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La popolazione civile, le istituzioni ecclesiastiche, il clero a Pisa ...

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Assessorato alla Pubblica Istruzione della Provincia di <strong>Pisa</strong><br />

<strong>La</strong> <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong>, <strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche,<br />

<strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro a <strong>Pisa</strong> durante la II guerra mondia<strong>le</strong><br />

a cura di A<strong>le</strong>ssandra Peretti e Stefano Sodi<br />

Giornata di studio e formazione<br />

4 apri<strong>le</strong> 2005<br />

Stazione Leopolda - <strong>Pisa</strong><br />

Quaderni del Centro per la didattica della Storia<br />

Numero 11


Immagine in copertina:<br />

<strong>Pisa</strong>. Chiesa di San Giovanni al Gatano a Porta a Mare, devastata dal bombardamento al<strong>le</strong>ato del<br />

31 agosto 1943<br />

I Quaderni già pubblicati:<br />

1. Persecuzioni e stermini nella seconda guerra mondia<strong>le</strong><br />

2. <strong>La</strong> politica razzia<strong>le</strong> del fascismo<br />

3. Dalla discriminazione allo sterminio<br />

4. <strong>La</strong> Grande Guerra<br />

5. Fuori dall’ombra. Sguardi sulla storia della donne<br />

6. Il primo dopoguerra e <strong>il</strong> culto dei caduti<br />

7. Lotte contadine e operaie nel <strong>Pisa</strong>no nel secondo dopoguerra<br />

8. L’arte di stare insieme. Percorsi didattici tra <strong>Pisa</strong> e <strong>il</strong> Mediterraneo<br />

9. Tra storia e memoria: dalla ricerca alla scuola<br />

10. <strong>Pisa</strong>: 1940-1946. Le ferite di una città<br />

Le relazioni e i materiali didattici che seguono sono stati presentati <strong>il</strong> 4 apri<strong>le</strong> 2005 nel corso di una<br />

giornata di studio sul tema “<strong>La</strong> <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong>, <strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche, <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro a <strong>Pisa</strong> durante la guerra”<br />

e riordinati per la pubblicazione da Stefano Sodi e A<strong>le</strong>ssandra Peretti.<br />

©Copyright 2006 by Provincia di <strong>Pisa</strong><br />

ISBN 88-7781-808-5


INDICE<br />

Presentazione<br />

Rosa Dello Sbarba (Provincia di <strong>Pisa</strong>).............................................................................p. 5<br />

Luca Curti (SSIS Toscana)..............................................................................................p. 6<br />

Relazioni<br />

Resistenza, guerra tota<strong>le</strong> e stragi in provincia di <strong>Pisa</strong>: risultati e ipotesi di ricerca<br />

Paolo Pezzino (Università di <strong>Pisa</strong>)......................................................................................p. 7<br />

L’azione dell’arcivescovo Gabrie<strong>le</strong> Vettori<br />

Stefano Sodi (SSIS Toscana) ..............................................................................................p. 13<br />

Sacerdoti vittime del nazismo. Note sulla Chiesa pisana tra 1943 e 1944<br />

Gianluca Fulvetti (Università di <strong>Pisa</strong>) ...............................................................................p. 27<br />

L’Archivio diocesano e gli archivi parrocchiali per la ricerca storica<br />

Antonio Cecconi (Arcidiocesi di <strong>Pisa</strong>) ...............................................................................p. 49<br />

Appendice bibliografica .................................................................................................p. 55<br />

Materiali didattici<br />

Un prete: la religione, <strong>le</strong> guerre, la politica<br />

Daniela Bernardini, Luigi Puccini (ITIS “Marconi” di Pontedera) ....................................p. 59<br />

<strong>La</strong> memoria<br />

Anna Calloni (Scuola Media “Fermi” di Pontasserchio) ..................................................p. 83<br />

Moduli di storia loca<strong>le</strong> elaborati a cura del <strong>La</strong>boratorio di Didattica della Storia:<br />

<strong>La</strong> Comunità Ebraica di <strong>Pisa</strong> e l’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del 1938<br />

L’antisemitismo a <strong>Pisa</strong><br />

Daniela Berrugi, Lidia Russo (IPSACT “Matteotti” di <strong>Pisa</strong>)...............................................p. 89<br />

Materiali di studio sulla vita e sulla morte di Livia Gereschi<br />

Linda Bimbi (IPSACT “Matteotti” di <strong>Pisa</strong>) .......................................................................p. 99<br />

Note sul video “Licia e Faliero”<br />

A<strong>le</strong>ssandro Marianelli (Scuola Media “Niccolini” di San Giuliano Terme) ...................p. 105<br />

Appendice ......................................................................................................................p. 111


PRESENTAZIONE<br />

Il Centro per la didattica della Storia della Provincia di <strong>Pisa</strong> dedica questo suo 11°<br />

quaderno al convegno sulla presenza e sull’attività della Chiesa pisana nel corso della<br />

guerra, organizzato <strong>il</strong> 4 apri<strong>le</strong> 2005 alla Stazione Leopolda. Nel corso del convegno, in cui<br />

fu favorito un proficuo incontro tra università, docenti del<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> e studenti della SSIS,<br />

cioè quella sinergia a fini didattici dei vari soggetti che si occupano di storia che è tra gli<br />

scopi del Centro, furono presentati alcuni materiali didattici elaborati da classi della scuola<br />

dell’obbligo e degli istituti superiori all’interno del progetto promosso da questo Assessorato<br />

nell’anno scolastico 2004-2005 sul tema del<strong>le</strong> stragi e degli eccidi in provincia di <strong>Pisa</strong>.<br />

Tra tali materiali meritano una particolare menzione quelli che hanno portato alla produzione<br />

di tre video, presentati successivamente alla mostra che si tenne in San Zeno in occasione<br />

dell’anniversario del 25 apri<strong>le</strong>. Essi sono dedicati a quattro personaggi, Licia e Faliero<br />

Rosati, Livia Gereschi e don Pietro Cascioni, che <strong>il</strong> lavoro del<strong>le</strong> classi ha fatto emergere<br />

dall’ambito privato del ricordo dei testimoni di una piccola vicenda loca<strong>le</strong>, portandoli alla<br />

dimensione pubblica della storia del territorio pisano.<br />

Al di là degli importanti risultati didattici e del<strong>le</strong> interessanti relazioni sul tema<br />

proposto, ci interessa qui richiamare l’attenzione sugli aspetti metodologici di tali attività,<br />

evidenziati anche da questo quaderno. Il <strong>le</strong>game col territorio e la sua storia, <strong>il</strong> recupero<br />

della memoria del<strong>le</strong> generazioni precedenti, l’uso del documento e dell’intervista, la produzione<br />

di video sono strumenti rivelatisi in questi anni essenziali per rinnovare nei confronti<br />

della storia l’interesse degli studenti e l’importanza cultura<strong>le</strong> della scuola. Questo<br />

Assessorato si impegna dunque a proseguire attraverso <strong>il</strong> Centro nell’attività di stimolo e<br />

supporto alla didattica della storia, consapevo<strong>le</strong> di poter contare sul lavoro competente e<br />

appassionato di tanti docenti.<br />

Rosa Dello Sbarba<br />

Assessora alla Pubblica Istruzione<br />

della Provincia di <strong>Pisa</strong><br />

5


Lunedì 4 apri<strong>le</strong> 2005 si è tenuta, presso la Stazione Leopolda di <strong>Pisa</strong>, all’interno del<strong>le</strong><br />

ce<strong>le</strong>brazioni per <strong>il</strong> 60° anniversario della Resistenza e della Liberazione indette dalla Regione<br />

Toscana, una giornata di studio sul tema “<strong>La</strong> <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong>, <strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche,<br />

<strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro a <strong>Pisa</strong> durante la guerra”.<br />

L’iniziativa ha visto <strong>il</strong> fattivo coinvolgimento, oltre che della Stazione Leopolda<br />

stessa, del<strong>le</strong> Amministrazioni Provincia<strong>le</strong> e Comuna<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong> e della SSIS e dell’IRRE della<br />

Toscana, <strong>istituzioni</strong> specificamente deputate alla formazione degli insegnanti.<br />

È stata una positiva occasione per sfruttare una sinergia di conoscenze e competenze<br />

tra ricerca universitaria, esperienze di laboratorio didattico della SSIS e iniziative realizzate<br />

o in via di realizzazione nel<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> della provincia di <strong>Pisa</strong>.<br />

Durante la mattina agli insegnanti e agli studenti del<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> secondarie e ai tirocinanti<br />

della Scuola di Specializzazione per l’Istruzione Secondaria è stata proposta una panoramica<br />

aggiornata sullo stato della ricerca storica nel territorio, attraverso <strong>le</strong> relazioni di<br />

docenti dell’Università di <strong>Pisa</strong> e della SSIS come Paolo Pezzino, Stefano Sodi e Gianluca<br />

Fulvetti, e sul<strong>le</strong> recenti iniziative intraprese per una migliore fruizione degli archivi ecc<strong>le</strong>siastici<br />

ad opera di monsignor Antonio Cecconi, Vicario genera<strong>le</strong> dell’arcidiocesi di <strong>Pisa</strong>.<br />

Il pomeriggio, con una modalità che si è rivelata particolarmente felice e che è stata<br />

ripresa anche in occasioni successive, è stato dedicato invece ad un workshop aperto tanto a<br />

docenti in servizio quanto a tirocinanti SSIS in cui, a partire dal<strong>le</strong> esperienze realizzate o<br />

in corso di realizzazione nel<strong>le</strong> Scuo<strong>le</strong> secondarie di I grado “Gamerra” di Riglione, “Niccolini”<br />

di San Giuliano Terme e “Fermi” di Pontasserchio e negli Istituti superiori IPSACT<br />

“Matteotti” di <strong>Pisa</strong> e ITI “Marconi” di Pontedera, è stato possibi<strong>le</strong> realizzare un confronto<br />

sul<strong>le</strong> più opportune strategie per inserire percorsi di storia loca<strong>le</strong> nella progettazione didattica.<br />

A giudicare dall’entusiastica accoglienza dei ‘sissini’, che hanno chiesto di moltiplicare<br />

questo tipo di esperienze, <strong>il</strong> risultato è stato molto positivo perché capace di coniugare<br />

insieme ‘in tempo rea<strong>le</strong>’ aggiornate competenze disciplinari (in particolare, in questo<br />

caso, storiche) e prassi didattica.<br />

Desidero esprimere la gratitudine della SSIS Toscana e mia persona<strong>le</strong> al Centro per<br />

la Didattica della Storia della Provincia di <strong>Pisa</strong> che, pubblicando gli atti di quella giornata<br />

nei propri Quaderni, consente ad un pubblico più ampio l’accesso ai risultati<br />

dell’iniziativa.<br />

Luca Curti<br />

Direttore della SSIS Toscana<br />

6


RESISTENZA, GUERRA TOTALE E STRAGI IN PROVINCIA DI PISA:<br />

RISULTATI E IPOTESI DI RICERCA<br />

Paolo Pezzino (Università di <strong>Pisa</strong>)<br />

Ormai da un paio di decenni – e in modo più consistente dopo la pubblicazione del<br />

libro di Claudio Pavone Una Guerra Civi<strong>le</strong>. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza – lo<br />

studio di quanto avviene tra 1943 e 1945 in Italia ha assunto una serie di “paro<strong>le</strong> chiave”<br />

come cardini intorno ai quali far ruotare sia la ricerca che la discussione pubblica.<br />

<strong>La</strong> prospettiva del vissuto della <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong> – quindi di una storia socia<strong>le</strong>, dal<br />

basso, della società italiana di fronte alla guerra – è divenuto l’angolo visua<strong>le</strong> assunto da<br />

un numero consistente (e crescente) di ricerche che, attingendo anche agli strumenti<br />

dell’antropologia e della psicologia socia<strong>le</strong>, hanno iniziato a valutare l’impatto del conflitto<br />

non più solo nei termini dei grandi eventi, della politica e della diplomazia o della lotta<br />

armata e della contrapposizione ideologica, ma anche come sconvolgimento del<strong>le</strong> strutture<br />

di base della vita e del quotidiano (fame, miseria, sfollamento, <strong>il</strong> confronto continuo con la<br />

morte, sperimentato a livello individua<strong>le</strong> e col<strong>le</strong>ttivo e accompagnato dal<strong>le</strong> potenti emozioni<br />

della paura, della disperazione, dell’odio, e infine del sollievo di fronte alla liberazione)<br />

e, di conseguenza, hanno contribuito a restituire un’immagine più comp<strong>le</strong>ssiva di<br />

quel biennio, snodo fondamenta<strong>le</strong> della storia del nostro paese nel Novecento e della transizione<br />

del fascismo alla democrazia. Non si è trattato di una “monumentalizzazione” del<strong>le</strong><br />

vittime, a vario titolo definite, quanto dell’assunzione di una prospettiva plura<strong>le</strong> 1 .<br />

In quei mesi, un’ampia fascia della <strong>popolazione</strong> ha seguito comportamenti estremamente<br />

diversificati, sulla base di un ventaglio di motivazioni e obiettivi: dalla sopravvivenza<br />

all’indifferenza, dal sostegno al<strong>le</strong> due minoranze in armi (partigiani e fascisti) al<br />

mero calcolo opportunistico, dall’indifferenza all’atteggiamento solidaristico verso i ricercati,<br />

spesso però scevro da convinzioni politiche.<br />

L’ut<strong>il</strong>izzo del<strong>le</strong> fonti orali, ma anche del<strong>le</strong> scritture private, in particolare nel corso<br />

di ricostruzioni microstoriche a carattere loca<strong>le</strong>, ci restituisce sempre più spesso questo intreccio<br />

di storie e motivazioni, che finisce per rappresentare un superamento, o meglio,<br />

un’integrazione e un comp<strong>le</strong>tamento di una <strong>le</strong>ttura del passato che per anni si è agganciata<br />

ad una contrapposizione troppo netta tra fascismo e antifascismo. In questo modo la stessa<br />

categoria di “zona grigia” è venuta perdendo i suoi caratteri di omogeneità e quella accezione<br />

preva<strong>le</strong>ntemente negativa con la qua<strong>le</strong> è stata lungo ut<strong>il</strong>izzata 2 . Emerge ad esempio<br />

anche un insieme frastagliato di picco<strong>le</strong> e grandi disobbedienze, che hanno avuto <strong>il</strong> merito<br />

di favorire in ogni caso <strong>il</strong> superamento dell’esperienza bellica e, in molti casi, anche sottratto<br />

forza all’occupazione tedesca e ai suoi al<strong>le</strong>ati, e che sono ascrivib<strong>il</strong>i a quel concetto di<br />

“resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong>” che, elaborato sul finire degli anni Ottanta da Jacques Sémelin (studioso<br />

1 G. LUZZATTO, <strong>La</strong> crisi dell’antifascismo, Einaudi, Torino 2004. Per una critica, si veda la mia recensione<br />

in «<strong>La</strong> Rivista dei Libri», febbraio 2005 (anche on-line,<br />

http://www.larivistade<strong>il</strong>ibri.it/2005/02/pezzino.html).<br />

2 Le prime indicazioni a riguardo ancora nel citato libro di Pavone. Per un esempio di questo ut<strong>il</strong>izzo<br />

quasi spregiativo della categoria, alla qua<strong>le</strong> contrapporre l’etica del<strong>le</strong> due minoranze che “scelsero”, vedi<br />

R. VIVARELLI, <strong>La</strong> fine di una stagione. Memoria 1943-1945, Il Mulino, Bologna 2000.<br />

7


dell’azione non vio<strong>le</strong>nta), viene a definire proprio quel «processo spontaneo di lotta della<br />

società <strong>civi<strong>le</strong></strong> con mezzi non armati, sia attraverso la mob<strong>il</strong>itazione del<strong>le</strong> sue <strong>istituzioni</strong>, sia<br />

attraverso la mob<strong>il</strong>itazione del<strong>le</strong> sue popolazioni, oppure grazie all’azione di entrambi gli<br />

e<strong>le</strong>menti», che è servito come strumento per «preservare l’identità col<strong>le</strong>ttiva del<strong>le</strong> società<br />

aggredite, cioè i loro valori fondamentali» e porre comunque uno spazio, una interposizione<br />

(fattua<strong>le</strong>, ma anche mora<strong>le</strong>) «fra la dominazione m<strong>il</strong>itare, che era uno stato di fatto, e<br />

la sottomissione politica, che è una disposizione di spirito» 3 .<br />

Anche in Italia l’indagine dei fenomeni di lotta non armata – autonoma o integrata<br />

con la Resistenza m<strong>il</strong>itare, individua<strong>le</strong> o di gruppo, istituziona<strong>le</strong> o popolare – ha rivelato la<br />

bontà di questo approccio, con ricerche che ad esempio hanno messo in luce <strong>il</strong> ruolo svolto<br />

dal<strong>le</strong> popolazioni nel Mezzogiorno 4 , hanno restituito la dovuta importanza alla scelta degli<br />

Internati m<strong>il</strong>itari italiani in Germania, e gettato uno sguardo diverso sul<strong>le</strong> manifestazioni<br />

di disobbedienza di massa (disertori, renitenti alla <strong>le</strong>va e al lavoro coatto imposto dai<br />

tedeschi, spesso nascosti e alimentati dal<strong>le</strong> famiglie contadine); sugli impegni quotidiani di<br />

singoli cittadini, nel sostegno offerto ai prigionieri di guerra evasi e agli ebrei perseguitati;<br />

sull’azione protettiva svolta soprattutto dal<strong>le</strong> donne nella ricerca del cibo e nell’assistenza<br />

di malati e feriti, nel<strong>le</strong> proteste per <strong>il</strong> pane e contro l’evacuazione forzata di migliaia di<br />

persone dal<strong>le</strong> zone prossime al fronte; ancora, sul ruolo di difesa del<strong>le</strong> comunità dalla vio<strong>le</strong>nza<br />

e dalla spoliazione degli occupanti assunto dal<strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche. Insomma,<br />

un ventaglio di comportamenti che rientrano nella categoria del “soccorritore” descritta da<br />

Tzvetan Todorov (anche se, nella sua interpretazione, forzatamente contrapposta ai resistenti<br />

in armi), che sceglie la strada della non vio<strong>le</strong>nza dimostrando che essa non significa<br />

automaticamente la non resistenza o l’accettazione passiva del ma<strong>le</strong> e della vio<strong>le</strong>nza 5 .<br />

Misurarsi con <strong>il</strong> vissuto bellico del<strong>le</strong> popolazioni ha portato anche ad una più ampia<br />

rif<strong>le</strong>ssione sull’esperienza della vio<strong>le</strong>nza di guerra, di un conflitto mondia<strong>le</strong> che ha acquisito<br />

<strong>le</strong> caratteristiche di una “guerra tota<strong>le</strong>”, come emerge chiaramente dai dati quantitativi<br />

sul<strong>le</strong> vittime civ<strong>il</strong>i, dal<strong>le</strong> ricostruzioni degli innumerevoli “crimini di guerra” e “crimini<br />

contro l’umanità” compiuti in questi anni, dai perturbamenti della memoria sia del<strong>le</strong> vittime<br />

che dei carnefici, sia di coloro che combattevano dalla parte sbagliata sia dei “liberatori”<br />

6 . Emergono una serie di caratteristiche del conflitto che, sedimentatesi nei decenni<br />

precedenti, a partire forse già da alcune del<strong>le</strong> guerre tardo-ottocentesche, alimentano questo<br />

“di più” di vio<strong>le</strong>nza: la dimensione politica (la vio<strong>le</strong>nza come strumento del conseguimento<br />

di obiettivi bellici), quella ideologico-cultura<strong>le</strong> (la “guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> europea” 7 ), quella<br />

più propriamente bellica (la dimensione tota<strong>le</strong> del conflitto che rende sempre più evanescente<br />

la distinzione fra la prima linea e <strong>il</strong> fronte interno), quella tecnologica (l’evoluzione<br />

degli armamenti e l’estensione progressiva del loro raggio di azione hanno condotto ad un<br />

coinvolgimento sempre più massiccio dei civ<strong>il</strong>i nel ruolo di vittime predestinate).<br />

In Italia, durante l’occupazione tedesca la <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong> diventa un obiettivo<br />

esplicito della repressione: disprezzati come razza geneticamente inferiore e traditrice, da<br />

depredare e usare come manodopera nei campi di lavoro, percepiti in toto come nemico<br />

3 J. SEMELIN, Senz’armi di fronte a Hit<strong>le</strong>r. <strong>La</strong> resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong> in Europa, Sonda, Torino 1993.<br />

4 G. GRIBAUDI, Terra bruciata. Le stragi naziste sul fronte meridiona<strong>le</strong>, L’Ancora del Mediterraneo, Na-<br />

poli 2003.<br />

5 T. TODOROV, Di fronte all’estremo, Garzanti, M<strong>il</strong>ano 1992; A. BRAVO - A.M. BRUZZONE, In guerra senza<br />

armi. Storie di donne 1940 – 1945, <strong>La</strong>terza, Roma-Bari 1995.<br />

6 J. BOURKE, Le seduzioni della guerra. Miti e storia di soldati in battaglia, Carocci, Roma 2002.<br />

7 C. PAVONE, <strong>La</strong> seconda guerra mondia<strong>le</strong>: una guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> europea? in G. RANZATO (cur.), Guerre fratricide.<br />

Le guerre civ<strong>il</strong>i in età contemporanea, Bollati Boringhieri, Torino 1994, pp. 86-128.<br />

8


potenzia<strong>le</strong> (sempre più senza alcuna differenza rispetto a partigiani e collaboratori della<br />

resistenza) i civ<strong>il</strong>i diventano <strong>il</strong> bersaglio di una strategia punitiva e di una vio<strong>le</strong>nza quotidiana<br />

e cap<strong>il</strong>lare che, radicalizzata dall’invisib<strong>il</strong>ità della guerriglia – la difficoltà cioè, per i<br />

soldati tedeschi, di individuare e colpire <strong>le</strong> formazioni partigiane – si accanisce su di loro<br />

con i modi della rappresaglia o del rastrellamento. Il massacro di civ<strong>il</strong>i non è allora, quasi<br />

mai, un’azione irraziona<strong>le</strong> e senza senso, ma diviene uno strumento di potere, funziona<strong>le</strong><br />

alla condotta del conflitto ed alla lotta contro i partigiani, ma anche al controllo totalitario<br />

della <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong> e della società occupata e all’attuazione di un preciso disegno<br />

predatorio del<strong>le</strong> sue risorse materiali e umane 8 .<br />

Con la metà degli anni Novanta, in concomitanza con alcune ricorrenze (<strong>il</strong> Cinquantenario<br />

di questi episodi, ce<strong>le</strong>brato ad Arezzo con <strong>il</strong> convegno internaziona<strong>le</strong> In memory.<br />

1944/94, e più in genera<strong>le</strong> quello della fine del conflitto e della Liberazione), e grazie anche<br />

all’impulso di avvenimenti pubblici (la scoperta a Roma di 695 fascicoli di inchiesta insabbiati<br />

dalla Procura m<strong>il</strong>itare genera<strong>le</strong> nel 1960, e i due processi a Priebke per l’eccidio del<strong>le</strong><br />

Fosse Ardeatine, nel 1996 e nel 1997), è iniziato un percorso di ri<strong>le</strong>ttura della storia del<strong>le</strong><br />

stragi, l’avvio di quella che a ragione è stata definita come una vera e propria “stagione<br />

storiografica” che ha visto, a fianco degli studiosi italiani (chi scrive, Miche<strong>le</strong> Battini, Leonardo<br />

Paggi, Carlo Genti<strong>le</strong>, solo per citarne alcuni), anche l’importante contributo di storici<br />

tedeschi (Friederich Andrae, Gerhard Schreiber e Lutz Klinkhammer).<br />

Molti degli episodi più importanti, ricostruiti in quel<strong>le</strong> ricerche, erano avvenuti<br />

proprio in Toscana (ad alcuni ho anche dedicato degli approfondimenti monografici 9 ) e lo<br />

studio di quanto avvenuto in provincia di <strong>Pisa</strong> ha sempre rappresentato una importante<br />

cartina di tornaso<strong>le</strong>.<br />

A fianco dell’episodio più drammatico, la strage del Padu<strong>le</strong> di Fucecchio del 23 agosto<br />

1944, nel corso della qua<strong>le</strong> la “guerra ai civ<strong>il</strong>i” – espressione che ha fornito <strong>il</strong> titolo alla<br />

mia ricerca, condotta insieme a Miche<strong>le</strong> Battini, e che è stata poi usata anche dagli altri<br />

studiosi sino a diventare una categoria storiografica di uso comune – si manifesta tra la fine<br />

di giugno e la fine di agosto del 1944 una lunga scia di sangue che accompagna la dislocazione<br />

e lo spostamento del<strong>le</strong> truppe tedesche. Questa vio<strong>le</strong>nza, affatto irraziona<strong>le</strong> o casua<strong>le</strong>,<br />

“serve” a reprimere <strong>il</strong> movimento partigiano (in particolare la zona del Monte <strong>Pisa</strong>no,<br />

ove opera la formazione “Nev<strong>il</strong>io Casarosa”, inquadrata nella XXIII Brigata Garibaldi<br />

“Guido Boscaglia”); a mantenere un ferreo controllo del territorio, in un’area che si trova<br />

subito dietro la linea del fronte (assestato lungo <strong>il</strong> corso dell’Arno per circa quattro cinque<br />

settimane, dal 20 luglio alla fine di agosto); a garantire l’adesione della <strong>popolazione</strong> ad un<br />

preciso disegno che, con un mix di azioni vio<strong>le</strong>nte sul campo e di bandi di sfollamento coatto,<br />

vuo<strong>le</strong> perseguire l’intento di fare “terra bruciata”.<br />

<strong>La</strong> strage della Piavola di Buti del 23 luglio, anche se non ascrivibi<strong>le</strong> entro la categoria<br />

di rappresaglia, si inserisce in un contesto che vede la 65 a divisione di fanteria della<br />

Wehrmacht – che insieme alla 16 a divisione “Reichsfüher-SS” si divide <strong>il</strong> controllo della<br />

zona di <strong>Pisa</strong> al<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> del fronte – fronteggiare una serie di azioni e sabotaggi compiuti<br />

8 M. BATTINI - P. PEZZINO, Guerra ai civ<strong>il</strong>i. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944,<br />

Mars<strong>il</strong>io, Venezia 1997; P. PEZZINO, Guerra ai civ<strong>il</strong>i. Le stragi tra storia e memoria, in P. PEZZINO - L. BALDISSARA<br />

(curr.), Crimini e memorie di guerra. Vio<strong>le</strong>nze contro <strong>le</strong> popolazioni e politiche del ricordo, L’Ancora del Mediterraneo,<br />

Napoli 2004, pp. 5-58; G. FULVETTI, Le guerre ai civ<strong>il</strong>i in Toscana, in G. FULVETTI - F. PELINI (curr.), <strong>La</strong> politica<br />

del massacro. Per un atlante del<strong>le</strong> stragi naziste in Toscana, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2006, pp. 5-87.<br />

9 P. PEZZINO, Anatomia di un massacro. Controversia sopra una strage tedesca, Bologna, <strong>il</strong> Mulino 1997;<br />

IDEM, Storie di guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong>. Il massacro di Niccio<strong>le</strong>ta, Il Mulino, Bologna 2001.<br />

9


dai gruppi partigiani che operano sul Monte <strong>Pisa</strong>no: si tratta insomma di un rastrellamento<br />

antipartigiano 10 .<br />

Quella della Romagna del 6 agosto riassume in sé <strong>le</strong> diverse caratteristiche e finalità<br />

della “guerra ai civ<strong>il</strong>i”, visto che all’obiettivo immediato del dar la caccia ai partigiani della<br />

“Casarosa” si affianca quello di catturare e inviare al lavoro coatto gli uomini in grado<br />

di lavorare raccolti nel corso del rastrellamento, compiuto in una zona del Monte ove da<br />

settimane si è creata una vera e propria comunità di sfollati, composta da diverse centinaia<br />

di persone.<br />

A fare da contorno a questi due episodi, una serie di vio<strong>le</strong>nze, magari di dimensioni<br />

minori, che da San Piero a Grado (25 luglio) a Vicopisano (<strong>il</strong> 25 luglio e ancora <strong>il</strong> 19 agosto,<br />

con l’uccisione di 5 donne), da San Rossore (9 agosto) al padu<strong>le</strong> di Vecchiano (14 agosto), e<br />

altre ancora, disegnano una sorta di caccia all’uomo – messa in piedi in particolare dalla<br />

XVI SS del genera<strong>le</strong> Simon – nei confronti della <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong>.<br />

<strong>La</strong> conclusione avverrà con la strage di <strong>La</strong>iano di Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>, del 29 agosto, al confine<br />

con la provincia di Lucca, quando già i soldati al<strong>le</strong>ati hanno varcato l’Arno e ripreso la<br />

propria avanzata verso nord 11 . Alla fine, <strong>le</strong> stragi saranno 21 e <strong>le</strong> vittime oltre 300, tra <strong>le</strong><br />

quali un centinaio tra donne, bambini e uomini con più di 55 anni di età.<br />

<strong>La</strong> vio<strong>le</strong>nza sperimentata dal<strong>le</strong> popolazioni civ<strong>il</strong>i in questi mesi non si esaurisce però<br />

in relazione all’occupazione e alla presenza dell’esercito tedesco (affiancato naturalmente<br />

dai fascisti, che “concorrono” nella realizzazione del<strong>le</strong> stragi e, soprattutto tra marzo e<br />

apri<strong>le</strong> 1944, mettono in piedi una vera e propria caccia ai renitenti alla <strong>le</strong>va). Individuata e<br />

ricostruita la specificità ideologica della vio<strong>le</strong>nza nazista, l’approccio globa<strong>le</strong> alla guerra<br />

impone un confronto critico anche con i bombardamenti degli Al<strong>le</strong>ati.<br />

<strong>La</strong> guerra tota<strong>le</strong> è connaturata all’evoluzione tecnologica degli armamenti tipica del<br />

XX secolo. L’accresciuto potenzia<strong>le</strong> di devastazione, la capacità di movimento e mob<strong>il</strong>ità<br />

degli eserciti, l’estensione sempre maggiore del raggio d’azione del<strong>le</strong> armi offensive hanno<br />

reso sempre più labi<strong>le</strong> la distinzione tra fronte (la “prima linea”) e fronte interno (la società<br />

che sostiene i combattenti), d<strong>il</strong>atando progressivamente i territori sottoposti alla pressione<br />

m<strong>il</strong>itare indiretta, in primo luogo proprio con l’offesa portata dal cielo che, sperimentata<br />

per la prima volta nel corso della guerra 1914-1918, testata durante la guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> spagnola<br />

con i primi bombardamenti a tappeto di città (tragicamente famoso resta <strong>il</strong> caso di<br />

Guernica), assume progressivamente <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o di uno strumento strategico di primo piano.<br />

<strong>La</strong> sua ri<strong>le</strong>vanza si rivela con la Seconda guerra mondia<strong>le</strong>, che vede <strong>il</strong> ricorso sempre<br />

più esteso al bombardamento aereo come mezzo per colpire <strong>il</strong> nemico nel<strong>le</strong> retrovie,<br />

danneggiando l’apparato produttivo ed infrastruttura<strong>le</strong> necessario per sostenere lo sforzo<br />

bellico, ed al contempo mirando a fiaccare lo spirito pubblico del<strong>le</strong> popolazioni, con<br />

l’obiettivo di sottrarre consenso politico-socia<strong>le</strong> ai governi avversari. Ed ancora oggi<br />

l’evento-bombardamento – da quello tedesco sul<strong>le</strong> città ing<strong>le</strong>si nel 1940 a quello giapponese<br />

di sorpresa su Pearl Harbour nel 1941, sino a quello al<strong>le</strong>ato che in forma sempre maggiore<br />

colpisce <strong>le</strong> città italiane e tedesche a partire dal 1943, per sfociare infine nel 1945 nei<br />

massacri di Dresda e di Hiroshima e Nagasaki – mantiene, nella memoria individua<strong>le</strong> e<br />

col<strong>le</strong>ttiva, una straordinaria va<strong>le</strong>nza simbolica che, spesso, finisce per inglobare l’intera<br />

esperienza del conflitto. Nonostante queste considerazioni, in Italia ma anche nel resto<br />

10 Sia per questa “pluralità funziona<strong>le</strong>” della vio<strong>le</strong>nza, che per <strong>le</strong> tipologie, rimando a quanto scritto<br />

da me in Guerra ai civ<strong>il</strong>i, cit. e da Fulvetti in Le guerre ai civ<strong>il</strong>i, cit.<br />

11 Per la ricostruzione di questi episodi rimando al<strong>le</strong> schede consultab<strong>il</strong>i sul sito dedicato al<strong>le</strong> stragi<br />

naziste del gruppo di ricerca del Dipartimento di storia dell’ateneo di <strong>Pisa</strong>, www.stm.unipi.it/stragi.<br />

10


d’Europa, mancano ancora studi d’assieme in grado di restituire sia l’entità del fenomeno,<br />

sia gli effetti economico-sociali dei bombardamenti, sia l’orizzonte strategico-m<strong>il</strong>itare entro<br />

cui <strong>il</strong> bombardamento ai danni dei civ<strong>il</strong>i assume una ri<strong>le</strong>vanza sempre crescente, sia, infine,<br />

la dinamica del “ricordo” di quei fatti e la sua ri<strong>le</strong>vanza nella ridefinizione di una memoria<br />

individua<strong>le</strong> e col<strong>le</strong>ttiva della guerra, nonché nella sua rappresentazione <strong>le</strong>tteraria e<br />

cinematografica.<br />

<strong>La</strong> provincia di <strong>Pisa</strong> viene colpita ripetutamente, in maniera incidenta<strong>le</strong> e quindi<br />

sempre più spesso, e con maggior intensità, dall’estate del 1943 in avanti, con una cronologia<br />

che rispecchia quanto avviene a livello naziona<strong>le</strong>. <strong>La</strong> vio<strong>le</strong>nza dal cielo resterà “compagna”<br />

di quella tedesca anche per buona parte del 1944, ma l’apice della vio<strong>le</strong>nza, del<br />

dramma e della sofferenza (fisica e della memoria) viene raggiunto con <strong>il</strong> bombardamento<br />

del 31 agosto 1943 – in relazione al qua<strong>le</strong> ho scritto alcune righe di presentazione di un libro<br />

che contiene una serie interessante e toccante di testimonianze 12 – .<br />

L’altro capitolo, necessario se si vuo<strong>le</strong> addivenire alla ricostruzione comp<strong>le</strong>ssiva<br />

della storia della guerra in provincia di <strong>Pisa</strong>, riguarda la ricostruzione di quella molteplicità<br />

dei piani di risposta al conflitto e al suo portato vio<strong>le</strong>nto: risposta politica degli antifascisti,<br />

risposta anche m<strong>il</strong>itare dei partigiani, risposta “solidaristica” di settori della società<br />

occupata (donne, c<strong>le</strong>ro, ecc.).<br />

Anche nel caso di <strong>Pisa</strong>, in relazione al movimento resistenzia<strong>le</strong>, emergono molti di<br />

quegli e<strong>le</strong>menti che Claudio Pavone ha messo in luce nel suo studio sull’«ethos resistenzia<strong>le</strong>»,<br />

cioè l’insieme del<strong>le</strong> motivazioni che hanno determinato la scelta partigiana, e del<strong>le</strong><br />

analisi del rapporto con <strong>il</strong> “nemico” (<strong>il</strong> tedesco occupante e i fascisti italiani della RSI). Ad<br />

esempio, la saldatura tra generazioni, tra <strong>il</strong> “vecchio” antifascismo politico rinato dal<strong>le</strong> ceneri<br />

del<strong>le</strong> tradizioni fam<strong>il</strong>iari e ravvivato dall’azione di piccoli gruppi di m<strong>il</strong>itanti, e <strong>il</strong><br />

“nuovo” antifascismo figlio della disfatta m<strong>il</strong>itare, rivelatrice della tragica pochezza del<br />

regime fascista. O ancora l’importanza della componente dei renitenti alla <strong>le</strong>va, di quei<br />

giovani per i quali la “scelta politica” venne preceduta da una “fuga”, una ribellione istintiva<br />

contro un ordine tedesco e fascista che sostanzialmente si identificava con la continuazione<br />

della guerra e quindi con i bombardamenti, <strong>il</strong> razionamento alimentare, <strong>il</strong> lavoro<br />

forzato e soprattutto la coscrizione obbligatoria. Certo, una ribellione “mora<strong>le</strong>”, ma intrapresa<br />

con una notevo<strong>le</strong> percentua<strong>le</strong> di necessità personali e persino di casualità. Se si<br />

guarda al taglio anagrafico ad esempio della “Nev<strong>il</strong>io Casarosa” o dei diversi Gap che facevano<br />

comunque riferimento, seppur a fatica, alla XXIII Brigata Garibaldi “Boscaglia”,<br />

emerge la presenza di giovani che avrebbero dovuto entrare a far parte dell’esercito fascista.<br />

A fianco, anzi come “guide”, troviamo naturalmente esponenti di quei primi gruppi<br />

clandestini di antifascisti, formatisi soprattutto nel<strong>le</strong> settimane successive al 25 luglio, anche<br />

se sono convinto che molto ci sia ancora da studiare in relazione all’attività clandestina<br />

sv<strong>il</strong>uppatasi durante <strong>il</strong> Ventennio, in particolare nei centri minori del territorio provincia<strong>le</strong>.<br />

A fianco di questa presenza, sappiamo ancora davvero troppo poco del<strong>le</strong> strategie<br />

di risposta – talvolta connotate come assistenza e integrazione con l’attività dei resistenti –<br />

messe in piedi dalla <strong>popolazione</strong> <strong>civi<strong>le</strong></strong>. Per certi versi, si tratta di ampliare i confini della<br />

resistenza, non solo sul piano di ciò che si è fatto, ma anche del perché lo si è fatto, restituendo<br />

quindi una specificità anche motivaziona<strong>le</strong> al<strong>le</strong> attività di “resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong>”. E non<br />

si può non iniziare parlando del<strong>le</strong> donne, <strong>il</strong> cui campo di azione «può essere descritto co-<br />

12 P. PEZZINO, Prefazione, in E. FERRARA – M. STAMPACCHIA Il bombardamento di <strong>Pisa</strong> del 31 agosto 1943.<br />

Dal<strong>le</strong> testimonianze alla memoria storica, Tagete, Pontedera (Pi) 2004.<br />

11


me una pratica non armata di lotta, condotta con gli strumenti del coraggio mora<strong>le</strong>,<br />

dell’inventiva e della dutt<strong>il</strong>ità e funziona<strong>le</strong> alla “tutela e trasformazione dell’esistente – vite,<br />

rapporti, cose – che si contrappone sul piano sia materia<strong>le</strong> che spiritua<strong>le</strong> alla terra bruciata<br />

perseguita dagli occupanti» 13 . Soltanto l’ampiezza di ta<strong>le</strong> categoria interpretativa può consentire<br />

alla resistenza femmini<strong>le</strong>, armata e disarmata, di emergere nella sua ricchezza e<br />

trovare una più adeguata rappresentazione storiografica. L’8 settembre è evento di rottura<br />

anche per ciò che concerne i rapporti di genere. Il conflitto, da affare di eserciti, si trasforma<br />

in prob<strong>le</strong>ma quotidiano, impone scelte e assenze agli uomini, impone scelte e quindi<br />

nuova e maggiore visib<strong>il</strong>ità e mob<strong>il</strong>ità al<strong>le</strong> donne. <strong>La</strong> protezione ai soldati sbandati,<br />

l’assistenza agli sfollati in attesa del trasferimento al nord, la diffici<strong>le</strong> lotta per <strong>il</strong> sostentamento<br />

del<strong>le</strong> famiglie e del<strong>le</strong> comunità, certamente anche <strong>il</strong> sostegno ai gruppi partigiani,<br />

sono solo alcuni dei terreni sui quali la presenza femmini<strong>le</strong> apporta un contributo centra<strong>le</strong><br />

14 .<br />

Un capitolo importante all’interno del<strong>le</strong> ampie manifestazioni di Resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong><br />

spetta poi all’azione svolta da molti religiosi e sacerdoti in seno al<strong>le</strong> comunità colpite dal<br />

conflitto. Su questo rimando agli interventi che seguiranno di Sodi e Fulvetti. Per parte<br />

mia, prima di lasciar loro la parola, rimarco ancora una volta la straordinaria ricchezza di<br />

particolari e di storie che emerge dai Libri Cronici del<strong>le</strong> parrocchie, ove essi siano disponib<strong>il</strong>i,<br />

e rinnovo quindi l’invito anche ai responsab<strong>il</strong>i della Chiesa di <strong>Pisa</strong> affinché questo materia<strong>le</strong><br />

sia al più presto reso fruibi<strong>le</strong> per i ricercatori.<br />

13 BRAVO - BRUZZONE, In guerra senz’armi, cit.<br />

14 Per un esempio di applicazione di queste chiavi di <strong>le</strong>ttura ad un contesto cittadino, vedi F. PELINI<br />

(cur.), Le radici della Resistenza. Donne e guerra, donne in guerra, Atti del Convegno di studi, Carrara 7 luglio<br />

2004, Edizioni Plus, <strong>Pisa</strong> 2005.<br />

12


L’AZIONE DELL’ARCIVESCOVO GABRIELE VETTORI<br />

1. Osservazioni preliminari<br />

Stefano Sodi (SSIS di <strong>Pisa</strong>)<br />

Mi era già capitato una decina di anni fa, durante <strong>le</strong> ce<strong>le</strong>brazioni per <strong>il</strong> Cinquantesimo<br />

anniversario della Resistenza e della Liberazione, di accostarmi allo studio della storia<br />

della Chiesa pisana nel periodo 1940-1944 e già allora ebbi ad osservare che sarebbe<br />

stato necessario, per tracciare un quadro se non esaustivo almeno significativo di quel periodo,<br />

«ripercorrere, da un preciso punto di vista, la dolorosa esperienza di un popolo e<br />

andare a ricercare in essa i caratteri specifici della testimonianza cristiana: <strong>le</strong> scelte pastorali,<br />

l’impegno politico, quello socia<strong>le</strong> ed assistenzia<strong>le</strong>, i gesti che assumono <strong>il</strong> valore della<br />

martyrìa, tutte quel<strong>le</strong> picco<strong>le</strong> tessere senza <strong>le</strong> quali è impossibi<strong>le</strong> riconoscere e decifrare <strong>il</strong><br />

più genera<strong>le</strong> mosaico» 15 . Ma, avvisavo, tutto questo non sarebbe stato possibi<strong>le</strong> per una<br />

serie di fattori, indipendenti dalla mia volontà, che qui potrei riassumere nel<strong>le</strong>:<br />

1. mancanza di un quadro storico sufficientemente articolato dell’esperienza della<br />

Chiesa pisana nel XX secolo: malgrado alcuni interessanti contributi, frutto soprattutto<br />

della penna di due sacerdoti allora viventi ma oggi scomparsi 16 , lamentavo l’assenza di<br />

uno studio critico genera<strong>le</strong> documentato sulla storia della comunità cattolica pisana nel<br />

Novecento cui poter fare riferimento;<br />

2. difficoltà del reperimento del<strong>le</strong> fonti: se si eccettua una bibliografia quasi esclusivamente<br />

memorialistica, commemorativa ed aneddotica, sorprendentemente scarso e<br />

frammentario è <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> contenuto nell’Archivio diocesano 17 e praticamente impossibi<strong>le</strong><br />

la consultazione degli archivi parrocchiali che, quand’anche aperti alla consultazione, risultavano<br />

(tranne rarissimi casi) disordinati e privi di inventario;<br />

3. difficoltà <strong>le</strong>gate all’ut<strong>il</strong>izzazione del<strong>le</strong> testimonianze orali (difficoltà di rendere<br />

pubbliche talune testimonianze che, nel presentare dati, offrivano anche interpretazioni e<br />

giudizi su episodi i cui protagonisti o i diretti discendenti sono ancora in vita).<br />

15 S. SODI, <strong>La</strong> chiesa pisana dal 1940 al 1945, in CONFERENZA EPISCOPALE TOSCANA, Chiese Toscane -<br />

Cronache di guerra 1940-1945, LEF, Firenze 1995, pp. 455-474, 481-487, al<strong>le</strong> pp. 455-456.<br />

16 Si tratta dell’opera dei mons. S<strong>il</strong>vano Burgalassi e Mario Andreazza: in particolare possiamo ricordare<br />

<strong>il</strong> volume S. BURGALASSI (cur.), Per una storia della religiosità pisana, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1987, opera col<strong>le</strong>ttanea<br />

che offre studi sulla chiesa pisana a partire dal 1880 e fornisce ut<strong>il</strong>i indicazioni metodologiche, e di M. AN-<br />

DREAZZA, Il pensiero socia<strong>le</strong> del Cardinal Maffi, Cursi, <strong>Pisa</strong> 1964; Pagine di storia pisana, Bendinelli, <strong>Pisa</strong> 1969;<br />

Giuseppe Toniolo, un laico cristiano, un docente, un testimone, ETS, <strong>Pisa</strong> 1988; <strong>La</strong> partecipazione alla vita politica dei<br />

cattolici pisani tra <strong>il</strong> 1900 e <strong>il</strong> 1924, in «Bol<strong>le</strong>ttino Storico <strong>Pisa</strong>no», 57 (1988), pp. 297-309; Al<strong>le</strong> origini del movimento<br />

cattolico pisano: <strong>il</strong> card. Pietro Maffi e <strong>il</strong> prof. Giuseppe Toniolo, Giardini, <strong>Pisa</strong> 1991; Il giovane Giovanni<br />

Gronchi ed <strong>il</strong> movimento cattolico pisano, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera 1993.<br />

17 Nell’Archivio Diocesano esistono soltanto due cartel<strong>le</strong> titolate rispettivamente Periodo emergenza -<br />

assistenza (contenente circa 80 documenti dal febbraio 1943 al giugno 1946) e Sinistrati, che contiene esclusivamente<br />

e<strong>le</strong>nchi di famiglie che sono state aiutate dalla Chiesa pisana, richieste di aiuto e di sussidio, ricevute.<br />

Vi è poi una cartella titolata Documenti sulla Resistenza nell’Archivio privato dell’arcivescovo Benvenuto<br />

Matteucci, che contiene <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> relativo al carteggio con l’Istituto Storico della Resistenza in Toscana per<br />

la realizzazione del Convegno Il c<strong>le</strong>ro toscano nella Resistenza, realizzato a Lucca <strong>il</strong> 4-5 giugno 1975, i cui atti<br />

furono pubblicati dalla casa editrice <strong>La</strong> Nuova Europa (Firenze 1975).<br />

13


A distanza di dieci anni, ed ancora in occasione del<strong>le</strong> ce<strong>le</strong>brazioni per <strong>il</strong> Sessantesimo<br />

anniversario della Resistenza e della Liberazione, grazie al fattivo contributo del<strong>le</strong><br />

Amministrazioni comuna<strong>le</strong> e provincia<strong>le</strong>, rispettivamente rappresentate dal<strong>le</strong> assessore<br />

Bianca Maria Storchi e Rosa Dello Sbarba, la Stazione Leopolda offre oggi a tutti noi, nei<br />

suoi storici locali, la possib<strong>il</strong>ità di fare <strong>il</strong> punto della situazione, chiamando allo stesso tavolo<br />

docenti del Dipartimento di storia del nostro ateneo, della SSIS Toscana e <strong>il</strong> Vicario<br />

Genera<strong>le</strong> dell’Arcidiocesi di <strong>Pisa</strong> per verificare se la sinergia di molteplici forze possa in<br />

qualche modo ovviare al<strong>le</strong> già ricordate difficoltà.<br />

2. Il territorio diocesano<br />

L’arcidiocesi di <strong>Pisa</strong>, a causa di motivi <strong>le</strong>gati alla sua storia m<strong>il</strong><strong>le</strong>naria, presenta una<br />

difformità territoria<strong>le</strong> rispetto alla relativa provincia e possiede un territorio frammentato<br />

non solo dal punto di vista geografico, ma anche cultura<strong>le</strong>, socia<strong>le</strong> e politico.<br />

Sicuramente attestata all’inizio del IV secolo, ma probab<strong>il</strong>mente presente già nel secolo<br />

precedente, la Chiesa pisana è una del<strong>le</strong> più antiche della nostra regione. Inizialmente<br />

<strong>il</strong> suo territorio corrispose a quello dell’antico municipium romano (tav. 1), ma fu drasticamente<br />

ridotto, probab<strong>il</strong>mente in epoca longobarda, in favore della vicina diocesi di Lucca<br />

(tav. 2) 18 . Mantenne poi sostanzialmente immutato <strong>il</strong> proprio assetto territoria<strong>le</strong> per tutto <strong>il</strong><br />

Medioevo e per l’Età Moderna.<br />

Esigenze politiche generali, miranti a far coincidere <strong>le</strong> diocesi col territorio <strong>civi<strong>le</strong></strong> 19 ,<br />

spinsero <strong>il</strong> papa Pio VI <strong>il</strong> 18 luglio 1789 a distaccare dalla diocesi di Lucca <strong>le</strong> terre granducali<br />

di Barga ed <strong>il</strong> piviere di Ripafratta e ad affidar<strong>le</strong> a <strong>Pisa</strong>, mentre la diocesi di Lucca ricevette<br />

in cambio da <strong>Pisa</strong> <strong>il</strong> territorio del pievanato di Massaciuccoli.<br />

Il 18 settembre 1798, lo stesso papa aggiunse a <strong>Pisa</strong> <strong>il</strong> piviere lucchese di Pietrasanta<br />

e quelli di Seravezza, Stazzema e Val<strong>le</strong>cchia della diocesi di Pontremoli.<br />

Pochi anni dopo la nostra diocesi subì un forte ridimensionamento per la costituzione<br />

della nuova diocesi di Livorno, voluta dalla reggente del Granducato di Toscana<br />

Maria Luisa di Borbone e decretata <strong>il</strong> 25 settembre 1806 dal papa Pio VII con la bolla «M<strong>il</strong>itantis<br />

Ecc<strong>le</strong>siae». <strong>La</strong> nuova diocesi fu modellata sul territorio <strong>civi<strong>le</strong></strong> del capitanato nuovo<br />

di Livorno e comprese ventotto parrocchie, tutte provenienti dalla diocesi pisana.<br />

Con tali modifiche <strong>Pisa</strong> aveva perduto la propria continuità territoria<strong>le</strong> ma anche<br />

una propria omogeneità civica e religiosa, essendo <strong>il</strong> Barghigiano un territorio del tutto alieno<br />

alla realtà pisana ed avendo <strong>il</strong> territorio vers<strong>il</strong>iese fatto parte di essa solo fino all’età<br />

longobarda. D’altro canto, con la perdita della città di Livorno e di alcune zone limitrofe,<br />

la diocesi pisana fu divisa in due parti col<strong>le</strong>gate tra loro attraverso una ristretta lingua di<br />

terra e perse i suoi tradizionali rapporti con una serie di territori (Rosignano, Vada, Cecina,<br />

etc.) <strong>le</strong>gati all’arcivescovo ed al Capitolo della Primazia<strong>le</strong> pisana dall’età medieva<strong>le</strong>.<br />

Il quadro attua<strong>le</strong> presenta dunque almeno tre aree nettamente distinte (tav. 3).<br />

18 Un’accurata ricostruzione dell’evoluzione del territorio diocesano dal IV al VII secolo in S. SODI -<br />

M.L. CECCARELLI LEMUT, Per una riconsiderazione dell’evangelizzazione della Tuscia: la Chiesa pisana dal<strong>le</strong> origini<br />

all’età carolingia, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», L/1 (1996), pp. 9-56, al<strong>le</strong> pp. 27-34; una più genera<strong>le</strong><br />

storia del territorio diocesano in M.L. CECCARELLI LEMUT - S. RENZONI - S. SODI, Chiese di <strong>Pisa</strong>. Guida alla<br />

conoscenza del patrimonio artistico, 2, Le chiese suburbane; i vicariati del Piano di <strong>Pisa</strong> I e II, del Lungomonte I e di<br />

Pontedera, ETS, <strong>Pisa</strong> 2001, pp. 14-26.<br />

19 Quel<strong>le</strong> stesse che avevano portato <strong>il</strong> papa Gregorio XV nel 1622 a ridimensionare l’estensione territoria<strong>le</strong><br />

della diocesi di Lucca a favore della nuova diocesi di San Miniato.<br />

14


1<br />

2<br />

tav.<br />

tav.<br />

15<br />

tav. 3


Vi è innanzitutto un nuc<strong>le</strong>o centra<strong>le</strong> che comprende la città capoluogo e i vicariati<br />

dei Lungomonti, del Pian di <strong>Pisa</strong>, di Pontedera e della Valdiserchio. Esso da solo contiene<br />

<strong>il</strong> 76.7% della <strong>popolazione</strong> diocesana, con una religiosità articolata ed eterogenea dovuta<br />

ad una compresenza di modelli tradizionali e non, con forti spinte all’indifferenza e residui<br />

di conflittualità ideologica risa<strong>le</strong>nti all’antic<strong>le</strong>ricalismo ottocentesco ma anche al secondo<br />

dopoguerra.<br />

Vi è poi una seconda fascia di territorio che è stretta tra <strong>le</strong> diocesi di Livorno ad Ovest,<br />

di San Miniato a Est e di Volterra a Sud, che comprende <strong>il</strong> vicariato del<strong>le</strong> Colline <strong>Pisa</strong>ne<br />

e che contiene <strong>il</strong> 5.3% della <strong>popolazione</strong> diocesana, con una religiosità più statica e<br />

tradiziona<strong>le</strong>.<br />

Una terza area è infine quella di più recente acquisizione, che comprende i vicariati<br />

della Vers<strong>il</strong>ia e del Barghigiano. Essa copre <strong>il</strong> 18% della <strong>popolazione</strong> diocesana, con una<br />

tradizione religiosa molto sentita e con caratteristiche omogenee a movimenti e partiti di<br />

matrice cristiana, che l’hanno differenziata e in parte ancora la differenziano dal resto della<br />

regione.<br />

3. L’arcivescovo Gabrie<strong>le</strong> Vettori<br />

Gabrie<strong>le</strong> Vettori nasce a Fibbiana, nel comune di Montelupo, in provincia di Firenze,<br />

<strong>il</strong> 13 dicembre 1869 20 .<br />

Compiuti gli studi teologici nel seminario di Firenze, è ordinato sacerdote <strong>il</strong> 24 luglio<br />

1892; insegna materie <strong>le</strong>tterarie nel Seminario di Fiorenzuola e viene poi nominato<br />

parroco della chiesa di San Miche<strong>le</strong> a San Salvi di Firenze.<br />

Il 15 apri<strong>le</strong> 1910 Pio X lo consacra vescovo di Tivoli e <strong>il</strong> 6 dicembre 1915 Benedetto<br />

XV lo trasferisce alla diocesi di Pistoia e Prato, dove è chiamato ad affrontate <strong>le</strong> difficoltà<br />

derivanti dalla prima guerra mondia<strong>le</strong>. Il 6 febbraio 1932 Pio XI lo nomina arcivescovo di<br />

<strong>Pisa</strong>, città in cui fa <strong>il</strong> suo ingresso so<strong>le</strong>nne <strong>il</strong> 24 apri<strong>le</strong> 1932. Assistente al Soglio Pontificio,<br />

nel 1934 venne insignito del titolo di Grande Ufficia<strong>le</strong> dell’Ordine Supremo del Santo Sepolcro.<br />

Compie in diocesi due visite pastorali: la prima nel 1932-1939, la seconda nel 1939-<br />

1943.<br />

Muore improvvisamente <strong>il</strong> 2 luglio 1947 a Stazzema, in Vers<strong>il</strong>ia, dove si era recato<br />

per benedire un gruppo di case nuove per la <strong>popolazione</strong> di Ripa, un paese comp<strong>le</strong>tamente<br />

distrutto in quanto caposaldo della linea gotica.<br />

Figura certamente molto diversa dal cardina<strong>le</strong> Pietro Maffi, suo predecessore, di cui<br />

non poteva vantare <strong>il</strong> prestigio, la poliedricità e la cultura, di carattere burbero, apparve a<br />

molti un uomo decisionista ed esigente, anche se celava un animo sensibi<strong>le</strong>, come ebbe<br />

modo di mostrare nel periodo bellico.<br />

Vo<strong>le</strong>ndo schematizzare <strong>le</strong> linee fondamentali della sua azione pastora<strong>le</strong> nella diocesi<br />

pisana, potremmo articolar<strong>le</strong> in quattro direttrici:<br />

1. particolare attenzione alla pastora<strong>le</strong> vocaziona<strong>le</strong> e alla preparazione del c<strong>le</strong>ro e<br />

quindi alla vita e alla disciplina del Seminario: curò in modo particolare l’O.V.E. (Opera<br />

Vocazioni Ecc<strong>le</strong>siastiche) e <strong>le</strong> Giornate pro Seminario;<br />

20 Su Gabrie<strong>le</strong> Vettori, cfr. C. CAPONI, Vettori Gabrie<strong>le</strong>, in F. TRANIELLO - G. CAMPANILI (curr.), Dizionario storico<br />

del movimento Cattolico in Italia, III/1, Le figure rappresentative, Marietti, Casa<strong>le</strong> Monferrato 1984, pp. 889, e<br />

W. DOLFI, Vescovi e Arcivescovi di <strong>Pisa</strong>. I loro stemmi e <strong>il</strong> Palazzo, I/2, Offset Grafica, <strong>Pisa</strong> 2000, pp. 499-508.<br />

16


Gabrie<strong>le</strong> Vettori<br />

2. educazione cristiana e catechesi: a lui si deve l’istituzione nel 1935 dell’Ufficio<br />

Catechistico Diocesano;<br />

3. sv<strong>il</strong>uppo dell’Azione Cattolica (di cui nel 1939 fu promulgato <strong>il</strong> nuovo Statuto<br />

naziona<strong>le</strong>);<br />

4. progressiva e sempre più netta distinzione rispetto al fascismo e radica<strong>le</strong> antibellicismo.<br />

Mi limito qui a sottolineare che da questo sia pur sommario schema appare nettamente<br />

preponderante l’interesse del presu<strong>le</strong> per la formazione cristiana, soprattutto dei<br />

giovani, che egli avvertiva come la principa<strong>le</strong> urgenza in un contesto cultura<strong>le</strong> che molto si<br />

era impegnato per la “fascistizzazione” del<strong>le</strong> nuove generazioni.<br />

Qualche parola in più va invece spesa per l’ultimo aspetto individuato.<br />

A partire dal gennaio 1939, dopo circa otto anni di si<strong>le</strong>nzio, Vettori vol<strong>le</strong> che fossero<br />

riprese <strong>le</strong> pubblicazioni del Bol<strong>le</strong>ttino Ufficia<strong>le</strong> per l’Archidiocesi di <strong>Pisa</strong> che, dietro lo scopo<br />

ufficia<strong>le</strong> di «trasmettere al c<strong>le</strong>ro gli atti e <strong>le</strong> prescrizioni della Santa Sede, pubblicare <strong>le</strong><br />

nomine dei sacerdoti ai diversi uffici ecc<strong>le</strong>siastici e dare notizie ed avvertimenti ut<strong>il</strong>i a rendere<br />

più efficace e uniforme nella diocesi l’esercizio del ministero parrocchia<strong>le</strong> e sacerdota<strong>le</strong>»,<br />

intendeva manifestare la sua voce, ormai in piena distonia rispetto a quella ufficia<strong>le</strong>. E<br />

che questo fosse ben chiaro al<strong>le</strong> autorità è testimoniato dal fatto che, proprio a partire dal<br />

