25 aprile: la zona 5 reagisce alle provocazioni fasciste - Milanosud
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ANNO XVI NUMERO 05 MAGGIO 2012<br />
Austerità e regresso<br />
segue dal<strong>la</strong> prima<br />
La prima riguarda il senso di colpa<br />
che <strong>la</strong> mia generazione dovrebbe nutrire<br />
(e che personalmente nutro)<br />
per aver fruito in <strong>la</strong>rga misura delle<br />
opportunità di una crescita a tratti<br />
tumultuosa, disordinata, ove l’idea<br />
del vantaggio immediato, del conseguimento<br />
rapido e indolore di un<br />
nuovo utile ha fatto premio sull’attenzione<br />
al futuro. Si è preso molto,<br />
senza pensare <strong>alle</strong> conseguenze.<br />
Due sono i terreni sui quali si può facilmente<br />
misurare l’intensità e <strong>la</strong><br />
gravità di questi processi incontrol<strong>la</strong>ti<br />
e oggettivamente rapinosi.<br />
La prima riguarda le risorse finanziarie<br />
a disposizione del<strong>la</strong> società, l’uso<br />
del<strong>la</strong> ricchezza prodotta. La nostra<br />
generazione (uso questa espressione<br />
semplificatoria, abbracciando in<br />
realtà almeno tre-quattro decenni)<br />
ha certamente costruito grandi forme<br />
di ricchezze, ma in misura anche<br />
superiore ha fatto debiti, nel<strong>la</strong> fal<strong>la</strong>ce<br />
convinzione di riuscire prima o poi<br />
a pagarli, o forse senza neppure questo<br />
scrupolo. E i debiti prima o poi si<br />
pagano. Allora, io guardo i miei figli e<br />
soprattutto i miei nipoti e mi chiedo:<br />
perché loro debbono pagare i debiti<br />
che ho fatto io?<br />
Spesso ci interroghiamo, increduli e<br />
preoccupati, sul Pil, sul debito nazionale,<br />
sul<strong>la</strong> spesa pubblica, su quell’enorme,<br />
abbacinante mistificazione<br />
che è l’idea stessa di mercato, come<br />
se fossero entità a noi estranee e non<br />
ne portassimo tutti <strong>la</strong> responsabilità.<br />
Dobbiamo fare i<br />
conti col sistema<br />
che noi stessi abbiamo<br />
creato<br />
Siamo in questa società e bisogna<br />
realisticamente fare i conti con noi<br />
stessi, col sistema che ci siamo dati e<br />
che, almeno a maggioranza, abbiamo<br />
concorso a costruire. E per correre ai<br />
ripari non basta certo <strong>la</strong> spettaco<strong>la</strong>rizzazione<br />
del<strong>la</strong> campagna antievasione<br />
(comunque tardiva), che ha il<br />
risultato di alimentare forti rancori<br />
(comprensibili, sia chiaro) in una<br />
parte del<strong>la</strong> società, mentre rimangono<br />
inalterate le cause dell’evasione<br />
fiscale, per <strong>la</strong> semplice ragione che<br />
sono situate nel cuore del sistema e<br />
non ne sono fastidiose escrescenze.<br />
L’altro terreno su cui si misura l’improvvidenza<br />
del<strong>la</strong> nostra generazione<br />
è il saccheggio del pianeta.<br />
Anche qui, arraffa arraffa, saccheggia<br />
saccheggia, distruggi distruggi.<br />
Tutto bene, perché si ricavavano vantaggi<br />
immediati, comodità, benesse-<br />
re. Ma il pianeta si è stancato. E farà<br />
pagare il conto, anzi ha già cominciato.<br />
A chi? Anche in questo caso, <strong>alle</strong><br />
giovani, <strong>alle</strong> prossime generazioni. Si<br />
può rimediare? Non lo so. So per certo<br />
che ogni idea su come “impoverire”<br />
<strong>la</strong> nostra vita attuale per restituire<br />
un futuro al pianeta (e dunque ai nostri<br />
figli e nipoti) si scontra con resistenze<br />
insuperabili. Quando va bene<br />
si par<strong>la</strong> di provvedimenti calendariati<br />
