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DIEGO CANNIZZARO - Padis

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”<br />

DOTTORATO DI RICERCA IN<br />

STORIA ED ANALISI DELLE CULTURE MUSICALI<br />

XVII CICLO<br />

<strong>DIEGO</strong> <strong>CANNIZZARO</strong><br />

La musica per organo e clavicembalo<br />

nei regni di Napoli e di Sicilia<br />

tra XVI e XVII secolo<br />

Volume primo<br />

Tutori: Coordinatore:<br />

Prof. Paolo Emilio Carapezza Prof. Pierluigi Petrobelli<br />

Prof. Renato Di Benedetto<br />

2004


Introduzione<br />

INDICE VOLUME PRIMO<br />

1. La musica per organo e clavicembalo nel regno di Napoli nel XVI<br />

secolo.<br />

1.1 Napoli e Spagna<br />

1.2 Rocco Rodio<br />

1.2.1. Ricercate a quattro voci (1575)<br />

1.2.2. Regole di musica (rist. 1609)<br />

1.3 Antonio Valente<br />

1.3.1 Intavolatura de cimbalo (1576)<br />

1.3.2. Versi Spirituali (1580)<br />

2. La musica strumentale in Sicilia nel XVI secolo<br />

2.1 Pietro Vinci (1560) - Antonio Il Verso (1596) –<br />

Giovan Battista Calì (1605)<br />

2.2 Sebastian Raval (1596)<br />

2.3 Achille Falcone (1603)<br />

3. Il trentennio d’oro a Napoli (1586/1618)<br />

3.1 Giovanni De Macque<br />

3.2 Il manoscritto “Rossi”<br />

3.3 Ascanio Mayone<br />

3.3.1. Primo libro di diversi capricci per sonare (1603)<br />

3.3.2. Primo libro di ricercari a tre voci (1606)<br />

3.3.3. Secondo libro di diversi capricci per sonare (1609)<br />

3.3.4.Esempi musicali pubblicati in “La Sambuca Lincea”<br />

(1618)<br />

3.4 Giovanni Maria Trabaci<br />

3.4.1. Ricercate […], primo libro (1603)<br />

3.4.2. Ricercate […], secondo libro (1615)<br />

4. La musica per organo e clavicembalo in Sicilia nel XVII secolo<br />

4.1 Gioan Pietro Del Buono (1641)<br />

4.2 Giovan Battista Fasolo (1645)<br />

4.3 Bernardo Storace (1664)<br />

5. La conclusione di un ciclo<br />

5.1 Giovanni Salvatore<br />

5.1.1 Ricercari a quattro voci […] (1641)<br />

5.1.2. Pezzi presenti nel manoscritto “Cimino”.<br />

5.2 Il manoscritto “Cimino”<br />

5.3 Gregorio Strozzi<br />

5.3.1 Elementorum musicae praxis (1683)<br />

5.3.2. Capricci da sonar cembali et organi (1687)<br />

Fonti<br />

Bibliografia<br />

Pag. 1<br />

1<br />

5<br />

7<br />

10<br />

13<br />

13<br />

21<br />

24<br />

27<br />

32<br />

40<br />

43<br />

51<br />

64<br />

72<br />

73<br />

77<br />

78<br />

83<br />

85<br />

87<br />

99<br />

110<br />

112<br />

123<br />

137<br />

145<br />

146<br />

147<br />

154<br />

156<br />

167<br />

167<br />

177<br />

189<br />

193


INTRODUZIONE<br />

La prima stampa di musica italiana per strumenti a tastiera è il volume Frottole<br />

intabulate da sonare organi / Libro primo uscito a Roma il 13 gennaio 1518 ad opera<br />

del chierico Andrea Antico da Montona. Gli originali vocali vengono adattati al nuovo<br />

mezzo fonico con l’introduzione di fioriture; anche la distribuzione della parte viene<br />

occasionalmente modificata. Le Frottole Intabulate assumono, così, una leggerezza<br />

nuova e si affrancano dagli originali vocali. La pubblicazione dell’Antico non sembra,<br />

però, destinata esclusivamente all’organo ed è emblematica la xilografia del frontespizio<br />

che raffigura un giovane seduto al clavicembalo e non all’organo.<br />

Le frottole di Andrea Antico presentano, quindi, due fondamentali caratteristiche<br />

della musica organistica cinquecentesca: la derivazione da modelli vocali e<br />

l’ambivalenza d’impiego tra organi e gli altri strumenti a tastiera.<br />

Nel 1523, cinque anni dopo le Frottole Intabulate di Antico, Marco Antonio<br />

Cavazzoni pubblicherà, per i tipi di Bernardo da Vercelli, i Ricercari, Motetti, Canzoni /<br />

