei</strong> giornalisti e pertanto –<br />

spiega il presidente dell’Istituto – ha chiesto<br />

al ministero del Lavoro “regole le quali<br />

consentano di distinguere senza equivoci<br />

quando ci si trovi in presenza di autentica<br />

cessione di diritto d’autore, e quando invece<br />

tale formula sia illegittima, e non possa quindi<br />

costituire elemento per evitare l’obbligo di<br />

iscrizione alla Gestione separata”.<br />

Il ministero avrebbe condiviso le osservazioni<br />

dell’Inpgi “in merito alla possibilità che il<br />

ricorso alla cessione del diritto d’autore<br />

fosse, in determinati casi, illegittimo”, invitando<br />

quindi l’Istituto “ad individuare parametri<br />

oggettivi attraverso i quali sia possibile determinare<br />

se la cessione del diritto d’autore sia<br />

corrispondente alla norma, o mascheri invece<br />

una sia pur inconsapevole elusione<br />

contributiva”.<br />

I “parametri” dell’Inpgi, però, confliggono<br />

con due articoli della Costituzione (4 e 41).<br />

Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e di<br />

scegliere il lavoro più confacente alla sua<br />

personalità. Anche l’impresa gode di una sua<br />

libertà e può pertanto stipulare contratti con i<br />

cittadini professionisti regolati dalla legge sul<br />

diritto d’autore sul presupposto che, in base<br />

alla legge n. 633/1941, articoli, servizi giornalistici,<br />

servizi fotogiornalistici e progetti<br />

grafico-giornalistici sono opere dell’ingegno.<br />

I parametri dell’Inpgi, avallati a quanto<br />

sembra dal ministero del Lavoro, non hanno<br />

alcun raccordo con l’Inps e con le normative<br />

fiscali. Il reddito derivante dall’utilizzazione<br />

economica delle opere dell’ingegno (in particolare<br />

i compensi pagati da quotidiani e da<br />

riviste agli autori di articoli) va dichiarato nel<br />

rigo D4 del Quadro D (altri redditi) del Modello<br />

730 oppure nel Modello unico (Quadro<br />

RE). I compensi a titolo di cessione di diritti<br />

d’autore costituiscono redditi di lavoro autonomo<br />

ai sensi dell’articolo 49 (comma 2,<br />

lettera b) del Dpr n. 917/1986 e, come tali,<br />

ridotti del 25% (art. 50, comma 8, del Dpr n.<br />

917/986), sono soggetti a ritenuta d’acconto<br />

del 20% (art. 25 del Dpr n. 600/1973). È<br />

escluso, come d’altro lato riconobbe lo stesso<br />

presidente dell’Inpgi, che debbano iscriversi<br />

all’Inpgi/2 coloro che percepiscano<br />

“redditi derivanti dalla utilizzazione economica<br />

di opere dell’ingegno (articoli, servizi giornalistici,<br />

progetti grafici e servizi fotografici<br />

ndr)” in quanto gli stessi redditi sono compresi<br />

nel comma 2 (lettera b) dell’articolo 49 del<br />

Dpr n. 917/1986. “Un articolo ricade nella<br />

tutela della legge sul diritto d’autore quando<br />

ha il requisito dell’originalità e della creatività<br />

e reca l’impronta di una elaborazione personale<br />

del giornalista” (Cassazione civile, 19<br />

luglio 1990, n. 7397). Anche la Sezione lavoro<br />

della Cassazione (sentenza n. 1° giugno<br />

1998, n. 5370) ha ritenuto applicabile la tutela<br />

del diritto d’autore all’opera giornalistica.<br />

La massima giurisprudenziale suona così:<br />

“Può qualificarsi come giornalistica l’opera<br />

svolta in favore di editori di quotidiani e periodici,<br />

di agenzie d’informazione o di emittenti<br />

televisive, ove esplicata con energie prevalentemente<br />

intellettuali e consistente nella<br />

raccolta, elaborazione o commento della<br />

notizia destinata a formare oggetto di comunicazione<br />

di massa; tale opera si distingue<br />

da quelle collaterali o ausiliarie per la creati-<br />

vità, ossia per la presenza, nella manifestazione<br />

del pensiero finalizzata all’informazione,<br />

di un apporto soggettivo e inventivo,<br />

secondo i criteri desumibili anche dall’art.<br />

2575 c.c. e dall’art. 1 l. n. 633 del 1941 in<br />

materia di protezione delle opere dell’ingegno,<br />

letterarie e artistiche”.<br />

Si può, pertanto, ritenere che si possa configurare<br />

la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore tutte le<br />

volte in cui oggetto della cessione sia un’opera<br />

originale e creativa (articoli, interviste e<br />

servizi giornalistici, progetti grafici giornalistici,<br />

servizi fotogiornalistici). Tonino Morina su<br />

Il Sole 24 Ore del 21 giugno 1999, rispondendo<br />

a un pubblicista che erroneamente<br />

aveva aderito all’Inps/2, ha scritto: “Il conferimento<br />

dell’opera dell’ingegno da parte<br />

dell’autore, sia esso a titolo di cessione o di<br />

mera concessione (la differenza è esclusivamente<br />

civilistica, mentre ai fini fiscali è irrilevante),<br />

e indipendentemente dall’occasionalità<br />

della produzione stessa, è fonte generatrice<br />

di quella tipologia di redditi che trova il<br />

suo regime impositivo nell’articolo 50,<br />

comma 8 del Tuir, ed è tassato quindi in capo<br />

al percettore per un importo corrispondente<br />

all’ammontare <strong>dei</strong> proventi in denaro o in<br />

natura percepiti nell’anno solare, ridotto del<br />

25% a titolo di deduzione forfettaria delle<br />

spese. Si noti infine che ai sensi della legge<br />

8 agosto 1995, n. 335, articolo 2, comma 26,<br />

nessun versamento è dovuto alla gestione<br />

separata dell’Inps, la quale abbraccia solo i<br />

redditi di lavoro autonomo prodotti in forma<br />

abituale di cui al primo comma dell’articolo<br />

49, e quelli derivanti da rapporti di collaborazione<br />

coordinata e continuativa indicati alla<br />

lettera a) del comma 2 dell’articolo 49”.<br />

Il presidente dell’Inpgi e con lui l’ex ministro<br />

del Lavoro <strong>dei</strong> governi D’Alema/Amato,<br />

cercando di stabilire quando non si può appli-<br />

I cittadini senza Albo<br />

non versano alcunché<br />

all’Inps/2, mentre<br />

i giornalisti avrebbero<br />

l’obbligo opposto rispetto<br />

all’Inpgi/2 in base a una<br />

circolare (illegittima)<br />

di un ex ministro<br />

del Lavoro<br />

in una circolare indirizzata agli iscritti alla gestione separata, affermando categoricamente:<br />

“Non è obbligato a iscriversi all’Inpgi/2 chi effettua cessioni di diritti d’autore”. Questo<br />

il suo pensiero (di allora): “Non è obbligato all’iscrizione chi effettua cessioni di diritti d’autore.<br />

Possono essere considerate tali esclusivamente quelle prestazioni che esplicitamente sono<br />

regolate tra le parti (azienda editoriale e giornalista) come cessione del diritto d’autore, e che<br />

come tali sono soggette all’imposizione Irpef. La cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, se effettuata<br />

direttamente dall’autore stesso, è esente da Iva ed in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi deve<br />

essere compilata nella sezione II del quadro E (in apposito rigo, differente da quello di cui<br />

all’ipotesi di collaborazione coordinata e continuativa) con l’indicazione <strong>dei</strong> compensi lordi<br />

effettivamente percepiti e dai quali viene detratta una percentuale forfetaria a titolo di riconoscimento<br />

delle spese sostenute. Anche in questo caso non è previsto obbligo (né possibilità)<br />

di iscrizione ad alcuna forma di previdenza”. Nella stessa circolare Cescutti era stato perentorio<br />

sul fronte delle prestazioni occasionali giornalistiche:“Non è obbligato a iscriversi<br />

all’Inpgi/2 chi svolge attività occasionale. In tal caso l’attività giornalistica è saltuaria e<br />

sporadica. Non può sicuramente costituire la fonte principale di reddito e nemmeno una<br />

fonte secondaria permanente, in quanto non sussiste un rapporto fisso con l’editore. I servizi<br />

vengono resi in via eccezionale, anche se su specifica ordinazione, e non sussiste alcuna<br />

situazione giuridica che garantisca la prosecuzione del rapporto, il conseguimento di ulteriori<br />

compensi o la pretesa dell’editore di ricevere altri servizi. In senso tecnico specifico il soggetto<br />

non è nemmeno considerato ai fini fiscali come lavoratore autonomo tanto che, oltre a non<br />

essere tenuto all’apertura di partita Iva, in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi non è neanche<br />

tenuto alla compilazione del quadro E, ma del differente quadro L. Conseguentemente non<br />

ha la possibilità di iscriversi ad alcuna forma di previdenza, né deve versare contributi, né<br />

può pretendere prestazioni”.<br />

Ai piani alti di via Nizza 35-00198 Roma non hanno ancora capito che un free-lance può<br />

svolgere benissimo un’attività professionale non occasionale (500 articoli all’anno) ed essere<br />

retribuito, soprattutto in provincia, in maniera occasionale (cioè con 4 euro ad articolo, cioè<br />

con 2mila euro all’anno).<br />

Dal 16 maggio 1996 la normativa in vigore è sempre quella, l’Inps non ha cambiato linea. Per<br />

l’Inps, gli autori e gli occasionali non hanno alcun obbligo di iscrizione alla gestione separata.<br />

care il diritto d’autore, teorizzano che tale<br />

formula non vale per i giornalisti quando un’opera<br />

è “tesa ad esaurire la sua funzione con<br />

la prima e tempestiva diffusione”; quindi, se<br />

ne deduce, la formula vale invece in caso<br />

contrario, cioè dove l’articolo non “muore”<br />

affatto con la prima pubblicazione. Ebbene: di<br />

norma i giornalisti che applicano il diritto d’autore,<br />

almeno nel caso di settimanali e soprattutto<br />

di mensili, cedono la proprietà <strong>dei</strong> loro<br />

articoli non solo per la “prima e tempestiva<br />

diffusione”, ma anche per le eventuali pubblicazioni<br />

successive, che di fatto non sono solo<br />

“eventuali”, perché le riviste ripubblicano i<br />

testi su siti web, cd, pubblicazioni distribuite<br />

all’estero. Ergo: se gli stessi Salvi e Cescutti,<br />

pur avendo come obiettivo la limitazione<br />

dell’uso del diritto d’autore da parte <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

ammettono di fatto che questo diritto<br />

si può applicare nel caso di testi destinati alla<br />

ripubblicazione, le pretese dell’Inpgi/2 appaiono<br />

deboli e con fondamenta di argilla.<br />

I parametri dell’Inpgi svelano una impronta<br />

dirigistica degna di altri regimi e non tengono<br />

conto dell’evoluzione delle tecnologie<br />

informatiche e delle banche dati. Le aziende<br />

editoriali in base alla legge n. 633/1941<br />

hanno il diritto di sfruttamento delle opere<br />

dell’ingegno acquisite attraverso liberi<br />

contratti individuali e pubblicate nei loro giornali<br />

e periodici. I giornalisti hanno diritto, con<br />

accordi scritti, di tutelare la loro produzione<br />

intellettuale (utilizzando anche i principi<br />

contenuti nell’articolo 14 del vigente Cnlg).<br />

Anche i quotidiani e le agenzie di stampa –<br />

come i periodici – immagazzinano articoli e<br />

servizi giornalistici nelle banche dati e cedono<br />

a terzi, dietro pagamento, questi articoli e<br />

questi servizi giornalistici. Sono pochissimi<br />

gli articoli che “esauriscono la loro funzione<br />

con la prima e tempestiva diffusione”.<br />

2 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


L’errore dell’ex ministro Salvi<br />

L’ex ministro del Lavoro Salvi non aveva il<br />

potere di abrogare, cambiare, manipolare<br />

o interpretare le leggi (potere che è del<br />

Parlamento, della Corte costituzionale o<br />

della Cassazione). Bisogna ribadire con<br />

forza, invece, quello che Cescutti ha scritto<br />

nella circolare 16 maggio 1996 e ripetuto<br />

nella circolare 26 gennaio 2001: “La legge<br />

prevede che la cessione del diritto d’autore<br />

non comporti l’obbligo di iscrizione alla<br />

Gestione previdenziale separata”! Conseguentemente<br />

“non è obbligato a iscriversi<br />

all’Inpgi/2 chi effettua cessioni di diritti<br />

d’autore”. La circolare di Cescutti richiama<br />

una circolare, quella di Salvi, che è un<br />

mostro giuridico!<br />

Non è possibile, sotto il profilo dell’articolo<br />

3 della Costituzione, che le gestioni separate<br />

dell’Inps e dell’Inpgi abbiano regole<br />

contrastanti tali da creare disuguaglianze<br />

tra i cittadini (si veda sul punto la sentenza<br />

n. 437/2002 della Corte costituzionale).<br />

Dopo la sentenza n. 5280/2003 del Tar<br />

Lazio, l’Inpgi è maggiormente tenuto a<br />

rispettare le regole che sono dell’Inps<br />

(punto 4 dell’articolo 76 della legge n.<br />

388/2000). Nella sentenza n. 15/1999 la<br />

Corte costituzionale ha scritto: “La garanzia<br />

dell’autonomia gestionale, organizzativa,<br />

amministrativa e contabile degli enti<br />

privatizzati, che costituisce un principio<br />

direttivo della delega, non attiene tanto alla<br />

struttura dell’ente quanto piuttosto all’esercizio<br />

delle sue funzioni. In tal senso il legislatore<br />

delegato ha recepito la formulazione<br />

della norma delegante inserendo tale<br />

garanzia nella disposizione che disciplina<br />

la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del<br />

Conclusioni<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

CHIARIMENTO INPS<br />

Lavoratori occasionali:<br />

contributi dovuti<br />

dopo i 5.000 euro<br />

Roma, 7 luglio <strong>2004</strong>. Con circolare n. 103 del 6 luglio <strong>2004</strong><br />

l’Inps ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli obblighi contributivi<br />

<strong>dei</strong> lavoratori occasionali e degli incaricati alle vendite a<br />

domicilio come disciplinato dall’art. 44 della legge 24 novembre<br />

2003, n. 326.<br />

In particolare si precisa che l’esenzione contributiva opera<br />

solo per la fascia <strong>dei</strong> 5.000 euro e, in caso di superamento di<br />

questo limite di reddito i contributi sono dovuti solo per la<br />

quota di reddito eccedente.<br />

I versamenti vanno effettuati il mese successivo al superamento<br />

del limito reddituale entro il giorno 16 utilizzando i codici<br />

relativi alle collaborazioni coordinate e continuative.<br />

decreto legislativo n. 509 del 1994). Ma<br />

anche se, considerando isolatamente i<br />

singoli segmenti della formula normativa<br />

adottata dal legislatore, si intendesse l’autonomia<br />

organizzativa come elemento del<br />

tutto distinto dalla organizzazione della<br />

gestione amministrativa e contabile, riferita<br />

quindi alla struttura dell’ente ed alla<br />

composizione <strong>dei</strong> suoi organi, essa non<br />

implicherebbe un’assoluta libertà di configurare<br />

le strutture dell’ente e non escluderebbe<br />

l’eventuale indicazione di limiti entro<br />

i quali l’autonomia debba essere esercitata”.<br />

Il punto 4 dell’articolo 76 della legge n.<br />

388/2000 in effetti fissa per l’Inpgi <strong>dei</strong> paletti:<br />

l’esercizio da parte dell’Inpgi della potestà<br />

di autonomia normativa, a decorrere<br />

dalla entrata in vigore della legge n.<br />

388/2000, “richiede il coordinamento<br />

specifico con le norme generali che regolano<br />

il sistema contributivo e delle prestazioni<br />

previdenziali”.<br />

L’articolo 1 (comma 2) della legge<br />

335/1995 dice: “Le disposizioni della<br />

presente legge costituiscono princìpi<br />

fondamentali di riforma economico-sociale<br />

della Repubblica. Le successive leggi della<br />

Repubblica non possono introdurre eccezioni<br />

o deroghe alla presente legge se non<br />

mediante espresse modificazioni delle sue<br />

disposizioni”. In sostanza ciò che decide<br />

una legge non può essere “corretto” con un<br />

atto amministrativo qual è una circolare<br />

ministeriale. Questo piccolo/grande particolare<br />

è finora sfuggito ai vertici dell’Inpgi,<br />

che vogliono “tassare” le opere dell’ingegno<br />

<strong>dei</strong> giornalisti in forza di una circolare<br />

ministeriale.<br />

• I compensi a titolo di cessione di diritti d’autore costituiscono redditi di lavoro autonomo ai<br />

sensi dell’articolo 49 (comma 2, lettera b) del Dpr n. 917/1986 e, come tali, ridotti del 25%<br />

(art. 50, comma 8, del Dpr n. 917/986), sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20 % (art. 25<br />

del Dpr n. 600/1973). Gli stessi non sono tra quelli assoggettati alle gestioni separate come<br />

“i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a),<br />

dell’articolo 49 del medesimo testo unico”!!!<br />

• la ritenuta d’acconto del 20% si applica in sostanza sul 75% del compenso a titolo di<br />

cessione di diritti d’autore (art. 110 della legge 633/1941 e art. 2581 del Codice civile);<br />

• i compensi collegati alla cessione di diritti d’autore vanno denunciati fiscalmente nel Modello<br />

unico (Quadro RE) o nel Modello 730 (Quadro D);<br />

• chi cede i propri diritti sulle opere dell’ingegno (articoli, servizi giornalistici o fotografici,<br />

progetti grafici) non paga il 12% all’Inpgi/2. La legge 335/1995, il Dlgs 103/1996, l’Inps, il<br />

Regolamento dell’Inpgi/2, la Cassazione civile, il ministero delle Finanze e… la circolare 16<br />

maggio 1996 dell’Inpgi escludono dalla gestione separata i “soggetti” che ricadono nel<br />

campo della cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore.<br />

• “La trasmissione <strong>dei</strong> diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto” (articolo 110 della<br />

legge 633/1941 sul diritto d’autore).<br />

• Chi ha compiuto i 65 anni non ha obbligo di iscrizione all’Inpgi/2. Dice il comma 6 dell’articolo<br />

del Regolamento: “I giornalisti che hanno compiuto il 65° anno di età hanno facoltà di<br />

iscriversi alla gestione di cui al comma 1. Gli iscritti che compiono il 65° anno di età senza<br />

avere maturato il diritto a pensione hanno facoltà di continuare a versare all’Istituto i contributi<br />

di cui all’art. 3 e seguenti”.<br />

• “La prescrizione <strong>dei</strong> contributi dovuti all’Istituto interviene con il decorso di 5 anni” (art. 7 del<br />

Regolamento gestione separata Inpgi)<br />

• Chi svolge prestazioni giornalistiche occasionali fino a 5mila euro (comma 2 dell’articolo 44<br />

della legge n. 326/2003) non ha obbligo di iscrizione all’Inpgi/2;<br />

• Le circolari ministeriali e le delibere dell’Inpgi in contrasto con le leggi sopra citate non<br />

possono correggere o cambiare le leggi stesse.<br />

Nota<br />

18 luglio<br />

<strong>2004</strong><br />

Non esistono cittadini<br />

di serie A e di serie B:<br />

la gestione separata dell’Inps<br />

non chiede quattrini a chi realizza<br />

proventi collegati alle opere<br />

dell’ingegno.<br />

Perché l’Inpgi/2<br />

si comporta diversamente?<br />

Come rispondere<br />

all’Inpgi/2:<br />

due possibili<br />

repliche<br />

Milano, 18 luglio <strong>2004</strong>. Con una lettera<br />

raccomandata 6 luglio <strong>2004</strong>, il dirigente<br />

(Giuseppina Cappa) della gestione separata<br />

dell’Inpgi (o Inpgi/2) ha annunciato che l’Istituto<br />

riconosce la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore<br />

fino all’anno fiscale 2000, ma non dal 2001<br />

in poi. Bisogna chiedere all’Istituto di rivelare<br />

quale legge a partire dal 2001 ha modificato<br />

detto regime, assoggettando a contribuzione<br />

i proventi derivanti dall’utilizzazione economica<br />

di opere dell’ingegno. In verità quella<br />

legge non esiste. La posizione dell’Inpgi è<br />

contraddittoria e non rispetta le legislazione<br />

dell’Inps alla quale è tenuta ad adeguarsi<br />

(art. 76 della legge n. 388/200). L’articolo 76<br />

della legge n. 388/2000 prevede infatti che<br />

“le forme previdenziali gestite dall’inpgi devo-<br />

L’Inpgi annuncia che non<br />

riconoscerà il diritto d’autore<br />

a partire dall’anno fiscale 2001,<br />

ma tace sulla legge che avrebbe<br />

assoggettato a contribuzione<br />

i proventi derivanti<br />

dalle opere dell’ingegno.<br />

In verità quella legge non esiste<br />

Eppure Gabriele Cescutti<br />

(presidente Inpgi)<br />

il 16 maggio 1996 ha scritto:<br />

“Non è obbligato a iscriversi<br />

all’Inpgi/2 chi effettua cessioni<br />

di diritti d’autore”<br />

no essere coordinate con le norme che regolano<br />

il regime delle prestazioni e <strong>dei</strong> contributi<br />

delle forme di previdenza sociale obbligatoria<br />

sia generali che sostitutive”. Non<br />

esistono cittadini di serie A e di serie B: la<br />

gestione separata dell’Inps non chiede quattrini<br />

a chi realizza proventi collegati alle<br />

opere dell’ingegno. Perché l’Inpgi/2 si<br />

comporta diversamente?<br />

Dall’archivio elettronico della gestione separata<br />

dell’Inpgi affiora una circolare 16 maggio<br />

1996 firmata da Gabriele Cescutti la quale<br />

dice esattamente il contrario rispetto a quanto<br />

ha scritto Giuseppina Cappa. Riportiamo<br />

una parte di quella interessante circolare<br />

(http://www.inpgi.it/inpgi/inpgi.nsf) allineata ai<br />

criteri operativi dell’Inps:<br />

CHI NON È TENUTO<br />

ALL’ISCRIZIONE<br />

In base alla legge le esclusioni sono due.<br />

1) Non è obbligato chi svolge attività occasionale. In tal caso l’attività giornalistica è saltuaria<br />

e sporadica. Non può sicuramente costituire la fonte principale di reddito e nemmeno una<br />

fonte secondaria permanente, in quanto non sussiste un rapporto fisso con l’editore. I servizi<br />

vengono resi in via eccezionale, anche se su specifica ordinazione, e non sussiste alcuna<br />

situazione giuridica che garantisca la prosecuzione del rapporto, il conseguimento di ulteriori<br />

compensi o la pretesa dell’editore di ricevere altri servizi.<br />

In senso tecnico specifico il soggetto non è nemmeno considerato ai fini fiscali come lavoratore<br />

autonomo tanto che, oltre a non essere tenuto all’apertura di partita Iva, in sede di dichiarazione<br />

<strong>dei</strong> redditi non è neanche tenuto alla compilazione del quadro E, ma del differente<br />

quadro L.<br />

Conseguentemente non ha la possibilità di iscriversi ad alcuna forma di previdenza, né deve<br />

versare contributi, né può pretendere prestazioni.<br />

2) Non è obbligato all’iscrizione chi effettua cessioni di diritti d’autore. Possono essere considerate<br />

tali esclusivamente quelle prestazioni che esplicitamente sono regolate tra le parti<br />

(azienda editoriale e giornalista) come cessione del diritto d’autore, e che come tali sono<br />

soggette all’imposizione Irpef. La cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore, se effettuata direttamente<br />

dall’autore stesso, è esente da Iva ed in sede di dichiarazione <strong>dei</strong> redditi deve essere compilata<br />

nella sezione II del quadro E (in apposito rigo, differente da quello di cui all’ipotesi di<br />

collaborazione coordinata e continuativa) con l’indicazione <strong>dei</strong> compensi lordi effettivamente<br />

percepiti e dai quali viene detratta una percentuale forfetaria a titolo di riconoscimento delle<br />

spese sostenute.<br />

Anche in questo caso non è previsto obbligo (né possibilità) di iscrizione ad alcuna forma di<br />

previdenza. Fto Gabriele Cescutti”.<br />

segue<br />

3


Segue - Inpgi/2<br />

e diritto d’autore<br />

http://www.odg.mi.it/autore02.htm<br />

I giornalisti-autori non<br />

sono “clienti” dell’Inpgi/2<br />

Lo dicono Cassazione e<br />

ministero delle Finanze<br />

La Sezione lavoro della Cassazione (sentenza 1° giugno<br />

1998, n. 5370) ha ritenuto applicabile la tutela del diritto d’autore<br />

all’opera giornalistica. La massima giurisprudenziale<br />

suona così: “Può qualificarsi come giornalistica l’opera svolta<br />

in favore di editori di quotidiani e periodici, di agenzie<br />

d’informazione o di emittenti televisive, ove esplicata con<br />

energie prevalentemente intellettuali e consistente nella<br />

raccolta, elaborazione o commento della notizia destinata a<br />

formare oggetto di comunicazione di massa; tale opera si<br />

distingue da quelle collaterali o ausiliarie per la creatività,<br />

ossia per la presenza, nella manifestazione del pensiero<br />

finalizzata all’informazione, di un apporto soggettivo e inventivo,<br />

secondo i criteri desumibili anche dall’art. 2575 c.c. e<br />

dall’art. 1 l. n. 633 del 1941 in materia di protezione delle<br />

opere dell’ingegno, letterarie e artistiche”.<br />

Circolare 26 gennaio 2001 n. 7/E del ministero delle<br />

Finanze: “L’articolo 34 della legge 21 novembre 2000, n.<br />

342, tramite l’inserimento della lettera c-bis) nell’articolo 47<br />

del Tuir. (Dpr. n. 917 del 1986) e la soppressione di alcune<br />

disposizioni, ha modificato il regime fiscale delle collaborazioni<br />

coordinate e continuative in precedenza assimilate<br />

dalla lettera a) dell’articolo 49, ai redditi di lavoro autonomo.<br />

Tali modifiche non hanno interessato la lettera b) dell’articolo<br />

49 del Tuir concernente i compensi derivanti dall’utilizzazione<br />

di opere e invenzioni tutelate dalle norme sul diritto d’autore.<br />

Tali compensi pertanto continuano a costituire redditi di<br />

lavoro autonomo”.<br />

Il ministero delle Finanze in data 30 gennaio 1996 aveva<br />

precisato che “quando la collaborazione resa a giornali o riviste<br />

ha per oggetto la cessione di un’opera dell’ingegno tutelata<br />

dalle norme sul diritto d’autore, il corrispondente provento<br />

va qualificato, ai fini fiscali, come diritto d’autore. In sostanza<br />

la cessione <strong>dei</strong> diritti fa “zona franca”.<br />

Parere della Direzione delle entrate per la Lombardia:<br />

“Tutte le volte che si realizza la cessione di un’opera dell’ingegno<br />

di carattere creativo, tutelata e disciplinata dagli articoli<br />

2575 e seguenti del Codice civile e dalla legge 22.4.1941<br />

n. 633, il relativo compenso costituisce reddito rientrante<br />

nella previsione dell’articolo 49, comma 2, lettera b, del Tuir”.<br />

L’argomento è stato affrontato nel gennaio 1996 dall’<strong>Ordine</strong><br />

della Lombardia. Allora il rischio era quello di dover versare il<br />

10% all’Inps. La legge sul diritto d’autore (n. 633/1941)<br />

apparve l’ancora di salvezza. L’<strong>Ordine</strong> raccomandò: “La<br />

cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore (articolo, servizio giornalistico o<br />

fotografico, progetto grafico) deve risultare da una contrattazione<br />

scritta tra le parti (articolo 2581 del Codice civile e articolo<br />

110 della legge sul diritto d’autore n. 633/1941)”.<br />

Il principio 137 approvato nel 1999 dalla Commissione<br />

per le norme di comportamento in materia tributaria<br />

dell’Associazione dottori commercialisti di Milano ritiene<br />

che il diritto d’autore è tutelato quanto un’opera è caratterizzata<br />

da: creatività (è necessario apportare qualche novità,<br />

anche modesta), originalità (si deve differenziare dalle consimili)<br />

e concretezza (deve essere in forma idonea a essere<br />

resa pubblica e riprodotta). Non può essere tale anche un<br />

articolo pubblicato su un giornale?<br />

UN DATO INDISPENSABILE PER MOLTI ADEMPIMENTI<br />

L’Inpgi ha la necessità di essere costantemente<br />

aggiornato sull’esatta residenza<br />

anagrafica di tutti gli iscritti. Questi ultimi,<br />

invece, spesso inviano all’Istituto comunicazioni<br />

generiche di variazione d’indirizzo,<br />

senza specificare se si tratti di residenza<br />

anagrafica o di domicilio.<br />

Tutto ciò, quando accade, comporta problemi<br />

non indifferenti, in quanto per l’Istituto è<br />

indispensabile avere informazioni precise,<br />

che aiutino a migliorare l’organizzazione e,<br />

quindi, la qualità del servizio reso a chi fa<br />

parte dell’Ente. In questa attività abbiamo<br />

riscontrato che molti iscritti preferiscono ricevere<br />

la corrispondenza ad un indirizzo diverso<br />

da quello di residenza anagrafica. Per far<br />

fronte a questa esigenza l’Inpgi ha modificato<br />

il proprio sistema anagrafico in modo tale<br />

da consentire una doppia registrazione. In<br />

questo modo l’Istituto dispone di due indirizzi,<br />

uno corrispondente alla residenza ana-<br />

grafica, ed uno al quale spedire la semplice<br />

corrispondenza, le circolari postel e la nostra<br />

rivista “Inpgi Comunicazione”. Come è<br />

nell’interesse dell’iscritto ricevere tempestivamente<br />

presso il proprio domicilio tutta la<br />

corrispondenza che lo riguarda, così l’Istituto<br />

chiede ai giornalisti di comunicare all’Ente<br />

l’esatta residenza anagrafica, al fine di<br />

consentire agli uffici di adempiere in modo<br />

corretto agli obblighi imposti dalla legge.<br />

Questa esigenza non riguarda soltanto i<br />

pensionati, ma anche coloro che sono in attività<br />

di servizio che percepiscono prestazioni<br />

temporanee, quali trattamento di cassa integrazione,<br />

disoccupazione, mobilità, ovvero di<br />

assegno temporaneo di inabilità o trattamento<br />

TBC, per i quali l’Istituto è sostituto d’imposta.<br />

Negli anni scorsi, infatti, sono stati emanati<br />

due decreti legislativi (n. 446/97 e n. 360/98)<br />

con i quali sono state istituite nuove imposte,<br />

Come rispondere all’Inpgi/2:<br />

due possibili repliche<br />

REPLICA<br />

1<br />

Una risposta<br />

possibile<br />

alla raccomandata<br />

della signora<br />

Cappa<br />

REPLICA<br />

2<br />

La possibile<br />

risposta<br />

suggerita<br />

dal presidente<br />

dell’Ogl Franco<br />

Abruzzo<br />

Appare opportuno<br />

diffidare<br />

e mettere<br />

in mora l’Istituto<br />

Appello dell’Inpgi:<br />

data ................<br />

Raccomandata ar<br />

Spett.le Servizio Contributi<br />

Gestione separata Inpgi (o Inpgi/2)<br />

Via Nizza 35 – 00198 Roma<br />

Preciso che le mie collaborazioni degli anni 1998, 1999 e 2000 cadono tutte<br />

sotto il regime della cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore. Chiedo di conoscere la legge<br />

che a partire dal 2001 ha modificato detto regime, assoggettando a contribuzione<br />

i proventi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno.<br />

(firma) .....................................<br />

indirizzo .....................................<br />

“Aggiornate subito<br />

il vostro indirizzo”<br />

l’addizionale Irpef regionale e comunale. Tali<br />

imposte devono essere trattenute dall’Inpgi<br />

sui trattamenti economici erogati agli iscritti,<br />

e versati alle Regioni ed ai Comuni in relazione<br />

alla residenza anagrafica <strong>dei</strong> soggetti<br />

fiscali risultanti al 31 dicembre di ogni anno.<br />

È evidente che in questo contesto è assai<br />

rilevante avere a disposizione dati esatti, in<br />

mancanza <strong>dei</strong> quali l’Inpgi potrebbe compiere<br />

in modo inesatto gli adempimenti di legge.<br />

La misura dell’aliquota relativa all’addizionale<br />

Irpef comunale, ad esempio, viene determinata<br />

dai singoli Comuni.<br />

Di conseguenza, una residenza anagrafica<br />

inesatta potrebbe condurre l’Istituto a<br />

commettere errori, nel momento in cui opera<br />

la trattenuta, sia in riferimento all’individuazione<br />

del Comune destinatario dell’imposta,<br />

sia per quanto riguarda la misura dell’aliquota<br />

da applicare. A questo riguardo va anche<br />

sottolineato che eventuali responsabilità, da<br />

data ................<br />

Raccomandata ar<br />

Spett.le Servizio Contributi<br />

Gestione separata Inpgi (o Inpgi/2)<br />

Via Nizza 35 – 00198 Roma<br />

Oggetto: Cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore. Diffida e messa in mora.<br />

La legge n. 335/1995, alla base dell’istituzione della gestione separata Inps e<br />

anche dell’Inpgi/2, ha escluso dall’imponibile contributivo i proventi da opere<br />

dell’ingegno, ricomprendendo “soltanto” i redditi di lavoro autonomo e da<br />

collaborazioni. L’articolo 2, comma 26, che detta queste regole, è riferito alla<br />

gestione Inps. L’articolo 76 (punto 4) della legge n. 388/2000 stabilisce che<br />

“le forme previdenziali gestite dall’Inpgi devono essere coordinate con le<br />

norme che regolano il regime delle prestazioni e <strong>dei</strong> contributi delle forme di<br />

previdenza sociale obbligatoria, sia generali, che sostitutive”. La legge, quindi,<br />

parla chiaro. L’Inpgi, ente sostituivo dell’Inps, si deve adeguare alla normativa<br />

dell’Inps. Il diritto d’autore non sconta i contributi all’Inps, quindi - quantomeno<br />

per coordinamento - nemmeno all’Inpgi. Il principio costituzionale<br />

dell’uguaglianza di trattamento non lascia spazi di manovra. L’ordinamento<br />

non tollera l’esistenza di cittadini di serie A (quelli iscritti all’Inps) e di cittadini<br />

di serie B (quelli iscritti all’Inpgi). Anche il presidente dell’Istituto era dell’avviso<br />

di escludere la cessione <strong>dei</strong> diritti d’autore dall’imponibile contributivo,<br />

quando ha scritto la circolare 16 maggio 1996 (http://www.inpgi.it/inpgi/<br />

inpgi.nsf) fedelmente allineata ai principi dell’Inps.<br />

L’articolo 1 (comma 2) della legge 335/1995 dice: “Le disposizioni della<br />

presente legge costituiscono princìpi fondamentali di riforma economicosociale<br />

della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non possono<br />

introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse<br />

modificazioni delle sue disposizioni”. In sostanza ciò che decide una legge<br />

non può essere “corretto” con un atto amministrativo qual è una circolare<br />

ministeriale. Questo piccolo/grande particolare è finora sfuggito ai vertici<br />

dell’Inpgi, che vogliono “tassare” le opere dell’ingegno <strong>dei</strong> giornalisti in forza<br />

di una circolare ministeriale.<br />

Questa lettera vale come diffida e messa in mora dell’Istituto, che è tenuto<br />

a rispettare gli articoli 76 (punto 4) della legge n. 388/2000 e 2 (comma 26)<br />

della legge n. 335/1995 in relazione all’articolo 3 della Costituzione.<br />

(firma) .....................................<br />

indirizzo .....................................<br />

un punto di vista fiscale, non ricadrebbero<br />

sull’Inpgi che ha effettuato l’adempimento<br />

avvalendosi di dati forniti in modo non esatto<br />

dall’iscritto, ma sull’iscritto medesimo. Per<br />

questo motivo, non soltanto nell’interesse<br />

dell’Istituto ma anche e soprattutto nell’interesse<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, tutti gli iscritti sono invitati<br />

a comunicare la propria residenza<br />

anagrafica ed un altro eventuale domicilio<br />

per la corrispondenza.<br />

A tal fine è stato predisposto un modulo<br />

reperibile presso il nostro Ufficio Pensioni di<br />

Roma (Via Nizza, 35) e presso tutti gli Uffici<br />

di corrispondenza regionali. Sarà possibile<br />

scaricare il facsimile di modulo anche dal<br />

nostro sito www.inpgi.it, nella sezione dedicata<br />

alla modulistica (sotto. il nome “variazione<br />

residenza- domicilio”).<br />

(Inpgi comunicazione n. 1-6/<strong>2004</strong>)<br />

4 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


INTERVISTA ALLO PSICHIATRA MICHELE PICCIONE<br />

di Paola Pastacaldi<br />

Michele Piccione è il presidente della<br />

Commissione voluta dalla presidenza del<br />

Consiglio <strong>dei</strong> ministri, ed istituita dal ministro<br />

per la Funzione pubblica, Franco Frattini, con<br />

il compito di fornire una definizione del fenomeno<br />

“mobbing”, indicare come prevenirlo e<br />

fornire anche una bozza di carattere normativo.<br />

La Commissione ha assolto al proprio<br />

compito consegnando nel gennaio del 2003<br />

una bozza di legge contro la “Violenza morale<br />

o psichica in occasione di lavoro (mobbing)”.<br />

Michele Piccione è titolare della cattedra<br />

di clinica psichiatrica dell’Università “La<br />

Sapienza” di Roma ed è direttore del “Centro<br />

per la valutazione, la diagnosi e la terapia<br />

contro il mobbing”.<br />

Che doveri ha il datore di lavoro verso il<br />

lavoratore come ambiente di lavoro?<br />

cosa dice la legge?<br />

È la 626 a fare riferimento alle responsabilità<br />

del datore di lavoro, che è tenuto all’integrità<br />

psicofisica del lavoratore. Deve fare sì che<br />

nel luogo di lavoro non vi siano motivi di disagio<br />

né fisici né psichici.<br />

Nel caso del lavoro giornalistico potremmo<br />

dire che deve permettere ai giornalisti di<br />

vivere in una realtà che consenta loro di<br />

espletare le funzioni, che immagino sono<br />

quelle di raccogliere notizie, di scrivere<br />

senza disagio. Né fisico né psichico.<br />

Cosa è allora il mobbing? Molti tendono<br />

a qualificarlo come gelosia e rivalità tra<br />

colleghi o superiori.<br />

La Commissione ne ha dato una definizione,<br />

dopo aver preso in esame la letteratura internazionale<br />

sull’argomento e valutato tutte le<br />

proposte e i disegni di legge giacenti alla<br />

Camera ed al Senato. L’articolo 1 della bozza<br />

di legge ha definito il mobbing in questo<br />

modo: “Atti, atteggiamenti o comportamenti<br />

di violenza morale o psichica in occasione di<br />

lavoro, ripetuti nel tempo in modo sistematico<br />

o abituale che portano ad un degrado<br />

delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere<br />

la salute o la professionalità o la<br />

dignità del lavoratore”.<br />

La bozza dà anche indicazioni utili alla valutazione<br />

del nesso di causalità e fornisce<br />

criteri per la prevenzione. Perché oggi accade<br />

che i pochi centri che si occupano di tale<br />

problematica agiscano e funzionino in modo<br />

non omogeneo, sia per quanto riguarda i<br />

criteri ed i modelli valutativi, sia per quanto<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

È la 626 a fare riferimento<br />

alle responsabilità del datore<br />

di lavoro, che è tenuto<br />

all’integrità psicofisica<br />

del lavoratore.<br />

Deve fare sì che nel luogo<br />

di lavoro non vi siano motivi<br />

di disagio né fisici né psichici<br />

Nel caso del lavoro giornalistico<br />

potremmo dire che deve<br />

permettere ai giornalisti di vivere<br />

in una realtà che consenta loro<br />

di espletare le funzioni, che<br />

immagino sono quelle di raccogliere<br />

notizie, di scrivere senza disagio.<br />

Né fisico né psichico<br />

Mobbing, le responsabilità<br />

dell’editore sono nella legge<br />

attiene i risvolti medico legali che inevitabilmente<br />

scaturiscono dal conflitto lavoratoredatore<br />

di lavoro. Appare indispensabile, quindi,<br />

uniformare a livello nazionale le attività<br />

<strong>dei</strong> vari centri.<br />

Che finalità ha il ricorso al mobbing?<br />

Il mobbing ha come finalità quella di escludere<br />

volutamente qualcuno dal lavoro, esercitando<br />

contro di lui una violenza morale o<br />

psichica.<br />

Nel caso di attività mobbizzanti esercitate<br />

dai colleghi è indispensabile differenziarle<br />

da quella che è invece la competizione e/o<br />

dal carrierismo. Competizione e carrierismo<br />

rispondono a comportamenti diversi,<br />

sempre più o meno eticamente corretti, in<br />

funzione della personalità, dell’educazione<br />

e di tante altre variabili. Perché queste azioni<br />

divengano atti di mobbing è indispensabile<br />

che ci sia la costruzione di una persecuzione<br />

che, come in altra occasione ho<br />

avuto l’opportunità di evidenziare (vedi<br />

Tabloid n. 4/<strong>2004</strong>), transita attraverso delle<br />

modalità definite.<br />

Il mobbing si verifica quando qualcuno decide<br />

che qualcun altro deve essere escluso dal<br />

lavoro e tale risultato deve essere raggiunto<br />

in modo non dichiarato, ma come espressione<br />

della distruzione psicofisica dell’altro. Il<br />

mobbing c’è quando l’attività è sottile, fatta<br />

nell’oscurità, quando la violenza morale è<br />

messa in atto in modo subdolo. Al giornalista<br />

si può fare mobbing non pubblicandogli un<br />

articolo, non facendolo scrivere, impedendo<br />

che gli arrivino le notizie, facendogliele riscrivere<br />

varie volte, dicendo ai colleghi di isolarlo,<br />

di non andare a pranzo con lui, andando<br />

a dire in giro che ha relazioni più o meno lecite<br />

con tizio o caio, che guadagna di più,<br />

mettendo in circolazione su di lui maldicenze<br />

e calunnie, creandogli così un isolamento<br />

reale.<br />

Il tutto in modo non chiaro. Racconto, per<br />

fare un esempio, un fatto realmente accaduto,<br />

terribilmente vero ed illuminante di cosa<br />

significa mobbizzare una persona. C’era un<br />

impiegato che lavorava in un enorme palazzo,<br />

dove tutti erano dipendenti della stessa<br />

azienda. Fu mobbizzato. Nessuno più gli<br />

parlava, viveva in una stanza da solo a non<br />

fare nulla.<br />

Un giorno scoppiò un incendio nel palazzo,<br />

tutti scapparono, quando arrivarono i<br />

pompieri e, aprirono anche la sua porta lo<br />

videro lì seduto. “Che fa?”, gli chiesero.<br />

“Perché non è scappato?”. L’impiegato con<br />

atteggiamento meravigliato disse che non<br />

sapeva nulla dell’incendio, perché nessuno<br />

Sette sezioni: a ogni vincitore 2.500 euro<br />

I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre<br />

Milano, 2 luglio <strong>2004</strong>. Promosso dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />

prende il via la settima edizione del “Concorso” destinato a valorizzare le tesi di laurea dedicate<br />

al giornalismo e alle istituzioni della professione. Giudice insindacabile del Premio è lo<br />

stesso Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>. Le tesi (in unica copia e anche su dischetto in programma<br />

word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell’<strong>Ordine</strong> (via Appiani 2 - 20121 Milano)<br />

entro il 31 dicembre <strong>2004</strong>. Le tesi, comunque, non verranno restituite. Ogni candidato<br />

dovrà presentare la domanda in carta semplice corredata dai dati anagrafici comprensivi del<br />

codice fiscale, recapiti telefonici e residenza. Potranno concorrere le tesi discusse nelle<br />

Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre <strong>2004</strong> a conclusione<br />

