CANTA NAPOLI - Egea Distribution
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30 Mondomix.com / 360° Persia<br />
Chiacchierando con Ramin Sadighi<br />
di Giovanni De Zorzi<br />
Quando e com è nata l’etichetta Hermes?<br />
La musica è sempre stata la mia occupazione principale;<br />
avendo un padre musicista, Fereydoun Sadighi, posso dire<br />
di aver cominciato sin dall’infanzia. Più tardi, notando come<br />
l’intera industria discografica di qui fosse concentrata solo<br />
sulla musica classica persiana, su quella Folk e sul Pop,<br />
mi sono reso conto di come esistesse una vasta area di<br />
musiche che semplicemente non avevano la possibilità<br />
di raggiungere un pubblico. Pensando che il tesoro<br />
musicale persiano potesse essere un ottimo trampolino<br />
per sperimentazioni e approcci nuovi, mi sono tuffato, e<br />
invece di fare musica io stesso ho cominciato a cercare<br />
di facilitare gli altri. Ho cominciato nel 1999 esponendo la<br />
mia visione ai molti amici musicisti; l’idea piaceva a tutti e<br />
con quegli amici collaboro ormai da molti anni. Ci fu anche<br />
un forte incoraggiamento da parte dei musicisti amici di<br />
mio padre. Insomma: molti di quelli che collaborano con<br />
la Hermes sono miei amici oppure artisti che provengono<br />
dalla cerchia di mio padre.<br />
Quali sono i generi musicali che intende registrare?<br />
Difficile da dire. Direi che so solo cosa non voglio fare:<br />
Pop, musica classica persiana e Folk. Il resto è campo<br />
aperto. Se oltre al lato estetico vogliamo comprendere<br />
negli obiettivi anche l’aspetto amministrativo, allora direi<br />
che l’obiettivo è quello di proteggere i diritti dei musicisti<br />
e facilitarli nell’essere creativi in un contesto gioioso.<br />
Ma altri direbbero che più che altro facciamo musica<br />
d’avanguardia…<br />
D’avanguardia?<br />
Sì, so bene che il termine è stato usato e logorato nelle<br />
maniere più diverse, ma non saprei descrivere altrimenti<br />
quello che facciamo. Il nostro slogan è: “Musica per la<br />
Musica” ed è l’unica cosa in cui credo. Per sperimentazione<br />
intendo il cercare di non fare musica classica persiana<br />
standard ma, invece, tentare nuove interpretazioni che<br />
possono accogliere influenze jazz, musica moderna,<br />
cercare commistioni, fusioni…<br />
Com’è la vita di un’etichetta nell’Iran contemporaneo?<br />
Ci sono regole che rendono il fare musica una cosa molto<br />
burocratica! E talvolta problematica. Dalla rivoluzione<br />
islamica in poi per pubblicare un disco serve un permesso<br />
che dev’essere accordato dal Dipartimento per la Musica<br />
del Ministero della Cultura. Per poter pubblicarlo devi<br />
innanzitutto spedire il lavoro al comitato. Se danno il loro<br />
benestare, ti viene data una licenza di stampa e puoi<br />
passare alle fasi successive: stampa e distribuzione. I<br />
criteri fondamentali per la commissione giudicatrice del<br />
Ministero sono quattro, e sono connessi soprattutto con la<br />
musica vocale: i contenuti del testo non devono offendere<br />
la religione; non devono offendere il governo; non devono<br />
essere troppo erotici e non possono essere cantati da<br />
una voce di donna (…ma se la melodia viene cantata da<br />
due donne, o da un coro misto di uomini e donne allora<br />
è lecito!...) Naturalmente nei decenni c’è stata una grande<br />
battaglia su questo punto, ma il governo proibisce ancor<br />
oggi alle cantanti di cantare in pubblico: non chiedermene<br />
la ragione, non la sappiamo nemmeno noi! Al di là della<br />
