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a cencinforma 41 maggio 2010 - Mce

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<strong>cencinforma</strong> 40<br />

bollettino informativo della Casa-laboratorio di Cenci (Amelia, Umbria) <strong>maggio</strong> <strong>2010</strong><br />

Care amiche e amici,<br />

Vi mandiamo il calendario dei laboratori e delle iniziative in programma nel <strong>2010</strong>.<br />

Quest’anno la casa-laboratorio compie 30 anni e stiamo organizzando alcune iniziative<br />

pubbliche legate alla storia di Cenci.<br />

La prima la desideriamo dedicare ad Alexander Langer, che è stato un grande amico e una<br />

persona particolare e unica nel panorama politico e culturale del nostro paese.<br />

A lui la casa-laboratorio deve molto perché ci offrì l’occasione di collaborare alla progettazione e<br />

alla realizzazione dei primi cicli della Fiera delle Utopie Concrete di Città di Castello, che si inaugurò<br />

nel 1988. Nelle prime edizioni la fiera fu assai partecipata, e raccolse tentativi ed esempi di<br />

conversione ecologica nei più diversi campi: dall’agricoltura all’innovazione tecnologica, da esempi<br />

di buona amministrazione ad esperienze ecologiche nel campo dell’arte e dell’educazione. La prima<br />

fiera fu aperta da due giorni di conversazioni con Ivan Illich sul tema dell’acqua, e ospitò esperienze<br />

significative provenienti dall’Europa del ovest e dell’est, prima della caduta del muro di Berlino. Noi vi<br />

partecipammo organizzando laboratori didattici e proposte teatrali e fu in quel contesto che nacque il<br />

progetto TeatroNatura, che prosegue ancora oggi.<br />

Ma l’importanza di Alexander Langer è legata a molto altro: alle sue battaglie ecologiche, alla<br />

lotta contro il debito che strangola i paesi del sud del mondo, al suo impegno continuo per la pace e la<br />

soluzione nonviolenta dei conflitti e all’elaborazione di strategie di convivenza tra culture diverse.<br />

Su questi temi, attualissimi oggi in Italia, organizziamo il 22 e 23 <strong>maggio</strong> due giornate di<br />

studio ad Amelia, in collaborazione con Lo Straniero, la rivista diretta da Goffredo Fofi.<br />

Tra giugno e luglio c’è il tradizionale villaggio educativo, una settimana di esperienze aperta<br />

partecipanti dai 7 ai 70 anni. In luglio ci saranno altre proposte per bambini e ragazzi, organizzate in<br />

collaborazione con la cooperativa Cipss e con la cooperativa EDIT (Educazione Diritti Territorio).<br />

Come ogni anno Cenci propone l’incontro con tre gruppi legati alle ricerche iniziate cinquanta<br />

anni fa da Jerzy Grotowski. Dal 5 al 15 agosto tornerà il gruppo Milon Mela, composto da 19 artisti<br />

indiani guidati da Abani Biswas. Dall’1 al 5 settembre ospiteremo il laboratorio di ecologia teatrale<br />

proposto da Jairo Cuesta intitolato Il corpo sogna, il corpo ricorda, il corpo parla.Ai primi di gennaio<br />

del 2011, Ewa Benesz terrà il suo laboratorio intitolato Nell’atto del creare.<br />

Dopo l’esperienza degli scorsi anni, stiamo organizzando un nuovo un appuntamento, dal 13 al<br />

17 luglio, intitolato “Aperture”, dedicato alla relazione con la disabilità nei luoghi educativi, rivolto a<br />

ragazzi e adulti disabili, operatori e insegnanti.<br />

Stiamo cominciando ad organizzare, per il 28 e 29 agosto una festa teatrale e musicale<br />

per festeggiare con chi lo desidera i 30 anni della casa-laboratorio.<br />

Nei giorni dell’equinozio di autunno, dal 17 al 19 settembre, si terrà l’ormai tradizionale<br />

appuntamento de l’Officina matematica di Emma Castelnuovo.<br />

Per gli insegnanti che lo desiderino, ci sono le proposte dei campi-scuola offerti da Cenci a<br />

classi di ogni età, nell’autunno <strong>2010</strong> e primavera 2011.<br />

Chiunque voglia avere informazioni sulle condizioni in cui tenta di sopravvivere il villaggio di<br />

Ayuub, con cui è gemellata la casa-laboratorio, nella difficilissima situazione che sta vivendo la<br />

Somalia oggi, può richiederle a Giuliano (giulianobortolotti@alice.it).<br />

Per cominciare a fornire materiali per preparare le giornate di studio di fine <strong>maggio</strong>, alleghiamo<br />

a questo <strong>cencinforma</strong> quattro testi di Alexander Langer, una scheda biografica e una riflessione sulle<br />

eredità che ci lascia.<br />

Un abbraccio a tutte e a tutti franco e roberta


La Casa-laboratorio di Cenci e la rivista Lo Straniero<br />

organizzano ad Amelia sabato 22 e domenica 23 <strong>maggio</strong> <strong>2010</strong> due giornate di studio<br />

Alexander Langer tra ieri e domani<br />

Interventi e contributi di<br />

Gianfranco Bettin, Anna Bravo, Daniel Cohn Bendit, Guido Crainz, Giovanni Damiani,<br />

Carlo Donolo, Goffredo Fofi, Marijana Grandits, Peter Kammerer, Gad Lerner, Fabio Levi, Franco<br />

Lorenzoni, Luigi Manconi, Giulio Marcon, Gianluca Paciucci, Edi Rabini,<br />

Wolfgang Sachs, Karl Ludwig Schibel, Marino Sinibaldi, Gianni Saporetti, Guido Viale.<br />

L’attenzione verso gli equilibri ambientali del nostro pianeta e il bisogno di stabilire relazioni pacifiche<br />

e solidali tra tutti i popoli e le culture del mondo, a partire dagli stranieri immigrati che vivono in Italia, sono<br />

valori essenziali in questo nostro tempo. Ma questi principi hanno grandi difficoltà a costituire un<br />

patrimonio comune oggi in Italia.<br />

C’è dunque un problema che è insieme politico e culturale. Per ragionare attorno a questi temi<br />

crediamo sia importante tornare a leggere e ragionare intorno all’eredità politica e culturale che ci ha<br />

lasciato Alexander Langer, che è stato un protagonista di importanti lotte per la difesa dell’ambiente, la<br />

convivenza pacifica tra i popoli, l’equilibrio tra nord e sud del mondo e il rispetto delle minoranze etniche e<br />

linguistiche.<br />

Desideriamo ripensare al suo itinerario e al suo impegno per far conoscere la sua esperienza a chi è<br />

più giovane e non lo ha incontrato e per tornare a porci oggi problemi di grande attualità, a cui Alexander<br />

Langer ha dedicato interamente la sua vita.<br />

La sera del sabato, il Sindaco di Amelia Giorgio Sensini inaugurerà via Alexander Langer, di fronte alla<br />

Scuola Elementare ed i gruppi Trio e Passion diretti da Francesca Ferri,<br />

in collaborazione con O-Thiasos Teatro Natura, presenteranno<br />

Cantata per Alexander<br />

Le giornate sono realizzate con il contributo del CRIDEA e della Coop di Amelia ed hanno<br />

il patrocinio e il sostegno del Comune di Amelia, della Provincia di Terni e della Regione Umbria<br />

______________________________________________________________________PER<br />

PARTECIPARE ALLE GIORNATE DI STUDIO<br />

Si prega chiunque sia interessato a partecipare di comunicarlo prima possibile per predisporre al meglio<br />

l’ospitalità e l’organizzazione logistica delle giornate scrivendo a cencicasalab@tiscali.it<br />

o chiamando al 339.5736449 (Franco) 338.4696119 (Roberta) 338.3295467 (Lucio)<br />

www.cencicasalab.it/cenci facebook: Casa-laboratorio di Cenci<br />

Per chi si adatta ad una ospitalità economica in camere con più letti e senza bagno in camera c’è la possibilità<br />

di prenotare presso la Casa-laboratorio di Cenci, l’Ostello di Amelia o il Convento dell’Annunziata per una o due<br />

notti. Stiamo inoltre organizzando per i partecipanti, che si annunciano numerosi, pasti conviviali per avere<br />

modo di stare insieme, incontrarci, conversare. Ogni notte costa 20 euro e ogni pasto costa 15 euro, ma è<br />

necessario prenotare in anticipo. Chi prenota 2 notti e 3 pasti (due sabato e uno domenica) potrà avere il prezzo<br />

scontato di €.75, chi una notte e 3 pasti €.60. Si può prenotare entro il 12 <strong>maggio</strong> (se non si esauriscono prima i<br />

posti).<br />

La prenotazione va fatta telefonicamente o per e-mail e risulta confermata all’arrivo dell’anticipo di €.40 tramite<br />

vaglia postale a Franco Lorenzoni, strada di Luchiano 13 05022 AMELIA (Tr) o<br />

bonifico presso la Banca Popolare di Spoleto Cod. IBAN: IT92 H 05704 72530 0000 0000 2073<br />

Per ospitalità in albergo o B&B informazioni presso l’Uff. Turismo di Amelia 0744.981463


PROGRAMMA<br />

_______________________________________________<br />

SABATO 22 <strong>maggio</strong> ore 9 - 13 Teatro Sociale di Amelia<br />

Radici e contesto di un percorso<br />

Anna Bravo Lottare insieme, pensare individualmente<br />

Fabio Levi "Perché un uomo così non è diventato famoso?"<br />

Guido Crainz La difficile autobiografia di una generazione<br />

Gianluca Paciucci Violenza e guerre, tra necessità e necessario superamento, dalla Jugoslavia a oggi.<br />

Luigi Manconi Alex Langer “oltre il ponte” (Italo Calvino)<br />

Peter Kammerer Alex e la cultura tedesca<br />

______________________________________________________<br />

SABATO 22 <strong>maggio</strong> ore 15.30 - 19.00 Teatro Sociale di Amelia<br />

Ecologia politica, convivenza, minoranze etniche<br />

Gianfranco Bettin La fatica dell'agire politico<br />

Franco Lorenzoni Un maestro di inquietudine<br />

Wolfgang Sachs La conversione ecologica di Langer, 20 anni dopo<br />

Karl Ludwig Schibel Alleanza per il clima - crisi globale e comunità locale<br />

Giovanni Damiani Semi germogliati nel campo della conversione ecologica, nel rapporto con l’acqua<br />

Daniel Cohn Bendit L’eredità di Alexander Langer tra i verdi in Europa (messaggio)<br />

Guido Viale La conversione ecologica nel rapporto con i lavoratori delle fabbriche in crisi<br />

Gad Lerner Alexander Langer e il mosaico delle identità<br />

___________________________________________________________________<br />

SABATO 22 <strong>maggio</strong> ore 19.30 via Alexander Langer (di fronte alla scuola elementare)<br />

Il sindaco di Amelia Giorgio Sesini inagura via Alexander Langer<br />

Cantata per Alexander Musiche originali e direzione di Francesca Ferri cori Trio e Passion<br />

in collaborazione con O Thiasos-TeatroNatura<br />

________________________________________________________<br />

DOMENICA 23 <strong>maggio</strong> ore 9 - 13 Casa-laboratorio di Cenci<br />

Non violenza, pacifismo, ruolo delle minoranze<br />

Marijana Grandits L’impegno per la pace in Bosnia di Alexander Langer<br />

Edi Rabini Dal Sudtirolo a Srebrenica, passando per Tuzla<br />

Giulio Marcon Il pacifismo concreto di Alex Langer<br />

Marino Sinibaldi Splendori e miserie delle minoranze<br />

Carlo Donolo Minority Report: riflessioni sui saperi critici<br />

Goffredo Fofi Come continuare<br />

Alexander Langer, nato a Sterzing in Sud Tirolo-Alto Adige nel 1946 e morto a Firenze nel 1995, è stato<br />

uno dei primi e più attivi militanti del movimento verde e ambientalista italiano. Insegnante, giornalista, militante politico e<br />

poi parlamentare europeo, ha dedicato tutta la sua vita, senza risparmiarsi, alla causa della conversione ecologica del nostro<br />

modo di produrre, consumare, abitare vivere e convivere. Su questi temi ha tra l’altro dato vita in Umbria, a Città di<br />

Castello, alla “Fiera delle utopie concrete” che, alla fine degli anni Ottanta, riunì militanti ambientalisti dell’Europa<br />

dell’ovest e dell’est, prima della caduta del muro di Berlino.<br />

Allievo a Firenze di Giorgio La Pira ed Ernesto Balducci, fu fortemente influenzato da don Lorenzo Milani e dalla<br />

sua scuola di Barbiana, di cui tradusse in tedesco la famosa “Lettera a una professoressa”.<br />

Attivo nei movimenti sociali degli anni Sessanta e Settanta fu tra i primi, in Italia, a considerare cruciale il tema<br />

dell’ambiente e dell’equilibrio tra Nord e Sud del mondo, dando vita a numerose campagne, tra cui quella per l’abolizione<br />

del debito dei Paesi poveri e all’“Alleanza per il clima”, che riunisce centinaia di Comuni di paesi sviluppati e di paesi del<br />

sud del mondo che si battono per una riduzione delle emissioni nocive.<br />

Eletto nel parlamento Europeo, è stato tra i coordinatori del gruppo Verde. Accanto ai suoi impegni<br />

istituzionali ha sempre mantenuto vivo il suo contatto diretto con diverse espressioni di movimento,<br />

intervenendo a numerosi incontri e dibattiti e privilegiando i piccoli gruppi di ricerca con forte impegno etico.<br />

Alexander Langer ha creduto poco nell'ecologia dei filtri e dei valori-limite (senza trascurare, tuttavia, la<br />

battaglia per gli uni e per gli altri), impegnandosi piuttosto a favore di una conversione ecologica della società,


con preferenza per l'auto-limitazione cosciente, la valorizzazione della dimensione locale e comunitaria, la<br />

convivialità.<br />

Ha promosso con altri la campagna internazionale "Nord-Sud: biosfera sopravvivenza dei popoli, debito”<br />

che ha avuto un importante ruolo al vertice della terra di Rio del 1992. Si è impegnato e ha sostenuto movimenti<br />

ed iniziative di solidarietà tra cui numerose ONG come il CRIC, Terra Nuova, Crocevia, la "Campagna per la<br />

restituzione delle terre agli indios Xavantes", "Kairos Europa", "Quart Monde", "Terre des hommes" e la rete<br />

delle banche etiche, consumo critico, Botteghe del Mondo, che cominciavano a nascere in quegli anni. Il<br />

Parlamento Europeo ha approvato una sua risoluzione sul commercio equo e solidale.<br />

Negli anni Novanta, dopo essere stato incaricato dal Parlamento Europeo alla guida della delegazione di<br />

osservatori in Albania, nel momento del difficile passaggio di questo paese alla democrazia, ha interamente<br />

dedicato gli ultimi anni della sua vita alla tragica guerra che si era scatenata nella ex-Yougoslavia, stabilendo<br />

relazioni e costruendo reti di solidarietà e di sostegno tra tutti coloro che si battevano in Bosnia contro la follia<br />

della guerra.<br />

Tessitore instancabile di relazioni, testimone attivo contro ogni forma di violenza, di persecuzione e di guerra nelle<br />

regioni del nostro continente nuovamente attraversate dall’orrore della pulizia etnica Alexander Langer è unanimemente<br />

considerato uno straordinario “costruttore di pace”.<br />

Il premio a lui dedicato dalla “Fondazione Alexander Langer” ogni anno assegna un riconoscimento a coloro che si<br />

battono contro ogni forma di oppressione, intolleranza ed esclusione etnica dal Sudafrica alla Bosnia, dall’Algeria alla<br />

Cina, dal Ruanda alla Somalia e al Medio Oriente.<br />

Da giovane studente, in una terra che vedeva la contrapposizione etnica tra tedeschi e italiani, fondò la rivista “Die<br />

Brücke” (Il ponte). Da allora Alexander Langer, per tutta la vita, non ha fatto altro che tentare di costruire ponti.<br />

_____________________________________________________________________________________<br />

RELATORI<br />

Gianfranco Bettin è saggista e narratore. Ha insegnato e lavorato nel campo della ricerca sociale e politica.<br />

Con Alexander Langer è stato tra i fondatori dei Verdi italiani, di cui è un esponente a Venezia e nel<br />

Veneto.<br />

Anna Bravo è stata professore associato di Storia all’Università di Torino ed ha in seguito abbandonato<br />

l’insegnamento. Il suo ultimo libro è A colpi di cuore. Storie del sessantotto (Laterza, 2008). Lavora<br />

attualmente a un libro su violenza/nonviolenza<br />

Daniel Cohn-Bendit è stato leader del <strong>maggio</strong> ’68 a Parigi. Per molti anni è stato tra i principali animatori dei<br />

grünen in Germania e lo scorso anno ha contribuito alla formazione ed al successo della lista Europe<br />

ecologie in Francia. Eurodeputato del gruppo dei verdi, recentemente è stato tradotto in Italia il suo ultimo<br />

libro: Che fare? Trattatello di immaginazione politica a uso degli europei (Nutrimenti, 2009)<br />

Guido Crainz insegna Storia Contemporanea all'Università di Teramo. Agli anni sessanta e settanta ha<br />

dedicato Il Paese mancato (Donzelli, 2003)<br />

Carlo Donolo insegna sociologia avanzata presso la Facoltà di Scienze statistiche della Sapienza di Roma.<br />

Presiede Eutropia onlus (progetti comunitari in tema di sostenibilità e di pari opportunità), e si occupa<br />

principalmente di istituzioni e di beni comuni. Il suo ultimo libro è Sostenere lo sviluppo (B. Mondadori<br />

2007).<br />

Giovanni Damiani è biologo, lavora presso l’Agenzia per la Tutela Ambientale in Abruzzo e insegna Chimica<br />

ambientale, bioindicatori, certificazione e monitoraggio all’Università della Tuscia a Viterbo. Presidente<br />

dell’Ecoistituto-Abruzzo, è impegnato nella ricerca e in attività scientifico-militante con movimenti,<br />

associazioni, comitati per la difesa dell’ambiente. E’ stato direttore generale dell’Agenzia Nazionale per la<br />

Protezione dell’Ambiente dal 1996 al 2001 e successivamente componente della Commissione Nazionale<br />

per le Valutazioni dell’Impatto Ambientale.<br />

Goffredo Fofi si occupa di critica cinematografica e letteraria. Ha fondato e diretto riviste di interesse culturale<br />

e politico tra cui Quaderni Piacentini, Ombre rosse, Linea d’ombra e Lo Straniero. Ha partecipato a molte<br />

esperienze di intervento sociale ed educativo dalla metà degli anni ’50 ad oggi a Palermo, Roma, Torino,<br />

Milano e Napoli. Ha recentemente pubblicato “La vocazione minoritaria” (Laterza, 2009)<br />

Marijana Grandits è militante ambientalista austriaca. Negli anni ‘90 ha fondato con Alexander Langer il<br />