<strong>dei</strong> corsi quadriennali e quinquennali nonché <strong>dei</strong> corsi biennali specialistici post<br />

laurea triennale (laurea magistrale). Le sezioni del Premio (al quale ogni candidato dovrà<br />

far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione riceverà 2.500 euro. L’impegno finanziario<br />

dell’<strong>Ordine</strong> è, pertanto, di 17.500 euro complessivi. La cerimonia della consegna avverrà<br />

si era ricordato di lui e lo aveva avvisato del<br />

pericolo: i colleghi se l’erano dimenticato.<br />

Quello non esisteva più. Era come se fosse<br />

morto.<br />

Ma perché fare tutto questo? È una perdita<br />

di tempo e denaro. Le persone si<br />

ammalano e l’azienda ci rimette, credo.<br />

Le azioni di mobbing sono finalizzate a creare<br />

un disagio psicofisico per espellere, far<br />

espellere una persona. O perché si espella<br />

da sola, per collassarla: l’obiettivo può anche<br />

essere quello di chiudergli la bocca, come<br />

nel caso <strong>dei</strong> giornalisti, rompergli metaforicamente<br />

la penna e il computer.<br />

A questo punto il mobbizzato potrebbe reagire,<br />

anche se le dinamiche che la violenza<br />

morale mette in atto sono pesanti. Non è<br />

così facile arrivare a parlarne, a denunciare<br />

l’aggressione. Ma dalla ricerche emerge che<br />

si tratta di un piano qualche volta programmato<br />

a tavolino.<br />

Abbiamo diviso il processo del mobbizzare<br />

in tre momenti. Nel primo, viene identificata<br />

la vittima e messa in atto la strategia. Il<br />

mobbizzato è totalmente ignaro, non capisce,<br />

non crede a ciò che gli accade, e lascia<br />

inevitabilmente trascorrere il tempo prima di<br />

reagire e quasi sempre anche troppo. Intanto<br />

il mobber mette in atto le sue azioni per<br />

non farlo lavorare e isolarlo.<br />

Nel secondo momento, il mobbizzato trova il<br />

coraggio di parlare con il mobber. E quest’ultimo<br />

nega ogni lamentela, gli dice che c’è un<br />

equivoco, che si tratta di coincidenze, di errori,<br />

e ribatte per lamentarsi a sua volta, accusandolo<br />

di aver lavorato male. E, comunque,<br />

dice che non è vero niente.<br />

Questo provoca l’identificazione con il persecutore,<br />

infatti, il mobbizzato crede che sia<br />

tutto chiarito, mentre in realtà è stato disarmato<br />

ancora di più. Il mobber gli ha tolto<br />

l’energia dell’accusa.<br />

Il terzo momento non può che essere quello<br />

legale. Il mobbizzato deve correre ai ripari<br />

con l’unica pratica che gli è rimasta, quando<br />

si accorge che le sue istanze non sono state<br />

raccolte da nessuna delle figure istituzionali<br />

responsabili che dovrebbero evitare questo<br />

disagio, intendo i capi, l’ufficio del personale,<br />

il direttore. Quando c’è la crisi di tutti questi<br />

moduli di comportamento si arriva al<br />

momento della legge.<br />

Chi è il mobber?<br />

È colui che decide di mobbizzare e che<br />

pensa di eliminare dal lavoro una persona,<br />

usando una strategia che non è il licenziamento.<br />

Crea dunque un clima di una paura,<br />

di tensione, di non libertà.<br />

Il sistema giuridico non consente licenziamenti<br />

facili....<br />

Per questo si usa il mobbing. Perché i licenziamenti<br />

sono difficili. Ma chi mobbizza può<br />

anche usare un altro metodo, blandire le<br />

persone. Per esempio, dopo anni di isolamento,<br />

nei giornali capita che il direttore e i<br />

capiredattori si facciano vivi con espressioni<br />

di improvvisa considerazione e commissioni<br />

di pezzi interessanti, viaggi, parole di encomio<br />

mai avute prime.... Dopo anni di maltrattamenti,<br />

questo è un modo subdolo ed efficace<br />

per mistificare le cose. Difficile non<br />

cadere nel tranello. A volte viene usato come<br />

schermo contro le azioni legali o per far<br />

collassare la persona, per spomparla definitivamente.<br />

E magari si ripesca la vittima, trattandola<br />

meglio.<br />

È un falso ripescaggio, gli danno una falsa<br />

opportunità e dopo gli avanzano una richiesta<br />

di complicità.<br />

Per fare cosa?<br />

Per isolare altri colleghi, per esempio, per<br />

renderlo complice delle azioni di mobbing.<br />

E la fase tre, quella legale, a suo avviso, è<br />

inevitabile, perché?<br />

È l’unico momento in cui colui che fa<br />

mobbing soffre. Ma bisogna essere preparati<br />

ed in questo consiste anche la prevenzione<br />

che si dovrebbe mettere in atto nel periodo<br />

in cui si subiscono le violenze.<br />

Bisogna reagire appena ci si accorge che<br />

qualcosa non funziona, che accadono delle<br />

ingiustizie, dirlo, comunicarlo per iscritto,<br />

informarne il sindacato, l’ufficio del personale,<br />

i direttori. Non poche volte l’attività<br />

mobbizzante comincia con delle provocazioni<br />

ed è già in quel momento che bisogna<br />

capire che è in atto una aggressione. Come<br />

si diceva, è questo il momento utile per<br />

denunciare, creare documentazione di ciò<br />

che è accaduto, scrivere al direttore, al superiore,<br />

al direttore del personale, denunciare il<br />

maltrattamento, perché altrimenti il mobbizzato<br />

non ha in mano nulla, solo la sua parola<br />

contro quella dell’altro.<br />

Il mobber trema di fronte alle vicende legali,<br />

perché è l’unico momento in cui è allo<br />

scoperto perché ha sempre fatto attività<br />

subdola, oscura, una guerra non dichiarata.<br />

Ma è bene ricordare che legalmente l’onere<br />

della prova spetta al mobbizzato. Perciò il<br />

mobbizzato che si vuole difendere deve<br />

costruire delle prove, denunciando sempre<br />

tutto per iscritto di volta in volta.<br />

PROMOSSO E ORGANIZZATO DAL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA<br />

Via al VII Concorso tesi di laurea sul giornalismo<br />

in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albo dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia. La cerimonia,<br />

quindi, è prevista per il marzo 2005 al Circolo della Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi<br />

premiate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong><br />

della Lombardia. Per la valutazione delle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso<br />

anno, dell’opera di consulenti (giornalisti e professori universitari).<br />

Queste le sezioni:<br />

1) Storia del giornalismo italiano, <strong>dei</strong> suoi interessi e <strong>dei</strong> suoi protagonisti, anche attraverso<br />

le vicende storiche e di costume che lo hanno impegnato.<br />

2) Storia del giornalismo occidentale.<br />

3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale.<br />

4) Giornalismo radiotelevisivo.<br />

5) Giornalismo telematico.<br />

6) Giornalismo economico e finanziario..<br />

7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume.<br />

5


ANCHE PER FAR FRONTE AGLI OBBLIGHI FISCALI (ADDIZIONALE REGIONALE E ADDIZIONALE COMUNALE PREVISTE<br />

L’Inpgi recentemente<br />

ha chiesto ai propri iscritti<br />

di comunicare all’Ente<br />

“l’esatta residenza<br />

anagrafica,<br />

al fine di consentire<br />

agli uffici di adempiere<br />

in modo corretto<br />

agli obblighi imposti<br />

dalla legge”<br />

Negli anni scorsi,<br />

infatti,<br />

sono stati emanati<br />

– scrive l’Inpgi –<br />

due decreti legislativi<br />

(n. 446/97 e n. 360/98)<br />

con i quali sono<br />

state istituite nuove imposte,<br />

l’addizionale Irpef<br />

regionale comunale<br />

Tali imposte devono essere<br />

trattenute dall’Inpgi<br />

sui trattamenti economici<br />

erogati agli iscritti,<br />

e versati alle Regioni<br />

e ai Comuni in relazione<br />

alla residenza anagrafica<br />

<strong>dei</strong> soggetti fiscali risultanti<br />

al 31 dicembre<br />

di ogni anno<br />

Quanti hanno la dimora abituale<br />

in un dato centro hanno l’obbligo<br />

di fissarvi la residenza anagrafica<br />

(e di iscriversi al relativo Albo)<br />

di Franco Abruzzo<br />

L’Inpgi recentemente ha chiesto ai propri iscritti di comunicare all’Ente “l’esatta residenza<br />

anagrafica, al fine di consentire agli uffici di adempiere in modo corretto agli obblighi imposti<br />

dalla legge. Questa esigenza non riguarda soltanto i pensionati, ma anche coloro che sono in<br />

attività di servizio che percepiscono prestazioni temporanee, quali trattamento di cassa integrazione,<br />

disoccupazione, mobilità, ovvero di assegno temporaneo di inabilità o trattamento<br />

tbc, per i quali l’Istituto è sostituto d’imposta”.<br />

“Negli anni scorsi, infatti, sono stati emanati – scrive l’Inpgi – due decreti legislativi (n. 446/97<br />

e n. 360/98) con i quali sono state istituite nuove imposte l’addizionale Irpef regionale e comunale.<br />

Tali imposte devono essere trattenute dall’Inpgi sui trattamenti economici erogati agli<br />

iscritti, e versati alle Regioni ed ai Comuni in relazione alla residenza anagrafica <strong>dei</strong> soggetti<br />

fiscali risultanti al 31 dicembre di ogni anno. È evidente che in questo contesto è assai rilevante<br />

avere a disposizione dati esatti, in mancanza <strong>dei</strong> quali 1’Inpgi potrebbe compiere in<br />

modo inesatto gli adempimenti di legge. La misura dell’aliquota relativa all’addizionale Irpef<br />

comunale, ad esempio, viene determinata dai singoli Comuni.<br />

Di conseguenza, una residenza anagrafica inesatta potrebbe condurre l’Istituto a commettere<br />

errori, nel momento in cui opera la trattenuta, sia in riferimento all’individuazione del<br />

Comune destinatario dell’imposta, sia per quanto riguarda la misura dell’aliquota da applicare.<br />

A questo riguardo va anche sottolineato che eventuali responsabilità, da un punto di<br />

vista fiscale, non ricadrebbero sull’Inpgi che ha effettuato l’adempimento avvalendosi di<br />

dati forniti in modo non esatto dall’iscritto, ma sull’iscritto medesimo. Per questo motivo,<br />

non soltanto nell’interesse dell’Istituto ma anche e soprattutto nell’interesse <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

tutti gli iscritti sono invitati a comunicare la propria residenza anagrafica ed un altro eventuale<br />

domicilio per la corrispondenza”.<br />

RASSEGNA NORMATIVA<br />

Dlgs n. 446/1997<br />

Articolo 3. Soggetti passivi<br />

1. Soggetti passivi dell’imposta sono coloro<br />

che esercitano una o più delle attività di cui<br />

all’articolo 2. Pertanto sono soggetti all’imposta<br />

(2/a):<br />

c) le persone fisiche, le società semplici e<br />

quelle ad esse equiparate a norma dell’articolo<br />

5, comma 3, del predetto testo unico<br />

(Dpr 22 dicembre 1986, n. 917) esercenti arti<br />

e professioni di cui all’articolo 49, comma 1,<br />

del medesimo testo unico (3/cost);<br />

Articolo 21. Domicilio <strong>dei</strong> soggetti passivi<br />

1. Ogni soggetto passivo si considera domiciliato<br />

nel comune nel quale ha il domicilio<br />

fiscale secondo le disposizioni previste dal<br />

D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.<br />

Articolo 24. Poteri delle regioni<br />

1. Le regioni a statuto ordinario possono<br />

disciplinare, con legge, nel rispetto <strong>dei</strong><br />

princìpi in materia di imposte sul reddito e di<br />

quelli recati dal presente titolo, le procedure<br />

applicative dell’imposta, ferme restando le<br />

disposizioni degli articoli 19, da 21 a 23, e<br />

da 32 a 35.<br />

Articolo 27. Compartecipazione <strong>dei</strong> comuni<br />

e delle province al gettito dell’imposta<br />

1. A decorrere dall’anno di entrata in vigore<br />

del presente decreto le regioni devolvono ad<br />

ogni comune e ad ogni provincia del proprio<br />

territorio una quota del gettito della imposta<br />

regionale sulle attività produttive pari, per il<br />

comune, al gettito riscosso nel 1997 per<br />

tasse di concessione comunale e per imposta<br />

comunale per l’esercizio di impresa,<br />

arti e professioni, al netto della quota di<br />

spettanza della provincia, e, per la provincia,<br />

all’ammontare di questa quota al lordo<br />

di quella spettante allo Stato a norma<br />

dell’articolo 6 del decreto-legge 2 marzo<br />

1989, n. 66, convertito, con modificazioni,<br />

dalla legge 24 aprile 1989, n. 144 (21).<br />

Articolo 50. Istituzione dell’addizionale<br />

regionale all’imposta sul reddito delle<br />

persone fisiche<br />

1. È istituita l’addizionale regionale all’imposta<br />

sul reddito delle persone fisiche. L’addizionale<br />

regionale non è deducibile ai fini di<br />

alcuna imposta, tassa o contributo.<br />

2. L’addizionale regionale è determinata<br />

applicando l’aliquota, fissata dalla regione in<br />

cui il contribuente ha la residenza, al reddito<br />

complessivo determinato ai fini dell’imposta<br />

sul reddito delle persone fisiche, al netto<br />

degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale<br />

imposta.<br />

L’addizionale regionale è dovuta se per lo<br />

stesso anno l’imposta sul reddito delle<br />

persone fisiche, al netto delle detrazioni per<br />

essa riconosciute e <strong>dei</strong> crediti di cui agli arti-<br />

A questo riguardo va anche<br />

sottolineato che eventuali<br />

responsabilità,<br />

da un punto di vista fiscale,<br />

non ricadrebbero sull’Inpgi,<br />

che ha effettuato<br />

l’adempimento avvalendosi<br />

di dati forniti in modo<br />

non esatto dall’iscritto,<br />

ma sull’iscritto medesimo<br />

Una delibera del Consiglio nazionale (5 luglio 2002) “dà la facoltà”, - in applicazione del principio<br />

di equiparazione tra residenza e domicilio professionale (l’art. 16 della legge 21 dicembre<br />

1999 n. 526) ai fini dell’iscrizione negli albi professionali anche nei confronti <strong>dei</strong> giornalisti<br />

che abbiano fissato nel territorio italiano sia la residenza che il domicilio professionale -, “di<br />

opzione agli iscritti nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti circa l’utilizzo dell’uno o l’altro requisito ai<br />

fini dell’iscrizione medesima, ferma restando in ogni caso l’osservanza delle norme in<br />

tema di residenza, con i relativi obblighi derivanti dall’art. 3, primo comma, del Dpr n.<br />

223/1989, che identifica la residenza anagrafica nel luogo dove si ha la dimora abituale”.<br />

Presso ogni Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> regionale è istituito - dice l’articolo 26 della legge n. 69/1963 -<br />

l’Albo <strong>dei</strong> giornalisti che hanno la residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del<br />

Consiglio. La residenza, quindi, determina l’appartenenza a un determinato Albo. L’articolo 16<br />

della legge n. 526/1999 equipara residenza e domicilio professionale.<br />

Chi, comunque, “ha la dimora abituale” (per ragioni di stabile occupazione lavorativa) in un<br />

dato centro ha l’obbligo giuridico di fissarvi la sua residenza anagrafica (articolo 3, prima<br />

comma, del Dpr n. 223/1989 in relazione all’articolo 43 del Codice Civile) anche per far fronte<br />

ai suoi obblighi fiscali (addizionale regionale e addizionale comunale previste dai decreti<br />

legislativi n. 446/1997 e n. 360/1998). In sostanza “l’imposta è dovuta alla regione o al<br />

Comune nel cui territorio il reddito è stato prodotto”.<br />

L’articolo 43 del Codice civile fissa il domicilio di una persona “nel luogo in cui essa ha stabilito<br />

la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari e interessi”, mentre “la residenza è nel luogo in cui la<br />

persona ha la dimora abituale”.<br />

L’articolo 3 del Dpr n. 223/1989 (“popolazione residente”) afferma: “1. Per persone residenti<br />

nel comune s’intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune. 2. Non cessano<br />

di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altri<br />

comuni o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata”. La<br />

coli 14 e 15 del citato testo unico, risulta<br />

dovuta.<br />

3. L’aliquota di compartecipazione dell’addizionale<br />

regionale di cui al comma 1 è fissata<br />

allo 0,9 per cento (42/a). Ciascuna regione,<br />

con proprio provvedimento, da pubblicare<br />

nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30<br />

novembre dell’anno precedente a quello cui<br />

l’addizionale si riferisce, può maggiorare<br />

l’aliquota suddetta fino all’1,4 per cento.<br />

Dlgs n. 360/1998<br />

Articolo 6. L’addizionale è dovuta alla<br />

provincia ed al comune nel quale il<br />

contribuente ha il domicilio fiscale alla data<br />

del 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale<br />

stessa, per le parti spettanti,<br />

ovvero, relativamente ai redditi di lavoro<br />

dipendente e a quelli assimilati ai medesimi<br />

redditi, al comune in cui il sostituito ha il<br />

domicilio fiscale alla data di effettuazione<br />

delle operazioni di conguaglio relative a detti<br />

redditi, ed è versata, unitamente all’imposta<br />

sul reddito delle persone fisiche, con le<br />

modalità stabilite con decreto del ministro<br />

delle Finanze, di concerto con i ministri del<br />

Tesoro, del bilancio e della programmazione<br />

economica e dell’Interno.<br />

Dpr n. 917/1986<br />

Articolo 2. Soggetti passivi.<br />

1. Soggetti passivi dell’imposta sono le<br />

persone fisiche, residenti e non residenti nel<br />

territorio dello Stato.<br />

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano<br />

residenti le persone che per la maggior<br />

parte del periodo di imposta sono iscritte<br />

nelle anagrafi della popolazione residente o<br />

hanno nel territorio dello Stato il domicilio o<br />

la residenza ai sensi del codice civile.<br />

2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo<br />

prova contraria, i cittadini italiani cancellati<br />

dalle anagrafi della popolazione residente ed<br />

emigrati in Stati o territori aventi un regime<br />

fiscale privilegiato, individuati con decreto del<br />

ministro delle Finanze da pubblicare nella<br />

Gazzetta Ufficiale (4).<br />

————————————<br />

(4) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 23<br />

dicembre 1998, n. 448, riportata alla voce<br />

Amministrazione del patrimonio e contabilità<br />

generale dello Stato. Gli Stati e i territori con<br />

un regime fiscale privilegiato sono stati<br />

individuati con D.M. 4 maggio 1999.<br />

6 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


DAI DECRETI LEGISLATIVI N. 446/1997 E N. 360/1998) LE DISPOSIZIONI A PARTIRE DAL 1° GENNAIO <strong>2004</strong><br />

giurisprudenza sulla residenza è eloquente: “Ai sensi dell’art. 43 comma 2, c.c. e dell’art. 3<br />

Dpr. 30 maggio 1989 n. 223, la residenza come dimora abituale, cioè stabile, è data dall’elemento<br />

oggettivo della permanenza in un dato luogo, la quale non è incompatibile con eventuali<br />

allontanamenti, mentre è irrilevante la mera intenzione, sganciata dal dato di fatto, di<br />

scegliere altro luogo di residenza (nella specie, mantenendo ivi consuetudini e rapporti sociali)”<br />

(Tar Valle d’Aosta, 20 novembre 1995, n. 172; Riviste: Foro Amm., 1996, 1312).<br />

La vicenda solleva, infine, questioni di grande profilo:<br />

A. Il nuovo articolo 119 della Costituzione stabilisce che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane<br />

e le Regioni hanno risorse autonome... stabiliscono e applicano tributi ed entrate<br />

propri... dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”.<br />

Pertanto Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni avranno compartecipazioni al gettito<br />

<strong>dei</strong> tributi erariali in rapporto al numero <strong>dei</strong> cittadini residenti nel loro territorio. Conseguentemente<br />

la mancata iscrizione nelle liste <strong>dei</strong> cittadini residenti comporterà un danno alle entrate di<br />

Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni,<br />

B. Chi, lavorando in Lombardia, mantiene la residenza (fittizia) altrove, elude non solo l’articolo<br />

119 della Costituzione e l’articolo 43 del Codice Civile quant’anche l’articolo 25 (I<br />

comma) della Costituzione: il suo giudice disciplinare naturale è innegabilmente il Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

C. È da considerare anche l’opportunità che il rapporto del giornalista venga mantenuto con<br />

l’<strong>Ordine</strong> regionale o interregionale ove viene esercitata la professione, anche per stabilire<br />

comunque una relazione oggettiva tra il singolo giornalista e la sua attività;<br />

D. Tutti i cittadini “hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione<br />

e le leggi” (articolo 54 Cost.).<br />

È evidente il significato della delibera 5 luglio 2002 del Cnog: ogni giornalista può ancorare<br />

l’appartenenza all’Albo sia in base alla residenza e sia in base al domicilio professionale, ma<br />

non può non collocare la sua residenza nella città dove abbia la dimora abituale.<br />

GIURISPRUDENZA<br />

Residenza fiscale: nozione e presupposti.<br />

1. In tema d’imposte sui redditi, l’art. 2,<br />

secondo comma, del D.P.R. 22 dicembre<br />

1986, n. 917 individua, perché sussista la<br />

residenza fiscale nello Stato, tre presupposti,<br />

indicati in via alternativa: il primo,<br />

formale, rappresentato dall’iscrizione nelle<br />

anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri<br />

due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal<br />

domicilio nello Stato ai sensi del codice<br />

civile; ne consegue, pertanto, che l’iscrizione<br />

del cittadino nell’anagrafe <strong>dei</strong> residenti<br />

all’estero non è elemento determinante<br />

per escludere la residenza fiscale in<br />

Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio<br />

dello Stato il proprio domicilio, inteso come<br />

sede principale degli affari ed interessi<br />

economici, nonché delle proprie relazioni<br />

personali.<br />

Né a diversa conclusione conduce la<br />

Convenzione tra l’Italia e la Gran Bretagna<br />

per evitare le doppie imposizioni (ratificata<br />

e resa esecutiva con legge 5 novembre<br />

1990, n. 329), atteso che, ai sensi dell’art. 4<br />

del testo dell’accordo, il concetto di residenza<br />

fiscale ben può essere ricollegato, ove<br />

non sia possibile l’utilizzazione di altri<br />

criteri, al centro degli interessi vitali, ossia<br />

al luogo con il quale il soggetto ha il più<br />

stretto collegamento sotto il profilo degli<br />

interessi personali e patrimoniali. (Sez. V,<br />

sent. n. 13803 del 07-11-2001, Dubini c.<br />

ministero delle Finanze).<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Si deve presumere che la residenza effettiva<br />

coincida con quella anagrafica. L’iscrizione<br />

anagrafica relativa alla residenza di<br />

una persona, ossia all’elemento obiettivo<br />

della sua permanenza in tale luogo e all’elemento<br />

soggettivo dell’intenzione di abitarvi<br />

stabilmente, ha pur sempre valore di presunzione<br />

semplice circa la rispondenza della<br />

situazione di fatto a quella di diritto, sicché,<br />

fermo restando che, pur dovendosi<br />

presumere che la residenza effettiva coincida<br />

con quella anagrafica, l’efficacia presuntiva<br />

delle risultanze anagrafiche risulta superabile<br />

con ogni mezzo di prova purché<br />

idoneo a dimostrare la volontaria e abituale<br />

dimora di un soggetto in un luogo diverso.<br />

(Cons. Stato Sez.IV 18-10-2002, n. 5746;<br />

Pres. Cons. c. Arianna; FONTI Foro Amm.<br />

CDS, 2002, 2377)<br />

Il domicilio coincide con la sede principale<br />

dove una persona ha stabilito affari<br />

e interessi personali. La nozione di domicilio<br />

deve intendersi, ai sensi dell’art. 43<br />

comma 1 c.c., come il luogo ove la persona<br />

ha stabilito la sede principale <strong>dei</strong> suoi affari<br />

e interessi e non vi è dubbio che il riferimento<br />

agli interessi della persona ricomprenda<br />

tanto gli interessi patrimoniali quanto quelli<br />

personali. (Commiss. Trib. Reg. Reggio Emilia<br />

Sez.XIX 27-03-2000, n. 16 -L.P. c. Uff. imp.<br />

dir. Modena; FONTI GT Riv. Giur. Trib., 2000,<br />

60 nota di Tazzioli).<br />

Con provvedimento<br />

23 ottobre 2003<br />

l’Agenzia delle entrate<br />

ha indicato gli uffici<br />

competenti a stabilire<br />

il domicilio fiscale<br />

del contribuente in un<br />

comune diverso da quello<br />

della residenza anagrafica<br />

o della sede legale<br />

Se la modifica<br />

è nell’ambito<br />

della stessa regione,<br />

vi provvede<br />

il direttore regionale;<br />

se tra regioni diverse,<br />

il direttore centrale<br />

dell’Accertamento<br />

Domicilio fiscale,<br />

cambiano<br />

le competenze per<br />

i provvedimenti<br />

Con recente provvedimento (Agenzia<br />

delle entrate, Provv. 23/10/2003,<br />

G.U., 13/11/2003, n. 264) il direttore<br />

Pur tuttavia, l’utilizzo sempre più consistente<br />

da parte dell’Agenzia delle<br />

entrate dell’informatica e della tele-<br />

dell’Agenzia delle entrate ha attribuito la matica, cresciuto in maniera esponenziale<br />

competenza a emanare i provvedimenti in questi ultimi anni, ha fatto venir meno la<br />

che stabiliscono il domicilio fiscale del necessità di una “vicinanza” tra il funziona-<br />

contribuente in Comune diverso da quello rio tributario e l’attività economica svolta<br />

della residenza anagrafica o della sede dal contribuente. L’invio delle dichiarazioni<br />

legale, al direttore regionale e al direttore e una serie di adempimenti, quali quelli<br />

centrale dell’Accertamento, a seconda che legati all’inizio dell’attività e alle successive<br />

la variazione intervenga in ambito regiona- variazioni, vengono svolti in via telematica.<br />

le o tra regioni diverse.<br />

Inoltre, il contribuente, per ricevere assi-<br />

La nuova suddivisione delle competenze stenza e consulenza, può rivolgersi al<br />

(la circolare n. 77/1994 operava una distin- front-office di qualunque ufficio d’Italia o al<br />

zione tra le variazioni in ambito provinciale call center.<br />

ed extra-provinciale, di competenza rispet- Ciò ha portato a restringere ulteriormente<br />

tivamente del direttore regionale e del la nozione di “circostanze eccezionali”, per<br />

direttore del dipartimento delle Entrate) cui la richiesta <strong>dei</strong> contribuenti non potrà<br />

risponde a esigenze di decentramento e di essere motivata da semplici disagi organiz-<br />

efficienza dell’azione amministrativa. zativi, essendo questi ormai riferibili quasi<br />

Esaminiamo il procedimento che la legge esclusivamente a soggetti che risiedono<br />

prevede per dar luogo alla variazione di all’estero.<br />

domicilio.<br />

In via preliminare, occorre richiamare l’articolo<br />

58 del Dpr n. 600/1973, in base al<br />

quale il domicilio fiscale si intende normal-<br />

Anche il provvedimento di variazione<br />

del domicilio fiscale attivato d’ufficio,<br />

di cui al primo comma del citato artimente<br />

fissato, per le persone fisiche, nel colo 59, deve essere adeguatamente moti-<br />

Comune nella cui Anagrafe civile sono vato; l’esposizione delle ragioni su cui si<br />

iscritte, e, per le persone giuridiche, nel fonda il provvedimento sono previste, infat-<br />

Comune in cui si trova la sede legale. ti, nella generalità <strong>dei</strong> casi, a garanzia della<br />

correttezza e della trasparenza dell’azione<br />

In deroga alla precedente disposizione amministrativa, che deve essere conoscibi-<br />

avente carattere generale, il successivo le, a maggior ragione, per quelle determi-<br />

articolo 59 prevede la possibilità per nazioni che negano una facoltà o che non<br />

l’amministrazione finanziaria di stabilire soddisfano le legittime aspettative del<br />

d’ufficio il domicilio fiscale del soggetto privato.<br />

nel Comune dove svolge in modo conti- È evidente che in questa ipotesi il motivo<br />

nuativo la principale attività ovvero, per che induce l’Agenzia delle entrate a opera-<br />

i soggetti diversi dalle persone fisiche, re il trasferimento è di natura diversa, ed è<br />

nel Comune in cui è stabilita la sede conseguente a un palese comportamento<br />

amministrativa.<br />

elusivo del contribuente, senza alcun riferi-<br />

La variazione può essere altresì disposta<br />

a seguito di istanza motivata del<br />

contribuente, in presenza di particolari<br />

circostanze giustificative, e, in tale ipotesi,<br />

mento a esigenze organizzative.<br />

Agenzia, infatti, è capillarmente presente<br />

sul territorio nazionale ed è in L’ grado di operare con efficacia, a<br />

l’Agenzia deve emanare i decreti di varia- prescindere dalla localizzazione fiscale del<br />

zione del domicilio fiscale entro il termine contribuente. Inoltre le attività istruttorie<br />

massimo di 180 giorni dalla data di ricezio- finalizzate al controllo non necessariamenne<br />

delle istanze.<br />

te devono presupporre un collegamento<br />

La ratio dell’articolo 59 risiede nella volontà territoriale tra contribuente controllato e<br />

del legislatore fiscale di agevolare il contri- ufficio controllante; a ciò si aggiunga che i<br />

buente quanto più possibile nei vari adem- nuclei operativi della Guardia di Finanza<br />

pimenti che la normativa tributaria impone, svolgono le proprie verifiche quasi esclusi-<br />

collegando la sua posizione fiscale con l’ufvamente in base alla localizzazione delle<br />

ficio locale con il quale vi è effettivamente sedi amministrative.<br />

rapporto più diretto e immediato. È di tutta Pertanto l’Agenzia potrà legittimamente<br />

evidenza, infatti, che consentire al contri- disporre la variazione del domicilio fiscale<br />

buente di avere quale interlocutore l’ufficio nei casi in cui rilevi che la fissazione del<br />

nella cui area territoriale di competenza domicilio in località diversa rispetto all’atti-<br />

svolge prevalentemente la sua attività sia vità economica esercitata sia strumentale<br />

espressione dell’impegno dell’amministrazione<br />

fiscale di rendere quanto meno<br />

all’ottenimento di particolari vantaggi.<br />

gravoso il concreto adempimento degli<br />

Daniela D’Agostino<br />

oneri e degli adempimenti tributari.<br />

(da www.fiscooggi.it)<br />

7


E D I T O R I A<br />

di Patrizia Pedrazzini<br />

Si sono svolti a Roma<br />

il 14 e 15 settembre<br />

gli Stati generali dell’editoria<br />

“Più cultura, più lettura, più Paese”. Questo il tema degli Stati generali dell’editoria svoltisi a<br />

Roma il 14 e 15 settembre. Due giorni di confronto promossi dall’Aie, l’Associazione italiana<br />

editori, tra i rappresentanti dell’intero universo <strong>dei</strong> contenuti, quelli istituzionali e quelli delle<br />

altre forze imprenditoriali, con la partecipazione di politici, economisti, giornalisti, intellettuali.<br />

Al centro del dibattito, il libro e l’industria editoriale, quale punto di partenza per una riflessione<br />

ben più ampia e orientata a individuare le strategie capaci di far crescere la domanda e<br />

l’offerta di lettura e di cultura.<br />

Tre le sezioni: “Imparare a leggere, leggere per imparare”, focus sul ruolo della scuola e<br />

dell’università; “Promuovere cultura: i libri tra evento e mercato”; “Anche la concorrenza fa<br />

sinergia: il libri e gli altri media”.<br />

Un evento la cui filosofia ben si riassume nelle parole del presidente dell’Aie, Federico Motta:<br />

“Se è vero che il futuro del Paese dipende dalla qualità del suo capitale umano, dalla ricerca,<br />

dalla scuola, in una parola dalla sua cultura, allora proprio l’attenzione alla cultura, alla lettura,<br />

al libro è l’unico modo per guardare in modo consapevole al futuro”.<br />

Strumento di lavoro per lo sviluppo del confronto, il “Libro bianco dell’editoria libraria”, con<br />

tutti i dati aggiornati del settore, che qui trattiamo.<br />

Più cultura, più futuro. Il libro,<br />

Quanto leggono gli italiani? O, meglio, quanti italiani, di età<br />

superiore ai 6 anni, mettono mano almeno a un libro (non<br />

scolastico) nell’arco di dodici mesi? A voler essere ottimisti,<br />

uno su due. Per l’esattezza - secondo dati Istat riferiti al 2002<br />

ed elaborati dall’Aie, l’Associazione italiana editori - il 52,9%<br />

della popolazione, con una crescita, rispetto all’anno precedente,<br />

dell’1,1%.<br />

Editori di libri<br />

Di fatto, e volendo guardare la situazione con occhio meno<br />

“morbido”, molti meno: il 41,4% (22.834.000 persone). Un<br />

valore più che modesto, che colloca l’Italia nelle ultime posizioni<br />

a livello europeo, e che viene rafforzato solo dall’aggiunta<br />

di quella fascia di lettori che l’Istat definisce appunto<br />

“morbidi”: connazionali che dichiarano di leggere esclusivamente<br />

gialli, fantascienza, romanzi rosa, fantasy, libri di cucina,<br />

manuali.<br />

Gli indici di lettura<br />

E per fortuna che il 2002 è l’anno nel quale il fenomeno delle<br />

vendite di libri allegati ai quotidiani si è manifestato, nel nostro<br />

Paese, in tutta la sua ampiezza (nel 2001, tranne che per<br />

alcune operazioni sporadiche, era completamente assente<br />

dal panorama editoriale), con oltre 44 milioni di copie vendute,<br />

pari al 47% delle vendite realizzate attraverso i canali<br />

tradizionali, e con un giro d’affari stimabile, a copertina, in<br />

220 milioni di euro. Numeri di tutto rispetto, che tuttavia,<br />

raffrontati ai dati sulla lettura, e al loro poco incoraggiante<br />

+1,1%, sembrerebbero, come osserva l’Associazione italiana<br />

editori, “dare credito a quanti ritengono che, nel loro insieme,<br />

le operazioni <strong>dei</strong> quotidiani abbiano finito per far comprare,<br />

e forse leggere, libri a chi già era lettore, invece di allargare<br />

in misura significativa il perimetro del mercato”.<br />

I libri con il quotidiano<br />

Interessante potrà risultare, al proposito, il confronto con i<br />

dati Istat sulla lettura riferiti al 2003, ancora non disponibili.<br />

Lo scorso anno, infatti, il fenomeno delle vendite di libri allegati<br />

ai quotidiani ha subito un’ulteriore accelerazione: si<br />

contano non meno di 19 diverse iniziative, con più di 400 titoli<br />

e oltre 62 milioni di copie vendute (forse 64 milioni, se si<br />

considerano le operazioni condotte da quotidiani locali, di più<br />

difficile monitoraggio), con un incremento del 40% e per un<br />

valore complessivo di 328 milioni di euro (il 49,1% in più<br />

rispetto al 2002). Nel frattempo, il consumo di libri resta<br />

contraddistinto, nel nostro Paese, da decise note di povertà.<br />

Non può che far riflettere il sapere che sono poco più di 5<br />

milioni le famiglie italiane che avrebbero, in casa, una biblioteca<br />

domestica con più di due metri lineari di scaffali. Mentre<br />

quelle che superano gli otto si aggirano intorno al 6,5%.<br />

Il presidente Motta a colloquio con il collega de Bortoli.<br />

In alto, accanto al titolo, Roberto Gulli, Federico Motta,<br />

Ferruccio de Bortoli e Stefano Mauri.<br />

Vendite a prezzo di copertina e per canale di libri, cd rom, servizi<br />

Valori in milioni di euro e in percentuale<br />

Gli esercizi commerciali<br />

Per non parlare delle librerie, o comunque <strong>dei</strong> 1.935 esercizi<br />

commerciali che si possono in qualche modo definire tali:<br />

820 non vanno oltre i 100 metri quadrati di superficie, il che<br />

significa meno titoli, meno autori, meno case editrici, meno<br />

scelta per il potenziale lettore. Sono solo 290, in Italia, le<br />

librerie che possono contare su una superficie di vendita<br />

superiore ai 300 metri quadrati. Quanto ai cosiddetti megastore,<br />

non rappresentano che l’1%.<br />

E magari fosse solo una questione di libri. Gli italiani non<br />

solo leggono poco libri e giornali (39% di lettori nel giorno<br />

medio), ma ancora meno frequentano musei, teatri, concerti.<br />

Sempre nel 2002 gli ingressi nei musei sono stati<br />

15.820.000: il 39% a gallerie d’arte antica o contemporanea,<br />

il 33% a scavi archeologici, il 28% a circuiti museali.<br />

Complessivamente, meno di un italiano su tre (il 28%) ne<br />

ha varcato i cancelli in dodici mesi, vacanze e fine settimana<br />

inclusi.<br />

Mentre solo un esiguo 19% della popolazione si è accomodato<br />

sulla poltrona di un teatro, e un ancora più esiguo<br />

9% ha ascoltato dal vivo un concerto di musica classica<br />

(la percentuale sale al 19% per i concerti di altri generi).<br />

Tutti al cinema? Macché: vi ha messo piede, almeno una<br />

2001 2002 2003<br />

Euro Euro % Euro Euro % Euro Euro ∆%<br />

Libreria e cartolibreria: 1.702,2 48,5 1.720,6 48,3 1.759,0 +2,2 %<br />

- Scolastico di adozione 640,7 18,2 642,0 18,0 652,0 +1,6 %<br />

- Varia, Stm, universitario 885,4 25,2 901,3 25,4 925,0 +2,6 %<br />

- Metà prezzo 68,8 2,0 70,2 2,0 73,0 +4,0 %<br />

- cd rom 28,3 0,8 30,0 0,8 31,0 +3,3%<br />

- Non book 19,0 0,5 19,8 0,6 23,0 +16,2%<br />

- Vendita a enti, biblioteche 60,0 1,7 57,3 1,6 55,0 -4,0 %<br />

Grande distribuzione: 202,5 5,6 201,4 5,7 205,0 +1,8 %<br />

- Libri varia adulti e ragazzi 185,5 5,1 186,3 5,2 195,0 +4,7 %<br />

- cd-rom 17,0 0,5 15,1 0,4 10,0 -33,8%<br />

Edicola: 420,5 12,0 422,1 11,9 408,7<br />

- Libri varia adulti e ragazzi 1 39,0 1,1 36,7 1,0 34,7 -5,4%<br />

- Fascicoli con supporti allegati 342,0 9,7 347,1 9,8 339,0 -2,3%<br />

- cd rom 39,5 1,1 38,3 1,1 35,0 -8,6 %<br />

Vendite di libri fiere 16,0 0,5 15,9 0,4 18,0 +13,2%<br />

Vendite in book shop e mostre 14,0 0,4 14,5 0,4 17,0 +17,2%<br />

Internet (vendita da siti italiani) 29,0 0,8 36,5 1,0 46,5<br />

- Libri 7,0 0,2 12,3 0,3 20,5 +66,7%<br />

- Cd rom (vendita a distanza) 22,0 0,6 24,2 0,7 26,0 +7,4%<br />

Cd rom in pv di elettronica 140,0 4,0 148,5 4,2 152,0 +2,4%<br />

Cd rom in negozi giocattoli, altro 4,0 0,1 0,5 0,01 0,5<br />

Rateale: 409,9 11,7 408,3 11,4 417,0<br />

- Prodotti enciclopedici, Stm 310,0 8,8 312,5 8,8 315,5 +1,0%<br />

- Cd rom consumer 22,5 0,6 22,3 0,6 22,0 -1,3%<br />

- Cd rom e Dvd professionali 77,4 2,2 73,5 2,1 80,0 +8,8%<br />

Vendite dirette al pubblico: 222,0 6,3 224,5 6,3 227,0 +1,1%<br />

- Vendite per corrispondenza 143,0 4,1 144,0 4,1 145,0 +0,7%<br />

- Book club 79,0 2,3 80,5 2,3 82,0 +1,9%<br />

Vendite dirette a biblioteche, ecc. 65,0 1,9 67,5 1,9 70,0 +3,7%<br />

Vendite per iniziative speciali 115,4 3,3 120,8 3,4 115,0 -4,8%<br />

Export 176,5 5,0 180,0 5,1 185,0 +2,8%<br />

Totale 3.517,5 100,0 3.555,0 100,0 3.620,7 +1,8%<br />

volta, solo un italiano su due. E allora la domanda non è<br />

più e solo dove stia andando il mondo del libro, ma quale<br />

futuro attenda, più in generale, tutti i consumi culturali del<br />

Paese. Perché, come ha sottolineato lo scorso 20 luglio,<br />

presentando a Milano gli Stati generali dell’editoria (vedi<br />

riquadro), Federico Motta, presidente dell’Aie e amministratore<br />

delegato dell’omonima casa editrice, “i diversi consumi<br />

culturali sono tra loro fortemente intrecciati: uno non cresce<br />

se non cresce l’altro. Sono intrecciati lungo il percorso di<br />

crescita della persona: dalla scuola alla vita adulta. E sono<br />

intrecciati tra loro”.<br />

Musei, teatri e concerti I ricavi dell’industria libraria<br />

Di qui l’obiettivo di allargare la domanda di cultura, e quindi<br />

di lettura, ma partendo dalla consapevolezza del peso che<br />

l’editoria libraria - la più antica e, probabilmente, la meno effimera<br />

tra le varie modalità di diffusione - ha nel più generale<br />

ambito <strong>dei</strong> contenuti culturali, dell’economia e dello sviluppo<br />

del Paese.<br />

Con i suoi 3.621 milioni di euro (fra libri, collezionabili, editoria<br />

elettronica, coedizioni, export) a prezzo di copertina<br />

(+1,8% a valore corrente sul 2002, escluse le vendite di libri<br />

allegati a quotidiani e periodici), l’editoria libraria si aggiudica<br />

infatti il 31% <strong>dei</strong> ricavi dell’industria <strong>dei</strong> contenuti (televisione<br />

escluse, per via <strong>dei</strong> forti introiti pubblicitari), collocandosi<br />

seconda solo al comparto della stampa quotidiana e periodi-<br />

8 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


I principali settori dell’industria <strong>dei</strong> contenuti<br />

Valori in euro e in percentuale<br />

Valore % Note<br />

- Stampa quotidiana e periodica<br />

(vendite al pubblico)<br />

- Libri allegati alla stampa<br />

2.362.000.000 22,4% Fieg, IeM, 2002<br />

quotidiana e periodica 328.000.000 3,1% Stima Aie su dati editori<br />

- Ricavi pubblicitari 2.332.000.000 22,1% Fieg, IeM, 2002<br />

Totale stampa quotidiana e periodica 5.022.000.000<br />

Home video 829.000.000 7,9% Vhs, Dvd, vendita, noleggio, edicola normal trade<br />

Cinema 629.380.000 6,0% IeM su dati Siae (2002)<br />

Musica registrata 416.000.000 3,9% Musica & Dischi (2002)<br />

Videogiochi 23.645.000 0,2% GfK agosto 2002-luglio 20031<br />

Cd rom professionali 110.000.000 1,0% IeM, Aie<br />

Cd rom consumer e educational 246.000.000 2,3% IeM, Aie<br />

Libri 3.264.200.000 31,0% Aie (esclusi prodotti editoria elettronica)<br />

10.540.225.000 100,0<br />

vero digitale terrestre<br />

ca, che pure fa derivare dai ricavi pubblicitari circa il 50% del<br />

fatturato.<br />

Un panorama fatto di luci e di ombre. I numeri della produzione,<br />

per esempio. Secondo dati forniti dall’Aie, nel 2003 in<br />

Italia sono stati circa 53.000 i titoli pubblicati, e 254 milioni le<br />

copie stampate. Tanti? Siamo il terz’ultimo Paese europeo<br />

per titoli pubblicati ogni mille abitanti: 0,95. Davanti a noi,<br />

quasi tutti: la Francia, (0,97), la Germania (1,01), la Finlandia<br />

(1,26), la Svezia (1,45), la Spagna (1,60), il Regno Unito<br />

(1,85). Alle nostre spalle, solo il Portogallo, con 0,90 titoli, e<br />

la Grecia, con 0,62.<br />

Provenienza <strong>dei</strong> titoli<br />

In compenso, l’editoria nazionale sembra essere, fra le diverse<br />

europee, quella più attenta a proporre autori e titoli provenienti<br />

da altre letterature e da altre culture. Nel 2002 il 23%<br />

(un valore pressoché identico a quello dell’anno precedente)<br />

<strong>dei</strong> titoli pubblicati in Italia erano traduzioni da lingue straniere.<br />

