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Leggendo i dati che Roberto Galullo ha messo a ... - La Riviera

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Parlando di...<br />

<strong>La</strong> verità dell’Iride<br />

di Benjamin Bowson<br />

Tecnici o politici<br />

sempre mezze tac<strong>che</strong><br />

Siete meravigliosi, unici al mondo.<br />

Sempre sul punto di morire e sempre<br />

pronti al colpo di coda <strong>che</strong> vi rimette<br />

in pista. Amate andare a fondo per riemergere<br />

all'ultimo minuto e salvarvi guadagnando<br />

la superficie. Almeno, questo è<br />

quello <strong>che</strong> credete. In realtà la vostra,<br />

quella dell'Italia, è una morte lenta. Siete<br />

in un letto d'agonia, non in cura per una<br />

guarigione miracolosa. Vivete per anni in<br />

mano ai praticoni e quando state per<br />

morire ricorrete ai dottori. An<strong>che</strong> questo è<br />

quello <strong>che</strong> credete. Così affidate la nazione<br />

a politicanti di piccolo cabotaggio, consci<br />

<strong>che</strong> vi porteranno alla deriva e chiamate<br />

comandanti di lungo corso perché vi<br />

evitino dal naufragio. Illusi. Gli uni e gli<br />

altri coincidono sempre, le riserve è noto<br />

<strong>che</strong> siano peggio dei titolari. I tecnici,<br />

come voi li chiamate, quando arrivano al<br />

governo vi fanno più danni dei politici <strong>che</strong><br />

vi eravate scelti. Siccome vi sentite in<br />

colpa, a questi ultimi lasciate fare tutto<br />

quello <strong>che</strong> ai primi non permettevate. Ma<br />

è tutto un gioco. Tecnica e politica, la faccia<br />

semra diversa ma la medaglia è uguale.<br />

Una mannaia <strong>che</strong> ogni volta vi taglia qualcosa.<br />

Alle battute grasse di Berlusconi<br />

avete sostituito le freddure di Monti, così<br />

lo stesso non avete nulla per cui ridere. Al<br />

sorriso di Sacconi avete sostituito le lacrime<br />

della Fornero, piangevate prima e di<br />

più adesso. Vi manganellavano gli uomini<br />

di Maroni e vi allisciano quelli della<br />

Cancellieri. Potrei continuare a lungo, ma<br />

vi risparmio la lezioncina. Vi dico solo <strong>che</strong><br />

almeno i politici erano più consci dei loro<br />

limiti e vi risparmiavano la spocchia di un<br />

Clini, per il quale l'Ilva di Taranto è solo un<br />

fattore economico. Rassegnatevi, alla fine<br />

affogherete. Titolari o sostituti, quelli <strong>che</strong><br />

mettete in campo pari sono. Mezzetac<strong>che</strong><br />

entrambi.<br />

Suerte di Rosario Parise da<br />

Torano Castello, studente in Roma<br />

<strong>La</strong> battaglia<br />

per la legalità<br />

inizia dal caffè<br />

BRIGANTI<br />

Nicola Zitara, un maestro<br />

PINO APRILE<br />

Nicola Zitara <strong>ha</strong> ceduto. Quando un<br />

maestro muore, il suo insegnamento<br />

rimane; per questo non si può dire <strong>che</strong><br />

i maestri muoiano mai, davvero. Zitara<br />

aveva scritto Unità d’Italia: nascita di<br />

una colonia e Memorie di quando ero<br />

italiano. Ma con i suoi articoli aveva<br />

lucidamente spiegato, sino all’ultimo,<br />

in quali modi l’economia tiene soggette<br />

regioni della Terra condannate a<br />

ruoli subordinati. Come il nostro<br />

Mezzogiorno. È stato guida di molti.<br />

Lessi il suo primo libro <strong>che</strong> ero poco<br />

più di un ragazzo; ma lui lo incontrai<br />

solo pochi mesi fa, a casa sua, a<br />