“Verona Forum pera la pace e la riconciliazione nell’exJugoslavia”<br />

Gad Lerner è giornalista. Ha di recente pubblicato Scintille (Feltrinelli, 2009)<br />

Fabio Levi insegna storia contemporanea a Torino, fa parte del comitato scientifico della Fondazione Alexander<br />

Langer e si occupa del Centro studi Primo Levi di Torino. Ha pubblicato In viaggio con Alex (Feltrinelli,<br />

2007)<br />

Franco Lorenzoni è maestro elementare e coordina le attività della Casa-laboratorio di Cenci, che è un centro<br />

di ricerca e sperimentazione educativa ed artistica, che si occupa in particolar modo di temi ecologici e<br />

intrerculturali. Ha pubblicato Con il cielo negli occhi (Meridiana, 2009) e L’ospite bambino (Theoria 1994,<br />

NuovaEra 2002)<br />

Giulio Marcon è portavoce della campagna Sbilanciamoci! E’ stato negli anni '90 presidente del Consorzio<br />

Italiano di Solidarietà e portavoce dell'Associazione per la pace. Autore di Le ambiguità degli aiuti<br />

umanitari (Feltrinelli) e Come fare politica senza entrare in un partito (Feltrinelli)


Luigi Manconi insegna sociologia, è presidente di A Buon Diritto e lavora con le associazioni Luca Coscioni e<br />

Nessuno Tocchi Caino. È membro dell’assemblea nazionale del Partito democratico e della direzione di<br />

Radicali italiani.<br />

Peter Kammerer ha insegnato Sociologia a Urbino, ha curato insieme a Heiner Müller Drucksache 11. Pasolini<br />

(Berlin 1995) insieme a Graziella Galvani di H. Müller L`invenzione del silenzio (Milano 1996) gli scritti di<br />

Alexander Langer Die Mehrheit der Minderheiten (Wagenbach 1996), l`autobiografia di Willi Hoss Komm<br />

ins offene Freund (Münster 2004), insieme a E. Donaggio Karl Marx: Antologia, (Feltrinelli 2007) e<br />

insieme a E. Krippendorff e W.D. Narr Franz von Assisi. Zeitgenosse für eine andere Politik (Düsseldorf<br />

2008).<br />

Gianluca Paciucci è insegnante e operatore culturale. E’ stato tra i creatori degli Incontri internazionali di<br />

Poesia di Sarajevo e collabora con “La Rosa necessaria” (Benevento), “La Battana” e “Panorama” (Istria)<br />

e il periodico “Guerre&Pace”. Collabora con la casa editrice Infinito, per la quale ha tradotto Sarajevo,<br />

mon amour (2007), intervista al generale Jovan Divjak, e curato la raccolta di versi La polvere sui guanti<br />

del chirurgo (2007) di Senadin Musabegović.<br />

Edi Rabini promuove e partecipa dal 1965 ad associazioni, convegni, riviste, movimenti politici, volti a favorire<br />

la cooperazione tra i gruppi linguistici in Sudtirolo. E’ stato collaboratore da Bolzano di Alexander Langer<br />

al Parlamento Europeo. Ha promosso la Fondazione Alexander Langer Stiftung dal 1999 con interesse<br />

particolare per la cura dell'archivio Langer e della rete Adopt Srebrenica. Ha curato con Adriano Sofri il<br />

libro Alexander Langer, Il viaggiatore leggero (Sellerio, 1996).<br />

Wolfgang Sachs ha studiato teologia, sociologia e storia a Monaco,Tübingen e Berkeley. Dal 1993 direttore di<br />

ricerca al Wuppertal Institut per clima, energia, ambiente. Professore onorario all’Università di Kassel,<br />

membro del Club of Rome, autore di libri nel campo dell’ambiente, della globalizzazione, e dei rapporti<br />

Nord-Sud. Libri recenti: Ambiente e giustizia sociale. I limiti della globalizzazione. (Ed. Riuniti, 2002), coautore<br />

di Per un futuro equo. Conflitti sulle risorse e giustizia globale. (Feltrinelli, 2007), ed/co-autore di<br />

Commercio e Agricoltura. Dall’efficienza economica alla sostenibilità sociale e ambientale. (EMI, 2007)<br />

Karl Ludwig Schibel è sociologo e ha insegnato per vent’anni all’Università di Francoforte Ecologia sociale.<br />

Coordina dal 1988 la Fiera delle Utopie Concrete che presenta ogni anno esperienze e soluzioni di<br />

conversione ecologica dell’economia e della società (www.utopieconcrete.it). Dal 1992 fa parte della<br />

presidenza dell’Alleanza per il Clima delle città europee, la più grande rete di Comuni impegnati nella<br />

salvaguardia del clima e ne coordina le iniziativa in Italia (www.climatealliance.it).<br />

Marino Sinibaldi è giornalista ed è stato tra i fondatori di Linea d’ombra. Ideatore e conduttore della rubrica<br />

radiofonica Fahareneit attualmente è direttore di Radio 3.<br />

Guido Viale lavora da trent'anni nel campo dello sviluppo locale e dell'economia ambientale occupandosi in<br />

particolare di rifiuti, mobilità urbana e fonti energetiche rinnovabili. Attualmente svolge consulenze in<br />

questi settori. Sul tema trattato ha pubblicato “Prove di un mondo diverso” (NdA editore, 2009)<br />

_______________________________<br />

30 anni della casa-laboratorio di Cenci<br />

______________________________________________________________________________________________<br />

22 - 23 <strong>maggio</strong> <strong>2010</strong><br />

Alexander Langer tra ieri e domani<br />

Giornate di studio internazionali organizzate in collaborazione con “Lo Straniero”<br />

Si prega chiunque sia interessato a partecipare di comunicarlo prima possibile per organizzare al meglio l’ospitalità e<br />

l’organizzazione logistica delle giornate o scrivendo a cencicasalab@tiscali.it<br />

o chiamando al 339.5736449 (Franco) 338.4696119 (Roberta) 338.3295467 (Lucio)<br />

28 – 29 agosto <strong>2010</strong><br />

Festa teatrale e musicale per i 30 anni di Cenci<br />

______________________________________________________________________________________________


________________________________<br />

Proposte estive per bambini e ragazzi<br />

27 giugno - 4 luglio <strong>2010</strong><br />

Villaggio educativo<br />

7 giorni e 7 notti per partecipanti dai 7 ai 70 anni<br />

€. 390<br />

Una proposta aperta a bambini, ragazzi, giovani e anziani, guidata dagli operatori della casa-laboratorio di Cenci<br />

____________________________________________________________________________________<br />

6 - 12 luglio <strong>2010</strong><br />

Albe d’oro, lune d’argento<br />

Campo estivo nella natura<br />

€. 390<br />

Una esperienza per bambini e ragazzi dai 7 ai 15 anni proposta dalla Casa-laboratorio di Cenci.in collaborazione con la<br />

cooperativa CIPSS<br />

18 - 24 luglio e 25 - 31 luglio <strong>2010</strong><br />

Passiamo leggeri sulla terra<br />

campi estivi di educazione ambientale<br />

€. 390<br />

Una esperienza per bambini e ragazzi proposta dalla cooperativa EDIT in collaborazione con la Casalaboratorio<br />

di Cenci per partecipanti dai 6 ai 12 anni<br />

Per informazioni e prenotazioni editcooperativa@gmail.com Antonio 3395871798 Daniele 3939111769<br />

Laboratori per adulti<br />

5 - 15 agosto <strong>2010</strong><br />

Incontro con l'India. La ricerca delle sorgenti<br />

€ 600 (€.500 sconto per studenti e professionisti del teatro)<br />

Suonatori BAUL, danzatori CHHAU e maestri d'arti marziali KALARI PAYATTU. 19 artisti propongono le loro pratiche in un<br />

seminario diretto da Abani Biswas, collaboratore di Jerzy Grotowski nel Teatro delle Sorgenti.<br />

Informazioni Abani o Eleonora 06.6386131 E-mail: milonmela@sify.com; proietti@ipi.it<br />

____________________________________________________________________________________<br />

1 - 5 settembre <strong>2010</strong><br />

Il corpo sogna, il corpo ricorda, il corpo parla<br />

laboratorio proposto da Jairo Cuesta<br />

pratiche attoriali di performance ecology<br />

€ 320<br />

L’attore colombiano Jairo Cuesta, assistente e collaboratori di Jerzy Grotowski nel periodo del Teatro delle Sorgenti, da 20<br />

anni, insieme al regista nordamericano Jim Slowiak, conduce una ricerca sul teatro che parte dal corpo e dalla voce nel<br />

New World Performance Lab<br />

Informazioni Franco Lorenzoni: cencicasalab@tiscali.it franco 339.5736449.<br />

____________________________________________________________________________________<br />

13 - 17 luglio <strong>2010</strong><br />

Aperture. Il cielo è di tutti<br />

Disabilità ed integrazione nei contesti educativi<br />

€. 320<br />

Laboratori ed esperienze nella natura aperte a ragazzi disabili, insegnanti e operatori, per sperimentare e cercare di aprirci<br />

un poco di più.<br />

Una proposta di Roberta Passoni e Franco Lorenzoni<br />

Informazioni Roberta Passoni 338.4696119<br />

_______________________________________________________________________________________<br />

17 - 19 settembre <strong>2010</strong><br />

L'officina matematica di Emma Castelnuovo.<br />

€ 130<br />

Laboratorio operativo per la costruzione di strumenti didattici rivolto ad insegnanti di scuola elementare e media<br />

Informazioni Franco Lorenzoni: 0744.980330<br />

18 - 21 novembre <strong>2010</strong> (date da confermare)


Le sorgenti del narrare<br />

€ 230<br />

Imparare a raccontare e a raccontarsi. Laboratorio di narrazione orale proposto da Franco Lorenzoni e Roberta Passoni<br />

Informazioni Franco Lorenzoni: 339.5736449 cencincasalab@tiscali.it<br />

inverno 2009 (date da definire)<br />

_______________________________________________________________________________________<br />

28 - 30 gennaio 2011 (date da confermare)<br />

Ascolto, scrittura, narrazione. Testo e contesto<br />

€. 180<br />

Un laboratorio rivolto in particolare a insegnanti e operatori che lavorano con stranieri adulti e bambini.<br />

A partire da una proposta di ascolto, scrittura e narrazione orale ci proponiamo di esplorare un testo, ragionando su ciò che<br />

sta alla base della motivazione alla lettura e alla scrittura.<br />

Una proposta di Roberta Passoni e Franco Lorenzoni<br />

Informazioni Franco Lorenzoni: 339.5736449 cencincasalab@tiscali.it<br />

_______________________________________________________________________________________<br />

2 - 6 gennaio 2011<br />

Nell’atto del creare. Le pratiche originarie dell’attore<br />

Una proposta di Ewa Benesz<br />

€ 320<br />

L’atto del creare avvicina alla ‘realtà mitica’ della vita. Svela un’altra dimensione dell’ ‘io’ ed un’altra dimensione<br />

del ‘tu’. Nell’attenzione risvegliata e nella contemplazione nulla è indifferente.<br />

Sono in unione. La mente dimentica se stessa.<br />

Informazioni Ewa Benesz 368.68<strong>41</strong>80 – 339.2273126<br />

______________________<br />

Proposte di campi scuola<br />

____________________________________________________________________________________<br />

Tra cielo e terra<br />

campi scuola per classi di ogni età<br />

€ 49 a testa per ogni giornata<br />

I campi scuola residenziali di 2, 3, 4 o 5 giorni, che la Casa-laboratorio di Cenci propone alle scuole di ogni grado, offrono<br />

dei percorsi di apertura delle nostre sensibilità, nella ricerca di un rapporto diretto con gli elementi del nostro pianeta.<br />

Organizzazione Roberta Passoni 3384696119 cencicasalab@tiscali.i


27 giugno - 4 luglio <strong>2010</strong><br />

Villaggio educativo<br />

7 giorni e 7 notti per partecipanti dai 7 ai 70 anni<br />

€.390<br />

Una proposta aperta a bambini, ragazzi, giovani e anziani, guidata dagli operatori della Casa-laboratorio di Cenci<br />

All'origine di questa proposta c'è l'ipotesi che adulti, adolescenti, bambini ed anziani possano<br />

incontrarsi, intrecciando memorie, esperienze, competenze e linguaggi differenti. Che tutto ciò<br />

costituisca una ricchezza. Abbiamo constatato che fuori da un rapporto istituzionale -senza essere né<br />

genitori, né insegnanti- incontrare e ricercare assieme a dei bambini è una esperienza inconsueta per<br />

molti adulti. Ed anche ai bambini offre nuove possibilità nella ricerca di un rapporto diretto con gli<br />

elementi del nostro pianeta. Poiché ciò che ricerchiamo è legato alla radice della presenza dell'uomo<br />

sulla terra, è proprio nel rapporto con l'infanzia che si nasconde un piccolo varco su cui vale la pena<br />

di indagare. Alla base della ricerca c'è il tentativo di scoprire delle risonanze tra il corpo ed il cosmo.<br />

Attraverso pratiche percettive e azioni legate al movimento indaghiamo le possibili corrispondenze<br />

che ci legano al cielo, alla notte, al vento, al bosco ed alle dimensioni mitiche che racconti di altre<br />

culture evocano in noi. Praticare tutto ciò in campagna, lontano dal traffico e dalla televisione, con il<br />

tempo scandito unicamente dai movimenti dei corpi celesti può creare una circolarità di<br />

comunicazione tra adulti e bambini che ha evocato in qualcuno l'idea del villaggio. Un villaggio<br />

educativo dove forse qualcuno imparerà dalla notte, qualcuno da un bambino o da un anziano,<br />

qualcuno da se stesso, ritrovando la libertà di ascoltare nel silenzio il grande mondo degli esseri in cui<br />

noi.<br />

Piccola storia di una proposta<br />

Il villaggio educativo è una delle proposte che da più tempo facciamo a Cenci. L’idea nacque nel 1984, quando Sista<br />

Bramini ritornò da un viaggio a Bali. Raccontandoci della vita in quell’isola, le era molto piaciuto vedere come bambini di<br />

ogni età partecipassero, ciascuno a suo modo, alla preparazione dei riti e delle feste. Riti e feste che a Bali hanno, come<br />

sappiamo, una forte caratterizzazione teatrale.<br />

Dai suoi racconti ci è venuto il desiderio di sperimentare anche noi (pur non avendo tradizioni che ci sostenessero)<br />

l’idea che età differenti potessero convivere e colloquiare, incontrarsi e sperimentare cose, nel corso di una settimana<br />

dedicata a un tema da incontrare e approfondire insieme.<br />

Alcuni anni il villaggio ha trovato il suo centro in una sorta di preparazione di una cerimonia, altri anni ha avuto il<br />

carattere di un viaggio, di una avventura in territori sconosciuti, come poteva essere una festa teatrale brasiliana o l’incontro<br />

con la danza kathakali, praticata nell’India meridionale. Le diverse proposte nascono dalla composizione del gruppo che<br />

anima la settimana, ma dipende anche, in grande misura, delle età e delle provenienze dei bambini, dei ragazzi e degli<br />

adulti che partecipano.<br />

Tra i “maestri” chiamati a condurre il villaggio insieme a noi animatori più stanziali di Cenci, negli anni abbiamo avuto<br />

Jairo Cuesta (per tutti i primi anni), poi Jim Slowiak, Germana Giannini, Joao (un brasiliano che insegnava capoera), il<br />

maestro di Katakali Asan Kudamaloor Nair e la sua assistente canadese Marise, Ali (un griot del Senegal), Tiga (un artista di<br />

Haiti), il matematico francese Jean Sauvy… Persone molto diverse, ma sempre portatrici di una particolare competenza e<br />

animate da una forte passione.<br />

Tra gli allievi parecchi anni abbiamo avuto, accanto ai figli di famiglie particolarmente attente alla qualità delle<br />

esperienze educative proposte ai loro figli, anche ragazzi cosiddetti “difficili”, provenienti dai quartieri di Napoli, da Fiumicino,<br />

da Ercolano... Ragazzi vulcanici, come li chiamava Tiga, che in alcune occasioni misero a dura prova gli animatori che<br />

avrebbero desiderato di lavorare in un contesto più motivato alla ricerca…<br />

Per noi l’incontro tra classi sociali diverse, oltre che tra età diverse e tra giovani abitanti in regioni e città differenti, è<br />

sempre stato un elemento molto importante ed educativo.<br />

Ogni villaggio è diverso. Alcuni anni ci sono più adulti di supporto al gruppo che propone, in altri prevalgono i ragazzi.<br />

Comunque le età si mescolano e vanno dai 7 ai 18 - 20 anni, più qualche adulto e, purtroppo solo nei primi anni, qualche<br />

anziano…<br />

L’idea, insomma, è proprio quella di un villaggio con i suoi riti quotidiani: l’appuntamento al risveglio con canti e<br />

tamburi, le attività in piccoli gruppi durante il giorno, i pranzi o le cene organizzate all’aperto, in luoghi diversi da quelli<br />

abituali, il fuoco alla sera da preparare e da vivere in gruppo con storie e canti, la veglia, esperienza solitaria di contatto<br />

intimo con la notte e la natura, che i più piccoli fanno in piccoli gruppi.<br />

Ecco alcuni temi che nei diversi anni hanno dato un senso e una traiettoria al villaggi:<br />

Gli alberi (conclusa con una grande festa di compleanno per i 400 anni dell’Ornello).<br />

La tempesta di Seakspeare (il destino e le sorelle fatali).<br />

L’incontro con gli Atreboros, antico popolo che nominava un solo senso che legava tutti i sensi.<br />

La costruzione di una piazza comune.<br />

Lo spazio e il tempo (villaggio con ambizioni scientifiche che mise troppa carne al fuoco).<br />

La costruzione della nave di Penelope nel grande prato.<br />

I 4 elementi (che si concluse con una processione nel bosco fino al teatro di Amelia.<br />

La lunga preparazione di una cerimonia brasiliana portata da Joao, con grandi mascherone e balli e canti.<br />

Una settimana in compagnia degli asini.


