La Dottrina Sociale della Chiesa - PUF Progetto Unitario di ...
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Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.1<br />
LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA<br />
Definizione <strong>di</strong> <strong>Dottrina</strong> <strong>Sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>.<br />
Nel Compen<strong>di</strong>o <strong>della</strong> <strong>Dottrina</strong> <strong>Sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, curato dal Pontificio Consiglio <strong>della</strong> Giustizia<br />
e <strong>della</strong> Pace, si definisce la dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> come l’insegnamento sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>,<br />
attraverso il quale essa «intende annunciare ed attualizzare il Vangelo nella complessa rete delle<br />
relazioni sociali» (n.62). Poi si chiarisce che «non si tratta semplicemente <strong>di</strong> raggiungere l’uomo<br />
nella società, l’uomo quale destinatario dell’annuncio evangelico, ma <strong>di</strong> fecondare e fermentare la<br />
società stessa con il Vangelo», per prendersi cura dell’uomo, coinvolgendo anche la società nella<br />
sollecitu<strong>di</strong>ne missionaria e salvifica <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>. <strong>La</strong> società, infatti, con tutto ciò che in essa si<br />
compie, riguarda l’uomo. E spesso la convivenza sociale determina la qualità <strong>della</strong> vita e perciò le<br />
con<strong>di</strong>zioni in cui ogni uomo e ogni donna comprendono se stessi e decidono <strong>di</strong> sé e <strong>della</strong> loro<br />
vocazione. «Per questa ragione, la <strong>Chiesa</strong> non è in<strong>di</strong>fferente a tutto ciò che nella società si sceglie,<br />
si produce e si vive, alla qualità morale, cioè autenticamente umana e umanizzante, <strong>della</strong> vita<br />
sociale. <strong>La</strong> società e con essa la politica, l’economia, il lavoro, il <strong>di</strong>ritto, la cultura non costituiscono<br />
un ambito meramente secolare e mondano e perciò marginale ed estraneo al messaggio e<br />
all’economia <strong>della</strong> salvezza» (Compen<strong>di</strong>o, n.62). Ecco perché con la sua dottrina sociale la <strong>Chiesa</strong><br />
si fa carico del compito <strong>di</strong> annuncio che il Signore le ha affidato. Essa attualizza nelle vicende<br />
storiche il messaggio <strong>di</strong> liberazione e <strong>di</strong> redenzione <strong>di</strong> Cristo, il Vangelo del Regno. Questo per<br />
penetrare i cuori degli uomini con lo Spirito <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong>sponendoli a coltivare pensieri e progetti <strong>di</strong><br />
amore, <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> pace. Evangelizzare il sociale è allora infondere nel cuore degli<br />
uomini la carica <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong> liberazione del Vangelo, così da promuovere una società a misura<br />
dell’uomo perché a misura <strong>di</strong> Cristo: è costruire una città dell’uomo più umana, perché più<br />
conforme al Regno <strong>di</strong> Dio.<br />
L’insegnamento <strong>Sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>: uno strumento <strong>di</strong> evangelizzazione, un <strong>di</strong>ritto-dovere.<br />
Qualcuno ha accusato la <strong>Chiesa</strong> <strong>di</strong> fare politica, allontanandosi così dalla propria missione. Di fatto<br />
la <strong>Chiesa</strong>, con la sua dottrina sociale, non solo non si <strong>di</strong>scosta dalla propria missione, ma è<br />
strettamente fedele ad essa. Infatti la Redenzione comincia con l’Incarnazione, me<strong>di</strong>ante cui il<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio assume, eccetto il peccato, tutto dell’uomo, secondo le solidarietà istituite dalla<br />
Sapienza creatrice <strong>di</strong>vina, e tutto coinvolge nel Suo dono d’Amore redentore. Pertanto la dottrina<br />
sociale è parte integrante del ministero <strong>di</strong> evangelizzazione <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>. Tutto ciò che riguarda la<br />
comunità degli uomini — situazioni e problemi relativi alla giustizia, alla liberazione, allo sviluppo,<br />
alle relazioni tra i popoli, alla pace — non è estraneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe<br />
completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita<br />
concreta, personale e sociale dell’uomo. Ecco perché la dottrina sociale «ha <strong>di</strong> per sé il valore <strong>di</strong><br />
uno strumento <strong>di</strong> evangelizzazione» e si sviluppa nell’incontro sempre rinnovato tra il messaggio<br />
evangelico e la storia umana. Attenzione però: va chiarito che la <strong>Chiesa</strong> non si fa carico <strong>della</strong> vita<br />
in società sotto ogni aspetto, ma con la competenza sua propria, che è quella dell’annuncio <strong>di</strong><br />
Cristo Redentore. Con la sua dottrina sociale la <strong>Chiesa</strong> «si propone <strong>di</strong> assistere l’uomo sul<br />
cammino <strong>della</strong> salvezza»: si tratta del suo fine precipuo ed unico. Non ci sono altri scopi tesi a<br />
surrogare o ad invadere compiti altrui, trascurando i propri, o a perseguire obiettivi estranei alla sua<br />
missione. Tale missione configura il <strong>di</strong>ritto e insieme il dovere <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> <strong>di</strong> elaborare una propria<br />
dottrina sociale e <strong>di</strong> incidere con essa sulla società e sulle sue strutture, me<strong>di</strong>ante le responsabilità e<br />
i compiti che questa dottrina suscita. <strong>La</strong> <strong>Chiesa</strong> ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere per l’uomo maestra <strong>di</strong> verità<br />
<strong>della</strong> fede: <strong>della</strong> verità non solo del dogma, ma anche <strong>della</strong> morale che scaturisce dalla stessa<br />
natura umana e dal Vangelo. <strong>La</strong> parola del Vangelo, infatti, non va solo ascoltata, ma anche messa<br />
in pratica. Questo <strong>di</strong>ritto è nel contempo un dovere, perché la <strong>Chiesa</strong> non vi può rinunciare senza<br />
smentire se stessa e la sua fedeltà a Cristo: «Guai a me se non pre<strong>di</strong>cassi il vangelo!» (1 Cor 9,16).<br />
Per la rilevanza pubblica del Vangelo e <strong>della</strong> fede e per gli effetti perversi dell’ingiustizia, cioè del<br />
peccato, la <strong>Chiesa</strong> non può restare in<strong>di</strong>fferente alle vicende sociali: «è compito <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong><br />
annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l’or<strong>di</strong>ne sociale, e così pure<br />
corso <strong>di</strong> “Teologia <strong>della</strong> vita cristiana” - Sac. Modesto Bravaccino -
Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.2<br />
pronunciare il giu<strong>di</strong>zio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i <strong>di</strong>ritti fondamentali <strong>della</strong><br />
persona umana o la salvezza delle anime».<br />
Natura teologico-morale <strong>della</strong> <strong>Dottrina</strong> <strong>Sociale</strong>.<br />
Nel Compen<strong>di</strong>o al n. 72 si scrive quanto segue: <strong>La</strong> dottrina sociale non è stata pensata da principio<br />
come un sistema organico, ma si è formata nel corso del tempo, attraverso i numerosi interventi del<br />
