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ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno

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<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2009</strong><br />

<strong>CAI</strong> MORBEGNO<br />

I


<strong>CAI</strong><br />

<strong>ANNUARIO</strong> <strong>2009</strong><br />

Club Alpino Italiano<br />

<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

Via San Marco<br />

Tel. e fax 0342 613803<br />

e-mail: info@caimorbegno.org<br />

www.caimorbegno.org<br />

Redazione:<br />

Alessandro Caligari, Domenico Del Barba,<br />

Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella.<br />

Hanno collaborato:<br />

Pierenrico Belluzzo, Davide Bonzi,<br />

Alessandro Caligari, Daniele Chiarelli<br />

Domenico Del Barba, Elena Fattarelli,<br />

Libero Marchesi, Riccardo Marchini,<br />

Carlo B. Mazzoleni, Lodovico Mottarella,<br />

Franco Scotti, Mario Spini, Paolo Vitali.<br />

Fotografie:<br />

Davide Bonzi: 74, 75<br />

Barbara Del Nero: 67(destra)<br />

Giuseppe Maloberti: 70,71<br />

Riccardo Marchini: 7, 8, 9, 10, 11(sopra),<br />

14, 15, 16, 17, 18, 19, 20(sopra), 24,<br />

25, 26, 27, 28, 50-51, 52-53, 62(sopra),<br />

63(sopra), 64, 65(sinistra), 76, 77<br />

Carlo B. Mazzoleni: 40, 41, 42, 43<br />

Lodovico Mottarella: copertina e II, 2, 3, 4,<br />

5, 11(sotto), 12-13, 20(sotto), 21, 22, 23,<br />

30, 44, 45, 49, 54-55, 60, 61, 64(sotto),<br />

65(dx), 66, 67, 68, 69, 72, 73, 78, 79, 80,<br />

81, 82, 83, 84, 85<br />

Franco Scotti: 46, 47<br />

Alda Vaninetti, Luigi Ottelli: 57, 58, 59<br />

Paolo Vitali: 32-33, 34, 35, 36, 37, 38, 39<br />

Progetto grafico e<br />

realizzazione:<br />

Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />

www.mottarella.com<br />

II <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 1<br />

Stampa:<br />

Tipografia Bonazzi<br />

Storia<br />

Narrativa<br />

Scialpinismo<br />

Ricor<strong>di</strong><br />

Personaggi<br />

Avventura<br />

Ferrate<br />

S O M M A R I O<br />

Strade e sentieri retici<br />

<strong>di</strong> DANIELE CHIARELLI<br />

A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> ELENA FATTARELLI<br />

Scialpinismo in Georgia<br />

<strong>di</strong> PAOLO VITALI<br />

Quando si scioglie la neve?<br />

<strong>di</strong> FRANCO SCOTTI<br />

Riccardo Cassin<br />

a cura della REDAZIONE<br />

Canyoning<br />

<strong>di</strong> LIBERO MARCHESI<br />

A proposito <strong>di</strong> ferrate<br />

<strong>di</strong> RICCARDO MARCHINI


E D I T O R I A L E<br />

<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />

E D I T O R I A L E<br />

L’attività zootecnica <strong>di</strong> montagna che aveva contribuito in modo determinante<br />

a modellare, attraverso processi millenari, il paesaggio alpino che<br />

siamo abituati a conoscere ed apprezzare, sta affrontando una grave crisi.<br />

L’intero comparto ha subito una notevole evoluzione: le aziende trasferite<br />

in pianura hanno ampliato la loro <strong>di</strong>mensione e hanno potenziato l’efficienza<br />

tecnica e produttiva, mettendo fuori mercato quelle che non si sono adeguate<br />

e che sole potevano presi<strong>di</strong>are le aree più <strong>di</strong>sagiate.<br />

Nel corso degli ultimi 40-50 anni i prati e i pascoli <strong>di</strong> alta quota si sono ridotti<br />

<strong>di</strong> un terzo nell’insieme dell’arco alpino, gli alpeggi sono abbandonati.<br />

A quote superiori i ghiacciai e i nevai sono in continuo restringimento,<br />

come ci ha bene illustrato il nostro socio-relatore Riccardo Scotti nella<br />

serata “Ghiacciai sotto Serra” tenutasi venerdì 20 novembre presso la nostra<br />

sede. La qualità dell’aria, dell’acqua e dei suoli non è certo migliorata<br />

anche in montagna, complici le industrie <strong>di</strong> pianura e il traffico sempre<br />

più congestionato.<br />

Questa non è una lettura pessimistica della situazione ambientale della nostra<br />

provincia, ma una presa <strong>di</strong> coscienza della realtà in cui viviamo.<br />

Il suolo, che rappresenta uno degli elementi costitutivi della natura e del<br />

paesaggio ed è parte integrante dell’ecosistema, soprattutto per quanto riguarda<br />

i cicli dell’acqua e delle sostanze nutritive, non è un bene infinito.<br />

Non credo che sia gestito in modo parsimonioso al fine <strong>di</strong> garantirne le sue<br />

funzioni nel lungo periodo. Specialmente se si guarda il fondovalle.<br />

Nel corso <strong>di</strong> un incontro in sede Cai col Presidente Annibale Salsa, il Segretario<br />

generale della Convenzione delle Alpi (1), Marco Onida riferiva che:<br />

“Prima <strong>di</strong> giungere a limiti <strong>di</strong> insostenibilità e punti <strong>di</strong> non ritorno, proprio<br />

per la delicatezza e specificità degli ambienti alpini occorre passare all’applicazione<br />

<strong>di</strong> nuovi modelli <strong>di</strong> sviluppo locale”.<br />

E la ratifica dei protocolli della Convenzione delle Alpi (pianificazione territoriale<br />

e sviluppo sostenibile, agricoltura <strong>di</strong> montagna, protezione della<br />

natura e tutela del paesaggio, foreste montane, turismo, <strong>di</strong>fesa del suolo,<br />

energia, trasporti, qualità dell’aria, idroeconomia, popolazione e cultura,<br />

economia dei rifiuti), già firmati dai paesi membri, sarebbe un passo decisivo<br />

per scegliere un futuro <strong>di</strong> qualità per lo spazio alpino e per promuovere<br />

in modo sostanziale quelle miriade <strong>di</strong> azioni/progetto <strong>di</strong> sostenibilità<br />

già realizzate”.<br />

Sarebbe tempo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> scelte concrete.<br />

L’Italia, unico tra gli otto paesi ad abbracciare per intero l’arco alpino, è<br />

tra i pochi che pur avendo firmato tutti i Protocolli della Convenzione delle<br />

Alpi tra il 1994 e il 2001, nel 2007 non ne aveva ancora ratificato alcuno.<br />

Confidando a questo punto nell’anno del pianeta Terra <strong>2009</strong> proclamato<br />

dall’UNESCO e che nell’attesissima Conference of the Parties <strong>di</strong> Copenhagen<br />

(COP15) del 7-18 Dicembre i Gran<strong>di</strong> della terra decidano a favore delle generazioni<br />

future, credo che noi aderenti a un Club importante, che rappresenta<br />

un grande movimento <strong>di</strong> opinione e un valore tecnico e morale a favore<br />

della montagna, abbiamo il dovere <strong>di</strong> far nostro il tema “Your Planet needs<br />

You! Unite to combat climate change” (“Il pianeta ha bisogno <strong>di</strong> te! Uniti<br />

per combattere il cambiamento climatico”), per favorire in ogni sede le migliori<br />

politiche a favore delle terre alte.<br />

(1)La Convenzione delle Alpi è una<br />

convenzione internazionale, nata su<br />

iniziativa della CIPRA (Commissione<br />

Internazionale per la Protezione<br />

delle Alpi), intesa a realizzare la<br />

protezione e lo sviluppo sostenibile<br />

dell’arco alpino. La Convenzione<br />

delle Alpi è stata firmata a Salisburgo<br />

(Austria) il 7 novembre 1991<br />

da Austria, Francia, Germania, Italia,<br />

Svizzera, Liechtenstein e UE. La<br />

Slovenia ha firmato la Convenzione<br />

il 29 marzo del 1993. Un protocollo<br />

supplementare ha consentito l’accesso<br />

al Principato <strong>di</strong> Monaco.<br />

2 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 3


CORSO BASE DI SCI ALPINISMO<br />

Direttore: Giulio Gadola.<br />

Istruttori: Cesare De Donati, Enrico Bertoli, Marco Riva<br />

e Franco Scotti.<br />

Allievi: Simona Angelini, Placido Azzalini, Stefano<br />

Boninsegna, Gabriele Corgatelli, Aldo Giu<strong>di</strong>ci, Ezio<br />

Luzzi, Barbara Pedranzini, Mistica Pedranzini,<br />

Franco Pellegatta, Davide Perego, Peppino<br />

Rapella, Angelo Rossanese, Fabrizio Venturini,<br />

Paolo Zugnoni.<br />

Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata, precedute, al<br />

venerdì, dalle lezioni teoriche: Cima del Munt de<br />

Sura (Valgerola) – Passo <strong>di</strong> Tartano (Valtartano),<br />

Monte Colombana (Valgerola), Cima della Pesciöla<br />

(Val d’Arigna), Piz Surgonda (Enga<strong>di</strong>na).<br />

A conclusione del corso è stata effettuata<br />

un’uscita <strong>di</strong> due giorni al rifugio Boval in<br />

Enga<strong>di</strong>na, con salita al Misaun (gruppo<br />

Morteratsch).<br />

CORSO DI ARRAMPICATA<br />

Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre e <strong>di</strong> ottobre in<br />

collaborazione con il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Chiavenna ed ha coinvolto 8<br />

allievi.<br />

Direttore: Cesare De Donati.<br />

Istruttori: Mauro Bongianni, Gianfranco Cason, Moreno<br />

Libera, Paola Lucchinetti, Pio Scaramella e Mario Spini.<br />

Allievi: Alessandro Bassi, Stefania Della Bitta, Stefano<br />

Gui<strong>di</strong>, Luigi Martinucci, Marco Bianchi, Giovanni Pierazzi,<br />

Mauro Spazzadeschi, Roberto Rigamonti.<br />

Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata: Sasso Remenno,<br />

Sasso Bianco, Placche <strong>di</strong> Bette, Palestra <strong>di</strong> Piuro(cattivo<br />

tempo), Denti della Vecchia (Pescegallo), Piramide<br />

Casati(Grignetta)<br />

Gli allievi che hanno ricevuto l’attestato <strong>di</strong><br />

partecipazione sono stati complessivamente 21 (13 per<br />

lo sci alpinismo e 8 per l’arrampicata).<br />

4 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 5


STRADE E<br />

E SENTIERI<br />

RETICI<br />

Per attraversar il paese<br />

de’ ss.ri grisoni le strade<br />

sono <strong>di</strong>verse…<br />

Il sole <strong>di</strong> mezzodì splendeva<br />

sul passo dello Julier, nudo<br />

d’alberi, circondato <strong>di</strong> vette<br />

rocciose, nel paese dei<br />

Grigioni.<br />

Sotto i suoi raggi, sfreccianti<br />

giù a perpen<strong>di</strong>colo, le<br />

pareti rocciose ardevano e<br />

scintillavano. E’ l’incipit dello<br />

Jürg Jenatsch <strong>di</strong> C. F. Meyer,<br />

il celebre romanzo ambientato<br />

nel cuore della storia e della<br />

geografia della Rezia. Siamo<br />

nel luglio 1620, alla vigilia<br />

del Sacro macello, Enrico<br />

Waser, protestante, in viaggio<br />

per incontrare a Berbenno il<br />

pastore Jenatsch, raggiunge<br />

lo spartiacque alpino con la<br />

consapevolezza <strong>di</strong> essere in un<br />

<strong>di</strong> Daniele Chiarelli<br />

punto decisivo del suo viaggio<br />

da Zurigo alla Valtellina. Lo<br />

attendono ancora il passo del<br />

Muretto e la Val Malenco, ma la<br />

sensazione <strong>di</strong> essere vicino alla<br />

dolcezza della terra italiana è<br />

forte.<br />

A Waser, personaggio<br />

d’invenzione, Valtellina e<br />

Valchiavenna apparivano come<br />

valli aperte: quando ci si<br />

muoveva a pie<strong>di</strong>, coi muli, coi<br />

cavalli e coi piccoli carri a due<br />

ruote o d’inverno con le slitte,<br />

per andare dalle valli del Reno<br />

e del Danubio alla pianura<br />

del Po e viceversa, i passi<br />

Spluga, Maloja, Septimer,<br />

Bernina, Cassana, Umbrail,<br />

erano considerati varchi, non<br />

strozzature.<br />

Le Alpi erano una <strong>di</strong>fficoltà,<br />

ma non una barriera.<br />

Queste <strong>di</strong>rettrici principali<br />

si articolavano in un fitto<br />

reticolo <strong>di</strong> itinerari alternativi<br />

e passi secondari, utilizzati o<br />

meno a seconda della stagione,<br />

della congiuntura politico<strong>di</strong>plomatica,<br />

della meta precisa<br />

da raggiungere, del numero,<br />

della legalità o illegalità dei<br />

viaggiatori, della quantità e<br />

qualità delle merci.<br />

In queste pagine si cercherà <strong>di</strong><br />

riportare all’attenzione <strong>di</strong> tanti<br />

appassionati della montagna<br />

un po’ <strong>di</strong> storia e alcune storie<br />

che sentieri e mulattiere<br />

tra<strong>di</strong>zionali ci raccontano.<br />

6 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 7


A fianco: il Passo<br />

del Maloja con il<br />

Passo del Muretto<br />

dal Piz Lunghin.<br />

Sotto:<br />

il Passo Lunghin.<br />

La Via dello Spluga:<br />

uomini e muli.<br />

Tralasciando le pur importanti<br />

testimonianze relative ai<br />

percorsi e agli inse<strong>di</strong>amenti<br />

temporanei dei cacciatori<br />

mesolitici (es. Pian dei<br />

Cavalli), il documento<br />

certo e più antico cui fare<br />

riferimento è la celebre Tabula<br />

Peutingeriana, copia me<strong>di</strong>evale<br />

<strong>di</strong> una mappa del IV secolo d.<br />

C che rappresenta il sistema<br />

viario dell’impero romano e<br />

dei territori ad esso legati.<br />

Evidentissima è la <strong>di</strong>rettrice<br />

Como-Coira attraverso<br />

Samolaco, Chiavenna, la val<br />

S. Giacomo e l’attuale passo<br />

dello Spluga (il Cunus Aureus<br />

dei romani). Questo sistema <strong>di</strong><br />

comunicazione, che connetteva<br />

la pianura padana ai bacini del<br />

Reno e del Danubio, rimase<br />

attivo per secoli, incidendo<br />

profondamente nella vita delle<br />

comunità interessate.<br />

Nel periodo me<strong>di</strong>evale<br />

e moderno i trasporti<br />

sottostavano, in tutto l’arco<br />

alpino, a un preciso sistema<br />

<strong>di</strong> regole e consuetu<strong>di</strong>ni<br />

co<strong>di</strong>ficate. Lungo i principali<br />

itinerari, esemplare quello<br />

dello Spluga, erano attive delle<br />

corporazioni <strong>di</strong> mulattieri e<br />

trasportatori, dette porti,<br />

che avevano il monopolio del<br />

trasporto sul loro territorio. Il<br />

mercante che doveva spostare<br />

un carico da Chiavenna a Coira<br />

(e viceversa) poteva ricorrere al<br />

sistema della roda, si affidava<br />

cioè ai sei porti in cui si<br />

articolava il percorso, pagando<br />

una cifra fissa, ma accettando<br />

una notevole lentezza nel<br />

percorso (da due a quattro<br />

settimane), in quanto ad ogni<br />

passaggio (es. da Chiavenna a<br />

Montespluga) i muli venivano<br />

scaricati e ricaricati sulle<br />

bestie dei someggiatori della<br />

tratta (porto) successiva.<br />

In alternativa poteva<br />

contrattare <strong>di</strong>rettamente con<br />

un someggiatore (locale o<br />

forestiero) un trasporto <strong>di</strong>retto<br />

(adrittura), nettamente più<br />

costoso, ma più rapido (trecinque<br />

giorni per il percorso<br />

completo). In ogni caso si<br />

pagavano i dazi in punti<br />

prefissati, inoltre al porto<br />

andava un pedaggio (forletto)<br />

per ogni collo trasportato,<br />

nonché una sovrattassa per<br />

la manutenzione della strada<br />

e, d’inverno, per la rottura<br />

della neve. In cambio i porti<br />

si facevano carico della<br />

manutenzione della strada.<br />

E’ noto che le comunità locali<br />

cercavano <strong>di</strong> ostacolare i<br />

trasporti <strong>di</strong>retti, a favore dei<br />

porti, il cui sistema garantiva<br />

una <strong>di</strong>stribuzione dei vantaggi<br />

economici, il mantenimento <strong>di</strong><br />

forti vincoli comunitari, una<br />

responsabilità con<strong>di</strong>visa per<br />

quanto riguarda i continui e<br />

costosi lavori <strong>di</strong> manutenzione<br />

del percorso che erano a carico<br />

delle comunità locali.<br />

Così sarà fino ai primi dell’800,<br />

quando, con l’apertura del<br />

S. Bernar<strong>di</strong>no, comincerà il<br />

declino commerciale dello<br />

Spluga.<br />

Val Bregaglia, Septimer e<br />

Maloja: eretici ed eserciti.<br />

Una valle e due passi fra<br />

loro connessi, fisicamente<br />

gravitanti intorno allo<br />

spartiacque del Lunghin, da<br />

cui si <strong>di</strong>ramano i bacini del<br />

Po, del Reno e del Danubio. Il<br />

tratto che si sviluppa lungo la<br />

val Bregaglia, fino a Casaccia,<br />

è <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria suggestione<br />

storica, paesaggistica e<br />

alpinistica.<br />

Poco a monte dell’abitato<br />

<strong>di</strong> Casaccia, dove i percorsi<br />

del Septimer e del Maloja si<br />

biforcano, ci s’imbatte nei<br />

ruderi romantici e suggestivi<br />

della chiesa <strong>di</strong> S. Gaudenzio.<br />

Pochi decenni dopo la<br />

rie<strong>di</strong>ficazione della chiesa,<br />

avvenuta nel 1518 sulla<br />

preesistente struttura<br />

me<strong>di</strong>evale, la val Bregaglia,<br />

come altre comunità della<br />

repubblica delle Tre Leghe, fu<br />

profondamente interessata<br />

alla <strong>di</strong>ffusione della riforma<br />

protestante. Non solo, da<br />

8 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 9


quegli stessi passi alpini<br />

da cui scendeva il sale del<br />

Nord, transitavano anche,<br />

clandestinamente, i libri e gli<br />

opuscoli riformati stampati<br />

in area tedesca, taluni già<br />

tradotti in italiano. Da Sud<br />

arrivavano i primi gran<strong>di</strong><br />

intellettuali ed ecclesiastici<br />

cattolici convertiti al<br />

protestantesimo. Sceglievano<br />

<strong>di</strong> rifugiarsi tra queste valli<br />

sotto la protezione dei Signori<br />

Grisoni e delle “libertà retiche”<br />

che essi garantivano (nelle<br />

Tre Leghe del XVI secolo<br />

convivevano, con <strong>di</strong>fficoltà,<br />

ma convivevano, cattolici<br />

e protestanti), potendo<br />

contemporaneamente rimanere<br />

in contatto con le terre italiane<br />

da dove provenivano. Uno<br />

dei più importanti fra questi<br />

ecclesiastici fu Pietro Paolo<br />

Vergerio, vescovo cattolico<br />

<strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria, che, vicino a<br />

una seconda condanna per<br />

eresia presso il tribunale<br />

dell’inquisizione veneta,<br />

accettò nel 1549 l’offerta <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ventare pastore riformato a<br />

Vicosoprano, il più importante<br />

centro della Bregaglia.<br />

Il Vergerio pre<strong>di</strong>cò il 6 maggio<br />

1551, vigilia dell’Ascensione,<br />

a Casaccia. Secondo alcuni<br />

la notte prima, secondo altre<br />

ricostruzioni poco dopo la sua<br />

pre<strong>di</strong>ca, alcuni fanatici, già<br />

infiammati per sue precedenti<br />

invettive contro il lusso e<br />

il culto idolatrico dei santi,<br />

devastarono la chiesa <strong>di</strong> S.<br />

Gaudenzio. Furono <strong>di</strong>strutte<br />

tele e statue, scrostati i<br />

<strong>di</strong>pinti, infranta le teca con<br />

le reliquie. Il tutto fu gettato<br />

nell’Orlegna.<br />

Oggi è in corso un <strong>di</strong>screto<br />

e intelligente recupero della<br />

struttura, che la metterà al<br />

sicuro dal degrado, senza<br />

alterare le tracce della storia.<br />

Dal Septimer arrivarono nel<br />

giugno1629 le avanguar<strong>di</strong>e dei<br />

lanzichenecchi. Per garantirsi<br />

il passaggio e dare scacco ai<br />

francesi, le truppe imperiali<br />

avevano occupato Coira,<br />

aprendosi così la strada per la<br />

Valchiavenna, la Valtellina e<br />

il Lago <strong>di</strong> Como. Erano <strong>di</strong>retti<br />

a Mantova. I tre mesi <strong>di</strong><br />

permanenza dei lanzichenecchi<br />

in Valchiavenna (della<br />

Valtellina propriamente detta<br />

fu interessato marginalmente<br />

solo l’imbocco della valle)<br />

furono devastanti, anche e<br />

soprattutto a causa della<br />

peste che <strong>di</strong>ffusero. Ancor più<br />

drammatico fu il passaggio<br />

<strong>di</strong> ritorno dei lanzichenecchi,<br />

avvenuto nella primavera<br />

del 1631, attraverso valli già<br />

duramente provate dalla peste,<br />

dalla fame e dalla guerra.<br />

La popolazione e l’economia<br />

<strong>di</strong> Valtellina e Valchiavenna<br />

subirono un crollo <strong>di</strong> portata<br />

secolare. Gli ossari secenteschi,<br />

<strong>di</strong>ffusi in tutta la provincia<br />

<strong>di</strong> Sondrio, ricordano proprio<br />

questa tristissima stagione.<br />

Nella pagina a fronte: lungo la mulattiera<br />

che sale al Septimer in Val Maroz, al Sascel.<br />

A fianco: i resti della chiesa <strong>di</strong> S.Gaudenzio.<br />

Sotto: la mole del Monte Disgrazia fa da<br />

sfondo alla <strong>di</strong>scesa in mountain-bike dal<br />

Passo del Muretto.<br />

Muretto e Forno. Due trage<strong>di</strong>e<br />

a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre secoli:<br />

l’arcipreteNicolò Rusca e<br />

Ettore Castiglioni.<br />

Il passo del Muretto, che<br />

collega la val Malenco con l’Alta<br />

Enga<strong>di</strong>na, fu particolarmente<br />

importante nel lungo periodo<br />

durante il quale la Valtellina<br />

fu tributaria delle Tre Leghe<br />

(1512-1797). Attraverso questo<br />

passo, i magistrati grigioni<br />

dall’Enga<strong>di</strong>na potevano<br />

facilmente raggiungere<br />

Sondrio, città baricentrica<br />

rispetto alle altre (<strong>Morbegno</strong>,<br />

Tirano, Chiavenna e Bormio) e<br />

non a caso eretta a residenza<br />

principale del Capitano <strong>di</strong><br />

valle. Negli anni del declino<br />

delle libertà retiche e<br />

dell’inasprimento del conflitto<br />

religioso fra cattolici e<br />

protestanti, il Muretto è<br />

testimone della tragica vicenda<br />

dell’arciprete <strong>di</strong> Sondrio, Nicolò<br />

Rusca. E’ il 1618, il debole<br />

esperimento <strong>di</strong> convivenza<br />

interreligiosa grigiona si<br />

sta sgretolando sotto i colpi<br />

degli interessi spagnoli, delle<br />

rigi<strong>di</strong>tà controriformistiche e<br />

del prevalere dell’intransigenza<br />

protestante. L’arciprete<br />

Rusca, colto, campione della<br />

sensibilità pastorale post<br />

10 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 11


tridentina, è accusato <strong>di</strong> aver<br />

cospirato per uccidere o far<br />

rapire Scipione Calandrino,<br />

pastore protestante, e <strong>di</strong><br />

non aver rispettato le leggi<br />

in materia <strong>di</strong> convivenza<br />

interreligiosa. All’alba del 24<br />

luglio una schiera <strong>di</strong> armati<br />

grigioni lo preleva dalla sua<br />

casa e lo traduce, attraverso il<br />

passo del Muretto, in Enga<strong>di</strong>na<br />

e da qui a Thusis. Comparirà<br />

davanti al tribunale penale<br />

il 1° settembre, <strong>di</strong>chiarandosi<br />

innocente. Morirà durante un<br />

interrogatorio, sotto tortura, il<br />

4 settembre 1618.<br />

Dal 1935 è aperto il processo<br />

canonico per la beatificazione<br />

del Rusca; a lui è intitolato<br />

il sentiero che, partendo da<br />

Sondrio, giunge al passo del<br />

Muretto ripercorrendo l’antico<br />

itinerario attraverso la val<br />

Malenco. La storiografia <strong>di</strong><br />

matrice cattolica e quella <strong>di</strong><br />

matrice protestante, a lungo<br />

<strong>di</strong>vise nella ricostruzione dei<br />

fatti e nell’interpretazione<br />

della figura del Rusca, hanno<br />

trovato un primo, importante<br />

momento <strong>di</strong> sintesi nella<br />

giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o promossa<br />

nel 2002 dal Centro Evangelico<br />

<strong>di</strong> Cultura <strong>di</strong> Sondrio. A<br />

pochissima <strong>di</strong>stanza dal passo<br />

del Muretto si apre un altro<br />

passaggio: la bocchetta o<br />

passo del Forno (m 2775). Qui<br />

trovò la morte il 12 marzo<br />

1944 Ettore Castiglioni. Nato<br />

in provincia <strong>di</strong> Trento nel<br />

1908, <strong>di</strong> famiglia milanese,<br />

Castiglioni è colto, ama il<br />

bello e le montagne. Negli<br />

anni ’30 firma importanti testi<br />

della celebre collana “Guida<br />

dei monti d’Italia” del <strong>CAI</strong>,<br />

partecipa senza successo alla<br />

spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Aldo Bonacossa<br />

al Fitz Roy del 1937 e, nello<br />

stesso anno, conquista con<br />

Vitale Bramani la Nord-Ovest<br />

del Pizzo Ba<strong>di</strong>le. Ufficiale<br />

degli alpini <strong>di</strong> stanza in Val<br />

d’Aosta, dopo l’8 settembre<br />

1943 si unisce alla Resistenza<br />

e organizza in Valpelline<br />

l’espatrio <strong>di</strong> ricercati ed ebrei<br />

nel vicino Vallese. Arrestato in<br />

Svizzera una prima volta, viene<br />

rilasciato un mese dopo. Un<br />

secondo arresto in territorio<br />

elvetico gli costerebbe una<br />

lunga detenzione, nonostante<br />

ciò ritesse i contatti col CLN<br />

<strong>di</strong> Milano e l’11 marzo 1944<br />

parte in missione segreta con<br />

sci e falsi documenti svizzeri<br />

dal rifugio Porro, presso<br />

Chiareggio, <strong>di</strong>retto a Maloja.<br />

Vi arriva senza <strong>di</strong>fficoltà,<br />

ma la gendarmeria ne scopre<br />

l’identità fittizia e lo trattiene<br />

in arresto nell’albergo, privato<br />

degli indumenti pesanti e<br />

senza scarpe. All’alba del<br />

giorno seguente si cala usando<br />

le lenzuola, riprende la via del<br />

Cavloc, calza i ramponi senza<br />

scarponi, <strong>di</strong>rettamente sui<br />

pie<strong>di</strong> protetti alla meglio da<br />

stracci e riesce a salire fino al<br />

passo del Forno. Lo troveranno<br />

morto assiderato, scalzo ma<br />

coi ramponi, senza pantaloni<br />

e avvolto in una coperta, tre<br />

mesi dopo, poco oltre il passo,<br />

in territorio italiano.<br />

Zocca, Ferro, Teggiola: passi<br />

minori. Minori per chi?<br />

Se il grosso dei traffici e dei<br />

movimenti <strong>di</strong> truppe avveniva<br />

attraverso i passi principali,<br />

non vuol <strong>di</strong>re che quelli<br />

secondari fossero usati solo<br />

dai cacciatori. Questi ultimi,<br />

a seconda della stagione e<br />

delle esigenze del momento,<br />

si trasformavano regolarmente<br />

in contrabban<strong>di</strong>eri e seguivano<br />

una fitta ragnatela <strong>di</strong> percorsi<br />

minori. La merce preziosa<br />

da portare a casa, a costo <strong>di</strong><br />

rischi e sacrifici immensi era<br />

il sale, fino a cinquant’anni fa<br />

in<strong>di</strong>spensabile e costoso come<br />

mille o duemila anni prima. Due<br />

dei passi minori più frequentati<br />

per questo scopo erano il passo<br />

<strong>di</strong> Zocca (m 2749) e il passo del<br />

Ferro (m 3205), che mettono<br />

in comunicazione la val <strong>di</strong><br />

Mello con la val Bregaglia. Gli<br />

uomini e talvolta le donne<br />

dalla costiera dei Cech e dalla<br />

Valmasino aspettavano che<br />

la neve fosse ben ghiacciata,<br />

che il controllo dei finanzieri<br />

Vista dall’Alpe Sentieri, in<br />

Valmalenco, dei passi del<br />

Muretto, a destra, e del<br />

Forno posto a sinistra del<br />

Monte del Forno.<br />

Più a sinistra le Cima <strong>di</strong><br />

Vazzeda e <strong>di</strong> Rosso.<br />

12 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 13


fosse meno attento e<br />

partivano carichi <strong>di</strong> riso, da<br />

scambiare col sale a Bondo,<br />

Vicosoprano e nei centri<br />

bregagliotti minori. Nei mesi<br />

primaverili, quando il rischio<br />

<strong>di</strong> slavine rendeva il percorso<br />

eccessivamente pericoloso,<br />

il traffico si bloccava. Gli<br />

itinerari erano <strong>di</strong>fficili,<br />

richiedevano una resistenza<br />

fisica straor<strong>di</strong>naria e venivano<br />

affrontati con attrezzature<br />

del tutto inadeguate rispetto<br />

alle severissime con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali. Un giorno per<br />