6 - 12 luglio <strong>2010</strong><br />

Albe d’oro, lune d’argento<br />

campo estivo nella natura<br />

Una esperienza per bambini e ragazzi dai 7 ai 15 anni<br />

proposta dalla Casa-laboratorio di Cenci in collaborazione con la cooperativa<br />

Cipss. Racconti di miti, canti e osservazioni notturne del cielo a cura di Oreste<br />

Brondo e Lucio Mattioli<br />

€. 390<br />

Da martedì 6 luglio (dalle 17 alle 19) a martedì 13 luglio (dalle 16 alle 18)<br />

Noi giochiamo da quando ci svegliamo fino al cadere del giorno.<br />

Noi giochiamo con le albe d’oro,<br />

noi giochiamo con la luna d’argento.<br />

(R.Tagore)<br />

Per offrire ai bambini e ai ragazzi momenti formativi divertenti ed originali garantendo e<br />

promuovendo il diritto al gioco e alla socializzazione.<br />

Le attività che proponiamo rispondono a bisogni fondamentali: comunicare, esplorare,<br />

costruire, sperimentare, conoscere, partecipare.<br />

I bambini ed i ragazzi condividono con gli animatori le regole, le modalità dello stare insieme.<br />

Attraverso il gruppo la nostra offerta ludica ed educativa diventa patrimonio vivo di<br />

esperienza e conoscenza, memoria di un’estate.<br />

Saranno proposti:<br />

- laboratori manuali ed espressivi (pittura, ceramica, fotografia…),<br />

- attività ludico-motorie<br />

- Giochi<br />

- Escursioni<br />

- Osservazioni notturne del cielo<br />

La quota di partecipazione comprende vitto, alloggio, assicurazione, presenza di educatori<br />

professionali (in numero di 1 operatore ogni 10 partecipanti) e materiale ludico.<br />

Le iscrizioni dovranno pervenire entro e non oltre <strong>maggio</strong><br />

Per informazioni ed iscrizioni:<br />

Franco Lorenzoni: 339.5736449 cencicasalab@tiscali.it<br />

CIPSS soc.cooperativa sociale: 0744.750977 – 335.7407077 Fax. 0744 754231 c.listanti@cipss.org<br />

La C.I .P.S.S. é una Cooperativa sociale di tipo A che da più di venti anni opera prioritariamente nel territorio<br />

Narnese Amerino (provincia di Terni), formata da un gruppo di persone impegnate a produrre e promuovere<br />

benessere sociale.<br />

Operiamo nel rispetto della dignità della persona, creiamo occupazione qualificata, promuoviamo la cultura della<br />

diversità creando momenti di socializzazione, gioco, integrazione sociale e culturale, diamo aiuto e sostegno<br />

alle famiglie.<br />

cipss Cooperativa sociale – onlus - Via della Doga n°53/57, 05036 Narni Scalo (TR)


18 - 24 luglio e 25 - 31 luglio <strong>2010</strong><br />

Passiamo leggeri sulla terra<br />

campi estivi di educazione ambientale<br />

€. 390<br />

Una esperienza per bambini e ragazzi proposta dalla cooperativa EDIT in collaborazione con la Casalaboratorio<br />

di Cenci per partecipanti dai 6 ai 12 anni<br />

Per informazioni e prenotazioni editcooperativa@gmail.com Antonio 3395871798 Daniele 3939111769<br />

Ritrovare il contatto con la natura e con gli altri. Provare un nuovo modo di vivere insieme agli altri<br />

lontani dalla vita cittadina. Sperimentare una strada che riporti ai tempi della natura, al sorgere e<br />

tramontare del sole, alle storie intorno al fuoco, ai giochi all'aria aperta, all'escursione, all'avventura...<br />

Per una settimana i partecipanti vivranno l'esperienza di un contatto intimo con la natura,<br />

incominceranno a sperimentare la propria autonomia con le sue bellezze e responsabilità. Il gruppo sarà<br />

guidato a gestire la giornata, rispettando i tempi comuni e i tempi liberi, la preparazione dei pasti, la<br />

sistemazione e la convivenza nelle stanze. Gli educatori proporranno ogni giorno attività legate<br />

all'educazione ambientale (escursioni, trekking, laboratori), senza dimenticare l'aspetto ludico dello<br />

stare insieme.<br />

I campi estivi di educazione ambientale a cura della cooperativa Edit si incentrano su tre questioni<br />

educative principali: la relazione con l’ambiente circostante, la relazione con gli altri, la relazione con se<br />

stessi<br />

Il nostro obiettivo è quello di far vivere ai ragazzi un’esperienza fatta di gioco, divertimento e avventura,<br />

ma che abbia anche una forte utilità formativa e di crescita relazionale .<br />

Condurremo il gruppo ad esplorare il paesaggio circostante facendo attenzione a tutta la vita che<br />

popola questi luoghi, notando le tracce e le orme che gli animali lasciano e ascoltando i segni del vento,<br />

dell’acqua, del sole sulla terra. Entreremo nei boschi di notte per osservare le trasformazioni che il buio<br />

porta con se dentro il paesaggio e una volta usciti ci fermeremo ad osservare il cielo stellato e i suoi<br />

misteri. Lasceremo i partecipanti liberi di ricercare una forma personale di relazione con l’ambiente<br />

circostante. Il camminare/esplorare e l’arte saranno gli strumenti principali per mettersi in contatto con<br />

la natura e con il proprio sentire.<br />

Grande importanza poi all’interno dei campi ha la vita di comunità. I ragazzi si occuperanno, con la<br />

supervisione degli educatori, di gestire i tempi della giornata, di organizzare i momenti conviviali e la<br />

gestione degli spazi comuni. La preparazione dei pranzi e delle cene come altri appuntamenti necessari<br />

al buon vivere insieme saranno parte integrante delle attività del campo. Tramite giochi e storie i<br />

partecipanti guadagneranno progressivamente l’autonomia necessaria per gestire la propria giornata<br />

insieme agli altri. Cosi sarà possibile anche quel importante momento di acquisizione di competenze<br />

pratiche e di fiducia in se stessi necessarie per una crescita armonica.<br />

Molta attenzione riporremo nella cura delle relazioni tra i ragazzi, orientando il gruppo ad una<br />

risoluzione nonviolenta dei conflitti puntando sulla cooperazione come modalità di relazione nel<br />

gruppo.<br />

In ultimo il campo estivo è anche la possibilità per i partecipanti di sperimentare un contatto più intimo<br />

con se stessi. La bellezza del posto che ospita i campi, i momenti di gioco e di sperimentazione<br />

artistica, la vita con gli altri, le prove da superare e le piccole paure che normalmente si incontrano,<br />

sono tutte opportunità per entrare in relazione con la propria intimità. Sarà nostra cura accompagnare<br />

seppur nella brevità dell’esperienza, ogni singolo partecipante in questo piccolo attraversamento,<br />

facendo in modo che ognuno ne tragga il profitto migliore. Anche qui l’arte, le attività manipolative e di<br />

autocostruzione, il teatro, il canto e la danza , sono per noi gli strumenti privilegiati per realizzare<br />

questo accompagnamento.<br />

La cooperativa EDIT nasce nel 2009. I suoi soci fondatori sono un gruppo coeso che ha sviluppato nel tempo competenze ed<br />

esperienze significative nel mondo dell'educazione non formale, dei diritti umani, dello sviluppo sostenibile. Educazione, diritti,<br />

territorio sono per noi i 3 elementi imprescindibili ed interconnessi della vita di una comunità: educazione come strategia politica, diritti<br />

come valori fondanti, territorio come compromesso virtuoso con l'ambiente circostante, la sua storia, le sue potenzialità.<br />

Per la realizzazione di una comunità responsabile ed inclusiva, eticamente orientata al rispetto, alla felicità, al benessere, EDIT si<br />

rivolge agli Enti, alle Istituzioni, ai privati progettando e realizzando beni e servizi educativi, formativi ed informativi attraverso la<br />

strategia della partecipazione, la pratica dei diritti, e lo sviluppo di relazioni positive con l’ambiente e la società.<br />

L'azione educativa di EDIT è improntata alla valorizzazione dei bambini e delle bambine (e dei ragazzi e delle ragazze) come<br />

soggetti attivi della società, ed allo sviluppo negli adulti di un senso di responsabilità educante a partire dal diritto all'ascolto ed


all'espressione dei più piccoli. La Convenzione ONU del 1989 sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e la strategia della<br />

partecipazione sono gli elementi fondamentali sui quali si basa l'intervento della cooperativa; a questo approccio contribuisce<br />

l'esperienza maturata dai soci fondatori in Arciragazzi, che costituisce la principale fonte di ispirazione di un progetto educativo laico e<br />

progressista.<br />

Il tema dei diritti umani è per EDIT una chiave di lettura originale su cui basare l'intervento di comunità. Tale punto di partenza<br />

consente non solo di accettare pienamente l'eterogeneità e la multifattorialità del mondo contemporaneo, ma anche di considerarne tali<br />

aspetti come elementi risolutivi delle dinamiche sociali rispetto alle quali si è chiamati ad intervenire. E' infatti in funzione di se stessa e<br />

delle sue variabili che la società cresce ed evolve: EDIT si propone di intervenire valorizzando il potenziale di questa complessità,<br />

facendola diventare una risorsa. Si tratta di un approccio che solo è possibile se il punto di partenza è il pieno rispetto e la pratica di<br />

tutti i diritti umani per tutti, bussola sempre e comunque affidabile dell'intervento sociale.<br />

Il territorio è lo strato sul quale si innestano tutti gli altri elementi della vita di una comunità. Si tratta di un sistema che possiamo<br />

più o meno circoscrivere a seconda del livello di intervento proposto, ma del quale non possiamo mai sottostimare l'interconnessione<br />

con altri sistemi e fattori, siano essi sempre ambientali, siano essi economici e sociali. EDIT propone una visione del territorio che ne<br />

comprenda gli elementi naturali accanto a quelli antropici, gli uni in funzione degli altri. Nell'azione concreta ciò significa proporre ed<br />

incentivare, attraverso vari servizi, modelli e stili di vita sostenibili nei diversi ambiti del vivere individuale e collettivo.


5 - 15 AGOSTO <strong>2010</strong><br />

Milòn Mèla<br />

La ricerca delle sorgenti<br />

Canto, Arti Marziali, Motions, Respirazione<br />

Arti Performative dell’India proposte da Abani Biswas<br />

€. 600 (vitto e alloggio compresi)<br />

sconto per studenti e professionisti del teatro: €.500<br />

Sessione di lavoro su tecniche vocali e psico-fisiche provenienti da antiche discipline<br />

dell’India e da tecniche elaborate da Jerzy Grotowski nel Teatro delle Sorgenti.<br />

Il laboratorio è guidato da Abani Biswas in collaborazione con:<br />

un maestro di Canto Dhrupada, un percussionista<br />

tre maestri dell’arte marziale Kalaripayattu<br />

un musicista Baul,<br />

Abani Biswas, uno degli allievi di Grotowski nel Teatro delle Sorgenti, dirige un centro di<br />

lavoro Theatre House in West Bengal, India, dove approfondisce i principi e le tecniche della<br />

tradizione induista secondo il metodo trasmessogli da Grotowski, guiderà i partecipanti alla<br />

sperimentazione delle tecniche psicofisiche del risveglio interiore, all’osservazione del respiro<br />

e dei propri processi mentali, al mantenimento e ampliamento della concentrazione, agli effetti<br />

della musica sulle nostre emozioni. L’esperienza di una presenza trasparente, meditativa.<br />

La Ricerca delle Sorgenti è un progetto di pratica teatrale, di ricerca e preservazione di antiche<br />

discipline e di scuole e comunità artistiche . E’ diretto a professionisti del teatro, insegnanti e<br />

studenti di arti performative, educatori e pedagoghi.<br />

Il lavoro fisico è molto energetico ed intenso e propone la pratica delle seguenti azioni:<br />

Motions<br />

Un’azione collettiva messa a punto da Grotowski durante il Teatro delle Sorgenti, consiste in una<br />

serie di posizioni-stiramento della spina dorsale, in direzione dei quattro punti cardinali, dello Zenit e<br />

del Nadir. Il flusso mentale meccanico viene rallentato dando luogo ad una percezione più ampia e<br />

spaziale. Una forma di “Meditazione Attiva”.<br />

Canto Dhrupada<br />

Nella musica indiana classica i Raga sono le numerose forme musicali che esprimono le emozioni, gli<br />

stati mentali, il ritmo della natura e le attività dell’uomo in connessione con il trascorrere del giorno e<br />

della notte. Nel canto Dhrupada la voce è usata come uno strumento. La scala musicale indiana è<br />

basata sulle diverse armonie che sono presenti nella natura, come per esempio il canto degli uccelli,<br />

ed include una serie di microtoni che esistono appunto già in natura. Nella scala musicale occidentale<br />

invece l’armonia è data dall’aver fissato una precisa scala frequenza per ogni tono. Guidati da un<br />

maestro pratichiamo: il Bhairavi Sangeet (L’unione dei canti all’alba), il Raga Bagswari (La melodia<br />

delle parole di sera), il Miyaki Mallhar (Il Monsone di sera), Hanbir (La festa notturna).<br />

La respirazione<br />

E’ stata elaborata da Abani durante il Teatro delle Sorgenti ed è centrata sull’osservazione del<br />

respiro. Una parte si svolge nell’immobilità del corpo. Partendo dal respiro, che è strettamente legato<br />

al nostro corpo, l’osservazione passa alla sfera mentale.<br />

Il Kalaripayattu


Con tre maestri si praticano le “Forme di Saluto” di quest’arte marziale. L’intento è di sviluppare la<br />

capacità del nostro processo di apprendimento e di risvegliare la “memoria del corpo”.<br />

Il Marma<br />

E’ stato elaborato da Abani in collaborazione con tutti gli artisti di Milòn Mèla. Si lavora usando i<br />

bastoncini del Marma e la voce. I movimenti esprimono il rispetto per gli altri e per il luogo e s’<br />

indirizzano ad alcuni dei “centri vitali” del nostro corpo. Il Marma è la conoscenza dei centri energetici<br />

ed una terapia della medicina Ayurveda sviluppata dai maestri di Kalaripayattu nel corso dei secoli.<br />

I Bastoni<br />

Si usano lunghi bastoni di Bambù, imparando le posizioni ed i movimenti di base della Danza del<br />

Fuoco<br />

La musica Baul<br />

Il musicista Baul effettuerà dimostrazioni legate alle proprie tecniche di musica e canto e la sua<br />

musica ci<br />

accompagnerà durante la pratica delle arti marziali e del Marma.<br />

Le Discipline<br />

Il Canto Dhrupada è un genere vocale di musica religiosa dell’India, che ebbe la sua massima<br />

diffusione nel XVI e XVII secolo. Come molti altri antichi generi musicali, nel corso del tempo esso<br />

cadde in oblio ed oggi è poco praticato. È diffuso soprattutto nel Nord India. Le sue composizioni<br />

presentano temi devozionali, eroici ed erotici e molto spesso sono elogi a divinità e principi. Nella<br />

tradizione il canto era accompagnato da un tamburo a due membrane, il Pakhavaja e da uno<br />

strumento a quattro corde, la Vina, oggi si usano soprattutto le Tabla. La parola dhrupada è la forma<br />

Hindi del Sanscrito dhruvapada, che vuol dire “struttura di sillabe”.<br />

Il Kalaripayattu<br />

È la più antica arte marziale dell’India,<br />

Il Kalaipayatthu è una delle più antiche arti marziali dell'India, è originaria del Kerala e si ritiene che<br />

sia la madre di tutte le discipline artistiche del sud dell'India. E' un'arte dravidica, appartenente alle<br />

popolazioni e alle tradizioni autoctone del sud dell'India.<br />

Nei combattimenti vengono usati bastoni, coltelli, spade e scudi ed altri tipi di armi.<br />

Nei corso dei secoli, insieme alle tecniche di combattimento, è stato sviluppato il Marma: la<br />

conoscenza del corpo umano e dei suoi 108 centri energetici e vitali.<br />

I Baul del Bengala.<br />

I Baul provengono da una comunità di cantori mistici vaganti che risale al Medioevo indiano. Sono gli<br />

unici in India, pure essendo induisti, a non riconoscere il sistema delle caste, professano<br />

l'eguaglianza di tutte le fedi e religioni, sostenendo che la divinità è racchiusa nel cuore di ogni uomo.<br />

I Baul sono stati riscoperti da Rabindranath Tagore, uno dei più grandi poeti dell'India, che ha<br />

riconosciuto nei loro testi uno dei vertici letterari della civiltà indiana.<br />

Per i Baul l'arte e le tecniche creative sono diventati un modo di vita e si accompagnano alla ricerca<br />

interiore. Oggi predomina l'aspetto artistico a discapito della ricerca interiore.<br />

I Baul suonano strumenti tipici preparati da loro stessi e sono maestri dell'improvvisazione, è lo stare<br />

nella musica, la gioia di essere presenti e vivi attraverso di essa che li fa essere "Baul", "I Folli di Dio"<br />

Conclude il laboratorio uno spettacolo di Milòn Mèla aperto al pubblico<br />

Web Informazioni:<br />

milonmela@sify.com<br />

Patrizia Proietti 338 89 76 899, 339 68 67 996<br />

http://digilander.libero.it/milonmela


13 – 17 luglio <strong>2010</strong><br />

Aperture. Il cielo è di tutti<br />

Disabilità ed integrazione nei contesti educativi.<br />

Laboratori ed esperienze nella natura aperte a ragazzi disabili, insegnanti, operatori e adulti<br />

interessati per sperimentare e cercare di aprirci un poco di più.<br />

Una proposta di Roberta Passoni e Franco Lorenzoni<br />

Quando parliamo di difficoltà non intendiamo solo quelle che riguardano in modo specifico le disabilità,<br />

ma anche le grandi e piccole fragilità che ciascuno di noi si porta dentro.<br />

In questa proposta, che ha al centro l’apertura all’ascolto, cerchiamo di dare a tutti l’opportunità di<br />

scoprire che l’aiuto ci può arrivare anche da chi non ce l’aspettiamo. E che questo può essere facilitato dal<br />

vivere insieme e dal condividere esperienze.<br />

Il nostro intento sta, infatti, nel proporre attività che rimescolino le carte e mettano in gioco i ruoli di tutti,<br />

perché ciascuno può trovarsi nella condizione di sostenere o di avere bisogno di essere sostenuto.<br />