Magistero sui temi sociali. Tale genesi rende comprensibile il fatto che siano potute intervenire<br />
alcune oscillazioni circa la natura, il metodo e la struttura epistemologica <strong>della</strong> dottrina sociale <strong>della</strong><br />
<strong>Chiesa</strong>. Preceduto da un significativo accenno nella «<strong>La</strong>borem exercens», un chiarimento decisivo<br />
in tal senso è contenuto nell’enciclica «Sollicitudo rei socialis» <strong>di</strong> Giovanni Paolo II: la dottrina<br />
sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> «appartiene... non al campo dell’ideologia, ma <strong>della</strong> teologia e specialmente<br />
<strong>della</strong> teologia morale» (Sollecitudo Rei Socialis n.41). Essa non è definibile secondo parametri<br />
socio-economici. Non è un sistema ideologico o prammatico, teso a definire e comporre i rapporti<br />
economici, politici e sociali, ma una categoria a sé: essa è «l’accurata formulazione dei risultati <strong>di</strong><br />
un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto<br />
internazionale, alla luce <strong>della</strong> fede e <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione ecclesiale. Suo scopo principale è <strong>di</strong><br />
interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o <strong>di</strong>fformità con le linee dell’insegnamento del<br />
Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quin<strong>di</strong>, il<br />
comportamento cristiano» (Sollecitudo Rei Socialis n.41). Al n. 73 poi si chiarisce: <strong>La</strong> dottrina<br />
sociale, pertanto, è <strong>di</strong> natura teologica, e specificamente teologico-morale, «trattandosi <strong>di</strong> una<br />
dottrina in<strong>di</strong>rizzata a guidare la condotta delle persone»: «Essa si situa all’incrocio <strong>della</strong> vita e <strong>della</strong><br />
coscienza cristiana con le situazioni del mondo e si manifesta negli sforzi che singoli, famiglie,<br />
operatori culturali e sociali, politici e uomini <strong>di</strong> Stato mettono in atto per darle forma e applicazione<br />
nella storia». <strong>La</strong> dottrina sociale riflette, <strong>di</strong> fatto, i tre livelli dell’insegnamento teologico-morale:<br />
quello fondativo delle motivazioni; quello <strong>di</strong>rettivo delle norme del vivere sociale; quello<br />
deliberativo delle coscienze, chiamate a me<strong>di</strong>are le norme oggettive e generali nelle concrete e<br />
particolari situazioni sociali. Questi tre livelli definiscono implicitamente anche il metodo proprio e<br />
la specifica struttura epistemologica <strong>della</strong> dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>.<br />
I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA<br />
Premessa.<br />
I principi permanenti <strong>della</strong> dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> costituiscono i veri e propri car<strong>di</strong>ni<br />
dell’insegnamento sociale cattolico: si tratta del principio <strong>della</strong> <strong>di</strong>gnità <strong>della</strong> persona umana, nel<br />
quale ogni altro principio e contenuto <strong>della</strong> dottrina sociale trova fondamento, del bene comune,<br />
<strong>della</strong> sussi<strong>di</strong>arietà e <strong>della</strong> solidarietà. Questi principi hanno un carattere generale e fondamentale,<br />
poiché riguardano la realtà sociale nel suo complesso: dalle relazioni interpersonali caratterizzate<br />
da prossimità ed imme<strong>di</strong>atezza a quelle me<strong>di</strong>ate dalla politica, dall’economia e dal <strong>di</strong>ritto; dalle<br />
relazioni tra comunità o gruppi ai rapporti tra i popoli e le Nazioni. Per la loro permanenza nel<br />
tempo ed universalità <strong>di</strong> significato, la <strong>Chiesa</strong> li in<strong>di</strong>ca come il primo e fondamentale parametro <strong>di</strong><br />
riferimento per l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali, necessario perché vi si<br />
possono attingere i criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento e <strong>di</strong> guida dell’agire sociale, in ogni ambito. Tali<br />
principi hanno un significato profondamente morale perché rinviano ai fondamenti ultimi e<br />
or<strong>di</strong>natori <strong>della</strong> vita sociale. Per una loro piena comprensione, occorre agire nella loro <strong>di</strong>rezione,<br />
sulla via dello sviluppo da essi in<strong>di</strong>cato per una vita degna dell’uomo. L’esigenza morale insita nei<br />
gran<strong>di</strong> principi sociali riguarda sia l’agire personale dei singoli, in quanto primi ed insostituibili<br />
soggetti responsabili <strong>della</strong> vita sociale ad ogni livello, sia, al tempo stesso, le istituzioni,<br />
rappresentate da leggi, norme <strong>di</strong> costume e strutture civili, a causa <strong>della</strong> loro capacità <strong>di</strong> influenzare<br />
e con<strong>di</strong>zionare le scelte <strong>di</strong> molti e per molto tempo. I principi ricordano, infatti, che la società<br />
storicamente esistente scaturisce dall’intrecciarsi delle libertà <strong>di</strong> tutte le persone che in essa<br />
interagiscono, contribuendo, me<strong>di</strong>ante le loro scelte, ad e<strong>di</strong>ficarla o ad impoverirla.<br />
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Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.3<br />
Ecco perché nella prima parte al capitolo IV del Compen<strong>di</strong>o <strong>della</strong> dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong><br />
troviamo i seguenti principi e valori fondamentali a cui la stessa si richiama nella sua riflessione<br />
teologico-morale:<br />
- Il principio del Bene comune<br />
- <strong>La</strong> destinazione universale dei Beni<br />
- Il principio <strong>di</strong> Sussi<strong>di</strong>arietà<br />
- <strong>La</strong> partecipazione<br />
- Il principio <strong>di</strong> solidarietà<br />
- I valori fondamentali <strong>della</strong> vita sociale: verità, libertà, giustizia<br />
- <strong>La</strong> via <strong>della</strong> Carità.<br />
<strong>La</strong> <strong>di</strong>gnità <strong>della</strong> persona umana: il principio personalista.<br />
Premessa in<strong>di</strong>spensabile ad ogni <strong>di</strong>scorso sui principi e sui valori è il principio personalista, cioè la<br />
salvaguar<strong>di</strong>a <strong>della</strong> <strong>di</strong>gnità <strong>della</strong> persona umana; infatti nella Gau<strong>di</strong>um et Spes al n.26 troviamo una<br />
significativa descrizione che partendo dalla legittima aspirazione al Bene Comune richiama a questa<br />
fondamentale e imprescin<strong>di</strong>bile con<strong>di</strong>zione previa: «Ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e<br />
delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell’intera famiglia umana.<br />
Contemporaneamente cresce la coscienza dell’eminente <strong>di</strong>gnità <strong>della</strong> persona umana, superiore a<br />
tutte le cose e i cui <strong>di</strong>ritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso<br />
accessibile all’uomo tutto ciò <strong>di</strong> cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il<br />
vitto, il vestito, l’abitazione, il <strong>di</strong>ritto a scegliersi liberamente lo stato <strong>di</strong> vita e a fondare una<br />
famiglia, il <strong>di</strong>ritto all’educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla necessaria<br />