Un’incidenza che, dagli anni Novanta a oggi, non è mai<br />

scesa sotto il 22%, con punte che in alcuni anni, come nel<br />

1994, sono arrivate a superare il 25%. L’area dalla quale<br />

proviene la stragrande maggioranza <strong>dei</strong> testi tradotti è quella<br />

inglese - che con i suoi 7.906 titoli pubblicati nel 2002 copre<br />

da sola il 65% dell’offerta “straniera” -, seguita da quella francofona<br />

(1.814 opere) e da quella tedesca (1.126). Ma mentre<br />

la tiratura media, sempre nel 2002, di un libro tradotto era di<br />

6.600 copie, quella di un libro di autore italiano continuava,<br />

con le sue 4.200 copie, a risultare inferiore del 30-35%.<br />

Interscambio con l’estero<br />

C’è tuttavia un fatto nuovo, emerso da una recente indagine<br />

condotta da Doxa per conto dell’Aie e dell’Istituto per il<br />

commercio estero: se fra il 2001 e il 2003 il numero <strong>dei</strong> titoli<br />

acquistati dalle case editrici italiane all’estero è cresciuto del<br />

7%, quello <strong>dei</strong> titoli venduti è aumentato del 32,2%.<br />

Si vendono diritti soprattutto di libri per bambini, illustrati,<br />

manuali, di argomento religioso. Solo in un secondo momento<br />

vengono la narrativa e la saggistica di cultura.<br />

I dati di lettura<br />

Dopodiché, si legge più nelle regioni del nord (un italiano su<br />

due) che in quelle del sud e nelle isole (tre su dieci); più nelle<br />

aree metropolitane (47%) che nei comuni al di sotto <strong>dei</strong><br />

duemila abitanti (41%), che in quelli fino ai 50 mila (38-39%).<br />

E ancora: leggono più le donne degli uomini (il 47% contro il<br />

36%), più i figli <strong>dei</strong> genitori (nel 2003 il 65% <strong>dei</strong> bambini di<br />

età compresa fra i 5 e i 13 anni aveva letto, nei dodici mesi<br />

precedenti, almeno un libro non scolastico). Ma non a caso il<br />

57% del mercato del libro per ragazzi è costituito da genitori<br />

laureati o diplomati. Di qui la naturale, e ormai tristemente<br />

annosa, chiamata in causa del ruolo della famiglia e di quello<br />

della scuola.<br />

Il libro nella scuola<br />

Quest’ultima, osserva l’Aie, “priva di una coerente politica di<br />

promozione del piacere di leggere, ma anche di utilizzo del<br />

libro come strumento di lavoro”, nonché incapace di “colmare<br />

i ritardi derivanti da contesti culturali meno favorevoli in<br />

famiglia”. “Il manuale scolastico, di sicuro, non è sufficiente”,<br />

ha detto, nell’incontro milanese, il vice presidente dell’Aie, e<br />

amministratore delegato PBM Editori, Roberto Gulli, auspicando<br />

che, nell’ambito della riforma scolastica, venga prevista,<br />

alle superiori, la lettura obbligatoria di testi di narrativa,<br />

come già avviene all’estero.<br />

Quanto alla famiglia, i piccoli italiani - come nota l’Aie, su dati<br />

Doxa Junior - abiteranno anche in case con pochi libri, ma<br />

certo non si fanno mancare niente quanto a tecnologie. Il<br />

94% delle famiglie ha un videoregistratore, che oltre la metà<br />

<strong>dei</strong> bambini (il 53%) usa almeno una volta alla settimana; il<br />

19% ha un lettore dvd; il 58% una consolle per videogiochi; il<br />

63% un computer, cui accede il 48% <strong>dei</strong> figli. Soprattutto,<br />

naturalmente, per giocare (il 39%).<br />

La diffusione di Internet<br />

E Internet? Vi si collegano il 45% <strong>dei</strong> ragazzini di 10-11 anni<br />

(il 20% lo utilizza anche) e il 48% di quelli fra i 12 e i 13 (35%<br />

di utilizzatori). Mentre il 38% usa abitualmente un telefono<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Ripartizione della produzione<br />

per tipo di edizione<br />

Valori in numero di titoli e in percentuali<br />

Ristampe<br />

35%<br />

Edizioni<br />

successive<br />

5%<br />

Ripartizione della produzione<br />

di titoli per fasce di prezzo<br />

Valori in numero di titoli e in percentuali<br />

16,60%<br />

oltre 26 euro<br />

23,60<br />

da 15,50 a 26 euro<br />

cellulare e il 27% lo possiede personalmente, impiegandolo<br />

in massima parte (il 76%) per inviare e ricevere sms.<br />

Che cos’ha a che fare, tutto questo, con la lettura? Nulla,<br />

ovviamente. Il che tuttavia non significa, e non deve significare,<br />

una sorta di contrapposizione fra i buoni, vecchi libri da<br />

una parte e le insidiose, avverse tecnologie dall’altra. Perché,<br />

anzi, il corretto consumo di queste ultime - laddove per tecnologie<br />

non si intendano il ricorso permanente al telefonino o<br />

l’uso esasperato della posta elettronica - è, rileva l’Associazione<br />

italiana editori, “più alto e diffuso in quegli stessi Paesi<br />

europei in cui sono più alti, ancora una volta, gli indici di lettura<br />

<strong>dei</strong> libri e <strong>dei</strong> giornali”.<br />

I nuovi media<br />

Prime edizioni<br />

(novità)<br />

60%<br />

Lo scenario, allora, si amplia, in una sorta di affresco globale<br />

nel quale forze diverse concorrano e facciano sinergia,<br />

crescendo anche attraverso la competizione. Senza paure e<br />

senza pregiudizi. “Siamo convinti - ha detto intervenendo alla<br />

presentazione milanese il vice presidente dell’Aie, e amministratore<br />

delegato RCS libri, Ferruccio de Bortoli - che l’arrivo<br />

di nuovi media non distragga dalla lettura, anzi la incoraggi,<br />

che la grandissima evoluzione tecnologica non rappresenti<br />

un rischio per la creatività, che l’affermarsi di nuovi linguaggi,<br />

come per esempio quello <strong>dei</strong> telefonini, finisca non per impoverire,<br />

ma per arricchire la nostra lingua, ovviamente modificandola”.<br />

Sì allora alle sinergie, con la dovuta attenzione.<br />

“Per essere - sono sempre parole di de Bortoli - cittadini<br />

globali senza perdere i contatti con le proprie radici e la<br />

propria appartenenza”.<br />

La vitalità del libro<br />

23,10%<br />

fino a 7,75 euro<br />

36,60%<br />

da 7,75 a 15,50 euro<br />

Che si chiama, anche e soprattutto, libro. “È il libro - ha osservato<br />

Stefano Mauri, consigliere dell’Aie e amministratore<br />

delegato Longanesi & C. - il vero digitale terrestre. Cinquecento<br />

anni dopo, sempre vivo e amato. Non ha bisogno di un<br />

decoder, ma di fiducia sì”. Patrizia Pedrazzini<br />

Accordo Mediaset-Iulm:<br />

nasce “Consorzio campus<br />

multimedia in.formazione”<br />

Milano, 29 giugno <strong>2004</strong>. Dall’intesa tra il<br />

Gruppo Mediaset e Università Iulm prende il<br />

via il Consorzio Campus Multimedia<br />

in.Formazione, un polo di eccellenza per la<br />

formazione e la ricerca nel digitale, nei media<br />

e nella comunicazione. I primi Master di alta<br />

formazione realizzati dal Campus partiranno<br />

con l’anno accademico <strong>2004</strong>-2005: il Master<br />

in Giornalismo, riconosciuto dal Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, e il<br />

Master in Management multimediale che<br />

hanno l’obiettivo di formare rispettivamente<br />

giornalisti e manager in grado di operare nel<br />

mercato del lavoro del settore multimediale e<br />

dell’informazione.<br />

“In questo nuovo progetto si incontrano il<br />

sapere accademico e l’esperienza dell’imprenditoria<br />

multimediale di Mediaset” ha<br />

dichiarato il rettore dello Iulm Giovanni Puglisi<br />

durante la conferenza stampa di presentazione.<br />

“Prendendo spunto dal monito del<br />

presidente di Confindustria Montezemolo il<br />

sistema Paese, le imprese si incontrano col<br />

mondo dell’università”.<br />

“La nostra intesa con l’Università Iulm si è<br />

decisamenterafforzata quest’anno: l’idea è<br />

quella di mettere assieme per la prima volta<br />

un autorevole polo universitario milanese e<br />

una squadra multimediale di eccellenza” ha<br />

dichiarato il presidente di Mediaset Fedele<br />

Confalonieri, che ha voluto ancora una volta<br />

sottolineare l’importanza nelle attività di tutti i<br />

giorni delle tecnologie e del digitale terrestre<br />

in particolare. “Il digitale terrestre è la nuova<br />

frontiera, noi ci crediamo, lo faremo” ha detto<br />

Confalonieri.<br />

Tra le aziende che partecipano al progetto:<br />

Enterprise Digital Architects, Dmt, Medusa,<br />

Mondadori, Sole 24 Ore, Txt e Wind.<br />

(Apcom)<br />

Costa: “Mondadori<br />

investirà 20 milioni<br />

in 3 anni per lo sviluppo<br />

di Radio 101”<br />

Roma, 3 settembre <strong>2004</strong>. Rilancio di Radio<br />

101 per farla diventare un network nazionale<br />

e sviluppo <strong>dei</strong> periodici in Spagna e Centro<br />

Europa sono fra i progetti di espansione del<br />

gruppo Mondadori.<br />

Lo ha detto in un’intervista al Sole 24 Ore il<br />

vice presidente e a.d. del Gruppo editoriale,<br />

Maurizio Costa, sottolineando l’obiettivo di<br />

voler rafforzare Radio 101 con “investimenti<br />

di oltre 20 mln in 3 anni dedicati alla copertura<br />

sul territorio e al rilancio sia in termini di<br />

advertising che di nuovi progetti”.<br />

Il Gruppo editoriale di Segrate ha versato 42<br />

milioni di euro per acquisire l’emittente, che<br />

era sottoposta a sequestro giudiziario.<br />

(Mf-Dj)<br />

Giovanni Sartori<br />

vince la XIV edizione<br />

del premio PEN<br />

Milano, 4 settembre <strong>2004</strong>. Dopo lo scrutinio<br />

pubblico delle schede di voto <strong>dei</strong> soci PEN,<br />

è risultato in testa, con 436 voti, il nome di<br />

Giovanni Sartori, con il suo libro Mala tempora<br />

(Laterza), a cui andranno i 2.600 euro del<br />

premio. Mala Tempora: dieci anni di malaffare<br />

politico nelle analisi lucide e graffianti di<br />

uno <strong>dei</strong> massimi studiosi della politica del<br />

nostro tempo.<br />

Al Premio letterario PEN (noto anche come<br />

"Lo scrittore votato da scrittori") sono giunti in<br />

finale quest’anno anche Matteo Collura, con<br />

In Sicilia; Raffaele Crovi, con Appennino;<br />

Sergio Ferrero, con Il cancello nero, e Margherita<br />

Hack, con Dove nascono le stelle.<br />

Come sempre il premio PEN (presieduto da<br />

Lucio Lami) rivela le tendenze del momento<br />

e quest’anno ha visto per la prima volta in<br />

finale più titoli di saggistica che di narrativa.<br />

9


La strage<br />

<strong>dei</strong> reporter:<br />

i terroristi<br />

non vogliono<br />

testimoni<br />

scomodi<br />

Enzo Baldoni, pubblicitario e giornalista<br />

“Io viaggio per la pace”<br />

di Pietro Del Re (www.repubblica.it-27 agosto <strong>2004</strong>)<br />

Un uomo di pace. Questo era Baldoni, come hanno cercato<br />

di spiegare i figli Guido e Gabriella, nell’appello lanciato ai<br />

suoi sequestratori. Ma era anche un uomo che la voglia di<br />

raccontare aveva spinto nei punti più caldi del pianeta, senza<br />

biglietti di prima classe né alberghi prenotati, senza scorte<br />

armate né giubbotti antiproiettile. Per capire chi fosse Baldoni<br />

basta leggere il suo autoritratto: “Non c’è niente da fare:<br />

quando uno è ficcanaso, è ficcanaso. È insopprimibilmente<br />

curioso, gli interessano i lebbrosi, quelli che vivono nelle<br />

fogne, i guerriglieri. E poi non gli basta fare il pubblicitario,<br />

deve occuparsi anche di critica di fumetti, di traduzioni, di<br />

temi civili e perfino di cose un sacco zen”.<br />

Nella sua vita precedente, prima che la passione del<br />

reportage lo inghiottisse, era uno <strong>dei</strong> più creativi pubblicitari<br />

d’Italia, fondatore dell’agenzia “Le Balene colpiscono ancora”.<br />

Era alto (1,86 metri) e robusto (un quintale di peso),<br />

Baldoni. E aveva il dono della simpatia. Chi l’ha conosciuto lo<br />

descrive come un idealista, un sognatore. Una persona<br />

generosa, cordiale e altruista: carica d’umanità.<br />

Era nato nel 1948 a Città di Castello. Sposato e padre di due<br />

figli di 21 e 24 anni (la famiglia vive in Sicilia), Baldoni lavorava<br />

da tempo a Milano. All’attività di pubblicitario è arrivato<br />

però dopo aver fatto, si legge nel suo sito, “il muratore in<br />

Belgio, lo scaricatore alle Halles, il fotografo di nera a Sesto<br />

San Giovanni, il professore di ginnastica, l’interprete e il<br />

tecnico di laboratorio chimico”.<br />

Fu Emanuele Pirella a fargli capire che “fare il copy è meglio<br />

che lavorare”. Tra le sue campagne televisive più note, quella<br />

del rasoio per uomini sensibili, in grado anche di “fare la<br />

barba” a un palloncino senza farlo scoppiare. Tra le sue<br />

trovate più famose c’è la rondine dell’acqua minerale San<br />

Benedetto.<br />

Traduttore di fumetti, appassionato di Zen, amante delle<br />

Delitti senza castigo<br />

L’assassinio di Enzo Baldoni,<br />

raro Don Chisciotte italico travolto<br />

dai feroci mulini mossi<br />

dal vento del fanatismo, trasforma<br />

in certezza un sospetto:<br />

sì, siamo pericolosamente<br />

prossimi al buco nero<br />

d’un medioevo postmoderno.<br />

Si annunciò in Vietnam sparigliando<br />

le regole antiche<br />

della guerra: non più duello di<br />

due nemici certi e visibili ma<br />

oscena partouse di delitto<br />

(senza castigo) e di ideologia<br />

bugiarda. Spaccò la partitura<br />

del concerto bellico in Somalia,<br />

per quindi invadere<br />

con una gigantesca flebo di<br />

orrori himmleriani la regione<br />

balcanica, nel contempo travasandosi<br />

nell’Algeria della<br />

galassia islamista, per infine<br />

tracimare l’Afghanistan pista<br />

di lancio degli stupratori delle<br />

Torri Gemelle. «È la Pearl<br />

Harbor del Tremila»: così<br />

classificammo l’incredibile attentato<br />

nella presunzione<br />

che, come gli Stati Uniti di<br />

Roosevelt, gli attuali, dopo<br />

essersi leccate le umilianti fe-<br />

IRAQ<br />

Enzo Baldoni nella foto conservata nell’archivio personale<br />

dell’<strong>Ordine</strong>. Le altre immagini lo ritraggono nella sua ultima<br />

“missione”. Al centro (in basso) è fotografato con Muhammed,<br />

il mutilato iracheno curato e seguito dal freelance<br />

milanese.<br />

Generosità e terrore<br />

vacanze ad alto rischio, Baldoni è diventato anche freelance<br />

per vocazione, pronto a raccontare su Linus, Specchio della<br />

Stampa, Venerdì di Repubblica le sue esperienze in giro per<br />

il mondo. Una vocazione nata per caso, nel 1996 in Chiapas,<br />

Messico. Baldoni conobbe il subcomandante Marcos, e da<br />

quel sodalizio nacque l’amore per il reportage. Un amore che<br />

lo portò nelle fogne di Bucarest e in Birmania a testimoniare<br />

lo sterminio <strong>dei</strong> Karen.<br />

Andò poi vedere i massacri di Timor Est, e le sofferenza nel<br />

lebbrosario di Kalaupapa. Baldoni mangiò riso e ranocchi<br />

con la portavoce <strong>dei</strong> ribelli Aye Aye Khing, si perse nella giungla<br />

thailandese alla ricerca <strong>dei</strong> fratelli Htoo, i gemellini di 12<br />

anni che guidano l’Esercito di Dio vantando poteri miracolosi.<br />

In Colombia finì in un campo di guerriglieri delle Farc,<br />

conobbe una comandante sul cui capo pendeva una taglia di<br />

un milione di dollari, intervistò la cupola del movimento guerrigliero.<br />

Due anni più tardi, sempre in Colombia, venne<br />

sequestrato da un paio di ragazzini col mitra e riuscì a farsi<br />

liberare diventando amico del comandante che aveva ordinato<br />

la sua cattura.<br />

Per giustificare questa sua passione tardiva, una volta disse:<br />

“Qualcuno pensa che io sia un mezzo Rambo che ama<br />

provare emozioni forti, vedere la gente morire e respirare<br />

l’odore della guerra come Benjamin Willard l’odore del<br />

napalm la mattina in “Apocalypse now”, invece sono lontano<br />

mille miglia da questa mentalità, molto semplicemente sono<br />

curioso. Voglio capire cosa spinge persone normalissime a<br />

imbracciare un mitra per difendersi”.<br />

Già, Baldoni era anzitutto un uomo curioso. Eppure si descrive<br />

come un gran pigro, che viaggia per caso, quando proprio<br />

non può farne a meno, sull’onda delle coincidenze.<br />

In Iraq Baldoni era arrivato per la prima volta un paio di settimane<br />

fa, con un accredito di Diario. “Non ho una particolare<br />

paura della morte, l’ho conosciuta abbastanza bene. Alla mia<br />

sono andato vicino un paio di volte”. Fino a quando la sua<br />

passione non l’ha spinto tra le braccia <strong>dei</strong> suoi assassini.<br />

di Igor Man (da La Stampa del 28 agosto <strong>2004</strong>) di Sergio Romano (dal “Corriere della Sera” del 27 agosto <strong>2004</strong>)<br />

rite, sarebbero passati al contrattacco,<br />

consegnando all’Occidente<br />

gli apprendisti<br />

stregoni plagiatori <strong>dei</strong> piloti<br />

suicidi, nel segno della vittoria<br />

del Bene sul Male. Allora,<br />

l’America di Roosevelt sapeva<br />

esattamente chi fosse (e<br />

come fosse) lo sfidante e fu<br />

subito duello destinato a infinitamente<br />

durare se uno<br />

square di Kansas City non<br />

avesse avuto il barbaro coraggio<br />

di tirare lo zip atomico.<br />

Il fungo di Hiroshima voluto<br />

da Truman venne assolto da<br />

vinti e vincitori e ciò permise<br />

quell’equilibrio del terrore alla<br />

cui ombra cominciò la ricostruzione<br />

del mondo. Il vuoto<br />

aperto dal declino delle potenze<br />

colonialiste (Francia,<br />

Gran Bretagna) venne colmato,<br />

per la forza d’inerzia<br />

della Storia, dal potente<br />

Impero Nuovo: gli Stati Uniti.<br />

Ma nel Dna della Superpotenza<br />

c’è la lotta contro<br />

l’Impero britannico, contro il<br />

colonialismo sicché riesce difficile<br />

agli Usa esercitare il cini-<br />

smo ineludibile che fu degli<br />

Inglesi, per esempio nei Trenta<br />

quando la Mesopotamia era<br />

un inferno.Trasformato in purgatorio<br />

dagli inglesi dopo un<br />

lunghissimo tempo intriso di<br />

studiata repressione e di alta<br />

politica. L’incapacità genetica<br />

degli Usa, coniugata con la<br />

presunzione del primo della<br />

classe, sono all’origine della<br />

attuale crisi del Superimpero<br />

in Iraq.<br />

Nel caos attuale che tuttavia<br />

non vieta il «successo finale»,<br />

volano fatalmente gli<br />

stracci. Quelli sporchi, quelli<br />

puliti: entrambi condannati alla<br />

rovina. Stracci: uomini<br />

mossi dall’odio e dall’ignoranza<br />

ovvero dalla volontà di dar<br />

testimonianza d’amore verso<br />

chi soffre. Come il nostro collega<br />

Baldoni, Don Chisciotte<br />

italico che non era un crapone<br />

né un esibizionista. Bensì<br />

un idealista. La sua estrema<br />

testimonianza non merita,<br />

dunque, sarcasmi né retromarce<br />

ipocrite. Pretende<br />

pietà, rispetto.<br />

Non è facile parlare della<br />

morte di un uomo che si è rivolto<br />

con grande compostezza<br />

ai suoi connazionali<br />

di fronte a una telecamera<br />

due giorni fa, e a cui i figli<br />

hanno inviato un coraggioso<br />

saluto nelle scorse ore.<br />

Fra i tanti orrori della guerra<br />

irachena, il massacro di<br />

Enzo Baldoni è per noi un<br />

tragico, incomprensibile lutto<br />

italiano. Baldoni non era né<br />

un soldato né il dipendente<br />

di una ditta straniera.<br />

Era un testimone compassionevole,<br />

in parte reporter,<br />

in parte operatore umanitario.<br />

Se non fosse stata troppo<br />

usata, soprattutto fra i<br />

musulmani, la parola martire<br />

è forse quella che potrebbe<br />

meglio figurare sulla sua<br />

tomba.<br />

A noi resta il compito di comprendere,<br />

per quanto possibile,<br />

la logica della sua uccisione.<br />

Sappiamo che nel<br />

campo della rivolta esiste,<br />

accanto ad alcuni gruppi<br />

meglio conosciuti, una ga-<br />

lassia di formazioni minori di<br />

cui è difficile analizzare composizione<br />

e ideologia. È probabile<br />

che alcune di esse<br />

siano politiche, decise a dimostrare<br />

la loro destrezza<br />

per meglio conquistare autorità.<br />

Ed è probabile che altre<br />

siano più semplicemente<br />

bande criminali, attratte soltanto<br />

dal prezzo del ricatto.<br />

Politici o predoni, tuttavia, i<br />

rapitori di ostaggi hanno obbedito<br />

sinora a una logica<br />

relativamente comprensibile.<br />

Hanno catturato personale<br />

delle società di sicurezza,<br />

come nel caso di Quattrocchi<br />

e <strong>dei</strong> suoi amici, perché<br />

potevano sostenere che<br />

i prigionieri erano complici<br />

degli americani. E si sono<br />

impadroniti di impiegati di<br />

società straniere per costringere<br />

i datori di lavoro a lasciare<br />

il Paese o pagare in<br />

denaro la loro libertà.<br />

Nel caso di Baldoni questa<br />

logica sembra completamente<br />

assente. Dopo le dichiarazioni<br />

del suo settima-<br />

nale era evidente che egli<br />

non era «negoziabile». Il governo<br />

non avrebbe mai potuto<br />

cedere e il settimanale<br />

avrebbe potuto semplicemente<br />

promettere ciò che<br />

Baldoni faceva da tempo<br />

con una straordinaria carica<br />

di ingenuità e di entusiasmo:<br />

un appassionato lavoro giornalistico<br />

e umanitario.<br />

Non basta. La morte è giunta<br />

mentre i due maggiori<br />

esponenti della comunità<br />

sciita sembrano avere concluso<br />

a Najaf una sorta di armistizio<br />

e aperto qualche tenue<br />

prospettiva di pace. A<br />

qualcuno sembrerà forse<br />

che Baldoni sia morto per<br />

nulla. A noi sembra che sia<br />

morto per restare fedele al<br />

proprio personaggio in un<br />

mondo in cui la generosità e<br />

la fantasia vengono ogni<br />

giorno disprezzate e calpestate.<br />

10 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


La fatica<br />

di piazzare<br />

notizie che<br />

gli altri<br />

non hanno,<br />

da posti in<br />

cui magari<br />

gli altri<br />

non vanno<br />

Freelance<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Una tribù nomade<br />

a caccia di scoop<br />

Francesco Battistini (dal Corriere della Sera del 22 agosto <strong>2004</strong>)<br />

BAGDAD - I voli Milano-Londra<br />

a 10 euro sono roba da dilettanti.<br />

Nelle zone di guerra, esiste<br />

una tribù nomade che<br />

s’arrangia con meno: s’infila<br />

sugli aerei del World Food Programme,<br />

dorme in case d’amici<br />

per caso, mangia quando<br />

capita e si gioca la pelle per un<br />

pezzo, uno scatto, una ripresa.<br />

Antonio Russo, il reporter di<br />

Radio Radicale ucciso in<br />

Georgia, era uno capace d’alloggiare<br />

due settimane in un<br />

campo profughi kosovari, sotto<br />

le tende, o di partecipare alle<br />

imboscate militari dell’Uck o di<br />

stare nascosto, unico, nelle<br />

case albanesi di Pristina durante<br />

la pulizia etnica serba.<br />

Raffaele Ciriello, il fotoreporter<br />

ammazzato a Ramallah, spariva<br />

coi pastori sulle montagne<br />

dell’Afghanistan e correva dietro<br />

ai tanzim dell’intifada ed è<br />

morto per aver voluto guardare<br />

con l’obbiettivo nella bocca di<br />

fuoco d’un tank israeliano.<br />

Li ha dimenticati in fretta chi<br />

non li conosceva, perché<br />

Russo e Ciriello non erano della<br />

casta eletta che si premia a<br />

ogni trasferta: una conferenza<br />

stampa <strong>dei</strong> radicali per<br />

chiedersi chi abbia voluto la<br />

fine di Antonio, una lapide<br />

palestinese dove il nome di<br />

Raffaele è perfino scritto sbagliato.Pace<br />

e amen.<br />

Vita da freelance. Quelli pagati<br />

ad articolo o a collegamento,<br />

più ne fai più guadagni, le<br />

Abruzzo:<br />

“Baldoni<br />

tra i martiri<br />

del<br />

giornalismo”<br />

spese di solito escluse, la fatica<br />

di piazzare merce che gli altri<br />

non hanno da posti in cui gli altri<br />

magari non vanno. Da quando<br />

hanno decapitato Daniel<br />

Pearl, firma del Wall Street<br />

Journal, gli inviati mettono<br />

piede in Pakistan se proprio si<br />

deve: inglesi e americani, la<br />

stessa Cnn usano i locali, così<br />

come facevano i francesi<br />

nell’Algeria degli sgozzamenti<br />

o com’è nell’impossibile Mogadiscio.Tutti<br />

freelance, coi contatti<br />

giusti e la rapidità che<br />

serve, a volte one man band<br />

che in un giorno riscrivono lo<br />

stesso pezzo per quattro o<br />

cinque testate.<br />

Rischiano parecchio, i freelance.<br />

E vanno anche al di là<br />

del troppo. Ce n’è che cominciano<br />

a metà del cammino, vedi<br />

Enzo Baldoni che fino a 50<br />

anni faceva solo il pubblicitario<br />

o Franco Pagetti, allievo del<br />

grande Natchwey, passato dai<br />

clic patinati alle morgue irachene.<br />

E ce n’è di più giovani,<br />

Barbara Schiavulli, una collega<br />

che da Gerusalemme a Haiti,<br />

da Kabul a Bagdad non si<br />

perde una crisi e riesce a «coprire»<br />

sul posto anche per un<br />

innegabile vantaggio: è di pelle<br />

creola e tratti orientaleggianti,<br />

l’ideale per passare inosservati<br />

nella caccia all’occidentale di<br />

Najaf o di Falluja. I freelance<br />

per eccellenza sono i fotografi,<br />

Mauro Sioli o Livio Senigallesi,<br />

obbligati alla corsa a ostacoli<br />

d’una tecnologia che fa arrivare<br />

in tempo reale le immagini<br />

di tutto: «Entrare in concorrenza<br />

con le grandi agenzie<br />

non ha senso - dice Pigi Cipelli,<br />

base a Milano e anni di reportage<br />

dai Balcani all’Iraq -.<br />

Più che puntare su immagini<br />

che mostrano l’avvenimento,<br />

meglio andare su quelle che lo<br />

spiegano». Come girare in pattuglia<br />

di notte, per le vie di<br />

Bagdad: gli occhi atterriti d’un<br />

arrestato, lo sguardo spaventato<br />

uguale d’un marine.<br />

Avere qualcosa di più. Per<br />

questo si può morire: capitò<br />

ad Almerigo Grilzz, 1987,<br />

Mozambico. O ci si può andare<br />

vicini, come Fausto<br />

Biloslavo e Gian Micalessin,<br />

«storici» freelance che sono<br />

stati colpiti (Fausto in Afghanistan)<br />

o hanno rischiato: partito<br />

in macchina da Bagdad<br />

per Nassiriya, poche settimane<br />

fa, Gian è incappato in<br />

un posto di blocco di sadristi e<br />

solo la prontezza del suo<br />

autista («sdraiati, fingi di<br />

dormire, dirò io che sei un<br />

giordano!») gli ha salvato la<br />

pelle. Qualche volta, con la<br />

tribù nomade, sbarcano anche<br />

i turisti della guerra: signore<br />

annoiate, esaltati, autentici<br />

psicopatici. A Sarajevo, ci fu<br />

un tale che s’inventò d’essere<br />

stato rapito. Tornò a casa, si<br />

prese due ceffoni dalla mamma<br />

e capì la lezione. Non s’è<br />

più visto.<br />

<strong>Giornalisti</strong> nella storia - I nostri martiri<br />

Una sezione del sito dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia viene riservata a 14 giornalisti<br />

ammazzati dallo squadrismo fascista, dal terrorismo rosso, dal terrorismo internazionale,<br />

dalla mafia e dalla camorra. Questa la galleria <strong>dei</strong> martiri:<br />

Giovanni Amendola<br />

Piero Gobetti<br />

Carlo Casalegno<br />

Walter Tobagi<br />

Guido Puletti<br />

Ilaria Alpi<br />

Maria Grazia Cutuli<br />

Antonio Russo<br />

Enzo Baldoni<br />

Mauro De Mauro<br />

Mario Francese<br />

Giuseppe "Pippo" Fava<br />

Giancarlo Siani<br />

Giuseppe "Beppe" Alfano<br />

Tutti facevano giornalismo investigativo o d’inchiesta oppure<br />

esprimevano posizioni fortemente critiche, chi sul fascismo<br />

(Amendola e Gobetti), chi sul terrorismo (Casalegno e<br />

Tobagi) o sulle zone calde del pianeta (Guido Puletti in<br />

Bosnia, Ilaria Alpi in Somalia, Maria Grazia Cutuli in Afghanistan,<br />

Antonio Russo in Cecenia, Enzo Baldoni in Iraq) ,<br />

altri sulla mafia o sulla camorra (De Mauro, Francese, Fava,<br />

Siani e Alfano). L’obiettivo dell’iniziativa è quello di preservare<br />

la memoria di questi 14 giornalisti, che hanno scritto<br />

ognuno una pagina importante nella storia della nostra<br />

nazione, e che sono un esempio di alta coscienza civile da<br />

additare ai giovani. Non bisogna dimenticare il loro sacrificio.<br />

I giornalisti italiani possono arricchire questa sezione<br />

del sito, spedendo saggi e articoli all’indirizzo e-mail<br />

odgmi@odg.mi.it.<br />

Milano, 27 agosto <strong>2004</strong>. - “L’<strong>Ordine</strong> piange un ottimo collega,<br />

simbolo di abnegazione e impegno civile. È un peccato<br />

averlo perso... l’Albo <strong>dei</strong> giornalisti oggi è più leggero”.Con<br />

queste parole Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia, commenta l’assassinio del<br />

pubblicista Enzo Baldoni, iscritto all’Albo dal 16 settembre<br />

del 1985. “L’<strong>Ordine</strong> lombardo - continua - ha inserito Enzo fra<br />

i martiri del giornalismo, ammazzati dallo squadrismo<br />

fascista, dal terrorismo rosso, dal terrorismo internazionale,<br />

dalla mafia e dalla camorra. Questo elenco, corredato dalle<br />

biografie, è nel sito web del nostro ente”. (Adnkronos)<br />

D E O N T O L O G I A<br />

Le relazioni<br />

perverse<br />

tra i protagonisti<br />

dell’informazione<br />

di Amelia Beltramini*<br />

Mi occupo di divulgazione scientifica, e in<br />

particolare di medicina (gli altri argomenti,<br />

come psicologia e affini, non interessano<br />

economicamente nessuno), per una testata<br />

interessante per gli uffici stampa perché<br />

vende più di 700 mila copie al mese.<br />

Gli inviti mi giungono prevalentemente da<br />

aziende farmaceutiche, ma anche da cliniche<br />

private e di produttori di tecnologie biomediche.<br />

Gli inviti sono a congressi, convegni,<br />

simposi, inaugurazioni di filiali, presentazione<br />

di “grandi scoperte della medicina” che si<br />

svolgono a volte a Milano (dove è la sede del<br />

giornale) altre a Roma, ma abbastanza spesso,<br />

soprattutto in primavera e autunno, in<br />

località amene, a volte addirittura esotiche,<br />

oppure grandi capitali europee o americane.<br />

Le parti coinvolte nel<br />

viaggio stampa sono<br />

quattro: l’ufficio stampa<br />

dell’azienda ospite; i relatori,<br />

i giornalisti, la testata<br />

che hanno interessi diversi.<br />

Ho provato ad analizzarli.<br />

1. L’ufficio stampa deve<br />

fare gli interessi dell’azienda<br />

che rappresenta,<br />

per la quale quel viaggio<br />

è un’operazione di marketing<br />

pubblicitario. Lo scopo<br />

delle aziende farmaceutiche è avere bilanci<br />

in attivo, non perdere quote di mercato e<br />

pagare i dividendi agli azionisti. L’obbligo quindi<br />

è di risultati, non di mezzi. Non hanno<br />

nessun obbligo di essere obiettivi sottolineando<br />

masochisticamente gli effetti collaterali <strong>dei</strong><br />

farmaci. La loro informazione quindi deve<br />

essere di parte: i relatori saranno scelti in<br />

questa ottica, e i giornalisti ospiti pure saranno<br />

scelti fra coloro che in passato hanno<br />

dimostrato di poter pubblicare la “notizia”<br />

come è stata presentata, meglio senza aggiunte<br />

critiche, su una testata interessante,<br />

tale da garantire ricadute.<br />

Per esperienza, se le mie premesse sono<br />

corrette, gli uffici stampa sanno fare benissimo<br />

il loro lavoro.<br />

2. I relatori, cui viene offerta una munifica<br />

ospitalità e pagata la prestazione professionale,<br />

certo non saranno così ingrati da elencare<br />

i lati negativi di un farmaco, o le lacune<br />

di una tecnica. Inoltre sono costretti ad essere<br />

molto gentili nella speranza che sia finanziata<br />

una loro ricerca o la borsa di studio di<br />

uno specializzando, manna viste le attuali<br />

condizioni di asfissia della ricerca italiana.<br />

3. Noi giornalisti scriviamo (o dovremmo scrivere)<br />

per i nostri lettori. Se la testata è in attivo<br />

è il lettore che ci paga lo stipendio. Se<br />

l’informazione non è fatta bene, nel suo interesse,<br />

cercherà sul mercato qualcosa di più<br />

attendibile: la testata rischia la chiusura e noi<br />

PER SAPERNE DI PIÙ<br />

Marco Bobbio: Giuro di esercitare<br />

la medicina in libertà e indipendenza,<br />

Einaudi <strong>2004</strong><br />

Maurizio Paganelli, Congressi o<br />

vacanze (Salute di Repubblica<br />

20 febbraio 2003 p. 10).<br />

Chi fa la regia della stampa di<br />

settore? (Il Sole 24 Ore sanità 4-<br />

11 novembre 2003 pp. 16-17).<br />

la cassa integrazione. Ideale sarebbe essere<br />

inviati dalla testata a congressi indipendenti<br />

e almeno internazionali. E ricevere in ufficio i<br />

testi delle cartelle stampa (non gli inviti, che<br />

per lo più non aggiungono nulla a eventuali<br />

cartelle stampa fatte bene) per poterle leggere<br />

con calma e in modo critico. Purtroppo ciò<br />

non avviene. Ma forse non sempre ci accorgiamo<br />

di quanto l’ospitalità munifica degli<br />

uffici stampa, la loro cortesia, la loro generosità,<br />

influenza il nostro lavoro. Il Coordinamento<br />

per l’integrità della ricerca biomedica<br />

ha inviato recentemente un questionario a<br />

121 giornalisti medico-scientifici. Hanno<br />

risposto solo uno su tre (32%).<br />

Di questi il 38% riconosce che l’essere ospiti<br />

ha influenzato l’articolo scritto; il 13% che<br />

esiste una relazione tra munificenza dell’ospitalità<br />

e orientamento dell’articolo; il 30%<br />

che ha subito pressioni per la pubblicazione<br />

della notizia al ritorno dal<br />

congresso; il 13% di<br />

basarsi solo sulla documentazione<br />

degli uffici<br />

stampa. Questi non sono<br />

articoli giornalistici, ma<br />

pubblicità occulta.<br />

Quello che emerge è un<br />

giornalista che spesso si<br />

abbassa a fare il divulgatore<br />

passivo, che fa da<br />

megafono degli interessi<br />

di chi lo ospita.<br />

Siamo quindi noi che non<br />

sappiamo fare il nostro<br />

lavoro, non gli uffici stampa. Penso che il<br />

settore farmacologico, che può danneggiare<br />

la salute <strong>dei</strong> lettori, sia il più critico, ma non<br />

penso che un viaggio turistico, o la presentazione<br />

di un prodotto delle tecnologie come<br />

un telefonino o altro abbiano minore influenza<br />

sulla deontologia. Se tutti fossimo più indipendenti<br />

e più critici, gli uffici stampa non<br />

potrebbero scegliere fra giornalisti più o<br />

meno influenzabili. Saremmo tutti altrettanto<br />

indipendenti. Ma soprattutto solo così<br />

potremmo dirci giornalisti.<br />

4. Mi dicono che nelle redazioni i direttori e i<br />

vice direttori usano i viaggi stampa per<br />

premiare la fedeltà <strong>dei</strong> giornalisti alla linea del<br />

direttore. In questo caso chi si vende è non<br />

solo il direttore, ma anche il giornalista che<br />

invece di andare a lavorare duramente in una<br />

trasferta (altrimenti perché ricevere in busta<br />

paga il diritto di trasferta?) va a fare una<br />

pubblicità occulta. Non si tratta di reati punibili<br />

dal codice penale e visto che tutti sono d’accordo<br />

neppure con il codice civile. Ma sicuramente<br />

l’<strong>Ordine</strong> dovrebbe vigilare di più i<br />

rapporti fra uffici stampa e giornalisti, e mettere<br />

delle regole sui viaggi stampa. Cominciamo<br />

ad essere sbeffeggiati su libri e giornali. Si<br />

favoleggia di viaggi di una settimana in località<br />

per pochi ricchi per decantare i supposti<br />

vantaggi di farmaci già rivelatisi una bufala<br />

dalle pubblicazioni scientifiche accreditate.<br />

*Coordinatrice del gruppo “Etica e Informazione”<br />

di qp-Senza Bavaglio<br />

11


RELAZIONE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLE COMUNICAZIONI<br />

Roma, 9 luglio <strong>2004</strong>. I ricavi della Rai sono<br />

in crescita marginale, quelli di Mediaset<br />

aumentano più alla media di mercato, mentre<br />

Sky fa segnare un significativo + 18%, Sono<br />

questi alcuni <strong>dei</strong> dati snocciolati da Enzo Cheli,<br />

presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle<br />

Comunicazioni, nel corso della presentazione<br />

della Relazione annuale sull’attività svolta dalla<br />

cosiddetta “Agcom”. Il Garante, però, ha avuto<br />

anche modo di sottolineare come la concessionaria<br />

pubblica continui ad essere l’impresa televisiva<br />

più rilevante sul mercato, mentre Mediaset<br />

segue con un leggero aumento rispetto<br />

all’anno precedente. Congiuntamente, però, le<br />

due emittenti assorbono il 74,3% <strong>dei</strong> ricavi<br />

complessivi, nonché l’86,5% delle risorse del<br />

mercato pubblicitario. Insomma, ci si trova di<br />

fronte ad un vero e proprio duopolio.<br />

Il bilancio del Garante, che sembra<br />

rispondere a distanza alle considerazioni<br />

di Tesauro <strong>dei</strong> giorni scorsi, è più positivo<br />

nel settore delle telecomunicazioni. L’Italia,<br />

sostiene Cheli, si colloca “da due anni a<br />

questa parte, in una delle posizioni più avanzate<br />

del contesto europeo, sia in termini di<br />

sviluppo che di concorrenzialità”, “dato<br />

questo che viene a trovare conferma, da un<br />

lato, nella costante riduzione delle quote di<br />

mercato dell’operatore dominante, dall’altro,<br />

nel fatto che nel nostro Paese, in pochi anni,<br />

si sono potuti affermare, nella telefonia fissa,<br />

il maggiore secondo operatore europeo, e,<br />

nella telefonia mobile, un terzo operatore<br />

che, nel panorama comunitario, tende a<br />

sopravanzare gli operatori terzi entranti dagli<br />

altri Paesi”.<br />

La relazione si conclude con una richie-<br />

sta alle autorità politiche: “Se crediamo,<br />

infatti, nell’utilità del ruolo assegnato alle<br />

autorità amministrative di garanzia più direttamente<br />

impegnate sul fronte della difesa<br />

<strong>dei</strong> diritti connessi allo sviluppo <strong>dei</strong> processi<br />

economici, occorre mettere questi soggetti<br />

in condizione di funzionare, con mezzi<br />

adeguati alla delicatezza e al rilievo costituzionale<br />

delle funzioni esercitate, nonché al<br />

tasso di indipendenza richiesto a chi è chiamato<br />

ad esercitarle”.<br />

Al duopolio tv l’86,5<br />

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Relazione annuale sull’attività svolta e sui<br />