censura, l’altra grande guerra è quella di tutte le altre<br />
etichette del mondo: il mercato, le basse percentuali di<br />
guadagno e la pirateria…pensa che l’Iran non ha firmato<br />
10 PRIMAVERA 2011<br />
nessuna delle norme sul diritto d’autore…la pirateria<br />
è davvero il problema maggiore. È triste come proprio il<br />
settore governativo del mercato sia quello che beneficia<br />
maggiormente di questa situazione lacunosa: le emittenti<br />
nazionali (in Iran non ci sono emittenti private) usano<br />
musica senza autorizzazione e senza pagare diritti.<br />
Com’è la situazione musicale nell’Iran contemporaneo?<br />
Creativa e in movimento. All’inizio non pensavo che ci<br />
fosse un simile entusiasmo tra i musicisti persiani per la<br />
sperimentazione, ma oggi la scena è davvero carica e<br />
anche l’interesse all’estero sta crescendo.<br />
Chi sono tra i giovani i solisti e gli interpreti che<br />
preferisci?<br />
Nella mia lista di musicisti favoriti ci sono: Peyman<br />
Yazdanian, Hooshyar Khayam, Martin Shamoonpour,<br />
Ankido Darash, Ali Boustan e Christophe Rezai.<br />
Visioni Persiane<br />
Agit prop all’iraniana<br />
di Enrico Verra<br />
Iran 1979: sotto i colpi della rivoluzione komeinista cade il<br />
regime dello Scià.<br />
Nel 1980 la neonata repubblica teocratica lancia la<br />
rivoluzione culturale per affermare il sogno, totalizzante, di<br />
una cultura islamica, nazionale e indipendente, in radicale<br />
opposizione alle tendenze filo occidentali che avevano<br />
caratterizzato il regime di Reza Pahlavi.<br />
A partire dalla fine degli anni 80 il cinema iraniano, prodotto<br />
dalle strutture pubbliche dello stato degli ayatollah, conosce<br />
uno sviluppo e un successo senza precedenti sul piano<br />
internazionale. Non c’è festival, da Berlino a Cannes, a<br />
Venezia, che non selezioni e premi i film della new wave<br />
iraniana. Nomi del calibro di Abbas Kiarostami, Dariyush<br />
Mehrijui, Moshen e Samira Makhmalbaf, Jafar Panahi<br />
diventano i nuovi idoli della cinefilia internazionale.<br />
Nel dibattito teologico sulle arti figurative che caratterizza<br />
il mondo mussulmano, l’islam sciita iraniano, a differenza<br />
dell’islam sunnita dei paesi arabi, ritiene che nel Corano<br />
non ci sia esplicita proibizione di creare immagini di esseri<br />
umani. Inoltre molti religiosi sciiti rivendicano una specificità<br />
nazionale che affonda le sue radici nella straordinaria cultura<br />
figurativa persiana e nella tradizione della miniatura.<br />
Per lo stato iraniano il cinema diventa così lo strumento<br />
ideale per dare visibilità al nuovo ordine islamico,ordine<br />
che il vecchio regime “ateo” e “immorale” aveva rinnegato.<br />
Il sogno della dirigenza komeinista è quindi l’invenzione e<br />
la diffusione massiccia di un cinema che non è lo specchio<br />
antropologico della società, ma la proiezione ideale della<br />
società iraniana.<br />
Abbas Kiarostami<br />
censure<br />
La rivoluzione komeinista, per dare visibilità al suo nuovo<br />
ordine ha bisogno di produrre un cinema islamico che non<br />
esiste da nessuna parte e impone al cinema il diritto di<br />
cittadinanza in cambio della sua islamizzazione.<br />
Questo si traduce in una sola parola: censura. O meglio,<br />
censure, perché investe ogni fase della realizzazione di un<br />
film, dalla sua scrittura alla sua uscita in sala.<br />
La sceneggiatura deve essere sottoposta al vaglio di<br />
specifiche commissioni per poter essere finanziata e<br />
realizzata. Sul set membri della polizia di controllo dei<br />