Ognuno di noi ha accumulato nella vita molte idee precostituite e molti “pregiudizi” verso gli altri, sia<br />

positivi che negativi. Il problema è riuscire e continuare a stupirci nell’incontro con l’altro, sciogliendo alcune<br />

nostre rigidità<br />

IL SENSO DELLA PROPOSTA<br />

La Casa-laboratorio di Cenci propone un laboratorio rivolto a giovani disabili, operatori e insegnanti per<br />

vivere insieme difficoltà e scoperte. Lo spiazzamento dovuto alla campagna (con le sue “barriere naturali”) e a<br />

proposte che coinvolgevano fortemente l’emotività, perché fondate su sfide naturali e sulla necessaria fiducia e<br />

bisogno dell’altro, sappiamo per esperienza che possono mettere positivamente in discussione il ruolo di<br />

ciascuno.<br />

Questa modalità di lavoro cerca un rimescolamento dei ruoli perché, forse, chi ha bisogno di sostegno in<br />

certi momenti è sostenuto gli altri.<br />

“Ieri una insegnante della scuola elementare -racconta Roberta, madre di un ragazzo Down- mi ha<br />

fermata e mi ha detto che mio figlio, quando danza, è veramente bravo. Mi ha colpito la parola “veramente”,<br />

perché in genere, quando si parla delle capacità dei nostri figli, c’è spesso un giudizio paternalistico, che valuta<br />

l’abilità in base alle sue possibilità.”<br />

Ciò che vorremmo approfondire è quel “veramente bravo”, cioè il campo, l’azione, l’attività in cui ciascuno<br />

di noi, disabile o no, riesce veramente bene, anche a prescindere dal suo punto di partenza. Imparare a vedere<br />

ed aiutare a scoprire le attività in cui ciascuno può dare il meglio di sé ci sembra particolarmente importante se<br />

si vuole approfondire una ricerca sulla qualità del contesto educativo, che è creato dagli spazi, dai tempi e dalle<br />

persone che vi operano.<br />

Sappiamo bene che il lavoro degli insegnanti e degli operatori si fonda, innanzi tutto, sulla persona che<br />

opera, dunque sulla memoria e sulle esperienze vissute da ciascuno che partono, necessariamente, dal proprio<br />

carattere, dalla propria passione e dai talenti che si è in grado di mettere in gioco nella relazione educativa con i<br />

ragazzi.<br />

Se dunque il corpo-memoria è il principale strumento di lavoro, sia per gli insegnanti e gli operatori che<br />

per i ragazzi, è importante che vi siano momenti in cui è possibile approfondire la propria ricerca individuale e di<br />

gruppo.<br />

LE ATTIVITA’ DEL LABORATORIO<br />

L’esperienza ruota attorno a un tema che il gruppo conoscerà all’arrivo. I laboratori ruoteranno attorno a<br />

questo tema, offrendo materiali vari da manipolare o utilizzare a fini espressivi. Attraverso vari linguaggi (canto,<br />

racconto, composizioni plastiche, costruzioni...) il gruppo costruirà il suo percorso di avvicinamento al tema<br />

proposto.<br />

Le giornate prevedono attività e proposte educative nelle mattine, nei pomeriggi e nelle serate, a cura<br />

degli operatori della casa-laboratorio. Le attività si svolgeranno in parte in piccoli gruppi, in parte tutti insieme, al<br />

chiuso e all’aperto.<br />

Ci saranno mansioni affidate a piccoli gruppi perché il vivere insieme comporta la responsabilità e la<br />

partecipazione di tutti alla gestione della casa e dei suoi spazi.<br />

Ci saranno esplorazioni degli spazi naturali che circondano la casa-laboratorio ed attività di laboratorio<br />

realizzate in piccoli gruppi.<br />

Ragazzi e adulti saranno condotti a compiere un viaggio di conoscenza le cui tappe, pur pensate e<br />

programmate, si adatteranno al gruppo, alle possibilità dei singoli e alle variazioni atmosferiche.


da mercoledì 1 a domenica 5 settembre <strong>2010</strong><br />

Il corpo sogna, il corpo ricorda, il corpo parla<br />

pratiche attoriali di performance ecology<br />

Laboratorio proposto da Jairo Cuesta<br />

€ 320<br />

“Qualcosa ti stimola e tu reagisci: questo è il segreto totale. Gli stimoli, gli<br />

impulsi, le reazioni” - dice Grotowski.<br />

Jairo Cuesta e James Slowiak hanno scoperto che le difficoltà che l’attore<br />

affronta stanno in primo luogo nel non essere ricettivi agli stimoli; secondo, nel<br />

caso l’attore riesce a far si che qualcosa lo stimoli, rapidamente il suo corpo<br />

interrompe la sequenza del flusso degli impulsi; terzo, se gli impulsi appaiono,<br />

l’attore non sa come canalizzare questi impulsi in forme precise, stabilendo un<br />

contatto con gli altri attori.<br />

Performance Ecology è un campo di ricerca condotto da Jairo Cuesta e James Slowiak che indaga<br />

l'interdipendenza di una varietà di stimoli a disposizione l'attore. Cuesta e Slowiak hanno organizzato<br />

gli aspetti delle loro rispettive ricerche in un flusso di dettagliate esercitazioni (individuali e collettive):<br />

canzoni, danze, testi, e lavoro creativo, che servirà a recuperare le forze vitali del performer e la<br />

capacità di contatto di ciascuno.<br />

Performance Ecology è una struttura sperimentale che serve a sviluppare risorse nell'attore fisico,<br />

emotivo e immaginativo. I membri del New World Performance Lab conducono i partecipanti<br />

attraverso il programma intensivo di cinque giorni nel tentativo di ritrovare la voglia di agire. Come il<br />

partecipante lotta per ricordare, rivelare, realizzare e creare, egli si batte per la padronanza del corpo e<br />

della voce. La vitalità é lo scopo. I partecipanti si esprimono secondo modelli vocali e di movimento la<br />

cui tensione, composizione, energia porta a scoprire un’unica e selvaggia potenza e precisione.<br />

Performance Ecology mira a liberare l'energia in sospeso e gli impulsi creativi del partecipante /<br />

esecutore in solitudine o in compagnia, con lo spazio e con il partner.<br />

Le sessioni di lavoro residenziali in Performance Ecology sono progettati attorno ai rudimenti della<br />

performance e ad elementi riguardanti la condizione umana e il rapporto con il mondo fisico.<br />

Performance Ecology è una proposta creativa che comporta la formazione di elementi di base del<br />

mestiere di attore: esercizi fisici, voce, lavoro sull’attenzione, la percezione, la precisione; vedere,<br />

ascoltare; il montaggio delle azioni fisiche. Il lavoro con le canzoni dalla cultura Shaker e di altre<br />

tradizioni; esercizi di coordinamento di singole azioni, improvvisazione strutturata, drammaturgia,<br />

montaggio, e la messa a punto di strumenti che spesso culmina nella riproduzione del suono e che<br />

prevede la possibilità, per ciascun partecipante, di esercitare la dinamica delle prestazioni.<br />

Performance Ecology non è solo un seminario, è una performance che incoraggia il compito di creare<br />

cultura con le proprie mani. Cuesta e Slowiak hanno uno stile che costruisce comunità e compassione,<br />

che permettono ai partecipanti di esplorare la propria individualità, la creatività e dignità culturale.<br />

Jairo Cuesta, attore e regista colombiano, è stato assistente e collaboratore di Jerzy<br />

Grotowski nel periodo del Teatro delle sorgenti. Da 20 anni, Jairo Cuesta et James<br />

Slowiak conducono la loro ricerca nel New World Performance Lab in Akron, Ohio.


la casa-laboratorio di cenci propone la<br />

Officina matematica<br />

di Emma Castelnuovo<br />

da venerdì 17 a domenica 19 settembre <strong>2010</strong><br />

_________________________________________________________________________<br />

Emma Castelnuovo ha innovato profondamente la didattica della matematica ed è nota a<br />

livello internazionale per le sue ricerche e le sue numerose pubblicazioni. Nel 2006 è stata chiamata<br />

ad inaugurare a Roma il primo Festival Internazionale di Matematica.<br />

Da 8 anni l’officina matematica propone ad insegnanti di ogni ordine di scuola laboratori e<br />

conferenze per incontrare Emma Castelnuovo e il suo metodo. Nel 2008, per le edizioni la meridiana,<br />

è uscito il libro “L’officina matematica”, che raccoglie le sue lezioni di Cenci<br />

tre giorni di laboratori di matematica<br />

_________________________________________________________________________<br />

Aspetti della didattica di Emma Castelnuovo<br />

_________________________________________________________________________<br />

Il seminario inizia venerdì 18 settembre alle ore 17<br />

e termina domenica 20 dopo il pranzo<br />

Il costo di partecipazione, comprensivo di vitto e alloggio presso la casa-laboratorio di Cenci,<br />

è di €. 130, per chi è residente e partecipa solo ai laboratori €.50.<br />

Per informazioni e prenotazioni Franco Lorenzoni o Roberta Passoni:339.5736449 338.4696119<br />

cencicasalab@tiscali.it www.cencicasalab.it/cenci


18 - 21 novembre <strong>2010</strong> (date da confermare)<br />

Le sorgenti del narrare<br />

L’oralità e l’arte della narrazione orale<br />

Imparare a raccontarsi e a raccontare<br />

Una ricerca proposta da Franco Lorenzoni e Roberta Passoni<br />

Informazioni Franco Lorenzoni: 0744.980330 - 339.5736449 cencicasalab@tiscali.it<br />

La prima fonte di ogni narrazione si trova, naturalmente, nella memoria di chi narra. Ma<br />

quale tipo di pratica, quale contesto, quali condizioni sono necessarie perché comincino ad<br />

emergere immagini, sensazioni e parole da quel continente, in gran parte sconosciuto a noi<br />

stessi, costituito dal nostro corpo-memoria?<br />

L’intreccio tra l’esplorazione di un bosco nella notte e l’aggirarci nel groviglio dei nostri<br />

ricordi ci appare da tempo una interessante pista da indagare. C’è poi un altro aspetto che<br />

collega diverse pratiche ecologiche alla narrazione orale: la ricerca di qualità nell’ascolto di<br />

ciò che è altro da noi. Quando cerchiamo di raccontare un’esperienza vissuta da un altro<br />

siamo costretti a percorrere la difficile strada dell’immedesimazione. Strada che accompagna<br />

ogni tentativo di comprensione umana verso chi è diverso da noi. Ma per compiere questa<br />

sorta di manovra di avvicinamento ad un altro corpo e ad una memoria che ha altre<br />

esperienze alle spalle noi ricorriamo, per forza di cose, alle nostre esperienze, a ciò che<br />

abbiamo vissuto e che ci sembra in qualche modo somigli a ciò che ci è stato narrato e a cui<br />

desideriamo dare voce e corpo.<br />

Quando cerchiamo di farci largo tra rami intricati o quando esploriamo il corso di un<br />

torrente ormai secco, così come quando proviamo a dare forma o ritrovare connessioni nel<br />

nostro osservare il cielo stellato, noi spesso procediamo per somiglianze, ritornando a gesti e<br />

forme impresse nel nostro corpo-memoria. Gesti e forme che spesso emergono al di là della<br />

nostra volontà.<br />

Nel caso dei viaggi di esplorazione, come nel caso dell’esplorazione interiore, operiamo<br />

mettendo in atto procedimenti complessi, che interagiscono e mettono in relazione tra loro<br />

una grande quantità di elementi. Tempi lunghi, spazi molteplici e un po’ di silenzio creano<br />

condizioni che facilitano la disponibilità all’ascolto di noi stessi e degli altri.<br />

Perché allora la scuola, che dovrebbe essere luogo di esplorazione e di ascolto per<br />

eccellenza, dà così poca importanza alle condizioni che possono aprire alla difficile<br />

convivenza umani e possono darci una mano nel riconoscere quanto la natura e il pianeta<br />

che abitiamo sia parte integrante del nostro corpo e del nostro vivere?<br />

Il corso è organizzato in collaborazione con il MCE ed ha il riconoscimento ministeriale


____ campi scuola_____<br />

per classi di ogni età<br />

Tra cielo e terra<br />

associazione educativa, culturale ed artistica<br />

strada di Luchiano 13, 05022 Amelia (Terni)Tel.0744.980330 – E-mail: cencicasalab@tiscali.it<br />

I TEMI DEI NOSTRI CAMPI SCUOLA<br />

Esperienze residenziali di 2, 3, 4 o 5 giorni<br />

I campi scuola che la Casa-laboratorio di Cenci propone alle classi offrono dei percorsi di apertura delle nostre<br />

sensibilità, nella ricerca di un rapporto diretto con gli elementi del pianeta che abitiamo. Ciò che da oltre venti<br />

anni ricerchiamo è legato alla radice della presenza dell'uomo sulla terra, ai gesti elementari che ci ricollegano<br />

all’acqua, alla terra e ai diversi elementi che costituiscono il paesaggio.<br />

Alla base della ricerca c'è il tentativo di scoprire delle risonanze tra il corpo e il cosmo. Attraverso pratiche<br />

percettive, azioni legate al movimento, esplorazioni e costruzioni con materiali naturali, indaghiamo le possibili<br />

corrispondenze che ci legano al cielo, al paesaggio, alla notte, al vento, al bosco e alle dimensioni mitiche che<br />

racconti di diverse culture evocano in noi.<br />

Praticare tutto ciò in campagna, lontano dal traffico e dalla televisione, con il tempo scandito unicamente dai<br />

movimenti dei corpi celesti, può creare una circolarità di comunicazione e una condivisione di esperienze che<br />

stimola e rafforza il gruppo classe, attenuando stereotipi e pregiudizi reciproci.<br />

Le attività svolte in piccoli gruppi offrono a ciascuno la libertà di ascoltare, nel silenzio, il paesaggio e gli<br />

elementi e i viventi che lo abitano, cioè il grande mondo degli esseri che circonda la nostra vita, a cui raramente<br />

prestiamo ascolto. L’esperienza, avendo un forte impatto emotivo in chi vi partecipa, può essere base di<br />

partenza o momento di approfondimento per un percorso di conoscenza della natura e del cosmo, da<br />

continuare nel tempo lungo della scuola.<br />

I campi scuola sono proposti da operatori di Cenci e della Compagnia del Pino che, in collaborazione con<br />

Margherita Vagaggini, ha messo a punto un progetto aperto anche alle scuole dell’infanzia<br />

Un incontro con gli elementi del cosmo<br />

Per affrontare gli squilibri ecologici che minacciano il nostro pianeta c’è bisogno di ricostruire una relazione di<br />

fratellanza con gli elementi del cosmo. Ma per ritrovare una parentela con la terra, il vento, il bosco, la luna,<br />

l’acqua e il cielo stellato bisogna compiere un viaggio di ricerca dentro di noi che ci consenta di aprire occhi ed<br />

orecchie e di allargare il nostro sentire. Le porte della percezione, infatti, sono ostruite fin dalla più tenera età da<br />

una relazione con il mondo che passa prevalentemente attraverso canali tecnologici.<br />

Nella proposta educativa di Cenci al centro c’è il corpo di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi che sono<br />

chiamati ad incontrare gli elementi del paesaggio naturale a partire da azioni semplici e concrete.<br />

Camminare, danzare, aprire un nuovo sentiero nel bosco e percorrere il greto di un torrente, così come seguire<br />

il sorgere e calare degli astri, porta ciascuno di noi ad aprirsi e a scoprire energie e capacità nascoste.<br />

La ricerca di una vicinanza a se stessi e di una apertura agli altri<br />

Il secondo aspetto della proposta educativa di Cenci riguarda il rapporto con noi stessi e l’apertura che<br />

riusciamo ad avere con gli altri. Ricercare un ritmo, cantare insieme, costruire un oggetto o prendersi cura di un<br />

luogo sono attività espressive che richiedono tempo, attenzione, presenza e ascolto. Anche vivere insieme<br />

condividendo il sonno e il cibo con gli altri porta a nuove emozioni e scoperte, rivelando aspetti e qualità<br />

nascoste del nostro carattere.<br />

La ricchezza che ci viene da altre culture<br />

La Casa laboratorio di Cenci, che ha le sue radici nella lunga esperienza pedagogica del Movimento di<br />

Cooperazione Educativa, ha ospitato maestri ed artisti di ogni parte del mondo. A partire dall’incontro con Jerzy<br />

Grotowski e il suo Teatro delle sorgenti, ha potuto contare su collaborazioni che provengono da Polonia,<br />

Colombia, India, Bali, Iran, Haiti e dai popoli nativi americani. Con il Guatemala ed il Brasile organizza iniziative<br />

di gemellaggio e di scambio.<br />

Tutto ciò costituisce una enorme ricchezza per la nostra ricerca. Una critica radicale del nostro stile di vita,<br />

fondato su sprechi e abusi che mettono sempre più in crisi gli equilibri del pianeta e favoriscono il crescere delle<br />

disuguaglianze nel mondo, si può costruire, secondo noi, solo dialogando ed ascoltando con attenzione i diversi<br />

punti di vista che provengono da diverse culture, diverse esperienze, diverse sensibilità.


Durata<br />

La durata del campi scuola è, generalmente, di 5 giorni. Ci possono essere anche campi di due, tre o quattro<br />

giornate.<br />

Tempi<br />

Da settembre a giugno<br />

Operatori<br />

La Casa-laboratorio impegna nei campi scuola almeno un operatore ogni 10 partecipanti. Gli operatori vivono<br />

nella struttura e stanno con i ragazzi tutto il tempo del loro soggiorno.<br />

Costi<br />

Il costo, che comprende il vitto, l’alloggio e le attività educative è di €. 49,00 al giorno (iva inclusa). Per ogni 10<br />

bambini c’è una gratuità per gli insegnanti accompagnatori.<br />

Per informazioni contattare Roberta Passoni 338.4696119; 0744.980330<br />

cencicasalab@tiscali.it<br />

ALCUNE PROPOSTE PER I CAMPI SCUOLA CHE SI TENGONO A CENCI<br />

Quest’anno la casa-laboratorio offre le seguenti proposte educative:<br />

Il paesaggio come calligrafia dell’acqua e dell’aria che di-segnano la terra.<br />

Il paesaggio come stratificazione di storie nella geografia.<br />

Il paesaggio ispiratore d’arte e di poesia.<br />

Il paesaggio come cornice da cui guardare il cielo.<br />

L’acqua e l’aria come elementi alla base della vita e come “disegnatrici del paesaggio”. Come<br />

accorgersi della loro natura e delle loro qualità. Come risparmiare l’acqua e prendersi cura<br />

dell’aria.<br />

L’energia sostenibile. La casa ha un laghetto dove si raccoglie l’acqua piovana che viene<br />

tenuta in circolo e ossigenata da un impianto ad energia solare. L’acqua che si usa è<br />

riscaldata da pannelli solari e la ristrutturazione della casa è stata realizzata con materiali<br />

naturali e improntata al gusto della sobrietà.<br />

Partendo da questi temi, i percorsi educativi che proponiamo nascono da una riscoperta delle<br />

energie sopite del corpo e mettono in evidenza come sia impossibile prenderci cura di noi<br />

stessi senza prenderci cura del pianeta che abitiamo.<br />

L’ORGANIZZAZIONE<br />

Le classi dei bambini e ragazzi che arrivano a Cenci sono accolte dai nostri animatori che saranno<br />

almeno uno ogni dieci partecipanti. Gli animatori sono a disposizione degli insegnanti anche nella<br />

fase di programmazione del progetto. Gli insegnanti che accompagnano il gruppo sono invitati a<br />

partecipare a tutte le attività proposte ai ragazzi, avendo la possibilità di osservare il gruppo classe da<br />

una altro punto di vista.<br />

Chi arriva a Cenci per tutto il tempo del soggiorno starà lontano da strade, macchine, televisione e<br />

videogiochi e percorrerà lo spazio solo a piedi. Per aiutarci in questo ci togliamo gli orologi e ci<br />

concediamo un uso limitato dei telefonini, solo alle ore dei pasti.<br />

___________________________________<br />

Casa-laboratorio di Cenci<br />

associazione educativa, culturale ed artistica<br />

strada di Luchiano 13, 05022 Amelia (Terni)<br />

Tel. 0744.980330 - 339.5736449 - 338.4696119<br />

E-mail: cencicasalab@tiscali.it www.cencicasalab.it/cenci


come e dove<br />

indicazioni sulla struttura e sulle modalità di partecipazione alle iniziative di Cenci<br />

Il luogo<br />

La Casa-laboratorio di Cenci si trova in Umbria, in provincia di Terni, tra i boschi della campagna di Amelia,<br />

lontano da strade transitate. E' un ostello composto da un vecchio casolare ristrutturato e da due nuove<br />

costruzioni, circondate da sette ettari di prati ai margini del bosco. Conta di 5 stanze grandi con soppalchi e<br />

letti a castello e 3 piccole, 7 bagni con doccia e acqua calda, una grande sala per mangiare, due sale per le<br />

attività di musica e di movimento ed uno spazio di lavoro all’aperto con legno a terra.<br />

La struttura<br />

Dispone di 35 posti letto distribuiti in 5 grandi camere con letti a castello e 3 piccole camere:<br />

Stanza del poeta 6 posti letto (con bagno in camera)<br />

Stanza dell’albero 4 posti letto (con bagno nel corridoio adiacente)<br />

Stanza della meridiana 7 posti letto (con bagno nel corridoio adiacente)<br />

Stanza dell’occhio 3 posti letto (con bagno nel corridoio adiacente)<br />

Stanza del pozzo 3 posti letto (con bagno nel corridoio adiacente)<br />

Stanza del ponte 4 posti letto (con bagno in camera)<br />

Stanza del pesce 6 posti letto (con bagno in camera)<br />

Stanza della luna 2 posti letto (con bagno nel corridoio adiacente)<br />

Tutti i 7 bagni sono dotati di doccia e acqua calda. Uno è adatto ai disabili.<br />

La casa-laboratorio è costituita da tre strutture interamente disposte su piano terra, prive di barriere<br />

architettoniche.<br />

Dispone inoltre di<br />

- una grande sala mensa e una cucina adatta a grandi gruppi<br />

- due palestre (di 65 e 45 mq) con legno a terra<br />

- uno strumentario musicale orf, un pianoforte e 6 grandi congas.<br />

All’esterno ci sono due spazi grandi con legno a terra per attività fisiche di movimento e adatte<br />

all’osservazione notturna del cielo.<br />

Come arrivare<br />

Con il treno o l'autostrada si arriva ad Orte.<br />

Tutte le attività prevedono movimenti e azioni nella natura. Sono dunque necessari abiti comodi, adatti al movimento.<br />

La casa fornisce lenzuola e coperte, ma non asciugamani.<br />

I costi dei laboratori prevedono il vitto l'alloggio e i materiali necessari.<br />

Poiché i posti sono limitati è necessario prenotarsi in anticipo, telefonando ai numeri segnati sotto ogni singola<br />

proposta o allo 0744.980330.<br />

Ricevuta la conferma è necessario pagare un anticipo di € 50, inviando un vaglia a Casa-laboratorio di Cenci, strada di<br />

Luchiano 13, 05022 Amelia (Terni), specificando il proprio nome, telefono e laboratorio scelto. Senza l'anticipo la<br />

prenotazione non è considerata valida. I laboratori per insegnanti, organizzati in collaborazione con il Movimento di<br />

Cooperazione Educativa, usufruiscono dell'esonero ministeriale e sono riconosciuti.