PREMESSA<br />

1L’anno appena trascorso è stato per il mondo della<br />

comunicazione e dell’informazione un anno cruciale,<br />

che ha fatto registrare, sia a livello europeo che nazionale,<br />

un mutamento profondo nel tessuto delle regole<br />

destinate a guidare i vari settori di questo comparto. A<br />

livello europeo, le novità maggiori sono emerse con l’entrata in<br />

vigore, nel luglio dello scorso anno, delle cinque direttive sulla<br />

“comunicazione elettronica” approvate, a conclusione di un<br />

lungo processo di revisione della preesistente legislazione<br />

comunitaria, dal Parlamento e dal Consiglio europei, direttive<br />

completate da altri atti connessi, quali la direttiva sulla concorrenza<br />

nel mercato delle reti e <strong>dei</strong> servizi e la raccomandazione<br />

sui mercati rilevanti. Come avemmo già modo di accennare<br />

nella Relazione dello scorso anno, questo nuovo quadro regolamentare<br />

ha segnato, per molti aspetti, un vero punto di svolta<br />

rispetto al passato.<br />

Al livello nazionale, le novità più rilevanti sono derivate dal varo<br />

di due leggi organiche (o di sistema), quali il Codice delle<br />

comunicazioni elettroniche approvato con il D.lgs. 1° agosto<br />

2003, n. 259 e la legge 3 maggio <strong>2004</strong>, n. 112 [1], in tema di<br />

riassetto dell’intero sistema radiotelevisivo pubblico e privato.<br />

Attraverso il Codice delle comunicazioni elettroniche sono<br />

state recepite con puntualità le nuove direttive europee e sono<br />

state definite le sfere di competenza del ministero delle Comunicazioni<br />

e dell’Autorità. Attraverso la legge n. 112 del <strong>2004</strong> -<br />

maturata dopo un lungo e contrastato percorso parlamentare -<br />

si è cercato di dare basi nuove all’impianto del sistema radiotelevisivo,<br />

alla luce delle trasformazioni tecnologiche in atto,<br />

anche al fine di offrire una risposta alla giurisprudenza della<br />

Corte costituzionale e agli indirizzi espressi nel messaggio del<br />

Presidente della Repubblica del 22 luglio 2002, in tema di<br />

pluralismo.<br />

In virtù di questo nuovo quadro si può, dunque, dire che,<br />

tanto a livello europeo che nazionale, una stagione si è chiusa<br />

ed un’altra si è appena avviata, i cui sviluppi possibili<br />

restano ancora in gran parte indefiniti, data la varietà e la<br />

complessità <strong>dei</strong> fattori tecnologici, economici e sociali che le<br />

nuove discipline stanno ponendo in gioco. L’Autorità si trova,<br />

di conseguenza, oggi, impegnata, nell’ambito delle sue<br />

competenze, a dare attuazione a questo quadro e ad<br />

adeguare, alla luce delle novità introdotte, le proprie attività<br />

di regolazione e di controllo.<br />

2Ma al di là delle regole, mutamenti consistenti sono<br />

venuti a emergere, nel corso dell’anno, anche sul<br />

piano <strong>dei</strong> processi economici. Sviluppando un percorso<br />

già iniziato nel 2002, il mercato Ict è tornato, infatti,<br />

ad assumere il ruolo di driver della ripresa economica<br />

in quasi tutto il mondo. È vero che la crescita del mercato<br />

mondiale delle telecomunicazioni risulta ancora limitata, nel<br />

2003, al 2,9% (con un volume pari a 915 miliardi di euro), ma<br />

le previsioni per il biennio <strong>2004</strong>-2005 si presentano decisamente<br />

più incoraggianti, con un’attesa di crescita pari al 4,1%<br />

per il <strong>2004</strong> e al 4,8% per il 2005.<br />

Esistono, d’altro canto, a livello mondiale, chiari segnali che<br />

possono indurre ad un ragionevole ottimismo, quali quelli che<br />

si collegano agli sforzi di risanamento compiuti dai principali<br />

operatori telefonici, all’atteggiamento più favorevole <strong>dei</strong> mercati<br />

finanziari, alla dinamicità e innovatività del settore della telefonia<br />

mobile, alla crescita veloce e consistente della banda larga<br />

e delle nuove applicazioni ad essa legate.<br />

Dal canto suo, la Commissione europea ha previsto, per il<br />

<strong>2004</strong>, un tasso di crescita del settore destinato a collocarsi<br />

tra il 3,7% ed il 4,7%, in ragione di un ulteriore sviluppo della<br />

telefonia mobile (anche attraverso l’avvio dell’Umts), di una<br />

crescente diffusione della banda larga, di un incremento<br />

delle linee d’accesso disaggregato alla rete locale. E questo<br />

nonostante talune difficoltà che tuttora permangono nella<br />

telefonia fissa, dove, peraltro, la quota di mercato degli<br />

operatori storici seguita ancora a decrescere a favore degli<br />

operatori alternativi.<br />

Tutto induce, dunque, a ritenere che i mercati in cui si articola<br />

il mondo della comunicazione abbiano ormai imboccato, in<br />

virtù delle spinte indotte dai processi di digitalizzazione in atto,<br />

l’uscita definitiva dal tunnel di quella crisi che, a livello mondiale,<br />

si era aperta, dopo la grande euforia degli anni ‘90, all’inizio<br />

del nuovo secolo.<br />

LE AZIONI SVOLTE DALL’AUTORITÀ<br />

NEL CORSO DELL’ANNO<br />

3Entro questo quadro, segnato da tanti fattori di mutamento,<br />

si collocano gli interventi che l’Autorità, nel<br />

corso dell’anno, ha sviluppato nei settori delle telecomunicazioni,<br />

della radiotelevisione, dell’editoria, delle<br />

nuove tecnologie della comunicazione. Mi limito, in<br />

questa sede, a richiamare soltanto alcune delle decisioni più<br />

rilevanti, rinviando per un quadro più completo al testo esteso<br />

della Relazione annuale.<br />

4Nel settore della telefonia fissa l’attività regolatoria<br />

dell’Autorità è intervenuta sia sul mercato wholesale<br />

(concernente l’interconnessione e l’accesso speciale<br />

alla rete), sia su quello retail (concernente i prezzi<br />

finali, la qualità <strong>dei</strong> servizi e il servizio universale). In<br />

particolare, in questo settore l’Autorità: a) ha introdotto un cap<br />

di salvaguardia per quanto concerne il paniere <strong>dei</strong> servizi a<br />

canone, volto specialmente a garantire la tutela <strong>dei</strong> clienti residenziali;<br />

b) ha stabilito una riduzione media <strong>dei</strong> prezzi dell’offerta<br />

retail per le linee affittate del 5,25%; c) ha approvato il<br />

listino di interconnessione per l’anno <strong>2004</strong>, con una sensibile<br />

riduzione <strong>dei</strong> prezzi di interconnessione rispetto all’anno<br />

precedente; d) ha adeguato il Piano di numerazione nazionale,<br />

tenendo conto in particolare dello sviluppo <strong>dei</strong> servizi più<br />

innovativi. L’Autorità ha anche approvato una direttiva generale<br />

in materia di qualità e carte <strong>dei</strong> servizi di telecomunicazioni,<br />

che gli operatori sono tenuti ad adottare a tutela dell’utenza.<br />

Passando al settore della telefonia mobile, i principali interventi<br />

hanno riguardato: a) l’adozione della disciplina relativa<br />

alle procedure per l’assegnazione di frequenze per il servizio<br />

radiomobile professionale a gestione centralizzata (Public<br />

access mobile radio - Pamr); b) la consultazione pubblica per<br />

il riordino delle frequenze Gsm; c) la promozione della realizzazione<br />

da parte degli operatori di un database unico nazionale<br />

per la gestione di un codice <strong>dei</strong> terminali radiomobili<br />

(Imei), destinato a contenere i fenomeni criminali ai danni<br />

degli utenti.<br />

Ulteriori interventi regolamentari hanno investito la sfera di<br />

Internet, dove l’Autorità ha continuato a dedicare una specifica<br />

attenzione alla disciplina delle attività di sviluppo <strong>dei</strong> servizi di<br />

accesso disaggregato a livello di rete locale. Intensa è stata<br />

anche, in questo periodo, l’azione di vigilanza diretta a verificare<br />

le condizioni di offerta praticate dagli operatori e il rispetto<br />

delle normative di settore. Fra gennaio e dicembre 2003 sono<br />

pervenute all’Autorità alcune migliaia di istanze da parte degli<br />

utenti e delle imprese, con un consistente aumento rispetto<br />

agli anni precedenti.<br />

5Nel settore dell’audiovisivo le principali azioni dell’Autorità<br />

hanno avuto ad oggetto: a) l’integrazione del<br />

Piano cd. di “primo livello” delle frequenze digitali<br />

terrestri ai fini dell’assegnazione di risorse in ambito<br />

provinciale (integrazione che, in aggiunta alle 12 reti<br />

nazionali e 126 regionali, ha individuato 71 bacini provinciali in<br />

grado di consentire la realizzazione di 1.272 reti in ambito locale);<br />

b) la rideterminazione <strong>dei</strong> canoni annui di concessione per<br />

le emittenti relativi al triennio 2003-2005; c) l’individuazione del<br />

limite temporale per i diritti di sfruttamento secondari delle<br />

opere televisive realizzate da produttori indipendenti, lasciando<br />

alla libera contrattazione delle parti la determinazione del<br />

corrispettivo; d) la definizione del regime autorizzativo per i<br />

trasferimenti di proprietà delle società radiotelevisive; e) l’indizione<br />

di una consultazione pubblica finalizzata a stabilire la<br />

disciplina dell’accesso alle reti da parte <strong>dei</strong> fornitori di contenuti,<br />

così da garantire, in presenza di risorse frequenziali insufficienti<br />

a soddisfare tutte le richieste, l’accesso alle radiofrequenze<br />

in condizioni di parità di trattamento. In questo quadro,<br />

particolare rilievo assume il recente completamento dell’analisi<br />

delle posizioni dominanti nel mercato radiotelevisivo, condotto<br />

in attuazione della delibera n. 226/03/Cons del 17 giugno 2003<br />

(già richiamata in occasione della precedente Relazione), che<br />

aveva accertato, per il triennio 1998-2000, il superamento, da<br />

parte delle emittenti Rai e Rti e della concessionaria di pubblicità<br />

Publitalia ‘80, del tetto del 30% fissato per la raccolta delle<br />

risorse economiche dalla legge n. 249 del 1997. Con la delibera<br />

n. 117 del 30 aprile <strong>2004</strong>, l’Autorità ha concluso tale analisi,<br />

confermando anche per il triennio 2001-2003 l’avvenuto sforamento<br />

da parte degli stessi soggetti del limite antitrust indicato<br />

dalla stessa legge n. 249, con Rai e Rti che hanno raccolto,<br />

nel 2003, rispettivamente il 38,1% ed il 31,4% delle risorse.<br />

Essendo, peraltro, dopo tale delibera, mutati i parametri della<br />

disciplina antitrust in conseguenza dell’entrata in vigore della<br />

legge n. 112 del <strong>2004</strong> e degli accertamenti effettuati in ordine<br />

agli sviluppi della tecnologia digitale terrestre ai sensi della<br />

legge n. 43 del <strong>2004</strong>, l’Autorità sta oggi valutando i provvedimenti<br />

da adottare alla luce delle innovazioni legislative introdotte<br />

e <strong>dei</strong> risultati raggiunti nel corso delle precedenti istruttorie.<br />

La decisione relativa a tali provvedimenti è prevista per la<br />

fine del corrente mese di luglio.<br />

6Un altro settore che ha molto impegnato il lavoro<br />

dell’Autorità è stato quello relativo ai controlli sulla par<br />

condicio (come regolata dalla legge n. 28 del 2000), sul<br />

pluralismo dell’informazione (come previsto dalla legge<br />

n. 223 del 1990) e sui sondaggi (come disciplinati dai<br />

vari regolamenti dell’Autorità). Su questo terreno va segnalato<br />

che: a) in materia di par condicio durante le campagne elettorali,<br />

dal 1° aprile 2003 ad oggi sono stati aperti 116 procedimenti<br />

ed adottate 109 delibere, di cui 13 di riequilibrio (11 delle quali<br />

nel periodo maggio-giugno <strong>2004</strong>, relativo all’ultima campagna<br />

elettorale); b) in materia di pluralismo dell’informazione, dopo i<br />

due casi-pilota relativi a trasmissioni della Rai (“Sciuscià<br />

edizione straordinaria”) e di Rti (“TG4” e “Studio Aperto”), già<br />

ricordati nella Relazione dello scorso anno, si è concluso un<br />

ulteriore procedimento relativo ad un esposto dell’Associazione<br />

Lista Pannella nei confronti della trasmissione “Primo<br />

Piano” della Rai. Anche in questo caso, in assenza di specifiche<br />

disposizioni sanzionatorie indicate dalla legge, l’Autorità<br />

ha disposto un richiamo verso l’emittente ai fini del rispetto <strong>dei</strong><br />

principi di correttezza, completezza, imparzialità ed obiettività<br />

dell’informazione indicati nell’art. 1 della legge n. 223 del 1990;<br />

c) in materia di verifica del rispetto della normativa in tema di<br />

sondaggi, l’attività di vigilanza ha riguardato la pubblicazione<br />

sia di risultati di sondaggi demoscopici in materia politico/elettorale<br />

(con l’apertura di 59 procedimenti), sia di risultati attinenti<br />

ad altre tipologie di rilevazioni (con l’apertura di 64 procedimenti).<br />

Da segnalare, come novità significativa che - con i<br />

regolamenti varati, previa consultazione con la Commissione<br />

parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza <strong>dei</strong> servizi<br />

radiotelevisivi, in occasione delle recenti campagne elettorali, -<br />

è stato introdotto nei programmi di approfondimento informativo,<br />

pubblici e privati, l’obbligo di garantire la presenza equilibrata<br />

di tutti i soggetti politici che partecipano alle elezioni<br />

“assicurando sempre e comunque un equilibrato contraddittorio”.<br />

Infine, un ulteriore tema emerso per la prima volta nel<br />

corso dell’anno è stato quello della partecipazione di esponenti<br />

politici ai programmi di intrattenimento trasmessi dalla<br />

concessionaria pubblica, in violazione di un atto di indirizzo<br />

emanato dalla Commissione parlamentare di vigilanza nel<br />

marzo 2003, dove si è imposto di limitare tale partecipazione<br />

ai soli casi in cui la particolare competenza e responsabilità<br />

<strong>dei</strong> soggetti invitati sia idonea a giustificarne la presenza. La<br />

prima decisione relativa a tale questione - che ha comportato<br />

un’ampia indagine sulla generalità <strong>dei</strong> programmi di intrattenimento<br />

della Rai - verrà adottata nei prossimi giorni, con riferimento<br />

ai primi sei programmi esaminati. Nel complesso appare,<br />

dunque, confermata l’utilità di una disciplina posta a garanzia<br />

dell’accesso ai media dentro e fuori le campagne elettorali:<br />

disciplina ormai presente in tutte le democrazie più evolute,<br />

fatte salve le opportune modulazioni per adeguare la portata<br />

delle varie norme alle singole circostanze (così come è accaduto<br />

di recente in Italia con la legge n. 313 del 2003, che ha<br />

previsto per l’emittenza locale un’attenuazione della disciplina<br />

generale posta in tema di par condicio).<br />

7In materia di tutela <strong>dei</strong> minori, l’anno 2003 ha visto<br />

consolidarsi i rapporti con il “Comitato televisione e<br />

minori”, insediato presso il ministero delle Comunicazioni<br />

ai fini della verifica del rispetto del “Codice di<br />

autoregolamentazione TV e minori”, varato alla fine<br />

del 2002. L’entrata in vigore della legge n. 112 del <strong>2004</strong> ha,<br />

d’altro canto, rafforzato la tutela preesistente, prevedendo sia<br />

la diretta sanzionabilità delle disposizioni contenute in tale<br />

Codice sia l’aggravamento delle sanzioni che oggi, anche<br />

attraverso la loro necessaria pubblicità, hanno assunto un’ef-<br />

12 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


NEL SETTORE DELLE TELECOMUNICAZIONI C’È PIÙ CONCORRENZA<br />

% della pubblicità<br />

programmi di lavoro. Presentazione del presidente dell’Autorità del 9 luglio <strong>2004</strong><br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

SVILUPPI E TENDENZE<br />

DEI MERCATI ITALIANI<br />

fettiva deterrenza. Nel periodo in esame il Comitato ha<br />

(che fanno registrare oggi sia per l’accesso disaggregato [full<br />

trasmesso all’Autorità 35 segnalazioni che hanno condotto<br />

unbundling] che per l’accesso condiviso [shared access] le<br />

all’approvazione di 8 ingiunzioni e 17 contestazioni, concer-<br />

tariffe più basse su scala europea).<br />

nenti trasmissioni pornografiche o violente o nocive per lo<br />

sviluppo psichico e morale <strong>dei</strong> minori.<br />

8Un altro settore da richiamare è quello della vigilanza<br />

sulla pubblicità, effettuata sia a campionamento che<br />

su segnalazione di soggetti terzi. Su questo piano,<br />

nel periodo aprile 2003 - marzo <strong>2004</strong>, sono stati effettuati<br />

nei confronti delle emittenti nazionali 85 inter-<br />

queste sono state le principali linee di azione<br />

perseguite dall’Autorità, vediamo ora gli<br />

sviluppi e le tendenze che, nel corso dell’anno,<br />

si sono manifestate nei mercati italiani<br />

12Se<br />

legati al mondo della comunicazione. Anche<br />

su questo terreno le novità emerse sono state numerose e<br />

rilevanti. Mi limito solo a ricordare alcuni dati. Nel settore delle<br />

Per questo insieme di fattori, il mercato italiano delle telecomunicazioni<br />

seguita a collocarsi, da due anni a questa parte,<br />

in una delle posizioni più avanzate del contesto europeo, sia<br />

in termini di sviluppo che di concorrenzialità. Dato questo che<br />

viene a trovare conferma, da un lato, nella costante riduzione<br />

delle quote di mercato dell’operatore dominante, dall’altro,<br />

nel fatto che nel nostro Paese, in pochi anni, si sono potuti<br />

affermare, nella telefonia fissa, il maggiore secondo operaventi,<br />

di cui 14 in materia di affollamenti pubblicitari. In 29 casi telecomunicazioni il tasso di crescita del mercato italiano è tore europeo, e, nella telefonia mobile, un terzo operatore<br />

l’Autorità ha provveduto ad applicare le sanzioni previste dalla stato nell’anno pari al 5,2%, molto superiore al tasso riguar- che, nel panorama comunitario, tende a sopravanzare gli<br />

legge n. 223 del 1990, sanzioni che hanno riguardato, in partidante l’intera economia, che è risultato attestato al 3,2%. operatori terzi entranti dagli altri Paesi.<br />

colare, l’inserimento di pubblicità nei cartoni animati, la manca- Siamo oggi in presenza di un mercato che vale ormai quasi Si può, quindi, ritenere che, pur con le lacune che tuttora<br />

ta separazione della pubblicità dal resto <strong>dei</strong> programmi, le 33 miliardi di euro, con la previsione di raggiungere i 35 sussistono e che vanno colmate, la liberalizzazione in Italia<br />

trasmissioni di spot isolati non eccezionali, il superamento del miliardi di euro alla fine del <strong>2004</strong>.<br />

non è più “zoppa” (come è stato anche di recente affermato)<br />

limite massimo di interruzioni pubblicitarie nei film, nonché il Questo sviluppo ha tratto la sua spinta maggiore dal settore [2], ma comincia ormai a camminare bene sulle sue gambe.<br />

superamento del limite stabilito dalla legge per distanziare tra<br />

loro le varie interruzioni. Da segnalare, infine, che l’Autorità ha<br />

concorso, insieme con le forze di Polizia e della Guardia di<br />

Finanza, all’accresciuta azione di contrasto del fenomeno della<br />

pirateria audiovisiva, che ha condotto, nel corso del 2003, ad<br />

un numero rilevante di sequestri di musicassette, videocasset-<br />

<strong>dei</strong> servizi mobili, che, l’anno scorso, ha sfiorato i 57 milioni<br />

di abbonamenti, superando, per la prima volta, i ricavi <strong>dei</strong><br />

servizi di telefonia fissa (16,7 contro 16 miliardi di euro).<br />

Cresce, inoltre, sia nella rete fissa che in quella mobile, l’apporto<br />

della componente dati, che ormai costituisce oltre il<br />

15% <strong>dei</strong> ricavi <strong>dei</strong> servizi di rete fissa ed il 13% <strong>dei</strong> ricavi <strong>dei</strong><br />

al settore televisivo, le dimensioni<br />

del mercato italiano hanno fatto registrare<br />

nell’anno una crescita del 5,9% raggiungendo<br />

quasi 5,9 miliardi di euro. In questa crescita, il<br />

13Passando<br />

ruolo della concessionaria pubblica è apparso<br />

te e apparecchi audiovisivi.<br />

servizi di rete mobile. Intanto gli utenti di Internet sfiorano la marginale, quello di Rti superiore a quello medio di mercato,<br />

9Nel settore radiofonico, l’approvazione del Piano<br />

nazionale di assegnazione delle frequenze per la<br />

radiodiffusione sonora in tecnica digitale nello standard<br />

DAB-T ha aperto nuove possibilità di sviluppo<br />

per molte emittenti radiofoniche che hanno deciso di<br />

soglia <strong>dei</strong> 23 milioni.<br />

Ma altri indici non meno significativi continuano a collocare<br />

l’Italia nelle posizioni migliori del contesto europeo. Questi<br />

indici emergono in particolare: a) nella diffusione <strong>dei</strong> servizi<br />

in carrier preselection, che hanno raggiunto i 3,7 milioni di<br />

abbonati, conseguendo uno <strong>dei</strong> livelli più alti in Europa; b)<br />

mentre i ricavi della televisione a pagamento hanno fatto<br />

registrare una decisa accelerazione, con un incremento<br />

superiore al 18%, anche se la pubblicità resta la componente<br />

prevalente tra le fonti di finanziamento del settore (57,3%).<br />

Il canone continua, invece, il suo declino, rappresentando<br />

ormai meno di un quarto delle risorse del sistema.<br />

investire sull’innovazione tecnologica. Non avendo il legislato- nella utilizzazione della portabilità del numero che, in appena Per quanto riguarda le quote del mercato televisivo, la<br />

re, peraltro, fissato, in questo settore, una data certa di turn off, due anni dalla sua introduzione, registra già la presenza di concessionaria pubblica continua ad essere l’impresa più<br />

il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale resta, 2,2 milioni di utenti; c) nello sviluppo dell’accesso disaggre- rilevante, mentre Mediaset segue con un leggero aumento<br />

in gran parte, legato alle iniziative degli operatori più interessagato alla rete locale (unbundling del local loop), che, ancor- rispetto all’anno precedente. Congiuntamente le due emitti<br />

alla prospettiva di uno sviluppo di questo mezzo come piatché limitato, fa emergere un tasso di crescita più veloce di tenti assorbono il 74,3% <strong>dei</strong> ricavi complessivi, nonché<br />

taforma interattiva. Su questo piano l’Autorità è chiamata ora quello riscontrabile negli altri paesi europei; d) nell’avvio <strong>dei</strong> l’86,5% delle risorse del mercato pubblicitario. L’assetto del<br />

ad adottare un regolamento diretto a garantire il principio del servizi di telefonia mobile di terza generazione (Umts), che, sistema radiotelevisivo appare, dunque, ancora fortemente<br />

pluralismo attraverso un equilibrato rapporto tra diffusione pur in presenza di un solo operatore già pienamente attivo concentrato, anche se tendono a manifestarsi, con sempre<br />

nazionale e locale.<br />

(gli altri, in fase di avvio, porteranno a regime la loro attività maggiore evidenza, segnali che rivelano l’avvio di un nuovo<br />

segnalare anche che, nel corso degli ultimi<br />

mesi, l’Autorità si è impegnata a promuovere,<br />

d’intesa con il ministero delle Comunicazioni e<br />

con il dipartimento della Protezione civile, la<br />

10Da<br />

realizzazione di un circuito nazionale dell’infor-<br />

entro la fine del corrente anno), ha ormai raggiunto i cinquecentomila<br />

abbonati.<br />

Ma sul piano dell’innovazione tecnologica il dato più significativo<br />

resta ancora quello della diffusione degli accessi a<br />

banda larga che, nel marzo <strong>2004</strong>, hanno toccato in Italia la<br />

soglia di 3,4 milioni di utenze, segnando anche in questo<br />

ciclo espansivo basato su tecnologie alternative alla televisione<br />

analogica.<br />

Negli ultimi dodici mesi si sono, infatti, moltiplicati in Italia<br />

(come, del resto, in gran parte d’Europa) i segni della rapida<br />

trasformazione che sta investendo il mercato televisivo quale<br />

si era consolidato dopo l’avvento delle emittenti commerciali.<br />

mazione d’emergenza. Il progetto, ormai definito, coinvolge la caso il tasso di crescita più elevato in Europa. Intanto, Il principale fattore di novità è dato, su questo piano, dalla<br />

concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, le imprese sempre sul terreno dell’innovazione, prosegue la diffusione nascita e dal rafforzamento di iniziative che utilizzano, nei<br />

televisive e radiofoniche private nazionali e locali e gli operato- <strong>dei</strong> servizi wi-fi e comincia ad affermarsi la telefonia su proto- diversi sistemi di trasmissione (terrestre, cavo, satellitare), la<br />

ri della telefonia mobile. Obiettivo del progetto è l’attivazione di collo Internet (cd. VoIP). In parallelo con la crescita nell’offer- tecnologia digitale. In Italia questa tecnologia aveva fatto la<br />

un nuovo strumento di informazione per i cittadini nell’ambito ta servizi - e in particolare <strong>dei</strong> servizi legati alle nuove tecno- sua comparsa nel 1996, con trasmissioni satellitari usate<br />

delle iniziative di prevenzione e contrasto delle situazioni logie - si è ulteriormente sviluppato un processo costante di come complemento dell’offerta analogica terrestre di servizi<br />

d’emergenza.<br />

discesa <strong>dei</strong> prezzi. Come già si segnalava lo scorso anno, il pay, ma non aveva avuto mai uno sviluppo adeguato. Tale<br />

quanto riguarda, infine, il settore dell’editoria,<br />

a tre anni di distanza dalla legge n. 62 del<br />

2001, si manifesta, in generale, l’esigenza di un<br />

nuovo intervento organico diretto, in particolare,<br />

11Per<br />

ad aggiornare la disciplina della rete distributiva,<br />

comparto delle telecomunicazioni resta il solo, tra quelli di<br />

pubblica utilità, che, in presenza di sensibili, diffusi aumenti<br />

nel prezzo <strong>dei</strong> servizi, ha seguitato a far registrare, dal 1998<br />

ad oggi, un calo costante, complessivamente quantificabile<br />

in circa il 46% nei prezzi all’ingrosso e in circa il 10% nei<br />

prezzi al consumo, con una incidenza significativa sul conte-<br />

situazione è però mutata nell’estate del 2003, quando Sky, il<br />

più grande operatore pay del mondo, ha fatto il suo ingresso<br />

sul mercato italiano. Sky agisce oggi, come sappiamo, in<br />

condizioni di monopolio nell’ambito delle trasmissioni satellitari<br />

dopo aver acquisito gli impianti <strong>dei</strong> due operatori preesistenti<br />

e dopo aver ottenuto dalla Commissione UE una dero-<br />

delle agevolazioni, dell’editoria elettronica. L’avvio di un mercanimento dell’indice generale di inflazione. Questi risultati ga alla disciplina antitrust sulla base dell’impegno a rispettato<br />

per la diffusione <strong>dei</strong> contenuti nella televisione digitale terre- vengono a dimostrare il successo di una liberalizzazione in re una serie di obblighi procompetitivi, sulla cui osservanza è<br />

stre offre, d’altro canto, nuove opportunità agli editori che inten- gran parte compiuta, così come è stato rilevato negli ultimi ora chiamata a vigilare questa Autorità.<br />

dano utilizzare la propria posizione di detentori di contenuti, tre rapporti annuali della Commissione europea in tema di Non solo. A partire dal dicembre 2003, sotto la spinta di una<br />

vera risorsa scarsa della nuova realtà multicanale. Su questo implementazione del quadro normativo attinente al settore scelta legislativa diretta a superare il limite temporale fissato,<br />

terreno risulta, dunque, ben giustificata la riserva temporale delle comunicazioni elettroniche (di cui il più recente, il IX, per le risorse frequenziali della televisione analogica, dalla<br />

(fino al 2010) tracciata, dall’art. 15 della legge n. 112, a favore risale al novembre scorso), nonché nel rapporto pubblicato sentenza n. 466 del 2002 della Corte costituzionale, è inizia-<br />

delle imprese editoriali. Sempre con riferimento all’editoria va poche settimane fa, con riferimento allo stesso settore, da ta anche la costruzione delle reti digitali terrestri, oggi distri-<br />

anche richiamata l’attività svolta dall’Autorità ai fini del control- un osservatore qualificato quale l’Ecta (European competitibuite fra quattro diversi operatori. Attualmente sono già in<br />

lo sul rispetto delle norme che vincolano gli enti pubblici e le ve telecommunications association), che colloca l’Italia ai funzione cinque multiplex (di cui due gestiti dalla concessio-<br />

pubbliche amministrazioni a destinare a quotidiani e periodici primi posti nella graduatoria <strong>dei</strong> paesi dove più efficace è naria pubblica), ciascuno <strong>dei</strong> quali è capace di un’offerta, non<br />

una quota non inferiore al 50% delle spese relative alla pubbli- stata la regolamentazione.<br />

ancora satura, di cinque o sei programmi.<br />

cità, comunicandone l’ammontare all’Autorità.<br />

È indubbio, infatti, che la spiegazione di tali risultati - come Si aggiunga che dal 2001 sulla rete di Fastweb è disponibi-<br />

Nel corso del 2003 è stata avviata, con la collaborazione del gli stessi rapporti segnalano - vada in primo luogo cercata le un’offerta che assembla sia i programmi televisivi nazio-<br />

Nucleo speciale della Guardia di Finanza, un’ampia verifica nella completezza, nella tempestività e nella buona qualità nali, sia una selezione di programmi <strong>dei</strong> pacchetti pay, sia,<br />

sull’adempimento di questo obbligo. Al contempo, grazie alla delle regole poste dal nostro Paese, specialmente in taluni infine, programmi forniti su richiesta, mentre, a partire dal<br />

disponibilità della Fieg e di molti editori ad essa associati, l’Au- settori essenziali ai fini della competizione, quali quelli corrente anno, Telecom Italia ha, a sua volta, avviato, su<br />

torità ha avviato una campagna di informazione intesa a dell’accesso disaggregato alla rete locale, dell’offerta whole- una propria rete DSL, un’offerta sperimentale a richiesta<br />

promuovere la conoscenza di tale obbligo e le modalità per il sale per le linee affittate, della parità di trattamento interna- individuale di programmi televisivi. Sulle reti mobili, infine,<br />

suo assolvimento.<br />

esterna nella telefonia fissa, <strong>dei</strong> livelli delle tariffe di accesso oltre alla possibilità di accedere a sequenze di immagini<br />

13


RELAZIONE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLE COMUICAZIONI<br />

Al duopolio tv<br />

l’86,5%<br />

della pubblicità<br />

ALCUNI INDIRIZZI<br />

PER LE AZIONI FUTURE<br />

con standard Gsm, è già disponibile l’offerta di programmi<br />

completi mediante lo standard Umts. Questa è la situazione,<br />

in gran parte inedita, che l’Autorità si è trovata ad affrontare<br />

quando, in adempimento del mandato ricevuto con la<br />

legge n. 43 del <strong>2004</strong>, ha dovuto valutare la complessiva<br />

offerta <strong>dei</strong> programmi televisivi digitali terrestri, allo scopo<br />

di accertare la quota di popolazione coperta dalle nuove<br />

reti, la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi<br />

accessibili, l’effettiva offerta al pubblico su tali reti di<br />

riferimento al sistema complessivo della<br />

comunicazione e dell’informazione, siamo, quindi,<br />

in presenza, in Italia, di un quadro dove molti<br />

sono i fattori di movimento e innovazione, ma<br />

15Con<br />

dove permangono anche forti squilibri e resistenti<br />

programmi originali.<br />

zone d’ombra. Da qui l’esigenza di mettere a punto, sul piano<br />

L’accertamento compiuto dall’Autorità - che, come voluto della regolazione e della vigilanza, una strategia di intervento<br />

dalla legge, ha tenuto conto anche delle tendenze in atto sul adeguata alla nuova realtà che, sul piano tecnologico ed econo-<br />

mercato - si è concluso positivamente rispetto alla presenza mico, si va delineando, anche alla luce delle nuove regole, nel<br />

delle tre condizioni indicate, ma ha condotto anche a far contesto <strong>dei</strong> processi di digitalizzazione in atto. Questa strategia -<br />

emergere vari aspetti problematici relativi sia all’effettiva frui- come già si accennava lo scorso anno - dovrebbe, a nostro avvibilità<br />

della nuova tecnologia che all’attuale quadro di distribuso, poggiare almeno su due perni. Un primo perno orientato a<br />

zione delle risorse. Su questo piano, a conclusione del suo favorire al massimo - sulla scorta delle nuove direttive sulle comu-<br />

accertamento, l’Autorità ha dovuto notare che “se la strozzanicazioni elettroniche - l’“europeizzazione” delle regole e delle<br />

tura relativa all’utilizzo <strong>dei</strong> mezzi televisivi è superabile alla procedure di controllo incidenti sul mondo delle telecomunicazio-<br />

luce <strong>dei</strong> nuovi sviluppi nel campo della televisione digitale, ni e dell’audiovisivo, oltre che sulle nuove tecnologie convergenti.<br />

ciò non implica automaticamente una più equilibrata distribu- Attraverso l’“europeizzazione” delle regole si possono, infatti,<br />

zione delle risorse nel settore <strong>dei</strong> mezzi di comunicazione di contenere i differenziali nazionali ed estendere progressivamente<br />

massa, e in particolare per quanto riguarda la disponibilità quegli standard che già esistono nello spazio europeo non solo<br />

<strong>dei</strong> mezzi tecnici e delle piattaforme e la raccolta delle risor- in tema di concorrenza, ma anche di pluralismo: obiettivo che<br />

se economiche”. Da qui la conclusione che - nonostante lo potrebbe essere innanzitutto perseguito, tenendo anche conto<br />

sviluppo rapido e promettente delle tecnologie alternative del quadro tracciato dalla nuova Costituzione europea, attraver-<br />

all’analogico terrestre cui oggi assistiamo - restano “di piena so un ampliamento <strong>dei</strong> contenuti della direttiva n. 89/552/CEE<br />

attualità i problemi della garanzia dell’accesso alle reti e della cd. “Televisione senza frontiere”.<br />

distribuzione delle risorse economiche per consentire un Un secondo perno andrebbe, invece, orientato ad incentivare al<br />

equilibrato sviluppo del sistema anche con l’ingresso di nuovi massimo i percorsi di sviluppo delle tecnologie della comunica-<br />

soggetti”.<br />

zione legate alla convergenza. Questo sviluppo rappresenta,<br />

Partendo dalla constatazione di questa realtà, l’Autorità è infatti, l’elemento che più può favorire la fusione tra le regole del<br />

oggi sul punto di avviare le analisi richieste dall’art. 14, 2° mercato (proprie del settore delle telecomunicazioni) e quelle del<br />

comma, della legge n. 112 del <strong>2004</strong>, con riferimento al servizio pubblico (proprie del settore dell’audiovisivo) stimolando,<br />

complesso <strong>dei</strong> parametri da tali norme indicati (ricavi, livello di conseguenza, uno scambio virtuoso tra i vari comparti della<br />

di concorrenza, barriere all’ingresso, efficienza economica comunicazione e dell’informazione, così da rendere più agevole,<br />

delle imprese, indici quantitativi di diffusione <strong>dei</strong> programmi), nei diversi contesti, la ricerca del giusto punto di equilibrio tra<br />

al fine di definire, anche alla luce <strong>dei</strong> risultati già raggiunti concorrenza e pluralismo.<br />

nelle precedenti istruttorie sulle posizioni dominanti, le misu- Questa è la prospettiva entro cui l’Autorità si appresta ad affronre<br />

da adottare, ai sensi dell’art. 2, 7° comma, della legge n. tare gli appuntamenti che l’attendono nel futuro prossimo e che<br />

249, nei singoli mercati che compongono il sistema integrato riguardano, in particolare, nel settore delle comunicazioni elettro-<br />

delle comunicazioni. Contestualmente altre istruttorie saranniche, l’analisi <strong>dei</strong> diciotto mercati rilevanti indicati dalla Commisno<br />

avviate per le verifiche di cui all’art. 15, 2° comma, e sione europea ai fini della individuazione delle posizioni domi-<br />

all’art. 25, 8° comma, della legge n. 112, in ordine ai limiti di nanti e <strong>dei</strong> possibili correttivi da apportare (cd. remedies); nel<br />

raccolta delle risorse nel sistema integrato delle comunica- settore radiotelevisivo, l’attivazione delle nuove, numerose<br />

zioni e al numero di programmi consentiti ai singoli soggetti. competenze che la legge n. 112 assegna all’Autorità e che investono,<br />

in particolare, il programma di attuazione del Piano di<br />

quanto concerne, infine, il settore dell’editoria<br />

quotidiana, nell’anno 2003, secondo i<br />

primi dati a disposizione, il mercato italiano ha<br />

mostrato segnali incoraggianti di inversione di<br />

14Per<br />

tendenza rispetto ai trend negativi degli anni<br />

assegnazione delle frequenze in tecnica digitale; la verifica del<br />

cd. “sistema integrato delle comunicazioni”, ai fini del controllo<br />

delle posizioni dominanti nel nuovo ambiente digitale; la vigilanza<br />

sul rispetto degli obblighi del servizio pubblico, ivi compresa la<br />

separazione contabile tra le attività di servizio e quelle di natura<br />

passati. In particolare, si è arrestato il preoccupante calo commerciale; il concorso alla redazione, d’intesa con il ministero,<br />

della diffusione <strong>dei</strong> giornali, il cui dato registra, per la prima del nuovo codice della radiotelevisione. Nella stessa prospettiva<br />

volta negli ultimi anni, un sia pur debole segnale di crescita. andranno anche ricercate le soluzioni relative a taluni problemi<br />

Resta, però, difficile la situazione sotto il profilo <strong>dei</strong> ricavi caratterizzati da particolare urgenza, quali quelli inerenti la rego-<br />

pubblicitari, la cui diminuzione è stata, peraltro, compensata lazione <strong>dei</strong> rapporti tra proprietari di reti e fornitori di contenuti, cui<br />

attraverso l’aumento <strong>dei</strong> ricavi da vendita di copie e soprat- si collega la decisione delle controversie promosse da e.BisMetutto<br />

<strong>dei</strong> ricavi derivanti da altre attività editoriali. Si conferdia e Gioco Calcio contro Sky (e dove assume una particolare<br />

ma, quindi, la permanenza di un fenomeno di drenaggio di valenza la disciplina sul “diritto di accesso” alle reti e ai contenuti,<br />

risorse pubblicitarie da parte del mezzo televisivo.<br />

che l’Autorità si appresta ad adottare).<br />

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />

rilevando che questa è la sesta e<br />

ultima Relazione annuale che questo Consiglio<br />

viene a presentare al Parlamento e al<br />

Governo. Se volgiamo lo sguardo al passato,<br />

16Concludo<br />

al percorso compiuto in questi sei anni di attività,<br />

non possiamo non constatare l’intensità e l’ampiezza<br />

del lavoro svolto, spesso in condizioni di vera emergenza.<br />

Diciamo questo con una punta di orgoglio - che, spero, ci<br />

verrà perdonata - senza dimenticare le critiche che spesso<br />

ci sono state rivolte e che abbiamo sempre accolto con<br />

molta umiltà, anche quando, ignorando i compiti naturali di<br />

un organo di garanzia, la nostra azione veniva descritta<br />

come gravata da un eccesso di prudenza e mediazioni, nel<br />

tentativo evidente di trascinarla dentro il vivo della contesa<br />

politica.<br />

In realtà, le attività che, in questi anni, abbiamo svolto e le decisioni<br />

che abbiamo adottato, in condizioni di assoluta indipendenza,<br />

riassumono la storia di un percorso che abbiamo<br />

sempre cercato di sviluppare con imparzialità in direzione del<br />

perseguimento di obiettivi che la legge ha indicato in funzione<br />

della garanzia <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> cittadini e non certo della supplenza<br />

del potere politico.<br />

Questa occasione è, dunque, propizia per rivolgere un pensiero<br />

grato a quanti, in questi anni, ci hanno accompagnato in<br />

questo percorso: al personale che, sotto la guida del Segretario<br />

generale, ha dato il meglio delle proprie energie; agli organi<br />

di supporto, quali il Nucleo speciale della Guardia di Finanza<br />

ed il Corpo di Polizia postale e delle comunicazioni, che non<br />

hanno mai fatto mancare il loro prezioso sostegno; agli organi<br />

funzionalmente connessi, quali il Consiglio nazionale degli<br />

utenti (che, di recente, dopo aver svolto un proficuo lavoro, si è<br />

rinnovato) ed i Comitati regionali per le comunicazioni (che,<br />

nell’ambito dell’accordo-quadro stipulato nel 2003, hanno<br />

completato il loro assetto strutturale ed avviato l’esercizio<br />

sperimentale delle prime cinque deleghe); agli organi interni di<br />

garanzia, quali il Comitato etico, la Commissione di garanzia<br />

ed il Servizio del controllo interno, che ci hanno assistito con<br />

grande autorevolezza.<br />

Ma i risultati raggiunti in questi anni sono anche dovuti al clima<br />

di leale ed efficace collaborazione che l’Autorità ha potuto<br />

stabilire con i soggetti esterni più direttamente collegati al<br />

nostro lavoro: con il ministero delle Comunicazioni (con cui è<br />

stato da poco rinnovato l’originario accordo di collaborazione);<br />

con la Commissione parlamentare di vigilanza sul servizio<br />

pubblico radiotelevisivo; con il Comitato televisione e minori;<br />

con le altre autorità amministrative indipendenti e, in particolare,<br />

con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (con<br />

cui è stato sottoscritto di recente un primo accordo di collaborazione)<br />

e con il Garante per la protezione <strong>dei</strong> dati personali;<br />

con gli uffici dell’Unione europea competenti per il settore delle<br />

comunicazioni e della concorrenza; con la Regione Campania<br />

ed il Comune di Napoli; con la Fondazione Ugo Bordoni; con<br />

le varie Università che hanno attivato, d’intesa con l’Autorità,<br />

programmi di ricerca e formazione. Anche a tutti questi soggetti<br />

va la nostra riconoscenza per il sostegno ricevuto. Resta un<br />

problema che abbiamo più volte segnalato al Parlamento e al<br />

Governo e che, avviandoci verso la conclusione del nostro<br />

mandato, sentiamo il dovere di richiamare. Il problema è quello<br />

del crescente divario tra funzioni e risorse, un divario che<br />

tende sempre più a condizionare la vita di questa Autorità. Il<br />

fatto è che, nel corso degli ultimi anni, in conseguenza di varie<br />

leggi che si sono succedute nel tempo (e, adesso, in particolare,<br />

in conseguenza dell’entrata in vigore del Codice delle<br />

comunicazioni elettroniche e della legge n. 112 del <strong>2004</strong>), i<br />

compiti assegnati all’Autorità sono cresciuti fino, quasi, a<br />

raddoppiare; di contro, le risorse assegnate attraverso il contributo<br />

statale, anziché aumentare, sono progressivamente diminuite<br />

fino a toccare, con l’ultima legge finanziaria, una riduzione<br />

di circa il 12%.<br />

Siamo ben consapevoli delle ragioni che stanno alla base della<br />

politica di contenimento della spesa pubblica, ma la situazione<br />

che si va oggi creando rischia di alterare irreversibilmente l’assetto<br />

e il ruolo di questa Autorità, impedendo, da un lato, di<br />

portare a regime l’impianto organizzativo già definito dalla<br />

legge, dall’altro, di sviluppare funzioni essenziali, come quelle<br />

concernenti il monitoraggio televisivo e il decentramento delle<br />

attività attraverso i Corecom. Per avere un dato di riferimento<br />

su questo divario, che va crescendo, basti solo considerare<br />

Note<br />

[1] Si tratta della cosiddetta “legge Gasparri” di riforma del<br />

settore televisivo; [2] Il riferimento è al recente saggio <strong>dei</strong><br />

professori Frova e Pontarollo “La liberalizzazione zoppa”, nel<br />

quale si criticano i risultati raggiunti in Italia in termini di concorrenzialità<br />

del mercato della telefonia fissa.<br />

Marziale: “Dal 10 settembre<br />

è legge Codice Tv e Minori”<br />

Milano, 2 settembre <strong>2004</strong>. “È indispensabile<br />

che Fedele Confalonieri, presidente di<br />

Mediaset, e Flavio Cattaneo, direttore<br />

generale della Rai, consegnino ai partecipanti<br />

<strong>dei</strong> reality show una copia del Codice<br />

Gasparri per l’autoregolamentazione<br />

Tv e Minori, la cui lettura e comprensione<br />

si rende indispensabile visto e<br />

considerato che la vera novità dell’imminente<br />

stagione televisiva è costituita dal<br />

passaggio di osservanza del Codice per<br />

patto ad osservanza per legge, essendo<br />

stato lo strumento recepito dall’articolo 10<br />

della legge per il riassetto del sistema<br />

radiotelevisivo”. A pronunciarsi è Antonio<br />

Marziale, presidente dell’Osservatorio sui<br />

Diritti <strong>dei</strong> Minori, che alla vigilia della<br />

messa in onda di una vera e propria fiera<br />

del reality ritiene: “indispensabile la presa<br />

d’atto del Codice da parte di personaggi<br />

che entreranno nelle nostre case in piena<br />

fascia protetta”.<br />

“Il reality show - sottolinea Marziale - è il<br />

genere televisivo più sanzionato dal Comitato<br />

ministeriale Tv e Minori per violazione<br />

della privacy, voyeurismo, esibizione di<br />

cose intime, spettacolarizzazione e banalizzazione.<br />

Se i reality in divenire celano le<br />

solite sorpresine ad effetto, sul fronte del<br />

contenimento si registra un potenziamento<br />

delle misure di contrasto”.<br />

“Il combinato disposto della legislazione<br />

vigente in materia di tutela <strong>dei</strong> minori - spiega<br />

il presidente dell’Osservatorio - consente<br />

all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,<br />

in caso di programmi che possano<br />

nuocere allo sviluppo psichico o morale<br />

<strong>dei</strong> minori o che contengano scene di<br />

violenza gratuita o pornografiche, di irrogare<br />

direttamente sanzioni pecuniarie che<br />

vanno da 5mila a 250mila euro con, in caso<br />

di grave e reiterata violazione, la sospensione<br />

o la revoca della licenza o dell’autorizzazione.<br />

Per molti reality show, già passati al vaglio<br />

del Comitato presieduto da Emilio Rossi,<br />

eventuali sanzioni costituirebbero una recidiva,<br />

dunque - conclude Marziale - la<br />

produzione potrebbe ritrovarsi a fare i conti<br />

con la revoca della licenza, misura per l’ottenimento<br />

della quale ci batteremo, se<br />

costretti, in ogni sede”.<br />

(ITALPRESS)<br />

che, nel Regno Unito, l’Ofcom (Office of communications) -<br />

che ha assunto di recente le caratteristiche di autorità della<br />

convergenza con compiti largamente comparabili con quelli<br />

propri della nostra Autorità - può disporre di una dotazione di<br />

personale di ben quattro volte superiore alla nostra. La scelta<br />

operata dal legislatore inglese non pecca, d’altro canto, per<br />

eccesso, dal momento che viene a trovare la sua spiegazione<br />

nel fatto che l’equilibrata distribuzione delle risorse economiche<br />

e tecnologiche tra i vari operatori della comunicazione e i<br />

vari media rappresenta una delle chiavi di volta di quella<br />

competizione, sia economica che politica, su cui si fondano le<br />

democrazie moderne.<br />

Questa è la premessa che ha giustificato, non solo in Italia, la<br />

nascita di autorità indipendenti chiamate ad arbitrare i processi<br />

relativi alla distribuzione di tali risorse, destinate a condizionare<br />

gli assetti reali del mondo della comunicazione e<br />

dell’informazione. La posta in gioco è, dunque, alta e tale da<br />

richiedere una considerazione attenta da parte di tutti. Se<br />

crediamo, infatti, nell’utilità del ruolo assegnato alle autorità<br />

amministrative di garanzia più direttamente impegnate sul fronte<br />

della difesa <strong>dei</strong> diritti connessi allo sviluppo <strong>dei</strong> processi<br />

economici, occorre mettere questi soggetti in condizione di<br />

funzionare, con mezzi adeguati alla delicatezza e al rilievo<br />

costituzionale delle funzioni esercitate, nonché al tasso di indipendenza<br />

richiesto a chi è chiamato ad esercitarle. Questa è<br />

la riflessione che, verso la conclusione del nostro mandato,<br />

vorremmo affidare agli organi politici cui questa Relazione è<br />

diretta, anche nella prospettiva dell’annunciata riforma del<br />

sistema delle autorità indipendenti. Una riforma che, a nostro<br />

avviso, dovrebbe in ogni caso tener presente la buona riuscita<br />

ottenuta da questo inedito modello di “Autorità della convergenza”<br />

che, con una certa lungimiranza, fu introdotto in Italia<br />

dalla legge n. 249 del 1997: un modello che oggi molti paesi<br />

europei stanno già applicando o si accingono ad adottare<br />

sull’esempio italiano, nella convinzione che esso possa, più di<br />

altri, garantire e incentivare quel giusto bilanciamento tra<br />

concorrenza e pluralismo, cui il mondo della comunicazione e<br />

dell’informazione, per ben funzionare, dovrebbe costantemente<br />

ispirarsi.<br />

Roma, 9 luglio <strong>2004</strong><br />

14 ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


Sono trascorse<br />

poche settimane<br />

dalla fine<br />

del primo corso<br />

di aggiornamento<br />

per freelance,<br />

voluto dall’<strong>Ordine</strong><br />

nazionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti<br />

e tenutosi<br />

a Milano presso<br />

l’Istituto<br />

per la Formazione<br />

al Giornalismo<br />

“Carlo de Martino”<br />

Un successo all’Ifg il corso<br />

di aggiornamento per freelance<br />

Siamo noi i protagonisti del primo corso di aggiornamento<br />

professionale per freelance voluto dall’<strong>Ordine</strong> nazionale, e<br />

organizzato dall’Istituto per la Formazione al Giornalismo<br />

“Carlo De Martino” di Milano, e che si è concluso il 30<br />

giugno scorso.<br />

Un progetto-pilota che ha coinvolto giornalisti provenienti<br />

da tutta Italia: in questo modo abbiamo colto l’occasione<br />

per approfondire la normativa che ci riguarda (il rapporto<br />

tra etica, informazione e deontologia e gli aspetti fiscali per<br />

l’attività autonoma), senza trascurare le tecniche pratiche<br />

più avanzate attraverso Internet, i pacchetti applicativi e,<br />

non ultimo, il programma di impaginazione Quark XPress.<br />

“Un utile confronto, così definirei in estrema<br />

sintesi questo corso per freelance, senza<br />

scindere dall’aspetto didattico quello umano.<br />

Trattandosi di un ‘numero zero’, ha naturalmente<br />

manifestato <strong>dei</strong> limiti, com’era prevedibile.<br />

Complessivamente per quanto mi riguarda<br />

ho tratto giovamento dalla frequentazione<br />

completa delle sette settimane. I freelance<br />

soffrono in qualche modo di un isolamento<br />

forzato, quindi il fatto stesso di poter vedere e<br />

conoscere le realtà in cui vivono ed operano i<br />

propri colleghi permette di acquisire apertura<br />

mentale e ricevere incoraggiamento, laddove<br />

se ne senta l’esigenza. Dal un punto di vista<br />

puramente didattico un’esigenza e un suggerimento:<br />

sarebbe opportuna qualche esercitazione<br />

in piú”.<br />

Roberta Barcella<br />

“Una panoramica chiara ed esaustiva sulla<br />

situazione <strong>dei</strong> giornalisti liberi professionisti:<br />

questo l’esito maggiormente condivisibile del<br />

corso. Ma, orari e giorni scelti sono stati, pur<br />

essendo corretti per una iniziativa nazionale,<br />

difficili da rispettare per chi vuole aggiornarsi<br />

svolgendo le varie collaborazioni professionali<br />

da cui non può, ovviamente, prescindere.<br />

Mai. Di fronte ai docenti del corso e alle lezioni<br />

ho ripensato alla mia ventennale attività<br />

professionale con tutte le tensioni e le problematiche<br />

retributive e contributive e mi sono<br />

ripromesso di fare delle scelte di campo. Mi<br />

ha incuriosito molto la proposizione di riflessioni<br />

su di un nuovo campo aperto della<br />

professione giornalistica, l'e-learning per<br />

essere precisi, perché gli informatori possono<br />

essere anche formatori o insegnanti veri e<br />

propri. Nella mia esperienza debbo confermare<br />

che in molti casi mi sono trovato a svolgere<br />

compiti diversi e non l'ho ritenuta cosa "altra"<br />

dal mio essere giornalista”.<br />

Claudio Consonni<br />

“L’entusiasmo, l’impegno , la costanza sono<br />

stati sempre alti nel corso delle 6 settimane di<br />

lezioni full-time, che mi hanno permesso di<br />

apprendere e approfondire in una nuova veste<br />

questa figura professionale. Essere freelance è<br />

un privilegio acquisito. Ci è stato trasmesso un<br />

ricco patrimonio di informazioni, un potenziale<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Forse troppo poche per riflettere e riorganizzare le idee. Ma<br />

una cosa è certa: già sentiamo la mancanza dell’atmosfera<br />

cordiale che si era formata nella sede di via Filzi.<br />

Per chi non è più un ragazzino, ritornare sui banchi di scuola,<br />

sottomesso alla gentile pressione educativa <strong>dei</strong> docenti, è<br />

stato come un ritorno a casa, alle abitudine quotidiane.<br />

Un richiamo ad un momento di revisione di se stessi e delle<br />

proprie conoscenze, un atto libero di partecipazione alla<br />

propria formazione.<br />

E liberi siamo noi, i giornalisti freelance, ora più che in<br />

passato, chiamati a formare e difendere la nostra<br />

indipendenza al di fuori delle redazioni e, ancor più, al di fuori<br />

<strong>dei</strong> normali schemi di lavoro. In un contesto educativo<br />

nazionale, talvolta carente di strutture e mezzi specificamente<br />

dedicati, i freelance hanno percepito un significativo spirito<br />

d’interesse nei loro confronti da parte dell’<strong>Ordine</strong> nazionale.<br />

