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Ei - Sardegna Cultura

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carbone che aveva un occhio enorme, riconobbe Glicerio<br />

e svenne guardando il cielo.<br />

* * *<br />

Enrico era così, affrontava le cose concentrandosi su una<br />

sola, non si sforzava di metterle insieme e di sistemare tutto<br />

in armonia. Il suo paesaggio olfattivo ormai era invaso<br />

dall’odore delle pesche mature. Quell’odore di pesca gli<br />

sembrava di importanza straordinaria ma senza sapere<br />

perché. Perfino mentre sveniva in cimitero l’aveva sentito.<br />

L’unico odore che poteva spiazzare quello delle pesche<br />

era quello di Melania ed era stato l’odore di lei a farlo rinvenire.<br />

Ma da tre giorni lei non si faceva vedere ed Enrico<br />

non l’aveva cercata perché non si sentiva forte abbastanza.<br />

Egeico Lago si era chiuso da qualche giorno a casa della<br />

cugina Medina Xaxa, chiuso e catturato da lei che usciva<br />

raramente.<br />

Medina era una donna triste, un essere del paese del<br />

dolore. Però, quando ospitava Egeico, smetteva di dormire<br />

dentro la culla del figlio morto, dove tutte le altre<br />

notti giaceva respirando pesante per i sonniferi e tenendosi<br />

stretta alle sbarre. Quel figlio, si diceva fosse stato<br />

proprio figlio di Egeico Lago.<br />

Nonostante il dolore da amputazione per la perdita,<br />

Medina era interessata a vivere.<br />

Come Egeico era dissanguata da incroci tra parentele<br />

vicine. Una donna clorofillica, alta e con un bel naso. Veniva<br />

alla mente, vedendola, l’idea di una razza indebolita<br />

da radiazioni, alimentata solo con acqua e foglie. Ma a<br />

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differenza di Egeico, che lei aveva scelto di frequentare<br />

ad accessi, per pochi giorni al mese lontani dalle sue ovulazioni<br />

fiacche, era attiva e attenta. Solo al tramonto veniva<br />

presa da una malinconia che spegneva la sua vitalità da<br />

bambola. E allora era impressionante vederla, con le occhiaie<br />

improvvise, ritornare a casa precipitosamente.<br />

Era cugina lontana di tante persone e anche di Enrico<br />

che la chiamava “la mia cugina del crepuscolo” e le voleva<br />

bene.<br />

* * *<br />

Un sabato che Enrico aveva deciso di andarsene allo<br />

stabilimento marino della Grotta di Panope, mentre<br />

scendeva leggero le scale, trovò nell’atrio del palazzo un<br />

giovane appoggiato allo stipite del portone col gatto portinaio<br />

tra le braccia.<br />

Lo salutò:<br />

– Buongiorno! Che aria ad Epipanormo oggi! Il mare<br />

ci manda messaggi! Sono Enrico Ricasoli, e abito in questo<br />

palazzo.<br />

L’uomo posò il gatto sulle mattonelle calde e se ne andò<br />

con un bel passo pneumatico da ragazzo verso la discesa<br />

sollevando un braccio in segno di saluto.<br />

Alle narici di Enrico arrivò un buon odore di pesche.<br />

Non si preoccupò e realisticamente si disse:<br />

– Narici noiose, sentono dappertutto lo stesso odore!<br />

Arrivò al gabbiotto della funicolare. Con lo stesso motore<br />

una funicolare saliva e l’altra scendeva, perciò c’era<br />

sempre un punto nel quale le due cabine si sfioravano e<br />

chi discendeva vedeva le facce di chi risaliva.<br />

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