1939, <strong>il</strong> Vettori venne fatto oggetto di pesanti attacchi da parte dei fascisti – famosa la scritta<br />

minacciosa sulla facciata del Palazzo arcivescovi<strong>le</strong> «Occhio, canarino!» –, che<br />

l’accusarono di pacifismo, atteggiamento ritenuto dannoso in un momento in cui era necessario<br />

fare appello all’eroismo bellico del popolo italiano 21 .<br />

Vettori aveva già vissuto con ansia e intima sofferenza <strong>il</strong> periodo bellico e soprattutto<br />

quello postbellico quando era vescovo di Pistoia e Prato ed era fermamente contrario<br />

21 Cresceva intanto, sempre a partire dal 1939, una discreta ma incisiva attività antifascista da parte<br />

del c<strong>le</strong>ro e del laicato pisano. Si può ricordare l’attività cultura<strong>le</strong> di don Ic<strong>il</strong>io Felici e di don Telio Taddei,<br />

nella cui collana editoria<strong>le</strong> “Il Crivello” uscirono volumi come <strong>La</strong> società cristiana di Igino Giordani e Dietro la<br />

Croce e Impegno con Cristo di don Primo Mazzolari. Il Taddei si fece anche promotore di un’attività segreta<br />

che intesseva rapporti diretti con uomini di r<strong>il</strong>ievo, come i proff. Giorgio <strong>La</strong> Pira e Antonino Ani<strong>le</strong>, lo scrittore<br />

Nino Salvaneschi, oltre i summenzionati Giordani e Mazzolari. Nell’estate 1942, nella canonica di don<br />

Taddei, sorse poi <strong>il</strong> gruppo dei Cristiano-sociali e lì avvennero molte del<strong>le</strong> riunioni del Comitato di Liberazione<br />

di <strong>Pisa</strong>. Tutto questo con l’esplicito consenso e <strong>il</strong> pieno accordo dell’arcivescovo, come direttamente testimoniato<br />

da T. TADDEI, Attività antifascista di gruppi cattolici pisani dal 1939 al 1944, in Il c<strong>le</strong>ro toscano nella Resistenza,<br />

Atti del Convegno di Lucca, <strong>La</strong> Nuova Europa, Firenze 1975, pp. 199-201.<br />

17


all’idea che <strong>il</strong> suo popolo fosse costretto a sopportare nuovamente quello che, nella <strong>le</strong>ttera<br />

pastora<strong>le</strong> per la quaresima del 1943, avrebbe definito «immane conflitto, che sovverte <strong>il</strong><br />

mondo intero e getta nello sgomento e nel lutto famiglie e nazioni» 22 .<br />

Per ta<strong>le</strong> motivo <strong>il</strong> Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano, quasi a far da cassa di risonanza<br />

all’insegnamento papa<strong>le</strong>, dapprima riportò gli appelli del Santo Padre contro la guerra 23 e<br />

documentò <strong>le</strong> prime iniziative, opera in particolare dell’Azione Cattolica, per l’assistenza<br />

soprattutto spiritua<strong>le</strong> dei soldati 24 , poi, a partire dal 1943, registrò prese di posizione sempre<br />

più nette dello stesso arcivescovo contro <strong>il</strong> conflitto.<br />

4. Dal 31 agosto 1943 al 20 giugno 1944<br />

Grazie al Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano e alla sintetica ma precisa memoria di mons. Antonio<br />

<strong>La</strong>ndi 25 è possibi<strong>le</strong> ricostruire l’attività di mons. Vettori nel triennio 1943-1945.<br />

Partiamo dal 31 agosto 1943 perché quel giorno costituisce una data tragica indimenticabi<strong>le</strong><br />

per la città. Dopo trentasette mesi di guerra, <strong>Pisa</strong> sembrava infatti essersi convinta<br />

che la sua caratteristica di centro d’arte e di obiettivo bellico di scarso interesse avrebbe<br />

potuto salvarla dalla distruzione che aveva già colpito buona parte del territorio italiano.<br />

Per questo <strong>il</strong> bombardamento, primo di una tragica serie, che avvenne all’ora di<br />

pranzo e che in sette minuti scaricò sul tratto di città dalla stazione ferroviaria al quartiere<br />

di Porta a Mare 408 tonnellate di bombe, costituì <strong>il</strong> tragico risveglio da un sogno 26 .<br />

L’arcivescovo, messo al corrente della situazione <strong>il</strong> papa, che – suo tramite – vol<strong>le</strong><br />

far giungere «la Sua Benedizione confortatrice e l’espressione del Suo paterno cordoglio» e<br />

«[...] pur nella sua insufficienza, <strong>il</strong> suo paterno interessamento» 27 , decise la sospensione<br />

della pubblicazione del periodico Vita Nova 28 , concesse facoltà straordinarie ai parroci, organizzò<br />

l’opera di assistenza ai sinistrati e agli sfollati attraverso i parroci e la propria Segreteria,<br />

trasferì per maggiore sicurezza <strong>il</strong> Seminario arcivescovi<strong>le</strong> nella Certosa di Calci 29 .<br />

22 G. VETTORI, Rif<strong>le</strong>ssioni in tempo di guerra, <strong>le</strong>ttera pastora<strong>le</strong> per la quaresima 1943, in «Bol<strong>le</strong>ttino<br />

Diocesano» n. 3 (marzo 1943), p. 31.<br />

23 Atti del S. Padre. Il paterno messaggio per la pace, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 8-9 (agosto-settembre<br />

1939), p. 118; Atti del S. Padre. Preghiere per ottenere la pace tra i popoli, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 5 (maggio<br />

1940), p. 53; Atti del S. Padre. Motu proprio per la giornata di preghiera per la pace, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 11<br />

(novembre 1940), p. 123; Atti del S. Padre. Radiomessaggio pasqua<strong>le</strong>: nuove supplicazioni per la pace nel mondo, in<br />

«Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 5 (maggio 1941), p. 53; Atti del S. Padre. Crociata di preghiere per la pace, in «Bol<strong>le</strong>ttino<br />

Diocesano» n. 5 (maggio 1943), pp. 55-57.<br />

24 Iniziative a favore dei nostri soldati, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 1 (gennaio 1941), p. 11.<br />

25 A. LANDI, Mons. Gabrie<strong>le</strong> Vettori. Un vescovo nella bufera, in Quarantesimo della D.C. pisana 1944-<br />

45/1984-85, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1985, pp. 15-20, ripubblicato in BURGALASSI, Per una storia della religiosità pisana, cit.,<br />

pp. 231-234.<br />

26 Una dettagliata ricostruzione del<strong>le</strong> vicissitudini della nostra città in quel periodo, corredata da<br />

una ricca raccolta di materia<strong>le</strong> fotografico e strumenti didattici in R. CAMPANI (cur.), <strong>Pisa</strong>: 1940-1946. Le ferite<br />

di una città. Materiali e percorsi didattici, Assessorato all’Istruzione della Provincia di <strong>Pisa</strong>, <strong>Pisa</strong> 2005 (Quaderni<br />

del Centro per la didattica della Storia, 10).<br />

27 Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera del Cardinal Maglione all’Arcivescovo di <strong>Pisa</strong>, 7 settembre 1943,<br />

cartella Periodo emergenza. Alla <strong>le</strong>ttera era al<strong>le</strong>gato un assegno di £. 25.000.<br />

28 Dopo <strong>il</strong> numero del 29 agosto, <strong>il</strong> settimana<strong>le</strong> diocesano nel 1943 vedrà solo due uscite <strong>il</strong> 12 e <strong>il</strong> 25<br />

dicembre: cfr. G. CORALLINI, Vita Religiosa <strong>Pisa</strong>na dal settimana<strong>le</strong> “Vita Nova” 1924-1977, Istituti editoriali e poligrafici<br />

internazionali, <strong>Pisa</strong>-Roma 1998, p. 74.<br />

29 Atti della Curia. Facoltà per i parroci. Per i sinistrati. Per <strong>il</strong> settimana<strong>le</strong> “Vita Nova”. Trasferimento del<br />

Seminario a Calci, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano», n. 10 (ottobre 1943), pp. 152-153.<br />

18


All’inizio dell’anno successivo rivolse un appello per <strong>il</strong> soccorso ai sinistrati che,<br />

malgrado <strong>le</strong> difficoltà economiche in cui tutti si ritrovavano, raccolse oltre £. 300.000 30 e<br />

impartì precise indicazioni ai parroci. Tali indicazioni sono di estrema importanza per capire<br />

anche l’atteggiamento di molti sacerdoti, di cui par<strong>le</strong>rà specificamente nel suo intervento<br />

Gianluca Fulvetti.<br />

I vescovi avevano ricevuto alla fine di gennaio 1944 una <strong>le</strong>ttera circolare della Sacra<br />

Congregazione del Conc<strong>il</strong>io che raccomandava loro di invitare i parroci, per quanto possibi<strong>le</strong>,<br />

a restare con <strong>le</strong> popolazioni loro affidate e, se sfollati, di assisterli concentrandoli in<br />

località prestab<strong>il</strong>ite 31 . Mons. Vettori aveva immediatamente aderito alla richiesta ed impartito<br />

precise prescrizioni sull’obbligo di residenza dei parroci 32 e sull’assistenza agli sfollati<br />

33 .<br />

Che questi argomenti gli stessero particolarmente a cuore emerge chiaramente nel<br />

marzo di quello stesso anno, quando l’arcivescovo, che aveva significativamente titolato la<br />

<strong>le</strong>ttera pastora<strong>le</strong> per la quaresima Quando verrà la pace? paventando <strong>il</strong> rischio della guerra<br />

<strong>civi<strong>le</strong></strong>, che si sarebbe invece tragicamente realizzata 34 , tornò di nuovo sullo stato d’anime<br />

30 «Con l’anima profondamente addolorata per lo spettacolo di rovine e di morte che si vede nella<br />

nostra <strong>Pisa</strong> e in diversi paesi della nostra Diocesi, io vi rivolgo quest’oggi la mia parola. Dopo <strong>il</strong> bombardamento<br />

del 31 agosto decorso, che distrusse quasi tutte <strong>le</strong> abitazioni sulla riva sinistra dell’Arno, feci appello<br />

alla vostra carità, e non invano; poiché oltre alla offerta generosa del S. Padre, numerose altre offerte affluirono<br />

dalla diocesi. Da tutte <strong>le</strong> parrocchie non danneggiate e da ogni ceto di persone ho ricevuto soccorsi che<br />

mi hanno permesso di al<strong>le</strong>viare, sebbene in piccola parte, <strong>le</strong> miserie e i dolori di tanti nostri fratelli. […] Ma<br />

voi sapete bene che l’incursione del 31 agosto non è stata se non <strong>il</strong> preludio di altre nove incursioni, che hanno<br />

cumulato rovine sopra rovine e moltiplicato dolori e lutti per la morte o ferimento di tanti pacifici cittadini,<br />

di donne inermi, di fanciulli innocenti, di vecchi e malati inab<strong>il</strong>i a sottrarsi all’eccidio. Qua<strong>le</strong> desolazione<br />

nel vedere pochi superstiti di povere famiglie abbandonare la misera abitazione nel<strong>le</strong> cui rovine è stato travolto<br />

tutto quel poco che avevano di masserizie e di vestimenti, fuori quelli indosso. Qua<strong>le</strong> angoscia vederli<br />

scavare <strong>le</strong> macerie sotto <strong>le</strong> quali giacevano, forse già morti, i genitori e i figli! […] Davanti a tante necessità è<br />

nostro dovere, è dovere di tutti venire in aiuto ai nostri fratelli [...] con la ferma speranza che darete a vedere<br />

che non è morta la vostra carità, ma generosamente operosa [...] »: Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Appello per <strong>il</strong><br />

soccorso ai sinistrati, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano», n. 1-2 (gennaio-febbraio 1944), pp. 15-16. Dopo l’incisiva esortazione<br />

seguono <strong>le</strong> indicazioni pratiche: i parroci avrebbero dovuto farsi promotori della raccolta di offerte e<br />

indumenti e inviare tutto a <strong>Pisa</strong> alla Segreteria Arcivescovi<strong>le</strong>. Ad essa, sempre tramite i propri parroci, si sarebbe<br />

dovuti rivolgere i sinistrati.<br />

31 Archivio diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera della Sacra Congregazione del Conc<strong>il</strong>io prot. n. 52/44, Roma 28<br />

gennaio 1944, cartella Periodo emergenza.<br />

32 «[...] se vi è momento nel qua<strong>le</strong> vige maggiormente <strong>il</strong> dovere della residenza, è proprio <strong>il</strong> presente.<br />

Per quei parroci che non hanno più né chiesa né canonica si è stab<strong>il</strong>ito un turno di presenze presso<br />

l’Arcivescovado - <strong>il</strong> giorno - ed in Seminario - la notte - in modo che i fedeli che lo desiderano possano trovare<br />

sempre <strong>il</strong> sacerdote […]»: Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Residenza dei parroci in città, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano»<br />

n. 1-2 (gennaio-febbraio 1944), p. 18.<br />

33 Tra l’altro i parroci avrebbero dovuto redarre uno stato d’anime degli sfollati separato da quello<br />

parrocchia<strong>le</strong>, da conservarsi nell’Archivio Parrocchia<strong>le</strong>: Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Il parroco e gli sfollati, in<br />

«Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 1-2 (gennaio-febbraio 1944), pp. 30-31: una ricerca su tali registri (almeno di quelli<br />

superstiti) consentirebbe anche una più precisa quantificazione e localizzazione del fenomeno dello sfollamento.<br />

34 «Dio salvi l’Italia nostra dalla peggiore del<strong>le</strong> sciagure, dalla guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong>, cioè di fratelli contro<br />

fratelli»: G. VETTORI, Quando verrà la pace?, <strong>le</strong>ttera pastora<strong>le</strong> per la quaresima 1944, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano»<br />

n. 3-4 (marzo-apri<strong>le</strong> 1944), pp. 52-63.<br />

19


per gli sfollati 35 e sulla residenza dei parroci, elogiando i più e invitando quanti ancora<br />

non avevano provveduto ad adeguarsi al<strong>le</strong> sue indicazioni 36 .<br />

In questi stessi primi mesi del 1944 Vettori intrattenne anche una fitta corrispondenza<br />

con autorità civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari per difendere o chieder giustizia per sacerdoti condannati,<br />

deportati, imprigionati o trucidati per la loro attività parrocchia<strong>le</strong> 37 , ma anche per civ<strong>il</strong>i<br />

imprigionati o deportati.<br />

È inoltre noto <strong>il</strong> suo persona<strong>le</strong> impegno per l’as<strong>il</strong>o offerto a ebrei, perseguitati politici,<br />

condannati dai tribunali speciali 38 , nonché l’organizzazione di un Ufficio Informazioni<br />

per la ricerca dei soldati dispersi 39 .<br />

Dopo un periodo di relativa calma, al termine dell’operazione Strang<strong>le</strong>, lo strangolamento<br />

dei canali di rifornimento tedeschi verso <strong>il</strong> sud della penisola, a partire dalla metà<br />

del mese di maggio <strong>Pisa</strong> venne nuovamente bombardata e <strong>le</strong> autorità civ<strong>il</strong>i ritennero opportuno<br />

trasferirsi anch’esse alla Certosa di Calci, dove – come abbiamo visto – era già <strong>il</strong><br />

Seminario e dove anche l’arcivescovo aveva una camera e si ritirava spesso la sera per star<br />

vicino ai seminaristi ed essere più fac<strong>il</strong>mente raggiungibi<strong>le</strong> dai preti della diocesi e da<br />

quanti ritenevano troppo pericoloso recarsi in città.<br />

Dopo <strong>il</strong> bombardamento del 16 giugno, che preludeva alla conquista della città da<br />

parte degli al<strong>le</strong>ati, <strong>il</strong> Comitato di Liberazione Naziona<strong>le</strong>, che ufficialmente non aveva mai<br />

preso contatti con <strong>le</strong> autorità religiose ma che spesso si era riunito clandestinamente nella<br />

canonica di don Telio Taddei, investì l’arcivescovo del fatto che i tedeschi, temendo attentati,<br />

avevano raccolto un gran numero di ostaggi nel carcere Don Bosco per eventuali rappresaglie.<br />

Questi si recò allora alla Certosa per offrire al prefetto Mariano Pierotti, al podestà<br />

Carlo Zanetti <strong>La</strong>mi e al<strong>le</strong> altre autorità civ<strong>il</strong>i la promessa che, se avessero compiuto <strong>il</strong><br />

gesto umanitario di r<strong>il</strong>asciare gli ostaggi del don Bosco, lo avrebbe segnalato al<strong>le</strong> autorità<br />

al<strong>le</strong>ate, ottenendo però un genti<strong>le</strong> ma secco diniego. Durante la notte tra <strong>il</strong> 18 e <strong>il</strong> 19 <strong>le</strong> autorità<br />

fasciste lasciarono la Certosa, ma anche <strong>le</strong> cel<strong>le</strong> del don Bosco vennero aperte e tutti<br />

gli ostaggi (tranne uno) riuscirono a mettersi in salvo. Il giorno successivo anche la m<strong>il</strong>izia<br />

e <strong>le</strong> altre forze addette all’ordine pubblico fuggirono dalla città.<br />

35 Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Lo stato d’anime per gli sfollati, ibidem, p. 64.<br />

36 Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Sulla residenza dei parroci, ibidem, p. 68: «[...] Per la verità debbo dire<br />

che nella nostra diocesi la maggior parte dei parroci hanno assolto ed assolvono con esemplarità al loro dovere;<br />

desidererei, però, che anche <strong>le</strong> poche eccezioni dovute all’inevitabi<strong>le</strong> e comprensibi<strong>le</strong> confusione del<br />

primo momento, venissero finalmente a cessare. E desidero poi tributare un caldo elogio a tutti quei sacerdoti<br />

che mai si sono allontanati dal loro posto e che, primi fra i primi, ho sempre incontrato dove maggiormente<br />

era <strong>il</strong> pericolo per portare <strong>il</strong> loro aiuto sacerdota<strong>le</strong> ai moribondi, ai feriti, ai sinistrati».<br />

37 Solo a titolo esemplificativo sono conservate nell’Archivio diocesano, nella cartella Periodo emergenza,<br />

<strong>le</strong> <strong>le</strong>ttere relative alla prigionia di don Armando Sabatini, parroco di Tiglio e alla fuc<strong>il</strong>azione di don<br />

Ferruccio Crecchi, parroco di Levigliani.<br />

38 Purtroppo di questa parte della sua attività conosciamo meno; logicamente in archivio non venivano<br />

conservate <strong>le</strong> minute di tali documenti e quel poco che esisteva è stato distrutto subito dopo la guerra,<br />

forse per evitare che se ne facesse un uso improprio. Riemergono solo qua e là testimonianze orali che ricordano<br />

come molte famiglie ebree, cui si faceva cambiare cognome per evitarne <strong>il</strong> riconoscimento, venivano<br />

inviate, munite di una <strong>le</strong>ttera di accompagnamento dell’arcivescovo, ai parroci di località di montagna, affinché<br />

questi <strong>le</strong> inserissero anonimamente tra gli sfollati del<strong>le</strong> loro parrocchie. Oltre al caso di Elio Toaff, futuro<br />

rabbino capo di Roma, cui accennerà Fulvetti nella sua relazione su don Libero Raglianti, è recentemente<br />

stata documentata la testimonianza della famiglia della sig.ra Nicla Piperno, accolta, grazie<br />

all’intermediazione di mons. Vettori, dal parroco di Girifalco, nei pressi di Rosignano Solvay: cfr. <strong>Pisa</strong>: storie<br />

di salvati e salvatori 1938-1945, video realizzato nel 2006 dal<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> IPSSA “Matteotti” di <strong>Pisa</strong>, IPSIA “Fascetti”<br />

di <strong>Pisa</strong>, Liceo Scientifico “Dini” di <strong>Pisa</strong>, IIS “Carducci” di Volterra.<br />

39 Cfr. in proposito LANDI, Mons. Gabrie<strong>le</strong> Vettori, cit., pp. 15-16.<br />

20


5. Dal 21 giugno al 2 settembre 1944<br />

Il 21 giugno 1944 <strong>il</strong> prefetto di <strong>Pisa</strong> Mariano Pierotti, da una località imprecisata della<br />

provincia, fece recapitare a mano all’Arcivescovo una <strong>le</strong>ttera Riservata urgente in cui gli<br />

conferì <strong>il</strong> governo della Provincia:<br />

«Eccel<strong>le</strong>nza Reverendissima, tengo ad informarla che ho deciso di lasciare la<br />

Prefettura per ritirarmi dalla vita politica. Mi trovo ancora in Provincia di <strong>Pisa</strong> in attesa<br />

di tempi migliori. Durante questi otto mesi ho cercato di fare del mio meglio per impedire<br />

azioni di vio<strong>le</strong>nza e per tenere la calma in tutta la Provincia, nonostante <strong>le</strong> ost<strong>il</strong>ità<br />

dei miei collaboratori. Come già ebbi occasione di dir<strong>le</strong> nel colloquio di domenica<br />

scorsa, affido al<strong>le</strong> sue paterne cure <strong>il</strong> governo della Provincia stessa, e la prego di<br />

chiamare <strong>il</strong> Viceprefetto Speroni ed <strong>il</strong> Dr. Ducci per <strong>le</strong> istruzioni del caso. <strong>La</strong> ringrazio<br />

per la benevo<strong>le</strong>nza che ha sempre voluto accordarmi e la prego di considerarmi sempre<br />

un suo devoto e di<strong>le</strong>tto figlio. Della Ecc. Vostra dev/mo Mariano Pierotti» 40.<br />

Hanno così inizio i settantacinque interminab<strong>il</strong>i giorni in cui l’arcivescovo rimase<br />

l’unica autorità italiana in città. Non potendo qui ripercorrerli tutti, cerchiamo di evidenziare<br />

<strong>le</strong> scelte fondamentali operate dal presu<strong>le</strong> :<br />

1. aprì – con grave rischio persona<strong>le</strong> 41 – l’Arcivescovado, <strong>il</strong> Duomo e <strong>il</strong> Seminario e<br />

fece aprire <strong>le</strong> canoniche del<strong>le</strong> chiese cittadine al<strong>le</strong> centinaia di cittadini che chiedevano ospitalità,<br />

rifugio, conforto;<br />

2. vol<strong>le</strong> costituire subito un’autorità che godesse di un minimo di <strong>le</strong>gittimità: <strong>il</strong> 22<br />

giugno fece proporre dal vice-prefetto vicario Speroni la carica di Commissario Prefettizio<br />

al Comune di <strong>Pisa</strong> all’avvocato Mario Gattai, un uomo che poteva vantare di non essere<br />

mai stato iscritto al Partito Nazional Fascista; questi accettò con spirito di autentica abnegazione<br />

e pose <strong>il</strong> proprio ufficio prima nell’antica farmacia della Certosa di Calci e poi in<br />

40 Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera di Mariano Pierotti, Prefetto di <strong>Pisa</strong>, all’Arcivescovo Vettori, 21<br />

giugno 1944, cartella Periodo emergenza.<br />

41 A conferma di quanto questa sua azione comportasse pericolo per sé e per i suoi diretti collaboratori,<br />

riportiamo un brano della <strong>le</strong>ttera con la qua<strong>le</strong> l’Oberstumfuehrer (primo tenente) Hans Doering,<br />

chiamato nel marzo del 1947 a dimostrare davanti alla Corte M<strong>il</strong>itare Internaziona<strong>le</strong> di non aver personalmente<br />

partecipato ad azioni criminali, chiese la testimonianza dell’arcivescovo per alcuni episodi avvenuti a<br />

<strong>Pisa</strong> tra la fine di luglio e l’inizio di agosto del 1944. Tra questi ricorda come «[...] a base di denunziazioni che<br />

nel Palazzo Vescovi<strong>le</strong> e nel<strong>le</strong> chiese uomini atti a portar <strong>le</strong> armi con armi fossero nascosti, io ebbi dal mio superiore<br />

<strong>il</strong> comandante la città di <strong>Pisa</strong> l’ordine di fare una perquisizione del Palazzo e del<strong>le</strong> chiese con la mia<br />

compagnia. In questo modo io non eseguii l’ordine, ma tramite un interprete <strong>civi<strong>le</strong></strong> domandai un’udienza a<br />

Vostra Eccel<strong>le</strong>nza, che mi fu concessa subito. In quest’udienza io comunicai l’ordine datomi a Vostra Eccel<strong>le</strong>nza<br />

e mi scusai che nella qualità di ufficia<strong>le</strong> dovetti eseguire quest’ordine penoso e che naturalmente non<br />

trassi in dubbio l’assicurazione di Vostra Eccel<strong>le</strong>nza che <strong>le</strong> accuse in questione fossero false. Io rinunciai ad<br />

una perquisizione del Palazzo dai soldati e mi accontentai ad una visitazione superficia<strong>le</strong> del Palazzo, nella<br />

qua<strong>le</strong> Vostra Eccel<strong>le</strong>nza fece la mia guida. Così l’autorità di Vostra Eccel<strong>le</strong>nza fu trattata col massimo riguardo<br />

possibi<strong>le</strong> in questa situazione delicata. Rinunciai anche ad una perquisizione rigorosa di tutte <strong>le</strong> chiese<br />

della città dai soldati e mi accontentai nello stesso modo con una visitazione persona<strong>le</strong> del<strong>le</strong> chiese sotto la<br />

guida di un incaricato di Vostra Eccel<strong>le</strong>nza [...]»: Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera di Hans Doering<br />

all’Arcivescovo Vettori, Karlsruhe 11 marzo 1947, cartella Periodo emergenza. <strong>La</strong> <strong>le</strong>ttera manoscritta in lingua<br />

tedesca è accompagnata da una traduzione datt<strong>il</strong>oscritta, anch’essa firmata dal mittente, dalla qua<strong>le</strong> traiamo<br />

quanto riportato.<br />

21


Seminario; affiancato da un Comitato Civico, cercò di sostituire nel miglior modo possibi<strong>le</strong><br />

l’amministrazione comuna<strong>le</strong> 42 ;<br />

3. si preoccupò dell’approvvigionamento alimentare della città, ormai priva di<br />

scorte: creò <strong>il</strong> 6 luglio un Comitato di Alimentazione, composto dal dott. Nata<strong>le</strong> Campagnola,<br />

da don Angelo Fontana 43 e don Paolo Battini (<strong>il</strong> comitato operò sino all’arrivo del<strong>le</strong><br />

truppe al<strong>le</strong>ate in città e costituì l’unica autorità in materia: garantì l’approvvigionamento<br />

della farina e la regolare distribuzione del pane fino alla sopravvenuta mancanza di energia<br />

e<strong>le</strong>ttrica con conseguente non funzionamento dei mulini, fornì i viveri agli Spedali<br />

Riuniti di S. Chiara, organizzò la distribuzione della carne, l’approvvigionamento della<br />

frutta, del<strong>le</strong> patate, dei <strong>le</strong>gumi e della verdura 44 ); fece tenere costantemente aperte dal<strong>le</strong><br />

suore di Maria Aus<strong>il</strong>iatrice <strong>le</strong> cucine di via S. Anna e di via S. Tommaso e dal<strong>le</strong> suore del<br />

Seminario quel<strong>le</strong> di via S. Zeno;<br />

4. cercò di garantire l’incolumità della città nell’imminente passaggio della linea di<br />

guerra: <strong>il</strong> 12 luglio, facendo seguito a trattative intercorse tra la Segreteria di Stato vaticana<br />

e l’Ambasciata Tedesca presso la Santa Sede per la salvaguardia del<strong>le</strong> città d’arte toscane,<br />

scrisse personalmente al genera<strong>le</strong> Kesserling per ottenere dal Comando della XIV Armata<br />

tedesca che <strong>Pisa</strong> fosse dichiarata “città bianca” 45 ; egli sperava che i tedeschi riservassero<br />

alla nostra città la stessa sorte di Siena, fino ad allora salvaguardata dai nazisti non solo<br />

per i suoi meravigliosi monumenti ma anche, e soprattutto, perché sede di due ospedali<br />

m<strong>il</strong>itari tedeschi. Il presu<strong>le</strong> ignorava però che <strong>il</strong> genera<strong>le</strong> Clark, quello stesso che stava<br />

marciando verso la nostra città, non aveva rispettato i patti, mai sottoscritti ma garantiti<br />

dalla Santa Sede, riguardo alla dichiarazione di Roma “città aperta” ed aveva usato i ponti<br />

della capita<strong>le</strong> per inseguire con i propri carri armati <strong>le</strong> truppe dell’esercito tedesco in ritirata.<br />

Ta<strong>le</strong> atteggiamento indispettì talmente <strong>il</strong> gerarca nazista che negò a tutte <strong>le</strong> città d’arte<br />

lo status di “città aperte”. <strong>La</strong> risposta invano attesa dall’arcivescovo giunse <strong>il</strong> 29 luglio al<br />

Comando del LXXV Corpo d’Armata al<strong>le</strong>ato e fu negativa.<br />

Fu all’arcivescovo Vettori che gli ufficiali del<strong>le</strong> truppe al<strong>le</strong>ate si presentarono <strong>il</strong> 2<br />

settembre entrando in città. E fu lui che, la mattina successiva, mandò don Antonio <strong>La</strong>ndi<br />

a Palazzo Gambacorti (si tenga presente che <strong>il</strong> Palazzo Arcivescovi<strong>le</strong> era nella zona a nord<br />

dell’Arno, mentre <strong>il</strong> Palazzo Comuna<strong>le</strong> era in quella a sud e tutti i ponti erano stati distrutti)<br />

per conferire con <strong>il</strong> governatore americano Major C.M.P. Thomas G. Brennen e con gli<br />

amministratori da lui designati (<strong>il</strong> sindaco Italo Bargagna ed <strong>il</strong> vice-sindaco don Ic<strong>il</strong>io Felici)<br />

e per esporre la situazione di <strong>Pisa</strong> nord.<br />

42 Il diario del Gattai è stato recentemente ripubblicato in veste dimessa dalla Circoscrizione n. 6 del<br />

Comune di <strong>Pisa</strong>: <strong>Pisa</strong> nella bufera. Note dell’Avvocato Mario Gattai Commissario del Comune di <strong>Pisa</strong>. Giugnosettembre<br />

1944, <strong>Pisa</strong> 2001.<br />

43 Anche <strong>le</strong> memorie di don Fontana sono state raccolte e pubblicate una decina di anni fa a cura di<br />

Renato De Felice: OASI SACRO CUORE CALCI, 68° anniversario della ordinazione sacerdota<strong>le</strong> di Monsignor Angelo<br />

Fontana, <strong>Pisa</strong> 1996.<br />

44 Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Relazione sull’attività svolta dal Comitato di Alimentazione della città di<br />

<strong>Pisa</strong>, s.d., cartella Periodo emergenza. Il prospetto statistico dei generi alimentari distribuiti alla <strong>popolazione</strong><br />

nei 58 giorni di attività del Comitato indica 470 q.li di grano (300 di farina panificata e 170 di grano in natura),<br />

1.000 q.li di frutta, 900 q.li di patate, 40 q.li di fagioli, 15 q.li di verdure, 6 q.li di farina di castagne. In 38<br />

giorni vennero inoltre distribuite 11.400 minestre calde.<br />

45 Della <strong>le</strong>ttera, più volte attestata, non è purtroppo rimasta traccia nell’Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>.<br />

22


6. Dal 2 settembre 1944 al 2 settembre 1945<br />

Il 5 settembre fu deciso che per quindici giorni Gattai, <strong>il</strong> Commissario voluto<br />

dall’arcivescovo, e Bargagna, sindaco in pectore giunto al seguito dei vincitori, amministrassero<br />

col<strong>le</strong>gialmente la città come commissari straordinari con <strong>il</strong> compito di «esercitare<br />

<strong>le</strong> funzioni attribuite al Sindaco, sostituendosi a vicenda in caso d’impedimento o di assenza<br />

di uno di essi e ciò fino a quando non fosse stato provveduto alla nomina definitiva<br />

del Sindaco e della giunta dagli organi rappresentativi competenti nell’attua<strong>le</strong> stato di emergenza»,<br />

riconoscimento da parte degli al<strong>le</strong>ati della <strong>le</strong>gittimità del potere esercitato in<br />

questo periodo dal Vettori.<br />

Inoltre la prima delibera della nuova Giunta comuna<strong>le</strong>, riunita <strong>il</strong> 18 settembre, fu<br />

quella «[...] ritenuta l’opportunità di rivolgere un ringraziamento al c<strong>le</strong>ro pisano, che nella<br />

paurosa successione di tanti tragici episodi della barbarie tedesca in così breve spazio di<br />

luogo e di tempo, seppe portare, con la fede e l’abnegazione dei suoi sacerdoti, quell’aiuto<br />

e quella speranza, di cui <strong>il</strong> popolo aveva tanto bisogno per superare l’arduo cimento, nella<br />

certezza d’interpretare <strong>il</strong> sentimento della <strong>popolazione</strong> pisana, a voti unanimi, delibera [...]<br />

di inviare una commissione della Giunta da S. E. Mons. Arcivescovo di <strong>Pisa</strong> per esprimere<br />

al c<strong>le</strong>ro pisano <strong>il</strong> ringraziamento e la riconoscenza della <strong>popolazione</strong> della città per gli aiuti<br />

materiali e morali prestati durante i giorni di assedio m<strong>il</strong>itare della città».<br />

Ma la guerra nel territorio diocesano non era ancora finita.<br />

Così, nella <strong>le</strong>ttera scritta ai sacerdoti immediatamente dopo la liberazione della città<br />

di <strong>Pisa</strong> per ringraziarli del loro eroico comportamento 46 , <strong>il</strong> primo pensiero dell’arcivescovo<br />

fu per <strong>le</strong> porzioni del territorio diocesano ancora investite dalla furia bellica (Vers<strong>il</strong>ia e<br />

Barghigiano); poi ricordò i sacerdoti uccisi, <strong>le</strong> chiese distrutte, l’«immensa miseria mora<strong>le</strong> e<br />

materia<strong>le</strong> in cui si sono andate trovando <strong>le</strong> nostre popolazioni [...] i lutti, i dolori, <strong>il</strong> pianto<br />

di tanti nostri cari figli e fratelli [...]» e invitò <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro a proseguire nell’opera di aiuto materia<strong>le</strong><br />

e mora<strong>le</strong>.<br />

Ancora un pressante invito ad operare attivamente, <strong>il</strong> presu<strong>le</strong> lo rivolse al proprio<br />

presbiterio nell’indirizzo dal significativo titolo Urgente lavoro 47 . E che non fossero solo<br />

preoccupazioni di ordine spiritua<strong>le</strong> quel<strong>le</strong> che dovevano improntare la pastora<strong>le</strong> dei sacerdoti<br />

in cura d’anime lo si intende dal<strong>le</strong> ferme paro<strong>le</strong> del successivo intervento, che invita<br />

a persuadere i produttori a «[…] conferi[re] tutti i loro prodotti - meno quanto loro è<br />

consentito per <strong>le</strong>gge - agli Ammassi del Popolo» e a non rivenderlo al mercato nero 48 .<br />

46 G. VETTORI, Dopo la bufera, <strong>le</strong>ttera pastora<strong>le</strong> ai sacerdoti della diocesi, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n.<br />

7-8-9 (luglio-settembre 1944), pp. 134-139.<br />

47 Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Urgente lavoro, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 1-2-3 (gennaio-marzo<br />

1945), pp. 1-2.<br />

48 «Non è la prima volta, miei cari sacerdoti, che vi rivolgo la mia parola per domandare la vostra<br />

collaborazione nella risoluzione di prob<strong>le</strong>mi che pur non essendo strettamente spirituali, tuttavia riguardano<br />

a fondo gli interessi del popolo a noi affidato. Ho <strong>le</strong>tto con commozione <strong>le</strong> relazioni di quanto avete fatto [...]<br />

per provvedere all’alimentazione del<strong>le</strong> nostre popolazioni durante <strong>il</strong> periodo crucia<strong>le</strong> in cui esse sono rimaste<br />

abbandonate da tutti, ed ancora una volta ve ne ringrazio di cuore. Adesso non si tratta più di organizzare<br />

squadre di vo<strong>le</strong>nterosi che sotto <strong>il</strong> tiro del<strong>le</strong> cannonate espongano la loro vita per procurare <strong>il</strong> vettovagliamento<br />

necessario alla <strong>popolazione</strong> affamata; ma si tratta di fare larga opera di persuasione presso i proprietari<br />

ed i contadini ed in genere presso tutti i produttori affinché essi conferiscano tutti i loro prodotti -<br />

meno quanto loro è consentito per <strong>le</strong>gge - agli Ammassi del Popolo. Il prob<strong>le</strong>ma della vita, oggi, è divenuto<br />

quasi insolubi<strong>le</strong>; i prezzi crescono a vista d’occhio; oggi la roba costa più di ieri; domani certamente costerà<br />

più di oggi, e di questo passo non sappiamo più dove andremo a finire. È vero sì, che ogni giorno crescono<br />

anche <strong>le</strong> paghe giornaliere dei lavoratori; ma vi è una gran massa di impiegati, di insegnanti, di pensionati,<br />

23


Finalmente <strong>il</strong> 7 apri<strong>le</strong> 1945 anche <strong>il</strong> Barghigiano e la Vers<strong>il</strong>ia vennero liberati.<br />

Non appena <strong>le</strong> condizioni glielo consentirono, <strong>il</strong> Vettori intraprese una nuova visita<br />

nel<strong>le</strong> zone pastorali della diocesi per essere vicino a tutto <strong>il</strong> suo gregge e per spronarlo<br />

all’urgente lavoro (come appunto aveva titolato <strong>il</strong> suo documento del gennaio) di ricostruzione<br />

e di ripresa 49 .<br />

Ancora tre aspetti della sua multiforme opera di servizio meritano di essere sottolineati.<br />

In primo luogo l’organizzazione, all’inizio del 1945 e su richiesta della Pontificia<br />

Commissione per l’assistenza ai reduci, di una serie di iniziative all’interno della diocesi<br />

per sovvenire al<strong>le</strong> esigenze del<strong>le</strong> migliaia di ex-soldati ed ex-deportati nei campi di concentramento,<br />

che, al loro ritorno, «[...] avranno bisogno di una particolarissima cura per la<br />

ripresa della vita con rinnovato senso di fiducia e di ordine [...]» 50 .<br />

Successivamente la messa a disposizione di un loca<strong>le</strong> all’interno del Palazzo Arcivescovi<strong>le</strong><br />

per <strong>le</strong> ditte incaricate della distribuzione di pacchi dono con vestiario e cibarie che<br />

provenivano dagli Stati Uniti. Anche in questo caso <strong>il</strong> presu<strong>le</strong> era stato sol<strong>le</strong>citato ad intervenire<br />

perché precedenti esperienze in altre città avevano dato origine ad «abusi tanto fac<strong>il</strong>i<br />

e frequenti» che si era giunti alla conclusione che «la Spett. Autorità Ecc<strong>le</strong>siastica fosse<br />

la più perfetta garante in campo mora<strong>le</strong> di assistenza» 51 .<br />

Infine l’assistenza ai prigionieri nel campo di raccolta e di prigionia al<strong>le</strong>ato di Coltano<br />

(dal<strong>le</strong> 30.000 al<strong>le</strong> 35.000 persone di età tra gli otto e gli ottanta anni) cui, dopo lunghe<br />

trattative, riuscì finalmente ad avere accesso nel giugno 1945: un primo servizio fu quello<br />

di far sapere al<strong>le</strong> famiglie degli internati, tramite i rispettivi vescovi, che i loro cari erano lì<br />

raccolti; organizzò poi (9 giugno 1945) un “Ufficio Diocesano di assistenza per i prigionieri<br />

di guerra”, vero e proprio centro di smistamento, realizzato grazie al servizio volontario di<br />

giovani dell’Azione Cattolica e Seminaristi, che ebbe sede in Arcivescovado (con un vero e<br />

proprio ufficio posta<strong>le</strong>, un servizio smistamento pacchi e un servizio indumenti, in cui <strong>le</strong><br />

donne di Azione Cattolica pensavano alla stiratura e ai rammendi degli abiti degli internati)<br />

e che si occupò anche dei molti parenti che giunsero a <strong>Pisa</strong> per visitare gli internati<br />

di piccoli possidenti, di malati, di donne e di bambini che sono lontanissimi dal guadagnare tanto quanto occorre<br />

per campare la vita e che di conseguenza sono costretti a vendere via via i loro oggetti più cari e necessari,<br />

o a darsi al losco traffico del mercato nero, o a patir la fame e così votarsi alla morte. Ora ciò non è giusto,<br />

anzi è inumano, è anticristiano. Occorre quindi che i produttori - tutti indistintamente - non vendano direttamente<br />

i loro prodotti al maggior offerente, ma conferiscano i loro prodotti agli Ammassi del Popolo perché<br />

poi vengano equamente distribuiti a tutto <strong>il</strong> popolo a prezzo convenientemente giusto, determinato dal<strong>le</strong><br />

competenti autorità. Chi fa diversamente può guadagnare qualche biglietto da m<strong>il</strong><strong>le</strong> in più, ma affama <strong>il</strong> popolo,<br />

manca alla giustizia, all’onestà, alla carità, all’amore di Patria; e se si professa cattolico, offende la religione<br />

che dice di professare. [...] Mi consta che <strong>le</strong> autorità competenti stanno mettendo in opera ogni mezzo<br />

perché la <strong>le</strong>gge venga rispettata, ma io desidero che al di sopra del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi umane che possono anche essere<br />

eluse, tutti voi, miei cari sacerdoti, sappiate svolgere opera veramente persuasiva affinché ogni buon cattolico<br />

senta <strong>il</strong> dovere suo di venire incontro al popolo che in si<strong>le</strong>nzio soffre la fame. Se sparissero tanti egoismi e<br />

si praticasse da tutti un po’ più di carità cristiana sarebbero fac<strong>il</strong>mente risolti i prob<strong>le</strong>mi sociali ed <strong>il</strong> nostro<br />

buon popolo potrebbe guardare con più fiducia in un non lontano avvenire di pace, di lavoro, di ricostruzione<br />

per la Patria nostra»: Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Gli o<strong>le</strong>ari del popolo, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano» n. 1-2-3<br />

(gennaio-marzo 1945), pp. 5-6.<br />

49 Si confrontino in proposito i documentati resoconti del rinato settimana<strong>le</strong> «Vita Nova» di questi<br />

mesi.<br />

50 Atti di S.E. Mons. Arcivescovo. Pontificia Commissione Assistenza Reduci, in «Bol<strong>le</strong>ttino Diocesano»<br />

n. 1-2-3 (gennaio-marzo 1945), pp. 6-7.<br />

51 Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera della ditta Bonaventura, Roma 2 maggio 1946, cartella Periodo<br />

emergenza.<br />

24


(permessi di visita, loggiati e cappella dell’Arcivescovado attrezzati come dormitori) 52 ; curò<br />

<strong>il</strong> servizio religioso nel campo, svolto da nove cappellani m<strong>il</strong>itari, anch’essi prigionieri,<br />

dislocati uno per ogni settore occupato dai reclusi e nel piccolo ospeda<strong>le</strong>; si prodigò infine<br />

presso <strong>il</strong> Ministero della Guerra per ottenere la liberazione dei prigionieri 53 .<br />

Quando poi, dai primi di ottobre al 2 novembre 1945, tutti i 31.000 internati rimasti<br />

vennero r<strong>il</strong>asciati o trasferiti altrove, l’Ufficio Diocesano di assistenza per i prigionieri di<br />

guerra al<strong>le</strong>stì un “Refettorio del Papa” nei locali del Seminario, che arrivò a servire fino a<br />

3.000 pasti giornalieri. Gli ex-internati, non appena usciti dal campo, venivano rifoc<strong>il</strong>lati e<br />

alloggiati in Arcivescovado o in Seminario, in attesa dei camion che li riportassero ai luoghi<br />

di origine. Al momento della partenza ricevevano anche alcuni indumenti e 300 gr. di<br />

pane con companatico (frutta, salame o formaggio) a testa. Ai più disagiati o lontani veniva<br />

spesso erogato anche un contributo in denaro 54 .<br />

L’assistenza agli internati nel campo di Coltano attirò sull’arcivescovo molte critiche<br />

55 , che riaprirono <strong>il</strong> dibattito sui pregressi rapporti, anche nella diocesi, tra Chiesa e fascismo,<br />

ma testimonia molto bene l’atteggiamento sempre tenuto da mons. Vettori di vicinanza<br />

ai bisogni del prossimo, di attenzione a quanti si trovavano in situazione di precarietà<br />

e difficoltà, prima e a prescindere da considerazioni di tipo politico 56 .<br />

Il 2 settembre 1945, nel primo anniversario della Liberazione, a mons. Vettori venne<br />

conferita so<strong>le</strong>nnemente la cittadinanza onoraria (vedi tav. 4 in Appendice):<br />

«Considerato che nei giorni dell’assedio m<strong>il</strong>itare della città, così densi di tragici<br />

episodi, di angosce, di ristrettezze di ogni genere, S.E. Mons. Gabrie<strong>le</strong> Vettori, Arcivescovo<br />

di <strong>Pisa</strong>, insieme a valorosi membri del c<strong>le</strong>ro e cittadini, fu con l’esempio e con<br />

l’azione di grande aiuto e conforto al popolo, al qua<strong>le</strong> portò, con fede ed abnegazione,<br />

quel soccorso e quella speranza, che tanto erano necessari, per superare l’arduo cimento;<br />

ritenuta perciò l’opportunità di onorare nel prossimo primo anniversario<br />

l’Arcivescovo per la sua opera nob<strong>il</strong>issima di carità e di civica solidarietà, a voti unanimi<br />

delibera di conferire a Mons. Arcivescovo la cittadinanza onoraria».<br />

52 Aldo Luperi ne ha lasciato testimonianza in una sua <strong>le</strong>ttera a Mons. Matteucci: Archivio privato<br />

Benvenuto Matteucci, Lettera di Aldo Luperi all’Arcivescovo sul campo di concentramento di Coltano, 25 novembre<br />

1974, cartella Documenti sulla Resistenza.<br />

53 Dopo aver sottolineato i disagi degli internati nel campo e <strong>le</strong> difficoltà che <strong>il</strong> loro vettovagliamento<br />

arrecava alla già martoriata città di <strong>Pisa</strong>, <strong>il</strong> presu<strong>le</strong> mise in evidenza che molti di essi non erano colpevoli,<br />

ma erano stati costretti a presentarsi al<strong>le</strong> armi. Per ta<strong>le</strong> motivo richiese «la liberazione di tutti i prigionieri,<br />

eccetto quelli che siano colpevoli di vio<strong>le</strong>nza e di furto contro <strong>le</strong> persone e che potranno essere giudicati dai<br />

tribunali governativi»: Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Lettera dell’Arcivescovo al Ministero della Guerra, <strong>Pisa</strong> 20 settembre<br />

1945, cartella Periodo emergenza.<br />

54 Cfr., oltre la già citata testimonianza di Aldo Luperi, Archivio Diocesano di <strong>Pisa</strong>, Bozza di relazione<br />

sull’attività della Commissione di assistenza agli internati nel campo di Coltano, <strong>Pisa</strong> s.d., cartella Periodo emergenza.<br />

55 Si giunse perfino a veri e propri atti intimidatori, come <strong>il</strong> tentativo da parte di sedicenti partigiani<br />

di fare irruzione di notte in Arcivescovado per giustiziare i prigionieri in attesa del ritorno a casa: cfr. Archivio<br />

privato Benvenuto Matteucci, Lettera di Aldo Luperi, cit.<br />

56 Si ripresenta qui, sia pure in un diverso contesto, quella contraddizione quasi ineliminabi<strong>le</strong> nel<br />

mondo cattolico a far coesistere una tendenza allo stare al di sopra del<strong>le</strong> parti rispetto a rivalità di tipo politico<br />

con quella ad assumere invece una precisa posizione, soprattutto quando si evidenziano situazioni di “anormalità”<br />

come possono essere quella bellica e postbellica, che Claudio Pavone aveva individuato nel suo<br />

saggio sulla resistenza come guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong>, di cui parla Fulvetti nel suo intervento: cfr. <strong>il</strong> saggio di Fulvetti, testo<br />

corrispondente alla nota n. 69.<br />

25


SACERDOTI VITTIME DEL NAZISMO.<br />

NOTE SULLA CHIESA PISANA TRA 1943 E 1944<br />

1. Chiesa, resistenza, sacerdoti<br />

Gianluca Fulvetti (Università di <strong>Pisa</strong>)<br />

Ormai dieci anni fa, in occasione del Cinquantesimo anniversario della Resistenza e<br />

della Liberazione, la Conferenza Episcopa<strong>le</strong> Toscana promuoveva la pubblicazione di un<br />

volume, Chiesa toscane. Cronache di guerra 1940-1945, nel qua<strong>le</strong> compariva una serie di contributi<br />

dedicati alla storia del<strong>le</strong> diciotto diocesi toscane durante gli anni del Secondo conflitto<br />

mondia<strong>le</strong> 57 . In quella sede, a Stefano Sodi toccava l’onere di presentare una sintesi riguardante<br />

<strong>le</strong> vicende di quella di <strong>Pisa</strong>, e lo studioso sottolineava in apertura come «non è<br />

finora possibi<strong>le</strong> tracciare un quadro, sia pur sommario, della vita comp<strong>le</strong>ssiva della Chiesa<br />

pisana durante <strong>il</strong> periodo bellico, quadro che ne registri non solo la presenza istituziona<strong>le</strong>,<br />

soteriologia e sacramenta<strong>le</strong>, ma anche gli eventi dell’incarnazione dell’historia salutis nella<br />

quotidianità del popolo di Dio» 58 .<br />

<strong>La</strong> situazione, a oggi, non è affatto cambiata, in quanto <strong>le</strong> cause di questa difficoltà<br />

sono di natura epistemologica, come già Sodi sottolineava puntualmente. Ad una assenza<br />

di contributi sulla storia di questa realtà nel corso dell’intero Novecento, che funzionassero<br />

da cornice per gli eventi relativi al 1940-1945, corrispondeva infatti anche una estrema e<br />

quasi anomala povertà dei fondi su questi anni all’interno del pur ricco Archivio diocesano<br />

di <strong>Pisa</strong> 59 – in particolare, sorprende l’assenza del fondo privato dell’arcivescovo Gabrie<strong>le</strong><br />

Vettori (a capo della diocesi tra <strong>il</strong> 1932 e <strong>il</strong> 1947) 60 –, e <strong>il</strong> quadro era complicato da<br />

una costante difficoltà nell’avere accesso e consultare gli archivi parrocchiali, in particolare<br />

i Libri Cronici che, sia pur con andamento molto irregolare e diversificato, rappresentano<br />

spesso una fonte straordinaria per ricostruire “dal basso” la storia del<strong>le</strong> comunità colpite<br />

dal conflitto e dalla guerra tota<strong>le</strong> 61 .<br />

Di conseguenza, era – e rimane in larga parte – oggettiva la difficoltà di studiare e<br />

provare ad interpretare <strong>il</strong> ruolo giocato dalla Chiesa pisana, nel<strong>le</strong> sue molteplici ramificazioni<br />

sul territorio (parrocchie, sacerdoti, congregazioni, ecc.), di fronte al Secondo conflit-<br />

57 Si tratta di Arezzo-Cortona-San Sepolcro, Fieso<strong>le</strong>, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara-Pontremoli,<br />

Massa Marittima-Piombino, Monte Oliveto Maggiore, Montepulciano-Chiusi-Pienza, Pescia,<br />

<strong>Pisa</strong>, Pistoia, Pitigliano-Sovana-Orbetello, Prato, San Miniato, Siena-Col<strong>le</strong> val d’Elsa-Montalcino e infine<br />

Volterra.<br />

58 S. SODI, <strong>La</strong> chiesa pisana dal 1940 al 1945, in CONFERENZA EPISCOPALE TOSCANA, Chiese Toscane -<br />

Cronache di guerra 1940-1945, LEF, Firenze 1995, pp. 455-474, 481-487; la cit. alla p. 457.<br />

59 Gli unici documenti del periodo preso in esame sono conservati in una cartella denominata “Periodo<br />

emergenza”, anche se sono relativi in massima parte all’attività di assistenza prestata dal c<strong>le</strong>ro e al<strong>le</strong> richieste<br />

di intercessione di persone che, dopo la Liberazione, sono recluse nel campo di Coltano.<br />

60 Sulla cui figura rimando al contributo di Sodi in questa stessa pubblicazione.<br />

61 Per una introduzione, vedi E. ANGIOLINI (cur.), Gli archivi parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione<br />

e ricerca storica. Atti dei convegni di Fiorano Modenese (4 settembre 1996) e di Ravenna (5 ottobre 1996), Mucchi,<br />

Modena 1997; la ricchezza di questi materiali sta emergendo anche nel corso di una ricerca su “<strong>La</strong> guerra<br />

tota<strong>le</strong> lungo la Linea Gotica nord-occidenta<strong>le</strong>”, promossa dalla Regione Toscana e dal<strong>le</strong> Amministrazioni<br />

provinciali di Lucca e Massa Carrara e coordinata da Paolo Pezzino e Gabrie<strong>le</strong> Ranzato.<br />

27


to mondia<strong>le</strong> e alla parte fina<strong>le</strong> di quella «guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> europea» 62 che ha lacerato <strong>le</strong> comunità<br />

nazionali tra anni Venti e anni Quaranta del Novecento. Che grado di adesione e<br />

compromissione con <strong>il</strong> fascismo aveva avuto <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro diocesano? C’era stata, e se sì con<br />

quali modi e tempi, una frattura tra la diocesi e <strong>il</strong> regime? Qua<strong>le</strong> impatto avevano avuto <strong>il</strong><br />

conflitto e i bombardamenti? Come si era reagito al<strong>le</strong> Leggi razziali prima e alla “caccia<br />

all’ebreo” poi? Qual era stato l’atteggiamento di fronte alla guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> avviatasi<br />

all’indomani dell’8 settembre, alla vio<strong>le</strong>nza fascista e alla comparsa dei primi gruppi di<br />

partigiani? Come aveva reagito <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro dinanzi alla vio<strong>le</strong>nza della occupazione nazista?<br />

Qual era stato <strong>il</strong> rapporto con <strong>il</strong> movimento resistenzia<strong>le</strong>?<br />

Sono solo alcune del<strong>le</strong> domande che, mutuate dal dibattito storiografico relativo alla<br />

storia della Chiesa italiana durante <strong>il</strong> Secondo conflitto mondia<strong>le</strong> 63 , attendono ancora<br />

una compiuta risposta in relazione al caso di <strong>Pisa</strong>. Esistono alcuni contributi a riguardo,<br />

qualche memoria lasciata da sacerdoti che hanno vissuto quegli eventi, ma lo sguardo<br />

d’insieme è ancora di là da venire 64 . Si può quindi, per adesso, procedere a piccoli passi,<br />

auspicando l’avvio di un percorso che, con <strong>il</strong> coinvolgimento dell’autorità diocesana, renda<br />

maggiormente disponib<strong>il</strong>i <strong>le</strong> fonti parrocchiali e, a partire da lì, si ponga finalmente<br />

come priorità nei prossimi anni lo studio della storia della Chiesa pisana durante questo<br />

periodo travagliato della nostra storia.<br />

<strong>La</strong> discussione di questa mattina può essere un primo momento di rif<strong>le</strong>ssione.<br />

Stefano Sodi, infatti, cerca di introdurre <strong>il</strong> contesto genera<strong>le</strong> della diocesi negli anni<br />

del conflitto mondia<strong>le</strong>, a partire da un’analisi della figura e del ruolo svolto<br />

dall’arcivescovo Vettori, che si basa su uno spoglio puntua<strong>le</strong> dei suoi pronunciamenti ufficiali<br />

e del<strong>le</strong> sue <strong>le</strong>ttere pastorali.<br />

Io cercherò invece di proporre alcuni spunti di rif<strong>le</strong>ssione a partire dall’analisi del<br />

comportamento tenuto durante i mesi del conflitto da alcuni sacerdoti, che hanno poi pagato<br />

con la vita la scelta di condividere sino in fondo la sorte e la sofferenza del<strong>le</strong> proprie<br />

comunità. Il territorio della diocesi di <strong>Pisa</strong> 65 , infatti, ha “subito” duramente la vio<strong>le</strong>nza del<br />

Secondo conflitto mondia<strong>le</strong> tra <strong>il</strong> 1943 ed <strong>il</strong> 1944, come ha sottolineato anche Paolo Pezzino<br />

nella sua introduzione al nostro incontro, e sono dieci i sacerdoti della diocesi che hanno<br />

perso la vita durante i mesi dell’occupazione 66 . In tutta la regione, in attesa di un censi-<br />

62 C. PAVONE, <strong>La</strong> seconda guerra mondia<strong>le</strong>: una guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> europea? in G. RANZATO (cur.), Guerre fratricide.<br />

Le guerre civ<strong>il</strong>i in età contemporanea, Bollati Boringhieri, Torino 1994, pp. 86-128.<br />

63 Per una introduzione ad almeno alcune di queste tematiche, vedi: G. MICCOLI, Fra mito della cristianità<br />

e secolarizzazione. Studi sul rapporto chiesa-società nell’età contemporanea, Marietti, Casa<strong>le</strong> Monferrato<br />

1985 e <strong>il</strong> più recente ID., I si<strong>le</strong>nzi e i di<strong>le</strong>mmi di Pio XII, Rizzoli, M<strong>il</strong>ano 2002; G. DE ROSA, Cattolici, Chiesa, Resistenza,<br />

Il Mulino, Bologna 1997, in particolare <strong>il</strong> saggio di A. RICCARDI, <strong>La</strong> segreteria di Stato e la diplomazia vaticana<br />

tra guerra e dopoguerra.<br />

64 S. BURGALASSI, Educatori della democrazia: alcune figure del c<strong>le</strong>ro pisano da non dimenticare, in Il c<strong>le</strong>ro<br />

toscano nella Resistenza, Atti del convegno di Lucca, Firenze, <strong>La</strong> Nuova Europa, 1975, pp. 195-198; T. TADDEI,<br />

Attività antifascista di gruppi cattolici pisani, in ivi, cit., pp. 199-201; alcuni cenni in S. BURGALASSI (cur.), Per una<br />

storia della religiosità pisana, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1987 e nel volume col<strong>le</strong>ttaneo Quarantesimo della D.C. pisana 1944-<br />

45/1984-85, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1985.<br />

65 Sulla sua estensione territoria<strong>le</strong>, che non coincide con quella della provincia, ma include anche<br />

una porzione della Vers<strong>il</strong>ia, la zona di Barga e alcune contrade nel livornese, rimando al contributo di Sodi<br />

in questa stessa pubblicazione.<br />

66 Si tratta di don Libero Raglianti, parroco di Valdicastello Carducci; Giuseppe Bertini, parroco di<br />

Molina di Quosa; don Angelo Orsini, pievano di Calcinaia; don Innocenzo <strong>La</strong>zzeri, parroco di Farnocchia<br />

ucciso a Sant’Anna di Stazzema; don Fiore Menguzzo, parroco di Mulina di Stazzema; don Giuseppe Simi,<br />

sacerdote presso la Col<strong>le</strong>giata di Pietrasanta; del chierico Renzo Tognetti; del cappuccino padre Ignazio da<br />