fra dieci o venti anni. Intanto continuiamo<br />
a goderci il presente, secondo<br />
<strong>la</strong> stessa logica che induce i<br />
par<strong>la</strong>mentari a programmare <strong>la</strong> riduzione<br />
dei compensi per gli eletti a<br />
partire dal<strong>la</strong> prossima legis<strong>la</strong>tura.<br />
Se si adottassero<br />
provvedimenti<br />
radicali salterebbe<br />
il sistema<br />
Sono personalmente convinto che, se<br />
si andasse a fondo nel<strong>la</strong> ricerca e nell’adozione<br />
di provvedimenti radicali<br />
e con effetto duraturo, salterebbe il<br />
sistema: un sistema che <strong>la</strong> globalizzazione<br />
ha reso più fragile, ma anche<br />
più tenace nell’autopreservazione.<br />
Appunto per questo non se ne fa nul<strong>la</strong>.<br />
Chi si assume l’onere di castigare<br />
le cicale di oggi per risparmiare un<br />
po’ di stenti <strong>alle</strong> formiche di domani?<br />
Un’ultima considerazione, strettamente<br />
legata a quelle che l’hanno<br />
preceduta, riguarda <strong>la</strong> natura e le caratteristiche<br />
dei processi che devono/dovrebbero<br />
indurre una società<br />
ad accettare un generale impoverimento<br />
o, meno brutalmente, ad acquisire<br />
uno stile di vita molto più austero<br />
e sobrio e in termini non effimeri.<br />
Discorso di una difficoltà estrema.<br />
A parole molti di noi - penso <strong>la</strong><br />
maggioranza - si dichiarano anche<br />
pronti a questo passo. Ma, posto che<br />
questo sentimento sia sincero (ovvero<br />
che non sia il solito “nimby”, cioè<br />
va bene per tutti, ma non per me),<br />
come procedere? Viviamo in una società<br />
e ogni società si basa su regole<br />
condivise, su principi cardine che riguardano<br />
tutta <strong>la</strong> collettività, insomma<br />
su un contratto: ed è proprio il<br />
contratto che rende una società diversa<br />
dal<strong>la</strong> vita nel<strong>la</strong> giung<strong>la</strong>.<br />
E dunque, è in grado una società che<br />
ha sin qui tollerato (e spesso incoraggiato)<br />
discriminazioni, illegalità,<br />
ingiustizie, elusioni, predazioni, avviarsi<br />
a nuove forme di convivenza<br />
secondo criteri equitativi? Possiamo<br />
sperarci, ma è molto naturale diffidarne.<br />
Eppure, è una condizione necessaria.<br />
Se dovessi accorgermi che mentre io<br />
Si è svolta il 14 <strong>aprile</strong> a Mi<strong>la</strong>no, a Pa<strong>la</strong>zzo Reale, l’Assemblea nazionale<br />
di “Se non ora quando” (Snoq). Una giornata di dibattito<br />
e riflessione sui temi del<strong>la</strong> rappresentanza e del<strong>la</strong> democrazia<br />
partecipata. Il movimento si è dato l’obiettivo di contribuire ad<br />
aprire una nuova fase politica nel Paese. «Oggi è più che mai importante<br />
che le donne impongano a questa politica, travolta dagli scandali<br />
e segnata dal<strong>la</strong> propria incapacità – dicono in un documento –<br />
di dare una prospettiva al Paese, di mettere in discussione i vecchi<br />
equilibri nel<strong>la</strong> gestione del potere. Ancora una volta tocca a noi chiedere<br />
pulizia, onestà, dignità, trasparenza. Noi non pensiamo che le<br />
forze politiche siano tutte uguali, né crediamo che il sistema democratico<br />
possa farne a meno, però pretendiamo un rinnovamento<br />
profondo del<strong>la</strong> politica e delle c<strong>la</strong>ssi dirigenti».<br />
Per le donne di Snoq <strong>la</strong> nuova legge elettorale, ora in discussione in<br />
Par<strong>la</strong>mento, deve prevedere norme di garanzia per una rappresentanza<br />