PUBBLICAZIONI CHE POSSONO ESSERE RICHIESTE A CENCI<br />

Con il cielo negli occhi<br />

Imparare a guardare lo spazio e il tempo giocando<br />

di Franco Lorenzoni, prefazione di Emma Castelnuovo<br />

(2009 edizioni la meridiana €. 18)<br />

L’Officina matematica<br />

Ragionare con i materiali<br />

di Emma Castelnuovo<br />

(2008, edizioni la meridiana €. 18)<br />

Un teatro nel paesaggio<br />

Fotografare O Thiasos TeatrNatura<br />

di Sista Bramini e Francesco Galli,<br />

con una conversazione con Franco Lorenzoni e un intervento di Francesca Ferri<br />

(2007, Titivillus €. 16)<br />

Così liberi mai<br />

La proposta del cerchio narrativo nella scuola di base<br />

come scoperta di sé e come apertura agli altri<br />

cinque anni di sperimentazioni a Modena<br />

a cura di Maria Teresa Goldoni e Franco Lorenzoni<br />

(2005 EraNuova € 10)<br />

La nave di Penelope<br />

Educazione, teatro, natura, ecologia sociale<br />

a cura di Amaranta Capelli e Franco Lorenzoni<br />

(2002 Giunti editore € 18)<br />

L’ospite bambino<br />

L’educazione come viaggio tra le culture nel diario di un maestro. Nuova edizione<br />

di Franco Lorenzoni<br />

(2002 EraNuova € 11)<br />

Strumenti per i giardini del cielo<br />

Materiali per le classi, per i musei, per i parchi, per la formazione degli insegnanti e degli animatori<br />

culturali.<br />

di Nicoletta Lanciano.<br />

(2002 Edizioni Junior € 12,50)<br />

Ciò che muta e ciò che resta.<br />

9 testi scritti nell’arco di 15 anni che raccontano esperienze e ricerche<br />

vissute nella casa-laboratorio di Cenci<br />

di Franco Lorenzoni<br />

(2003 stampato in proprio € 9)<br />

Il pifferaio magico.<br />

Topi di campagna, topi di città. Un percorso di educazione ambientale per bambini dai 5 ai 7 anni.<br />

di Carlotta Alessandrini, Lucio Mattioli, Roberta Rossi, Margherita Vagaggini.<br />

(2002 EraNuova € 11)<br />

Saltatori di muri<br />

La narrazione orale come educazione alla convivenza. Esperienze interculturali di incontro tra stranieri e<br />

italiani, nella scuola e nel teatro.<br />

di Franco Lorenzoni e Marco Martinelli<br />

(1998 Macro edizioni € 10)


La pace con il pianeta terra 14 testi di Nora Giacobini<br />

(2003 stampato in proprio € 9)<br />

_________________________________________________<br />

Cenci: le radici e gli orizzonti di una casa-laboratorio<br />

La Casa-laboratorio di Cenci cominciò le sue attività nell'estate del 1980, con uno stage<br />

animato da Nora Giacobini che ci avvicinò, attraverso un lungo racconto, alla grande visione<br />

che Alce Nero ebbe quando era bambino. Infanzia, sogno, legame con la natura e ascolto di<br />

una cultura lontana attraverso l'arte del racconto: quel primo incontro evocò molte ricerche<br />

che in seguito si sarebbero avviate e intrecciate, collegandosi alla lunga esperienza del<br />

Movimento di Cooperazione Educativa. Nella primavera del 1982 fu ospite della casalaboratorio,<br />

per tre mesi, Jerzy Grotowski con il suo Teatro delle sorgenti.<br />

Dall'incontro con quella esperienza nacque il gruppo di ricerca di Cenci, che elaborò in<br />

modo autonomo alcune proposte di avvicinamento alla natura e di lavoro con il corpo che<br />

diedero vita ai campi-scuola proposti a bambini e ragazzi di ogni età. Da allora, nella casalaboratorio,<br />

hanno fatto esperienza oltre diecimila ragazze e ragazzi provenienti da diverse<br />

regioni del nostro paese.<br />

Il gruppo di ricerca, animato inizialmente da Sista Bramini, Nicoletta Lanciano,<br />

Franco Lorenzoni e Marina Spadaro, cominciò a proporre anche una serie di corsi di<br />

iniziazione percettiva al cielo rivolti a educatori e insegnanti. Una attività che si è negli anni<br />

arricchita di nuovi apporti, ha sperimentato a Roma il rapporto tra il cielo e la città e ha dato<br />

vita a un gruppo di “pedagogia del cielo”, guidato da Nicoletta Lanciano, che elabora e<br />

propone a Cenci e in altri luoghi, numerosi laboratori astronomici. La ricerca si è avvalsa<br />

inoltre, inizialmente, delle intuizioni di Nora Giacobini e di Stefania Cornacchia, vissute a<br />

Cenci per molti anni, e dell'esperienza di Carmela Caiani e di un gruppo di insegnanti di<br />

Chieti, che conducevano parallelamente, nella loro scuola di via Bosio, sperimentazioni<br />

didattiche assai innovative.<br />

A partire dall'estate 1985 si inaugurò una nuova ricerca, chiamata villaggio educativo,<br />

a cui ha dato un grande apporto, nella ricerca sull'ascolto, la musica e il canto, Rita<br />

Montinaro. Negli anni, via via che il gruppo è andato crescendo, abbiamo potuto contare<br />

sempre più su apporti che ci venivano da altre culture e da altri campi di ricerca artistica.<br />

Jairo Cuesta, attore colombiano arrivato a Cenci con il Teatro delle sorgenti, collabora<br />

costantemente con la casa-laboratorio da oltre vent’anni. Abbiamo inoltre ospitato uno<br />

sciamano Apaches e un maestro nero brasiliano di Capoera. Ha condiviso con noi per anni la<br />

sua straordinaria esperienza<br />

Sri Kudamaloor Nair, anziano maestro di danza kathakali, e Jim Slowiak, regista<br />

americano che ha collaborato per anni con Grotowski.<br />

Per dieci estati Rena Mirecka, attrice del Teatrum Laboratorium di Grotowski, ha<br />

portato a Cenci la sua "way to the centre". Abbiamo ospitato in due occasioni la confraternita<br />

nera degli Gnawa ed altri suonatori di tamburi provenienti dall'Africa. Ogni estate Abani<br />

Biswas organizza in agosto dieci giorni di incontro con l'India, proponendo ai partecipanti di<br />

incontrare il canto dei Baul del Bengala, le strutture di danza dei Chhau e le arti marziali<br />

Kalari Payattu. Dal 1989 collabora con noi Luciano Bosi, che è percussionista, etnologo,<br />

didatta e appassionato collezionista di percussioni di ogni parte del mondo. Anche Tapa<br />

Sudana, attore balinese che ha lavorato a lungo con Peter Brook, propone a Cenci i suoi<br />

laboratori. Hanno inoltre portato a Cenci le loro proposte Julia Varley dell'Odin Teatret e<br />

Germana Giannini del Teatro della voce.<br />

L'incontro con dei maestri di altre culture e l'avere vissuto esperienze comuni su terreni<br />

artistici come il teatro, il canto e la danza, ci ha convinto che per affrontare in modo radicale<br />

ed efficace le questioni educative centrali del nostro tempo -cioè la conversione ad una<br />

sensibilità ecologica più profonda e la capacita di praticare scambi interculturali fondati


sull'ascolto e la reciprocità- è importante costruire un dialogo e sperimentare gli intrecci che<br />

si possono tentare tra arte e educazione.<br />

La Casa-laboratorio, in collaborazione con Michela Mayer del Centro Europeo<br />

Dell'Educazione (CEDE), ha coordinato dal 1992 al 1999 un gemellaggio tra alcune scuole<br />

umbre e delle scuole della regione indigena Ixil del Guatemala, nato da un progetto delle<br />

Nazioni Unite. Questo progetto, Semillas de amistad, ha portato all'inaugurazione,<br />

nell'estate del 1998, di una casa-laboratorio a Nebaj, nell'altopiano Maya.<br />

Tra le proposte nate dal gruppo di Cenci c'è stato un lungo lavoro di esplorazione<br />

attorno all'oralità, guidato inizialmente da Giorgio Testa, che ha portato alla realizzazione a<br />

Palermo del progetto Arte del narrare, arte del convivere, animato da Franco Lorenzoni.<br />

Alla fine degli anni Novanta, attraverso un lungo processo di formazione, è cresciuto un<br />

gruppo di giovani opertarici e operatori che propone a Cenci ed in altri luoghi campi scuola.<br />

Questo gruppo, che ha dato vita all’Associazione Dulcamara, esplora le possibilità<br />

educative e creative date dall'incontro tra natura e arte ed ha approfondito una ricerca sulla<br />

voce e sul canto in numerosi incontri con il New World Performance Lab di Jim Slowiak e<br />

Jairo Cuesta. Alcuni suoi membri lavorano inoltre da anni con Maude Robard, maestra di<br />

canto di Haiti.<br />

Dalla collaborazione con la Fiera delle utopie concrete, organizzata dal 1988 a Città di<br />

Castello su proposta di Alexander Langer, è nato il progetto "TeatroNatura", ormai<br />

autonomo da anni. Questo progetto, diretto da Sista Bramini, ha messo in scena numerosi<br />

spettacoli. Sista Bramini, Francesca Ferri e Maria Mazzei hanno più volte proposto a Cenci<br />

laboratori aperti a chi voglia incontrare l'esperienza di "TeatroNatura".<br />

Negli ultimi anni, la casa-laboratorio collabora con Margherita Vagaggini e la<br />

Compagnia del Pino di Terni, che organizza campi scuola e corsi di formazione nell'ambito<br />

del progetto "Il pifferaio magico". Questi ultimi campi scuola sono rivolti anche alle scuole<br />

dell’infanzia.<br />

Da oltre quindici anni alcuni operatori della casa-laboratorio tengono a Venezia, Verona,<br />

Ferrara, Trento e Roma, oltre che a Cenci, momenti di formazione del progetto ecologico il<br />

giardino armonico. Negli ultimi anni Cenci ha ospitato gli stage della Scuola di Formazione<br />

Interculturale del MCE, i laboratori parateatrali di Ewa Benesz e numerosi seminari<br />

promossi dalla rivista “Lo straniero”, diretta da Goffredo Fofi.<br />

La ricerca sulla narrazione orale ha dato vita a sperimentazioni in diverse città, come<br />

Modena e Trento, e a numerosi appuntamenti a Cenci. Ai diversi laboratori collegati a questa<br />

ricerca, diretta da Franco Lorenzoni, hanno collaborato, negli anni, Silvia Bombara, Afshin<br />

Firozi e Roberta Passoni.<br />

La presenza a Cenci di Roberta Passoni, che coordina l’organizzazione dei campi<br />

scuola, ha stimolato l’apertura di nuovi campi di ricerca sulla disabilità, aprendo la casalaboratorio<br />

a nuove collaborazioni con la cooperativa CIPSS, che opera nel territorio amerino<br />

narnese, con il Progetto Sole di Napoli e con la Provincia di Trento, a cui hanno<br />

collaborato Lucio Mattioli, Laura Bisognin Lorenzoni e Afshin Firozi. Negli ultimi anni si<br />

sono organizzate diverse iniziative di formazione per insegnanti e studenti universitari a cui<br />

hanno collaborato Marina Tutino, Oreste Brondo, Maria Mazzei, e Roberta Passoni.<br />

Oltre ai campi scuola rivolti a classi di ogni età, dalla scuola dell’infanzia all’università,<br />

Cenci organizza da 25 anni a luglio il villaggio educativo, rivolto a partecipanti dai 7 ai 70<br />

anni. La proposta dura una settimana, è rivolta a bambini, ragazzi, adulti e anziani, e ancora<br />

oggi costituisce uno dei terreni di ricerca e di innovazione educativa più ricchi per Cenci.<br />

Oltre a queste iniziative educative, in primavera la casa-laboratorio organizza momenti di<br />

incontro e di scambio tra adolescenti di diverse realtà, come quella dei quartieri di Napoli e<br />

delle periferie di Salvador di Bahia, organizzando stage con ragazzi e gruppi di teatro sociale<br />

provenienti dal Brasile.<br />

La Casa-laboratorio partecipa a corsi di formazione professionale per attori, animatori<br />

ed educatori ambientali ed è riconosciuta della Regione Umbria come Centro di Educazione<br />

Ambientale. Fa parte della rete dei laboratori territoriali coordinata dal CRIDEA.


Pubblichiamo qui alcuni testi, come materiali per chi voglia partecipare alla preparazione delle<br />

giornate di studio dedicate ad Alexander Langer. Ci piacerebbe infatti raccogliere domande e<br />

questioni aperte, poste soprattutto da chi è più giovane e non ha conosciuto direttamente Alex<br />

Le problematiche raccolte saranno inviate alle relatrici e ai relatori dell’incontro di <strong>maggio</strong>.<br />

Solidarietà: "i care", me ne importa<br />

come c'era scritto sulla parete della Scuola di Barbiana<br />

di Alexander Langer<br />

La solidarietà gridata fa il tifo per l'Intifada, gli studenti della Tien-An-Men, i popoli indigeni<br />

minacciati. Si scalda per gli eroi ed i martiri, ed ha un gran consumo di parole, di chilometri e di<br />

bandiere. E' corta di memoria, e qualche volta si meraviglia che i beneficiari del nostro tifo risultino<br />

poi così diversi da come li avevamo dipinti.<br />

Oggi è possibile qualcosa di meglio e di più: non aggravare il nostro debito che va a carico degli altri -<br />

dei poveri, dei popoli lontani, della natura, dei posteri; cominciare a restituire il maltolto. Sporcare e<br />

sprecare meno, scegliere comportamenti e consumi equi e compatibili con la fratellanza umana e<br />

l'integrità della biosfera. Fare gli indigeni da noi: i "custodi della (nostra) terra". E costruire patti<br />

concreti e reciproci con alcuni di quelli con i quali solidarizziamo. Possibilmente dal vero, senza<br />

gridarlo, senza semplificazioni: con il Sud e con l'Est, con croati e con serbi, con abitanti di periferia e<br />

con immigrati, con i licenziati della Farmoplant e con gli abitanti inquinati di Carrara.<br />