andare, un giorno per tornare.<br />

Non mancarono le trage<strong>di</strong>e.<br />

Qualche anziano ricorda ancora<br />

il triste episo<strong>di</strong>o che vide<br />

perire due giovani <strong>di</strong> un gruppo<br />

<strong>di</strong> tre melàt in val del Ferro,<br />

forse nel 1946.<br />

Fra l’alta val Codera e la val<br />

Bondasca, a m 2490, si apre<br />

la bocchetta <strong>di</strong> Teggiola. Il 1°<br />

<strong>di</strong>cembre 1944 vide il <strong>di</strong>fficile<br />

passaggio della 55a Brigata<br />

partigiana “Fratelli Rosselli”. La<br />

Brigata era attiva dal mese <strong>di</strong><br />

settembre nell’area che va dai<br />

piani <strong>di</strong> Artavaggio al Legnone,<br />

comprendendo anche la val<br />

Gerola e Colico. Messo in grave<br />

<strong>di</strong>fficoltà dalla controffensiva<br />

tedesca del 10 ottobre, ciò<br />

che rimane della brigata inizia<br />

un lunghissimo ripiegamento.<br />

Attraverso la val Varrone, la<br />

val Gerola, la sponda retica<br />

della bassa Valtellina, i<br />

partigiani raggiungono Poira<br />

e l’Alpe Visogno, ma non sono<br />

ancora al sicuro. Appesantiti<br />

dalle armi ma senza viveri e<br />

opportuno equipaggiamento<br />

invernale, li aspetta ancora il<br />

passo del Malvedello e la ripida<br />

<strong>di</strong>scesa in val dei Ratti, da<br />

qui, attraverso il Tracciolino,<br />

in val Codera, da risalire fino<br />

alla Teggiola. I partigiani<br />

della Rosselli si consegnano<br />

a Bondo il 1° <strong>di</strong>cembre<br />

1944 alle autorità svizzere<br />

che li avvieranno al campo<br />

d’internamento <strong>di</strong> Elgg. Mente<br />

e regista del programma <strong>di</strong><br />

svernamento in quota chiamato<br />

in co<strong>di</strong>ce MRC (Masino-Ratti-<br />

Codera) è Alfonso Vinci (Bill).<br />

Grande conoscitore <strong>di</strong> queste<br />

montagne, accademico del <strong>CAI</strong>,<br />

negli anni prima della guerra<br />

aveva aperto la celebre via<br />

sul versante Sud del Cengalo<br />

che oggi porta il suo nome.<br />

Il comandante Bill, dopo una<br />

vita avventurosa che lo vide<br />

anche cercatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti<br />

e professore universitario in<br />

America Latina, dal 1992,<br />

<strong>di</strong>menticato dai più, riposa nel<br />

piccolo cimitero del Masino,<br />

ai pie<strong>di</strong> dei suoi monti che<br />

stiamo raccontando.<br />

Sull’intero tracciato, da<br />

Introbio a Bondo, per iniziativa<br />

dell’ANPI <strong>di</strong> Lecco, sono state<br />

posizionate delle piccole<br />

A sinistra: risalendo la<br />

Valbona verso il Passo<br />

del Forno.<br />

A destra: dalla Cima <strong>di</strong><br />

Castello vista verso il<br />

Ghiacciaio e il Passo del<br />

Forno.<br />

targhe che ricordano l’epopea e<br />

la salvezza della 55a Rosselli.<br />

Bernina, Cassana, Umbrail, S.<br />

Marco: spagnoli, imperiali, il<br />

ruolo <strong>di</strong> Venezia<br />

La Serenissima, capace <strong>di</strong><br />

sviluppare una politica estera<br />

e <strong>di</strong> alleanze tra le più vivaci<br />

e accorte nell’Europa dell’età<br />

moderna, ha dal XVI secolo<br />

un rapporto privilegiato con<br />

i Signori Grisoni. Il motivo<br />

fondamentale è l’assoluta<br />

necessità veneta <strong>di</strong> tenersi<br />

aperta la strada per il<br />

Nord Europa e la Francia,<br />

senza passare dai territori<br />

imperiali asburgici, dovendo<br />

quin<strong>di</strong> rinunciare al vicino<br />

ma strategicamente poco<br />

praticabile corridoio del<br />

Brennero. Nei territori retici<br />

i veneziani, e non solo loro,<br />

reclutavano anche truppe<br />

mercenarie. La fortuna del<br />

passo del Bernina è proprio<br />

legata alla sua vicinanza con<br />

gli itinerari che, attraverso<br />

la catena orobica, mettono in<br />

comunicazione i territori più<br />

occidentali della terraferma<br />

veneta con la Rezia. Più a<br />

Nord-Est il passo del Gavia avrà<br />

una funzione simile. Stesso<br />

<strong>di</strong>scorso, in bassa valle, per il<br />

S. Marco, fortemente voluto<br />

proprio dalla Serenissima e<br />

in larga parte da essa pagato<br />

e manutenuto, per garantire<br />

14 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 15


continuità al corridoio che<br />

dalla bergamasca arrivava<br />

al sistema dei passi Spluga-<br />

Septimer-Maloja.<br />

La “Magnifica Terra” <strong>di</strong> Bormio<br />

metteva <strong>di</strong>rettamente in<br />

comunicazione l’alta Valtellina<br />

con i territori tedeschi<br />

attraverso il sistema detto<br />

della Via Imperiale d’Alemagna<br />

(attraverso la valle <strong>di</strong> Fraele<br />

e la val Monastero) e della<br />

Via Maestra dell’Ombraglio<br />

(Umbrail o Giogo <strong>di</strong> Santa<br />

Maria).<br />

Siamo negli anni ’60 del<br />

XVI secolo. Politica, scontri<br />

religiosi, riven<strong>di</strong>cazioni<br />

territoriali e <strong>di</strong>nastiche<br />

s’intrecciano in tutta Europa e<br />

infiammano il primo decennio<br />

del “secolo <strong>di</strong> ferro” (1550-<br />

1660). Il re <strong>di</strong> Spagna Filippo II<br />

deve fronteggiare una rivolta<br />

nei Paesi Bassi. Impossibile<br />

raggiungere l’area via mare,<br />

vista la superiorità navale<br />

inglese e impensabile piegare<br />

ai propri interessi militari la<br />

Francia, avversaria storica<br />

della Spagna. L’unico modo per<br />

far affluire rinforzi è tenere<br />

aperti alcuni percorsi nel cuore<br />

delle Alpi, collegando il porto<br />

<strong>di</strong> Genova con il versante nord<br />

alpino. Finchè durerà l’alleanza<br />

con i Savoia, che garantiscono<br />

il passaggio del Moncenisio,<br />

tutto bene. A questo corridoio,<br />

molto occidentale, si affianca,<br />

più incerto, l’accordo con alcuni<br />

cantoni svizzeri <strong>di</strong> religione<br />

A fianco:<br />

il Passo del Bernina.<br />

Nella pagina a fronte:<br />

il Passo Cassana.<br />

cattolica dell’area del Gottardo<br />

che consentono il passaggio<br />

<strong>di</strong> truppe spagnole sul loro<br />

territorio e l’arruolamento<br />

<strong>di</strong> truppe. E’ tuttavia una<br />

situazione instabile: i Savoia<br />

si riavvicinano alla Francia e i<br />

cantoni svizzeri, <strong>di</strong> fatto, sono<br />

pronti a vendere il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

passaggio al miglior offerente.<br />

In questo contesto, Valtellina,<br />

Valchiavenna e relativi passi<br />

retici <strong>di</strong>ventano centrali nella<br />

grande partita politico-militare<br />

europea. Il primo atto degli<br />

spagnoli sarà la costruzione del<br />

Forte <strong>di</strong> Fuentes (1603-1604)<br />

sul confine più settentrionale<br />

dei loro posse<strong>di</strong>menti milanesi,<br />

a guar<strong>di</strong>a delle due importanti<br />

vallate. Il Sacro macello del<br />

luglio 1620, a Guerra dei<br />

Trent’anni ormai avviata, aprirà<br />

la strada al libero passaggio <strong>di</strong><br />

truppe spagnole attraverso la<br />

Valtellina, ormai svincolata dal<br />

controllo grigione e <strong>di</strong> fatto<br />

entrata nell’orbita spagnola.<br />

Negli anni seguenti i francesi<br />

tentano per due volte <strong>di</strong><br />

riprendere il controllo delle<br />

valli dell’Adda e del Mera,<br />

formalmente per ristabilire il<br />

legittimo governo grigione.<br />

La prima volta, nel 1624-25,<br />

col marchese <strong>di</strong> Coeuvres, che<br />

però nel febbraio 1626 deve<br />

ritirarsi; la seconda volta alla<br />

fine dell’inverno del 1635,<br />

col duca <strong>di</strong> Rohan. Le chiavi<br />

del suo successo: la profonda<br />

conoscenza dello spazio alpino<br />

e la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> movimento.<br />

Le truppe franco-grigioni<br />

che comanda penetrano<br />

inaspettate, anche vista la<br />

stagione, con un’azione a<br />

tenaglia, dai due estremi della<br />

Valchiavenna e della Valtellina.<br />

Un primo contingente <strong>di</strong> fanti<br />

e cavalieri fra 27 e 28 marzo<br />

1635 dallo Spluga scende a<br />

Chiavenna occupando tutto il<br />

contado. Il secondo si muove<br />

da Zuoz in Bassa Enga<strong>di</strong>na,<br />

supera il passo <strong>di</strong> Cassana (m<br />

2694), irrompe in val Federia,<br />

giunge a Livigno e da qui, il<br />

giorno seguente, a Bormio.<br />

Nell’autunno dello stesso<br />

anno gli imperiali, attraverso<br />

Val<strong>di</strong>dentro, Valfurva e Umbrail<br />

attaccano, il Rohan li batte<br />

sul campo, ma deve in seguito<br />

cedere agli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong>plomatici<br />

e al capovolgimento <strong>di</strong> alleanze<br />

dei grigioni che, consapevoli<br />

della <strong>di</strong>fficile situazione,<br />

abbandonano lo storico legame<br />

con la Francia e si accordano<br />

con gli imperiali (Trattato<br />

<strong>di</strong> Milano del 1636-39),<br />

riprendendo il controllo delle<br />

valli dell’Adda e del Mera.<br />

Le Alpi Retiche si presentano<br />

nei secoli come barriera<br />

permeabile nel cuore<br />

dell’Europa, crocevia <strong>di</strong><br />

popoli e lingue <strong>di</strong>versi, ma<br />

continuamente comunicanti.<br />

Una rete <strong>di</strong> percorsi che<br />

rimane a vario titolo attiva<br />

fino alla fine dell’800 e in<br />

qualche caso fino alla metà<br />

del ‘900. Sarà la stagione dei<br />

trafori ferroviari (fine XIX<br />

secolo) e, in seguito, stradali<br />

che ridurrà drasticamente<br />

gli itinerari e cambierà la<br />

percezione del muoversi fra<br />

un versante e l’altro delle<br />

Alpi. Da quel momento<br />

Valtellina e Valchiavenna,<br />

prive dei moderni collegamenti<br />

veloci, saranno percepite<br />

come valli chiuse e cambierà<br />

la loro vocazione. I passi<br />

secondari oggigiorno vedono<br />

esclusivamente il passaggio <strong>di</strong><br />

escursionisti appassionati della<br />

montagna. I passi principali,<br />

ora carreggiabili e transitabili<br />

nel periodo estivo, vedono<br />

un traffico prevalentemente<br />

turistico, i motociclisti<br />

lombar<strong>di</strong> e non solo, da giugno<br />

a ottobre, amano inanellare<br />

in giornata il periplo dei passi<br />

che abbiamo raccontato.<br />

Queste note vorrebbero essere<br />

anche un invito a conoscere<br />

la montagna coi tempi della<br />

lentezza antica, piuttosto che<br />

della moderna velocità.<br />

16 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 17


IL PASS DA SETT E IL<br />

PASS LUNGHIN<br />

Al cospetto <strong>di</strong> tre mari<br />

Quota <strong>di</strong> Partenza: 1460 m<br />

Quota massima: 2645 m<br />

Dislivello totale: 1185 m<br />

Tempo occorrente: circa 5 ore<br />

Segnaletica: sì<br />

Difficoltà: E<br />

Periodo consigliato: da fine<br />

giugno a ottobre<br />

Lasciata l’auto a Casaccia (1460 m),<br />

si imbocca la strada a fondo naturale<br />

che risale il pen<strong>di</strong>o per penetrare<br />

nella val Maroz. Una segnalazione<br />

in<strong>di</strong>rizza sulla vecchia mulattiera<br />

facendo risparmiare le lungaggini<br />

dei tornanti. Raggiunta <strong>di</strong> nuovo la<br />

sterrata, la si percorre per un breve<br />

tratto. In prossimità <strong>di</strong> Maroz Dora,<br />

le cui costruzioni sono visibili al <strong>di</strong> là<br />

<strong>di</strong> un ponticello sul versante opposto<br />

della valle, si prende a destra su un<br />

sentiero (segnalazione) che percorre<br />

il pascolo con pendenza blanda<br />

prima <strong>di</strong> affrontare il tortuoso, ripido<br />

tracciato sulla sinistra idrografica<br />

dell’Aua da Sett, il torrente che farà<br />

da guida fino al Septimer. Superato<br />

il gra<strong>di</strong>no che dà origine ad una bella<br />

cascata, il tracciato, ora più ampio<br />

e ricoperto da ciottoli antichi, si<br />

addentra decisamente nella valle,<br />

passa sulla destra del torrente e<br />

raggiunge la località <strong>di</strong> Sascel, dove<br />

sono visibili, su due livelli <strong>di</strong>versi, i<br />

piani stradali del percorso romano<br />

e del percorso me<strong>di</strong>oevale. Più<br />

avanti, su un suggestivo ponticello<br />

<strong>di</strong> recente ristrutturazione, si<br />

riattraversa il torrente, ma dopo<br />

poche centinaia <strong>di</strong> metri si ripassa a<br />

sinistra. Qui la carreggiata si allarga,<br />

supera la Tgesa da Sett, l’antico<br />

ospizio del passo, e raggiunge il<br />

Pass da Sett (2310 m, 2.15 h).<br />

Lasciata la strada che, oltre il<br />

passo, conduce a Bivio, si piega<br />

decisamente a destra contornando<br />

da Sud un rilievo erboso e si risale<br />

il pen<strong>di</strong>o sempre più povero <strong>di</strong><br />

vegetazione fino all’anfiteatro che<br />

precede la salita finale. Ancora un<br />

centinaio <strong>di</strong> metri su detriti minuti e<br />

si è al Pass Lunghin (2645 m, 3.15<br />

h), un cartello turistico ci spiega<br />

che tre gocce <strong>di</strong> pioggia contigue<br />

potrebbero seguire destini <strong>di</strong>versi:<br />

una nel Mar Adriatico, lungo i fiumi<br />

Mera e Po, la seconda nel Mare del<br />

Nord, percorrendo il Reno, e l’ultima<br />

nel Mar Nero, seguendo l’Inn e il<br />

Danubio.<br />

Si scende su terreno detritico al<br />

lago Lunghin, visibile 160 metri più<br />

in basso; da qui, con il nome <strong>di</strong> En,<br />

nasce convenzionalmente il fiume<br />

Inn. Più giù, oltrepassato un ampio<br />

pianoro e superato un ponticello,<br />

inizia la lunga sequenza <strong>di</strong> tornanti<br />

che portano al passo Maloja. E’<br />

opportuno, per accorciare il tragitto,<br />

seguire le in<strong>di</strong>cazioni per la località<br />

Pila da dove, lungo la vicina strada<br />

cantonale, si raggiunge la stazione<br />

degli autobus nei pressi dell’albergo<br />

Schweizerhaus (1810 m, 1.30 h<br />

dal Pass Lunghin). Si ritorna a<br />

Casaccia servendosi del postale per<br />

Chiavenna.<br />

Variante 1: Dal Pass Lunghin è<br />

possibile raggiungere facilmente<br />

il Piz Lunghin (2780 m), dalla cui<br />

cima si può godere della vista unica<br />

e splen<strong>di</strong>da sui laghi enga<strong>di</strong>nesi e<br />

sulla val Bregaglia. La deviazione<br />

richiede un ulteriore <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> 135<br />

metri, superabile in circa mezz’ora.<br />

Dalla cima si può scendere al lago<br />

Lunghin per altra via.<br />

Variante 2: Può valere la pena <strong>di</strong><br />

compiere il tratto Maloja – Casacce a<br />

pie<strong>di</strong>. Il supplemento <strong>di</strong> cammino è<br />

un po’ lungo, ma interessante. Poco<br />

oltre l’albergo Schweizerhaus una<br />

stra<strong>di</strong>na sulla destra (segnalazione)<br />

porta sull’antico percorso del<br />

Malogin dove è possibile ammirare,<br />

inciso nella roccia, un tratto<br />

dell’antica strada romana. Raggiunta<br />

la cantonale al piano <strong>di</strong> Cavril, la si<br />

fiancheggia per breve tratto, poi si<br />

sale leggermente alle rovine della<br />

chiesa <strong>di</strong> San Gaudenzio, oltre la<br />

quale, per sentieri fra i prati, si arriva<br />

a Casaccia.<br />

18 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 19


IL PASSO<br />

DEL MURETTO<br />

Sulle tracce<br />

<strong>di</strong> Nicolò Rusca<br />

Da Chiareggio<br />

Quota <strong>di</strong> partenza: 1612 m<br />

Quota massima: 2562 m<br />

Dislivello totale: 950 m<br />

Tempo occorrente: 2.45 h<br />

Segnaletica: sì<br />

Difficoltà: E<br />

Periodo consigliato: giugnoottobre<br />

(all’inizio <strong>di</strong> giugno è<br />

possibile trovare molta neve<br />

in prossimità del passo: sono<br />

in<strong>di</strong>spensabili i bastoncini)<br />

Da Chiareggio – Pian del Lupo<br />

(1612 m) si segue la strada a<br />

fondo naturale che porta nella valle<br />

del Muretto. Dopo averla risalita<br />

per circa 200 metri <strong>di</strong> quota, in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> un tornante<br />

destrorso si imbocca una ripida<br />

traccia che consente <strong>di</strong> evitare<br />

una prima serie <strong>di</strong> 4 o 5 tornanti.<br />

Ritrovata la strada principale, la si<br />

percorre per un altro lungo tratto.<br />

Una nuova deviazione, anche questa<br />

in corrispondenza <strong>di</strong> una svolta<br />

destrorsa, bypassa sulla sinistra<br />

una seconda sequenza <strong>di</strong> tornanti.<br />

Raggiunto il margine dell’Alpe<br />

dell’Oro (2000 m circa), si ritorna<br />

sulla comoda carrabile che penetra<br />

pianeggiante nella valle. Sulla destra<br />

i ripi<strong>di</strong> scivoli erbosi che, assieme<br />

agli ambienti detritici e rocciosi,<br />

per la ricchezza e la varietà <strong>di</strong> fiori,<br />

fanno del luogo un giar<strong>di</strong>no botanico<br />

naturale. Al termine della strada il<br />

sentiero si innalza ripido sulla ganda<br />

grossolana fino al passo del Muretto<br />

(2562 m, 2.45 h).<br />

Spesso il tratto sommitale va<br />

risalito su nevaio: occorre prestare<br />

attenzione.<br />

Da Maloja<br />

Quota <strong>di</strong> partenza: 1790 m<br />

Quota massima: 2562 m<br />

Dislivello totale: 800 m<br />

Tempo occorrente: 3.00 h<br />

Segnaletica: sì<br />

Difficoltà: E<br />

Periodo consigliato: giugnoottobre<br />

(all’inizio <strong>di</strong> giugno la<br />

risalita della valle del Muretto<br />

avviene quasi sempre su nevaio)<br />

Posteggiata l’auto a bordo strada<br />

o nel parcheggio a pagamento<br />

segnalato prima dell’arrivo al passo<br />

Maloja (1790 m), si raggiunge<br />

la strada sterrata che attraversa<br />

il piano <strong>di</strong> Orden. Oltrepassato<br />

il ponte sul torrente Orlegna, si<br />

piega a sinistra lungo la traccia<br />

che, nel primo tratto, consente <strong>di</strong><br />

abbreviare il tragitto. Raggiunta <strong>di</strong><br />

nuovo la strada, la si percorre fino<br />

al lago Cavloc. Il tracciato prosegue<br />

oltre le costruzioni dell’alpe e, con<br />

andamento pressoché pianeggiante,<br />

raggiunge il piccolo bacino artificiale<br />

<strong>di</strong> Plan Canin (1992 m). Trascurato il<br />

sentiero che, sulla destra, conduce<br />

al ghiacciaio del Forno, si scende<br />

<strong>di</strong> qualche metro per scavalcare il<br />

torrente su un aereo ponticello.<br />

Si risale il pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> pascolo sempre<br />

più magro e ci si addentra nella valle,<br />

spesso ingombra <strong>di</strong> resti <strong>di</strong> valanga.<br />

Raggiunto un ampio pianoro, lo si<br />

contorna da sinistra per risalire lo<br />

scomodo pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ganda e detriti.<br />