Siamo rimasti felicemente coinvolti dall’avventura scolastica<br />

all’Ifg “De Martino”, e siamo consapevoli di essere stati<br />

fortunati a poter respirare e vivere il clima di questa storica<br />

istituzione, che tanto si è prodigata, in prima linea e senza<br />

riserve, per fornirci tutti gli strumenti di cui avevamo bisogno.<br />

Prescindendo dal puro quadro formativo, a partire proprio dal<br />

direttore, Gigi Speroni, e a seguire dai docenti e da tutto<br />

l’organico, abbiamo avuto la sensazione di far parte di un<br />

progetto “tutto per noi”, e ogni sforzo è stato compiuto perché<br />

percepissimo la presenza di un impegno nel quale eravamo<br />

presenze attive.<br />

Questa lettera vuole testimoniare un sentito ringraziamento<br />

per tutto ciò che è stato e che non dimenticheremo mai.<br />

Prezioso è il contributo che questa iniziativa dal carattere<br />

sperimentale offrirà alle future sessioni di lavoro, che auspichiamo<br />

l’<strong>Ordine</strong> nazionale intenderà riproporre, nell’ambito<br />

del progetto di formazione e aggiornamento imposti dalle<br />

nuove frontiere della professione.<br />

A nostra disposizione, esperienza e professionalità di “colleghi-docenti”<br />

(giornalisti <strong>dei</strong> quotidiani nazionali, elettronici e<br />

della carta stampata, foto-giornalisti, grafici, informatici,<br />

rappresentanti dell’<strong>Ordine</strong>, del sindacato, delle istituzioni<br />

comunitarie, insieme ad avvocati e commercialisti) che si<br />

sono avvicendati in quasi cento ore di lezione, offrendoci in<br />

alcuni casi assistenza e consulenza specializzata.<br />

professionale che sfrutteremo ognuno a seconda<br />

del proprio settore specialistico. Interessante<br />

è stato l’amichevole confronto con altri colleghi<br />

provenienti da tutta l’Italia”.<br />

Rosita Giulian<br />

“Molfetta-Milano con ritorno. In treno. Di notte.<br />

Ogni sabato e mercoledì. Per sei settimane.<br />

Centoventi ore di viaggio. “Traversate” dalla<br />

Puglia per riflettere. Arrivare a Milano, nell’Ifg,<br />

e magari capire.Tu che la scuola non l’hai mai<br />

fatta, perché il “duro lavoro” ce l’hai nel<br />

sangue, e l’hai imparato sul campo, in strada,<br />

in redazione. Dovunque fosse una notizia. O<br />

non ci fosse e andava trovata. A combattere<br />

sola contro tutti. Per otto anni. E, spesso, per<br />

quattro soldi. E, magari, ti rivedi alle prime<br />

armi nello sguardo incantato dell’allievo del<br />

biennio, che posa coi colleghi nella foto di fine<br />

anno. Ma quel corso di aggiornamento freelance<br />

andava fatto. Il corso è un tassello che<br />

ha caricato di significato la svolta che sta<br />

caratterizzando il tuo percorso professionale<br />

attuale, offrendoti gli spunti di riflessione che<br />

ti servono per orientare le tue scelte”.<br />

Giulia La Volpe<br />

“L’esperienza di un viaggio su un treno che<br />

all’alba di ogni mattina dalla stazione di<br />

Mestre mi porta a Milano all’Istituto “Carlo<br />

De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

e che poi riprendo per tornare a casa,<br />

tre giorni per sei settimane, sei ore della mia<br />

vita vissute su una carrozza dell’Intercity<br />

604, per capire qualcosa di più di questo<br />

lavoro. Un corso impegnativo, un’esperienza<br />

straordinaria, tanti sforzi e una dura lotta<br />

che significa: non mollare mai. Venti colleghi-allievi,<br />

e insegnanti professionisti a<br />

disposizione. Tante le materie interessanti.<br />

Docenti preparati, ma il tempo messo a<br />

nostra disposizione è tiranno e in poche ore<br />

non fai in tempo a elaborare ciò che ti spiegano,<br />

le cose importanti hanno bisogno di<br />

tempo. Tanta e tanta competizione tra di noi.<br />

Coraggio mi ha trasmesso Simona Fossati,<br />

presidente del Gruppo freelance della<br />

Lombardia, il coraggio di credere in questa<br />

professione, che le cose possono cambiare<br />

davvero, che bisogna lottare fino alla fine.<br />

Il presidente Abruzzo<br />

attorniato dai partecipanti<br />

al corso organizzato<br />

dall’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />

e svoltosi nella scuola<br />

di Milano.<br />

“Il nostro pensiero, la nostra voce”. Impressioni e suggerimenti<br />

Le persone che ho incontrato, ogni singolo<br />

insegnante mi ha comunque trasmesso un<br />

valore. Un suggerimento, infine: la durata<br />

del corso è stata troppo breve per elaborare<br />

ed approfondire tutte le materie a livello<br />

teorico e pratico. Qualcosa”.<br />

Maria Teresa Mezzina<br />

“Il corso che ha permesso di conoscere e<br />

approfondire, in diversi ambiti, nozioni tecniche<br />

e pratiche utili per l’esercizio della nostra<br />

professione, una significativa opportunità per<br />

la categoria <strong>dei</strong> freelance sia per il livello di<br />

preparazione degli insegnanti, sia per il contenuto<br />

delle lezioni. Come per altro sottolineato<br />

dai nostri docenti la tecnologia ha un ruolo<br />

sempre più dominante sia nel settore della<br />

carta stampata che in quello radio televisivo,<br />

sia nel settore del telelavoro che in quello <strong>dei</strong><br />

fotoreporter e inviati speciali. Non sono stati<br />

trascurati gli aspetti fiscali, legislativi e non ultimo<br />

quello previdenziale dell’attività giornalistica<br />

per permettere di conoscere e di conseguenza<br />

eventualmente adeguare le proprie<br />

posizioni. A livello personale data la mia<br />

specializzazione e il settore con cui collaboro<br />

ritengo questo corso estremamente positivo<br />

sia per gli aspetti che completano e aggiornano<br />

la mia professionalità sia per la mia cultura<br />

generale. Ho particolarmente apprezzato il<br />

corso di XPress che mi permetterà di svolgere<br />

collaborazioni all’interno delle redazioni in<br />

modo più agevole”.<br />

Giovanna Moldenhauer<br />

“L’esperimento ha un elevato e indubbio valore<br />

positivo perché è un segno dell’interesse e<br />

della cura per una categoria di giornalisti<br />

sempre più numerosa, ma, forse, trascurata.<br />

Come tutte le cose, il corso, anche per il fatto<br />

di essere il primo organizzato in Italia, può<br />

essere migliorato. Ad esempio, la selezione<br />

dovrebbe tendere all’omogeneità, dovrebbe<br />

tener conto cioè della specifica preparazione,<br />

delle conoscenze e degli ambiti di lavoro <strong>dei</strong><br />

partecipanti. Inoltre la durata va aumentata.<br />

Per ciò che riguarda le materie, buona è stata<br />

al scelta di quelle del corso. Personalmente<br />

avrei aumentato le ore dedicate alle esercitazioni.<br />

Tra le cose che ancora avrei privilegiato<br />

La cornice di eccellenza fornita dall’Ifg di Milano “Carlo de<br />

Martino”, la scuola di giornalismo dell'<strong>Ordine</strong> della Lombardia,<br />

ci ha assicurato infine il giusto supporto tecnico-logistico<br />

per trasferire “in pagina” quanto appreso in classe.<br />

I giornalisti freelance si sono organizzati creando un sito<br />

internet di rappresentanza all’indirizzo:<br />

www.giornalistifreelance.it<br />

sono le lezioni sull’etica, sulla deontologia, e<br />

sugli enti della categoria, di cui i freelance - a<br />

meno che non abbiano sostenuto l’esame da<br />

professionisti - di solito sono (molto) a digiuno.<br />

Quanto al (giusto) obbligo di frequenza,<br />

essendo i freelance occupati (almeno in<br />

teoria) sarebbe opportuno pensare ad un<br />

corso in periodi, ma soprattutto “orari”, non<br />

lavorativi, come quelli serali per esempio.<br />

Forse sarebbe utile e opportuno effettuare<br />

una specie di sondaggio tra i freelance per<br />

individuare le loro necessità e chissà, magari<br />

un giorno anche per organizzare più corsi<br />

paralleli, differenti per contenuti e finalità”.<br />

Matteo Negri<br />

“Mi occupo di tecnologia ed informatica ormai<br />

da diversi anni e il mio settore di competenza è<br />

la divulgazione scientifica. La mia partecipazione<br />

al corso è stata motivata dall’intenzione di<br />

trasportare alcune conoscenze personali allo<br />

spazio <strong>dei</strong> media, eventualmente ricavando<br />

dalle lezioni un confronto diretto con altri colleghi.<br />

Si presentava l’occasione di affinare l’uso<br />

di alcuni strumenti informatici che già conoscevo<br />

e di imparare da esperti l’utilizzo <strong>dei</strong> prodotti<br />

di editoria e pubblicazione elettronica. Quando<br />

all’inizio della sessione ho potuto osservare<br />

il programma mi sono accorto che i contenuti<br />

erano addirittura più ampi di quanto avessi<br />

immaginato. Il mio interesse verso gli argomenti<br />

trattati è cresciuto di giorno in giorno, motivandomi<br />

ad andare avanti e a non perdere<br />

nemmeno un appuntamento. Ritengo siano<br />

state fondamentali le lezioni sulle iniziative<br />

dell’<strong>Ordine</strong> nazionale, del sindacato e delle<br />

rappresentanze comunitarie perché hanno<br />

disegnato una cornice istituzionale di pregio<br />

intorno alla mia attività giornalistica, in un certo<br />

senso valorizzandola. Da freelance considero<br />

importanti gli approfondimenti economici, di<br />

consulenza commerciale e legale, sulla gestione<br />

della mia attività, perché ho scoperto diverse<br />

possibilità che prima non avevo valutato. Di<br />

notevole interesse per me è stato il confronto<br />

con i giornalisti <strong>dei</strong> quotidiani nazionali della<br />

carta stampata, grandi esperti di comunicazione,<br />

dai quali ho potuto ricavare alcune linee<br />

guida per la mia professione”.<br />

Massimiliano Riatti<br />

15 (23)


I NOSTRI LUTTI<br />

Tiziano Terzani “Il giornalismo è stata la mia vita.<br />

Una vita dura, di sacrifici,<br />

ma di grande moralità”<br />

di Gigi Speroni<br />

Tiziano Terzani “ha lasciato il suo corpo” il 29 luglio scorso.<br />

E noi qui possiamo ricordarlo soltanto ora, sul primo numero<br />

raggiungibile di un mensile uscito dopo la pausa estiva.<br />

Ricordare, soprattutto, quel pomeriggio indimenticabile di<br />

due anni fa quando Terzani venne alla scuola per parlare<br />

del suo libro Lettere contro la guerra. Aveva lasciato l’eremo<br />

ai piedi dell’Himalaya per compiere, disse «un pellegrinaggio<br />

di pace». Non nei talk show televisivi, che invano lo<br />

corteggiavano, ma a diretto contatto con le persone, in<br />

particolare i giovani.<br />

Poche ore prima aveva incontrato Ferruccio de Bortoli al<br />

quale s’era presentato “in un completo bianco di maestosa<br />

bellezza, con i capelli raccolti dietro la nuca, la barba curatissima…<br />

L’abito doveva essere in armonia con il corpo e<br />

con l’ambiente. Un lampo di luce in un interno milanese”.<br />

Lo stesso lampo che illuminò l’Aula Magna quando Terzani<br />

apparve, è il caso di dirlo, ai nostri praticanti. Le immagini<br />

di quell’evento parlano da sole.<br />

Stralcio dalle cronache di due allievi, Stefano Caselli e<br />

Giovanni Pinna, uscite su Tabloid nell’aprile del 2002: «Se<br />

un pomeriggio di fine inverno un visitatore fosse passato<br />

all’Ifg, ignaro dell’appuntamento con Tiziano Terzani, avrebbe<br />

probabilmente girato i tacchi, credendo di esser finito in<br />

una scuola di meditazione yoga o di training autogeno. La<br />

sua figura si stagliava come Farinata degli Uberti “dalla<br />

cintola in su”; questo perché il giornalista-scrittore sedeva<br />

scalzo a gambe incrociate, a mo’ di fachiro indiano, sul<br />

tavolo dell’Aula Magna.<br />

Il colore bianco dominava assoluto: barba, capelli e abiti,<br />

candidi quasi come le vette dell’Himalaya che Terzani ha<br />

eletto sua dimora. In “Lettere contro la guerra”, ultimo <strong>dei</strong><br />

suoi otto libri scritti, c’è la spiegazione della scelta che è<br />

anche un atto d’amore: «Le montagne, come il mare, ricordano<br />

una misura di grandezza dalla quale l’uomo si sente<br />

ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno<br />

di noi, ma lì ci è difficile riconoscerla…»<br />

Quest’uomo, da autentico giornalista, si è raccontato agli<br />

aspiranti giornalisti con umiltà e rara finezza gestuale e<br />

verbale, e da questa linea non si è discostato neppure quando<br />

ha messo alla berlina, senza fare mai alcun nome, i vizi,<br />

le inadempienze e le slealtà riscontrate in più di trent’anni di<br />

“mestiere”.<br />

Terzani si è confessato, di fronte a noi quaranta e ad altri<br />

numerosi ospiti della scuola, sotto gli occhi di sua moglie<br />

Angela che, discreta, stava seduta accanto a una finestra<br />

della sala. In via Filzi 17 non è approdato per caso; l’Ifg era<br />

una tappa quasi obbligata del pellegrinaggio di pace intrapreso<br />

dopo la reazione americana all’attacco alle Twin<br />

Towers.<br />

Mensile / Spedizione in a. p. (45%)<br />

Comma 20 (lettera B)<br />

art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano<br />

Anno XXXIV -<br />

Numero 9/10, <strong>Settembre</strong>/<strong>Ottobre</strong> <strong>2004</strong><br />

Direttore responsabile<br />

FRANCO ABRUZZO<br />

Direzione, redazione,<br />

amministrazione<br />

Via Appiani, 2 - 20121 Milano<br />

Tel. 02/ 63.61.171 -<br />

Telefax 02/ 65.54.307<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia<br />

Franco Abruzzo<br />

presidente;<br />

Cosma Damiano Nigro<br />

vicepresidente;<br />

Sergio D’Asnasch<br />

consigliere segretario;<br />

Alberto Comuzzi<br />

consigliere tesoriere.<br />

<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />

Consiglieri:<br />

Michele D’Elia,<br />

Letizia Gonzales,<br />

Laura Mulassano,<br />

Paola Pastacaldi,<br />

Brunello Tanzi<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti<br />

Giacinto Sarubbi<br />

(presidente),<br />

Ezio Chiodini<br />

e Marco Ventimiglia<br />

Direttore dell’OgL<br />

Elisabetta Graziani<br />

Segretaria di redazione<br />

Teresa Risé<br />

Realizzazione grafica:<br />

Grafica Torri Srl<br />

(coordinamento<br />

Franco Malaguti,<br />

Marco Micci)<br />

Il nostro ospite ha visto gli effetti <strong>dei</strong> bombardamenti su<br />

Kabul e sui villaggi afghani, ha intervistato i testimoni, ha<br />

contato i morti civili, ha rivissuto a 63 anni le esperienze<br />

del fronte di guerra, come gli accadde in Cambogia, Laos<br />

e Vietnam quando era corrispondente di “Der Spiegel”.<br />

Anche del suo fortuito incontro col prestigioso settimanale<br />

tedesco, Terzani ci ha voluto rendere partecipi, con una<br />

storia che narra l’inizio della sua simbiosi con l’Asia.<br />

«Dopo aver scritto per vari quotidiani e con in tasca due<br />

lauree e sei lingue europee, sostenni l’esame di Stato e<br />

diventai giornalista professionista. Mi ero già appassionato<br />

allo studio del cinese perché desideravo ardentemente<br />

corrispondere per qualche testata dall’ex Celeste Impero,<br />

allora governato da Mao. Mi proposi senza successo a<br />

diversi giornali».<br />

Fu il finanziere Raffaele Mattioli ad aprire a Terzani le porte<br />

del continente asiatico nel 1968. Lo contattò per affidargli la<br />

stesura di alcune lettere commerciali in cinese e successivamente<br />

lo “inviò” a Singapore con uno stipendio di mille dollari<br />

al mese e il compito di scoprire le aree più adatte allo sbarco<br />

di nuove banche e aziende europee. Durante un soggior-<br />

ORDINE - TABLOID<br />

periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia Copia omaggio<br />

Stampa<br />

Stem Editoriale S.p.A.<br />

Via Brescia, 22 -<br />

20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)<br />

Registrazione<br />

n. 213 del 26 maggio 1970<br />

presso il Tribunale di Milano.<br />

Testata iscritta al n. 6197<br />

del Registro<br />

degli Operatori di Comunicazione (ROC)<br />

Comunicazione<br />

e Pubblicità<br />

Comunicazioni<br />

giornalistiche Advercoop<br />

Via G.C.Venini, 46 -<br />

20127 Milano<br />

Tel. 02/ 261.49.005 -<br />

Fax 02/ 289.34.08<br />

La tiratura di questo<br />

numero è di 23.777 copie<br />

Chiuso in redazione<br />

il 14 settembre <strong>2004</strong><br />

Tiziano<br />

Terzani<br />

“sulla<br />

cattedra”<br />

della scuola<br />

di<br />

giornalismo<br />

di Milano<br />

durante<br />

il suo<br />

incontro<br />

con gli<br />

allievi<br />

del XXIII<br />

biennio.<br />

no in Germania, ritagliato in un periodo di ferie, fu presentato<br />

da un amico al direttore di “Der Spiegel” che – mai metter<br />

limiti alla Provvidenza – cercava un corrispondente dal continente<br />

asiatico. «Tornai da Mattioli e rinunciai all’incarico e ai<br />

mille dollari mensili. Auguro a tutti voi di godere di un po’ di<br />

fortuna che, si intende, aiuta gli audaci. Guardate me: mi<br />

sono divertito e sono stato pagato per realizzare il mio sogno<br />

di sempre».<br />

Su una cosa Terzani ha insistito particolarmente, ha voluto<br />

trasmettercela: «Non ho mai accettato viaggi e soggiorni<br />

gratuiti dalle aziende, né lusinghe dai potenti. Sarebbe<br />

stato incompatibile con la mia libertà di giornalista, mi<br />

avrebbe impedito di scrivere la verità oggettiva di cui ero<br />

testimone»….<br />

«Il giornalismo è stata la mia vita. Una vita dura, di sacrifici,<br />

ma di grande moralità». E dall’idea di moralità nasce lo<br />

spunto per una riflessione critica sul giornalismo italiano,<br />

che a Terzani – lui, “tedesco” per trent’anni – decisamente<br />

non piace. «Nel dicembre del 1931 Gandhi, di ritorno da<br />

Londra, si fermò a Roma. Mussolini (“il macellaio dagli<br />

occhi di gatto” come in seguito lo definì) volle incontrarlo. I<br />

due, come ovvio, non si piacquero e bastarono pochi minuti<br />

per capirlo. Tuttavia “Il Giornale del Popolo” parlò di “lungo<br />

e cordiale incontro” e due giorni dopo pubblicò un’intervista<br />

che Gandhi non aveva mai rilasciato».<br />

Un episodio lontano nel tempo ma non nello stile, un esempio<br />

di disonestà che ricorre tutt’oggi: «Qualche giorno fa ho<br />

letto su un quotidiano un appello nel quale si chiedeva al<br />

governo italiano di non modificare la legge sul commercio<br />

delle armi. Sotto ci ho trovato la mia firma, ma io non ne<br />

sapevo nulla. Nessuno, prima di pubblicare, si è preoccupato<br />

di verificare. Bastava una telefonata».<br />

Ma il problema del giornalismo italiano non è solo di moralità;<br />

c’è una carenza di inquisivitness, di curiosità: «È<br />

possibile che, con il mondo in guerra, i giornali italiani<br />

dedichino otto-nove pagine al delitto di Cogne? Questo<br />

non è giornalismo, è spettacolismo». L’accenno alla guerra<br />

riporta Terzani sui binari del suo pellegrinaggio di pace,<br />

per ribadire che l’attuale conflitto non è altro che «una<br />

guerra di bugie», a partire «dalla vendetta che l’ ha generata<br />

fino all’insufficiente, a volte complice, copertura da<br />

parte <strong>dei</strong> mezzi d’informazione.Gli americani in Afghanistan<br />

non hanno vinto nulla, ma in patria – e in tutto l’Occidente<br />

– hanno vinto la guerra psicologica sulla necessità<br />

e l’ineluttabilità di questo attacco. La stampa americana è<br />

stata per molti mesi totalmente supina ai briefing della<br />

Casa Bianca».<br />

«Non bastano – conclude Terzani – i fatti. A volte i fatti<br />

nascondono la verità, esattamente come sta accadendo<br />

per questa guerra. Il giornalista deve sentirsi in dovere di<br />

fare i conti in tasca al mondo, perché la verità in sé non<br />

esiste, ma se ne trova un pezzettino dovunque».<br />

Qualcuno, infine, gli chiede cosa farebbe oggi se dovesse<br />

ricominciare. Senza esitazioni, Terzani risponde che imparerebbe<br />

l’arabo e andrebbe a vivere in mezzo agli arabi”.<br />

Ci lasciò promettendoci di ritornare. Ma dentro si portava<br />

un tumore. Quando lo seppe, lui, dopo aver tanto viaggiato<br />

per vivere straordinarie esperienze umane in Vietnam,<br />

Cina, Cambogia, Russia, cercando di capire chi fossero gli<br />

altri, cominciò a intraprendere un viaggio dentro se stesso<br />

alla ricerca delle ragioni del male che l’aveva colpito e delle<br />

possibili cure. Per raccontarle ne “L’Ultimo giro di giostra”.<br />

Disse una volta «Se potessi rinascere vorrei essere rugiada».<br />

E allora penso alla rugiada per il Manzoni “refrigerio di<br />

una parola amica”. Quella che Tiziano Terzani ci ha lasciato<br />

con questo suo ultimo libro.<br />

Rileggo le prime pagine: “Viaggiare, era stato per me un<br />

modo di vivere, e ora avevo preso la malattia come un altro<br />

viaggio, involontario, non previsto, per il quale non avevo<br />

carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo<br />

preparato, che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più<br />

impegnativo, il più intenso.. Un viaggio nel bene e nel male<br />

del nostro tempo”.<br />

E le ultime:<br />

“La storia di questo viaggio non è la riprova che non c’è<br />

medicina contro certi malanni. E che tutto quello che ho<br />

fatto per cercarla non è servito a nulla. Al contrario: tutto,<br />

compreso il malanno stesso, è servito tantissimo. È così<br />

che sono stato spinto a rivedere le mie priorità. A riflettere,<br />

a cambiare prospettiva e, soprattutto, a cambiare vita. E<br />

questo è ciò che posso consigliare agli altri: cambiare vita<br />

per curarsi, cambiare vita per cambiare se stessi. Per il<br />

resto ognuno deve fare la strada da solo.…E io sono particolarmente<br />

fortunato perché, ora più che mai, ogni giorno<br />

è davvero un altro giro di giostra”.<br />

16 (24) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


I NOSTRI LUTTI<br />

Elio Sparano Per 40 anni inviato<br />

e caporedattore.<br />

Simbolo della Rai a Milano<br />

Non c’è come la Televisione per dare il senso dell’effimero e<br />

del provvisorio; ma Elio Sparano era qualcosa di più di un<br />

volto diventato familiare a milioni di famiglie che ne apprezzavano<br />

il tono calmo e rassicurante. Sparano è stato il caporedattore<br />

“storico” ed ha legato il suo nome alla Rai di Milano,<br />

come dirigente e inventore di rubriche televisive, come<br />

Nord chiama Sud, in collaborazione con Baldo Fiorentino da<br />

Napoli, e come telecronista col genio della cronaca insignito<br />

del Premio Speciale Ischia nel 2003. Aveva ricevuto altri riconoscimenti,<br />

ma non amava parlarne come tutti quelli che li<br />

ricevono a giusto titolo.<br />

Aveva un debole per il profumo di violetta. Faceva parte del<br />

suo bagaglio di stile e di eleganza, come il fiocchino blu a<br />

pois, che portava con grande disinvoltura, e col quale appariva<br />

regolarmente nelle telecronache dalla Fiera di Milano, uno<br />

<strong>dei</strong> suoi appuntamenti fissi.<br />

All’apparenza dava l’impressione di una severità studiata: il<br />

tratto gentile da vecchio gentiluomo gli veniva dall’educazione<br />

ricevuta in famiglia. Suo padre era un alto ufficiale della<br />

Guardia di Finanza e so che ebbe una forte influenza su di<br />

lui; e non credo fosse soddisfatto quando Elio vinse il concorso<br />

per telecronista ed entrò in Rai. La tv era agli albori,<br />

Sparano contribuì a farla crescere con il suo grande mestiere<br />

e le sue doti di inventiva. Non aveva tessere. Restò sempre<br />

un uomo libero.<br />

Per portamento, naturale eleganza e con una bella voce calda<br />

e senza inflessioni dialettali, la Televisione sembrava fatta per<br />

lui. Divenne la sua casa e la sua ragione di vita.Veniva il mattino<br />

presto e se andava quand’era buio. Lo accompagnavo a<br />

mezzogiorno al relais con Roma dove ogni sede Rai collegata<br />

riferiva sugli avvenimenti della giornata; con il suo amico Biagio<br />

Agnes, allora direttore del Telegiornale, seguiva uno scambio<br />

vivacissimo di battute che riecheggiavano in tutte le sedi Rai in<br />

ascolto. Agnes lo provocava apposta e Sparano diventava irresistibile.<br />

La domenica mattina nel corridoio della redazione si<br />

esibivano i tipi più divertenti: Nino Vascon, caporedattore alla<br />

radio, Paolo Callegaris, il principe <strong>dei</strong> montatori, ed Elio se la<br />

rideva partecipando al teatrino; e in quei momenti diventava<br />

ciò che era veramente: un uomo spiritoso, un uomo semplice<br />

e di grande umanità, e in fondo un solitario. Mi dicono che in<br />

Rai il clima oggi sia cambiato.<br />

Credo di averlo visto la prima volta in Tv nel sequestro <strong>dei</strong><br />

bambini d’una scuola di Tavazzano ad opera di un pazzo.<br />

Nella cronaca diretta e nel tumulto della giornata colpivano<br />

la calma, l’assenza di ogni enfasi, la precisione della ricostruzione.<br />

Il cronista della carta stampata raccoglie i dati,<br />

vede, poi racconta la storia con sufficiente calma, il telecronista<br />

non ha tutto questo tempo e deve raccontare l’avvenimento<br />

sul “tamburo”, in tempo reale, sceverare le notizie vere<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

di Romano Bracalini<br />

da quelle di fantasia. Elio Sparano è stato un caposcuola. Fu<br />

il primo a stabilire il collegamento diretto nel telegiornale delle<br />

13,30, che d’improvviso, abituati come eravamo all’ufficialità<br />

e al linguaggio castigatissimo (c’era un prontuario di parole<br />

che non si potevano usare, come per esempio “membri di<br />

governo”), parve ringiovanire e offrire una visione più autentica<br />

della realtà. Non fu un caso che l’esperimento prendesse<br />

il via col telegiornale delle 13,30, mentre quello della sera<br />

mantenne il carattere serioso e imbalsamato dell’ufficialità.<br />

Certe liberalità di lingua non erano consentite, la cronaca era<br />

limitata al traffico e alla nebbia in Val Padana; delitti di sangue<br />

se proprio non se ne poteva fare a meno. Sparano arricchì il<br />

telegiornale di notizie di cronaca e di attualità; mi consentì di<br />

occuparmi di avvenimenti storici. Nel 1976, per la rubrica<br />

Nord chiama Sud, nel trentesimo del referendum istituzionale,<br />

intervistai a Cascais l’ex re Umberto. Era la prima volta<br />

che appariva alla Tv italiana. A Milano montai il servizio e<br />

nell’introduzione all’intervista misi la marcia reale. L’avessi<br />

mai fatto. C’era l’ordine tassativo di non trasmettere musiche<br />

e marce del passato regime. Oggi è prassi normale ma allora<br />

non si poteva. Sparano chiese se per caso nell’intervista a<br />

un ex re dovevamo mettere la marsigliese. Di colpo un altro<br />

diaframma di ipocrisia cadde. Il servizio andò in onda come<br />

l’avevamo concepito.<br />

La malapianta della violenza nera e del terrorismo rosso ci<br />

abituò a ben altre tragedie e anche in quell’occasione Sparano<br />

fu all’altezza del compito. Nel pomeriggio del 12 dicembre<br />

1969 mi spedì alla Banca dell’Agricoltura, in piazza Fontana,<br />

Elio Sparano,<br />

nella foto<br />

dell’archivio<br />

dell’<strong>Ordine</strong>, con<br />

l’immancabile<br />

“farfallino”.<br />

Nella fotografia<br />

“storica”<br />

qui accanto,<br />

la redazione<br />

del primo<br />

telegiornale<br />

a Milano<br />

negli anni ’50:<br />

alle scrivanie,<br />

da sinistra,<br />

Franco Fassetta,<br />

Elio Sparano,<br />

Luciano Serani,<br />

Avvento<br />

Montesano.<br />

In piedi, Bruno<br />

Ambrosi.<br />

A destra:<br />

Claudio Lavazza,<br />

Ilio De Giorgis,<br />

Emilio Sanna<br />

e la segretaria<br />

Giuliana<br />

Bagnasco.<br />

dove sembrava fosse scoppiata una caldaia. Quella sera<br />

stessa diede per primo la notizia dell’attentato. Memorabile<br />

la sua cronaca <strong>dei</strong> funerali. Fu un susseguirsi di eventi tragici:<br />

piazza della Loggia, e poi il terrore brigatista che colpiva a<br />

tradimento: così furono uccisi il Pm Alessandrini, il giudice<br />

Galli e il giornalista Walter Tobagi. Sparano veniva in moviola,<br />

controllava ma difficilmente faceva un rilievo. Non avrebbe<br />

mai corretto un testo senza suggerire all’autore la forma più<br />

adatta e corretta.<br />

Cerco di ordinare i ricordi, e mi sorprendo di farlo a ciglio<br />

asciutto. Anche questa è una lezione che ho imparato da lui.<br />

Una volta sola l’ho visto piangere. Fu quando morì l’operatore<br />

Carlo Rolly Cannara, l’amico di una vita, il collaboratore<br />

fedele di tante trasmissioni televisive. Quando andò in<br />

pensione qualcosa si ruppe.Viveva in un piccolo appartamento<br />

con la sua compagna, e quando lei morì e lui restò<br />

solo con la figlia Rita, gli telefonai. Non amava le frasi di circostanza<br />

e in questi casi non si sa mai cosa dire. La Televisione<br />

l’aveva abituato all’essenziale. A usare quattro parole<br />

invece di cinque quando queste possono bastare. Cambiò<br />

subito discorso, evitandomi di dire le solite cose. Anche<br />

questa sua ritrosia burbera era una maschera per non cedere<br />

alla commozione che a lui pareva debolezza. Quel che so<br />

di Televisione lo devo a lui. Ma non solo questo. La vita passa<br />

in fretta; ma se mi volto indietro, nel turbinare <strong>dei</strong> ricordi, ora<br />

nitidi ora sfocati, vedo non più di dieci persone generose e<br />

indimenticabili che mi hanno aiutato. Elio Sparano è tra i<br />

primi, ma so che non vorrebbe che glielo dicessi.<br />

17 (25)


M E M O R I A<br />

Una Fondazione per aiutare chi soffre<br />

Il 5 maggio 1975, nemmeno un anno dopo<br />

la morte di Ghirotti, nasceva a Roma, su<br />

iniziativa della moglie e di un gruppo di amici<br />

e colleghi, il “Comitato nazionale Gigi Ghirotti”,<br />

con l’obiettivo di mantenere vivo il<br />

messaggio del giornalista vicentino e di<br />

portarne avanti, attraverso iniziative e attività<br />

concrete, la testimonianza. Tra i fondatori,<br />

anche l’amico e collega Giovanni Grazzini,<br />

che del Comitato fu, per i primi undici anni, il<br />

presidente.<br />

Presentato ufficialmente in Campidoglio nel<br />

1975, ottenuto il riconoscimento giuridico nel<br />

1984, il Comitato ha, il 10 giugno 2002,<br />

assunto la denominazione di “Fondazione<br />

nazionale Gigi Ghirotti”, attualmente presieduta<br />

dal giornalista Bruno Vespa. Con la finalità,<br />

come si legge nello Statuto, di “realizzare<br />

servizi per la prevenzione, la terapia, lo<br />

studio e le ricerche sulle malattie in campo<br />

emato-oncologico e strutture operative per<br />

l’assistenza sociale e sanitaria <strong>dei</strong> malati<br />

affetti da sindromi altamente invalidanti o in<br />

fase terminale e <strong>dei</strong> loro familiari”.<br />

Gigi Ghirotti,<br />

di Patrizia Pedrazzini<br />

Trent’anni fa, la mattina del 17 luglio 1974, moriva a Vicenza,<br />

sua città, Gigi Ghirotti. Stroncato da quello che allora,<br />

quasi facesse paura anche solo il chiamarlo per nome, si<br />

preferiva evocare come “il male del secolo”. Per lui, un linfogranuloma<br />

maligno, altrimenti detto morbo di Hodgkin. Una<br />

malattia neoplastica che aggredisce il sistema linfatico. Un<br />

cancro.<br />

Quando morì, non aveva ancora compiuto 54 anni (era nato<br />

il 10 dicembre 1920) e, per tutta la vita, non aveva fatto che<br />

un mestiere: il giornalista.<br />

Era l’ultimo di nove figli. Interrotti, per lo scoppio della guerra,<br />

gli studi classici, arruolatosi come volontario negli Alpini,<br />

aggregatosi, nel settembre del ’43, alle formazioni partigiane,<br />

era entrato, nel 1945, a Il Giornale di Vicenza, per<br />

passare a La Stampa (1950-1958), quindi a L’Europeo<br />

(1958-1960), poi ancora a La Stampa (1960-1974).<br />

Acuto osservatore della realtà italiana del dopoguerra,<br />

soprattutto degli anni del cosiddetto boom economico,<br />

aveva indagato, firmato servizi, scritto libri, su personaggi e<br />

temi fra i più diversi. Dall’intervista, uscita su La Stampa il<br />

24 maggio 1950, al generale Battisti, comandante della<br />

Cuneense, appena rientrato dalla Russia dopo otto anni di<br />

prigionia, ai pezzi spiritosi e brillanti che - erano gli anni di<br />

Lascia o raddoppia? e <strong>dei</strong> primi Festival di Sanremo - confezionava<br />

