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e d i t o r i a l e<br />

4<br />

editoriale<br />

di Giulia Consonni<br />

Cari lettori,<br />

nero su bianco confesso pubblicamente la mia emozione nel trovarmi a redigere <strong>il</strong><br />

primissimo editoriale della vita. Ai più sembrerà, forse, una sciocchezza, ma dopo<br />

anni di studio, qualche articolo e saltuarie collaborazioni … per me rappresenta<br />

realmente un gran traguardo! Ancor più entusiasmante perché non retribuito e<br />

giustificato esclusivamente dalla voglia di mettermi <strong>in</strong> gioco. Conosco <strong>Nuova</strong><br />

<strong>Famiglia</strong> da quando sono piccola. ho due fratelli adottivi <strong>in</strong> Etiopia e <strong>in</strong> quella terra<br />

sono stata già un paio di volte: dapprima, nel lontano 1997, <strong>in</strong> un viaggio <strong>in</strong>trapreso<br />

con la mia famiglia proprio per conoscerli, durante <strong>il</strong> quale ho trascorso le vacanze<br />

natalizie più <strong>in</strong>dimenticab<strong>il</strong>i; <strong>in</strong> un secondo tempo, con un campo lavoro nell’estate di esattamente 10<br />

anni dopo la prima trasferta. Mi rende orgogliosa questa nuova <strong>in</strong>vestitura e r<strong>in</strong>grazio l’<strong>Associazione</strong> per<br />

avermi affidato l’<strong>in</strong>carico con <strong>in</strong>estimab<strong>il</strong>e fiducia e affetto. Come accennava Marcello – che, tengo a<br />

sottol<strong>in</strong>eare, negli anni <strong>in</strong> cui ho seguito <strong>il</strong> <strong>giornale</strong> al suo fianco come segretaria ha rappresentato per<br />

me una guida e un maestro eccellenti -, è stata creata una nuovissima redazione al f<strong>in</strong>e di portare molte<br />

fresche idee, oltre ad una grande carica di buona volontà e di entusiasmo, per creare un <strong>giornale</strong> d<strong>in</strong>amico,<br />

ricco e puntuale. Daremo ampio spazio a testimonianze di vita e di viaggi, cont<strong>in</strong>uando ad aggiornarvi sui<br />

progetti e sulle <strong>in</strong>iziative curate da <strong>Nuova</strong> <strong>Famiglia</strong>. Da questo numero, poi, abbiamo deciso di dedicare<br />

una rubrica ai bamb<strong>in</strong>i: consigli per la lettura, passatempi e giochi orig<strong>in</strong>ali per trascorrere la lunga estate<br />

di vacanze appena com<strong>in</strong>ciata. E ancora: ferma resta la speranza di un maggior co<strong>in</strong>volgimento di tutti<br />

voi che, sempre, ci avete seguito con stima, e cont<strong>in</strong>uate a farlo anno dopo anno. Scriveteci esprimendo<br />

la vostra op<strong>in</strong>ione o suggerendo cambiamenti, approfondimenti e <strong>in</strong>iziative, aff<strong>in</strong>ché questo <strong>giornale</strong><br />

possiamo farlo <strong>in</strong>sieme e renderlo ancora migliore. Vorrei segnalare, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, che da oggi trovate Parliamo<br />

Africa anche <strong>in</strong> rete (www.nuovafamiglia.it): un piccolo, doveroso adeguamento al passo con i tempi,<br />

un archivio per nostalgici lettori e un riferimento per accaniti <strong>in</strong>ternauti. E allora, grazie a tutti voi per <strong>il</strong><br />

sostegno s<strong>in</strong>cero e … buona lettura!<br />

CHIAMIAMOLO FEMMMINICIDIO<br />

Da donna, vorrei <strong>in</strong>iziare questa avventura con una riflessione proprio sulle donne, condividendo con voi<br />

queste importanti righe.<br />

“101 nel 2006, 107 nel 2007, 112 nel 2008, 119 nel 2009, 120 nel 2010, 137 nel 2011 e 54 soltanto nei<br />

primi quattro mesi di quest’anno sono le donne uccise <strong>in</strong> Italia, soprattutto da fidanzati ed ex fidanzati,<br />

ex mariti e mariti, comunque da maschi violenti. Venerdì 27 apr<strong>il</strong>e le donne di Se non ora quando<br />