Tutta la zona è scenario <strong>di</strong> ricerche<br />

mineralogiche.<br />

Con un ultimo sforzo sul pen<strong>di</strong>o più<br />

ripido ed infido si raggiunge l’ampia<br />

insellatura del passo del Muretto<br />

(2562 m, 3.00 h).<br />

Con un’attenta organizzazione<br />

logistica vale la pena <strong>di</strong> compiere<br />

l’intera traversata da Chiareggio<br />

a Maloja o viceversa in un’unica<br />

soluzione.<br />

20 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 21


A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong><br />

Abitavano a Colico, il paese<br />

sulle rive del lago, abbracciato<br />

dall’ampio versante del Legnone,<br />

rivolto a nord. Vedevano la<br />

cima al mattino presto, quando<br />

l’aria dava vibrazioni <strong>di</strong> vita alle<br />

rocce. Durante il giorno, appena<br />

si alzava il viso, la montagna<br />

era lì e sembrava aspettare<br />

con aria <strong>di</strong> sfida. Sul tar<strong>di</strong> si<br />

colorava <strong>di</strong> luce, dorata d’estate,<br />

innevata <strong>di</strong> rosa d’inverno. La<br />

mamma, che aveva trascorso<br />

la sua giovinezza sull’alpeggio<br />

degli Andossi, fiancheggiato<br />

da alte cime, aveva amato i<br />

monti e conservava nel cuore la<br />

nostalgia delle vette. Lasciava<br />

trasparire questa sua passione<br />

e la trasmetteva ai suoi due<br />

<strong>di</strong> Elena Fattarelli<br />

bambini. Salire sulla cima del<br />

Legnone era il compimento<br />

<strong>di</strong> un sogno. Sogno <strong>di</strong>verso<br />

e sempre rinnovato. L’estate<br />

in cui sembrava possibile<br />

attuarlo, la mamma si ammalò.<br />

Neanche si poteva più pensare<br />

ad un piccolo progetto. Poi la<br />

mamma fu portata all’ospedale.<br />

La nonna lasciò intendere che<br />

le cose si mettevano male<br />

per sua figlia. I due bambini<br />

una sera, alla fine dell’estate<br />

guardarono la vetta e, quasi<br />

per liberarsi del loro <strong>di</strong>spiacere<br />

<strong>di</strong>ssero al monte che il suo<br />

fascino non esisteva più. Essi<br />

non sapevano che farsene della<br />

sua cima. L’amore era finito.<br />

L’amicizia conclusa. Così passò<br />

l’inverno con altri incontri ed<br />

altre attrattive.<br />

Il Legnone era sempre lo<br />

stesso, alto, misterioso ed<br />

invitante. In primavera,<br />

dopo la scuola, i giochi<br />

in cortile, le corse per le<br />

strade avevano sempre<br />

come sfondo la montagna<br />

incantata. Con l’avvicinarsi<br />

delle vacanze, la mamma,<br />

sentendosi sufficientemente<br />

forte, ripropose il viaggio.<br />

La bambina guardò il<br />

fratello, piena <strong>di</strong> meraviglia.<br />

Un’esultanza grande le faceva<br />

battere il cuore. “Allora la<br />

mamma era veramente guarita,<br />

se aveva in mente quel viaggio,<br />

pensò. Era ritornata <strong>di</strong> nuovo<br />

22 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 23


giovane, capace <strong>di</strong> cose<br />

impossibili.” Il bambino, con<br />

il suo realismo, fece presente<br />

:”Non abbiamo lo zaino.” E la<br />

mamma :”Aggiusterò quello<br />

del papà. Lo porterò io. A voi<br />

due cucirò due bei zainetti.<br />

Ho quella stoffa resistente<br />

della zia Anna.” Giusto quella<br />

ci voleva. La mamma era<br />

abilissima a tagliare e cucire.<br />

Aveva la sua macchina a<br />

manovella, che faceva rapida<br />

tutte le cuciture. La mamma,<br />

con la mano libera, muoveva<br />

la stoffa <strong>di</strong> qua, <strong>di</strong> là, faceva<br />

gli angoli. Toglieva la sacca,<br />

la rovesciava, vi infilava<br />

un cordoncino per chiudere<br />

l’imboccatura. Per rendere più<br />

solide le bretelle, davanti agli<br />

occhi stupiti dei bambini, che<br />

dovevano tenere le estremità,<br />

fece lunghe e ripetute cuciture.<br />

Allo zaino <strong>di</strong> Paolo applicò<br />

anche le tasche. Lui pensava<br />

<strong>di</strong> metterci in una il suo melìn<br />

(coltellino ricurvo, che si<br />

chiudeva nel manico <strong>di</strong> legno).<br />

Così ogni volta che doveva<br />

tagliare un bastone, l’avrebbe<br />

avuto a portata <strong>di</strong> mano. “E<br />

nell’altra, cosa ci metti?”<br />

Voleva sapere la sorella, delusa,<br />

perché il suo zaino era privo<br />

<strong>di</strong> qualsiasi decorazione.<br />

“Nell’altra il bicchiere <strong>di</strong><br />

alluminio.” Era l’unico lusso <strong>di</strong><br />

cui si <strong>di</strong>sponeva. Le bretelle<br />

dello zaino del papà erano <strong>di</strong><br />

pelle vera, con le fibbie, che<br />

si potevano aprire e chiudere.<br />

Anche gli angoli erano<br />

rinforzati <strong>di</strong> pelle, e così la<br />

chiusura. L’ultima domenica <strong>di</strong><br />

luglio, dopo i Vespri, la piccola<br />

In questa pagina:<br />

il bivacco nei pressi del<br />

lago Scoggione.<br />

Nella pagina a fronte,<br />

sopra: il Monte Legnone<br />

dall’Alpe omonima.<br />

Sotto: l’Alpe Legnone<br />

dall’Alpe Piazza.<br />

comitiva era pronta a partire.<br />

Sul tavolo della cucina erano<br />

allineati gli zaini. La mamma<br />

soppesò quelli dei bambini,<br />

prima <strong>di</strong> infilarli nelle loro<br />

braccia magre. Il cordoncino<br />

stringeva la chiusura, su cui<br />

era stato annodato il golf.<br />

“Paolo, non abbiamo la corda”,<br />

<strong>di</strong>sse la bambina al fratello.<br />

Avevano visto degli alpinisti<br />

a Madesimo con la corda fatta<br />

ad aspo, infilata nel braccio.<br />

“A noi non serve.” Tagliò corto<br />

il bambino, più sicuro. I tre<br />

si avviarono verso Chiaro.<br />

Attraversarono poi l’Inganna<br />

e presero il sentiero per<br />

Fontanedo. Videro la chiesa,<br />

tutta chiusa sotto gli alti<br />

castani. Le baite vicine erano<br />

abitate, ma a quell’ora non si<br />

vedeva nessuno. Faceva caldo.<br />

I tre viaggiatori si fermarono a<br />

bere alla fresca sorgente, che<br />

sgorgava a lato della strada. I<br />

bambini si chinarono e presero<br />

l’acqua nell’incavo della mano.<br />

Era fresca. Sorseggiarono<br />

più volte. Cercavano l’acqua<br />

proprio nel mezzo, dove<br />

gorgogliava. “Col bicchiere<br />

non si può prendere lì, dove<br />

sgorga. È meglio la mano.” Il<br />

bicchiere rimase nella tasca<br />

dello zaino. “Su, an<strong>di</strong>amo,<br />

sollecitò la mamma.” La prima<br />

sosta sarebbe stata Rusico.<br />

Ora si sentiva alle spalle il<br />

sole sempre meno caldo. Si<br />

facevano alcuni passi <strong>di</strong> corsa,<br />

per raggiungere l’ombra, e<br />

allora attardarsi a guardare i<br />

ciuffi d’erba, gli steli fioriti. “I<br />

montanari tengono sempre lo<br />

stesso passo”, <strong>di</strong>ceva intanto<br />

la donna. Dopo una breve<br />

ripida salita, ecco la baita della<br />

Tranquilla, messa in posizione<br />

eretta sul declivio. Sul<br />

poggiolo la donna aspettava.<br />

La mamma si era accordata<br />

24 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 25


precedentemente con lei.<br />

Qui gli “alpinisti” avrebbero<br />

passato la prima notte. Mentre<br />

i bambini guardavano giù nel<br />

piano, per ritrovare così <strong>di</strong>versi<br />

i luoghi conosciuti, la mamma<br />

era entrata e si era andata a<br />

cambiare la maglietta. Dopo<br />

l’operazione dell’anno prima,<br />

le era rimasta una debolezza:<br />

sudava tantissimo. I figli<br />

capivano in modo molto vago<br />

il suo problema. Intanto la<br />

Tranquilla parlava, faceva<br />

vedere ai bambini la stalla.<br />

Poi la baita. Tutta or<strong>di</strong>nata e<br />

pulita. Sulla peltriera le tazze<br />

allineate. Com’era bello l’ampio<br />

camino. Il tavolo, proprio <strong>di</strong><br />

fronte alla porta, invitava.<br />

Il fieno in un angolo, il très<br />

(mucchio <strong>di</strong> fieno) era alto. Lì<br />

gli ospiti avrebbero dormito la<br />

notte. Una scala a pioli, subito<br />

provata dai bambini, permise<br />

loro <strong>di</strong> raggiungere il culmine.<br />

Si sdraiarono, fingendo che<br />

fosse già l’ora <strong>di</strong> dormire. La<br />

donna intanto <strong>di</strong>ceva: “Vi do<br />

delle belle coperte da mettere<br />

sotto.” Sopra non servono<br />

perché fa caldo. Poi munse e<br />

preparò il latte con la polenta<br />

fredda. La mamma aveva<br />

portato cacao e zucchero.<br />

Com’era buono quel pulenta e<br />

lacc (polenta e latte) gustato<br />

sul poggiolo <strong>di</strong> pietra, dove<br />

arrivavano le cime dei castani,<br />

alti sull’erta erbosa. Sotto il<br />

primo buio delle fronde, la sera<br />

era dolcissima. Anche il letto,<br />

ritrovato ridendo al buio, era<br />

profumato. Tutto profumato<br />

<strong>di</strong> fieno. I bambini stesi,<br />

appena il tempo <strong>di</strong> sentire il<br />

respiro <strong>di</strong> chi era vicino e già<br />

dormivano. Le due donne si<br />

scambiavano delle confidenze<br />

e gioivano della loro amicizia e<br />

<strong>di</strong> quel momento <strong>di</strong> intesa. La<br />

notte non esistette. Fu subito<br />

ora <strong>di</strong> alzarsi perché il gallo<br />

cantò. E si intesero altri che<br />

rispondevano a quel richiamo.<br />

L’aria entrò in un’ondata<br />

fresca, appena aperta la porta.<br />

Sorseggiato il latte caldo<br />

dalla tazza, i tre erano pronti<br />

per mettersi in cammino.<br />

Superarono i prati, passando<br />

nei sentieri sui bor<strong>di</strong>. Videro<br />

le baite ancora addormentate,<br />

in quell’ora <strong>di</strong> poca luce.<br />

Imboccarono il sentiero verso<br />

la Corte del Praa. Quando la<br />

raggiunsero, videro vivo il sole<br />

che si alzava <strong>di</strong>etro i monti<br />

della Valtellina. Si fermarono<br />

sul sasso, fatto <strong>di</strong> due lastre<br />

spaccate. Il bambino si tolse<br />

la sua giacchetta verde e la<br />

posò accanto. Quando riprese<br />

il cammino la <strong>di</strong>menticò. Così<br />

perse la giacchetta verde, che<br />

non poteva soffrire. Eppure era<br />

<strong>di</strong> un bel panno morbido. Ma a<br />

lui non piaceva. L’aveva avuta<br />

da un cugino più grande, <strong>di</strong><br />

Milano. In paese i bambini non<br />

mettevano simili indumenti,<br />

lui fu contento <strong>di</strong> aver perduto<br />

la sua giacchetta. Al Piano<br />

delle Formiche sosta, per bere.<br />

Dall’abbeveratoio scendeva un<br />

lento filo d’acqua. Sembrava<br />

sporca. “Io bevo col bicchiere”<br />

<strong>di</strong>sse la bambina. “Tò (tieni),<br />

hai paura <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> sporco!”,<br />

<strong>di</strong>sse il fratello. Ripresero il<br />

cammino. Il sentiero ora era<br />

ripido, tra alti larici e pini.<br />

A sinistra: dalla vetta del<br />

Legnone vista sul Lago <strong>di</strong><br />

Deleguaccio, il Pizzo Alto,<br />

il Pizzo Trona e il Pizzo dei<br />

Tre Signori.<br />

A destra: nei pressi del<br />

Lago Scoggione.<br />

I bambini precedevano la<br />

mamma. Camminavano più<br />

svelti. Avevano i sandali ai<br />

pie<strong>di</strong>. Sandali con brevi liste<br />

<strong>di</strong> pelle che si incrociavano.<br />

Erano le uniche calzature<br />

estive che possedevano. Oltre<br />

gli zoccoli, naturalmente.<br />

In casa gli zoccoli, fuori i<br />

sandali. Ma quando si giocava<br />

in cortile o in strada, si stava<br />

a pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>. Ciò era naturale e<br />

comodo. Gli zoccoli impe<strong>di</strong>vano<br />

nella corsa, potevano far male<br />

alle <strong>di</strong>ta. Camminare scalzi<br />

era una meraviglia, tutti i<br />

bambini lo sapevano. Si arrivò<br />

all’alpe Scoggione con una<br />

gran fame. L’ultimo tratto,<br />

fuori dal bosco, fu percorso dai<br />

bambini <strong>di</strong> corsa. Si vedeva <strong>di</strong><br />

nuovo tutto il cielo sereno; i<br />

pie<strong>di</strong> si posavano leggeri tra<br />

l’erba tenera e folta. Dietro la<br />

casera, videro spuntare la Rica,<br />

la moglie dell’alpeggiatore.<br />

La chiamarono a gran voce,<br />

agitando le braccia. Ella venne<br />

avanti lenta, col suo vestito<br />

stinto e <strong>di</strong>sse felice: “Ah, sii<br />

scià (siete arrivati).”<br />

Anche lei, amica della mamma,<br />

ci aspettava. “La polenta è<br />

quasi pronta” <strong>di</strong>sse, invitò i<br />

bambini ad entrare e lei andò<br />

incontro alla mamma. I due<br />

varcarono la soglia correndo. Il<br />

Giuani li guardò, abbandonando<br />

il paiolo alla catena. Offerse un<br />

mestolo <strong>di</strong> legno ricolmo <strong>di</strong><br />

latticello. “Bevete il lac de<br />

penagia (latte <strong>di</strong> zangola). L’ho<br />

appena tolto, è dolcissimo.<br />

Vedete quanti granelli <strong>di</strong> burro<br />

ci sono!” I bambini bevettero e<br />

lo trovarono buono e fresco.<br />

26 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 27


Dopo il pranzo, consumato<br />

all’ingresso, fecero progetti per<br />

il pomeriggio. Sarebbero andati<br />

a cercare ramoscelli <strong>di</strong> larice,<br />

da stendere sulle assi della<br />

camera, per rendere morbido il<br />

giaciglio. Il bambino teneva il<br />

melin aperto, luccicante. Ad<br />

ogni mossa della mano, quando<br />

il fendente era netto,<br />

esclamava :”Il melin taglia”, ed<br />

ogni volta un ramoscello<br />

cadeva. La bambina li<br />

raccoglieva in piccoli fasci,<br />

portati poi nelle braccia<br />

ricolme alla casera. Si<br />

vedevano in lontananza le<br />

mucche. Un pastore andava e<br />

veniva. I bambini volevano<br />

esplorare il luogo, vedere il<br />

camerone dove avrebbero<br />

dormito. Naturalmente sulle<br />

assi del pavimento. Ma la Rica<br />

aveva preparato già le coperte.<br />

Nel pomeriggio ci fu il tempo<br />

anche per una breve escursione<br />

al Corno Grande. Il bambino,<br />

con un balzo, raggiunse il muro<br />

<strong>di</strong> una trincea. Poi si infilò in<br />

un cunicolo. Finita la breve<br />

esplorazione incominciò a<br />

porre alla mamma tante<br />

domande. Voleva sapere chi<br />

avesse scavato quei “fossi” e<br />

costruito quei muri, tutti quei<br />

muri a secco. “Soldati dell’altra<br />

guerra” <strong>di</strong>ceva la mamma. Forse<br />

sentiva il dolore <strong>di</strong> quella<br />

appena terminata, perché la<br />

sua voce si incrinò. La bambina<br />

invece era affascinata dalla<br />

visione del piano e del lago,<br />

cercava nel paese la sua casa,<br />

così lontana, così piccola. La<br />

Dalla vetta del Legnone<br />

si inquadra la Grigna<br />

settentrionale che spunta<br />

dalle nebbie.<br />

sera arrivò in fretta. La<br />

minestra <strong>di</strong> riso e latte era<br />

buona; i bambini chiesero<br />

doppia razione. “Su mangiate,<br />

mangiate, <strong>di</strong>ceva la Rica, il<br />

latte fa bene.” Appena fu buio,<br />

dopo le preghiere, i bambini si<br />

stesero sul letto, questa volta<br />

profumato <strong>di</strong> larice. Trovarono<br />

molto piacevole poter dormire<br />

senza svestirsi. Sdraiarsi e<br />

dormire. Neanche il tempo <strong>di</strong><br />

girarsi e già gli occhi erano<br />

chiusi. Il mattino si<br />

svegliarono al suono ritmico<br />

dei campanacci. Il cielo era<br />

così azzurro da essere tutto<br />

uguale, sia dalla parte del sole<br />

che da quella del monte. La<br />

cima era nell’ombra. I raggi<br />

uscivano da una bocchetta, più<br />

in basso. Quel giorno il<br />

percorso sarebbe stato breve.<br />

Erano <strong>di</strong>retti ad un altro<br />

alpeggio, un po’ più elevato,<br />

<strong>di</strong>etro il crinale: l’alpe<br />

Legnone. Anche lì la piccola<br />

comitiva era attesa. I bambini<br />

trovarono il tempo per giocare.<br />

Il casaro, poi, mise a<br />

<strong>di</strong>sposizione degli ospiti la sua<br />

camera, quella sera i tre<br />

dormirono in un bel letto <strong>di</strong><br />

legno intagliato, con lenzuola e<br />

cuscini. La mamma preparò<br />

gnocchi con le ortiche e tutti i<br />

commensali trovarono il piatto<br />

ottimo. Il Cesare, i suoi<br />

aiutanti e i pastori<br />

ringraziarono la mamma, che,<br />

ridendo, <strong>di</strong>ceva che toccava a<br />

lei ringraziare. Poi ci fu come<br />

un’aria <strong>di</strong> festa. Uno prese la<br />

fisarmonica. Si cominciò a<br />

cantare. La mamma cantava<br />

così bene che tutti<br />

l’ammiravano. I bambini erano<br />

felici, si sentivano ben accolti.<br />

Forse capirono, in quella casera<br />

solitaria, cosa volesse <strong>di</strong>re<br />

“ospiti gra<strong>di</strong>ti”. La sera solo<br />

una breve gioia per il letto, con<br />

il pagliericcio <strong>di</strong> foglie <strong>di</strong><br />

granoturco. Ed era già ora <strong>di</strong><br />

alzarsi e <strong>di</strong> partire. Una<br />

consolazione: la certezza <strong>di</strong><br />

ritrovare il bel giaciglio, dopo<br />

aver toccato la piza. Molto<br />

prima dell’alba la partenza.<br />

Subito si avvertì la prima<br />

fatica, anche se partiti con lo<br />

zaino leggero. La bocchetta da<br />

raggiungere sembrava lì,<br />

eppure era lontana. Sudavano<br />

anche i bambini, nonostante<br />

l’aria fresca. Su e su. Ad un<br />

certo punto la bambina sentì il<br />

piede leggero. Il sandalo si era<br />

rotto. Lo raccolse che emergeva<br />

dall’erba, si girò e lo mostrò,<br />

28 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 29


dondolante nella mano. La<br />

mamma era più in basso.<br />

Raggiunse la figlia. Esaminò la<br />

calzatura. Era inservibile, i<br />

cinturini strappati. Disse<br />

:”Togli anche l’altro sandalo.<br />

Uniscili tutti e due e legali allo<br />

zaino.” “A pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>?”<br />

Domandò meravigliata la<br />

bambina. Non c’era altra<br />

possibilità. La piccola, abituata<br />

ad andare scalza, all’inizio non<br />

trovò <strong>di</strong>fficoltà. Cercava l’erba,<br />

evitava i sassi appuntiti. Era<br />

piacevole, in certi punti.<br />

Guardava il fratello, con aria <strong>di</strong><br />

privilegiata. Poi il sentiero<br />

<strong>di</strong>veniva sempre più incerto e<br />

aggirava il crinale del monte.<br />

Ora gli escursionisti si<br />

trovavano <strong>di</strong>etro. Guardando in<br />

basso vedevano solo un pen<strong>di</strong>o<br />

ripido, una profonda valle,<br />

oltre la quale si alzava un altro<br />

pen<strong>di</strong>o ripido. Luogo tutto<br />

inatteso, sconosciuto. Un<br />

attimo <strong>di</strong> paura prese la<br />

bambina, perché non sapeva<br />

come sarebbe stata la salita lì,<br />

sotto la cima. C’erano ciuffi<br />

d’erba e brevi pen<strong>di</strong>i ghiaiosi,<br />

trattenuti da zolle ver<strong>di</strong>,<br />

fiorite. La piccola cercava i<br />

punti <strong>di</strong> appoggio più morbi<strong>di</strong>.<br />

La mamma la seguiva e le<br />

ad<strong>di</strong>tava dove mettere i pie<strong>di</strong>.<br />

Ne cercava non uno solo, ma<br />

<strong>di</strong>versi, <strong>di</strong> seguito. Visti dal<br />

basso sembravano belli,<br />

invitanti. Ma a volte erano<br />

insi<strong>di</strong>osi, tra<strong>di</strong>tori. Sembravano<br />

accoglienti e poi un orlo<br />

franava, una bordura aveva<br />

qualche cardo pungente. La<br />

mamma incitava la figlia, che<br />

alzò gli occhi e vide il fratello<br />

già in alto. Camminava<br />

appoggiando le mani. Allora si<br />

sentì incoraggiata, perché<br />

anche le mani avevano bisogno<br />

<strong>di</strong> un appoggio delicato. E<br />

ricominciò. La mamma<br />

sceglieva i punti più<br />

accessibili, misurava con gli<br />

occhi la <strong>di</strong>stanza. “Di qui,<br />

<strong>di</strong>ceva, o più in là.” Poi<br />

incontrarono quell’erba<br />

piegata, scivolosa, el scervin.<br />

Erba dura e scivolosa, rifiutata<br />

anche dalle capre. Tutti<br />

sapevano che quell’erba era un<br />

pericolo. I pie<strong>di</strong> resistevano,<br />

ma erano graffiati. La bambina<br />

cercò con gli occhi la mamma e<br />

la vide forte, alta su quel<br />

pen<strong>di</strong>o, e la paura le passò. La<br />

mamma le <strong>di</strong>sse :”Tu vai<br />

davanti, io resto <strong>di</strong>etro.” La<br />

cima era lontanissima. Una<br />

pietraia separava la donna e la<br />

bambina. I sassi sembravano<br />

piccoli, ma erano bucati e l’orlo<br />

pungente. La piccola con un<br />

ultimo gran<strong>di</strong>ssimo sforzo,<br />

guadagnò palmo per palmo il<br />

crinale ed arrivò in cima. Le<br />

venne incontro il fratello. Lo<br />

vide chinato sull’orlo del<br />

monte. Le <strong>di</strong>sse :”La croce è<br />

storta.” Lei alzò appena gli<br />

occhi. Le sembrò molto grande,<br />

così da vicino. Era sbilenca. La<br />

neve l’aveva piegata. O il<br />

vento. Si guardò intorno e fu<br />

come folgorata. Non c’era più<br />

fatica. Solo cielo e tante cime<br />

<strong>di</strong> monti, tutte rivolte al cielo.<br />

Quello era veramente il mondo.<br />

Il mondo vero si poteva vedere<br />

solo dalla cima. Ecco perché la<br />

mamma aveva voluto portare lì<br />

i suoi bambini, perché<br />

vedessero il mondo: il mondo<br />

fatto <strong>di</strong> cime chiare, sotto un<br />

cielo <strong>di</strong> luce. Lontano, il resto<br />

del mondo, ecco il lago <strong>di</strong> Como<br />

tra i monti. “È solo una pozza<br />

d’acqua”, <strong>di</strong>sse convinto il<br />

bambino. Il mondo era sulle<br />

cime: la gioia <strong>di</strong> quella<br />

scoperta sommerse il cuore. Più<br />

si guardava lontano, più cime<br />

s’incontravano. Negli occhi<br />

ancora tutta la meraviglia della<br />

visione, la mamma chiamava ai<br />

pe<strong>di</strong> della croce, per recitare<br />

una preghiera. Si avviarono<br />

entrambi e mormorarono l’Ave<br />

Maria. “Anche l’Angelo <strong>di</strong> Dio,”<br />

<strong>di</strong>sse la bambina, nel ricordo<br />

del pericolo scampato e del<br />

piccolo quadro della sua<br />

camera, dove un angelo dalle<br />

gran<strong>di</strong> ali tratteneva due<br />

bambini sull’orlo <strong>di</strong> un<br />

precipizio. Intanto altri<br />

escursionisti erano giunti sulla<br />

cima. Due attirarono<br />

l’attenzione dei bambini,<br />

perché erano vestiti in modo<br />

<strong>di</strong>verso, avevano il berretto. A<br />

tracolla il cannocchiale.<br />

Puntavano il binocolo ora qua,<br />

ora là, parlavano tra loro.<br />

“Sono sciuri”, <strong>di</strong>ssero i<br />

bambini. I due signori avevano<br />

le scarpe. E che scarpe! Di<br />

pelle liscia, con le stringhe,<br />

che arrivavano a fasciare la<br />

caviglia. “Chissà come si<br />

cammina sui sassi con scarpe<br />

così” pensò la bambina. Guardò<br />

i suoi pie<strong>di</strong> scorticati e per un<br />

momento immaginò <strong>di</strong> avere<br />

scarpe <strong>di</strong> pelle liscia e <strong>di</strong><br />

saltare, <strong>di</strong> correre. Le sembrò <strong>di</strong><br />

sentire delle molle che la<br />

facevano sollevare e andare<br />

senza fatica. Nella gioia della<br />

scoperta della cima, la bambina<br />

sentì qualcosa <strong>di</strong> caldo che le<br />

scendeva verso la bocca. Toccò.<br />

Vide le <strong>di</strong>ta rosse. “Sangue <strong>di</strong><br />

naso” <strong>di</strong>sse. Soffriva spesso <strong>di</strong><br />

quell’inconveniente, ma non se<br />

l’aspettava proprio in quel<br />

momento. Gridò alla mamma<br />

:“Sangue <strong>di</strong> naso!” La voce<br />

della mamma la rassicurò<br />

:”Sdraiati.” Mentre cercava <strong>di</strong><br />

appoggiare bene il capo, vide<br />

sopra <strong>di</strong> sé il viso <strong>di</strong> uno <strong>di</strong><br />

