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Amicizia Amicizia per sé 1. - Mauro Scardovelli

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<strong>1.</strong><br />

<strong>Amicizia</strong><br />

<strong>Amicizia</strong> <strong>per</strong> <strong>sé</strong><br />

In molte tradizioni, l’amicizia è considerata la più alta<br />

forma d’amore. L’amicizia è il prototipo del rapporto<br />

alla pari, basato sul rispetto, la stima e la disponibilità<br />

reciproca, rapporto che non pone vincoli specifici sulla<br />

libertà di comportamento delle <strong>per</strong>sone coinvolte.<br />

L’amicizia è quindi uno straordinario rapporto che<br />

coniuga amore e libertà. L’amicizia vera è <strong>per</strong>ciò<br />

una cura dell’anima, che spesso si trova a soffrire<br />

<strong>per</strong>ché imprigionata in rapporti in cui l’affetto si<br />

accompagna al desiderio di controllo e possesso.<br />

Quando questo accade, l’anima si trova immersa in un<br />

doppio legame: nutrirsi di affetto, assoggettandosi al<br />

potere, o evitare la soggezione e rinunciare all’affetto.<br />

In una società disarmonica, guidata dalle leggi del<br />

potere dominio, i doppi legami non sono l’eccezione,<br />

ma la regola.


L’amicizia è quindi la fonte più preziosa di cura<br />

dall’ordinaria patologia.<br />

2.<br />

Se l’amicizia <strong>per</strong> l’altro è indispensabile fonte di cura,<br />

l’amicizia <strong>per</strong> <strong>sé</strong> è il primo alimento di cui si nutre una<br />

<strong>per</strong>sonalità sana.<br />

Amarsi significa essere amici di se stessi.<br />

Significa quindi ascoltarsi, volersi bene, prendersi cura<br />

di <strong>sé</strong>, del proprio corpo, della propria anima. Significa<br />

prendersi tempo <strong>per</strong> conoscersi, s<strong>per</strong>imentarsi, capire<br />

chi si è veramente. Gnozi seauton, diceva l’oracolo di<br />

Delfi. Diventa chi sei, diceva Nietzsche. Sviluppa le tue<br />

virtù, le tue specifiche qualità, i tuoi talenti, e sarai<br />

uomo felice, consiglia la saggezza greca.<br />

Quando si è amici di se stessi, è naturale <strong>per</strong>seguire il<br />

proprio bene. Che poi è anche il bene degli altri che ci<br />

stanno vicino. Chi è contento, diffonde intorno a <strong>sé</strong><br />

onde e semi di felicità.<br />

E chi non è amico di se stesso? Chi è indifferente a <strong>sé</strong><br />

o addirittura nemico? Non può che essere scontento,<br />

triste, infelice, arrabbiato, spaventato. Il conflitto con


se stessi è il principale alimento della nevrosi. Anzi, è<br />

la nevrosi o malattia dell’anima.<br />

Qualunque forma esternamente assuma, dalla<br />

depressione, all’ansia, all’ossessività, la sofferenza<br />

nevrotica indica una carenza nella capacità di amare,<br />

<strong>sé</strong> ed altri. Cura della nevrosi è il recu<strong>per</strong>o di questa<br />