Carrara, del convento di Vittoria Apuana in Vers<strong>il</strong>ia; del Servo di Maria padre Raffae<strong>le</strong> Mazzocchi, di Pruno<br />

28


mento accurato, <strong>il</strong> dato è quello dei 59 tra sacerdoti e religiosi uccisi dai tedeschi, come riportato<br />

nel convegno sul c<strong>le</strong>ro e la resistenza organizzato nel 1974, in occasione del trentesimo<br />

anniversario della resistenza e della liberazione 67 . Si tratta della cifra più alta tra <strong>le</strong><br />

diverse regioni italiane.<br />

Ora, la rif<strong>le</strong>ssione sul ruolo giocato dal c<strong>le</strong>ro durante <strong>il</strong> conflitto ha una corposa storia<br />

al<strong>le</strong> spal<strong>le</strong>, ed è stata a lungo assorbita dallo studio dei rapporti intercorsi tra <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro e<br />

la resistenza, con la proposizione di dicotomie tra un c<strong>le</strong>ro compromesso con <strong>il</strong> regime e<br />

un c<strong>le</strong>ro invece antifascista, e tra una gerarchia che aveva subito i condizionamenti del<strong>le</strong><br />

passate al<strong>le</strong>anze vaticane e del<strong>le</strong> esigenze anche diplomatiche verso l’occupante, e un basso<br />

c<strong>le</strong>ro invece più “vicino” al movimento partigiano, in particolare in alcune regioni del<br />

paese – e tra esse appunto la Toscana. È questa, una prospettiva già presente nella “Storia<br />

della Resistenza italiana” di Roberto Battaglia, in cui l’atteggiamento nei confronti del movimento<br />

partigiano è la chiave di <strong>le</strong>ttura pressoché unica della realtà ecc<strong>le</strong>sia<strong>le</strong>:<br />

fin dai primi mesi della resistenza, noi possiamo constatare due diversi atteggiamenti<br />

[…] Il c<strong>le</strong>ro basso, si può dire in ogni regione, offre la sua assistenza agli “sbandati”<br />

e continua ad offrirla anche quando essi sono divenuti “ribelli” e poi patrioti: è<br />

una assistenza che travalica fac<strong>il</strong>mente i limiti della carità imposta dai doveri sacerdotali:<br />

poiché non si limita, almeno nel<strong>le</strong> sue manifestazioni più esplicite, a offrire un rifugio,<br />

uno scampo al<strong>le</strong> persecuzioni nazifasciste, ma fornisce un vero e proprio appoggio<br />

al consolidarsi del<strong>le</strong> prime formazioni partigiane e collabora in forme più o<br />

meno dirette alla loro efficienza bellica […]. Decine e decine di parroci sull’Appennino<br />

e sul<strong>le</strong> Alpi acconsentono a trasformare <strong>le</strong> loro canoniche in depositi di armi, e non solo<br />

consentono, ma sono essi stessi a suscitare e organizzare la guerra di liberazione<br />

[…]. In alto, invece, cioè nel<strong>le</strong> gerarchie ecc<strong>le</strong>siastiche del<strong>le</strong> maggiori città,<br />

l’atteggiamento verso la resistenza è notevolmente diverso, o, in alcuni casi clamorosi,<br />

opposto. Né bastano a giustificare questa differenza, <strong>le</strong> ragioni di maggiore prudenza e<br />

di “maggiore responsab<strong>il</strong>ità” 68.<br />

L’osservazione sul diverso comportamento pare sottendere anche un giudizio su un<br />

diverso grado di compromissione con <strong>il</strong> fascismo, e mantiene la categoria di “antifascismo”<br />

e l’atteggiamento tenuto verso i partigiani come discriminanti pressoché esclusive,<br />

come assi rispetto al<strong>le</strong> quali dislocare dall’una o dall’altra parte <strong>le</strong> diverse componenti della<br />

Chiesa italiana.<br />

Senza dubbio, esiste una diversità tra <strong>il</strong> comportamento del basso c<strong>le</strong>ro e quello della<br />

gerarchia, che attiene non tanto al maggiore o minor grado di antifascismo, quanto alla<br />

coesistenza negli ambienti cattolici, come ha scritto Claudio Pavone, di una contraddizione<br />

quasi insanabi<strong>le</strong>, tra la tendenza allo stare al di sopra del<strong>le</strong> parti rispetto a rivalità di tipo<br />

m<strong>il</strong>itare e politico, e la percezione, crescente con <strong>il</strong> passare dei mesi, che fosse necessario<br />

invece schierarsi, quanto meno dalla parte del popolo, del<strong>le</strong> proprie comunità colpite dalla<br />

vio<strong>le</strong>nza 69 .<br />

Lo vediamo bene anche nel caso del c<strong>le</strong>ro toscano.<br />

di Stazzema; del carmelitano padre Marcello da Verona, anch’egli originario dello stazzemese: cfr. in proposito<br />

SODI, <strong>La</strong> chiesa pisana dal 1940 al 1945, cit., pp. 472-474 e A. MARTINELLI, Il sacrificio del c<strong>le</strong>ro in Vers<strong>il</strong>ia, ivi,<br />

pp. 474-480.<br />

67 Il c<strong>le</strong>ro toscano, cit.<br />

68 R. BATTAGLIA, Storia della resistenza italiana, Einaudi, Torino 1953, pp. 310-312.<br />

69 C. PAVONE, Una guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong>. Saggio storico sulla moralità nella resistenza, Bollati Boringhieri, Torino<br />

1991, in particolare <strong>il</strong> paragrafo 5 del quinto capitolo, intitolato “I cattolici e la guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong>”.<br />

29


Quando la Conferenza Episcopa<strong>le</strong> Toscana, nell’apri<strong>le</strong> 1944, sull’onda del<strong>le</strong> prime<br />

stragi naziste contro i civ<strong>il</strong>i (Cercina, Vaglia, Partina e Moscaio, Stia e Valluccio<strong>le</strong>, tutte<br />

nell’apri<strong>le</strong> 1944), critica <strong>le</strong> stragi di inermi e <strong>le</strong> deportazioni di innocenti e invita i parroci a<br />

condividere la sorte dei propri fedeli, «qualunque essa sia», senza abbandonarli mai, tutelando<br />

i loro diritti, in particolare quelli di donne e bambini, una scelta di questo tipo è già<br />

stata compiuta da molti sacerdoti che hanno avuto una esperienza diretta della vio<strong>le</strong>nza di<br />

occupazione 70 . L’opzione è piuttosto decisa, con modalità e tempi che sono in anticipo rispetto<br />

a quelli dei vescovi, anche se la realtà ecc<strong>le</strong>sia<strong>le</strong> rimane molto diversificata al proprio<br />

interno, e non mancano debo<strong>le</strong>zze, pavidità e casi di scelte f<strong>il</strong>ofasciste – comunque<br />

minoritari, in Toscana, rispetto ad altre regioni del paese, anche per una minor durata<br />

dell’esperienza della Rsi –. È insomma l’esperienza della guerra, e in particolare della<br />

guerra che è ormai arrivata direttamente sul suolo italiano, con tutto <strong>il</strong> suo portato di sofferenze<br />

individuali e col<strong>le</strong>ttive, <strong>il</strong> vero «cuneo tra la chiesa e <strong>il</strong> regime» 71 , l’e<strong>le</strong>mento che<br />

spariglia un quadro altrimenti abbastanza foss<strong>il</strong>izzato nel rapporto con <strong>il</strong> fascismo mussoliniano,<br />

impone al c<strong>le</strong>ro scelte più radicali, e consente l’emergere di fratture, malumori e<br />

opposizioni più o meno manifeste al<strong>le</strong> scelte del regime che, altrimenti, sarebbero rimaste<br />

sotterranee e inespresse ancora a lungo.<br />

Molte del<strong>le</strong> strutture diocesane toscane sono sconvolte prima dai bombardamenti<br />

al<strong>le</strong>ati e poi dal<strong>le</strong> diverse e terrib<strong>il</strong>i manifestazioni della guerra <strong>civi<strong>le</strong></strong> e della occupazione<br />

nazista. <strong>La</strong> caccia ai cittadini di religione ebraica e ai renitenti alla <strong>le</strong>va, i rastrellamenti diretti<br />

contro <strong>le</strong> reti e <strong>le</strong> strutture dell’antifascismo clandestino e contro i primi nuc<strong>le</strong>i di resistenti<br />

in armi, quindi <strong>le</strong> requisizioni e la politica della “terra bruciata” volta a depredare la<br />

società loca<strong>le</strong> di ogni residua risorsa materia<strong>le</strong> e umana, infine la “guerra ai civ<strong>il</strong>i”, cioè <strong>le</strong><br />

stragi e <strong>le</strong> vio<strong>le</strong>nze sulla <strong>popolazione</strong>, determinano uno stravolgimento del quotidiano, dei<br />

meccanismi e del norma<strong>le</strong> funzionamento della società 72 . Non pochi sacerdoti si oppongono<br />

a questo stato di cose, giocando un ruolo decisivo di fronte all’emergenza alimentare,<br />

interponendosi spesso nel corso dei rastrellamenti, ospitando talora ricercati – partigiani,<br />

renitenti alla <strong>le</strong>va, ecc. – nel<strong>le</strong> proprie canoniche. Una “pluralità del<strong>le</strong> forme di solidarietà e<br />

del<strong>le</strong> scelte etiche” rispetto al<strong>le</strong> quali la reductio ad unum entro la categoria di antifascismo<br />

non funziona, non regge all’impatto con la realtà. Anzi, proprio sul terreno del rapporto<br />

con la resistenza armata <strong>le</strong> titubanze e <strong>le</strong> “<strong>le</strong>ntezze” episcopali trovano una maggior rispondenza<br />

anche nel<strong>le</strong> f<strong>il</strong>a del c<strong>le</strong>ro. Come ha scritto Franzinelli, riguardo a quel<strong>le</strong> realtà<br />

per <strong>le</strong> quali sono stati studiati i libri cronici e <strong>le</strong> scritture private del c<strong>le</strong>ro,<br />

si è rivelato come orientamento preva<strong>le</strong>nte <strong>il</strong> riconoscimento ai partigiani della<br />

rappresentanza degli interessi patriottici, mentre i fascisti appaiono per lo più percepiti<br />

come i complici dell’inviso occupante tedesco. Ciò nondimeno <strong>il</strong> rapporto con i<br />

gruppi armati organizzatisi alla macchia è non di rado turbato da riserve per una serie<br />

di motivi riconducib<strong>il</strong>i al prelievo di viveri, all’opportunità di azioni armate in prossi-<br />

70 A. MIRIZIO, Fede, autorità, buon senso. Chiesa, vescovi e c<strong>le</strong>ro in Toscana negli anni Quaranta, in B.<br />

BOCCHINI CAMAIANI – M.C. GIUNTELLA (curr.), Cattolici, chiesa, resistenza nell’Italia centra<strong>le</strong>, Il Mulino, Bologna<br />

1997, pp. 321-360; vedi anche L. LENZI, Primi appunti per una storia della chiesa di Lucca nel passaggio dal regime<br />

fascista alla vita democratica (1943-1946), in Chiese toscane, cit., pp. 211-329.<br />

71 M. FRANZINELLI, Chiesa e c<strong>le</strong>ro cattolico, in E. COLLOTTI - L. SANDRI - F. SESSI, Dizionario della resistenza,<br />

I, Storia e geografia della Liberazione, Einaudi, Torino 2000, pp. 300-322.<br />

72 Per una introduzione al contesto del<strong>le</strong> diverse forme della “guerra ai civ<strong>il</strong>i” in Toscana, vedi G.<br />

FULVETTI – F. PELINI (curr.), <strong>La</strong> politica del massacro. Per un atlante del<strong>le</strong> stragi naziste in Toscana, L’Ancora del<br />

Mediterraneo, Napoli 2006.<br />

30


mità dei v<strong>il</strong>laggi con <strong>il</strong> rischio di rappresaglie sui civ<strong>il</strong>i, ai connotati ideologici di sinistra<br />

manifestati da alcune formazioni 73.<br />

È un atteggiamento che vediamo bene nel<strong>le</strong> <strong>le</strong>ttere inviate dai preti fiorentini al<br />

proprio vescovo tra 1943 e 1945 74 , e che ho personalmente verificato anche nell’ambito della<br />

diocesi di Lucca, consultando sia diversi libri parrocchiali che <strong>le</strong> missive inviate<br />

all’arcivescovo mons. Antonio Torrini 75 . In questo caso, quindi, c’è una maggiore omogeneità<br />

con <strong>il</strong> livello dei pronunciamenti episcopali: sempre nella richiamata adunanza<br />

dell’apri<strong>le</strong> 1944, infatti, i vescovi toscani continueranno a porre sullo stesso piano fascisti e<br />

partigiani, uniti nella condanna del<strong>le</strong> “fazioni politiche” e del ricorso alla vio<strong>le</strong>nza.<br />

Insomma, come ha scritto Maur<strong>il</strong>io Guasco, nel fare la storia di questi anni si deve<br />

passare dallo studio della «resistenza dei cattolici» a quello del «modo di essere cattolici<br />

nella Resistenza» 76 , e tra l’altro in una resistenza dai confini modificati, che non è più solo<br />

quella del patriota in armi. Altrimenti, non si riesce a collocare nella loro esatta dimensione<br />

quegli episodi di impegno e quotidiana disobbedienza rispetto all’occupante che la ricerca<br />

storica ha portato alla luce negli ultimi anni, con una certa frequenza, e nei quali<br />

proprio <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro – in Toscana in modo particolare – gioca un ruolo molto importante. C’è<br />

bisogno insomma di recuperare una “specificità” di una scelta e di un ethos che si definiscono<br />

non (o non solo) sul terreno politico ideologico, quanto su quello solidaristico e<br />

dell’assistenza – <strong>il</strong> riferimento è per molti versi alla figura del “soccorritore” tratteggiata<br />

da Tzvetan Todorov 77 . Per la nostra regione, per fare un solo esempio, basta pensare alla<br />

partecipazione di molti uomini di Chiesa che affiancano semplici cittadini nel<strong>le</strong> attività<br />

della rete clandestina di assistenza agli ebrei creata e fatta funzionare da Giorgio Nissim<br />

durante i mesi dell’occupazione – con una base logistica agganciata dapprima all’ambiente<br />

diocesano fiorentino e poi a quello di Lucca – : un vero e proprio network di resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong>,<br />

con col<strong>le</strong>gamenti che arrivano sino a Assisi e Genova, che riesce a salvare dallo sterminio<br />

e dalla deportazione oltre 800 ebrei 78 . O ancora all’insieme di attività di interposizione<br />

tra <strong>popolazione</strong> e occupanti portato avanti dalla comunità monastica della Certosa di Farneta<br />

(Lucca) tra 1943 e 1944 79 .<br />

Questo insieme di impegni a favore del<strong>le</strong> componenti del<strong>le</strong> proprie comunità, semplici<br />

cittadini, sfollati, ma anche ricercati, quali renitenti alla <strong>le</strong>va, e anche partigiani, si<br />

73 FRANZINELLI, Chiesa e c<strong>le</strong>ro cattolico, cit.<br />

74 G. VILLANI (cur.), Preti fiorentini. Giorni di guerra 1943-1945. Lettere al vescovo, LEF, Firenze 1992.<br />

Altri esempi anche nella col<strong>le</strong>ttanea relativa alla diocesi di Pontremoli pubblicate da M. DIAFERIA, 1943-1945:<br />

Pontremoli, una diocesi italiana tra Toscana, Liguria ed Em<strong>il</strong>ia attraverso i libri parrocchiali, Zappa, Sarzana 1995.<br />

75 Si tratta del fondo “Protocollo mons. Torrini”, per gli anni 1943 e 1944, consultato presso<br />

l’Archivio storico della Diocesi di Lucca. <strong>La</strong> difficoltà nei confronti del movimento partigiano emerge anche<br />

dal<strong>le</strong> relazioni dei parroci pubblicate subito dopo la conclusione del conflitto dal sacerdote F. BARONI, Memorie<br />

di guerra in Lucchesia (1940-1945), Tipografia Artigianelli, Lucca 1951.<br />

76 M. GUASCO, I cattolici e la resistenza: ipotesi interpretative e percorsi di ricerca, in B. GARIGLIO (cur.),<br />

Cattolici e resistenza nell’Italia settentriona<strong>le</strong>, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 305-317; sugli stessi temi vedi anche<br />

la Introduzione di G. DE ROSA, <strong>La</strong> Resistenza attraverso la molteplicità del “vissuto religioso”, in ID. (cur.), Chiesa<br />

cattolici resistenza, cit.<br />

77 T. TODOROV, Di fronte all’estremo, Garzanti, M<strong>il</strong>ano 1992.<br />

78 CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA, L’orizzonte riaperto. Toscana, internamento ebraico e reti di<br />

solidarietà, Firenze 2003; L. PICCIOTTO FARGION (cur.), Giorgio Nissim. Memorie di un ebreo toscano (1938-1948),<br />

Roma, Carocci, 2005.<br />

79 G. FULVETTI, Anche contro <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro? Appunti sul massacro della Certosa di Farneta, in FULVETTI – PELI-<br />

NI, <strong>La</strong> politica del massacro, cit.<br />

31


configura come una forma di resistenza, non vio<strong>le</strong>nta, non armata, che possiamo chiamare<br />

“<strong>civi<strong>le</strong></strong>” mutuando un concetto elaborato da Jacques Semelin per definire tutte quel<strong>le</strong><br />

forme di mob<strong>il</strong>itazione e non cooperazione sociali intese a difendere […] obiettivi<br />

civ<strong>il</strong>i [che] si sv<strong>il</strong>uppa fuori da ogni logica m<strong>il</strong>itare e appare, sotto questo aspetto,<br />

piuttosto autonoma. Le sue finalità non vanno individuate nella distruzione o nella paralisi<br />

del<strong>le</strong> truppe nemiche, ma nel mantenimento dell’integrità della società <strong>civi<strong>le</strong></strong>,<br />

nella coesione dei gruppi sociali che la compongono, nella difesa del<strong>le</strong> libertà fondamentali,<br />

nel rispetto dei diritti della persona e del<strong>le</strong> acquisizione sociali e politiche 80.<br />

Certamente, in alcuni casi l’impulso a tenere questi comportamenti può essere di<br />

natura politica, ma più spesso, invece, si tratta di scelte che maturano in virtù di (attengono<br />

a) un universo di valori preva<strong>le</strong>ntemente religioso: è la scelta di stare dalla parte del<strong>le</strong><br />

vittime, degli ultimi, della condivisone cristiana, è l’idea che di fronte ad una situazione<br />

estrema sia quanto mai necessario agire. <strong>La</strong> guerra e l’occupazione, insomma, come occasione<br />

per concretare una vera e propria imitatio Christi (naturalmente, con diversi gradi di<br />

radicalità).<br />

Tra l’altro, in molti di questi casi, <strong>il</strong> prete finisce per assolvere un ruolo che travalica<br />

<strong>le</strong> consuete prerogative della figura sacerdota<strong>le</strong>: nel momento in cui <strong>le</strong> strutture sociali e istituzionali<br />

non funzionano, crollano, l’ampliamento del<strong>le</strong> sue funzioni e dei suoi compiti<br />

è quasi natura<strong>le</strong>, egli diventa molto spesso un riferimento non più solo spiritua<strong>le</strong> ma anche<br />

socia<strong>le</strong>, e persino economico: una indicazione, questa, fornita anni addietro da Federico<br />

Chabod nel<strong>le</strong> sue <strong>le</strong>zioni sulla “Italia contemporanea” che, sebbene formulata con particolare<br />

riferimento al ruolo del<strong>le</strong> strutture ecc<strong>le</strong>siastiche nella Roma occupata dai nazisti, mi<br />

pare estendibi<strong>le</strong> a molte altre realtà del paese 81 .<br />

Episodi di questo tipo sono avvenuti senz’altro anche nel territorio di <strong>Pisa</strong>. L’alto<br />

numero dei sacerdoti uccisi ne è un sintomo ri<strong>le</strong>vante. Come verificare però queste ipotesi<br />

interpretative, tenendo conto di quel<strong>le</strong> carenze nel<strong>le</strong> fonti al<strong>le</strong> quali ho fatto riferimento?<br />

Una strada da percorrere può essere quella della “biografia”, della ricostruzione<br />

cioè dei percorsi individuali di alcuni sacerdoti, per comprendere <strong>le</strong> cause del loro impegno<br />

e, di conseguenza, i motivi che hanno condotto i nazisti a sanzionarne l’eliminazione.<br />

<strong>La</strong> prospettiva di un singolo, cioè del “pastore” che condivide i drammi e <strong>le</strong> difficoltà con i<br />

suoi fedeli, con la sua comunità, può insomma diventare una chiave uti<strong>le</strong> a comprendere<br />

80 J. SEMELIN, Senz’armi di fronte a Hit<strong>le</strong>r. <strong>La</strong> resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong> in Europa, Sonda, Torino 1993, p. 45. Semelin<br />

elabora questo concetto a partire dal<strong>le</strong> forme di opposizione al nazismo messe in piedi dalla società <strong>civi<strong>le</strong></strong><br />

dei paesi occupati dal nazismo nell’Europa nord-occidenta<strong>le</strong>, negli anni che precedono <strong>il</strong> 1943, in un<br />

contesto nel qua<strong>le</strong> la resistenza armata ed organizzata è assente, ma a mio avviso esso è estendibi<strong>le</strong> anche al<strong>le</strong><br />

forme di disobbedienza organizzata portate avanti dal<strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> religiose, anche dopo <strong>il</strong> 1943.<br />

81 «[…] <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro romano e <strong>il</strong> Vaticano svolgono durante questi mesi un’azione importante: approvvigionamenti,<br />

soccorsi alla <strong>popolazione</strong>, ecc. Numerosi uomini politici, perseguitati dai Tedeschi vengono<br />

salvati e trovano rifugio nel<strong>le</strong> antiche chiese e abbazie. San Paolo fuori <strong>le</strong> Mura, San Giovanni in <strong>La</strong>terano, i<br />

monasteri, ecc., divengono l’ultimo rifugio dei ricercati del nemico. […] Roma si trova, da un giorno all’altro,<br />

senza governo; la monarchia è fuggita, <strong>il</strong> governo pure, e la <strong>popolazione</strong> volge <strong>il</strong> suo sguardo a San Pietro.<br />

Viene meno un’autorità, ma a Roma – città unica sotto quest’aspetto – ne esiste un’altra: e qua<strong>le</strong> autorità!».<br />

<strong>La</strong> tesi che, nello sfacelo del<strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong>, <strong>il</strong> ruolo del c<strong>le</strong>ro subisca un accrescimento quasi natura<strong>le</strong> spiega<br />

anche <strong>il</strong> consolidamento post-bellico del cattolicesimo, che Chabod sottolinea nell’ultima pagina del<strong>le</strong> sue <strong>le</strong>zioni<br />

come una del<strong>le</strong> principali novità portate dal conflitto: F. CHABOD, L’Italia contemporanea (1918-1948), Einaudi,<br />

Torino 1961. Il volume raccoglie la rielaborazione del<strong>le</strong> 12 <strong>le</strong>zioni tenute da Chabod presso l’Insitute<br />

d’Etudes Politiques dell’università di Parigi nel gennaio 1950.<br />

32


“se”, “come” e soprattutto “perché” alcune componenti della realtà ecc<strong>le</strong>sia<strong>le</strong> reagiscono al<br />

contesto della “guerra tota<strong>le</strong>”.<br />

È, questo, un approccio che ho seguito quando, nei primi mesi del 2004,<br />

l’amministrazione provincia<strong>le</strong> di Lucca mi ha chiesto di effettuare una piccola ricerca su<br />

don Libero Raglianti, parroco di Valdicastello Carducci (paese nei pressi di Pietrasanta,<br />

quindi in provincia di Lucca, ma dipendente dalla diocesi di <strong>Pisa</strong>), visto che nell’agosto di<br />

quell’anno si sarebbe ricordato <strong>il</strong> 60° anniversario della sua morte. Conoscevo già la vicenda,<br />

avendo “incontrato” Raglianti nel corso del<strong>le</strong> mie <strong>le</strong>tture relative alla storia della<br />

resistenza e dell’occupazione in Vers<strong>il</strong>ia; emergeva <strong>il</strong> ruolo di assistenza al<strong>le</strong> popolazioni<br />

giocato a Valdicastello, dove dalla fine del 1943 si erano trovate a passare o risiedere come<br />

sfollate quasi 30.000 persone; <strong>le</strong> ipotesi di un qualche <strong>le</strong>game con i partigiani della zona; la<br />

cattura da parte dei nazisti che <strong>il</strong> 12 agosto 1944 scendevano giù da Sant’Anna di Stazzema,<br />

ove avevano appena compiuto la propria atroce mattanza, e infine la sua uccisione alla<br />

fine del mese, dopo una prigionia carica di vio<strong>le</strong>nze e sofferenze. <strong>La</strong> ricerca, dopo una<br />

infruttuosa visita all’Archivio diocesano, si è basata sulla ricognizione della pubblicistica e<br />

della memorialistica esistente, e su una serie di interviste ad alcune persone – un fratello<br />

ancora vivo e alcuni degli ex-collaboratori e chierichetti del sacerdote – segnalatami<br />

dall’attua<strong>le</strong> parroco del paese, don Marco Marchetti (tra queste, <strong>il</strong> fratello di don Libero mi<br />

ha anche consegnato alcune <strong>le</strong>ttere del sacerdote 82 ) che hanno consentito di tracciarne un<br />

quadro meno stereotipato.<br />

2. Don Libero Raglianti<br />

Libero Raglianti nasce <strong>il</strong> 22 novembre 1914 a Cenaia, un piccolo paese in comune di<br />

Crespina, all’estremo <strong>le</strong>mbo sud-occidenta<strong>le</strong> della provincia di <strong>Pisa</strong>, non lontano da Vicarello<br />

e quindi dalla provincia di Livorno.<br />

<strong>La</strong> predisposizione al sacerdozio si manifesta in maniera molto precoce; a soli 8 anni<br />

entra nel seminario di <strong>Pisa</strong> e, di lì in avanti, la sua crescita è scandita dai ritmi dello studio,<br />

della preparazione sacerdota<strong>le</strong> e dei ritiri spirituali, dai momenti di rientro in famiglia.<br />

L’esperienza del seminario di Santa Caterina è fondamenta<strong>le</strong> nella maturazione umana<br />

e cristiana del giovane Libero, in anni molto particolari, quelli del fascismo, del Concordato,<br />

ma anche della crisi tra regime e Chiesa cattolica 83 . Il giovane chierico ha solo 17<br />

anni quando Mussolini, nel maggio 1931, impone a Pio X la chiusura dei circoli di Azione<br />

cattolica.<br />

L’ambiente cattolico pisano possiede una buona tradizione di impegno socia<strong>le</strong>, tradottasi<br />

nella partecipazione di diversi sacerdoti all’esperienza sturziana del Partito Popo-<br />

82 Si tratta di Alberto Santini e Fulvio Lucarini di Pietrasanta, di Aldo Puccetti di Marina di Pietrasanta,<br />

di Enrico Calcagnini di Valdicastello. Ho poi intervistato appunto don Marchetti e Renato Brunini, rastrellato<br />

a Valdicastello e rinchiuso entro <strong>il</strong> carcere di Nozzano – lo stesso ove fu interrogato don Raglianti –<br />

nell’agosto del 1944. Tutte <strong>le</strong> interviste sono state raccolte tra <strong>il</strong> marzo e <strong>il</strong> giugno 2004. Con Luigi Raglianti<br />

ho invece avuto un colloquio che non è stato registrato. Altre persone che avevano conosciuto <strong>il</strong> sacerdote o<br />

che avevano condiviso con lui la prigionia a Nozzano sono state interpellate, ma non hanno voluto r<strong>il</strong>asciare<br />

dichiarazioni. Salvo diversa indicazione, <strong>le</strong> informazioni e <strong>le</strong> citazioni saranno tratte da G. FULVETTI, <strong>La</strong> figura<br />

umana e cristiana di don Libero Raglianti, Amministrazione Provincia<strong>le</strong> di Lucca, Lucca 2004.<br />

83 G. MICCOLI, Chiesa e fascismo, in G. QUAZZA (cur.), Fascismo e società italiana, Einaudi, Torino 1973,<br />

pp. 183-208; R. MORO, Azione cattolica, c<strong>le</strong>ro e laicato di fronte al fascismo, in F. MALGERI (cur.), Storia del movimento<br />

cattolico in Italia, IV, I cattolici dal fascismo alla Resistenza, Il Poligono, Roma 1981, pp. 335-345.<br />

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lare «che a <strong>Pisa</strong> aveva avuto la sua matrice ideologica nel sociologo Giuseppe Toniolo e <strong>il</strong><br />

suo protettore nella persona del card. Pietro Maffi» 84 . Alcuni di essi, come parroci (don<br />

Ruffo Cini di Castellina Marittima, don Pietro Cascioni di Buti e don Guglielmi di Basati),<br />

sono figure di spicco nell’ambiente diocesano, e non rinnegano certo l’esperienza del Partito<br />

Popolare e un convinto antifascismo; altri, come insegnanti nel seminario (mons. Geri e<br />

mons. Menciassi), riescono a creare in questi anni «un terreno predisposto nel qua<strong>le</strong> <strong>le</strong> testimonianze<br />

quotidiane avevano inciso negli animi dei più giovani, magari inconsapevolmente».<br />

Come ha raccontato Luigi Raglianti, fratello minore del sacerdote, questi aspetti<br />

hanno un impatto forte sul giovane Libero, che matura già in questi anni una opinione<br />

piuttosto precisa riguardo al regime fascista, verso <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> non coltiva alcun tipo di <strong>il</strong>lusione<br />

85 .<br />

Nei primi anni Trenta, a più riprese, lo squadrismo pisano minaccia e cerca di controllare<br />

<strong>le</strong> strutture della loca<strong>le</strong> Azione Cattolica, i circoli di Santa Caterina e Sant’Antonio<br />

vengono perquisiti e aggrediti più di una volta, viene anche incendiata la tipografia del<br />

giorna<strong>le</strong> diocesano “Vita nova” 86 . Funziona insomma una “trasmissione di esperienze” tra<br />

la generazione dei sacerdoti più anziani e i più giovani, che vivono in presa diretta la repressione<br />

fascista.<br />

Il 10 luglio 1938 Raglianti viene ordinato sacerdote e inviato come cappellano m<strong>il</strong>itare<br />

a Pontedera; <strong>il</strong> 4 luglio 1940, pochi giorni dopo l’entrata dell’Italia nella Seconda guerra<br />

mondia<strong>le</strong>, viene nominato parroco di Valdicastello Carducci.<br />

In questo piccolo paese, che si trova poco fuori dall’abitato di Pietrasanta, a 105 metri<br />

s.l.m., lungo una stretta val<strong>le</strong> (“val<strong>le</strong> Buona”) che si inoltra verso <strong>le</strong> Apuane vers<strong>il</strong>iesi,<br />

tra <strong>il</strong> Monte Leto e <strong>il</strong> Monte Gabberi, <strong>il</strong> giovane sacerdote eserciterà <strong>il</strong> proprio ministero<br />

per un quadriennio, incarnando un modello sacerdota<strong>le</strong> per molti versi “nuovo”, che assegna<br />

centralità alla parrocchia e al ruolo del laicato – e anche del<strong>le</strong> donne – che egli vuo<strong>le</strong><br />

impegnato nella Azione Cattolica 87 . Restano costanti anche i contatti e <strong>le</strong> relazioni con <strong>il</strong><br />

seminario e con gli ambienti della Azione cattolica pisana, anche quando alcuni gruppi<br />

danno vita ad una attività clandestina che si intreccia con quella di altre personalità del<br />

cattolicesimo democratico come Giorgio la Pira o don Primo Mazzolari 88 .<br />

Don Libero si circonda anche di un piccolo gruppo di bambini e ragazzi che lo seguono<br />

un po’ ovunque, talvolta persino nei suoi viaggi a <strong>Pisa</strong>; e <strong>il</strong> ricordo di questo suo essere<br />

“specia<strong>le</strong>” con i più piccoli è un e<strong>le</strong>mento ricorrente nella memoria di chi allora era<br />

ragazzo. Il sacerdote si occupa anche della loro istruzione, che concepisce naturalmente<br />

come formazione improntata ai principi del cattolicesimo 89 ; non riuscendo a provvedervi<br />

da solo, decide di tentare l’istituzione di un as<strong>il</strong>o e, trovato <strong>il</strong> loca<strong>le</strong>, vi chiama alcune suore<br />

a far da educatrici; mette in piedi anche un refettorio – gratuito per <strong>le</strong> famiglie povere – e i<br />

progetti non finiscono qui: doposcuola per i bambini, scuola di canto, biblioteca circolante<br />

84 BURGALASSI, Educatori della democrazia, cit., p. 196; TADDEI, Attività antifascista di gruppi cattolici pisani,<br />

cit., pp. 199-201.<br />

85 Colloquio con Luigi Raglianti.<br />

86 TADDEI, Attività antifascista di gruppi cattolici pisani, cit., p. 197.<br />

87 «Nel modo della parrocchia, a ragion veduta, purtroppo ne’ paesi, c’erano que’ tre o quattro che,<br />

factotum, che avevano in mano tutta la parrocchia, e lui iniziò a sfoltire questa cosa, dette più spazio ai ragazzi<br />

[…] per l’andamento della chiesa <strong>le</strong> chiavi <strong>le</strong> vol<strong>le</strong> in mano lui». Testimonianza di E. Calcagnini.<br />

88 Cfr. quanto scritto da Sodi, nota n. 21.<br />

89 G. CHOLVY, <strong>La</strong> chiesa e l’educazione, in A. FLICHE - V. MARTIN, Storia della chiesa, XXIII, I cattolici nel<br />

mondo contemporaneo (1922-1958), San Paolo, M<strong>il</strong>ano 1991, pp. 611-634.<br />

34


con qualche centinaio di volumi, avviamento al lavoro per gli ado<strong>le</strong>scenti 90 . Formazione,<br />

preparazione cultura<strong>le</strong>, riorganizzazione della vita religiosa e impulso al laicato, questi i<br />

nodi intorno ai quali don Raglianti concentra i propri sforzi, senza comunque trascurare i<br />

culti, ai quali anzi è molto attaccato. Fa restaurare la sacrestia della chiesa parrocchia<strong>le</strong>,<br />

spostando anche l’altare maggiore 91 e proprio qui, in chiesa, si ritira spesso da solo in meditazione<br />

e preghiera: <strong>le</strong> molte incombenze che si trova ad assolvere e la gioia di vivere e<br />

la vitalità che dimostra non condizionano affatto la sua intensa spiritualità.<br />

Con <strong>il</strong> passare dei mesi, però, è l’esperienza bellica l’e<strong>le</strong>mento decisivo col qua<strong>le</strong> <strong>il</strong><br />

sacerdote si confronta e deve mettere alla prova la sua vocazione, <strong>il</strong> terreno sul qua<strong>le</strong> <strong>le</strong><br />

convinzioni maturate da don Raglianti negli anni del seminario – nutrite, come detto, più<br />

di testimonianze che di <strong>le</strong>tture od opzioni politiche – trovano nuova linfa a cui attingere, e<br />

<strong>il</strong> sacerdote manifesta i suoi dubbi sul patriottismo aggressivo del fascismo e la sua al<strong>le</strong>anza<br />

con <strong>il</strong> nazismo. Spetta a lui scrivere <strong>le</strong> <strong>le</strong>ttere e <strong>le</strong>ggere <strong>le</strong> risposte per i molti genitori che<br />

hanno i figli in guerra (anche suo fratello Luigi è costretto a partire, inviato prima in Corsica<br />

e Sardegna, quindi in Campania, dove però se ne perdono <strong>le</strong> tracce) chiamati al<strong>le</strong> armi<br />

dal fascismo, e toccare con mano la sofferenza intima di chi è al fronte e di chi rimane a casa<br />

in preda all’angoscia 92 . Dopo l’8 settembre, poi, si pone <strong>il</strong> prob<strong>le</strong>ma di far fronte<br />

all’emergenza degli sfollati: moltissime famiglie abbandonano <strong>il</strong> litora<strong>le</strong> vers<strong>il</strong>iese e si rifugiano<br />

nei paesi montani e pedemontani per sfuggire ai bombardamenti al<strong>le</strong>ati, sempre più<br />

insistenti. Valdicastello inizia ad aumentare <strong>il</strong> numero dei propri abitanti; la situazione diventa<br />

più diffici<strong>le</strong> giorno dopo giorno; <strong>il</strong> ruolo del parroco come cardine e punto di riferimento<br />

della comunità, che si fa carico dei bisogni più disparati, si amplia in maniera quasi<br />

automatica. Don Raglianti porta avanti un impegno deciso sul piano dell’assistenza, come<br />

espressione concreta di una opposizione sempre più ferma e manifesta alla situazione esistente:<br />

<strong>le</strong> testimonianze sono concordi nel mettere in luce questa rabbia interiore contro la<br />

sorte e <strong>le</strong> scelte a cui sono costrette molte, troppe persone, e la decisione di denunziare la<br />

guerra e i suoi mali. Ed è una denunzia vera: egli non si limita a generiche deplorazioni<br />

del conflitto, che restano invece preva<strong>le</strong>nti nell’episcopato almeno sino alla tarda primavera<br />

del 1944, ma attribuisce del<strong>le</strong> precise responsab<strong>il</strong>ità, critica più volte sia i tedeschi<br />

(l’«esercito invasore») che <strong>il</strong> fascismo repubblicano interprete di un «nazionalismo aggressivo».<br />

Certo, la ce<strong>le</strong>brazione eucaristica non diviene mai la sede di sfoghi, anatemi, proselitismo<br />

politico, o dichiarazioni antifasciste:<br />

Sì, l’omelia durante la Messa, io non l’ho mai sentito alludere a questioni politiche<br />

o a questioni… diceva della guerra, diceva che la guerra era sbagliata, che la guerra<br />

è sofferenza, la guerra è guerra, però lui si è sempre limitato a parlare di questioni<br />

religiose, di questioni che riguardavano la chiesa, la sua missione di sacerdote, non<br />

sconfinava mai. Io mai gliene ho sentito parlare, in privato ho sentito qualche frase,<br />

quando magari non ero io solo, parlava con una persona più adulta di me […] lo sapevo<br />

come la pensava, non me l’ha mai dichiarato ma i fatti lo dicono, non è che ha detto<br />

“io sono”, però era contro <strong>il</strong> regime fascista, contro <strong>le</strong> dittature, era un democratico<br />

senza ombra di dubbio. Non gli andava bene che <strong>il</strong> regime fascista fosse così 93.<br />

90 Lettera di don Libero Raglianti del 20 febbraio 1943.<br />

91 Lettera 25 marzo 1944.<br />

92 Manoscritto autografo di F. LUCARINI, Biografia del pievano di Valdicastello. Don Libero Raglianti barbaramente<br />

assassinato dalla soldataglia tedesca, s.d., ma 1947-1948, p. 3. Ringrazio l’autore per avermene concesso<br />

una copia.<br />

93 Testimonianza F. Lucarini.<br />

35


Le suppliche più ardenti che so<strong>le</strong>va rivolgere ai suoi fedeli erano quel<strong>le</strong> di pregare<br />

per la pace e, lasciandosi trasportare dalla piena dei sentimenti che nutriva nel<br />

cuore non curandosi dell’imprudenza che stava compiendo, giunse perfino ad esclamare<br />

dall’altare durante la spiegazione domenica<strong>le</strong> del vangelo che la guerra attua<strong>le</strong><br />

era combattuta perché l’ambizione di pochi uomini vo<strong>le</strong>va al suo attivo qualche metro<br />

quadro di terra e qualche ettolitro d’acqua salata più degli altri 94.<br />

Nel marzo 1944 don Raglianti scrive una <strong>le</strong>ttera a don Calcagno, sacerdote e cappellano<br />

m<strong>il</strong>itare che ha optato per un aperto sostegno alla Rsi e, dal 10 gennaio 1944, dirige la<br />

rivista «Crociata Italica» 95 . Il giorna<strong>le</strong>, che giunge ad avere 3.000 preti abbonati e vendere<br />

oltre 10.000 copie, insiste sui temi del nazionalismo e dell’integralismo, con venature antisemite<br />

e una certa enfasi sulla mistica della morte: al motto di “Dio è con noi” – sin troppo<br />

simi<strong>le</strong> al Gott ist mit Uns che si <strong>le</strong>gge sul cinturone del<strong>le</strong> SS – diversi articoli invitano i cattolici<br />

a “prendere <strong>le</strong> armi per la patria”, incarnata da Mussolini e dal fascismo repubblicano,<br />

e lanciano strali contro l’attendismo del c<strong>le</strong>ro che non si schiera o parteggia per i “traditori”<br />

(i partigiani) e gli “invasori” (gli Al<strong>le</strong>ati). Sono posizioni antipodiche rispetto al<strong>le</strong><br />

convinzioni e all’impegno concreto di don Raglianti, la cui missiva contiene alcuni passi<br />

significativi: dopo aver denunziato la sofferenza subita a causa dei bombardamenti al<strong>le</strong>ati,<br />

replica al<strong>le</strong> accuse di don Calcagno su un c<strong>le</strong>ro italiano “estraneo e insensibi<strong>le</strong> ai mali della<br />

patria”, sottolineando l’importanza giocata nell’assistenza al<strong>le</strong> popolazioni, di fronte a vio<strong>le</strong>nze<br />

i cui responsab<strong>il</strong>i hanno un nome e un cognome:<br />

Vescovi e Sacerdoti sono sempre stati i primi, e ancora lo sono e lo saranno, ad accorrere<br />

là dove la barbarie nemica seminava stragi e morti. Voi dimenticate che Episcopi e Case<br />

parrocchiali sono stati tante volte trasformati in ospizi, rifugi, ospedali. […] Che si pretende<br />

dal C<strong>le</strong>ro? Che predichi la politica? Leggete S. Paolo, noi predichiamo Cristo e Cristo crocifisso!<br />

Che si faccia della demagogia? Reverendo! L’Italia, la cara Patria nostra, in questi<br />

tempi ā più bisogno di fatti che di paro<strong>le</strong>, <strong>il</strong> popolo deluso, amareggiato, sanguinante,<br />

errante lontano da Gesù vuo<strong>le</strong> essere preso per mano dai suoi Vescovi e Parroci con la<br />

carità e non con <strong>le</strong> paro<strong>le</strong>. A me i poveri, gli affamati, i piangenti chiedono aiuto, pane, conforto<br />

e non po<strong>le</strong>miche. Ta<strong>le</strong> è la nostra missione!».[…] Visto da questo lato <strong>il</strong> vostro giorna<strong>le</strong><br />

rispecchia idee errate sul concetto di sacerdozio e assume (scusate) un colorino settario<br />

che indispone […] 96.<br />

<strong>La</strong> sostanza dei contenuti della <strong>le</strong>ttera va oltre <strong>il</strong> tono pacato e la moderazione imposta<br />

anche dalla situazione – <strong>il</strong> prete non vuo<strong>le</strong> infatti incorrere in qualche denunzia o essere<br />

arrestato dalla Polizia della Rsi, e vedere così interrotta la propria missione 97 –. Le pa-<br />

94 LUCARINI, Biografia del pievano di Valdicastello, cit. Il particolare del<strong>le</strong> omelie contro la guerra torna<br />

a più riprese anche nella bibliografia.<br />

95 S. TRAMONTIN, Il c<strong>le</strong>ro e la Rsi, in P.P. POGGIO (cur.), <strong>La</strong> Repubblica Socia<strong>le</strong> Italiana, Annali Fondazione<br />

Miche<strong>le</strong>tti, Brescia 1985, pp. 335-354. Vedi anche la sintesi di FRANZINELLI C<strong>le</strong>ro e chiesa cattolica, cit.<br />

Don Calcagno aveva collaborato in precedenza a “Regime Fascista” di Farinacci; sospeso a divinis dal suo vescovo,<br />

a Terni, si era rifugiato a Cremona, ma anche qui <strong>il</strong> vescovo emette una nota che sconfessa l’attività<br />

della rivista. Egli giungerà nel giugno 1944 a ipotizzare la nascita di una chiesa scismatica, ma verrà scomunicato<br />

definitivamente con decreto del Sant’Uffizio <strong>il</strong> 24 marzo 1945.<br />

96 Lettera a don Calcagno, s.d., ma marzo 1944. I corsivi sono miei.<br />

97 Nell’opuscolo di Ernesto Calcagnini (In memoria del sacerdote. Don Libero Raglianti, Pievano di Valdicastello,<br />

Libreria Editrice Vers<strong>il</strong>iese, Pietrasanta s.d. ma 1947) si ipotizza una segnalazione contro don Ra-<br />

36


o<strong>le</strong> del parroco di Valdicastello sono una sorta di e<strong>le</strong>gia di una Chiesa che si fa piccola<br />

con i piccoli e con i sofferenti, e “deve” vedere nella drammatica situazione della guerra e<br />

dell’occupazione una occasione straordinaria per giocare tutta se stessa, al di là del<strong>le</strong> preoccupazioni<br />

politiche o diplomatiche. In questo, don Raglianti gioca in anticipo anche rispetto<br />

all’episcopato toscano; come spesso avviene, è la situazione concreta, la condivisione<br />

di ogni aspetto della vita in tempo di guerra che acce<strong>le</strong>ra scelte e opzioni di campo, soprattutto<br />

se esistono già a monte predisposizioni e convinzioni. Certo, non abbiamo a che<br />

fare con un prete-partigiano che impugna <strong>le</strong> armi, ma egli nutre ormai ben pochi dubbi su<br />

quali saranno i criteri di repressione e conduzione del conflitto da parte degli occupanti<br />

tedeschi nei mesi a venire e sceglie quindi di stare sino in fondo dalla parte della sua comunità,<br />

anzi, auspica scelte di questo tipo per tutta la Chiesa italiana.<br />

<strong>La</strong> primavera e l’estate del 1944 forniscono a don Raglianti occasioni ad un tempo<br />

straordinarie e tragiche per mettersi alla prova e incarnare con coerenza questi intenti. Dal<br />

mese di maggio e, più velocemente, dopo la Liberazione di Roma (4 giugno) e l’avanzata<br />

al<strong>le</strong>ata lungo la via Aurelia e la via Cassia, in direzione di <strong>Pisa</strong> e Firenze, <strong>le</strong> strutture della<br />

Rsi implodono, i bombardamenti si fanno ancora più frequenti, i sistemi economici e alimentari<br />

entrano definitivamente in corto circuito. Con <strong>il</strong> 4 luglio, tutta la zona centrosettentriona<strong>le</strong><br />

della Toscana viene dichiarata zona di operazioni, sottoposta cioè alla diretta<br />

amministrazione dell’esercito tedesco. Inizia così anche in Vers<strong>il</strong>ia la fase più dura<br />

dell’occupazione. Stragi, rastrellamenti, sequestri di beni e animali, deportazioni, sconvolgono<br />

l’esistenza del<strong>le</strong> comunità. Per fare deserto intorno ai partigiani e fac<strong>il</strong>itare <strong>le</strong> operazioni<br />

di fortificazione della Linea Gotica, i comandi tedeschi prevedono di sgomberare<br />

prima la piana della Vers<strong>il</strong>ia e quindi <strong>il</strong> cerchio di centri abitati che si trovano a metà strada<br />

tra la pianura e <strong>le</strong> vette del<strong>le</strong> Apuane, quella cintura intermedia vita<strong>le</strong> per la sopravvivenza<br />

dei partigiani e che dai primi mesi del 1944 ha visto una concentrazione sempre più<br />

ampia di sfollati 98 . L’1 luglio è emanato l’ordine di sfollamento del comune di Forte dei<br />

Marmi, <strong>il</strong> 5 è la volta di tutta la zona che separa Cinqua<strong>le</strong> da Strettoia; <strong>il</strong> 7 di Arni; tra <strong>il</strong> 10<br />

ed <strong>il</strong> 15 prima la città e poi tutto <strong>il</strong> territorio del comune di Seravezza; <strong>il</strong> 27 Pietrasanta e<br />

Stazzema. L’idea è quella di una deportazione genera<strong>le</strong> a Sala Braganza, in Em<strong>il</strong>ia. In molti<br />

casi, però, <strong>le</strong> popolazioni rientrano nel<strong>le</strong> loro abitazioni dopo pochi giorni, per cui, per esempio,<br />

ancora <strong>il</strong> 4 agosto <strong>il</strong> comando tedesco è costretto ad emanare un nuovo ordine relativo<br />

a Forte dei Marmi 99 . Valdicastello viene dichiarata “zona bianca” e vi trovano quindi<br />

rifugio moltissime persone. Il paese, che conta su non più di un migliaio di abitanti residenziali,<br />

giunge nel mese di luglio ad averne almeno trentam<strong>il</strong>a:<br />

Valdicastello ci faccia conto… siccome c’è una sola strada, per fare 100 metri ci<br />

vo<strong>le</strong>va un sacco di tempo perché era piena, chi dice 40.000, chi dice 50.000, ma quanti<br />

ce n’era non lo sa nessuno, perché tutti… prima di tutto <strong>le</strong> case, compresa la mia… eran<br />

prese anche <strong>le</strong> cantine, anche proprio, non lo so, in un piccolo tugurio che c’era, un<br />

glianti da parte di qualche delatore, inviata probab<strong>il</strong>mente alla Questura o alla Guardia Naziona<strong>le</strong> Repubblicana,<br />

ma non ne ho trovato conferme documentarie.<br />

98 I tedeschi avevano cercato di sfollare Viareggio una prima volta già nell’apri<strong>le</strong>, secondo un piano<br />

che avrebbe dovuto prevedere l’accoglienza dei civ<strong>il</strong>i in diversi altri centri della provincia, tra la media Garfagnana<br />

e la Piana di Lucca, ma che nei fatti si era risolto con la salita sui monti della maggior parte del<strong>le</strong><br />

persone.<br />

99 Oltre alla bibliografia in Appendice, rimando alla sintesi di P. PEZZINO, Sant’Anna di Stazzema.<br />

Una strage senza perché, in M. PALLA (cur.), Tra storia e memoria. 12 agosto 1944. <strong>La</strong> strage di Sant’Anna di Stazzema,<br />

Carocci, Roma 2003.<br />

37


ipostiglio, proprio tutto […] Valdicastello rimane in una val<strong>le</strong>, e gli oliveti parton subito<br />

quasi dalla strada, su nel centro, all’altezza della chiesa, eran tutti pieni di gente lì<br />

accampata, così, chi ci aveva diciamo una tenda, qualche cosa, con due pali… era piena,<br />

un formicaio, <strong>le</strong>i faccia conto una fiera 100.<br />

Stiamo a Pietrasanta tutti quanti, finché a un certo punto <strong>il</strong> fronte si avvicina,<br />

che poi dopo <strong>il</strong> fronte si fermerà sull’Arno […] circa alla metà luglio. Quando arrivan<br />

sull’Arno, allora ci prendono e ci mandan via da Pietrasanta, ci fanno sfollare… parte…<br />

chi va a Capriglia, chi va a Capezzano, alcuni vanno a Sant’Anna – amici miei anche<br />

vanno a Sant’Anna, amici con i quali avevo fatto la scuola – e noi andiamo a Valdicastello.<br />

Andiamo a Valdicastello, piazzati non <strong>le</strong> dico come, c’era della gente addirittura<br />

che era tappata nel<strong>le</strong> piane. Si mangiava malissimo, si mangiava niente. E questo<br />

succede… e si rimane lì, si rimane lì, si rimane lì 101.<br />

A don Raglianti si affidano famiglie vecchie e nuove, che alloggiano in ogni vano<br />

disponibi<strong>le</strong>, persino all’aperto, sotto ripari di fortuna; egli si reca ove sono <strong>le</strong> situazioni più<br />

drammatiche per portare conforto, cerca di trovare cibo per chi è in difficoltà; quasi sempre,<br />

alla sera, inizia <strong>il</strong> suo giro consueto in paese per avere <strong>il</strong> polso della situazione, incoraggiare,<br />

invitare a resistere: «tante sere quello che doveva mangiare lui, cioè quel pezzo<br />

di pane nero, quel pezzo di po<strong>le</strong>nta, perché era già un lusso, la portava a qualcuno, a uno,<br />

tieni te stasera, perché ce n’era m<strong>il</strong><strong>le</strong>, e per m<strong>il</strong><strong>le</strong> un c’era» 102 .<br />

In conseguenza dello sfollamento coatto, si trasferiscono a Valdicastello anche alcuni<br />

degli uffici e dei servizi primari del comune di Pietrasanta, a cominciare dall’Ospeda<strong>le</strong>,<br />

che per un periodo viene sistemato proprio dentro la chiesa, dove don Libero fa spostare<br />

<strong>le</strong> panche e mettere i materassi per terra, prima che venga approntata la sede a 200 metri<br />

di distanza, in località Risaio, in un vecchio capannone di proprietà della ditta che estraeva<br />

<strong>il</strong> ferro dalla miniere del paese. <strong>La</strong> farmacia, o meglio, <strong>il</strong> deposito del<strong>le</strong> medicine viene sistemato<br />

dentro <strong>il</strong> campani<strong>le</strong> della chiesa; vi ha accesso anche don Raglianti, che non esita a<br />

distribuirne al<strong>le</strong> famiglie che ne hanno bisogno 103 . Sfolla in paese anche l’ex-commissario<br />

prefettizio del comune di Pietrasanta, l’avvocato Alcide Sarti, che porta con sé alcune carte<br />

e timbri e, in collaborazione proprio con <strong>il</strong> parroco, continua a firmare carte d’identità, altri<br />

documenti, interessarsi della sorte degli sfollati.<br />

In queste settimane, <strong>il</strong> sacerdote pisano non <strong>le</strong>sina la sua collaborazione né al Cln<br />

clandestino di Pietrasanta, anche questo trasferitosi a Valdicastello 104 , né al<strong>le</strong> bande partigiane<br />

che operano sui monti circostanti la “Val<strong>le</strong> buona”, dove si muovono gli uomini riuniti<br />

attorno a Lorenzo Bandelloni 105 , che frequentano anche <strong>il</strong> paese per cercare collaborazione<br />

con alcuni degli sfollati – e la trovano ad esempio nel giovane Elio Toaff, futuro rabbino<br />

capo, anch’egli giunto da poco in paese 106 –, stab<strong>il</strong>ire contatti col Cln, rifornirsi del<br />

100 Testimonianza di F. Lucarini.<br />

101 Testimonianza di A. Puccetti.<br />

102 Testimonianza di F. Lucarini.<br />

103 Testimonianza di don M. Marchetti.<br />

104 G. GIANNELLI, Vers<strong>il</strong>ia, la trappola del ‘44, Vers<strong>il</strong>ia Oggi, Querceta 1992, pp. 231e sgg.<br />

105 <strong>La</strong> Resistenza vers<strong>il</strong>iese vive una forte dia<strong>le</strong>ttica interna tra spontaneismo e organizzazione, e tra<br />

<strong>le</strong> varie personalità di spicco e bande partigiane che operano dallo Stazzemese sino al confine con la Lucchesia,<br />

una dia<strong>le</strong>ttica che porta ad esempio alla nascita di una formazione unica, la X Brigata Garibaldi “Gino<br />

Lombardi”, destinata però a sciogliersi repentinamente ai primi di agosto sotto la pressione dei rastrellamenti<br />

tedeschi.<br />

106 E. TOAFF, Perfidi giudei fratelli maggiori, Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1987, pp. 85 e sgg.<br />

38


poco cibo disponibi<strong>le</strong>, appurare informazioni sui movimenti dei tedeschi, sui loro spostamenti,<br />

sui rastrellamenti. Il rapporto è abbastanza consolidato, e risa<strong>le</strong> alla tarda primavera<br />

del 1944: don Libero non si limita ad accogliere renitenti alla <strong>le</strong>va o ricercati entro <strong>le</strong><br />

mura della propria abitazione, ma diventa un punto di riferimento per gli stessi partigiani,<br />

e non si deve trascurare in questo senso la presenza in canonica, nel<strong>le</strong> ultime settimane,<br />

del chierico Renzo Tognetti, pure lui impegnato nell’opera di assistenza, ma la cui famiglia<br />

aveva <strong>le</strong>gami e relazioni personali con esponenti della Resistenza vers<strong>il</strong>iese 107 .<br />

Don Libero possiede anche una radio – che alcuni ricordano come radiotrasmittente,<br />

ma di questo non abbiamo conferme precise – che tiene in una stanza della canonica,<br />

l’unica nella qua<strong>le</strong> proibisce a più riprese a bambini e ragazzi di entrare, dove ascolta con<br />

puntualità Radio Londra. <strong>La</strong> radio è comunque un bene prezioso, e rischioso. A Valdicastello,<br />

infatti, ci sono ovviamente anche i tedeschi. Sino ai primi di luglio vi aveva alloggiato<br />

un piccolo contingente della Wehrmacht, e quindi arrivano <strong>le</strong> SS. Con l’ultima settimana<br />

di luglio, infatti, inizia in Vers<strong>il</strong>ia e su tutte <strong>le</strong> Apuane un grande ciclo di rastrellamenti antipartigiani<br />

condotto dalla XVI Panzergrenadier-Division-SS “Reichsführer” del genera<strong>le</strong> Max<br />

Simon, destinato a protrarsi sino alla fine di agosto, nel corso del qua<strong>le</strong> verranno commesse<br />

alcune del<strong>le</strong> più atroci stragi di civ<strong>il</strong>i (Sant’Anna di Stazzema, Bardine S. Terenzo, Vinca).<br />

<strong>La</strong> battaglia di Monte Ornato, i rastrellamenti, gli scontri su tutta la fascia montana<br />

del<strong>le</strong> Apuane che va da Camaiore sino a Stazzema, sono <strong>il</strong> segno tangibi<strong>le</strong> di una vera e<br />

propria “guerra antipartigiana” 108 . E ci sono i primi civ<strong>il</strong>i uccisi, senza motivo, per la sola<br />

sfortuna di trovarsi nel mezzo ai rastrellamenti.<br />

Il clima si fa così più pesante anche a Valdicastello, iniziano i “prelievi” degli uomini<br />

adulti: durante <strong>le</strong> ore diurne si rimane in paese, pronti però a fuggire sui monti nel caso<br />

di arrivo dei tedeschi; alla sera si sceglie invece di andare a passar la notte nei boschi, per<br />

non correre <strong>il</strong> rischio di essere arrestati nel proprio <strong>le</strong>tto. Anche molti ragazzi accompagnano<br />

i genitori, e <strong>le</strong> madri cercano anche di mascherare i più grandi, quelli più alti, vestendoli<br />

in modo ta<strong>le</strong> da farli sembrare più piccoli. Un primo rastrellamento avviene <strong>il</strong> 7<br />

agosto, quando una trentina di uomini sono catturati e costretti a seguire <strong>le</strong> truppe tedesche<br />

come portamunizioni su per i sentieri del Monte Gabberi, in una vana operazione antipartigiana<br />

che si chiude poi <strong>il</strong> giorno successivo con l’incendio di Farnocchia 109 . Le azioni<br />

tedesche sono ormai quotidiane, registrate con dovizia di particolari anche nei rapporti<br />

dell’ufficio informazioni della XIV armata: e si va avanti così sino al 12 agosto.<br />

<strong>La</strong> mattina del 12 agosto cominciammo a vedere fumate, su, sopra i monti lì,<br />

sopra Valdicastello, e tutti si pensava fossero metati, o che davano fuoco alla <strong>le</strong>gna, facevano<br />