quei signori. “Sono un me<strong>di</strong>co”<br />

<strong>di</strong>ceva alla mamma. Piegò un<br />

po’ in<strong>di</strong>etro il capo della<br />

bambina. Si tolse <strong>di</strong> tasca una<br />

bottiglietta e l’avvicinò alle<br />

sue labbra. Lei pensò, gioiosa<br />

:”Sarà gazzosa.” Assaggiò,<br />

felice, la bevanda. Poi tutto<br />

tornò normale. “Com’era?”<br />

Chiese il fratello. E quella<br />

rispose :”Era acqua.” Poi non ci<br />

pensò più, perché uno dei<br />

signori aveva prestato il<br />

cannocchiale a suo fratello.<br />

Paolo era lì che guardava, che<br />

domandava, voleva vedere<br />

Milano, il monte Rosa. Era<br />

contento. La sorella lo capiva<br />

anche se lo guardava alle<br />

spalle. Allora gli si avvicinò,<br />

ma non osò toccare quel<br />

bell’oggetto, perché aveva<br />

ancora le mani sporche. Sentì<br />

in cuore un attimo <strong>di</strong> pena. Poi<br />

fu <strong>di</strong>stratta da altre meraviglie.<br />

Da piccole corolle gialle, che<br />

vedeva più sotto. Avrebbe<br />

voluto toccare quei fiorellini,<br />

ma non si poteva. Erano i più<br />

alti <strong>di</strong> tutta Colico. Erano<br />

uguali ad altri, già visti prima,<br />

nella salita. Ma questi erano i<br />

più alti. Il ritorno fu facile. Si<br />

poteva scegliere con un salto il<br />

punto dove posare il piede. Era<br />

<strong>di</strong>vertente. Allora anche il<br />

fratello si tolse le sue<br />

calzature. E tutto si trasformò<br />

in gioco. Si contavano i sassi,<br />

si faceva il gioco <strong>di</strong> pari e<br />

<strong>di</strong>spari, si correva. A sera<br />

ancora alla casera dell’alpe. Ad<br />

attendere c’era la minestra <strong>di</strong><br />

riso e latte. Poi quel giaciglio<br />

perfetto, <strong>di</strong> soffice foglia <strong>di</strong><br />

granoturco e il cuscino morbido<br />

in cui affondare il capo, e<br />

prima <strong>di</strong> chiudere gli occhi i<br />

bambini u<strong>di</strong>rono la voce felice<br />

della mamma, che li aveva fatti<br />

salire alla cima del Legnone,<br />

per gustare la gioia della vetta.<br />

N.d.A.: I fatti narrati<br />

risalgono al 1949.<br />

30 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 31


SCIAL PINISMO<br />

GEORGIA<br />

<strong>di</strong> Paolo Vitali<br />

Pur amando geografia e storia<br />

faccio una fatica improba<br />

a realizzare e memorizzare<br />

luoghi ed avvenimenti lontani<br />

“a secco”.... l’unico modo <strong>di</strong><br />

focalizzarli è viverli! Sarà<br />

forse questa una ragione che<br />

mi spinge continuamente a<br />

viaggi in luoghi remoti e dalla<br />

cultura completamente <strong>di</strong>versa<br />

dalla nostra, possibilmente<br />

abbinando una delle attività<br />

outdoor preferite: sci,<br />

arrampicata, mountain bike!<br />

Avevo immaginato questo<br />

viaggio un paio <strong>di</strong> anni fa,<br />

prima del conflitto Russo-<br />

Georgiano sul confine<br />

dell’Ossezia! Ho temuto <strong>di</strong><br />

non poterlo organizzare fino<br />

all’ultimo, e ancora ora sono<br />

sorpreso <strong>di</strong> poterci essere<br />

andato in questa situazione!<br />

Si, perché temo che i problemi<br />

territoriali fra Russia e<br />

Georgia siano tutt’altro che<br />

superati: la Georgia non pare<br />

assolutamente rassegnata<br />

ad aver perduto la regione <strong>di</strong><br />

Samachablo, quella che i Russi<br />

impropriamente chiamano<br />

Ossezia del Sud, ma che con<br />

l’Ossezia non ha nulla a che<br />

vedere, né geograficamente<br />

né culturalmente, visto che<br />

un’ardua catena <strong>di</strong> montagne<br />

del Caucaso le separa<br />

nettamente!<br />

32 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 33<br />

in


Arriviamo a Tbilisi via Istanbul<br />

con un volo notturno, i più<br />

economici e forse al momento<br />

gli unici possibili sulla<br />

capitale Georgiana. Siamo<br />

assonnati e neppure le sferzate<br />

<strong>di</strong> vento e pioggia appena<br />

fuori dall’aeroporto riescono<br />

a svegliarci. Gudauri non è<br />

molto lontana dalla capitale,<br />

ma non temiamo molto la<br />

meteo, confi<strong>di</strong>amo nella nostra<br />

proverbiale fortuna, che ci<br />

ha sempre assistito in ogni<br />

viaggio!<br />

Il pulmino su cui viaggiamo<br />

è un po’ “costretto”, ma<br />

nonostante la strada sia<br />

meglio <strong>di</strong> quanto mi aspettassi<br />

l’andatura è lentissima,<br />

con frequenti soste: per<br />

un centinaio <strong>di</strong> chilometri<br />

impieghiamo più <strong>di</strong> tre ore!<br />

Non incrociamo praticamente<br />

nessun mezzo, forse per i<br />

Georgiani viaggiare <strong>di</strong> notte<br />

è alquanto insolito ed il<br />

nostro autista sembra molto<br />

insofferente al suo posto <strong>di</strong><br />

guida.<br />

Scaricati i bagagli in una delle<br />

poche strutture con standard<br />

europei <strong>di</strong> Gudauri, rinunciamo<br />

ad un pisolino e partiamo<br />

subito con gli sci, ma vista<br />

le stanchezza del viaggio<br />

sfruttiamo le seggiovie per<br />

guadagnare il monte Kudebi<br />

3007m. Dopo una breve <strong>di</strong>scesa<br />

saliamo al monte Sadzele<br />

3307m per una affilata cresta,<br />

la <strong>di</strong>scesa è su ottimo firn,<br />

ma non molto lontano dagli<br />

impianti. La guida che è con<br />

noi vorrebbe già rientrare<br />

sciando fino a Gudauri, ma non<br />

senza fatica lo convinciamo<br />

(obblighiamo...) a ripellare<br />

una seconda volta per risalire<br />

al passo Kobi e quin<strong>di</strong> al<br />

monte Pitara 3183m. Il sole ha<br />

scaldato, e il firn ha mollato un<br />

po’, ma la pendenza è tale da<br />

permettere un’ottima sciata,<br />

con qualche cautela iniziale per<br />

testare la tenuta del pen<strong>di</strong>o!<br />

Il giorno successivo la meteo<br />

georgiana si rivela subito<br />

nella sua estrema variabilità:<br />

nevica e la visibilità è quasi<br />

nulla. Nella speranza in un<br />

successivo rasserenamento<br />

partiamo comunque dal<br />

passo Jvari verso il monte<br />

Khorisar 3736m. Fatichiamo<br />

tanto a trovare il complicato<br />

passaggio sulla dorsale quanto<br />

a convincere la guida locale a<br />

proseguire nella nebbia! Sono<br />

abituati a muoversi solo con<br />

il bello (e in eliski!...), non<br />

riescono a comprendere il<br />

nostro tentativo <strong>di</strong> sfruttare<br />

ogni possibilità, inoltre non<br />

usano GPS e non si fidano come<br />

noi a proseguire nella nebbia<br />

guidati esclusivamente dalle<br />

curve <strong>di</strong> livello sul <strong>di</strong>splay!<br />

L’atteso miglioramento però<br />

non arriva, e non possiamo<br />

continuare troppo questa gita<br />

dallo sviluppo abbastanza<br />

complicato... per oggi si<br />

rientra presto, a sfruttare<br />

l’ottima sauna in hotel!<br />

Proprio <strong>di</strong> fronte a Gudauri,<br />

sul versante opposto della<br />

valle, si erge una bella cresta<br />

affilata, confine naturale<br />

con la <strong>di</strong>sputata regione <strong>di</strong><br />

Samachablo. Una serie <strong>di</strong> cime<br />

su questa cresta prendono il<br />

nome <strong>di</strong> Lomisa, la più alta<br />

2452m ma poco sciistica,<br />

mentre la 2385m nonostante<br />

la quota relativamente bassa<br />

offre una bellissima sciata<br />

grazie all’esposizione a nord.<br />

Dalla cima propongo un<br />

concatenamento con breve<br />

passaggio sul versante opposto,<br />

ma il nostro amico georgiano<br />

molto scenograficamente<br />

mi riporta sul lato ancora<br />

georgiano “the Russian look<br />

at us, very dangerous!”. Non<br />

ci resta che sfogare le nostre<br />

energie residue con una <strong>di</strong>scesa<br />

dal canalino sotto la vetta e<br />

risalita, poi tornati a Gudauri<br />

abbiamo ancora il tempo <strong>di</strong><br />

una salita con le pelli alla<br />

quota 2508 a sud del Kudebi,<br />

Nella pagina a fianco:<br />

salita al monte Pitara.<br />

Sopra: la<br />

chiesa <strong>di</strong> Tsminda Sameba.<br />

A fianco: la paretina finale<br />

del monte Kasbek.<br />

34 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 35


fantastica <strong>di</strong>scesa sul ripido<br />

versante ovest e birretta al bar<br />

delle piste.... cominciamo ad<br />

acclimatarci!<br />

Siamo al clou del nostro<br />

viaggio, il Kazbek 5047m! Da<br />

Gudauri partiamo per Kazbegi,<br />

ma subito dopo il passo Jvari<br />

il primo grosso ostacolo: un<br />

vecchio camion è scivolato<br />

sul ghiaccio in una galleria<br />

e si è incastrato <strong>di</strong> traverso<br />

ostruendo completamente la<br />

galleria! Non si passa, inutile<br />

chiedere previsioni sui tempi <strong>di</strong><br />

rimozione!.... Ci mettiamo in<br />

spalla tutto il nostro materiale<br />

e partiamo con gli sci a lato<br />

della strada, nel frattempo il<br />

nostro amico georgiano riesce<br />

a trovare un minibus che da<br />

Kazbegi ci viene incontro!<br />

In ritardo sulla tabella <strong>di</strong><br />

marcia riusciamo a metterci<br />

in cammino da Kazbegi per<br />

il rifugio Betlemi 3685m.<br />

Quando lo raggiungiamo le<br />

nuvole si stanno aprendo e<br />

<strong>di</strong>etro compare in tutta la<br />

sua bellezza ed imponenza<br />

il Kazbek! La favola è subito<br />

spezzata però dallo squallore<br />

del rifugio Betlemi, freddo<br />

e sporco rimasuglio <strong>di</strong> una<br />

grossa stazione metereologica<br />

dell’Unione Sovietica, che<br />

si presenta tutt’altro che<br />

confortevole e non invoglia<br />

certo a rimanervi più a lungo<br />

del minimo in<strong>di</strong>spensabile!<br />

Serata ventosa e fredda ma<br />

serena, poi <strong>di</strong> notte cala il<br />

vento e la mattina successiva<br />

è perfetta! Il programma<br />

prevedeva una salita <strong>di</strong><br />

acclimatamento al monte<br />

Ortsveri 4258m, e il nostro<br />

amico georgiano oppone<br />

forte resistenza alla nostra<br />

irremovibile intenzione <strong>di</strong><br />

sfruttare la bella giornata<br />

per puntare <strong>di</strong>rettamente alla<br />

cima del Kazbek! La meteo è<br />

troppo bizzarra per sciupare<br />

un’occasione buona, solo Bepi<br />

ha un po’ <strong>di</strong> malessere per la<br />

quota e si ferma al rifugio,<br />

tutto il resto del gruppo sale<br />

deciso verso l’obbiettivo! La<br />

salita non presenta <strong>di</strong>fficoltà<br />

particolari fino all’ampio colle<br />

a quota ca 4500m, appena a<br />

destra della Q4517.<br />

Da qui comincia un lungo<br />

<strong>di</strong>agonale via via più ripido<br />

che porta all’ultimo colle fra le<br />

due cime del Kazbek. Il vento<br />

ha spazzato completamente la<br />

neve, saliamo con i ramponi e<br />

per essere più sicuri e veloci<br />

preferisco fissare qualche<br />

spezzone <strong>di</strong> corda, in breve ci<br />

ritroviamo tutti in cima con<br />

una vista perfetta che spazia<br />

su montagne sconosciute del<br />

Caucaso e sulla pianura che<br />

si estende verso la Cecenia.<br />

Grazie agli spezzoni fissati<br />

scen<strong>di</strong>amo veloci anche se<br />

il gruppo è molto numeroso,<br />

passo per ultimo e recupero<br />

tutto il materiale, per poi<br />

ri<strong>di</strong>stribuirlo dove abbiamo<br />

lasciato gli sci! All’inizio la<br />

neve non è bella, con grossi<br />

sastrugi, ma non ci facciamo<br />

molto caso per la grande<br />

sod<strong>di</strong>sfazione della cima, poi<br />

migliora e sciamo bene fino al<br />

Betlemi, dove si festeggia a<br />

vodka e brodo!<br />

Seconda notte al Grand Hotel<br />

Betlemi, la sod<strong>di</strong>sfazione per<br />

la salita mitiga il degrado della<br />

struttura!<br />

Sveglia ancora prima dell’alba,<br />

i più coriacei vorrebbero<br />

salire oggi la cima <strong>di</strong><br />

acclimatamento, il monte<br />

Ortsveri, prima <strong>di</strong> intrapendere<br />

la <strong>di</strong>scesa verso Kazbegi,<br />

ma la meteo è già cambiata,<br />

nuvole scure salgono dal<br />

fondovalle e la visibilità è<br />

già compromessa.... torniamo<br />

volentieri a riposare nel sacco<br />

a pelo ancora caldo, un paio<br />

d’ore <strong>di</strong> gustato sonno prima<br />

della meritata <strong>di</strong>scesa a<br />

Kazbegi. La visibilità è ridotta<br />

nel primo tratto, il GPS ci<br />

salva dall’imboccare la vallata<br />

sbagliata, e un firn fantastico<br />

ci perdona ogni errore causato<br />

dallo zaino pesante! Poi in<br />

basso le nubi si <strong>di</strong>radano e<br />

go<strong>di</strong>amo al meglio l’ultima<br />

parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa, compresa una<br />

visita alla Tsminda Sameba<br />

(Santa Trinità), chiesa del<br />

1300 a 2170m simbolo <strong>di</strong><br />

bellezza, determinazione e<br />

devozione per tutta la Georgia.<br />

Ancora il tempo per una<br />

birra per le desolate vie <strong>di</strong><br />

Stepantsminda, come è tornata<br />

da poco a chiamarsi Kazbegi,<br />

antico crocevia commerciale<br />

e turistico in declino dopo la<br />

In alto: prime curve dalla<br />

vetta del monte Pitara.<br />

A fianco: balli <strong>di</strong> gioia in<br />

vetta al monte Kasbek,<br />

m 5047.<br />

36 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 37


chiusura delle frontiere con la<br />

Russia, e poi ci avventuriamo<br />

sull’ultimo tratto <strong>di</strong> strada<br />

militare nelle Gole <strong>di</strong> Dariali<br />

fino al vietato confine: nulla<br />

<strong>di</strong> speciale da vedere, solo il<br />

fascino misterioso del luogo,<br />

e un po’ <strong>di</strong> brivi<strong>di</strong> d’avventura<br />

nel passare col minibus su<br />

ponti e viadotti malmessi e<br />

parzialmente coperti da frane!<br />

La sera siamo ospiti in una<br />

casa <strong>di</strong> Kazbegi, sembra <strong>di</strong><br />

fare un salto nel passato <strong>di</strong><br />

almeno cinquant’anni, ai tempi<br />

dei nostri nonni, e i nostri<br />

ospiti sono nonni gentili e<br />

cor<strong>di</strong>alissimi come da nelle<br />

migliori usanze georgiane!<br />

Mattina ancora perturbata,<br />

ritorniamo verso Kobi, prima <strong>di</strong><br />

questo una pista scende verso<br />

destra ad attraversare il fiume<br />

Terek su un ponticello <strong>di</strong> ferro,<br />

poi la pista malmessa (che<br />

presumo rimanga chiusa buona<br />

parte dell’inverno!) risale fino<br />

al villaggio <strong>di</strong> Kanobi, poche<br />

anime e altrettante vacche<br />

sotto i ripi<strong>di</strong> pen<strong>di</strong>i del monte<br />

Sut 2996m. Il tempo è pessimo,<br />

nevica e la visibilità è quasi<br />

nulla, sopra i 2500m ve<strong>di</strong>amo<br />

a malapena la punta dei nostri<br />

sci..... riusciamo a continuare<br />

solo grazie alla precisione<br />

delle curve <strong>di</strong> livello caricate<br />

sul GPS, ma ogni passo è una<br />

incognita sulla pendenza<br />

che an<strong>di</strong>amo a trovare!...<br />

L’obiettivo primario potrebbe<br />

essere una cima <strong>di</strong> 3339m<br />

sulla cresta che prosegue a<br />

nord dal Sut, ma oggi sarebbe<br />

Sopra: la cresta del monte Lomisa.<br />

In alto: all’assalto del monte<br />

Sadzele Ovest.<br />

già fin troppo riuscire a<br />

raggiungere la prima delle<br />

tre quote sulla cresta, circa<br />

3160m. Ci arren<strong>di</strong>amo solo a<br />

2900m, il terreno non sembra<br />

più ripido come la parte bassa,<br />

ma siamo veramente immersi<br />

in una tormenta che toglie<br />

completamente orientamento<br />

e visibilità, scendendo subito<br />

riusciamo ancora parzialmente<br />

a seguire le tracce <strong>di</strong> salita<br />

anzichè navigare puramente<br />

guidati dalla traccia registrata<br />

sul GPS!... Peccato perché<br />

la sciata è super su neve<br />

trasformata e coperta da <strong>di</strong>eci<br />

cm <strong>di</strong> fresca con pendenze a<br />

tratti notevoli... mancavano<br />

solo un 200m a guadagnarci<br />

una cima... ma per oggi può<br />

bastare! La confortevole sauna<br />

all’hotel <strong>di</strong> Gudauri è il primo<br />

segno dell’iniziato ritorno<br />

verso como<strong>di</strong>tà e civiltà!<br />

Penultimo giorno a Gudauri,<br />

e ultima possibilità <strong>di</strong> salire<br />

il il Khorisar. Ripartiamo ma<br />

sembra proprio che questa<br />

montagna non s’abbia da<br />

fare... il passo è chiuso per<br />

la nevicata notturna, saliamo<br />

allora alla cima ovest del<br />

monte Sadzele 3268m, da cui<br />

scen<strong>di</strong>amo verso nord in un<br />

canale con neve e pendenza<br />

strepitosa, prima della strada<br />

per Kobi ripelliamo e risaliamo<br />

al passo Kobi, da questo<br />

breve <strong>di</strong>scesa vero Gudauri e<br />

<strong>di</strong> nuovo ripellata per salire<br />

alla Q3025m, infine <strong>di</strong>scesa in<br />

bella neve trasformata fino a<br />

Gudauri. Niente male per una<br />

gita <strong>di</strong> ripiego!<br />

La meteo è ancora brutta,<br />

abbiamo sciato abbastanza....<br />

per il Khorisar o un’altra meta<br />

“lunga” saremmo rimasti, ma<br />

ad un’altra sciata intorno a<br />

Gudauri e al Sadzele preferiamo<br />

tornare con più calma alla<br />

capitale, con una sosta<br />

al castello <strong>di</strong>Ananuri, poi<br />

all’antica capitale Mtkheta,<br />

dove tra l’altro gustiamo uno<br />

strepitoso kachapuri e vino<br />

rosato in una piccola taverna<br />

locale!<br />

Natalie è la giovane guida che<br />

parla un ottimo italiano e ci<br />

accompagna pazientemente<br />

per la capitale per tutta la<br />

giornata, visitando quasi<br />

tutto il visitabile, compresi<br />

i cortei <strong>di</strong> protesta contro<br />

Il gruppo: Paolo & Sonja con<br />

Amos Locatelli, Gianni Corti,<br />

Ruggero Vaia, Ottavio Penati,<br />

Vigilio Ganz, Giuseppe Gilmozzi,<br />

Franco Scotti, Umberto Isman.<br />

Maggiori informazioni su questo<br />

e altri viaggi li potete trovare su<br />

www.paolo-sonja.net<br />

l’attuale contestato presidente<br />

... chiu<strong>di</strong>amo con un’oretta e<br />

mezzo ai bagni sulfurei, ma<br />

riservando una stanza e sauna<br />

privata per tutto il gruppo,<br />

vista l’esperienza scioccante<br />

vissuta dai nostri quattro amici<br />

in avanscoperta all’andata<br />

nelle sale pubbliche, con<br />

ambigui tentativi <strong>di</strong> approccio<br />

da omaccioni locali!....<br />

Ultima cena con specialità<br />

locali e trasferimento <strong>di</strong>retto<br />

all’aeroporto, dove solo un paio<br />

d’ore <strong>di</strong> sonno precedono il volo<br />

a casa..... un’ultima giornata<br />

intensa al pari del resto della<br />

vacanza.<br />

38 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 39


NEPAL<br />

Trekking alla scoperta del Manaslu e dell’Annapurna<br />

A furia <strong>di</strong> picchiare la testa<br />

sul tettuccio della jeep senza<br />

sospensioni che arranca sulla<br />

pista, attraverso la foresta,<br />

verso le montagne, ho il<br />

cranio che assomiglia a un<br />

modellino in scala della catena<br />

himalayana. D’altronde qui in<br />

Nepal le strade asfaltate sono<br />

pochissime e in con<strong>di</strong>zioni<br />

terribili! Non vedo l’ora <strong>di</strong><br />

scendere dall’auto e cominciare<br />

a camminare, camminare<br />

lontano dalle auto e dal<br />

loro smog nero, frutto <strong>di</strong> un<br />

carburatore scavezzato che<br />

tenta <strong>di</strong> bruciare nafta.<br />

L’idea <strong>di</strong> compiere questo<br />

viaggio nelle terre più alte e<br />

selvagge del pianeta è maturata<br />

nel corso dell’estate, quando,<br />

terminata la maturità, mi sono<br />

lasciato coinvolgere dai progetti<br />

dell’amico e capo rifugista<br />

Clau<strong>di</strong>o, veterano <strong>di</strong> questo<br />

tipo <strong>di</strong> avventure. Quale miglior<br />

modo per investire la moneta<br />

guadagnata durante le brevi<br />

parentesi estive degli ultimi<br />

anni? Bisognava fare il pieno <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Carlo B. Mazzoleni<br />