capacità. Capacità che sarebbe naturale se vivessimo<br />

in una società armonica, ed è invece qualcosa che<br />

dobbiamo imparare, a volte con molto tempo e fatica,<br />

dal momento che il campo dismorfico in cui siamo<br />

immersi è caratterizzato dalla separatività e dalla<br />

ricerca del potere.<br />

3.<br />

Quando siamo in difficoltà, e parliamo con un amico,<br />

che cosa ci aspettiamo? Ci aspettiamo comprensione,<br />

calore, sostegno, incoraggiamento. Non<br />

necessariamente ci aspettiamo che ci dia ragione.<br />

Anzi, il vero amico è obiettivo, è dedito alla verità.<br />

Solo la verità - mai la falsità - può liberarci dalla<br />

sofferenza. E il vero amico, che ci vuol bene davvero,<br />

tiene alla nostra serenità, e se ci stiamo ingannando,


si prende cura di dircelo.<br />

Il vero amico non asseconda le nostre debolezze, la<br />

nostra pigrizia, la nostra doppiezza. In modo gentile,<br />

in modo affettuoso, ci confronta e ci induce ad<br />

assumerci le responsabilità che sono nostre. Nello<br />

stesso tempo, ci invita a lasciar andare pesi che non ci<br />

competono, <strong>per</strong>ché i pesi che ci assumiamo<br />

ingiustamente, diventano anche suoi.<br />

Amorevole gentilezza, ascolto, empatia nella gioia,<br />

compassione, equanimità, sono la cartina di tornasole<br />

dell’amicizia. La vera amicizia si nutre delle qualità<br />

dell’essere, che sono le qualità dell’amore.<br />

4.<br />

Un io-governo può dirsi sano solo se è amico di se<br />

stesso, e si comporta in modo amichevole verso tutti i<br />

<strong>per</strong>sonaggi che abitano il teatro interiore. In tal modo,<br />

come leader, può essere amato e seguito. Senza<br />

amicizia, non si diventa leader di <strong>sé</strong>, non si è in grado<br />

di guidare bene il proprio paese.<br />

Tutti compiamo errori, a volte anche gravi. La<br />

differenza tra le <strong>per</strong>sone non sta in questo. La


differenza sta nel modo in cui si rapportano ai propri<br />

errori, sbandate e fallimenti, piccoli o grandi.<br />

Chi è amico di <strong>sé</strong>, discerne, analizza e valuta con<br />

accuratezza, ma non si critica, non si condanna, non<br />

infierisce contro se stesso. Al contrario, l’autoanalisi,<br />

la riflessione sui propri comportamenti, <strong>per</strong> quanto<br />

acuta e senza sconti sulle proprie responsabilità, si<br />

accompagna a calore e sostegno, a quel nutrimento<br />

affettivo che è necessario <strong>per</strong> avere la forza di<br />

cambiare e rimediare.<br />

Che cosa accade se l’io-governo non è in grado di<br />

svolgere questa essenziale funzione? Si forma un<br />

vuoto di potere, che viene riempito da un altro potere.<br />

Al posto del potere dell’amicizia, si instaura<br />

regolarmente il potere del giudizio, così come, quando<br />

il parlamento non legifera, ci pensano i giudici ad<br />

aggiornare le leggi attraverso un utilizzo radicale<br />

dell’interpretazione. Ma in questo modo, tutto l’assetto<br />

costituzionale, fondato sulla separazione delle funzioni<br />

e l’equilibrio dei poteri, va allo sbando. Il paese è in<br />

<strong>per</strong>icolo di disgregazione o di deriva autoritaria.<br />

Ecco <strong>per</strong>ché chi non è amico di se stesso finisce <strong>per</strong>


essere soggetto ad un tribunale interno, sempre<br />

pronto ad accusare, giudicare e condannare. Ma chi<br />

vive nella continua paura di essere imputato, impara a<br />

difendersi, a mentire, a mistificare. Impara quindi la<br />

poco nobile arte di falsificare la realtà, mettendo<br />

sempre nuovi scheletri nell’armadio. E così, insieme<br />

alla paura di esser sco<strong>per</strong>to, cresce la debolezza e la<br />

mancanza di integrità.<br />

Meno c’è amicizia, più <strong>per</strong>vasivo e <strong>per</strong>secutorio<br />