(http://www.senonoraquando.eu) hanno diffuso l’appello Mai più complici al quale è impossib<strong>il</strong>e non<br />

aderire. L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, sic<strong>il</strong>iana, strangolata e ritrovata sotto <strong>il</strong> ponte di<br />

una strada statale. I nomi, l’età e le città cambiano, le storie <strong>in</strong>vece si ripetono: sono gli uom<strong>in</strong>i più<br />

vic<strong>in</strong>i alle donne ad ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori<br />

sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a traf<strong>il</strong>etti marg<strong>in</strong>ali e <strong>il</strong> l<strong>in</strong>guaggio le uccide due volte cancellando,<br />

con le parole, la responsab<strong>il</strong>ità. La violenza è sempre <strong>in</strong>sopportab<strong>il</strong>e, ma la violenza sulle donne, «i<br />

negri del mondo» come le def<strong>in</strong>iva John Lennon, ancora di più. Perché rimanda a una cultura della<br />

disuguaglianza. Sarebbe giusto dare pene più severe a chi uccide o fa del male a chi pretendeva di amare?<br />

Probab<strong>il</strong>mente sì. Sarebbe un segnale, una presa di posizione. Vorrebbe dire: «Questo è un Paese che<br />

combatte ogni retaggio arcaico e tribale». Ma stab<strong>il</strong>ire un’aggravante del genere avrebbe un’implicazione<br />

<strong>in</strong>volontariamente discrim<strong>in</strong>atoria? Sancire la diversità aggrava la diversità? È un’annosa questione sulla<br />

quale è diffic<strong>il</strong>e avere le idee chiare. Vista <strong>in</strong> un’ottica temporale, verrebbe da dire che, poiché da migliaia<br />

di anni le donne sono vittime di violenze, ora possiamo concederci qualche secolo di «leggi speciali»<br />

giusto per andare pari, anche se <strong>il</strong> solo concetto di legge speciale rimanda a qualcosa che ci fa paura.<br />

La cultura dell’emergenza è rischiosissima. E’ora però di dire basta e chiamare le cose con <strong>il</strong> loro nome,<br />

di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bamb<strong>in</strong>e, ragazze, donne uccise nell’<strong>in</strong>differenza. Di<br />

non tacere, sopportare, m<strong>in</strong>imizzare, raccontare bugie e non denunciare. Queste violenze sono crim<strong>in</strong>i,<br />

omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media camb<strong>in</strong>o <strong>il</strong> segno dei racconti e restituiscano tutti <strong>in</strong>teri<br />

i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsab<strong>il</strong>ità di chi le uccide. Che cosa può<br />

fare, allora, ognuno di noi, oltre a firmare appelli e petizioni? Possiamo educare i bamb<strong>in</strong>i, maschi e<br />

femm<strong>in</strong>e, al rifiuto della violenza, ma soprattutto della cultura della disuguaglianza e del machismo. Al<br />

vero senso dell’Amore, che non è di certo possesso, brutalità e violenza. Possiamo spiegare, e dimostrare,<br />

che una ragazza <strong>in</strong> gamba rifiuta l’idea di trovare attraente un uomo manesco o morbosamente geloso<br />

e possessivo. Che la passione non ha nulla a che vedere con la brutalità e la forza fisica. Non sarà per<br />

niente fac<strong>il</strong>e, anzi. Combattere la violenza, e la cultura che la genera, vuol dire non abbassare<br />

mai la guardia della razionalità. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che<br />

si allontana dall’Europa e dalla civ<strong>il</strong>tà. Vogliamo che l’Italia si dist<strong>in</strong>gua per come sceglie di<br />

combattere la violenza contro le donne e non per l’<strong>in</strong>erzia con la quale, tacendo, sceglie di<br />

assecondarla”.

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