montagna prima <strong>di</strong> cominciare<br />

la nuova avventura scolastica<br />

nella bassa pianura emiliana.<br />

Così dopo folli spese per<br />

attrezzatura adatta ai luoghi<br />

inospitali e per i permessi<br />

governativi per raggiungerli,<br />

pernottamenti forzati in<br />

geli<strong>di</strong> aeroporti arabici, due<br />

lunghi giorni a vagare per la<br />

confusionaria, ma affascinante<br />

Kathmandu, e otto ore su<br />

quella terribile jeep, finalmente<br />

iniziamo il nostro viaggio oltre<br />

le frontiere del nostro mondo<br />

<strong>di</strong> plastica, verso il regno dove<br />

domina la natura e gli uomini<br />

vivono in pace con essa e con<br />

se stessi.<br />

Il nostro trekking si è <strong>di</strong>viso<br />

in due parti: il Manaslu<br />

circuit, nella prima settimana,<br />

poi collegato con il round<br />

Annapurna nella seconda parte,<br />

per un totale <strong>di</strong> 16 giorni <strong>di</strong><br />

intenso cammino, lungo un<br />

percorso che generalmente le<br />

agenzie vendono per non meno<br />

<strong>di</strong> 30-35 giorni. L’ottimo gruppo<br />

era composto da Clau<strong>di</strong>o e<br />

Gabriele <strong>di</strong> Villa <strong>di</strong> Tirano, Fabio<br />

<strong>di</strong> Colico, Nima e Jandu, due<br />

amici e guide <strong>di</strong> origine sherpa,<br />

e i due fortissimi portatori,<br />

Sethe e Dorche, oltre che da me.<br />

La regione del Manaslu, nel<br />

<strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Gorkha, colpisce<br />

per la sua incontaminatezza,<br />

per la lontananza più assoluta<br />

dal mondo occidentale,<br />

essendo una regione assai poco<br />

frequentata dai turisti e ancora<br />

non raggiunta nemmeno dalle<br />

strade più audaci. Bisogna<br />

Primo sole sul<br />

Dhaulaghiri 8167<br />

m, che significa<br />

«montagna<br />

bianca».<br />

Nella pagina<br />

a fronte: il<br />

Machhapuchhare,<br />

6996 m, montagna<br />

sacra ancora<br />

ufficialmente<br />

40 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNOinviolata.<br />

41


davvero avere uno spirito <strong>di</strong><br />

adattamento e una personalità<br />

spiccatamente selvatica per<br />

affrontare il percorso, che si<br />

snoda in una valle che offre<br />

panorami mozzafiato, sia<br />

alle basse quote, quando le<br />

imponenti pareti ghiacciate<br />

fanno capolino dagli squarci<br />

della foresta tropicale, sia nelle<br />

terre alte, quando le lunghe<br />

lingue glaciali che scendono<br />

dall’immenso massiccio del<br />

Manaslu, ottava montagna<br />

del mondo con i suoi 8163m,<br />

arrivano quasi a lambire il<br />

sentiero. Per quanto riguarda<br />

pasti e pernottamenti si<br />

è “costretti” a negoziare<br />

l’ospitalità dei generosi<br />

abitanti del luogo, per avere un<br />

materassino in una gelida stanza<br />

e un piatto <strong>di</strong> dalbhat (riso con<br />

curry <strong>di</strong> verdure) da consumare<br />

velocemente, stretti intorno<br />

al fuoco insieme agli anziani<br />

del caseggiato, del tutto ignari<br />

dell’esistenza <strong>di</strong> altre lingue<br />

oltre al loro <strong>di</strong>aletto.<br />

Questa parte estremamente<br />

suggestiva ed emozionante<br />

del viaggio si conclude con<br />

il superamento del Larkya<br />

pass, 5200m, in una gelida<br />

ma limpi<strong>di</strong>ssima giornata, e<br />

il successivo innesto lungo il<br />

percorso dell’Annapurna round,<br />

il più frequentato trekking<br />

nepalese.<br />

È un totale cambio <strong>di</strong><br />

prospettiva: guest houses<br />

dotate <strong>di</strong> camerette private,<br />

acqua (semi)calda, cucina<br />

occidentale e tanti, tanti turisti.<br />

Ciononostante l’entusiasmo è<br />

sempre alto e si procede con<br />

il solito, alto ritmo, verso la<br />

grande avventura che avevamo<br />

progettato: il Chulu west<br />

peak, 6430m; per me sarebbe<br />

stato solo un tentativo,<br />

nessun obiettivo preciso, ma<br />

l’intenzione era <strong>di</strong> provare a<br />

mettere un piede a 6000m.<br />

Certo, si faceva sentire una<br />

certa pressione e apprensione,<br />

ma tutto fu tacitato quando<br />

la mattina in cui avevamo<br />

progettato <strong>di</strong> salire al campo<br />

base ci siamo svegliati sotto<br />

un’abbondante nevicata,<br />

accolta dal sottoscritto con un<br />

misto <strong>di</strong> delusione e sollievo.<br />

Dopo un rapido consulto<br />

il progetto vetta è stato<br />

abbandonato e si è scelto <strong>di</strong><br />

seguire il percorso turistico<br />

attraverso il Thorong pass, a<br />

5416m, che porta nella vasta e<br />

desertica regione del Mustang,<br />

e quin<strong>di</strong> verso la fine delle<br />

nostre fatiche.<br />

Una tranquilla gita a Poon<br />

Hill (2000m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in<br />

giornata) per ammirare la<br />

strepitosa alba sull’Annapurna,<br />

e quattro giorni <strong>di</strong> completo<br />

relax nella ridente citta<strong>di</strong>na<br />

lacustre <strong>di</strong> Pokhara, hanno<br />

concluso un’avventura davvero<br />

emozionante tanto per i<br />

gran<strong>di</strong>osi panorami sulle vette<br />

più alte del mondo, quanto per<br />

la nuova <strong>di</strong>mensione in cui ci<br />

si tuffa, lontani una settimana<br />

<strong>di</strong> cammino da strade con<br />

automobili, da televisioni,<br />

telefonini, business selvaggio.<br />

Esperienze <strong>di</strong> questo genere<br />

aiutano a ritrovare se stessi, a<br />

riflettere sulle cose importanti<br />

della vita, ad affrontare la vita<br />

<strong>di</strong> ogni giorno con un altro<br />

spirito.<br />

A fianco: il Manaslu, 8163m<br />

Sotto: i contrafforti del<br />

Manaslu all'alba, salendo<br />

verso il Larkia La pass e<br />

scollinando sul Larkia La pass,<br />

5200m, da sinistra Fabio, Torta<br />

e io.<br />

42 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 43


Ma quando<br />

si scioglierà qui la<br />

NEVE?<br />

Cronaca <strong>di</strong> un elisoccorso anni settanta<br />

Nell’estate del 1973 trascorsi<br />

una settimana al rifugio<br />

Marinelli, in alta Val Malenco,<br />

in compagnia <strong>di</strong> alcuni amici,<br />

per quello che veniva chiamato<br />

«accantonamento giovanile»<br />

del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Sondrio.<br />

Avevo già partecipato<br />

all’e<strong>di</strong>zione precedente quando,<br />

in una fortunata settimana<br />

<strong>di</strong> bel tempo, i nostri<br />

accompagnatori «Bartali» e<br />

«Nicola» ci avevano condotto<br />

<strong>di</strong> Franco Scotti<br />

in vetta al Bernina, al Palù e al<br />

pizzo Sella.<br />

Il programma era ancora<br />

lo stesso e, all’alba del<br />

20 settembre 1973, ci<br />

incamminammo sul ghiacciaio<br />

<strong>di</strong> Fellaria ovest verso il<br />

passo delle Belleviste, per<br />

raggiungere la capanna Marco<br />

e Rosa.<br />

Nei pressi del passo dei Sassi<br />

Rossi, vasta sella glaciale<br />

a 3500 m che immette<br />

sull’Altipiano <strong>di</strong> Fellaria, il<br />

netto cambio <strong>di</strong> pendenza del<br />

ghiacciaio è all’origine <strong>di</strong> un<br />

complicato nodo <strong>di</strong> crepacci,<br />

molto insi<strong>di</strong>oso perchè<br />

multi<strong>di</strong>rezionale.<br />

Mentre seguivamo fedelmente<br />

la tortuosa traccia, legati<br />

or<strong>di</strong>natamente in cordate da<br />

tre, Sara, esile ragazza, che<br />

ricordo pallida e timida, legata<br />

fra Fausto e Andrea, scomparve<br />

senza neppure un fruscio in<br />

44 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 45


una stretta fessura.<br />

Fu trattrenuta senza grande<br />

sforzo dai due ragazzi, mentre<br />

Nicola, il nostro «capo», intimò<br />

a tutti <strong>di</strong> fermarsi e <strong>di</strong> non<br />

muoversi per nessun motivo.<br />

Sara era gracile e, senza<br />

particolari manovre, con poche<br />

bracciate <strong>di</strong> corda fu riportata<br />

in pochi minuti in superficie,<br />

ma ne uscì priva <strong>di</strong> coscienza.<br />

«Avrà battuto la testa? Avrà un<br />

trauma cervicale?» Io e Fausto,<br />

al primo anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in<br />

me<strong>di</strong>cina, fummo coinvolti in<br />

un esame obiettivo sommario:<br />

il respiro era regolare, il polso<br />

pure; con le nostre limitate<br />

nozioni <strong>di</strong> pronto soccorso<br />

ricordo che le tiravamo la<br />

lingua con due mani per<br />

impe<strong>di</strong>rle il soffocamento...<br />

Che fare? Il telefonino era<br />

fantascienza. Nicola incaricò<br />

me ed Ermete, forse considerati<br />

più esperti ed affidabili<br />

(ci conosceva dall’anno<br />

precedente), <strong>di</strong> scendere alla<br />

Marinelli a chiedere aiuto.<br />

Inorgogliti da questo compito<br />

traversammo il ghiacciaio<br />

correndo come forsennati,<br />

inciampando <strong>di</strong> continuo nella<br />

corda che ci legava.<br />

Giunti sulla morena, Ermete,<br />

un pò provato, mi fece<br />

questa proposta: «Ora che<br />

siamo fuori dal ghiacciaio è<br />

inutile scendere entrambi alla<br />

Marinelli, vado solo io, perchè<br />

non me la sento più <strong>di</strong> risalire.<br />

Tu fermati qui, riposati e<br />

aspetta i rinforzi».<br />

L’idea mi parve ragionevole,<br />

per cui mi sdraiai su una<br />

roccia riscaldata dal sole ad<br />

aspettare, non prima <strong>di</strong> aver<br />

<strong>di</strong>panato la corda e pre<strong>di</strong>sposto<br />

no<strong>di</strong> e cor<strong>di</strong>ni per la risalita.<br />

Saranno state le 8 o le 9 del<br />

mattino e, su quella roccia,<br />

rimasi fino a pomeriggio<br />

inoltrato, solo, cercando<br />

inutilmente <strong>di</strong> interpretare<br />

gli eventi <strong>di</strong> cui ero solo<br />

spettatore.<br />

Dalla Marinelli non arrivò mai<br />

nessuno ma, dopo qualche<br />

ora, avvertii l’inconfon<strong>di</strong>bile<br />

rombo dell’elicottero che,<br />

dopo una prolungata sosta al<br />

rifugio, roteò sui ghiacciai e<br />

lentamente raggiunse il luogo<br />

dell’incidente dove si posò,<br />

spegnendo il motore.<br />

Io vedevo chiaramente gli<br />

omini come puntini scuri sulla<br />

neve del passo, ma erano<br />

tutti sempre fermi, a lato<br />

Nella pagina a fianco:<br />

assembramento sull’altopiano<br />

<strong>di</strong> Fellaria nel corso<br />

dell’accantonamento giovanile<br />

del 1972, sul fondo il Pizzo Palù.<br />

Sotto: sulla cresta del Palù.<br />

dell’elicottero, fermo e spento.<br />

«Ma cosa fanno? Ma quanto<br />

tempo ci vuole? Boh!»<br />

Ero interdetto, e ancor più<br />

grande fu ilmio stupore<br />

quando, dopo un interminabile<br />

lasso <strong>di</strong> tempo, vi<strong>di</strong> formarsi<br />

una colonna <strong>di</strong> neri puntini<br />

che lentamente si allontanava<br />

dall’elicottero e scendeva<br />

lungo il ghiacciaio, i primi<br />

trascinando una barella sulla<br />

neve con la malcapitata Sara.<br />

Nel frattempo risuonò <strong>di</strong> nuovo<br />

il rombo dell’elicottero, ma<br />

era un altro, sempre grigioverde<br />

militare, e atterrò alla<br />

Marinelli.<br />

Quando la «truppa», che<br />

ricordava la rtirata <strong>di</strong> Russia,<br />

finalmente mi raggiunse,<br />

tutti si stupirono <strong>di</strong> trovarmi<br />

lì fermo su un sasso, e le<br />

spiegazioni reciproche su<br />

quella strana giornata ci<br />

impegnarono per tutto<br />

l’accidentato tratto morenico<br />

fino alla Marinelli.<br />

Il primo elicottero caricò al<br />

rifugio 3 o 4 soccorritori, forse<br />

guide alpine, <strong>di</strong> cui non ricordo<br />

i nomi. Mentre si avvicinava al<br />

luogo dell’incidente, pare si sia<br />

accesa una spia che segnalava<br />

«incen<strong>di</strong>o a bordo», per cui<br />

il pilota si affrettò ad un<br />

atteraggio <strong>di</strong> emergenza.<br />

I passeggeri, terrorizzati, si<br />

lanciarono dai portelloni nella<br />

neve, ben prima che che la<br />

macchina volante si posasse,<br />

rischiando a loro volta <strong>di</strong><br />

infilarsi in un crepaccio.<br />

Nella concitazione,<br />

l’atterraggio avvenne in leggera<br />

salita, la coda si inclinò e il<br />

rotore posteriore affondò nella<br />

neve, danneggiandosi.<br />

Il pilota scese contrariato<br />

e, con evidente accento<br />

romanesco, chiese ad alta<br />

voce: «Ahò! Ma qua quanno<br />

se scioie sta neve che io devo<br />

decollà..?!»<br />

La povera Sara fu trasportata in<br />

ospedale dal secondo elicottero<br />

militare e, fortunatamente, non<br />

aveva nulla <strong>di</strong> grave.<br />

Nei mesi <strong>di</strong> settembre e ottobre<br />

il campo sportivo <strong>di</strong> Sondrio fu<br />

occupato dalle tende militari,<br />

e l’elicottero danneggiato fu<br />

smontato e trasportato pezzo<br />

per pezzo a valle dalle truppe<br />

alpine.<br />

46 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 47


OMAGGIO A<br />

RICCARDO CASSIN<br />

Questo è lo scritto inviato da<br />

Riccardo Cassin al Comitato<br />

BADILE 87 come introduzione<br />

al libretto celebrativo del<br />

50° anniversario della<br />

prima salita assoluta sulla<br />

Nord Est del pizzo Ba<strong>di</strong>le.<br />

Quell’anno, era il 1987, pur<br />

nella tristezza degli eventi<br />

che avevano prodotto<br />

<strong>di</strong>sastri e lutti in val<br />

Tartano e in val Pola,<br />

ebbero luogo a <strong>Morbegno</strong><br />

e in Valmasino una<br />

serie <strong>di</strong> manifestazioni<br />

commemorative <strong>di</strong> un<br />

avvenimento epocale<br />

per l’alpinismo sui<br />

nostri monti: l’impresa<br />

portata a termine<br />

dal 14 al 16 luglio<br />

1937 dalla cordata<br />

lecchese composta<br />

da Riccardo Cassin,<br />

Vittorio Ratti e<br />

Gino Esposito<br />

sull’inviolata<br />

parete Nord Est<br />

del Ba<strong>di</strong>le, in<br />

val Bondasca,<br />

lungo la via che da<br />

Cassin prenderà il nome. C’erano tutti in<br />

quell’occasione, tutti gli alpinisti che avevano contribuito<br />

con le loro vie tracciate sui <strong>di</strong>versi versanti del Ba<strong>di</strong>le a rendere famosa in<br />

tutto il mondo l’epopea <strong>di</strong> questa montagna, tutti a rendere omaggio a chi<br />

fra <strong>di</strong> loro era stato il più grande: Riccardo Cassin. Anche Reinhold Messner,<br />

conquistatore <strong>di</strong> tutti gli Ottomila del pianeta, aveva voluto essere presente.<br />

Ma ecco la relazione integrale <strong>di</strong> quella salita, pubblicata sulla Rivista mensile<br />

del C.A.I. nel 1937. E’ la cronaca <strong>di</strong> una vittoria ed al tempo stesso <strong>di</strong> una<br />

trage<strong>di</strong>a: la morte dei due alpinisti comaschi Molteni e Valsecchi che, in<br />

<strong>di</strong>fficoltà, si erano uniti alla cordata dei lecchesi.<br />

48 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 49


Quando lo scorso anno apparve<br />

sul Corriere della Sera l’articolo<br />

<strong>di</strong> Dino Buzzati, si <strong>di</strong>ceva che<br />

fra i pochi problemi che ancora<br />

rimanevano da risolvere in<br />

campo alpinistico, erano quelli<br />

della conquista della Nord della<br />

Lavaredo Ovest e della Nord<br />

Est del Ba<strong>di</strong>le. Appena risolto<br />

il primo problema, esponemmo<br />

a comandante della Centuria<br />

Rocciatori il proponimento <strong>di</strong><br />

provare le nostre forze su quel<br />

baluardo granitico, definito da<br />

Bonacossa, nella sua guida,<br />

uno dei più gran<strong>di</strong> lastroni<br />

delle Alpi. Dopo un intenso<br />

allenamento sulle guglie<br />

della Grignetta, il giorno 28<br />

giugno1937 partimmo da Lecco<br />

per la Val Bregaglia con lo scopo<br />

<strong>di</strong> familiarizzarci con la zona, a<br />

noi sconosciuta, e <strong>di</strong> osservare<br />

la famosa parete.<br />

Purtroppo poco si poté<br />

vedere,perché dal nostro arrivo<br />

al rifugio Sciora il tempo si era<br />

guastato. Nebbia e pioggia per<br />

i due giorni che rimanemmo<br />

lassù, cosicché, vista<br />

l’impossibilità <strong>di</strong> un prossimo<br />

ristabilirsi delle con<strong>di</strong>zioni<br />

atmosferiche, ce ne ritornammo<br />

a Lecco. La domenica successiva<br />

<strong>di</strong> nuovo lassù; ci recammo alla<br />

base della parete per scegliere<br />

il punto <strong>di</strong> un eventuale<br />

attacco, poi salimmo per circa<br />

200 metri sullo spigolo Nord<br />

per osservare meglio la parete.<br />

Fummo sod<strong>di</strong>sfatti del nostro<br />

soppraluogo, ma il cielo,<br />

essendo ritornato minaccioso, ci<br />

decise al ritorno.<br />

Mentre stavamo per lasciare<br />

il rifugio Sciora, giunsero sul<br />

posto i comaschi Molteni e<br />

Valsecchi, animati anch’essi<br />

dal nostro stesso proposito;<br />

si sistemarono al rifugio; ci<br />

salutammo e noi partimmo per<br />

Lecco. La sera del 12 luglio<br />

ci vede <strong>di</strong> nuovo al rifugio; il<br />

tempo non è sod<strong>di</strong>sfacente,<br />

ma ormai si è deciso <strong>di</strong><br />

rimanerci finché le con<strong>di</strong>zioni<br />

atmosferiche permettano <strong>di</strong><br />

attaccare la parete. I comaschi<br />

sono sempre al rifugio dalla<br />

precedente settimana.<br />

Il martedì mattina, allo scopo<br />

<strong>di</strong> familiarizzarci ancora <strong>di</strong><br />

più col granito, ascendemmo<br />

per circa 600 metri lo spigolo<br />

Nord <strong>di</strong>scendendo pure in<br />

corda libera. La sera stessa<br />

preparammo ogni cosa per il<br />

tentativo <strong>di</strong> ascensione alla<br />

parete Nord Est. Il mattino<br />

del mercoledì sveglia alle due,<br />

ma, dato il cielo coperto e la<br />

pioggia, dovemmo ritornare<br />

nelle cuccette. Più tar<strong>di</strong>,<br />

essendosi il tempo rimesso al<br />

bello, decidemmo <strong>di</strong> attaccare.<br />

Alle 8 partenza. I comaschi<br />

ci hanno preceduti <strong>di</strong> circa 3<br />

ore. Però non siamo affatto<br />

preoccupati <strong>di</strong> questo, anche<br />

perché il punto <strong>di</strong> attacco scelto<br />

da Molteni e Valsecchi è <strong>di</strong> circa<br />

200 metri alla destra <strong>di</strong> quello<br />

scelto da noi. Alle 10 siamo alla<br />

base della paretr; sii calzano<br />

le scarpette ed attacchiamo<br />

in questa formazione: Cassin,<br />

Esposito, Ratti.<br />

I primi 100 metri, percorsi<br />

su una cengia che obliqua<br />

verso destra, non presentano<br />

eccessive <strong>di</strong>fficoltà; dopo<br />

un’ora, la cordata comasca è<br />

già superata. Tempo ottimo,<br />

e al termine <strong>di</strong> questa prima<br />

giornata, quando fermi su un<br />

pianerottolo sostiamo per il<br />

primo bivacco, dopo aver già<br />

saggiato la parete per una<br />

cinquantina <strong>di</strong> metri sopra<br />

<strong>di</strong> noi, siamo sod<strong>di</strong>sfatti del<br />

lavoro compiuto. Più tar<strong>di</strong><br />

ci raggiungono Molteni e<br />

Valsecchi, i quali bivaccano<br />

vicino a noi, sullo stesso<br />

ripiano. Alle 22, rispon<strong>di</strong>amo<br />

ai segnali luminosi che i nostri<br />

amici ci fanno dal rifugio, poi ci<br />

chiu<strong>di</strong>amo nel sacco da bivacco<br />

ad attendere l’alba. Notte calma<br />

senza freddo.<br />

Nelle pagine precedenti: Cassin<br />

al Sasso <strong>di</strong> Remenno durante il<br />

meeting <strong>di</strong> arrampicata organizzato<br />

nel 1987 in concomitanza con la<br />

manifestazione Ba<strong>di</strong>le 87.<br />

Sopra: la parete nord-est del Pizzo<br />

Ba<strong>di</strong>le.<br />

Nella pagina a fronte: Riccardo<br />

Cassin nel 1987.<br />

50 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 51


Giovedì mattina, mentre alle<br />

cinque stiamo riprendendo<br />

l’ascensione, Molteni ci propone<br />

<strong>di</strong> formare un’unica cordata<br />

con noi. Forse i comaschi non<br />

si sentono più <strong>di</strong> riprendere<br />

da soli, date le loro con<strong>di</strong>zioni<br />

fisiche, forse già menomate<br />

dal fatto che per 10 giorni<br />

consecutivi hanno dovuto<br />

dormire sul tavolaccio nel primo<br />

vano del rifugio, non avendo<br />

potuto servirsi delle cuccette,<br />

perché essi erano sprovvisti<br />

delle chiavi. Alla proposta<br />

<strong>di</strong> Molteni si resta alquanto<br />

sconcertati:il salire in cinque su<br />

una parete simile non è certo<br />

cosa troppo logica, ma <strong>di</strong>etro<br />

le insistenze dei due camerati,<br />

formiamo un’unica cordata;<br />

tuttavia il procedere della nuova<br />

cordata è abbastanza spe<strong>di</strong>to.<br />

Alcune scariche ci <strong>di</strong>sturbano la<br />

salita e, ad un certo momento,<br />

una <strong>di</strong> queste asporta il sacco <strong>di</strong><br />

dosso a Molteni.<br />

Solo verso sera i comaschi, forse<br />

meno allenati <strong>di</strong> noi, faticano<br />

assai e il salire si fa più lento.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà sono eccessive<br />

e non ci lasciano momenti <strong>di</strong><br />

tregua; anche noi cominciamo<br />

a risentire dello sforzo, ma non<br />

possiamo concederci sosta:<br />

bisogna assolutamente andare<br />

avanti per trovare un posto per<br />

il bivacco, prima che scendano<br />

le tenebre.<br />

Salgono dalla Val Bregaglia<br />

folate <strong>di</strong> nebbia, il cielo<br />

va lentamente coprendosi.<br />

Verso le ventuno siamo su<br />

un pianerottolo che si presta<br />

per passarvi la notte. Molteni<br />

e Valsecchi sono sfiniti.<br />

Siamo preoccupati per le loro<br />

con<strong>di</strong>zioni. Resisteranno?<br />

Quando arriveremo in vetta?<br />

Quali e quante <strong>di</strong>fficoltà ci<br />

attendono? Le supereremo?<br />

Pensieri che ci perseguitano,<br />

ma che non esponiamo; anzi<br />

cerchiamo in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrarci allegri per rincuorare<br />

i comaschi che sono parecchi<br />

abbattuti. Ci è impossibile<br />

scorgere e fare segnali<br />

luminosi, causa la fitta nebbia<br />

interpostasi tra noi e il rifugio.<br />

Appena sistemati per il nuovo<br />

bivacco, si scatena un violento<br />

temporale.. Torrenti <strong>di</strong> acqua<br />

che si fanno strada da alcuni<br />

colatoi ci investono. Non<br />

possiamo, data la ristrettezza<br />

del pianerottolo in cui siamo,<br />

permetterci alcun spostamento,<br />

e dopo pochi minuti ci troviamo<br />

completamente inzuppati.<br />

Verso le24 , un forte vento da<br />

Nord spazza le nubi e ritorna<br />

il sereno. Abbiamo freddo e gli<br />

abiti bagnati ci intirizziscono<br />

la pelle. Interminabili sono le<br />

ore trascorse in attesa della<br />

levata del sole.Apparso questo,<br />

sostiamo un’ora per scaldarci<br />

un poco, poi ripren<strong>di</strong>amo<br />

l’arrampicata. I comaschi non<br />

si sono potuti rimettere e sono<br />

molto abbattuti. Mutiamo la<br />

formazione della cordata: Cassin<br />

in testa poi Esposito, Molteni,<br />

Valsecchi e Ratti. Sin dall’inizio<br />

<strong>di</strong> questa giornata le <strong>di</strong>fficoltà<br />

si presentano al limite delle<br />

possibilità umane, anche perché<br />

l’unica via <strong>di</strong> salita è un camino<br />

il quale scarica abbondante<br />

acqua.<br />

Bisogna procedere con tutta<br />

la velocità consentita dalle<br />

<strong>di</strong>fficoltà perché ve<strong>di</strong>amo<br />

che il cielo, a Nord, ritorna<br />

ad oscurarsi. Dopo circa due<br />

ore <strong>di</strong> arrampicata, Molteni e<br />

Valsecchi danno segni palesi<br />

<strong>di</strong> esaurimento; è necessario<br />

aiutarli ed è lavoro duro per noi,<br />

lavoro che però adempiamo <strong>di</strong><br />

buon grado.<br />

Verso le do<strong>di</strong>ci, ricomincia la<br />

pioggia; siamo impegnati in<br />

una traversata espostissima;<br />

necessita assolutamente<br />

La parete nord-est<br />

del Pizzo Ba<strong>di</strong>le:<br />

«...questa<br />

gigantesca muraglia<br />

<strong>di</strong> placche, su<br />

cui l’occhio non<br />

trova nè riposo nè<br />

quiete». (Hermann<br />

Buhl)<br />

52 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 53


continuare date le nostre<br />

con<strong>di</strong>zioni, e così raggiungiamo<br />

il colatoio centrale che continua<br />

a scaricarci addosso acqua.<br />

Poi la pioggia si tramuta in<br />

gran<strong>di</strong>ne, siamo sferzati sulle<br />

mani e nel viso dai ghiaccioli<br />

della tempesta e un vento<br />

gelido ci intirizzisce le membra.<br />

Ad un tratto cessa la gran<strong>di</strong>ne,<br />

ma la neve comincia a cadere.<br />

Con quella forza <strong>di</strong> volontà<br />

che solo chi si cimenta sulla<br />

verticalità dei monti conosce,<br />

continuiamo la salita. Ad ogni<br />

costo bisogna raggiungere la<br />

vetta, un bivacco in parete in<br />

quelle con<strong>di</strong>zioni può essere<br />

fatale per tutti. I comaschi<br />

moralmente e fisicamente non<br />

esistono più; la lotta con la<br />

parete e con gli elementi li<br />

ha completamente afflosciati.<br />

Somministriamo loro del cognac<br />

e dei biscotti, e su verso la<br />

vetta. Finalmente, usciti dal<br />

colatoio, le <strong>di</strong>fficoltà vanno<br />

scemando, ma ci è impossibile<br />

accelerare l’andatura dato lo<br />

stato <strong>di</strong> Molteni e Valsecchi.<br />

Nevica sempre e folate <strong>di</strong><br />

vento ci sferzano il volto; è<br />

impossibile vedere oltre un<br />

metro avanti a noi, ma pur<br />

sentiamo che la meta sta per<br />

essere raggiunta. Ci sembra<br />

che lassù ci sia la salvezza.<br />

Proce<strong>di</strong>amo sempre, molto<br />

lentamente, ma proce<strong>di</strong>amo.<br />

Ci avviciniamo alla vetta, alla<br />

salvezza,alla vittoria. Verso<br />

le se<strong>di</strong>ci la parete è vinta. Ma<br />

la lotta ancora non è finita;<br />

la tormenta non si è punto<br />

placata, anzi infuria più<br />

violenta, tutto è troppo uguale,<br />

la neve caduta uguaglia tutto.<br />

Iniziamo subito la <strong>di</strong>scesa per<br />

raggiungere il rifugio Gianetti,<br />

ma nella seconda metà non<br />

riusciamo più a orientarci;<br />

doman<strong>di</strong>amo ragguagli ai<br />

comaschi, più pratici <strong>di</strong> noi<br />

della zona, ma non ce ne<br />

sanno dare alcuno. Intanto si<br />

fa notte; Molteni e Valsecchi<br />

sono in piena crisi e noi siamo<br />

preoccupatissimi. Ci <strong>di</strong>amo<br />

dattorno <strong>di</strong>speratamente, a<br />

destra e a sinistra, in su e in<br />

giù in cerca della via <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa,<br />

ma non veniamo a capo <strong>di</strong><br />

niente; la tormenta con il suo<br />

turbine ghiacciato ci avviluppa<br />

sempre <strong>di</strong> più, gli elementi<br />

avversi stanno per vincere i più<br />

deboli <strong>di</strong> noi. Tutto il possibile<br />

è fatto per tener lontana<br />

la morte che sta pronta in<br />

agguato; vuotiamo nelle labbra<br />

<strong>di</strong> Molteni e Valsecchi tutto il<br />

cognac che abbiamo con noi,<br />

io cerco <strong>di</strong> sostenere il Molteni<br />

che ormai non ha più la forza <strong>di</strong><br />

proseguire, ma invano: infatti<br />

Molteni, senza alcun lamento<br />

si accascia al suolo per non<br />

rialzarsi più.<br />

Sostiamo un minuto in silenzio,<br />

il cuore vorrebbe che portassimo<br />

con noi le spoglie del caduto, e<br />

per un momento il cuore vince<br />

la ragione; infatti caricata<br />

sulle mie spalle la salma,<br />

cerco <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere, ma la<br />

fatica è immane in mezzo agli<br />

elementi scatenati. Consigliato<br />

da Esposito che è rimasto con<br />

me e che mi aiuta, assicuro il<br />

cadavere ad un masso,che un<br />

po’ lo ripara dalla bufera.<br />

Raggiungiamo poi il Ratti ed il<br />

Valsecchi, che non si è accorto<br />

della sciagura avvenuta: non<br />

gli <strong>di</strong>ciamo niente, perché non<br />

si turbi oltre, dato il suo stato<br />

<strong>di</strong>sastroso. Ma quando una<br />

<strong>di</strong>fficoltà improvvisa cisbarra<br />

il cammino e ci riunisce tutti,<br />

Valsecchi cerca con gli occhi<br />

Molteni, non lo vede, intuisce<br />

l’accaduto e in pie<strong>di</strong> vicino a un<br />

masso piange silenziosamente.<br />

Ad un tratto si accascia al<br />

suolo, invano trattenuto da noi<br />

che cerchiamo <strong>di</strong> riscuoterlo<br />

dal torpore che lo ha invaso,<br />

reclina il capo sul petto ed<br />

senza un lamento rimane<br />

esanime nelle nostre braccia.<br />

Tutti siamo muti per la seconda<br />

dolorosa per<strong>di</strong>ta; mettiamo<br />

il corpo al sicuro, poi, vista<br />

l’impossibilità <strong>di</strong> continuare<br />

anche perché la notte è<br />

scurissima, ci ficchiamo nel<br />

sacco per un terzo bivacco.<br />

Nessuno riesce a dormire in<br />

quella notte, ognuno ha il<br />

pensiero ai camerati morti che<br />

sono là sotto la coltre <strong>di</strong> neve,<br />

e pensa a chi per primo <strong>di</strong> noi li<br />

avrebbe seguiti.<br />

Verso le 24, la violenta<br />

tormenta che imperversava da<br />

12 ore, si placa, e una calma<br />

impressionante succede a tanta<br />

violenza. Aspettiamo l’alba<br />

abbracciati l’uno con l’altro per<br />

riscaldarci un poco e anche<br />

perché quello poteva essere<br />

forse l’ultimo nostro abbraccio.<br />

All’alba il cielo è terso, il calore<br />

del sole ci ridona le nostre<br />

energie: ci guar<strong>di</strong>amo attorno,<br />

a 100 metri sotto <strong>di</strong> noi è il<br />

nevaio al piede del ba<strong>di</strong>le.<br />

Portiamo fino alla base<br />

la salma <strong>di</strong> Valsecchi, lo<br />

copriamo con cura col suo<br />

sacco da bivacco e partiamo<br />

verso il rifugio. In un’ora<br />

vi arriviamo,comunichiamo<br />

la notizia della morte dei<br />

compagni comaschi e ci<br />

buttiamo sfiniti sulle cuccette.<br />

Il giorno dopo torniamo<br />

sul Ba<strong>di</strong>le, colla squadra <strong>di</strong><br />

soccorso, giunta dalla valle, per<br />

il ricupero delle salme.<br />

A fianco: vista<br />

verso sud dalla<br />

vetta del Pizzo<br />

Ba<strong>di</strong>le. Sul fondo,<br />

dalle nuvole,<br />

spunta il Ligoncio.<br />

54 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 55


L’emozione del tuffo in una<br />

profonda vasca verde smeraldo,<br />

la felicità <strong>di</strong> scivolare lungo<br />

un toboga naturale come<br />

in un gioco <strong>di</strong> bambini, la<br />

scossa adrenalinica della<br />

calata in mezzo alle acque<br />

vorticose <strong>di</strong> una cascata, la<br />

magia dell’avventura in un<br />

luogo nascosto ai più….. Il<br />

canyoning è questo e molto<br />

altro. Non è uno sport estremo,<br />

ma un’attività che consiste<br />

nella <strong>di</strong>scesa dei torrenti, con<br />

particolare interesse per quelli<br />

che scorrono tra strette gole<br />

scavate e modellate dall’acqua<br />

nel corso del tempo. Non va<br />

confuso con il rafting né con<br />

altri sport che prevedono<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> gommoni, canoe,<br />