<strong>il</strong> carbone, così no, e invece era già cominciato l’eccidio, stavano già uccidendo<br />

e bruciano tutti 110.<br />

107 Nell’apri<strong>le</strong> 1944 Gino Lombardi, prima di partire da Pietrasanta nel viaggio durante <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> avrebbe<br />

trovato la morte nel corso di uno scontro con i fascisti nei pressi di Sarzana, passa la notte proprio in<br />

casa dei Tognetti, la famiglia di Renzo, nel centro di Pietrasanta. Ringrazio G. Cipollini per avermi fornito<br />

questa informazione. Sia Raglianti che Tognetti verranno poi inseriti negli e<strong>le</strong>nchi dei caduti in battaglia appartenenti<br />

proprio alla formazione “Bandelloni”, ma si tratta di un inserimento a posteriori privo di riscontri.<br />

108 PEZZINO, Sant’Anna di Stazzema, cit.; C. GENTILE, Le Ss di Sant’Anna, in Tra storia e memoria. 12 agosto<br />

1944. <strong>La</strong> strage di Sant’Anna di Stazzema, Carocci, Roma 2003.<br />

109 TOAFF, Perfidi giudei, cit., pp. 92-95.<br />

110 Testimonianza di A. Santini.<br />

39


Quando scesero i tedeschi, che arrivarono a Valdicastello, noi mi ricordo si stava<br />

mangiando, sicché arrivarono a Valdicastello che sarà stato mezzogiorno, l’una.<br />

C’era mia zia, che non mangiava, era lì, in una stanza, che guardava giù, perché noi<br />

eravamo a Valdicastello alto, a Firenze, disse: «Oddio, oddio, vengono qui i tedeschi e<br />

sparano». Infatti entrarono sparando, tant’è vero che noi si scappò tutti, i giovanotti e<br />

anch’io che ero piccolo, mi fecero scappare, mi fecero andare in un campo di granturco<br />

che era lì vicino […] mio zio addirittura si inf<strong>il</strong>ò in una gabbia, in una conigliera, non<br />

so come fece […] e intanto c’era mia madre che si affacciava dalla finestra su, che noi si<br />

stava in una soffitta, diceva, parlando così: «state fermi, state fermi», però si sentiva<br />

questo abbaiare in giro, che i tedeschi ne portaron via tanti 111.<br />

Ci fermammo lì, molto più su della chiesa, bella mi’ <strong>le</strong>i! Le f<strong>il</strong>a si ingrossavano<br />

minuto per minuto, partivano 4 o 5 tedeschi in varie direzioni, brumm, via, e ritornavano<br />

con gruppi di 15-20 persone, alla fine cercarono due interpreti […] e cominciarono<br />

a esaminare i documenti, cominciarono… nell’esaminare i documenti, io presentai<br />

sia <strong>il</strong> foglio, <strong>il</strong> bigliettino del permesso e sia l’iscrizione alla Todt, come altri […] noi<br />

che avevamo i documenti, invece di andare nella f<strong>il</strong>a lunga, ci mettevano da parte 112.<br />

Valdicastello è nella confusione più piena, sono gli stessi uomini che hanno appena<br />

compiuto la carneficina di Sant’Anna di Stazzema che conducono questo amplissimo rastrellamento,<br />

forse insieme ad altre pattuglie che arrivano dal basso. Come sempre, si tratta<br />

di operazioni che hanno ben poco di casua<strong>le</strong>. Come è stata pianificata la mattanza di<br />

Sant’Anna, così si arriva a Valdicastello con a monte un sistema informativo ben oliato<br />

che, nel<strong>le</strong> settimane precedenti, si è avvalso di spie, finti partigiani e probab<strong>il</strong>mente di fascisti<br />

sfollati anch’essi in paese, per cui a fianco del<strong>le</strong> due o tre centinaia di uomini rastrellati<br />

per essere destinati al lavoro coatto sulla Linea Gotica o alla deportazione in Germania,<br />

sono individuate alcune decine di persone, incluse nella categoria di “bandito” sulla base<br />

anche di un minimo sospetto.<br />

Una piccola pattuglia si reca subito verso la chiesa e la canonica:<br />

Don Raglianti era in chiesa, perché la voce… quando in cima al paese cominciarono<br />

a fa’ questo lavoro, la chiesa rimane un po’ al centro del paese, sicché… allora<br />

don Raglianti era insieme con una quindicina di persone, c’era anche Calcagnini, c’era<br />

Tognetti e c’era altra gente, e li fece andare tutti sull’organo […] e loro si raccomandavano<br />

che anche lui andasse sull’organo, cercasse di salvarsi, e lui gli disse «No, <strong>il</strong> mio<br />

posto è in chiesa». Si mise in cima nel primo banco a sinistra, lassù vicino all’altare dove<br />

lui stava sempre a pregare, un attimo lì, e poi andò in canonica nel suo ufficio e lì li<br />

aspetto. E poi ho saputo che non era solo, ma che c’era anche <strong>il</strong> Tognetti, perché lo portaron<br />

via 113.<br />

Noi eravamo lì, appunto nella canonica, e quando vennero i tedeschi fummo,<br />

eravamo tutti spaventati perché logicamente vennero con i mitra, noi siamo stati più di<br />

un quarto d’ora con <strong>le</strong> mani alzate davanti a un mitra, lì, contro <strong>il</strong> muro, non si sapeva<br />

se ci sparavano o non ci sparavano. […] è stato preso proprio lì davanti, è stato trattato<br />

proprio ma<strong>le</strong>, che era uso di quella gente lì, l’hanno spinto giù contro la scalinata della<br />

111 Testimonianza di A. Puccetti.<br />

112 Testimonianza di R. Brunini. Altre informazioni sul rastrellamento di Valdicastello in G. GIAN-<br />

NELLI, Vers<strong>il</strong>ia la strage degli innocenti, Vers<strong>il</strong>ia Oggi, Querceta 1994, pp. 135-137 e <strong>il</strong> ricordo di TOAFF in Perfidi<br />

giudei, cit., pp. 113-114.<br />

113 Testimonianza di F. Lucarini.<br />

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canonica, gli hanno tolto <strong>il</strong> cappello, ci si sono divertiti, ridevano così spassosi proprio<br />

come fosse un gioco, quest’uomo era lì con quell’aspetto però sereno nello stesso tempo<br />

ma spaventato per tutto quello che succedeva […] a momenti casca dal<strong>le</strong> sca<strong>le</strong>, mi<br />

ricordo, e gli tolsero <strong>il</strong> cappello, che ci aveva <strong>il</strong> cappello quello tondo da sacerdote, e ci<br />

giocavano, e lo tirarono nell’oliveto, c’era un vigneto lì, piccolo, suo, e lo tirarono lì 114.<br />

Lo presero in canonica, sull’ultima rampa, lui scese giù a spintoni, poi quando<br />

fu su quel ballatoio lì gli presero questo cappello e lo tirarono via, così, a spregio, e poi<br />

lo portarono qui sempre al frantoio… tra quelli… che dopo non se n’è salvato nessuno<br />

115.<br />

Anche <strong>il</strong> parroco viene così incluso nel gruppo dei “banditi”, insieme a Renzo Tognetti<br />

e al padre Verona, carmelitano, sfollato nella canonica da pochi giorni: don Raglianti<br />

viene visto l’ultima volta mentre accompagna a piedi un certo <strong>La</strong>mberti, cieco, invalido<br />

della Prima guerra mondia<strong>le</strong>, giù per la strada. Siamo ormai nel tardo pomeriggio di questo<br />

drammatico sabato 12 agosto 1944, quando <strong>le</strong> colonne vengono messe in viaggio e, appena<br />

rientrate sulla Sarzanese, dirette verso Lucca 116 .<br />

I contingenti formati dal<strong>le</strong> persone catturate a Valdicastello sono quindi due: <strong>il</strong> più<br />

numeroso, composto da alcune centinaia di persone, si ferma nei pressi della stazione di<br />

Bozzano, e riprende solo in seguito <strong>il</strong> viaggio verso la Pia Casa di Lucca. L’altro prosegue<br />

lungo la strada stata<strong>le</strong> Sarzanese, sino a Nozzano, un piccolo paese situato all’estremità<br />

occidenta<strong>le</strong> della provincia di Lucca. Dalla fine di luglio vi ha sede <strong>il</strong> comando della XVI<br />

Panzergrenadier-SS, che nei locali della vecchia scuola e<strong>le</strong>mentare ha organizzato anche <strong>il</strong><br />

proprio centro di detenzione e di interrogatorio, gestito dagli uomini della Feldgendarmerie<br />

della divisione, guidata dal sergente Gerhard Walter 117 , che prende in consegna i nuovi<br />

venuti, nella notte tra <strong>il</strong> 12 e <strong>il</strong> 13 agosto. I primi sei, cioè i principali sospettati perché riconosciuti<br />

al “frantoio” di Valdicastello da una del<strong>le</strong> spie, <strong>il</strong> “polacchino”, sono arrivati qualche<br />

ora prima, a bordo di un camion, e sono già <strong>le</strong>gati mani e piedi, costretti a stare sdraiati<br />

per terra con <strong>le</strong> gambe verticali lungo <strong>il</strong> muro. Tutti gli altri vengono divisi in due stanze,<br />

al primo piano, l’una a fianco dell’altra, una settantina in quella del parroco, 45-50<br />

nell’altra. Si dorme su dei pagliericci, che al mattino devono essere risistemati, pena <strong>le</strong> ingiurie<br />

e <strong>le</strong> percosse del<strong>le</strong> guardie. Da mangiare «arrivava un calderone con un affare di<br />

semolino, un riso stracotto e ricotto, un biaccone bianco, e ci davano anche un pane da dividere<br />

in 12-13». Le finestre sono sbarrate, restano sempre chiuse, e in quel torrido agosto<br />

l’aria diventa ben presto irrespirabi<strong>le</strong>, dormire è praticamente impossibi<strong>le</strong>, ci si può recare<br />

al<strong>le</strong> latrine solo al mattino e alla sera. Nel pomeriggio successivo, la domenica, iniziano gli<br />

interrogatori: tocca prima ai detenuti della stanza ove è sistemato anche don Raglianti, dal<br />

martedì è la volta agli altri. I soprusi non risparmiano <strong>le</strong> donne 118 . Ma interrogatori e vio<strong>le</strong>nze<br />

non risparmiano nemmeno gli uomini di chiesa:<br />

114 Testimonianza di A. Santini.<br />

115 Testimonianza di E. Calcagnini.<br />

116 Poco prima di lasciare Valdicastello, comunque, i tedeschi si macchiano di un ultimo crimine,<br />

fuc<strong>il</strong>ando in località Ponterosso 14 persone, tra <strong>le</strong> quali quasi tutti coloro che erano stati costretti a seguirli a<br />

Sant’Anna di Stazzema per portare <strong>le</strong> munizioni, e che erano così diventati loro malgrado degli scomodi testimoni.<br />

117 GENTILE, Le SS di Sant’Anna, cit.<br />

118 «Un giorno portarono una donna di circa 30 anni. Fu messa nella stanza superiore; poi, perché<br />

in seguito a maltrattamenti subiti, gridava aiuto dalla finestra, fu condotta a un piccolo gabinetto del piano<br />

superiore, sporco da non dirsi. Ve la tennero in un fetore insopportabi<strong>le</strong>, senza avvicinarsi nessuno, senza<br />

41


Una bella notte, credo <strong>il</strong> merco<strong>le</strong>dì notte, brutta notte, arriva l’interprete con<br />

questo “polacchino”, la torcia “Tognetti, Tognetti, Tognetti!”, questo Tognetti non lo<br />

vide. Non lo vide no, lui s’era <strong>le</strong>vata la tonaca, non ne poteva più, scoppiava, mentre<br />

Raglianti no, ma questo Tognetti se l’era <strong>le</strong>vata, non ce la faceva più. Allora si svegliò<br />

così di soprassalto.. : “presente!”.<br />

Don Raglianti non subisce certo un trattamento di favore, anzi, è tra i principali sospettati:<br />

l’hanno messo perfino… prima gli hanno fatto bere tanta acqua, come a dire<br />

una damigiana d’acqua, giù, perché era pel<strong>le</strong> e ossa, e poi attaccato per i piedi a testa<br />

in giù, gliene hanno fatte di tutti i colori, tutte <strong>le</strong> sevizie possib<strong>il</strong>i e immaginab<strong>il</strong>i 119.<br />

Seppi che era stato rinchiuso in un armadio, lasciato senza cibo e senza acqua,<br />

perché vo<strong>le</strong>vano sapere da lui i nomi dei partigiani 120.<br />

Il giorno prima di partire vennero presi due uomini dalla mia stanza. Uno era<br />

un sacerdote di 27 o 28 anni. Era molto debo<strong>le</strong> e sembrava aver sofferto […] Al ritorno,<br />

<strong>il</strong> sacerdote si svenne e io dovetti assisterlo per fargli riprendere conoscenza 121.<br />

Nozzano, oltre che centro di interrogatorio e tortura, è anche un serbatoio di ostaggi<br />

pronti per essere ut<strong>il</strong>izzati nell’attuazione di rappresaglie: una prassi tipica degli uomini di<br />

Simon. Il 18 agosto, dopo una prima cernita che conduce alla Pia Casa alcuni che si dichiarano<br />

ab<strong>il</strong>i al lavoro, 53 innocenti sono scortati sul<strong>le</strong> Apuane, sino a Bardine S. Terenzo –<br />

dove <strong>il</strong> giorno precedente i partigiani della formazione “Ulivi” si sono scontrati con una<br />

pattuglia sempre della XVI divisione uccidendo 17 soldati – e qui uccisi a colpi di mitra e<br />

impiccati con del f<strong>il</strong>o spinato: per raggiungere la proporzione consuetudinaria di 1:10, la<br />

rappresaglia viene comp<strong>le</strong>tata poi eliminando la comunità del vicino paese di Valla.<br />

Quando don Raglianti percepisce la sorte alla qua<strong>le</strong> stanno andando incontro questi suoi<br />

compagni di prigionia, cerca di offrirsi al posto loro, ma inut<strong>il</strong>mente. Nel frattempo, la notizia<br />

della detenzione è giunta ai suoi fam<strong>il</strong>iari, che gli inviano dei ricambi e qualcosa da<br />

mangiare tramite altre donne che hanno lì rinchiusi i propri congiunti:<br />

quando su’ madre gli manda qualcosa, come dire un pane, o un paio di mutande,<br />

che lui era là nella casa di Nozzano, lui, mi risulta da chi c’era dentro, del pane non<br />

ne ha mangiato neanche un pezzetto, l’ha dato a quegli altri, diceva, loro son padri di<br />

famiglia, anche se a me non resta 122.<br />

Nel corso dei 18 giorni passati a Nozzano, don Libero vede arrivare molti altri innocenti,<br />

rastrellati nei diversi centri della Vers<strong>il</strong>ia, del pisano, della piana di Lucca. Tra essi,<br />

anche altri uomini di chiesa, come <strong>il</strong> parroco di Bargecchia don Giuseppe Del Fiorentino, i<br />

bere e senza mangiare, due giorni e due notti. Impazzita, fu fuc<strong>il</strong>ata, a poca distanza dalla scuola. In una fossa»:<br />

BARONI, Memorie di guerra in Lucchesia, cit., p. 58.<br />

119 Testimonianza di F. Lucarini.<br />

120 Testimonianza di don M. Marchetti.<br />

121 Testimonianza del dr. Carlo P<strong>il</strong>li, 10 settembre 1945, in Public Record Office, War Office,<br />

204/11494 “Bardine San Terenzo”. <strong>La</strong> traduzione è la mia.<br />

122 Testimonianza di F. Lucarini.<br />

42


due sacerdoti di Lunata di Lucca don Angelo Unti e don Giorgio Bigongiari, arrestati <strong>il</strong> 16<br />

agosto perché sospettati di aver assistito i partigiani, don Giuseppe Bertini di Molina di<br />

Quosa. Si viene così a creare una sorta di comunità nella comunità, con i vari sacerdoti che<br />

cercano di sostenere i compagni di prigionia e assolvere così <strong>il</strong> loro ministero anche in<br />

quella situazione estrema. Il parroco di Nozzano, don Giovanni Galli, cerca di intercedere<br />

presso <strong>il</strong> comando ma è imprigionato egli stesso, e solo l’intervento del vescovo di Lucca<br />

gli fa ottenere <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio. Il vescovo, mons. Torrini, cerca anche di ottenere la liberazione<br />

degli altri sacerdoti, inviando a Nozzano <strong>il</strong> suo segretario don Felice Pellicci, ma è tutto<br />

inuti<strong>le</strong>. Il 25 agosto si rimette in moto <strong>il</strong> fronte, gli Al<strong>le</strong>ati sfondano finalmente la linea<br />

dell’Arno e, da <strong>Pisa</strong>, iniziano l’avanzata verso la Lucchesia e la Vers<strong>il</strong>ia. Gli uomini della<br />

XVI divisione iniziano i preparativi per la partenza, per l’abbandono di Nozzano. A piccoli<br />

gruppi, su camion o a piedi, i prigionieri iniziano <strong>il</strong> trasferimento verso nord, diretti al carcere<br />

Malaspina di Massa, che diventa sino alla metà di settembre <strong>il</strong> principa<strong>le</strong> centro di detenzione<br />

della divisione. Partono così Renzo Tognetti, don Bigongiari e molti altri. Restano<br />

nella scuola poco meno di 40 persone, tra <strong>le</strong> quali don Raglianti e l’avvocato Sarti, don Del<br />

Fiorentino e don Unti. Il criterio della partenza pare essere del tutto casua<strong>le</strong>, e probab<strong>il</strong>mente<br />

nella concitazione di quel<strong>le</strong> ore – dallo sfondamento al<strong>le</strong>ato del fronte sino alla Liberazione<br />

di Lucca intercorrono infatti meno di 10 giorni – coloro che sono ancora nel centro<br />

di detenzione diventano un impedimento che rischia di ral<strong>le</strong>ntare la ritirata. Così, si<br />

decide di eliminarli, secondo una prassi assolutamente tipica per <strong>le</strong> truppe di occupazione<br />

tedesche, e in particolare per la XVI divisione.<br />

<strong>La</strong> sera del 28 agosto, prima di abbandonare Nozzano, gli uomini della Felgendarmerie<br />

di Walter fanno uscire tutti i prigionieri rimasti e li spingono a bordo di alcuni camion,<br />

cercando di rassicurarli. Forse non ci si rende conto appieno di cosa sta succedendo,<br />

permane la speranza di seguire i propri compagni di prigionia verso nord. Ma <strong>il</strong> camion,<br />

lasciato <strong>il</strong> paese, torna verso sud: alcuni dei presenti sono stati rastrellati in queste zone, ne<br />

conoscono <strong>le</strong> strade, <strong>il</strong> paesaggio, si rendono conto che qualcosa non torna. Il camion si<br />

ferma dopo un paio di ch<strong>il</strong>ometri, in località <strong>La</strong>iano, al confine tra <strong>il</strong> comune di Vecchiano<br />

e quello di San Giuliano Terme; nei pressi del ponte che oltrepassa <strong>il</strong> fiume Serchio e col<strong>le</strong>ga<br />

Ripafratta alla strada che conduce a Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>, alcune bombe al<strong>le</strong>ate hanno scavato un<br />

ampio cratere. I prigionieri vengono fatti scendere, sono spinti con la forza sul bordo di<br />

questa fossa, e qui fuc<strong>il</strong>ati. Non si salva nessuno 123 . Molte del<strong>le</strong> vittime, tra cui don Raglianti,<br />

portano ancora i segni del<strong>le</strong> percosse subite.<br />

Poco dopo, i m<strong>il</strong>itari fanno esplodere alcune mine per seppellire i corpi, salgono di<br />

nuovo sui camion e si spostano definitivamente verso nord, raggiungendo Nocchi di Camaiore,<br />

ove la Divisione ha posto <strong>il</strong> nuovo comando e organizza un nuovo centro di detenzione<br />

temporaneo. Tutti gli altri, giunti a Massa, subiscono nuove cernite, nuovi interrogatori,<br />

nuove vio<strong>le</strong>nze, e molti sono scortati oltre l’Appennino, chi nel campo di Fossoli<br />

e chi verso Bologna: non sono pochi coloro che sono inviati in Germania. Renzo Tognetti,<br />

don Bigongiari e don Bertini intersecano <strong>il</strong> proprio destino con quello dei monaci rastrellati<br />

entro la Certosa di Farneta (Lucca): tutti quanti vengono pre<strong>le</strong>vati dal carcere Malaspina<br />

<strong>il</strong> 10 settembre, ancora a piccoli gruppi, dal<strong>le</strong> prime ore del mattino sino al tardo pomeriggio,<br />

e uccisi in diverse località della periferia della città. <strong>La</strong> firma, ancora una volta, è quella<br />

degli uomini di Walter.<br />

123 Per l’e<strong>le</strong>nco del<strong>le</strong> vittime rimando alla scheda su “<strong>La</strong>iano di Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>” sul sito www.eccidi1943-<br />

44.toscana.it.<br />

43


I corpi del<strong>le</strong> persone uccise a <strong>La</strong>iano saranno ritrovati solo dopo un anno e mezzo;<br />

in quei 18 mesi Valdicastello rimane a lungo senza parroco, ne vengono alcuni dai centri<br />

vicini per assolvere <strong>le</strong> funzioni principali; sono frequenti i funerali, man mano che arrivano<br />

<strong>le</strong> notizie sul<strong>le</strong> stragi e si tumulano i morti nel cimitero; e per fortuna cominciano anche<br />

i rientri dei deportati. Di don Libero però nessuna notizia. Si iniziano a nutrire ben pochi<br />

dubbi sulla sua sorte. <strong>La</strong> notizia precisa arriva solo nel 1946: la sera del 2 marzo si diffonde<br />

in paese la voce che la salma del sacerdote è stata ritrovata tra quel<strong>le</strong> sepolte in una fossa<br />

comune a Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>. Infatti, mons. Marcello Fascetti, parroco di Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>, aveva udito la scarica<br />

di mitra e <strong>le</strong> esplosioni la sera del 28 agosto, ma non ci aveva fatto caso. Nell’ottobre,<br />

erano stati rinvenuti i primi sette corpi, sepolti più vicino al fiume, e si era pensato che<br />

quelli soli fossero gli uccisi di <strong>La</strong>iano. Invece, nel febbraio-marzo 1946, è un cane che annaspando<br />

nel terreno porta casualmente alla luce un primo sche<strong>le</strong>tro, dando avvio alla triste<br />

riesumazione. <strong>La</strong> famiglia, che forse si è già preparata a questo momento, è comunque<br />

sconvolta 124 , <strong>il</strong> paese si stringe intorno ai genitori e ai fratelli, <strong>il</strong> corpo viene ricomposto a<br />

Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong> e poi tumulato nel cimitero di Pietrasanta da dove, <strong>il</strong> 30 dicembre 1946, viene traslato<br />

e finalmente deposto nella chiesa parrocchia<strong>le</strong> di Valdicastello.<br />

3. Conclusioni<br />

<strong>La</strong> ricostruzione della parabola umana e cristiana di don Libero Raglianti conferma<br />

per molti aspetti quel<strong>le</strong> considerazioni preliminari svolte nel primo paragrafo, e individua<br />

alcuni e<strong>le</strong>menti che, nell’attesa di ulteriori verifiche, mi paiono importanti per comprendere<br />

<strong>il</strong> perché alcuni sacerdoti trovino nel dramma della guerra l’occasione di fornire una testimonianza<br />

cristiana che si traduce in una attività di resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong> di fronte al potere di<br />

occupazione.<br />

L’approccio di lungo periodo è importante, perché assegna la dovuta importanza<br />

all’esperienza del seminario: per capire <strong>il</strong> comportamento tenuto tra 1943 e 1944 non si<br />

può prescindere dallo studio degli anni della formazione, per un duplice ordini di motivi.<br />

Da un lato, è in questi anni che si inizia ad apprendere un modello sacerdota<strong>le</strong> “integra<strong>le</strong>”<br />

che va ben oltre la necessità della cura d’anime; dall’altro, è proprio in seminario che avviene<br />

una trasmissione di esperienze tra diverse generazioni di preti e si formano nei più<br />

giovani, magari nei più sensib<strong>il</strong>i, quel<strong>le</strong> che don Giuseppe Dossetti ha chiamato «sott<strong>il</strong>i<br />

venature di antifascismo» 125 , o almeno che si frantumano <strong>le</strong> <strong>il</strong>lusioni riguardo alla “bontà”<br />

del regime fascista in relazioni agli interessi della Chiesa cattolica.<br />

Esce poi confermata la centralità dell’esperienza della guerra e dell’occupazione nazista,<br />

durante la qua<strong>le</strong> è la condivisione della sofferenza del<strong>le</strong> proprie comunità l’e<strong>le</strong>mento<br />

decisivo che spinge <strong>il</strong> sacerdote sulla strada dell’impegno e della imitatio Christi: <strong>il</strong> <strong>le</strong>game<br />

di Raglianti con i partigiani diventa più faci<strong>le</strong> perché si coglie nella loro presenza un e<strong>le</strong>mento<br />

che può acce<strong>le</strong>rare la sconfitta dell’occupante e, di conseguenza, la fine della sofferenza<br />

per <strong>le</strong> proprie comunità.<br />

124 «Ultima, anche dopo la guerra, uscì dalla canonica la famiglia, abitava qui in fondo al paese […]<br />

è stata una tragedia per la mamma, anche per <strong>il</strong> babbo ma per la mamma, povera donna […] la perdita di Libero,<br />

loro lo chiamavano per nome, fu una cosa che, ogni volta che ci vedeva anche noi attaccava a piangere<br />

questa donna»: testimonianza di E. Calcagnini.<br />

125 L’espressione nella Introduzione a L. GHERARDI, Le querce di Monte So<strong>le</strong>, Il Mulino, Bologna 1986.<br />

44


Infine, viene fuori con forza la “specificità” dell’impegno del sacerdote, una specificità<br />

che fa riferimento a valori e motivazioni religiose, cristiane, che diventano la base della<br />

sua “resistenza <strong>civi<strong>le</strong></strong>” al contesto nel qua<strong>le</strong> egli si trova ad esercitare <strong>il</strong> proprio ministero<br />

sacerdota<strong>le</strong>. All’indomani della conclusione del conflitto, <strong>il</strong> nome di Raglianti viene inserito<br />

tra i “caduti partigiani”, come afferente alla formazione “Bandelloni”, inquadrata<br />

nella “Gino Lombardi”. Nel 1964 egli viene invece insignito della medaglia d’oro al valor<br />

Civi<strong>le</strong>, dietro richiesta del nuovo parroco di Valdicastello (lo stesso don Marchetti), quasi a<br />

riaffermare quella specificità alla qua<strong>le</strong> accennavo. Nella motivazione, infatti, si <strong>le</strong>gge:<br />

Esercitò <strong>il</strong> ministero Sacerdota<strong>le</strong> con rara abnegazione, sempre svolgendo opera<br />

generosa ed altruistica per <strong>il</strong> bene dei suoi parrocchiani. Durante l’occupazione nemica, con<br />

umi<strong>le</strong> eroismo, soccorse sfollati, accolse con carità cristiana perseguitati e feriti, si prodigò<br />

in innumerevoli iniziative per salvare <strong>il</strong> suo gregge e al<strong>le</strong>viarne <strong>le</strong> sofferenze. Diffidato<br />

dall’invasore, vol<strong>le</strong> continuare, con sprezzo del pericolo, nella sua opera esemplare;<br />

catturato, sopportò, con si<strong>le</strong>nzioso coraggio, torture e sevizie, affrontando serenamente<br />

la morte. Fulgido esempio di amore sacerdota<strong>le</strong>, spinto fino al sacrificio cosciente della vita»<br />

126.<br />

<strong>La</strong> scelta e <strong>il</strong> sacrificio sino alla morte sono ricondotti entro un alveo ben delimitato<br />

da un sistema di valori di natura religiosa: l’opera per i parrocchiani, la carità cristiana e<br />

l’amore sacerdota<strong>le</strong>, <strong>il</strong> pastore che si impegna per <strong>il</strong> bene del proprio gregge, <strong>il</strong> sacrificio<br />

come esempio di imitatio Christi.<br />

Non c’è insomma alcun nesso con convinzioni di tipo politico, né alcun richiamo alla<br />

lotta di liberazione. È lo stesso tipo di interpretazione che ho ritrovato nella memoria di<br />

quelli che lo hanno conosciuto più da vicino. Infatti, non è l’appartenenza partigiana <strong>il</strong> motivo<br />

specifico che motiva l’uccisione del sacerdote, ma è l’insieme del<strong>le</strong> sue attività –<br />

l’assistenza agli sfollati, l’essere spesso in vista, la distribuzione del<strong>le</strong> medicine anche a coloro<br />

che scendevano in paese dai monti (certo, quindi anche i partigiani) – che lo qualifica<br />

agli occhi dei tedeschi e porta al suo arresto e alla sua uccisione.<br />

Ora, queste conclusioni – che si <strong>le</strong>gano a quanto affermato nel paragrafo di apertura<br />

– attendono naturalmente ulteriori approfondimenti, e <strong>il</strong> confronto con altri percorsi individuali<br />

e biografici. Certo, già a questo primo stadio della ricerca, ho trovato analogie<br />

stringenti con altri casi di sacerdoti che saranno uccisi dai tedeschi.<br />

Don Giuseppe Bertini e don Fiore Menguzzo, ad esempio, vivono un’esperienza per<br />

molti versi affine a quella di don Raglianti – e abbiamo già incontrato un altro seminarista,<br />

Renzo Tognetti, che condivide la sorte del prete di Valdicastello – 127 .<br />

126 Riportato in O. PIERONI, Il contributo del c<strong>le</strong>ro pisano alla resistenza, in <strong>Pisa</strong> dall’antifascismo alla Liberazione,<br />

numero unico dell’Amministrazione Provincia<strong>le</strong>, <strong>Pisa</strong> 1992 (1965), p. 129. Corsivi miei.<br />

127 Le fonti per la ricostruzione della vicenda di don Bertini sono alcuni materiali (testimonianze,<br />

memorie, materiali didattici) raccolti dal Circolo “Le Storie” di Molina di Quosa, e consultati grazie alla disponib<strong>il</strong>ità<br />

del suo presidente, Giuseppe Buzzigoli, che ringrazio; la pubblicistica sulla storia della resistenza<br />

e dell’occupazione in provincia di <strong>Pisa</strong>, riportata nell’Appendice bibliografica; <strong>il</strong> Liber Chronicum del parroco<br />

di Vecchiano, don Marcello Fascetti, riportato nella tesi di laurea di S. AGOSTINI, Il diario di un parroco della<br />

Valdiserchio. Don Marcello Fascetti (1942-1950), Università degli studi di <strong>Pisa</strong>, Facoltà di Lettere e F<strong>il</strong>osofia, anno<br />

accademico 2000-2001, relatore prof. Paolo Pezzino; infine, <strong>il</strong> volume di memorie di E. BERTINI (solo omonimo<br />

del sacerdote), Prigionieri del<strong>le</strong> S.S., Scuola Tipografica Beato Giordano, <strong>Pisa</strong> 1945. Su don Menguzzo,<br />

invece, vedi <strong>il</strong> volume del giornalista G. VEZZOSI, Croci uncinate nel cana<strong>le</strong>. I martiri dimenticati di Mulina di<br />

Stazzema, Il Dialogo, Pietrasanta 1994, affiancata dalla bibliografia sulla storia della resistenza e<br />

45


Nati entrambi nel 1916, hanno quindi passato gli anni del seminario nello stesso periodo,<br />

tra la fine degli anni Venti e la seconda metà degli anni Trenta, e condiviso <strong>le</strong> medesime<br />

esperienze riguardo alla repressione fascista e i medesimi insegnamenti. Si trovano<br />

poi ad esercitare <strong>il</strong> proprio ministero sacerdota<strong>le</strong> in comunità che, analogamente a Valdicastello,<br />

sono duramente colpite dal conflitto. Il primo è parroco dal 1943 di Molina di<br />

Quosa, paese ai piedi dei Monti <strong>Pisa</strong>ni, sul versante che costeggia sia la strada che la linea<br />

ferroviaria che col<strong>le</strong>gano <strong>Pisa</strong> a Lucca, colpite più volte sia dai bombardamenti al<strong>le</strong>ati che<br />

dai sabotaggi dei primi gruppi partigiani che, poi organizzatisi nella formazione “Nev<strong>il</strong>io<br />

Casarosa”, afferente alla XXIII Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”, hanno trovato proprio<br />

in questo massiccio montuoso <strong>il</strong> proprio rifugio e la propria base logistica. Sin dai primi<br />

mesi del 1944, inoltre, sul<strong>le</strong> alture soprastanti in paese – in particolare l’altopiano della<br />

“Romagna” – sono sfollate diverse centinaia di famiglie, provenienti sia dalla pianura di<br />

<strong>Pisa</strong> che dalla provincia di Livorno: con un andamento che è comune ad altre zone della<br />

regione, i centri abitati principali si svuotano per sfuggire al<strong>le</strong> bombe al<strong>le</strong>ate, e si cerca rifugio<br />

sui monti. Con l’arrivo dell’estate poi, in misura crescente, andare sul monte serve<br />

anche a sfuggire ai rastrellamenti tedeschi che mirano a catturare uomini adulti da deportare<br />

al lavoro coatto. Il ruolo del sacerdote è centra<strong>le</strong>, diventa <strong>il</strong> segretario della Commissione<br />

Alimentare che in paese si occupa dell’assistenza dei più bisognosi, ma anche di<br />

mantenere i contatti con la Romagna; collabora con <strong>il</strong> Cln di San Giuliano Terme e, nonostante<br />

i divieti di spostamento, continua a muoversi verso <strong>Pisa</strong> o in direzione di Vecchiano,<br />

oltre <strong>il</strong> Serchio, alla ricerca di grano e altri prodotti di prima necessità. Spesso, poi, sa<strong>le</strong><br />

alla Romagna ove ce<strong>le</strong>bra la Messa e impartisce i sacramenti ai presenti, e talvolta anche ai<br />

partigiani, che conosce personalmente. Qui, nella notte tra <strong>il</strong> 6 e <strong>il</strong> 7 agosto, un grosso rastrellamento<br />

investe proprio la Romagna, oltre trecento persone sono arrestate e portate in<br />

maggioranza (gli ab<strong>il</strong>i al lavoro) presso <strong>il</strong> centro di detenzione della Pia di Casa di Lucca e,<br />

di qui, verso nord, e in parte proprio a Nozzano (anziani e sospettati), dove saranno 70 <strong>le</strong><br />

persone uccise tra l’11 e <strong>il</strong> 12 agosto. Don Bertini vive questa esperienza come un tremendo<br />

dramma interiore, non sa darsi pace, ma continua la propria attività. Il 30 agosto, ancora<br />

gli uomini del genera<strong>le</strong> Simon, nel corso di uno degli ultimi rastrellamenti compiuti<br />

prima di trasferirsi verso nord – da due giorni infatti gli Al<strong>le</strong>ati hanno varcato l’Arno e ripreso<br />

l’avanzata – catturano don Bertini nella sua canonica e lo portano a Lucca: a quanto<br />

pare, non alla Pia Casa, ma direttamente nel carcere di San Giorgio, ove, insieme ad altri,<br />

viene interrogato sui suoi <strong>le</strong>gami con i partigiani. Nessun nome esce dalla sua bocca. L’1<br />

settembre viene fatto partire e tra <strong>il</strong> 5 e <strong>il</strong> 6 giunge al carcere Malaspina di Massa, ove ritrova<br />

altri transitati per Nozzano – e tra questi altri sacerdoti che hanno condiviso la prigionia<br />

con Raglianti – . Il giorno successivo arrivano nel carcere anche i certosini rastrellati<br />

nel monastero di Farneta (Lucca). Quaranta persone, tra <strong>le</strong> quali don Bertini e gli altri uomini<br />

di Chiesa, sono uccisi la mattina del 10 settembre.<br />

Non molto dissimi<strong>le</strong> quanto avviene a don Menguzzo, parroco di Mulina di Stazzema,<br />

ma anche cappellano m<strong>il</strong>itare. Arrestato dopo l’8 settembre, viene inviato in Germania<br />

e condivide per alcuni mesi la sorte dei suoi comm<strong>il</strong>itoni, come internato m<strong>il</strong>itare,<br />

rifiutando di prestare giuramento al Reich. Rientra a Mulina tra l’apri<strong>le</strong> e <strong>il</strong> maggio 1944,<br />

per motivi di salute, e riprende quindi la sua attività di parroco. I bisogni cui far fronte,<br />

che trascendono la consueta cura d’anima, sono gli stessi già raccontati per Raglianti e Bertini.<br />

<strong>La</strong> cronologia di un attivismo che lo segnala agli occhi dell’occupante delinea un qua-<br />

dell’occupazione in Vers<strong>il</strong>ia, citata anch’essa in Appendice (in particolare i lavori di Giorgio Giannelli). Particolari<br />

sulla vicenda anche nel volume di BARONI, Memorie di guerra in Lucchesia, cit.<br />

46


dro molto simi<strong>le</strong> a quello relativo a Raglianti: d’altronde, <strong>il</strong> contesto è pressoché omogeneo,<br />

Mulina e Valdicastello sono distanti solo qualche ch<strong>il</strong>ometro, e vivono analogamente <strong>il</strong><br />

crescendo vio<strong>le</strong>nto che dalla fine della primavera 1944 in avanti sconvolge un po’ tutta la<br />

Vers<strong>il</strong>ia. Dall’ultima settimana di luglio, poi, <strong>il</strong> paese si trova al centro di una vera e propria<br />

battaglia tra tedeschi e i partigiani della “G. Lombardi”: <strong>il</strong> sacerdote non <strong>le</strong>sina <strong>il</strong> proprio<br />

aiuto a chiunque, ferito, ne abbia bisogno. Il 31 sono assistiti e curati alcuni soldati tedeschi,<br />

feriti dai partigiani lungo la mulattiera Mulina-Farnocchia: un graduato tedesco<br />

appone sulla porta della canonica un biglietto di riconoscenza che invita anche al rispetto<br />

del religioso e dei suoi fam<strong>il</strong>iari. Analogo comportamento viene tenuto <strong>il</strong> giorno successivo,<br />

stavolta a favore di alcuni partigiani, e nel<strong>le</strong> giornate seguenti, mentre infuria la battaglia<br />

del monte Ornato, don Fiore riesce comunque a spostarsi da una località all’altra grazie<br />

a un lasciapassare concesso dal comando tedesco. È forse questa presenza costante in<br />

una zona al centro della battaglia per <strong>il</strong> controllo del territorio inscenata dall’occupante,<br />

che porta i comandi tedeschi a convincersi di un qualche <strong>le</strong>game tra <strong>il</strong> sacerdote e la “G.<br />

Lombardi”. Già <strong>il</strong> 5 agosto, allora, lo troviamo tra i rastrellati che vengono condotti sulla<br />

strada che unisce Pontestazzemese e Mulina per sgombrarla da un’ostruzione approntata<br />

dai partigiani. <strong>La</strong> mattina del 12 agosto l’uccisione del sacerdote ha quindi ben poco di casua<strong>le</strong><br />

o fortuito. Di nuovo, l’episodio si intreccia con la strage di Sant’Anna di Stazzema. È<br />

una del<strong>le</strong> colonne tedesche, la squadra che sarebbe poi giunta a Sant’Anna da Farnocchia,<br />

a transitare per Mulina di Stazzema nel<strong>le</strong> primissime ore del mattino, sostando presso la<br />

canonica della chiesa, dove uccide don Fiore e altre 11 persone, suoi fam<strong>il</strong>iari e semplici<br />

sfollati ai quali aveva dato as<strong>il</strong>o. Il sacerdote tenta di fuggire, ma viene raggiunto e freddato<br />

con alcuni colpi di pistola. I soldati tornano poi verso la canonica e fuc<strong>il</strong>ano tutti gli altri<br />

128 .<br />

Il tipo di impegno, la molteplicità dei piani di azioni, l’universo valoria<strong>le</strong> che vi sta<br />

a monte, è omogeneo a quello di Raglianti, e pare prescindere dalla presenza di precise<br />

convinzioni politico-ideologiche. Certo, in tutti e tre i casi non si esita a mostrarsi disponib<strong>il</strong>i<br />

anche verso i partigiani, e quindi abbiamo a che fare con uomini di Chiesa che non vivono<br />

quel rapporto complicato e sottoposto a tensioni con <strong>il</strong> movimento partigiano, con<br />

chi imbraccia <strong>il</strong> fuci<strong>le</strong> e ut<strong>il</strong>izza la vio<strong>le</strong>nza, comunque presente nel<strong>le</strong> f<strong>il</strong>a del c<strong>le</strong>ro, come<br />

ho accennato all’inizio. Ma anche questa disponib<strong>il</strong>ità è una “conseguenza”, discende da<br />

convinzioni e scelte che sono antecedenti, e appartengono ad una sfera etica tutta religiosa,<br />

cristiana.<br />

È interessante a questo riguardo – e su questo chiudo <strong>il</strong> mio intervento – applicare<br />

una rif<strong>le</strong>ssione di questo genere anche al caso dell’unico sacerdote che compare in un classico<br />

della <strong>le</strong>tteratura resistenzia<strong>le</strong>, quel<strong>le</strong> Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana<br />

scritte da centododici «partigiani e patrioti» che, catturati dai tedeschi e prossimi ad essere<br />

giustiziati, lasciano ai posteri una serie di scritti nei quali cercano di restituire <strong>il</strong> senso<br />

del proprio impegno. Ora, dagli scritti traspare a più riprese come questi martiri siano<br />

«portatori coscienti di una ideologia», quella dell’antifascismo e della resistenza. Don Aldo<br />

128 Don Menguzzo è stato insignito della medaglia d’oro al valor <strong>civi<strong>le</strong></strong> nel novembre del 1999: «Durante<br />

l’ultimo conflitto mondia<strong>le</strong>, si prodigava in aiuto di chiunque avesse bisogno, offrendo a tutti assistenza<br />

e ricovero e, qua<strong>le</strong> generoso sacerdote, consapevo<strong>le</strong> del suo ruolo pastora<strong>le</strong>, tentava di conc<strong>il</strong>iare <strong>le</strong> opposte<br />

fazioni per preservare la <strong>popolazione</strong> dai pericoli degli scontri armati. Fede<strong>le</strong> fino all’ultimo alla sua missione,<br />

subì la rappresaglia degli occupanti che lo passarono per <strong>le</strong> armi dopo averlo costretto ad assistere allo<br />

sterminio dei fam<strong>il</strong>iari. Sp<strong>le</strong>ndido esempio di umana solidarietà e alto spirito di abnegazione spinti sino<br />

all’estremo sacrificio».<br />

47


Mei (di Lucca) scrive alcune brevi <strong>le</strong>ttere, sul retro di alcune buste di carta, poco prima di<br />

essere fuc<strong>il</strong>ato dal<strong>le</strong> truppe tedesche nei pressi del<strong>le</strong> Mura della città di Lucca, <strong>il</strong> 4 agosto<br />

1944, nel<strong>le</strong> quali cerca di restituire <strong>il</strong> senso del proprio impegno, di «dare ordine al proprio<br />

destino e al proprio animo»:<br />

Viva Cristo, re di Giustizia e di carità e di Pace! […]<br />

Babbo e mamma,<br />

state tranqu<strong>il</strong>li – sono sereno in quest’ora so<strong>le</strong>nne. In coscienza non ho commesso<br />

delitti. Solamente ho amato come mi è stato possibi<strong>le</strong>. Condanna a morte – 1°<br />

per aver protetto e nascosto un giovane di cui vo<strong>le</strong>vo salvare l’anima. 2° per aver amministrato<br />

i sacramenti ai partigiani, e cioè per aver fatto <strong>il</strong> prete. Il terzo motivo non è<br />

nobi<strong>le</strong> come i precedenti – aver nascosto la radio.<br />

Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio io che non ho voluto vivere che<br />

per l’amore! […]<br />

Anche in questo momento sono passati ad insultarmi – «Dimitte <strong>il</strong>lis – nesciunt<br />

quid faciunt signore che venga <strong>il</strong> Vostro regno! Mi si tratta come un traditore – assassino.<br />

Non mi pare di aver voluto ma<strong>le</strong> a nessuno – ripeto a nessuno – mai – che se per<br />

caso avessi fatto a qualcuno qualche cosa di ma<strong>le</strong> – io qui dalla mia prigione – in ginocchio<br />

davanti al Signore – ne domando um<strong>il</strong>mente perdono. […]<br />

Muoio anzitutto per un motivo di carità – per aver protetto e nascosto un carissimo<br />

giovane.<br />

Raccomando a tutti la carità. Regina di tutte <strong>le</strong> virtù. Amate Dio in Gesù Cristo,<br />

amatevi come fratelli. Muoio vittima dell’odio che tiranneggia e rovina <strong>il</strong> mondo –<br />

muoio perché trionfi la carità cristiana. [… ] 129<br />

Come si vede, don Mei riconduce <strong>il</strong> senso del proprio martirio ad un sacrificio<br />

dell’amore e della carità, ad una concreta sequela dell’esempio di Gesù (imitatio Christi). Se<br />

guardiamo alla cornice semantica entro la qua<strong>le</strong> lo stesso don Aldo Mei inserisce la propria<br />

vicenda, incontriamo un universo valoria<strong>le</strong> esclusivamente religioso. L’esempio della<br />

Croce e <strong>il</strong> tema dell’amore e della carità sono i due poli intorno ai quali don Mei intende<br />

spiegare quel<strong>le</strong> azioni – l’assistenza ad un cittadino di religione ebraica, l’aver ospitato entro<br />

la propria canonica la radio del gruppo di partigiani attivo sullo montagne che circondano<br />

Fiano, <strong>il</strong> paese ove ha esercitato <strong>il</strong> suo ministero, e l’aver impartito ad alcuni di essi i<br />

sacramenti che gli erano stati richiesti – che si qualificano agli occhi dei tedeschi (ma anche<br />

dei fascisti) come del<strong>le</strong> “colpe”, del<strong>le</strong> trasgressioni rispetto all’ordine e alla <strong>le</strong>gge del regime<br />

di occupazione, e che come tali meritano di essere punite. Non a caso <strong>il</strong> sacerdote viene<br />

fuc<strong>il</strong>ato dopo aver subito una sorta di processo innanzi al tribuna<strong>le</strong> m<strong>il</strong>itare istituito dal<br />

Comando tedesco della città.<br />

È un altro esempio, l’ultimo che per adesso posso presentare in questa discussione,<br />

che conferma quanto affermato in relazione al<strong>le</strong> figure della diocesi di <strong>Pisa</strong> con <strong>le</strong> quali ho<br />

cercato di misurarmi.<br />

129 Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. 8 settembre 1943 – 25 apri<strong>le</strong> 1945, a cura di Piero<br />

Malvezzi e Giovanni Pirelli, Einaudi, Torino 2003 (1952), pp. 199-202.<br />

48


L’ARCHIVIO DIOCESANO E GLI ARCHIVI PARROCCHIALI<br />

PER LA RICERCA STORICA<br />

Antonio Cecconi (Arcidiocesi di <strong>Pisa</strong>)<br />

In principio era l’Archivio arcivescovi<strong>le</strong>, oggi si preferisce <strong>il</strong> termine diocesano per<br />

identificare una realtà che si è accresciuta e modificata nel tempo.<br />

Quando nel 1996, dopo la morte di don Enzo Virg<strong>il</strong>i, l’arcivescovo A<strong>le</strong>ssandro Plotti<br />

fece iniziare l’inventario dei fondi archivistici conservati nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong>, già si<br />

pensava ad un trasferimento in una sede più idonea che permettesse di continuare e potenziare<br />

l’opera di raccolta dei fondi archivistici ecc<strong>le</strong>siastici a rischio di dispersione, presenti<br />

nella nostra diocesi. Nessuno poteva prevedere che in meno di dieci anni tutto ciò si<br />

sarebbe avverato. Ma procediamo con ordine.<br />

Nel 1996 <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> conservato nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong> era articolato in una<br />

parte membranacea, cioè costituita da pergamene, e una parte cartacea; ad esse, negli ultimi<br />

anni, si sono aggiunti ulteriori fondi di altri enti ecc<strong>le</strong>siastici, facendo sì che l’archivio<br />

assumesse la connotazione di un archivio diocesano. Attualmente esso contiene anche i<br />

fondi del Capitolo della Cattedra<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong>, <strong>il</strong> Fondo Diplomatico capitolare, <strong>il</strong> Fondo dei<br />

Battezzieri di <strong>Pisa</strong> e alcuni archivi parrocchiali.<br />

Per dare un’idea di quello che si può trovare in un archivio ecc<strong>le</strong>siastico di questo<br />

tipo, <strong>il</strong>lustrerò brevemente alcuni dei fondi, delineando la storia di alcuni degli enti ecc<strong>le</strong>siastici<br />

che li hanno prodotti e conservati fino ai nostri giorni.<br />

Per quanto riguarda l’Archivio Arcivescovi<strong>le</strong>, la parte membranacea, <strong>il</strong> cosiddetto<br />

fondo diplomatico, è divisa nei fondi Arcivescovi<strong>le</strong>, San Matteo, che raccoglie <strong>le</strong> pergamene<br />

appartenenti all’omonimo monastero femmini<strong>le</strong> benedettino, e Luoghi vari, che è costituito<br />

preva<strong>le</strong>ntemente da pergamene provenienti dal convento di San Nicola di <strong>Pisa</strong>. Esso consta<br />

di circa 5.000 pergamene, a partire dall’VIII secolo fino alla fine del XV secolo. In questo<br />

fondo è conservata la pergamena più antica d’Italia, che risa<strong>le</strong> al 720.<br />

<strong>La</strong> parte cartacea, anch’essa di consistenza piuttosto ri<strong>le</strong>vante, è costituita da circa<br />

9.000 pezzi, datab<strong>il</strong>i dal XIII fino alla prima metà circa del XX secolo. Essa è costituita da<br />

un nuc<strong>le</strong>o fondamenta<strong>le</strong> di documentazione prodotta dagli uffici della Mensa e della Curia<br />

Arcivescovi<strong>le</strong> e da altre <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche, come l’Università dei Cappellani del Duomo,<br />

<strong>il</strong> Convento e <strong>il</strong> Seminario di Santa Caterina, l’Azione Cattolica Diocesana, l’Opera Cardinal Pietro<br />

Maffi, l’Opera della Casa del<strong>le</strong> Povere Orfane di Padre Agostino da Montefeltro ed alcuni archivi<br />

parrocchiali.<br />

Facciamo alcuni esempi per stimolare la curiosità: nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong> si<br />

conservano <strong>le</strong> Visite Pastorali compiute nei vari secoli dagli arcivescovi pisani, la più antica<br />

del<strong>le</strong> quali risa<strong>le</strong> al 1462. Quali notizie può ricavare uno storico da questo tipo di fonte?<br />

Le relazioni del<strong>le</strong> Visite Pastorali registrano gli aspetti formali del<strong>le</strong> chiese: a quali santi<br />

sono intitolati gli altari, con quali tavo<strong>le</strong> e icone sono ornati, quali e quante indulgenze sono<br />

ad essi col<strong>le</strong>gate, l’e<strong>le</strong>nco del<strong>le</strong> reliquie e in alcuni casi del<strong>le</strong> suppel<strong>le</strong>tt<strong>il</strong>i, la presenza di<br />

confraternite, i resoconti del<strong>le</strong> feste e del<strong>le</strong> processioni, dei pel<strong>le</strong>grinaggi e degli scoprimenti<br />

del<strong>le</strong> immagini sacre, che un tempo erano coperte per devozione.<br />

49


Inoltre la descrizione degli edifici di culto in occasione del<strong>le</strong> visite compiute dagli<br />

arcivescovi si rivela prezioso per ricostruire la loro storia, dalla loro edificazione agli interventi<br />

di restauro e ampliamento compiuti nei secoli.<br />

Un altro esempio: la Mensa arcivescovi<strong>le</strong> era l’ente ecc<strong>le</strong>siastico addetto<br />

all’amministrazio-ne e alla gestione del<strong>le</strong> proprietà immob<strong>il</strong>iari dell’arcivescovado pisano.<br />

I documenti più antichi dell’ente conservati sono i contratti, che iniziano dal 1204, e i registri<br />

di livellari, dal 1308 al 1495 per l’epoca medieva<strong>le</strong>, dal 1516 per l’epoca moderna. Di<br />

datazione posteriore, ma presenti fin dall’epoca medieva<strong>le</strong>, sono <strong>le</strong> serie di Entrate e Uscite,<br />

a cominciare dal 1407, di Debitori e Creditori dal 1462 e dei Giornali dal 1481. Tra questi<br />

documenti si conservano preziose testimonianze su vaste zone del nostro territorio, che<br />

costituivano <strong>le</strong> tenute arcivescov<strong>il</strong>i: ad esempio alcune riguardano la chiesa di San Piero a<br />

Grado e <strong>le</strong> sue adiacenze, che con fasi alterne sono rimaste sotto <strong>il</strong> controllo arcivescovi<strong>le</strong><br />

fino al 1977.<br />

I fondi archivistici conservati nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong> sono essi stessi testimonianza<br />

storica degli enti ecc<strong>le</strong>siastici che li hanno prodotti: oltre alla Curia ricordiamo <strong>il</strong><br />

Seminario arcivescovi<strong>le</strong>, fondato nel 1552 e trasferito nel 1784 nel soppresso convento di<br />

Santa Caterina, e, tra i meno noti ai non addetti ai lavori, la Venerabi<strong>le</strong> Università dei<br />

Cappellani 130 .<br />

Quanto detto è allo scopo di dare almeno un’idea della comp<strong>le</strong>ssità del patrimonio<br />

archivistico conservato dalla Chiesa pisana nei secoli e che oggi, attraverso una serie di interventi<br />

mirati, è a disposizione degli studiosi, dei cultori della materia, ma anche degli<br />

studenti e degli insegnanti.<br />

Inizialmente la Curia di <strong>Pisa</strong>, in collaborazione con l’Ufficio Beni Culturali diocesano,<br />

ha concentrato la sua attenzione sull’inventariazione informatizzata dei fondi conservati<br />

nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong> avva<strong>le</strong>ndosi della collaborazione di archivisti qualificati.<br />

L’intervento di inventariazione iniziato nel 1996, con l’ut<strong>il</strong>izzo del software Arianna<br />

131 , ha comportato l’attività di censimento, riordino e descrizione su base informatica<br />

dei fondi conservati nell’Archivio arcivescovi<strong>le</strong>. Il software Arianna fu sperimentato<br />

sull’Archivio arcivescovi<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong>, ma suscitò ben presto l’interesse di altri archivi ecc<strong>le</strong>siastici<br />

e <strong>istituzioni</strong> culturali: oggi nella versione CEIAr 1.0 è distribuito agli archivi diocesani<br />

dalla Conferenza Episcopa<strong>le</strong> Italiana.<br />

In quattro anni fu realizzato <strong>il</strong> censimento integra<strong>le</strong> di tutti i documenti, quasi<br />

quindicim<strong>il</strong>a, di cui 5.770 pergamene. Furono dotate di uno strumento di ricerca ben 2.346<br />

pergamene, che fino a quel momento risultavano inaccessib<strong>il</strong>i, perché prive di una descrizione<br />

anche minima; contemporaneamente ne fu effettuato <strong>il</strong> riordino. In occasione del<br />

trasferimento del<strong>le</strong> pergamene nella nuova sede si è provveduto, oltre alla spolveratura<br />

130 Attestati sicuramente dal XIII secolo, i cappellani facevano, a somiglianza dei canonici, vita in<br />

comune. L’istituzione dei cappellani nella Primazia<strong>le</strong> pisana si deve al sorgere di varie cappel<strong>le</strong> ed altari del<br />

Duomo, cui era annesso un beneficio. A partire dal XV secolo essi ricevettero molte donazioni, tra <strong>le</strong> quali i<br />

ricchi possedimenti del monastero femmini<strong>le</strong> di Santo Stefano oltr’Ozeri, del convento di Santa Croce in Fossabanda<br />

ed <strong>il</strong> beneficio di San Piero a Grado.<br />

131 L’ut<strong>il</strong>izzo di Arianna come strumento di inventariazione è stato presentato a <strong>Pisa</strong> <strong>il</strong> 12 dicembre<br />

1997, nel corso di una Giornata di studio, organizzata dalla Scuola Norma<strong>le</strong> Superiore in collaborazione con<br />

la Conferenze Episcopa<strong>le</strong> Italiana e l’Arcidiocesi di <strong>Pisa</strong>, dal titolo Un progetto per la gestione informatica di archivi<br />

ecc<strong>le</strong>siastici. In seguito, nei giorni 30-31 maggio 2000, è stato organizzato un convegno dal titolo Arianna:<br />

un software per archivisti.<br />

50


dei pezzi, alla progettazione e alla realizzazione dei contenitori speciali per <strong>il</strong> ricondizionamento<br />

dei Fondi Diplomatici 132 .<br />

Al termine fu realizzata una guida, contenente <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o storico-istituziona<strong>le</strong> degli<br />

enti e della documentazione da essi prodotta, per rendere accessibi<strong>le</strong> <strong>il</strong> patrimonio archivistico<br />

anche agli utenti meno esperti. Tutta l’attività è stata svolta dalla cooperativa Hyperborea,<br />

che continua a svolgere la sua opera presso l’Archivio diocesano.<br />

Il 9 novembre 2001 fu inaugurata la nuova sede dell’archivio nei locali della ex limonaia<br />

del Palazzo arcivescovi<strong>le</strong>, una sede comp<strong>le</strong>tamente rinnovata e adattata al<strong>le</strong> nuove<br />

esigenze grazie all’intervento di restauro finanziato dall’Opera della Primazia<strong>le</strong> <strong>Pisa</strong>na. Lo<br />

spazio adibito a depositi, grazie all’uso di scaffalature compatte, ha uno sv<strong>il</strong>uppo di duem<strong>il</strong>a<br />

metri lineari, mentre per la sala di consultazione è prevista la presenza di diciotto utenti<br />

contemporaneamente.<br />

In seguito si è provveduto all’inventariazione e all’indicizzazione informatizzata del<br />

Fondo cartaceo e del Fondo diplomatico del Capitolo della Cattedra<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong> seguita dal<strong>le</strong><br />

operazioni di spolveratura, trasferimento e ricollocazione ordinata dei fondi nell’attua<strong>le</strong><br />

sede dell’Archivio diocesano: un’acquisizione importante, pensata per rendere più faci<strong>le</strong> la<br />

consultazione di materia<strong>le</strong> archivistico prodotto da una del<strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> ecc<strong>le</strong>siastiche più<br />

antiche della Chiesa pisana 133 .<br />

Nel corso del tempo, soprattutto a partire dal XVII secolo, l’Archivio arcivescovi<strong>le</strong><br />

ha assunto <strong>il</strong> ruolo di archivio di concentrazione, riunendo la documentazione proveniente<br />

da numerosi enti ecc<strong>le</strong>siastici della diocesi.<br />

<strong>La</strong> documentazione è stata concentrata a seguito di versamenti spontanei da parte<br />

degli enti stessi o di provvedimenti a carattere occasiona<strong>le</strong> da parte dell’autorità ecc<strong>le</strong>siastica,<br />

<strong>le</strong>gati soprattutto a difficoltà di gestione o di corretta conservazione del materia<strong>le</strong>.<br />