informazione, alla possibilità <strong>di</strong> agire secondo il retto dettato <strong>della</strong> sua coscienza, alla salvaguar<strong>di</strong>a<br />
<strong>della</strong> vita privata e alla giusta libertà anche in campo religioso. L’or<strong>di</strong>ne sociale pertanto e il suo<br />
progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l’or<strong>di</strong>ne delle cose deve<br />
essere subor<strong>di</strong>nato all’or<strong>di</strong>ne delle persone e non l’inverso, secondo quanto suggerisce il Signore<br />
stesso quando <strong>di</strong>ce che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Quell’or<strong>di</strong>ne è da<br />
sviluppare sempre più, deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere vivificato<br />
dall’amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella libertà. Per raggiungere tale scopo<br />
bisogna lavorare al rinnovamento <strong>della</strong> mentalità e intraprendere profon<strong>di</strong> mutamenti <strong>della</strong> società.<br />
Lo Spirito <strong>di</strong> Dio, che con mirabile provvidenza <strong>di</strong>rige il corso dei tempi e rinnova la faccia <strong>della</strong><br />
terra, è presente a questa evoluzione. Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell’uomo<br />
questa irrefrenabile esigenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità».<br />
a) Definizione <strong>di</strong> Bene Comune.<br />
Chiarito che prima <strong>di</strong> tutto viene ciò che garantisce la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> ogni singola persona, possiamo<br />
determinare il significato e le principali implicazioni del concetto <strong>di</strong> Bene Comune. Secondo la<br />
dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> Cattolica per Bene Comune s’intende «l’insieme <strong>di</strong> quelle<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>della</strong> vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, <strong>di</strong><br />
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» (Gau<strong>di</strong>um et Spes 26).<br />
- Il bene comune non è la somma <strong>di</strong> beni particolari: Di conseguenza «il bene comune non<br />
consiste nella semplice somma dei beni particolari <strong>di</strong> ciascun soggetto del corpo sociale;<br />
essendo il bene <strong>di</strong> tutti e <strong>di</strong> ciascuno è e rimane comune, perché in<strong>di</strong>visibile e perché soltanto<br />
insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custo<strong>di</strong>rlo, anche in vista del futuro. Come<br />
l’agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l’agire sociale giunge a pienezza<br />
realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la <strong>di</strong>mensione<br />
sociale e comunitaria del bene morale» (Compen<strong>di</strong>o n.164). Al n. 165 del Compen<strong>di</strong>o <strong>della</strong><br />
<strong>Dottrina</strong> sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> troviamo scritto quanto segue: «<strong>La</strong> persona non può trovare<br />
compimento solo in se stessa, a prescindere cioè dal suo essere “con” e “per” gli altri. Tale<br />
verità le impone non una semplice convivenza ai vari livelli <strong>della</strong> vita sociale e relazionale, ma<br />
la ricerca senza posa, in forma pratica e non soltanto ideale, del bene ovvero del senso e <strong>della</strong><br />
verità rintracciabili nelle forme <strong>di</strong> vita sociale esistenti. Nessuna forma espressiva <strong>della</strong><br />
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socialità - dalla famiglia, al gruppo sociale interme<strong>di</strong>o, all’associazione, all’impresa <strong>di</strong> carattere<br />
economico, alla città, alla regione, allo Stato, fino alla comunità dei popoli e delle Nazioni -<br />
può eludere l’interrogativo circa il proprio bene comune, che è costitutivo del suo significato e<br />
autentica ragion d’essere <strong>della</strong> sua stessa sussistenza».<br />
- Le esigenze del bene comune: Le esigenze del bene comune, allora, derivano dalle con<strong>di</strong>zioni<br />
sociali <strong>di</strong> ogni epoca e sono strettamente connesse al rispetto e alla promozione integrale <strong>della</strong><br />
persona e dei suoi <strong>di</strong>ritti fondamentali. Secondo il Compen<strong>di</strong>o per la <strong>Dottrina</strong> <strong>Sociale</strong> <strong>della</strong><br />
<strong>Chiesa</strong> tali esigenze riguardano anzitutto: l’impegno per la pace, l’organizzazione dei poteri<br />
dello Stato, un solido or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co, la salvaguar<strong>di</strong>a dell’ambiente, la prestazione <strong>di</strong><br />
quei servizi essenziali delle persone, alcuni dei quali sono al tempo stesso <strong>di</strong>ritti dell’uomo:<br />
alimentazione, abitazione, lavoro, educazione e accesso alla cultura, trasporti, salute, libera<br />
circolazione delle informazioni e tutela <strong>della</strong> libertà religiosa. (cfr. il Compen<strong>di</strong>o al n. 166)<br />
- <strong>La</strong> responsabilità <strong>di</strong> ciascuno: Il bene comune quin<strong>di</strong> impegna tutti i membri <strong>della</strong> società:<br />
nessuno è esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al<br />
suo sviluppo. Ecco allora che il bene comune esige <strong>di</strong> essere servito pienamente, non secondo<br />
visioni riduttive subor<strong>di</strong>nate ai vantaggi <strong>di</strong> parte che se ne possono ricavare, ma in base a una<br />
logica che tende alla più larga assunzione <strong>di</strong> responsabilità. Il bene comune è conseguente alle<br />
più elevate inclinazioni dell’uomo, ma è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la<br />
capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio.<br />
- Tutti hanno <strong>di</strong>ritto al bene comune: Tutti hanno anche il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> fruire delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita<br />
sociale che risultano dalla ricerca del bene comune. Suona ancora attuale l’insegnamento <strong>di</strong> Pio<br />
XI: «Bisogna procurare che la <strong>di</strong>stribuzione dei beni creati, la quale ognuno vede quanto ora sia<br />
causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, per il grande squilibrio fra i pochi straricchi e gli innumerevoli in<strong>di</strong>genti,<br />
venga ricondotta alla conformità con le norme del bene comune e <strong>della</strong> giustizia sociale»<br />
(enciclica Quadragesimo anno).<br />
- <strong>La</strong> responsabilità dello Stato: <strong>La</strong> responsabilità <strong>di</strong> conseguire il bene comune compete, oltre<br />
che alle singole persone, anche allo Stato, poiché il bene comune è la ragion d’essere<br />
dell’autorità politica (cfr. Compen<strong>di</strong>o n.168). Lo Stato, infatti, deve garantire coesione,<br />
unitarietà e organizzazione alla società civile <strong>di</strong> cui è espressione, in modo che il bene comune<br />
possa essere conseguito con il contributo <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni. L’uomo singolo, la famiglia, i corpi<br />
interme<strong>di</strong> non sono in grado <strong>di</strong> pervenire da se stessi al loro pieno sviluppo; da ciò deriva la<br />
necessità <strong>di</strong> istituzioni politiche, la cui finalità è quella <strong>di</strong> rendere accessibili alle persone i beni<br />
necessari — materiali, culturali, morali, spirituali — per condurre una vita veramente umana. Il<br />