kayak o tavole galleggianti.<br />

Nel torrentismo la progressione<br />

avviene a pie<strong>di</strong>, affrontando<br />

gli ostacoli con le opportune<br />

tecniche: calate su corda, tuffi,<br />

nuoto o <strong>di</strong>sarrampicate. Il<br />

terreno <strong>di</strong> gioco è affascinante<br />

NEL CUORE OSCURO DELLA MONTAGNA<br />

CANYONING<br />

DIVERTIMENTO E AVVENTURA<br />

<strong>di</strong> Libero Marchesi<br />

e permette un’esperienza <strong>di</strong><br />

totale immersione nella natura.<br />

Ognuno vive il canyoning a<br />

proprio modo, con gioia e<br />

passione. Come in molti altri<br />

sport, si può cercare <strong>di</strong> superare<br />

i propri limiti e le proprie paure:<br />

un tuffo più alto del solito,<br />

un toboga più vertiginoso...<br />

Ma l’aspetto più gratificante<br />

rimane l’esperienza <strong>di</strong> vivere<br />

dei momenti <strong>di</strong> libertà in un<br />

ambiente unico, a prescindere<br />

dalla <strong>di</strong>fficoltà superata e<br />

dall’implacabile cronometro.<br />

La scarsa accessibilità ha<br />

consentito <strong>di</strong> mantenere<br />

nel tempo l’equilibrio<br />

dell’ecosistema dei torrenti,<br />

e non sono rari gli incontri<br />

con gli animali che popolano<br />

i corsi d’acqua; occorre<br />

frequentare questi luoghi<br />

con il massimo rispetto ed<br />

attenzione, ricordandosi<br />

nell’approccio che non si<br />

tratta <strong>di</strong> parchi avventura, ma<br />

<strong>di</strong> sistemi naturali complessi<br />

e delicati. Il <strong>di</strong>vertimento<br />

è assicurato, ma l’ambiente<br />

è a volte molto severo ed<br />

isolato, e la sua particolare<br />

morfologia richiede un’attenta<br />

valutazione del percorso; la<br />

progressione in <strong>di</strong>scesa lungo<br />

scivoli e cascate non consente,<br />

infatti, il ritorno, e le vie <strong>di</strong><br />

fuga laterali sono in alcuni<br />

casi quasi del tutto assenti.<br />

Grande importanza, quin<strong>di</strong>, alle<br />

previsioni meteo: un temporale<br />

improvviso può causare una<br />

pericolosa piena del torrente.<br />

Le caratteristiche delle forre<br />

già esplorate sono riassunte<br />

nelle relazioni riportate dalle<br />

guide o sono consultabili su<br />

Internet. Le <strong>di</strong>fficoltà sono<br />

espresse con numeri romani<br />

crescenti che in<strong>di</strong>cano il grado<br />

<strong>di</strong> verticalità, acquaticità e<br />

impegno complessivo; è prassi<br />

comune da parte degli apritori<br />

esprimere anche una valutazione<br />

sulla bellezza e l’interesse<br />

dell’itinerario. E’ fondamentale<br />

56 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 57


<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> adeguate<br />

attrezzature e conoscere le<br />

tecniche più comunemente<br />

utilizzate. Per la <strong>di</strong>scesa in un<br />

torrente alpino già attrezzato<br />

sono raccomandati una muta<br />

intera in neoprene da 5 mm.,<br />

casco, imbragatura e calzature<br />

adatte; oltre alle specifiche<br />

scarpe da canyoning, vivamente<br />

consigliate, possono essere<br />

utilizzate anche quelle normali<br />

da trekking. Come materiale<br />

personale sono necessari almeno<br />

una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scensori,<br />

moschettoni, longes, maniglia<br />

o autobloccante meccanico per<br />

un’eventuale risalita su corda,<br />

coltello o cesoie. Ogni gruppo<br />

dovrebbe avere un numero<br />

adeguato <strong>di</strong> corde, viveri e<br />

materiale <strong>di</strong> pronto soccorso, e<br />

una sacca d’armo per realizzare<br />

ancoraggi su roccia in caso <strong>di</strong><br />

emergenza. Il canyoning ha<br />

avuto forte sviluppo in Francia<br />

e Spagna negli anni 80, ed in<br />

Italia dagli anni ’90. I primi<br />

praticanti provenivano in genere<br />

dalla speleologia, ma col tempo<br />

si sono avvicinati a questa<br />

<strong>di</strong>sciplina anche alpinisti,<br />

arrampicatori e semplici<br />

escursionisti. La <strong>di</strong>ffusione del<br />

torrentismo ha reso necessaria<br />

la creazione, nell’ambito del<br />

Corpo Nazionale Soccorso Alpino<br />

e Speleologico, <strong>di</strong> un gruppo<br />

attivo nel soccorso in forra.<br />

Il grado <strong>di</strong> specializzazione<br />

che contrad<strong>di</strong>stingue i tecnici<br />

CNSAS e la capacità <strong>di</strong> operare<br />

anche in situazioni estreme<br />

ha consentito <strong>di</strong> risolvere<br />

positivamente incidenti che in<br />

passato avrebbero avuto esiti<br />

sicuramente drammatici. Di<br />

pari passo con l’aumento dell’<br />

interesse per il torrentismo<br />

sono sorti numerosi gruppi<br />

<strong>di</strong> appassionati. Promossa<br />

inizialmente da un ristretto<br />

numero <strong>di</strong> cultori <strong>di</strong> questa<br />

<strong>di</strong>sciplina, l’Associazione<br />

Italiana Canyoning ha<br />

festeggiato recentemente i <strong>di</strong>eci<br />

anni <strong>di</strong> attività ed è cresciuta<br />

fino a <strong>di</strong>ventare il gruppo <strong>di</strong><br />

riferimento per i frequentatori<br />

delle forre <strong>di</strong> tutta Italia. Lo<br />

scopo dell’A.I.C. è lo sviluppo<br />

del torrentismo nel massimo<br />

rispetto dell’ambiente e la<br />

creazione <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong>ffusa sul<br />

territorio, utile allo scambio <strong>di</strong><br />

informazioni e idee. Le attività<br />

sociali comprendono corsi <strong>di</strong><br />

formazione a <strong>di</strong>versi livelli,<br />

raduni locali e nazionali, la<br />

pubblicazione <strong>di</strong> un perio<strong>di</strong>co e<br />

la gestione <strong>di</strong> un sito internet<br />

ricco <strong>di</strong> utili riferimenti.<br />

Particolare importanza rivestono<br />

il progetto Pro Canyon, che<br />

consiste nell’attrezzatura e<br />

messa in sicurezza delle forre<br />

più interessanti e maggiormente<br />

frequentate, e la realizzazione<br />

del Catasto delle forre<br />

italiane, resa possibile dalla<br />

collaborazione dei numerosi<br />

iscritti e simpatizzanti. In tutto<br />

il territorio nazionale sono<br />

sorte, spesso in modo informale,<br />

associazioni <strong>di</strong> canyonisti;<br />

nella zona <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> è attivo<br />

il Ranciga Canyoning Club,<br />

affiliato all’A.I.C. e costituito<br />

nel 2007 da un gruppo <strong>di</strong> amici<br />

accomunati dalla passione per il<br />

torrentismo.<br />

Canyoning in provincia <strong>di</strong><br />

Sondrio<br />

La Valtellina e la Valchiavenna<br />

sono ricche <strong>di</strong> torrenti adatti<br />

alla pratica del canyoning. Il<br />

periodo in<strong>di</strong>cato va da maggio<br />

a ottobre, ma le con<strong>di</strong>zioni<br />

ideali si trovano nei mesi<br />

estivi. Ogni anno torrentisti<br />

provenienti da tutta Europa<br />

raggiungono il torrente Boggia,<br />

in Val Bodengo, che offre la<br />

possibilità <strong>di</strong> itinerari <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong>fficoltà tecniche e impegno<br />

complessivo. Il percorso si<br />

snoda tra gole <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>do<br />

granito lavorato dalle acque,<br />

intervallando alte cascate e<br />

profonde vasche cristalline;<br />

calate, tuffi e toboga si<br />

susseguono in un crescendo<br />

emozionante. La <strong>di</strong>scesa<br />

integrale richiede dalle otto<br />

alle <strong>di</strong>eci ore e oltre, secondo<br />

la preparazione e il numero <strong>di</strong><br />

componenti del gruppo, ma è<br />

possibile <strong>di</strong>viderla in tre sezioni<br />

consecutive (Bodengo 1, 2<br />

e 3) <strong>di</strong> progressiva maggiore<br />

<strong>di</strong>fficoltà. Nei pressi troviamo<br />

anche il Pilotera, canyon molto<br />

interessante e caratterizzato dai<br />

meravigliosi colori delle acque<br />

e dall’esposizione a sud che<br />

consente <strong>di</strong> godere dei raggi del<br />

sole in buona parte del percorso.<br />

Altra splen<strong>di</strong>da gola è quella<br />

del Cormor, che si sviluppa<br />

tra la <strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Campo Moro e<br />

Campo Franscia in Valmalenco.<br />

L’itinerario si svolge tra gli<br />

enormi massi <strong>di</strong> una paleofrana<br />

all’interno della quale l’acqua<br />

ha scavato profon<strong>di</strong> meandri, e<br />

lunghi tratti sono caratterizzati<br />

dalla totale assenza <strong>di</strong> luce<br />

naturale. L’ambiente è gran<strong>di</strong>oso,<br />

e l’illuminazione con le pile<br />

frontali conferisce ulteriore<br />

fascino alle ampie volte ed<br />

agli stretti cunicoli che si<br />

incontrano durante questa<br />

<strong>di</strong>scesa mozzafiato. Grande<br />

merito agli scopritori Luca<br />

Maspes ‘Rampikino’, Jacopo<br />

Merizzi & c. che ci hanno<br />

regalato questa perla. Di sicuro<br />

fascino anche le forre delle<br />

Orobie Valtellinesi. L’acqua<br />

abbondante e cristallina ci guida<br />

attraverso valli poco frequentate<br />

e a tratti ancora selvagge;<br />

l’ambiente è alpino e le <strong>di</strong>fficoltà<br />

non sono da sottovalutare. La<br />

presenza <strong>di</strong> opere idrauliche<br />

e bacini artificiali a monte<br />

impone un’attenta valutazione<br />

delle con<strong>di</strong>zioni dei corsi<br />

d’acqua. Anche in Valmasino,<br />

para<strong>di</strong>so dell’arrampicata e<br />

dell’alpinismo, troviamo alcune<br />

<strong>di</strong>vertenti <strong>di</strong>scese: il torrente<br />

Mello, la cascata del Ferro ed<br />

il tratto finale del Masino.<br />

Roccia splen<strong>di</strong>da e portata<br />

sostenuta ne fanno itinerari <strong>di</strong><br />

sicuro interesse. L’esplorazione<br />

e l’attrezzatura <strong>di</strong> gran parte<br />

dei canyons della provincia<br />

<strong>di</strong> Sondrio sono opera della<br />

guida alpina Pascal Van Duin.<br />

Le guide pubblicate da Van<br />

Duin rappresentano un sicuro<br />

riferimento per i torrentisti<br />

e contengono sintetiche<br />

ma molto precise relazioni<br />

sulle più interessanti forre<br />

della Lombar<strong>di</strong>a e dell’Italia<br />

settentrionale.<br />

Ci si può avvicinare al canyoning in<br />

tutta sicurezza avvalendosi delle guide<br />

alpine specializzate in questa attività e<br />

consultando le informazioni <strong>di</strong>sponibili in<br />

rete. Ecco alcuni in<strong>di</strong>rizzi interessanti:<br />

www.topcanyon.com Sito gestito<br />

dalla guida Pascal Van Duin, proposte <strong>di</strong><br />

canyoning, alpinismo e trekking.<br />

www.guidealp.it Sito delle guide alpine<br />

della Valchiavenna, ampio ventaglio <strong>di</strong><br />

attività nel mondo del torrentismo e della<br />

montagna.<br />

www.aic.it Sito dell’Associazione Italiana<br />

Canyoning; <strong>di</strong> particolare interesse il<br />

forum, all’interno del quale gli utenti si<br />

scambiano informazioni sulla percorribilità<br />

delle forre e su temi <strong>di</strong> interesse comune.<br />

www.x-gatt.com Riporta numerose<br />

schede tecniche, cartine e fotografie; i<br />

contenuti sono precisi, atten<strong>di</strong>bili e molto<br />

curati.<br />

www.descente-canyon.com Portale<br />

francese, con schede ed aggiornamenti<br />

anche su canyons italiani.<br />

www.swisscanyon.com Ricco ed<br />

aggiornato database del Ticino, con links<br />

ad altri siti svizzeri.<br />

www.ceffo.com Da non imitare!<br />

Bibliografia:<br />

Pascal Van Duin – Canyoning in<br />

Lombar<strong>di</strong>a, Ed. TopCanyon 2005<br />

Pascal Van Duin – Canyoning Nord Italia,<br />

Ed. TopCanyon <strong>2009</strong><br />

De<strong>di</strong>cato all’amico Bruno<br />

Sassella.<br />

58 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 59


A PROPOSITO DI<br />

FERRATE<br />

Sgombro subito il campo da<br />

ogni possibilità <strong>di</strong> equivoco:<br />

chi ha tranciato le catene<br />

sul pizzo Trona ha compiuto<br />

un atto criminale, perché<br />

ha messo a repentaglio<br />

l’incolumità <strong>di</strong> quanti,<br />

ignari, si sono avventurati<br />

su quell’itinerario facendo<br />

affidamento sulla presenza<br />

<strong>di</strong> protezioni come segnalato<br />

dalle guide esursionistiche.<br />

Vorrei, però, cogliendo<br />

l’occasione offerta da questo<br />

deprecabile episo<strong>di</strong>o, fare<br />

qualche ulteriore riflessione,<br />

senza la pretesa <strong>di</strong> spacciare<br />

le mie conclusioni per verità<br />

assolute.<br />

La <strong>di</strong>sputa “pro o contro le vie<br />

ferrate” è da sempre oggetto <strong>di</strong><br />

accese <strong>di</strong>scussioni, pubbliche<br />

e private. Non ha mai trovato<br />

una risposta univoca, né<br />

mai potrà trovarla, perché<br />

<strong>di</strong> Riccardo Marchini<br />

Sul giornale online Vaol.it è<br />

stata pubblicata la notizia<br />

(ripresa sul nostro Annuario<br />

a pag. 85) che le catene<br />

della ferrata sulla cresta<br />

NNO del pizzo Trona sono<br />

state tagliate da qualche<br />

sconsiderato anonimo.<br />

le motivazioni a sostegno<br />

dell’una o dell’altra tesi sono<br />

troppo soggettive e opinabili<br />

sono pure gli aspetti che<br />

ciascun contendente intende<br />

sottolineare come essenziali ai<br />

fini della <strong>di</strong>scussione.<br />

Vengo al dunque. L’uomo è<br />

forse l’unico essere vivente<br />

in grado <strong>di</strong> compiere azioni<br />

superflue, non finalizzate<br />

alla mera sopravvivenza.<br />

L’escursionismo e l’alpinismo,<br />

come del resto tutte le<br />

attività cosiddette ricreative,<br />

rientrano nel novero <strong>di</strong> quelle<br />

azioni che hanno come unico<br />

scopo quello <strong>di</strong> ricreare il<br />

corpo e la mente, <strong>di</strong> trovare<br />

gratificazione, cioè, nel piacere<br />

fine a sé stesso: piacere fisico<br />

nel sentire il proprio corpo<br />

reagire positivamente alle<br />

sollecitazioni imposte dalla<br />

volontà e piacere psichico<br />

nella sod<strong>di</strong>sfazione che si<br />

prova quando si riesce a<br />

superare una <strong>di</strong>fficoltà o nel<br />

go<strong>di</strong>mento degli spettacoli che<br />

la montagna offre.<br />

Azioni superflue, <strong>di</strong>cevo, ma<br />

non inutili. Ed è appunto con<br />

questo timbro <strong>di</strong> umanità<br />

stampigliato nel DNA che mi<br />

ritrovo spesso a scarpinare<br />

verso l’alto alla ricerca <strong>di</strong> un<br />

rapporto intimo e personale<br />

con i monti della mia valle e<br />

non solo. Come ricompensa<br />

alla fatica mi aspetto (e trovo)<br />

60 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 61


Nella pagina a fronte: la<br />

ferrata del monte Grona.<br />

Sotto: sulla cresta nord<br />

del Pizzo Trona.<br />

A fianco: la Via delle<br />

Bocchette nel gruppo del<br />

Brenta.<br />

sensazioni emotivamente<br />

forti e lo stimolo alla ricerca<br />

introspettiva <strong>di</strong> cui, mi pare,<br />

come esseri umani <strong>di</strong>stratti<br />

dal benessere siamo sempre<br />

più poveri. Ma non essendo un<br />

integralista mistico dell’etica<br />

escursionistica, non arriccio<br />

il naso scandalizzato se le<br />

mie fatiche montanare sono<br />

aiutate da qualche mezzo<br />

artificiale, a maggior ragione<br />

se ne va della sicurezza, né<br />

<strong>di</strong>sdegno <strong>di</strong> tanto in tanto <strong>di</strong><br />

cimentarmi con le cosiddette<br />

“vie ferrate”, ad<strong>di</strong>tate con<br />

sufficienza da alcuni come<br />

surrogato dell’alpinismo. C’è,<br />

però, ferrata e ferrata. Sono<br />

convinto, infatti, che alcuni<br />

<strong>di</strong> questi percorsi attrezzati,<br />

pur ubbidendo alle logiche<br />

del mercato turistico, abbiano<br />

una loro ragion d’essere in<br />

virtù della loro unicità ed<br />

una indubbia coerenza con gli<br />

ambienti che attraversano.<br />

La Via delle Bocchette nelle<br />

Dolomiti <strong>di</strong> Brenta, ad esempio,<br />

altro non è che una lunga<br />

escursione che si snoda al<br />

cospetto <strong>di</strong> scenari mutevoli<br />

<strong>di</strong> continuo, sfruttando una<br />

sequenza <strong>di</strong> cenge naturali<br />

che tagliano orizzontalmente<br />

la verticalità delle pareti<br />

dolomitiche. Gli interventi<br />

migliorativi, i corrimano che<br />

rendono più sopportabile il<br />

vuoto sottostante e le scalette<br />

che raccordano i tratti <strong>di</strong> via<br />

posti a livelli <strong>di</strong>versi non mi<br />

pare che possano costituire<br />

un attentato all’integrità<br />

dell’ambiente ne una forzatura<br />

del corretto andar per monti.<br />

Allo stesso modo le numerose<br />

iniziative finalizzate a<br />

realizzare vie ferrate<br />

recuperando i camminamenti<br />

costruiti dagli alpini durante<br />

la prima guerra mon<strong>di</strong>ale (ne<br />

esistono anche nella nostra<br />

provincia), sono apprezzabili,<br />

perché riescono a coniugare<br />

turismo, cultura alpina e storia.<br />

Altre ferrate, invece, nate<br />

sull’onda del gra<strong>di</strong>mento della<br />

massa turistica e <strong>di</strong>ffusesi a<br />

macchia d’olio in tutto l’arco<br />

alpino a partire dalle Dolomiti,<br />

presentano alcuni punti <strong>di</strong><br />

criticità. O sono troppo brevi e<br />

non portano da nessuna parte<br />

oppure sono inutili, perché<br />

affiancate da un percorso<br />

più agevole che sortisce gli<br />

stessi effetti o, ancora, sono<br />

volutamente tenute ad un alto<br />

livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, quasi che<br />

ci fosse l’intenzione <strong>di</strong> ricreare<br />

in quota una situazione<br />

da luna park. A volte si ha<br />

la sensazione che queste<br />

strutture servano <strong>di</strong> più a chi<br />

le realizza che al pubblico<br />

degli appassionati. Le rituali,<br />

immancabili targhe poste al<br />

loro attacco rappresentano<br />

spesso l’ostentato suggello<br />

dell’esigenza <strong>di</strong> visibilità da<br />

parte <strong>di</strong> dei gruppi alpinistici<br />

titolari dei manufatti.<br />

Proprio a partire da queste<br />

ultime considerazioni in<br />

passato mi sono posto questa<br />

domanda (che ripropongo):<br />

perché una ferrata sul pizzo<br />

Trona?<br />

Se il motivo è raggiungerne la<br />

cima, ebbene, esiste un’altra<br />

via d’accesso più semplice,<br />

che non richiede alcun<br />

intervento. Se, come molti<br />

asseriscono, lo scopo è quello<br />

<strong>di</strong> consentire anche ai meno<br />

esperti <strong>di</strong> provare le stesse<br />

emozioni nell’ammirare gli<br />

spettacoli panoramici che si<br />

possono godere dalla vetta,<br />

esistono lì vicino altri punti<br />

62 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 63


<strong>di</strong> osservazione ugualmente<br />

gratificanti e raggiungibili<br />

più facilmente. La cresta<br />

NNO del pizzo Trona presenta<br />

alcuni passaggi <strong>di</strong> facile<br />

arrampicata. La presenza<br />

della ferrata priva la salita<br />

del suo fascino, inserendola<br />

nel pacchetto delle avventure<br />

prefabbricate tanto care alle<br />

agenzie turistiche. Ognuno<br />

sia misurato e consapevole<br />

gestore delle proprie capacità,<br />

in fondo nessuno ci obbliga a<br />

compiere tutti gli stessi gesti<br />

e se qualcuno, sentendosi<br />

insicuro, volesse a tutti<br />

i costi affrontare quella<br />

salita per provare l’ebbrezza<br />

dell’arrampicare, potrebbe<br />

benissimo farsi guidare da un<br />

compagno esperto, in grado <strong>di</strong><br />

fargli sicurezza.<br />

Credo infine, facendo mia la<br />

posizione del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />

che “Favorire il turismo<br />

escursionistico <strong>di</strong> un territorio<br />

non significa ferrare le vie<br />

d’accesso alle cime, ma<br />

significa solo valorizzare e<br />

potenziare la rete sentieristica<br />

già esistente, con l’eventuale<br />

messa in sicurezza (questo sì,<br />

anche con catene) <strong>di</strong> alcuni<br />

brevi tratti particolarmente<br />

pericolosi”.<br />

Fra i numerosi commenti alla<br />

notizia apparsa su Vaol.it<br />

c’era anche quella <strong>di</strong> Andrea<br />

Savonitto, guida alpina, in<br />

quel tempo gestore del rifugio<br />

Trona, progettista ed autore<br />

della ferrata: scontata e<br />

comprensibile la <strong>di</strong>fesa della<br />

sua creatura. Non è vero, però,<br />

come egli afferma, che nessuno<br />

all’epoca si oppose. Si oppose<br />

A fianco: sulla Tridentina.<br />

il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, eccome se si<br />

oppose. Il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, dopo<br />

un vivace scambio <strong>di</strong> vedute<br />

con Savonitto sugli organi <strong>di</strong><br />

stampa locali e su Lo Scarpone,<br />

fece sentire la propria voce<br />

presso gli attori istituzionali<br />

interessati al progetto. Con<br />

un documento inviato alla CM<br />

<strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, al Comune <strong>di</strong><br />

Gerola e al Parco delle Orobie il<br />

presidente Vincenzo Spreafico<br />

rese ufficiale la posizione<br />

della <strong>Sezione</strong> nei confronti<br />

<strong>di</strong> un’iniziativa che giu<strong>di</strong>cava<br />

profondamente sbagliata. E<br />

il risultato fu che la seconda<br />

tranche <strong>di</strong> quel “progetto<br />

<strong>di</strong> sviluppo alpinistico della<br />

Valgerola”, che prevedeva un<br />

ulteriore, analogo intervento<br />

sul pizzo <strong>di</strong> Mezzaluna, venne<br />

annullata.<br />

In alto: sulle ferrate al<br />

Monte Grona e<br />

al Piz Trovat.<br />

Testo della lettera inviata dal presidente del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>, Vincenzo Spreafico, alle autorità competenti<br />

<strong>Morbegno</strong>, 9 agosto 1996<br />

• Al Presidente della C.M. Valtellina <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

• Al Sindaco del Comune <strong>di</strong> Gerola<br />

• Al Presidente del Parco delle Orobie valtellinesi<br />

Oggetto: “ferratura” della cresta Nord del Pizzo Trona<br />

Da parte <strong>di</strong> alcuni soci ci viene segnalato che sulla cresta che dal Lago Inferno sale al Pizzo Trona sono depositati<br />

<strong>di</strong>versi mucchi <strong>di</strong> catene pronti per la posa in opera finalizzata alla “ferratura” della intera cresta.<br />

Tale iniziativa ci pare del tutto inopportuna per i seguenti motivi:<br />

• è possibile salire sul Pizzo Trona per una via più semplice che non richiede interventi;<br />

• favorire il turismo escursionistico <strong>di</strong> un territorio non significa ferrare le vie d’accesso alle cime, ma significa<br />

solo valorizzare e potenziare la rete sentieristica già esistente, con l’eventuale messa in sicurezza (anche con<br />

catene) <strong>di</strong> alcuni brevi tratti particolarmente pericolosi;<br />

• il Pizzo Trona, che fa parte del Parco delle Orobie, è zona frequentato da camosci che verrebbero <strong>di</strong>sturbati<br />

da una frequentazione massiccia <strong>di</strong> escursioniosti;<br />

Si fa inoltre notare che, mentre nelle aree turisticamente più evolute in fatto <strong>di</strong> “vie ferrate” è in atto un ripensamento<br />

culturale importante, che arriva persino allo smantellamento <strong>di</strong> molti percorsi considerati inutili o dannosi<br />

per l’ambiente, in Val Gerola si percorre il cammino contrario.<br />

Con la presente si chiede agli enti competenti <strong>di</strong> annullare l’iniziativa, invitando nel contempo a coinvolgere,<br />

quando si interviene sull’ambiente montano, le associazioni che, come il C.A.I., possono assicurare il loro<br />

contributo concreto e competente.<br />

Cor<strong>di</strong>almente<br />

Il Presidente<br />

Vincenzo Spreafico<br />

64 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 65


Gita al lago della Manzina e almeno vedere questo benedetto lago della Manzina, deci<strong>di</strong>amo comunque<br />