di genere. Una legge che consenta <strong>alle</strong> donne di entrare, a pieno<br />
titolo nelle istituzioni. «È scandaloso – dicono – che ancora oggi<br />
non si permetta <strong>alle</strong> cittadine italiane, che sono più del<strong>la</strong> metà del<strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione, di prendere parte al<strong>la</strong> vita politica in misura paritaria.<br />
Con grande perdita di talenti e spreco di capacità». Su un punto, le<br />
associazioni del<strong>la</strong> rete Snoq, non sono disposte a cedere. Nel<strong>la</strong> lettera<br />
ai partiti chiedono che nelle liste si preveda il 50 e 50 in partenza,<br />
ritorno al<strong>la</strong> cande<strong>la</strong> e all’acqua fredda,<br />
il mio vicino raddoppia l’illuminazione<br />
e instal<strong>la</strong> una piscina termica,<br />
qualche legittima forma di insofferenza<br />
credo che l’avrei.<br />
E l’avrei soprattutto in re<strong>la</strong>zione <strong>alle</strong><br />
ricadute sui figli e sui nipoti.<br />
Le riflessioni sul<strong>la</strong> possibilità e quasi<br />
auspicabilità di un sistema di vita più<br />
austero sono dunque condivisibili su<br />
di un piano genericamente antropologico.<br />
Ma è ovvio che processi di<br />
questo tipo, se non fossero governati<br />
da criteri rigorosamente equitativi,<br />
rischierebbero non di produrre un<br />
nuovo e accettabile modello di vita,<br />
ma di farci regredire di parecchi secoli.<br />
E ho seri dubbi sul<strong>la</strong> capacità autorigeneratrice<br />
di questo sistema. Finora<br />
abbiamo più o meno serenamente<br />
tollerato le perversioni del<strong>la</strong> cosiddetta<br />
società dei due terzi, quel<strong>la</strong> che<br />
il liberismo, nelle sue forme più<br />
avanzate, ha prodotto, consegnando<br />
agi e vantaggi ai due terzi del<strong>la</strong> collettività<br />
e condannando stabilmente<br />
il terzo restante a livelli di magra sussistenza<br />
e di povertà. La regressione<br />
potrebbe ora rovesciare questo rapporto<br />
e raddoppiare il numero degli<br />
incapienti.<br />
È probabile che siamo al<strong>la</strong> vigilia del<br />
manifestarsi di forme di conflittualità<br />
molto aspre, sempre più aspre.<br />
Piero Pantucci<br />
che non è una concessione, ma un principio di vera democrazia.<br />
Dunque parità di genere nelle liste elettorali, e indicazione da parte<br />
del movimento a votare solo liste che presenteranno in uguale numero<br />
candidati dei due sessi, penalizzando i partiti che non lo faranno.<br />
Solo così si potrà sperare in un ricambio del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse dirigente politica.<br />
Protagoniste e artefici del cambiamento, le donne portano <strong>la</strong> loro differenza,<br />
e i risultati sono evidenti. Mi<strong>la</strong>no è un esempio. La re<strong>la</strong>zione<br />
avviata tra <strong>la</strong> nuova giunta e le associazioni femminili è <strong>la</strong> dimostrazione<br />
che le cittadine vogliono occuparsi del<strong>la</strong> Cosa Pubblica, e danno<br />
prova di saper <strong>la</strong>vorare bene e con passione. Nel settembre 2011<br />
Anita Sonego, <strong>la</strong> presidente del<strong>la</strong> commissione Pari Opportunità,<br />
coadiuvata dal<strong>la</strong> vice Marilisa D’amico e dal<strong>la</strong> delegata del sindaco<br />
Francesca Zajcyk, hanno invitato le cittadine a individuare problematiche<br />
su cui dare il loro contributo per risolverle. Le donne hanno<br />
creduto in quel<strong>la</strong> proposta: hanno <strong>la</strong>vorato su tre temi, tutti urgenti<br />