in veste di inviato al seguito di Mike Bongiorno e di<br />

Nilla Pizzi (e che non dovevano proprio essere il suo genere,<br />

se, come ricorda l’amico e collega Giorgio Calcagno,<br />

“partiva mugugnando, con improperi che il direttore intuiva<br />

ma fingeva di ignorare”). Dagli incontri con De Gasperi in<br />

Valsugana e con Eisenhower a Udine, ai resoconti (La<br />

Stampa, 1964) sul delitto del “bitter avvelenato”, con il dottor<br />

Renzo Ferrari, veterinario di Barengo, inquisito di aver<br />

All’indomani della prima trasmissione televisiva,<br />

che grande eco suscitò su tutti i giornali,<br />

Guido Gerosa, che di Ghirotti era stato<br />

collega e “antagonista” in tanti servizi, scrisse,<br />

per Epoca, un lungo articolo su di lui, intitolato<br />

“Quel giorno Ghirotti non mi lasciò<br />

copiare il compito”.<br />

Ne proponiamo uno stralcio, quello nel quale<br />

il giornalista vicentino viene ritratto alle prese<br />

con il quotidiano lavoro di cronista.<br />

Era stato arrestato a Milano un ingegnere,<br />

certo Dalla Verde, accusato di aver ucciso<br />

una mondana; e la storia aveva assai<br />

impressionato, perché lasciava intravedere<br />

risvolti impensabili dietro il fascino discreto<br />

della borghesia ambrosiana. La vicenda<br />

era precipitata nelle ultime ore e tutti noi<br />

cronisti eravamo nello studio dell’avvocato<br />

Oggi la Fondazione opera nell’ambito della<br />

ricerca, dell’organizzazione di convegni, giornate<br />

di studio e tavole rotonde, dell’informazione<br />

(attraverso la “Collana di studi Gigi<br />

Ghirotti” e il periodico trimestrale “Gigi Ghirotti<br />

Notizie”). Ma soprattutto offre, gratuitamente,<br />

a chiunque vi si rivolga, aiuto, orientamento<br />

e assistenza attraverso il Centro di<br />

ascolto psicosociale. Attivo tutti i giorni,<br />

comprese le domeniche, dalle ore 10 alle 20,<br />

il Centro (numero verde 800.30.15.10) opera<br />

sull’intero territorio nazionale, nell’ottica di<br />

aiutare le persone malate di tumore e i loro<br />

familiari ad affrontare la malattia. Solo nel<br />

2003, ha avuto 6.230 contatti, quasi venti al<br />

giorno.<br />

Da due anni a questa parte, poi, l’ultima<br />

domenica di maggio, la Fondazione dà vita,<br />

insieme al ministero della Salute e alla<br />

Conferenza <strong>dei</strong> presidenti delle Regioni e<br />

delle Province autonome, alla “Giornata<br />

nazionale del sollievo”: una grande campagna<br />

di sensibilizzazione sociale sul tema<br />

della sofferenza.<br />

avvelenato il signor Tino Allevi, marito della sua amante,<br />

con un bitter fattogli recapitare a casa. Dall’incontro-scontro<br />

con don Lorenzo Milani, fondatore della scuola di Barbiana,<br />

nel Mugello, e ispiratore di una radicale critica alla tradizionale<br />

cultura scolastica e al suo classismo, che emarginava<br />

il mondo popolare e contadino (Comunità, 1967), all’intervista,<br />

apparsa su La Stampa il 17 gennaio 1970, al “marxista”<br />

Gianni Morandi.<br />

Fino alle inchieste sulla giustizia, sulla mafia, sul banditismo<br />

sardo, sui grandi fenomeni civili e sociali del tempo.<br />

Che si tradussero in altrettanti libri: Il magistrato (1963, rifacimento<br />

di una prima edizione del ’59), sulla condizione del<br />

giudice in Italia; Italia mia benché (1963), sugli anni del<br />

miracolo economico e della corsa al benessere; Da Olimpia<br />

a casa mia. 3.000 anni di cronache sportive (1964),<br />

originale raccolta di scritti sul tema dello sport, di autori<br />

delle più svariate epoche: da Omero a Umberto Saba, da<br />

Senofonte a Italo Calvino, da Ernest Hemingway a Oriana<br />

Fallaci; Mitra e Sardegna. Guida documentata per continuare<br />

impuniti il sequestro di persona (1968), sul fenomeno<br />

del banditismo sardo; Rumor (1970), biografia del<br />

concittadino e amico Mariano Rumor, allora presidente del<br />

Consiglio.<br />

Tutto questo, e altro ancora, era Gigi Ghirotti. “Uomo di<br />

carta stampata - sono ancora parole di Giorgio Calcagno -,<br />

e soprattutto di ricerca. Poteva firmare, non apparire,<br />

secondo il miglior costume di allora. La sua natura lo portava<br />

a essere attento ai fatti della vita, a domandarsene il<br />

perché. E frugare, frugare, finché non trovava il bandolo”.<br />

Una vocazione al racconto e all’approfondimento, che<br />

andava di pari passo con la caparbietà, l’ironia e il distacco<br />

con i quali Ghirotti si poneva nei confronti della realtà -<br />

uomini o fatti che fossero - della quale era chiamato a<br />

rendere testimonianza. E che ha un solo nome: cronaca.<br />

“Cronista attento, Ghirotti, preciso; e soprattutto libero.<br />

Giulio De Benedetti, che dal 1948 dirigeva La Stampa, fiutò<br />

Guido Gerosa: “Quel giorno che Ghirotti<br />

non mi lasciò copiare”<br />

Bovio per le rivelazioni decisive.<br />

Ghirotti sapeva più di noi perché, per il settimanale<br />

dove allora lavorava, era riuscito a<br />

intervistare l’ingegnere poco prima che le<br />

porte del carcere si chiudessero dietro di lui.<br />

Eravamo tutti amici là dentro, ma eravamo<br />

anche professionalmente concorrenti. E allora<br />

Ghirotti, che aveva il giornale “in chiusura”<br />

[…], aspettando il fattorino che avrebbe ritirato<br />

il suo pezzo, scriveva con la sua portatile<br />

appartato su un tavolo dell’ufficio dell’avvocato,<br />

batteva sui tasti con le dita di una<br />

mano e con l’altra mano teneva un po’ occultato<br />

il foglio, come si fa a scuola, perché non<br />

“copiassimo”, soprattutto noi <strong>dei</strong> quotidiani<br />

che avremmo avuto su di lui un vantaggio di<br />

molte ore.<br />

Però gli rincresceva e ci guardava con un<br />

TRENT’ANNI FA MORIVA IL GIORNALISTA VICENTINO<br />

sorriso un po’ di<br />

rimprovero come a<br />

dire: “Ma guarda un<br />

po’ cosa mi fai fare”. Il<br />

giorno dopo mandai<br />

a prendere il giornale<br />

di Ghirotti: il pezzo<br />

era bellissimo. Il fascino<br />

discreto dell’ingegnere ne usciva descritto<br />

con agghiacciante precisione. L’articolo<br />

non diceva, né poteva dire, se quell’uomo si<br />

fosse macchiato di quella gravissima colpa.<br />

Ma diceva di più. Ne scaturiva un ritratto<br />

dostoevskiano di un’anima divisa, ambigua,<br />

smarrita. E alla fine cadeva nel deserto di<br />

quella confessione una domanda dolorosa,<br />

che rimaneva senza risposta: “Ingegnere, lei<br />

crede in Dio?”.<br />

presto in lui l’inviato giusto. Gli affidò vari servizi dal Veneto,<br />

e poi lo chiamò a Torino, per farlo girare in Italia. Ebbe<br />

servizi e inchieste di prim’ordine, e qualche problema di<br />

convivenza. Il giovane vicentino, tanto gentile nel tratto<br />

quanto roccioso nel temperamento, intendeva difendere,<br />

anche nei rapporti di lavoro, uno spirito di indipendenza<br />

non sempre tollerabile dal Napoleone del giornalismo. Si<br />

arrivò più volte alla rottura”. Così sempre Giorgio Calcagno,<br />

nell’introduzione a Gigi Ghirotti nel tunnel della malattia,<br />

del 1994. E ancora: “Di fronte alla notizia, non si accontentava<br />

mai della prima versione, voleva vedere dietro la<br />

facciata, scoprire quel tanto di inconoscibile dimenticato<br />

dai verbali, nel quale spesso consiste la realtà. Soprattutto<br />

andava verso l’interlocutore con quella carica di simpatia<br />

umana che costringeva l’altro a gettare la maschera e<br />

mostrarsi com’era”.<br />

Curiosità? Cocciutaggine? Coraggio? Forse, più semplicemente,<br />

fu per onestà che alle dieci di una domenica sera -<br />

era il 27 maggio 1973 - quest’uomo forte e robusto, dagli<br />

occhi chiari e ridenti da veneto autentico, decise di farsi<br />

riprendere, in pigiama e vestaglia, dall’obbiettivo di una telecamera<br />

e di mostrarsi in televisione mentre, in un corridoio<br />

d’ospedale, intervistava medici e compagni di malattia. E<br />

raccontava dell’isolamento <strong>dei</strong> malati, dell’insufficienza<br />

delle strutture sanitarie, delle carenze dell’assistenza<br />

pubblica. Della paura e del dolore. Come se il malato fosse<br />

un altro. Solo che questo “altro”, quello del quale era chiamato,<br />

ancora una volta, a rendere testimonianza, questa<br />

volta era lui.<br />

Il servizio, nato da un incontro di Ghirotti con il vecchio<br />

amico Piero Dal Moro, divenuto regista televisivo, venne<br />

trasmesso, sul secondo canale, sotto la testata Orizzonti.<br />

L’uomo, la scienza, la tecnica, di Giulio Macchi. La sua collocazione,<br />

a quell’ora e in quel giorno, fu non solo, come ha<br />

sottolineato Calcagno, “una scelta coraggiosa che la Rai in<br />

quegli anni aveva ancora l’intelligenza di permettersi”, ma<br />

Così lo ha<br />

ricordato Vicenza<br />

Nel trentennale della scomparsa di Gigi<br />

Ghirotti, la Fondazione a lui dedicata ha<br />

ricordato la figura del giornalista con un<br />

incontro, svoltosi lo scorso 17 luglio nella<br />

Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino, a<br />

Vicenza. Erano presenti il sindaco, Enrico<br />

Hullweck, il nipote Franco Carlassare, il vice<br />

presidente della Fondazione, Carlo Sampietro,<br />

il presidente della Biblioteca Bertoliana,<br />

Mario Giulianati, il giornalista de La Stampa,<br />

Alberto Sinigaglia.<br />

L’indomani il convegno è proseguito nell’Aula<br />

Magna della Scuola per operatori sociosanitari<br />

(Ulss 6) di Vicenza, con interventi di<br />

medici e dirigenti, che hanno affrontato le<br />

diverse tematiche del sostegno psicologico,<br />

<strong>dei</strong> progressi ottenuti in campo terapeutico,<br />

delle nuove sfide dell’ematologia.<br />

18 (26) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


DIVENUTO EMBLEMA DI IMPEGNO CIVILE<br />

Ulteriori approfondimenti nel sito<br />

www.ghirotti.org<br />

Per saperne di più<br />

Gigi Ghirotti<br />

Il lungo viaggio nel tunnel della malattia,<br />

Franco Angeli editore per Comitato nazionale<br />

Gigi Ghirotti, Milano 2002<br />

Il volume, che si avvale della prefazione di<br />

Umberto Veronesi e che ripropone l’introduzione<br />

all’edizione del 1994, firmata da Giovanni<br />

Giovannini e da Giorgio Calcagno, raccoglie<br />

i testi delle due inchieste televisive realizzate<br />

da Ghirotti e da Piero Dal Moro nel 1973<br />

e nel 1974, e gli undici articoli che il giornalista<br />

vicentino scrisse per La Stampa fra il 26<br />

aprile 1973 e il giugno 1974.<br />

Mariangela Bacco<br />

Gigi Ghirotti. Profilo di un giornalista<br />

e del suo impegno civile,<br />

Fondazione Gigi Ghirotti, Vicenza <strong>2004</strong><br />

Il lavoro, dato alle stampe in occasione del<br />

trentennale della morte del giornalista, è nato<br />

come tesi di laurea dell’autrice presso il Dipartimento<br />

di Italianistica dell’Università di Padova<br />

ed è stato premiato, nel marzo del 2002,<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

il cronista<br />

anche una sfida difficile: contemporaneamente, sull’altra<br />

rete, c’era La domenica sportiva. La trasmissione fu seguita<br />

da otto milioni di italiani.<br />

Incominciava con lo stesso “attacco” con il quale il giornalista<br />

vicentino aveva iniziato, su La Stampa del 26 aprile, la<br />

prima delle sue undici corrispondenze (l’ultima, Il malato<br />

inerme, uscì quasi un mese dopo la sua morte) da “inviato,<br />

suo malgrado, dentro il tunnel della malattia e della ospedalizzazione”,<br />

come lui stesso si definì. Un “attacco” esemplare<br />

per semplicità e stile: “Da un anno mi insegue un<br />

odore di etere, di alcool, di antibiotici, di lisoformio e questo<br />

cocktail olfattivo mi pizzica le narici, mi inzuppa le ossa, mi<br />

si è attaccato alla pelle”.<br />

Il programma era terminato da pochi minuti, che il telefono<br />

di casa Ghirotti incominciò a squillare. Fu solo l’inizio. Il<br />

primo telegramma arrivò dal Quirinale. Era di Giovanni<br />

Leone, allora presidente della Repubblica, ammirato “per la<br />

edificante testimonianza di coraggio e di serenità”.<br />

Fu, per tutti, il toccare con mano la sofferenza, la solitudine,<br />

l’emarginazione del malato. Certo, in trent’anni, molto<br />

è stato fatto, soprattutto sotto il profilo dell’approccio e del<br />

sostegno psicologico al malato di cancro e ai suoi familiari.<br />

Oggi nessuno si stupisce se il ministro della Salute,<br />

Girolamo Sirchia, afferma che “il malato deve essere<br />

sempre al centro del sistema”, o che “l’attenzione per la<br />

sofferenza e il sostegno psicologico nelle diversi fasi della<br />

malattia costituiscono degli obiettivi irrinunciabili per una<br />

società civile”. Oggi è normale discutere di diagnostica, di<br />

cure palliative, di terapia del dolore. Trent’anni fa, molto<br />

meno. Ma era esattamente questo l’obiettivo del giornalista<br />

vicentino. Che così, con il consueto disincanto, scriveva<br />

all’amico e collega Giovanni Giovannini: “Mi auguro che<br />

gli amici mi siano amici fino in fondo, e che non facciano di<br />

me l’Enrico Toti del carcinoma, ma sappiano esortare a<br />

vedere oltre il caso personale: a vedere di prendersi a<br />

cuore le faccende <strong>dei</strong> nostri ospedali, e a tener caldo il<br />

problema sino a che non avremo ospedali, medici, infermieri<br />

dal volto umano”.<br />

Ci riuscì? È ancora Giorgio Calcagno: “Molti giornalisti,<br />

nella storia del nostro mestiere, hanno cercato di influire<br />

sulle grandi scelte della politica e dell’economia, si sono<br />

sentiti giudici e condottieri di crociate. Ghirotti, con la sua<br />

umiltà di cronista, la concretezza montanara del suo lavoro,<br />

è il solo che ha lasciato, in profondità, il segno del cambiamento.<br />

Ha inciso là dove si decide la vita del singolo: che è<br />

la vita di tutti”.<br />

Il secondo, e ultimo, servizio televisivo fu trasmesso la sera<br />

del 4 giugno 1974. Stessa testata, stesso canale. Solo il<br />

viso era più scavato, le rughe più profonde, la voce più affaticata:<br />

“Se gli capita di correre un’avventura tra vita e morte<br />

in prima persona e poi non la racconta, direi che quel giornalista<br />

è uno che non ha capito nulla, né del proprio mestiere,<br />

né <strong>dei</strong> propri doveri di cittadino”.<br />

Ma l’incontro volgeva al termine. “Mi trovo impegnato in una<br />

partita difficile, su terreno fangoso, con un avversario -<br />

questo oscuro signor Hodgkin - che è furbo e anche sleale.<br />

Ma non sono solo. […] E poi, finché dura l’incontro, ogni<br />

possibilità è sospesa: non ho vinto io, ma nemmeno lui,<br />

siamo pari. È vero, il signor Hodgkin deve tirare il suo terribile<br />

calcio di rigore. È pauroso pensarci, ma in fin <strong>dei</strong> conti<br />

anche i più famosi campioni talvolta sbagliano il rigore. E in<br />

ogni caso è giusto che quel pallone mi trovi sulla porta,<br />

quando arriverà”. Arrivò, di lì a poco. Puntuale, netto, preciso.<br />

Imparabile.<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

LETTERA IN REDAZIONE<br />

“I giornalisti non sono membri<br />

di una orwelliana consorteria<br />

di uguali più degli altri”<br />

Caro presidente Abruzzo, seguo sempre con attenzione e simpatia la tua<br />

saggia conduzione dell’<strong>Ordine</strong> attraverso gli interventi che appaiono su<br />

Tabloid scoprendomi generalmente in sintonia con le tue parole: almeno per<br />

una volta, però, debbo esprimere dissenso. Mi riferisco alla condanna da<br />

parte del Tribunale di Lodi al “cronista che si era finto clandestino”.<br />

Tu argomenti che si tratta di errore e che andava assolto, e per sostenere<br />

questa tesi fai riferimento ad un fantomatico “codice della privacy” e al fatto<br />

che il giornalista possa “nascondere la propria identità in situazioni di pericolo”.<br />

Mi permetto di obiettare: 1) non esiste alcuna situazione di pericolo<br />

quando un agente di polizia richiede il documento di identità; 2) un bravo e<br />

consapevole giornalista sa svolgere un’inchiesta anche senza ricorrere a<br />

spettacolari falsi, fingendosi rumeno e traendo deliberatamente in inganno<br />

un funzionario pubblico del campo di via Corelli a Milano; 3) i giornalisti non<br />

sono membri di una orwelliana consorteria di “uguali più degli altri” reclamando<br />

una deontologia professionale diversa da quella di altre categorie.<br />

Difendiamo e pratichiamo il diritto alla cronaca ma con serietà, altrimenti<br />

dovremmo giustificare anche i 37 clandestini della nave Cap Anamur che si<br />

spacciavano per sudanesi allo scopo di ottenere un surrettizio stato di rifugiati<br />

politici.<br />

Appartenere alla redazione di un Corriere non comporta l’automatico godimento<br />

di privilegi corporativi. Insegna il Vangelo: “Sforzatevi di entrare per la<br />

porta stretta perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi ma non ci riusciranno”<br />

(Lc. 13,24). Mi auguro pertanto che la sentenza del Tribunale di Lodi<br />

venga confermata anche in eventuali altre sedi successive per dimostrare<br />

che tutti i cittadini, giornalisti o meno, sono uguali di fronte alla Legge. Con<br />

amicizia e schiettezza. Giacomo de Antonellis<br />

RISPOSTA. Caro Giacomo, il codice, che<br />

tu definisci fantomatico, è il “Codice di<br />

deontologia della privacy nell’esercizio<br />

dell’attività giornalistica”, voluto<br />

dall’articolo 25 della legge n. 675/1996 e<br />

pubblicato il 3 agosto 1998 nella Gazzetta<br />

Ufficiale. Oggi quel Codice, inglobato<br />

nel Dlgs n. 196/2003, ha il rango sostanziale<br />

di legge e non più di norma secondaria.<br />

L’articolo 2 afferma: “Il giornalista<br />

che raccoglie notizie... rende note la<br />

propria identità, la propria professione e<br />

le finalità della raccolta, salvo che ciò<br />

comporti rischi per la sua incolumità o<br />

renda altrimenti impossibile l’esercizio<br />

della funzione informativa; evita artifici e<br />

pressioni indebite. Fatta palese tale attività,<br />

il giornalista non è tenuto a fornire gli<br />

altri elementi...”. Non ho motivo, quindi, di<br />

cambiare opinione, pur apprezzando la<br />

sincerità a-giuridica di quanto hai scritto.<br />

Con pari schiettezza e amicizia,<br />

Franco Abruzzo<br />

L’Ifj promuove una nuova campagna<br />

contro la corruzione nel giornalismo,<br />

per un’etica della professione e <strong>dei</strong> media<br />

Lo studio dell’istituto<br />

sulla corruzione<br />

può essere visionato sul:<br />

http://www.instituteforpr.com<br />

/international.phtml?article_i<br />

d=bribery_index<br />

Full Press Statement on<br />

Statement of Principles -<br />

http://www.ifj.org/docs/Joint<br />

%20statement%20on%20m<br />

edia%20transparency%20pr<br />

inciples.doc<br />

Per ulteriori informazioni:<br />

Aidan White, +32 2 235<br />

2200, aidan.white@ifj.org<br />

(da ww.fnsi.it)<br />

Roma, 3 agosto <strong>2004</strong>. La Federazione internazionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti ha, oggi, dato il suo<br />

appoggio a una nuova iniziativa per eliminare<br />

la pratica della commercializzazione e la<br />

corruzione nel giornalismo.<br />

L’Ifj è una delle sei organizzazioni che<br />

sostengono una serie di principi miranti a<br />

promuovere una maggiore trasparenza nei<br />

rapporti tra professionisti delle relazioni<br />

pubbliche e media, e per mettere fine alla<br />

corruzione <strong>dei</strong> media nel mondo.<br />

“Il problema del ‘giornalismo in vendita’, o del<br />

materiale pagato considerato come legittimi<br />

reportage giornalistici, è una delle più grande<br />

sfide che i media devono affrontare oggi”,<br />

ha detto Aidan White, segretario generale<br />

dell’Ifj. “La pratica erode la fiducia pubblica,<br />

mina la professionalità e si prende gioco <strong>dei</strong><br />

valori etici”. Il congresso dell’Ifj svoltosi ad<br />

Atene in maggio ha incitato ad agire per<br />

promuovere la qualità del giornalismo.<br />

“Questo insieme di principi è un’ottima iniziativa<br />

del settore per rimettere in carreggiata la<br />

missione del giornalismo ed eliminare ogni<br />

forma di corruzione”, ha detto White.<br />

Gli altri gruppi che sostengono la dichiarazione<br />

<strong>dei</strong> principi sono l’International press<br />

institute, il Transparency international, la<br />

Global alliance for public relations and<br />

communications management, l’Institute for<br />

public relations research and education, ed<br />

l’International public relations association.<br />

I principi, inseriti della Carta per la trasparenza<br />

<strong>dei</strong> media sviluppata dall’International<br />

public relations association, sono i<br />

seguenti:<br />

- Il nuovo materiale deve apparire dietro<br />

giudizio <strong>dei</strong> giornalisti e degli editori, e non<br />

dietro pagamento in contanti o con altri<br />

metodi, o incentivi.<br />

- Il materiale che presuppone un pagamento<br />

deve essere chiaramente identificato come<br />

pubblicità, sponsorizzazione o promozione.<br />

- Nessun giornalista o rappresentante <strong>dei</strong><br />

media deve mai suggerire che la copertura<br />

delle notizie debba avvenire per motivi differenti<br />

dal merito.<br />

- Quando campioni o anticipazioni di prodotti<br />

o servizi sono ritenuti necessari dalle aziende,<br />

i prodotti anticipati devono poi essere<br />

restituiti.<br />

- I media devono istituire delle polizze scritte<br />

riguardanti la ricevuta per regali o prodotti e<br />

servizi scontati, e ai giornalisti deve essere<br />

richiesto di sottoscriverle.<br />

“Questa iniziativa è la benvenuta”, ha detto<br />

White. “Essa getta una luce positiva sugli<br />

spesso oscuri rapporti tra il mondo degli affari<br />

e il giornalismo, e ci aiuta a concentrarci<br />

sulla necessità di qualità nei media”.<br />

Lo scorso anno, l’Institute for public relations<br />

research and education e l’International<br />

public relations association, hanno resa<br />

pubblica una lista di 66 nazioni riguardante<br />

la possibilità che i giornalisti della carta stampata<br />

cerchino o accettino denaro in cambio<br />

della copertura di notizie. Frank Ovaitt, presidente<br />

dell’Istituto, ha detto: “Riteniamo che si<br />

tratti di una questione critica, che giornalisti<br />

seri ed esperti di pubbliche relazioni devono<br />

affrontare insieme”.<br />

Sentenza americana: e-mail senza privacy<br />

La decisione<br />

potrebbe<br />

avere<br />

conseguenze<br />

sullo<br />

sviluppo<br />

<strong>dei</strong> nuovi<br />

servizi<br />

Roma, 6 luglio <strong>2004</strong>. È un inquietante precedente<br />

mondiale quello sancito dalla Corte di<br />

appello del primo Circuito a Boston: una<br />

sentenza - molto contestata, che ha fatto scalpore<br />

ma che non tutti prendono sul serio - ha<br />

stabilito che i messaggi e-mail non sono<br />

protetti dalle leggi sulla privacy poiché transitano,<br />

anche solo per un millesimo di secondo,<br />

sui computer di provider Internet che possono<br />

farne quello che vogliono. Negli Stati Uniti, la<br />

patria di Internet, si discute animatamente se<br />

questo può costituire un precedente.<br />

Alcuni sostengono che la sentenza potrebbe<br />

avere effetti su tutto il prossimo sviluppo di<br />

Internet; altri che la decisione di Boston non<br />

avrà effetti pratici.<br />

Il caso di cui parliamo nasce dalla vicenda di<br />

un venditore di libri on-line di Boston : la<br />

compagnia nel 1998 vendette indirizzi e-mail<br />

a commercianti di libri e, in segreto, copiò i<br />

messaggi che questi venditori avevano avuto<br />

da Amazon.com. Nel 1999 la società e un<br />

impiegato si dichiararono colpevoli di spionaggio<br />

telematico ma ora la sentenza che<br />

pubblichiamo afferma che, in effetti, non<br />

commisero alcun reato.<br />

19 (27)


M E M O R I A<br />

Leo<br />

Longanesi<br />

di Enzo Magrì<br />

Di statura non superava il metro e<br />

sessanta. Mino Maccari, amico di<br />

sempre, sosteneva che “era nato<br />

nel secolo decimonano”. Vincenzo<br />

Cardarelli, suo sodale degli anni<br />

romani, ripeteva, ironizzando, che<br />

di notte, quando s’arrabbiava,<br />

“andava su e giù sotto il letto”. Tuttavia,<br />

nonostante l’altezza, o forse<br />

proprio per questo, Leo Longanesi<br />

non esitava, ancora ventiquattrenne,<br />

ad accapigliarsi con i grandi di<br />

statura e di fama. Nel 1929 sfidò a<br />

duello Guido Da Verona che aveva “offeso” Alessandro<br />

Manzoni scrivendo una parodia <strong>dei</strong> Promessi sposi in cui<br />

Lucia faceva la donna di vita in una casa chiusa di via Tadino,<br />

a Milano. Due anni più tardi, davanti al Comunale di Bologna,<br />

benché sommerso da una turba d’uomini vocianti, riuscì<br />

a mollare uno schiaffo ad Arturo Toscanini (che definiva un<br />

Gondrand della musica) il quale si rifiutava di aprire con<br />

Giovinezza il concerto in onore del maestro Giuseppe<br />

Martucci. Solitario e malinconico, instancabile inventore di<br />

scritte, battute, calembour, sigle, emblemi, trovate, barzellette,<br />

aforismi e disegni satirici, Longanesi è stato un genio della<br />

grafica, del giornalismo e dell’editoria tanto da potere essere<br />

paragonato ad Aldo Manuzio, il<br />

Gutemberg italiano, colui che nel<br />

1550 creò il carattere italico, ispirandosi<br />

anche alla scrittura di Francesco<br />

Petrarca.<br />

Irrimediabilmente borghese, Leo<br />

era allo stesso tempo un anarchico<br />

e un conformista dissacratore con<br />

la vocazione a schierarsi controcorrente,<br />

forte della sua preparazione<br />

culturale e del suo innegabile gusto<br />

grafico. Le definizioni di conformista<br />

e di anarchico potrebbero apparire<br />

contraddittorie. Non lo sono se riferiti<br />

ad una persona la cui vita si è dipanata sotto il segno<br />

dell’incoerenza. Fascista, ma contemporaneamente frondista,<br />

coniò esaltanti motti che osannavano il dittatore (“Mussolini<br />

ha sempre ragione”). Nel medesimo tempo inventò irridenti<br />

battute contro lo stesso tiranno (“Di Mussolini non mi<br />

fanno paura le idee ma le ghette”).Tuttavia, dopo aver ironizzato<br />

sul duce, si recava a Palazzo Venezia per sottoporre al<br />

tiranno la prima copia dell’Italiano oppure, più tardi, i numeri<br />

zero di Omnibus. Anche per questa ragione Giovanni Comisso<br />

lo definì “piccolo nano di corte”.<br />

Le sue incongruenze non sono confinate al solo periodo<br />

fascista. Si estendono anche a quello della democrazia.<br />

Bramoso d’essere liberato prima possibile dagli americani,<br />

nella primavera del 1944 attraversò le linee (colto dal fuoco<br />

<strong>dei</strong> due eserciti si riparò sotto un muro pericolante nel quale<br />

campeggiava la sua frase Il duce ha sempre ragione) e si<br />

presentò agli alleati a Napoli che lo impiegarono con Steno e<br />

Mario Soldati nel Centro italiano di propaganda dove si distinse<br />

per la satira antifascista. Tentò anche d’iscriversi al partito<br />

comunista, ma ne fu rifiutato dalla dirigenza. A democrazia<br />

instaurata, cominciò a dolersi del nuovo regime, tanto da<br />

indulgere nella nostalgia e d’essere preso per un passatista,<br />

addirittura per un neofascista. Un<br />

dialogo riportato in un suo volume,<br />

e che risale al 1944, dà la misura<br />

della sua insofferenza verso l’Italia<br />

del dopo ventennio.<br />

“Lei è democratico?”.<br />

“Lo ero”.<br />

“Lo sarà ancora?”<br />

“Spero di no”.<br />

“Perché?”. “<br />

“Perché dovrebbe tornare il fascismo:<br />

soltanto sotto una dittatura<br />

riesco a credere nella democrazia”.<br />

Il giornalista fondatore dell’ononima casa editrice<br />

Fascista e frondista, coniava esaltanti slogan per il dittatore (Il duce<br />

ha sempre ragione), che poi bollava con brucianti motti (Di Mussolini<br />

non mi fanno paura le idee ma le ghette). Inventò parecchi giornali<br />

tra cui Omnibus, un modello di rotocalco degli anni ‘30 e, nel<br />

1950, Il Borghese.<br />

Scoprì numerosi talenti letterari quali Buzzati, Berto, Brancati. La<br />

casa editrice da lui fondata giunse a competere con le grandi del<br />

settore: Mondadori e Rizzoli. Le sue contraddizioni continuarono<br />

anche in tempi di democrazia; mentre attaccava lo statalismo, redigeva<br />

Il Garofano Rosso, un giornale aziendale dell’Eni di Enrico<br />

Mattei di cui era amico e consulente.<br />

I suoi aforismi e i suoi giudizi erano temuti tanto dai nemici quanto<br />

dagli amici che alla sua morte, pur rimpiangendolo, si confortarono<br />

al pensiero che da quel momento ciascuno di loro, scrivendo<br />

un articolo oppure un libro, non si sarebbe più chiesto<br />

“chissà che cosa dirà Leo quando lo leggerà”. Morì a 52 anni<br />

mentre stava per fondare un’altra Longanesi.<br />

Un “Borghese”<br />

grande grande<br />

I due volti della Romagna<br />

e la passione per il fascismo<br />

La sua travagliata, affascinante, avventura<br />

nel mondo della carta stampata comincia<br />

quand’egli ha ancora i pantaloni corti. Romagnolo<br />

(era nato il 30 agosto 1905, in una<br />

famiglia borghese di Lugo) aveva avuto<br />

un’infanzia solitaria “dominata dal contrasto<br />

tra il cattolicesimo casalingo della nonna e il<br />

socialismo irruente del nonno; due volti<br />

inconciliati della Romagna”. Questo conflitto<br />

accende probabilmente nel ragazzo la<br />

passione per il fascismo nel quale s’imbranca<br />

nel 1920 partecipando ad un’azione<br />

squadrista all’università di Bologna brandendo<br />

addirittura una pistola.<br />

L’audacia che impronta il quindicenne, indurrebbe<br />

a inquadrarne lo spirito in un contesto<br />

di grossolanità irriflessiva e volgare.<br />

Sarebbe un errore. Patito del pittore-disegnatore-litografo<br />

Honeré Daumeir, Leo acquista<br />

pacchi di ottocentesche riviste francesi con<br />

le incisioni del suo modello ma anche collezioni<br />

dell’Asino con le vignette di Podrecca e<br />

Galantara. Trasferitosi stabilmente a Bologna,<br />

inventa i mensili È permesso…?, Il Toro<br />

e Dominio. Contemporaneamente inizia a<br />

collaborare con il periodico di Anton Giulio<br />

Bragaglia, L’Index rerum virorunque proibitorum,<br />

in cui si prendono in giro i vip del momento.<br />

Nel 1924 scrive per L’Assalto e Il Selvaggio.<br />

Ma è con la creazione de L’Italiano (14<br />

gennaio 1926) che il suo nome si diffonde tra<br />

l’Italia colta. Longanesi e l’Italiano combaciano<br />

con il movimento culturale “Strapaese”<br />

che difende la tradizione nazionale contro la<br />

tendenza della cultura aperta a influssi stranieri.<br />

Il giovane di Lugo entra in polemica con<br />

“Stracittà”, la corrente opposta che propugna<br />

l’impegno del sapere verso il modernismo, e<br />

a favore degli influssi della civiltà industriale,<br />

della Scienza e della Tecnica, indirizzo che<br />

si richiama alla rivista 9OO. L’Italiano si<br />

propone soprattutto “d’impedire l’imborghesimento<br />

del fascismo, di sostenerne le finalità<br />

rivoluzionarie, di colpire a fondo gli avversari<br />

di Mussolini, d’inventare un’arte e una letteratura<br />

fasciste”.<br />

Approvata dal duce (“purché si polemizzi<br />

soltanto con gli antifascisti”), la rivista ospita<br />

scritti di Ungaretti, Rosai, Carrà, Bartoli,<br />

Agnoletti. È in quegli anni che Longanesi,<br />

posseduto dal mito mussoliniano, scrive “Il<br />

Vademecum del perfetto fascista seguito da<br />

dieci assiomi per il milite ovvero avvisi ideali”<br />

(1926). Nonostante avesse avuto il merito<br />

d’aver diffuso lo slogan “Mussolini ha sempre<br />

ragione”, il settimanale (divenuto quindicinale)<br />

è chiuso il 31 ottobre dello stesso anno,<br />

poco dopo l’attentato di Anteo Zamboni al<br />

dittatore.<br />

Privo del suo foglio, ed estromesso anche<br />

dall’Assalto (per avere criticato il senatore<br />

Tanari, finanziatore dello squadrismo bolognese),<br />

Leo si trasferisce a Roma dove, con<br />

Maccari, Cardarelli, Bartoli, Barili, Talarico ed<br />

altri, elegge il caffè Aragno a cenacolo. Qui,<br />

nonostante le trepidazioni del poeta, il quale,<br />

intabarrato estate e inverno nel suo cappotto,<br />

è convinto che uno <strong>dei</strong> camerieri sia una<br />

spia dell’Ovra, nascono molti celebri calembour:<br />

“Sbagliando s’impera”, “Lardo ai giovani”,<br />

“Mi piacciono i giovani perché sbagliano<br />

subito”. Frondista di sera, continua ad essere<br />

fascista di giorno. Ma valendosi dell’autoironia,<br />

si sottrae a servili prestazioni al regime<br />

come quando, nel 1932, chiede d’essere<br />

dispensato dal fare la guardia d’onore con il<br />

moschetto alla Mostra del decennale del<br />

fascismo (dove egli aveva allestito una rassegna<br />

fotografica su Mussolini) con una battuta<br />

che strappò una risata al duce. Rilevò,<br />

beffardo: “La gente vedrebbe solo il moschetto<br />

e penserebbe che la guardia è scappata.<br />

Bella figura per la rivoluzione”.<br />

Nel 1938 nasce “Omnibus”<br />

con l’imprimatur del Duce<br />

La cortigianeria che usa verso il fascismo,<br />

è riscattata solo in parte della genialità con<br />

la quale realizza alcune iniziative giornalistiche<br />

di notevole spessore culturale e<br />

professionale. Nel 1933 chiede a Mussolini<br />

il permesso di pubblicare un settimanale.<br />

L’autorizzazione gli viene accordata nel ‘35,<br />

alla vigilia della guerra contro l’Etiopia.<br />

Omnibus, primo settimanale italiano a<br />

lenzuolo, nasce il 28 marzo 1938 per i tipi<br />

di Angelo Rizzoli che, con Arnoldo Mondadori,<br />

utilizza il rotocalco, un sistema di stampa<br />

nato in America e che ha fatto la fortuna<br />

di Life.<br />

Il servizio d’apertura del primo numero su<br />

Leon Blum, corredato da una grande foto,<br />

scritto da Carlo Scarfoglio, strappò una<br />

bestemmia a Mussolini. Sul settimanale, che<br />

resterà un modello di giornalismo d’avanguardia,<br />

scrivono oltre a Scarfoglio, Mario<br />

Missiroli, Arrigo Benedetti, Mario Pannunzio,<br />

Alberto Moravia, Giovanni Drogo (Dino<br />

Buzzati), Mario Soldati, Tommasi di Lampedusa.<br />

E poi ancora Enrico Emanuelli, Curzio<br />

Malaparte, Eugenio Montale, Vitaliano Brancati,<br />

Elio Vittorini, Riccardo Bacchelli oltre<br />

naturalmente a Indro Montanelli che con<br />

Giovanni Ansaldo saranno impegnati anche<br />

nella “cucina”.<br />

Per alcuni (e tra questi c’è Giuseppe Trevisani),<br />

“il settimanale rappresentò il tentativo di<br />

rifare un giornalismo per pochi, un periodico<br />

per una minoranza qualificata mentre l’indirizzo<br />

politico del tempo e lo sviluppo <strong>dei</strong><br />

nuovi mezzi tecnici designavano sempre di<br />

più il giornalismo come prodotto destinato<br />

alle masse”. Ma Arrigo Benedetti scriverà<br />

che ne venne fuori “un giornale letterario<br />

solo perché compilato in gran parte da scrittori<br />

e che improvvisamente innestò sul tronco<br />

del giornalismo italiano nuovo, motivi<br />

provenienti da quello anglosassone”. Il giornalista<br />

di Lucca rilevò che si trattò “d’un’esperienza<br />

morale e d’un’esperienza tecnica”.<br />

Riferendosi al suo maestro Longanesi, l’inventore<br />

dell’Europeo e dell’Espresso sottolineò<br />

che “la sua intransigenza artigiana<br />

rappresentò per molti il migliore insegnamento<br />

che possa avere avuto un giornalista<br />

nei tempi precedenti all’ultima guerra<br />

mondiale”.<br />

Omnibus riportava articoli di fondo fascisti e<br />

“foto di ebrei per far rilevare che erano brutti<br />

e antifascisti”. Tuttavia, primo in Italia,<br />

pubblicò scrittori proibiti come Ernest<br />

Hemingway, tradotto da Elio Vittorini. Attraverso<br />

quel giornale gli italiani colti conobbero<br />

D. H. Lawrence, Dashiell Hammett, James<br />

Cain, Joseph Roth, John Steinbeck, Erskine<br />

20 (28) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Caldwell. Direttore e unico redattore, Longanesi<br />

(qualche volta aiutato da Indro Montanelli<br />

e da altri fedelissimi), mescola insieme<br />

caratteri tipografici diversi e ordina immagini<br />

indicando al fotografo oggetto e posa. Naturalmente<br />

interviene sui pezzi, tagliando,<br />

aggiungendo, togliendo qua e là un aggettivo,<br />

rimaneggiando ove sia necessario.<br />

E all’uscita di ogni numero<br />

Mussolini si lamenta<br />

Omnibus campò complessivamente un anno<br />

e mezzo avendo vissuto una vita agitata e<br />

precaria. Dopo l’uscita d’ogni numero,<br />

Mussolini chiamava il ministro per la Cultura<br />

popolare, per dolersi delle critiche che il giornale<br />

rivolgeva al regime. Dino Alfieri riusciva<br />

a rabbonire il dittatore che concludeva<br />

immancabilmente con una minaccia: “dal<br />

prossimo numero il giornale va sospeso”. La<br />

chiusura di Omnibus giunse con la copia del<br />

29 gennaio 1939. Le versioni sulla sua fine<br />

sono due.<br />

Secondo la prima, il giornale venne chiuso<br />

perché Alberto Savinio raccontò la morte di<br />

Leopardi a Napoli per via d’un attacco di<br />

“cacarella” causato dai troppi gelati ingollati.<br />

Secondo altri perché, sempre il fratello di De<br />

Chirico, attribuì la chiusura del caffè Gambrinus<br />

alla decisione d’un alto commissario per<br />

il chiasso che proveniva dal locale e che<br />

disturbava la moglie mentre giocava a bridge<br />

con le amiche nell’appartamento sovrastante.<br />

Savinio aveva scritto “che l’aria di<br />

Napoli era fatale ai caffè come le rose sono<br />

fatali agli asini”. “Duce, questo gazzettiere mi<br />

dà del somaro” si lamentò il funzionario con<br />

il dittatore che decretò la cessazione della<br />

rivista. Rimasto “disoccupato”, Longanesi<br />

resuscita l’Italiano e, allo scoppio della guerra,<br />

dopo una breve esperienza in Libia con<br />

Italo Balbo, per ragioni di salute, si dedica a<br />

Fronte, una rivista per i soldati preparata dal<br />

ministero per la Cultura popolare. Nel frattempo<br />

dirige per Rizzoli la collana “Il sofà<br />

delle Muse”.<br />

La sua insofferenza di frondista verso il fascismo<br />

esplode il 25 luglio 1943. La caduta del<br />

regime lo coglie esultante per le strade di<br />

Roma al pari d’un inveterato antifascista.<br />

Paolo Monelli ricorda che quel giorno i cittadini,<br />

“presi da bellicoso furore mossero<br />

all’assalto <strong>dei</strong> circoli rionali e s’impadroniscono<br />

delle armi”. Annota: “Si vede Longanesi<br />

che va fieramente per via con un fucile a<br />

bracciarm”. In serata Leo si ritrova con<br />

Pannunzio, Flaiano e Benedetti al Messaggero<br />

dove insieme scrivono un fondo inneggiante<br />

alla libertà.<br />

L’esultanza del giornalista per la fine della<br />

dittatura dura poco. A Napoli, dove si è recato<br />

agli inizi del 1944, oltre che con il Centro<br />

italiano di propaganda radiofonica, Stella<br />

Bianca, collabora con i giornali L’Astolfo e il<br />

Partigiano, un foglio quest’ultimo che le<br />

fortezze volanti lanciano sull’Italia non ancora<br />

liberata. Ben presto affiora la sua scontentezza<br />

verso il nuovo clima. Ad innescarla è la<br />

presenza nel capoluogo campano di molti<br />

fuorusciti che vi sono confluiti dai diversi esili<br />

e che “turbano il senso estetico” del romagnolo.<br />

Cosicché tra se stesso e i gli antifascisti<br />

reduci da ventanni di lontananza dall’Italia,<br />

mette i cento e più chilometri che separano<br />

Napoli da Roma.<br />

Ed è nella capitale, che il 25 aprile 1945<br />

apprende da un giornale della fucilazione e<br />

dello scempio del corpo di Mussolini e degli<br />

altri gerarchi a piazzale Loreto. Mentre legge<br />

il titolo, ricorda le parole che il duce gli aveva<br />

rivolto sulla spiaggia di Cesenatico: “Voi siete<br />

anarchico. Siatelo per molti anni finché lo<br />

potete. È una ricetta per restar giovani”.<br />

Fonda la casa editrice<br />

con l’industriale Monti<br />

Non c’è bisogno dell’esortazione del defunto<br />

duce per stimolare Longanesi a continuare<br />

pervicacemente, per la restante parte della<br />

sua vita, nello stile libertario che ne ha caratterizzato<br />

fino a quel punto la condotta. Alla<br />

fine dell’anno 1945, egli lascia Roma per<br />

Milano.<br />

Qui, agli inizi del 1946 fonda la casa editrice<br />

che porta il suo nome insieme con l’industriale<br />

Giovanni Monti. A competere con i<br />

grandi dell’editoria, Rizzoli e Mondadori, lo<br />

coadiuvano un redattore, Mario Monti, figlio<br />

di Giovanni, comproprietario dell’azienda e<br />

un collaboratore, Bruno Licitra. Danno una<br />

mano anche Indro Montanelli, che all’occorrenza<br />

riscrive i libri e Giovanni Ansaldo che<br />

si occupa della saggistica. Collaborano<br />

intellettuali di diverse tendenze politiche:<br />

Henry Furst, Emilio Cecchi e Alberto Moravia.<br />

Come per il giornalismo anche per l’editoria,<br />

Longanesi rivela un acume sbalorditi-<br />

vo nello scoprire talenti e genialità; dote che<br />

ha sperimentato al tempo di Omnibus. Un<br />

giorno, in quella fine di anni 30, Montanelli<br />

e Pannunzio si stavano sganasciando dalla<br />

risate in redazione mentre leggevano un<br />

libretto intitolato Piave, scritto da uno<br />

sconosciuto autore. Si trattava d’un’opera<br />

retorica “che traboccava fesserie”. Leo chiese<br />

ai due quale fosse il motivo di quel divertimento.<br />

Montanelli gli mostrò il volume. Il<br />

direttore vi gettò una rapida occhiata e<br />

replicò: “Siete due cretini. Non capite un<br />

accidente. Qui sotto c’è un talento”.<br />

Fu lo stesso Montanelli a scovargli l’autore,Vitaliano<br />

Brancati che lavorava al Tevere.<br />

Quando ebbe davanti il giovane siciliano,<br />

Leo lo strapazzò: “Lei è un idiota. Crede di<br />

essere un poeta epico. È invece sa cos’è? È<br />

un Gogol, un gogolino di Catania. Mi scriva<br />

un racconto sulla sua città. Deve raccontare<br />

storie di corna e il dongiovannismo della Sicilia.<br />

Si dia da fare”.<br />

“Il cielo è rosso” di Berto:<br />

retroscena di un successo<br />

Tra i primi libri pubblicati dalla Longanesi c’è<br />

Il cielo è rosso di Giuseppe Berto. L’autore<br />

rievocherà più tardi il retroscena di quel<br />

successo dovuto ovviamente all’intuizione di<br />

Longanesi. Il volume, scritto durante la<br />

prigionia, era stato respinto da parecchi<br />

editori, uno <strong>dei</strong> quali non l’aveva neppure<br />

letto.<br />

Leo, dopo avere percorso velocemente con<br />

lo sguardo il manoscritto davanti a Berto,<br />

ebbe un gesto di disgusto ma invitò il giovane<br />

scrittore a farsi vedere due giorni più tardi.<br />

La diagnosi fu inesorabile: era necessario<br />

eliminare il primo capitolo e bisognava<br />

eseguire sapienti tagli perché “l’opera era<br />

noiosa”. “Bisogna mettere le mani dappertutto”<br />

concluse l’editore. Berto accondiscese a<br />

malincuore ad affidargli il romanzo. Riteneva<br />

tuttavia che Longanesi lo avrebbe consultato<br />

per concordare tagli e rifacimenti.<br />

Per tre mesi non seppe nulla. Un giorno,<br />

occhieggiando nella vetrina d’un libraio di<br />

Venezia, lo scrittore notò il suo nome e<br />

cognome sopra un libro che s’intitolava Il<br />

cielo è rosso, intestazione che trovò tuttavia<br />

gradevole. Amareggiato per essere<br />

stato escluso dall’editing (ma anche scarsamente<br />

disposto a protestare), l’autore<br />

trovò conforto nel risvolto finanziario che<br />

ebbe la sua vicenda. Non essendo riuscito<br />

ad opporsi al disegno di Longanesi di<br />

“aggiustare” il volume, Berto quasi involontariamente<br />

si era assicurato un piccolo<br />

vantaggio.<br />

Il romagnolo gli aveva proposto royalties<br />

molto basse. Tuttavia aveva aderito alla<br />

richiesta dello scrittore d’avere una percentuale<br />

del venti per cento qualora l’opera<br />

avesse superato le novemila copie. Una<br />

provvigione che l’editore aveva concesso<br />

convinto che il libro non avrebbe toccato<br />

quella punta di vendita. Longanesi dovette<br />

pentirsi di quella scarsa estimazione. In poco<br />

tempo Il cielo è rosso superò le novemila<br />

copie di tiratura.<br />

La “scoperta” di Berto si aggiungeva a quell’altra<br />

felice intuizione che lo aveva illuminato<br />

su Dino Buzzati (suo collaboratore in Omnibus)<br />

al quale aveva suggerito Il deserto <strong>dei</strong><br />

tartari.<br />

Montanelli nel ruolo<br />

di revisore <strong>dei</strong> testi<br />

Nell’immediato dopoguerra, per i tipi della<br />

Longanesi (che si batte senza soggezione<br />

contro Mondadori e Rizzoli) escono anche<br />

Tempo d’uccidere di Ennio Flaiano, premio<br />

Strega del 1947, La vera signora di Elena<br />

Canino, Il vero signore di Giovanni Ansaldo<br />

(oltre a Latinorum e al Ministro della buona<br />

vita dello stesso autore), I pensieri di un<br />

libertino di Arrigo Cajumi, Fuga in Italia di<br />

Mario Soldati e decine di altri libri. Come<br />

ricorderà Spadolini, il periodo che va dal<br />

1945 al 1950, rappresenta un momento felice<br />

per l’ex direttore di Omnibus, unito in<br />

sodalizio con Montanelli, che riscrive parecchi<br />

volumi.<br />

Molte opere della casa editrice degli spadini<br />

hanno carattere provocatorio come quelle di<br />

Bertrand Russel (Storia della filosofia occidentale),<br />

Saverio Merlino (Utopia collettivista),<br />

Panfilo Gentile (Cinquantanni di Socialismo),<br />

Francesco Saverio Nitti (Eroi e briganti),<br />

John Reed (Dieci giorni che sconvolsero<br />

il mondo), Quinto Navarra (Le memorie<br />

del cameriere di Mussolini).<br />

Questo volume fu in effetti scritto da Montanelli<br />

e da Longanesi sotto la dettatura del<br />

domestico del dittatore. Sempre legato al<br />

giornalismo attivo, nel 1946 Leo inventa Il<br />

Libraio, primo tabloid italiano; un mensile<br />

distribuito nelle librerie e venduto in abbonamento.<br />

Benché avesse carattere eminentemente<br />

promozionale, la rivista rappresentò<br />

un esempio di pubblicazione periodica tanto<br />

da essere definita “un Omnibus in piccolo”.<br />

L’impegno che obbliga il romagnolo a leggere<br />

i libri degli altri, non gli toglie la voglia di<br />

scriverne di propri.<br />

Nel 1948 manda alle stampe In piedi e seduti,<br />

un exursus di avvenimenti e personaggi<br />

dal 1919 al 1943. Nel 1950, inventa Il Borghese,<br />

un settimanale politico in cui eccelle<br />

sin dalla copertina la sua produzione grafica,<br />

carica di sarcasmo e di ironia. Sulla nuova<br />

pubblicazione scrivono Montanelli (anche<br />

con gli pseudonimi di Adolfo Contano e Antonio<br />

Siberia) che in America “stimola” Giuseppe<br />

Prezzolini, Giovanni Spadolini, Alberto<br />

Savinio, Ennio Flaiano, Colette Rosselli,<br />

Henry Furst, Giovanni Ansaldo, Irene Brin,<br />

Goffredo Parise, Giuseppe Compagnoni,<br />

Elena Canino, Orsola Nemi, Piero Buscaroli.<br />

Il giornale è in polemica con i governi centristi<br />

della repubblica: un contrasto carico di<br />

elementi e di inflessioni tipici della destra<br />

protestataria.<br />

Le critiche, che da quella posizione politica<br />

Leo rivolge ad alcuni intellettuali, accendono<br />

una disputa tra il romagnolo ed un suo<br />

vecchio discepolo che, professionalmente,<br />

aveva fatto onore al maestro inventando<br />

prima Oggi e successivamente Il Mondo.Mi<br />

riferisco a Mario Pannunzio. “Ma come”<br />

(scrisse questi rivolgendosi al suo ex direttore)<br />

“io quando arrivai a Roma ero un buon<br />

fascista per il semplice motivo che conoscevo<br />

solo il fascismo. Ero vissuto in provincia,<br />

a Lucca, e avevo poco più di vent’anni. Venni<br />

a Omnibus. E fu lì, accanto a lei, e per sua<br />

suggestione, che ho cominciato ad avere <strong>dei</strong><br />

dubbi e poi a passare addirittura all’altra<br />

parte. Fu lei a spingerci tutti sulla strada<br />

dell’antifascismo e ora ci rimprovera d’averla<br />

battuta fino in fondo”.<br />

“Il Borghese”, un giornale<br />

che demonizza lo statalismo<br />

È assolutamente inutile richiamare Leo alla<br />

coerenza <strong>dei</strong> suoi gesti e <strong>dei</strong> suoi pensieri. Il<br />

carattere contraddittorio del suo spirito si<br />

manifesta anche nel dopoguerra. Mentre<br />

pubblica Il Borghese, un giornale di destra<br />

che demonizza lo statalismo il quale trova<br />

sempre più spazio nella società italiana,<br />

Longanesi insieme con Giovanni Ansaldo,<br />

redige e stampa Il Garofano Rosso, un giornale<br />

aziendale di propaganda anticomunista<br />

che però sostiene l’impresa di stato perché<br />

appartiene all’Eni di Enrico Mattei di cui è<br />

diventato amico e confidente, una sorta di<br />

consigliere politico.<br />

Poiché questi è in difficoltà con la componente<br />

di destra della Democrazia Cristiana,<br />

il direttore del Borghese gli consiglia di<br />

buttarsi a sinistra. “Vedrà” gli assicura “come<br />

cambierà il vento”.Più tardi gli suggerirà pure<br />

l’idea di stampare Il Giorno, il quotidiano che<br />

verrà realizzato dal suo amico Gaetano<br />

Baldacci.<br />

A partire dall’inizio degli anni Cinquanta si<br />

apre per Longanesi una fase (1950-1957)<br />

difficile durante la quale manifesta rabbia e<br />

livore contro tutti. È il periodo in cui litiga<br />

persino con Indro. Ma la sua collera è rivolta<br />

soprattutto contro la borghesia “populista<br />

che scimmiotta gli operai”. Un atteggiamento<br />

che uno <strong>dei</strong> suoi critici, Alberto Moravia bolla<br />

come “un crepuscolarismo che gli impedisce<br />

di prevedere la ripresa consumistica e<br />

neocapitalista di quella borghesia nella quale<br />

non gli era mai riuscito di credere anche per<br />

via <strong>dei</strong> suoi insuperabili limiti di geniale artigiano<br />

che non gli consentirono di passare<br />

dall’artigianato all’industria culturale come<br />

fecero gli altri”.<br />

Il pessimismo di Leo trasuda dalle battute<br />

che sono trafiggenti anche in tempi di democrazia.<br />

“La nostra bandiera dovrebbe recare<br />

una grande scritta: ho famiglia”; “L’ingiustizia<br />

ha ancora un avvenire”; “Non è la libertà che<br />

manca, mancano gli uomini liberi”; “Uno<br />

stupido è uno stupido. Due stupidi sono due<br />

stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica”;<br />

“Veterani si nasce”; “Non sono le idee<br />

che mi spaventano ma le facce che rappresentano<br />

queste idee”; “È meglio assumere<br />

un sottosegretario che una responsabilità”; “I<br />

presenti non sono mai stati fascisti”; “Non c’è<br />

posto per la fantasia che è figlia della libertà”;<br />

“La libertà è morta perché si è troppo estesa”;<br />

“Sono fanatici ma non senza conservare<br />

una qualche amicizia nel campo avversario”;<br />

“Cercava la rivoluzione trovò l’agiatezza”;<br />

“Una personalità complessa: si scrive lettere<br />

anonime per guidare la propria coscienza”.<br />

Longanesi dissemina di battute acide e ciniche<br />

i suoi libri.<br />

All’esordio degli anni Cinquanta stampa Una<br />

segue<br />

21 (29)