10 PRIMAVERA 2011<br />
31<br />
costumi verificano che un uomo non stia per troppo tempo,<br />
e da solo, vicino a una donna, nemmeno per ragioni<br />
professionali, che non discutano, che non ridano.<br />
La rigida separazione dei sessi impone una sala trucco per<br />
gli uomini e una per le donne, un truccatore per gli attori e<br />
una truccatrice per le attrici.<br />
Davanti alla cinepresa non si possono riprendere le donne<br />
senza velo e quindi è quasi impossibile girare scene con<br />
donne in interni, perché in casa le donne stanno a capo<br />
scoperto. Non si possono inquadrare contatti fisici di<br />
nessun genere tra uomo e donna perché, se nella finzione<br />
sono ad esempio marito e moglie, nella realtà i due attori<br />
che li interpretano non sono consanguinei.<br />
Si arriva al surreale con lo scandalo che suscitò nel<br />
regime la premiazione di Kiarostami a Cannes quando<br />
la Deneuve lo baciò consegnandoli la Palma d’Oro. Un<br />
contatto inamissibile secondo le regole correnti in Iran,<br />
con l’aggravante di essere stato ripreso dalle telecamere di<br />
mezzo mondo.<br />
E da un paradosso all’altro va fatto notare che, nelle sale<br />
cinematografiche iraniane, anche nei momenti di più forte<br />
contrasto con il satana americano hanno continuato ad<br />
essere proiettati i western hollywoodiani. Il western è il<br />
cinema americano per eccellenza ma agli ayatollah andava<br />
benissimo: è molto maschile e le donne non solo hanno ruoli<br />
secondari ma sono sempre castigatissime.<br />
Ovviamente il controllo sulla vita privata degli attori è<br />
fortissimo.<br />
E quando il film arriva in sala i manifesti che lo promuovono<br />
non devono avere figure femminili in primo piano. La sala,<br />
poi, è divisa, come i ristoranti, in un settore per uomini e<br />
in uno per donne accompagnate da un consanguineo. Non<br />
sono previste donne sole. Un rappresentante della polizia<br />
islamica circola con una pila nel buio della sala di proiezione<br />
per verificare che non si realizzino strani contatti tra i<br />
sessi…<br />
Attraverso la censura lo stato si concentra sui comportamenti<br />
e sull’apparenza fisica, una generazione di registi di<br />
grande talento si è trovata ad inventare un proprio stile e<br />
un linguaggio confrontandosi e scontrandosi con i limiti<br />
imposti dalla censura. Sono nate così specifiche immagini e<br />
particolari modi di raccontare che sono diventati il marchio<br />
di fabbrica della nuova ondata iraniana..<br />
strategie<br />
Il sistema politico iraniano è un sistema bicefalo. Accanto<br />
agli elementi classici (parlamento, presidente della<br />
repubblica, governo) c’è una Guida della rivoluzione, figura<br />
con una vocazione di orientamento spirituale, il cui peso<br />
politico supera enormemente quello attribuitogli dalla<br />
costituzione. Questo crea un parallelismo di poteri, dai piani<br />
alti dello stato fino alle più lontane ramificazioni. Parallelismo<br />
che si traduce nella costituzione di una serie di organi e<br />
gruppi islamici, che verificano ossessivamente la conformità<br />
dei comportamenti, in tutti gli ambiti, pubblici e privati, ai<br />
dettati dell’islam. Una vera e propria polizia esecutiva del<br />
verbo della guida. Esempio di questo dualismo è il controllo<br />
sul cinema che è diviso tra il Ministero della Cultura e<br />
dell’Orientamento Islamico, statale, e il Gran Consiglio della<br />
Rivoluzione Culturale alle dirette dipendenze della guida.<br />
Ovviamente ogni istituzione cerca di difendere la propria