NEWS N. 24 - The Venice International Foundation
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striaca mirava ugualmente a dimostrare quanto le fornaci muranesi<br />
fossero in grado di produrre in un’epoca in cui erano i cristalli di<br />
Boemia a detenere la palma. Neppure questo tentativo ebbe successo,<br />
dal momento che “smalti e vetrificazioni” di tale natura non<br />
vennero più realizzati per molti anni. Accortamente le critiche<br />
mosse dagli esperti francesi al bureau del 1811 furono ben tenute a<br />
mente quando si trattò di ritentare l’impresa per il nuovo monarca:<br />
si eliminarono così l’impiallacciatura in finto legno acajou e il<br />
piano in perline, il fondo con le imitazioni delle pietre preziose fu<br />
protetto da un cristallo sollevabile grazie a due manici in forma di<br />
serpenti e inoltre si optò per una forma circolare su tre gambe.<br />
Il piano dell’esemplare oggi a Konopiste è tempestato di semisfere<br />
turchesi e di quaranta “gemme” prismatiche in diverse vetrificazioni,<br />
tutte di colori differenti, lungo il bordo. Al centro, attorniato<br />
da una ghirlanda di quercia ocra su campo nero, il medaglione<br />
in finto opale, a sua volta incorniciato da una ghirlanda d’alloro<br />
posata su una raggiera, presenta in finti rubini le iniziali intrecciate<br />
C e A dell’imperatrice. Tre vittorie alate in bronzo dorato si uniscono<br />
sotto al piano con le code-girali e<br />
si appoggiano con gambe curvilinee<br />
dal piede caprino su un’imposta<br />
triangolare, sorretto da tre cavalli<br />
marini in bronzo, adagiati su un altro<br />
basamento decorato da palmette<br />
dorate. Manca, rispetto all’incisione<br />
d e l l ’O m a g g i o, l’anfora in “puren<br />
blauen venetianischen Glassperlen”<br />
che si trovava al centro del primo basamento<br />
e che può esser stata alienata<br />
o distrutta negli anni a venire. Finiva<br />
così esiliato e dimenticato, e<br />
proprio nella terra dei cristalli boe-<br />
mi, quel che si voleva proporre quale strumento di propaganda dell’alto<br />
artigianato veneziano e della grande vetreria muranese.<br />
* parzialmente tratto da <strong>The</strong> Burlington Magazine, giugno 2001.<br />
Venezia e la magia dell’oro bianco<br />
ELISABETTA DAL CARLO<br />
[168] Dettaglio delle vittorie alate<br />
in bronzo dorato del tavolo<br />
conservato a Konopiste.<br />
Il Settecento è l’epoca in cui il lungo itinerario artistico della<br />
città lagunare si sta concludendo in una stagione confusa, ma<br />
ricca e creativa. Una Venezia in declino, che resta tuttavia ancora<br />
uno dei centri intellettuali e artistici più brillanti d’Europa. E<br />
in questo vivace milieu culturale la squisita bellezza della porcellana<br />
incarna il senso della moda e dello stile: il gusto del secolo.<br />
Il nuovo materiale, così prezioso da essere detto “oro bianco”,<br />
diventa oggetto di culto tra la raffinata società veneziana. Dopo l’apertura<br />
della manifattura di Meissen nel 1710 e la conseguente diffusione<br />
dell’arcanum, la porcellana dura sostituì nell’arte della tavola<br />
l’uso della maiolica, dell’argento, del peltro e della porcellana<br />
orientale. Della “malattia della porcellana” ne sono una testimonianza<br />
i magnifici servizi che Meissen realizzò per le grandi casate<br />
veneziane, tra le più straordinarie opere di tutta la produzione del-<br />
la fabbrica sassone: i servizi per i Cappello, i Foscari, i Morosini, i<br />
Grimani, solo per citarne alcuni.<br />
Ma soprattutto Venezia è stata la sola città a ospitare nel Settecento<br />
ben tre manifatture, quelle di Giovanni Vezzi, degli Hewelke<br />
e di Geminiano Cozzi, manifatture che hanno segnato un capitolo<br />
importante nella storia della porcellana europea in termini di felicità<br />
inventiva e di iniziativa imprenditoriale. E Venezia fu anche la<br />
prima città italiana e la terza in Europa, dopo Meissen e Vienna, a<br />
ospitare una fabbrica di porcellane, che produrrà oggetti di pari<br />
bellezza a quelli usciti da Meissen: la Casa Eccellentissima Vezzi.<br />
La sua origine è legata alla storia<br />
della fabbrica viennese di Du Paquier,<br />
per la presenza dello smaltatore<br />
e decoratore Christoph Conrad<br />
Hunger, proveniente da Meissen, il<br />
quale, dopo aver svelato l’arcanum a<br />
Vienna, scappa in laguna e stipula<br />
un contratto con Giovanni Vezzi il 5<br />
giugno 1720. Giovanni, figlio primogenito<br />
del ricco orafo Francesco,<br />
investe cinquantamila ducati per<br />
produrre porcellane. Hunger viene<br />
[169-170] Teiera della manifattura<br />
Vezzi del 1720 e, a sinistra, del<br />
1720-27; entrambe sono<br />
conservate a Ca’ Rezzonico.<br />
nominato Fabriciere Principale: con il suo ricco bagaglio di esperienze<br />
e facendo arrivare il caolino clandestinamente dalla Sassonia,<br />
riesce a portare la manifattura Vezzi<br />
a un immediato successo. La Giudecca<br />
ne ospita la prima sede, spostata<br />
poi nella parrocchia della Madonna<br />
dell’Orto, in un edificio sulla<br />
laguna che ancora oggi conserva<br />
l’antico nome di Casin dei Spiriti.<br />
I tre anni successivi alla partenza dello smaltatore dalla città<br />
lagunare nel 17<strong>24</strong> rappresentano il periodo di massimo splendore<br />
della fabbrica ma, a causa dei debiti contratti da Giovanni e al ritiro<br />
dei finanziamenti da parte del padre, la Casa Eccellentissima<br />
Vezzi chiude nel 1727, per volontà del vecchio Francesco, preoccupato<br />
del crescente passivo. Da antichi documenti risulta però<br />
che a quella data rimasero a Giovanni Vezzi oltre trentamila pezzi<br />
non finiti, probabilmente decorati e messi in vendita dallo stesso<br />
Vezzi fino al 1740 circa, quando risulta che Giovanni concluse le<br />
ultime vendite. Sette anni di vita, nei quali la Casa Eccellentissima<br />
Vezzi crea splendidi oggetti, una produzione limitata, costituita<br />
essenzialmente da tazzine, piattini,<br />
teiere e qualche rara caffettiera. La pasta è<br />
di ottima qualità, di color bianco puro, crema<br />
o leggermente grigiastro, sempre molto<br />
trasparente, ricoperta da una vernice lucente,<br />
che si avvicina a quella di Meissen avendo<br />
in comune la materia di base, il caolino<br />
sassone. Il marchio è costituito dal nome<br />
“ Venezia”, intero o abbreviato, in azzurro sottovernice,<br />
in rosso, a volte in oro, talvolta inciso<br />
nella pasta.<br />
[171-172] Il marchio della manifattura Vezzi e, in<br />
alto, una tazza a campana del 1723 conservata a<br />
Ca’ Rezzonico.