<strong>di</strong> andare avanti, imitati poi da altri. Ci viene in mente che se<br />

avessimo portato le ciaspole sarebbe stato un gioco da ragazzi; d’altro<br />

canto è un attrezzo che non fa parte della nostra cultura alpinistica,<br />

e nonostante il boom che sta avendo in questi anni fatichiamo a pensarlo<br />

come un arnese da mettere nello zaino. Comunque, in un modo<br />

o nell’altro riusciamo ad andare avanti e arriviamo al lago, che sta appena<br />

cominciando a sciogliersi. Non è certo lo specchio della Nord del<br />

Tresero che ci avevano promesso, e la spettacolarità del luogo e frustrata<br />

da questo periodo <strong>di</strong> muta tra l’aspetto invernale e quello estivo,<br />

che comunque ha un suo fascino. Torniamo verso il gruppo e ci sdraiamo<br />

su un dosso erboso, proprio <strong>di</strong> fronte alla Nord del Tresero. Mangiando,<br />

immaginiamo sulla parete delle ipotetiche <strong>di</strong>scese con gli sci,<br />

puntualmente frustrate da un seracco e da un salto roccioso. Da qui<br />

si ha anche una bella vista sul ghiacciaio dei Forni e sulle cime che<br />

lo attorniano. Terminata l’ingestione <strong>di</strong> panini, dolci caffè ed ammazzacaffè,<br />

dall’apporto calorico sicuramente superiore rispetto a quanto<br />

consumato fino a quel momento, ci rimettiamo in pie<strong>di</strong> e ripercorriamo<br />

la via <strong>di</strong> salita, arrivando però all’albergo Ghiacciaio dei Forni. La<br />

<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />

strada asfaltata ci riporta alle macchine.<br />

Domenica 24 maggio, mattina presto, piazza Sant’Antonio, una ventina <strong>di</strong><br />

persone vestite da montagna. Ci si saluta, si cincischia un po’, quin<strong>di</strong> si<br />

compattano i posti auto per ecologica premura e si parte per la Val dei Forni.<br />

Ad essere sinceri io e Davide, gli organizzatori, abbiamo qualche perplessità<br />

su ciò che troveremo; la ricognizione a <strong>di</strong>stanza, effettuata durante<br />

un’uscita scialpinistica <strong>di</strong> 15 giorni prima, ci ha rassicurati sul fatto che per<br />

gran parte della salita non si troverà neve. Non sappiamo però cosa ci aspetta<br />

nella parte alta: dopotutto il lago è a circa 2800 m, e quest’anno ha nevicato<br />

parecchio. Comunque facciamo finta <strong>di</strong> nulla e partiamo. Fermiamo i<br />

mezzi al ristoro Stella Alpina, a circa 2000 m, sulla strada che porta all’albergo<br />

Ghiacciaio dei Forni. Qui, dopo un parcheggio che assomiglia più ad una<br />

partita a “Tetris”, incastrati a meraviglia i nostri mezzi su un fazzoletto <strong>di</strong><br />

terra iniziamo a camminare. La salita è subito molto ripida ed in poco tempo<br />

arriviamo alla malga Pradaccio. Siamo nel parco dello Stelvio, e si vede che<br />

la tutela imposta fa i suoi effetti. Gli e<strong>di</strong>fici sono ben conservati, con basamento<br />

in pietrame a secco e la soprastante struttura a travi incastrate (carden)<br />

secondo il sistema del block-bau, riutilizzando o riproponendo gli elementi<br />

tipologici principali, compresi i canali <strong>di</strong> gronda in legno e le scandole<br />

del manto <strong>di</strong> copertura. Angelo DD, a fianco a me, visto il mio interesse<br />

per la copertura lignea, mi spiega vita, morte e miracoli del legno <strong>di</strong> larice.<br />

E così, immersi in questa dendroconversazione, guadagnamo rapidamente<br />

quota e ci portiamo alla base del muro finale. Ci compattiamo, ci ricontiamo<br />

ed in fila in<strong>di</strong>ana ripren<strong>di</strong>amo il sentiero. Eccoci al piano finale, dove si<br />

avverano le nostre peggiori previsioni: è tutto bianco, non spunta manco un<br />

filo d’erba. Il tempo <strong>di</strong> indossare le ghette e poi via, sulla neve, che si intuisce<br />

avere uno spessore considerevole. Partiamo con circospezione, e fatti<br />

tre passi ci si trova sprofondati fino alla vita. Abbiamo la velocità e l’agilità<br />

<strong>di</strong> un branco <strong>di</strong> gnù nelle sabbie mobili e così la maggior parte decide <strong>di</strong><br />

fermarsi lì. Io e Davide, per portare a termine i nostri compiti istituzionali<br />

66 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 67


Gita cicloalp inistica<br />

in Val Roseg<br />

Da un paio d’anni la nostra sezione<br />

organizza uscite cicloalpinistiche.<br />

Così il 28 giugno, partendo da<br />

Samaden, i quattor<strong>di</strong>ci partecipanti<br />

alla gita hanno raggiunto la<br />

Capanna Tschierva attraverso la Val<br />

Roseg.<br />

Dapprima pedalando a fianco della<br />

ferrovia retica, poi fra i larici della<br />

Val Roseg fino al piano che precede<br />

la morena del Vadret da Tschierva.<br />

Accompagnati dalle incombenti<br />

pareti del Roseg, dello Scerscen<br />

e del Bernina, in una giornata<br />

non particolarmente soleggiata, il<br />

gruppo ha poi raggiunto il rifugio.<br />

Assieme a tutti ha raggiunto la<br />

meta Alessandro <strong>di</strong> soli 9 anni.<br />

68 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 69


Ötztal<br />

<strong>di</strong> Pierenrico Belluzzo<br />

la tre giorni in Austria<br />

Dopo il successo dell’anno<br />

precedente, anche quest’anno,<br />

durante l’ultimo fine settimana<br />

<strong>di</strong> agosto, il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

ha replicato la gita in valle<br />

Ötztal, nel Tirolo austriaco. Su<br />

suggerimento <strong>di</strong> una mia amica,<br />

sod<strong>di</strong>sfatta dell’esperienza<br />

passata, ho colto l’occasione<br />

per non mancare. E così, in<br />

un gruppo <strong>di</strong> circa trenta<br />

valtellinesi <strong>di</strong> ogni età, venerdì<br />

28 agosto siamo partiti alla<br />

volta <strong>di</strong> Huben (1180 m),<br />

piccolo paese nel mezzo della<br />

valle, dove abbiamo preso posto<br />

nella confortevole e familiare<br />

Gasthof Felsenhof, che ci ha<br />

ospitato per tutto il soggiorno<br />

(per informazioni si può visitare<br />

il sito internet www.gasthoffelsenhof.at).<br />

Nel pomeriggio,<br />

partendo da Au (1154 m), ci<br />

siamo incamminati lungo il<br />

sentiero panoramico che ci ha<br />

permesso <strong>di</strong> ammirare la cascata<br />

Stuibenfall, fino ad arrivare<br />

all’incantevole alpeggio della<br />

Wiesle Hütte (1528 m), un<br />

tipico rifugio in legno con una<br />

chiesetta <strong>di</strong> fronte, cogliendo<br />

così l’occasione per la rituale<br />

foto <strong>di</strong> gruppo.<br />

Nella giornata <strong>di</strong> sabato 29,<br />

il clima umido e piovoso del<br />

mattino non ci ha permesso<br />

<strong>di</strong> intraprendere il tragitto<br />

più lungo inizialmente<br />

programmato. Ci siamo quin<strong>di</strong><br />

accontentati <strong>di</strong> fare un giro<br />

per i negozi <strong>di</strong> articoli sportivi<br />

<strong>di</strong> Sölden (1377 m), principale<br />

stazione turistica della valle,<br />

da dove parte la funivia che<br />

raggiunge le piste da sci dei<br />

monti Gaislachkogel (3056 m) e<br />

Innere Schwarze Schneid (3370<br />

m). Nel pomeriggio, passata la<br />

pioggia, la maggior parte del<br />

gruppo ha potuto raggiungere<br />

il rifugio Kleblealm (1983 m),<br />

dove la gentile ristoratrice<br />

in tipico costume locale ci<br />

ha servito lo strudel <strong>di</strong> mele<br />

e altri piatti tipici austriaci,<br />

dopo qualche iniziale <strong>di</strong>fficoltà<br />

<strong>di</strong> comprensione dei nomi<br />

tedeschi del menu, superata<br />

grazie all’aiuto fondamentale<br />

della nostra interprete Anna.<br />

Gli altri escursionisti rimasti a<br />

Sölden hanno invece preferito<br />

recarsi alle terme Aqua Dome <strong>di</strong><br />

Längenfeld (1180 m), potendosi<br />

così ritemprare, visto il clima<br />

umido della giornata.<br />

Il terzo giorno (domenica 30)<br />

il sole e il cielo terso ci hanno<br />

spinto ancor più volentieri ad<br />

intraprendere la camminata,<br />

potendo scegliere l’itinerario più<br />

lungo previsto dal programma.<br />

Raggiunto il paese <strong>di</strong> Oetz (820<br />

m), all’imbocco dell’omonima<br />

valle, siamo saliti sulla<br />

cabinovia che ci ha portato<br />

all’alpeggio <strong>di</strong> Hochoetz (2020<br />

m). Da lì, quasi tutti ci siamo<br />

avviati lungo il sentiero che<br />

ci ha condotto sulla vetta del<br />

monte Rosskopfe (2399 m); da<br />

quel luogo alcuni hanno deciso<br />

<strong>di</strong> imboccare la via del ritorno,<br />

mentre i più instancabili<br />

hanno proseguito verso la cima<br />

Wetterkreuzkogel (2591 m);<br />

da quest’ultima siamo scesi<br />

seguendone la costa che ci ha<br />

portato al rifugio Balbach Alm<br />

(1957 m), dove ci siamo ripresi<br />

dalle fatiche gustando sulla<br />

terrazza panoramica ancora<br />

l’ottimo apfelstrudel e gli altri<br />

cibi, come sempre serviti da<br />

una ragazza in rigoroso costume<br />

tirolese. Tornati a Hochoetz,<br />

abbiamo ritrovato quei pochi<br />

che avevano scelto il percorso<br />

più breve, che arrivava fino<br />

al rifugio Bielefelder Hütte<br />

(2150 m). Siamo quin<strong>di</strong> scesi<br />

con l’ovovia a Oetz, dove<br />

abbiamo salutato Anna, Giulio<br />

e i loro allegri bambini, che ci<br />

hanno accompagnato in tutte<br />

le escursioni; ci aspettava<br />

il pullman per il rientro in<br />

Valtellina.<br />

Anche quest’anno la vacanza è<br />

stata apprezzata come valida<br />

occasione per coniugare relax<br />

ed escursionismo a portata<br />

<strong>di</strong> tutti e quin<strong>di</strong>, entusiasta<br />

anche perché per me è stata<br />

la prima volta, consiglio allo<br />

staff organizzativo <strong>di</strong> rinnovare<br />

l’appuntamento per la terza<br />

uscita all’anno prossimo. Ciao<br />

a tutti!<br />

70 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 71


Il <strong>CAI</strong> al mare<br />

le CINQUE TERRE<br />

<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />

Quando arrivo in piazza ci sono<br />

già molte persone, nonostante<br />

sia piuttosto presto. Festanti ma<br />

non troppo, causa levataccia,<br />

aspettano il profilarsi della<br />

sagoma inconfon<strong>di</strong>bile del<br />

grosso scatolone che li porterà<br />

fino in riviera. Puntuale arriva il<br />

bus, su cui mi saetto cercando<br />

<strong>di</strong> trovare il posto più adatto<br />

per tornare a riappisolarmi.<br />

Già prima <strong>di</strong> Delebio perdo<br />

conoscenza, per risvegliarmi<br />

su un’autostrada inaspettata;<br />

dal panorama e dai cartelli<br />

stradali capisco <strong>di</strong> essere sulla<br />

Milano-Bologna e non sulla<br />

prevista Milano-Genova. E’<br />

singolare che l’organizzatore<br />

(cioè io) non sappia la strada<br />

da percorrere. Vengo a sapere<br />

che gli ammutinati dell’autobus,<br />

cioè l’autista ed il suo ex (ma<br />

ancora influente) <strong>di</strong>rigente<br />

hanno deciso che sarebbe stato<br />

più saggio fare la Cisa, piuttosto<br />

che la tortuosa A7. Mi adeguo,<br />

torno al mio loculo e guardo<br />

con crescente preoccupazione<br />

le lancette dell’orologio,<br />

che girano più veloci delle<br />

ruote del bus, e le nuvole<br />

in agguato sull’Appennino,<br />

a cui ci stiamo avvicinando.<br />

La nostra meta è la Liguria,<br />

e più precisamente le Cinque<br />

Terre, che avremmo deciso <strong>di</strong><br />

percorrere integralmente, da<br />

levante a ponente. All’uscita<br />

autostradale, scopriamo<br />

che una corsa ciclistica si<br />

sta svolgendo proprio sulla<br />

strada che dovrebbe portarci<br />

a Rio Maggiore.<br />

Sacramentando,<br />

l’autista prende<br />

una stra<strong>di</strong>na<br />

infame che aggira<br />

i pedalanti,<br />

si arrampica<br />

sul crinale, per<br />

precipitarci su<br />

Monterosso, cioè<br />

quella che avrebbe dovuto<br />

essere la nostra meta finale.<br />

Non contento, il <strong>di</strong>o cattivo<br />

delle gite domenicali, ci<br />

parcheggia su uno spoglio<br />

piazzale in riva al mare, dove<br />

organizza, appena si spegne il<br />

motore del bus, un comitato <strong>di</strong><br />

benvenuto a base <strong>di</strong> raffiche<br />

<strong>di</strong> vento forza venti e acqua<br />

a secchiate. La maggior parte<br />

delle gente ignora o fa finta <strong>di</strong><br />

non sentire gli inviti a scendere,<br />

restia a lasciare il tepore del<br />

se<strong>di</strong>le-cuccia, che dopo quasi<br />

cinque ore <strong>di</strong> pullman si è<br />

conformato dell’anatomia del<br />

suo occupante, per essere presa<br />

a sberle dalla pioggia. Dopo un<br />

po’ comunque ci si ritrova tutti<br />

alla stazione, con il caparbio<br />

intendo <strong>di</strong> portarci, via treno, a<br />

Rio Maggiore e rimettere la gita<br />

nei binari giusti. Dopo la breve<br />

trasferta ferroviaria, finalmente<br />

cominciamo a camminare.<br />

Per fortuna non piove più.<br />

Potenzialmente questa gita, un<br />

classico nel suo genere, è molto<br />

bella. E’ un percorso su sentieri<br />

molto panoramici, a volte a<br />

picco sul mare, a volte nel<br />

verde del terrazzato entroterra<br />

72 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 73


ligure, a volte in piano, altre<br />

volte in scivolosa <strong>di</strong>scesa<br />

verso i borghi marinari altre<br />

ancora in faticosa salita verso<br />

quelli agricoli. Proprio i centri<br />

abitati sono il valore aggiunto<br />

<strong>di</strong> questa escursione. Anche la<br />

persona non interessata all’arte<br />

e all’architettura, <strong>di</strong>fficilmente<br />

resta in<strong>di</strong>fferente al fascino <strong>di</strong><br />

questi piccoli centri, gonfi <strong>di</strong><br />

storia e <strong>di</strong> bellezza, fatta <strong>di</strong><br />

monumenti ma anche <strong>di</strong> piccole<br />

cose, <strong>di</strong> chiese millenarie e<br />

<strong>di</strong> gatti che dormono sulla<br />

barca colorata tirata in secco.<br />

Ci sono i limoni e il profumo<br />

della focaccia, c’è il rumore<br />

del mare e quello dei gabbiani,<br />

c’è la vecchia che pesta il<br />

basilico nel mortaio <strong>di</strong> marmo<br />

e il marinaio superstite che<br />

rammenda la rete. Ci sono<br />

poi i lati negativi. Ben presto<br />

pren<strong>di</strong>amo coscienza <strong>di</strong> non<br />

essere gli unici a pensare che<br />

sia una gita molto interessante.<br />

Anzi, la pensa così un’umanità<br />

variopinta, fatta <strong>di</strong> persone<br />

in mocassini, che rischiano<br />

l’osso del collo su ognuno dei<br />

<strong>di</strong>ecimila gra<strong>di</strong>ni del percorso,<br />

<strong>di</strong> ciccioni che ci vengono<br />

incontro strafumati, sullo stretto<br />

passaggio a picco sul mare, o<br />

ottuagenarie che procedono a<br />

due all’ora, impedendo con la<br />

loro stampella da trekking il<br />

minimo sorpasso all’esasperata<br />

coda che le segue. Considerando<br />

quin<strong>di</strong> che non siamo soli,<br />

l’accompagnatore (io) chiede<br />

al gruppo che decide <strong>di</strong> fare la<br />

traversata integrale, <strong>di</strong> restare<br />

il più compatto possibile,<br />

non fosse altro per problemi<br />

logistici; va detto infatti che<br />

per percorrere il sentiero occorre<br />

munirsi <strong>di</strong> un prosaico (anche<br />

se comprensibile) biglietto<br />

d’accesso, che smorza un po’<br />

del fascino della traversata;<br />

questo biglietto cumulativo era<br />

nelle mani degli organizzatori<br />

che dovevano esibirlo ad ogni<br />

cancello <strong>di</strong> controllo. Dopo<br />

pochi minuti la comitiva è<br />

sparsa su una lunghezza <strong>di</strong><br />

circa duemila metri lineari.<br />

L’accompagnatore in un primo<br />

momento cerca affannosamente<br />

<strong>di</strong> ricompattare il tutto, poi<br />

esasperato, decide <strong>di</strong> lasciare<br />

ciascuno al proprio destino.<br />

La traversata in realtà è un<br />

concatenamento <strong>di</strong> più sentieri,<br />

raggruppati sotto il nome <strong>di</strong><br />

Sentiero Azzurro, esistenti fin<br />

da epoca me<strong>di</strong>oevale. Il primo<br />

tratto, quello da Rio Maggiore<br />

a Manarola è il famoso Sentiero<br />

dell’Amore. Tutto sommato, a<br />

parte l’innegabile panoramicità<br />

e la sua esposizione sul mare,<br />

non è così fascinoso. Non così<br />

però la devono pensare stuoli <strong>di</strong><br />

conformisti innamorati, che in<br />

ossequio ai dettami <strong>di</strong> Moccia<br />

vengono qui ad appendere<br />

grappoli <strong>di</strong> lucchetti, venduti a<br />

caro prezzo da scaltri e attenti<br />

tenutari <strong>di</strong> chioschetti pensili.<br />

Pochi sanno che in realtà questo<br />

sentiero, realizzato tra le due<br />

guerre mon<strong>di</strong>ali, fu scavato<br />

nella roccia per costruire alcuni<br />

depositi <strong>di</strong> esplosivo, lontano<br />

dai centri abitati. Lasciata<br />

Manarola, il percorso prosegue<br />

tranquillo fino alle trentatrè<br />

rampe della Scala Lardarina,<br />

che salgono a Corniglia. Dei<br />

cinque borghi è quello più<br />

alto sul mare, a conferma della<br />

sua vocazione agricola più<br />

che marinaresca. Mi accorgo<br />

che non è molto presto, così<br />

affretto il passo e, mangiando<br />

in corsa, ogni tanto raggiungo<br />

e supero brandelli <strong>di</strong> quello che<br />

doveva essere il compattissimo<br />

gruppo, per portarmi poi alla<br />

testa del serpentone. Il mio<br />

scopo è quello <strong>di</strong> riunire tutti<br />

a Vernazza, che a mio parere è<br />

il borgo più interessante. Patria<br />

<strong>di</strong> corsari (cioè legalmente<br />

autorizzati alla guerra <strong>di</strong> corsa,<br />

non come i pirati che parimenti<br />

uccidevano e saccheggiavano<br />

ma senza patente!) Vernazza è<br />

stata nel tempo un’orgogliosa<br />

e fasti<strong>di</strong>osa spina nel fianco<br />

della potente Genova, e la sua<br />

architettura testimonia questi<br />

suoi fasti. Merita sicuramente<br />

una visita la chiesa goticoligure<br />

<strong>di</strong> Santa Margherita<br />

d’Antiochia, a picco sul mare.<br />

Lasciata Vernazza si torna a<br />

salire, in mezzo alle vigne<br />

dove si produce lo Sciacchetrà,<br />

laboriosamente terrazzate e<br />

modernamente attrezzate con<br />

spirali <strong>di</strong> cremagliere su cui<br />

corrono carrelli che portano<br />

l’uva alla raccolta. Dopo<br />

un’ora <strong>di</strong> cammino comincia a<br />

profilarsi Monterosso, con la<br />

conseguente promessa <strong>di</strong> un bel<br />

bagno finale. Inconsciamente<br />

tutti affrettano il passo, e più<br />

<strong>di</strong> uno, me compreso, finisce<br />

per volare sugli interminabili<br />

ed infangati gra<strong>di</strong>ni che<br />

scendono al mare. La spiaggia<br />

comunque ormai e lì, con<br />

un’acqua trasparentissima che ci<br />

chiama per il bagno dell’ultimo<br />

giorno d’estate. Ci fermiamo un<br />

po’, cercando ossi <strong>di</strong> seppia e<br />

godendoci il mare, galleggianti<br />

come “inutile maceria”.<br />

Incre<strong>di</strong>bilmente quasi tutti<br />

convergono all’appuntamento<br />

delle 18,30 presso la stazione<br />

<strong>di</strong> Monterosso, dove pren<strong>di</strong>amo<br />

un treno che ci porta alla<br />

successiva Levanto, più<br />

abbordabile dall’ingombrante<br />

bus, che ci aspetta quin<strong>di</strong> sul<br />

piazzale. Da qui ripartiamo,<br />

questa volta via Genova,<br />

per tornare a casa. Arrivati<br />

nell’interland milanese mi<br />

rimetto l’i-pod, guardo fuori<br />

l’interminabile sequenza <strong>di</strong><br />

capannoni e perdo nuovamente<br />

conoscenza. Quando mi<br />

risveglio, le tristi e sfavillanti<br />

luci dell’Iperal mi <strong>di</strong>cono che<br />

ormai siamo ritornati in Valle,<br />

ma quasi non percepisco lo<br />

stacco.<br />

74 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 75


In valle <strong>di</strong> Albaredo<br />

sul sentiero Andrea Paniga<br />

Ad ospitare l’annuale appuntamento<br />

sul sentiero Andrea Paniga<br />

quest’anno è stata la valle <strong>di</strong><br />

Albaredo. Il 18 ottobre, in una<br />

gelida, ma tersa giornata, più <strong>di</strong><br />

30 soci hanno raggiunto il rifugio<br />

Alpe Piazza partendo da Valle,<br />

via Pitalone, e da Scöcia, via<br />

Baitridana. Un gruppo numeroso<br />

è salito da Pozza Rossa all’Alpe<br />

Pedroria e al Monte Pisello e da qui,<br />

per cresta, ha guadagnato la cima<br />

del Monte Lago da dove è poi sceso<br />

al rifugio per il ritrovo conviviale.<br />

76 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 77


GENNAIO<br />

Nuova legge sui rifugi<br />

Dopo numerose au<strong>di</strong>zioni con gli enti e le associazioni interessate,<br />

ha definitivamente concluso il suo iter, con il voto in Consiglio<br />

regionale, la nuova legge che regolamenta la funzione degli oltre 150<br />

rifugi della Lombar<strong>di</strong>a. Lo spirito della legge è quello <strong>di</strong> riconoscere<br />

l’in<strong>di</strong>spensabile ruolo dei rifugi nella promozione e nella tutela della<br />

montagna. Per questo motivo si è cercato <strong>di</strong> fare chiarezza sulle<br />

regole: <strong>di</strong>stinzione fra rifugi alpinistici (almeno 1000 m <strong>di</strong> quota in zone<br />

isolate e irraggiungibili al traffico or<strong>di</strong>nario), escursionistici (altitu<strong>di</strong>ne<br />

minima <strong>di</strong> 700 m, ma raggiungibili anche in auto), bivacchi alpini (oltre<br />

i 2000 m con una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> almeno 3 Km lineari o 300 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello<br />

da strade, rifugi o impianti <strong>di</strong> risalita). Oltre a questo il testo <strong>di</strong> legge<br />

prevede interventi sulla segnaletica sentieristica e de<strong>di</strong>ca una voce<br />

specifica alla figura del gestore che dovrà esercitare la propria attività<br />

per un minimo <strong>di</strong> 100 giorni all’anno, oltre ad essere in grado <strong>di</strong> porsi<br />

come “riferimento informativo della zona” e, nel caso <strong>di</strong> incidenti, <strong>di</strong><br />

collaborare attivamente.<br />

FEBBRAIO<br />

Valanga a Cevo<br />

Le forti nevicate dell’inizio del mese<br />

hanno avuto come conseguenza lo<br />

scivolamento a valle <strong>di</strong> una notevole<br />

massa nevosa a monte della strada<br />

che collega Bedoglio a Cevo.<br />

L’enorme quantità <strong>di</strong> neve, mista a<br />

terriccio, ciottoli e massi, valutata in<br />

circa 20000 metri cubi <strong>di</strong> materiale,<br />

ha invaso la sede stradale sulla quale<br />

fortunatamente in quel momento<br />

non transitava nessuno.<br />

Valanga sulla Cima della<br />

Rosetta<br />

Domenica 8 febbraio una valanga,<br />

staccatasi dalla cima della Rosetta<br />

in Valgerola, ha travolto ed ucciso lo<br />

sci alpinista Marco Della Marianna,<br />

36 anni <strong>di</strong> Mossini, impegnato nella<br />

<strong>di</strong>scesa lungo uno degli itinerari più<br />

noti della valle. La bella mattinata<br />

<strong>di</strong> cielo terso, arrivata dopo alcune<br />

giornate <strong>di</strong> maltempo, aveva<br />

attirato lassù una cinquantina <strong>di</strong><br />

appassionati <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina,<br />

ma le forti nevicate del venerdì<br />

e del sabato precedenti avevano<br />

accumulato 80 cm <strong>di</strong> neve fresca a<br />

1500 m, che non aveva legato con il<br />

sottostante manto già consistente.<br />

Troppi per poter affrontare<br />

l’escursione con la necessaria<br />

sicurezza.<br />

Non è la prima volta che avvengono<br />

episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa portata sulla<br />

Rosetta. Già nel 1987, più o meno<br />

nella stessa posizione, si era<br />

verificato un grosso <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong><br />

lastroni che aveva spazzato tutto<br />

il pen<strong>di</strong>o sottostante la cima.<br />

Fortunatamente in quell’occasione<br />

non ci furono vittime.<br />

Ancora le motoslitte alla<br />

ribalta della cronaca<br />

Intanto che <strong>CAI</strong>, Legambiente e<br />

Mountain wilderness si ritrovano al<br />

passo dello Spluga per <strong>di</strong>re ancora<br />

una volta “no” alle troppe motoslitte<br />

presenti in quota, la polemica<br />

investe anche i monti <strong>di</strong> casa<br />

nostra. Le guar<strong>di</strong>e ecologiche della<br />

CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> si sono attivate<br />

lungo la strada del passo San<br />

Marco per verificare l’osservanza<br />

del regolamento che <strong>di</strong>sciplina il<br />

transito delle motoslitte. I controlli<br />

effettuati non hanno fatto registrare<br />

infrazioni <strong>di</strong> sorta, anche perché gli<br />

abusi, segnalati più volte dal <strong>CAI</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Morbegno</strong> tramite il suo presidente,<br />

si verificano regolarmente fuori dai<br />

tracciati consentiti, dove <strong>di</strong> fatto i<br />

controlli sono impossibili. Inevitabile<br />

la reazione dei “motoslittisti” che<br />

hanno risposto a mezzo stampa<br />

alle osservazioni del <strong>CAI</strong>, in<br />

<strong>di</strong>fesa del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> frequentare<br />