e importanti, quali il <strong>la</strong>voro, gli spazi cittadini, <strong>la</strong> salute. Dopo 6 mesi<br />
sono tornate con le proposte affinché il Comune le facesse proprie,<br />
inserendole nel programma, e mantenendo costante il dialogo con le<br />
cittadine. Un bell’esempio di democrazia partecipata.<br />
Una firma contro <strong>la</strong> strage di donne. Vogliamo infine ricordare le tante<br />
donne vittime di violenza (sono 54, dall’inizio del 2012): massa-<br />
Cambiare prospettiva<br />
Negli ultimi due mesi: «Le richieste<br />
di aiuto legate a problemi finanziari<br />
sono aumentate del<br />
115% nel<strong>la</strong> provincia di Mi<strong>la</strong>no» Bastano<br />
queste parole di Piero Pecchioli del<br />
Movimento consumatori, pubblicate<br />
sul Corriere del<strong>la</strong> Sera qualche settimana<br />
fa, per fotografare <strong>la</strong> situazione<br />
economica attuale.<br />
L’indigestione di spread, Mibtel, tassi<br />
d’interesse dei mesi scorsi e le conseguenti<br />
manovre del governo, il peso fiscale<br />
crescente, gli aumenti dei costi<br />
dell’energia e dei beni di consumo stanno<br />
facendo tabu<strong>la</strong> rasa delle risorse<br />
delle famiglie italiane, che, provvedimento<br />
dopo provvedimento, scivo<strong>la</strong>no<br />
nel<strong>la</strong> povertà. Mentre scriviamo <strong>la</strong><br />
pressione fiscale è arrivata al 45,1% - lo<br />
dice il Governo – mentre secondo Il Sole24Ore<br />
Imu, bollette e benzina peseranno<br />
quest’anno sui bi<strong>la</strong>nci famigliari<br />
per oltre 1.200 euro. Il potere di acquisto<br />
degli stipendi degli Italiani non è<br />
mai stato così basso, da 29 anni a questa<br />
parte (fonte Istat) e a Mi<strong>la</strong>no, con il<br />
record di inf<strong>la</strong>zione annua al 5,7% <strong>la</strong> situazione<br />
è ancora più difficile.<br />
Un quadro d<strong>alle</strong> tinte sempre più fosche,<br />
ulteriormente aggravato da<br />
sempre più aziende che chiudono (secondo<br />
Unioncamere il saldo del primo<br />
trimestre 2012 è di meno 26 mi<strong>la</strong> imprese)<br />
o, nel migliore dei casi, licenziano;<br />
imprenditori suicidi e disoccupati<br />
che crescono inesorabilmente di<br />
mese in mese.<br />
Nei fatti <strong>la</strong> ricetta utilizzata dal Governo<br />
e dal Fondo Monetario Internazionale,<br />
per soddisfare un mercato finanziario<br />
essenzialmente specu<strong>la</strong>tivo, che prevede<br />
di far ricadere sui cittadini, in partico<strong>la</strong>re<br />
su chi <strong>la</strong>vora, i debiti contratti in<br />
decenni di sprechi e spesa dissennata,<br />
oltre che moralmente ingiusta, si sta dimostrando<br />
inefficace.<br />
L’economia non riparte: coloro che dovrebbero<br />
comprare e dare fiato ai consumi<br />
non lo possono fare. Se poi le risorse<br />
che non provengono direttamente d<strong>alle</strong><br />
tasche dei cittadini, come <strong>la</strong> lotta all’evasione<br />
fiscale, <strong>la</strong> lotta agli sprechi e <strong>la</strong><br />
montagna di soldi del<strong>la</strong> Bce arrivati nei<br />
mesi scorsi nelle casse delle banche<br />
(246 miliardi di euro al tasso dell’1%),<br />
finiscono per finanziare esclusivamente<br />
questo sistema perverso di rincorsa del<br />
debito, <strong>la</strong> domanda che si è posto perfino<br />
l’Economist: “Capitalism: was it a<br />
good idea?” risulta del tutto legittima.<br />
Appare chiaro che è necessario un<br />
cambio di rotta deciso. Le parole d’ordine<br />
equità, sviluppo e rigore, pronunciate<br />
dal primo ministro Mario Monti<br />
nel momento del suo insediamento devono<br />
