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Taison di Calisto Ferrero<br />
l’utilizzazione dei riproduttori<br />
Quando i riproduttori sono stati<br />
scelti si pone la questione di come<br />
utilizzarli.<br />
All’allevatore si offre un’alternativa:<br />
l’esogamia o la consanguineità.<br />
L’ESOGAMIA<br />
Questo dovrebbe valere in generale.<br />
Contrariamente ad un’opinione ritenuta<br />
in cinofilia, non è indispensabile<br />
associare la consanguineità alla<br />
selezione, anche se la prima può<br />
rivelarsi interessante. Se si ricorda<br />
che l’esogamia prevede che i genitori<br />
non abbiano parentela comune<br />
per cinque generazioni precedenti,<br />
si concluderà che questa condizione<br />
è purtroppo molto rara.<br />
Per accoppiare tal maschio con<br />
tale femmina, piuttosto che tal’altra,<br />
l’allevatore ha tre possibilità:<br />
- accoppiamenti a caso (talvolta si<br />
parla, abusivamente, di panmixia): il<br />
metodo è interessante globalmente<br />
per la razza il cui progresso si registrerà<br />
lentamente nell’insieme dei<br />
caratteri selezionati. Non consente a<br />
breve scadenza di ottenere obiettivi<br />
precisi;<br />
- accoppiamento tra i migliori con i<br />
migliori (simili con simili) per uno o<br />
per un piccolo numero di caratteri (si<br />
parla di “Omogamia”). Il progresso<br />
è rapido sui caratteri definiti se la<br />
scelta dei riproduttori è ben fatta;<br />
- accoppiamento dei migliori con<br />
i meno buoni (accoppiamento tra<br />
individui dissimili) fatto per correggere<br />
i difetti dell’uno con le qualità<br />
dell’altro (si parla di “Eterogamia”).<br />
Omogamia ed eterogamia non sono<br />
esclusivi uno dell’altro. In un allevamento<br />
importante, i due metodi<br />
possono coesistere, alcuni animali<br />
si riproducono con i loro simili, altri<br />
con i loro “Opposti”. In un piccolo<br />
allevamento, possono alternarsi,<br />
in funzione delle caratteristiche<br />
degli animali e di quanto si augura<br />
l’allevatore.<br />
La consanguineità (ENDOGAMIA)<br />
L’idea dominante in cinofilia è che<br />
non è possibile fare selezione valida<br />
senza ricorrere alla consanguineità.<br />
E’falsa se ci si interessa della continuità<br />
del progresso dell’insieme<br />
della razza. E’ in parte esatta se si<br />
considera che il fine della selezione<br />
in un allevamento è di produrre dei<br />
campioni. Una consanguineità ben<br />
condotta aumenta in effetti le possibilità<br />
di ottenerne, ma la totalità<br />
degli animali non sono per forza<br />
interessati dal progresso genetico.<br />
Della consanguineità, prima che<br />
esca dal quadro di questa comunicazione,<br />
ricordiamo solamente<br />
due punti:<br />
- non c’è bisogno di credere o non<br />
credere alla consanguineità. E’un<br />
metodo di cui si conoscono vantaggi<br />
e inconvenienti, e presenta<br />
sempre una parte di rischio. Il fatto<br />
di sapere se si accetta o meno di<br />
avere dei rischi detterà le condizioni<br />
di ricorrervi meno;<br />
- quando si parla di “Consanguineità”,<br />
si pensa spesso a quella diretta<br />
(accoppiamento padre x figlia,<br />
fratello x sorella, zio x nipote ecc.).<br />
Ma ve n’è una forma insidiosa, che<br />
abbiamo già evocata: una popolazione<br />
può divenire consanguinea<br />
nel suo insieme senza aver attuato<br />
accoppiamenti consanguinei diretti.<br />
Basta che uno stallone sia stato molto<br />
utilizzato e che vengono ricercati<br />
preferenzialmente i suoi discendenti.<br />
Ripetiamo che un individuo non è<br />
consanguineo se i suoi parenti non<br />
hanno antenati comuni per almeno<br />
cinque generazioni.<br />
I rischi della selezione<br />
Quando la selezione è ben condotta,<br />
cioè quando genera un progresso<br />
genetico ragionevole conservando<br />
alla razza una sufficiente variabilità<br />
per evolvere in un’altra direzione<br />
con i propri mezzi, non presenta<br />
dei veri rischi. Per contro, questi<br />
ultimi sono una realtà quando è mal<br />
condotta.<br />
Il progresso genetico non è razionale<br />
quando è troppo unidirezionale<br />
ed in alcuni casi può facilitare la<br />
deriva verso l’ipertipo.<br />
L’unidirezionalità poggia su una<br />
concezione troppo stretta della<br />
selezione: tutti gli animali devono<br />
ritenersi vicini il più possibile allo<br />
standard e sviluppare esattamente<br />
le stesse attitudini. Certo, un tale<br />
obiettivo è comprensibile e chiaro.<br />
Traduce un’idea falsa di ciò che<br />
deve essere una razza: una forte<br />
rassomiglianza morfologica o fisiologica<br />
negli animali caratterizza in<br />
effetti la linea consanguinea o, in<br />
una minima misura, la corrente ma<br />
non la razza che, da questo punto<br />
di vista deve conservare una certa<br />
“elasticità”. Inoltre, si sa bene che<br />
un progresso unidirezionale rapido<br />
prevede l’esercizio di una forte pressione<br />
selettiva, la quale passa per la<br />
riduzione del numero di riproduttori<br />
maschi.<br />
Quando, questi ultimi sono appa-<br />
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