la montagna con i loro mezzi<br />

motorizzati. La polemica continua<br />

e noi continueremo a <strong>di</strong>ssentire<br />

energicamente.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

Da rifare il processo per la<br />

trage<strong>di</strong>a del Monte Olano<br />

La Corte <strong>di</strong> Cassazione ha annullato<br />

l’assoluzione decisa dalla Corte<br />

d’Appello <strong>di</strong> Milano nei confronti del<br />

sondriese Fabio Fanoni, accusato<br />

<strong>di</strong> aver provocato, nel gennaio<br />

2003, la valanga sul monte Olano<br />

in Valgerola, nella quale morirono<br />

tre sci alpinisti ed altri sei rimasero<br />

feriti.<br />

La Corte d’Appello aveva motivato<br />

il proprio verdetto <strong>di</strong> assoluzione<br />

affermando che non era emerso<br />

con certezza che era stato proprio il<br />

sovraccarico causato dai tre sciatori<br />

fuori pista a provocare la rottura<br />

del manto nevoso e che rilievi <strong>di</strong><br />

negligenza dovevano essere mossi<br />

a tutti i protagonisti della vicenda,<br />

quin<strong>di</strong> anche al gruppo travolto<br />

dalla valanga, in quanto percorreva<br />

zone dove era segnalato pericolo. La<br />

Cassazione ha confutato questa tesi<br />

precisando che una semplice ipotesi,<br />

anche se possibile, non è sufficiente<br />

per togliere rilievo ai fatti accertati.<br />

Quin<strong>di</strong> tutto da rifare.<br />

Firmato l’accordo Foresta<br />

Valmasino<br />

Mercoledì 18 marzo in Regione<br />

è stato sottoscritto il protocollo<br />

d’intesa “Contratto <strong>di</strong> Foresta<br />

Valmasino”. Erano presenti i sindaci<br />

<strong>di</strong> Valmasino, Ardenno, Mello<br />

e Buglio, il vicepresidente della<br />

Comunità Montana <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, il<br />

presidente della Provincia <strong>di</strong> Sondrio<br />

e gli assessori regionali all’Ambiente<br />

e alle Infrastrutture e mobilità.<br />

Il progetto prevede numerosi<br />

interventi <strong>di</strong> valorizzazione del<br />

territorio non solo all’interno della<br />

Foresta <strong>di</strong> Lombar<strong>di</strong>a Valmasino,<br />

ma anche nelle aree circostanti <strong>di</strong><br />

pertinenza dei comuni suin<strong>di</strong>cati.<br />

Nello specifico sono previsti la<br />

tutela del patrimonio naturalistico, il<br />

potenziamento dell’offerta turistica<br />

e un programma <strong>di</strong> educazione<br />

ambientale che coinvolga le scuole<br />

lombarde.<br />

Disegno <strong>di</strong> legge sui<br />

fuoristrada<br />

E’ agli atti del Senato della<br />

Repubblica il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge n.1070<br />

con il quale si intende <strong>di</strong>sciplinare<br />

il settore della circolazione con<br />

mezzi motorizzati su strade a fondo<br />

naturale e fuori strada. Partendo<br />

dalla presa d’atto che la legislazione<br />

regionale esistente è del tutto<br />

inadeguata e che il contenzioso in<br />

or<strong>di</strong>ne alla concreta applicazione<br />

della normativa regionale è troppo<br />

alto, si è sentita la necessità <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare sul piano nazionale<br />

strumenti atti a permettere la <strong>di</strong>fesa<br />

del territorio e dell’ambiente da<br />

eventuali usi impropri od eccessivi<br />

dei mezzi motorizzati.<br />

MARZO<br />

78 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 79


APRILE<br />

Violata la riserva<br />

della val <strong>di</strong> Mello<br />

In val <strong>di</strong> Mello sono<br />

comparse opere invasive<br />

dell’ambiente naturale<br />

nel tratto <strong>di</strong> sentiero<br />

che costeggia la pozza<br />

denominata “bidet della<br />

contessa”, uno dei tratti<br />

più suggestivi e più<br />

fotografati del torrente<br />

che percorre la neonata<br />

Riserva naturale.<br />

L’intervento, realizzato<br />

dal Consorzio del proprietari della Val <strong>di</strong> Mello al fine <strong>di</strong> rendere più agevole<br />

l’acciottolato della mulattiera, è stato eseguito in maniera <strong>di</strong>fforme dalle<br />

opere autorizzate dal Comune, con tecniche poco rispettose <strong>di</strong> un ambiente<br />

così delicato e con il deposito <strong>di</strong> materiale nell’alveo del torrente, così da<br />

mo<strong>di</strong>ficarne il corso.<br />

Da parte dell’Amministrazione comunale è stato chiesto ai responsabili del<br />

Consorzio il ripristino della con<strong>di</strong>zione precedente. L’operazione <strong>di</strong> bonifica è<br />

stata eseguita dal Consorzio stesso.<br />

E’ morto Achille Compagnoni<br />

Il 13 maggio, all’età <strong>di</strong> 94 anni,<br />

si è spento all’ospedale <strong>di</strong> Aosta<br />

Achille Compagnoni, l’alpinista<br />

della Valfurva che il 31 luglio 1954,<br />

con il cortinese Lino Lacedelli, per<br />

primo salì il K2, la seconda vetta del<br />

pianeta. Campione <strong>di</strong> sci nor<strong>di</strong>co,<br />

medaglia d’oro al valor civile, Gran<br />

Croce dell’Or<strong>di</strong>ne al merito della<br />

Repubblica, da anni risiedeva a<br />

Cervinia dove faceva l’albergatore.<br />

Componente della squadra<br />

selezionata da Ar<strong>di</strong>to Desio,<br />

capo della spe<strong>di</strong>zione italiana in<br />

Karakorum, grazie alle sue doti <strong>di</strong><br />

ottimo alpinista ed alla sua tempra<br />

fisica, venne prescelto per l’attacco<br />

finale alla cima, conclusosi con<br />

successo.<br />

Il suo nome è legato anche alla<br />

polemica che, al ritorno della<br />

spe<strong>di</strong>zione, si innescò con Walter<br />

Bonatti, anch’esso componente<br />

del gruppo, sulla ricostruzione<br />

delle ultime fasi della salita. La<br />

<strong>di</strong>sputa, che si trascinò per anni,<br />

si è conclusa nel 2008 con il<br />

riconoscimento ufficiale da parte<br />

del C.A.I. della veri<strong>di</strong>cità della tesi<br />

sostenuta da Bonatti.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

MAGGIO<br />

Parte la Riserva<br />

della val <strong>di</strong> Mello<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi dalla sua<br />

approvazione, avvenuta nel mese<br />

<strong>di</strong> gennaio, e in attesa che ERSAF e<br />

Comune <strong>di</strong> Valmasino, identificati<br />

come soggetti gestori della Riserva,<br />

procedano alla stesura del piano<br />

<strong>di</strong> intervento, è stata inaugurata<br />

ufficialmente la Riserva naturale<br />

della val <strong>di</strong> Mello, nata a tutela<br />

dell’ambiente, del paesaggio e della<br />

fauna della valle.<br />

La manifestazione, oltre che<br />

dall’immancabile taglio del<br />

nastro, è stata caratterizzata da<br />

alcuni momenti significativi <strong>di</strong><br />

intrattenimento. Al mattino il coro<br />

Cantorion Colin Jones ha accolto<br />

gli ospiti che nel pomeriggio hanno<br />

potuto partecipare ad un’escursione<br />

guidata a Cascina Piana ed assistere<br />

ad una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> arrampicata.<br />

80 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 81


GIUGNO<br />

I ghiacciai si ritirano:<br />

cambiano i confini<br />

Dal 24 giugno è operativa una<br />

commissione italo-svizzera che<br />

avrà il compito <strong>di</strong> ridefinire i confini<br />

fra Lombar<strong>di</strong>a e Grigioni, fissati<br />

in una Convenzione del 1941. A<br />

causa del cambiamento climatico<br />

la massa glaciale dello spartiacque<br />

si è ridotta, mo<strong>di</strong>ficando <strong>di</strong> fatto la<br />

cresta che fa da confine. La linea<br />

<strong>di</strong> frontiera potrebbe così subire<br />

uno spostamento valutabile attorno<br />

ai 10-30 metri, a vantaggio o<br />

svantaggio dell’uno o dell’altro dei<br />

due stati.<br />

Trattandosi <strong>di</strong> aree geografiche<br />

demaniali al <strong>di</strong> sopra dei 3000<br />

metri non ci saranno conseguenze<br />

particolari se non la definizione<br />

delle responsabilità <strong>di</strong> intervento<br />

nei casi <strong>di</strong> incidenti, <strong>di</strong> soccorsi o <strong>di</strong><br />

ritrovamenti archeologici. Il ricordo<br />

corre infatti a Ötzi, la mummia<br />

ritrovata sul ghiacciaio del Similaun<br />

a cavallo fra la val Venosta e la<br />

Ötztal, contesa da Italia e Austria<br />

proprio a causa dell’incertezza dei<br />

confini. Assegnata in un primo<br />

momento all’Austria, si accertò<br />

poi che in realtà il ritrovamento era<br />

avvenuto in territorio italiano.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

LUGLIO<br />

Moratoria acque. E’ legge<br />

La battaglia per contrastare lo sfruttamento delle acque della<br />

nostra provincia, partita nel 2005 con una grande mobilitazione<br />

popolare e proseguita con l’inserimento della sospensione<br />

delle nuove concessioni nella Finanziaria 2007, è arrivata al<br />

suo epilogo. Il 23 luglio il Comitato istituzionale dell’Autorità <strong>di</strong><br />

bacino del Po ha approvato<br />

l’adozione della moratoria in salvaguar<strong>di</strong>a del bilancio idrico <strong>di</strong><br />

Valtellina e Valchiavenna e le nuove norme che impongono un<br />

blocco pressoché totale delle nuove concessioni.<br />

Con il sì del Comitato istituzionale <strong>di</strong>venta definitiva la delibera<br />

assunta il 24 marzo dal Comitato tecnico dell’Autorità <strong>di</strong> bacino<br />

del fiume Po. Ora scatta la salvaguar<strong>di</strong>a. Le norme che entrano<br />

in vigore imme<strong>di</strong>atamente resteranno valide per otto mesi,<br />

periodo nel quale bisognerà arrivare all’approvazione del Piano<br />

territoriale <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento provinciale.<br />

Tracima il torrenteQualido:<br />

paura in val <strong>di</strong> Mello<br />

Da La Provincia <strong>di</strong> Sondrio del 1<br />

agosto: “Mercoledì 29 luglio dal<br />

cuore della parete della val Qualido,<br />

dove passa la via alpinistica<br />

“Paolo Fabbri 43”, tracciata anni<br />

fa da Jacopo Merizzi, si è staccato<br />

un roccione alto 55 metri, largo<br />

20 e profondo 8. Il materiale è<br />

finito tutto nel torrente Qualido,<br />

solitamente <strong>di</strong> modesta portata,<br />

ma in questi giorni, a causa della<br />

pioggia torrenziale, particolarmente<br />

impetuoso. Il materiale depositatosi<br />

in alveo ha quin<strong>di</strong> prodotto un<br />

effetto tappo e l’acqua accumulatasi<br />

è tracimata violentemente a valle<br />

<strong>di</strong>lavando l’alveo del torrente che ha<br />

mutato completamente la propria<br />

morfologia. Detriti, piante, massi<br />

sono rotolati fino a valle andando a<br />

finire nel torrente Mello, fermandosi<br />

a circa 400 metri dal ristoro Gatto<br />

Rosso”. Paura per tre soci del <strong>CAI</strong><br />

<strong>Morbegno</strong> che proprio quella mattina<br />

stavano effettuando un’escursione<br />

in val Qualido. Fortunatamente i<br />

tre erano già transitati dalla zona<br />

interessata dalla frana.<br />

82 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 83


AGOSTO<br />

E’ morto<br />

Riccardo Cassin<br />

Giovedì 6 agosto si è spento nella sua casa dei<br />

Resinelli Riccardo Cassin, uno dei più gran<strong>di</strong><br />

testimoni dell’alpinismo mon<strong>di</strong>ale del XX secolo.<br />

Aveva 100 anni e 7 mesi. In quasi sessant’anni<br />

<strong>di</strong> attività ha collezionato qualcosa come 2500<br />

ascensioni, fra le quali 100 prime assolute. Dalla<br />

Grigna dove debuttò nel 1931 con una prima sulla<br />

Est della Guglia Angelina allargò ben presto i<br />

propri orizzonti sulle montagne <strong>di</strong> tutto il pianeta.<br />

Molte delle vie aperte da Cassin fanno oramai<br />

parte dell’epica alpinistica: nelle Dolomiti la parete<br />

Sud Est della Piccolissima <strong>di</strong> Lavaredo, la Torre<br />

Trieste lungo lo spigolo Sud Est e la Nord della<br />

Ovest <strong>di</strong> Lavaredo, che <strong>di</strong>venterà il primo tassello<br />

del grande trittico delle Nord. Trittico proseguito<br />

nel 1937 con la Nord Est del Ba<strong>di</strong>le e concluso<br />

con quello che viene giu<strong>di</strong>cato il capolavoro <strong>di</strong><br />

Cassin: lo sperone Walker alle Grandes Jorasses,<br />

nel 1939. Dopo la guerra vennero le spe<strong>di</strong>zioni<br />

extraeuropee: il Gasherbrum 4 con Mauri e<br />

Bonatti, il McKinley nel 1961, quin<strong>di</strong>, nel 1969,<br />

lo Jirishanca nelle Ande ed infine, nel 1975, un<br />

tentativo con esito negativo alla temibile parete<br />

Sud del Lhotse, avendo come compagni <strong>di</strong><br />

spe<strong>di</strong>zione i migliori esponenti dell’alpinismo del<br />

tempo, fra i quali Messner. Concluse la sua attività<br />

nel 1987 quando, all’età <strong>di</strong> 78 anni, ripercorse la<br />

sua via sulla Nord Est del Ba<strong>di</strong>le per celebrarne<br />

il 50° anniversario. A Riccardo Cassin rimase<br />

sempre il cruccio <strong>di</strong> essere stato escluso dalla<br />

spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Ar<strong>di</strong>to Desio al K2.<br />

SETTEMBRE<br />

Avvistato un orso in Valmasino<br />

Doveva succedere. Alla fine del mese l’orso ha fatto la sua comparsa anche da noi. Un<br />

gruppo <strong>di</strong> cacciatori impegnati in una battuta <strong>di</strong> caccia agli ungulati in Valmasino ha infatti<br />

avvistato il plantigrado nei boschi della valle del Ligoncio. La polizia provinciale, ricevuta la<br />

segnalazione, ha effettuato un sopralluogo in zona ed ha confermato la presenza dell’animale<br />

sulla base delle inequivocabili tracce rinvenute. Con tutta probabilità si tratta <strong>di</strong> Jj5,<br />

l’esemplare che lo scorso anno era stato in<strong>di</strong>viduato nella zona del Mortirolo, proveniente dal<br />

gruppo dell’Adamello.<br />

La raccomandazione degli esperti, che rassicurano circa la non pericolosità dell’animale, è<br />

comunque quella <strong>di</strong> evitare situazioni nelle quali l’orso possa sentirsi minacciato. Con tutta<br />

probabilità nei giorni seguenti il nostro amico ha proseguito il suo vagabondaggio solitario<br />

espatriando in val Bregaglia: lo testimonierebbe il ritrovamento <strong>di</strong> alcune pecore uccise.<br />

UN ANNO DI MONTAGNA<br />

Asportate le catene sul pizzo Trona<br />

Chi ha tagliato le catene sul Pizzo <strong>di</strong> Trona? L’interrogativo è stato posto da un lettore al giornale online Vaol.it,<br />

corredando lo scritto con tre fotografie illustrative. Sullo stesso notiziario numerosi gli interventi a commento del fatto.<br />

La notizia fa riferimento alla cresta Nord (più correttamente NNO) del pizzo Trona in Valgerola. L’itinerario che la risale<br />

venne attrezzato nel 1996 con una serie <strong>di</strong> catene atte a proteggere i tratti più impegnativi ed esposti, in particolare il<br />

“lastrone”, soggetto <strong>di</strong> due delle tre immagini.<br />

In quell’occasione il <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong> si oppose alla realizzazione <strong>di</strong> un manufatto che giu<strong>di</strong>cava del tutto inutile e<br />

manifestò il proprio <strong>di</strong>ssenso con alcuni articoli sulla stampa locale e su Lo Scarpone (Ottobre 1996) e con un esposto<br />

al Comune <strong>di</strong> Gerola, alla CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> e al Parco delle Orobie.<br />

La redazione si associa alla condanna <strong>di</strong> quest’atto irresponsabile. La ferrata del pizzo Trona è, a torto o a ragione, un<br />

fatto oramai consolidato negli anni. Danneggiarla o <strong>di</strong>sattivarla senza comunicazione alcuna o segnalazione adeguata<br />

al suo attacco, comporta grave pericolo a chi, sicuro <strong>di</strong> affrontare un percorso protetto, vi si avventura. Ciò, oltre a<br />

costituire un atto eticamente condannabile, costituisce un atto criminoso penalmente perseguibile.<br />

NOVEMBRE<br />

OTTOBRE<br />

E’ morto Lino Lacedelli<br />

A sei mesi dalla scomparsa <strong>di</strong> Achille Compagnoni, il 19 novembre<br />

se ne è andato anche Lino Lacedelli, conquistatore, assieme<br />

all’alpinista valtellinese, del K2 nel 1954. Aveva 84 anni. Lacedelli,<br />

ampezzano, maestro <strong>di</strong> sci e guida alpina, faceva parte degli<br />

Scoiattoli <strong>di</strong> Cortina. Abilissimo su roccia (molte le sue prime<br />

sulle torri dolomitiche), proprio per questa sua peculiarità venne<br />

selezionato fra i componenti della spe<strong>di</strong>zione da Ar<strong>di</strong>to Desio.<br />

84 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 85


• Il 22 aprile, presso la sede<br />

del <strong>CAI</strong> Sondrio, presente il<br />

Presidente generale Annibale<br />

Salsa, è stato costituito il<br />

“Gruppo Giovani valtellinese”.<br />

Il nostro socio Carlo Mazzoleni<br />

è entrato a far parte del<br />

Consiglio <strong>di</strong>rettivo del neo<br />

costituito gruppo.<br />

• Nel corso dell’Assemblea<br />

annuale è stato consegnato il<br />

<strong>di</strong>stintivo ricordo per i 50 anni<br />

<strong>di</strong> iscrizione ai Soci Riccardo<br />

Marchini e Antonio Passerini.<br />

I NUMERI DEL C.A.I.<br />

MORBEGNO<br />

Alla data del 31.12.<strong>2009</strong> gli<br />

iscritti sono 568 (+2) così<br />

sud<strong>di</strong>visi: 389 (-2) or<strong>di</strong>nari,<br />

139 (-4) famigliari e 40 (+8)<br />

giovani.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che le iscrizioni si<br />

effettuano presso gli sportelli<br />

del Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />

Ambrosetti.<br />

CONSIGLIO DIRETTIVO<br />

Presidente<br />

Domenico Del Barba<br />

Vicepresidente<br />

Mario Spini<br />

Segretario<br />

Davide Bonzi<br />

Consiglieri<br />

Danilo Acquistapace<br />

Enrico Bertoli<br />

Alessandro Caligari<br />

Angelo De Donati<br />

Giovanni Rovedatti<br />

Franco Scotti<br />

Oreste Zecca<br />

ISTRUTTORI DI<br />

ALPINISMO E DI<br />

SCI ALPINISMO<br />

Enrico Bertoli (ISA)<br />

Giulio Gadola (ISA)<br />

Marco Riva (ISA)<br />

Franco Scotti (ISA)<br />

Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />

ISTRUTTORI SEZIONALI<br />

DI ALPINISMO E DI SCI<br />

ALPINISMO<br />

Mario Spini<br />

Moreno Libera<br />

Danilo Acquistapace<br />

Gottardo Riva<br />

Riccardo Scotti<br />

ACCOMPAGNATORI DI<br />

ESCURSIONISMO<br />

Davide Bonzi (AE)<br />

Alessandro Caligari (AE)<br />

BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />

Sono entrati in biblioteca 1<br />

manuale tecnico <strong>di</strong> alpinismo<br />

e sci alpinismo e la guida “Pale<br />

<strong>di</strong> San Martino”.. Il totale dei<br />

titoli presenti negli scaffali è<br />

363. Completano il patrimonio<br />

31 videocassette e 152 carte<br />

geografiche.<br />

E’ in corso la procedura<br />

informatizzata per la gestione<br />

della biblioteca.<br />

I CORSI<br />

Corso <strong>di</strong> ginnastica<br />

presciistica<br />

Come oramai è tra<strong>di</strong>zione<br />

da <strong>di</strong>versi anni, da ottobre<br />

2008 a marzo <strong>2009</strong>, presso<br />

la palestra <strong>di</strong> via Prati Grassi si<br />

sono svolte le lezioni del corso<br />

<strong>di</strong> ginnastica in preparazione<br />

della stagione invernale. In<br />

circa 40 ore <strong>di</strong> lezione c’è stata<br />

una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 15 partecipanti<br />

ad incontro.<br />

LE GITE<br />

Gennaio<br />

Pescegallo – Sci alpinismo al<br />

chiaro <strong>di</strong> luna.<br />

Febbraio<br />

Ciaspolata alla Casera <strong>di</strong><br />

Olano.<br />

Aprile<br />

Sci alpinistica al Pisgana nel<br />

gruppo dell’Adamello.<br />

Maggio<br />

Gita al lago della Manzina in<br />

Valfurva (ve<strong>di</strong> pag.62).<br />

Giugno<br />

Cicloalpinistica in Val Roseg e<br />

alla Tschierva. (ve<strong>di</strong> pag.68).<br />

Luglio<br />

Semialpinistica al Pizzo Ferrè.<br />

Agosto<br />

3 giorni a Lagenfeld Huben in<br />

Austria (ve<strong>di</strong> pag.66).<br />

Settembre<br />

Cinque Terre (ve<strong>di</strong> pag.68).<br />

Ottobre<br />

Appuntamento sul Sentiero<br />

Paniga – Alpe Piazza (ve<strong>di</strong><br />

pag.72).<br />

RALLYNO DELLA<br />

ROSETTA<br />

Domenica 1 marzo 44 squadre<br />

si sono confrontate per<br />

aggiu<strong>di</strong>carsi il 22° Rallyno della<br />

Rosetta. In considerazione del<br />

rispetto dovuto a Marco Della<br />

Marianna, travolto e ucciso<br />

da una valanga sulla Cima<br />

della Rosetta, l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

quest’anno è stata spostata<br />

sull’Alpe Olano. Il tracciato<br />

ine<strong>di</strong>to, dal rifugio della<br />

Corte alla Motta <strong>di</strong> Olano, ha<br />

incontrato il gra<strong>di</strong>mento dei<br />

partecipanti.<br />

Vincitori Rallyno:<br />

Flavio Colli – Davide Codega<br />

(penalità 1,186).<br />

Vincitori cronoscalata:<br />

Maurizio Torri – Gianluca Lan<strong>di</strong><br />

(<strong>di</strong>slivello 525 m - tempo 32’<br />

29”).<br />

Vincitori <strong>di</strong>scesa:<br />

Pietro Del Barba – Mauro Orlan<strong>di</strong><br />

(43”).<br />

SERATE IN SEDE<br />

19.12.2008<br />

Presentazione dell’apparecchio<br />

<strong>di</strong> ricerca in valanga (ARVA)<br />

della Ortovox.<br />

23 gennaio<br />

Serata <strong>di</strong> formazione e stage<br />

all’uso dell’apparecchio <strong>di</strong><br />

ricerca in valanga (ARVA) Pulse<br />

della Barrivox.<br />

17 febbraio<br />

Serata <strong>di</strong> <strong>di</strong>apositive<br />

“Montagne d’Africa”,<br />

presentata da Lorenzo Rizzini.<br />

3 aprile<br />

“Il turismo dell’incontro in<br />

sud America”, viaggio verso<br />

le magie an<strong>di</strong>ne con la guida<br />

Edgar Roca.<br />

15 maggio<br />

Scialpinismo sui vulcani del<br />

Cile, filmato <strong>di</strong> Franco Scotti.<br />

2 settembre<br />

Ricordo <strong>di</strong> Vincenzo Spreafico.<br />

20 novembre<br />

“Ghiacciai sotto serra”<br />

<strong>di</strong> Riccardo Scotti.<br />

I MERCOLEDÌ DEGLI<br />

UNDER 99<br />

Continuano con una buona<br />

partecipazione le uscite<br />

infrasettimanali del Gruppo<br />

Under 99”:<br />

Marzo<br />

• Pescegallo al chiaro <strong>di</strong> luna.<br />

86 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 87


• Sci alpinistica alla Cima della<br />

Pesciola in Val d’Arigna.<br />

Aprile<br />

• Scialpinistica in Valgerola.<br />

• Scialpinistica in valle Spluga<br />

Maggio<br />

• Scialpinistica in Alta<br />

Valtellina.<br />

• Escursione Savogno – Dasile<br />

in val Bregaglia.<br />

• Escursione al Monte<br />

Cornizzolo nel Triangolo<br />

Lariano.<br />

• Escursione a Bresciadega in<br />

val Codera.<br />

Giugno<br />

• Escursione al rifugio Motta<br />

in Valmalenco.<br />

• Escursione al Bregagno nei<br />

Monti Lariani.<br />

Luglio<br />

• Escursione al rifugio Marinelli<br />

dal Vallone dello Scerscen in<br />

Valmalenco.<br />

• Escursione all’Alpe Motta da<br />

Fraciscio in valle Spluga.<br />

• Escursione al bivacco del<br />

Servizio da San Sisto in valle<br />

Spluga.<br />

• Escursione in val Qualido in<br />

Valmasino.<br />

Settembre<br />

• Escursione a Pustaresc in<br />

Valtartano.<br />

• Escursione al pizzo Berro –<br />

Vesenda in valle <strong>di</strong> Albaredo.<br />

• Escursione a Laguzzola –<br />

Len<strong>di</strong>ne in val del Drogo –<br />

valle Spluga.<br />

Ottobre<br />

• Escursione al rifugio<br />

Scoggione al Legnone.<br />

• Escursione al “Pertuus” in<br />

val Vicima – Valtartano.<br />

• Escursione alla Cima<br />

Vignone da Scermendone.<br />

• Escursione a La Corvegia<br />

dall’alpe Zocca sui Monti<br />

Lariani.<br />

Novembre<br />

• Escursione a San Bartolomeo<br />

<strong>di</strong> Sorico.<br />

• Escursione sulla Costiera dei<br />

Cech ai Tre Cornini.<br />

RITROVI CONVIVIALI<br />

• Ottobre, Castagnata presso<br />

la sede sociale.<br />

• Dicembre, Cena sociale<br />

presso Antica Osteria Rapella.<br />

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88 <strong>CAI</strong> MORBEGNO <strong>CAI</strong> MORBEGNO 89


90 <strong>CAI</strong> MORBEGNO

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