diventa il tribunale interno. Per difendersi e<br />

sopravvivere, la <strong>per</strong>sona impara a mentire e a<br />

conoscersi sempre meno, alimentando la sua ombra e<br />

assicurandosi così insuccessi e infelicità, <strong>per</strong> i quali<br />

verrà chiamata a rispondere davanti al tribunale. Un<br />

circolo vizioso, che, come un buco nero, alimenta<br />

sempre più se stesso.<br />

4.<br />

Come se ne esce? Dal buco nero si esce<br />

comprendendone bene la struttura e compiendo i<br />

passi necessari <strong>per</strong> ristabilire l’ordine costituzionale<br />

violato: il governo, con l’appoggio del parlamento,


governa e dà conto del suo o<strong>per</strong>ato; la stampa vigila; i<br />

giudici intervengono <strong>per</strong> applicare leggi e decreti solo<br />

in caso di loro violazione, senza sostituirsi alla<br />

funzione legislativa e di governo.<br />

Fuor di metafora, l’io-governo si assume la<br />

responsabilità del suo o<strong>per</strong>ato, ma, essendo amico di<br />

se stesso, ascolta le critiche interne od esterne,<br />

prende ciò che può essere utile, ma non si fa portare<br />

in giro o distruggere da esse, <strong>per</strong>ché da esse non<br />

dipende. Critici, avversari o nemici, coloro che<br />

vogliono demolire il paese, non hanno potere sull’io-<br />

governo, <strong>per</strong>ché la funzione dell’amicizia <strong>per</strong> <strong>sé</strong> è<br />

proprio quello di tenerli fuori, in modo che non<br />

possano nuocere.<br />

5.<br />

In pratica, come si fa a sa<strong>per</strong>e se nel dialogo interiore<br />

le critiche che vengono espresse verso se stessi sono<br />

attendibili, utili, importanti? Come si fa a distinguere<br />

una critica produttiva, che ci può aiutare, da una<br />

critica distruttiva, che ci indebolisce?<br />

Una prima regola molto semplice è questa: nei


confronti di un amico, gli parleremmo mai in quel<br />

modo? Con quegli argomenti, con quel tono di voce?<br />

Se la risposta è: no, assolutamente, in nessun caso,<br />

allora sappiamo che quella voce, quel pensiero, quella<br />

parte interna che ha svolto la critica, non è guidata da<br />

un intento di amicizia e aiuto.<br />

Molte <strong>per</strong>sone sono letteralmente tormentate da voci<br />

interne che praticano di continuo svalutazioni,<br />

criticismo e giudizio. E’ ovvio che soffrano di scarsa<br />

autostima. Non si può stimare un io-governo che<br />

subisce una tale o<strong>per</strong>a di demolizione.<br />

Un io-governo ben formato sa come trattare con<br />

queste voci, vedendole <strong>per</strong> quello che sono:<br />

interiorizzazioni di <strong>per</strong>sonaggi distruttivi. Non pretende<br />

che cessino di esistere, che non si facciano più sentire,<br />

<strong>per</strong>ché non è in suo potere. Ma non gli attribuisce<br />

valore, come non lo attribuirebbe a <strong>per</strong>sone esterne<br />

che gli parlassero in quel modo.<br />

E non solo non gli attribuisce valore, e non li tratta da<br />

interlocutori con cui discutere insieme, ma neppure si<br />

limita a tacere. Perché ha ben chiaro l’importanza di<br />

proteggere il suo paese dalla loro influenza. Come?


Chiarendo la sua posizione, la sua linea politica, gli<br />

obiettivi importanti da <strong>per</strong>seguire. E chiarendo anche<br />

<strong>per</strong>ché quelle critiche distruttive non hanno<br />

fondamento. Insomma, un buon governo è la central<br />

voice che protegge dalla disgregazione e dall’anarchia,<br />

rassicura e crea le condizioni <strong>per</strong> sviluppare una buona<br />

economia, invita e stimola ad agire nella direzione<br />

utile al bene comune.<br />

E se quelle critiche, sia pure malevole, avessero un<br />

fondamento nei fatti? Se ad esempio, una voce<br />

colpevolizzante avesse una qualche ragione, <strong>per</strong>ché<br />

l’io-governo è responsabile di qualche azione<br />

scorretta, disonesta, disfunzionale? Si tratta di un<br />

caso tutt’altro che raro. Anche una parte suicidiaria,<br />

come un terrorista, può avere dei motivi validi, sia<br />

pure espressi in modo distruttivo. Ciò che è sbagliato<br />

non sono i motivi, ma la scelta dei mezzi. In tali casi,<br />

compito dell’io-governo è quello di comprendere i<br />

limiti della sua politica che, violando bisogni essenziali,<br />

scatenano le forze distruttive. E compresi tali limiti,<br />

assumersene la piena responsabilità e impegnarsi <strong>per</strong><br />

su<strong>per</strong>arli.