fine <strong>della</strong> vita sociale è il bene comune storicamente realizzabile. Il Magistero <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong><br />
sottolinea poi che: «Per assicurare il bene comune, il governo <strong>di</strong> ogni Paese ha il compito<br />
specifico <strong>di</strong> armonizzare con giustizia i <strong>di</strong>versi interessi settoriali» (Compen<strong>di</strong>o n.169, cfr.<br />
CCC, 1908). <strong>La</strong> corretta conciliazione dei beni particolari <strong>di</strong> gruppi e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui è una delle<br />
funzioni più delicate del potere pubblico. Non va <strong>di</strong>menticato, inoltre, che nello Stato<br />
democratico, in cui le decisioni sono solitamente assunte a maggioranza dai rappresentanti<br />
<strong>della</strong> volontà popolare, coloro ai quali compete la responsabilità <strong>di</strong> governo sono tenuti ad<br />
interpretare il bene comune del loro Paese non soltanto secondo gli orientamenti <strong>della</strong><br />
maggioranza, ma nella prospettiva del bene effettivo <strong>di</strong> tutti i membri <strong>della</strong> comunità civile,<br />
compresi quelli in posizione <strong>di</strong> minoranza.<br />
b) <strong>La</strong> destinazione universale dei beni<br />
Tra le molteplici implicazioni del bene comune, imme<strong>di</strong>ato rilievo assume il principio <strong>della</strong><br />
destinazione universale dei beni: «Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa è<br />
contenuto all’uso <strong>di</strong> tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire a tutti con<br />
equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la carità» (GS, n.69). Secondo<br />
Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Centesimus annus tale principio si basa sul fatto che<br />
«la prima origine <strong>di</strong> tutto ciò che è bene è l’atto stesso <strong>di</strong> Dio che ha creato la terra e l’uomo, ed<br />
all’uomo ha dato la terra perché la domini col suo lavoro e ne goda i frutti (cfr. Gen 1,28-29).<br />
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Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.5<br />
Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza<br />
escludere né privilegiare nessuno. È qui la ra<strong>di</strong>ce dell’universale destinazione dei beni <strong>della</strong><br />
terra. Questa, in ragione <strong>della</strong> sua stessa fecon<strong>di</strong>tà e capacità <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i bisogni dell’uomo,<br />
è il primo dono <strong>di</strong> Dio per il sostentamento <strong>della</strong> vita umana». (n. 31). <strong>La</strong> persona, infatti, non<br />
può fare a meno dei beni materiali che rispondono ai suoi bisogni primari e costituiscono le<br />
con<strong>di</strong>zioni basilari per la sua esistenza; questi beni le sono assolutamente in<strong>di</strong>spensabili per<br />
alimentarsi e crescere, per comunicare, per associarsi e per poter conseguire le più alte finalità<br />
cui è chiamata. Il principio <strong>della</strong> destinazione universale dei beni <strong>della</strong> terra è alla base del<br />
<strong>di</strong>ritto universale all’uso dei beni. Ogni uomo deve avere la possibilità <strong>di</strong> usufruire del<br />
benessere necessario al suo pieno sviluppo: il principio dell’uso comune dei beni è il “primo<br />
principio <strong>di</strong> tutto l’or<strong>di</strong>namento etico-sociale” e “principio tipico <strong>della</strong> dottrina sociale<br />
cristiana”. Per questa ragione la <strong>Chiesa</strong> ha ritenuto doveroso precisarne la natura e le<br />
caratteristiche. Si tratta innanzi tutto <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto naturale, inscritto nella natura dell’uomo, e<br />
non <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto solo positivo, legato alla contingenza storica; inoltre, tale <strong>di</strong>ritto è<br />
“originario”. Esso inerisce alla singola persona, ad ogni persona, ed è prioritario rispetto a<br />
qualunque intervento umano sui beni, a qualunque or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co degli stessi, a<br />
qualunque sistema e metodo economico-sociale; commenta Paolo VI nella Populorum<br />
progressio: «Tutti gli altri <strong>di</strong>ritti, <strong>di</strong> qualunque genere, ivi compresi quelli <strong>della</strong> proprietà e del<br />
libero commercio, sono subor<strong>di</strong>nati ad essa [destinazione universale dei beni]: non devono<br />
quin<strong>di</strong> intralciarne, bensì al contrario facilitarne la realizzazione, ed è un dovere sociale grave e<br />
urgente restituirli alla loro finalità originaria» (n.22).<br />
c) Il principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà<br />
<strong>La</strong> sussi<strong>di</strong>arietà è tra le più costanti e caratteristiche <strong>di</strong>rettive <strong>della</strong> dottrina sociale <strong>della</strong><br />
<strong>Chiesa</strong>, presente fin dalla prima grande enciclica sociale. È impossibile promuovere la <strong>di</strong>gnità<br />
<strong>della</strong> persona se non prendendosi cura <strong>della</strong> famiglia, dei gruppi, delle associazioni, delle realtà<br />
territoriali locali, in breve, <strong>di</strong> quelle espressioni aggregative <strong>di</strong> tipo economico, sociale,<br />
culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno<br />
spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale. È questo<br />
l’ambito <strong>della</strong> società civile, intesa come l’insieme dei rapporti tra in<strong>di</strong>vidui e tra società<br />
interme<strong>di</strong>e, che si realizzano in forma originaria e grazie alla « soggettività creativa del<br />
citta<strong>di</strong>no».(Sollecitudo Rei socialis <strong>di</strong> Giovanni Paolo II al n.15) <strong>La</strong> rete <strong>di</strong> questi rapporti<br />
innerva il tessuto sociale e costituisce la base <strong>di</strong> una vera comunità <strong>di</strong> persone, rendendo<br />
possibile il riconoscimento <strong>di</strong> forme più elevate <strong>di</strong> socialità.<br />
L’esigenza <strong>di</strong> tutelare e <strong>di</strong> promuovere le espressioni originarie <strong>della</strong> socialità è sottolineata<br />
dalla <strong>Chiesa</strong> nell’enciclica «Quadragesimo anno», nella quale il principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà è<br />
in<strong>di</strong>cato come principio importantissimo <strong>della</strong> «filosofia sociale»: «Siccome è illecito togliere<br />
agli in<strong>di</strong>vidui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla<br />
comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e<br />
inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del<br />
retto or<strong>di</strong>ne <strong>della</strong> società; perché l’oggetto naturale <strong>di</strong> qualsiasi intervento <strong>della</strong> società stessa è<br />
quello <strong>di</strong> aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già <strong>di</strong>struggerle e<br />
assorbirle».<br />
In base a tale principio, tutte le società <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore devono porsi in atteggiamento <strong>di</strong><br />
aiuto (« subsi<strong>di</strong>um ») — quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> sostegno, promozione, sviluppo — rispetto alle minori. In tal<br />
modo, i corpi sociali interme<strong>di</strong> possono adeguatamente svolgere le funzioni che loro<br />
competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali <strong>di</strong> livello<br />
superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine,<br />
<strong>di</strong>gnità propria e spazio vitale. Alla sussi<strong>di</strong>arietà intesa in senso positivo, come aiuto<br />
economico, istituzionale, legislativo offerto alle entità sociali più piccole, corrisponde una serie<br />
<strong>di</strong> implicazioni in negativo, che impongono allo Stato <strong>di</strong> astenersi da quanto restringerebbe, <strong>di</strong><br />
fatto, lo spazio vitale delle cellule minori ed essenziali <strong>della</strong> società. <strong>La</strong> loro iniziativa, libertà e<br />
corso <strong>di</strong> “Teologia <strong>della</strong> vita cristiana” - Sac. Modesto Bravaccino -
Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.6<br />
responsabilità non devono essere soppiantate. Il principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà protegge le persone<br />
dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiutare i singoli in<strong>di</strong>vidui<br />
e i corpi interme<strong>di</strong> a sviluppare i loro compiti. Questo principio si impone perché ogni<br />
persona, famiglia e corpo interme<strong>di</strong>o ha qualcosa <strong>di</strong> originale da offrire alla comunità.<br />
d) <strong>La</strong> partecipazione<br />
Caratteristica conseguenza <strong>della</strong> sussi<strong>di</strong>arietà è la partecipazione, che si esprime,<br />
essenzialmente, in una serie <strong>di</strong> attività me<strong>di</strong>ante le quali il citta<strong>di</strong>no, come singolo o in<br />
associazione con altri, <strong>di</strong>rettamente o a mezzo <strong>di</strong> propri rappresentanti, contribuisce alla vita<br />
culturale, economica, sociale e politica <strong>della</strong> comunità civile cui appartiene. <strong>La</strong> partecipazione<br />
è un dovere da esercitare consapevolmente da parte <strong>di</strong> tutti, in modo responsabile e in vista del<br />
bene comune. Essa non può essere delimitata o ristretta a qualche contenuto particolare <strong>della</strong><br />
vita sociale, data la sua importanza per la crescita, innanzi tutto umana, in ambiti quali il<br />
mondo del lavoro e le attività economiche nelle loro <strong>di</strong>namiche interne, l’informazione e la<br />
cultura e, in massimo grado, la vita sociale e politica fino ai livelli più alti, quali sono quelli da<br />
cui <strong>di</strong>pende la collaborazione <strong>di</strong> tutti i popoli per l’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> una comunità internazionale<br />
solidale. In tale prospettiva, <strong>di</strong>venta imprescin<strong>di</strong>bile l’esigenza <strong>di</strong> favorire la partecipazione<br />
soprattutto dei più svantaggiati e l’alternanza dei <strong>di</strong>rigenti politici, al fine <strong>di</strong> evitare che si<br />
instaurino privilegi occulti; è necessaria inoltre una forte tensione morale, affinché la gestione<br />
<strong>della</strong> vita pubblica sia il frutto <strong>della</strong> corresponsabilità <strong>di</strong> ognuno nei confronti del bene comune.<br />
<strong>La</strong> partecipazione alla vita comunitaria non è soltanto una delle maggiori aspirazioni del<br />
citta<strong>di</strong>no, chiamato ad esercitare liberamente e responsabilmente il proprio ruolo civico con e<br />
per gli altri, ma anche uno dei pilastri <strong>di</strong> tutti gli or<strong>di</strong>namenti democratici, oltre che una delle<br />
maggiori garanzie <strong>di</strong> permanenza <strong>della</strong> democrazia. Il governo democratico, infatti, è definito<br />
a partire dall’attribuzione, da parte del popolo, <strong>di</strong> poteri e funzioni, che vengono esercitati a suo<br />
nome, per suo conto e a suo favore; è evidente, dunque, che ogni democrazia deve essere<br />
partecipativa. Ciò comporta che i vari soggetti <strong>della</strong> comunità civile, ad ogni suo livello, siano<br />
informati, ascoltati e coinvolti nell’esercizio delle funzioni che essa svolge.<br />
e) Il principio <strong>di</strong> solidarietà.<br />
Il principio <strong>di</strong> solidarietà è quel forte legame <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza che dà valore alla socialità e<br />
che lega ogni persona umana al contesto <strong>di</strong> appartenenza. Tale principio ha a che fare con quel<br />
vincolo particolare che spinge ciascun in<strong>di</strong>viduo verso una sempre più convinta unità degli<br />
uomini e dei popoli, riconosciuti come uguali in <strong>di</strong>gnità e <strong>di</strong>ritti. Il termine solidarietà si fa<br />
risalire all’espressione in solidum, presente nel <strong>di</strong>ritto romano; con essa si intendeva uno<br />
speciale vincolo giuri<strong>di</strong>co, l’obbligazione solidale, appunto, che legava ciascuno dei contraenti<br />
a rispondere per l’intero e non solo per la propria parte. <strong>La</strong> <strong>Dottrina</strong> <strong>Sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> ha<br />
elaborato il concetto <strong>di</strong> tale principio; elementi costitutivi sono l’inter<strong>di</strong>pendenza e la<br />
sussi<strong>di</strong>arietà.<br />
Il Magistero, nel sottolineare quanto la socializzazione sia il valore portante dell’umano<br />
associarsi, ha sempre valorizzato anche l’inter<strong>di</strong>pendenza come uno dei legami più forti <strong>della</strong><br />
coesione sociale. Nel mondo moderno, grazie al rapi<strong>di</strong>ssimo moltiplicarsi dei mezzi <strong>di</strong><br />
comunicazione e all’intensificarsi dei rapporti tra gli uomini e i popoli, l’inter<strong>di</strong>pendenza ha<br />
finito per interessare tutti i settori <strong>della</strong> vita politica, economica, culturale, sociale, religiosa.<br />
Tale fenomeno non ha tuttavia abolito le <strong>di</strong>suguaglianze che ancora permangono tra popoli e<br />
uomini. <strong>La</strong> <strong>Dottrina</strong> sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> esorta perciò ad accompagnare l’ampliarsi<br />
dell’inter<strong>di</strong>pendenza con un intenso impegno sul piano etico -sociale per risolvere le situazioni<br />
<strong>di</strong> ingiustizia che determinano ancora oggi squilibri tra Paesi sviluppati e Paesi in via <strong>di</strong><br />
sviluppo. L’inter<strong>di</strong>pendenza dunque sta a fondamento del principio <strong>di</strong> solidarietà come afferma<br />
anche la Sollicitudo Rei Socialis: «Quando l’inter<strong>di</strong>pendenza viene così riconosciuta, la<br />
correlativa risposta, come atteggiamento morale e sociale, come “virtù”, è la solidarietà.<br />
Questa, dunque, non è un sentimento <strong>di</strong> vaga compassione o <strong>di</strong> superficiale intenerimento per i<br />
corso <strong>di</strong> “Teologia <strong>della</strong> vita cristiana” - Sac. Modesto Bravaccino -
Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.7<br />
mali <strong>di</strong> tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante<br />
<strong>di</strong> impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene <strong>di</strong> tutti e <strong>di</strong> ciascuno, perché tutti siamo<br />
veramente responsabili <strong>di</strong> tutti» (n.38)<br />
In questa enciclica il principio <strong>di</strong> solidarietà viene definito una virtù umana e cristiana. <strong>La</strong><br />