Siderno. Mi raccontò una storia <strong>che</strong> mi<br />

parve metafora della storia dei meridionali,<br />

dall’Unità a oggi. Era felice e<br />

sorpreso del successo di Terroni: «Vuol<br />

dire <strong>che</strong> c’era chi aspettava di sapere,<br />

chi è interessato alla nostra storia»,<br />

diceva. «Dopo tanto tempo, non ci credevo<br />

più». Quando uscii da casa sua,<br />

scrissi qualcosa, per fermare i pensieri<br />

di quell’incontro. Eccoli.<br />

«Ti vuole conoscere», mi dicono.<br />

Nicola Zitara è ormai un esserino scarnificato,<br />

nel letto <strong>che</strong> condivide con il<br />

cancro <strong>che</strong> lo sta uccidendo; i tubicini<br />

<strong>che</strong> escono dalle lenzuola nascondono<br />

l’indecenza del male sotto il letto. Ma<br />

gli occhi, nerissimi, enormi olive senza<br />

distinzione di colore fra pupilla e iride,<br />

sono di vivezza e intelligenza giovani e<br />

roventi. Gli porgo la mano. «Gira da<br />

quest’altra parte», fa, «voglio abbracciarti.<br />

Sei stato bravo». I suoi allievi ed<br />

estimatori lo venerano, solleciti e<br />

discretissimi. Quando escono, per<br />

Tempo fa ebbi la fortuna di ascoltare<br />

un magistrato <strong>che</strong> da anni<br />

lotta contro la criminalità organizzata.<br />

Gli chiesi un modo per<br />

contrastare, nel mio piccolo, un<br />

cancro così lancinante; mi<br />

guardò è rispose: “non facendoti<br />

offrire il caffè”.<br />

Mi spiegò <strong>che</strong> i mafiosi di paese<br />

sono soliti recarsi nei bar più<br />

affollati e offrire a tutti la colazione,<br />

quasi a creare un ambiente<br />

cordiale, un’atmosfera di sotti-<br />

lasciarci soli, li segue con lo sguardo:<br />

«Tutto questo affetto, queste attenzioni…»,<br />

mormora, «non credi <strong>che</strong> stia<br />

ricevendo più di quel <strong>che</strong> merito, proprio<br />

mentre me ne vado?». È come se<br />

osservasse la sua condizione da estraneo.<br />

«Ti dà fastidio se fumo?». Non<br />

rinuncia. E perché dovrebbe, a questo<br />

punto?<br />

Mi parla del libro <strong>che</strong> è riuscito a scrivere,<br />

nonostante la <strong>che</strong>mio, i lunghi<br />

periodi di inabilità non solo fisica, la<br />

scomodissima infermità <strong>che</strong> gli rende<br />

difficili movimenti minimi, persino<br />

raggiungere il pac<strong>che</strong>tto di sigarette (e<br />

ti precede, per evitare di essere aiutato),<br />

figurarsi i libri <strong>che</strong> rendono l’intera<br />

casa e persino la stanza-ospedale un<br />

le devozione nei confronti di<br />

questi ambigui personaggi. “Se<br />

vedi una situazione simile”,<br />

disse, “trova un altro bar. Non<br />

importa se il caffè ti sembrerà<br />

tremendo. Sarà pur sempre il tuo<br />

caffè”.<br />

Trovai quasi buffa questa storia,<br />

ma a distanza di tempo mi sono<br />

decisamente ricreduto. Perché<br />

dove vivo io tutto funziona un<br />

po’ così: non si tratta di un caffè,<br />

si parla di appalti, posti di lavoro,<br />

unico, contorto corridoio di biblioteca.<br />

Sta correggendo le bozze: «Ma non<br />

riesco a licenziare più di venti pagine al<br />

giorno». Gli è difficoltoso pure leggere,<br />

lo aiutano la moglie, la figlia, <strong>che</strong><br />

custodiscono il congiunto come un<br />

bene pubblico loro affidato dalla<br />

comunità.<br />

Ha ricostruito oltre due secoli di politi<strong>che</strong><br />

bancarie e finanza, sino agl’inizi<br />