tradursi in atti concreti. Governo<br />
e poi a ruota Par<strong>la</strong>mento, enti locali,<br />
partiti, centri di potere e Italiani tutti<br />
devono farle proprie, anche se questo<br />
comporta rinunce.<br />
Privilegi e rendite di posizione devono<br />
finire e soprattutto le élite finanziarie,<br />
tra i principali responsabili di questo<br />
sfacelo, non possono continuare a prosperare.<br />
In questo senso un’azione congiunta<br />
a livello europeo, che produca<br />
investimenti e limiti le specu<strong>la</strong>zioni finanziarie,<br />
è indispensabile. L’alternativa<br />
rischia di essere un declino veloce<br />
dello stile di vita occidentale, con il pericolo<br />
non più remoto di un crollo di<br />
tutto il sistema.<br />
Uno scenario apocalittico, come quello<br />
descritto da David Graeber, antropologo,<br />
economista e teorico del movimento<br />
Occupy Wall Street, in cui a fronte di un<br />
debito incontrol<strong>la</strong>to, sempre più opprimente<br />
e insolvibile, che genera ingiustizia<br />
e povertà, le società si destrutturano<br />
per ricomporsi su nuove basi.<br />
Una dinamica sociale questa che si è<br />
manifestata molte volte nel<strong>la</strong> storia<br />
dell’umanità, portando con sé violenza<br />
e disperazione per lunghi periodi, e<br />
che, nel mondo globalizzato in cui viviamo,<br />
rischia di essere ancora più devastante.<br />
Il tempo per prendere coscienza<br />
a tutti livelli di questa situazione<br />
non è più molto.<br />
Non vorremmo, tra non molto, trovarci<br />
a rispondere al<strong>la</strong> domanda del settimanale<br />
del<strong>la</strong> city, con un <strong>la</strong>pidario “Capitalism?<br />
It was a very bad idea!”.<br />
Stefano Ferri<br />
I progetti delle donne sul<strong>la</strong> buona politica<br />
Dall’assemblea nazionale di “Se non ora quando”, un’idea nuova del<strong>la</strong> gestione del potere. Pulita, onesta, trasparente<br />
crate, stuprate, violentate, uccise. Numeri non più sopportabili per<br />
un Paese che si vorrebbe definire civile. Un’ondata di violenza ha attraversato<br />
l’Italia da Nord a Sud: donne assassinate da mariti violenti,<br />
fidanzati gelosi, padri-padroni, fratelli, figli. Una situazione inaccettabile.<br />
È ormai emergenza! Molti politici, in questi giorni, hanno<br />
usato <strong>la</strong> tragedia per fare polemica sul<strong>la</strong> poca sicurezza nelle<br />
città.Vero, ma le statistiche rive<strong>la</strong>no che l’80% dei casi si consumano<br />
in casa, in famiglia. È dunque un problema culturale, di educazione<br />
al rispetto per l’altro, per l’altra, che deve cominciare fin dal<strong>la</strong> più tenera<br />
età. E tanti uomini fanno finta di non sapere che <strong>la</strong> violenza è un<br />
loro problema… Le associazioni femminili hanno rinnovato l’appello<br />
a quanti sinceramente condannano simili comportamenti, invitandoli<br />
a fare rete per una battaglia contro questa barbarie. C’è inoltre<br />
il problema dei centri antiviolenza, che sono <strong>la</strong>sciati soli e con pochi<br />
mezzi a fronteggiare una piaga così grande. La Lombardia è l’unica<br />
regione in Italia a non avere una legge a sostegno. Servono fondi e<br />
leggi, certo, ma è soprattutto necessaria una rivoluzione culturale…<br />
Ed ecco che torna <strong>la</strong> necessità di una forte presenza femminile, là dove<br />
si prendono decisioni importanti. La rete di Snoq invita a firmare<br />
<strong>la</strong> Petizione Pubblica sul sito www.senonoraquando.eu affinché il governo<br />
intervenga per fermare questa tragedia.<br />
Lea Miniutti