Le scorciatoie sloganistiche aiutano a contarsi, non a cambiare persone e circostanze. I patti reciproci<br />

aiutano a fare i conti gli uni con le esigenze degli altri, visto che alla fine nessun altruismo regge<br />

davvero alla prova del tempo e dell'usura.<br />

Non gridare non vuol dire rinunciare a spiegare e diffondere scelte solidali; serve per convincere<br />

invece che mettere solo a verbale.<br />

15.10.1992, PER ARMADILLA 1993<br />

________________________________________<br />

Caro San Cristoforo<br />

di Alexander Langer<br />

Non so se tu ti ricorderai di me come io di te. Ero un ragazzo che ti vedeva dipinto all'esterno di tante<br />

piccole chiesette di montagna. Affreschi spesso sbiaditi, ma ben riconoscibili. Tu - omone grande e<br />

grosso, robusto, barbuto e vecchio - trasportavi il bambino sulle tue spalle da una parte all'altra del<br />

fiume, e si capiva che quella era per te suprema fatica e suprema gioia. Mi feci raccontare tante volte la<br />

storia da mia madre, che non era poi chissà quale esperta di santi né devota, ma sapeva affascinarci con<br />

i suoi racconti. Così non ho mai saputo il tuo vero nome né la tua collocazione ufficiale tra i santi della<br />

chiesa (temo che tu sia stato vittima di una recente epurazione che ti ha degradato a santo minore o di<br />

dubbia esistenza). Ma la tua storia me la ricordo bene, almeno nel nocciolo. Tu eri uno che sentiva<br />

dentro di sé tanta forza e tanta voglia di fare, che dopo aver militato - rispettato e onorato per la tua<br />

forza e per il successo delle tue armi - sotto le insegne dei più illustri e importanti signori del tuo<br />

tempo, ti sentivi sprecato. Avevi deciso di voler servire solo un padrone che davvero valesse la pena<br />

seguire, una Grande Causa che davvero valesse più delle altre. Forse eri stanco di falsa gloria e ne<br />

desideravi di quella vera. Non ricordo più come ti venne suggerito di stabilirti sulla riva di un<br />

pericoloso fiume per traghettare - grazie alla tua forza fisica eccezionale - i viandanti che da soli non<br />

ce la facessero, né come tu abbia accettato un così umile servizio che non doveva apparire proprio<br />

quella "Grande Causa" della quale - capivo - eri assetato. Ma so bene che era in quella tua funzione,<br />

vissuta con modestia, che ti capitò di essere richiesto di un servizio a prima vista assai "al di sotto"<br />

delle tue forze: prendere sulle spalle un bambino per portarlo dall'altra parte, un compito per il quale<br />

non occorreva certo essere un gigante come te e avere quelle gambone muscolose con cui ti hanno


dipinto. Solo dopo aver iniziato la traversata ti accorgesti che avevi accettato il compito più gravoso<br />

della tua vita e che dovevi mettercela tutta, con un estremo sforzo, per riuscire ad arrivare di là. Dopo<br />

di che comprendesti con chi avevi avuto a che fare e che avevi trovato il Signore che valeva la pena<br />

servire, tanto che ti rimase per sempre quel nome.<br />

Perché mi rivolgo a te, alle soglie dell'anno 2000? Perché penso che oggi in molti siamo in una<br />

situazione simile alla tua e che la traversata che ci sta davanti richieda forze impari, non diversamente<br />

da come a te doveva sembrare il tuo compito in quella notte, tanto da dubitare di farcela. E che la tua<br />

avventura possa essere una parabola di quella che sta dinanzi a noi.<br />

Ormai pare che tutte le grandi cause riconosciute come tali, molte delle quali senz'altro importanti e<br />

illustri, siano state servite, anche con dedizione, e abbiano abbondantemente deluso. Quanti abbagli,<br />

quanti inganni e auto-inganni, quanti fallimenti, quante conseguenze non volute (e non più reversibili)<br />

di scelte e invenzioni ritenute generose e provvide.<br />

I veleni della chimica, gettati sulla terra e nelle acque per "migliorare" la natura, ormai ci tornano<br />

indietro: i depositi finali sono i nostri corpi. Ogni bene e ogni attività è trasformata in merce, e ha<br />

dunque un suo prezzo: si può comperare, vendere, affittare. Persino il sangue (dei vivi), gli organi (dei<br />

morti e dei vivi) e l'utero (per una gravidanza in "leasing"). Tutto è diventato fattibile: dal viaggio<br />

interplanetario alla perfezione omicida di Auschwitz, dalla neve artificiale alla costruzione e<br />

manipolazione arbitraria di vita in laboratorio.<br />

Il motto dei moderni giochi olimpici è diventato legge suprema e universale di una civiltà in<br />

espansione illimitata: citius, altius, fortius, più veloci, più alti, più forti, si deve produrre, consumare,<br />

spostarsi, istruirsi... competere, insomma. La corsa al "più" trionfa senza pudore, il modello della gara<br />

è diventato la matrice riconosciuta ed enfatizzata di uno stile di vita che sembra irreversibile e<br />

incontenibile. Superare i limiti, allargare i confini, spingere in avanti la crescita ha caratterizzato in<br />

misura massiccia il tempo del progresso dominato da una legge dell'utilità definita "economia" e da<br />

una legge della scienza definita "tecnologia" - poco importa che tante volte di necro-economia e di<br />

necro-tecnologia si sia trattato.<br />

Che cosa resterebbe da fare a un tuo emulo oggi, caro San Cristoforo? Qual è la Grande Causa per la<br />

quale impegnare oggi le migliori forze, anche a costo di perdere gloria e prestigio agli occhi della<br />

gente e di acquattarsi in una capanna alla riva di un fiume? Qual è il fiume difficile da attraversare,<br />

quale sarà il bambino apparentemente leggero, ma in realtà pesante e decisivo da traghettare?<br />

Il cuore della traversata che ci sta davanti è probabilmente il passaggio da una civiltà del "di più" a una<br />

del "può bastare" o del "forse è già troppo". Dopo secoli di progresso, in cui l'andare avanti e la<br />

crescita erano la quintessenza stessa del senso della storia e delle speranze terrene, può sembrare<br />

effettivamente impari pensare di "regredire", cioè di invertire o almeno fermare la corsa del citius,<br />

altius, fortius. La quale è diventata autodistruttiva, come ormai molti intuiscono e devono ammettere (e<br />

sono lì a documentarlo l'effetto-serra, l'inquinamento, la deforestazione, l'invasione di composti<br />

chimici non più domabili... e un ulteriore lunghissimo elenco di ferite della biosfera e dell'umanità).<br />

Bisogna dunque riscoprire e praticare dei limiti: rallentare (i ritmi di crescita e di sfruttamento),<br />

abbassare (i tassi di inquinamento, di produzione, di consumo), attenuare (la nostra pressione verso la<br />

biosfera, ogni forma di violenza). Un vero "regresso", rispetto al "più veloce, più alto, più forte".<br />

Difficile da accettare, difficile da fare, difficile persino a dirsi.<br />

Tant'è che si continuano a recitare formule che tentano una contorta quadratura del cerchio parlando di<br />

"sviluppo sostenibile" o di "crescita qualitativa, ma non quantitativa", salvo poi rifugiarsi nella<br />

vaghezza quando si tratta di attraversare in concreto il fiume dell'inversione di tendenza.<br />

E invece sarà proprio ciò che ci è richiesto, sia per ragioni di salute del pianeta, sia per ragioni di


giustizia: non possiamo moltiplicare per 5-6 miliardi l'impatto ambientale medio dell'uomo bianco e<br />

industrializzato, se non vogliamo il collasso della biosfera, ma non possiamo neanche pensare che 1/5<br />

dell'umanità possa continuare a vivere a spese degli altri 4/5, oltre che della natura e dei posteri.<br />

La traversata da una civiltà impregnata della gara per superare i limiti a una civiltà<br />

dell'autolimitazione, dell'"enoughness", della "Genügsamkeit" o "Selbstbescheidung", della frugalità<br />

sembra tanto semplice quanto immane. Basti pensare all'estrema fatica con cui il fumatore o il<br />

tossicomane o l'alcolista incallito affrontano la fuoruscita dalla loro dipendenza, pur se magari<br />

teoricamente persuasi dei rischi che corrono se continuano sulla loro strada e forse già colpiti da seri<br />

avvertimenti (infarti, crisi...) sull'insostenibilità della loro condizione. Il medico che tenta di<br />

convincerli invocando o fomentando in loro la paura della morte o dell'autodistruzione, di solito non<br />

riesce a motivarli a cambiare strada, piuttosto convivono con la mutilazione e cercano rimedi per<br />

spostare un po' più in là la resa dei conti.<br />

Ecco perché mi sei venuto in mente tu, San Cristoforo: sei uno che ha saputo rinunciare all'esercizio<br />

della sua forza fisica e che ha accettato un servizio di poca gloria. Hai messo il tuo enorme patrimonio<br />

di convinzione, di forza e di auto-disciplina al servizio di una Grande Causa apparentemente assai<br />

umile e modesta. Ti hanno fatto - forse un po' abusivamente - diventare il patrono degli automobilisti<br />

(dopo essere stato più propriamente il protettore dei facchini): oggi dovresti ispirare chi<br />

dall'automobile passa alla bicicletta, al treno o all'uso dei propri piedi! E il fiume da attraversare è<br />

quello che separa la sponda della perfezione tecnica sempre più sofisticata da quella dell'autonomia<br />

dalle protesi tecnologiche: dovremo imparare a traghettare dalle tante alle poche kilowattore, da una<br />

super-alimentazione artificiale a una nutrizione più equa e più compatibile con l'equilibrio ecologico e<br />

sociale, dalla velocità supersonica a tempi e ritmi più umani e meno energivori, dalla produzione di<br />

troppo calore e troppe scorie inquinanti a un ciclo più armonioso con la natura. Passare, insomma,<br />

dalla ricerca del superamento dei limiti a un nuovo rispetto di essi e da una civiltà<br />

dell'artificializzazione sempre più spinta a una riscoperta di semplicità e di frugalità.<br />

Non basteranno la paura della catastrofe ecologica o i primi infarti e collassi della nostra civiltà (da<br />

Cernobyl alle alghe dell'Adriatico, dal clima impazzito agli spandimenti di petrolio sui mari) a<br />

convincerci a cambiare strada. Ci vorrà una spinta positiva, più simile a quella che ti fece cercare una<br />

vita e un senso diverso e più alto da quello della tua precedente esistenza di forza e di gloria. La tua<br />

rinuncia alla forza e la decisione di metterti al servizio del bambino ci offrono una bella parabola della<br />

"conversione ecologica" oggi necessaria.<br />

1.3.1990, Per "Lettere 2000" ed.Eulema<br />

________________________________________<br />

La conversione ecologica potrà affermarsi<br />

soltanto se apparirà socialmente desiderabile.<br />

di Alexander Langer<br />

E' tempo di pensare ad una costituente ecologica.<br />

1 Abbiamo creato falsa ricchezza per combattere false povertà - Re Mida patrono del nostro<br />

tempo<br />

Da qualche secolo ed in rapido crescendo si produce falsa ricchezza per sfuggire a false povertà. Di<br />

tale falsa ricchezza si può anche perire, come di sovrappeso, sovramedicazione, surriscaldamento ecc.<br />

Falso benessere come liberazione da supposta indigenza è la nostra malattia del secolo, nella parte<br />

industrializzata e "sviluppata" del pianeta. Ci si è liberati di tanto lavoro manuale, avversità naturali,<br />

malattie, fatiche, debolezze - forse tra poco anche della morte naturale - in cambio abbiamo radiazioni


nucleari, montagne di rifiuti, consunzione della fantasia e dei desideri. Tutto è diventato fattibile ed<br />

acquistabile, ma è venuto a mancare ogni equilibrio.<br />

Non solo l'apprendista stregone è il personaggio-simbolo del nostro tempo. L'antico re Mida - che<br />

ottenne il compimento del suo desiderio che ogni cosa che toccava si trasformasse in oro - ci appare<br />

come il vero patrono dei culti del progresso e dello sviluppo, l'attualissimo predecessore dei benefici<br />

della nostra civiltà.<br />

2 Non si può più far finta si non sapere, l'allarme è ormai suonato da almeno un quarto di secolo<br />

ed ha generato solo provvedimenti frammentari e settoriali<br />

Da qualche decennio e con sempre <strong>maggio</strong>ri dettagli si conoscono praticamente tutti gli aspetti di<br />

questo impoverimento da cosiddetto benessere. Quasi non si sta più a sentire quando si recita, più o<br />

meno completa, la litania delle catastrofi ambientali.<br />

Un quarto di secolo è stato impiegato a scoprire, analizzare, diagnosticare e prognosticare, a dare<br />

l'allarme, a lanciare appelli e proclami, a varare leggi e convenzioni, a creare istituzioni incaricate a<br />

rimediare. La tutela tecnica dell'ambiente è notevolmente migliorata nel mondo industrializzato, si<br />

sono registrati singoli successi, alcune acque si stanno rivitalizzando, certe specie in pericolo di<br />

estinzione si sono salvate, cominciano a circolare detersivi, carburanti ed imballaggi "ecologici"...<br />

3 Perchè l'allarme non ha prodotto la svolta? E' già finito l'intervallo di lucidità (Stoccolma<br />

1972 - Rio 1992)?<br />

Allarmi catastrofisti, lamenti, manifestazioni, boicottaggi, raccolte di firme...: tutto ciò ha aiutato a<br />

riconoscere l'emergenza: le malattie sono state diagnosticate, le possibilità di guarigione studiate e<br />

discusse - terapie complessive non sono state ancora attuate. E soprattutto: appare tutt'altro che<br />

assicurata la volontà di guarigione, se ci fosse, produrrebbe azioni e segnali ben più determinati. Visto<br />

però che le cause dell'emergenza ecologica non risalgono ad una cricca dittatoriale di congiurati<br />

assetati di profitto e di distruzione, bensì ricevono quotidianamente un massiccio e pressoché<br />

plebiscitario consenso di popolo, la svolta appare assai più difficile. Malfattori e vittime coincidono in<br />

larga misura.<br />

C'è da meravigliarsi se oggi persino la diagnosi risulta controversa? Silvio Berlusconi, a capo del<br />

governo della cosiddetta Seconda Repubblica, sin dal suo discorso inaugurale alla Camera ha ritenuto<br />

di dover ironizzare sull'allarme per l'effetto-serra: "forse il nostro pianeta comincerà ad intiepidirsi in<br />

un lasso di tempo pari a quello che ci divide addirittura dalla morte di Caio Giulio Cesare". C'è da<br />

pensare che dunque ci resta ancora tanto tempo per cementificare, dissipare, disboscare!<br />

Vuol dire che l'intervallo di lucidità che si potrebbe situare tra le due conferenze mondiali<br />

sull'ambiente (Stoccolma 1972 - Rio de Janeiro 1992) è già terminato? Si è fatto il pieno di lamenti ed<br />

allarmi e si pensa ora che la riunificazione del mondo tra Est e Ovest vada celebrata con nuovi fasti di<br />

crescita?<br />

4 "Sviluppo sostenibile" - pietra filosofale o nuova formula mistificatrice?<br />

Da qualche anno (rapporto Brundtland, 1987) la formula magica dello "sviluppo sostenibile" sembra<br />

essere la quadratura del cerchio così lungamente cercata. Nella formula è racchiusa una certa<br />

consapevolezza della necessità di un limite alla crescita, di una qualche autolimitazione della parte<br />

altamente industrializzata ed armata dell'umanità, come pure l'idea che alla lunga sia meglio puntare<br />

sull'equilibrio piuttosto che sulla competizione selvaggia; ma il termine "sviluppo" (o crescita, come in<br />

realtà si dovrebbe dire senza tanti infingimenti) è rimasto parte del nuovo e virtuoso binomio.<br />

Purtroppo basta guardare ai magri risultati della Conferenza di Rio per comprendere quanto lontani si<br />

sia ancora da una reale correzione di rotta. Sembra che il nuovo termine indichi piuttosto la


propensione ad un nuovo ordine mondiale nel quale il Sud del mondo viene obbligato ad usare con più<br />

parsimonia e razionalità le sue risorse, sotto una sorta di supervisione e tutela del Nord: non appare un<br />

obiettivo mobilitante per suscitare l'impeto globalmente necessario per la conversione ecologica.<br />

5 A mali estremi, estremi rimedi? ("Muoia Sansone con tutti i filistei"? Eco-dittatura?)<br />

Di fronte ai vicoli ciechi nei quali ci troviamo, può succedere che qualcuno tenti estreme vie d'uscita.<br />

Anche tra ecologisti, pur così propensi ad una cultura della moderazione e dell'equilibrio, ci può<br />

esserci chi - seppure oggi in posizione isolata - chi pensa a rimedi estremi. Scegliamone i due più<br />

rilevanti: la prima potrebbe essere caratterizzata con "muoia Sansone e tutti i filistei": la convinzione<br />

che la catastrofe ambientale sia inevitabile e non più rimediabile, e che pertanto tocchi mettere in conto<br />

disastri epocali come ne sono avvenuti altri nel corso dell'evoluzione del pianeta. In mancanza di<br />

aggiustamenti tempestivi ed efficaci, la svolta ecologica verso un nuovo equilibrio sostenibile verrebbe<br />

imposta da tali disastri.<br />

L'altro "rimedio estremo" che si potrebbe agitare, sarebbe lo "Stato etico ecologico", l'eco-dirigismo o<br />

eco-autoritarismo possibilmente illuminato e possibilmente mondiale. Visto che l'umanità ha abusato<br />

della sua libertà, mettendo a repentaglio la propria sopravvivenza e quella dell'ambiente, qualcuno<br />

potrebbe auspicare una sorta di tutela esperta ed eticamente salda ed invocare la dittatura ecologica<br />

contro l'anarchia dei comportamenti anti-ambientali.<br />

Si deve dire chiaramente che simili ipotetici "estremi rimedi" si situano al di fuori della politica -<br />

almeno di una politica democratica. Ogni volta che si è sperimentato lo Stato etico in alternativa a<br />

situazioni o stati anti-etici (e quindi senz'altro deplorevoli), il bilancio etico della privazione di libertà<br />

si è rivelato disastroso. E l'attesa della catastrofe catartica non richiede certo alcuno sforzo di tipo<br />

politico: per politica si intende l'esatto contrario della semplice accettazione di una selezione basata su<br />

disastri e prove di forza.<br />

Quindi si dovrà cercare altrove la chiave per una politica ecologica, ed inevitabilmente ci si dovrà<br />

sottoporre alla fatica dell'intreccio assai complicato tra aspetti e misure sociali, culturali, economici,<br />

legislativi, amministrativi, scientifici ed ambientali. Non esiste il colpo grosso, l'atto liberatorio tutto<br />

d'un pezzo che possa aprire la via verso la conversione ecologica, i passi dovranno essere molti, il<br />

lavoro di persuasione da compiere enorme e paziente.<br />

6 La domanda decisiva è: come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente<br />

sostenibile? "Lentius, profundius, suavius", al posto di "citius, altius, fortius"<br />

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare<br />

motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta. La paura della<br />

catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace,<br />

altrettanto si può dire delle leggi e controlli; e la stessa analisi scientifica non ha avuto capacità<br />

persuasiva sufficiente. A quanto risulta, sinora il desiderio di un'alternativa globale - sociale,<br />

ecologica, culturale - non è stato sufficiente, o le visioni prospettate non sufficientemente convincenti.<br />

Non si può certo dire che ci sia oggi una <strong>maggio</strong>ranza di persone disposta ad impegnarsi per una<br />

concezione di benessere così sensibilmente diversa come sarebbe necessario.<br />

Nè singoli provvedimenti, nè un migliore "ministero dell'ambiente" nè una valutazione di impatto<br />

ambientale più accurata nè norme più severe sugli imballaggi o sui limiti di velocità - per quanto<br />

necessarie e sacrosante siano - potranno davvero causare la correzione di rotta, ma solo una decisa<br />

rifondazione culturale e sociale di ciò che in una società o in una comunità si consideri desiderabile.<br />

Sinora si è agiti all'insegna del motto olimpico "citius, altius, fortius" (più veloce, più alto, più forte),<br />

che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove<br />

l'agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma


quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse<br />

sintetizzare, al contrario, in "lentius, profundius, suavius" (più lento, più profondo, più dolce"), e se<br />

non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto<br />

razionale, sarà al riparo dall'essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.<br />

