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cencinforma 50aprile 2012 - Mce

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Con noi, negli spettacoli, c’è anche il gruppo Kalari Payattu, che fa arti marziali. Sono<br />

importanti per il corpo le arti marziali, perché non riguardano solo il corpo. C’è un tipo di<br />

conoscenza che si acquista attraverso la loro pratica di combattimento che non riguarda solo il<br />

combattere o l’ammazzare o il distruggere, ma lo stare attenti, lo stare qui. Sono gli elementi che ti<br />

aiutano a tenerti sveglio. Tu combatti non tanto contro gli altri ma contro gli ostacoli che sono<br />

dentro di te.<br />

Questi tre gruppi, che sono assai diversi tra loro e io ho voluto unirli per gli spettacoli e i<br />

laboratori che facciamo a Cenci e qui in Europa.<br />

In India non è usuale mescolare tradizioni diverse. E’ stata una mia scelta. All’inizio per loro<br />

non era facile intrecciare le loro azioni. A queste pratiche, tra l’altro, io ho aggiunto alcune azioni<br />

che facevo con Grotowski: il lavoro sul silenzio e sull’osservazione. L’osservazione, il vedere con<br />

uno sguardo aperto, fa nascere delle possibilità. Se c’è solo il silenzio certe volte diventa un po’<br />

pesante, e allora c’è la musica dei Baul, che per me è molto importante. E anche i combattimenti<br />

Kalari Payattu sono importanti per il nostro corpo. Così tutti abbiamo capito di più, siamo cresciuti:<br />

il nostro lavoro è cresciuto.<br />

Noi ci troviamo a lavorare in situazioni diversissime: con venti persone per più di una<br />

settimana o con cinquemila per poche ore in una piazza. Ma in ogni situazione ogni tanto succede<br />

qualcosa e posso dire che qualcuno sente.<br />

Certo, quando c’è più tempo è diverso. Le persone hanno la possibilità di capire e, se<br />

accettano, possiamo lavorare a fondo con loro come facciamo l’estate a Cenci o da noi in Bengala.<br />

Ciascuno può allora pensare: questo è mio posto. Perché se sento che questo non è il mio posto<br />

vado a cercare un’altra cosa…<br />

Per me comunicare con tante persone vuol dire andare su e, quando è possibile, portare su<br />

un po’ di gente, insieme. Farli salire è un po’ aprire, un po’ vedere ciò che generalmente non<br />

vediamo. Attenzione, però, non sto parlando di visioni esoteriche ma, più semplicemente, di<br />

vedere come noi siamo.<br />

C’è musica, ci sono combattimenti, ci sono le maschere giganti dei Chhau accompagnate dal<br />

tamburo, che è molto antico e suona molto forte, perché serviva a far comunicare tra loro gente<br />

che viveva nelle montagne. Alle persone piace lavorare con questi tre gruppi perché sentono la<br />

forza di queste arti tradizionali. Anche per me questo è importante. E’ come un viaggio nel tempo.<br />

E’ come tornare al tempo in cui tutte queste arti sono nate e hanno trovato una forma, una<br />

struttura. La parola Chhau vuol dire proprio questo: struttura.<br />

Attraverso il suono del tamburo e il canto pubblico tu puoi fare un viaggio e andare molto<br />

lontano nel tempo, qui in Europa come in India.<br />

Milonmela è il titolo del nostro spettacolo e vuol dire incontro con umanità, spazio, ma anche<br />

qualcosa come relazione con gli astri nel cielo. L’uomo è nello spazio. C’è una cosa che gira e noi<br />

siamo dentro. Noi, girando dentro una cosa che c’è intorno a noi e che gira, ci accorgiamo che non<br />

si gira solo dentro ai nostri problemi: c’è altro fuori!<br />

Molti vengono dall’Europa nella nostra casa-laboratorio che abbiamo costruito in Bengala.<br />

Ognuno cerca cose diverse, cose profonde. Ma è molto difficile capire davvero cosa si cerca. Ci<br />

sono un sacco di errori che è possibile fare. Ad alcuni piace semplicemente cambiare posto,<br />

vedere un’altra tradizione, un altro paese, ma altri pensano di potere cambiare la loro vita. Questo<br />

è un errore, perché non è possibile cambiare vita con un viaggio di tre o quattro mesi. Cambiare<br />

vita è una cosa lunga, una cosa lunga che deve funzionare per te.<br />

Cambiare religione, per esempio, per me è una cosa impossibile. Mi sembra quasi sempre<br />

una cosa superficiale. Io capisco che si voglia cambiare, che si vogliano risolvere problemi,<br />

sofferenze, non cadere nella noia di vivere, ma bisogna capire cosa cambiare, in quale direzione.<br />

Cambiare tutto è impossibile, e diventa una cosa superficiale.<br />

Riguardo al rapporto tra spiritualità e arte performativa Grotowski diceva una cosa<br />

importante: serve uno spirito buono in cui credere, serve credere a tutta l’umanità, a tutto l’amore

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