Libro Primo. Altri organisti e compositori attivi nell’Italia settentrionale pubblicheranno<br />

nella prima metà del Cinquecento opere per organo: Gerolamo Cavazzoni, Jacopo<br />

Fogliano, Girolamo Parabosco, Annibale Padovano.<br />

Nei regni di Napoli e di Sicilia la pubblicazione di opere per organo o<br />

clavicembalo inizierà nella seconda metà del XVI secolo con il Libro di ricercate a<br />

quattro voci di Rocco Rodio, pubblicato nel 1575 e l’Intavolatura de cimbalo del<br />

napoletano Antonio Valente pubblicata nel 1576. Nel XVI secolo i compositori siciliani<br />

pubblicano musica strumentale in libri-parte eseguibile sia da un gruppo strumentale<br />

che con un strumento da tasto. Bisognerà aspettare il 1641 per vedere pubblicate a<br />

Palermo le Quattordici sonate per clavicembalo di Gioampietro Del Buono.<br />

I cinque capitoli del presente lavoro sono stati organizzati distinguendo le opere<br />

prodotte nel regno di Napoli da quelle nel regno di Sicilia: nel XVI secolo la Sicilia<br />

appare ricca di forze locali mentre la cultura musicale napoletana è influenzata<br />

maggiormente da musicisti spagnoli. Negli anni compresi tra il 1586 e il 1618 l’attività<br />

musicale napoletana vive un periodo di grande fervore: operano nella città partenopea<br />

Carlo Gesualdo principe di Venosa, Giovanni de Macque, Ascanio Mayone e Giovanni<br />

Maria Trabaci; è un “trentennio d’oro” in cui Napoli diventa la capitale meridionale<br />

della musica organistica e cembalistica. La Sicilia non vive un analogo periodo di<br />

fervore ed in tutto il XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per<br />

organo e clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita:<br />

Gioampietro Del Buono, Giovan Battista Fasolo e Bernardo Storace. A Napoli,<br />

l’impulso del trentennio d’oro si esaurirà con la pubblicazione nel 1687 dei Capricci da<br />

sonar cembali et organi di Gregorio Strozzi.<br />

Le opere esaminate in questo studio furono quasi tutte pubblicate a stampa; fanno<br />

eccezione due importanti manoscritti napoletani: il “Manoscritto Rossi” (Cap. 3.2.) ed il<br />

“Manoscritto Cimino” (Cap. 5.2.). La maggior parte delle musiche esaminate nel<br />

presente studio sono accessibili in edizioni anastatiche o in trascrizioni in notazione<br />

moderna; fanno eccezione i 17 ricercari di Sebastian Raval pubblicati a Palermo nel<br />

1596 e le Fantasie sopra “Iste Confessor” e “Ave Maris Stella” di Rocco Rodio,<br />

pubblicate a Napoli nel 1575 nel Libro di Ricercate a quattro voci. Di queste musiche<br />

si presenta la trascrizione in notazione moderna nel secondo volume della tesi.


1. LA MUSICA STRUMENTALE NEL REGNO DI NAPOLI NEL XVI<br />

SECOLO<br />

1.1 NAPOLI E SPAGNA.<br />

Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, il regno di Napoli fu teatro di guerre<br />

di conquista. La contesa tra i D’Angiò e gli Aragonesi si risolse nel 1504 col trattato di<br />

Lione che confermò l’appartenenza del regno di Napoli alla corona aragonese; con essa<br />

entrò poi, dal 1516, nel patrimonio del ramo principale della Casa d’Asburgo, che allora<br />

divenne sia sovrana di Castiglia che di Aragona. Sia il regno di Napoli che quello di<br />

Sicilia, quest’ultimo fedele alla corona aragonese dal 1282, seguirono gli orientamenti<br />

politici ed economici di Carlo V (1500-1558) e, successivamente, di Filippo II (1527-<br />

1598), Filippo III (1598-1621) e Filippo IV (1621-1665) attraverso la mediazione dei<br />

viceré. I viceré determinavano l’indirizzo politico, a volte in conflitto con i<br />

predecessori, col rischio di adottare politiche che non rispondessero agli interessi<br />

dell’imperatore in nome del quale esercitavano il governo 1 .<br />

I contatti tra i musicisti spagnoli ed italiani erano frequenti: sia nel regno di Napoli<br />

che di Sicilia avevano soggiornato musicisti spagnoli al seguito dei loro sovrani.<br />