6.<br />

Concludendo, essere amici di <strong>sé</strong> significa sostenersi,<br />

incoraggiarsi, mai darsi addosso, anche in caso di<br />

errori compiuti, atteggiamenti sbagliati, azioni<br />

scorrette. Chi è realmente amico di <strong>sé</strong>, utilizza questi<br />

eventi come stimolo <strong>per</strong> sviluppare consapevolezza e<br />

responsabilità. Non serve lamentarsi o rimproverarsi,<br />

ma solo rimediare l’errore, se possibile, o almeno<br />

imparare a non ripeterlo nel futuro.<br />

Come mai, allora, questo atteggiamento, che<br />

sembrerebbe così ovvio e naturale, è più raro di<br />

quanto si pensi? Perché tante <strong>per</strong>sone continuano a<br />

tormentarsi in preda ad autorimproveri e<br />

recriminazioni? A sensi di colpa e vergogna? A sensi di<br />

inferiorità e inadeguatezza? Perché si ostinano a<br />

<strong>per</strong>seguitarsi attraverso un dialogo interno distruttivo?<br />

La risposta più semplice che conosco è questa: <strong>per</strong>ché<br />

hanno imparato a fare così. E’ l’unica cosa che sanno<br />

fare. Non hanno alternative. Più si auto<strong>per</strong>seguitano,<br />

più trovano ragioni <strong>per</strong> farlo, dal momento che<br />

dissipano dosi sempre più grandi dell’energia vitale, o<br />

energia creativa, che è necessaria <strong>per</strong> affrontare e


su<strong>per</strong>are le difficoltà e gli ostacoli della vita.<br />

In terapia o nei gruppi di formazione non ho mai<br />

incontrato una <strong>per</strong>sona, con problemi <strong>per</strong>sistenti, che<br />

fosse davvero amica di se stessa, che avesse cioè la<br />

piena capacità e la forza di rispondere in modo<br />

efficace agli attacchi dei propri <strong>per</strong>secutori interni. E<br />

d’altra parte ho notato che questa risorsa era assai<br />

scarsa anche nei compagni di <strong>per</strong>corso che<br />

intendevano aiutarla, <strong>per</strong> cui, posti di fronte al<br />

compito di rispondere loro stessi a quegli attacchi, al<br />

posto del compagno, avevano ben pochi argomenti da<br />

spendere.<br />

La capacità di incoraggiarsi e sostenersi, in modo<br />

incondizionato, è piuttosto rara nella nostra cultura,<br />

ove si è privilegiata l’efficenza all’armonia, l’avere<br />

all’essere. Perseguire gli obiettivi è diventato più<br />

importante che volere il proprio bene, <strong>per</strong>ché si<br />

confonde il proprio bene con gli obiettivi raggiunti.<br />

Questo è il vero tradimento di <strong>sé</strong>: si è disposti ad<br />

agire anche a discapito di se stessi, rimproverandosi,<br />

doppandosi, sacrificando parti vitali di <strong>sé</strong>, credendo di<br />

adempiere ad un im<strong>per</strong>ativo morale.


Questo modello mentale è funzionale al tipo di<br />

economia che regge la nostra società, e sta<br />

rapidamente diffondendosi in tutto il pianeta. Oggi<br />

l’inconscio, inteso come l’insieme degli atteggiamenti<br />

automatici di cui non siamo consapevoli, è l’economia,<br />

come sostiene Hillman. Siamo diventati tutti funzionari<br />

di apparati produttivi, finanziari e amministrativi, e ne<br />

abbiamo interiorizzato intenti e regole di<br />

funzionamento. Per questi apparati, l’uomo è un<br />

oggetto tra gli altri, una semplice merce da barattare<br />

e sfruttare.<br />

Essere amici di <strong>sé</strong>, quindi, significa anche sviluppare<br />

sufficiente visione delle forze che guidano il mondo<br />

esterno. Forze che si sono insinuate nella nostra<br />

mente, riproducendo al suo interno lo stesso tipo di<br />

oppressione.<br />

Liberare <strong>sé</strong> da queste forze è il più alto contributo che<br />

possiamo dare al nostro bene, al bene degli altri, delle<br />

piante, degli animali, dell’ambiente.<br />

Questo, oggi, è il nostro compito spirituale più<br />

importante.

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