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a piedi nudi nel parto<br />

a cura della redazione<br />

Makeda, che sta portando a term<strong>in</strong>e una gravidanza a rischio, deve affrontare un<br />

viaggio di ch<strong>il</strong>ometri per raggiungere l’ospedale dove partorire. Siamo stati <strong>in</strong> Etiopia.<br />

Dove non ci sono mezzi, né strade. Ma dove qualcosa sta cambiando grazie anche a<br />

un gruppo di italiani.*<br />

«Aisosh, coraggio». La cognata di Makeda le str<strong>in</strong>ge la mano, mentre <strong>il</strong> marito la<br />

sorregge con le braccia alzando gli occhi al cielo a ogni sobbalzo della macch<strong>in</strong>a.<br />

L’autista sp<strong>in</strong>ge sull’acceleratore, ma poi frena per evitare un tronco che blocca la<br />

strada per dei lavori. Gli abitanti di Bckise, un v<strong>il</strong>laggio nella regione dell’Oromia, <strong>in</strong><br />

Etiopia, stanno costruendo la carreggiata estirpando le radici di alberi morti. «Ma è<br />

tutto <strong>in</strong>ut<strong>il</strong>e. Tra un mese <strong>in</strong>izierà la stagione delle piogge, l’acqua distruggerà la strada<br />

e <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio resterà di nuovo isolato», borbotta l’autista. «Aiò-aiò-aiò-aiò». A ogni<br />

rimbalzo Makeda <strong>in</strong>arca la schiena <strong>in</strong> preda alle contrazioni, e urla che non ce la fa più:<br />

deve partorire.<br />

Eravamo arrivati a Bekise per visitare l’health post, uno delle cent<strong>in</strong>aia di piccoli centri sanitari che Medici con<br />

l’Africa Cuamm - la più importante e storica organizzazione non governativa italiana nel cont<strong>in</strong>ente - da 62<br />

anni fa nascere nei v<strong>il</strong>laggi. La responsab<strong>il</strong>e, Gob<strong>in</strong>e, una ragazza etiope di 22 anni, ci stava spiegando che<br />

somm<strong>in</strong>istra vacc<strong>in</strong>i agli abitanti, fa educazione sanitaria e segue, andando anche casa per casa, le donne<br />

<strong>in</strong>c<strong>in</strong>te prima e dopo <strong>il</strong> parto. Quando un uomo ha bussato alla porta: «Aiutateci, mia moglie ha le doglie». «Non<br />

può partorire a casa, è una gravidanza a rischio», ha urlato Gob<strong>in</strong>e. Pochi m<strong>in</strong>uti dopo eravamo sull’auto <strong>in</strong> corsa<br />

verso l’ospedale, col terrore di non riuscire a salvare la vita di Makeda e del suo bamb<strong>in</strong>o.<br />

È stato allora che abbiamo capito <strong>il</strong> senso delle parole pronunciate poche ore prima dal direttore del Cuamm,<br />

Don Dante Carraro: «Ogni anno <strong>in</strong> Etiopia una donna su 140 muore prima o durante <strong>il</strong> parto (<strong>in</strong> Italia<br />

è una su 25 m<strong>il</strong>a, ndr) e un bamb<strong>in</strong>o su 13 muore venendo alla luce (<strong>in</strong> Italia è uno su 340, ndr)». La<br />

causa? «Mancano strade e mezzi di trasporto, e nei v<strong>il</strong>laggi non c’è assistenza sanitaria. Ci sono solo tre medici<br />

ogni 100 m<strong>il</strong>a abitanti. Il costo medio per assicurare a una mamma <strong>il</strong> parto assistito è di 40 euro, ma <strong>il</strong> trasporto<br />

all’ospedale ne costa 20. Troppi, per chi è povero».<br />

Per fronteggiare la situazione, ai primi di maggio <strong>il</strong> Cuamm ha lanciato <strong>il</strong> progetto di sanità pubblica Prima le<br />

mamme e i bamb<strong>in</strong>i. «Riguarda anche Angola, Tanzania e Uganda, e ha come obiettivo raddoppiare <strong>il</strong> numero<br />

dei parti assistiti».<br />

In Etiopia, <strong>il</strong> progetto è stato attivato all’ospedale cattolico St. Luke di Wolisso: pronto soccorso, ortopedia e<br />

almeno trecento visite al giorno. Il fiore all’occhiello sono i reparti di pediatria e ostetricia. «La nostra struttura<br />

