Il Primo dopoguerra e il culto dei caduti
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Assessorato Istruzione e Cultura della Provincia di Pisa<br />
Centro di Documentazione e Ricerca Educativa<br />
Documenti dell’Archivio di Stato di Pisa<br />
<strong>Il</strong> primo <strong>dopoguerra</strong><br />
e <strong>il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong><br />
a cura di<br />
Christine Pennison, Alessandra Peretti e Giovanna Tanti<br />
QUADERNI DEL CENTRO<br />
PER LA DIDATTICA DELLA STORIA<br />
Quaderno n. 6
Immagine in copertina:<br />
“<strong>Il</strong> Mare Nostro – Dopo lungo amore l’Italia sposa <strong>il</strong> suo Adriatico”<br />
(La Tradotta, giornale settimanale della 3 a armata, 30 Novembre 1918)<br />
I documenti qui riprodotti, salvo quelli con indicazione diversa,<br />
sono depositati presso l’Archivio di Stato di Pisa, che ne ha concesso la riproduzione<br />
con autorizzazione n. 1/2003, Prot N. 117 del 22 marzo 2003<br />
Si ringraziano per la collaborazione:<br />
la Biblioteca Comunale di Pisa<br />
e i Comuni di Ponsacco, S. Croce sull’Arno, s. Miniato, Volterra e Calci.
Alessandra Peretti<br />
INDICE<br />
Finisce la guerra, non comincia la pace...............................................................................p. 5<br />
I documenti ..............................................................................................................p. 11<br />
Giovanna Tanti<br />
<strong>Il</strong> <strong>dopoguerra</strong> e la costruzione di una religione della politica: dal <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong><br />
all’avvento del fascismo ......................................................................................................p. 47<br />
I documenti ..............................................................................................................p. 51<br />
Christine Pennison<br />
Le immagini, i simboli e i ricordi della Grande Guerra ut<strong>il</strong>izzati a scopo politico ...........p. 97<br />
<strong>Il</strong> ricordo <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> nei paesi vincitori ..................................................................p. 98<br />
I monumenti italiani...............................................................................................p. 105<br />
<strong>Il</strong> M<strong>il</strong>ite ignoto .......................................................................................................p. 116<br />
Le altre forme di commemorazione.......................................................................p. 119<br />
Trieste, Pola e Fiume .............................................................................................p. 124<br />
I ricordi e i simboli della guerra sfruttati dal fascismo ..........................................p. 128
FINISCE LA GUERRA, NON COMINCIA LA PACE<br />
di Alessandra Peretti<br />
Dalle carte della Censura politica dell’Archivio della Prefettura di Pisa<br />
Giuseppe Scalarini: La censura risparmia i corvi, tormenta le colombe (Giovenale)<br />
5
La questione Adriatica<br />
<strong>Il</strong> 3 novembre 1918, con l’armistizio di V<strong>il</strong>la Giusti, finisce per l’Italia la grande guerra. Tutti gli<br />
italiani si ritrovano uniti nel sollievo per la conclusione di un periodo inaspettatamente lungo di lutti e<br />
sacrifici enormi: 650.000 morti, 947.000 feriti, 600.000 prigionieri e dispersi sono approssimativamente i<br />
costi che in termini di vite umane <strong>il</strong> paese ha pagato a più di tre anni di guerra di trincea. Ed è proprio la<br />
convinzione di aver superato vittoriosamente una prova storica che produce la diffusa richiesta di un<br />
rinnovamento radicale: al sacrificio di tanti <strong>caduti</strong> e allo sforzo collettivo del popolo italiano si può dare un<br />
senso solo creando una società più moderna e più giusta dal punto di vista morale, sociale, politico.<br />
Ma la lacerazione che aveva diviso la società italiana tra neutralisti e interventisti nella stagione della<br />
neutralità, tra <strong>il</strong> luglio del ’14 e <strong>il</strong> 24 maggio 1915, si ripropone immediatamente sul valore da riconoscere<br />
alla guerra appena vinta e sulle aspettative con cui si guarda alla pace tanto sospirata. E’ una lacerazione che<br />
coinvolge in prima linea le forze politiche: la vecchia classe dirigente liberale ne viene disintegrata, nello<br />
scontro tra posizioni giolittiane, di interventismo democratico e di destra conservatrice sempre più<br />
risucchiata nell’area nazionalistica. Risultano invece accomunati dal rifiuto di riconoscere un valore ideale<br />
alla guerra e dal fatto di non averne condiviso la responsab<strong>il</strong>ità quelli che - anche per questa ragione - si<br />
avviano a diventare, con le elezioni a sistema proporzionale del novembre del ’19, i due maggiori partiti<br />
italiani: i socialisti e i popolari. Nel partito socialista, in particolare, <strong>il</strong> massimalismo del <strong>dopoguerra</strong>,<br />
alimentato dall’attesa messianica della rivoluzione, non eviterà l’errore di trasformare la lotta alla guerra in<br />
lotta a chi la guerra l’ha fatta, allontanandosi ben presto dalla possib<strong>il</strong>ità di un incontro con i settori<br />
democratici del movimento degli ex combattenti. Nella società italiana, per altro, sale in relazione alle<br />
difficoltà del momento la recriminazione sull’inut<strong>il</strong>ità <strong>dei</strong> sacrifici compiuti, che investe chi ha imposto tali<br />
sacrifici e chi in nome di essi ha fatto tante promesse che ora appaiono <strong>il</strong>lusorie.<br />
Nei primi mesi del <strong>dopoguerra</strong> dunque, mentre si moltiplicano gli scioperi operai e le agitazioni<br />
popolari contro <strong>il</strong> carovita, si assiste anche a un progressivo affermarsi di parole d’ordine e battaglie politiche<br />
di ispirazione nazionalista e fascista, contro chi è accusato di voler defraudare gli italiani <strong>dei</strong> risultati di tante<br />
sofferenze negandone valore e sacralità. Sulla base di un tale stato d’animo diffuso è destinato a crescere<br />
quello che è stato chiamato <strong>il</strong> mito, o anche <strong>il</strong> fungo velenoso, della vittoria mut<strong>il</strong>ata.<br />
Se infatti da tutto questo, e da altro ancora, derivano al <strong>dopoguerra</strong> italiano quei caratteri di guerra<br />
civ<strong>il</strong>e che lo faranno sfociare in breve nella dittatura fascista, tra la fine del 1918 e i primi mesi del 1919 la<br />
crisi si alimenta in particolare delle polemiche sulle rivendicazioni territoriali da avanzare nelle trattative di<br />
pace, <strong>il</strong> cui nucleo centrale è rappresentato dalla cosiddetta questione adriatica.<br />
<strong>Il</strong> patto di Londra, sottoscritto dall’Italia con le forze dell’Intesa alla vig<strong>il</strong>ia dell’entrata in guerra,<br />
nell’apr<strong>il</strong>e del 1915, e rimasto segreto fino al 1917, era ispirato all’obbiettivo tradizionale della diplomazia<br />
europea che vedeva nell’equ<strong>il</strong>ibrio delle forze la garanzia di ogni stab<strong>il</strong>ità futura. Per questo l’Italia doveva<br />
avere un ruolo centrale nel ridimensionamento dell’Austria-Ungheria e <strong>il</strong> patto di Londra le riservava ampie<br />
concessioni sul confine orientale, in modo da togliere all’Austria <strong>il</strong> predominio sul mare Adriatico. Dei due<br />
6
firmatari di parte italiana, Salandra era stato un anno dopo costretto a lasciare <strong>il</strong> governo, mentre Sonnino era<br />
rimasto come ministro degli esteri l’intransigente garante del rispetto e delle intenzioni di quel patto per tutta<br />
la durata della guerra.<br />
Quando però alla fine della guerra si trattò di riscuotere <strong>il</strong> credito relativo, non solo la situazione<br />
internazionale era profondamente cambiata, ma l’intero vecchio ordine europeo si era dissolto. L’America di<br />
W<strong>il</strong>son, <strong>il</strong> cui intervento aveva determinato l’esito della guerra a favore dell’Intesa, non aveva sottoscritto <strong>il</strong><br />
patto di Londra e la sua azione diplomatica era tutta incentrata sui 14 punti, vera e propria nuova diplomazia<br />
contrapposta alla tradizione precedente. <strong>Il</strong> punto 9 in particolare dichiarava: “Una rettifica delle frontiere<br />
italiane dovrà essere effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscib<strong>il</strong>i”. Lo stesso governo<br />
italiano, in particolare <strong>il</strong> presidente Orlando, aveva manifestato nel corso del 1918 la sua piena adesione alla<br />
politica delle nazionalità e promosso in Campidoglio un Congresso <strong>dei</strong> popoli oppressi dall’Austria, che si<br />
era concluso con la proclamazione del diritto all’autodeterminazione e alla piena indipendenza <strong>dei</strong> popoli<br />
italiano, polacco, rumeno, ceco e jugoslavo.<br />
Per altro la dissoluzione dell’Austria-Ungheria e dell’impero zarista con la sua tradizionale politica<br />
di espansionismo balcanico, e la conseguente creazione di un nuovo stato jugoslavo, cambiavano<br />
radicalmente i termini della questione. L’interesse dell’Italia a svolgere un ruolo nella regione adriatica e<br />
balcanica doveva fare i conti ora con le legittime aspirazioni nazionali e le assai meno legittime ingordigie<br />
nazionalistiche degli slavi del sud. I due poli intorno a cui si scatenò la contesa furono la Dalmazia e Fiume:<br />
la prima italiana in base al patto di Londra, ma jugoslava ora in nome del principio w<strong>il</strong>soniano di nazionalità,<br />
la seconda croata per <strong>il</strong> patto di Londra, ma italiana per la scelta della stragrande maggioranza della sua<br />
popolazione urbana.<br />
Intorno a questo scontro si dissolse in Italia <strong>il</strong> già composito schieramento interventista. Mentre i<br />
democratici venivano tacciati di “rinunciatari” per la volontà di rispettare rigorosamente <strong>il</strong> principio<br />
w<strong>il</strong>soniano (fino alla rinuncia del confine del Brennero), i nazionalisti, indifferenti all’incoerenza delle loro<br />
pretese, andarono rumorosamente all’attacco in nome del “sacro egoismo” nazionale interessato sia a Fiume<br />
che alla Dalmazia. <strong>Il</strong> governo di Vittorio Emanuele Orlando, che aveva portato <strong>il</strong> paese alla vittoria nella<br />
guerra, si dissolse nel vivo della battaglia sulla pace e dopo le ambiguità e contraddizioni manifestate nel<br />
corso della conferenza di Parigi finì per dimettersi nel giugno 1919. <strong>Il</strong> governo successivo, presieduto<br />
dall’on. Nitti, sarà costretto nell’autunno ad affrontare <strong>il</strong> precipitare della crisi e la marcia su Fiume di<br />
D’Annunzio.<br />
La censura sulla stampa<br />
Dai documenti dell’Archivio della Prefettura di Pisa che qui vengono presentati e che appartengono<br />
alla serie delle buste della Censura politica (v. Quaderno n. 4), emerge chiaramente la preoccupazione del<br />
governo riguardo a tali temi, almeno nel periodo fino al giugno 1919 che è quello coperto dalla<br />
documentazione. Gran parte delle disposizioni che Orlando, <strong>il</strong> suo capogabinetto Flores, <strong>il</strong> vicepresidente<br />
7
Colosimo e altri diramano telegraficamente per orientare l’attività della censura sulla stampa è dedicata ai<br />
temi della politica estera: dalla questione jugoslava alle tensioni con la Francia e con W<strong>il</strong>son alla rivalità con<br />
la Grecia in Asia minore. Le preoccupazioni del governo sembrano soprattutto ispirate al desiderio di non<br />
alimentare le polemiche nazionalistiche e di non irritare gli alleati con cui si sta discutendo a Parigi. Se altri<br />
temi sono presenti qua e là, come quelli della riconversione industriale o delle agitazioni per <strong>il</strong> carovita o<br />
dell’amnistia, hanno comunque un r<strong>il</strong>ievo quantitativamente modesto.<br />
Le norme sulla censura sulla stampa ebbero alla fine della guerra una provvisoria revisione che finì<br />
per lasciare le cose come stavano. Una circolare del 21 novembre 1918 firmata dal presidente del Consiglio<br />
annunciava un Regio decreto in corso di pubblicazione che avrebbe dovuto limitare a tre soli casi gli<br />
interventi degli uffici censura: alle notizie di carattere m<strong>il</strong>itare, alle notizie “non conformi al vero che<br />
possano generare allarmi nella pubblica opinione o turbare i rapporti internazionali”, alle notizie contenenti<br />
elementi di reato perseguib<strong>il</strong>e di ufficio. Per quanto si prevedesse una graduale limitazione <strong>dei</strong> compiti della<br />