Ecco perché una politica ecologica potrà aversi solo sulla base di nuove (forse antiche) convinzioni<br />

culturali e civili, elaborate - come è ovvio - in larga misura al di fuori della politica, fondate piuttosto<br />

su basi religiose, etiche, sociali, estetiche, tradizionali, forse persino etniche (radicate, cioè, nella storia<br />

e nell'identità dei popoli). Dalla politica ci si potrà aspettare che attui efficaci spunti per una correzione<br />

di rotta ed al tempo stesso sostenga e forse incentivi la volontà di cambiamento: una politica ecologica<br />

punitiva che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chances nella competizione<br />

democratica.<br />

7 Possibili priorità nella ricerca di un benessere durevole<br />

I passi che qui si propongono - intrecciati ed interdipendenti tra loro - fanno parte di una visione<br />

favorevole al cambiamento e potrebbero a loro volta incoraggiare nuovi cambiamenti. Purchè ogni<br />

passo limitato e parziale si muova in una direzione chiara e comprensibile, ed i vantaggi non siano tutti<br />

rimandati ad un futuro impalpabile.<br />

a) bilancio ecologico<br />

Gli attuali bilanci pubblici e privati sono tutti basati su dati finanziari. Sintanto che non si avranno in<br />

tutti gli ambiti (Comune, Provincia, Regione, Stato, CE, ...) accurati bilanci della reale economia<br />

ambientale che facciano capire i reali "profitti" e le reali perdite, non sarà possibile sostituire gli attuali<br />

concetti di desiderabilità sociale, e tanto meno un cambiamento dell'ordine economico.<br />

b) ridurre invece che aumentare i bilanci<br />

Ogni discorso sulla necessità della svolta resta assurdo sino a quando la crescita economica resterà<br />

l'obiettivo economico di fondo e sino a quando i bilanci pubblici e privati punteranno ad aumentare di<br />

anno in anno. La parte industrializzata del pianeta dovrà finalmente decidersi alla crescita-zero e poi a<br />

qualche riduzione - naturalmente con la necessaria cautela e moderazione per non causare dei crolli<br />

sociali o economici.<br />

c) favorire economie regionali invece che l'integrazione nel mercato mondiale<br />

Sino a quando la concorrenza sul mercato mondiale resterà il parametro dell'economia, nessuna<br />

correzione di rotta in senso ecologico potrà attuarsi. La rigenerazione delle economie locali, invece,<br />

renderà possibile - tra l'altro - una gestione più moderata e controllabile dei bilanci, compreso quello<br />

ambientale.<br />

d) sistemi tariffari e fiscali ecologici, verità dei costi<br />

Di fronte ad un mercato che addirittura postula e premia comportamenti anti-ecologici, visto che non<br />

ne fa pagare i costi, si rende indispensabile un sistema fiscale e tariffario orientato in senso ambientale,<br />

che imponga almeno in parte una <strong>maggio</strong>re trasparenza e verità dei costi: imprenditori e consumatori<br />

devono accorgersi dei costi reali del massicio trasporto merci, degli imballaggi, del dispendio<br />

energetico, dell'inquinamento, del consumo di materie prime, ecc.<br />

e) allargare e generalizzare la valutazione di impatto ambientale<br />

Tutto quanto viene oggi costruito (opere, tecnologie, ecc.), produce impatti e conseguenze di<br />

dimensioni sinora sconosciute. La valutazione di impatto ambientale - nel senso più comprensivo di<br />

una reale valutazione delle conseguenze ecologiche, ma anche sociali e culturali a breve e lungo<br />

termine di ogni progetto - dovrà diventare il nocciolo di una nuova sapienza sociale, e va quindi<br />

adeguatamente ancorata negli ordinamenti. Così come altre società, passate o presenti, proteggevano<br />

con norme fondamentali e tabú (sulla guerra, l'ospitalità, l'incesto...) le loro scelte di fondo, oggi<br />

abbiamo bisogno di norme fondamentali a difesa della valutazione di impatto ambientale - non importa


se si tratti di autostrade, missili, biotecnologie, forme di produzione di energia o introduzione di nuove<br />

sostanze chimiche di sintesi. Tale valutazione non potrà avvenire senza l'intervento dei più diretti<br />

interessati e postulerà una Corte ambientale a suo presidio.<br />

f) redistribuzione del lavoro, garanzie sociali<br />

Solo una vasta redistribuzione sociale del lavoro (e quindi dei "posti di lavoro" socialmente<br />

riconosciuti) permetterà la necessaria correzione di rotta. L'ammortamento sociale degli effetti prodotti<br />

da scelte di conversione ecologica (che si chiuda una fabbrica d'armi o un impianto chimico..) è un<br />

investimento importante ed utile quanto e più di tanti altri, e se si indennizzano i proprietari di terreni<br />

che devono cedere ad un'autostrada, non si vede perché altrettanto non debba avvenire nei confronti di<br />

operai o impiegati che devono cedere alla ristrutturazione ecologica.<br />

g) riduzione dell'economia finanziaria, sviluppo della "fruizione in natura"<br />

Sino a quando ogni forma di economia sarà canalizzata essenzialmente attraverso il denaro, sarà assai<br />

difficile far valere dei criteri ecologici, e ci saranno pesanti ingiustizie socio-ecologiche: chi può<br />

pagare, potrà anche inquinare. Un processo di "rinaturalizzazione" - che allontani dalla mercificazione<br />

generalizzata (dove tutto si può vendere e comperare) e valorizzi invece l'apporto personale e non<br />

fungibile - potrebbe aiutare a scoprire un diverso e <strong>maggio</strong>r godimento della natura, del lavoro, dello<br />

scambio sociale. Le "res communes omnium" (dalla fontana pubblica alla spiaggia, dalla montagna<br />

alla città d'arte) non si difendono col ticket in denaro, bensì con l'esigere una prestazione personale,<br />

con un legame col volontariato, ecc.<br />

h) sviluppare una pratica di partnership<br />

La necessaria autolimitazione ecologica riesce più convincente se si fa esperienza diretta di<br />

interdipendenza e partnership: nella nostra attuale condizione, forse potrebbero essere alleanze o patti<br />

"triangolari" (Nord/Sud/Est) quelle che meglio riflettono il nesso tra i cambiamenti necessari in parti<br />

diverse, ma interconnesse del mondo. L'"alleanza per il clima" ne può fornire una interessante, per<br />

quanto ancora parzialissima, esemplificazione.<br />

8 Una Costituente ecologica?<br />

Società anteriori alla nostra avevano il loro modo di sanzionare, solennizzare e tramandare le loro<br />

scelte ed i loro vincoli di fondo: basti pensare alla "magna charta libertatum", al leggendario<br />

giuramento dei confederati elvetici sul Rütli, alla dichiarazione francese sui diritti dell'uomo, al patto<br />

di fondazione delle Nazioni unite...<br />

Oggi difettiamo di una analoga norma fondamentale di vincolo ecologico che - viste le caratteristiche<br />

del nostro tempo - avrebbe peso e valore solo se frutto di un processo democratico. Certamente esiste<br />

in questa o quella carta costituzionale un comma o articolo sull'ambiente, ma siamo ben lontani dal<br />

concepire la difesa o il ripristino dell'equilibrio ecologico come una sorta di valore di fondo e<br />

pregiudiziale delle nostre società, e di trarne le conseguenze.<br />

Se si vuole riconoscere ed ancorare davvero la desiderabilità sociale di modi di vivere, di produrre, di<br />

consumare compatibili con l'ambiente, bisognerà forse cominciare ad immaginare un processo<br />

costituente, che non potrà avere, ovviamente, in primo luogo carattere giuridico, quanto piuttosto<br />

culturale e sociale, ma che dovrebbe sfociare in qualcosa come una "Costituente ecologica". In fondo<br />

le Costituzioni moderne hanno il significato di vincolare il singolo ed ogni soggetto pubblico o privato<br />

ad alcune scelte di fondo che trascendono la generazione presente o, a <strong>maggio</strong>r ragione, la congiuntura<br />

politica del momento. Se non si arriverà a dare un solido fondamento alla necessaria decisione di<br />

conversione ecologica, nessun singolo provvedimento sarà abbastanza forte da opporsi all'apparente<br />

convenienza che l'economia della crescita e dei consumi di massa sembra offrire.<br />

1.8.1994, Colloqui di Dobbiaco, Il Viaggiatore leggero 1996


Quattro consigli per un futuro amico<br />

Parlando di un possibile futuro amico vorrei sottoporvi soprattutto due aspetti che penso siano<br />

importanti per renderci più amichevole, meno ostile, più vivibile il futuro e forse anche il presente.<br />

Dei grandi impegni, delle grandi cause credo che quella per la riconciliazione con la natura,<br />

sicuramente abbia oggi un posto importantissimo. Anni fa il verde andava di moda; non c'era<br />

pubblicità che non avesse bisogno di sottolineare la qualità ecologica dei prodotti che cercava di<br />

propinarci: la macchina ecologica, il cibo ecologico, i materiali ecologici e così via. Dieci anni fa, per<br />

avere il consenso della gente bisognava dire: quello che noi vi proponiamo, quello che noi vi vendiamo<br />

fa bene non solo a voi ma fa bene anche alla natura". Questa moda per l'aspetto che era moda è<br />

rapidamente conclusa; purtroppo questa moda è passata anche a livello della grande politica. Vi<br />

ricorderete, due anni fa, il grande vertice mondiale di Rio de Janeiro, dove Nord e Sud del mondo<br />

dovevano trovarsi insieme per stabilire come usare insieme, in modo giudizioso e riguardoso, le risorse<br />

di tutta l'umanità, di tutto il pianeta? Ebbene il Nord, che avrebbe dovuto tirare un po' la cinghia, ha<br />

semplicemente detto che questo non interessava e il vertice salvo con alcune promesse generiche<br />

(sporcare meno, tagliare meno alberi, sterminare meno specie viventi) in realtà si è concluso senza<br />

grandi impegni.<br />

Allora mi sembra che oggi ci sia bisogno che tra coloro che non cercano un impegno semplicemente<br />

effimero, che gridano libertà quando tutti gridano libertà, che gridano giustizia nel momento in cui tutti<br />

gridano giustizia, che gridano magari anche pace nel momento in cui tutti gridano pace o democrazia o<br />

solidarietà, che una attenzione particolare e anche contro corrente, anche al di fuori della moda, vada<br />

all'integrità del creato, se volete, alla reintegrazione della biosfera.<br />

Una vita semplice<br />

Molti possono chiedersi: ma reintegrazione, riconciliazione con la natura, cosa vuol dire? quali precetti<br />

devo seguire? chi mi dà le indicazioni affidabili, su che cosa fare, per quali animali in pericolo di<br />

estinzione bisogna battersi? quali alberi preservare?<br />

Io credo che il messaggio di fondo della riconciliazione con la natura che noi oggi dobbiamo proporci<br />

e possiamo proporre, senza tema di essere smentiti, è sostanzialmente uno, cioè quello della vita più<br />

semplice.<br />

Quando quasi duecento anni fa Kant si preoccupava che tipo si messaggio morale trovare per tutti,<br />

credenti o non credenti, cioè che tipo di regola dare o formulare perché fosse valida per tutti, fosse<br />

indiscutibile, ha trovato alla fine questa regola: cerca di comportarti in modo tale che i criteri che<br />

ispirano la tua azione possano essere gli stessi criteri che ispirano chiunque altro. Questa è stata alla<br />

fine la formulazione più laica e più universale che ha trovato.<br />

Se noi guardiamo oggi la situazione del mondo, un mondo popolato da più di 5 miliardi di persone,<br />

dovremmo per lo meno dire che i criteri che ispirano il nostro agire, siano moltiplicabili per 5 miliardi;<br />

cioè cercate di sporcare quanto 5 miliardi di persone potrebbero permettersi di sporcare; cercate di<br />

consumare energia quanto 5 miliardi di persone possono consumare; cercate di deforestare quanto 5<br />

miliardi di persone possono permettersi di deforestare.<br />

Diversi noi<br />

Quindi credo che il primo e fondamentale messaggio ecologico che oggi si possa dare è semplicemente<br />

quello di una vita semplice, di una vita che consumi poco, di una vita che abbia grande rispetto di tutto<br />

quello con cui abbiamo a che fare, compresi gli animali, comprese le piante, comprese le pietre,<br />

compreso il paesaggio, cioè tutto quello che ci è stato dato in prestito e che dobbiamo dare agli altri.<br />

Un secondo aspetto che mi permetto di offrirvi come possibile contributo a un futuro amico ha a che<br />

fare anch'esso con la conciliazione o con la convivenza. Ed è non la convivenza con la natura ma la<br />

convivenza tra culture, la convivenza tra diversi noi, cioè tra gruppi di persone che non si identificano,<br />

pur vivendo nello stesso territorio.<br />

Oggi in Europa e in particolare nelle grandi città la compresenza di persone, di lingua, di cultura e di<br />

religione, spesso di colore della pelle diversa, sarà sempre meno l'eccezione e sarà sempre più la<br />

regola.<br />

Io credo che abbiamo, semplificato, due scelte: una è quella che ultimamente è diventata famosa col<br />

termine epurazione etnica, cioè ripulire ogni territorio dagli altri, rendere omogeneo, rendere esclusivo,


etnicamente esclusivo un territorio e quindi dire che chi li non diventa uguale agli altri, perché vuole<br />

coltivare la sua diversità o chi semplicemente viene cacciato da lì, cioè non gli viene neanche permesso<br />

di integrarsi, se ne vada, con le buone o le cattive, fino allo sterminio.<br />

L'altra possibilità è quella che ci attrezzammo alla convivenza, che sviluppiamo una cultura, una<br />

politica, un'attitudine alla convivenza, cioè alla pluralità, al parlarsi, all'ascoltarsi. Ora credo che finché<br />

non costava, finché era una moda, il plurietnico, il pluriculturale era anche vello, faceva chic; per<br />

esempio l'Italia era un paese in cui tutti i grandi giornali erano pieni di sdegno sulla xenofobia altrui:<br />

gli svizzeri hanno fatto un altro referendum xenofobo, in Germania ci sono stati episodi di intolleranza<br />

xenofoba, in Francia ecc. Oggi ci accorgiamo che questo diventa tragicamente realtà anche da noi;<br />

forse per la semplice ragione che prima gli altri non li avevamo tra noi e quindi era facile sopportarli<br />

finché stavano lontani; una volta che ci sono, diventa meno facile. Allora io credo che, promuovere<br />

una cultura, una legislazione, un'organizzazione sociale, per la convivenza pluriculturale, plurietnica,<br />

diventa, oggi, uno dei segni distintivi della qualità della vita, una delle condizioni per poter avere un<br />

futuro vivibile.<br />

Visto che abbiamo parlato di comunicazione interculturale io credo che essa non debba avvenire in<br />

modo volontaristico e quasi a denti stretti come un obbligo, ma diventare anche un piacere. Penso che<br />

nella convivenza tra diversi noi sia molto importante che ognuno di questi noi non si senta in pericolo,<br />

cioè non si senta minacciato. Quando si sente minacciato è vicina la tentazione della violenza e non c'è<br />

conflitto più coinvolgente di quello etnico o razziale o religioso, che subito forma fronti, schieramenti<br />

difficilissimi poi da riconciliare. Quindi io credo che oggi uno dei grandi compiti di chiunque abbia<br />

voglia di un futuro amico sia proprio quello di diventare in qualche modo, nel suo piccolo, pontiere,<br />

costruttore di ponti del dialogo, della comunicazione interlculturale o interetnica. Se non c'è<br />

comunicazione interculturale, credo che andiamo incontro a una Jugoslavia generalizzata, per dirla con<br />

un telegramma forse un po' pessimista ma temo non lontano dalla realtà.<br />

Criteri per un futuro amico<br />

Questi sono due aspetti che io volevo sottoporvi per un futuro amico. Vorrei adesso diversi brevemente<br />

quattro piccole modalità che possono aiutare in questo.<br />

La prima riguarda la credibilità delle parole. Io credo che oggi ci sia pochissima fede, giustamente,<br />

nelle parole, perché è difficile distinguere la notizia dalla pubblicità, la realtà dalla fandonia, che se<br />

ripetuta autorevolmente e televisivamente diventa realtà essa stessa.<br />

È credibile chi può dire "Vieni e vedi"; è credibili chi ha un'esperienza da offrire alla quale ognuno può<br />

partecipare, che ognuno può condividere. Dove non c'è un "vieni e vedi" io sarei molto diffidente. In<br />

questo senso la televisione, è un vedi sì, ma è un vedi mediato, tanto che non ha nessuna verifica<br />

possibile.<br />

Un secondo criterio, lo chiamerei il criterio dei cinque giusti e si rifà alla trattativa sulla distruzione di<br />

Sodoma e Gomorra. Vi ricorderete che Abramo tentava di non far distruggere Sodoma e Gomorra<br />

sostenendo che tanti giusti sarebbero morti nella catastrofe insieme ai malvagi. Allora comincia una<br />

lunga trattativa perché gli angeli dicono: forniscici un elenco credibile dei giusti almeno cinque tirali<br />

fuori, fuori i nomi perché altrimenti non ci crediamo.<br />

Penso che se noi non vogliamo diventare prigionieri delle nostre illusioni, almeno una minima verifica<br />

sui cinque giusti dovremmo farla; una verifica se anche altri ritengono importanti le cose che a ognuno<br />

di noi sembrano importanti e mettersi insieme con altri che le condividano, prima di andare a urlare in<br />

televisione.<br />

Un'altra modalità per costruire un futuro amico e paritario è quello di concludere anche magari molto<br />

formalmente dei patti. Io credo che oggi ci siano molte forme di patto, molte forme di alleanza che<br />

possono essere concluse e che restituiscono anche dignità e giustizia a chi apparentemente è il<br />

ricevente. Pensate alla grandiosa esperienza di Emmaus, dove dei cosiddetti scarti umani delle<br />

comunità di Emmaus, considerati tali da molti hanno imparato a restituire prima dignità agli scarti, ai<br />

rifiuti raccogliendoli, separandoli, riutilizzandoli, mettendoli in circolo, e quindi riguadagnando dignità<br />

anche loro. Credo che oggi il modello dell'alleanza del patto di una reciprocità, sia non solo una<br />

condizione molto importante ma possa essere perseguita molto concretamente perché siamo a un<br />

livello della comunicazione facilitata.<br />

L'ultimo aspetto che oggi vedo molto sottovalutato riguarda la relazione tra nord del mondo<br />

rispettivamente col sud e con l'est. Oggi chi è di sinistra è molto tifoso del Terzo Mondo; chi viceversa


viene da una tradizione più di destra, è invece più attento all'est perché è stato a lungo educato alla<br />

solidarietà con chi era oppresso dal comunismo.<br />

Quindi oggi rischiamo di riprodurre, anche dopo la caduta del comunismo, queste solidarietà su binari<br />

differenziati o col sud o con l'est. Parlando di alleanze, di patti, credo che sarebbe una buona strada da<br />

seguire che noi, nelle cose che facciamo, cercassimo di avere partner all'est e al sud e che li facessimo<br />

anche conoscere tra di loro, anche perché spesso sono in competizione, perché entrambi ci corteggiano.<br />

Sono arrivato alla chiusura e vorrei tentare il riassunto, con una variazione su un motto molto<br />

conosciuto. Voi sapete il motto che il barone De Coubertain ha riattivato per le moderne Olimpiadi,<br />

prendendolo dall'antichità: il motto del citius, più veloce, altius, più alto, fortius, più forte, più<br />

possente. Citius altius e fortius era un motto giocoso di per sè, era un motto appunto per le Olimpiadi<br />

che erano certo competitive, ma erano in qualche modo un gioco. Oggi queste tre parole potrebbero<br />

essere assunte bene come quinta essenza della nostra civiltà e della competizione della nostra civiltà:<br />

sforzatevi di essere più veloci, di arrivare più in alto e di essere più forti. Questo è un po' il messaggio<br />

cardine che oggi ci viene dato. Io vi propongo il contrario, io vi propongo il lentius, profundius e<br />

soavius, cioè di capovolgere ognuno di questi termini, più lenti invece che più veloci, più in<br />

profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forte, con più<br />

energia, con più muscoli, insomma più roboanti. Con questo motto non si vince nessuna battaglia<br />

frontale, però forse si ha il fiato più lungo.<br />

31.12.1994, Convegno giovanile di Assisi, Natale 1994 (non rivisto dall'autore)<br />