è tra le più moderne dell’Africa <strong>in</strong> fatto di salute materna e <strong>in</strong>fant<strong>il</strong>e», ci spiega la dottoressa Arianna Bortolani.<br />

«C’è un reparto per i bimbi malnutriti dove, dopo averli salvati, <strong>in</strong>segniamo alle mamme come alimentarli. Nel<br />

reparto di ostetricia vengono effettuati, oltre ai parti naturali, tre-quattro cesarei al giorno. E siccome i v<strong>il</strong>laggi<br />

sono distanti dall’ospedale, per evitare alle partorienti di percorrere ch<strong>il</strong>ometri a piedi per arrivare f<strong>in</strong> qui,<br />

abbiamo messo <strong>in</strong> piedi un’unità dove ospitiamo quelle che ci segnalano gli healt center. Gli health center sono<br />

centri di sanità governativi, a metà strada tra l’ospedale e gli health post creati dal Cuamm nei v<strong>il</strong>laggi. «Quando<br />

mi accorgo che una donna non può partorire a casa, la <strong>in</strong>dirizzo al centro governativo, dove c’è la sala parto»,<br />

ci aveva spiegato la responsab<strong>il</strong>e di Bekise. «Purtroppo, le distanze sono enormi: per raggiungere <strong>il</strong> centro,<br />

troppo spesso, bisogna fare comunque molti ch<strong>il</strong>ometri a piedi». Alcune partoriscono durante <strong>il</strong> percorso, molte<br />

muoiono a casa dopo aver r<strong>in</strong>unciato alle cure.<br />

Makeda ha tenuto duro: per arrivare dalla sua capanna alla nostra macch<strong>in</strong>a ha camm<strong>in</strong>ato, sorretta dal marito<br />

e dalla cognata, per 15 ch<strong>il</strong>ometri. È arrivata sf<strong>in</strong>ita, a piedi scalzi e con gli abiti stracciati, reggendosi <strong>il</strong><br />

pancione. Ora urla che non ce la fa più. Gob<strong>in</strong>e <strong>in</strong>cita l’autista: «Corri al centro governativo, è più vic<strong>in</strong>o». L’auto<br />

si ferma davanti al cancello. Makeda scende, si accascia, si rialza. Sorretta dal marito e dalla cognata, raggiunge<br />

la sala parto. La struttura è fatiscente: una farmacia dove distribuiscono gratuitamente i farmaci per l’hiv e<br />

la Tbc, un laboratorio di analisi e una stanza per i vacc<strong>in</strong>i. La responsab<strong>il</strong>e, facendosi largo tra malati, bimbi e<br />

polvere, spiega: «Collaboriamo con sei centri di Medici con l’Africa. Ogni settimana riceviamo <strong>in</strong>formazioni sulla<br />

situazione sanitaria, e su eventuali nascite a rischio».<br />

«Il nostro progetto prevede di migliorare le condizioni dei centri governativi, e metterli <strong>in</strong> grado di garantire<br />

più parti assistiti. All’ospedale devono arrivare<br />

solo i cesarei e le situazioni più a rischio», dice<br />

Federico Calia, 56 anni, assistente sanitario<br />

al St.Luke. «L’obiettivo è garantire <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que<br />

anni 125 m<strong>il</strong>a parti assistiti, di cui 40 m<strong>il</strong>a<br />

negli ospedali e 85 m<strong>il</strong>a nei centri di salute<br />

governativi».<br />

Mentre parla, dalla sala parto arriva <strong>il</strong> vagito<br />

di un bimbo. Il marito di Makeda si precipita<br />

nella stanza e ne esce dopo pochi m<strong>in</strong>uti con<br />

<strong>in</strong> braccio <strong>il</strong> figlio. «E’ un maschietto, sta bene,<br />

e sta bene anche mia moglie», ci r<strong>in</strong>grazia<br />

piangendo.<br />

* di Tamara Ferrari, pubblicato sul<br />

settimanale Vanity Fair del 30 maggio 2012<br />

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