Leo Longanesi / segue<br />

vita (1950), Il destino à cambiato cavallo<br />

(1951), Un morto fra noi (1952), Ci salveranno<br />

le vecchie zie (1953). Dopo una pausa di<br />

quattro anni, riprende a scrivere opere nella<br />

seconda metà <strong>dei</strong> Cinquanta: Lettera alla<br />

figlia del tipografo di L.L. (1957), Me ne vado<br />

(1957), La sua signora, taccuino di L.L.<br />

(1957). Ai libri aggiunge la mai interrotta<br />

produzione pittorica e grafica carica di scherno<br />

e derisione.<br />

L’impegno nella politica<br />

con la Lega Fratelli d’Italia<br />

Un po’ perché la linea politica del Borghese<br />

collide con gli interessi della casa editrice un<br />

po’ perché la sua azione disturba l’intero<br />

arco costituzionale, sta di fatto che la disinvolta<br />

indipendenza di Leo entra in conflitto<br />

con il suo socio.<br />

I due decidono di separarsi. Un primo<br />

accordo che consente a Longanesi di<br />

acquistare per cinque milioni la testata del<br />

settimanale, comprese le riserve di carta,<br />

non va in porto. Poi, un nuovo assetto societario<br />

della Longanesi e C e l’aumento di<br />

capitale lo escludono dall’azienda. Mentre<br />

tenta d’impegnarsi sul piano politico con la<br />

costituzione della Lega Fratelli d’Italia, una<br />

formazione di destra (da alcuni considerata<br />

“impossibile”) insieme con Mario Tedeschi<br />

e Gianna Preda, il romagnolo studia di dar<br />

vita ad una nuova casa editrice. Inizia a<br />

lavorare alla Rizzoli per preparare una<br />

collana di volumi che s’intitola I libri di Leo<br />

Longanesi.<br />

Era il primo nucleo d’un’altra azienda editoriale<br />

per la quale ha preparato anche il<br />

simbolo.<br />

Mentre per la prima<br />

Longanesi aveva<br />

inventato l’emblema<br />

<strong>dei</strong> due spadini,<br />

in omaggio alla<br />

moglie, Maria Spadini,<br />

figlia del celebre<br />

pittore, Armando,<br />

per questa nuova<br />

ha ideato una<br />

figurazione rappresentata<br />

due cannoni<br />

incrociati.<br />

Nel pomeriggio di venerdì 17 settembre del<br />

1957 il giornalista si sentì male nel suo<br />

studio di via Bigli. “Meglio così tra i miei arnesi”<br />

sibilò prima di entrare in coma e di morire.<br />

Per trasportarlo in clinica, fu necessario<br />

fare un lungo periplo cittadino perché il<br />

centro di Milano era bloccato dai funerali del<br />

conte Dino Branca di Romanico.<br />

Cardarelli scrisse: “Caro Leo, il tuo trapasso<br />

era l’estremo dispetto che hai voluto farci.<br />

Siamo qui a pentirci d’essere ancora in vita.<br />

Vorremmo scrutarci e siamo certi che sei in<br />

un luogo adatto per intenderci”. Il devoto<br />

commiato si chiudeva teneramente: “Sii<br />

beato, sii felice, felice, caro Leo, nel regno<br />

che certo ti ha destinato la tua guerriera<br />

innocenza”.<br />

Amici e nemici liberati<br />

dalla sua “tirannia” culturale<br />

Con la sua morte,<br />

Longanesi liberò<br />

amici e nemici dalla<br />

impietosa e crudele<br />

tirannia culturale<br />

per la quale<br />

era temuto tanto<br />

dagli uni quanto<br />

dagli altri.<br />

Di ritorno da Lugo<br />

di Romagna, dove<br />

lo avevano accompagnato<br />

all’ultima<br />

dimora, Giorgio Cabella, Indro Montanelli e<br />

Giovanni Ansaldo, durante il lungo viaggio in<br />

macchina verso Milano, evocarono la figura<br />

dell’amico. Abbandonati quasi subito le frasi<br />

di circostanza, i ricordi <strong>dei</strong> tre sprigionarono<br />

un fuoco d’artificio di battute, aneddoti, definizioni.<br />

Venne fuori pure il carattere sopraffattore<br />

del defunto. Ansaldo, pur riconoscendo<br />

la irreparabilità della dolorosa perdita, non<br />

poté non annotare che da quel momento tutti<br />

loro avrebbero potuto scrivere articoli “anche<br />

nei momenti di fiacca e lardellarli di sbadigli<br />

senza la solita maledetta paura che cadessero<br />

sotto l’occhio di Longanesi”.<br />

“Potremmo pronunciare frasi inutili e stupide<br />

senza il solito maledetto terrore che arrivino<br />

all’orecchio di Longanesi”.<br />

Pur nel rispetto del morto, con un sospiro di<br />

sollievo l’autore del Ministro della buonavita,<br />

libero da infingimenti, confessò: “L’incubo è<br />

finito”.<br />

Enzo Magrì<br />

GIORNALISMO<br />

E CINEMA<br />

Regista di numerosi film di successo -<br />

Pane amore e fantasia,<br />

Pinocchio Incompreso -<br />

ha collaborato a periodici e giornali.<br />

Con la critica cinematografica<br />

e la militanza civile e politica<br />

Luigi<br />

Comencini<br />

di Renata Broggini<br />

Un profilo meno noto nella biografia di Luigi Comencini è<br />

l’impegno quale giornalista negli anni Quaranta. In ruoli<br />

diversi: critico cinematografico, poi inviato speciale del settimanale<br />

Tempo illustrato, di Mondadori, nel 1939-41. Di critica<br />

si occupa su Vita Giovanile e Corrente - portavoce del<br />

movimento post-impressionista di Ernesto Treccani e di<br />

Raffaele De Grada, fondato nel 1938 contro l’isolazionismo<br />

fascista. Attività ripresa sulla pagina culturale dell’Avanti!<br />

nel 1945-46.<br />

Ma in quel periodo c’è una parentesi ancora meno conosciuta,<br />

l’antifascismo “militante” nel 1943-45, quando dall’Italia<br />

occupata dai tedeschi trova rifugio in Svizzera. È il Comencini<br />

collaboratore e redattore di fogli politici degli esuli italiani di<br />

orientamento socialista, che rivela un’apertura culturale non<br />

comune per un giovane della borghesia italiana di allora. Una<br />

formazione che riflette non solo gli studi, ma anche gli anni<br />

giovanili vissuti all’estero e la nascita in una famiglia “internazionale”.<br />

La madre Marie-Magdaleine Hefti è svizzera-tedesca originaria<br />

di Glarona, “valdese”, cresciuta nel Bresciano, dove i<br />

suoi sono proprietari di una filatura di cotone: “poneva molta<br />

cura nello sviluppare in me l’amore per le cose gentili e poetiche”,<br />

racconta Comencini stesso nel suo Infanzia, vocazione,<br />

esperienza di un regista (1999). Cerca di appassionarlo<br />

invece alla tecnica e alla meccanica il padre Cesare, ingegnere<br />

civile, di una modesta famiglia cattolica di campagna<br />

di Orzivecchi presso Brescia.<br />

Oltre a questa dialettica familiare, incide sul suo carattere<br />

l’adolescenza nel sud ovest francese, dove i Comencini si<br />

trasferiscono in un’azienda agricola: vita isolata e solitaria,<br />

fantasticando però viaggi da quando in casa entra un “orario<br />

ferroviario europeo”, anche se poi si limitano a rientri in Italia<br />

o alle vacanze dalla nonna in Svizzera. La passione per il<br />

cinema nasce proprio negli anni in Francia tra inquietudini,<br />

situazioni difficili, emarginazione dai compagni che lo chiamano<br />

“sporco italiano”, ma col cinematografo a portata di<br />

mano con le sue “emozioni sconvolgenti”.<br />

Della licenza liceale scrive: “non ricordo le facce <strong>dei</strong> professori<br />

ma il film che, per caso, avevo visto la sera prima: L’opera<br />

da tre soldi (in Francia “de quatr’sous”). Le canzoni <strong>dei</strong><br />

bassifondi, l’atmosfera di rabbia disperata, la sensualità torbida<br />

che mi aggredì, mi convinsero che il cinema era la grande<br />

arte totalizzante di questo secolo. Volevo farne parte”. La<br />

famiglia rientra in Italia, non a Salò sul lago di Garda dov’è<br />

nato, ma Milano. Iscritto al Politecnico, come desiderava il<br />

padre, morto nel dicembre 1934, scopre le avanguardie<br />

europee e in particolare l’opera di Le Corbusier.<br />

Si diploma architetto. Ma la vera passione, condivisa con<br />

Alberto Lattuada, è un’altra: collezionano vecchi film, il<br />

nucleo della futura Cineteca italiana. Una delle figlie, Cristina<br />

Comencini, regista di successo anche lei, ne ha raccolto le<br />

confidenze su quel periodo:<br />

giornalista<br />

“politico”<br />

L’idea di fare il cinema l’ho avuta da ragazzo, in Francia, ma<br />

l’ho realizzato in Italia. In Francia, negli anni della mia giovinezza,<br />

c’era un grande fermento culturale. Il cinema era<br />

molto avanti. C’erano riviste di cinema, dibattiti, associazioni.<br />

In Italia c’era il fascismo e il cinema <strong>dei</strong> telefoni bianchi.<br />

Non era un grande cinema. Poi, dopo la guerra, il cinema<br />

italiano è diventato grande. Perché si è tuffato nella realtà.<br />

Aspirante regista, nel 1937 riesce a piazzare al Cineguf di<br />

Milano la sua Novelletta, arrivato al quinto posto <strong>dei</strong> Littoriali,<br />

“primo <strong>dei</strong> film non politici”: va perduto per le vicende belliche,<br />

sicché in realtà inizierà a dirigere nel 1946 con Bambini<br />

in città, premonitore della “specializzazione” di regista di<br />

bambini. Nel 1940 con Lattuada organizza la “Mostra del<br />

cinema” alla Triennale di Milano, dove porta tra i registi celebri<br />

all’estero René Clair e Jean Renoir, la cui Grande illusion,<br />

“disfattista” per i fascisti, provoca incidenti con fischi di una<br />

parte del pubblico contro gli applausi dell’altra.<br />

Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940)<br />

Comencini dirotta quindi verso il giornalismo e “in breve si<br />

professionalizza, diventa critico del settimanale Tempo illustrato”,<br />

sottolinea Tullio Kezich, “quando decide di smettere,<br />

definitivamente risucchiato dal set, è già una firma prestigiosa,<br />

una sorta di Minosse temutissimo da chi gli capita sotto”.<br />

Intanto, arruolato, finisce a Udine dove vive in caserma “da<br />

lavativo”, commenterà lui stesso, evitando di partire per il<br />

fronte russo:<br />

Mi salvai dal fronte. Fu un caso anche questo legato al<br />

cinema. A Milano avevo conosciuto Carlo Ponti che spesso<br />

mi regalava i biglietti per andare al cinema. In caserma<br />

c’era un maresciallo che si occupava dello spaccio. Per<br />

ingraziarmelo, ogni tanto gli regalavo i biglietti del cinema.<br />

Era contentissimo e mi domandava sempre: “Come posso<br />

sdebitarmi?” E io: “Non si preoccupi, verrà il momento”.<br />

Un giorni gli ordinarono di fare una lista di soldati per il<br />

fronte russo. Mi chiese se volevo andarci. Gli risposi ovviamente<br />

di no e lui mi assegnò al reparto degli ammalati,<br />

<strong>dei</strong> riformabili. Diventai specialista nello sturare i cessi.<br />

Ogni tanto il maresciallo mi chiedeva se volevo andare al<br />

fronte, come fosse un optional, e io gli dicevo di no. Come<br />

De Laurentiis, che non ha mai fatto un giorno di guerra<br />

perché era il produttore addetto al fronte. Andava avanti e<br />

indietro fra Milano e Trieste.<br />

L’8 settembre 1943, anche lui va incontro a quel Tutti a casa<br />

che diventerà il soggetto di uno <strong>dei</strong> suoi film (1960) più celebri<br />

e riusciti. “Sono scappato, come Sordi, come tutti”, racconterà:<br />

“Mi sono nascosto prima a Milano e poi in Svizzera.<br />

Aspettavo la fine della guerra e inviavo articoli per la stampa<br />

socialista”. Il ricordo è un po’ sottotono, in realtà proprio<br />

nell’esilio svizzero Comencini riprende l’attività di giornalista,<br />

ora però con un esplicito intento “politico” su fogli di area<br />

appunto socialista. Ma qui è utile un passo indietro per seguire<br />

la sua vicenda di rifugiato.<br />

Comencini nel 1957<br />

con Alberto Sordi<br />

e Sergio Tofano:<br />

si gira La bella di Roma<br />

con Silvana Pampanini<br />

e Paolo Stoppa.<br />

Centro documentazione<br />

“Corsera”.<br />

In alto,<br />

Comencini, 1960.<br />

Archivio Giancolombo.<br />

22 (30) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


La vicenda di rifugiato in Svizzera dal dicembre 1943 al maggio 1945<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

La scheda del Commissariato federale per<br />

l’internamento dà: “Comencini Luigi, tenente<br />

del genio, classe 1916, residente Milano,<br />

entrato clandestino 7 dicembre 1943, rimpatriato<br />

maggio 1945”. È uno <strong>dei</strong> 30.000 militari<br />

fuggiti in Svizzera da settembre per evitare<br />

il reclutamento nella repubblica di Salò o la<br />

deportazione in Germania e internati in<br />

campi della Svizzera tedesca. Dati i legami<br />

familiari – madre svizzera e parenti nella<br />

Confederazione - l’internamento di Comencini<br />

ha carattere speciale: sotto “controllo<br />

militare” può risiedere presso una parente<br />

nel Canton San Gallo, in seguito è “liberato”<br />

a Lugano grazie a una “garanzia” per la sua<br />

liberazione. In Svizzera c’è anche il fratello.<br />

Nel dicembre 1944 entrerà clandestina<br />

anche la madre, che dichiarerà alla polizia:<br />

“J’ai eu deux enfants, Louis, 1916 et Gianni,<br />

1921, refugiées en Suisse depuis l’anneé<br />

dernière, car ils ne voulaient pas servir la<br />

république sociale”.<br />

Nella Svizzera italiana, e in particolare a<br />

Lugano dove Luigi può risiedere, sono<br />

numerosi i “politici” che una volta giunti nel<br />

Ticino, trovano ambienti ospitali e, spesso,<br />

vicini anche sotto il profilo ideologico. Ci sono<br />

liberali, popolari e cellule comuniste che<br />

danno soccorso ai rifugiati e appoggiano loro<br />

scritti in giornali di partito. I tempisti sono i<br />

socialisti che già nel settembre 1943 hanno<br />

istituito una sezione del Centro svizzero di<br />

soccorso operaio, patrocinata dal consigliere<br />

di stato Guglielmo Canevascini e diretta<br />

dall’esule Fernando Santi. Fra i mezzi più<br />

diretti per tenere i contatti anche con i campi<br />

di internamento è il foglio Libera Stampa, da<br />

sempre sulle posizioni antifasciste di Canevascini.<br />

Il quale da uomo di governo ha<br />

influenza nelle istituzioni: “I ringraziamenti<br />

dovrebbero essere collettivi, o meglio, a<br />

nome di tutti gl’italiani, qui e altrove, ché<br />

quello che tu hai fatto per noi merita di essere<br />

conosciuto e giustamente apprezzato”,<br />

come alla fine dell’esilio lo ringrazierà proprio<br />

Comencini.<br />

“Libera Stampa” accoglie<br />

gli intellettuali italiani<br />

Data la presenza a Lugano nel 1944 di tanti<br />

“politici”, la redazione del giornale li accoglie<br />

e, in contrasto con le norme federali di<br />

neutralità della Confederazione, dà loro la<br />

possibilità di scrivere. Su Libera Stampa un<br />

drappello di rifugiati avvia la “Pagina dell’emigrazione<br />

italiana”, di contenuto più politico,<br />

diretta da Guglielmo Usellini con Riccardo<br />

Momigliano, Ugo Guido Mondolfo, Piero<br />

Della Giusta, Marcello Cirenei, Antonio<br />

Greppi, Ezio Vigorelli; e “Arte, letteratura e<br />

lavoro”, diretta da Arturo Tofanelli. Poi all’arrivo<br />

di giovani letterati, tra i quali giornalisti del<br />

Tempo di Mondadori, la redazione del foglio<br />

socialista diventa quasi un “porto di mare”<br />

che li raccoglie da diverse provenienze per il<br />

comune destino di rifugiati: Fabio Carpi, Aldo<br />

Borlenghi, Giorgio Strehler, Gianni Pavia,<br />

Fernando Giolli, Giansiro Ferrata, Franco<br />

Fortini.<br />

Il titolo “Arte, letteratura e lavoro” intende<br />

sottolineare la connessione stretta, “necessaria”,<br />

tra arte, vita, impegno civile; lo scrittore,<br />

l’artista, l’intellettuale si pongono al servizio<br />

di una causa, non in senso stretto socialista,<br />

ma in generale dell’antifascismo. Il<br />

dibattito si fa vivace, caratterizzato da forte<br />

tensione morale e dall’impegno per una<br />

letteratura che cerchi in effetti “un dialogo col<br />

popolo” per viverne “le sofferenze, le aspirazioni<br />

di libertà”. Il nuovo indirizzo è dato da<br />

Gianfranco Contini, professore all’Università<br />

svizzera di Friburgo, a contatto con l’ambiente<br />

italiano di Lugano. Nell’autunno 1944<br />

un’altra svolta: gli Alleati avanzano lungo la<br />

penisola, le incursioni della Resistenza si<br />

moltiplicano, qua e là i Cln formano “repubbliche”<br />

partigiane, nel settembre-ottobre si<br />

costituisce la Giunta provvisoria di governo a<br />

Domodossola.<br />

Con l’Ossola a due passi molti rifugiati,<br />

specie i più giovani, durante i “40 giorni di<br />

libertà” lasciano il Canton Ticino e accorrono<br />

nella valle. Tra loro alcuni tra i collaboratori di<br />

Libera Stampa. Così il compito di dirigere la<br />

pagina sul foglio socialista svizzero tocca ad<br />

Alberto Vigevani, scrittore, autore di un<br />

“romanzo” Compagni di settembre, che parla<br />

della fuga dall’Italia nel ‘43; e a Luigi Comencini,<br />

giornalista, che dirigerà il film Tutti a<br />

casa… La sigla “L.C.” compare sotto gli articoli<br />

Cinema e socialismo, in sette puntate<br />

(20-27 settembre 1944), Buio fino in fondo<br />

(26 ottobre), Letteratura americana? (21<br />

dicembre); ai racconti La moglie (28 settembre)<br />

e Lettera (14 dicembre 1944).<br />

Il primo contributo, basato sulle ultime pubblicazioni<br />

e con dati della Mostra del cinema di<br />

Basilea del 1943, è un’analisi approfondita e<br />

documentata sulla storia e sulla situazione<br />

del cinema nei rapporti con la società, dall’invenzione<br />

tecnica al suo riconoscimento ufficiale,<br />

dove si schiera per un’arte “cosciente<br />

<strong>dei</strong> propri doveri civili” che sappia trovare in<br />

autonomia una propria strada. All’epoca “un<br />

telaio a mano”, ora è un’arte “sempre meno<br />

libera”, nella quale la politica incide “notevolmente”.<br />

Il tema autobiografico della superiorità<br />

della cinematografia in Francia per la<br />

libertà; e di quella americana, favorita dall’emigrazione<br />

provocata dagli sconvolgimenti<br />

politici in Europa, fa da contrasto al cinema<br />

“strumento di propaganda o di difesa” in<br />

paesi e climi autoritari da Lenin a Goebbels<br />

da Pio XI a Mussolini, a motivo del successo<br />

popolare:<br />

La difesa delle Avanguardie<br />

e la polemica con il “Corriere”<br />

A Venezia,<br />

nel 1987,<br />

Comencini<br />

riceve<br />

da Michel<br />

Piccoli<br />

il “Leone<br />

d’oro alla<br />

carriera”.<br />

Centro<br />

documentazione<br />

“Corsera”.<br />

A Roma<br />

nel 1978.<br />

Centro<br />

documentazione<br />

“Corsera”.<br />

Dal momento che il cinema affascinava le<br />

masse, perché non farne uno strumento di<br />

propaganda o di difesa, collegato a interessi<br />

politici e sociali? Perché limitarsi a controllare<br />

i film prodotti da altri, e non produrre in<br />

proprio, direttamente, con scopi precisi?<br />

Altro tema legato alla sua formazione, ma<br />

stavolta di architetto, è la difesa delle avanguardie<br />

artistiche. “Su Libera Stampa, foglio<br />

socialista di Lugano, mi son trovato a dover<br />

difendere opere come quelle di Le Corbusier<br />

e Guernica di Picasso dalla pubblica<br />

‘incomprensione’”, mi raccontava anni fa.<br />

Il tema di Buio fino in fondo, in polemica col<br />

Corriere della Sera che attaccava l’ormai<br />

famoso architetto perché “uno <strong>dei</strong> maggiori<br />

rappresentanti dell’antitradizionalismo” il<br />

quale “quando sale in cattedra ha sempre<br />

bisogno dello stupefacente; è nato in Svizzera<br />

ma ancora giovane corse a scialacquare<br />

(sic) i panni nelle torbide acque della<br />

Senna, quando la Francia era il ritrovo <strong>dei</strong><br />

metechi di tutto il mondo; le sue teorie sono<br />

apprezzatissime nell’Urss”. Comencini contrattacca,<br />

precisa “come tutti sanno Le<br />

Corbusier è architetto”:<br />

… per chi non lo sapesse, dall’Urss fu<br />

messo alla porta perché dichiarato “architetto<br />

borghese”. In quanto all’ateismo l’accusa<br />

non è nuova. Quando fu inaugurata la<br />

sua Casa dello studente svizzera alla Città<br />

universitaria di Parigi, i fogli protestanti<br />

della Svizzera francese fecero un gran<br />

chiasso, pretendendo che corrompeva la<br />

sana gioventù elvetica, avendo osato decorare<br />

il refettorio della sua casa dello studente<br />

con vedute di ghiacciai, di monti e di fiori,<br />

anziché con scene della Sacra Scrittura.<br />

Tralasciamo poi il fatto che un marxista,<br />

parlando incidentalmente, l’abbia definito “il<br />

calvinista Le Corbusier”… La confusione,<br />

l’oscurantismo per ora trionfano; la macabra<br />

danza <strong>dei</strong> predoni della natura e dell’arte<br />

non è ancora finita.<br />

Aspettano anch’essi i patrioti che li mettano<br />

al muro. Ma intanto Le Corbusier, e non<br />

solo Le Corbusier, bensì tanti altri, e forse i<br />

migliori e i più geniali architetti, disegnano<br />

in silenzio e preparano<br />

le case per la pace di<br />

domani.<br />

Anche i racconti hanno<br />

sfondo autobiografico, La<br />

moglie per esempio -<br />

vicenda politico-sentimentale<br />

- è l’occasione<br />

per tratteggiare il profilo<br />

di due compagni di studi<br />

che il fascismo aveva<br />

cambiato, e la guerra<br />

civile portato a rivelare i<br />

lati oscuri del loro carattere.<br />

Con questi scritti<br />

“Arte, letteratura e lavoro”<br />

entra nel vivo della critica<br />

a una certa Italia, mentre<br />

Comencini si orienta su<br />

temi ancora più politici<br />

che svolgerà su un altro<br />

foglio.<br />

Promosso dal Centro estero del Psiup di<br />

Zurigo, dal febbraio 1944 al settembre 1945<br />

sotto il motto “liberare e federare” esce il<br />

quindicinale L’Avvenire <strong>dei</strong> lavoratori, diretto<br />

da Ignazio Silone. Nel febbraio 1945 apre<br />

una redazione a Lugano diretta da Guglielmo<br />

Usellini e inizia a comparire la sigla di<br />

Comenicini, con quelle del gruppo di “Libera<br />

Stampa”: Momigliano, Mondolfo, Fortini,<br />

oltre a Luigi Preti, Edgardo Lami Starnuti,<br />

Gigino Battisti, Alessandro Levi, Lucio<br />

Luzzatto.<br />

Il programma di Silone era volto “all’esame<br />

sistematico <strong>dei</strong> problemi politici fondamentali<br />

del socialismo europeo” con appello “a<br />

tutte le forze della coscienza”. Un tema che<br />

si ritrova negli scritti di Comencini, Finirà la<br />

guerra? E Perché si muore (24 febbraio e<br />

15 marzo 1945). Nel primo affronta tra l’altro<br />

una questione, che “il concetto di nazione<br />

è un concetto assurdo, oggi, anche se<br />

oggi l’internazionalismo è passato di<br />

moda”:<br />

“…un mondo diverso<br />

che si ride delle frontiere”<br />

Posso scegliermi i miei amici dove mi pare,<br />

senza conoscerli, udendoli per radio,<br />

leggendo i loro scritti, e lentamente formiamo<br />

un mondo diverso, un mondo clandestino,<br />

un mondo superiore, che si ride delle<br />

frontiere e <strong>dei</strong> discorsi <strong>dei</strong> tribuni. Mentre i<br />

giornali corrono febbrilmente a spolverare<br />

vecchie feluche per darsi un’aria maestosa,<br />

mentre si proclamano dovunque rinati<br />

patriottismi, nascono tra gli uomini strane<br />

amicizie. Quanto tempo dovranno aspettare<br />

per trionfare? Non so. Forse pochi anni,<br />

forse molti. Ma finché non trionferanno la<br />

guerra non finirà. Finché si userà il linguaggio<br />

assurdo che ogni giorno udiamo, la<br />

guerra non finirà.<br />

Perché si muore nasce come riflessione alla<br />

notizia dell’uccisione dell’antifascista socialista<br />

Eugenio Colorni alla vigilia della liberazione<br />

di Roma (maggio 1944). “Esiste un’immortalità<br />

terrena che i vivi si tramandano nel<br />

ricordo <strong>dei</strong> morti che hanno conosciuto.<br />

Eppure, anche se la morte non è sempre<br />

uno sbaglio, ma diviene improvvisamente<br />

necessaria come una virtù, qualcosa di noi<br />

si ribella al peso di questa fatalità”, scrive, e<br />

conclude:<br />

… il sorriso <strong>dei</strong> defunti s’è fatto amaro; cinico<br />

il nostro giubilo di vivere e di vincere; triste<br />

la vittoria ch’è costata troppi morti. Possiamo<br />

vivere in un mondo di uccisori? La vita<br />

appartiene ai morti; i vivi l’hanno perduta.<br />

Ecco perché ad ogni amico che cade si<br />

stringe il cuore di paura, al pensiero che con<br />

lui muore per noi l’uomo che l’ha ucciso. Si<br />

muore perché si uccide, è il pensiero che mi<br />

assilla, e soltanto quando non si ucciderà<br />

più il mio pensiero potrà ritrovare un filo col<br />

passato, un filo con l’avvenire, rivivranno le<br />

idee, gli uomini, le cose, di vita propria e non<br />

di ridicola parvenza di vita, velata da un<br />

continuo interminabile lutto.<br />

La Svizzera nei suoi film<br />

dopo il rientro in Italia<br />

Rientrato in Italia nel maggio 1945, nel dopoguerra<br />

Luigi Comencini avrà modo di riflettere<br />

anche sul ruolo della Svizzera neutrale<br />

traducendo un testo dello scrittore espressionista<br />

tedesco Georg Kaiser, per la Collana<br />

Teatro Moderno, a cura di Paolo Grassi<br />

(Milano 1947). Nell’introduzione a Il soldato<br />

Tanaka, 1940, di Kaiser - vissuto per anni<br />

sulle rive del lago di Zurigo morto ad Ascona,<br />

Canton Ticino, nel 1944 - Comencini<br />

commenta:<br />

Uno “scrittore rivoluzionario” ha vita breve:<br />

quando la rivoluzione è fallita, oppure fatta<br />

e – secondo lui – fallita, la Svizzera è l’unico<br />

porto, fuori del tempo e del mondo, che<br />

possa accoglierlo, con tutte le rinunce che<br />

l’accettazione di questo rifugio comporta.<br />

Kaiser vi ha consentito, e da quell’osservatorio<br />

veramente neutrale, ha scritto per gli<br />

uomini in preda al furore della guerra, un<br />

candido messaggio di fratellanza e di<br />

giustizia, nel quale esso molto difficilmente<br />

di riconosceranno.<br />

La Svizzera tornerà ancora, in toni sempre<br />

autobiografici ma familiari, nel film Heidi o<br />

Sono tornata per te, ambientato nelle montagne<br />

dell’Engadina: “l’unico modo per respirare<br />

un po’ d’aria buona in senso reale e in<br />

senso metaforico”, è il giudizio di Comencini.<br />

Erano gli anni ‘50.<br />

Ranata Broggini<br />

23 (31)


LA LIBRERIA DI TABLOID<br />

Michele Ainis<br />

Le libertà negate.<br />

Come gli italiani<br />

stanno perdendo i loro diritti<br />

di Rosa Alba Bucceri<br />

Aristotele aveva ben spiegato<br />

che democrazia e libertà non<br />

vanno a braccetto, che il rapporto<br />

tra demokratia ed<br />

eleutheria è conflittuale. Noi<br />

però ci ostiniamo a identificare<br />

l’una con l’altra e a credere che<br />

le democrazie occidentali siano<br />

culla e patria del diritto e delle libertà.<br />

Ne siamo così convinti<br />

da pretendere di esportare il<br />

nostro modello.<br />

Il prezzo di un così marchiano<br />

errore è la svendita e perdita<br />

progressiva delle libertà nel<br />

mondo occidentale. Consumate<br />

tra l’illusione di vivere nell’età<br />

dell’oro <strong>dei</strong> diritti e il loro<br />

sprezzo. A mettere il dito sulla<br />

piaga che erode le nostre democrazie<br />

avanzate è il giurista<br />

Michele Ainis, in un un saggio<br />

brillante quanto documentato:<br />

Le libertà negate. Come gli italiani<br />

stanno perdendo i loro diritti,<br />

edito da Rizzoli.Ordinario di<br />

Istituzioni di diritto pubblico e<br />

preside della facoltà di<br />

Giurisprudenza a Teramo, Ainis<br />

è autore e curatore di un centi-<br />

Valerio Onida (a cura di)<br />

Viva vox Constitutionis<br />

di Sabrina Peron<br />

Il volume Viva Vox Constitutionis<br />

è un’opera collettiva<br />

(a cura di Valerio Onida), nata<br />

dal proposito di effettuare una<br />

rassegna annuale della giurisprudenza<br />

costituzionale, al<br />

fine di individuare i vari indirizzi<br />

giurisprudenziali enucleati<br />

dalla Corte Costituzionale e<br />

dare così al lettore un panorama<br />

in progress del contributo<br />

che la giustizia costituzionale<br />

offre allo sviluppo del diritto<br />

nel nostro Paese.<br />

La Corte Costituzionale nel<br />

corso dell’anno 2002 ha pubblicato<br />

in totale 536 decisioni<br />

di cui 135 sentenze e 401 ordinanze,<br />

la grande varietà <strong>dei</strong><br />

temi trattati dalla Corte va dal<br />

diritto penale (al quale sono<br />

stati dedicati i primi tra capitoli<br />

della raccolta), al diritto e<br />

giustizia minorili, alla sanità,<br />

la scuola, l’ambiente, il lavoro<br />

(sia quello subordinato che il<br />

pubblico impiego). Altresì, vi<br />

è anche un capitolo dedicato<br />

alle “libertà civili” ed uno alle<br />

“telecomunicazioni”.<br />

naio di volumi e saggi accademici<br />

ed editorialista della<br />

Stampa.<br />

Le libertà negate è l’ultimo di<br />

una serie di saggi divulgativi - il<br />

più noto <strong>dei</strong> quali è La legge<br />

oscura (Laterza 2002 2 ) - pubblicati<br />

a partire dagli anni ‘90.<br />

L’autore parte da una mega-inchiesta<br />

che si snoda parallela<br />

tra il dettato copioso di leggi e<br />

leggine solenni e una realtà sociale<br />

misera. In 35 capitoli, disposti<br />

in ordine alfabetico e arricchiti<br />

da un sostanzioso apparato<br />

di note, sono descritte le<br />

categorie colpite – bambini, detenuti,<br />

disabili, donne, immigrati,<br />

gay, ma anche anziani, consumatori,<br />

elettori, malati, cioè<br />

tutti noi – e insieme i casi numerosi<br />

di diritti coartati o in perenne<br />

stand-by.<br />

Compaiono i cittadini, iperspiati<br />

alla faccia della valanga di leggi<br />

a tutela della privacy; le donne,<br />

pagate il 27% in meno <strong>dei</strong> colleghi<br />

maschi; gli elettori, illusi di<br />

scegliere i loro rappresentanti; i<br />

disinformati, bombardati da un<br />

numero esagerato di informazioni,<br />

gestite e manipolate però<br />

da pochi padroni. E le vittime<br />

dell’accanimento legislativo da<br />

parte di uno Stato che si veste<br />

da poliziotto: fumatori, amanti e<br />

automobilisti ne sanno qualcosa.<br />

Un mosaico colorato e dolente<br />

in cui – colpa nostra – ci ritroviamo<br />

un po’tutti.<br />

Michele Ainis,<br />

Le libertà negate.<br />

Come gli italiani<br />

stanno perdendo<br />

i loro diritti, Rizzoli <strong>2004</strong>,<br />

pagine 396, euro 18,00<br />

Limitando questa recensione<br />

a tali ultimi due capitoli<br />

che maggiormente interessano<br />

la professione giornalistica,<br />

vediamo che nell’ambito<br />

della libertà di manifestazione<br />

del pensiero, la<br />

Corte Costituzionale nell’anno<br />

2002 ha emesso cinque<br />

decisioni: due attenenti alla<br />

libertà di manifestazione a<br />

mezzo stampa e tre concernenti<br />

la disciplina del mezzo<br />

televisivo.<br />

In particolare, la Corte è stata<br />

chiamata a pronunciarsi in<br />

ordine alla compatibilità costituzionale<br />

dell’art. 15 Legge<br />

sulla stampa (L. 47/1948) -<br />

che qualifica come reato la<br />

pubblicazione di stampati<br />

contenenti immagini e particolari<br />

impressionanti o raccapriccianti<br />

in grado di turbare il<br />

comune sentimento della<br />

morale - con l’art. 21 Cost.<br />

che assume unicamente la<br />

nozione di buon costume come<br />

limite alla libertà di pensiero.<br />

La Corte, tuttavia, ha ribadito<br />

l’infondatezza della<br />

questione (già oggetto di pronuncia<br />

con la sentenza n.<br />

Intervista<br />

all’autore<br />

293/2000), sul presupposto<br />

che il “comune sentimento<br />

della morale”, deve intendersi<br />

come una sorta di minimo<br />

comun denominatore delle<br />

diverse concezioni etiche<br />

presenti nella società e coincidente<br />

con il rispetto della<br />

persona umana e della sua<br />

dignità. In tal modo esso assume<br />

la funzione di limite alla<br />

libertà di manifestazione del<br />

pensiero e ragione giustificatrice<br />

della sua repressione.<br />

Tra le sentenze emesse in<br />

materia televisiva si segnala,<br />

invece, la pronuncia che ha<br />

sancito il principio il forza del<br />

quale il fine cui deve essere<br />

preordinato il sistema radiotelevisivo<br />

(sia esso pubblico o<br />

privato), è il soddisfacimento<br />

del diritto <strong>dei</strong> cittadini ad una<br />

informazione completa ed<br />

obiettiva. Ora quando si è in<br />

ambito elettorale, tale fine<br />

non si realizza attraverso la<br />

mera garanzia della pari visibilità<br />

<strong>dei</strong> partiti, ma, bensì, attraverso<br />

il rispetto di un corretto<br />

svolgimento del confronto<br />

politico (unico presupposto<br />

per l’esistenza di un ef-<br />

Ainis, studioso del<br />

linguaggio giuridico,<br />

fa parte del<br />

Comitato scientifico<br />

del Nucleo per la<br />

semplificazione<br />

delle norme<br />

e delle procedure,<br />

costituito presso<br />

la presidenza<br />

del Consiglio<br />

<strong>dei</strong> ministri.<br />

Verso una<br />

democrazia<br />

senza libertà<br />

Cosa l’ha spinta a scrivere un libro così fuori dagli schemi<br />

accademici?<br />

“L’idea mi frullava in testa da tempo. Ne avevo ragionato a<br />

metà degli anni ‘90 con Giulio Salierno, sociologo e personaggio<br />

fuori dall’ordinario. In seguito ho cominciato a<br />

pubblicare sulla Stampa un’inchiesta sulle libertà. E in quella<br />

sede è stato Gianni Riotta a suggerirmi di farne un libro.<br />

Mi sono messo all’opera, coadiuvato da un pool di ricercatori<br />

e lavorando ho scoperto le tante gocce di cui non ci<br />

accorgiamo ma che insieme formano il mare nostrum delle<br />

libertà negate”.<br />

Da una così aperta denuncia, fatta a suon di dati e di<br />

nomi, ci si aspetta qualche suggerimento di ordine giuridico<br />

per combattere l’erosione <strong>dei</strong> diritti.<br />

“Chi fa un lavoro intellettuale penso debba svolgere una<br />

funzione critica, di denuncia. Se questa coglie nel segno, il<br />

resto dovrebbe arrivare da sé.<br />

Le leggi sono lo specchio del nostro tempo e sarebbe bene<br />

facessero tre passi indietro. Che fossero meno invasive e<br />

meno di numero. Credo però, e vorrei sottolinearlo, che la<br />

soluzione <strong>dei</strong> nostri mali non sia tecnica ma che faccia capo<br />

all’ethos, ai valori”.<br />

Lei dice che la libertà in assenza di certi valori - sicurezza,<br />

tolleranza, solidarietà, giustizia, pluralismo - inaridisce.<br />

Quale mette al primo posto?<br />

“La giustizia sociale, l’eguaglianza. Che giuridicamente si<br />

traduce nella formulazione di un “diritto diseguale”, concepito<br />

per ridurre il divario esistente tra Nord e Sud del mondo, tra<br />

poveri e ricchi, tra donne e uomini, eccetera”.<br />

Nel clima di perdita <strong>dei</strong> diritti che ha delineato, cosa ritiene<br />

