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Storia e folklore nel Monferrato di Giuseppe Ferraro, carpenetese

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del mondo vegetale <strong>di</strong>ventavano strumenti <strong>di</strong> un potere <strong>di</strong>storto.<br />

La relazione successiva, che porta la firma <strong>di</strong> Enzo G. Conti, ci riporta ai<br />

momenti lu<strong>di</strong>ci della cultura conta<strong>di</strong>na, alla danza popolare, ai <strong>di</strong>vertimenti<br />

con<strong>di</strong>visi <strong>di</strong> ogni festa. Enzo Conti <strong>nel</strong> riconoscere che <strong>Ferraro</strong> non ha trascritto<br />

gli spartiti musicali dei canti ritiene che, ai tempi <strong>di</strong> <strong>Ferraro</strong>, poteva<br />

non essere né semplice né agevole riprodurre le scansioni musicali e, soprattutto,<br />

era lecito pensare che il canto sarebbe sopravvissuto attraverso il popolo.<br />

Così fu fino alla prima metà del secolo scorso. Poi non più. E ancora: è<br />

possibile che <strong>Ferraro</strong> preferisse veramente la parola, affidando la melo<strong>di</strong>a alla<br />

sola cultura orale.<br />

E<strong>di</strong>lio Riccar<strong>di</strong>ni e Gian Battista Garbarino rivolgono la loro attenzione<br />

critica all' e<strong>di</strong>zione degli Statuti <strong>di</strong> Carpeneto, pubblicati ad opera <strong>di</strong><br />

<strong>Giuseppe</strong> <strong>Ferraro</strong> a Mondovì <strong>nel</strong> 1874.<br />

L'analisi dei due relatori è puntuale, precisa, ricca <strong>di</strong> spunti <strong>di</strong> grande interesse<br />

in quanto, partendo dall'e<strong>di</strong>zione e dal contenuto degli Statuti indagano<br />

quale è stata la genesi e quale lettura si possa dare dell' immagine del<br />

borgo collinare, come appare in controluce al <strong>di</strong> là della griglia costrittiva<br />

delle <strong>di</strong>sposizioni statutarie.<br />

E<strong>di</strong>lio Riccar<strong>di</strong>ni, con valide argomentazioni critiche, sostiene una datazione<br />

degli Statuti <strong>di</strong>versa da quella ipotizzata da <strong>Giuseppe</strong> <strong>Ferraro</strong>, sostenendo<br />

che la datazione più probabile sia da riferirsi ad un periodo compreso<br />

tra la fine del XIII secolo e i primi decenni del XIV secolo.<br />

Prima <strong>di</strong> giungere a questa importante puntualizzazione, E<strong>di</strong>lio Riccar<strong>di</strong>ni<br />

si propone, innanzitutto, <strong>di</strong> conoscere l'ubicazione attuale dell'e<strong>di</strong>zione quattrocentesca<br />

cui <strong>Giuseppe</strong> <strong>Ferraro</strong> afferma <strong>di</strong> avere attinto. Testimonianze<br />

orali affermavano che questo testo fosse presente in paese non più tar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

qualche decennio fa, anche se mancavano ulteriori precisazioni che, si riteneva,<br />

fossero dettate dalla riservatezza. Nulla <strong>di</strong> tutto ciò: dando per scontata<br />

la buona fede, si trattava, con ogni probabilità <strong>di</strong> altro testo perché il volume<br />

degli Statuti, cui fa riferimento <strong>Ferraro</strong>, si trova <strong>nel</strong>la Biblioteca<br />

Universitaria <strong>di</strong> Burlington, in Vermont. A Riccar<strong>di</strong>ni il merito <strong>di</strong> aver seguito,<br />

a ritroso, il cammino del prezioso volume.<br />

Dunque: <strong>Ferraro</strong> de<strong>di</strong>ca l'e<strong>di</strong>zione degli Statuti a George Marsh, interessante<br />

figura <strong>di</strong> ecologo ante-litteram, che <strong>Ferraro</strong> conobbe <strong>nel</strong> periodo (un<br />

ventennio), in cui Marsh fu ambasciatore degli Stati Uniti <strong>nel</strong>l'Italia post-unitaria.<br />

<strong>Ferraro</strong> non si limitò alla de<strong>di</strong>ca ma donò il prezioso testo quattrocentesco<br />

a George Marsh. Alla morte del <strong>di</strong>plomatico americano tutta la sua biblioteca<br />

fu venduta e l'acquirente la donò all'Università del Vermont. Così il cer­<br />

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