Negli ultimi tempi, invece, i trasferimenti rispondono ad una volontà esplicita e vengono<br />

realizzati secondo una prassi che diviene sempre più regolare.<br />

In questo contesto si è provveduto al trasferimento nella sede dell’Archivio diocesano<br />

del fondo dei Battezzieri, e si sta procedendo all’inventariazione.<br />

L’interesse è oggi rivolto agli archivi parrocchiali, soprattutto quelli del<strong>le</strong> parrocchie<br />

prive di parroco e quindi a maggior rischio di dispersione.<br />

Non è la prima volta che la Chiesa pisana rivolge la sua attenzione agli archivi parrocchiali:<br />

nell’anno accademico 1994-95 l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di <strong>Pisa</strong> organizzò<br />

<strong>il</strong> Corso di “Archivistica ecc<strong>le</strong>siastica per <strong>il</strong> riordino e l’inventariazione degli archivi<br />

parrocchiali”, organizzato e tenuto dalla prof.ssa Maria Luisa Ceccarelli Lemut e dal<br />

prof. Stefano Sodi, coadiuvati dalla dott.ssa S<strong>il</strong>via Nannipieri Baldassari.<br />

132 L’attività di inventariazione svolta sui fondi diplomatici è stata presentata <strong>il</strong> 25 giugno 2003 in<br />

occasione della conferenza dal titolo Anime di Pergamena. I fondi diplomatici della Chiesa <strong>Pisa</strong>na come polo sperimenta<strong>le</strong><br />

di nuove metodiche.<br />

133 L’istituto canonica<strong>le</strong> trae la propria origine da comunità di chierici che sorsero per iniziativa episcopa<strong>le</strong><br />

a partire dal IV secolo. Il termine canonico ha la duplice va<strong>le</strong>nza di chierico incardinato in una chiesa<br />

loca<strong>le</strong>, distinto quindi dai chierici vagantes o addetti a chiese private, e di soggetto ad una regola (canon) di<br />

vita comune. Canonici erano detti pertanto coloro che professavano questa vita in comune e capitulum si denominò<br />

la loro quotidiana riunione. Della presenza nella vita della Chiesa pisana del capitolo canonica<strong>le</strong> della<br />

chiesa vescovi<strong>le</strong> possiamo cogliere <strong>le</strong> più antiche notizie in età longobarda, allorché comincia la documentazione<br />

scritta. Dal capitolo provennero gli arcivescovi Uberto, Ubaldo, Lotario, Vita<strong>le</strong>, Federico Visconti,<br />

Giovanni Scarlatti, Francesco Moricotti, Lotto Gambacorta, Angiolo Franceschi. Anche i pontefici Eugenio III<br />

e A<strong>le</strong>ssandro III fecero parte della canonica pisana.<br />

51


In quella occasione fu preparata una scheda per l’inventariazione dei fondi parrocchiali,<br />

furono formati degli schedatori volontari che potessero procedere al ri<strong>le</strong>vamento sul<br />

territorio della diocesi di <strong>Pisa</strong> e al riordino dei documenti conservati nel<strong>le</strong> parrocchie.<br />

Oggi, visti i positivi risultati conseguiti con <strong>il</strong> riordino dei fondi confluiti<br />

nell’Archivio diocesano e considerata la possib<strong>il</strong>ità di conservare <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> archivistico<br />

in una sede che risponde in pieno al<strong>le</strong> esigenze di lunga conservazione e di adeguata fruizione,<br />

l’Arcidiocesi di <strong>Pisa</strong> intende estendere la propria azione ai fondi archivistici di tutte<br />

<strong>le</strong> parrocchie del territorio diocesano.<br />

Scopo genera<strong>le</strong> del progetto è quello di conseguire, dopo un’operazione preliminare<br />

e genera<strong>le</strong> di censimento, l’inventariazione di tutti i fondi parrocchiali della diocesi e di<br />

procedere materialmente alla riunificazione di parte di essi nell’attua<strong>le</strong> sede dell’Archivio<br />

diocesano, a partire dai fondi parrocchiali del<strong>le</strong> parrocchie non più presidiate e da quel<strong>le</strong><br />

accorpate e quindi assegnate ad un unico parroco che spesso non riesce a provvedere anche<br />

alla conservazione, tutela e apertura al pubblico degli archivi del<strong>le</strong> parrocchie di cui è<br />

titolare.<br />

Lo stato di ordinamento e conservazione dei fondi conservati presso <strong>le</strong> rispettive<br />

parrocchie è vario ed è fortemente dipendente dalla cura che i diversi parroci, titolari del<br />

beneficio parrocchia<strong>le</strong>, hanno riservato, nel corso dei secoli, al<strong>le</strong> loro carte. Il tempo e la<br />

maggiore o minore adeguatezza dei luoghi di conservazione, spesso armadi lignei collocati<br />

in una stanza della casa canonica, hanno favorito <strong>il</strong> crearsi di condizioni di conservazione<br />

molto diverse fra una realtà ed un’altra.<br />

Quello che interessa sottolineare è che, nella maggior parte dei casi, in seguito ad<br />

una concomitanza di fattori diversi, attualmente i fondi parrocchiali non sono di fatto fac<strong>il</strong>mente<br />

accessib<strong>il</strong>i all’utenza esterna.<br />

Attualmente la diocesi di <strong>Pisa</strong> conta 165 parrocchie, mentre <strong>il</strong> numero di fondi archivistici<br />

parrocchiali aventi carattere storico, dovrebbe, almeno teoricamente, ammontare<br />

a 152.<br />

Nella maggior parte dei casi questi fondi sono privi di strumenti di consultazione.<br />

Solo 21 fondi sono dotati di una descrizione: 8 fondi, ancora depositati presso <strong>le</strong> relative<br />

parrocchie, sono provvisti di strumenti di corredo di diverso livello di approfondimento,<br />

che va dal semplice e<strong>le</strong>nco di consistenza all’inventario analitico; 13 fondi parrocchiali<br />

dell’area vers<strong>il</strong>iese sono stati inventariati recentemente per iniziativa della Provincia di<br />

Lucca ed i relativi strumenti di corredo sono stati pubblicati nel 2000.<br />

Ancora più incerta è la stima del numero medio di unità archivistiche facenti parte<br />

di ciascun fondo parrocchia<strong>le</strong>. Per poter effettuare un calcolo <strong>il</strong> più vicino possibi<strong>le</strong> ai dati<br />

reali, si ritiene opportuno suddividere i 131 fondi stimati in due grandi gruppi, cioè fondi<br />

da considerarsi “grandi” e fondi ritenuti “piccoli”. Per motivi storici, è senz’altro possibi<strong>le</strong><br />

assumere che siano grandi almeno i fondi del<strong>le</strong> Pievi e quelli del<strong>le</strong> Propositure.<br />

Lo studio dei fondi già inventariati suggerisce che <strong>il</strong> numero del<strong>le</strong> unità archivistiche<br />

componenti un fondo parrocchia<strong>le</strong> grande possa essere stimato in 400, mentre quello<br />

del<strong>le</strong> unità archivistiche componenti un fondo parrocchia<strong>le</strong> piccolo possa essere stimato in<br />

150. Per la stima dei costi del progetto si è fatto pertanto riferimento al<strong>le</strong> seguenti quantità:<br />

fondi parrocchiali piccoli n. 87, per un tota<strong>le</strong> di unità archivistiche n.13.050, fondi parrocchiali<br />

grandi n. 44, per un tota<strong>le</strong> di unità archivistiche n.17.600.<br />

<strong>La</strong> prima fase del progetto prevede un Censimento preliminare che avrà come risultato<br />

la realizzazione di una mappa topografica dei fondi parrocchiali e l’elaborazione di un<br />

52


insieme di schede descrittive, una per ogni singola realtà archivistica, comp<strong>il</strong>ate con apposito<br />

strumento informatico comprendenti tutte <strong>le</strong> informazioni necessarie a:<br />

individuare <strong>le</strong> priorità e pianificare opportunamente i successivi interventi di riordino<br />

ed inventariazione;<br />

quantificare ed impostare eventuali interventi di natura conservativo-gestiona<strong>le</strong><br />

(acquisto scaffalature e contenitori, pulizia e restauro, trasferimento della documentazione<br />

etc…);<br />

offrire fin da subito agli utenti <strong>il</strong> quadro relativo al<strong>le</strong> possib<strong>il</strong>ità di ut<strong>il</strong>izzo della<br />

documentazione (accesso, consultab<strong>il</strong>ità, strumenti di corredo, possib<strong>il</strong>ità di fotoriproduzione<br />

etc…).<br />

Ognuna del<strong>le</strong> suddette schede sarà redatta secondo <strong>il</strong> modello di una scheda-tipo<br />

avente carattere genera<strong>le</strong>, in modo da poter essere ut<strong>il</strong>izzata per tutti i fondi parrocchiali;<br />

ta<strong>le</strong> modello sarà preventivamente sottoposto all’approvazione della Soprintendenza Archivistica<br />

regiona<strong>le</strong>.<br />

Per realizzare questo progetto l’Arcidiocesi si avva<strong>le</strong>, in questa prima fase di censimento,<br />

del contributo finanziario di alcuni enti: la C.E.I., la Provincia di <strong>Pisa</strong>, l’Opera della<br />

Primazia<strong>le</strong> <strong>Pisa</strong>na, e speriamo anche la Regione Toscana, che per <strong>il</strong> momento ha espresso <strong>il</strong><br />

suo apprezzamento per questo progetto di inventariazione e di raccolta dei fondi archivistici<br />

ecc<strong>le</strong>siastici presenti nel nostro territorio.<br />

A conclusione di questo intervento è opportuno <strong>il</strong>lustrare i servizi che vengono offerti<br />

agli utenti e presentare l’attività didattica che da alcuni anni si svolge all’interno<br />

dell’Archivio diocesano. Nel 2004 è stata registrata una media di 9 visitatori al giorno nei 3<br />

giorni settimanali in cui è previsto <strong>il</strong> servizio di consu<strong>le</strong>nza scientifica, e di 5 visitatori nel<br />

rimanente giorno. Il numero di nuovi utenti registrati dall’inizio del 2004 è 77.<br />

L’orario di apertura è <strong>il</strong> seguente: dal martedì al venerdì, dal<strong>le</strong> ore 9.30 al<strong>le</strong> 12.30; <strong>il</strong><br />

supporto in sala è previsto nei giorni di martedì, merco<strong>le</strong>dì e venerdì. Il responsabi<strong>le</strong><br />

dell’Archivio diocesano è don Riccardo Nieri, mentre <strong>il</strong> supporto scientifico in sala studio<br />

è affidato alla dott.ssa Elisa Carrara della cooperativa Hyperborea 134 .<br />

I progetti didattici, svolti negli ultimi tre anni, hanno avuto l’obiettivo di avvicinare<br />

gli studenti del<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong>, di ogni ordine e grado di <strong>Pisa</strong> e della provincia, al<strong>le</strong> fonti documentarie.<br />

Consistono in una visita guidata ed in un laboratorio didattico: la visita prepara allo<br />

svolgimento del laboratorio, permette agli studenti di fam<strong>il</strong>iarizzare con l’archivio e la sala<br />

studio, con <strong>il</strong> concetto di documento e di fonte storica. Il laboratorio didattico, invece, ha lo<br />

scopo di avvicinare gli studenti all’ut<strong>il</strong>izzo del<strong>le</strong> fonti per la ricerca storica.<br />

Nell’anno scolastico 2003/2004, dieci classi hanno effettuato l’intero percorso didattico,<br />

costituito da visita e laboratorio, mentre 6 classi hanno effettuato la sola visita guidata.<br />

134 Principali strumenti di consultazione presenti in sala studio: L. CARRATORI, Guida all’Archivio Arcivescovi<strong>le</strong><br />

di <strong>Pisa</strong> (edizione a stampa); Guida ai fondi dell’Archivio Diocesano, a cura di Hyperborea s.c.r.l. (in<br />

formato e<strong>le</strong>ttronico e cartaceo); Inventario dei fondi dell’Archivio Diocesano, a cura di Hyperborea s.c.r.l. (in<br />

formato e<strong>le</strong>ttronico e cartaceo); Censimento dei Fondi Diplomatici dell’Archivio Diocesano, a cura di Hyperborea<br />

s.c.r.l. (in formato e<strong>le</strong>ttronico e cartaceo); Archivio Arcivescovi<strong>le</strong>. Inventario dei Fondi Diplomatici, a cura di A.<br />

FUGGI - S. FERRONI - A. FUGGI, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera 2002.<br />

53


Le classi coinvolte provengono da scuo<strong>le</strong> medie inferiori e superiori, non solo di <strong>Pisa</strong><br />

ma anche della provincia, per un tota<strong>le</strong> di 217 alunni del<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> medie inferiori e 63<br />

alunni dei licei.<br />

Hanno effettuato la visita guidata in archivio anche gli studenti del corso di archivistica<br />

dell’Università di <strong>Pisa</strong> tenuto dalla prof.ssa Luigina Carratori.<br />

L’Archivio diocesano aderisce alla Rete archivistica provincia<strong>le</strong> a partire dall’anno<br />

2001. <strong>La</strong> Rete finanzia una parte del<strong>le</strong> attività didattiche che si svolgono in archivio allo<br />

scopo di favorire ulteriormente l’ampliamento del numero dei fruitori.<br />

Per quest’anno si prevede un percorso didattico sulla chiesa di San Iacopo di Zambra:<br />

attraverso <strong>le</strong> fonti, principalmente archivistiche, si procederà alla ricostruzione della<br />

storia dell’edificio, dalla fondazione ai diversi interventi di restauro, ampliamento e modifica<br />

della struttura.<br />

Obiettivo del percorso didattico è quello di apprendere <strong>il</strong> metodo seguito dallo studioso<br />

che compie ricerche storiche, far comprendere la comp<strong>le</strong>ssità della ricerca storica che<br />

si avva<strong>le</strong> di numerose fonti, che vengono contestualizzate nel corso della ricerca per valutarne<br />

l’attendib<strong>il</strong>ità.<br />

Le attività didattiche si svolgono in primavera; per gli insegnanti interessati è possibi<strong>le</strong><br />

prenotare una visita all’Archivio diocesano prendendo contatti con la dott.ssa Elisa<br />

Carrara nei giorni di martedì, merco<strong>le</strong>dì e venerdì dal<strong>le</strong> 9.30 al<strong>le</strong> 12.30 al numero<br />

050/565542.<br />

Con la collaborazione degli insegnanti è anche possibi<strong>le</strong> programmare per <strong>il</strong> prossimo<br />

anno scolastico laboratori didattici specifici su un tema concordato.<br />

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APPENDICE BIBLIOGRAFICA<br />

A don Pietro Cascioni nel Quarantesimo anno del suo Apostolato sacerdota<strong>le</strong> nella Pievania<br />

di Buti, Scuola Tipografica “B. Giordano”, <strong>Pisa</strong> 1954.<br />

S. AGOSTINI, Il diario di un parroco della Valdiserchio. Don Marcello Fascetti (1942-1950),<br />

tesi di laurea, Università degli studi di <strong>Pisa</strong>, Facoltà di Lettere e F<strong>il</strong>osofia, anno accademico<br />

2000-2001, relatore prof. Paolo Pezzino.<br />

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UN PRETE: LA RELIGIONE, LE GUERRE, LA POLITICA<br />

Daniela Bernardini e Luigi Puccini<br />

(Istituto Tecnico Industria<strong>le</strong> Stata<strong>le</strong> “Marconi” di Pontedera)<br />

L’incontro con un prete<br />

L’abbiamo immaginato e abbiamo sceneggiato una parte della sua vita. L’abbiamo<br />

fatto rivivere nella sua Buti, un borgo della provincia di <strong>Pisa</strong>, dove ha vissuto quasi tutta la<br />

sua esistenza. Per pudore e rispetto verso un prete che si è votato al servizio degli altri, gli<br />

abbiamo fatto raccontare una storia tragica, terribi<strong>le</strong> e drammatica senza che se ne vedesse<br />

mai <strong>il</strong> volto 135 .<br />

Ma niente è stato inventato, niente è frutto della pura fantasia degli studenti con i<br />

quali abbiamo affrontato una ricerca sull’eccidio nazista perpetrato <strong>il</strong> 23 luglio 1944 in località<br />

Piavola, la parte più alta di una collina che divide Buti dai paesi della lucchesia. Ricerca<br />

che non poteva non muovere dai testimoni della strage e dalla memoria degli abitanti<br />

che ancora conservano e custodiscono gelosamente i fatti, anche quelli narrati successivamente.<br />

Di intervista in intervista alcuni nomi si ripetevano, talvolta inseriti in un contesto<br />

ben preciso, più spesso buttati là nel bel mezzo di un racconto. Mai a caso.<br />

È stato faci<strong>le</strong> per gli studenti comprendere perché <strong>il</strong> nome dello scampato all’eccidio<br />

o <strong>il</strong> soprannome dell’unico partigiano vivente che faceva parte della banda di Carlino tornassero<br />

costantemente nel<strong>le</strong> narrazioni degli intervistati. Meno faci<strong>le</strong> comprendere la presenza<br />

ricorrente del nome di un prete: Pietro Cascioni Poli. Un cognome doppio, nob<strong>il</strong>iare,<br />

che in realtà nasconde una ben diversa storia di vita fatta di abbandono precoce e di adozione.<br />

I sacerdoti, nei momenti gravi che vivono <strong>le</strong> comunità, specialmente se picco<strong>le</strong> e<br />

chiuse in una vallata, assumono un ruolo centra<strong>le</strong> e di sicuro riferimento per la <strong>popolazione</strong><br />

e rappresentano <strong>il</strong> tramite con la speranza. E <strong>il</strong> bisogno di speranza durante la guerra è<br />

veramente grande in quanto <strong>le</strong> uniche certezze sono riposte nell’aiuto divino, dal momento<br />

che dell’uomo si ha presente preva<strong>le</strong>ntemente la sofferenza scatenata dalla malvagità.<br />

Solo dopo aver studiato e compreso a fondo <strong>il</strong> contesto storico e socia<strong>le</strong> dal 1922 al<br />

1948, gli studenti sono riusciti a cogliere la storia di quel prete di campagna apparso per<br />

caso nella loro vita, che ha vissuto due guerre mondiali, sfidato <strong>il</strong> regime e che è riuscito<br />

ad essere giudicato positivamente da amici politici, da avversari laici e da inf<strong>le</strong>ssib<strong>il</strong>i comunisti.<br />

Sacerdote ricco di spiritualità e di umorismo, scaltro, dotato di spiccato senso<br />

dell’uguaglianza e della giustizia, povero fino alla morte: queste alcune definizioni che<br />

hanno colpito inizialmente gli studenti durante <strong>le</strong> interviste.<br />

Un uomo dalla statura piuttosto alta, un po’ curvo; camminava a passo svelto e<br />

quando <strong>le</strong>ggeva teneva sempre gli occhiali sul naso. Aveva un carattere apparentemente<br />

burbero, ma sotto quel carattere nascondeva un cuore buono e generoso. Quando<br />

faceva <strong>le</strong> prediche dal pulpito non aveva un modo di parlare molto bello poiché<br />

135 Il riferimento è al video Ma la ragione non dette risposta realizzato nel 2004 dai professori Daniela<br />

Bernardini e Luigi Puccini e da un gruppo di studenti dell’ITIS “Marconi” di Pontedera (Pi).<br />

59


parlava alzandosi sulla punta dei piedi e si muoveva con piccoli saltelli. Per la sua generosità<br />

morì poverissimo, tanto che furono alcune persone di Buti che, per potergli<br />

comprare una toga, raccolsero i soldi fra i paesani. Tutto quello che poteva raccogliere<br />

con <strong>le</strong> e<strong>le</strong>mosine lo dava ai poveri. Aveva un blocchetto con l’intestazione ‘S. Vincenzo<br />

de’ Paoli’. Ogni giorno da questo blocchetto staccava parecchie pagine con<br />

l’autorizzazione a spendere in generi alimentari picco<strong>le</strong> somme di denaro. Viveva con<br />

una cugina di nome Francesca, una donna alta con i capelli bianchi raccolti sulla testa.<br />

Le era molto affezionato anche perché aveva solo <strong>le</strong>i non avendo conosciuto mai né i<br />

genitori né altri parenti. Quando la Francesca morì rimase solo. Per parecchio tempo si<br />

occupò della canonica l’Em<strong>il</strong>ia di Niccola che da tempo aiutava un po’ la Francesca.<br />

Ma, dopo <strong>il</strong> grave incidente che ebbe, non fu più in grado di stare solo poiché non tornò<br />

più nel<strong>le</strong> piene facoltà mentali. Fu per un po’ di tempo ricoverato a Brescia in un istituto.<br />

Alcuni butesi si recarono a trovarlo, ma tornarono molto tristi perché avendo<br />

conosciuto la sua intelligenza, vederlo ridotto così fu un grande dispiacere. Quando fu<br />

in agonia i paesani lo vol<strong>le</strong>ro a Buti e mentre alcuni proposero di portarlo nei locali<br />

della Misericordia, altri lo vol<strong>le</strong>ro nella sua canonica dove don F<strong>il</strong>ippi, <strong>il</strong> parroco che<br />

gli succedette, lo accolse vo<strong>le</strong>ntieri. Morì poco dopo assistito da molte persone 136 .<br />

Che fosse intimo amico del Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi e<br />

che avesse collaborato alla nascita del Partito Popolare a Buti è emerso poco dal<strong>le</strong> testimonianze.<br />

Chi lo ricorda ha teso ad evidenziare quanto si sia adoperato per la <strong>popolazione</strong>,<br />

senza distinzione tra ricchi e poveri e senza guardare all’appartenenza politica, pur essendo<br />

tutti consapevoli della sua netta e decisa scelta ideologica che, nei momenti duri della<br />

neonata Repubblica Italiana, lo vedevano scagliarsi, durante <strong>le</strong> prediche, contro <strong>le</strong> ideologie<br />

che, a suo dire, professavano l’ateismo e ingannavano <strong>il</strong> popolo.<br />

Incuriositi da questa figura, certi di aver incontrato un prete per molti versi scomodo,<br />

singolare, addirittura misterioso, insieme con gli studenti abbiamo deciso di intraprendere<br />

la ricerca su un personaggio molto interessante e sicuramente poco studiato.<br />

<strong>La</strong> scelta degli strumenti per la ricerca<br />

Posti di fronte alla scelta degli strumenti con cui procedere nella ricerca su Piavola e<br />

su don Cascioni, gli studenti hanno proposto di ut<strong>il</strong>izzare i mezzi audiovisivi in quanto<br />

più capaci di lasciare traccia rispetto al<strong>le</strong> registrazioni audio e al<strong>le</strong> testimonianze scritte e<br />

sicuramente più idonei a riprodurre <strong>le</strong> emozioni dei testimoni scatenate dalla forza dei ricordi.<br />

Agli audiovisivi gli studenti affidavano la speranza di cogliere da uno sguardo o da<br />

un tic del corpo la tensione derivante dal flusso della memoria: un vero e proprio scavo<br />

anche psicologico che facesse rivivere, attraverso <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> e <strong>le</strong> immagini, un personaggio<br />

con <strong>le</strong> radici nell’Ottocento e la testa nel Novecento 137 .<br />

Studenti e insegnanti sono stati coinvolti nella ricerca di e<strong>le</strong>menti che, rispetto allo<br />

specifico episodio dell’eccidio di Piavola e ai protagonisti, sembravano già tutti esposti sui<br />

tavoli della storia loca<strong>le</strong>. Da qui la necessità di ut<strong>il</strong>izzare i documenti nel tentativo di andare<br />

oltre, fermando la memoria ora<strong>le</strong> attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo del<strong>le</strong> nuove tecnologie per narrare<br />

una storia apparentemente troppo distante dagli ado<strong>le</strong>scenti, talvolta assai poco consapevoli<br />

pure del loro presente.<br />

In uno dei primi documenti scoperti in archivio sono contenuti, tra l’altro, una serie<br />

di versi che, per la loro liricità, hanno colpito molto gli studenti i quali hanno avvertito, in<br />

136 Testimonianza di Luigina Parenti, anni 70, pensionata ex operaia, r<strong>il</strong>asciata a Buti agli autori <strong>il</strong><br />

20 luglio 2004.<br />

137 Pietro Cascioni Poli nasce a Riglione (Pi) <strong>il</strong> 2 gennaio 1883 e muore a Buti <strong>il</strong> 30 settembre 1961.<br />

60


queste paro<strong>le</strong>, un ulteriore stimolo ad andare avanti nello studio. Sono stampati nella preghiera<br />

distribuita durante la prima messa commemorativa ce<strong>le</strong>brata in Piavola <strong>il</strong> 5 novembre<br />

1944.<br />

Non ci sarà più bisogno di orchi o di tetre <strong>le</strong>ggende pei nostri bimbi, domani.<br />

Ad essi basterà dire semplicemente di quei giorni, di quei guerrieri dell’odio,<br />

della rapina e del sangue.<br />

Basterà ricordare la Vostra semplice storia, o amici.<br />

Ma i bimbi - cresciuti in un mondo migliore - forse, non crederanno: come ieri<br />

ed oggi, noi rimasti, non ci diamo risposta al perché di tanto scempio, di tanta crudeltà<br />

138 .<br />

Anche la mancanza di riconoscimento per l’indagine storica che spesso si svolge<br />

nella scuola superiore è stato motivo di sfida per studenti e docenti, che scarsamente vedono<br />

riconosciuto <strong>il</strong> lavoro di ricerca a vantaggio di progetti che hanno ricadute immediate<br />

sull’immagine degli istituti.<br />

Sulla strage di Piavola tutto sembrava essere stato detto e scritto ma, nonostante ciò,<br />

la tradizione ora<strong>le</strong> tramandava numerose versioni con particolari e dettagli mai codificati<br />

né scritti e che <strong>le</strong> immagini della videocamera avrebbero fatti emergere. Fino a quel momento<br />

non esistevano infatti riprese dei testimoni di cui, tra l’altro, ben pochi ancora viventi<br />

e i cui volti si andavano dissolvendo nella memoria col<strong>le</strong>ttiva della comunità. Le testimonianze<br />

orali hanno effettivamente, nella ricostruzione storica, grande va<strong>le</strong>nza evocativa<br />

e documenta<strong>le</strong> ma in particolare, attraverso la registrazione del<strong>le</strong> testimonianze, gli<br />

studenti riescono ad entrare empaticamente in contatto con la storia in quanto, da dietro la<br />

macchina da presa, ascoltano e penetrano nell’esistenza della persona che ha vissuto quei<br />

particolari eventi.<br />

Il mezzo f<strong>il</strong>mico è stato dunque scelto come strumento uti<strong>le</strong> alla ricerca didattica e<br />

fondamenta<strong>le</strong> per <strong>il</strong> lavoro dello storico, come ormai da anni si è riusciti a comprendere<br />

anche grazie ad innovative ricerche accademiche che hanno superato lo scetticismo e <strong>il</strong><br />

pregiudizio che la storia dovesse fondarsi esclusivamente sull’analisi di documenti scritti e<br />

formalizzati.<br />

Si è iniziato così, più o meno casualmente, a fare domande cioè a ricercare, iniziando<br />

<strong>il</strong> percorso del cinema di ricerca. L’emozione catturata, <strong>le</strong> incertezze e <strong>le</strong> titubanze di testimoni<br />

che già avevano raccontato tutto hanno riaperto <strong>il</strong> fascicolo sulla strage, rendendo<br />

consapevoli che mancavano non pochi tasselli alla ricostruzione storica accreditata fino a<br />

quel momento.<br />

Le interviste, ancor prima della loro sistemazione nel montaggio, sono state dei segnali<br />

che hanno sol<strong>le</strong>citato la curiosità degli studenti e degli insegnanti: dagli occhi che diventano<br />

lucidi, alla citazione di un nome, agli ammiccamenti della signora Seconda che dice<br />

e non dice, al testimone che chiede una rettifica parzia<strong>le</strong> e poi ritira la precedente e vieta<br />

l’uso della sua testimonianza. Questi messaggi che gli intervistati inviavano, più o meno<br />

consapevolmente, a chi li stava ascoltando rappresentavano <strong>il</strong> passaggio di testimone ai<br />

giovani, un testimone fatto da verità e non da pregiudizi. Raccogliendo un bana<strong>le</strong> indizio<br />

decine di ricercatori - gli studenti, ma anche gli amministratori, i paesani, i fascisti e gli antifascisti<br />

- hanno iniziato a scandagliare nel<strong>le</strong> memorie e negli archivi pubblici e privati.<br />

138 <strong>La</strong> preghiera fu scritta dal professor Nata<strong>le</strong> Bernardini (l’indicazione, scritta a lapis, è contenuta<br />

nel volantino in possesso di Noemi Baschieri, Archivio privato Alfio Baroni) e <strong>le</strong>tta in Piavola dal fratello, <strong>il</strong><br />

professor don Manrico Bernardini. Si tratta di un pieghevo<strong>le</strong> a stampa conservato e custodito gelosamente<br />

nel<strong>le</strong> case di molti butesi.<br />

61


Lo studio ha condotto alla esplorazione di piste fino a quel momento mai battute<br />

dagli storici accademici e locali che si erano occupati dell’eccidio di Piavola. <strong>La</strong> ricerca non<br />

si è, ovviamente, limitata ai ricordi dei testimoni approfondendo l’indagine in numerosi<br />

archivi e ri<strong>le</strong>ggendo, con un’ottica nuova e più attenta, i documenti precedentemente ut<strong>il</strong>izzati.<br />

<strong>La</strong> video-documentazione presenta anche vari pericoli. Uno di questi, per esemplificare,<br />

è <strong>il</strong> fatto che nel video i documenti non si vedono e la memoria può essersi appuntata<br />

su particolari e dettagli che <strong>il</strong> momento drammatico, lo scampato pericolo, <strong>le</strong> pressioni<br />

successive all’episodio hanno in qualche modo falsato. Una realtà, dunque, che deve essere<br />

attentamente valutata mediante fonti primarie, attestazioni e prove. Il montaggio diviene<br />

così non <strong>il</strong> momento della creazione evocativa e della sequenza di immagini per creare<br />

<strong>il</strong> pathos, ma l’apice della ricerca vera e propria attraverso l’analisi della congruenza e della<br />

aderenza del<strong>le</strong> testimonianze alla realtà e ai documenti. È proprio in questa fase di confronto<br />

che sono emersi i sentieri più inesplorati e interessanti. Così anche la parte di fiction<br />

inserita all’interno del documentario è diventata, in realtà, la <strong>le</strong>ttura critica dello storico, in<br />

questo caso degli studenti e degli insegnanti.<br />

Una del<strong>le</strong> tesi proposte dal video è che la Chiesa si situi come perno della vita politica<br />

e socia<strong>le</strong> della comunità di Buti svolgendo un ruolo centra<strong>le</strong> e determinante dal 1922 al<br />

1948, cercando di salvare i propri valori anche nei momenti di forte cambiamento.<br />

Così diventa, suo malgrado, attore protagonista della ricerca don Pietro Cascioni<br />

Poli, che condurrà i giovani ed inesperti ricercatori attraverso la <strong>le</strong>ttura dei documenti. È<br />

lui che, idealmente, accompagna e fa aprire <strong>le</strong> porte del<strong>le</strong> case dei testimoni garantendo<br />

sulla necessità di voltare la pagina fina<strong>le</strong> di un libro 139 che narra una dolorosa storia vissuta<br />

dalla comunità di cui egli è stato parte importante, tanto da meritare <strong>il</strong> voto unanime del<br />

Consiglio comuna<strong>le</strong> per una sepoltura gratuita come neppure i morti di Piavola riuscirono<br />

ad ottenere.<br />

Tra <strong>le</strong> due Guerre Mondiali e la Resistenza<br />

Con l’incedere del fascismo e della Seconda guerra mondia<strong>le</strong> anche a Buti <strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong><br />

mantengono <strong>il</strong> controllo del territorio in attesa dell’evolversi degli eventi. <strong>La</strong> caserma<br />

dei carabinieri rimane aperta, <strong>il</strong> Comune viene amministrato dal Podestà, <strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> continuano<br />

la loro attività. <strong>La</strong> Chiesa rimane un punto di riferimento mora<strong>le</strong> per la comunità<br />

butese <strong>il</strong> cui pievano don Cascioni 140 accoglie i bisogni e <strong>le</strong> necessità, in stretto contatto con<br />

l’attività dei rappresentanti amministrativi.<br />

139 Il riferimento è ai libri scritti, interamente, o in parte, da don Cascioni e presenti in alcune scene<br />

del video Ma la ragione non dette risposta. Si tratta di: Archivio Storico Parrocchia<strong>le</strong> di Buti (ASPB), Liber mortuorum<br />

ab anno MCMXXIX, e ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi al<strong>le</strong> Messe parrocchiali festive. Dal 4.1.1942 al<br />

25.1.1948.<br />

140 Per notizie sulla figura di don Pietro Cascioni si veda: A don Pietro Cascioni nel Quarantesimo anno<br />

del suo Apostolato sacerdota<strong>le</strong> nella Pievania di Buti, Scuola Tipografica “B. Giordano”, <strong>Pisa</strong> 1954; A. DOVERI, Un<br />

indimenticabi<strong>le</strong> amico della D.C. L’impegno <strong>civi<strong>le</strong></strong> di don Pietro Cascioni, in Quarantesimo della D.C. pisana 1944-<br />

45/1984-85, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1985, p. 35; A. DOVERI, Come nacque la D.C. Butese Settembre 1944; S. BURGALASSI, Educatori<br />

della democrazia, alcune figure del c<strong>le</strong>ro pisano da non dimenticare, in Il c<strong>le</strong>ro toscano nella Resistenza, Atti del<br />

convegno di Lucca, Firenze, <strong>La</strong> Nuova Europa, 1975, pp. 195-198, ripubblicati in IDEM (cur.), Per una storia<br />

della religiosità pisana, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1987, pp. 216-221; A. DOVERI, L’impegno <strong>civi<strong>le</strong></strong> di Don Pietro Cascioni, in «Il<br />

Campani<strong>le</strong>», periodico del<strong>le</strong> ACLI di Buti, 23 (1997), p. 11; R.P. PARENTI, Don Pietro Cascioni, in «Il Campani<strong>le</strong>»,<br />

periodico del<strong>le</strong> ACLI di Buti, 25 (1998), pp. 8-9; 26 (1998), pp. 10-11; 27 (1998), pp. 10-11; G. BOZZOLI, Ricordi<br />

del secolo prima, GraphicArts, Fornacette (Pi) 2003, pp. 164-166.<br />

62


Gli abitanti hanno <strong>il</strong> loro riferimento in questo prete, amato e rispettato anche dai<br />

non credenti, presente a Buti come pievano dal 3 maggio 1914. Accanito juventino e tifoso<br />

del campione di ciclismo Learco Guerra apre la sua canonica ai tifosi per ascoltare alla radio<br />

la cronaca in diretta del<strong>le</strong> corse, così come accoglie nel<strong>le</strong> stanze, modestamente arredate,<br />

schiere vo<strong>le</strong>nterose di combattenti per <strong>le</strong> idee democratiche, innestando<strong>le</strong> sul tronco del<br />

gruppo di Azione Cattolica. Tutti conoscono <strong>il</strong> suo impegno quando in Italia <strong>il</strong> movimento<br />

Democratico Cristiano era al<strong>le</strong> sue prime battaglie, con a capo don Romolo Murri, e <strong>il</strong> suo<br />

mettersi in disparte quando prevalsero i conservatori cattolici, fino alla nascita del Partito<br />

Popolare 141 nel qua<strong>le</strong> aveva ritrovato tutto <strong>il</strong> programma del movimento del<strong>le</strong> origini. Significativa,<br />

per cogliere la partecipazione di don Cascioni agli eventi politici, la testimonianza<br />

dello stesso Giovanni Gronchi: «Ti ricordi, caro Pietro, <strong>le</strong> nostre battaglie di allora?<br />

<strong>le</strong> fremebonde speranze di successi, non per <strong>le</strong> nostre persone che non contavano (oh, veramente<br />

non contavano, allora!…) ma per <strong>le</strong> idee nel<strong>le</strong> quali credevamo coll’ardore dei neofiti?<br />

<strong>La</strong> impazienza di cogliere i risultati della nostra predicazione, semplice, vo<strong>le</strong>nterosa,<br />

lontana da ogni mira interessata? l’aggressività (<strong>il</strong> ‘mordente’, si direbbe oggi) di tutta la<br />

nostra azione, malgrado <strong>il</strong> bestia<strong>le</strong> antic<strong>le</strong>ricalismo, oggi svanito o superato, che rendeva<br />

impopolare ogni professione di fede religiosa e perfino rischiosa ogni manifestazione? Io li<br />

ricordo come se fossero di ieri; e ti ricordo ‘bersagliere’ nell’anima anche se sacerdote<br />

nell’abito, esempio di attività fervidissima, incitatore di ogni sacrificio e di ogni ardimento»<br />

142 . «Amicissimo di Sturzo, Murri, Gronchi […] di lui non si possono dimenticare non<br />

solo <strong>le</strong> lotte furibonde che dovette subire nello stesso paese ove esercitava <strong>il</strong> suo ministero,<br />

fino al punto che lo stesso card. Maffi dovette intervenire per proteggerlo e difenderlo<br />

pubblicamente; ma - soprattutto - <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> calde ed infuocate che suo<strong>le</strong>va pronunciare dal<br />

pulpito come nel<strong>le</strong> piazze in difesa della libertà. In tal modo aveva educato intere generazioni<br />

di giovani che dopo la pausa fascista ritroveremo sui monti e nell’azione di ricostruzione<br />

politica e mora<strong>le</strong>. Ricordo, personalmente, la pena che facevano a don Cascioni i<br />

primi successi riportati dall’Asse: nel tripudio genera<strong>le</strong> dei giovani di allora egli pensava<br />

sgomento al lungo cammino di sofferenza e di sangue che la democrazia italiana avrebbe<br />

dovuto fare, per ritornare a vivere e ad affermarsi» 143 .<br />

Da sempre in paese tutti guardano a lui come a un sacerdote colto, dinamico, battagliero,<br />

provvisto di doti oratorie ed anche giornalistiche 144 . Da sempre è animato da forte<br />

spirito patriottico: partecipa alla Prima guerra mondia<strong>le</strong> con <strong>il</strong> grado di tenente dei bersaglieri,<br />

poi, nonostante la contrarietà, viene iscritto nel ruolo dei cappellani m<strong>il</strong>itari 145 . Nel<br />

Ventennio fascista è anche minacciato su un giorna<strong>le</strong> a causa del suo parlar ma<strong>le</strong> del fascismo<br />

durante <strong>le</strong> omelie in chiesa 146 .<br />

Il 3 settembre del 1922, nel corso dell’inaugurazione della sede del Partito naziona<strong>le</strong><br />

fascista, si svolge una imponente parata per <strong>le</strong> vie del paese con grande partecipazione di<br />

pubblico. «Quella sera stessa Don Pietro Cascioni Poli, Pievano di Buti, vecchio antifascista,<br />

aveva messo in fuga a colpi di rivoltella alcuni fascisti che tentavano di sfondare la<br />

141 PARENTI, Don Pietro Cascioni, cit.<br />

142 G. GRONCHI, in A don Pietro Cascioni nel Quarantesimo anno, p. 6.<br />

143 BURGALASSI, Educatori della democrazia, cit., pp. 196-197.<br />

144 <strong>La</strong> personalità di don Cascioni, oltre che dal<strong>le</strong> numerose testimonianze raccolte, emerge dal<strong>le</strong><br />

prediche da lui stesso scritte, come riscontrabi<strong>le</strong> in ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

145 PARENTI, Don Pietro Cascioni, cit.<br />

146 «L’Idea fascista», 20 agosto 1922.<br />

63


porta della Canonica» 147 . Poi, per «evitare complicazioni ma anche per beffare i suoi avversari,<br />

indossò la sua vecchia uniforme nera, con mantello di ufficia<strong>le</strong> dei Bersaglieri e,<br />

approfittando dell’oscurità, uscì indisturbato da una porta della canonica. I fascisti non lo<br />

mo<strong>le</strong>starono perché lo scambiarono per un carabiniere» 148 . «Lo incontrai a <strong>Pisa</strong> <strong>il</strong> giorno<br />

dopo l’aggressione non avv<strong>il</strong>ito, non scoraggiato, ma svelto e sorridente. Mi abbracciò, e<br />

poi prese a dire con voce secca e concitata: ‘Delinquenti! Assassini! Li combatterò fino alla<br />

morte… sono dei fanatici irresponsab<strong>il</strong>i… <strong>il</strong> responsabi<strong>le</strong> di tante vio<strong>le</strong>nze e tante stragi è<br />

uno solo: Mussolini!… non mi piegherò mai» 149 . «Ambiva spesso ricordarci che durante <strong>il</strong><br />

fascismo non aveva mai pronunciato in Chiesa o in altri locali durante lo svolgimento di<br />

pubbliche cerimonie <strong>il</strong> nome del ‘Duce’, ma sempre quello di ‘Capo del Governo’» 150 .<br />

Il parroco di campagna attraversa tutto <strong>il</strong> Ventennio con lo sguardo dis<strong>il</strong>luso, consapevo<strong>le</strong><br />

di assistere ad uno spettacolo che produrrà solo disperazione. Durante gli anni<br />

bui del fascismo don Cascioni si limita ad una assidua e costante attenzione alla sua gente,<br />

ai bisogni spirituali e materiali e da questa strada non si allontanerà per altri sentieri. Nonostante<br />

ciò sarà sempre disponibi<strong>le</strong> ad aiutare quanti si trovano in difficoltà con <strong>il</strong> regime<br />

specialmente nel momento più duro 151 , allorquando, destituito Mussolini <strong>il</strong> 25 luglio 1943<br />

e cambiata l’al<strong>le</strong>anza m<strong>il</strong>itare l’8 settembre 1943, dopo qualche decina di giorni si ripresenterà<br />

agonizzante ma ancor più vio<strong>le</strong>nto un nuovo regime fascista nominato repubblicano<br />

ma sostenuto dagli occupanti tedeschi.<br />

E proprio questo periodo di guerra, ma anche quello immediatamente successivo,<br />

vedranno protagonista quasi assoluto della scena paesana butese don Cascioni.<br />

Uno degli episodi che lo coinvolgerà direttamente avviene <strong>il</strong> giorno 29 ottobre. Si<br />

<strong>le</strong>gge in una dichiarazione del podestà Perfetto Baschieri, insediatosi dopo l’8 settembre:<br />

«Verso <strong>le</strong> ore cinque sono giunti improvvisamente a Buti numerosi soldati tedeschi per<br />

un’azione di rastrellamento di prigionieri anglo-americani che, a loro sentore, dovevano<br />

trovarsi sui monti pisani» 152 . In questa occasione vengono arrestati: <strong>il</strong> medico condotto<br />

dottor Carlo Caturegli, con l’accusa di avere curato i denti ad un prigioniero di guerra; <strong>il</strong><br />

pievano don Cascioni e dodici seminaristi 153 , con l’accusa di aver aiutato una ventina di<br />

prigionieri sudafricani e indiani fuggiti dal campo di concentramento di Col<strong>le</strong> di Compito;<br />

<strong>il</strong> maresciallo dei Carabinieri Francesco Munafò; lo stesso podestà.<br />

Dal<strong>le</strong> indagini viene accertato che qualche abitante del paese soccorreva con alimenti<br />

alcuni prigionieri vaganti sui monti e i due maggiormente indiziati erano Stefano Petro-<br />

147 F. DANIELLI, Nella Comunità di Buti, <strong>La</strong> Grafica <strong>Pisa</strong>na, Buti 1993, p. 147. <strong>La</strong> pistola fu ritrovata<br />

negli anni Ottanta da don Stefano D’Atri nella soffitta della canonica, in una vecchia cassapanca, e consegnata<br />

al maresciallo Andrea Di Pa<strong>le</strong>rmo.<br />

148 DOVERI, Un indimenticabi<strong>le</strong> amico della D.C., cit., p. 35.<br />

149 R. CINI, <strong>La</strong> sua vita non invecchia mai, in A don Pietro Cascioni nel Quarantesimo anno del suo Apostolato<br />

sacerdota<strong>le</strong> nella Pievania di Buti, cit., p. 18.<br />

150 DOVERI, Come nacque la D.C. Butese, cit.<br />

151 Esemplificativa una dichiarazione scritta da don Cascioni al Comitato di liberazione naziona<strong>le</strong><br />

del 4 apri<strong>le</strong> 1944 quando si adoperò per la madre di Corrado Bernardini, fermato per misure politiche. <strong>La</strong><br />

donna era stata minacciata e presa come ostaggio dal Comando tedesco di Col<strong>le</strong> di Compito e r<strong>il</strong>asciata in<br />

seguito all’intervento del pievano: Archivio Storico del Comune di Buti (ASCB), Carteggio e Atti 61, quattro<br />

fogli manoscritti. Molti testimoni hanno memoria di episodi come questi.<br />

152ASCB, Carteggio e Atti 61, Lettera riservatissima del 29.10.1943-XXII, scritta dal Podestà Perfetto Baschieri<br />

al Prefetto di <strong>Pisa</strong>.<br />

153 I dodici seminaristi erano: Alfio Baroni, Gino Barzacchini, Mario Bozzi, Giovanni Dini, Egisto<br />

Disperati, Carlo Alberto Dorigo, Patrizio Doveri, Bruno F<strong>il</strong>ippi, Ovidio Parenti, Stefano Petrognani, Ivo Stefani,<br />

Elio Valdiserra.<br />

64


gnani e Ovidio Parenti, seminaristi 154 . Lo stesso giorno viene rapidamente stampato ed affisso,<br />

per tutto <strong>il</strong> territorio del comune di Buti e dei comuni limitrofi, un manifesto nel qua<strong>le</strong><br />

si afferma:<br />

Le indagini fatte dal<strong>le</strong> Forze Armate tedesche hanno condotto ai seguenti risultati:<br />

si è accertato che la <strong>popolazione</strong> del comune di Buti ha avuto relazioni ed ha fornito<br />

viveri ai prigionieri anglo-americani evasi e particolarmente si sono prodigati i seminaristi<br />

Petrognani Stefano e Parenti Ovidio. Il Comune di Buti verrà, perciò, multato<br />

con una somma che sarà stab<strong>il</strong>ita dal Comando Tedesco e che dovrà essere pagata<br />

proporzionalmente dai singoli cittadini. Sono stati, inoltre, arrestati diversi cittadini di<br />

Buti. Se questi fatti si ripetessero ancora una volta la <strong>popolazione</strong> di Buti sarà soggetta<br />

a più dure misure. Si ricorda ancora che ogni cittadino che consegni un prigioniero o<br />

fornisca notizie che possono condurre alla sua cattura avrà un premio di L.1800,00 che<br />

sarà immediatamente pagato. Si ricorda, inoltre, che devono essere immediatamente<br />

consegnate al Comune tutte <strong>le</strong> armi, comprese quel<strong>le</strong> da caccia. Buti, li 29 Ottobre<br />

1944-XXII. Per ordine del Comando tedesco <strong>il</strong> Podestà Ragionier Perfetto Baschieri 155 .<br />

Il 25 novembre viene affisso un altro Avviso con <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> si comunica l’entità della<br />

multa, che ammonta a £. 50.000 156 . Per <strong>il</strong> pagamento <strong>il</strong> Comune avrebbe dovuto recarsi al<br />

Comando Tedesco di <strong>Pisa</strong> e «presentarsi al Maggiore Gunther o al Tenente Gehrd» 157 .<br />

Il podestà, <strong>il</strong> parroco e <strong>il</strong> dottore vengono portati alla caserma dei Carabinieri di <strong>Pisa</strong>,<br />

mentre i seminaristi Ovidio Parenti e Stefano Petrognani sono condotti a v<strong>il</strong>la Bastianini,<br />

a Tripal<strong>le</strong> di Crespina, dove ha sede <strong>il</strong> comando di zona del<strong>le</strong> SS 158 e al mattino condotti<br />

al<strong>le</strong> Murate di Firenze e scarcerati <strong>il</strong> 3 dicembre 1943 159 .<br />

Nemmeno dopo <strong>il</strong> suo fermo don Cascioni cessa di prodigarsi per la <strong>popolazione</strong><br />

butese e, dopo essersi adoperato, insieme all’arcivescovo di <strong>Pisa</strong>, per la liberazione dei seminaristi<br />

Ovidio Parenti e Stefano Petrognani 160 , continua ad aiutare gli sfollati sui monti<br />

e gli abitanti di Buti 161 . Don Cascioni, infatti, non si lascia intimorire dagli occupanti né,<br />

tanto meno, dai nuovi fascisti repubblicani. Percepisce che sta arrivando <strong>il</strong> momento della<br />

resa dei conti per <strong>il</strong> regime e per l’esercito tedesco. Consente che si svolgano sistematicamente<br />

<strong>le</strong> riunioni del Comitato di liberazione naziona<strong>le</strong> nel<strong>le</strong> stanze della canonica, «pur<br />

154 ASCB, Carteggio e Atti 61, “Lettera del 29.10.1943-XXII”, cit.<br />

155 ASCB, Carteggio e Atti 61, AVVISO.<br />

156 ASCB, Carteggio e Atti 61, Avviso.<br />

157 ASCB, Carteggio e Atti 61, un foglio datt<strong>il</strong>oscritto senza data né firme.<br />

158 <strong>La</strong> v<strong>il</strong>la era di proprietà di Giuseppe Bastianini, che fu sottosegretario al Ministero degli Esteri<br />

dal 1936 al 1940. Dopo l’invasione nazi-fascista della Jugoslavia fu nominato vice-re dello stato fantoccio di<br />

Croazia. Il 5 gennaio 1943 Mussolini richiamò ancora una volta Bastianini al Ministero, sempre come sottosegretario.<br />

Il 25 luglio dello stesso anno, per la carica che ricopriva, Bastianini venne invitato a partecipare,<br />

pur non facendone parte, alla riunione del Gran Consiglio del fascismo e, nel suo intervento, appoggiò<br />

l’ordine del giorno che provocò la caduta di Mussolini. Dopo la costituzione della Repubblica di Salò, condannato<br />

a morte nel processo di Verona, riparò in Svizzera dove un tribuna<strong>le</strong> lo condannò all’espulsione. Gli<br />

stessi svizzeri lo trasportarono segretamente in un convento dove lui e <strong>il</strong> figlio rimasero fino al termine del<br />

conflitto. Si veda per questo A. ARRIGHI, Dalla guardia segnali di fumo, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera 2001.<br />

159 Testimonianza di Ovidio Parenti, anni 78, pensionato ex preside di scuola media superiore, nel<br />

video Ma la ragione non dette risposta, cit., e testimonianza di Claudio Valdiserra anni 69, pensionato ex artigiano,<br />

r<strong>il</strong>asciata agli autori a Buti <strong>il</strong> 5 settembre 2004; DANIELLI, Nella Comunità di Buti, cit., pp. 165-166 non<br />

parla dell’arresto del dottore e fa risalire l’episodio al 1° ottobre 1943. Secondo M. PRATALI, Piavola 23 luglio<br />

1944 Cronaca di una strage, BFS, <strong>Pisa</strong> 2002, p. 22, l’episodio accadde <strong>il</strong> 23 ottobre, ma non viene riportata alcuna<br />

testimonianza ora<strong>le</strong> o riscontro documenta<strong>le</strong>.<br />

160 Testimonianza video di Ovidio Parenti r<strong>il</strong>asciata agli autori a Buti <strong>il</strong> 29 gennaio 2004.<br />

161 Don Elio Valdiserra, in 25 Apri<strong>le</strong>, video prodotto dalla Scuola Media Stata<strong>le</strong> “Pacinotti” di Pontedera<br />

nel 1974 e testimonianza video di Ovidio Parenti, cit.<br />

65


non partecipando fisicamente al<strong>le</strong> riunioni» 162 , si preoccupa e contribuisce<br />

all’approvvigionamento alimentare per la <strong>popolazione</strong> facendo parte della Commissione<br />

Alimentare che sarà istituita a Buti dal 26 giugno 163 al 29 settembre 1944 164 .<br />

Nella primavera del 1944 <strong>il</strong> paese vive sotto l’incubo dei bombardamenti americani<br />

e del<strong>le</strong> azioni tedesche. Gli Al<strong>le</strong>ati sono attestati sulla riva dell’Arno a pochi ch<strong>il</strong>ometri da<br />

Buti e non mancano di effettuare incursioni aeree sui paesi occupati dai tedeschi. Il 22 giugno,<br />

all’indomani dell’ingresso nel borgo di mezzi tedeschi pesanti, un ricognitore americano<br />

tipo “Cicogna” sorvola la zona più volte e gli abitanti fuggono sui monti. A metà<br />

mattina una squadriglia di caccia americana apre <strong>il</strong> fuoco e, in località Mariotto, rimangono<br />

uccisi una donna e sei uomini, fra cui un ragazzo di undici anni. Il bombardamento<br />

sconvolge <strong>il</strong> paese e provoca i primi morti e feriti.<br />

Il bombardamento ha rif<strong>le</strong>ssi anche sulla attività del parroco che non manca di intervenire<br />

dall’altare ogni volta che la <strong>popolazione</strong> vive una situazione di disagio o fortemente<br />

tragica. Don Cascioni annota sul “cronicon” persona<strong>le</strong> fatto di piccoli fogli volanti<br />

inseriti in un grande quaderno a copertina rigida:<br />

Alla S. Messa intervenga oggi chi può (periodo di tremenda apprensione a motivo<br />

dell’incursione aerea su Buti al<strong>le</strong> 11.30 di giovedì 22 Giugno in cui perirono 5 parrocchiani,<br />

una di Cascine di Buti qui sfollata e uno di Cascina qui sfollato).<br />

Recita del De Profundis e riunione liturgica per i recenti morti da incursione aerea,<br />

ivi comprendendo anche <strong>il</strong> sig. Francesco Biasci da Cascine, qui sfollato che morì<br />

in fondo al Termine e che fu portato a seppellire nel cimitero del suo paese 165.<br />

Nella primavera viene anche istituito ufficialmente un comando germanico per <strong>il</strong><br />

Comune di Buti, con sede nel palazzo comuna<strong>le</strong>. <strong>La</strong> <strong>popolazione</strong> è avvisata con un volantino<br />

in cui si <strong>le</strong>gge che «ogni desiderio, ogni reclamo, come pure ogni richiesta da autorizzazione<br />

a transitare durante <strong>le</strong> ore del coprifuoco debbono essere presentate al comandante<br />

nel<strong>le</strong> ore in cui riceve <strong>il</strong> pubblico, e cioè ogni martedì ed ogni venerdì dal<strong>le</strong> ore 10 al<strong>le</strong><br />

ore 12. Si desidera una franca collaborazione con la <strong>popolazione</strong>». <strong>La</strong> Wehrmacht ha occupato<br />

<strong>le</strong> sedi istituzionali e politiche: <strong>il</strong> comune, la sede del Fascio, ma anche diverse abitazioni<br />

di cittadini butesi. L’occupazione tedesca è vissuta con relativa tranqu<strong>il</strong>lità da parte<br />

della <strong>popolazione</strong> che cerca di barcamenarsi tra gli occupanti e gli sfollati sui monti a ridosso<br />

del paese: un precario equ<strong>il</strong>ibrio in attesa dello svolgersi degli eventi e della liberazione<br />

che si immagina imminente.<br />

Nel mese di luglio, nel clima di una vera e propria “guerra ai civ<strong>il</strong>i” 166, <strong>il</strong> taglio di<br />

alcune linee te<strong>le</strong>foniche dell’esercito in ritirata e l’uccisione di cinque soldati tedeschi scatena<br />

un’azione di rastrellamento. Domenica 23 luglio alcune squadre dell’esercito tedesco<br />

si avviano sui monti e concludono la loro missione con una vera e propria strage che provoca<br />

diciotto morti con l’aggiunta, in serata, di un diciannovesimo 167 .<br />

162 Testimonianza di Ovidio Parenti, cit., mentre DOVERI in Come nacque la D.C. Butese, cit. scrive:<br />

«Fu tra i promotori della costituzione del CLN di Buti, lo ospitò per tutto <strong>il</strong> periodo della Repubblica Socia<strong>le</strong><br />

nella stessa casa canonica e partecipò sempre a tutte <strong>le</strong> riunioni».<br />

163ASCB, Carteggio e Atti 61, Relazione della Commissione alimentare di Buti costituita <strong>il</strong> 26.6.44, due fogli<br />

datt<strong>il</strong>oscritti.<br />

164 All’atto di cessazione della Commissione furono restituite al Comune £. 2000, avanzati in b<strong>il</strong>ancio<br />

(ASCB, Carteggio e Atti 61, un foglio datt<strong>il</strong>oscritto).<br />

165 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

166 Si veda M. Battini, P. Pezzino, Guerra ai civ<strong>il</strong>i, Mars<strong>il</strong>io, Venezia 1997<br />

167 Liber mortuorum ab anno MCMXXIX, cit.<br />

66


Il comando tedesco di stanza a Buti impedisce che i morti vengano raccolti e abbiano<br />

una sepoltura dignitosa. Il clima in paese si fa pesantissimo e don Cascioni è chiamato a<br />

svolgere, ancora una volta, un ruolo centra<strong>le</strong> sia per avviare la trattativa con gli occupanti<br />

sia per consolare i parenti del<strong>le</strong> diciannove incolpevoli vittime. Ricorda Eunica Dini che<br />

«dopo essermi resa conto del massacro, <strong>il</strong> mio primo pensiero fu correre verso <strong>il</strong> paese, alla<br />

canonica, e bussare forte per parlare con <strong>il</strong> pievano» 168 . Le ore e i giorni successivi sono<br />

drammatici. Il parroco riesce ad ottenere la raccolta e la tumulazione dei morti, senza esequie<br />

ufficiali, ma con una semplice benedizione; conforta i parenti del<strong>le</strong> vittime e si preoccupa<br />

di nascondere Renato Polidori, l’unico sopravvissuto alla strage che, lanciandosi in<br />

una corsa disperata verso val<strong>le</strong>, è riuscito a scampare all’eccidio. Renato, che all’epoca aveva<br />

appena quattordici anni, ricorda che <strong>il</strong> pievano don Cascioni, da quel giorno, fu sempre<br />

vicino alla sua famiglia anche se si trattava di una famiglia non religiosa, perché era un<br />

prete ugua<strong>le</strong> per tutti. <strong>La</strong> sera dell’eccidio di Piavola raccomandò alla madre di tenerlo nascosto<br />

in quanto i tedeschi, credendolo un partigiano, avrebbero potuto cercarlo e ucciderlo.<br />

Anche più tardi <strong>il</strong> pievano non dimenticò <strong>il</strong> dramma di Renato tanto che gli propose di<br />

accendere ugualmente <strong>le</strong> cande<strong>le</strong> sull’altare al momento del matrimonio, pur trattandosi<br />

di un comunista 169 .<br />

L’attività del parroco non si interrompe neppure in questo tragico momento. Continua<br />

a mantenere contatti con <strong>il</strong> Comitato di liberazione naziona<strong>le</strong> e con la banda di Carlino,<br />