più grave?<br />

“Il fatto che nessuno sembra notare che siamo ridotti quasi<br />

peggio che sotto la dittatura fascista. Che nessuno si accorga<br />

che l’uomo totalitario che si è delineato anticipa e precede<br />

un totalitarismo che a parole nessuno vuole ma di fatto<br />

già profilato”.<br />

fettivo sistema democratico),<br />

con tutte le implicazioni che<br />

ne conseguono quali, la parità<br />

di accesso di tutti i soggetti<br />

politici al sistema di informazione<br />

e la necessità di regolare<br />

il contraddittorio tra i<br />

candidati che esprimono programmi<br />

politici diversi. Difatti<br />

è solo in tal modo che si realizza<br />

un adeguato bilanciamento<br />

fra il diritto <strong>dei</strong> cittadini<br />

ad avere un’informazione imparziale<br />

e la libertà di espressione<br />

delle singole emittenti.<br />

La Corte altresì non ha mancato<br />

di sottolineare la circostanza<br />

che in questo caso<br />

non può dirsi violato il principio<br />

di uguaglianza per il fatto<br />

che analoghi correttivi non<br />

siano stati previsti con riferimento<br />

alla stampa periodica:<br />

ad avviso dell’organo costituzionale,<br />

difatti, la maggiore<br />

pervasività del mezzo televisivo<br />

preclude qualsivoglia<br />

comparazione con gli altri<br />

strumenti di diffusione del<br />

pensiero.<br />

Proprio con riferimento alla<br />

maggiore pervasività del<br />

mezzo televisivo, il giudice<br />

delle leggi, si è posto il problema<br />

di scongiurare la formazione<br />

di oligopoli privati<br />

nazionali, all’interno <strong>dei</strong> quali<br />

possa moltiplicarsi l’effetto<br />

“diffusivo e pervasivo” peculiare<br />

del messaggio Tv. Per<br />

tale ragione la Corte (chiamata<br />

a pronunciarsi dal Tar<br />

Barry Chamish<br />

Chi ha ucciso<br />

Yitzhàk Rabìn<br />

di Marzio De Marchi<br />

Chi ama il noir non può fare a<br />

meno di cercare e leggere<br />

questo convulso libro del reporter<br />

e scrittore Barry<br />

Chamish: avrà pane per i<br />

suoi denti. Troverà, in definitiva,<br />

un altro caso JFK. Ecco la<br />

tesi: il primo ministro israeliano<br />

Yitzhàk Rabìn non fu ucciso<br />

il 4 novembre 1995 dall’uomo<br />

che oggi è in carcere<br />

per quell’omicidio, tale Yigàl<br />

Amir. Rabìn fu vittima, al contrario,<br />

di un complotto ordito<br />

dai servizi di sicurezza israeliani<br />

(Shabàk).<br />

Questa, in breve, la vicenda.<br />

Ad Amìr sarebbe stata fornita<br />

una pistola a salve con la<br />

quale avrebbe dovuto sparare<br />

a Rabìn; poi, sarebbe stato<br />

arrestato perché colto in flagranza<br />

di reato e il governo<br />

del primo ministro, a quel<br />

punto, avrebbe avuto via libera<br />

per ordinare la repressione<br />

contro gli oppositori del processo<br />

di pace. Ma c’era un’operazione<br />

incrociata. Rabìn,<br />

secondo le testimonianze<br />

portate dal nostro autore, sarebbe<br />

stato caricato - dopo la<br />

sparatoria e ancora vivo e vegeto<br />

- sulla sua limousine,<br />

dove il vero assassino stava<br />

in agguato.<br />

A testimonianza di tutto ciò,<br />

Chamish sostiene di avere<br />

un filmato amatoriale in cui<br />

Rabìn appare in piena forma<br />

dopo gli spari; esami di laboratorio<br />

sulla salma del primo<br />

ministro che contraddicono i<br />

Lazio circa la legittimità costituzionale<br />

della L. 249/1997<br />

che, nell’introdurre nuovi e<br />

più cogenti limiti alla concentrazione<br />

di reti televisive analogiche<br />

in ambito nazionale,<br />

ha nel contempo consentito<br />

la prosecuzione “in via transitoria”<br />

delle trasmissioni da<br />

parte delle emittenti nazionali<br />

già operanti in deroga ai predetti<br />

limiti), con sentenza n.<br />

466/200, ha osservato come<br />

la carenza di un termine assolutamente<br />

certo, definitivo<br />

e non eludibile, entro cui far<br />

cessare questo stato di cose,<br />

espone la norma al vizio di inconstituzionalità,<br />

giacché in<br />

tal modo si comprime indefinitivamente<br />

il principio del<br />

pluralismo informativo, già in<br />

passato stimato lesivo dell’art.<br />

21 Cost. (sentenza n.<br />

420/1994). In particolare, nella<br />

sentenza n. 466/2000, la<br />

Corte ha duramente rimarcato,<br />

come «la formazione dell’esistente<br />

sistema televisivo<br />

italiano privato in ambito nazionale<br />

ed in tecnica analogica<br />

trae origine da situazioni di<br />

mera occupazione di fatto<br />

delle frequenze (esercizio di<br />

impianti senza rilascio di concessioni<br />

e autorizzazioni), al<br />

di fuori di ogni logica di incremento<br />

del pluralismo nella distribuzione<br />

delle frequenze e<br />

di pianificazione effettiva dell’etere.<br />

Detta occupazione di<br />

fatto è stata, peraltro, in varie<br />

risultati della commissione<br />

d’inchiesta; rapporti balistici<br />

che lasciano parecchi dubbi<br />

sulle versioni ufficiali; e poi,<br />

racconti di testimoni oculari e<br />

tanto altro materiale. Non<br />

sveliamo il finale, lo lasciamo<br />

ai cultori della «controinformazione».<br />

Che in queste pagine<br />

- confuse, graficamente<br />

pasticciate, a volte più incomprensibili<br />

del racconto stesso<br />

- troveranno materiale per le<br />

loro interminabili discussioni<br />

al bar.<br />

Barry Chamish,<br />

Chi ha ucciso<br />

Yitzhàk Rabìn,<br />

Editrice Nuovi Autori,<br />

pagine 391, euro 18,00<br />

occasioni per lunghi periodi<br />

temporali, legittimata ex post<br />

e sanata con il consentire la<br />

prosecuzione delle attività<br />

delle singole emittenti radiotelevisive<br />

private». In ogni caso,<br />

la Consulta - a parziale<br />

accoglimento del ricorso - ha<br />

ritenuto che il legislatore possa<br />

legittimamente affidare ad<br />

un’autorità amministrativa indipendente<br />

(ossia l’Autorità<br />

Garante per la concorrenza)<br />

la concreta determinazione<br />

del termine esatto di cessazione<br />

del periodo transitorio,<br />

ritenendo, però, necessario<br />

che le valutazioni dell’Autorità<br />

siano ancorate a parametri<br />

predeterminati per legge e<br />

che tali parametri siano idonei<br />

ad impedire che la temporaneità<br />

si protragga indefinitamente,<br />

senza che esista un<br />

termine certo. Tuttavia, la necessità<br />

di governare ordinatamente<br />

il passaggio dalla<br />

comunicazione analogica al<br />

satellite, ad avviso della<br />

Corte rende ammissibile il ricorso<br />

ad una fase transitoria,<br />

durante la quale tollerare l’eccedenza<br />

<strong>dei</strong> limiti concentrativi.<br />

A cura di Valerio Onida,<br />

Viva vox Constitutionis.<br />

Temi e tendenze<br />

nella giurisprudenza<br />

costituzionale<br />

dell’anno 2002,<br />

Giuffrè 2003,<br />

pagine 890, euro 70,00<br />

24 (32) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong>


LIBRI IN REDAZIONE<br />

Autori vari, Confraternite tra storia e futuro,<br />

Edizioni Insieme, pagine 77, euro 5,00<br />

Barbara Maio e Christian Uva, L’estetica dell’ibrido, Editore Bulzoni, pagine 153, euro 11,00<br />

Massimiliano Parcaroli, La telenovela brasiliana, Editore Bulzoni, pagine 115, euro 10,00<br />

Elisa Giomi, Il piacere di “Vivere”, Editore Bulzoni, pagine 199, euro 12,00<br />

Cecilia Martino, Comunità medianiche, Editore Bulzoni, pagine 150, euro 10,00<br />

Joseph L. Badaracco Jr., Momenti della verità, Il Sole 24 Ore, pagine 156, euro 9,00<br />

Paolo Garonna e Gian Maria Gros-Pietro, Il modello italiano di competitività, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 304, euro 35,00<br />

Fabrizio Carotti, Giuseppe Schlitzer e Gustavo Vicentini, La governance dell’impresa tra<br />

regole ed etica, Il Sole 24 Ore, pagine 256, euro 32,00<br />

Marco Mariani, Decidere e negoziare, Il Sole 24 Ore, pagine 224, euro 22,00<br />

Alberto Galgano, I sette strumenti della qualità totale, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 302, euro 17,00<br />

Ferdinando Azzariti, Diventa Leader, Il Sole 24 Ore, pagine 159, euro 18,00<br />

Giulio de Caprariis e Luigi Guiso, Finanza legge e crescita delle imprese, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 217, euro 29,00<br />

Valerio Melandri e Alberto Masacci, Fund Raising per le organizzazioni non profit, Il Sole 24<br />

Ore, pagine 305, euro 25,00<br />

Barry Nalebuff e Ian Ayres, Perché no? Il Sole 24 Ore, pagine 241, euro 19,00<br />

C.K.Prahalad e Venkat Ramaswamy, Il futuro della competizione, Il Sole 24 Ore, pagine<br />

280, euro 24,00<br />

Federico Merla, I fondi immobiliari, Il Sole 24 Ore, pagine 345, euro 29,00<br />

Riccardo Colangelo, Supply Chain Management, Il Sole 24 Ore, pagine 251, euro 25,31<br />

Giorgio Laganà, Frodi societarie e corporate governance, Il Sole 24 Ore, pagine 402, euro<br />

45,00<br />

Claudio F.Fava, Project Financing, Il Sole 24 Ore, pagine 246, euro 28,00<br />

Mark J.Roe, La public company e i suoi nemici, Il Sole 24 Ore, pagine 309, euro 25,00<br />

Sergio Veneziani, Organizzare l’ufficio stampa, Il Sole 24 Ore, pagine 217, euro 16,00<br />

Roger Botole, Soldi dal nulla, Il Sole 24 Ore, pagine 344, euro 24,00<br />

Donatella Depperu, Crescere all’estero, Il Sole 24 Ore, pagine 206, euro 48,00<br />

Imerio Facchinetti, Guida al nuovo bilancio d’esercizio, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 684, euro 55,00<br />

Piero Meucci e Luca Paolazzi, Economia & Giornalismo, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 232, euro 15,00<br />

Mauro Pecchenino e Bartolomeo Corsini, Gestire le relazioni pubbliche per l’impresa,<br />

Il Sole 24 Ore, pagine 141, euro 16,00<br />

Autori vari, Gestione per processi e knowledge management, Il Sole 24 Ore,<br />

pagine 328, euro 34,00<br />

Autori vari, Project Management, Il Sole 24 Ore, pagine 230, euro 20,00<br />

Autori vari, Organizzare le pmi per la crescita, Il Sole 24 Ore, pagine 382, euro 30,47<br />

Autori vari, 150 domande e 150 risposte, «guida pratica per gestire un’attività sportiva»,<br />

Il Sole 24 Ore, pagine 186, euro 19,00<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

Giorgio Bocca<br />

Partigiani<br />

della montagna<br />

di Vincenzo Ceppellini<br />

Cinquantotto anni dopo la fine<br />

della guerra Giorgio<br />

Bocca ha riletto, riscritto e ripubblicato<br />

il saggio sui partigiani<br />

delle montagne col proposito<br />

di spiegare inequivocabilmente,<br />

a chi andava<br />

spiegato, e in particolare ai<br />

revisionisti dell’ultima era, come<br />

sono andate esattamente<br />

le cose della Resistenza.<br />

Quarantacinquemila partigiani<br />

caduti, ventimila feriti e mutilati,<br />

gli operai e i contadini<br />

per la prima volta partecipi di<br />

una guerra popolare senza<br />

cartolina precetto, una formazione<br />

partigiana in ogni valle<br />

alpina o appenninica, un comitato<br />

di liberazione in ogni<br />

città o villaggio, l’appoggio<br />

della popolazione, la cruenta,<br />

sofferta gestazione di un<br />

Italia diversa, la fatica paziente<br />

per armare e far vivere un<br />

esercito senza generali. E alla<br />

fine tutti a casa senza ricompense<br />

e privilegi.<br />

Questo il senso del saggio, la<br />

sua attualità dopo oltre mezzo<br />

secolo, il discorso ai contemporanei,<br />

senza allontanare<br />

il passato, ma anche senza<br />

svuotare il presente. Il libro<br />

– che giustamente andrebbe<br />

divulgato di più, rivissuto più<br />

attentamente, approfondito in<br />

varie direzioni – si apre con<br />

una dichiarazione fermamente<br />

ancorata al Duemila. “A ripensarci<br />

sessanta anni dopo<br />

ci chiediamo come sia possibile<br />

quella guerra di liberazione,<br />

non tanto l’insurrezione<br />

del 25 aprile, la discesa nella<br />

pianura e nella città, ma la liberazione<br />

di ciascuno di noi<br />

dal provincialismo, dal fascismo,<br />

dal perbenismo piccolo<br />

borghese”. E Bocca rende<br />

ancora più esplicito il suo<br />

pensiero: “La prima e più importante<br />

cosa che i libri di<br />

storia non spiegano, che i documenti<br />

non raccontano della<br />

guerra partigiana è questo<br />

stato d’animo di libertà totale<br />

ritrovata proprio negli anni in<br />

cui un giovane normale conosce<br />

il suo destino obbligato:<br />

quale posto, quale lavoro,<br />

quale ceto, quale donna sono<br />

stati preparati e spesso imposti<br />

per lui; quale sarà la sua<br />

prevedibile vita, quali vizi dovrà<br />

praticare per cavarsela,<br />

dove troverà il denaro per<br />

campare.<br />

E invece d’improvviso, un<br />

giorno del 1943 si ritrova totalmente<br />

libero, senza re,<br />

Mariane Pearl. Un cuore grande.<br />

La vita e la morte coraggiose di mio marito Daniel Pearl<br />

di Margherita Lepini<br />

Il 23 gennaio del 2002 il giornalista<br />

del Wall Street<br />

Journal Daniel Pearl sale su<br />

un’auto che dovrebbe portarlo<br />

a incontrare Mubarak Ali<br />

Shah Gilani, capo di un gruppo<br />

islamico iscritto nella lista<br />

dell’Fbi delle organizzazioni<br />

terroristiche.<br />

Pearl sta indagando sull’ispiratore<br />

di Richard Reid, l’uomo<br />

che voleva farsi saltare<br />

sul volo di linea Parigi-Miami<br />

con le scarpe imbottite di<br />

esplosivo. L’autista, d’accordo<br />

con una frangia di Al Qaeda,<br />

lo condurrà invece in una casa<br />

colonica nei sobborghi di<br />

Karachi, capitale del Pakistan.<br />

Il suo rapimento durerà<br />

otto giorni, alla fine <strong>dei</strong> quali,<br />

il 31 gennaio, verrà ucciso e<br />

la sua barbara decapitazione<br />

ripresa da una telecamera.<br />

La morte di Pearl segna una<br />

svolta nella campagna intimidatoria<br />

studiata dai terroristi<br />

islamici per utilizzare i rappresentanti<br />

<strong>dei</strong> media come cassa<br />

di risonanza per le loro ri-<br />

vendicazioni. Dal 22 febbraio,<br />

giorno in cui il video dell’esecuzione<br />

del giornalista viene<br />

recapitato al consolato americano<br />

di Karachi, l’opinione<br />

pubblica mondiale comincia<br />

a fare i conti con le atrocità<br />

<strong>dei</strong> fondamentalisti, filmate<br />

con un macabro rituale in<br />

molti <strong>dei</strong> rapimenti a seguire.<br />

L’ultimo <strong>dei</strong> quali ha coinvolto<br />

e ucciso il reporter italiano<br />

Enzo Baldoni. Il corpo fatto in<br />

pezzi di Daniel Pearl viene ritrovato<br />

il 17 maggio, sepolto<br />

mezzo metro sotto terra.<br />

L’esecutore materiale – si saprà<br />

più tardi – si chiama<br />

Khalid Sheik Mohammed è lo<br />

stesso che ideò l’attentato alle<br />

Torri Gemelle.<br />

Le cinque settimane in cui si<br />

concentrano le ricerche dell’inviato<br />

americano sono raccontate<br />

in prima persona da<br />

sua moglie, Mariane Pearl,<br />

nel libro Un cuore grande,<br />

uscito in Italia lo scorso marzo<br />

e tradotto in diciotto lingue,<br />

tra cui il giapponese.<br />

Con un tono asciutto nelle<br />

pagine, che ispireranno poi<br />

anche un film prodotto da<br />

Brad Pitt e Jennifer Aniston,<br />

Mariane Pearl racconta i tentativi<br />

di portare in salvo il marito<br />

e ricordi di vita, a partire<br />

dal primo incontro tra Danny,<br />

38enne, e Mariane, di quattro<br />

anni più giovane, a Parigi, dove<br />

lei viveva con la madre cubana<br />

e lavorava come giornalista<br />

free lance per la radio<br />

e la televisione francese. Da lì<br />

la decisione di seguire Daniel,<br />

nella vita e nel lavoro in<br />

India, Qatar, Bangladesh,<br />

Canada e Pakistan. La sera<br />

del rapimento Mariane lo<br />

aspetta per cena a casa di<br />

un’amica. Invano. Solo due<br />

giorni saprà di essere incinta.<br />

“Si chiamerà Adam, come<br />

fosse il primo uomo, capace<br />

di portare la pace in un mondo<br />

sempre più carico di violenza”.<br />

Il libro ha il pregio di raccontare,<br />

in una sorta di diario privato,<br />

i retroscena di una vicenda<br />

di cronaca internazionale,<br />

che ha tenuto con il fiato sospeso<br />

milioni di persone in<br />

tutto il mondo. Racconta la difficoltà<br />

di capire chi sono i veri<br />

interlocutori nel rapimento, in<br />

una città con 12 milioni di abitanti,<br />

Karachi, che parla urdu<br />

e che è diventata in pochi anni<br />

uno snodo del traffico di armi<br />

per la jihad. In tal modo offre<br />

uno spunto di riflessione<br />

per comprendere più da vicino<br />

l’organizzazione di Al<br />

Qaeda, le sue numerose cellule<br />

e il reticolo di complicità di<br />

cui gode il terrorismo in molti<br />

stati musulmani. Il libro è anche<br />

il racconto di come<br />

Mariane sia riuscita, con una<br />

lucidità fuori dal comune, a<br />

coordinare una serie di al-<br />

leanze tra gli agenti <strong>dei</strong> servizi<br />

segreti pakistani (Isi) e i funzionari<br />

dell’Fbi che si sono occupati<br />

del caso superando le<br />

diffidenze etniche e religiose.<br />

È musulmano - il Capitano,<br />

capo della polizia pakistana-,<br />

la persona che più le è stata<br />

vicina nei momenti dell’attesa.<br />

Un cuore grande è il racconto<br />

di una vicenda corale,<br />

condivisa con l’amica Asra<br />

che le da ospitalità a Karachi,<br />

i vertici del Wall Street<br />

Journal, le autorità pakistane,<br />

il governo americano, e una<br />

serie di dipartimenti di sicurezza<br />

sintetizzati in mille acronimi<br />

misteriosi. Alla fine della<br />

sua biografia-inchiesta Mariane,<br />

che oggi vive a New<br />

York, ha incluso alcuni <strong>dei</strong><br />

messaggi che le sono pervenuti<br />

dal momento della tragedia:<br />

gli auguri di George W e<br />

Laura Bush per la nascita di<br />

Adam, i saluti del presidente<br />

del Pakistan, Musharraf, e<br />

quelli del francese Chirac, ma<br />

anche persone meno note,<br />

come per esempio alcuni orchestrali<br />

di Tel Aviv che hanno<br />

dedicato a Daniel (che d’origi-<br />

senza duce, libero e ribelle,<br />

con tutta la grande montagna<br />

come rifugio. Libero anche<br />

dal denaro e dalla famiglia…<br />

È dunque un libro quanto mai<br />

stimolante, di cronaca, ma<br />

anche di pensiero, di atmosfere,<br />

ma anche di documentazione,<br />

di liberazione e di sacrifici,<br />

di morte, di protagonisti<br />

e umili vittime.<br />

La Resistenza si combatte in<br />

montagna e Bocca compila<br />

una base fitta e organizzata<br />

di militanti di luoghi, distingue<br />

guerriglia e guerra grossa,<br />

spiega che cosa è stata la zona<br />

grigia, i personaggi indimenticati<br />

incontrati con i soldati<br />

di Salò, il frate che non ricordava<br />

il suo nome, l’assassinio<br />

di Matteotti, l’uccisione<br />

del filosofo Gentile, la risiera<br />

di San Sabba, sino alla Resistenza<br />

cancellata o archiviata<br />

<strong>dei</strong> nostri giorni, con il ritorno<br />

di ricchi sempre più ricchi<br />

e poveri sempre più poveri…<br />

Una cospicua parte del<br />

saggio di Bocca è una rievocazione<br />

precisa di fatti, persone,<br />

interpretazioni, con un<br />

paesaggio di fondo in montagna,<br />

sulla neve, di Natale, i bilanci<br />

<strong>dei</strong> periodi più significativi,<br />

la formazione organica<br />

delle bande, i settori dislocati<br />

su varie zone, in Piemonte e<br />

altrove, i rastrellamenti, gli accordi<br />

con la Resistenza francese,<br />

le Repubbliche coraggiose<br />

e provvisorie, la stampa<br />

clandestina, la preghiera<br />

del partigiano. In sintesi,<br />

Bocca, dichiara che il libro<br />

non vuol essere una semplice<br />

cronaca di fatti, ma soprattutto<br />

un ricordo <strong>dei</strong> motivi<br />

ideali e delle trasformazioni<br />

spirituali avvenute nell’anima<br />

delle formazioni GL del<br />

Cuneese. Un libro di straordinario<br />

vigore e di alta tensione.<br />

Giorgio Bocca,<br />

Partigiani della montagna,<br />

Feltrinelli,<br />

pagine 179, euro 12,00<br />

ne era ebreo) il concerto del<br />

giorno dopo la notizia della<br />

sua uccisione, persone che<br />

sono rimaste colpite dalla serenità<br />

con cui Mariane in tv si<br />

era rivolta ai sequestratori, rifiutandosi<br />

di alimentare l’odio<br />

nei confronti del mondo islamico.<br />

Nel libro trovano il giusto<br />

spazio gli ideali di pace<br />

che Mariane condivideva con<br />

il marito che, sebbene non<br />

abbiano impedito a Daniel di<br />

perdere la vita, hanno permesso<br />

di lanciare una sfida ai<br />

terroristi, “nella consapevolezza–<br />

scrive l’autrice – che il tuo<br />

coraggio e il tuo spirito possano<br />

essere d’ispirazione agli<br />

altri”. E inoltre, sempre rivolgendosi<br />

a Daniel:“Scrivo questo<br />

libro per dimostrare che<br />

avevi ragione: il compito di<br />

cambiare un mondo pieno di<br />

odio spetta a ciascuno di noi”.<br />

Mariane Pearl,<br />

Un cuore grande.<br />

La vita e la morte<br />

coraggiose di mio marito<br />

Daniel Pearl,<br />

Sonzogno editore,<br />

Milano <strong>2004</strong>,<br />

pagine 319, euro 17,00<br />

25 (33)


DATI FIEG-FNSI-INPGI - GIUGNO <strong>2004</strong><br />

Roma, 30 giugno <strong>2004</strong>. A<br />

giugno <strong>2004</strong>, sono 14.500 i<br />

giornalisti professionisti a<br />

contratto pieno regolarmente<br />

iscritti all’Inpgi (13<br />

mila in base agli articoli<br />

1,2,12 e 36 del contratto<br />

nazionale e gli altri impiegati<br />

presso periodici), più<br />

400 contratti a termine.<br />

Sono invece 1.500 i disoccupati<br />

solo nella carta<br />

stampata e alla Rai e circa<br />

60.000 i pubblicisti (di questi,<br />

circa 8.500 hanno vari<br />

contratti di collaborazione e<br />

versano i contributi all’Inpgi<br />

2, mentre in 48.000 non<br />

hanno posizione contributiva).<br />

Sono alcuni <strong>dei</strong> dati Fieg-<br />

Fnsi-Inpgi resi noti nel<br />

corso del convegno su<br />

comunicazione e giornalismo,<br />

in corso a Roma,<br />

nella sede del Cnel. Quanto<br />

ai collaboratori e informatori<br />

senza titolo profes-<br />

14.500 professionisti,<br />

1.500 disoccupati<br />

Cancellati dall’Albo<br />

200 colleghi<br />

per morosità<br />

Milano, 13 luglio <strong>2004</strong>. Nella seduta di ieri il<br />

Consiglio ha cancellato dagli elenchi<br />

dell’Albo 200 giornalisti (70 professionisti)<br />

per morosità. Si tratta di giornalisti, che per lo<br />

più devono all’<strong>Ordine</strong> della Lombardia anche<br />

cinque anni di quote. Il pagamento delle<br />

somme fa cessare la materia del contendere<br />

e spiana la strada all’annullamento immediato<br />

del provvedimento. L’Inpgi non può ricevere<br />

i contributi versati dalle aziende a<br />

favore <strong>dei</strong> giornalisti professionisti, pubblicisti<br />

e praticanti non più iscritti negli<br />

elenchi dell’Albo.<br />

L’ECO<br />

DELLA<br />

STAMPA<br />

ECO<br />

STAMPA<br />

MEDIA<br />

MONITOR<br />

S.R.L.<br />

Via Compagnoni 28,<br />

20129 Milano<br />

Tel. 02 74 81 131<br />

Fax. 02 76 11 03 46<br />

sionale, sono tra i 30 e i 40<br />

mila e non godono di nessun<br />

tipo di contratto o tutela<br />

previdenziale e sindacale.<br />

I precari Rai, che nel 1999<br />

erano 270, attualmente,<br />

secondo i dati del coordinamento<br />

precari e dell’Usigrai,<br />

ammontano a circa<br />

500 (100 <strong>dei</strong> quali hanno<br />

un’anzianità compresa tra i<br />

6 e gli 8 anni); a questi<br />

vanno aggiunti 600 programmisti<br />

registi, di cui solo<br />

20 sono giornalisti professionisti<br />

e la metà pubblicisti<br />

(con punte di anzianità<br />

lavorativa di 15-16 anni).<br />

Sempre in base ai dati<br />

diffusi al Cnel, i praticanti<br />

Fieg iscritti all’Inpgi erano<br />

circa 400 alla fine del 2003.<br />

I nuovi professionisti sono<br />

invece tra i 700 e gli 800<br />

l’anno: secondo recenti rilevazioni<br />

della Fieg, il 60%<br />

non svolge attività giornali-<br />

stica o di comunicazione e<br />

solo il 3-4%, dopo un lungo<br />

precariato, trova piena e<br />

duratura occupazione in<br />

aziende editoriali.<br />

Sul fronte <strong>dei</strong> comunicatori,<br />

secondo una recente indagine<br />

Istat, il 91,3% <strong>dei</strong> giovani<br />

che frequentano corsi<br />

di laurea in scienze della<br />

comunicazione dichiara<br />

che, dopo la laurea, non<br />

intende svolgere la professione<br />

giornalistica.<br />

Ma secondo stime Enn (Dimensione<br />

lavoro e comunicazione)<br />

e Cnel, il mercato<br />

italiano è in grado di assorbire<br />

entro i prossimi dieci<br />

anni non meno di 50-60<br />

mila comunicatori professionisti<br />

in particolare nei<br />

settori <strong>dei</strong> beni culturali,<br />

delle infrastrutture e telecomunicazioni,<br />

dell’ambiente<br />

e attività agricole, del commercio<br />

estero e del made<br />

in Italy.<br />

Sempre in base ai dati<br />

statistici resi noti oggi al<br />

Cnel, il 20% <strong>dei</strong> giornali<br />

(meno di una trentina di<br />

testate) vende il 95% del<br />

totale delle copie acquistate<br />

(circa sei milioni).<br />

Le nuove iniziative editoriali,<br />

compreso l’online, sono<br />

svariate decine l’anno, ma<br />

il tasso di mortalità delle<br />

nuove pubblicazioni è oltre<br />

il 70%.<br />

E soprattutto, l’80% delle<br />

testate giornalistiche (135<br />

quotidiani e 70 agenzie di<br />

informazione) non crea<br />

nuova occupazione già da<br />

diversi anni. In controtendenza,<br />

i grandi gruppi editoriali<br />

e l’informazione online<br />

che dal 2001 registrano<br />

un incremento dell’occupazione<br />

del 2% circa l’anno<br />

(dati Censis).<br />

Appello ai colleghi distratti<br />

Quota 2005: è possibile<br />

da subito aderire<br />

al Rid e non pensarci più<br />

anche negli anni successivi<br />

Visto il gradimento che gli iscritti all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia hanno dimostrato con la massiccia adesione<br />

al servizio di pagamento mediante addebito in via<br />

continuativa sul conto corrente bancario (Rid), Esatri ha<br />

riaperto (ovviamente a favore di chi non ha ancora<br />

fatto ricorso al servizio) i canali di adesione per il<br />

pagamento dell’avviso della quota annuale relativa<br />

all’anno 2005 e agli anni successivi.<br />

Per aderire al servizio Rid è sufficiente:<br />

a) compilare il modello Rid ricevuto con l’avviso di pagamento<br />

del <strong>2004</strong> e trasmetterlo via fax ad Esatri al numero<br />

0264166090<br />

b) oppure compilare il modello Rid elettronico disponibile<br />

su Internet al sito www.taxtel.it (selezionando nell’home<br />

page del sito la voce ADESIONI RID)<br />

c) oppure comunicare via telefono i dati richiesti nel modulo<br />

RID al n. 199 104 343 (dal lunedì al venerdì dalle ore<br />

8.30 alle 17.00). Tale numero è disponibile per informazioni<br />

e variazioni relative al Rid.<br />

Esatri provvederà ad ogni scadenza, a partire dalla quota<br />

del 2005 e per gli anni successivi, salvo revoca, al pagamento<br />

in automatico con addebito dell’importo sul conto<br />

corrente indicato. Con il Rid è possibile pagare gli avvisi di<br />

pagamento, ma non le cartelle esattoriali.<br />

Il termine ultimo di adesione al Rid verrà indicato sugli<br />

avvisi di pagamento relativi alla quota annuale 2005 e<br />

verrà pubblicato su Tabloid.<br />

26 (34) ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

(ANSA)


RITRATTO DI UNO STRAORDINARIO “COMUNICATORE” DA 26 ANNI SULLA CATTEDRA DI PIETRO<br />

16 ottobre 1978: Karol Wojtyla viene eletto Papa<br />

Papa<br />

Wojtyla<br />

ORDINE 9/10 <strong>2004</strong><br />

di Giacomo de Antonellis<br />

Ricordate quella puntata di “Porta a porta” del<br />

13 ottobre 1998 dedicata a Karol Wojtyla in<br />

occasione del suo ventesimo anno di pontificato?<br />

Ci fu un evento straordinario. Bruno<br />

Vespa, che stava alternando le testimonianze<br />

registrate alle opinioni degli invitati in studio,<br />

venne interrotto dalla regia per una telefonata<br />

in diretta: “Sono don Stanislao, segretario del<br />

papa. Buonasera, il Santo Padre vi vuole salutare…”<br />

Imbarazzo del conduttore, incredulità<br />

<strong>dei</strong> presenti, stupore persino sul volto di<br />

Joaquin Navarro-Valls, portavoce del Vaticano.<br />

La voce, inconfondibile, non lasciava<br />

spazio a scherzi o equivoci: “Signor Vespa, voglio<br />

ringraziare lei e tutti i partecipanti per quello<br />

che avete preparato e detto su questi<br />

vent’anni di pontificato”. Un clamoroso scoop.<br />

Il Papa polacco è fatto così, quando sente di<br />

agire non bada alle forme, parla ed esprime il<br />

proprio pensiero. È noto. Nessun tipo di suo<br />

comportamento ormai desta meraviglia. Così,<br />

alla vigilia della cadenza numero ventisei, rileviamo<br />

nell’Uomo venuto dall’Est un perfetto e<br />

tempestivo “comunicatore”.<br />

Il rapporto tra Giovanni Paolo II e la stampa, e<br />

quindi con la pubblica opinione, è davvero perfetto.<br />

Si rivelò tale sin dal primo giorno del suo<br />

pontificato in quel lontano 16 ottobre 1978.<br />

Ricordate l’esordio sulla piazza San Pietro<br />

quando offrì ai media il modo migliore per una<br />

prima definizione? “I venerabili cardinali hanno<br />

chiamato un nuovo vescovo di Roma…<br />

L’hanno chiamato da un paese lontano…<br />

Avevo paura di accettare la nomina… Mi capite<br />

bene? Non so se riuscirò a esprimermi nella<br />

vostra lingua… nella nostra lingua. Se sbaglio<br />

mi corrigerete!” Delizioso il finale che la<br />

gente interpreta come errore senza capire che<br />

è un latinismo, comprensibile in un sacerdote<br />

che conosce grammatica e sintassi dell’antico<br />

idioma assai meglio della moderna parlata.<br />

Pochi giorni più tardi, durante la messa solenne<br />

di intronizzazione, il Papa polacco rivela in<br />

pieno la formula che da carattere alla sua missione.<br />

Rivolgendosi ai fedeli di tutto il mondo,<br />

più che un invito, pronuncia un proclama: “Non<br />

abbiate paura di accogliere il Cristo. Spalancate<br />

le porte al Cristo! Non abbiate paura!”<br />

Da allora in poi ogni suo messaggio appare<br />

permeato di forza missionaria.<br />

Un profondo conoscitore<br />

<strong>dei</strong> mezzi di comunicazione<br />

Non avere paura. Dando l’esempio in prima<br />

persona, Wojtyla dimostra di non avere paura<br />

<strong>dei</strong> giornalisti, anzi di comprenderne lo spirito e<br />

di sostenerne il lavoro. Il contatto iniziale con la<br />

stampa è perfetto. Uomo che conosce la realtà<br />

dell’Est comunista, parla in italiano della libertà<br />

di scrivere: “Consideratevi fortunati di poterne<br />

disporre”. Poi, con un colpo da profondo conoscitore<br />

<strong>dei</strong> mezzi d’informazione, conclude con<br />

una battuta in inglese ben sapendo che sarà<br />

l’unica a fare il giro del mondo in televisione.<br />

Quindi si distacca dal microfono e passeggia<br />

tra i corrispondenti accreditati rispondendo per<br />

un’ora ad ogni domanda, seducendo tutti per<br />

la capacità di passare dal polacco al tedesco,<br />

dal francese allo spagnolo, dall’inglese all’italiano.<br />

È il modello che si ripete in ogni viaggio all’estero,<br />

sull’aereo. Ne ho diverse personali<br />

esperienze. La prima a conclusione di un lungo<br />

giro in America centrale nel marzo 1983 tra<br />

La memoria esistenziale del Papa polacco è tratta in larga<br />

misura dal volume di Bernard Lecomte, Giovanni Paolo II. La<br />

biografia (ottima la traduzione di Clara Ghibellini ed Enzo Peru)<br />

che è denso di analisi e documentazione. L’autore è parigino,<br />

53 anni, prima redattore del quotidiano La Croix, in seguito di<br />

testate laiche. Viene considerato tra i più preparati sui problemi<br />

dell’Europa orientale tra i giornalisti d’oltre Alpe; in particolare<br />

conosce benissimo la società polacca. Questo lavoro su Wojtyla<br />

gli è costato quattro anni di lavoro tra Cracovia e Roma per<br />

mettere in luce l’immagine completa di un pontefice che spazia<br />

da oltre un quarto di secolo tra giudizi contraddittori, da taluni<br />

ritenuto un restauratore e da altri un innovatore.<br />

Libro affascinante che propone questa storica figura in ogni<br />

sua sfaccettatura: poeta, viaggiatore, professore, ma soprattutto<br />

sacerdote e pastore di anime. In un certo senso lo scrittore<br />

francese ripercorre la stessa strada proposta in termini più<br />

concisi dai nostri Luigi Accattoli (L’uomo di fine millennio, San<br />

Paolo, 1998) e Domenico Del Rio (Karol il Grande, edizione<br />

speciale di “Famiglia cristiana”, 2003) oltre ai ricordi dello stesso<br />

protagonista attraverso i best-sellers Varcare la soglia della<br />

speranza (intervista di Vittorio Messori, Mondadori, 1994) e il<br />

recentissimo Alzatevi, andiamo! (Mondadori, <strong>2004</strong>).<br />

protagonista del nostro tempo<br />

(secondo Bernard Lecomte)<br />

Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador,<br />

Guatemala, Honduras, Belize e Haiti. Nella<br />

tratta di ritorno mi avvicinai con il microfono<br />

aperto per chiedergli un’impressione sull’incontro<br />

con tante popolazioni afflitte da miseria<br />

e dittature. Prima di rispondere levò su di me<br />

uno sguardo di simpatia chiedendomi per chi<br />

lavorassi. “Rai, per la precisione Giornaleradiotre”.<br />

“Ah, peccato, non riesco a sentirla<br />

tra tante cose…” Riuscii appena a formulare la<br />

domanda che mi ero preparato. In seguito – in<br />

altri viaggi in Africa, Europa settentrionale, Asia<br />

– il contatto poteva ripetersi ma con maggiore<br />

disinvoltura.<br />

“Anche l’Eurovisione<br />

ha le sue esigenze”<br />

Questo Papa si rende conto che anche la<br />

stampa ha le sue esigenze. In Francia l’ho visto<br />

bloccarsi e dire: “Anche l’Eurovisione ha le<br />

sue esigenze”. Un’altra volta, in San Pietro ha<br />

riconosciuto: “Dovevo parlare per venticinque<br />

minuti ed ho superato il limite”. Ancora, nel<br />

1989 ricevendo in Vaticano il sindacalista polacco<br />

Lech Walesa lo invitava a ripetere la scena<br />

del suo inginocchiarsi e dell’abbraccio perché<br />

i fotografi non erano ancora presenti. Da<br />

giovane egli ha fatto il giornalista, sia pure da<br />

dilettante, e quindi conosce le strutture redazionali,<br />

le pressioni <strong>dei</strong> tempi, l’importanza<br />

dell’impaginazione, le esigenze della televisione.<br />

E non perde occasione affinché la Chiesa,<br />

attraverso la sua stessa immagine, sia sempre<br />

visibile. Una volta a Malta (maggio 2001) egli<br />

si trovò a passare davanti alla tribuna della<br />

stampa per un errore del protocollo: accortosene,<br />

sorridendo, con la mano rivolse un cenno<br />

da vecchio amico. Osserva il biografo<br />

Bernard Lecomte: “I due esempi più sensazionali<br />

dell’utilizzazione <strong>dei</strong> media sono forse la<br />

visita al carcere di Rebibbia, dove Giovanni<br />

Paolo II si intrattiene a lungo con l’uomo che<br />

ha tentato di ucciderlo nel dicembre 1983, e<br />

quella al muro del Pianto, in occasione del pellegrinaggio<br />

in Terra Santa nel marzo del 2000.<br />

Quale immagine poteva esprimere meglio la<br />

forza della riconciliazione di quella del papa<br />

con l’uomo che aveva cercato di ucciderlo? E<br />

quale condanna più definitiva di tutte le forme<br />

di antisemitismo di quella in cui Giovanni<br />

Paolo II infila, con mano tremante, la preghiera<br />

in una crepa del muro sacro?”<br />

Il Papa polacco tiene in gran conto la mondializzazione<br />

informatica. Il vangelo va proclamato<br />

attraverso ogni strumento moderno (non<br />

soltanto dai pulpiti, ormai tanto poco usati)<br />

perché occorre andare verso la gente senza<br />

attendere che essa entri in chiesa. In un discorso<br />

del 16 febbraio 1996, il pontefice rilevava:<br />

“Al principio del secondo millennio la<br />

Chiesa ha contribuito in modo decisivo alla diffusione<br />

del Vangelo e all’edificazione <strong>dei</strong> popoli<br />

grazie ai monasteri, che davano risonanza<br />

ai tesori della civiltà. In occasione del terzo<br />

millennio, mentre è in corso una vera e propria<br />

rivoluzione tecnologica e telematica, la comunità<br />

cristiana viene invitata a prendere coscienza<br />

delle nuove sfide e ad accettarle con<br />

coraggio”. In volo verso l’America latina, nel<br />

febbraio 1985, ad un giornalista che gli chiedeva<br />

se lo disturbassero le telecamere puntate<br />

sulla sua persona, rispondeva: “È scritto nel<br />

Vangelo che la buona novella dev’essere predicata<br />

sui tetti. Che cosa vedremo noi dappertutto<br />

nelle città e nei villaggi che andremo a visitare<br />

se non le antenne della televisione sui<br />

tetti?” I media sono fatti per l’uomo, è la sua filosofia.<br />

E per ottenere raggiungere lo scopo il<br />

Vaticano possiede un collaudato sistema<br />

informativo per via telematica diffuso in tutto il<br />

mondo su Internet (www.vatican.va, scritto in<br />

inglese, spagnolo, francese) al quale si affianca<br />

il lavoro del Centro televisivo che dirama<br />

notizie e servizi attraverso un satellite. Tre<br />

computer con il nome degli arcangeli Raffaele,<br />

Michele e Gabriele assicurano la presenza in<br />

rete stimolando migliaia di iniziative in ogni angolo<br />

del mondo cattolico. In un messaggio del<br />

23 gennaio 2002, il papa scriveva: “La Chiesa<br />

si accosta a questo nuovo mezzo di comunicazione<br />

con realismo e con fiducia” non senza<br />

rimarcare e deplorare i modi “degradanti e nocivi”<br />

con cui spesso viene utilizzato per finalità<br />

speculative.<br />

Come è cambiato il mondo<br />

sotto il suo pontificato<br />

Giovanni Paolo II,<br />

Baldini Castoldi<br />

Dalai editore,<br />

Milano <strong>2004</strong>,<br />

pp. 768, euro 24,60<br />

In duemila anni di cristianesimo, soltanto tre<br />

papi hanno superato la soglia del quarto di secoli:<br />

Pietro capo della Chiesa per presunti<br />

trentaquattro anni, Pio IX per 32 dal 1846 al<br />

1878, Leone XIII per 25 dal 1878 al 1903.<br />

Giovanni Paolo II sta per superare il traguardo<br />

<strong>dei</strong> 26 anni: nel corso del suo pontificato si sono<br />

succeduti cinque presidenti degli Stati Uniti<br />

e sei capi dell’Urss-Russia mentre lo scenario<br />

del mondo ha visto accadere eventi clamorosi<br />

come il crollo del comunismo (pochi e antistorici<br />

i residui, Italia insegna), le trasformazioni<br />

dell’Europa (allargamento politico, unità monetaria,<br />

dismissione <strong>dei</strong> valori morali), l’invasione<br />

islamica dell’Occidente, il dilagare del<br />

terrorismo, la globalizzazione economica. Il<br />

Papa polacco è stato testimone di questo e di<br />

tanti altri segni <strong>dei</strong> tempi ma anche propugnatore<br />

di una ripresa etica e religiosa per l’intera<br />

umanità. Quattordici encicliche, centinaia di<br />

esortazioni e lettere, oltre quattromila discorsi<br />

e omelie, su temi impegnativi di ogni genere:<br />

dalla liturgia all’istituzione ecclesiastica, dalla<br />

proclamazione di beati e santi alla difesa della<br />

famiglia su ogni piano, dalla tutela <strong>dei</strong> diritti<br />

umani alla denuncia della violenza e alla richiesta<br />

di perdono. Interventi e tematiche che<br />

hanno scatenato grida di scandalo o di approvazione<br />

secondo i punti di vista, che hanno indotto<br />

taluni a definirlo conservatore e reazionario<br />

mentre per altri appare progressista e<br />

profeta, che l’hanno talora esaltato e talvolta<br />

depresso. Quando veniva eletto papa, Karol<br />

Wojtyla aveva 58 anni che attualmente sono<br />

divenuti 84. È sempre difficile dare giudizi ma,<br />

raccogliendo la passione che anima ogni parola<br />

del pontefice e rifacendomi all’opinione<br />

del settimanale Time di Nuova York che nel<br />

1994 lo proclamava “uomo dell’anno”, occorre<br />

ammettere che “le sue idee sono molto diverse<br />

da quelle della maggior parte <strong>dei</strong> mortali,<br />

sono più grandi”. Giovanni Paolo II ha portato<br />

per mano la Chiesa nel terzo millennio, puntando<br />

sui giovani e puntando sulla schiettezza<br />

del linguaggio fino al limite della contraddizione.<br />

Perciò (lo sostiene convinto Lecomte) siamo<br />

di fronte ad un personaggio “eccezionale<br />

soprattutto per quello che ha detto o fatto”. È<br />

un uomo che possiede il fascino dell’origine<br />

lontana e della gioventù vissuta come uno<br />

qualsiasi tra i suoi simili, un uomo che si trova<br />

a perfetto agio nel fare di conto alla storia, un<br />

uomo che esprime idee grandiose ed originali<br />

– ne deduceva il compianto Domenico Del Rio<br />

– non può non essere un Grande.<br />

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