censura, per ora si ricordava che “talvolta basta un particolare non vero, aggiunto ad una notizia<br />
fondamentale vera, a svisare la realtà e a generare allarme nel pubblico”. Successivamente, dal 1° apr<strong>il</strong>e 1919<br />
venne abolita la censura telegrafica per l’interno del regno, ma non quella sui telegrammi internazionali o<br />
indirizzati a quella parte dell’Italia settentrionale che continuava ad essere definita zona di guerra. Solo nel<br />
luglio <strong>il</strong> governo Nitti ne decise la soppressione, nell’intento di normalizzare <strong>il</strong> clima postbellico.<br />
A ciò si aggiunsero le particolari preoccupazioni relative alla diffusione di notizie sulle discussioni in<br />
corso alla conferenza di pace di Parigi, che si aprì <strong>il</strong> 18 gennaio 1919. Le corrispondenze giornalistiche da<br />
Parigi dovevano essere vistate dall’ufficio stampa di là ed essere poi controllate dai vari uffici di censura<br />
locali. Una complessa procedura, che subì via via marginali aggiustamenti, fu avviata in proposito e si<br />
moltiplicarono i telegrammi da Roma col sunto delle direttive alla stampa, vere e proprie veline a cui ispirare<br />
le cronache <strong>dei</strong> giornali.<br />
Oltre ai documenti della censura, è presente in questa sezione una notificazione del Comune di Pisa<br />
che si riferisce alla drammatica partenza da Parigi della delegazione italiana alla fine di apr<strong>il</strong>e 1919.<br />
La memoria <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong><br />
Nel contesto generale di contrapposizioni accanite di cui si è evidenziato qui un aspetto, la fine della<br />
guerra segna anche l’inizio di un processo che avrà nella successiva dittatura fascista <strong>il</strong> suo compimento e la<br />
sua apoteosi. Quella che gli storici chiamano oggi “sacralizzazione della memoria della guerra” si avvia<br />
anche in Italia a partire dal <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>, attraverso la proliferazione di “monumenti che via via vengono<br />
eretti nel primo <strong>dopoguerra</strong>, dai capoluoghi di provincia alle località più modeste: quelle nei cui negozi<br />
saranno per anni reperib<strong>il</strong>i e offerte all’uso solo una o due cartoline con le attrazioni locali: la chiesa<br />
parrocchiale e, appunto, <strong>il</strong> monumento ai Caduti” (M. Isnenghi, Le guerre degli italiani, M<strong>il</strong>ano 1989). Nella<br />
presentazione delle sezioni successive <strong>dei</strong> documenti qui raccolti questo fenomeno verrà più puntualmente<br />
8
<strong>il</strong>lustrato. Qui mi interessa solo r<strong>il</strong>evare due elementi che riguardano specificamente l’argomento da me<br />
considerato.<br />
Da un lato tutti quei morti <strong>il</strong> cui nome e numero erano stati rigorosamente censurati durante la guerra<br />
per non deprimere <strong>il</strong> fronte interno, si prendono ora la rivincita di ricomparire uno per uno a caratteri cubitali<br />
sui manifesti che ne annunziano <strong>il</strong> ritorno dai campi di battaglia, sulle lapidi <strong>dei</strong> monumenti a loro dedicati.<br />
Le autorità che li avevano banditi dalle colonne <strong>dei</strong> giornali, prescrivendo perfino di ridurre al minimo i<br />
caratteri tipografici <strong>dei</strong> necrologi (v. Quaderno n. 4), ora chiamano tutti i cittadini ad affollare le cerimonie<br />
funebri in loro onore.<br />
D’altra parte <strong>il</strong> fenomeno coinvolge tutte le nazioni europee fin dai primi mesi della pace, ma in<br />
Italia proprio le lacerazioni tra neutralisti e interventisti, tra democratici e nazionalisti che si prolungano nel<br />
<strong>dopoguerra</strong> lo caratterizzano specificamente. Nell’uso dell’eufemistico e sdrammatizzante termine di <strong>caduti</strong>,<br />
invece che morti, nell’insistenza con cui si vuole celebrare la vittoria anziché la pace, nell’interpretazione<br />
ufficiale imposta dall’alto attraverso la diffusione molecolare di lapidi e monumenti si esprime la volontà di<br />
esorcizzare la realtà di una memoria divisa e di imporre a tutti un comune senso del valore e della sacralità<br />
della guerra. Dice ancora lo storico Isnenghi: “La Francia, che era stata per forza di cose più pronta<br />
nell’entrare in guerra e più compatta nel farla, appare meno accanita e dogmatica nel ricordo; l’Italia, che<br />
aveva dibattuto per dieci lunghi mesi se farla o no e che poi, nel 1915-1918, si era manifestata più divisa,<br />
cancella i contrasti rispecchiandosi in una memoria pubblica che si vuole unanime” .<br />
Bibliografia<br />
L. Salvatorelli – G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Torino 1964<br />
G. Salvemini, Scritti sul fascismo, M<strong>il</strong>ano 1961<br />
R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo: l’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, Bologna<br />
1991<br />
M. Isnenghi, Le guerre degli italiani, M<strong>il</strong>ano 1989<br />
M. Isnenghi, La grande guerra, Firenze 1997<br />
A. Gibelli, La grande guerra degli italiani 1915-18, Firenze 1998<br />
G.L. Mosse, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>, Bari 1990<br />
9
Giuseppe Scalarini: La censura e l’Avanti!<br />
10
Documenti<br />
Archivio della Prefettura: Censura politica (1-18, 20-22)<br />
• telegrammi cifrati<br />
• interventi dell’ufficio censura<br />
Archivio del Comune: Notificazioni (19)<br />
1. Si fa riferimento all’intensificarsi della polemica intorno alla politica estera, suscitata da una campagna<br />
condotta in agosto dal Corriere della Sera in sostegno delle tesi democratiche favorevoli alla politica delle<br />
nazionalità e all’accordo con gli jugoslavi. L’obbiettivo di tale campagna era la sostituzione del ministro degli<br />
esteri Sonnino, <strong>il</strong> maggior rappresentante della diplomazia tradizionale e l’artefice di quel patto di Londra che era<br />
in netto contrasto con i principi w<strong>il</strong>soniani. La preoccupazione del governo si manifesta nell’invito a censurare<br />
sulla stampa ogni riferimento a tale polemica, “in particolar modo quanto riguarda questione jugo-slava in<br />
qualsivoglia senso”. (telegramma decifrato del 7 settembre 1918)<br />
2. Nuovo invito a trattare con cautela la notizia della dichiarazione di indipendenza delle popolazioni<br />
jugoslave, evitando aggressioni personali al governo e polemiche sull’intangib<strong>il</strong>ità del patto di Londra<br />
(telegramma decifrato del 25 settembre 1918)<br />
3. Si invita a censurare l’interpellanza del nazionalista Federzoni in difesa degli interessi italiani in Oriente e<br />
nel Mediterraneo, dopo che Francia e Ingh<strong>il</strong>terra hanno occupato territori in Libano e Siria. I nazionalisti erano<br />
particolarmente impegnati a reclamare per l’Italia un ruolo imperialistico nel Mediterraneo in competizione con<br />
Francia ed Ingh<strong>il</strong>terra (telegramma dell’ 8 ottobre 1918)<br />
4. La sconfitta degli imperi centrali mette in moto un vasto movimento rivoluzionario alimentato anche dagli<br />
avvenimenti di Russia. Proprio <strong>il</strong> 9 novembre a Berlino viene proclamata la repubblica tedesca, dopo che si sono<br />
ammutinati a Kiel i marinai della flotta e si sono diffusi i consigli degli operai e <strong>dei</strong> soldati sull’esempio <strong>dei</strong> soviet<br />
russi.<br />
Nel telegramma si manifesta allarme per <strong>il</strong> diffondersi di “notizie relative a cambiamenti costituzionali stati<br />
nemici, a formazione svariate repubbliche, a movimenti rivoluzionari tipo bolscevico, tentati anche in paesi<br />
neutrali” e per <strong>il</strong> “grave pericolo suggestivo che vi è per nostra popolazione disorientata dalla enormità<br />
avvenimenti attuali”. Si sollecita la censura a vig<strong>il</strong>are e si raccomanda: “Intonazione anzi giornali amici dovrebbe<br />
essere quella mettere in r<strong>il</strong>ievo pericolo gravissimo del contagio sovvertitore che frusterebbe (sic) sicuri vantaggi<br />
della vittoria….. “ (telegramma decifrato del 9 novembre 1918)<br />
5. <strong>Il</strong> Martello, quindicinale della classe lavoratrice di Piombino, Elba e Maremma, viene ampiamente censurato<br />
a causa di una lunga cronaca di quanto avvenuto a Piombino all’annuncio, la sera del 3 novembre, della vittoria<br />
11
italiana. Si mettono in r<strong>il</strong>ievo i sentimenti contrapposti <strong>dei</strong> lavoratori ed operai che inneggiano alla pace<br />
“consolatrice dopo 4 anni di sacrifici immani” e <strong>dei</strong> borghesi “patriottoni” che scampanano per la vittoria.<br />
(numero del 16 novembre 1918)<br />
6. Si invita a reprimere quanto possa seminare <strong>il</strong> sospetto o la diffidenza tra l’Italia e i suoi alleati in merito alla<br />
questione jugoslava, anche con interventi e pressioni personali sui direttori <strong>dei</strong> giornali. <strong>Il</strong> telegramma fa<br />
riferimento probab<strong>il</strong>mente alla campagna per Fiume italiana esplosa all’improvviso sulla stampa dopo l’armistizio<br />
del 3 novembre 1918. <strong>Il</strong> 12 novembre D’Annunzio aveva pubblicato sul Corriere della Sera <strong>il</strong> Cantico per<br />
l’ottava della vittoria, inneggiando all’italianità delle città della Dalmazia ben oltre i limiti fissati dal patto di<br />
Londra. (telegramma decifrato del 23 novembre 1918)<br />
7. <strong>Il</strong> 18 gennaio 1919 si apre la conferenza di pace a Parigi. Suo organo deliberativo è <strong>il</strong> Consiglio <strong>dei</strong> quattro:<br />
l’americano W<strong>il</strong>son, <strong>il</strong> francese Clemenceau, l’inglese Lloyd Gorge e l’italiano Orlando. Sulla questione adriatica<br />
non c’è accordo tra l’Italia e gli alleati. In particolare Francia, Ingh<strong>il</strong>terra e Stati Uniti sono unanimi nell’opporsi<br />
alla richiesta di Fiume all’Italia, sostenuta dalla nostra delegazione e dalla grande maggioranza dell’opinione<br />
pubblica italiana. Si parla di una proposta di compromesso per rendere Fiume città libera, come avverrà l’anno<br />
successivo col trattato di Rapallo.<br />
<strong>Il</strong> telegramma invita a censurare la notizia di provenienza inglese di una possib<strong>il</strong>e proclamazione di Fiume a città<br />
libera e un articolo americano sul Times con accuse di imperialismo alla politica italiana (telegramma del 2<br />
febbraio 1919)<br />
8. Sulle discussioni in corso a Parigi <strong>il</strong> governo dirama frequenti direttive alla stampa. L’esemplare riprodotto<br />
fornisce un’ampia disanima delle divergenti posizioni francesi e angloamericane sul ruolo della Società delle<br />
Nazioni e sulle sanzioni antitedesche. L’Italia assume al riguardo una posizione mediana e apparentemente<br />
conc<strong>il</strong>iante, che corrisponde comunque alla sua politica di disinteresse per le questioni di ordine generale e che<br />
non riguardino le sue particolari richieste. (telegramma decifrato del 12 febbraio 1919)<br />
9. Si invita a censurare rigorosamente l’incidente tra soldati francesi e italiani accaduto a Livorno, cui sono<br />
seguiti scioperi e manifestazioni: probab<strong>il</strong>e effetto del clima di tensione creato nel paese dai contrasti con gli<br />
alleati a Parigi e dal generale atteggiamento francese di incoraggiamento alle mire jugoslave nell’Adriatico. A<br />
Fiume analoghi incidenti avvengono ripetutamente; quelli, gravi, del giugno 1919 saranno la scint<strong>il</strong>la della<br />
successiva marcia dannunziana. (telegramma del 22 febbraio 1919)<br />
10. Si invita a censurare la voce dello sbarco di truppe italiane in Asia minore. <strong>Il</strong> patto di Londra riconosceva<br />
all’Italia <strong>il</strong> diritto a una parte della Turchia meridionale in relazione alla possib<strong>il</strong>e dissoluzione dell’impero<br />
ottomano, ma alla fine della guerra analoghe pretese avanzava la Grecia, appoggiata dagli inglesi. Uno sbarco di<br />
truppe italiane ad Adalia avvenne però solo nell’apr<strong>il</strong>e (telegramma del 26 febbraio 1919)<br />
12
11. 12. 13. La direzione dello Stab<strong>il</strong>imento di Forte <strong>dei</strong> Marmi della Società Italiana Prodotti Esplodenti scrive<br />
al Prefetto di Lucca per lamentare che sull’Eco Vers<strong>il</strong>iese (organo delle Sezioni Vers<strong>il</strong>iesi del Partito Popolare<br />
Italiano) del 9 marzo siano comparsi accenni agli esplosivi depositati presso lo stab<strong>il</strong>imento per disposizione del<br />
Ministero della Guerra. Si sollecita per l’avvenire la censura di notizie che hanno carattere puramente m<strong>il</strong>itare<br />
(lettera dell’11 marzo 1919)<br />