<strong>il</strong> gruppo di partigiani che si nasconde sui monti di Buti ma che, spesso, fa la sua comparsa<br />

in paese.<br />

Un giorno non meglio precisato dell’agosto 1944 si presenta al parroco un giovane<br />

che si qualifica come figlio dell’ambasciatore degli Stati Uniti presso <strong>il</strong> Vaticano. Le argomentazioni<br />

del giovane e i chiari riferimenti al Vaticano hanno evidentemente sul parroco<br />

un effetto rassicurante, sebbene egli abbia sempre vissuto <strong>il</strong> culto del<strong>le</strong> gerarchie con una<br />

certa freddezza e distanza. Che don Cascioni non amasse molto <strong>le</strong> gerarchie e <strong>le</strong> formalità<br />

che esse imponevano nella quotidianità lo ricorda anche monsignor S<strong>il</strong>vano Burgalassi <strong>il</strong><br />

qua<strong>le</strong> racconta come, durante <strong>le</strong> sue visite di Vicariato a Buti, don Pietro preferisse parlare<br />

dell’ottima qualità della vita del paese piuttosto che della tenuta dei registri e del<strong>le</strong> questioni<br />

teologiche o religiose 170 .<br />

Non senza perp<strong>le</strong>ssità, ma con <strong>il</strong> dubbio di trovarsi di fronte un importante personaggio<br />

col<strong>le</strong>gato con <strong>il</strong> Vaticano, <strong>il</strong> parroco decide comunque di presentarlo al loca<strong>le</strong> Comitato<br />

di liberazione naziona<strong>le</strong>. Ai membri del Comitato <strong>il</strong> giovane conferma di chiamarsi<br />

“<strong>La</strong>nfranco Bonanni, Conte di Serramartina, e di essere un tenente della G.S.I. 511 M<strong>il</strong>itary<br />

Authority della 8 a Armata (Commonwealth)” 171 .<br />

168 Testimonianza di Eunica Dini anni 83, pensionata ex insegnante, r<strong>il</strong>asciata agli autori a Buti <strong>il</strong> 29<br />

gennaio 2004.<br />

169 Testimonianza di Renato Polidori anni 73, pensionato ex operaio, r<strong>il</strong>asciata agli autori a Cascine<br />

di Buti <strong>il</strong> 7 luglio 2004.<br />

170 Colloquio con gli autori a <strong>Pisa</strong> nel gennaio 2004.<br />

171 Archivio Centra<strong>le</strong> dello Stato (ACS), Ministero degli Interni, busta 48, fascicolo 3648, Comando genera<strong>le</strong><br />

dell’Arma dei Carabinieri Reali, a firma del Comandante genera<strong>le</strong> Taddeo Orlando. <strong>La</strong> presenza a Buti<br />

del Tenente Bonanni è registrata anche in Istituto Storico della Resistenza di Firenze (ISRT), A8/77, Relazione<br />

dell’attività svolta dalla “Banda di Carlino”, due fogli datt<strong>il</strong>oscritti, che scrive “Serra Martino”.<br />

67


L’episodio e colui che lo scatena rimangono una vera e propria zona d’ombra, come<br />

testimoniato proprio dal comportamento del pievano Cascioni che non farà più cenno in<br />

alcun documento, né par<strong>le</strong>rà con nessuno del Tenente Bonanni 172 .<br />

Questo atteggiamento di stretto riserbo di fronte ad alcuni episodi e momenti della<br />

vita politica del paese è tipico di don Cascioni <strong>il</strong> qua<strong>le</strong>, in funzione del mantenimento della<br />

pace e della concordia della comunità, preferisce controllare personalmente e gestire da solo<br />

certe situazioni. Non si trovano, ad esempio, da parte sua, riferimenti all’uccisione di<br />

Pasqua<strong>le</strong> Bacci, unica grave vendetta contro i fascisti all’indomani della liberazione del paese,<br />

se si esclude l’inserimento nel registro dei morti 173 del giorno e dell’ora del decesso,<br />

attribuita - peraltro - a m<strong>il</strong>itari ing<strong>le</strong>si e non a greci e slavi sol<strong>le</strong>citati all’azione da alcuni<br />

componenti del “Tribuna<strong>le</strong> del popolo” 174 .<br />

Buti viene liberata <strong>il</strong> 2 settembre 1944: poche ore e <strong>il</strong> parroco predispone una cerimonia<br />

religiosa per ce<strong>le</strong>brare l’avvenimento, ma l’avviso che propone risente di una grande<br />

tristezza per la situazione genera<strong>le</strong>, che vede ancora molto territorio italiano occupato<br />

dai tedeschi spostatisi lungo la Linea Gotica:<br />

Oggi doveva esserci esposizione tutto <strong>il</strong> giorno. Invece situazione cambiata.<br />

Soldati germanici a farci soffrire qui non ce ne sono più. E allora stasera al<strong>le</strong> 4 e mezzo<br />

con tutte <strong>le</strong> campane suoneranno i doppi seguiti dall’ave Maria. Al<strong>le</strong> 5 e mezzo Rosario<br />

Esposizione S.S. Sacramento. Funzione di suffragio per i nostri cari uomini e giovani<br />

- 20 - uccisi in monte dal 23 luglio in poi. Te Deum so<strong>le</strong>nne di ringraziamento perché<br />

finalmente, dopo tante tremende prove e dopo <strong>le</strong> spaventose e ignominiose rotture dei<br />

nostri ponti da parte dei fuggiaschi, sono giunte nel nostro paese <strong>le</strong> truppe amiche. Interverrà<br />

<strong>il</strong> Comitato di LN e <strong>il</strong> nuovo Sindaco. Dovrebbe intervenire tutto <strong>il</strong> popolo.<br />

Pensate cosa è successo a tanti paesi con lo sfollamento 175.<br />

I giorni immediatamente successivi alla liberazione sono convulsi e tutti si concentrano<br />

sulla soluzione dei bisogni primari di sopravvivenza e nella ricerca dei parenti dispersi<br />

sui fronti. Si riorganizzano <strong>le</strong> <strong>istituzioni</strong> civ<strong>il</strong>i sotto lo stretto controllo degli Al<strong>le</strong>ati e<br />

don Cascioni si def<strong>il</strong>a da ruoli di primo piano, ma non per questo si disinteressa del<strong>le</strong> sorti<br />

della propria <strong>popolazione</strong>.<br />

Dal pulpito invita continuamente alla speranza e al riscatto mora<strong>le</strong>:<br />

Preghiamolo, sì, <strong>il</strong> Crocifisso che dopo tanto disastro economico e mora<strong>le</strong> la nostra<br />

bella e sventurata Italia riemerga dal<strong>le</strong> rovine del mondo libera da ogni colpa e da<br />

ogni indecenza - che i valori dello spirito siano sempre da <strong>le</strong>i tenuti in gran pregio -<br />

che senta sempre e appa<strong>le</strong>si l’orgoglio di essere e di sentirsi cattolica e paladina del<br />

cattolicesimo - che voglia presto riscattarsi da ogni servitù - che viva e prosperi riconc<strong>il</strong>iata<br />

nei suoi figli migliori - pacifica - giusta - democratica - permeata di cristianesimo -<br />

patria comune di quanti al Vangelo e alla civ<strong>il</strong>tà che dal Vangelo promana si rapportano<br />

sempre nel pensiero e nell’azione. O SS Crocifisso salvate e felicitate questa mia cara<br />

parrocchia - salvate e felicitate l’Italia nostra! 176.<br />

172 Un’allusione a ta<strong>le</strong> episodio potrebbe essere contenuta nella pubblicazione di DOVERI, Come nacque<br />

la D.C. Butese, cit.: «Dette as<strong>il</strong>o e aiuto a numerosi m<strong>il</strong>itari al<strong>le</strong>ati, anche di grado e<strong>le</strong>vato, che si paracadutarono<br />

nei monti pisani in attesa di passare <strong>le</strong> linee tedesche per raggiungere l’Italia del Nord ancora occupata».<br />

Il Doveri era intimo amico del pievano Cascioni.<br />

173 ASPB, Liber mortuorum ab anno MCMXXIX, cit., p. 126.<br />

174 Si veda lo studio, in corso di pubblicazione, di Daniela Bernardini e Luigi Puccini sulla strage di<br />

Piavola.<br />

175 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

176 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, Addì 17.9.1944.<br />

68


Contemporaneamente comincia ad interessarsi al<strong>le</strong> sorti di coloro che sono stati<br />

coinvolti nel vecchio regime e che rischiano vendette più o meno sommarie, anche se non<br />

gravi come quella occorsa a Pasqua<strong>le</strong> Bacci.<br />

Nel nome della concordia e della pace socia<strong>le</strong>, don Cascioni vorrebbe far partecipe<br />

del cordoglio per i morti di Piavola tutta la comunità ed è per questo che alla fine del mese<br />

di ottobre comunica la ce<strong>le</strong>brazione di un rito commemorativo da svolgersi <strong>il</strong> 5 novembre<br />

sul luogo dell’eccidio, dove sarebbero state presenti anche <strong>le</strong> autorità civ<strong>il</strong>i 177 . Nel<strong>le</strong> intenzioni<br />

di don Cascioni la funzione, ce<strong>le</strong>brata in memoria della strage degli «uccisi in monte<br />

dal 23 luglio in poi» 178 , avrebbe contribuito a tenere saldo, nel popolo butese, <strong>il</strong> senso di<br />

appartenenza ad una col<strong>le</strong>ttività che non si è disgregata neppure nei momenti più diffic<strong>il</strong>i<br />

e tragici della guerra. L’iniziativa, molto partecipata, rappresenta invece l’inizio di una<br />

storia che, forse, neppure l’esperto parroco avrebbe immaginato.<br />

<strong>La</strong> cerimonia si svolge regolarmente come annunciato secondo <strong>le</strong> intenzioni e i programmi<br />

di don Cascioni, ma dà anche avvio alla divisione tra l’istituzione religiosa e quella<br />

<strong>civi<strong>le</strong></strong> rappresentata, in questo caso, dal Comitato di liberazione naziona<strong>le</strong>. Il 1 novembre<br />

1944, infatti, <strong>il</strong> Comitato delibera che «i suoi rappresentanti parteciperanno in veste ufficia<strong>le</strong><br />

alla cerimonia in Piavola prevista per <strong>il</strong> 5 successivo ma che, in avvenire, ogni iniziativa<br />

che riguardi onoranze e commemorazioni di caduti e vittime della guerra, dovrà<br />

far capo al Comitato loca<strong>le</strong> stesso» 179 .<br />

<strong>La</strong> cerimonia si svolgerà sulla spianata di Piavola e i presenti ricordano la drammaticità<br />

e la so<strong>le</strong>nnità che assunse quella commemorazione, di cui sono rimaste poche tracce<br />

scritte ma numerosi ricordi ancora vivi nella comunità.<br />

<strong>La</strong> Chiesa e la Guerra Fredda<br />

Yalta è lontana come lo è la sovietica Mosca e non più vicina è la capita<strong>le</strong> americana<br />

ma, nonostante tutto, anche a Buti l’influenza del<strong>le</strong> divisioni successive al secondo conflitto<br />

mondia<strong>le</strong> si faranno pesantemente sentire.<br />

Ancora si odono i colpi dei cannoni e gli scambi di mitraglia tra i tedeschi e gli Al<strong>le</strong>ati<br />

che già la divisione all’interno della comunità appare evidente. Niente può, né vuo<strong>le</strong>, <strong>il</strong><br />

parroco don Cascioni che, anzi, interviene direttamente, a conclusione del<strong>le</strong> sue cerimonie<br />

religiose, nella contesa ideologica determinata dalla spartizione del mondo in due blocchi<br />

contrapposti.<br />

Il processo di divisione interno al paese si consuma molto presto con la nomina di<br />

una nuova Giunta, l’uscita dalla scena dei partigiani, l’allontanamento<br />

dall’amministrazione pubblica, più o meno volontario, dei membri del Partito d’Azione<br />

che, a partire dal 2 settembre 1944 e per tutto <strong>il</strong> 1945, aveva trovato la sua espressione nel<br />

primo sindaco Dino Selmi 180 .<br />

Il dopoguerra a Buti è caratterizzato anche dal dibattito sull’epurazione dei fascisti<br />

che nella piccola comunità si conclude con una sostanzia<strong>le</strong> “amnistia” in linea con la proposta<br />

dal Ministro Guardasig<strong>il</strong>li, <strong>il</strong> comunista Palmiro Togliatti.<br />

177 ASCB, Carteggio e Atti 61, una pagina manoscritta.<br />

178 Ibidem.<br />

179ASCB, Carteggio e Atti 61, Deliberazioni del C.L.N. del giorno 1 novembre 1944.<br />

180 A causa del<strong>le</strong> dimissioni del Selmi, «in seguito ad accordi intervenuti tra <strong>il</strong> CLN e i Segretari dei<br />

Partiti esistenti in Paese», viene nominato Sindaco <strong>il</strong> comunista Celso Vichi (ASCB, Carteggio e Atti 61, Comunicazione<br />

del 15 gennaio 1946 da parte del Comitato di liberazione di Buti al Commissario Prefettizio Rag. Simonelli) <strong>il</strong><br />

qua<strong>le</strong> non accetta l’incarico (ASCB, Carteggio e Atti 61, Lettera del 15 febbraio 1946). Sarà e<strong>le</strong>tto Sindaco con <strong>le</strong><br />

e<strong>le</strong>zioni amministrative del 31 marzo 1946.<br />

69


Anche una figura indiscussa come quella di don Cascioni viene posta sotto osservazione<br />

e i comportamenti e <strong>le</strong> azioni del prete sono seguiti attentamente, quando non con<br />

sospetto.<br />

Non vengono dimenticati i numerosi episodi che hanno caratterizzato <strong>il</strong> comportamento<br />

di questo parroco di campagna che si era opposto al fascismo anche con <strong>le</strong> armi e<br />

che aveva accolto i “ribelli” nel<strong>le</strong> stanze della canonica tanto da ricevere addirittura, nel<br />

dopoguerra, la tessera ad honorem di partigiano.<br />

Ma la voglia di vendetta e di epurazione produce anche effetti pericolosi e nefasti,<br />

tanto che don Cascioni diventa l’oggetto di contestazioni da parte del Comitato di liberazione<br />

e, in particolare, di alcuni esponenti che vedono nel prete colui che si oppone ad una<br />

rigida se<strong>le</strong>zione tra coloro che potranno far parte del nuovo sistema democratico e coloro<br />

che vengono ritenuti inidonei in quanto irrimediab<strong>il</strong>mente collusi con <strong>il</strong> vecchio regime fascista.<br />

Una <strong>le</strong>ttera aperta, che ha come primo firmatario Vladimiro Cavallini, ex partigiano<br />

ed esponente di punta del Partito comunista di Buti, viene diffusa nel paese <strong>il</strong> 17 giugno<br />

1945. Il documento riporta la risoluzione di un Comitato della Difesa del Popolo (organismo<br />

di cui non risultano altri documenti se non questa <strong>le</strong>ttera) in cui si inveisce pesantissimamente<br />

contro <strong>il</strong> parroco, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> si è reso disponibi<strong>le</strong> a testimoniare a favore di Lisandro<br />

<strong>La</strong>ri, già segretario dell’ex Partito fascista di Buti.<br />

È di dominio pubblico che un personaggio del nostro paese, che tanto merito si<br />

acquistò in ogni tempo del passato remoto al germogliare del ma<strong>le</strong>fico fascismo, e nel<br />

passato prossimo, quando <strong>il</strong> germe fascista divenuto mostro, seminava rovina e morte<br />

nel mondo non escluso questo misero canticino del nostro Paese, si sia prestato e si<br />

presti, per salvare i responsab<strong>il</strong>i maggiori fascisti nostri (cari) paesani che solo un esemplare<br />

punizione potrebbe <strong>le</strong>nire <strong>il</strong> giustificato sdegno del generoso popolo di Buti.<br />

<strong>La</strong> sana opinione pubblica intera, eccettuata quella che per giustizia deve dar prova col<br />

tempo del proprio ravvedimento, è davvero um<strong>il</strong>iata e spiacente di sapere che l’amato<br />

Parroco Don Pietro Cascioni Poli stia cancellando <strong>il</strong> luminoso passato, intromettendosi<br />

a che la giustizia segua imparzia<strong>le</strong> <strong>il</strong> suo corso a carico di coloro che si lordarono direttamente<br />

e indirettamente di puro sangue veramente Italiano 181.<br />

Il volantino continua e, ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> riferimento ai morti di Piavola, chiede una<br />

condanna inequivocabi<strong>le</strong> per coloro che vengono ritenuti compromessi con <strong>il</strong> fascismo:<br />

Il popolo, con a capo <strong>le</strong> vedove, i genitori, i figli dei trucidati di Piavola, invitano<br />

<strong>il</strong> CLN a vig<strong>il</strong>are e far pervenire tempestivamente nei luoghi dove dovranno essere<br />

giudicati i colpevoli paesani, <strong>le</strong> responsab<strong>il</strong>ità qui esistenti e si adopri a debellare con<br />

tutto l’imperativo che scaturisce dal<strong>le</strong> tombe dei nostri martiri, coloro che con un giorno<br />

di mutar casacca, quando tutto era ormai rovinato e perduto, credono di aver cancellato<br />

un triste passato di lunga complicità.<br />

Il popolo di Buti è, come tutto quello Italiano, generoso, vuo<strong>le</strong> perdonare tutti<br />

coloro che la prova del tempo indicherà meritevoli, ma vuo<strong>le</strong> che <strong>le</strong> piaghe del corpo<br />

di questa povera Patria siano comp<strong>le</strong>tamente sanate e distrutto i germi che ne furono<br />

la causa e che incancrenirebbero <strong>il</strong> ma<strong>le</strong> irreparab<strong>il</strong>mente se un bisturi di un chirurgo<br />

formidabi<strong>le</strong> non ne estirpasse <strong>le</strong> radici 182.<br />

I recenti avvenimenti divengono sempre più motivo di scontro ideologico e politico<br />

ma don Cascioni mantiene ferma la sua fede e la coerenza dei comportamenti anche di<br />

181 ASCB, Carteggio e Atti 61, volantino datt<strong>il</strong>oscritto. Esiste anche una minuta del volantino, manoscritta,<br />

dove è indicata la data, Buti 17/6/45, a firma del Comitato di difesa del popolo, a cui segue la firma<br />

di Vladimiro Cavallini.<br />

182 Ivi.<br />

70


fronte ai nuovi governanti. Egli continua la sua opera pastora<strong>le</strong> e umanitaria non arretrando<br />

e, <strong>il</strong> 22 giugno 1945, invia una <strong>le</strong>ttera al Comitato di liberazione:<br />

Domenica decorsa 17 cm i sigg. Matteucci Giovanni e Doveri Alfio mi fecero<br />

vedere una <strong>le</strong>ttera direttami del Sig. Wladimiro Cavallini di Cascine di Buti e contenente<br />

r<strong>il</strong>ievi sul mio viaggio di andata e ritorno iniziato la mattina del 12 e compiuto la<br />

mattina del 15 c.m. Detta <strong>le</strong>ttera, peraltro, era assai riguardosa e benevola nella forma<br />

ed io al di <strong>le</strong>i autore - mio buon amico fin dal periodo di essa guerra del Giugno 1944 -<br />

mi protesto assai grato. Nella settimana successiva al 17 io sono stato assente fino ad<br />

oggi da Buti e perciò non ho potuto significarvi per iscritto quello che vi significo ora…<br />

e cioè che domenica p.f. dopo <strong>le</strong> 9,30, appena libero dal<strong>le</strong> incombenze di Chiesa,<br />

vorrei entrare qualche minuto alla vostra adunanza e raccontarvi per f<strong>il</strong>o e per segno<br />

come <strong>le</strong> cose si sono svolte. Questo a titolo di deferenza e di cordialità che io ho sempre<br />

sentito e sento verso <strong>il</strong> vostro e verso tutti i CLN d’Italia. Non ricevendo alcuna<br />

vostra risposta in contrario, si resta intesi così. 183.<br />

<strong>La</strong> domenica successiva, 24 giugno, si tiene la riunione del Comitato alla presenza<br />

di don Cascioni. I lavori si aprono proprio con la relazione del pievano che deve discolparsi<br />

«per essere stato intravisto col di <strong>La</strong>ri Lisandro nel piano» 184 . Nella deposizione, con la<br />

solita scaltrezza, <strong>il</strong> parroco conferma di aver sì deposto a favore di Lisandro <strong>La</strong>ri ma anche<br />

di aver fornito informazioni di altro genere, precisando ad esempio che, in merito<br />

all’episodio avvenuto nel 1938 nella sede del Partito fascista 185 , «non si trattava di semplici<br />

schiaffi ma di vere e proprie <strong>le</strong>gnate» 186 .<br />

Don Cascioni interviene comunque ancora una volta a favore del fascista descrivendo<br />

perché si era intrattenuto con lui e di che cosa avevano parlato, senza peraltro convincere<br />

i componenti del Comitato che pure ne approveranno la relazione.<br />

Racconta che, alla fine di apri<strong>le</strong>, <strong>il</strong> cappellano m<strong>il</strong>itare della caserma “Muti” di Cremona<br />

aveva inviato una <strong>le</strong>ttera a Monsignor Ezio Barbieri 187 nella qua<strong>le</strong> era descritta la<br />

drammatica situazione in cui veniva a trovarsi <strong>il</strong> maggiore Renzo Andreini 188 , nativo del<br />

paese di Buti, <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> stava rischiando la condanna a morte. <strong>La</strong> famiglia dell’Andreini era<br />

intervenuta prontamente presso <strong>il</strong> parroco affinché si recasse al carcere per portare conforto<br />

al loro congiunto e per accertarsi del suo stato di salute. Don Cascioni si era attivato e,<br />

dopo un colloquio con <strong>il</strong> proposto della vicina città di Pontedera, don Mario Bernardini<br />

suo compaesano, aveva deciso di coinvolgerlo in una eventua<strong>le</strong> trasferta presso <strong>il</strong> carcere. I<br />

183ASCB, Carteggio e Atti 61, Lettera manoscritta del 22 giugno 1945.<br />

184ASCB, Carteggio e Atti 61, Deliberazioni del CLN prese nella riunione del 24/6/45.<br />

185 Si tratta di uno degli episodi più brutali del Ventennio fascista a Buti quando <strong>il</strong> segretario del<br />

partito Lisandro <strong>La</strong>ri convocò tutti gli iscritti che non avevano pagato la tessera i quali furono picchiati a<br />

sangue da alcuni sicari.<br />

186 ASCB, Carteggio e Atti 61, Deliberazioni del CLN prese nella riunione del 24/6/45.<br />

187 Monsignor Ezio Barbieri (Buti 14/01/1887-Città della Pieve 21/05/1982) viene ordinato presbitero<br />

<strong>il</strong> 16 luglio 1911 ed e<strong>le</strong>tto vescovo <strong>il</strong> 21 luglio 1945. È eminente prelato presso <strong>il</strong> Col<strong>le</strong>gio Seminari<strong>le</strong> Arcivescovi<strong>le</strong><br />

di <strong>Pisa</strong>, trasferito, dopo <strong>il</strong> bombardamento del 30 agosto 1943, alla Certosa di Calci. Già altre volte<br />

era intervenuto nel<strong>le</strong> vicende butesi attivandosi per risolvere questioni di vario genere. Determinante <strong>il</strong> suo<br />

intervento presso <strong>il</strong> Prefetto per l’annullamento di una multa di £. 600.000 per atti di sabotaggio compiuti a<br />

Cascine (ASCB, Carteggio e Atti 61, Lettera del 29 gennaio 1944 e seguenti).<br />

188 Renzo Andreini è uno degli uomini di spicco del Fascio di Buti. Nel<strong>le</strong> note redatte dal Comitato<br />

di liberazione viene definito: «Fascista repubblicano, componente la Brigata Nera ‘Lucca’. Volontario della<br />

guerra d’Africa, Spagna ed ultima guerra. Fondatore del PFR di Buti. Comandante la compagnia O.P. del<strong>le</strong><br />

G. Repubblicane. Ha preso parte a rastrellamenti di patrioti nella provincia, qua<strong>le</strong> comandante di reparto»<br />

(ASCB, Carteggio e Atti 61, Comitato di Liberazione Naziona<strong>le</strong> - Sezione di Buti - E<strong>le</strong>nco nominativo degli squadristi,<br />

antemarcia, sciarpe littorio, fascisti repubblicani e collaboratori dei tedeschi, compromessisi maggiormente).<br />

71


due prelati si erano fatti scrivere una <strong>le</strong>ttera di presentazione per <strong>il</strong> vescovo della città di<br />

Cremona e si erano messi in viaggio. Don Cascioni, a questo punto, precisa ai membri del<br />

Comitato di liberazione che era stato <strong>il</strong> Bernardini a chiedergli espressamente di recarsi<br />

nella vicina Stra, in provincia di Vicenza, dove avrebbero potuto incontrare anche Lisandro<br />

<strong>La</strong>ri. In quell’occasione <strong>il</strong> presidente del Comitato di liberazione naziona<strong>le</strong> e <strong>il</strong> sindaco<br />

della cittadina chiedono conferma di un memoria<strong>le</strong> scritto dal dottore. I due sacerdoti confermano<br />

quanto dichiarato dal <strong>La</strong>ri e, a causa del<strong>le</strong> insistenze dell’interessato, lo ospitano<br />

nella loro auto. Don Cascioni spiega durante l’interrogatorio che «[…] in tutte <strong>le</strong> maniere <strong>il</strong><br />

dr <strong>La</strong>ri vol<strong>le</strong> venire a Pontedera a veder la fidanzata. Io come ospite non potei rifiutarlo, e<br />

lo lasciai a Pontedera in casa del proposto» 189 .<br />

Il Comitato accoglie la versione di don Cascioni ma questa operosità del parroco a<br />

favore di ex fascisti non è ben vista in paese, nonostante che, durante <strong>le</strong> sue omelie, non<br />

manchino invocazioni all’armonia socia<strong>le</strong> sia a Buti che nel mondo.<br />

[…] Invece che la sera domani l’altro <strong>il</strong> mese di Maggio si fa di mattina perché<br />

poi per tutto <strong>il</strong> giorno <strong>il</strong> popolo fa festa comp<strong>le</strong>ta per ricordare ed esaltare i diritti e i<br />

doveri del lavoro. Alla sera ci saranno cortei, comizi e banda… Io questa festa dei lavoratori<br />

- mondia<strong>le</strong> - come cittadino, come cristiano la approvo e la incoraggio con tutto<br />

<strong>il</strong> cuore e mi auguro che per <strong>il</strong> bene del nostro paese, della nostra patria e di tutta<br />

l’umanità si inizi, si svolga e si compia nella più perfetta armonia e che si conseguano<br />

dovunque risultati fecondissimi di giustizia e di pace.<br />

In tempo del Mese di Maggio cioè durante tutto questo mese ad ora che dalla<br />

Suora addetta all’As<strong>il</strong>o sarà giudicato opportuno i bambini dell’As<strong>il</strong>o verranno in<br />

Chiesa a pregare e a ringraziare la Madonna S.S. che in Europa ogni traccia di guerra o<br />

scompaia o sia scomparsa e che presto anche nel continente asiatico la vittoria del diritto<br />

e della libertà umana e cristiana divenga un fatto compiuto, a loro si uniscano tutti<br />

i fedeli i quali nel prossimo mese di Maggio implorino dalla Ce<strong>le</strong>ste Madre con rinnovate<br />

istanze che trionfi e segni negli animi degli uomini riappacificati l’amore fraterno;<br />

che ai vizi subentrino <strong>le</strong> virtù, al<strong>le</strong> armi la giustizia, alla vio<strong>le</strong>nza sfrenata la serena<br />

rif<strong>le</strong>ssione; e che finalmente placatesi <strong>le</strong> onde di questa fiera tempesta, tutte <strong>le</strong><br />

genti facciano ritorno alla pace, alla concordia, a Cristo, che solo può, con la sua dottrina<br />

soprannatura<strong>le</strong>, che non fallisce, rendere sicuro ed immutabi<strong>le</strong> <strong>il</strong> fondamento<br />

dell’umana società, e che solo possiede paro<strong>le</strong> di vita eterna. […]<br />

Vi ricordate cosa vi dissi <strong>il</strong> giorno di Pasqua alla prima Messa e all’ultima? Se<br />

non ve ne ricordate più, ve lo rimetto in memoria io. Dissi che la pace in Europa era vicinissima.<br />

Avevo ragione o no? I grandi suoni e <strong>le</strong> grandi dimostrazioni d’ieri sera non<br />

significano che la lotta armata sia del tutto cessata; ma è certissimo, grazie a Dio, che<br />

siamo agli estremi e che - quindi - in Europa <strong>le</strong> armi si abbasseranno e si rimetteranno<br />

nel fodero. Dio voglia che arrugginiscano e che non siano più servib<strong>il</strong>i né ora né mai.<br />

Le molte persone intelligenti, rette, fidate con <strong>le</strong> quali da 7 anni a questa parte<br />

ho potuto aprirmi mi possono rendere testimonianza che fino dal 1938 io ho sempre<br />

detto: “se scoppierà la guerra, è certissimo che durerà tanto e che accadranno tanti disastri;<br />

ma alla fine <strong>le</strong> nazioni unite nel comune intento di far trionfare la libertà umana<br />

e cristiana trionferanno e la nostra Italia se obbligata a combattere coi germanici perderà<br />

anche Lei. Speriamo che questa perdita si converta per l’Italia in tanto bene” 190.<br />

Terminato <strong>il</strong> momento di indispensabi<strong>le</strong> unità tra la <strong>popolazione</strong>, <strong>il</strong> parroco ritrova<br />

la vis po<strong>le</strong>mica che lo ha caratterizzato negli anni giovan<strong>il</strong>i e, in questi anni, non nasconde<br />

<strong>le</strong> sue più profonde paure per <strong>il</strong> comunismo che sembra avanzare da Oriente ad Occidente<br />

189 ASCB, Carteggio e Atti 61, Deliberazioni del CLN del 24/6/45.<br />

190 ASPB, Addì 29.4.1945, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

72


mettendo in pericolo non solo lo Stato italiano ma la Chiesa stessa, perseguitata in Russia e<br />

negli altri Paesi satelliti stretti nella morsa del regime comunista. Don Cascioni non esita<br />

ad usare tutti gli strumenti a sua disposizione in questa moderna crociata facendosi anche<br />

parte attiva nella costituzione del nuovo partito dei cattolici che, superato <strong>il</strong> Partito popolare<br />

di don Sturzo, diverrà la Democrazia cristiana.<br />

A Buti <strong>le</strong> origini della D.C. risalgono alla seconda domenica del settembre 1944<br />

quando si tiene, presso i locali della Schola Cantorum Parrocchia<strong>le</strong>, una prima riunione presieduta<br />

proprio da don Cascioni e in cui, sempre su proposta di quest’ultimo, viene nominato<br />

segretario della sezione Fernando Bacci <strong>il</strong> qua<strong>le</strong> verrà poi sostituito, <strong>il</strong> 2 agosto 1945,<br />

dal professore Nata<strong>le</strong> Caturegli.<br />

Dopo la liberazione e durante i primi anni della rinata vita democratica fu<br />

sempre al nostro fianco [dei democristiani], partecipò al<strong>le</strong> più importanti riunioni della<br />

Sezione e soprattutto ci suggerì di volta in volta gli atteggiamenti che dovevamo assumere<br />

per sempre meglio far conoscere a tutti i cittadini <strong>il</strong> grave pericolo, rappresentato<br />

dal<strong>le</strong> formazioni politiche che si richiamavano all’ideologia marxista, per <strong>il</strong> futuro<br />

democratico e cristiano del nostro Paese. Grazie al suo esempio e ai suoi insegnamenti<br />

la Sezione di Buti svolse dal Settembre 1944 agli anni successivi (specialmente fino al<br />

1948) un’intensa e proficua attività politica. Organizzò fra l’altro manifestazioni varie,<br />

provvide alla comp<strong>il</strong>azione di un interessante giorna<strong>le</strong> mura<strong>le</strong> che ogni domenica veniva<br />

affisso nella via principa<strong>le</strong> del paese, promosse numerosi e frequenti comizi sulla<br />

pubblica piazza o contraddittori che si protraevano fino al<strong>le</strong> ore notturne nonostante<br />

che spesse volte gruppi di facinorosi comunisti cercassero di disturbarli con fischi e<br />

schiamazzi 191.<br />

Nel frattempo l’opera pastora<strong>le</strong> di don Cascioni si indirizza ancora sulla ripresa<br />

mora<strong>le</strong> della comunità di cui è alla guida, volgendo <strong>il</strong> suo sguardo alla necessità di ricreare<br />

un clima di concordia. Dai documenti scritti risulta evidente come, fino dal 1945, <strong>il</strong> prelato<br />

cerchi di fare opera di mediazione fra i rappresentanti del<strong>le</strong> varie parti politiche. Dopo<br />

l’esperienza della guerra e dell’occupazione tedesca la necessità imminente è la cooperazione<br />

tota<strong>le</strong> per la conquista di un nuovo benessere, ma anche di una maggiore pace socia<strong>le</strong>.<br />

L’offerta in denaro alla Chiesa da parte di un circolo di sinistra 192 è l’occasione per<br />

ribadire la necessità di concordia ma anche la volontà di non essere strumentalizzati politicamente.<br />

Il suo avviso domenica<strong>le</strong>, infatti, precisa che sono necessarie alcune comunicazioni:<br />

Leggere offerte del Circolo ricreativo operaio panica<strong>le</strong>se con opportune precisazioni.<br />

In quanto sacerdote e parroco non intendo fare della reclame ad un partito che<br />

qui non c’entra, bensì elogiare un fatto squisitamente umano cristiano.<br />

191 DOVERI, Come nacque la D.C. Butese, cit. L’interruzione dei comizi sembra essere, a Buti, una pratica<br />

non rara. Numerosi testimoni hanno memoria di episodi verificatisi dal dopoguerra agli anni Sessanta.<br />

Interessante un documento del 15 luglio 1945, in cui si comunica che <strong>il</strong> comizio di Amerigo Bottai, della Federazione<br />

socialista pisana, fu più volte sospeso. Dopo aver attaccato la monarchia, si indirizzò contro la<br />

Democrazia Cristiana e la Chiesa. A questo punto Pier Luigi Bernardini «si recò sul balcone dove si trovava<br />

<strong>il</strong> Bottai e gli chiese di vo<strong>le</strong>r meglio chiarire <strong>il</strong> contenuto dell’art. 124 della costituzione sovietica del 1936. A<br />

questo punto quasi tutto l’uditorio applaudì <strong>il</strong> Bernardini con vive proteste contro <strong>il</strong> Bottai, accusandolo di<br />

essere contro la religione, contro la chiesa e contro <strong>il</strong> buon ordine. Il comizio fu quindi sospeso», in ACS, MI<br />

Gabinetto 1944-45, busta 127, fascicolo 11049, Comunicazione del 30 luglio 1945 da parte del Prefetto di <strong>Pisa</strong> Vincenzo<br />

Peruzzo al Ministero dell’Interno.<br />

192 Si tratta del Circolo operaio situato in località Panica<strong>le</strong>, nella parte alta del paese, aperto in data<br />

29 ottobre 1944, come indicato in un foglio datt<strong>il</strong>oscritto in ASCB, Carteggio e Atti 61.<br />

73


Stiamo uniti e concordi - facciamo del bene - manteniamo noi butesi gelosamente<br />

la nostra tradizione di paese cattolico - frequentiamo la Chiesa e i sacramenti - e<br />

persuadiamoci che un popolo senza religione anche in questa vita è condannato<br />

all’infelicità e al sopruso. <strong>La</strong> religione cattolica e <strong>il</strong> popolo - questo inteso nel senso più<br />

largo e più vero della parola - o insieme prospereranno, o insieme saranno cancellati<br />

193.<br />

A poco servono però <strong>le</strong> prediche di don Cascioni tanto che gli stessi riferimenti<br />

all’eccidio di Piavola, episodio che ha unito drammaticamente la <strong>popolazione</strong> attraverso <strong>il</strong><br />

lutto e <strong>il</strong> dolore, creeranno numerose tensioni fra gli abitanti di Buti e Cascine e diventeranno<br />

un ulteriore e<strong>le</strong>mento di divisione nel paese.<br />

Il 1946 sarà proprio l’anno nel qua<strong>le</strong> <strong>le</strong> commemorazioni per i morti di Piavola si<br />

divideranno: da una parte quel<strong>le</strong> religiose e dall’altra quel<strong>le</strong> laiche. Il 14 luglio, alla fine<br />

della Messa, don Cascioni avviserà infatti la <strong>popolazione</strong> che martedì 23 in Piavola sarà ce<strong>le</strong>brata<br />

una Messa, «con esequie in musica» a cui «<strong>il</strong> popolo di Buti e quello di Cascine sono<br />

invitati in massa», puntualizzando che «la cerimonia ha carattere strettamente ed esclusivamente<br />

religioso e di suffragio» 194 .<br />

L’attività di don Cascioni si rivolge con coerenza anche agli aspetti della vita privata<br />

degli abitanti, attraverso appelli relativi alla moralità. Ut<strong>il</strong>izza un linguaggio metaforico<br />

e involuto, col<strong>le</strong>ga i suoi appelli a commemorazioni di contesti drammatici ut<strong>il</strong>izzati per<br />

invitare a non “ballare” mantenendo un “lutto stretto”, come si diceva una volta nel<strong>le</strong><br />

campagne. In questo senso gli appunti del giugno 1945 sono <strong>il</strong>luminanti:<br />

[…] Venerdì 22 Giugno in questa Chiesa Pievania Uffizio so<strong>le</strong>nnissimo per i<br />

morti da bombardamento aereo <strong>il</strong> 22 Giugno 1944. Ci salvarono. Fiori e verde. Le famiglie<br />

portino i ritratti e li metteremo intorno al tumulo. Tutto <strong>il</strong> popolo è invitato. Si<br />

capisce che <strong>il</strong> primo invito mio è rivolto al<strong>le</strong> famiglie dei defunti al<strong>le</strong> quali assegneremo<br />

posti a parte.<br />

[…] Raccomandarsi che non si balli. Le donne e <strong>le</strong> ragazze sinceramente religiose<br />

non vadano ai balli pubblici. A poco a poco apprenderanno l’abitudine di non<br />

sentire più <strong>il</strong> pericolo mora<strong>le</strong> che c’è e… guai a loro. Non mancano in paese ragazze e<br />

famiglie che hanno vergogna e che piangono per avere scherzato troppo col fuoco e,<br />

quindi, per essersi scottate. D’altra parte, quanti dolori e lutti abbiamo patito e provato<br />

- e forse quanti ce ne stanno preparati ancora! Io vorrei che oggi 17 Giugno 1945 in<br />

omaggio per i morti del 22 Giugno 1944 e in omaggio a quelli che abbiamo saputo o<br />

sapremo poi morti e dispersi a causa di guerra - io vorrei che oggi specialmente non si<br />

avesse <strong>il</strong> coraggio di frequentare ritrovi spensierati e di divertirsi pericolosamente<br />

mentre c’è chi piange desolatamente con lo strazio nel cuore 195.<br />

Sono duri i tempi successivi alla fine della guerra. Da un lato si gode della liberazione<br />

dagli occupanti tedeschi, dall’altro la povertà incombe sulla vita del<strong>le</strong> persone. Il 22<br />

settembre 1945 don Cascioni scrive al Comitato di liberazione:<br />

[…] posso affermare che la cifra duecento disoccupanti butesi è davvero impressionante<br />

e che più impressionante si prospetta per l’avvenire se gli americani via<br />

via licenzieranno e gli italiani obbligati a pensarci non ci penseranno. Qua<strong>le</strong> parroco in<br />

questo capoluogo di Comune da circa 32 anni, ho motivo di fare assegnamento sui<br />

principi cristiani, sul carattere mite e sul<strong>le</strong> abitudini di pazienza, di sacrificio e di fiducia<br />

nel<strong>le</strong> autorità da parte del popolo lavoratore; ma occorre urgentemente che <strong>le</strong> autorità<br />

e i privati ben provvisti vengano incontro al<strong>le</strong> necessità inderogab<strong>il</strong>i di troppe fa-<br />

193 ASPB, Carteggio e Atti 61, Avviso del 25 marzo 1945, in Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

194 Idem.<br />

195ASPB, Addì 17.6.1945, in Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

74


miglie in quanto che la fame è sempre stata cattiva consigliera. Per ragioni di dignità e<br />

di moralità, più che i sussidi continuativi nell’attesa sono indicati e raccomandati i lavori<br />

privati e pubblici. Così quel pane che l’operaio avrà per sé e per i suoi cari gli tornerà<br />

più gradito perché frutto di onorata fatica. Aggiungo <strong>il</strong> mio modesto parere che<br />

negli eventuali lavori da affidarsi ai disoccupati si debba conseguire - con metodo, con<br />

vigi<strong>le</strong> direzione, con laboriosità consapevo<strong>le</strong> - la maggiore ut<strong>il</strong>ità possibi<strong>le</strong> e durevo<strong>le</strong><br />

sia nei riguardi del Comune, sia nei riguardi dell’agricoltura e dell’industria. […] 196.<br />

È interessante in tal senso un avviso <strong>le</strong>tto alla Messa del 2 dicembre 1945, quando <strong>il</strong><br />

pievano annuncia che <strong>il</strong> 28 dicembre al Teatro “Francesco di Bartolo” «l’<strong>il</strong>lustre compaesano<br />

Don Ic<strong>il</strong>io Felici terrà una conferenza di argomento <strong>le</strong>tterario e socia<strong>le</strong>. Il ricavato della<br />

conferenza sarà devoluto ai poveri». Visti «i tempi attuali… molto duri, burrascosi e penosi»<br />

in cui si gode della liberazione dagli occupanti tedeschi, richiama ancora una volta<br />

all’unità e alla concordia in quanto <strong>le</strong> relazioni personali fra gli abitanti si complicano a<br />

causa del<strong>le</strong> divisioni sociali: «Stiamo uniti e concordi in pace e ci affratelli tutti la carità<br />

umana e cristiana. Sforziamoci tutti di fare <strong>il</strong> possibi<strong>le</strong> affinché si possa uscire nel migliore<br />

dei modi da questo inverno. Dopodiché con l’aiuto di Dio e con la cooperazione di tutti gli<br />

uomini di buona volontà <strong>il</strong> nostro paese, la nostra patria, <strong>il</strong> mondo tutti sconquassati e<br />

prostrati da una terrib<strong>il</strong>issima guerra si riavvicinino e gioiscano un poco e riprendano un<br />

nuovo fidente cammino di civ<strong>il</strong>tà, di giustizia, di concordia, di dignitoso e sufficiente benessere<br />

197 ».<br />

In una chiesa gremita don Cascioni, alla fine di ogni Messa, continua a <strong>le</strong>ggere i<br />

suoi appunti che diventano sempre più lunghi, del<strong>le</strong> vere e proprie omelie quando non invettive<br />

<strong>le</strong>gate all’attualità. Spesso assumono i toni della po<strong>le</strong>mica o quelli di un vero e<br />

proprio appello al voto. Dai momenti di solidarietà umana e politica del periodo di guerra<br />

si passa alla po<strong>le</strong>mica verso <strong>il</strong> Partito Comunista e quello Socialista che stanno sv<strong>il</strong>uppando<br />

una forte azione per <strong>il</strong> consenso in vista del<strong>le</strong> e<strong>le</strong>zioni per la Costituente e, successivamente,<br />

per <strong>il</strong> nuovo parlamento repubblicano.<br />

Il 23 dicembre 1945 annota:<br />

Giovedì di questa settimana nel pomeriggio è venuta da me una commissione<br />

assai numerosa di giovani cattolici a farmi ri<strong>le</strong>vare che sul giorna<strong>le</strong> mura<strong>le</strong> fatto affiggere<br />

domenica scorsa dai due partiti comunista e socialista c’erano del<strong>le</strong> accuse gravi<br />

contro <strong>il</strong> Vaticano e contro <strong>il</strong> Papa - accusati di favorire <strong>le</strong> sopraffazioni, <strong>le</strong> vio<strong>le</strong>nze e <strong>le</strong><br />

schiavitù a danno del popolo. Questa commissione mi domandò rispettosamente - ma<br />

energicamente che cosa avevo fatto e che cosa intendevo di fare in merito e mi pregò<br />

di profferire e di <strong>le</strong>ggere oggi una pubblica dichiarazione dal pulpito. Io, dato che <strong>il</strong><br />

parroco non deve essere insensibi<strong>le</strong> al<strong>le</strong> giuste richieste dei suoi fedeli - mentre prima<br />

ero quasi propenso a tacere e ad aver pazienza anche per questa volta sperando che<br />

detto inconveniente non si ripetesse più - non mi potei rifiutare dal fornire ad essi alcune<br />

spiegazioni ed assicurazioni e di prometter loro che <strong>le</strong> avrei ripetute a questa<br />

messa di mezzogiorno. Se mi fossi rifiutato, correvo pericoli di passare qua<strong>le</strong> un despota<br />

e un dittatore taciturno: invece debbo essere arrendevo<strong>le</strong> e democratico sempre<br />

in senso sacerdota<strong>le</strong>.<br />

Dunque, sentite come stanno <strong>le</strong> cose. Io seppi della pagina bianca con nuovi<br />

scritti in inchiostro nero in un articolo di un giorna<strong>le</strong> russo tutti biasimi nei riguardi<br />

del Vaticano e del Papa soltanto domenica decorsa quando i giornali murali erano stati<br />

staccati e riposti. Per conoscerne <strong>il</strong> contenuto, dovetti - quindi - <strong>il</strong> lunedì dopo pregare<br />

<strong>il</strong> Segretario della sezione comunista paesana che me lo facesse <strong>le</strong>ggere e lui gent<strong>il</strong>-<br />

196 ASCB, Carteggio e Atti 61, Lettera del 22/9/1945.<br />

197 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

75


mente aderì. Al<strong>le</strong> mie rimostranze, egli affermò che l’estratto di quell’articolo era stato<br />

incluso nel giorna<strong>le</strong> mura<strong>le</strong> a sua insaputa - che avevo ragione di lamentarmi - che lo<br />

disapprovava e che in seguito un simi<strong>le</strong> inconveniente non si sarebbe più ripetuto perché<br />

lui prima di far affiggere <strong>il</strong> giorna<strong>le</strong> mura<strong>le</strong> avrebbe voluto controllare minutamente<br />

tutto. Io voglio e debbo credere (e a me non restava, perciò, che ringraziarlo, prenderne<br />

atto e congedarmi da lui amichevolmente perché voglio bene a tutti e non nego<br />

a nessuno la mia stima) alla sincerità e alla <strong>le</strong>altà della promessa e non entro, perciò,<br />

nei particolari con i relativi e severi r<strong>il</strong>ievi e aggiungo che per eventuali attacchi avvenire<br />

sempre - volta per volta - risponderei e protesterei nella forma più vivace e più<br />

diffusa in questa Chiesa e da questo pulpito. Le questioni e <strong>le</strong> contese economiche e<br />

politiche non tocca a me a trattar<strong>le</strong>; ma quando si biasima <strong>il</strong> Vaticano, faro luminoso di<br />

pietà e di civ<strong>il</strong>tà umana e cristiana, quando si biasima <strong>il</strong> Papa - che è stato un vero martire<br />

in questa guerra e che a tratti ha profuso <strong>il</strong> suo gran cuore - guai a me se tacessi.<br />

Non sarei un buon pastore, ma un egoista mercenario. Con questo - chiudo - invitando<br />

tutti alla bontà e alla concordia per la ce<strong>le</strong>brazione del Santo Nata<strong>le</strong> in pace e per <strong>le</strong><br />

opere innumerevoli e improrogab<strong>il</strong>i che tutti uniti dobbiamo intraprendere a vantaggio<br />

degli operai tanto provati e dei diseredati dalla fortuna 198.<br />

Trascorrono un paio di mesi e <strong>il</strong> parroco, <strong>il</strong> 24 febbraio 1946, si rivolge ai fedeli con<br />

una serie di annunci che denotano l’accrescere del clima di scontro che si sta estendendo<br />

nel paese e l’aumentare della diffidenza tra <strong>le</strong> forze politiche:<br />

[…] Il Circolo ricreativo operaio Rio Magno negli ut<strong>il</strong>i suoi ha stanziato e consegnato<br />

due distinte offerte di £.1000 ciascuna a due differenti famiglie dove<br />

l’infermità e la povertà hanno provocato situazioni dolorose. Quando una commissione<br />

di detto circolo è venuta da me a pregarmi di dare questo annunzio in tempo di<br />

Messa festiva, io <strong>le</strong> ho fatto ri<strong>le</strong>vare che in Chiesa potevo sì pubblicare <strong>le</strong> offerte del<strong>le</strong><br />

diverse associazioni paesane; ma finché queste si mantenessero al di fuori del<strong>le</strong> competizioni<br />

politiche e in questo senso mi si espressero precise garanzie. Però, in seguito<br />

sono venuto a sapere che proprio nei locali di questo o di quel botteghino che da un<br />

po’ di tempo funzionano nel<strong>le</strong> varie frazioni del paese si fanno propagande e<strong>le</strong>ttorali<br />

in esclusivo favore di determinati partiti. Allora son costretto a dirvi che riguardo ad<br />

avvisare e pubblicare consim<strong>il</strong>i offerte - con oggi - faccio punto e basta. Per esempio so<br />

che la Democrazia di Buti in settimana ha elargito a famiglie bisognose Lire 2600; ma<br />

non lo annunzio ufficialmente per mettere tutti del pari. Del resto, prima d’ora mai ho<br />

annunziato <strong>le</strong> offerte di quest’ultimo partito perché ta<strong>le</strong>.<br />

Quanto prima - e lo avete appreso e lo apprenderete dai pubblici manifesti -<br />

anche <strong>il</strong> popolo di Buti, uomini e donne, sarà chiamato a dare un voto per ricostituire<br />

la sua comuna<strong>le</strong> amministrazione democratica. Io mi guarderei bene dal costringere gli<br />

e<strong>le</strong>ttori a firmare dichiarazioni di presentazione di candidature e dal vincolare in voti a<br />

favore e in pregiudizio di determinate liste o determinati candidati; ma qualunque cosa<br />

e qualunque dispiacere potesse incogliermi, sono obbligato in coscienza e in vista<br />

del mio ufficio di parroco a dirvi che voi dovete votare per quel<strong>le</strong> liste e per quel<strong>le</strong> persone<br />

che vi danno fondate ineccepib<strong>il</strong>i sicurezze di rispettare e di difendere la religione<br />

e la mora<strong>le</strong> cristiana cattolica. Voi guardate <strong>le</strong> liste, confrontate i candidati e <strong>le</strong> candidate<br />

che <strong>le</strong> compongono, fatevi venire a mente - se già non lo ricordate - come la pensano<br />

e come agiscono nei riguardi della religione e - se siete cattolici - votate come la<br />

vostra coscienza cattolica severamente e so<strong>le</strong>nnemente v’impone. Altrimenti, tradireste<br />

<strong>le</strong> promesse e i giuramenti del vostro Battesimo, della vostra Cresima, della vostra<br />

Prima Comunione, di tutti i momenti più salienti e decisivi della vostra vita di cristiani<br />

cattolici. E neppure io cadrò nella colpa imperdonabi<strong>le</strong> di indurre i popolani ad aste-<br />

198 Ibidem.<br />

76


nersi dal voto, cioè stare a casa a non votare per nessuno. Dare <strong>il</strong> voto secondo la propria<br />

coscienza cristiana cattolica è obbligatorio sacrosanto per gli uomini e per <strong>le</strong> donne<br />

dai ventuno anni in su magari fino a cento. Chi sta a casa - mentre gli altri escono di<br />

casa e vanno a votare per liste e persone non sicure di un punto di vista cristiano e cattolico<br />

- tradisce la sua fede. Dunque, a suo tempo, tutte e tutti a votare per quel<strong>le</strong> liste e<br />

per quel<strong>le</strong> persone che garantiscono la difesa del popolo nei suoi interessi e nei suoi<br />

ideali economici e spirituali - va<strong>le</strong> a dire del popolo italiano, del popolo butese che è<br />

nella stragrande maggioranza cristiano cattolico 199.<br />

Leggere i frammenti diaristici di questo parroco, i suoi appunti, <strong>le</strong> note sparse apre<br />

uno scenario assai frequentato e condiviso dalla storiografia contemporanea sul momento<br />

che visse l’Italia tra <strong>il</strong> 1945 e 1950. Uno sguardo lanciato sulla “grande” storia da un punto<br />

di osservazione decentrato e sperduto del Paese che, in piccolo, rappresenta la scena degli<br />

avvenimenti che segneranno l’Italia per tutto <strong>il</strong> Novecento, almeno fino alla caduta del<br />

Muro di Berlino.<br />

Pochi giorni dalla predica del 10 marzo 1946 e la po<strong>le</strong>mica diventa diretta e pubblica<br />

sui muri:<br />

Ieri sera, piuttosto tardi, venne affisso sui muri del paese questo piccolo manifesto<br />

che vi <strong>le</strong>ggo nella sua integrità: ‘Comunismo e religione’.<br />

“Il vero nemico della Religione è colui che si serve del nome di Dio per impaurire<br />

<strong>le</strong> deboli coscienze a danno dei partiti politici che lottano strenuamente per realizzare<br />

in tutti i paesi del mondo i veri principi della civ<strong>il</strong>tà cristiana: Parità di diritti e<br />

benessere per tutti gli uomini. Votate per i social-comunisti!”.<br />

Ora io - sacerdote e parroco che quando si tira in ballo la religione non posso<br />

tacere - rispondo semplicemente così: non cambiamo, cari amici e fratelli comp<strong>il</strong>atori e<br />

affissatori del manifestino sopra, non cambiamo <strong>le</strong> carte in tavola, non facciamo per<br />

gl’ingenui i prestigiosi giochi dei bussolotti, se i partiti politici non offendono anzi riconoscono<br />

e difendono i veri principi della civ<strong>il</strong>tà cristiana, noi non abbiamo niente da<br />

dire, ma quando certi partiti politici per i quali vi si chiede l’appoggio sempre in passato<br />

e al presente rinnegavano e rinnegano insultavano e insultano <strong>le</strong> cose e <strong>le</strong> persone<br />

sacre allora è sacrosanto dovere e del sacerdote e di qualunque cattolico appellarsi al<strong>le</strong><br />

coscienze cristiane e cattoliche perché reagiscano e appoggino, invece, quei programmi<br />

e quel<strong>le</strong> persone che insieme ai diritti del popolo vogliono salvi i diritti di Dio. Tutti i<br />

libri, tutti gli opuscoli, tutti i giornali di coloro che cercano di accattivarsi <strong>il</strong> vostro consenso<br />

mancano assolutamente di principi cristiani - tutti i capi, i propagandisti, gli organizzatori<br />

che vanno per la maggiore non credono in Dio - e non riconoscono la divinità<br />

di Cristo, non frequentano la Chiesa, non promettono e non mantengono la vera<br />

libertà del cattolicesimo. Per conseguenza - bisogna mettere in guardia <strong>il</strong> popolo, <strong>il</strong> vero<br />

popolo cristiano cattolico e dirgli: tu hai l’unità sindaca<strong>le</strong>, tu hai - quindi - <strong>il</strong> mezzo<br />

di promuovere e di raggiungere i tuoi diritti e di realizzare anche <strong>le</strong> condizioni indispensab<strong>il</strong>i<br />

per compiere i tuoi doveri; ma sappi che l’individuo, la famiglia, la società<br />

senza Dio e senza Gesù Cristo vanno incontro a irreparabi<strong>le</strong> rovina economica e spiritua<strong>le</strong>.<br />

Quando, dunque, in politica ti si chiede di appoggiare una data coalizione apri<br />

bene gli occhi e non tradire i veri principi della civ<strong>il</strong>tà cristiana. Finisco con un ricordo<br />

antico e con un ricordo recente. Nel 1920, di settembre, mentre da S. Francesco per via<br />

di Mezzo si faceva una processione di dono alla Madonna nostra Patrona, tra i 10 e i 15<br />

nostri compaesani irruppero dentro la processione, la scompigliarono e spaventarono<br />

199 Ibidem.<br />

77


<strong>le</strong> donne e i bambini 200. Erano cristiani-cattolici quei disturbatori? Se ora vi chiedessero<br />

di far causa comune con loro, voi fareste vista di non ricordare più nulla?<br />

Ricordo recente: quindici giorni or sono io dovetti in bicic<strong>le</strong>tta recarmi a <strong>Pisa</strong><br />

per una questione d’interesse paesano, sacrificando vo<strong>le</strong>ntieri tempo denaro e forze fisiche.<br />

Orbene, tra Fornacette e Calcinaia al mio ritorno sull’Argine d’Arno prima sulla<br />

sinistra e poi sulla destra ricevetti - da gente un po’ lontana ma che si faceva sentire assai<br />

- insulti e inviti volgarissimi. Non mi si verrà mica a dire che questa gente apparteneva<br />

a società e aderiva a programmi che propugnano i veri principi della civ<strong>il</strong>tà cristiana?<br />

Nemmeno per sogno! Era tutta gente del medesimo colore di chi ha comp<strong>il</strong>ato<br />

a affisso <strong>il</strong> piccolo manifesto d’ieri sera.<br />

Cari popolani, cari cattolici di Buti! Per la libertà, per la giustizia, per <strong>il</strong> bene del<br />

popolo ho fatto sempre qui in 32 anni quello che potevo e ho sofferto assai. Ho, perciò,<br />

<strong>il</strong> diritto inalienabi<strong>le</strong> d’intervenire e di parlare tutte <strong>le</strong> volte che la mia e la vostra religione<br />

cristiana-cattolica è minacciata e travisata. E interverrò e par<strong>le</strong>rò sempre, qualunque<br />

cosa possa accadermi. Diceva <strong>il</strong> poeta Petrarca ‘Io parlo per ver dire, non per<br />

odio d’altrui, né per difetto’ 201.<br />

Un documento come questo è significativo, quanto istruttivo, ai fini di una ricostruzione<br />

storica del clima che si respirava non solo a Buti ma in Italia: un brano apparentemente<br />

poco ri<strong>le</strong>vante rispetto alla storia presentata nei libri di testo, ma che assume invece<br />

una forte pregnanza se col<strong>le</strong>gato ai grandi avvenimenti che si svolgevano nel Paese e nel<br />

Mondo. Offre la possib<strong>il</strong>ità, al ricercatore, di guardare la storia dal “basso”, con gli occhi di<br />

uno dei tanti m<strong>il</strong>ioni di cittadini che sono costretti a “subire” la storia e gli eventi.<br />

L’avvicinarsi del<strong>le</strong> scadenze e<strong>le</strong>ttorali che mettono in gioco <strong>il</strong> potere nella neonata<br />

repubblica fa aumentare i toni della po<strong>le</strong>mica come quando nell’avviso del Capodanno<br />

1947 don Cascioni annota:<br />

Leggere ‘Il giorno in Vaticano e <strong>le</strong> menzogne dell’Unità…’. Poi commentare così:<br />

Ancora una volta gli ispiratori, i sostenitori, i <strong>le</strong>ttori di questo foglio nonché degli altri<br />

fogli dello stesso equivoco genere della setta che rappresentano sono convinti di<br />

malafede. È inuti<strong>le</strong> negarlo: essi sono dei seguaci del motto di Voltaire: ‘Calunniate, calunniate:<br />

qualche cosa resterà sempre’. Così è accaduto recentemente a Buti a proposito<br />

di un doloroso traviamento che si è concluso poi con una miracolosa conversione.<br />

Bugie sopra bugie, oscenità sopra oscenità, mancanza assoluta di sincerità e di rettitudine.<br />