della nostra storia unitaria e della spoliazione<br />

scientifica del Sud. «È necessario<br />

an<strong>che</strong> fare un’antologia della<br />

malefatte a danno del Mezzogiorno»,<br />

dice. «Io non potrò. Devi farla tu. Tu e<br />

uno storico; tu per la capacità divulgativa<br />

giornalistica, lo storico per il dettaglio<br />

documentale, la cui ricerca<br />

cari<strong>che</strong> importanti, <strong>che</strong> una volta<br />

acquisite ti lasciano irrimediabilmente<br />

avvinghiato ad un sistema<br />

perverso, fatto di favori e di servilismo,<br />

<strong>che</strong> svilisce il merito e<br />

sopprime qualsiasi tipo di sforzo.<br />

Non mi è bastato trovare un altro<br />

bar; ho cambiato paese, città,<br />

regione. Ora studio lontano, con<br />

l’intento di piegarmi il meno possibile<br />

al compro<strong>messo</strong> e alla<br />

clientela. Non importa se il futuro<br />

sarà meno roseo del previsto.<br />

potrebbe riuscirti troppo dispendiosa».<br />

Non so se si rende conto <strong>che</strong> sono<br />

vuoto, in questo periodo, incapace di<br />

pensare e fare: aspetto <strong>che</strong> dal sentire<br />

confuso emerga l’idea <strong>che</strong> porrà le<br />

altre in secondo piano. Non rispondo.<br />

Finiamo per parlare di identità; e mi<br />

racconta una storia. «Ero giovane,<br />

insegnavo a Cremona, ero solo; e feci<br />

amicizia con un collega di qual<strong>che</strong><br />

anno più giovane, ne avrà avuti 26, 27.<br />

Era figlio di un calabrese <strong>che</strong> non era<br />

più tornato nella sua regione. E della<br />

quale, lui non sapeva niente. Ne<br />

apprendeva da me. Quando tornai giù,<br />

mi seguì; lo accompagnai a<br />

Sant’Eufemia d’Aspromonte, il paese<br />

della sua famiglia. Immagina cos’era<br />

più di mezzo secolo fa, con gli escrementi<br />

delle greggi per le strade, le<br />

misere case di pietra. E lui incontrò,<br />

per la prima volta, i suoi cugini: era un<br />

professore del Nord, ben vestito, di<br />

forbito parlare; i parenti erano analfabeti,<br />

poveri, mani callose e spor<strong>che</strong> di<br />

terra e lavoro, sudore; intimiditi dal<br />

giovin signore <strong>che</strong> avevano di fronte.<br />

Lo portarono dinanzi alla casa <strong>che</strong> era<br />

stata del nonno, quella da cui era partito<br />

suo padre. E lì accadde qualcosa<br />

<strong>che</strong> ancora oggi mi sconvolge», e mentre<br />

lo dice, due rivoletti, gli scorrono<br />

dagli occhi sulle guance («Non badarci»,<br />

si giustifica, «succede ai vecchi»).<br />

«Il mio amico cominciò a tremare, si<br />

avvicinò alla porta, si mise in ginocchio<br />

e scoppiò a piangere, con il viso fra le<br />

mani. Rimanemmo tutti muti, i suoi<br />

stupiti e ritrovati parenti e io. Tornò<br />

altre volte. E, infine, riportò al paese<br />

an<strong>che</strong> suo padre».<br />

Sarà pur sempre il mio futuro, e<br />

ho intenzione di entrarvi dalla<br />

porta principale. Tornerò a casa,<br />

se mi sarà possibile, sicuramente<br />

lo farò sulle mie gambe. Non è<br />

mia intenzione esibirmi in parate<br />

e cortei vari: avrò vinto la mi battaglia<br />

per la legalità solo se tornerò,<br />

magari tra vent’anni, in<br />

quello stesso bar. E riuscirò ad<br />

avere, senza alcun tipo di condizionamento,<br />

il mio meritato<br />

caffè.<br />

DOMENICA 09 DICEMBRE 2012 LA RIVIERA 30

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