L’Eco Vers<strong>il</strong>iese continua però indisturbata la sua polemica contro <strong>il</strong> Polverificio di Forte <strong>dei</strong> Marmi (13 marzo<br />
1919).<br />
Sollecitato a giustificare la mancata censura, <strong>il</strong> vice censore Maracarli scrive al viceprefetto di Pisa, conte Luigi<br />
Gioppi, dichiarando che i vari articoli di denuncia comparsi sull’Eco Vers<strong>il</strong>iese non gli sono parsi riguardare fatti<br />
di carattere m<strong>il</strong>itare, ma piuttosto questioni di carattere locale ed economico. <strong>Il</strong> giornale infatti ha condotto una<br />
campagna tesa alla rimozione di un deposito di parecchie tonnellate di esplosivo e alla riconversione del<br />
polverificio, considerato pericoloso dalla popolazione e dannoso per lo sv<strong>il</strong>uppo del paese. Risulta infatti che nel<br />
1916 <strong>il</strong> polverificio ha prodotto uno scoppio con luttuose conseguenze. (lettera del 17 marzo 1919). <strong>Il</strong> viceprefetto<br />
ne approverà l’operato.<br />
14. Si invita a censurare un ordine del giorno votato dagli smob<strong>il</strong>itati a Roma contro la politica del governo,<br />
accusato di “insipienza e disconoscenza” per la crisi economica e di preparare un intervento a fianco delle truppe<br />
dell’Intesa in Russia, dove è in corso la guerra civ<strong>il</strong>e, e in Ungheria, dove è stata proclamata la repubblica<br />
sovietica da Béla Kun. La smob<strong>il</strong>itazione avvenne molto lentamente e contribuì ad inasprire <strong>il</strong> clima postbellico<br />
per le difficoltà di reinserimento <strong>dei</strong> soldati che rientravano nella vita civ<strong>il</strong>e (telegramma decifrato del 30 marzo<br />
1919)<br />
15. Nel marzo 1919 scoppia in Ungheria una rivoluzione sotto la spinta degli operai organizzati nei consigli e <strong>il</strong><br />
comunista Béla Kun proclama la repubblica sovietica. In pochi mesi <strong>il</strong> tentativo fallisce, sia per <strong>il</strong> malcontento<br />
suscitato dal comunismo di guerra imposto dal governo sia per l’aggressione m<strong>il</strong>itare <strong>dei</strong> rumeni e <strong>dei</strong> cechi,<br />
appoggiati dall’Intesa. In agosto si instaura <strong>il</strong> regime controrivoluzionario dell’ammiraglio Horthy.<br />
Si invita a censurare <strong>il</strong> proclama di Béla Kun che incita gli operai e i soldati dell’Intesa a ribellarsi. (telegramma<br />
del 31 marzo 1919)<br />
16. <strong>Il</strong> Comando della divisione m<strong>il</strong>itare di Livorno denuncia al prefetto di Pisa un articolo comparso <strong>il</strong> 5 apr<strong>il</strong>e<br />
1919 sul giornale di Piombino <strong>Il</strong> Martello, in cui si manifestano sentimenti ost<strong>il</strong>i ai m<strong>il</strong>itari del locale presidio, che<br />
chiamerebbero “i liberi cittadini piombinesi … tedeschi, perché essi non vogliono applaudire a delle marcie, più o<br />
meno reali”. (lettera dell’8 apr<strong>il</strong>e 1919)<br />
17. Alla conferenza di Parigi, nelle riunioni del 19-24 apr<strong>il</strong>e, sulla questione di Fiume si verifica l’impossib<strong>il</strong>ità<br />
di un accordo tra la delegazione italiana e gli alleati. <strong>Il</strong> presidente americano W<strong>il</strong>son pubblica <strong>il</strong> 23 apr<strong>il</strong>e un<br />
messaggio agli italiani in cui ribadisce la sua posizione intransigente, suscitando risentimento nella delegazione<br />
italiana che vi ravvisa un tentativo di delegittimarla e decide di rientrare a Roma per ricevere conferma della<br />
13
volontà parlamentare. Qui Orlando viene accolto da grandi manifestazioni di solidarietà, in un clima generale di<br />
esaltazione patriottica e di sdegno contro W<strong>il</strong>son.<br />
Colosimo, ministro delle Colonie, che in assenza di Orlando aveva assunto l’interim degli Interni e della<br />
vicepresidenza, impone temporaneamente un rigoroso divieto alla notizia del messaggio di W<strong>il</strong>son e della grave<br />
decisione della delegazione italiana (telegramma decifrato del 24 apr<strong>il</strong>e 1919).<br />
18. In relazione a quanto sopra, si invita la censura a consentire critiche obbiettive alle posizioni di W<strong>il</strong>son, ma a<br />
vietare gli attacchi personali. (telegramma del 28 apr<strong>il</strong>e 1919)<br />
19. Si invita la cittadinanza pisana ad esprimere solidarietà ai ministri Sonnino e Salandra, di passaggio dalla<br />
stazione di Pisa provenienti da Parigi. Si è appena compiuta la rottura con gli alleati e in tutta Italia si organizzano<br />
dimostrazioni e accoglienze trionfali alla nostra delegazione. <strong>Il</strong> giorno prima era rientrato a Roma <strong>il</strong> presidente del<br />
Consiglio Orlando. (notificazione del Comune di Pisa, 27 apr<strong>il</strong>e 1919)<br />
20. <strong>Il</strong> 4 maggio si tiene a Roma un grande comizio, all’Augusteo, e D’Annunzio pronuncia un infiammato<br />
discorso contro gli alleati, incitando <strong>il</strong> paese alla resistenza armata.<br />
Si indicano puntualmente i molti brani da censurare nel suo discorso, in particolare le ingiurie personali a W<strong>il</strong>son<br />
e gli attacchi agli alleati. (telegramma decifrato del 4 maggio 1919)<br />
21. <strong>Il</strong> vicepresidente del consiglio Colosimo raccomanda al Prefetto di Pisa, minacciando perfino sanzioni, la<br />
massima attenzione perché le prevedib<strong>il</strong>i manifestazioni evitino attacchi ai paesi alleati e in particolare ai<br />
presidenti W<strong>il</strong>son e Clemenceau, data la delicatissima situazione internazionale. Orlando e Sonnino sono tornati a<br />
Parigi <strong>il</strong> 7 maggio, dopo essersi resi conto che gli alleati stanno procedendo alle ulteriori assegnazioni in Asia<br />
minore e nelle ex colonie tedesche senza di loro. Nel paese continuano intanto le dimostrazioni antifrancesi e si<br />
deteriora <strong>il</strong> clima politico italiano col diffondersi del mito della “vittoria mut<strong>il</strong>ata” (telegramma decifrato del 23<br />
maggio 1919)<br />
22. Tra maggio e giugno si moltiplicano le agitazioni operaie e le manifestazioni contro <strong>il</strong> carovita, fino ai<br />
disordini di fine giugno, con saccheggi di negozi, vandalismi, tumulti popolari. Alla Spezia, l’11 giugno, c’è una<br />
manifestazione di protesta contro la serrata <strong>dei</strong> commercianti di frutta e verdura a cui era stato imposto un<br />
calmiere sui prezzi. La manifestazione dà luogo a saccheggi e l’intervento della polizia provoca morti e feriti,<br />
trasformando le strade in un campo di battaglia. Ne seguono nuove manifestazioni di protesta a Genova, Massa,<br />
Carrara e M<strong>il</strong>ano. A Pisa <strong>il</strong> 15 giugno la Camera del lavoro proclama uno sciopero generale di 24 ore per<br />
protestare contro le violenze poliziesche e <strong>il</strong> costo della vita.<br />
Si invita ad evitare esagerazioni e allarmismi nel pubblicare la notizia <strong>dei</strong> disordini di Spezia, provocati dal<br />
“movimento anarchico” e costati due morti e sette feriti. (telegramma dell’11 giugno 1919)<br />
14
15<br />
(Documento 1 [1])
16<br />
(Documento 1 [2])
17<br />
(Documento 2)
18<br />
(Documento 3)
19<br />
(Documento 4 [1])
20<br />
(Documento 4 [2])
21<br />
(Documento 4 [3])
22<br />
(Documento 5 [1])
23<br />
(Documento 5 [2])
24<br />
(Documento 6 [1])
25<br />
(Documento 6 [2])
26<br />
(Documento 7)
27<br />
(Documento 8 [1])
28<br />
(Documento 8 [2])
29<br />
(Documento 9)
30<br />
(Documento 10)
31<br />
(Documento 11)
32<br />
(Documento12)
33<br />
(Documento 13 [1])
34<br />
(Documento 13 [2])
35<br />
(Documento 14)
36<br />
(Documento 15)
37<br />
(Documento 16 [1])
38<br />
(Documento 16 [2])
39<br />
(Documento 17)
40<br />
(Documento 18)
41<br />
(Documento 19)
42<br />
(Documento 20 [1])
43<br />
(Documento 20 [2])
44<br />
(Documento 21)
45<br />
(Documento 22)
IL DOPOGUERRA E LA COSTRUZIONE<br />
DI UNA RELIGIONE DELLA POLITICA<br />
DAL CULTO DEI CADUTI ALL’AVVENTO DEL FASCISMO<br />
di Giovanna Tanti<br />
Supplemento n° 52 dell’<strong>Il</strong>lustrazione Italiana (1921)<br />
47
C’era tutta l’Italia lungo la strada ferrata a salutare <strong>il</strong> treno che lo portava a Roma. Per l’intera<br />
lunghezza del tragitto, da lassù, da quei grandi ossari dove giacevano i resti di tutti quei figli di madre, fino a<br />
Roma, tutta la nazione era accorsa lungo i binari della ferrovia e aveva formato due siepi continue di gente<br />
per le campagne, le valli, i monti, al passaggio lento di quel treno impavesato di bandiere. A ogni stazione, a<br />
ogni casello ferroviario, ai passaggi a livello, tutti i notab<strong>il</strong>i in abito nero e le bande municipali e la<br />
popolazione con le bandiere chinate al suo passaggio. <strong>Il</strong> sindaco con la fascia tricolore e <strong>il</strong> cappello a c<strong>il</strong>indro<br />
che guidava la deputazione della città in attesa sotto le pens<strong>il</strong>ine di ferro.<br />
Si fermava come per un pellegrinaggio, per ricevere l’omaggio di tutta la nazione. Lo scortavano<br />
attorno alla bara, giovani ufficiali di tutte le armi, di tutte le divisioni, in uniforme di campagna, quella che<br />
avevano indossato lassù, quando inchiodati alle trincee avevano resistito: la sciarpa azzurra a tracolla, gli<br />
alpini con <strong>il</strong> berretto e la lunga penna nera, i bersaglieri col loro cappello rotondo grondante di piume dai<br />
riflessi verdi, gli altri con l’elemetto, <strong>il</strong> sottogola di cuoio allacciato sotto <strong>il</strong> mento.<br />
Faceva impressione guardare quelle fotografie: quei visi seri, commossi, di ufficiali, borghesi,<br />
popolani, uomini, donne, tutti accomunati dal rispetto e dal dolore per quel figlio ignoto che non spettava alla<br />
pena di nessuno in particolare ma a quella di tutti.” [Carlo Mazzantini, Amor ch’al cor gent<strong>il</strong>, Mars<strong>il</strong>io 2002,<br />
p.95]<br />
<strong>Il</strong> trasporto nella capitale e la tumulazione nella tomba sotto l’altare della patria della salma del<br />
M<strong>il</strong>ite Ignoto è senza dubbio <strong>il</strong> rito patriottico più solenne mai celebrato nell’Italia unita. <strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>,<br />
inaugurato alla fine della guerra da tutti i paesi che vi hanno preso parte, prepara la costruzione di una<br />
religione della politica nel nome della nazione. Per celebrare la nazione viene elaborato <strong>il</strong> mito<br />
dell’esperienza di guerra mutuando dall’esercizio del <strong>culto</strong> religioso riti e simboli. La celebrazione della<br />
“religione della patria” che accomuna, la prima volta per noi, l’intera realtà nazionale richiede una<br />
partecipazione popolare diffusa alle cerimonie di inaugurazione <strong>dei</strong> monumenti ai <strong>caduti</strong> e <strong>dei</strong> parchi della<br />
rimembranza. Ciò serve a ricordare <strong>il</strong> sacrificio di chi ha combattuto e insieme a promuovere un’ immagine<br />
della guerra che ne esalta l’aspetto valoroso, <strong>il</strong> sacrificio in difesa della patria e di quei valori di civ<strong>il</strong>tà per i<br />
quali siamo entrati in guerra. Anzi, col tempo, al commosso ricordo <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> si andrà sostituendo<br />
l’esaltazione dell’eroismo e dell’amor di patria, tanto che ai primi monumenti ispirati alla simbologia della<br />
pietà cristiana si andranno sostituendo negli anni a venire rappresentazioni di m<strong>il</strong>iti eroici, trasfigurati in pose<br />
che non hanno più alcun riferimento alla realtà concreta della guerra.<br />
Della difesa della memoria della guerra si fanno interpreti da subito, con la cessazione delle ost<strong>il</strong>ità, i<br />
nazionalisti, affiancati da tutto quel complesso e diversificato movimento interventista che nel nuovo clima<br />
del <strong>dopoguerra</strong> sempre più dovrà cedere terreno alle componenti più estremiste, così da finire con <strong>il</strong><br />
confondersi con i nazionalisti e con le neonate formazioni <strong>dei</strong> fasci di combattimento. Sono proprio queste<br />
ultime le forze più agguerrite nel proporsi come avanguardia nella difesa della guerra, e, prima di tutto,<br />
difesa delle rivendicazioni italiane sulla frontiera adriatica. <strong>Il</strong> mito della vittoria mut<strong>il</strong>ata nasce sull’onda<br />
della rivendicazione di Fiume e della Dalmazia, la difesa <strong>dei</strong> nostri diritti assume i toni dell’espansionismo<br />
48
imperialista, mentre l’interventismo democratico esce clamorosamente sconfitto dalla gazzarra orchestrata<br />
alla Scala di M<strong>il</strong>ano, l’11 gennaio 1919, contro Bissolati e la sua politica contraria alle annessioni. È in<br />