Cattivi, falsi, privi di pudore, vio<strong>le</strong>nti, ebeti - ecco gli esponenti del materialismo,<br />

dell’antic<strong>le</strong>ricalismo e del sovversivismo socia<strong>le</strong>. Con questo giudizio che non ammette<br />

replica - asserisco che per loro fu pessima la fine del 1946, che sarà indegno e infausto<br />

<strong>il</strong> principio e <strong>il</strong> proseguimento del 1947. Ai buoni, ai devoti, agli onesti di qualsiasi<br />

partito, ai difensori della religione cattolica - a tutti coloro che in quest’anno 1947 si<br />

opporranno quasi muraglia incrollabi<strong>le</strong> al d<strong>il</strong>agare dell’errore e del ma<strong>le</strong> e infallib<strong>il</strong>mente<br />

vinceranno vada pieno e commosso l’augurio cristiano di buon principio 202.<br />

Nel 1947 don Cascioni non accenna a stemperare la po<strong>le</strong>mica e in un avviso del 16<br />

settembre si lascia andare ad una vera e propria invettiva contro i luoghi di ritrovo dove si<br />

200 L’episodio è ancora presente nella memoria di molti butesi perché veniva spesso ricordato da<br />

don Cascioni nel<strong>le</strong> prediche del dopoguerra. Durante la processione del Santo Nome di Maria, patrona del<br />

paese, una donna affacciata ad una finestra lanciò un gatto sul baldacchino. A quel punto un gruppo di anarchici<br />

irruppe nel corteo e scompigliò la processione. Si racconta che <strong>il</strong> giorno dopo don Cascioni si sia recato<br />

a casa della donna e l’abbia convinta a prendere lui stesso cura dei suoi figli che, altrimenti, sarebbero<br />

cresciuti in un ambiente diseducativo e scarsamente cristiano. Uno dei due divenne sacerdote, l’altro un eminente<br />

professore di Lettere.<br />

201 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

202 Ibidem.<br />

78


parla di politica:<br />

Non si sono benedetti i botteghini di campagna. Non si benedicono i botteghini<br />

di paese. Motivi due: nel<strong>le</strong> e<strong>le</strong>zioni dell’altro anno si è fatta propaganda politica e vi si<br />

sono esposti segnali di partiti; tra <strong>il</strong> 21 e <strong>il</strong> 29 Novembre 1946 un sacerdote paesano 203<br />

che aveva rinunciato alla fede cattolica e al sacerdozio cattolico e che aveva aderito al<br />

partito comunista vi si è ricevuto, festeggiato, ascoltato e applaudito in dispregio della<br />

nostra religione e dei sacerdoti cattolici. Ora lui è convertito e fa piamente ed esemplarmente<br />

<strong>il</strong> suo dovere; ma dai dirigenti e dai componenti dei botteghini non mi è venuta<br />

mica nessuna dichiarazione di pentimenti e di seri propositi di mutare atteggiamenti<br />

per l’avvenire?! Del resto, né al<strong>le</strong> sedi - né ai buffet dei tre partiti di massa che<br />

abbiamo in paese (compreso - e perché no - quello della Democrazia cristiana) la benedizione<br />

non si è data l’altro anno e non si dà neppure quest’anno. Caso mai, dunque,<br />

in Castel di Nocco si sono scandalizzati e lamentati tanti? Il povero nostro cappellano -<br />

che è, fra parentesi, molto buono e molto bravo - ci mancò poco che non lo mangiassero<br />

e non lo digerissero su due piedi. E si disse che <strong>il</strong> pievano non ebbe <strong>il</strong> coraggio di<br />

andare là e fece fare a lui quella parte ingrata. Niente affatto. Non ci andai perché<br />

quest’anno quel giro non mi toccava. Il cappellano obbedì ad una mia disposizione;<br />

ma è altresì perfettamente d’accordo con me che la mia disposizione è giustissima. Fedeli<br />

carissimi che mi ascoltate! Ve lo assicuro e ve lo giuro che io non vivo né di ma<strong>le</strong>vo<strong>le</strong>nza,<br />

né di dispetti. Però, sempre, ma specialmente nei tempi che corrono ci vuo<strong>le</strong><br />

coerenza e dignità e mettere bene in chiaro <strong>le</strong> rispettive posizioni. O di qua, o di là. Libertà<br />

per tutti nell’ambito del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi, dell’educazione e dell’amore vicendevo<strong>le</strong>; ma i<br />

pasticci, <strong>le</strong> confusioni, <strong>le</strong> accondiscendenze paurose per un parroco che si rispetti non<br />

debbono mai accadere e non accadranno 204.<br />

E <strong>il</strong> 7 dicembre dello stesso anno si difende dal<strong>le</strong> accuse che gli vengono mosse in<br />

paese da diverse persone circa <strong>il</strong> fare politica in chiesa, ribadendo l’importanza della sua<br />

azione a difesa della religione cattolica. E don Cascioni continua la salvaguardia di valori<br />

quali la giustizia e la libertà per <strong>le</strong> classi lavoratrici, ma al di fuori di ogni scontro socia<strong>le</strong>:<br />

Non vi impensierite e non vi sgomentate per <strong>le</strong> agitazioni e per <strong>le</strong> vio<strong>le</strong>nze inconsapevoli<br />

e deplorevoli che qua e là accadono. Chi minaccia, chi percuote e chi devasta<br />

è segno che sente di aver torto e che si sente debo<strong>le</strong> per <strong>il</strong> trionfo dell’idea sua<br />

contraria alla verità e alla virtù. Non dubitate, però, i vio<strong>le</strong>nti e i persecutori saranno<br />

presto e comp<strong>le</strong>tamente acquietati e l’idea cristiana cattolica e <strong>le</strong> organizzazioni che si<br />

ispirano ad essa trionferanno per poco - poi - sempre. Stiamo forti nel<strong>le</strong> fede e preghiamo.<br />

Iddio è con noi. <strong>La</strong> Madonna prega per noi. Caino uccise Abe<strong>le</strong> e gli sembrò<br />

di essere padrone incontrastato: Abe<strong>le</strong> fu ucciso e sembrò uno sconfitto… invece, a<br />

lungo andare, chi vince è sempre Abe<strong>le</strong>. Caino andò - ma<strong>le</strong>detto e spiacente - a ramingare<br />

pel mondo. Abe<strong>le</strong> col suo sacrifizio di sangue innocente è <strong>il</strong> precursore e <strong>il</strong> protettore<br />

di tutti quelli che amano e seguono <strong>il</strong> Crocifisso. Bisogna avere ancora un po’ di<br />

pazienza e aspettare ancora un poco; ma presto, prestissimo <strong>il</strong> popolo che soffre e che<br />

lavora riconoscerà i suoi veri difensori e la Chiesa che è calunniata e perseguitata spiegherà<br />

libera ai venti la bandiera candida e immacolata di una nuova risurrezione. Voi<br />

donne, voi uomini, voi giovani, voi giovinette che vo<strong>le</strong>te essere fedeli al vostro battesimo,<br />

alla vostra cresima, ai giuramenti della vostra Prima Comunione non piegate.<br />

Vogliate bene a tutti. Perdonate tutti. Fate del bene anche a chi vi fa del ma<strong>le</strong>. Ma<br />

quando si tratta dei diritti di Dio e del popolo cattolico, corrispondete calmi e decisi a<br />

chi vi chiede <strong>il</strong> doveroso appoggio: altrimenti sareste miserab<strong>il</strong>i traditori. Non date retta<br />

a certe notizie inventate di sana pianta. <strong>La</strong> grande, la grandissima maggioranza<br />

203 Si tratta di don Ivo Stefani.<br />

204 ASPB, Pievania di Buti. Avvisi da darsi, cit.<br />

79


dell’Italia è cattolica - e cattolica resterà (1).<br />

(1) Qualcuno e qualcuna - dopo questi miei r<strong>il</strong>ievi - dirà o sottovoce qui, o fuori<br />

a voce alta e concitata: anche oggi <strong>il</strong> Pievano ha fatto <strong>il</strong> Comizio in Chiesa e noi siamo<br />

stati a questo spettacolo profano. Stia attento, però, che potrebbero capitargli dei<br />

guai che lo farebbero pentire di tutto. A che cosa devo stare attento? Io non faccio della<br />

politica per la politica in un senso che disdica alla mia condizione di sacerdote, di parroco,<br />

ma voglio e debbo vo<strong>le</strong>re che la politica non combatta la religione. Se no, non sarei<br />

un sacerdote e un parroco messo qui a difendere <strong>il</strong> cattolicesimo; ma un volgarissimo<br />

vigliacco e mestieriante. E quando sento che gli altri - i vio<strong>le</strong>nti, gli atei, i negatori<br />

della mora<strong>le</strong> cristiana e del<strong>le</strong> prerogative della Chiesa - loro e soltanto loro difendono<br />

gli interessi del povero popolo, mi ribello. Il cristianesimo e la Chiesa vogliono per <strong>le</strong><br />

classi lavoratrici giustizia e libertà, ma nell’ordine, nel rispetto, nell’amore vicendevo<strong>le</strong>.<br />

[Se questi prepotenti andassero al comando, <strong>il</strong> benessere se lo procurerebbero per se<br />

stessi e <strong>le</strong> masse risulterebbero davvero - come accade in quegli infedelissimi paesi dove<br />

comandano - schiave, cenciose, affamate]. Chi ha dia, chi presiede, chi governa, assicuri<br />

pane, ogni confort e lavoro a tutti; ma si faccia una buona volta finita con certe<br />

esplosioni di odio che rovinano l’Italia quasi che non bastassero <strong>le</strong> rovine della guerra.<br />

Quanto a me, sfido chiunque a provarmi che sono contrario ai diritti del popolo e sto<br />

dalla parte di chi non è giusto e non ha cuore. E, infine, che cosa mi potrebbe capitare?<br />

Ho 64 anni compiuti e da 50 anni mi sono sempre trovato in mezzo a tutte <strong>le</strong> contese<br />

per asserire e difendere <strong>le</strong> cause della religione e la causa della giustizia umana e cristiana.<br />

Ho vissuto sempre pericolosamente, nell’estate del 1944 ho rischiato e sofferto<br />

molto per <strong>il</strong> bene del mio popolo e per salvarlo più che fosse possibi<strong>le</strong> dal furore tedesco.<br />

Non ho mai portato odio a nessuno e ho sempre perdonato e beneficato. <strong>La</strong> mia<br />

vita e la mia morte sono nel<strong>le</strong> mani di Dio. Cui affido la salvezza dell’anima mia. E<br />

buon per me - diceva <strong>il</strong> poeta Giusti e ridico io - e buon per me se la mia vita intera -<br />

mi frutterà di meritare un sasso - che porti scritto: non mutò bandiera 205.<br />

Superati i duri momenti del dopoguerra e avviato <strong>il</strong> Paese verso la ricostruzione e <strong>il</strong><br />

progresso economico, anche la vita della <strong>popolazione</strong> butese riprende un ritmo improntato<br />

alla normalità ma, contemporaneamente, suscettibi<strong>le</strong> di forti cambiamenti. Don Cascioni<br />

rimane sempre un punto di riferimento per la comunità e a lui si rivolgono tutti senza distinzione<br />

di fede politica, trovando accoglienza e benevo<strong>le</strong>nza anche se non mancano, ovviamente,<br />

situazioni che amareggiano <strong>le</strong> persone. È frequente, ancora oggi, imbattersi in<br />

testimoni, al tempo comunisti, che raccontano di quanto abbiano discusso con <strong>il</strong> “loro”<br />

prete perché, dopo la scomunica, si rifiutava di accendere <strong>le</strong> cande<strong>le</strong> al momento del matrimonio<br />

e si scagliava contro di loro quando non mandavano i figli in chiesa o all’oratorio.<br />

Ciò avveniva con lo stesso istintivo comportamento che lo portava ad entrare nel<strong>le</strong> case<br />

dei butesi come se se fosse parte di ogni famiglia. Anna, figlia dell’allora sindaco comunista<br />

Lelio Baroni, si commuove ancora oggi ricordando che <strong>il</strong> giorno della Cresima, nel<br />

1956, don Cascioni si presentò al suo rinfresco dicendo che <strong>il</strong> pievano di Buti non poteva<br />

mancare alla festa della bimba del primo cittadino. E in quell’occasione si vol<strong>le</strong> far fotografare<br />

insieme a <strong>le</strong>i, con <strong>le</strong> mani sul<strong>le</strong> sue spal<strong>le</strong> 206 .<br />

Con <strong>il</strong> passare del tempo <strong>il</strong> suo carattere non cambia e “<strong>il</strong> burbero prete”, come amava<br />

definirlo l’amico Giovanni Gronchi, manifesta atteggiamenti sempre più istintivi ma<br />

che vengono bonariamente accettati dai butesi, anche in nome dei trascorsi civ<strong>il</strong>i di don<br />

Cascioni. Sintomatico l’ingresso in Quirina<strong>le</strong> poco tempo dopo l’e<strong>le</strong>zione a Presidente del-<br />

205 Ibidem.<br />

206 Testimonianza di Anna Baroni, anni 53, pensionata ex impiegata, r<strong>il</strong>asciata agli autori a Buti in<br />

data 20 agosto 2005.<br />

80


la Repubblica dello stesso Gronchi, quando «entrò a passo deciso senza minimamente<br />

preoccuparsi del<strong>le</strong> guardie che lo invitavano a farsi riconoscere. Fattosi indicare lo studio<br />

del Presidente, si avviò a passo di bersagliere verso quello, sempre rincorso dal persona<strong>le</strong><br />

di servizio mentre egli sbraitava dicendo che era amico del Presidente e che vo<strong>le</strong>va vederlo<br />

subito. In quel momento Gronchi era a colloquio con l’ambasciatore di non so qua<strong>le</strong> stato<br />

estero, sentendo quel frastuono e riconosciutolo alla voce, si fece sulla porta dicendo:<br />

‘Vieni avanti, brontolone!’ » 207 .<br />

Moralmente don Cascioni rifiuta la modernità, mentre sempre l’ha accolta nella tecnica.<br />

Negli anni Cinquanta compra un mosquito, una specie di motorino applicato alla bicic<strong>le</strong>tta,<br />

con cui si sposta nei paesi vicini arrivando fino a <strong>Pisa</strong>.<br />

Nel maggio del 1952, tornando dalla vicina Bientina, sbatte contro un carro agricolo<br />

senza fanalini di coda e, cadendo, subisce un vasto ematoma per cui si rende necessario<br />

l’intervento chirurgico alla scatola cranica. Ritorna in salute ma <strong>le</strong> sue qualità mentali risultano<br />

assai compromesse.<br />

Nell’autunno del 1959 <strong>le</strong> sue condizioni fisiche si aggravano tanto da dover rinunciare<br />

alla parrocchia. Viene sistemato presso l’Istituto di sacerdoti anziani ammalati “Fatebenefratelli”<br />

a Brescia dove rimane fino al settembre 1961 quando entra in coma. Pre<strong>le</strong>vato<br />

da un’ambulanza della Misericordia è trasferito a Buti<br />

in quella che era stata per quarantacinque anni la sua cameretta. L’agonia dura<br />

parecchi giorni durante i quali si alternano al suo capezza<strong>le</strong> persone di ogni età e idea<strong>le</strong><br />

politico. Muore <strong>il</strong> 30 dello stesso mese e <strong>il</strong> suo funera<strong>le</strong>, per molti, è indimenticato<br />

ancora oggi. <strong>La</strong> piazza della chiesa e la strada, intitolata poi a suo nome, traboccano di<br />

persone. <strong>La</strong> Messa viene ce<strong>le</strong>brata nella pievania dove la Cora<strong>le</strong> ‘Santa Cec<strong>il</strong>ia’ canta <strong>il</strong><br />

Libera me, Domine, che commuove grandi e piccini. Poi, nella cappella della Misericordia,<br />

viene di nuovo benedetta la salma. I componenti della Confraternita, con stendardi<br />

e lampioni, aprono <strong>il</strong> mesto corteo e, molto <strong>le</strong>ntamente, la bara passa di spalla in<br />

spalla fino ai platani di via Rio Magno. Qui viene posta sul carro funebre tirato dal cavallo,<br />

che percorre la strada verso <strong>il</strong> cimitero seguita da un mare di persone, senza che<br />

nessuno si stacchi dal feretro. Intanto la banda suona musica sacra e rende ancora più<br />

suggestiva la cerimonia. Quel giorno in casa rimangono solo gli infermi, perché tutti i<br />

butesi sono riversati per <strong>le</strong> strade del paese 208 .<br />

Così scrive <strong>il</strong> pievano che a lui succedette, don Agostino F<strong>il</strong>ippi, nel registro dei<br />

morti:<br />

Don Pietro Cascioni Poli pievano di Buti, commendatore al merito della Repubblica.<br />

Nato a Riglione <strong>il</strong> 2 gennaio 1883. Venne adottato dal fu Pasqua<strong>le</strong> e da Mariani<br />

Antonietta. Fin dal 1914 Pievano di Buti. Spirito ardente e combattivo per gli alti<br />

ideali della Religione e dello Stato Italiano. Ex combattente della grande guerra 1915-<br />

1918. Grande fautore del Partito Popolare nella zona <strong>Pisa</strong>na, amico intimo di Giovanni<br />

Gronchi: Presidente della Repubblica Italiana. Pastore amato, stimato e venerato dal<br />

suo popolo, che giunto <strong>il</strong> momento della sua dipartita, lo rivol<strong>le</strong> in mezzo a sé, dopoché<br />

a causa di una tremenda malattia già da circa due anni si trovava in una casa di assistenza<br />

di Brescia. Il giorno 30 settembre 1961 al<strong>le</strong> ore 20.30 dopo aver ricevuto tutti i<br />

conforti di nostra Santa Religione, assistito dalla specia<strong>le</strong> benedizione del Papa e del<br />

nostro arcivescovo, rendeva la sua e<strong>le</strong>tta anima a Dio, all’età di anni 78. <strong>La</strong> sera del 2<br />

ottobre con la partecipazione di sua Ecc. Monsignor Ugo Camozzo Arcivescovo di Pi-<br />

207 PARENTI, Don Pietro Cascioni, cit.<br />

208 Testimonianza di Lionello Pelosini, anni 77, pensionato ex assistente tecnico, r<strong>il</strong>asciata agli autori<br />

a Buti <strong>il</strong> 2 agosto 2004.<br />

81


sa, del Vicario Genera<strong>le</strong>, di decine e decine di sacerdoti e da una fiumana di popolo<br />

butese, la sua morta<strong>le</strong> spoglia veniva accompagnata al camposanto 209.<br />

In tutte <strong>le</strong> case si diffondono ben presto i santini con la Croce contornata da corona<br />

di spine e la scritta Ave, spes unica sulla prima pagina, mentre all’interno, per numerosi anni,<br />

<strong>il</strong> volto sorridente del prete continuerà a rappresentare un punto di riferimento per i<br />

butesi.<br />

Il testo presente nel santino recita così:<br />

In te Domine speravi<br />

2 - 1 - 1883 30 - 9 - 1961<br />

DON PIETRO CASCIONI POLI<br />

Commendatore al Merito della Repubblica<br />

Per 45 anni Pievano di Buti.<br />

Nobi<strong>le</strong> figura di sacerdote, Pastore zelante e vig<strong>il</strong>ante, apostolo della carità<br />

e <strong>le</strong>a<strong>le</strong> combattente per la grande Idea di rinnovamento<br />

CRISTIANO DELLA SOCIETÀ<br />

Il 24 ottobre, nella seduta del Consiglio Comuna<strong>le</strong>,<br />

<strong>il</strong> Sindaco riferisce che <strong>il</strong> Presidente della Misericordia, Dottor Caturegli Carlo,<br />

anche nella sua vece di tutore <strong>le</strong>ga<strong>le</strong> del Rev. Don Pietro Cascioni, ha presentato un<br />

esposto per ottenere la sepoltura gratuita in una tomba sotterranea della Cappella del<br />

Cimitero, già occupata da un precedente parroco i cui resti vennero, qualche anno fa,<br />

traslocati nella Chiesa di S. Francesco. - <strong>La</strong> Giunta Comuna<strong>le</strong>, pur riservandosi <strong>le</strong> decisioni<br />

del Consiglio, espresse verba<strong>le</strong> parere favorevo<strong>le</strong> in considerazione che <strong>il</strong> Pievano,<br />

Don Cascioni, aveva svolto <strong>il</strong> suo ministero nella parrocchia di Buti per oltre 45<br />

anni con vero spirito di carità cristiana, accaparrandosi la simpatia e l’affetto di tutti i<br />

cittadini di qualunque tendenza politica e di qualunque credo religioso. - Il Consigliere<br />

di minoranza, Sig. Profeti, esprime a nome del suo gruppo <strong>il</strong> ringraziamento per<br />

l’operato della Giunta ed auspica che <strong>il</strong> Consiglio abbia la stessa volontà di riconoscenza<br />

dei larghi meriti acquisiti dal Pievano, Don Cascioni, durante la sua lunga permanenza<br />

a Buti 210 .<br />

Viene così deliberato, a voti favorevoli unanimi, resi per acclamazione, «di concedere<br />

la sepoltura gratuita al defunto Comm. Don Pietro Cascioni, Pievano di Buti, in una<br />

tomba sotterranea della Cappella Cimiteria<strong>le</strong>, renunciando quindi ai relativi diritti che per<br />

<strong>il</strong> caso in esame ammontano a £.18.000» 211 .<br />

<strong>La</strong> malattia e la morte di don Cascioni riuniscono, per breve tempo, gli abitanti di<br />

un intero paese, che recuperano gli eventi positivi, ma anche quelli drammatici, vissuti<br />

dalla col<strong>le</strong>ttività negli ultimi cinquanta anni. Senza alcun dissenso.<br />

209 ASPB, Liber mortuorum ab anno MCMXXIX, cit.<br />

210 Archivio del Comune di Buti, Consiglio Com/Anni 1956 - 1963, Seduta del 6/10/1961.<br />

211 Ivi.<br />

82


LA MEMORIA<br />

Anna Calloni (Scuola Media “Enrico Fermi” di Pontasserchio)<br />

Il lavoro sulla memoria, da quando ho iniziato ad insegnare, è stato una parte integrante<br />

del mio programma di storia in terza media. Ho sempre chiesto ai miei alunni di<br />

invitare i loro nonni a scuola per raccontare <strong>le</strong> loro esperienze prima, durante e dopo <strong>il</strong><br />

passaggio del fronte.<br />

È stato, però, negli ultimi anni che questa ricerca è divenuta un vero e proprio progetto<br />

didattico, di una straordinaria va<strong>le</strong>nza formativa e educativa.<br />

Grazie, infatti, al lavoro del circolo “Le storie”, alla disponib<strong>il</strong>ità della nostra amministrazione<br />

comuna<strong>le</strong>, all’entusiasmo di alcuni insegnanti e alla collaborazione del<strong>le</strong> famiglie<br />

siamo riusciti a coinvolgere i nostri ragazzi e a renderli partecipi di un periodo storico<br />

che è alla base della nostra democrazia. <strong>La</strong> presenza dei “testimoni del tempo”, i loro racconti<br />

pieni di pathos, di passione politica, di ideali hanno toccato i ragazzi e hanno suscitato<br />

in loro una passione per la storia mai avuta fino a quel momento.<br />

Anche i ragazzi meno motivati davanti ai racconti di Giuliano F<strong>il</strong>idei, di Otello Signorini<br />

e di tanti altri, restavano a bocca aperta e successivamente, davanti a me stupita,<br />

sapevano raccontare quello che era stato detto anche nei minimi particolari. Si trattava veramente<br />

di un’altra storia, del<strong>le</strong> storie del<strong>le</strong> loro nonne, dei loro nonni, del loro paese, dei<br />

loro monti. Le testimonianze orali raccolte e trascritte da Giuseppe Buzzicoli e Vittorio<br />

Sfingi prendevano vita e venivano <strong>le</strong>tte e rielaborate con molta attenzione. E, così, <strong>le</strong> storie<br />

dei nonni, dei cugini, degli amici dei nonni, ovvero, la storia del manua<strong>le</strong> era lì “incarnata”<br />

con gli amori, <strong>le</strong> amicizie, <strong>le</strong> paure, la fame. Era <strong>il</strong> nostro territorio con la sua memoria storica<br />

che prendeva vita per divenire patrimonio del<strong>le</strong> giovani generazioni.<br />

Livia Gereschi, <strong>il</strong> cui nome è scritto su tutti i documenti della nostra scuola, è tornata<br />

ad essere quella che fu in realtà: una bella ragazza, una loro amica più grande, che amava<br />

la vita, i suoi studi e <strong>il</strong> suo lavoro e che ha sentito <strong>il</strong> bisogno di esporsi in prima persona<br />

per difendere coloro che con <strong>le</strong>i si erano rifugiati sui monti per sfuggire <strong>le</strong> bombe e i nazisti.<br />

Don Giuseppe Bertini, a cui è intitolata la piazza di Molina di Quosa, con tanto di<br />

lapide ed effigie, e a cui nessuno dei ragazzi aveva prestato attenzione, è entrato nella loro<br />

mente e <strong>il</strong> giovane e generoso sacerdote che sfidava quotidianamente la morte per procurare<br />

da mangiare ai propri parrocchiani, che accoglieva tutti coloro che avevano bisogno,<br />

anche se ricercati dai nazisti, è divenuto <strong>il</strong> centro di una ricerca appassionata sull’impegno<br />

del c<strong>le</strong>ro pisano e lucchese nel periodo della Resistenza.<br />

Livia Gereschi, ma in particolare don Bertini fanno parte integrante della memoria<br />

storica della Val di Serchio. <strong>La</strong> classe ha potuto intervistare direttamente <strong>il</strong> fratello di don<br />

Giuseppe Bertini, che è venuto a scuola per testimoniare la propria esperienza e <strong>le</strong> sofferenze<br />

dei propri fam<strong>il</strong>iari. I ragazzi hanno ritrovato la loro presenza nei racconti dei nonni<br />

e degli zii, hanno cercato altre testimonianze, <strong>le</strong> hanno trascritte e portate a scuola, hanno<br />

trovato foto dell’epoca, <strong>le</strong> hanno scannerizzate per por<strong>le</strong> poi sul loro cartellone e tutto questo<br />

ha fatto sì che la Storia divenisse la loro storia. L’indagine si è poi ampliata ed abbia-<br />

83


mo fatto ricerche sui rapporti fra c<strong>le</strong>ro e Resistenza nella nostra zona, sulla morte dei monaci<br />

della certosa di Farneta e sui vari sacerdoti che hanno dato la vita per la loro gente.<br />

Su questi personaggi due classi, in anni diversi, hanno fatto un lavoro di ricerca storica<br />

che è confluito in due cartelloni che sono stati presentati <strong>il</strong> 25 apri<strong>le</strong> alla Romagna negli<br />

anni 2001 e 2003.<br />

IN MEMORIA DI DON BERTINI<br />

Unità didattica di storia. Classe III F. a. s. 2002/2003<br />

Prerequisiti<br />

a) ab<strong>il</strong>ità di studio: raccogliere dati da testi di vario tipo, fare schede, costruire grafici<br />

e carte;<br />

b) disciplinari: scegliere e interrogare un documento da un archivio dato, interpretarlo,<br />

fare <strong>le</strong> note, scrivere una narrazione storica usando <strong>le</strong> informazioni ricavate<br />

da un archivio;<br />

c) conoscenze: la seconda guerra mondia<strong>le</strong>, la Resistenza (manua<strong>le</strong>).<br />

Tempi necessari allo svolgimento: 12 ore<br />

Obiettivi da conseguire<br />

- Sapere usare fonti orali, articoli di giorna<strong>le</strong>, manifesti murali<br />

- Conoscenza di un aspetto di storia loca<strong>le</strong><br />

- Capacità di rapportare la storia loca<strong>le</strong> a quella genera<strong>le</strong><br />

Descrizione del<strong>le</strong> fasi di lavoro<br />

I ragazzi della III F hanno lavorato in gruppi di quattro fasi:<br />

84


1. fase (della motivazione): brainstorming per verificare <strong>le</strong> preconoscenze dei ragazzi<br />

sui rastrellamenti e <strong>le</strong> stragi avvenuti nella nostra zona.<br />

2. fase (di avvio): <strong>le</strong> risposte sono state ordinate e sono stati individuati i sottotemi:<br />

bombardamenti, sfollamenti, eccidi.<br />

3. fase: sopralluogo sulla scena dell’eccidio, videoregistrazione del<strong>le</strong> testimonianze<br />

di due sfollati, incontri con altri testimoni e ex internati nei campi di sterminio.<br />

4. fase: <strong>le</strong>ttura di alcune pagine dei seguenti testi:<br />

- E. BERTINI, Prigionieri del<strong>le</strong> S.S., Scuola Tipografica Beato Giordano, <strong>Pisa</strong> 1945<br />

- AZIONE CATTOLICA INTERPARROCCHIALE (cur.), Ricordo del<strong>le</strong> vittime civ<strong>il</strong>i della<br />

“Romagna” (Pugnano-<strong>Pisa</strong>) e del Sac. Giuseppe Bertini parroco di Molina di Quosa,<br />

Industria Grafica Lucchese, Lucca 1964<br />

- L’eccidio della Romagna. Agosto 1944, Pacini, <strong>Pisa</strong> 1994<br />

- S. SODI, <strong>La</strong> chiesa pisana dal 1940 al 1945, in CONFERENZA EPISCOPALE TOSCANA,<br />

Chiese Toscane - Cronache di guerra 1940-1945, LEF, Firenze 1995, pp. 455-474<br />

- G. PESCI, I sacerdoti toscani vittime dei nazifascisti, in Il c<strong>le</strong>ro toscano nella Resistenza,<br />

Atti del Convegno di Lucca, <strong>La</strong> Nuova Europa, Firenze 1975, pp. 281-<br />

290<br />

- L. BERGONZONI, C<strong>le</strong>ro e Resistenza, Cantelli, Bologna 1964<br />

- L. BERGONZONI – C. PATELLI, Preti nella tormenta, Forni, Bologna 1977<br />

5. fase: intervista ai testimoni del tempo ancora in vita e reperib<strong>il</strong>i. In particolare i<br />

ragazzi sono stati colpiti dall’incontro con <strong>il</strong> fratello di don Giuseppe, don Giovanni<br />

Bertini.<br />

6. fase: <strong>le</strong>ttura di diverse testimonianze orali registrate e trascritte da Giuseppe<br />

Buzzicoli e Vittorio Sfingi del circolo “Le storie” di Molina di Quosa, di alcuni<br />

articoli, di manifesti e volantini dell’epoca.<br />

7. fase: i documenti sopracitati sono stati interrogati e schedati secondo alcuni<br />

modelli preparati dall’insegnante e dalla classe.<br />

8. fase: la classe è stata poi divisa in 5 gruppi Ogni gruppo servendosi del materia<strong>le</strong>.a<br />

disposizione ha lavorato sui seguenti argomenti:<br />

- i bombardamenti di <strong>Pisa</strong> e lo sfollamento sui monti<br />

- la vita alla Romagna e <strong>il</strong> rastrellamento del 6 agosto<br />

- <strong>il</strong> c<strong>le</strong>ro pisano e lucchese durante l’occupazione nazifascista<br />

- don Bertini e la sua famiglia<br />

- l’arresto, la prigionia e la morte di don Bertini<br />

9. fase: tutto <strong>il</strong> lavoro è confluito su un cartellone che è risultato così strutturato:<br />

nel centro è stata messa l’immagine di don Bertini; a destra i bombardamenti di<br />

<strong>Pisa</strong> in ordine cronologico e suddivisi per zona; in alto, al centro, la fotografia<br />

del monumento della Romagna con la storia del monumento e di quello che<br />

successe su quei monti nell’estate del 1944, a sinistra, sotto la foto del monumento<br />

dedicato ai sacerdoti vittime dei nazisti e collocato all’Oasi del Sacro Cuore di<br />

Calci, <strong>le</strong> biografie di alcuni preti morti per aiutare <strong>le</strong> propria gente, nel centro<br />

sotto la foto la storia di don Bertini, in fondo la famiglia del sacerdote con <strong>le</strong> foto<br />

che i ragazzi sono riusciti a trovare.<br />

85


<strong>La</strong> madre di don Bertini e l’arcivescovo di <strong>Pisa</strong> Mons. Camozzo<br />

ESEMPI DI SCHEDE COMPILATE DALLA CLASSE<br />

SCHEDA N° 1 SFOLLAMENTO, RASTRELLAMENTI, MASSACRI<br />

LETTURA DI TESTIMONIANZE RESE ORALMENTE E / O PER SCRITTO<br />

a)<br />

Raccolte da - R. Vanni"<strong>La</strong> resistenza dalla Maremma al<strong>le</strong> Apuane" Anno /<br />

Anni 1990<br />

Nome del testimone - Oscar Grassini Data di nascita - 1 /<br />

6 / 1908<br />

Oggetto della testimonianza - Rastrellamento, massacro Data - 7 /<br />

8 /1944<br />

Residenza prima dello sfollamento - Sfollato in località<br />

di………….<br />

Occupazione prima dello sfollamento<br />

Civi<strong>le</strong> Partigiano Altro<br />

Tipo di abitazione durante lo sfollamento Alimentazione<br />

Col<strong>le</strong>gamenti con la città e i paesi del sottomonte<br />

Località menzionate nella testimonianza - Focetta, Ripafratta, Nozzano, Pancone<br />

(presso Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>)<br />

Testimonianza eccidio della Romagna<br />

- Rastrellamento del<strong>le</strong> SS avviene all'alba. In 300 sono presi e condotti in località<br />

Focetta dove gli uomini sono separati dal<strong>le</strong> donne e dai bambini. Solo la signora Gereschi<br />

è costretta a seguire i Tedeschi. A Ripafratta <strong>il</strong> gruppo viene diviso: un gruppo prosegue<br />

per Lucca, l'altro del qua<strong>le</strong> fa parte <strong>il</strong> testimone, prosegue per Nozzano. Passano quattro<br />

lunghi giorni: alcuni vengono torturati, forse la signorina Gereschi viene vio<strong>le</strong>ntata. Sono<br />

sorvegliati a vista da due sentinel<strong>le</strong> armate di mitra, ammassati in un'aula scolastica. <strong>La</strong><br />

mattina dell'11, a gruppi vengono condotti a passare la visita medica. Con altri, <strong>il</strong> testimo-<br />

86


ne viene condotto in località Pancone e fuc<strong>il</strong>ato. Venne sparato anche <strong>il</strong> colpo di grazia che<br />

prende <strong>il</strong> testimone di striscio all'orecchio. I Tedeschi si allontanarono, ritenendo che tutti<br />

fossero morti.<br />

Annotazioni particolari<br />

Il testimone riceve aiuto da un tedesco che, con un carretto, insieme a 7 suoi camerati<br />

e a due italiani lo porta alla Croce Rossa di Avane. Sempre col carretto, a sera, viene<br />

trasportato all'ospeda<strong>le</strong> di Lucca dai due italiani e da due tedeschi.<br />

Linguaggio ut<strong>il</strong>izzato: neutro narrativo drammatico<br />

Termini particolarmente significativi<br />

- criminali, riferito al<strong>le</strong> SS - distruggevano (i lanciafiamme) - fuggi fuggi - trucidati<br />

- orrib<strong>il</strong>i (lunghi giorni) - torturati - vio<strong>le</strong>ntata - ammassati - sorvegliati - fuc<strong>il</strong>arono - spararono<br />

a bruciapelo - massacrati - atroci sofferenze<br />

b)<br />

Raccolte da - Circolo "Le storie" di Molina di Quosa" Anno/ Anni -<br />

1995 circa<br />

Nome del testimone - Piero Virginio Guidi Data di nascita<br />

- 1916<br />

Oggetto della testimonianza -Sfollamento, rastrellamenti Data - Agosto,<br />

sett. 1944<br />

Residenza prima dello sfollamento - Lungo fosso (Molina di Q.) Sfollato in località<br />

di Beino<br />

Occupazione prima dello sfollamento - M<strong>il</strong>itare, infermiere, magazziniere all'ospeda<strong>le</strong><br />

di Sovigliano (Genova)<br />

Civi<strong>le</strong> Partigiano Altro- ex m<strong>il</strong>itare<br />

Tipo di abitazione durante lo sfollamento - Baracca di <strong>le</strong>gno e frasche<br />

Alimentazione - Sacchi di patate, frutta, ortaggi<br />

Col<strong>le</strong>gamenti con la città e i paesi del sottomonte<br />

- Le donne, Don Bertini, parroco di Molina, per procurare cibo agli sfollati<br />

Località menzionate nella testimonianza - Beino, Casone<br />

Testimonianza eccidio della Romagna<br />

Annotazioni particolari<br />

- Dopo l'8 settembre sceglie di tornare a casa. E' ricercato dai tedeschi e dai repubblichini.<br />

Sfugge per miracolo al rastrellamento in cui viene preso don Bertini, sfollato a Beino<br />

(sarà fuc<strong>il</strong>ato <strong>il</strong> 10 / 9 / 44), ma viene arrestato dai tedeschi nell'ultimo rastrellamento<br />

sui monti di Molina <strong>il</strong> 27 / 8 nei pressi del Casone. Viene portato insieme ad altri Molinesi<br />

alla Casa Pia di Lucca , poi a Bologna e in seguito sul Po vicino al ponte ferroviario<br />

di Piacenza dove lavora alla ricostruzione della ferrovia.<br />

Approfittando del caos creato da un bombardamento americano, fugge insieme<br />

ad altri per i monti. Nei pressi della Porrettana, al confine fra Em<strong>il</strong>ia e Toscana, incontrano<br />

un comando di partigiani che li invitano a unirsi a loro, ma preferiscono tornare<br />

a casa. Poco dopo incontrano altri partigiani che con arroganza pretendono di<br />

scambiare scarpe e vestiti vecchi e logori con i loro in buone condizioni. (Giudizio negativo<br />

sui partigiani)<br />

Linguaggio ut<strong>il</strong>izzato: neutro narrativo drammatico<br />

87


Termini particolarmente significativi<br />

- Trivia<strong>le</strong> bombardamento (americano)<br />

/ 1947<br />

c)<br />

Raccolte da - Capitano dei carabinieri Arturo Vitali Anno / Anni - <strong>Pisa</strong> 30 / 4<br />

Nome del testimone - Giuseppina Gucci ved. Gereschi i nascita - 19 / 8<br />

/ 1883<br />

Oggetto della testimonianza - Sfollamento, rastrellamento, eccidio Data - 7 /<br />

8 / 1944, all'alba<br />

Residenza prima dello sfollamento - <strong>Pisa</strong> Sfollato in località di -<br />

Romagna<br />

Occupazione prima dello sfollamento<br />

Civi<strong>le</strong> Sì Partigiano Altro<br />

Tipo di abitazione durante lo sfollamento Alimentazione<br />

Col<strong>le</strong>gamenti con la città e i paesi del sottomonte<br />

Località menzionate nella testimonianza - Nozzano, <strong>La</strong> Sassaia ( Comune di<br />

Corsanico)<br />

Testimonianza eccidio della Romagna<br />

- Il rastrellamento avviene col pretesto di scovare i partigiani. Uomini e donne di<br />

ogni età furono fatti uscire di casa e radunati in un grande prato. Al<strong>le</strong> donne, separate dagli<br />

uomini, furono fatte minacce di morte perché rivelassero i nomi e <strong>le</strong> dimore dei partigiani.<br />

Poichè nessuna donna parlò, furono formate due colonne: una di coloro che accettavano<br />

di lavorare e una di coloro che avevano chiesto una visita medica. Fra <strong>le</strong> donne era L.<br />

Gereschi, che fa da interprete e che ottiene <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio del<strong>le</strong> donne. Lei viene avviata a piedi<br />

a Nozzano, con gli uomini, e rinchiusa nella scuola. L'11/ 8 i Tedeschi fanno uscire dalla<br />

scuola a piccoli gruppi i prigionieri che vengono mitragliati in aperta campagna. Anche L.<br />

Gereschi viene condotta in una località isolata (<strong>La</strong> Sassaia) e mitragliata.<br />

Annotazioni particolari<br />

- L. Gereschi era infermiera volontaria della Croce Rossa<br />

- Parlava benissimo <strong>il</strong> tedesco<br />

- Viene trattenuta senza motivo<br />

- <strong>La</strong> seconda parte della testimonianza (partenza per Nozzano, eccidio) e' per sentito dire<br />

- Viene trattata brutalmente<br />

- Viene seppellita <strong>il</strong> giorno seguente in una fossa comune<br />

Linguaggio ut<strong>il</strong>izzato: neutro narrativo drammatico<br />

Termini particolarmente significativi<br />

88


MODULI DI STORIA LOCALE ELABORATI A CURA DEL LABORATORIO<br />

DI DIDATTICA DELLA STORIA<br />

Introduzione<br />

Lidia Russo - Daniela Berrugi (IPSACT “Matteotti” di <strong>Pisa</strong>)<br />

Le ricerche che vengono presentate sono nate per iniziativa di alcune insegnanti del<br />

Matteotti che, di fronte all’introduzione dei nuovi programmi di storia negli istituti professionali,<br />

hanno portato avanti una rif<strong>le</strong>ssione sui nuovi contenuti e sul<strong>le</strong> nuove metodologie<br />

proposte nel testo ministeria<strong>le</strong>, per sperimentare nel<strong>le</strong> classi <strong>le</strong> potenzialità di un approccio<br />

innovativo allo studio della storia, che tradizionalmente è incentrato sulla memorizzazione<br />

del<strong>le</strong> nozioni contenute nel manua<strong>le</strong> di storia.<br />

Attraverso un confronto sv<strong>il</strong>uppato negli anni, soprattutto dal 1998 al 2001, è nato <strong>il</strong><br />

“Progetto d’istituto del <strong>La</strong>boratorio di Didattica della Storia” all’interno del qua<strong>le</strong> è scaturito<br />

un lavoro di ricerca e di approfondimento che ha individuato nell’attività di laboratorio<br />

una del<strong>le</strong> metodologie didattiche da privi<strong>le</strong>giare per rendere più attivo e partecipato lo<br />

studio della storia.<br />

In particolare ta<strong>le</strong> metodologia è stata applicata per conoscere e approfondire alcuni<br />

percorsi di storia loca<strong>le</strong>, partendo dal presupposto che, indagando su alcuni eventi significativi<br />

che hanno coinvolto la comunità loca<strong>le</strong>, gli studenti possano avvicinarsi con una<br />

maggiore consapevo<strong>le</strong>zza alla storia genera<strong>le</strong> e capire meglio la realtà contemporanea in<br />

cui vivono.<br />

Le proposte didattiche che vengono presentate sono state articolate sulla base di<br />

percorsi disciplinari e interdisciplinari, scaturiti dal<strong>le</strong> sol<strong>le</strong>citazioni <strong>le</strong>gate alla ce<strong>le</strong>brazione<br />

della “Giornata della Memoria” del 27 gennaio: <strong>le</strong> ricerche del <strong>La</strong>boratorio di Didattica<br />

della Storia sono state sv<strong>il</strong>uppate a partire dalla rif<strong>le</strong>ssione sui temi dell’antisemitismo,<br />

della Shoah e del<strong>le</strong> stragi nazi-fasciste nel territorio pisano, e si sono inserite all’interno<br />

del<strong>le</strong> iniziative che hanno coinvolto numerose scuo<strong>le</strong> della provincia.<br />

I percorsi didattici sono stati svolti in collaborazione con enti e <strong>istituzioni</strong> culturali<br />

presenti sul territorio, <strong>il</strong> CRED della Provincia, l’Archivio di Stato, la Comunità Ebraica, <strong>il</strong><br />

Cinema “Arsena<strong>le</strong>”, nell’ottica di un col<strong>le</strong>gamento sempre più stretto tra la scuola e la realtà<br />

loca<strong>le</strong>.<br />

I lavori prodotti dagli studenti (cartelloni, CDRom, f<strong>il</strong>m), a conclusione del percorso<br />

didattico portato avanti con <strong>le</strong> insegnanti, sono stati presentati alla mostra Stanza della memoria,<br />

al<strong>le</strong>stita presso la “Limonaia” di <strong>Pisa</strong>, a cura della Provincia di <strong>Pisa</strong>, negli anni scolastici<br />

2002-2003, e alla “XIV Bienna<strong>le</strong> del Cinema e della Multimedialità dei Ragazzi” del<br />

2002.<br />

Due percorsi sull’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del 1938 a <strong>Pisa</strong> in relazione<br />

al<strong>le</strong> vicende che hanno coinvolto la comunità ebraica<br />

<strong>La</strong> ricerca è stata condotta sui documenti forniti dall’Archivio di Stato di <strong>Pisa</strong>, relativi<br />

all’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del 1938 nel territorio pisano. Su questo materia<strong>le</strong><br />

89


hanno lavorato una classe II dell’indirizzo alberghiero e una classe V del corso sera<strong>le</strong>, con<br />

indirizzo economico-azienda<strong>le</strong>. Ci sembra interessante confrontare, attraverso <strong>le</strong> schede di<br />

presentazione dei moduli, <strong>le</strong> modalità di approccio, che sono dovute sia all’età che agli interessi<br />

diversi degli studenti, sia alla diversa impostazione seguita dal<strong>le</strong> insegnanti.<br />

<strong>La</strong> classe II ha cominciato <strong>il</strong> suo percorso partendo dalla visita sul territorio<br />

all’Archivio di Stato, dove gli studenti hanno avuto modo di conoscere alcune modalità di<br />

conservazione e di consultazione dei documenti storici. Il percorso sul territorio è proseguito<br />

attraverso la visita alla sinagoga e al cimitero ebraico, dove gli studenti hanno avuto<br />

l’opportunità di incontrare alcuni membri della comunità ebraica pisana e di rif<strong>le</strong>ttere su<br />

una realtà poco conosciuta da una buona parte di essi. Ritornati in classe, gli studenti hanno<br />

cominciato ad analizzare <strong>le</strong> copie dei documenti d’archivio e poi hanno portato avanti<br />

la ricerca in un percorso interdisciplinare che ha coinvolto gli insegnanti di Storia, di T.I.C.<br />

(Tecnologia dell’informazione e della comunicazione) e di Religione cattolica.<br />

<strong>La</strong> classe V del sera<strong>le</strong> è partita dall’analisi dei documenti d’archivio, che hanno consentito<br />

di rif<strong>le</strong>ttere sull’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali e sul<strong>le</strong> sue conseguenze<br />

nell’ambito del territorio pisano, ha poi col<strong>le</strong>gato <strong>il</strong> modulo di storia loca<strong>le</strong> a quello di storia<br />

genera<strong>le</strong> sul fascismo e sul nazismo, che sono stati inseriti in un percorso più ampio relativo<br />

allo studio del razzismo in età contemporanea.<br />

<strong>La</strong> Comunità Ebraica di <strong>Pisa</strong> e l’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del 1938<br />

Classe:<br />

II H del Corso Alberghiero<br />

Insegnanti:<br />

Lidia Russo (Storia), Piera Caruso (T.I.C.), Andrea Sereni (Religione)<br />

Prerequisiti:<br />

1) Conoscere l’arco tempora<strong>le</strong> e gli avvenimenti principali del periodo fascista.<br />

2) Saper estrarre da un documento <strong>le</strong> informazioni principali<br />

3) Saper lavorare in gruppo<br />

4) Conoscere <strong>il</strong> linguaggio di Word e di Power Point<br />

Tempi necessari allo svolgimento (in ore):<br />

6 ore per la visita guidata all’archivio di stato, alla sinagoga e al cimitero ebraico; 8<br />

ore per lavorare sui documenti in piccoli gruppi; 14 per elaborare i materiali didattici e per<br />

realizzare <strong>le</strong> schede in Word e Power Point; 6 ore per la proiezione di 2 f<strong>il</strong>m col<strong>le</strong>gati<br />

all’argomento oggetto di studio.<br />

Obiettivi da conseguire:<br />

1) Promuovere la rif<strong>le</strong>ssione sui temi dell’antisemitismo e della Shoah<br />

2) Circoscrivere la ricerca ad un segmento di storia loca<strong>le</strong> per chiarire alcuni aspetti<br />

ri<strong>le</strong>vanti del tema studiato.<br />

3) Ut<strong>il</strong>izzare la ricerca storica condotta su scala loca<strong>le</strong> per dare un contributo alla<br />

conoscenza della storia genera<strong>le</strong>.<br />

4) Legare la ricerca storica a referenti territoriali (la comunità ebraica e l’archivio di<br />

stato).<br />

90


5) Ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> laboratorio storico come metodologia di lavoro.<br />

6) Raccogliere i materiali prodotti in un CDRom.<br />

Descrizioni del<strong>le</strong> fasi di lavoro e relativa metodologia:<br />

<strong>La</strong> prima fase del modulo è stata svolta in collaborazione con l’insegnante di religione<br />

e si è aperta con la visita guidata al cimitero ebraico e alla sinagoga di <strong>Pisa</strong>, dove due<br />

esperti hanno ripercorso brevemente la storia della comunità ebraica di <strong>Pisa</strong> e hanno <strong>il</strong>lustrato<br />

<strong>le</strong> caratteristiche dei due luoghi, soffermandosi su alcuni riti e festività religiose. Gli<br />

studenti, in gruppo, hanno svolto una breve relazione sull’esperienza.<br />

Successivamente è stata effettuata una <strong>le</strong>zione presso l’Archivio di Stato di <strong>Pisa</strong>,<br />

dove la dott.ssa Tanti ha <strong>il</strong>lustrato, con l’aus<strong>il</strong>io di lucidi, alcuni documenti, relativi alla<br />

politica antisemita perseguita dal fascismo e all’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali a <strong>Pisa</strong>: la<br />

diffusione della rivista “<strong>La</strong> difesa della razza”, l’espulsione dal<strong>le</strong> Università di studenti e<br />

docenti, <strong>il</strong> censimento degli ebrei residenti, <strong>il</strong> lavoro coatto, la confisca dei beni,<br />

l’internamento nei campi di concentramento. Gli studenti hanno lavorato a scuola sul dossier<br />

di fonti dell’Archivio, in modo che ciascun gruppo analizzasse uno degli aspetti precedentemente<br />

evidenziati.<br />

Il lavoro sul<strong>le</strong> fonti è stato accompagnato da alcune <strong>le</strong>zioni in cui l’insegnante di<br />

storia ha spiegato <strong>il</strong> contesto storico che ha portato all’approvazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali,<br />

del<strong>le</strong> quali sono stati <strong>le</strong>tti e analizzati gli articoli principali; è stato inoltre sottolineato <strong>il</strong><br />

ruolo svolto dalla propaganda fascista nell’organizzazione del consenso, sia per quanto riguarda<br />

<strong>il</strong> controllo dell’educazione (la scuola e <strong>le</strong> organizzazioni giovan<strong>il</strong>i) che per quanto<br />

concerne l’uso dei mezzi di comunicazione, in particolare del cinema. Sulla base del<strong>le</strong> relazioni<br />

scaturite da ciascun gruppo, si è passati alla realizzazione del<strong>le</strong> schede, contenenti<br />

testo, immagini, tabel<strong>le</strong> e grafici, che hanno portato alla realizzazione del CDRom. Questa<br />

fase è stata curata dall’insegnante di T.I.C., con la compresenza dell’insegnante di storia.<br />

<strong>La</strong> ricerca è stata approfondita attraverso la <strong>le</strong>ttura da parte degli studenti di alcuni<br />

libri: Se questo è un uomo e <strong>La</strong> tregua di P. Levi, <strong>La</strong> parola ebreo di R. Loy, L’amico ritrovato di<br />

F. Uhlman, Per violino solo di A. Zargani, Il cielo cade di L. Mazzetti.<br />

Sono stati inoltre proiettati due f<strong>il</strong>m, Il cielo cade, tratto dal romanzo omonimo, e <strong>La</strong><br />

vita è bella, che hanno offerto ulteriori spunti di discussione e di rif<strong>le</strong>ssione.<br />

Modalità di verifica e di valutazione:<br />

Sono state oggetto di verifica e di valutazione da parte degli insegnanti, che hanno<br />

seguito e guidato gli studenti nel loro percorso, <strong>le</strong> diverse fasi del lavoro di ricerca e di<br />

studio.<br />

Una prima valutazione ha riguardato <strong>le</strong> modalità in cui si sono svolti i lavori di<br />

gruppo, all’interno dei quali l’insegnante ha osservato di ciascuno studente la disponib<strong>il</strong>ità<br />

a collaborare, <strong>il</strong> contributo dato alla ricerca, la metodologia seguita nell’analisi dei documenti<br />

e nella elaborazione del<strong>le</strong> informazioni.<br />

Una seconda fase di valutazione ha riguardato l’esposizione fatta da ciascun gruppo<br />

dei risultati della ricerca nella relazione conclusiva, che ha consentito di verificare <strong>le</strong><br />

conoscenze acquisite.<br />

Nella terza ed ultima fase, in cui è stato realizzato <strong>il</strong> CDRom, sono state valutate <strong>le</strong><br />

capacità degli studenti di ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> linguaggio informatico per presentare in modo efficace<br />

<strong>il</strong> proprio lavoro, attraverso schede di sintesi, tabel<strong>le</strong>, grafici e immagini.<br />

91


L’antisemitismo a <strong>Pisa</strong><br />

Classe:<br />

V del Corso Sera<strong>le</strong> di indirizzo Economico Azienda<strong>le</strong><br />

Insegnante:<br />

Daniela Berrugi<br />

Il modulo è stato ideato per la classe V del Corso Sera<strong>le</strong> di indirizzo Economico Azienda<strong>le</strong><br />

e si configura come una ricerca di storia loca<strong>le</strong>, inserita in un percorso più ampio<br />

sul razzismo che tratta, oltre all’antisemitismo, <strong>il</strong> razzismo del secondo Ottocento in<br />

U.S.A., con lo sterminio degli indiani e la schiavitù dei negri, per introdurre una rif<strong>le</strong>ssione<br />

sugli episodi odierni di razzismo, <strong>le</strong>gati all’emigrazione e alla storia recente della ex Jugoslavia.<br />

Il modulo ha un carattere interdisciplinare coinvolgendo, oltre alla storia che costituisce<br />

<strong>il</strong> nuc<strong>le</strong>o fondante, anche <strong>le</strong> seguenti discipline:<br />

- italiano e ing<strong>le</strong>se con <strong>le</strong>tture di testi <strong>le</strong>tterari sul razzismo;<br />

- trattamento testi per la realizzazione di istogrammi, grafici, tabel<strong>le</strong> frutto<br />

dell’elabora-zione dei dati ricavati dalla <strong>le</strong>ttura dei documenti storici;<br />

- diritto per l’analisi della normativa relativa alla proprietà privata e all’esproprio,<br />

nello Statuto Albertino, nello stato fascista e nella <strong>le</strong>gislazione odierna.<br />

Prerequisiti:<br />

Il fascismo, <strong>il</strong> nazismo, <strong>il</strong> razzismo nel secondo Ottocento negli USA (lo sterminio<br />

degli Indiani, la schiavitù dei neri)<br />

Comprensione e produzione di brevi testi storiografici espositivi e argomentativi<br />

Tempi:<br />

20 ore<br />

Obiettivi:<br />

Il modulo di storia loca<strong>le</strong> si col<strong>le</strong>ga al modulo di storia genera<strong>le</strong> sul regime fascista<br />

di cui costituisce un approfondimento e si propone un duplice obiettivo:<br />

- dal punto di vista contenutistico, intende evidenziare <strong>le</strong> ricadute della politica<br />

della razza del fascismo a partire dal 1938 nel nostro territorio loca<strong>le</strong>;<br />

- dal punto di vista metodologico, si propone invece di offrire una interessante<br />

esemplificazione del lavoro storico sui documenti di archivio<br />

Alla fine del modulo la classe dovrà possedere <strong>le</strong> seguenti conoscenze, competenze<br />

e capacità:<br />

- conoscere e comprendere <strong>le</strong> misure adottate dal regime fascista contro gli ebrei<br />

dal 1938 al 1943,<br />

- analizzare e elaborare i dati contenuti nei documenti presi in esame;<br />

- produrre grafici e istogrammi coi dati elaborati<br />

- col<strong>le</strong>gare alla storia genera<strong>le</strong> sul fascismo la ricostruzione del segmento di storia<br />

loca<strong>le</strong> considerato<br />

92


- inserire l’antisemitismo in un discorso più ampio sul tema del razzismo nel secondo<br />

Ottocento e nell’attualità<br />

- consolidare la comprensione e la capacità di produzione di brevi testi storiografici<br />

Descrizioni del<strong>le</strong> fasi di lavoro e relativa metodologia:<br />

- Esame del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali con <strong>le</strong>ttura in classe e dibattito sul documento analizzato<br />

(<strong>le</strong>zione partecipata)<br />

- Rif<strong>le</strong>ssione sull’imponente opera di schedatura del censimento del ’38, momento<br />

cardine della politica antiebraica del regime, con l’evidenziazione della quantità<br />

del<strong>le</strong> informazioni richieste nella scheda; esame di alcuni documenti esemplificativi<br />

del<strong>le</strong> attuazioni periferiche del<strong>le</strong> direttive emanate dal centro, del carattere<br />

cap<strong>il</strong>lare della normativa antiebraica e del<strong>le</strong> disposizioni del regime volte eliminare<br />

la presenza ebraica in alcuni ambiti della vita <strong>civi<strong>le</strong></strong> , in particolare in quello<br />

cultura<strong>le</strong> e accademico (lavori di gruppo e condivisione dei risultati dell’esame<br />

dei documenti con brevi relazioni e gli istogrammi e <strong>le</strong> tabel<strong>le</strong> realizzati col<br />

supporto della professoressa di trattamento-testi);<br />

- Confronto tra l’antisemitismo fascista e nazista (<strong>le</strong>zione guidata)<br />

- Visione del f<strong>il</strong>m Il cielo cade ;<br />

- Visione della video-cassetta relativa alla storia degli Ebrei a <strong>Pisa</strong>;<br />

- Partecipazione a una conferenza di un esperto e a una relazione di testimoni<br />

sull’antisemitismo a <strong>Pisa</strong><br />

- Dibattito in classe sul razzismo odierno con riferimento particolare alla ex Jugoslavia<br />

(<strong>le</strong>zione guidata, lavoro di gruppo di ricerca).<br />

Modalità di verifica e valutazione:<br />

Sintesi efficace e chiarezza dei materiali prodotti (schede, tabel<strong>le</strong>, grafici…) e del<strong>le</strong><br />

relazioni<br />

orali<br />

Sulla base dei percorsi svolti dal<strong>le</strong> classi, come si è già detto nella presentazione, sono<br />

stati elaborati due CDRom, <strong>La</strong> comunità ebraica di <strong>Pisa</strong> e l’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del<br />

1938 e L’antisemitismo a <strong>Pisa</strong>, dei quali riportiamo una breve sintesi che dividiamo in una<br />

prima parte, relativa al contesto storico genera<strong>le</strong>, e in una seconda, concernente i documenti<br />

dell’archivio.<br />

∗∗∗<br />

PRIMA PARTE<br />

LA POLITICA RAZZIALE ED ANTISEMITA DEL FASCISMO<br />

- Le idee razziste vennero diffuse in Italia in modo sistematico a partire dagli anni<br />

trenta, quando l’Italia si avvicinò maggiormente alla Germania che già da tempo<br />

aveva adottato una politica antisemita. Mussolini vo<strong>le</strong>va dimostrare la sua fedeltà<br />

all’al<strong>le</strong>ato che era diventato più forte.<br />

93


- Con la conquista dell’Etiopia (1935) l’Italia era venuta in contatto con popoli di<br />

colore sui quali vo<strong>le</strong>va affermare <strong>il</strong> suo potere: vennero propagandate idee razziste<br />

che sostenevano la superiorità dei popoli nordici “di razza ariana” sugli altri.<br />

