NEWS N. 24 - The Venice International Foundation
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portanti, posti entro cornici plasticamente modellate e dorate.<br />
Per accrescere l’impatto sontuoso degli interni, si producono in<br />
misura sempre maggiore mobili di ogni tipo e dimensione, come<br />
moretti, mensole, tavolinetti da muro, angoliere, credenzine, atti a<br />
contenere e a esporre una nuova e superflua oggettistica<br />
d’arredo dai fini puramente decorativi. Anche la<br />
moda, sempre più ricca e fastosa, contribuisce a<br />
dare forma agli elementi d’arredo: le vesti – rese<br />
costosissime all’inizio dall’impiego di grandi quantità<br />
di stoffe tinte con sostanze rare e, più tardi, dalle<br />
tessiture dei complicati velluti<br />
alto-bassi, soprarizzi e<br />
broccati –, impreziosite di ricami<br />
in metallo nobile, lustrini,<br />
canutiglie, borchie dorate<br />
e merletti e poggianti su<br />
sottostrutture che deformano le<br />
linee anatomiche, richiedono<br />
sedie, divani e poltrone di determinate<br />
forme e dimensioni. I “panieri” e i [52-53] Mobile di<br />
guardinfanti settecenteschi, rendendo rigonfi Ca’ Rezzonico e, a<br />
e voluminosi i fianchi, provocano infatti l’eli-<br />
sinistra, un moretto.<br />
minazione dei braccioli. Anche il bisogno di rappresentazione del<br />
proprio potere personale è, soprattutto<br />
in epoca barocca, determinante<br />
nella realizzazione di oggetti ricercati<br />
e lussuosi. Tra gli esempi più<br />
vistosi sono da ricordare le imbarcazioni<br />
di rappresentanza, come il Bucintoro<br />
o le gondole “di casata”, su<br />
cui si riusciva a profondere in modo<br />
spettacolare la ricchezza: non solo<br />
oro ovunque, su legni e metalli, laccature<br />
e pennacchi, ma anche rive-<br />
[54-55] Andrienne, 1775 ca,<br />
Venezia, Palazzo Mocenigo. In<br />
basso, gondola del conte di<br />
Colloredo.<br />
stimenti e lunghi strascichi serici.<br />
Se la tendenza allo sfarzo, allo “sciupio<br />
vistoso”, delle classi agiate veneziane<br />
viene tenuta sotto controllo<br />
dalle leggi suntuarie del Magistrato<br />
alle Pompe, non è possibile limitare l’aspirazione al bello e al sontuoso<br />
che persisterà in generale nelle produzioni artigianali veneziane,<br />
universalmente riconosciute come le migliori. Non è un caso<br />
che si parli di pannine “alla veneziana” (che nel Cinquecento surclassano<br />
quelle “alla fiorentina”), di “rosso veneziano” per le tinture,<br />
di “punto Venezia” per merletti e ricami, di façon de Venise per<br />
vetri, rilegature e lacche, di opus veneticum per l’oreficeria, e persino<br />
di petite Venise per i tovagliati.<br />
* parzialmente tratto da Doretta Davanzo Poli, Le arti decorative a Venezia,<br />
Bergamo, Edizioni Bolis, 1999.<br />
I camini di Venezia*<br />
GEROLAMO FAZZINI eANDREA PENSO<br />
Nel singolare spazio urbano veneziano e nella sua scenografia<br />
monumentale vi sono elementi che spesso sfuggono<br />
alla sguardo: i camini sono tra questi. Generalmente<br />
appaiono come dei fatti accidentali e anomali nel ritmo architettonico<br />
mentre, al contrario, sono strutture funzionali rispetto a precise<br />
esigenze. Svariatissimi nelle forme, caratterizzati nelle tipologie,<br />
innumerevoli nella quantità,<br />
rappresentano, nella multisecolare<br />
vicenda edilizia veneziana,<br />
elementi indispensabili e<br />
soluzioni originali a concreti bisogni<br />
per la salubrità della casa<br />
veneziana.<br />
Benché Boerio nel suo Diziona<br />
[56] Tre diverse tipologie di camino<br />
sullo stesso tetto.<br />
rio italiano veneziano definisca il<br />
termine camin come “luogo della<br />
casa o sia apertura o sia vano<br />
per cui passa il fummo” e ne<br />
elenchi le sue parti – fogher (focolare), napa (cappa), cana (gola), ca<br />
stelo (rocca o torretta) – a Venezia per camin si intende generalmente<br />
la struttura muraria al di sopra della linea di gronda.<br />
Nei secoli l’espulsione del fumo in tutte le abitazioni è sempre<br />
stato il tormento dei mesi invernali: morire affumicato o dal freddo.<br />
In genere il problema veniva risolto con un foro nel tetto da cui<br />
usciva però anche una notevole quantità di calore. A Venezia – città<br />
costruita su 116 isole circondate da 176 rii – oltre a questo vi erano<br />
anche altri due problemi: la<br />
salsedine e l’umidità, specialmente<br />
nei periodi di nebbia. La<br />
particolare conformazione urbanistica<br />
della città, che presentava<br />
abitazioni vicinissime le une<br />
alle altre e di differenti altezze,<br />
esigeva quindi l’ideazione di un<br />
manufatto che contemporaneamente<br />
estraesse il fumo dall’abitazione,<br />
che abbattesse le scintille<br />
a volte causa di furiosissimi<br />
incendi – le primitive abitazioni<br />
veneziane infatti avevano il tetto<br />
in paglia – e, particolare non secondario,<br />
che favorisse la circolazione<br />
dell’aria all’interno dell’abitazione.<br />
[57] Venezia altomedioevale in una<br />
ricostruzione dal codice Diplovataccio,<br />
Venezia, Biblioteca Marciana.<br />
Il camino veneziano funziona in modo molto elementare: il fumo<br />
prodotto dalla combustione è raccolto dalla cappa e convogliato<br />
nella canna fumaria fino ad arrivare al c a m i n poiché il fumo caldo,<br />
per legge fisica, tende a portarsi in alto. La parte superiore della canna<br />
è tappata da una tettoietta per impedire alla pioggia di entrare<br />
nell’abitazione, il fumo è quindi costretto a uscire da fori laterali, a<br />
infilarsi fra l’esterno della canna fumaria e uno schermo che ne circonda<br />
la parte terminale e a uscire superiormente. È proprio la forma<br />
di questo schermo che determina le varie tipologie di camino.