questa occasione che, con lo scopo di contestare duramente la posizione “rinunciataria” di Bissolati, si<br />
consolida ufficialmente l’unione tra Mussolini e le forze nazionaliste più estreme.<br />
Si viene intanto costruendo, ad opera delle forze interventiste, <strong>il</strong> “mito dell’esperienza di guerra”<br />
operazione culturale necessaria a sostenere l’esteso movimento per la celebrazione <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>. La guerra<br />
viene resa “sacra” come luogo nel quale si è sperimentato un nuovo tipo di cameratismo, un nuovo senso<br />
della vita, una vera rigenerazione personale e nazionale. Ma quello che è significativo per i futuri sv<strong>il</strong>uppi<br />
politici è che l’esperienza di guerra, per aver tenuto a battesimo un nuovo principio di governo - <strong>il</strong><br />
cameratismo di trincea - viene contrapposta alla tradizione <strong>dei</strong> regimi parlamentari e <strong>dei</strong> partiti politici.<br />
<strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> assume in Italia un significato particolare, in relazione alla situazione emotiva che<br />
si viene diffondendo nell’opinione pubblica contestualmente all’andamento delle trattative di pace. <strong>Il</strong> mito<br />
della vittoria mut<strong>il</strong>ata, creato dai nazionalisti con la loro campagna per un Adriatico controllato dall’Italia, li<br />
legittima come unici difensori della memoria della guerra e <strong>dei</strong> confini pattuiti prima della partecipazione al<br />
conflitto. Una situazione complessa che ci indebolisce sul piano della politica estera, allontanandoci<br />
visib<strong>il</strong>mente dai motivi dell’interventismo democratico e dalle speranze in una nuova diplomazia, quale<br />
quella auspicata dal presidente americano e riassunta nella formulazione <strong>dei</strong> Quattordici punti, enunciati <strong>il</strong> 9<br />
gennaio 1918.<br />
Intanto <strong>il</strong> clima di scontento diffuso nel paese, oltre che derivare dall’andamento delle trattative al<br />
tavolo della pace investe anche la diffic<strong>il</strong>e situazione interna. I soldati rientrati dal fronte non trovano gli<br />
aiuti promessi nelle ore del sacrificio: è una dis<strong>il</strong>lusione aggravata dalla particolare condizione psicologica di<br />
chi torna a casa dopo una guerra come quella appena combattuta. La difficoltà a reinserirsi nella normale vita<br />
civ<strong>il</strong>e, insieme alle aspettative maturate al fronte di trovare al loro rientro una realtà nuova, fanno <strong>dei</strong> reduci<br />
<strong>dei</strong> disadattati. Soffiano sul fuoco quanti inneggiano al mito del sangue rigeneratore e della violenza<br />
purificatrice: sono in primo luogo i nazionalisti, vincitori dello scontro politico sulla nostra politica estera,<br />
ma anche formidab<strong>il</strong>i promotori di associazioni patriottiche, che fioriscono numerose in difesa <strong>dei</strong> soldati<br />
reduci, <strong>dei</strong> feriti e mut<strong>il</strong>ati, delle vedove di guerra, <strong>dei</strong> prigionieri, degli arditi, di quanto serve a costruire la<br />
nuova religione della patria, necessaria dopo una guerra di massa. Si tratta di una religione che ha ormai del<br />
tutto abbandonato quanto vi era di liberale e umanitario nella religione della patria di tradizione<br />
risorgimentale, esaltando all’opposto <strong>il</strong> modello di una nazione che è sacra perché antecedente all’azione<br />
degli uomini e quindi detentrice di diritti naturali all’espansione. L’azione politica rispondente ad una tale<br />
visione delle cose consiste nel promuovere la coesione delle forze nazionali all’interno del paese, per potere<br />
affrontare lo scontro sul piano della politica internazionale nella gara imperialistica fra le nazioni. L’obiettivo<br />
immediato è quello di porre fine alla lotta politica e di restringere le libertà, ut<strong>il</strong>izzando l’assoluta novità<br />
rappresentata dalle nuove formazioni <strong>dei</strong> “fasci di combattimento”. La fondazione del Fascio di<br />
combattimento di M<strong>il</strong>ano, <strong>il</strong> 23 marzo 1919, segna la prima tappa dell’affermazione del fascismo che appare<br />
all’inizio come l’ennesima organizzazione dell’interventismo e del combattentismo, tanto da finire per essere<br />
49
ut<strong>il</strong>izzata come fiancheggiatrice delle forze di polizia nel mantenimento dell’ordine pubblico. Nitti - nuovo<br />
presidente del consiglio, succeduto a Orlando, dimissionario dopo la crisi sulla politica estera - invia ai<br />
prefetti una circolare che li invita ad ut<strong>il</strong>izzare i civ<strong>il</strong>i insieme alle tradizionali forze dell’ordine, per far<br />
fronte alle nuove emergenze rappresentate dalla rivolte annonarie ma soprattutto dalle occupazioni delle<br />
terre. Nel luglio i tumulti annonari, con i saccheggi e le devastazioni <strong>dei</strong> negozi, esprimono in tutta la loro<br />
gravità lo stato di malessere del paese; a questi seguono, in un’Italia a economia ancora prevalentemente<br />
agricola, le occupazioni delle terre incolte. La fraseologia rivoluzionaria che accompagna, ad opera del<br />
partito socialista, in una specie di gara sovversiva con le formazioni anarchiche, lo svolgimento delle<br />
manifestazioni popolari, finisce per offrire giustificazioni all’azione repressiva del governo.<br />
La reazione antisocialista sfociata a M<strong>il</strong>ano, pochi mesi prima, nella devastazione dell’Avanti!,<br />
seguita dall’elogio degli arditi ad opera del generale Caviglia, colui che ne sospenderà lo scioglimento, segna<br />
simbolicamente <strong>il</strong> punto di passaggio dalla difesa della memoria della guerra all’azione apertamente<br />
fiancheggiatrice delle forze fasciste. L’antisocialismo è da questo momento <strong>il</strong> punto d’incontro tra <strong>il</strong><br />
fascismo vero e proprio e <strong>il</strong> f<strong>il</strong>ofascismo, fino alla vittoria finale della reazione. Al crescendo dell’azione<br />
repressiva dello squadrismo, a un anno dalla affermazione socialista nelle elezioni politiche del novembre<br />
1919, fino all’alleanza elettorale di liberali e fascisti nei blocchi per le amministrative del 1921, fa riscontro<br />
la promozione, da parte delle neonate formazioni fasciste, di cerimonie per i martiri fascisti, d’ora in poi<br />
affiancati ai <strong>caduti</strong> della guerra nella celebrazione di riti collettivi, per segnare là dove vengono inscenate<br />
“un’affermazione di italianità”. Con queste parole <strong>il</strong> segretario del fascio di combattimento di Pisa invita <strong>il</strong><br />
rettore dell’università a partecipare alla cerimonia di inagurazione del gagliardetto del fascio, è <strong>il</strong> 25 maggio<br />
1921, pochi giorni prima si è celebrato <strong>il</strong> funerale di Pacino Pacini, primo “martire” di “belve in vesti umane,<br />
assetate di sangue e di giovinezze italiche”.<br />
È l’uomo nuovo “credente e praticante” <strong>il</strong> <strong>culto</strong> del littorio che deve nascere dalla messa in opera di<br />
una estesa operazione di pedagogia di massa, promossa da quello che fra breve diventerà <strong>il</strong> nuovo Stato<br />
fascista.<br />
Bibliografia<br />
Paolo Nello, Liberalismo, democrazia e fascismo. <strong>Il</strong> caso di Pisa (1919-1925), Giardini, 1995<br />
Em<strong>il</strong>io Gent<strong>il</strong>e, <strong>Il</strong> <strong>culto</strong> del littorio, Laterza,1993<br />
Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, <strong>Il</strong> Mulino, 1991<br />
Carlo Mazzantini, Amor ch'al cor gent<strong>il</strong>, Mars<strong>il</strong>io 2002<br />
50
Documenti<br />
Archivio dell’Università di Pisa, Carteggio del rettorato<br />
<strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong><br />
“<strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>, già presente nelle tradizioni rituali <strong>dei</strong> diversi nazionalismi, fu la prima, universale<br />
manifestazione liturgica della sacralizzazione della politica nel XX secolo, e diede nuovo impulso alla<br />
santificazione della nazione...<strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> ebbe subito un posto centrale nella liturgia fascista e fu<br />
probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> più espressivo del suo senso di religiosità secolare e della sua concezione eroica della<br />
vita” (E. Gent<strong>il</strong>e 1993)<br />
1) Circolare del ministero della guerra, Roma, 30 settembre 1921<br />
La circolare riguarda la cerimonia della sepoltura in Roma sull’altare della patria della salma del m<strong>il</strong>ite<br />
ignoto.<br />
<strong>Il</strong> documento è qui riprodotto in versione ridotta. L’originale si compone di 15 pagine con 4 allegati di<br />
“schizzi” raffiguranti l’organizzazione del cerimoniale.<br />
2) Lettera del sindaco di Pisa al rettore dell’università di Pisa, Pisa, 31 ottobre 1921<br />
<strong>Il</strong> sindaco, a nome del Sottocomitato comunale pisano per le onoranze al “Soldato Ignoto” invita i rettore<br />
dell’università e l’intero corpo accedemico a partecipare alla cerimonia per le onoranze al m<strong>il</strong>ite ignoto<br />
3) Lettera circolare del rettore dell’università di Pisa a tutti i professori, Pisa, 2 novembre<br />
1921<br />
In previsione del 4 novembre, giorno nel quale verranno rese le onoranze al Soldato Ignoto, i professori<br />
vengono chiamati a partecipare alla solenne cerimonia<br />
4) Lettera del segretario del Fascio pisano di combattimento al rettore dell’università di Pisa,<br />
Pisa, 4 maggio 1921<br />
Si prega <strong>il</strong> rettore di voler partecipare insieme ad una rappresentanza dell’università al funerale dello<br />
studente Pacino Pacini.<br />
Apr<strong>il</strong>e-maggio 1921: Pacino Pacini, giovane fascista pisano, viene ucciso nel corso di una operazione<br />
squadristica; per rappresaglia viene devastata la Camera del lavoro di Pisa, viene anche aggredito alla<br />
stazione ferroviaria l’on. Giuseppe Emanuele Modigliani, deputato socialista eletto nel 1919.<br />
5) Lettera del segretario del Fascio pisano di combattimento al rettore dell’università di Pisa,<br />
Pisa, 25 maggio 1921<br />
Si prega <strong>il</strong> rettore di inviare una rappresentanza dell’università alla cerimonia di inaugurazione <strong>dei</strong><br />
gagliardetti.<br />
<strong>Il</strong> fascio pisano di combattimento nasce <strong>il</strong> 28 apr<strong>il</strong>e 1920, ne sono promotori un gruppo di studenti, di<br />
estrazione politica liberale o democratica, oppure estranei alla politica, tutti però ex combattenti. La loro<br />
azione è finalizzata prevalentemente alla lotta contro <strong>il</strong> “bolscevismo”, in difesa <strong>dei</strong> valori nazionale e della<br />
memoria della guerra.<br />
6) Lettera del presidente della sezione pisana della federazione universitaria nazionalista<br />
italiana - organizzazione dell’Associazione Nazionalista Italiana - al rettore dell’università di<br />
Pisa, Pisa,10 marzo 1923<br />
51
Dopo aver sottolineato come gli studenti pisani <strong>caduti</strong> nell’ultima guerra attendano ancora che <strong>il</strong> loro ricordo<br />
venga reso eterno da un monumento, annuncia la prossima rappresentazione teatrale che la federazione darà<br />
al regio teatro Rossi per raccogliere fondi destinati al comitato per <strong>il</strong> monumento ai <strong>caduti</strong>.<br />
Nel 1919 nasce a Pisa un comitato studentesco che si propone di raccogliere fondi per l’erezione del<br />
monumento agli studenti <strong>caduti</strong> in guerra. Come prima iniziativa <strong>il</strong> comitato ad opera soprattutto dello<br />
studente Guido Ciccolini, pubblica un libro che contiene fotografie e dati biografici degli studenti <strong>caduti</strong>.<br />
Col ricavato della vendita del volume viene costituito un primo fondo per la costruzione del<br />
monumento.Negli anni successivi si organizzano recite, feste sportive, sottoscrizioni tra studenti e professori<br />
per continuare la raccolta di fondi.<br />
7) Lettera del presidente del Comitato studentesco per le onoranze ai <strong>caduti</strong> in guerra<br />
dell’università di Pisa al ministero della guerra, Pisa, 9 ottobre 1923<br />
Chiede un contributo al ministero per l’esecuzione del monumento agli studenti <strong>caduti</strong> della quale è stato<br />
incaricato lo s<strong>culto</strong>re Gigi Supino di M<strong>il</strong>ano.<br />
Dopo che <strong>il</strong> comitato studentesco per <strong>il</strong> monumento ai <strong>caduti</strong> ha raccolto i fondi necessari, viene nominata<br />