percezione <strong>della</strong> vicendevole <strong>di</strong>pendenza porta ogni singolo a sentirsi eticamente responsabile<br />
del bene dell’altro. A questo principio etico si dà il nome <strong>di</strong> solidarietà; prima <strong>di</strong> essere un<br />
comportamento è un atteggiamento morale, una virtù appunto. Le virtù hanno tutte una forte<br />
componente relazionale perché per esercitarle si ha bisogno dell’altro. <strong>La</strong> generosità, il<br />
coraggio, la saggezza, per potersi evidenziare hanno bisogno <strong>di</strong> entrare in una relazione. <strong>La</strong><br />
solidarietà è la virtù <strong>di</strong> impegnarsi e <strong>di</strong> perseverare per il bene comune.<br />
All’interno del contesto sociale il principio <strong>di</strong> solidarietà prende corpo quando i singoli membri<br />
che lo compongono si rispettano, agiscono nell’osservanza <strong>della</strong> giustizia, partecipano in modo<br />
attivo e costruttivo alla vita politica, economica, culturale. Il principio <strong>di</strong> solidarietà porta infatti<br />
gli uomini a vivere correttamente i rapporti reciproci <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza. Sentirsi responsabili del<br />
bene dell’altro si coniuga con la consapevolezza che l’altro mi aiuterà in caso <strong>di</strong> bisogno.<br />
Il principio <strong>di</strong> solidarietà si compenetra anche con quello <strong>della</strong> sussi<strong>di</strong>arietà, poiché fa appello<br />
alla capacità degli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> andare incontro ai bisogni <strong>della</strong> collettività e dei singoli attuando<br />
strategie <strong>di</strong> intervento autonome e peculiari.<br />
f) I valori fondamentali <strong>della</strong> vita sociale<br />
<strong>La</strong> dottrina sociale <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, oltre ai principi che devono presiedere all’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> una<br />
società degna dell’uomo, in<strong>di</strong>ca anche dei valori fondamentali. Il rapporto tra principi e valori<br />
è indubbiamente <strong>di</strong> reciprocità, in quanto i valori sociali esprimono l’apprezzamento da<br />
attribuire a quei determinati aspetti del bene morale che i principi intendono conseguire,<br />
offrendosi come punti <strong>di</strong> riferimento per l’opportuna strutturazione e la conduzione or<strong>di</strong>nata<br />
<strong>della</strong> vita sociale. I valori richiedono, pertanto, sia la pratica dei principi fondamentali <strong>della</strong> vita<br />
sociale, sia l’esercizio personale delle virtù, e quin<strong>di</strong> degli atteggiamenti morali corrispondenti<br />
ai valori stessi. Tutti i valori sociali sono inerenti alla <strong>di</strong>gnità <strong>della</strong> persona umana, <strong>della</strong> quale<br />
favoriscono l’autentico sviluppo, e sono, essenzialmente: la verità, la libertà, la giustizia,<br />
l’amore. <strong>La</strong> loro pratica è via sicura e necessaria per raggiungere il perfezionamento personale<br />
e una convivenza sociale più umana; essi costituiscono l’imprescin<strong>di</strong>bile riferimento per i<br />
responsabili <strong>della</strong> cosa pubblica, chiamati ad attuare «le riforme sostanziali delle strutture<br />
economiche, politiche, culturali e tecnologiche e i necessari cambiamenti nelle istituzioni».<br />
- <strong>La</strong> verità: Gli uomini sono tenuti in modo particolare a tendere <strong>di</strong> continuo alla verità, a<br />
rispettarla e ad attestarla responsabilmente (Compen<strong>di</strong>o n.198).<br />
- <strong>La</strong> libertà: <strong>La</strong> libertà è nell’uomo segno altissimo dell’immagine <strong>di</strong>vina e, <strong>di</strong> conseguenza,<br />
segno <strong>della</strong> sublime <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> ogni persona umana (Compen<strong>di</strong>o n.199).<br />
- <strong>La</strong> giustizia: <strong>La</strong> giustizia è un valore, che si accompagna all’esercizio <strong>della</strong> corrispondente<br />
virtù morale car<strong>di</strong>nale. (Compen<strong>di</strong>o n.202) Secondo la sua più classica formulazione, «essa<br />
consiste nella costante e ferma volontà <strong>di</strong> dare a Dio e al prossimo ciò che è loro<br />
dovuto».Dal punto <strong>di</strong> vista soggettivo la giustizia si traduce nell’atteggiamento determinato<br />
dalla volontà <strong>di</strong> riconoscere l’altro come persona, mentre, dal punto <strong>di</strong> vista oggettivo, essa<br />
costituisce il criterio determinante <strong>della</strong> moralità nell’ambito inter-soggettivo e sociale. Il<br />
Magistero sociale richiama al rispetto delle forme classiche <strong>della</strong> giustizia: quella<br />
commutativa, quella <strong>di</strong>stributiva, quella legale. Un rilievo sempre maggiore ha in esso<br />
acquisito la giustizia sociale, che rappresenta un vero e proprio sviluppo <strong>della</strong> giustizia<br />
generale, regolatrice dei rapporti sociali in base al criterio dell’osservanza <strong>della</strong> legge.<br />
g) <strong>La</strong> via <strong>della</strong> carità.<br />
Tra le virtù nel loro complesso, e in particolare tra virtù, valori sociali e carità, sussiste un<br />
profondo legame, che deve essere sempre più accuratamente riconosciuto. <strong>La</strong> carità, ristretta<br />
corso <strong>di</strong> “Teologia <strong>della</strong> vita cristiana” - Sac. Modesto Bravaccino -
Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.8<br />
spesso all’ambito delle relazioni <strong>di</strong> prossimità, o limitata agli aspetti soltanto soggettivi<br />
dell’agire per l’altro, deve essere riconsiderata nella sua autentica valenza <strong>di</strong> criterio supremo e<br />
universale dell’intera etica sociale. Tra tutte le vie, anche quelle ricercate e percorse per<br />
affrontare le forme sempre nuove dell’attuale questione sociale, la «migliore <strong>di</strong> tutte» (1 Cor<br />
12,31) è la via tracciata dalla carità.<br />
I valori <strong>della</strong> verità, <strong>della</strong> giustizia, <strong>della</strong> libertà nascono e si sviluppano dalla sorgente<br />
interiore <strong>della</strong> carità: la convivenza umana è or<strong>di</strong>nata, feconda <strong>di</strong> bene e rispondente alla<br />
<strong>di</strong>gnità dell’uomo, quando si fonda sulla verità; si attua secondo giustizia, ossia nell’effettivo<br />
rispetto dei <strong>di</strong>ritti e nel leale adempimento dei rispettivi doveri; è attuata nella libertà che si<br />
ad<strong>di</strong>ce alla <strong>di</strong>gnità degli uomini, spinti dalla loro stessa natura razionale ad assumersi la<br />
responsabilità del proprio operare; è vivificata dall’amore, che fa sentire come propri i bisogni<br />
e le esigenze altrui e rende sempre più intense la comunione dei valori spirituali e la<br />
sollecitu<strong>di</strong>ne per le necessità materiali. Questi valori costituiscono dei pilastri dai quali riceve<br />
soli<strong>di</strong>tà e consistenza l’e<strong>di</strong>ficio del vivere e dell’operare: sono valori che determinano la qualità<br />
<strong>di</strong> ogni azione e istituzione sociale.<br />
Nessuna legislazione, nessun sistema <strong>di</strong> regole o <strong>di</strong> pattuizioni riusciranno a persuadere<br />
uomini e popoli a vivere nell’unità, nella fraternità e nella pace, nessuna argomentazione potrà<br />
superare l’appello <strong>della</strong> carità. Soltanto la carità, nella sua qualità <strong>di</strong> «forma virtutum», può<br />
