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Sesso e genere. Uno sguardo tra storia e nuove prospettive

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2<br />

Es<strong>tra</strong>tto distribuito da Biblet<br />

INTRODUZIONE<br />

particolare quelle relative al piano etico, concernenti la posizione più adeguata<br />

da tenere per lo psicoanalista, ma oggi diremmo più genericamente<br />

per lo psichia<strong>tra</strong> e per lo psicologo clinico, all’interno delle pratiche che,<br />

risolvendo la questione sul piano dell’apparenza corporea, sembrano escludere<br />

una qualsivoglia possibilità di dialettizzazione della questione soggettiva<br />

sottostante la domanda di riconversione dei caratteri sessuali. Stando<br />

l’attuale ingranaggio medico-giuridico, è, infatti, con una mera funzione<br />

diagnostica che ci si trova ad intervenire, venendo ridotta la funzione del<br />

clinico sostanzialmente a quella di semplice rimando speculare del dire del<br />

soggetto intorno a se stesso – “internamente mi sento donna (uomo) nonostante<br />

il mio corpo dica tutt’altro/internamente è donna (uomo) nonostante<br />

il suo corpo dica tutt’altro” – dunque di “verifica” della “adeguatezza” di<br />

una siffatta parola e della sua collocabilità entro le categorie nosografiche<br />

disponibili. Incontestabilmente, il confronto con i contributi teorici raccolti<br />

nell’antologia costituì un arricchimento, sia per la pratica clinica che per la<br />

riflessione teorica. Questo non significava, però, che con tale confronto si<br />

potesse considerare esaurita la spinta interrogante proveniente dal soggetto<br />

<strong>tra</strong>nsessuale. Il nostro lavoro, infatti, continuava a porci dei problemi non<br />

interamente risolvibili con gli spunti interpretativi e le riflessioni che avevamo<br />

incon<strong>tra</strong>to nello studio della letteratura. Ne derivarono, dunque, altri due<br />

volumi: L’enigma del <strong>tra</strong>nsessualismo (Bottone, et alii, 2004) e Dilemmi dell’identità:<br />

chi sono? (Nunziante Cesàro e Valerio, 2006), all’interno dei quali provavamo<br />

a dare risposta ad alcune delle aporie incon<strong>tra</strong>te nella nos<strong>tra</strong> esperienza.<br />

Facendo riferimento a due nozioni di Roland Barthes, e cioè l’ovvio e l’ottuso,<br />

nell’introduzione al primo dei due testi indicati così scrivevamo:<br />

[…] la difficoltà ad effettuare un’analisi dei conflitti è certamente connessa<br />

alla struttura particolare del soggetto <strong>tra</strong>nsessuale, ma è anche da ascriversi<br />

al fatto che le procedure medico-giuridiche, muovendosi sullo stesso terreno<br />

di quest’ultimo, chiudono anch’esse la clinica psicologica in una posizione da<br />

cui risulta difficile spostarsi. Il fatto poi che queste procedure abbiano assunto<br />

un senso ovvio agli occhi degli operatori, nel senso in cui l’ovvio è ciò che<br />

“si presenta in modo del tutto naturale allo spirito” (Barthes, 1982; p. 45),<br />

è ormai certo […]. Tuttavia, come ricorda ancora Roland Barthes, il senso<br />

ovvio si trova disarticolato da quello ottuso, inteso come ciò che è “di troppo,<br />

come un supplemento che la mia intellezione non riesce bene ad assorbire,<br />

ostinato e nello stesso tempo sfuggente, liscio e inafferrabile (Bottone, et alii,<br />

2004, p. 19).<br />

Se ciò è dunque vero, nel loro complesso en<strong>tra</strong>mbi i volumi, usciti nel<br />

2004 e nel 2006, nascevano dall’esigenza di doversi soffermare sull’ovvietà<br />

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