una commissione per l’esame <strong>dei</strong> bozzetti presentati dagli s<strong>culto</strong>ri. La commissione, presieduta da Leonardo<br />
Bistolfi, seleziona <strong>il</strong> bozzetto dello s<strong>culto</strong>re Gigi Supino, al quale dopo la presentazione di un secondo<br />
bozzetto, viene affidata l’esecuzione del monumento.<br />
8) Lettera del ministro per la pubblica istruzione Giovanni Gent<strong>il</strong>e al rettore dell’università di<br />
Pisa, Pisa, 7 maggio 1924<br />
Prega <strong>il</strong> rettore di voler ringraziare <strong>il</strong> presidente del Comitato studentesco per le onoranze ai <strong>caduti</strong> per <strong>il</strong><br />
volume ricevuto e per l’invito a collaborare ad una pubblicazione commemorativa.<br />
Si tratta della pubblicazione che deve essere pronta per <strong>il</strong> giorno di inaugurazione del monumento, <strong>il</strong><br />
prossimo 29 maggio. Pubblicazione che contiene fra gli altri i contributi di Orlando, Boselli, Diaz, Thaon di<br />
Revel, Giardino, De Bono, alcuni tra i maggiori protagonisti della Grande guerra. Per i pisani si segnala <strong>il</strong><br />
contributo del rettore dell’università Giovanni D’Achiardi.<br />
9) Testo del manifesto indirizzato agli studenti dal rettore e dal senato accademico<br />
dell’università, Pisa, 28 maggio 1924<br />
Contiene l’invito a partecipare alla cerimonia della inaugurazione, nel cort<strong>il</strong>e del palazzo della Sapienza, del<br />
monumento ai <strong>caduti</strong> della Grande guerra.<br />
Inaugurando l’anno accademico 1924-1925 <strong>il</strong> rettore Giovanni D’Achiardi ricorda la cerimonia, alla quale<br />
presenziarono le personalità elencate nell’invito tranne Mussolini:”Fra gli avvenimenti che<br />
caratterizzarono le vicende della vita universitaria dell’anno scorso ritorna alla mente <strong>il</strong> ricordo della<br />
solenne, commovente cerimonia, con la quale alla presenza del Duca di Pistoia, in rappresentanza di S.M. <strong>il</strong><br />
Re, e delle famiglie <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>, si inugurava nel cort<strong>il</strong>e di questo palazzo, <strong>il</strong> 29 maggio, anniversario di altri<br />
antichi eroismi universitari, <strong>il</strong> monumento elevato alla memoria <strong>dei</strong> nostri 132 morti della grande guerra. E<br />
sia lode al benemerito comitato studentesco che tutto seppe fare e disporre in modo superiore ad ogni<br />
elogio” (Inaugurazione degli studi, 1 dicembre 1924, relazione del rettore<br />
10) <strong>Il</strong> presidente del museo civico di Pisa al presidente del comitato studentesco per le<br />
onoranze ai <strong>caduti</strong> dell’università di Pisa, Pisa 31 luglio 1924<br />
Ringrazia per l’invio della medaglia coniata in occasione dell’inaugurazione del monumento ai <strong>caduti</strong><br />
universitari nella Grande guerra.<br />
Si è fatta coniare per l’occasione una medaglia che viene offerta alle autorità e alle famiglie <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong>. La<br />
medaglia raffigura da un lato <strong>il</strong> monumento, sull’altro <strong>il</strong> cherubino, emblema dell’università<br />
52
<strong>Il</strong> lavoro delle donne<br />
“Sulla richiesta di licenziamento della manodopera femmin<strong>il</strong>e reclutata durante <strong>il</strong> periodo bellico, richiesta<br />
motivata con la necessità di lenire la grave piaga della disoccupazione, le forze politiche della borghesia<br />
pisana eran tutte d’accordo, magari anche con considerazioni di tipo tradizionalistico - più frequenti in<br />
campo moderato, ma non esclusive di esso - sul ruolo fam<strong>il</strong>iare della donna e sulla posizione più<br />
conveniente per una giovane signorina da marito” (P.Nello 1995)<br />
11) Lettera circolare del comitato di agitazione dell’associazione nazionale combattenti,<br />
sezione di Pisa, diretta ai direttori di uffici pubblici e di ditte private, Pisa, 20 maggio 1922<br />
<strong>Il</strong> comitato segnala la presenza di ex-combattenti disoccupati e rivendica <strong>il</strong> loro diritto ad essere assunti al<br />
posto del personale femmin<strong>il</strong>e.<br />
La sezione pisana della’Associazione Nazionale Combattenti è fra le prime ad essere fondate in Italia, <strong>il</strong> 26<br />
gennaio 1919; l’iniziale orientamento democratico mostra i primi cedimenti di fronte all’evolversi delle<br />
trattative al tavolo della pace. Del resto la maggioranza delle forze democratiche pisane insieme al mondo<br />
accademico cittadino sostengono la richiesta di Fiume più i territori pattuiti prima dell’entrata in guerra<br />
(patto di Londra). Finanziata con fonti di provenianza comunale e dalla Cassa di Risparmio, l’Associazione<br />
combattenti pisana dispone di un suo organo di stampa, “La Vedetta”, sul quale conduce le sue battaglie, in<br />
nome <strong>dei</strong> suoi 300 iscritti dichiarati. È “La Vedetta” ad ospitare gli interventi favorevoli al licenziamento<br />
delle donne e a sostenere le critiche che l’Associazione veniva facendo agli amministratori del capoluogo e<br />
della provincia, per la lentezza nel procedere ai licenziamenti della manodopera femmin<strong>il</strong>e a vantaggio degli<br />
ex combattenti.<br />
12) Lettera del rettore dell’università di Pisa al ministero della pubblica istruzione, direzione<br />
generale istruzione superiore, Pisa, 28 settembre 1922<br />
<strong>Il</strong> rettore informa <strong>il</strong> ministero della richiesta avanzata dalla sezione pisana dell’Associazione Nazionale<br />
Combattenti di licenziare una dipendente del’università, per assumere al suo posto un ex-combattente,<br />
richiesta per <strong>il</strong> cui esaudimento l’Associazione minaccia di ricorrere anche a vie coercitive.<br />
13) “Biglietto urgente di servizio” del ministero della pubblica istruzione, direzione generale<br />
istruzione superiore al rettore, Roma, 2 ottobre 1922<br />
La lettera conferma la decisione del rettore di attenersi alle norme che regolano la condizione giuridica degli<br />
impiegati di ruolo dello Stato e lo invita ad informare delle minacce ricevute la locale prefettura.<br />
<strong>Il</strong> nuovo Stato fascista celebra i <strong>caduti</strong> della guerra ed i “martiri” fascisti<br />
“Un ruolo centrale nell’istituzione del <strong>culto</strong> della patria, in funzione della legittimazione del potere fascista,<br />
ebbe soprattutto la glorificazione della Grande guerra, con i riti per gli anniversari dell’intervento e della<br />
vittoria. Giunto al potere, <strong>il</strong> fascismo si impegnò molto per sv<strong>il</strong>uppare <strong>il</strong> mito della guerra, trasfigurandola<br />
in una epopea di eroismo e di martirio consacrata alla divinità della patria....Col passare degli anni, ai riti<br />
della ”patria risorta” si sovrappose sempre più <strong>il</strong> simbolismo fascista. Le cerimonie associavano in molti<br />
casi, in un unico rito, <strong>il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> per la patria e <strong>il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> per la rivoluzione fascista”<br />
(E.Gent<strong>il</strong>e, 1993)<br />
14) Lettera della cooperativa fonditori fra mut<strong>il</strong>ati ed invalidi di guerra al rettore<br />
dell’università di Pisa, Pisa, 7 gennaio 1926<br />
Ricordando le disposizioni adottate dal ministero della pubblica istruzione per la presenza in ogni classe di<br />
scuola elementare della raffigurazione simbolica del “M<strong>il</strong>ite ignoto”, auspica che i rettori delle università<br />
estendano alle aule universitarie la decisione ministeriale (in allegato fotografia del bassor<strong>il</strong>ievo prodotto<br />
53
dalla cooperativa fonditori, firmataria della lettera, raffigurante la ”Dea Roma” che vig<strong>il</strong>a la salma del<br />
“M<strong>il</strong>ite ignoto” - particolare del Monumento a Vittorio Emanuele II)<br />
A partire dal 1922 Dario Lupi, deputato fascista toscano e sottosegretario alla Pubblica Istruzione, è stato<br />
tra i promotori all’interno della vita scolastica della celebrazione di riti patriottici quali l’obbligo del saluto<br />
al tricolore e la selezione tra gli alunni migliori di un ragazzo incaricato della custodia della bandiera. Ma<br />
più nota ancora è la circolare inviata a tutti i provveditorati agli studi per la creazione <strong>dei</strong> parchi della<br />
rimembranza: alle scolaresche viene affidato <strong>il</strong> compito di piantare gli alberi, dopo aver insegnato loro che<br />
ogni albero rappresenta un caduto. Una seconda circolare dispone che gli alberi votivi devono essere<br />
dedicati anche ai “martiri fascisti”. Nella provincia di Pisa, al 15 ottobre 1923, sono 45 i comitati promossi<br />
e 13 i parchi inaugurati.<br />
15) Lettera del ministro della pubblica istruzione al rettore dell’università di Pisa, Roma, 1<br />
marzo 1926<br />
Avendo ricevuto la proposta di affidare la bandiera di Curtatone e Montanara alla centuria universitaria della<br />
M.V.S.N. (m<strong>il</strong>izia volontaria sicurezza nazionale) che verrà intitolata alla storica battaglia, chiede al rettore<br />
informazioni sullo stato in cui si trova la storica bandiera.<br />
Con l’andata al potere e la formazione del primo governo di coalizione, Mussolini, per rassicurare gli<br />
alleati, procede nel 1923 alla normalizzazione dello squadrismo trasformando le squadre d’azione in M<strong>il</strong>izia<br />
Volontaria per la Sicurazza Nazionale, una sorta di polizia di parte. Con la svolta del 1925, l’abolizione<br />
sostanziale delle libertà statutarie e la nascita del nuovo Stato fascista, si fa più pressante l’attività di<br />
propaganda, con <strong>il</strong> proposito di raccogliere consenso al regime. <strong>Il</strong> fascismo si presenta come erede e<br />
continuatore delle tradizioni risorgimentali, mettendo in scena una ideale continuità di eroismo e di<br />
martirio: Curtatone e Montanara, Grande guerra, fascismo.<br />
16) Lettera del rettore dell’università di Pisa al ministro della pubblica istruzione, Pisa, 8<br />
marzo 1926<br />
Riferisce sul cattivo stato di conservazione della bandiera di Curtatone e Montanara e propone, in alternativa<br />
alla richiesta precedente, di insignire la centuria universitaria del titolo di “alfiere onorario” dello storico<br />
vess<strong>il</strong>lo<br />
17) Lettera del ministro della pubblica istruzione al rettore dell’università di Pisa, Roma, 16<br />
marzo 1927<br />
Dispone la consegna <strong>dei</strong> diplomi di laurea ad honorem, da parte delle università che ancora non l’abbiano<br />
fatto, alle famiglie degli studenti <strong>caduti</strong> “per la redenzione della Patria e per la difesa della Vittoria”, nella<br />
“ricorrenza dell’VIII annuale della fondazione <strong>dei</strong> fasci”<br />
18) Lettera del rettore dell’università di Pisa al ministero della pubblica istruzione, Pisa, 28<br />
marzo 1927<br />
Informa dell’avvenuta cerimonia della consegna della laurea ad honorem agli studenti fascisti <strong>caduti</strong><br />
19) Lettera del rettore dell’università alle famiglie Menichetti, Zoccoli, Serlupi, Moriani,<br />
Giannini, Pisa, 16 luglio 1927<br />
Invia una copia dell’annuario 1926-’27 nel quale ha voluto inserire la cronaca della cerimonia di<br />
conferimento della laurea ad honorem agli studenti “<strong>caduti</strong> nelle lotte del fascismo”.<br />
L’annuario riporta i discorsi pronunciati dal prof. Armando Carlini e dal rettore Vittorio Aducco per <strong>il</strong><br />
“conferimento della laurea ad honorem agli studenti fascisti <strong>caduti</strong> per la redenzione della patria e per la<br />
difesa della vittoria”, questo <strong>il</strong> titolo della cerimonia ufficiale che si svolge <strong>il</strong> 27 marzo 1927. Seguono le<br />
fotografie degli studenti, accompagnate da una breve notizia sulle vicende che ne hanno causato la morte.<br />
54
20) Lettera di Giuseppe Menichetti al rettore dell’università di Pisa, Pisa, 17 luglio 1927<br />
Ringrazia per l’onore reso ai <strong>caduti</strong> fascisti nell’annuario universitario 1926-1927<br />
Giuseppe è <strong>il</strong> padre di Tito Menichetti, <strong>il</strong> primo “martire” del fascio pisano. Tito viene ucciso <strong>il</strong> 25 marzo<br />
1921, durante una spedizione punitiva a Ponte a Moriano, presso Lucca. <strong>Il</strong> suo funerale diventa subito<br />
occasione di una cerimonia pubblica tanto a Pisa quanto a Lucca, che vede la partecipazione di associazioni<br />
combattantistiche, autorità, rappresentanze dell’esercito. In reazione all’uccisione di Tito Menichetti viene<br />
organizzazto l’omicidio, <strong>il</strong> 13 apr<strong>il</strong>e 1921, del segretario socialista pisano Carlo Cammeo.<br />