animare e plasmare l’agire sociale in <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> pace nel contesto <strong>di</strong> un mondo sempre più<br />
complesso. Affinché tutto ciò avvenga, occorre però che si provveda a mostrare la carità non<br />
solo come ispiratrice dell’azione in<strong>di</strong>viduale, ma anche come forza capace <strong>di</strong> suscitare nuove<br />
vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno<br />
strutture, organizzazioni sociali, or<strong>di</strong>namenti giuri<strong>di</strong>ci. In questa prospettiva la carità <strong>di</strong>venta<br />
carità sociale e politica: la carità sociale ci fa amare il bene comune e fa cercare effettivamente<br />
il bene <strong>di</strong> tutte le persone, considerate non solo in<strong>di</strong>vidualmente, ma anche nella <strong>di</strong>mensione<br />
sociale che le unisce.<br />
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Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.9<br />
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE<br />
COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA<br />
INDICE GENERALE<br />
Sigle - Abbreviazioni bibliche - Lettera del Card. Angelo Sodano<br />
Presentazione<br />
INTRODUZIONE: UN UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE<br />
a) All’alba del terzo millennio<br />
b) Il significato del documento<br />
c) Al servizio <strong>della</strong> piena verità dell’uomo<br />
d) Nel segno <strong>della</strong> solidarietà, del rispetto e dell’amore<br />
PARTE PRIMA<br />
CAPITOLO PRIMO: IL DISEGNO DI AMORE DI DIO PER L’UMANITÀ<br />
I. L’AGIRE LIBERANTE DI DIO NELLA STORIA DI ISRAELE<br />
a) <strong>La</strong> prossimità gratuita <strong>di</strong> Dio<br />
b) Principio <strong>della</strong> creazione e agire gratuito <strong>di</strong> Dio<br />
II. GESÙ CRISTO COMPIMENTO DEL DISEGNO DI AMORE DEL PADRE<br />
a) In Gesù Cristo si compie l’evento decisivo <strong>della</strong> storia <strong>di</strong> Dio con gli uomini<br />
b) <strong>La</strong> rivelazione dell’Amore trinitario<br />
III. LA PERSONA UMANA NEL DISEGNO DI AMORE DI DIO<br />
a) L’Amore trinitario, origine e meta <strong>della</strong> persona umana<br />
b) <strong>La</strong> salvezza cristiana: per tutti gli uomini e <strong>di</strong> tutto l’uomo<br />
c) Il <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Cristo quale nuova creatura<br />
d) Trascendenza <strong>della</strong> salvezza e autonomia delle realtà terrene<br />
IV. DISEGNO DI DIO E MISSIONE DELLA CHIESA<br />
a) <strong>La</strong> <strong>Chiesa</strong>, segno e tutela <strong>della</strong> trascendenza <strong>della</strong> persona umana.<br />
b) <strong>Chiesa</strong>, Regno <strong>di</strong> Dio e rinnovamento dei rapporti sociali<br />
c) Cieli nuovi e terra nuova<br />
d) Maria e il Suo « fiat » al <strong>di</strong>segno d’amore <strong>di</strong> Dio<br />
CAPITOLO SECONDO: MISSIONE DELLA CHIESA E DOTTRINA SOCIALE<br />
I. EVANGELIZZAZIONE E DOTTRINA SOCIALE<br />
a) <strong>La</strong> <strong>Chiesa</strong>, <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Dio con gli uomini<br />
b) Fecondare e fermentare la società con il Vangelo<br />
c) <strong>Dottrina</strong> sociale, evangelizzazione e promozione umana<br />
d) Diritto e dovere <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong><br />
II. LA NATURA DELLA DOTTRINA SOCIALE<br />
a) Un conoscere illuminato dalla fede<br />
b) In <strong>di</strong>alogo cor<strong>di</strong>ale con ogni sapere<br />
c) Espressione del ministero d’insegnamento <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong><br />
d) Per una società riconciliata nella giustizia e nell’amore<br />
e) Un messaggio per i figli <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> e per l’umanità<br />
f) Nel segno <strong>della</strong> continuità e del rinnovamento<br />
III. LA DOTTRINA SOCIALE NEL NOSTRO TEMPO: CENNI STORICI<br />
a) L’avvio <strong>di</strong> un nuovo cammino<br />
b) Dalla « Rerum novarum » ai nostri giorni<br />
c) Nella luce e sotto l’impulso del Vangelo<br />
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Lezioni per il <strong>PUF</strong> decanale 2012/13 – “DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”- p.10<br />
CAPITOLO TERZO: LA PERSONA UMANA E I SUOI DIRITTI<br />
I. DOTTRINA SOCIALE E PRINCIPIO PERSONALISTA<br />
II. LA PERSONA UMANA « IMAGO DEI »<br />
a) Creatura ad immagine <strong>di</strong> Dio<br />
b) Il dramma del peccato<br />
c) Universalità del peccato e universalità <strong>della</strong> salvezza<br />
III. LA PERSONA UMANA E I SUOI MOLTI PROFILI<br />
A. L’unità <strong>della</strong> persona<br />
B. Apertura alla trascendenza e unicità <strong>della</strong> persona<br />
a) Aperta alla trascendenza<br />
b) Unica e irripetibile<br />
c) Il rispetto <strong>della</strong> <strong>di</strong>gnità umana<br />
C. <strong>La</strong> libertà <strong>della</strong> persona<br />
a) Valore e limiti <strong>della</strong> libertà<br />
b) Il vincolo <strong>della</strong> libertà con la verità e la legge naturale<br />
D. L’uguaglianza in <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> tutte le persone<br />
E. <strong>La</strong> socialità umana<br />
IV. I DIRITTI UMANI<br />
a) Il valore dei <strong>di</strong>ritti umani<br />
b) <strong>La</strong> specificazione dei <strong>di</strong>ritti<br />
c) Diritti e doveri<br />
d) Diritti dei popoli e delle Nazioni<br />
e) Colmare la <strong>di</strong>stanza tra lettera e spirito<br />
CAPITOLO QUARTO: I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA<br />
I. SIGNIFICATO E UNITÀ<br />
II. IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE<br />
a) Significato e principali implicazioni.<br />
b) <strong>La</strong> responsabilità <strong>di</strong> tutti per il bene comune<br />
c) I compiti <strong>della</strong> comunità politica<br />
III. LA DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI<br />
a) Origine e significato<br />
b) Destinazione universale dei beni e proprietà privata<br />
c) Destinazione universale dei beni e opzione preferenziale per i poveri<br />
IV. IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ<br />
a) Origine e significato<br />
b) In<strong>di</strong>cazioni concrete<br />
V. LA PARTECIPAZIONE<br />
a) Significato e valore<br />
b) Partecipazione e democrazia<br />
VI. IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ<br />
a) Significato e valore<br />
b) <strong>La</strong> solidarietà come principio sociale e come virtù morale<br />
c) Solidarietà e crescita comune degli uomini<br />
d) <strong>La</strong> solidarietà nella vita e nel messaggio <strong>di</strong> Gesù Cristo<br />
VII. I VALORI FONDAMENTALI DELLA VITA SOCIALE<br />
a) Rapporto tra principi e valori<br />
b) <strong>La</strong> verità<br />
c) <strong>La</strong> libertà<br />
d) <strong>La</strong> giustizia<br />
VIII. LA VIA DELLA CARITÀ<br />
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PARTE SECONDA<br />
CAPITOLO QUINTO: LA FAMIGLIA CELLULA VITALE DELLA SOCIETÀ<br />
I. LA FAMIGLIA PRIMA SOCIETÀ NATURALE<br />
a) L’importanza <strong>della</strong> famiglia per la persona<br />
b) L’importanza <strong>della</strong> famiglia per la società<br />
II. IL MATRIMONIO FONDAMENTO DELLA FAMIGLIA<br />
a) Il valore del matrimonio<br />
b) Il sacramento del matrimonio<br />
III. LA SOGGETTIVITÀ SOCIALE DELLA FAMIGLIA<br />
a) L’amore e la formazione <strong>di</strong> una comunità <strong>di</strong> persone<br />