- Il regime fascista, esauritasi la spinta “rivoluzionaria”, cercava nuovo consenso<br />

tra la <strong>popolazione</strong> italiana, per questo motivo “inventò” un nemico comune<br />

contro cui combattere, <strong>il</strong> popolo ebreo, che veniva presentato dalla propaganda<br />

fascista come una minaccia per la sicurezza naziona<strong>le</strong>.<br />

- Ad imitazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali naziste, anche nell'Italia fascista fu decretata<br />

nel 1938 una serie di provvedimenti che limitavano gravemente i diritti e la dignità<br />

della minoranza ebraica.<br />

- Nonostante la loro impopolarità, <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi restarono in vigore anche dopo <strong>il</strong> 25<br />

luglio 1943; infatti la caduta del regime fascista non portò alcuna modifica allo<br />

stato giuridico degli Ebrei, in quanto <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali non vennero abrogate dal<br />

governo Badoglio e costarono la vita a circa 8 m<strong>il</strong>a Ebrei italiani. Questi furono<br />

catturati da fascisti o nazisti, o denunciati da spie, e successivamente deportati<br />

nei campi di sterminio.<br />

- Della politica razzia<strong>le</strong> ed antisemita del fascismo si possono individuare due<br />

momenti salienti:<br />

1) <strong>La</strong> politica razzia<strong>le</strong> interna (1938-1943)<br />

2) <strong>La</strong> persecuzione nazifascista (1943-1945)<br />

“Il MANIFESTO DELLA RAZZA”<br />

- Il primo atto pubblico fu la stesura, voluta da Mussolini, del “Manifesto degli<br />

scienziati razzisti”, pubblicato <strong>il</strong> 14 luglio del 1938. Il “Manifesto” doveva servire<br />

a precostituire <strong>le</strong> basi scientifiche della futura <strong>le</strong>gislazione razzista.<br />

- Segue la prima <strong>le</strong>gge antisemita che espel<strong>le</strong> tutti gli Ebrei (sia alunni che insegnanti)<br />

dal<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> di ogni ordine e grado (R.D.L. 5 settembre 1938 n. 1390).<br />

Si riportano alcuni articoli del “Manifesto” che portava la firma di un folto gruppo<br />

di studiosi in campo medico e biologico:<br />

“1) Le razze umane esistono. L’esistenza del<strong>le</strong> razze umane non è già un’astrazione<br />

dello spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materia<strong>le</strong>, percepibi<strong>le</strong> con i nostri<br />

sensi. […]<br />

3) Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso è quindi basato su altre<br />

considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni<br />

storiche, linguistiche, religiose. Però alla base del<strong>le</strong> differenze di popolo e di nazione<br />

stanno del<strong>le</strong> differenze di razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi,<br />

dai turchi, dai greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia<br />

diversa, ma perché la costituzione razzia<strong>le</strong> di questi popoli è diversa. […]<br />

4) <strong>La</strong> <strong>popolazione</strong> dell’Italia attua<strong>le</strong> è di origine ariana e la sua civ<strong>il</strong>tà è ariana.<br />

Questa <strong>popolazione</strong> di civ<strong>il</strong>tà ariana abita da diversi m<strong>il</strong><strong>le</strong>nni la nostra Penisola; ben poco<br />

è rimasto della civ<strong>il</strong>tà del<strong>le</strong> genti preariane. L’origine degli italiani attuali parte essenzialmente<br />

da e<strong>le</strong>menti di quel<strong>le</strong> stesse razze che costituiscono e costruirono <strong>il</strong> tessuto perennemente<br />

vivo dell’Europa. […]<br />

94


7) È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora<br />

ha fatto <strong>il</strong> Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei<br />

discorsi del Capo <strong>il</strong> richiamo ai concetti di razza. <strong>La</strong> questione del razzismo in Italia deve<br />

essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni f<strong>il</strong>osofiche e religiose.<br />

<strong>La</strong> concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e<br />

l’indirizzo ariano – nordico. Questo non vuo<strong>le</strong> dire però introdurre in Italia <strong>le</strong> teorie del<br />

razzismo tedesco come sono o affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa.<br />

Ma vuo<strong>le</strong> solamente additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di<br />

razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca comp<strong>le</strong>tamente da tutte <strong>le</strong><br />

razze extraeuropee, questo vuol dire e<strong>le</strong>vare l’italiano a un idea<strong>le</strong> di superiore coscienza di<br />

se stesso e di maggiore responsab<strong>il</strong>ità. […]<br />

8) Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli<br />

sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in genera<strong>le</strong> è rimasto. Anche<br />

l’occupazione araba della Sic<strong>il</strong>ia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e<br />

del resto <strong>il</strong> processo di assim<strong>il</strong>azione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano<br />

l’unica <strong>popolazione</strong> che non si è mai assim<strong>il</strong>ata in Italia perché è costituita da e<strong>le</strong>menti<br />

razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli e<strong>le</strong>menti che hanno dato origine agli<br />

italiani.”<br />

Rita Levi Montalcini, cinquant’anni dopo la pubblicazione del “Manifesto”, commentando<br />

l’evento, ha affermato: “[Il Manifesto] servì da piattaforma scientificoideologica<br />

per promulgare <strong>le</strong>ggi che suonarono verdetto di morte per circa settem<strong>il</strong>a cittadini<br />

definiti di razza ebraica e che furono causa di infinite sofferenze per quelli di loro che<br />

miracolosamente sfuggirono a questa sorte” (da A. CESERANI - M. FOSSATI (curr.), Salvare la<br />

memoria, Anabasi, M<strong>il</strong>ano 1955).<br />

LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938<br />

Le <strong>le</strong>ggi razziali furono discusse e approvate dal Gran Consiglio <strong>il</strong> 6 Ottobre 1938,<br />

ratificate dal Consiglio dei ministri <strong>il</strong> 10 Novembre e rese pubbliche <strong>il</strong> 19 Novembre. Con<br />

la “CARTA DELLA RAZZA”, si stab<strong>il</strong>iscono i criteri di appartenenza alla cosiddetta razza<br />

ebraica e gli italiani di religione ebraica vengono privati dei loro diritti e non possono esercitare<br />

determinate attività lavorative.<br />

Le principali norme contenute nei decreti del 1938 si possono così sintetizzare ripercorrendo<br />

i diversi articoli:<br />

1) Vengono stab<strong>il</strong>iti i criteri di appartenenza alla razza ariana.<br />

2) Viene dichiarato ebreo :<br />

- chi ha entrambi i genitori ebrei, anche se pratica una religione diversa<br />

- chi ha un solo genitore ebreo e l’altro di nazionalità straniera<br />

- chi ha un genitore ebreo ma pratica la religione ebraica.<br />

3) Agli ebrei è vietato:<br />

- l’insegnamento in qualsiasi scuola di ordine e grado del regno frequentata da<br />

alunni italiani<br />

95


- iscriversi o frequentare <strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> di ogni ordine e grado frequentate da alunni<br />

italiani<br />

- essere iscritti al partito naziona<strong>le</strong> fascista<br />

- essere proprietari o gestori di aziende interessanti la difesa della nazione o di<br />

più imprese con più di 100 operai<br />

- avere al<strong>le</strong> proprie dipendenze domestici di razza ariana<br />

- frequentare determinati luoghi turistici e pubblicare libri o articoli.<br />

4) Al cittadino italiano di razza ariana è vietato <strong>il</strong> matrimonio con persona appartenente<br />

ad altra razza. Tali matrimoni sono da considerarsi nulli.<br />

5) Gli ebrei vengono estromessi dal<strong>le</strong> amministrazioni civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari dello stato;<br />

dal<strong>le</strong> amministrazioni del<strong>le</strong> Province, dei Comuni, degli Enti, Istituti e Aziende;<br />

dal<strong>le</strong> amministrazioni degli enti parastatali, del<strong>le</strong> banche di interesse naziona<strong>le</strong> e<br />

del<strong>le</strong> imprese private di assicurazione.<br />

(da R. LOY, <strong>La</strong> parola ebreo, Einaudi)<br />

Gli ebrei presenti in Italia nel ’38 erano 58.412 di cui 10.380 stranieri e 48.032 Italiani,<br />

su una <strong>popolazione</strong> di 44 m<strong>il</strong>ioni di abitanti, circa l ’1 ‰ della <strong>popolazione</strong>.<br />

Furono deportati nei campi di sterminio 7.495 ebrei italiani; ne ritornarono solo 610.<br />

SECONDA PARTE:<br />

L’APPLICAZIONE DELLE LEGGI RAZZIALI DEL ’38 A PISA<br />

<strong>La</strong> ricerca di storia loca<strong>le</strong> sull’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali a <strong>Pisa</strong> è stata condotta<br />

con la collaborazione della dott.ssa Giovanna Tanti dell’Archivio di Stato di <strong>Pisa</strong>, che ha<br />

fornito un dossier di fonti sul qua<strong>le</strong> hanno lavorato gli studenti.<br />

Il dossier è stato pubblicato a cura dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Provincia<br />

di <strong>Pisa</strong>, nel Quaderno n. 2 del Centro per la didattica della Storia<br />

Si riporta la sintesi dei documenti ut<strong>il</strong>izzati dagli studenti per la loro ricerca.<br />

Per ulteriori approfondimenti si rimanda ai due CDRom già citati: “<strong>La</strong> comunità ebraica<br />

di <strong>Pisa</strong> e l’applicazione del<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi razziali del ’38” e “L’antisemitismo a <strong>Pisa</strong>”.<br />

I DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO DI PISA<br />

1) I LITTORIALI DELLA CULTURA E DELL’ARTE.<br />

Il Segretario del gruppo universitario fascista (GUF) invita <strong>il</strong> Rettore di <strong>Pisa</strong>, con<br />

una <strong>le</strong>ttera del 20 gennaio del 1938, a promuovere la partecipazione ai Littoriali della Cultura<br />

e dell’Arte da parte dei docenti e degli studenti pisani.<br />

2) PUBBLICAZIONI VIETATE<br />

Con una circolare riservata del 19 maggio 1938, <strong>il</strong> Ministero della Cultura Popolare<br />

dispone <strong>il</strong> sequestro e <strong>il</strong> divieto di circolazione e di diffusione di 15 pubblicazioni, di cui 12<br />

di autori ebrei.<br />

96


3) LA DIFFUSIONE DELLA RIVISTA “LA DIFESA DELLA RAZZA” NEGLI ISTI-<br />

TUTI SUPERIORI E NELLE UNIVERSITA’<br />

Il 6 agosto del 1938 <strong>il</strong> ministro dell’Educazione Naziona<strong>le</strong> Bottai invia una <strong>le</strong>ttera<br />

circolare ai rettori e ai direttori degli istituti per sol<strong>le</strong>citare, tra gli studenti e i docenti, la<br />

<strong>le</strong>ttura della rivista “<strong>La</strong> difesa della razza”, diretta da Te<strong>le</strong>sio Interlandi, che si propone di<br />

diffondere <strong>le</strong> idee del movimento razzista italiano e di difendere la purezza della “razza”<br />

italiana.<br />

4) L’ESPULSIONE DI DOCENTI E STUDENTI EBREI DALLE SCUOLE E DALLE<br />

UNIVERSITA’<br />

Il 25 gennaio 1938 <strong>il</strong> Rettore dell’Università di <strong>Pisa</strong> comunica al ministero, in risposta<br />

alla circ. min. del 19 gennaio, <strong>il</strong> numero degli studenti ebrei stranieri iscritti al<strong>le</strong> diverse<br />

facoltà.<br />

Il 24 settembre 1938 (XVI E.F.) <strong>il</strong> Rettore dell’Università di <strong>Pisa</strong> pubblica l’e<strong>le</strong>nco<br />

degli studenti, dei professori di ruolo, incaricati, aiuti, assistenti e liberi docenti espulsi<br />

dall’Università di <strong>Pisa</strong>:<br />

N°<br />

1937/38<br />

Studenti Ebrei iscritti Anno Accademico<br />

290<br />

N° Professori di ruolo 5<br />

N° Professori incaricati 1<br />

N° Aiuti 1<br />

N° Assistenti 3<br />

N° Liberi docenti 9<br />

5) IL CENSIMENTO DEGLI EBREI<br />

Il censimento degli ebrei viene effettuato a partire dal 22 agosto del 1938. Sul<strong>le</strong><br />

schede di ri<strong>le</strong>vazione dei dati, oltre ai dati anagrafici, al tipo di lavoro svolto, alla cittadinanza,<br />

si intende accertare anche l’iscrizione al partito fascista e <strong>il</strong> possesso di eventuali<br />

“benemerenze”, che in seguito serviranno per “discriminare” gli ebrei (vedi figg. 1-6 in<br />

Appendice).<br />

6) IL LAVORO COATTO<br />

Il 20 maggio del 1942 <strong>il</strong> prefetto invia una <strong>le</strong>ttera al podestà di <strong>Pisa</strong> per procedere alla<br />

precettazione <strong>civi<strong>le</strong></strong> a scopo di lavoro di tutti gli ebrei residenti nella provincia, di età<br />

compresa tra i 18 e i 55 anni.<br />

A ta<strong>le</strong> scopo viene fatto un nuovo censimento degli ebrei residenti nella provincia.<br />

7) LA CONFISCA DEI BENI<br />

97


Il 4 gennaio del 1944 viene emanata la <strong>le</strong>gge sulla confisca dei beni appartenenti agli<br />

ebrei della provincia: sulla base dei censimenti precedenti e del<strong>le</strong> informazioni inviate dal<strong>le</strong><br />

banche vengono segnalati i beni mob<strong>il</strong>i e immob<strong>il</strong>i da espropriare.<br />

<strong>La</strong> prefettura di <strong>Pisa</strong> trasmette <strong>il</strong> documento applicativo agli organi competenti per<br />

procedere agli espropri.<br />

Sulla base dei dati contenuti nei documenti sono stati elaborati tre grafici (vedi figg.<br />

7-9 in Appendice).<br />

8) L’INTERNAMENTO<br />

Il te<strong>le</strong>gramma del 23 marzo 1944, inviato dal ministero dell’Interno della Repubblica<br />

di Salò a tutti i capi provincia dell’Italia repubblicana, conferma l’invio degli ebrei nei<br />

campi di concentramento, con l’esclusione degli ultrasettantenni, degli ebrei di famiglia<br />

mista e degli ebrei “discriminati” secondo la <strong>le</strong>gge del 16/07/39.<br />

98


MATERIALI DI STUDIO SULLA VITA E SULLA MORTE DI LIVIA GERESCHI<br />

Linda Bimbi (IPSACT “Matteotti” di <strong>Pisa</strong>)<br />

Presento <strong>il</strong> lavoro di studio, ricerca e produzione di un video, incentrato sulla figura<br />

di Livia Gereschi, realizzato dalla classe 1°F indirizzo alberghiero, nell’anno scolastico<br />

2001/2002, con la collaborazione della classe 4° TSR B, coordinata dalla prof. Lidia Russo.<br />

<strong>La</strong> ricerca è stata condotta insieme al prof. A<strong>le</strong>ssandro Marianelli, dell’IC “Niccolini” di S.<br />

Giuliano, che a sua volta ha prodotto con una classe un video dal titolo <strong>La</strong> storia di Livia<br />

Gereschi. Ringraziamo <strong>il</strong> prof. Marianelli per <strong>il</strong> supporto nella fase di montaggio del video<br />

e i suoi alunni per alcune riprese della zona di Nozzano e di Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>, che ci hanno gent<strong>il</strong>mente<br />

concesso.<br />

Poiché <strong>il</strong> lavoro è già stato oggetto di relazione in occasione della Giornata di studio<br />

e formazione Tra storia e memoria: dalla ricerca alla scuola, del 12 febbraio 2004, organizzata<br />

dall’Assessorato all’Istruzione della Provincia di <strong>Pisa</strong>, mi permetto di rinviare al testo del<br />

mio intervento, pubblicato sul Quaderno n. 9 del Centro di didattica della Storia, a cura di<br />

A<strong>le</strong>ssandra Peretti. L’intervento ripercorre <strong>le</strong> motivazioni, <strong>le</strong> finalità, i contenuti e <strong>il</strong> metodo<br />

didattico del lavoro. Accenna anche al<strong>le</strong> difficoltà incontrate e al<strong>le</strong> soluzioni adottate.<br />

In questa sede mi limito a riassumere in tre schede: la bibliografia dei testi consultati<br />

e dei documenti dati in <strong>le</strong>ttura alla classe; lo schema del video, indicando i contenuti e<br />

l’ordine di presentazione dei materiali; <strong>il</strong> percorso svolto dai ragazzi, dalla introduzione<br />

storica, alla realizzazione del video, alla presentazione del lavoro fuori dalla classe, fino alla<br />

rielaborazione degli argomenti studiati, nella forma di un pel<strong>le</strong>grinaggio sui luoghi della<br />

memoria.<br />

• Scheda 1 – “I documenti”<br />

Testimonianze scritte<br />

Gli “Arbeites” – diario della deportazione, manoscritto inedito, diffuso in fotocopia nella<br />

cerchia fam<strong>il</strong>iare, di Rinaldo Pifferi, testimone coinvolto nel rastrellamento della Romagna.<br />

Il manoscritto è corredato di <strong>il</strong>lustrazioni originali dell’autore.<br />

Il manoscritto di Rinaldo Pifferi<br />

99


Testimonianza di Oscar Grassini, scampato alla strage della Romagna, in R. VANNI,<br />

<strong>La</strong> resistenza dalla Maremma al<strong>le</strong> Apuane, <strong>Pisa</strong> 1972, pp. 148-149<br />

Deposizioni di Giuseppina Gucci Gereschi, madre di Livia, e di Guido Ghelardoni,<br />

testimone coinvolto nel rastrellamento della Romagna, testimonianze rese in occasione del<br />

processo contro <strong>il</strong> Genera<strong>le</strong> Max Simon, comandante della 16° divisione SS, in Padova,<br />

giugno 1947, in M. BATTINI - P. PEZZINO, Guerra ai civ<strong>il</strong>i. Occupazione tedesca e politica del<br />

massacro. Toscana 1944, Venezia 1997, pp. 506-509<br />

Richiamo al<strong>le</strong> armi di nonne e nonni, testimonianze di sfollati della Romagna, raccolte<br />

ed elaborate da Giuseppe Buzzigoli e Vittorio Sfingi, Circolo “Le Storie” di Molina di Quosa.<br />

Testimonianze orali originali<br />

Antonio Cacianti, testimone, intervista raccolta ed elaborata da Francesco Battistoni<br />

(alunno di 1°F). L’intervista è accompagnata da una genealogia relativa ai rapporti di parentela<br />

che intercorrono fra <strong>le</strong> famiglie Cacianti, Battistoni, Pifferi, 2001.<br />

Anna Ida Gereschi Di Ciolo, figlia del fratello di Livia, intervista raccolta ed elaborata<br />

da Linda Bimbi e A<strong>le</strong>ssandro Marianelli, 2001.<br />

Oscar Grassini, intervista f<strong>il</strong>mata da Francesco Battistoni e Andrea Giacomelli (1°F),<br />

Fernando Battistoni (padre di Francesco), Linda Bimbi, 2001. Interviene <strong>il</strong> figlio di Oscar,<br />

Giampaolo Grassini, testimone, bambino all’epoca dei fatti.<br />

Rinaldo Pifferi, intervista f<strong>il</strong>mata da Francesco Battistoni, Fernando Battistoni, Linda<br />

Bimbi, 2002. Interviene con ripresa audio la moglie di Rinaldo Pifferi, Tina Di Sacco, testimone.<br />

Loredana Cini, testimone, allieva di Livia nella Scuola di avviamento professiona<strong>le</strong>,<br />

intervista raccolta ed elaborata da Rache<strong>le</strong> Carnesecchi (1° F), nipote, 2002.<br />

Romano Gori, dirigente scolastico, Giuseppe Rossi, insegnante, Paola Battistoni,<br />

persona<strong>le</strong> non insegnante, interviste relative alla memoria di Livia Gereschi nell’Istituto,<br />

raccolte e f<strong>il</strong>mate da Gabrie<strong>le</strong> <strong>La</strong>skar, Lorenzo Ramerini (alunni di 1°F), Sabrina Pulga,<br />

Andrea Madonna (4°TSR B), Massimo Erriquez (tecnico), Linda Bimbi.<br />

Testi<br />

F<strong>il</strong>astrocca in tedesco “Eins, Zwei, Polizei …” recitata dalla classe 1° A alberghiero,<br />

con la collaborazione dell’insegnante di tedesco, Grazia Caligaris<br />

Immagini riprese con la te<strong>le</strong>camera<br />

Fotografie di Livia, dall’infanzia all’età adulta, fornite dalla nipote.<br />

100


Luoghi citati nel video: f<strong>il</strong>mati originali dei luoghi e immagini fotografiche degli<br />

anni ’40, riprodotte nei testi citati o conservate in raccolte d’archivio.<br />

Livia ado<strong>le</strong>scente<br />

Cartine topografiche<br />

<strong>La</strong>pidi e monumenti: Sacrario della Romagna, Scuola e<strong>le</strong>mentare di Nozzano, piazza<br />

di Nozzano, Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong> (località Le Cateratte), <strong>La</strong> Sassaia (Massarosa), Cimitero monumenta<strong>le</strong><br />

di <strong>Pisa</strong>, Chiesa parrocchia<strong>le</strong> di Molina di Quosa, fotografia del primo monumento<br />

eretto in località <strong>La</strong> Focetta<br />

<strong>La</strong> lapide in località <strong>La</strong> Sassaia, dove Livia è stata uccisa<br />

Bibliografia di storia genera<strong>le</strong> e loca<strong>le</strong>, opere consultate<br />

L’eccidio della Romagna. Agosto 1944, a cura del Comune di San Giuliano Terme, Provincia<br />

di <strong>Pisa</strong>, Comitato interparrocchia<strong>le</strong> per <strong>le</strong> onoranze ai martiri della Romagna, Associazioni<br />

dell’Antifascismo, della Resistenza e Combattentistiche, <strong>Pisa</strong> 1994<br />

Le rappresaglie nazifasciste sul<strong>le</strong> popolazioni toscane, a cura dell’Associazione Naziona<strong>le</strong><br />

del<strong>le</strong> Famiglie dei Martiri caduti per la libertà della patria, 1992<br />

1944-45. L’occhio dei liberatori. Immagini della guerra e della liberazione in provincia di <strong>Pisa</strong>,<br />

documentazione fotografica m<strong>il</strong>itare americana, <strong>Pisa</strong> 1995<br />

<strong>Pisa</strong> dall’antifascismo alla liberazione, <strong>Pisa</strong> 1992<br />

Cippi e lapidi : percorso storico attraverso i cippi e <strong>le</strong> lapidi commemorative in provincia di<br />

<strong>Pisa</strong>, <strong>Pisa</strong> 1985<br />

101


M. BATTINI - P. PEZZINO, Dal fascismo alla democrazia. Storie di Resistenza e di rappresaglie<br />

nazifasciste in provincia di <strong>Pisa</strong>. Documenti inediti, <strong>Pisa</strong> 1995<br />

BATTINI - P. PEZZINO, Guerra ai civ<strong>il</strong>i, op. cit.<br />

VANNI, <strong>La</strong> resistenza dalla Maremma al<strong>le</strong> Apuane, op. cit.<br />

GORI – BIASCI – MARRAS, <strong>La</strong>boratorio di storia. Il Novecento. Modulo di storia loca<strong>le</strong>, Firenze<br />

1999, pp. 50-55<br />

E. BERTINI, Prigionieri del<strong>le</strong> SS, <strong>Pisa</strong> 1945, fotocopia donata da Vittorio Sfingi.<br />

Materiali d’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea<br />

di Lucca, forniti in fotocopia da S<strong>il</strong>via Agostini, laureanda in storia contemporanea:<br />

• Pagina del Registro defunti, Archivio parrocchia<strong>le</strong> di Fi<strong>le</strong>tto<strong>le</strong>;<br />

• Testimonianza di Antonio Vannini e Italo Ninci sul carcere di Nozzano, testo datt<strong>il</strong>oscritto,<br />

• Quando mi fuc<strong>il</strong>arono, testimonianza di Ed<strong>il</strong>io Dazzi, scampato al<strong>le</strong> uccisioni<br />

dell’11 agosto 1944 alla Sassaia su «Vers<strong>il</strong>ia oggi»;<br />

• immagini fotografiche della vecchia scuola di Nozzano, ancora integra e dopo la<br />

distruzione operata dai tedeschi, e della “Pia Casa di Beneficenza” di Lucca;<br />

• e<strong>le</strong>nchi datt<strong>il</strong>oscritti di rastrellati alla Romagna e uccisi, con indicazione del<strong>le</strong><br />

date e del<strong>le</strong> località di morte.<br />

Memorie. Occupazione e resistenza nella provincia di <strong>Pisa</strong>, video di Simonetta Della<br />

Croce, per la Cooperativa Alfea, 1994<br />

• Scheda 2 – “Schema del video”<br />

1. Motivazioni della ricerca<br />

I ragazzi si muovono per la scuola con la te<strong>le</strong>camera, alla ricerca del<strong>le</strong> tracce del<br />

vecchio nome della scuola “Livia Gereschi”. Intervistano un insegnante, una custode,<br />

<strong>il</strong> preside.<br />

2. <strong>La</strong> vita di Livia<br />

2.1. Testimonianza della nipote Anna Ida. Il testo trascritto è <strong>le</strong>tto da Irene Cionini,<br />

alunna di 4°. <strong>La</strong> <strong>le</strong>ttura è <strong>il</strong>lustrata da foto di Livia fornite dalla nipote e da immagini<br />

dei luoghi in cui Livia ha vissuto.<br />

2.2. <strong>La</strong> classe 1°A recita la f<strong>il</strong>astrocca in tedesco che Livia insegnava ai nipotini.<br />

2.3. Riprese video della tomba di Livia nel cimitero monumenta<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong>.<br />

3. <strong>La</strong> morte di Livia<br />

3.1. Il preside tiene in auditorium una <strong>le</strong>zione di storia loca<strong>le</strong> sugli eventi degli anni<br />

’43 - ’44 in provincia di <strong>Pisa</strong>. Il discorso è <strong>il</strong>lustrato da immagini: <strong>Pisa</strong> dopo <strong>il</strong> bombardamento<br />

dell’agosto ’43, cartina e immagini dei monti pisani.<br />

3.2. Un alunno di 4°, A<strong>le</strong>ssandro Giglio, <strong>le</strong>gge alcune pagine del testo di Vanni, sui<br />

fatti della Romagna; la <strong>le</strong>ttura è accompagnata da immagini dei luoghi.<br />

3.3. L’alunna Irene Cionini <strong>le</strong>gge la testimonianza della madre di Livia, riportata nel<br />

testo di Battini - Pezzino; la <strong>le</strong>ttura è <strong>il</strong>lustrata da immagini dei luoghi, del<strong>le</strong> lapidi,<br />

da documenti fotografici sulla vecchia scuola di Nozzano, dalla cartina del percorso<br />

verso la Sassaia (Massarosa), dove Livia è stata uccisa.<br />

3.4. Francesco Battistoni e Andrea Giacomelli <strong>le</strong>ggono la testimonianza di Antonio<br />

Cacianti, davanti al Sacrario della Romagna.<br />

102


3.5. Alunne e alunni di 1° <strong>le</strong>ggono altre testimonianze tratte dal testo di Battini -<br />

Pezzino o raccolte dal Circolo “Le storie”. Le testimonianze sono <strong>le</strong>tte sui luoghi a<br />

cui si riferiscono e che sono fam<strong>il</strong>iari ai ragazzi (<strong>La</strong> Romagna, <strong>La</strong> Focetta, Rupecava,<br />

Ripafratta).<br />

3.6. Testimonianza di Oscar Grassini, sopravvissuto alla strage, che racconta gli ultimi<br />

giorni di Livia. L’intervista è accompagnata da immagini dei luoghi. <strong>La</strong> parte<br />

conclusiva della testimonianza è <strong>le</strong>tta da Andrea Madonia, alunno di 4°.<br />

3.7. Testimonianza di Rinaldo Pifferi, coinvolto nel rastrellamento, inviato a lavorare<br />

per l’Organizzazione m<strong>il</strong>itare Todt. L’intervista è accompagnata da immagini dei<br />

luoghi, del<strong>le</strong> lapidi, dei disegni realizzati dallo stesso testimone per <strong>il</strong> suo manoscritto.<br />

3.8. Immagini del cippo origina<strong>le</strong> collocato a <strong>La</strong> Focetta, poi sostituito dal Sacrario.<br />

Foto di Livia ado<strong>le</strong>scente, immagini dei ragazzi che hanno realizzato <strong>il</strong> video e dei<br />

testimoni che hanno partecipato.<br />

Musiche inserite nel video<br />

Kurt We<strong>il</strong>, Youkali, ritornello<br />

Bach, Variazioni Goldberg<br />

Beethoven, Imperatore, Adagio<br />

• Scheda 3 – “Percorso seguito dalla classe”<br />

1. <strong>La</strong> classe viene motivata sull’argomento: l’edificio dove ha sede <strong>il</strong> nostro Istituto<br />

un tempo ospitava la scuola e<strong>le</strong>mentare “Livia Gereschi”; inoltre molti alunni<br />

provengono dai luoghi dove si è svolto l’eccidio e lo conoscono a grandi linee<br />

per ricordo fam<strong>il</strong>iare e per averne già fatto oggetto di elaborazione nella scuola<br />

dell’obbligo.<br />

2. <strong>La</strong> classe acquisisce nozioni di storia genera<strong>le</strong> e loca<strong>le</strong> sul periodo della 2° guerra<br />

mondia<strong>le</strong>. Questa attività comporta un salto tempora<strong>le</strong> rispetto alla storia che<br />

si studia nella prima classe dell’Istituto professiona<strong>le</strong> (dal<strong>le</strong> origini fino al 1600),<br />

ed è concepita come modulo distinto di storia contemporanea. L’intervento assume<br />

la forma di <strong>le</strong>zioni e <strong>le</strong>tture, e richiama esplicitamente <strong>il</strong> programma di 3 a<br />

media. Una <strong>le</strong>zione sugli eventi che hanno interessato la provincia di <strong>Pisa</strong> negli<br />

anni ’43 – ‘44 è tenuta dal preside al<strong>le</strong> classi coinvolte nel video e a due classi<br />

quinte.<br />

3. Realizzazione del video nell’ambito di un laboratorio che si svolge in orario curricolare<br />

ed extracurricolare. Mentre <strong>le</strong> <strong>le</strong>zioni sono rivolte a tutta la classe, la<br />

partecipazione al laboratorio video coinvolge i ragazzi secondo l’interesse. Collaborano<br />

sette ragazzi e ragazze di 4° e una 1° in cui si studia tedesco come seconda<br />

lingua straniera. I ragazzi vengono ripresi mentre <strong>le</strong>ggono <strong>le</strong> testimonianze,<br />

intervistano i testimoni, si muovono sui luoghi interessati. Una guida<br />

appassionata e competente nella ricerca di luoghi e testimoni è stata la famiglia<br />

di un alunno, residente nella zona e segnata, nella sua storia, dalla strage. Le riprese<br />

sono fatte in parte insieme ai ragazzi, in parte dai soli insegnanti. Lo story<br />

board è elaborato insieme alla classe e adattato di volta in volta ai nuovi materiali<br />

che si aggiungono. Il montaggio è discusso insieme, ma realizzato<br />

dall’insegnante.<br />

103


4. Il video viene inserito nella mostra “<strong>La</strong> stanza della memoria” organizzata dalla<br />

Provincia di <strong>Pisa</strong> in occasione della Giornata europea della memoria.<br />

5. Nel secondo quadrimestre la classe viene invitata in diverse occasioni a presentare<br />

<strong>il</strong> proprio lavoro.<br />

Una puntata di una trasmissione di Cana<strong>le</strong> 50, dedicata al<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong>, è riservata<br />

alla nostra classe: i ragazzi hanno preparato testi di presentazione in<br />

forma di esposizione ora<strong>le</strong>; inoltre sono intervistati dal conduttore sui contenuti<br />

del video.<br />

Il <strong>La</strong>boratorio di storia organizza un incontro per presentare i prodotti<br />

realizzati nel corso dell’anno e che sono stati inseriti nella mostra “<strong>La</strong> stanza della<br />

memoria”. Intervengono Oscar Grassini, accompagnato dal figlio, Rinaldo Pifferi,<br />

Antonio Cacianti, i fam<strong>il</strong>iari dei ragazzi. L’incontro diventa un’occasione<br />

per riprendere <strong>il</strong> tema della memoria, con particolare forza emotiva grazie alla<br />

presenza dei diretti testimoni.<br />

<strong>La</strong> classe partecipa alla commemorazione del 25 apri<strong>le</strong>, organizzata dal<br />

Comune di San Giuliano Terme alla Romagna. Diverse scuo<strong>le</strong> del Comune partecipano<br />

con lavori sull’eccidio del 1944. Anche la nostra scuola ottiene un riconoscimento<br />

per la realizzazione del video.<br />

Tutte queste esperienze mettono alla prova diverse ab<strong>il</strong>ità e conoscenze.<br />

Per l’insegnante si prestano ad una valutazione formativa.<br />

6. A fine anno <strong>le</strong> classi 1° F e 4° TSR A, accompagnate dal<strong>le</strong> insegnanti, dal sig. Battistoni,<br />

che fa da guida, e dalla studentessa S<strong>il</strong>via Agostini, che ha collaborato<br />

nella fase della ricerca, partecipano ad un’uscita didattica sui luoghi della strage,<br />

dalla Focetta, a Nozzano, fino a Massaciuccoli. <strong>La</strong> strada dalla Focetta a Ripafratta<br />

è percorsa a piedi in una sorta di pel<strong>le</strong>grinaggio, seguendo <strong>il</strong> cammino dei<br />

deportati. Da Ripafratta un pullman porta i ragazzi a Nozzano, dove si fa una<br />

sosta nella piazza del paese, su cui si affacciava la scuola originaria. Nel<strong>le</strong> diverse<br />

tappe i ragazzi visitano i cippi commemorativi e <strong>le</strong>ggono <strong>le</strong> lapidi. In pullman<br />

si comp<strong>le</strong>ta <strong>il</strong> cammino verso Balbano e Massaciuccoli, segnato dagli eccidi di<br />

gruppi di deportati. L’uscita didattica è finanziata con <strong>il</strong> contributo concesso<br />

dalla Provincia al<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> che hanno partecipato alla Giornata della memoria.<br />

Sull’esperienza i ragazzi scrivono una relazione, su traccia proposta<br />

dall’insegnante, che va<strong>le</strong> come verifica fina<strong>le</strong>.<br />

<strong>La</strong> scuola di Nozzano, divenuta poi carcere tedesco<br />

104


NOTE SUL VIDEO LICIA E FALIERO<br />

A<strong>le</strong>ssandro Marianelli (Scuola Media “Niccolini” di San Giuliano Terme)<br />

1. Introduzione<br />

Questo lavoro, un documentario dal titolo Licia e Faliero, si pone in qualche modo in<br />

continuità con l’attività didattica <strong>le</strong>gata agli audiovisivi (anche, ma non solo, di argomento<br />

storico) che la nostra scuola ha iniziato ormai da diversi anni. Per un cenno su ta<strong>le</strong> attività<br />

mi permetto di rimandare a un mio intervento a un recente convegno organizzato nel<br />

febbraio del 2004 dal Centro per la didattica della Storia (Storia, memoria, immagini:<br />

un’esperienza didattica in una scuola media, in Tra storia e memoria: dalla ricerca alla scuola,<br />

Quaderni del Centro per la didattica della Storia, 9, pp. 101-113). Più in particolare, Licia e<br />

Faliero fa seguito a un altro video realizzato dalla nostra scuola oltre tre anni fa, <strong>La</strong> storia di<br />

Livia Gereschi, che riguardava anch’esso un episodio <strong>le</strong>gato alla resistenza e alla seconda<br />

guerra mondia<strong>le</strong> nel territorio del comune di San Giuliano, e cioè la vicenda di una<br />

giovane donna uccisa dai tedeschi in occasione della strage della Romagna, avvenuta<br />

nell’agosto del 1944.<br />

Anche Licia e Faliero, infatti, la cui vicenda riguarda avvenimenti dello stesso<br />

periodo storico, è un lavoro di ricostruzione biografica, che in questo caso riguarda la vita<br />

di due persone, fratello e sorella, la storia dei quali si intreccia in modo drammatico con <strong>le</strong><br />

vicende della resistenza sui monti pisani. Licia Rosati, la cui memoria è tuttora vivissima<br />

tra la gente del luogo, era una ragazza che si trovava sfollata con la famiglia nella zona di<br />

Asciano (dove avevano trovato rifugio molti pisani dopo <strong>il</strong> bombardamento del 31 agosto<br />

1943), e fu uccisa la notte del 4 agosto 1944 da un reparto tedesco; <strong>il</strong> suo assassinio si<br />

spiega con <strong>il</strong> fatto che Licia era sorella di Faliero, già membro del C.L.N. pisano, e<br />

partigiano nella formazione “Nev<strong>il</strong>io Casarosa”, che operava sui monti pisani.<br />

Licia<br />

105<br />

Faliero


2. Collaborazioni e aiuti.<br />

<strong>La</strong> classe che ha realizzato <strong>il</strong> video è la terza A della nostra scuola media, ma <strong>il</strong><br />

lavoro è stato realizzato in collaborazione con la scuola e<strong>le</strong>mentare Rosati di Asciano (che<br />

fa appunto parte dell’Istituto comprensivo G.B. Niccolini di San Giuliano Terme) e in<br />

particolare con l’insegnante Sonia Pieraccioni, coordinatrice del progetto presentato<br />

all’amministrazione provincia<strong>le</strong> (dalla qua<strong>le</strong> è arrivato un contributo concreto). Sono stati<br />

infatti ut<strong>il</strong>izzati alcuni lavori dei bambini del<strong>le</strong> classi quarte e quinte della scuola<br />

e<strong>le</strong>mentare, in particolare <strong>il</strong> materia<strong>le</strong> contenuto in un ipertesto realizzato nell’anno<br />

scolastico 2002-2003, tra cui diversi disegni che i bambini hanno dedicato a Licia Rosati.<br />

L’amministrazione comuna<strong>le</strong> di San Giuliano Terme, infine, che lavora da tempo sul<strong>le</strong><br />

tematiche <strong>le</strong>gate alla ricostruzione della memoria storica del territorio, ha collaborato con<br />

la scuola, aiutandoci nella realizzazione del progetto.<br />

3. Una bibliografia.<br />

<strong>La</strong> morte di Licia<br />

in un disegno di un bambino<br />

della scuola e<strong>le</strong>mentare<br />

Prima di lavorare al video, ho predisposto nella mia classe una serie di<br />

approfondimenti su varie fonti storiche. Per inquadrare la vicenda nella più genera<strong>le</strong><br />

storia della guerra e della realtà loca<strong>le</strong> di quel periodo, ho dovuto anticipare di qualche<br />

mese lo studio della seconda guerra mondia<strong>le</strong>. Oltre a ciò, ho proposto e fatto studiare ai<br />

ragazzi una serie di documenti di carattere loca<strong>le</strong> che potessero servire da quadro di<br />

riferimento. Questa fase è durata circa un mese e si è concretizzata in una serie di brevi<br />

relazioni su queste fonti storiche e memorialistiche. <strong>La</strong> bibliografia che ho consultato<br />

prima di scegliere nello specifico i brani da proporre ai ragazzi è sostanzialmente questa:<br />

• <strong>Pisa</strong> nel suo martirio e nella sua rinascita, <strong>Pisa</strong> 1954<br />

• <strong>Pisa</strong> dall’antifascismo alla liberazione, <strong>Pisa</strong> 1965 (e successive edizioni)<br />

• R. VANNI, Fascismo e antifascismo in provincia di <strong>Pisa</strong> dal 1920 al 1944, <strong>Pisa</strong> 1967<br />

• Assassinii e stragi compiute dai fascisti e dai nazisti in provincia di <strong>Pisa</strong>, <strong>Pisa</strong> 1972<br />

• R. VANNI, <strong>La</strong> resistenza dalla Maremma al<strong>le</strong> Apuane, <strong>Pisa</strong> 1972<br />

• Donne e Resistenza, Atti del convegno, <strong>Pisa</strong>, Abbazia di S. Zeno, 19 giugno 1978, <strong>Pisa</strong> 1979<br />

• Cippi e lapidi: percorso storico attraverso i cippi e <strong>le</strong> lapidi commemorative in provincia di <strong>Pisa</strong>,<br />

<strong>Pisa</strong> 1985<br />

• M. BENNATI, I compagni, 1944-1953 : dieci anni di cronaca dalla memoria, Buti 1987<br />

• 31 agosto 1943, <strong>Pisa</strong> 1993<br />

• <strong>La</strong> resistenza nel comune di San Giuliano Terme, <strong>Pisa</strong> 1994<br />

106


• L’eccidio della Romagna. Agosto 1944, <strong>Pisa</strong> 1994<br />

• P. PIERUCCETTI (cur.), I giorni del fuoco e della speranza: 1945-1995, Calcinaia 1995<br />

• Ora e sempre resistenza: 50 anni di storia, testimonianze dei protagonisti e documenti, Pontedera<br />

1995<br />

• M. BATTINI - P. PEZZINO, Dal fascismo alla democrazia. Storie di Resistenza e di rappresaglie<br />

nazifasciste in provincia di <strong>Pisa</strong>. Documenti inediti, <strong>Pisa</strong> 1995<br />

• M. BATTINI - P. PEZZINO, Guerra ai civ<strong>il</strong>i. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana<br />

1944, Venezia 1997<br />

• G. VECCHIANI (cur.), Documenti della resistenza toscana, <strong>Pisa</strong> 2003<br />

• F. BERTINI, Ilio Cecchini. Un itinerario <strong>civi<strong>le</strong></strong>, <strong>Pisa</strong> 2004<br />

• V. SALIMI - S. DURANTI (curr.), Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-45. Guida bibliografica<br />

alla memoria, Firenze<br />

All’interno di questo quadro genera<strong>le</strong> di riferimento i brani scelti e sottoposti ai ragazzi<br />

sono stati i seguenti (alcuni di essi sono stati <strong>le</strong>tti e commentati dalla classe intera, gli<br />

altri sono stati schedati e proposti ai compagni da gruppi di alunni):<br />

• Da R. VANNI, <strong>La</strong> resistenza dalla Maremma al<strong>le</strong> Apuane<br />

pp. 84-85 [Nascita del CLN nel pisano]<br />

pp.152-153 [Stragi naziste nella zona di San Giuliano tra l’agosto e <strong>il</strong> settembre 1944]<br />

pp. 158-162 Storia di un gruppo di deportati rastrellati sui monti pisani [morte di Don<br />

Bertini]<br />

pp. 220-228 Storia della formazione “Nev<strong>il</strong>io Casarosa”<br />

pp. 240-241 [testimonianza di Faliero Rosati sulla sua attività nella resistenza]<br />

pp. 255-258 [testimonianza di Va<strong>le</strong>ntino Orsini sulla sua attività nella resistenza]<br />

pp. 259-260 [testimonianza di Uliano Martini sulla sua attività nella resistenza]<br />

• Da R. VANNI, Fascismo e antifascismo in provincia di <strong>Pisa</strong> dal 1920 al 1944<br />

pp. 288-293 [l’eccidio della Romagna]<br />

• Da M. BATTINI - P. PEZZINO, Dal fascismo alla democrazia. Storie di Resistenza e di rappresaglie<br />

nazifasciste in provincia di <strong>Pisa</strong>. Documenti inediti<br />

pp. 95-96 Una scia di sangue segue l’esercito tedesco<br />

pp. 131-132 L’eccidio della Romagna<br />

• Da <strong>Pisa</strong> dall’antifascismo alla liberazione<br />

pp. 62-63 M. BENNATI, Sui monti di Calci. Luglio-agosto 1944<br />

pp. 107-108 <strong>La</strong> cronaca di un anno (tratto da “Il <strong>La</strong>voratore” , 29 agosto 1954)<br />

pp. 124-126 U. GAREMI GUELFI, Le donne nella resistenza<br />

pp. 181 M. BENNATI, I. CECCHINI, G. MARIOTTI, U. MARTINI, Ricordo di Faliero Rosati<br />

p.183 F. ROSATI, Chi sono gli assassini di mia sorella Licia<br />

• Da L’eccidio della Romagna. Agosto 1944<br />

pp. 17-18 A. M. GALOPPINI, Ricordo di Livia Gereschi<br />

• Da <strong>Pisa</strong> nel suo martirio e nella sua rinascita, <strong>Pisa</strong> 1954<br />

pp. 10-11 [la situazione a <strong>Pisa</strong> nei mesi di luglio e agosto 1944]<br />

• Da M. BENNATI, I compagni. Dieci anni di cronache della memoria (1944-1953)<br />

pp. 16-20 Come appariva <strong>Pisa</strong> nell’ottobre 1944<br />

pp. 24-27 [sull’attività politica di Faliero Rosati a <strong>Pisa</strong> dopo la liberazione e sulla sua morte]<br />

p. 46 [cenni sulla costruzione di un as<strong>il</strong>o dedicato a Licia Rosati]<br />

• Da <strong>La</strong> resistenza nel comune di San Giuliano Terme<br />

pp. 4-6 G. FILIDEI, Nota A.N.P.I.<br />

107


• Da Donne e Resistenza, Atti del convegno, <strong>Pisa</strong>, Abbazia di S. Zeno, 19 giugno 1978<br />

pp. 34-41 Intervento di Unica Garemi Guelfi sul ruolo del<strong>le</strong> donne nella resistenza<br />

nel pisano<br />

pp. 109-112 A.G., Licia Rosati<br />

• Da Sul<strong>le</strong> tracce della storia. Putignano<br />

pp. 171-176, S. Ermete durante <strong>il</strong> fascismo e Storia di Licia, a cura di N. CATARSI, G.<br />

GIANNESSI, U. MARTINI<br />

• Testo realizzato dagli alunni del<strong>le</strong> quinte della scuola e<strong>le</strong>mentare L. Rosati di Asciano<br />

per un manifesto sulla figura di Licia Rosati<br />

• Da P. PIERUCCETTI (cur.), I giorni del fuoco e della speranza: 1945-1995<br />

I fuc<strong>il</strong>ati di Asciano [sulla strage nella v<strong>il</strong>la Borri di Asciano]<br />

• Testimonianze scritte r<strong>il</strong>asciate da Io<strong>le</strong> Giannetti Bonaguidi e da Fernando Bonaguidi<br />

4. Video e f<strong>il</strong>m.<br />

Oltre al materia<strong>le</strong> bibliografico cartaceo proposto alla classe, ho cercato di raccogliere<br />

materia<strong>le</strong> f<strong>il</strong>mato che potesse contenere informazioni sulla vicenda narrata nel video e<br />

più in genera<strong>le</strong> sulla storia della seconda guerra mondia<strong>le</strong> a <strong>Pisa</strong>. Ho preso visione dei seguenti<br />

lavori, una parte dei quali sono stati proposti ai ragazzi:<br />

• <strong>La</strong> val<strong>le</strong> del<strong>le</strong> fonti, di Faliero Rosati (1980). L’autore del documentario è figlio di Faliero<br />

e nipote di Licia Rosati e lavora come regista e sceneggiatore. Il video, che fu trasmesso<br />

dalla Rai, racconta la storia della formazione partigiana che operò sui monti pisani e<br />

dedica ampio spazio alla ricostruzione della vicenda di Licia. Come si può immaginare,<br />

questo documentario è stato un punto di riferimento fondamenta<strong>le</strong> per <strong>il</strong> nostro lavoro.<br />

• Memorie. Occupazione e resistenza nella provincia di <strong>Pisa</strong> di Simonetta Della Croce, Cooperativa<br />

Alfea <strong>Pisa</strong> (1994). E’ un documentario che ricostruisce <strong>le</strong> vicende della resistenza<br />

nella provincia di <strong>Pisa</strong>.<br />

• Documentario di 50 Cana<strong>le</strong> <strong>Pisa</strong>, a cura di Giorgio Piccioni (1996). Si tratta di un documentario<br />

che racconta <strong>le</strong> vicende della guerra ad Asciano, soffermandosi sugli scontri<br />

sostenuti dalla formazione partigiana con i tedeschi e sulla vicenda dell’assassinio di<br />

Licia. Per genti<strong>le</strong> concessione di Giorgio Piccioni abbiamo ut<strong>il</strong>izzato uno spezzone di<br />

un’intervista nel nostro video.<br />

• Materiali dell’archivio storico di Mario Benvenuti. Grazie alla cortesia e alla disponib<strong>il</strong>ità<br />

di Mario Benvenuti, abbiamo potuto prendere visione del<strong>le</strong> riprese da lui girate negli<br />

anni tra <strong>il</strong> 1939 e <strong>il</strong> 1946. Si tratta di riprese molto interessanti, che documentano vari<br />

aspetti della realtà di <strong>Pisa</strong> prima, durante e dopo la seconda guerra mondia<strong>le</strong>. Una<br />

parte di questi materiali è stata poi raccolta a cura del prof. De Santi e di alcuni studenti<br />

dell’università di <strong>Pisa</strong> sotto <strong>il</strong> titolo <strong>Pisa</strong> com’era. Fa parte dell’archivio di Mario<br />

Benvenuti anche <strong>il</strong> documentario 25 apri<strong>le</strong>, realizzato negli anni ’70, nel qua<strong>le</strong> vengono<br />

intervistati alcuni tra i più noti esponenti della resistenza pisana. Nel nostro video abbiamo<br />

inserito alcuni spezzoni tratti da questi materiali.<br />

• Altri lavori consultati sono stati: Stragi nazifasciste: <strong>il</strong> tributo pisano, Sedicinoni Pontedera,<br />

a cura di ANPI e Sinistra Giovani<strong>le</strong> (2004); Resistenze. Il passaggio del<strong>le</strong> staffette<br />

(2005), con interviste a Carla Guelfi, Giulia Nocchi, Mirella Vernizzi e Teresa Mattei;<br />

infine i materiali dei Cinegiornali Luce su <strong>Pisa</strong>, che contengono alcune brevi sequenze<br />

sul passaggio del fronte a <strong>Pisa</strong>.<br />

108


5. Cosa e come riprendere.<br />

Prima ancora di avere un’idea precisa del tipo di struttura da dare al nostro lavoro,<br />

ci siamo posti <strong>il</strong> prob<strong>le</strong>ma di quali materiali riprendere. Sostanzialmente <strong>le</strong> riprese hanno<br />

riguardato tre ambiti diversi: <strong>le</strong> interviste con i testimoni dell’epoca e con chi poteva avere<br />

del<strong>le</strong> conoscenze sui fatti narrati, i luoghi nei quali <strong>le</strong> vicende sono avvenute, infine fotografie<br />

o articoli di giorna<strong>le</strong> da inserire nel video.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> metodo di lavoro, abbiamo realizzato <strong>le</strong> riprese al pomeriggio;<br />

gli operatori erano costituiti da piccoli gruppi variab<strong>il</strong>i, in buona parte composti da<br />

ragazzi che abitavano ad Asciano, che quindi conoscevano bene i luoghi che ci interessavano.<br />

Le riprese sono state quindi eseguite quasi interamente dagli alunni, ovviamente<br />

sotto <strong>il</strong> mio coordinamento. Per l’esattezza gli operatori di ripresa che si sono alternati durante<br />

<strong>le</strong> varie fasi del lavoro sono Francesca Argenti, Chiara Botrini, A<strong>le</strong>ssio Checcucci,<br />

Mattia Colombini, F<strong>il</strong>ippo Montanelli, Giorgio Pancrazzi, Elisa Pistoia, Enrico Vaglini<br />

6. Le testimonianze.<br />

Abbiamo potuto intervistare alcune persone che ci hanno fornito testimonianze<br />

molto importanti su Licia e Faliero. <strong>La</strong> prima intervista l’abbiamo fatta a Roma (avevo portato<br />

un gruppetto di quattro ragazzi, approfittando di una premiazione alla qua<strong>le</strong> dovevamo<br />

partecipare) a Faliero Rosati, che con molta disponib<strong>il</strong>ità non solo ci ha raccontato<br />

ciò che sapeva del padre e della zia, ma ci ha fatto riprendere una serie di documenti, quali<br />

fotografie, articoli di giornali e tessere politiche e sindacali; altre fotografie ce <strong>le</strong> ha poi inviate<br />

per posta e<strong>le</strong>ttronica.<br />

Ad Asciano abbiamo poi intervistato alcune persone che avevano fatto parte della<br />

formazione partigiana sui monti pisani e che avevano conosciuto Licia e soprattutto Faliero;<br />

tra essi Du<strong>il</strong>io Cordoni, Luigi Puntellini e Giorgio Vecchiani, <strong>il</strong> presidente provincia<strong>le</strong><br />

dell’ANPI. Altre interviste <strong>le</strong> abbiamo fatte ad alcune signore ascianesi che avevano conosciuto<br />

Licia; tra queste Io<strong>le</strong> Bonaguidi (che era già stata intervistata 25 anni fa da Faliero<br />

Rosati nel citato video <strong>La</strong> val<strong>le</strong> del<strong>le</strong> fonti), Fernanda Innocenti e Nicla Zagallo. Come accennato<br />

in precedenza, abbiamo ut<strong>il</strong>izzato nel video l’intervista data dalla signora Anna<br />

Scarpellini, nella cui abitazione fu uccisa Licia, in un documentario prodotto dall’emittente<br />

pisana 50 Cana<strong>le</strong>.<br />

Abbiamo poi intervistato Mi<strong>le</strong>na Moriani, pittrice e scultrice pisana, alla qua<strong>le</strong> si<br />

deve <strong>il</strong> monumento in ricordo di Licia che si trova all’interno della scuola e<strong>le</strong>mentare di<br />

Asciano e l’altro monumento, dedicato alla resistenza, che è situato in una piazza di Asciano.<br />

Infine, una testimonianza importante è venuta dalla professoressa Franca Vannozzi,<br />

che ci ha aiutato a ricostruire <strong>il</strong> periodo in cui Licia viveva a Putignano, prima di trasferirsi<br />

a <strong>Pisa</strong> in via<strong>le</strong> Bonaini, e poi, dopo <strong>il</strong> bombardamento del 31 agosto 1943, ad Asciano.<br />

7. I luoghi.<br />

In alcuni pomeriggi abbiamo ripreso (spesso ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> caval<strong>le</strong>tto) una serie di<br />

luoghi in cui si sono svolte <strong>le</strong> vicende narrate nel f<strong>il</strong>m. In particolare <strong>le</strong> riprese hanno riguardato:<br />

• L’abitazione dove Licia Rosati è stata uccisa e la lapide che ricorda la sua morte<br />

109


• Le v<strong>il</strong><strong>le</strong> Leoli e Borri, sede del comando tedesco<br />

• Il Cisternone, teatro di un sanguinoso scontro tra partigiani e tedeschi<br />

• <strong>La</strong> tomba di Licia e Faliero, che si trova al camposanto monumenta<strong>le</strong> di <strong>Pisa</strong><br />

• Monumenti e lapidi che ricordano Licia e i partigiani<br />

• <strong>La</strong> scuola e<strong>le</strong>mentare di Asciano e un as<strong>il</strong>o nido di <strong>Pisa</strong> dedicato a Licia Rosati<br />

<strong>La</strong> casa di Licia Rosati ad Asciano<br />

V<strong>il</strong>la Borri<br />

Infine ho suggerito ai ragazzi di riprendere diversi scorci della val<strong>le</strong> che porta dai<br />

monti ad Asciano, in particolare <strong>le</strong> acque di ruscelli e fonti che scorrono nella zona; queste<br />

immagini (che evidentemente hanno diretto riferimento con <strong>il</strong> nome del luogo, appunto<br />

“la val<strong>le</strong> del<strong>le</strong> fonti”) sono state poi ut<strong>il</strong>izzate come una cornice all’inizio e alla fine del<br />

video; si può dire che esse abbiano assunto, quasi per caso, anche una funzione emotiva<br />

forte, sottolineando in qualche modo <strong>il</strong> contrasto tra la bel<strong>le</strong>zza dei luoghi e <strong>il</strong> dramma<br />

terribi<strong>le</strong> che in essi si è svolto.<br />

1. Montaggio e sonorizzazione.<br />

Il materia<strong>le</strong> raccolto è stato poi analizzato e montato, secondo uno schema<br />

sostanzialmente cronologico, in cui <strong>le</strong> testimonianze orali si alternano a inquadrature dei<br />

luoghi e al<strong>le</strong> fotografie ut<strong>il</strong>izzate; <strong>il</strong> montaggio è stato quasi interamente realizzato da me,<br />

con <strong>il</strong> contributo di un piccolo gruppo di alunni che in un paio di occasioni ha partecipato<br />

direttamente al montaggio di alcune inquadrature. Per questa fase del lavoro è stato usato<br />

un computer, e più in particolare <strong>il</strong> programma Adobe Première. In qualche caso ho fatto<br />

ricorso alla competenza e alla disponib<strong>il</strong>ità di Federico Pierotti, della Cooperativa<br />

Lucignolo di <strong>Pisa</strong>.<br />

È stato poi predisposto (talvolta facendo vere e proprie citazioni dai testi e dal<strong>le</strong><br />

testimonianze <strong>le</strong>tti durante la prima fase del lavoro) un breve testo che doveva<br />

accompagnare <strong>le</strong> immagini, e che è stato <strong>le</strong>tto dall’alunna Giulia Bonomi. Per quanto<br />

riguarda <strong>le</strong> musiche, abbiamo operato una sorta di “contaminazione” tra generi diversi,<br />

con una dominante che in qualche modo ho suggerito ai ragazzi, e cioè la scelta di<br />

musiche dai toni preva<strong>le</strong>ntemente “malinconici”. Alcune musiche <strong>le</strong> ho direttamente<br />

proposte io ai ragazzi, tra cui brani di Arvo Part, Peteris Vasks e Goran Bregovic. Altri<br />

sono stati trovati e suggeriti direttamente da alcuni alunni, in particolare un brano tratto<br />

dal f<strong>il</strong>m Il signore degli anelli e alcune musiche popolari celtiche. Nei titoli di coda, infine,<br />

c’è addirittura un brano di Bob Dylan tratto dal f<strong>il</strong>m western Pat Garrett e B<strong>il</strong>ly the Kid.<br />

110


APPENDICE<br />

Stefano Sodi. L’azione dell’arcivescovo Gabrie<strong>le</strong> Vettori (vedi p. 24)<br />

Tav. 4<br />

111


Fig. 9<br />

Depositi degli Ebrei<br />

nel<strong>le</strong> banche di <strong>Pisa</strong> e provincia<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

B.C.Italiana 21<br />

C.R.di <strong>Pisa</strong><br />

22<br />

C redit o it alian o 15<br />

M o n t e de i<br />

11<br />

paschi di Siena<br />

Banco di Roma 1<br />

Cassa di<br />

1<br />

risparm io di<br />

Volterra<br />

1<br />

1<br />

116<br />

B.C.Italiana<br />

C.R.di <strong>Pisa</strong><br />

C redito italiano<br />

Monte dei paschi<br />

di Siena<br />

Banco di Roma<br />

C assa di risparm io<br />

di Volterra<br />

Banca d'Italia<br />

C assa risparmio di<br />

S.Miniato<br />

B anca Toscana

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