21) Lettera di Morello Morelli, a nome del Comitato universitario per le onoranze agli<br />
studenti fascisti <strong>caduti</strong>, al rettore dell’università di Pisa, Pisa, 7 ottobre 1925<br />
Chiede di voler accettare la nomina a vicepresidente del comitato d’onore per le onoranze agli studenti<br />
fascisti <strong>caduti</strong><br />
A partire dal 1925 <strong>il</strong> Gruppo Universitario Fascista (GUF) pisano si fa promotore dell’erezione di un<br />
monumento che ricordi gli studenti fascisti morti. Si pensa di collocarlo all’interno del cort<strong>il</strong>e della<br />
Sapienza, dove già si trova <strong>il</strong> monumento ai <strong>caduti</strong> della Grande guerra. L’operazione verrà portata a<br />
termine solo nel 1929 e preannunciata dalle parole del rettore durante l’inaugurazione dell’anno<br />
accademico 1928-1929: “simbolo visib<strong>il</strong>e e giuramento solenne” di fede fascista, <strong>il</strong> monumento agli<br />
studenti fascisti <strong>caduti</strong> sarà inaugurato in Sapienza dal segretario nazionale del partito fascista, Augusto<br />
Turati. L’inaugurazione coinciderà con l’anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara.<br />
22) Lettera del rettore dell’università di Pisa al presidente del comitato universitario per le<br />
onoranze agli studenti fascisti <strong>caduti</strong>, Pisa, 16 ottobre 1925<br />
Accetta l’offerta della nomina a vicepresidente del comitato d’onore e garantisce <strong>il</strong> suo impegno nel portare a<br />
compimento l’iniziativa<br />
23) Disegno del monumento proposto per gli studenti fascisti <strong>caduti</strong> e appunto <strong>il</strong>lustrativo<br />
dello s<strong>culto</strong>re<br />
24) Testo del discorso pronunciato dal rettore in occasione dell’inaugurazione del monumento<br />
agli studenti fascisti <strong>caduti</strong> [29 maggio 1929]<br />
Archivio del Comune di Pisa: Notificazioni<br />
25) Notificazione del 23 maggio 1919<br />
Nel primo anniversario dell’entrata in guerra, <strong>il</strong> sindaco Frascani invita la cittadinanza alla commemorazione<br />
<strong>dei</strong> Caduti per la Patria, promossa dall’Associazione Mut<strong>il</strong>ati e Invalidi di Guerra<br />
26) Notificazione del 17 settembre 1919<br />
<strong>Il</strong> sindaco invita la cittadinanza a intervenire alla cerimonia per <strong>il</strong> rientro a Pisa del 22° Reggimento Fanteria<br />
“reduce dal campo dell’onore e della gloria” dopo aver “fiaccato la superba tracotanza nemica”.<br />
55
27) Notificazione del 6 maggio 1922<br />
Si informa del conferimento di due premi istituiti dal Comune di Pisa e dal Comm. Giuseppe Pardo Roques a<br />
pisani decorati di medaglia d’oro o d’argento nella recente guerra.<br />
Giuseppe Pardo Roques, di ricca famiglia ebraica, era figura di primo piano nelle iniziative benefiche e<br />
assistenziali cittadine e tra le due guerre fu autorevole presidente della Comunità ebraica pisana. Morì<br />
vittima <strong>dei</strong> nazisti nell’eccidio dell’agosto 1944 in via S. Andrea.<br />
28) Notificazione dell’8 maggio 1923<br />
Varie associazioni invitano la cittadinanza a partecipare alle cerimonie per <strong>il</strong> rientro a Pisa delle salme di<br />
soldati <strong>caduti</strong> sui campi di guerra.<br />
29) Notificazione del 29 maggio 1923<br />
<strong>Il</strong> sindaco Guidi Buffarini, nel primo anno della nuova era fascista, invita “gli italiani tutti” alla<br />
commemorazione degli studenti e <strong>dei</strong> professori <strong>caduti</strong> a Curatatone e Montanara, “oggi che la patria si avvia<br />
verso i suoi radiosi destini”.<br />
30) Notificazione del 4 novembre 1923<br />
Rendendo omaggio “agli Artefici della Vittoria , ai Morti, ai Mut<strong>il</strong>ati, ai Combattenti”, <strong>il</strong> sindaco Guidi<br />
Buffarini e la Giunta municipale celebrano la ricorrenza di Vittorio Veneto richiamandosi ai miti della<br />
romanità.<br />
56
57<br />
(Documento 1 [1])
58<br />
(Documento 1 [2])
59<br />
(Documento 1 [3])
60<br />
(Documento 2)
61<br />
(Documento 3)
62<br />
(Documento 4)
63<br />
(Documento 5)
64<br />
(Documento 6 [1])
65<br />
(Documento 6 [2])
66<br />
(Documento 7 [1])
67<br />
(Documento 7 [2])
68<br />
(Documento 8)
69<br />
(Documento 9)
70<br />
(Documento 10)
71<br />
(Documento 11)
72<br />
(Documento 12 [1])
73<br />
(Documento 12 [2])
74<br />
(Documento 13)
75<br />
(Documento 14 [1])
76<br />
(Documento 14 [2])
77<br />
(Documento 15)
78<br />
(Documento 16 [1])
79<br />
(Documento 16 [2])
80<br />
(Documento 17)
81<br />
(Documento 18)
82<br />
(Documento 19)
83<br />
(Documento 20)
84<br />
(Documento 21 [1])
85<br />
(Documento 21 [2])
86<br />
(Documento 22)
87<br />
(Documento 23 [1])
88<br />
(Documento 23 [2])
89<br />
(Documento 24)
90<br />
(Documento 25)
91<br />
(Documento 26)
92<br />
(Documento 27)
93<br />
(Documento 28)
94<br />
(Documento 29)
95<br />
(Documento 30)
IMMAGINI, I SIMBOLI E I RICORDI DELLA GRANDE GUERRA<br />
UTILIZZATI A SCOPO POLITICO<br />
DALLA FINE DELLA GUERRA ALL'AVVENTO DEL FASCISMO<br />
di Christine Pennison<br />
Cartolina 10° Reggimento di fanteria – Lux lucet in tenebris, Pisa, collezione privata<br />
97
<strong>Il</strong> ricordo <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> nei paesi vincitori<br />
Alla fine della guerra, nel 1918, in tutti i paesi ex belligeranti, e in particolare nei paesi<br />
vincitori, viene sentita la necessità di svolgere cerimonie e costruire ricordi permanenti dedicati ai<br />
soldati sacrificatisi per la patria. Si iniziano a raccogliere i fondi necessari per l'erezione <strong>dei</strong><br />
monumenti che in quasi ogni città e v<strong>il</strong>laggio dovranno commemorare i morti e anche giustificare le<br />
decisioni <strong>dei</strong> governi che hanno intrapreso la guerra e le autorità che l’hanno gestita. In alcuni paesi<br />
la progettazione di tali monumenti precede addirittura la fine del conflitto. Già nel 1916 in Gran<br />
Bretagna la Civic Arts Association organizza un congresso sull’argomento mentre nel 1919 una<br />
mostra a Londra cerca di stab<strong>il</strong>ire uno standard artistico per i monumenti. La conseguenza sarà forse<br />
stata quella di evitare certi esempi di cattivo gusto, ma anche quella di eliminare la possib<strong>il</strong>ità di<br />
originalità creativa. <strong>Il</strong> recensore nel giornale <strong>il</strong> Sunday Times commenta infatti che “la cosa che<br />
colpisce di più è la povertà di idee. Quando un artista si dà da fare per un monumento di guerra la<br />
sua mente sembra concentrarsi esclusivamente su soldati ed angeli. Non si può mai dire che queste<br />
figure, in qualunque combinazione, facciano mostra di grande originalità di concetto”. 1 Ai piccoli<br />
monumenti nelle singole città (Documenti 1-3) si aggiungono anche quelli nelle centinaia di<br />
cimiteri di guerra vicini ai campi di battaglia (Documenti 4-6). In alcune località, nelle terre<br />
contestate lungo <strong>il</strong> confine fra la Francia e la Germania, le nuove costruzioni assumono una<br />
importanza politica particolare, con <strong>il</strong> rovesciamento di vecchi monumenti dedicati agli imperatori<br />
tedeschi e la loro sostituzione con monumenti dedicati ai soldati francesi liberatori. (Documenti 7 e<br />
8). Ne esistono anche alcuni dedicati alle truppe coloniali ma in un numero sicuramente inferiore<br />
alla loro presenza e al loro contributo effettivo (Documenti 9 e 10). Infatti <strong>il</strong> trattamento riservato ai<br />
soldati di colore è tale da provocare addirittura un ammutinamento alla fine della guerra tra le<br />
truppe caraibiche di servizio a Taranto e lascia una eredità politica con conseguenze pesanti per<br />
l’impero britannico. Ad esempio, fra gli uomini in Europa che tornano a casa delusi, amareggiati e<br />
altamente politicizzati vi è <strong>il</strong> soldato di artiglieria Manley che nel 1962 porterà la Giamaica<br />
all’indipendenza. 2<br />
Intanto si sente anche la necessità di cerimonie a livello nazionale. A Parigi <strong>il</strong> governo<br />
decide di far costruire per <strong>il</strong> 14 luglio 1919 un grande catafalco nei pressi dell' Arc de Triomphe,<br />
davanti al quale le truppe alleate renderanno gli onori m<strong>il</strong>itari ai morti. A Londra <strong>il</strong> primo ministro<br />
britannico Lloyd George, colpito dall'iniziativa francese, incarica l'architetto Lutyens di preparare<br />
un'opera temporanea che possa fare da punto focale alla parata della vittoria e rivaleggiare con la<br />
commemorazione parigina. Con solo due settimane a disposizione, e scartando la nozione del<br />
catafalco, considerato un simbolo troppo "cattolico", Lutyens fa costruire un cenotafio ("tomba<br />
vuota") in legno e gesso (Documento 11). A seguito della reazione del pubblico e dell'enorme<br />
richiesta popolare di rendere permanente <strong>il</strong> monumento, questo viene sostituito entro l'anno dalla<br />
versione definitiva in pietra, in tempo ut<strong>il</strong>e per la cerimonia della sepoltura della salma del m<strong>il</strong>ite<br />
ignoto nella vicina abbazia di Westminster, malgrado qualche obiezione sulla sua collocazione<br />
infelice. <strong>Il</strong> cenotafio infatti non si trova in un luogo di s<strong>il</strong>enzio e riflessione, ma è situato su una<br />
isola pedonale in mezzo a Whitehall, la strada pieno di traffico che dalla piazza del parlamento<br />
passa davanti ai principali dicasteri, ivi compreso l'Ufficio della Guerra (War Office), oggi<br />
rinominato Ministero della Difesa (Documenti 12-13).<br />
1<br />
Frank Rutter, recensione pubblicata sul Sunday Times del 19 ottobre 1919, citato nel sito internet<br />
http://www.aftermathww1.com/memoria.asp<br />
2<br />
Per ulteriori informazioni sul British West Indian Regiment (Reggimento delle Indie Occidentali) vedi sito internet<br />
http://www.aftermathww1.com/noparades.asp<br />
98
Alla semplicità <strong>dei</strong> monumenti eretti nell'immediato <strong>dopoguerra</strong>, fra cui anche <strong>il</strong> cenotafio<br />
londinese, seguono le costruzioni degli anni '20 e '30, ben più vaste e imponenti. Si può prendere ad<br />
esempio di queste ultime quella completata nel 1936 sul saliente di Vimy, l'altura dalla quale le<br />
truppe tedesche avevano dominato per tre anni gli schieramenti alleati nella pianura francese<br />
sottostante e che era stata espugnata, con grande sacrificio, dall'esercito canadese nel 1917<br />
(Documenti 14 e 15).<br />
È tale la partecipazione emotiva alla commemorazione e tanta l'affluenza di gente che si reca<br />
in pellegrinaggio ai campi di battaglia e ai cimiteri m<strong>il</strong>itari in Francia e nelle Fiandre che viene<br />
creata anche una forma di industria turistica, a tal punto che si pubblicano guide e mappe per l'uso<br />
di quei pochi fortunati turisti che possono permettersi <strong>il</strong> lusso di un’automob<strong>il</strong>e (Documento 16).<br />
1. e 2. Monumenti commemorativi inglesi nel paese di Disley, immagine scaricata dal sito internet<br />
http://www.aftermathww1.com/index.asp e nel paese di Abbots Bromley, immagine<br />
scaricata dal sito internet http://www.aftermathww1.com/s<strong>il</strong>ence.asp<br />
3. Monumento ai morti della città di Gap in Francia, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa,<br />
Cartoline Toscanelli, volume Francia - Grasse, Digne, Grenoble, Aix-les-bains, Chamonix,<br />
p. non numerata<br />
4. <strong>Il</strong> cimitero americano di Romagne, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, Cartoline Toscanelli,<br />
volume Francia - Nancy, Metz, Verdun, Reims, p. non numerata<br />
5. La battaglia di Verdun - collina Mort-homme (uomo morto), Biblioteca dell'Archivio di Stato di<br />
Pisa, Cartoline Toscanelli, volume Francia - Nancy, Metz, Verdun, Reims, p. non numerata<br />
6. Monumento francese a "Le soldat du Droit" ucciso a Verdun nel 1916, immagine scaricata dal<br />
sito internet http://www.souvenir-francais.com/1919.htm<br />
7. e 8 Monumento all'imperatore Guglielmo nella città di Metz in Alsazia-Lorena poi rovesciato e<br />
sostituito con <strong>il</strong> monumento al "po<strong>il</strong>u" ossia soldato francese, Biblioteca dell'Archivio di<br />
Stato di Pisa, Cartoline Toscanelli, vol. volume Francia - Nancy, Metz, Verdun, Reims, p.<br />
non numerata<br />
9. Monumento commemorativo indiano vicino a Neuve Chapelle. immagine scaricata dal sito<br />
internet http://www.worldwar1.com/sftour.htm<br />
10. Monumento a Tolosa dedicato ai soldati e agli operai indocinesi morti nel servizio della Francia,<br />
immagine scaricata dal sito internet http://www.souvenir-francais.com/1919.htm<br />