Le difficili eredità di Alexander Langer<br />

di Franco Lorenzoni<br />

Alexander Langer, straordinario leader pacifista e ambientalista, nel biglietto lasciato prima della sua<br />

tragica morte, ha scritto ai suoi amici “continuate in ciò che è giusto”. E’ una eredità, quella che lascia, che in<br />

qualche modo cerca di contraddire l’assenza di speranza che stava dietro al suo gesto estremo. Ogni eredità è un<br />

lavoro interrotto difficile da accogliere e molte delle eredità che Alex ci ha lasciato si presentano come nodi<br />

irrisolti. Le sue eredità sono difficili perché contraddittorie, aperte, in alcuni casi laceranti. Desidero ricordare<br />

Alex in ciò che ci lascia di interrotto perché sento che in qualche modo è li che è importante sostare.<br />

Pur avendo dedicato tutta la sua vita alla politica militante Alex aveva un’idea di umanità che non aveva<br />

nulla di ideologico. Si è sempre battuto a favore degli oppressi e gli stavano particolarmente a cuore i popoli<br />

che la storia aveva emarginato e offeso nella loro stessa terra. Sud Tirolese di lingua tedesca, aveva vissuto<br />

sulla sua carne, nella sua infanzia, il peso della discriminazione. Forse per questo il suo modo di accostarsi alle<br />

tragedie dei popoli dell’Amazonia, della minoranza basca in Spagna come della minoranza albanese nel<br />

Kossovo yugoslavo non lo portò mai a schierarsi pregiudizialmente da una parte senza considerare la<br />

complessità della storia e le stratificazioni culturali che si sedimentano ed esplodono, talvolta in modi<br />

imprevedibili, nell’immaginario collettivo di un popolo. Il giornale che dirigeva finito il liceo si chiamava “Die<br />

Bruke” (il ponte) e per tutta la vita Alex ha mantenuta inalterata questa sua incorreggibile vocazione a costruire<br />

ponti anche in situazione dove, da parti avverse, non si faceva altro che scavare fossati.<br />

Il suo modo infaticabile, preciso e puntuale, di dedicarsi ad una causa con tutto se stesso si rivelava nella<br />

straordinaria capacità di esercitare la sua memoria. Come gli esploratori e i narratori tradizionali aveva una<br />

memoria delle cose che non era mai astratta. Alex non ragionava mai secondo categorie prestabilite. Al<br />

contrario, sfidando spesso l’incomprensione del mondo politico, intrecciava nei suoi racconti le ragioni degli<br />

uni e degli altri. Ragioni sempre legate a corpi ed esperienze vissute. Ragioni spesso tragicamente irriducibili<br />

tra loro.<br />

Ho avuto la fortuna di conoscere Alex che ero ancora ragazzo e i suoi racconti sul mondo mi hanno<br />

sempre affascinato. Rincontratolo a molti anni di distanza, mi sono stupito ancora di più della sua straordinaria


memoria. Memoria che non era solo di paesaggi, di volti e di nomi, ma soprattutto di relazioni. Dopo decine di<br />

anni Alex ricordava non solo le persone, ma le relazioni che c’erano tra le persone. E per conservare viva<br />

questa miniera di ricordi c’era sempre un particolare (talvolta comico o paradossale) che gli faceva tornare alla<br />

mente un momento, un episodio. Si ricordava di dettagli incredibilmente precisi riguardo a incontri o situazioni<br />

di venti, venticinque anni prima. Desidero ricordare questo suo uso della memoria perché costituisce una<br />

qualità rara a cui dovremmo imparare a stare più attenti. Sono straordinarie, infatti, le possibilità che offre una<br />

memoria coltivata negli anni con cura e con affetto.<br />

Il comune amico Peter Kammerer, in occasione della sua morte ha parlato di Alex come “costruttore di<br />

costellazioni”. E’ una immagine precisa, che rende bene un gioco che appassionava molto Alex: il gioco di<br />

quando si divertiva a pensare come mettere in relazione tra loro persone diverse, anche lontane: una sorta di<br />

alchimia a cui ha dedicato molto del suo tempo.<br />

Alex aveva una agendina che io ho sempre pensato infinita. Edi Rabini, che lo ha sempre sostenuto nel<br />

suo lavoro, mi ha raccontato una volta di questo suo indirizzario personale vastissimo, cresciuto a dismisura<br />

negli anni. Questo indirizzario per Alex era una cosa molto viva, a cui teneva molto. Per esempio, quando<br />

progettò la Fiera delle utopie concrete a Città di Castello, pensò a tutte le persone dell’Europa dell’Ovest e<br />

dell’Est che avrebbe voluto incontrare e che si incontrassero nello stesso luogo. Era il 1988 e non era ancora<br />

caduto il muro di Berlino, ma per lui il legame con l’Europa orientale era già da tempo imprescindibile e<br />

fondamentale.<br />

Mi ricordo che una volta, per un lavoro sull’educazione ambientale con insegnanti di lingua italiana e<br />

lingua tedesca nel Sud Tirolo, Alex mi volle fare incontrare con un pacifista austriaco assai curioso. Anche se<br />

non si stava occupando direttamente della cosa, mise una grande cura nel predisporre quell’incontro. L’incontro<br />

in verità non funzionò molto bene ai fini del lavoro, e quando glielo raccontai Alex rise. “Non sempre mi riesce<br />

di fare incontrare tra loro le persone che credo si debbano incontrare”, disse. Ma provarci, ci provava sempre.<br />

Del resto quella cura un bel frutto lo diede ugualmente, perché con il traduttore di quell’incontro, suggerito<br />

naturalmente da Alex, poi divenni amico. Del pacifista austriaco parlammo ancora in seguito, e anche in quel<br />

caso, come sempre, Alex si appassionò alla particolarità della persona, e ci divertì molto constatare che a tutti e<br />

due il racconto che era rimasto più impresso non riguardava tanto le sue attività di militante pacifista quanto il<br />

fatto che era il nipote del giardiniere di Francesco Giuseppe. E soprattutto il modo in cui lui narrava di suo<br />

nonno, che aveva passato tutta la vita a tentare di dipingere un ritratto dell’Imperatore d’Austria, senza riuscirci.<br />

Ecco, era nei racconti dei dettagli che avvenivano per me gli scambi più belli con Alex, per la capacità che<br />

aveva di collezionare storie e riuscire a sapere sempre delle persone che incontrava qualcosa di particolare, di<br />

personale.<br />

Così, quando tentava le sue alchimie, Alex prendeva in considerazione delle persone qualità che ad altri<br />

erano sconosciute e quando si trattava di proporre nomi per una iniziativa o per dare vita ad un comitato, cosa<br />

che Alex ha fatto innumerevoli volte, certamente, da politico, doveva badare a degli equilibri, a rappresentanze<br />

da rispettare, ma nonostante questo, lui cercava sempre di scegliere in base alle qualità individuali delle persone<br />

piuttosto che alla loro appartenenza. Certe volte gli riusciva, certe volte no, ma questa esigenza in lui era<br />

sempre presente e assai forte.<br />

Alex ci ha proposto tante volte, negli ultimi anni, lo slogan più profondo, più dolce, più lento, ma chi lo<br />

ha frequentato sa bene come il desiderio di essere più lento è condizione di vita che lui non ha mai trovato. In<br />

questo caso l’eredità porta il segno di una lacerazione aperta, porta il segno della contraddizione tra la<br />

necessaria lentezza, il bisogno di sosta e di approfondimento, e l’urgenza dell’agire.<br />

Quando progettò la Fiera delle utopie concrete mi aveva colpito come l’idea di conversione ecologica<br />

per Alex si identificava con l’idea di un cammino, quasi di un pellegrinaggio. “A Città di Castello - diceva - mi<br />

piacerebbe che ogni anno potessero arrivare dai diversi angoli d’Europa ecologisti, amministratori, coltivatori,<br />

responsabili della produzione, insegnanti ed artisti impegnati in progetti concreti di compatibilità ecologica. E’<br />

lì che mi piacerebbe invitare gli amici dell’Est perché portino suggerimenti e prendano spunti. Mi piacerebbe<br />

che Città di Castello diventasse negli anni una sorta di appuntamento laico paragonabile a quello che per secoli,<br />

sul piano religioso, fu l’appuntamento a Santiago de Compostella”. Di questo suo sogno voglio sottolineare<br />

l’idea del cammino perché a Santiago de Compostella ci si arrivava a piedi, dopo avere compiuto un lungo<br />

percorso.<br />

Quando ci chiediamo perché delle idee apparentemente buone e convincenti stentino a mettere radici<br />

dovremmo sempre ricordarci che noi viaggiamo troppo velocemente. Così facendo, quando arriviamo in un<br />

luogo per proporre qualcosa di nuovo, magari nessuno se ne accorge. Mentre quando chi arriva in una città<br />

arriva davvero da lontano e porta con sé le tracce di un lungo viaggio, è più facile che colui che si vorrebbe<br />

fosse pronto ad accoglierlo riponga fiducia in lui e gli creda.<br />

Ho riletto qualche tempo fa l’elogio della mitezza scritto da Norberto Bobbio. Li si parla della mitezza<br />

come di una qualità in qualche modo antipolitica. Una di quelle virtù che non appartiene a chi esercita il potere.<br />

Questo testo mi ha richiamato una frase che Alex ha scritto a conclusione della sua breve autobiografia: “Posso


dire che, rifuggendo drasticamente dai salotti e dalle presenze delle persone che mi cercano per qualche mio<br />

ruolo, vivo come una delle mie <strong>maggio</strong>ri ricchezze gli incontri, già familiari o no che siano, che la vita mi dona.<br />

Vorrei continuare ad apprezzare gli altri ed esserne apprezzato senza secondi fini. Forse anche per questo<br />

conviene tenersi lontano da ogni esercizio di potere”.<br />

L’eredità che ci viene da questa attitudine, scrupolosamente seguita da Alex in tutta la sua vita, ci si<br />

presenta come una difficile antinomia. Da una parte, infatti, c’è il desiderio di operare attivamente come<br />

testimoni della possibilità reale di operare nel senso della conversione ecologica, intesa come mutamento<br />

concreto di atteggiamenti e comportamenti, dall’altra parte è assai difficile pensare di potere fare questo<br />

rispettando compiutamente storie e identità altre, rispettando abitudini e comportamenti sedimentati negli anni,<br />

che ormai fanno parte dei caratteri delle persone. Cioè, per dirla in un altro modo: è possibile essere miti e<br />

insieme efficaci sul piano delle trasformazioni personali e collettive? E come?<br />

Un altro carattere straordinario di Alex era quello di essere un grande raccontatore di storie. Una delle<br />

gioie più grandi, quando lo incontravo, era quella di ascoltare i suoi racconti di storie del mondo. Ho ascoltato<br />

da lui storie di paesi che non hanno posto sulle carte geografiche (erano i luoghi e i popoli che più amava…) e<br />

ricordo nitidamente come mi parlò del suo Sud Tirolo. I suoi racconti erano sempre pieni di personaggi veri,<br />

vivi, descritti a tutto tondo, irriducibili nelle loro diversità che Alex sapeva cogliere e tratteggiare con abilità.<br />

Conosco un solo scrittore capace di raccontare il presente del mondo con altrettanta nitidezza, intelligenza e<br />

profondità culturale: Riszard Kapuscinsji, un giornalista scrittore polacco. Questa qualità è purtroppo rarissima<br />

perché coloro che fanno politica sono tra quelli che meno sanno raccontare -e dunque ascoltare- storie.<br />

In un intervento ad una assemblea del Movimento di Cooperazione Educativa del 1988 Alex parlò con<br />

forza contro l’utopia. L’utopia -diceva- è un modo di spostarsi in avanti, mutare di luogo. Ma l’esperienza,<br />

anche l’esperienza di trasformazione, ha bisogno di luoghi concreti. E criticava, in quell’intervento, l’incapacità<br />

troppo spesso presente nella sinistra , di rispettare le particolarità dei luoghi, le tradizioni, le esperienze<br />

consolidate, in nome di progetti magari giusti, ma privi di radici.<br />

In quell’occasione Alex confessava la sua difficoltà, come politico, di sentirsi legato ad un luogo e di<br />

potere narrare una storia, che non fosse solo e necessariamente collezione di storie di altri. Questa è un’altra<br />

eredità irrisolta che Alex ci lascia. Infatti nel mondo, c’è sicuramente molto bisogno di persone che viaggino,<br />

connettano, mettano in collegamento persone, idee ed esperienze. Ma poi, chi opera in questo senso, in quale<br />

luogo trova radicamento e linfa? Qual è lo spazio per il proprio respiro più lungo, per la riflessione e la quiete<br />

necessarie ad alimentare pratiche innovative?<br />

Un altro nodo irrisolto riguarda la questione dei confini tra gli stati, dei confini tra le persone, dei confini<br />

interni a ciascuno di noi. Alex ha battagliato tutta la vita contro i confini e ha creduto in una Europa delle<br />

regioni, in cui convivessero pacificamente culture diverse negli stessi territori.<br />

In un suo bellissimo scritto intitolato Dieci punti per la convivenza interetnica ha scritto: “Deve essere<br />

possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di<br />

immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione pluralista e cosmopolita”. E poi aggiungeva: “In<br />

simili società è molto importante che qualcuno si dedichi all’esplorazione e al superamento dei confini, attività<br />

che magari in situazioni di conflitto somiglierà al contrabbando ma è decisiva per ammorbidire le rigidità,<br />

relativizzare le frontiere, favorire l’integrazione”.<br />

Guardare ciò che sta in mezzo alle cose era una delle qualità più spiccate di Alex. Noi però, ora, non<br />

possiamo nasconderci quanto fosse difficile quella posizione e quanto gli sia costato lavorare sempre per<br />

mantenere i legami tra realtà separate. E la domanda aperta, inquietante, che ci sta di fronte pensando al suo<br />

suicidio, riguarda la possibilità umana, personale, di vivere anche internamente senza confini.<br />

Quando uno tenta di assottigliare all’estremo il confine tra se stesso e gli altri, quando uno si rende<br />

disponibile all’apertura all’altro, come Alex ha fatto senza remore, la sua vulnerabilità diventa assoluta. Allora<br />

anche questa ci si presenta come una eredità difficilissima da accogliere. Come lottare radicalmente contro i<br />

confini e al tempo stesso ammettere e accettare il fatto che tutti noi abbiamo bisogno di confini. Confini che<br />

continuamente mettiamo, e che forse dovremmo imparare a rendere meno rigidi, più flessibili, con la possibilità<br />

di alzarli e abbassarli, spostandoli di continuo nelle diverse situazioni.<br />

Credo che Alex, a un certo punto, non sia più riuscito a proteggere la sua sensibilità. Non sia più riuscito<br />

a mettere quel confine che forse avrebbe potuto proteggerlo, permettendogli di continuare nella sua vita e nel<br />

suo impegno.<br />

Rivolgendosi a San Cristoforo, in un testo ormai famoso, Alex racconta del possente Cristoforo che si è<br />

trovato a dover trasportare al di là del fiume un bambino. Quel compito apparentemente era semplice, ma quel<br />

bambino era Cristo, e dunque il compito era sovrumano. Rileggendo ora quel testo mi domando se quel<br />

bambino, così difficile da portare sulle spalle, non fosse per Alex anche se stesso bambino. La sua<br />

autobiografia essenziale comincia con la frase “Perché papà non va mai in chiesa?” E subito dopo racconta di<br />

lui solo, bambino tedesco in mezzo a italiani. C’è solo un altro bambino tedesco nei viaggi in autobus fino alla<br />

città che lui racconta, e il piccolo Alex sente sulla sua pelle il peso della discriminazione. Quell’infanzia,


l’esperienza di una convivenza così difficile nella sua terra, faceva si che quando Alex parlava delle<br />

contraddizioni interetniche non era mai ideologico, non semplificava mai le posizioni. Anche rispetto alla<br />

guerra nella ex-Yugoslvia, fino all’ultimo Alex, pur condannando con asprezza i crimini di chi aggrediva gli<br />

inermi, si è rifiutato a qualsiasi schieramento. Pensava sempre solo a chi avrebbe potuto far comunicare, dopo<br />

la guerra, persone che sono arrivate ad odiarsi a livelli così estremi.<br />

Anche questa ci si presenta come una contraddizione insoluta.<br />

Infine, poiché Alex amava molto le storie, desidero concludere questo ricordo con una immagine mitica<br />

che viene dal Guatemala. Nel Popol Vuh, il libro sacro degli antichi Maya, il creatore non è uno. Sono due. E<br />

creano le cose del mondo in un modo molto particolare. Stanno vicini, si guardano, e quando i due creatori<br />

pensano nello stesso istante la stessa cosa, in quel momento ciò che era stato pensato prende corpo e vita. Così<br />

nascono cielo e mare e stelle e foreste e animali.<br />

Questa idea che è la compresenza del pensiero di due esseri a creare le cose mi ricorda molto Alex, la sua<br />

volontà di connettere, il suo spirito creativo. Mi ricorda il suo desiderio di essere ponte. Di incarnare del ponte<br />

quella linea leggera che regge il peso delle pietre in virtù della sua curva, grazie all’intuizione di una forma e di<br />

un azzardo. Mi ricorda la sua esigenza di essere li al momento della prima costruzione, sperando di non dover<br />

restare, sognando sempre di proseguire il viaggio.<br />

Ma l’antica storia Maya non finisce qui. I due creatori creano infine gli uomini, impastandoli con la<br />

farina di mais. E gli uomini si trovano ad essere dotati di straordinari poteri: sanno vedere oltre l’orizzonte,<br />

sanno vedere oltre il tempo. Sono uomini che possono tutto. Allora, come spesso capita, i creatori si spaventano<br />

di ciò che hanno creato e decidono di mandare della polvere sottile negli occhi degli umani per limitarne la<br />

vista così che non possano vedere tutto, non possano sapere cosa c’è oltre il tempo. E’ infatti da allora, come<br />

ben sappiamo, noi uomini vediamo solo fino all’orizzonte e non conosciamo nulla del futuro.<br />

Ho visto gli occhi di Alex sempre più arrossati nel suo ultimo anno di vita, come avesse voluto sfidare il<br />

dolore di quella polvere che ci limita nello sguardo e nell’ascolto. E forse la più profonda eredità che Alex ci<br />

lascia è proprio questa, ed è la più essenziale: l’invito a continuare a guardare e ad ascoltare. Continuare ad<br />

ascoltare, ascoltare…<br />

primavera 1996, pubblicato su “La terra vista dalla luna”

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