b) <strong>La</strong> famiglia è il santuario <strong>della</strong> vita<br />
c) Il compito educativo<br />
d) Dignità e <strong>di</strong>ritti dei bambini<br />
IV. LA FAMIGLIA PROTAGONISTA DELLA VITA SOCIALE<br />
a) Solidarietà familiare<br />
b) Famiglia, vita economica e lavoro<br />
V. LA SOCIETÀ A SERVIZIO DELLA FAMIGLIA.<br />
CAPITOLO SESTO: IL LAVORO UMANO<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
a) Il compito <strong>di</strong> coltivare e custo<strong>di</strong>re la terra<br />
b) Gesù uomo del lavoro<br />
c) Il dovere <strong>di</strong> lavorare<br />
II. IL VALORE PROFETICO DELLA « RERUM NOVARUM »<br />
III. LA DIGNITÀ DEL LAVORO<br />
a) <strong>La</strong> <strong>di</strong>mensione soggettiva e oggettiva del lavoro<br />
b) I rapporti tra lavoro e capitale<br />
c) Il lavoro, titolo <strong>di</strong> partecipazione<br />
d) Rapporto tra lavoro e proprietà privata<br />
e) Il riposo festivo<br />
IV. IL DIRITTO AL LAVORO<br />
a) Il lavoro è necessario<br />
b) Il ruolo dello Stato e <strong>della</strong> società civile nella promozione del <strong>di</strong>ritto al lavoro<br />
c) <strong>La</strong> famiglia e il <strong>di</strong>ritto al lavoro<br />
d) Le donne e il <strong>di</strong>ritto al lavoro<br />
e) <strong>La</strong>voro minorile<br />
f) L’emigrazione e il lavoro<br />
g) Il mondo agricolo e il <strong>di</strong>ritto al lavoro<br />
V. DIRITTI DEI LAVORATORI<br />
a) Dignità dei lavoratori e rispetto dei loro <strong>di</strong>ritti<br />
b) Il <strong>di</strong>ritto all’equa remunerazione e <strong>di</strong>stribuzione del red<strong>di</strong>to<br />
c) Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sciopero<br />
VI. SOLIDARIETÀ TRA I LAVORATORI<br />
a) L’importanza dei sindacati<br />
b) Nuove forme <strong>di</strong> solidarietà<br />
VII. LE « RES NOVAE » DEL MONDO DEL LAVORO<br />
a) Una fase <strong>di</strong> transizione epocale<br />
b) <strong>Dottrina</strong> sociale e « res novae »<br />
CAPITOLO SETTIMO: LA VITA ECONOMICA<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
a) L’uomo, povertà e ricchezza<br />
b) <strong>La</strong> ricchezza esiste per essere con<strong>di</strong>visa<br />
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II. MORALE ED ECONOMIA<br />
III. INIZIATIVA PRIVATA E IMPRESA<br />
a) L’impresa e i suoi fini<br />
b) Il ruolo dell’impren<strong>di</strong>tore e del <strong>di</strong>rigente d’azienda<br />
IV. ISTITUZIONI ECONOMICHE AL SERVIZIO DELL’UOMO<br />
a) Ruolo del libero mercato<br />
b) L’azione dello Stato<br />
c) Il ruolo dei corpi interme<strong>di</strong><br />
d) Risparmio e consumo<br />
V. LE « RES NOVAE » IN ECONOMIA<br />
a) <strong>La</strong> globalizzazione: le opportunità e i rischi<br />
b) Il sistema finanziario internazionale<br />
c) Il ruolo <strong>della</strong> comunità internazionale nell’epoca dell’economia globale<br />
d) Uno sviluppo integrale e solidale<br />
e) <strong>La</strong> necessità <strong>di</strong> una grande opera educativa e culturale<br />
CAPITOLO OTTAVO: LA COMUNITÀ POLITICA<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
a) <strong>La</strong> signoria <strong>di</strong> Dio<br />
b) Gesù e l’autorità politica<br />
c) Le prime comunità cristiane<br />
II. IL FONDAMENTO E IL FINE DELLA COMUNITÀ POLITICA<br />
a) Comunità politica, persona umana e popolo<br />
b) Tutelare e promuovere i <strong>di</strong>ritti umani<br />
c) <strong>La</strong> convivenza basata sull’amicizia civile<br />
III. L’AUTORITÀ POLITICA<br />
a) Il fondamento dell’autorità politica<br />
b) L’autorità come forza morale<br />
c) Il <strong>di</strong>ritto all’obiezione <strong>di</strong> coscienza<br />
d) Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> resistere<br />
e) Infliggere le pene<br />
IV. IL SISTEMA DELLA DEMOCRAZIA<br />
a) I valori e la democrazia<br />
b) Istituzioni e democrazia<br />
c) Le componenti morali <strong>della</strong> rappresentanza politica<br />
d) Strumenti <strong>di</strong> partecipazione politica<br />
e) Informazione e democrazia<br />
V. LA COMUNITÀ POLITICA A SERVIZIO DELLA SOCIETÀ CIVILE<br />
a) Il valore <strong>della</strong> società civile<br />
b) Il primato <strong>della</strong> società civile<br />
c) L’applicazione del principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà<br />
VI. LO STATO E LE COMUNITÀ RELIGIOSE<br />
A. <strong>La</strong> libertà religiosa, un <strong>di</strong>ritto umano fondamentale<br />
B. <strong>Chiesa</strong> Cattolica e Comunità politica<br />
a) Autonomia e in<strong>di</strong>pendenza<br />
b) Collaborazione<br />
CAPITOLO NONO: LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
a) L’unità <strong>della</strong> famiglia umana<br />
b) Gesù Cristo prototipo e fondamento <strong>della</strong> nuova umanità<br />
c) <strong>La</strong> vocazione universale del cristianesimo<br />
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II. LE REGOLE FONDAMENTALI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE<br />
a) Comunità internazionale e valori<br />
b) Relazioni fondate sull’armonia tra or<strong>di</strong>ne giuri<strong>di</strong>co e or<strong>di</strong>ne morale<br />
III. L’ORGANIZZAZIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE<br />
a) Il valore delle Organizzazioni internazionali<br />
b) <strong>La</strong> personalità giuri<strong>di</strong>ca <strong>della</strong> Santa Sede<br />
IV. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO<br />
a) Collaborazione per garantire il <strong>di</strong>ritto allo sviluppo<br />
b) Lotta alla povertà<br />
c) Il debito estero<br />
CAPITOLO DECIMO: SALVAGUARDARE L’AMBIENTE<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
II. L’UOMO E L’UNIVERSO DELLE COSE<br />
III. LA CRISI NEL RAPPORTO TRA UOMO E AMBIENTE<br />
IV. UNA COMUNE RESPONSABILITÀ<br />
a) L’ambiente, un bene collettivo<br />
b) L’uso delle biotecnologie<br />
c) Ambiente e con<strong>di</strong>visione dei beni<br />
d) Nuovi stili <strong>di</strong> vita<br />
CAPITOLO UNDICESIMO: LA PROMOZIONE DELLA PACE<br />
I. ASPETTI BIBLICI<br />
II. LA PACE: FRUTTO DELLA GIUSTIZIA E DELLA CARITÀ<br />
III. IL FALLIMENTO DELLA PACE: LA GUERRA<br />
a) <strong>La</strong> legittima <strong>di</strong>fesa<br />
b) Difendere la pace<br />
c) Il dovere <strong>di</strong> proteggere gli innocenti<br />
d) Misure contro chi minaccia la pace<br />
e) Il <strong>di</strong>sarmo<br />
f) <strong>La</strong> condanna del terrorismo<br />
IV. IL CONTRIBUTO DELLA CHIESA ALLA PACE<br />
PARTE TERZA<br />
CAPITOLO DODICESIMO: DOTTRINA SOCIALE E AZIONE ECCLESIALE<br />
I. L’AZIONE PASTORALE IN AMBITO SOCIALE<br />
a) <strong>Dottrina</strong> sociale e inculturazione <strong>della</strong> fede<br />
b) <strong>Dottrina</strong> sociale e pastorale sociale<br />
c) <strong>Dottrina</strong> sociale e formazione<br />
d) Promuovere il <strong>di</strong>alogo<br />
e) I soggetti <strong>della</strong> pastorale sociale<br />
II. DOTTRINA SOCIALE ED IMPEGNO DEI FEDELI LAICI<br />
a) Il fedele laico<br />
b) <strong>La</strong> spiritualità del fedele laico<br />
c) Agire con prudenza<br />
d) <strong>Dottrina</strong> sociale ed esperienza associativa<br />
e) Il servizio nei <strong>di</strong>versi ambiti <strong>della</strong> vita sociale<br />
1. Il servizio alla persona umana<br />
2. Il servizio alla cultura<br />
3. Il servizio all’economia<br />
4. Il servizio alla politica<br />
CONCLUSIONE: PER UNA CIVILTÀ DELL’AMORE<br />
corso <strong>di</strong> “Teologia <strong>della</strong> vita cristiana” - Sac. Modesto Bravaccino -