11. <strong>Il</strong> cenotafio temporaneo a Londra dell'anno 1919, scaricato dal sito internet<br />
http://www.aftermathww1.com/warrior.asp<br />
12. <strong>Il</strong> cenotafio permanente durante la cerimonia per la sepoltura del m<strong>il</strong>ite ignoto 11 novembre<br />
1920. Scaricato dal sito internet http://www.aftermathww1.com/morton.asp<br />
13. <strong>Il</strong> cenotafio permanente durante la cerimonia per la sepoltura del m<strong>il</strong>ite ignoto 11 novembre<br />
1920. Scaricato dal sito internet http://www.aftermathww1.com/s<strong>il</strong>ence2.asp<br />
14. <strong>Il</strong> monumento a Vimy in Francia dedicato ai <strong>caduti</strong> canadesi, immagine scaricata dal sito<br />
internet http://members.tripod.com/apollon_2/WARPAGES/Picsimages2.htm<br />
15. <strong>Il</strong> monumento a Vimy in Francia dedicato ai <strong>caduti</strong> canadesi , immagine scaricata dal sito<br />
internet http://regimentalrogue.tripod.com/papers/vimy_memorial.htm<br />
16. Pubblicità per le guide ai campi di battaglia inserita nella Michelin Guide to the British Isles, 5a<br />
Edizione, Michelin et Cie., Clermont Ferrand, 1920.<br />
99
(Documenti 1 e 2)<br />
(Documento 3)<br />
100
(Documento 4)<br />
(Documento 5)<br />
(Documento 6)<br />
101
(Documento 7)<br />
(Documento 8)<br />
102
(Documento 9)<br />
(Documento 11)<br />
103<br />
(Documento 10)<br />
(Documento 12)<br />
(Documento 13)
(Documento 14)<br />
104<br />
(Documento 15)<br />
(Documento 16)
I monumenti italiani<br />
Lo stesso desiderio di ricordare i morti viene sentito anche in Italia, ma una differenza<br />
distingue gran parte delle commemorazioni <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> italiani da quelle in Francia e in Gran<br />
Bretagna, ed è l'uso di un linguaggio più aulico e letterario. L'Italia ha un "m<strong>il</strong>ite ignoto" dove i suoi<br />
alleati hanno un "soldato sconosciuto" (soldat inconnu/unknown soldier), i monumenti italiani<br />
ricordano i “<strong>caduti</strong>” dove i francesi e i britannici parlano di “morti”. Sui monumenti italiani oltre<br />
alle parole "per la patria" predominano messaggi che glorificano <strong>il</strong> sacrificio <strong>dei</strong> soldati o viene<br />
riportato per esteso <strong>il</strong> bollettino della vittoria del Generale Diaz <strong>il</strong> 4 novembre 1918, mentre quelli<br />
di oltralpe spesso recitano semplicemente souviens-toi ("ricordati") o Lest we forget ("che non<br />
dimentichiamo") e sulle tombe in Francia <strong>dei</strong> soldati britannici non identificati si incide A soldier of<br />
the Great War known only to God ("Un soldato della Grande Guerra conosciuto soltanto a Dio"), la<br />
frase suggerita dallo scrittore Kipling che ha perso così <strong>il</strong> suo unico figlio. Nel 1914 la popolazione<br />
britannica aveva accolta la dichiarazione di una guerra considerata "giusta" e che sarebbe<br />
sicuramente finita "entro Natale" con un entusiasmo quasi unanime. Centinaia di migliaia di uomini<br />
si erano presentati per arruolarsi, tanto che l'esercito aveva potuto contare su truppe esclusivamente<br />
volontarie per i primi due anni della guerra. Era possib<strong>il</strong>e muovere accuse nei confronti <strong>dei</strong> generali<br />
che avevano condotto la guerra in maniera così maldestra, ma prevalgono sentimenti di colpa<br />
collettiva e di rimpianto per i morti. In Italia una guerra voluta soltanto da una parte della<br />
popolazione desta emozioni ben diverse. Da una parte le forze di sinistra condannano un conflitto<br />
considerato ingiustificato e con un costo eccessivo di perdite di vite umane, dall'altra i nazionalisti<br />
protestano per una "vittoria mut<strong>il</strong>ata". Così le autorità, in un momento di instab<strong>il</strong>ità sia sociale che<br />
politica, sentono la necessità di usare le commemorazioni <strong>dei</strong> morti per giustificare e valorizzare la<br />
guerra stessa.<br />
In alcune zone dove erano state elette amministrazioni di sinistra vengono eretti monumenti<br />
con scritte apertamente critiche della guerra e dello spreco di vite (Documenti 17 e 18) . Questi<br />
monumenti, contestati dalle autorità, sono spesso anche presi d'assalto dagli squadristi e comunque<br />
vengono distrutti e sostituiti sotto <strong>il</strong> regime fascista. Si citano i testi di Bussonelo (TO) e di<br />
Tolentino (MC) distrutti rispettivamente nel 1921 e nel 1922 3 :<br />
PER QUELLO CHE FU SOFFERTO POSSA LA SANTITA' DEL LAVORO REDENTO<br />
NELL'OZIO DEPRAVANTE DELLA CASERMA FUGARE E UCCIDERE PER SEMPRE<br />
SOTTO IL BASTONE DELLA SERVITU' IL SANGUINANTE SPETTRO DELLA GUERRA<br />
NEL LEZZO DELLE TRINCEE PER NOI E PER TUTTE LE GENTI DEL MONDO<br />
NELLE VIGILIE DI MAGNIFICATE CARNEFICINE... QUESTA LA SPERANZA E LA MALEDIZIONE NOSTRA<br />
CONTRO CHI LA GUERRA VOLLE E RISOGNA<br />
Inizialmente i primi monumenti nella vicinanza <strong>dei</strong> campi di battaglia sono estremamente<br />
semplici, come <strong>il</strong> cippo dedicato al 47° reggimento di fanteria elogiato dal Duca d’Aosta<br />
(Documento 19). Nelle città e nei paesi uno <strong>dei</strong> modelli più comuni costruiti, o almeno progettati,<br />
nell'immediato <strong>dopoguerra</strong> è quello dell’obelisco che ricorda forme precedenti di monumenti<br />
m<strong>il</strong>itari. La loro semplicità però può anche subire delle trasformazioni con l’aggiunta di altri<br />
simboli durante <strong>il</strong> regime fascista (Documenti 20-26). Esistono altri monumenti più rappresentativi<br />
e più raffinati che <strong>il</strong>lustrano <strong>il</strong> compianto per <strong>il</strong> soldato ucciso (Documenti 27-30), ma col passare<br />
degli anni c’è una tendenza a monumenti che glorificano <strong>il</strong> coraggio del soldato combattente<br />
(Documenti 31) e che riecheggiano simboli o forme classiche e antiche (Documento 32). A questi<br />
3 Citato sul sito internet http://www.peacelink.it<br />
105
simboli si associano naturalmente anche quelli del fascismo, ormai rimossi, le cui tracce però sono<br />
ancora visib<strong>il</strong>i (Documenti 33 e 34). Naturalmente, visti i tempi lunghi richiesti per la costruzione<br />
<strong>dei</strong> monumenti, <strong>il</strong> regime fascista tende comunque ad appropriarsi delle cerimonie di inaugurazione<br />
- si possono citare gli esempi di Ponsacco e di S. Croce sull'Arno. In quest’ultimo caso la raccolta di<br />
fondi inizia nell'immediato <strong>dopoguerra</strong> e la gara per la progettazione parte già nel mese di gennaio<br />
del 1923, ma soltanto nel 1927 avviene la solenne inaugurazione in presenza del re e del ministro<br />
Costanzo Ciano. Nell'invito viene specificamente "prescritto l'abito da Società, oppure camicia nera<br />
sotto l'abito nero". (Documento 35-37). L'importanza del monumento come simbolo si vede poi<br />
nella cartolina <strong>il</strong>lustrata dove figura come principale immagine-ricordo della città (Documento 38).<br />
17. e 18 <strong>Il</strong> monumento costruito a Grugliasco nell'immediato <strong>dopoguerra</strong> e quello sostitutivo del<br />
1923, scaricato dai siti internet http://www.url.it/muvi/mostre/12mostra/grignasco1.htm e<br />
http://www.url.it/muvi/mostre/12mostra/grignasco2.htm<br />
19. Cartolina del 47° Reggimento di fanteria, Brigata Ferrara che riporta anche le parole<br />
pronunciate dal Duca d'Aosta nel 1917 .... “voi avete onorato la memoria di questi eroi con<br />
un monumento semplice nella forma ma grande nel significato”. Pisa, collezione privata.<br />
20. Cartolina Brigata Pinerolo (13° e 14° Regg. Fanteria), senza data ma spedita <strong>il</strong> 18-01-1905.<br />
Pisa, collezione privata.<br />
21. e 22. Fotografia recente e cartolina di Bientina (Pisa) Viale della Rimembranza e Obelisco in<br />
memoria <strong>dei</strong> Caduti, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli, volume<br />
Colline di Pisa, p. VIII r<br />
23. Monumento ai <strong>caduti</strong> di Riglione e Oratoio, fotografia recente<br />
24. e 25. Monumento ai <strong>caduti</strong> di S. Lorenzo alle Corti, fotografie recenti<br />
26. Cartolina del monumento ai <strong>caduti</strong> di Ceppato, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa,<br />
cartoline Toscanelli, volume Colline di Pisa, n. 220<br />
27. Cartolina del monumento ai <strong>caduti</strong> di Volterra, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa,<br />
cartoline Toscanelli, volume Volterra, Piombino, Populonia, Pomarance, Quercianella,<br />
Castiglioncello, Monte Verdi, cartolina non numerata<br />
28. e 29. Monumento ai <strong>caduti</strong> di Navacchio, Fotografia recente e cartolina, Biblioteca dell'Archivio<br />
di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli, volume Dintorni di Pisa, n. 192<br />
30. Monumento ai <strong>caduti</strong> di S.Croce, fotografia concessa dal Comune di S. Croce sull'Arno<br />
31. Monumento ai <strong>caduti</strong> di Calci, fotografia recente<br />
32. Monumento ai <strong>caduti</strong> di Cascina, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli,<br />
volume Dintorni di Pisa, n. 260<br />
33. e 34 Cartolina del monumento ai <strong>caduti</strong> di Vicopisano, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa,<br />
cartoline Toscanelli, volume Colline di Pisa, p. V v., e fotografia recente<br />
35. e 36 Inaugurazione del monumento ai <strong>caduti</strong> di Ponsacco, fotografie concesse dal Comune di<br />
Ponsacco<br />
37. Invito all'inaugurazione del monumento ai <strong>caduti</strong> di S.Croce sull'Arno, 16 ottobre 1927 - anno<br />
V, archivio storico del Comune di S.Croce sull'Arno.<br />
38. Saluti da Santa Croce s. /A., Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli,<br />
volume Empoli, Fucecchio, Montecatini, Pescia, Pistoia, cartolina non numerata<br />
106
(Documento 17)<br />
(Documento 19)<br />
107<br />
(Documento 18)
(Documento 20)<br />
(Documento 22)<br />
108<br />
(Documento 21)
109<br />
(Documento 23)<br />
(Documento 24)
110<br />
(Documento 25)<br />
(Documento 26)
(Documento 27)<br />
(Documento 29)<br />
111<br />
(Documento 28)
112<br />
(Documento 30)<br />
(Documento 31)
(Documento 33)<br />
113<br />
(Documento 32)<br />
(Documento 34)
(Documento 35)<br />
(Documento 36)<br />
114
(Documento 37)<br />
(Documento 38)<br />
115
<strong>Il</strong> M<strong>il</strong>ite ignoto<br />
Uno <strong>dei</strong> modi più apprezzati di commemorare i morti della Grande Guerra è quello della<br />
tomba del m<strong>il</strong>ite ignoto. Vari paesi si vantano dell’originalità dell’idea di prendere uno <strong>dei</strong> corpi<br />
non identificati sui campi di battaglia e di seppellirlo, con la massima solennità, come simbolo di<br />
tutti i compagni morti per la patria, ma l’idea proviene probab<strong>il</strong>mente dalla Francia. Già nel 1916<br />
viene proposto di scegliere <strong>il</strong> corpo di un soldato ucciso 1 e nel 1920 una legge prevede<br />
l’inumazione sotto l’Arc de Triomphe a Parigi. L’11 novembre del 1920 avviene la solenne<br />
cerimonia nel giorno della ricorrenza dell’armistizio sul fronte franco-tedesco e nel cinquantesimo<br />
anniversario della repubblica francese. Lo stesso giorno a Londra viene sepolto nell’abbazia di<br />
Westminster <strong>il</strong> soldato sconosciuto britannico. L’Italia segue questi esempi l’anno successivo, in un<br />
periodo in cui <strong>il</strong> governo ha bisogno di promuovere <strong>il</strong> consenso popolare a fronte degli scontri<br />
sociali fra la sinistra socialista e la destra nazionalista in patria e l’incerto esito della situazione a<br />
Fiume. Undici salme provenienti dalle varie zone del fronte vengono portate alla bas<strong>il</strong>ica di<br />
Aqu<strong>il</strong>eia e ad una donna triestina, madre di un soldato che aveva disertato l’esercito austriaco per<br />
combattere con quello italiano, per poi morire senza venire identificato, viene chiesto di scegliere<br />
quella bara che doveva rappresentare i 600.000 morti italiani. Lungo <strong>il</strong> tragitto da Aqu<strong>il</strong>eia a Roma<br />
la gente si presenta presso le stazioni ferroviarie per rendere omaggio alla bara. Si mob<strong>il</strong>itano le<br />
massime autorità di tutto <strong>il</strong> paese, e prestano servizio come scorta i sindaci di tutte le principali<br />
città, fra cui anche quello di Pisa 2 , in quel che deve essere un atto di omaggio e di unità nazionale.<br />
Arrivato alla Stazione Termini <strong>il</strong> 2 novembre (Documento 39), <strong>il</strong> m<strong>il</strong>ite ignoto viene trasportato <strong>il</strong> 4<br />
novembre, ricorrenza dell’armistizio sul fronte italo-austriaco, all’Altare della Patria per la<br />
sepoltura definitiva (Documenti 40 e 41). L’anno successivo, fra i politici che gli rendono omaggio<br />
vi è, ovviamente, Sua Eccellenza l’onorevole Benito Mussolini, un avvenimento che viene poi<br />
celebrato in una cartolina che richiama anche la cerimonia dell’anno precedente e <strong>il</strong> monumento<br />
stesso dell’unità nazionale (Documento 42).<br />
39. "Glorificazione del m<strong>il</strong>ite Ignoto. Arrivo della salma alla stazione Termini". Fotografia datata<br />
2-11-1921, scaricata dal sito internet http://dig<strong>il</strong>ander.libero.it/zambo1518/ignoto.htm .<br />
40. e 41. Fotografie della processione <strong>il</strong> 4 novembre 1921e della cerimonia all’Altare della Patria,<br />
scaricate dal sito internet http://www.ana-parma.it/ana-parma_m<strong>il</strong>ite-ignoto.htm<br />
42. Cartolina commemorativa, della cerimonia del 1922, cartolina scaricata dal sito internet<br />
http://www.espol.com/sections/Tematiche/Mussolini/tmu/tmus19.jpg<br />
1<br />
Vedi siti internet http://aladr.free.fr/maginot/soldat.html e<br />
http://www.defense.gouv.fr/actualites/dossier/d75/11novembre2000_4.htm<br />
2<br />
Introduzione al libro Pisani morti per la Patria nella Guerra Mondiale 1915-1918, Pisa, Officina tipografica Cav. F.<br />
Mariotti, 1921, p. XI<br />
116
(Documento 40)<br />
(Documento 39)<br />
117<br />
(Documento 41)
(Documento 42)<br />
118
Le altre forme di commemorazione<br />
La memoria del sacrificio <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> può essere tramandata naturalmente anche in altri modi.<br />
Si erigono lapidi ai morti, e in particolare a singoli eroi, sia locali che nazionali - a Pisa ad esempio<br />
la lapide nell'Archivio di Stato al Bientinesi, dipendente dell'ufficio, morto sul Carso nel 1917, e<br />
quella a Cesare Battisti in via Curtatone e Montanara. Cambia la toponomastica delle città con<br />
l'introduzione di piazze e vie intitolate a Battisti o a F<strong>il</strong>zi ma anche a Trento e Trieste. Vengono<br />
stampate cartoline per ricordare le battaglie combattute dai singoli reggimenti, che fanno<br />
riferimento anche a combattimenti precedenti nelle guerre di indipendenza o anche prima - una<br />
tradizione che poi verrà accolta e portata avanti dal fascismo (Documenti 43-46).<br />
Uno <strong>dei</strong> modi più apprezzati per ricordare i <strong>caduti</strong>, anche nell’era fascista, è <strong>il</strong> parco della<br />
rimembranza dove si pianta un albero per ogni soldato ucciso. A S. Miniato (Documento 47) ad<br />
esempio, <strong>il</strong> 25 gennaio 1923, <strong>il</strong> Comune,<br />
"Nell'intendimento di perpetuare <strong>il</strong> <strong>culto</strong> della religione della Patria in un<br />
pensiero di riverenza e di gratitudine alla memoria <strong>dei</strong> Caduti nella Grande<br />
guerra di redenzione, creando anche in S.Miniato <strong>il</strong> "Viale della<br />
rimembranza" ... delibera<br />
1. di denominare "Viale della Rimembranza" <strong>il</strong> viale attualmente privo di<br />
denominazione, che, staccandosi dal viale Garibaldi, sale da un lato alla<br />
Chiesa di S.Francesco e dall'altro al piazzale del Duomo<br />
2. di piantare lungo tale viale tanti pini marittimi quanti sono i <strong>caduti</strong> in<br />
guerra appartenenti al Capoluogo del Comune ed alle contigue frazioni ... e<br />
ascendenti a circa ottanta complessivamente<br />
3. di apporre ad ogni albero una targhetta recante <strong>il</strong> grado, <strong>il</strong> cognome e <strong>il</strong><br />
nome del Caduto, la data e <strong>il</strong> combattimento in cui dette la sua fiorente<br />
giovinezza alla Patria.<br />
4. di chiedere al Ministero di Agricoltura la gratuita concessione delle piante<br />
a tale uopo necessarie." 3<br />
I monumenti ai <strong>caduti</strong> erano così numerosi, e considerati tanto importanti, che nel 1923 si<br />
inizia a pubblicarne le immagini, a forma di francobollo, in una serie di libretti. Fra i primi, al n. 6,<br />
vi è <strong>il</strong> monumento di Volterra. (Documenti 48 e 49). Altri libri vengono stampati per ricordare i<br />
morti, in particolare <strong>il</strong> 4 novembre 1921, lo stesso giorno della sepoltura del m<strong>il</strong>ite ignoto a Roma,<br />
si pubblica l’elenco di tutti i morti e dispersi del comune di Pisa, un totale di 656 nomi (Documenti<br />
50 e 51). Nell’immediato <strong>dopoguerra</strong> invece <strong>il</strong> libro <strong>Il</strong> martirio del Trentino, con l’esaltazione della<br />
cultura italiana del Trentino, la descrizione <strong>dei</strong> maltrattamenti subiti per mano delle autorità<br />
austroungariche, e dell’uccisione di Cesare Battisti, fornisce una legittimazione dell’ entrata in<br />
guerra dell’Italia (Documento 52).<br />
Fra le commemorazioni meno vistose, ma forse più significative, vi sono le emissioni di<br />
francobolli. Questi oggetti piccolissimi, grazie alla loro vasta diffusione e ut<strong>il</strong>izzo giornaliero,<br />
hanno un effetto forse maggiore <strong>dei</strong> grandi monumenti in pietra. Non sorprende infatti che nel<br />
giugno del 1921 le poste italiane emettano tre francobolli per festeggiare l’annessione della Venezia<br />
Giulia (tiratura 300.000) e nel novembre dello stesso anno altri quattro francobolli per ricordare la<br />
vittoria di Vittorio Veneto (tiratura 850.000).<br />
3<br />
Registro di Delibere del Comune, conservato presso l’archivio storico del comune di S. Miniato.<br />
119
43. Cartolina 44 Reggimento fanteria Forlì, Pisa, collezione privata<br />
44. Cartolina ... Ottantanove "Non chiedo dove", Pisa, collezione privata<br />
45. Cartolina 10° Reggimento fanteria - Lux lucet in tenebris, Pisa, collezione privata<br />
46. Cartolina 7° Reggimento fanteria Cuneo, Pisa, collezione privata<br />
47. Cartolina S.Miniato, Viale della Rimembranza e Piazzale Alighieri, Biblioteca dell'Archivio di<br />
Stato di Pisa, cartoline Toscanelli, volume S.Miniato,Certaldo, Gambassi, S.Gimignano,<br />
Poggibonsi, Colle d'Elsa, cartolina non numerata<br />
48. e 49. Monumenti della riconoscenza eretti dagli italiani ai <strong>caduti</strong> per la patria nella Grande<br />
Guerra MCMXIV-MCMXVIII, Serie N.° 1, Bologna, E. Malferrari & C. editori, 1923.<br />
Copertina e prima pagina di immagini. Archivio di Stato di Pisa, Biblioteca Toscanelli.<br />
50. e 51 Pisani morti per la Patria nella Guerra Mondiale 1915-1918, Pisa, Officina tipografica<br />
Cav. F. Mariotti, 1921. Copertina e pagine nn. 50-51. Biblioteca comunale di Pisa.<br />
52. <strong>Il</strong> martirio del Trentino, per cura della Commissione dell’emigrazione trentina in M<strong>il</strong>ano e della<br />
Sezione trentina dell’Associazione politica degli italiani redenti in Roma, 2° Edizione,<br />
M<strong>il</strong>ano Cooperativa Grafica Operai, 1920.<br />
(Documento 43)<br />
120<br />
(Documento 44)
(Documento 45)<br />
(Documento 47)<br />
121<br />
(Documento 46)
(Documento 48)<br />
(Documento 49)<br />
122
(Documento 50)<br />
(Documento 51)<br />
123<br />
(Documento 52)
Trieste, Pola e Fiume<br />
<strong>Il</strong> desiderio di ricordare le zone conquistate come conseguenza della guerra si vede non solo<br />
nei confronti di Trento ma anche di Trieste, Pola e altre località dell'Adriatico. In particolare si pone<br />
l'enfasi sulla visita nei territori liberati di componenti della famiglia reale e si fa notare la cultura<br />
italiana di queste città a partire dall'antichità (Documenti 53-55).<br />
La storia della contestata città di Fiume è leggib<strong>il</strong>e nei suoi francobolli. Solo uno stato<br />
indipendente può emettere valori bollati di questo tipo e i fiumani ricorrono anche a questi simboli<br />
per dichiarare la loro indipendenza. Nel 1918 la dicitura Fiume viene soprastampata sui francobolli<br />
ungheresi in circolazione ma già nel gennaio del 1919 appaiono i primi francobolli dalle tipografie.<br />
Nel corso dell'estate di quest'anno esce una serie dedicate al Plebiscito del 1918 che riporta chiari<br />
richiami all'italianità della città (fra le figure vi sono la lupa romana, la bas<strong>il</strong>ica di S. Marco, una<br />
galea veneziana) seguita da altri francobolli triangolari con la figura dell'aqu<strong>il</strong>a. Con l'occupazione<br />
di Fiume si hanno nel 1920 quelli con l’effigie di D’Annunzio, e le spade, simboli degli arditi. Nel<br />
1923 arrivano altri richiami alla eredità culturale latina e veneta – l’arco romano, S.Vito, una<br />
caravella. Nelle varie fasi appaiono varie soprastampe – Reggenza italiana del Carnaro nel 1920,<br />
Governo Provvisorio e poi Costituente fiumana nel 1921 e infine Regno d’Italia nel 1924<br />
(Documento 56).<br />
I simboli <strong>dei</strong> legionari vengono proposti anche su manifesti e cartoline (Documenti 57) e si<br />
scattano le fotografie ricordo di D’Annunzio e <strong>dei</strong> volontari (Documento 58). La stessa passione per<br />
i simboli della antica Roma avrà ispirato anche quei due arditi eccessivamente zelanti che, <strong>il</strong> 4<br />
novembre 1919, tagliano una delle due teste dell’aqu<strong>il</strong>a della torre civica per distruggere un simbolo<br />
considerato troppo austriaco.(Documento 59)<br />
53. Cartolina Trieste - entusiastiche accoglienza a S.M. <strong>il</strong> Re, Biblioteca dell'Archivio di Stato di<br />
Pisa, cartoline Toscanelli, volume Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume,<br />
Istria, Ricordi di guerra, non numerata.<br />
54. Cartolina <strong>Il</strong> principe di Piemonte visita l'arena di Pola (1922), Biblioteca dell'Archivio di Stato<br />
di Pisa, cartoline Toscanelli, volume Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume,<br />
Istria, Ricordi di guerra, non numerata.<br />
55. Cartolina Pola liberata, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli, volume<br />
Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume, Istria, Ricordi di guerra, non<br />
numerata.<br />
56. Francobolli di Fiume, Pisa, collezione privata<br />
57. Simboli di Fiume scaricati dal sito internet http://www.arpnet.it/arditi/FNAI03.html<br />
58. Cartolina di D’Annunzio in Fiume d’Italia, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline<br />
Toscanelli, volume Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume, Istria, Ricordi di<br />
guerra, non numerata.<br />
59. Cartolina dell’aqu<strong>il</strong>a di Fiume, Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli,<br />
volume Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume, Istria, Ricordi di guerra, non<br />
numerate.<br />
124
(Documenti 54)<br />
(Documento 55)<br />
125<br />
(Documenti 53)
126<br />
(Documento 56)<br />
(Documento 57)
127<br />
(Documento 58)<br />
(Documento 59)
I ricordi e i simboli della guerra sfruttati dal fascismo<br />
Contemporaneamente agli avvenimenti di Fiume i fascisti, che appoggiavano l’ambizione di<br />
mantenere la città come italiana (Documento 60), ricorrevano agli stessi simboli della guerra per la<br />
propaganda. Degli arditi si adottano le camicie nere e i manifesti per i morti fascisti ricordano le<br />
immagini di guerra e la sottolineatura della “presenza” <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> (Documenti 61 e 62). Diventa poi<br />
sempre più importante <strong>il</strong> ricorso ai richiami dell’Impero romano dell’antichità. Più tardi <strong>il</strong> regime<br />
farà stampare francobolli dedicati al decennale di Fiume, ai <strong>caduti</strong> della guerra e all’impero romano<br />
ai tempi di Augusto (Documento 63).<br />
<strong>Il</strong> <strong>culto</strong> <strong>dei</strong> <strong>caduti</strong> in guerra produce <strong>il</strong> monumento più imponente poi con la costruzione del<br />
sacrario a Redipuglia, espressione di dolore e orgoglio per <strong>il</strong> sacrificio di tante vite, segnato<br />
originariamente dai simboli del regime. (Documenti 64 e 65)<br />
60. Manifesto fascista del 1922 che commemora la marcia <strong>dei</strong> legionari del 1919, scaricato dal sito<br />
internet http://www.arpnet.it/arditi/FNAI03.html<br />
61. Manifesti per commemorare i morti fascisti e le camicie nere a Roma, scaricati dal sito internet<br />
http://www.intercardsrl.com/112/index.asp<br />
62. G. Pini, Benito Mussolini, L.Cappelli Editore Bologna 1939. Fotografia tra pp. 96 e 97<br />
63. Francobolli, Pisa collezione privata<br />
64. e 65. Cartoline di Redipuglia, , Biblioteca dell'Archivio di Stato di Pisa, cartoline Toscanelli,<br />
volume Udine, Aqu<strong>il</strong>eia, Pordenone, Treviso, Trieste, Fiume, Istria, Ricordi di guerra, non<br />
numerate.<br />
128<br />
(Documento 60)
129<br />
(Documento 61)
(Documento 62)<br />
130
131<br />
(Documento 63)
(Documento 64)<br />
(Documento 65)<br />
132