Durante le spedizioni in Sicilia e nell’Italia meridionale tra il 1420 e il 1432, Alfonso I<br />

il Magnanimo ebbe al proprio seguito un gruppo di cantori e sonatori. Quando divenne<br />

re di Napoli, nel 1443, si preoccupò di allestire una cappella musicale di altissimo<br />

rango, costituita per lo più, da musici e cantori spagnoli 2 .<br />

Ma la migrazione era reciproca:<br />

Si veda, tra l’altro, l’esempio dei “seys ytalianos con sus biguelas de arco” che il Duca di<br />

Medina Sidonia condusse seco ai festeggiamenti organizzati nel 1543 per le nozze del<br />

principe Filippo con la principessa Maria di Portogallo, festeggiamenti che si svolsero in<br />

vari luoghi siti tra Badajos e Salamanca, ai quali collaborò anche Cabezon esibendosi<br />

come suonatore e cantante […] gli scambi di rapporti musicali tra le due penisole furono<br />

svariatissimi; è un andirivieni costante, un fluire e rifluire incessante di idee e concetti, un<br />

intreccio artistico continuo 3 .<br />

A Napoli convergono molti musicisti spagnoli, fiamminghi, veneziani, borgognoni<br />

e francesi invitati dai nobili napoletani: Costanzo Festa, Orlando di Lasso, Giaches de<br />

Wert, Philippe de Monte 4 .<br />

I maestri della cappella reale di Napoli 5 furono spesso stranieri: Diego Ortiz<br />

(1555-70) e Francisco Martinez de Loscos (1570-83) spagnoli, Bartolomeo Lo Roy<br />

(1583-98) borgognone e Giovanni de Macque 6 (1599- 1614) fiammingo. Toccherà a<br />

Giovanni Maria Trabaci, allievo e successore di Macque, l’onore di diventare il primo<br />

napoletano maestro della Real Cappella.<br />

1 Cochrane 1989, 37.<br />

2 Anglés 1961, 81-142.<br />

3 Kastner 1960, 52<br />

4 Larson 1983, 72<br />

5 Prota-Giurleo 1960, 186.<br />

6 Vedi Cap. 3.1<br />

1


La figura di Diego Ortiz, nato a Toledo intorno al 1510 e morto probabilmente a<br />

Napoli intorno al 1570 7 è tra le più importanti di tutto il XVI il secolo. Nel 1553, due<br />

anni prima di assumere l’incarico di maestro della Real Cappella di Napoli, pubblica<br />

presso Valerio e Luigi Dorico, in Roma, il Trattado de glosas 8 : esso apparve in lingua<br />

spagnola ma, nello stesso anno, seguì una versione in italiano. Solo i paragrafi<br />

introduttivi vennero tradotti in italiano mentre tutte le pagine con gli esempi musicali<br />

vennero lasciate in spagnolo, segno di un lavoro svolto abbastanza in fretta; anche la<br />

traduzione italiana, forse dello stesso Ortiz 9 , non è molto elegante.<br />

Il trattato rende merito al valore raggiunto dalla musica strumentale ed Ortiz stesso<br />

così esordisce nell’introduzione:<br />

Pensando il prefato auttore quanto la Musica a questi nostri tempi sia in fiore non sola-<br />

/mente quella la quale consiste de armonia de voce ma anchora quella che consiste de<br />

instrumenti,/ vedendo anchora ch’in tutte lhoro (sic) diversità si ritrovano trattati sopra li<br />

quali li curiosi di essa Mu-/sica si possono prevalere studiando li precetti & ordini per<br />

sonare tali instrumenti, donolli gran-/de ammiration’ la Viola de arco la qual per esser’ un<br />

instrumento tanto principale e che tanto è / in uso, che non sia alchuno de tanti huomini<br />

sufficienti & in tal in strumento esercitati ch’anchora habino da-/to principio di modo che<br />

li studiosi scorgessero alcuna via o maniera de essercitarsi in essa.. 10<br />

Ortiz esamina, poi, varie maniere di diminuire con esempi musicali per la viola da<br />

gamba, ma assai utili per qualsiasi altro strumento: le “glose” di Ortiz sono un criterio<br />

generale per creare pezzi strumentali originali e per elaborare preesistenti brani vocali.<br />

Nel secondo libro Ortiz affronta le maniere che s’han da sonare col Violone, e col<br />

Cimbalo insieme; vi sono considerate tre possibilità: la “fantasia”, improvvisazione<br />

libera, che non si può mostrare, che ciascun buon sonatore la suona di sua testa e di<br />

suo studio & uso 11 , i contrappunti sul canto piano ed i passeggi.<br />

Sei recercadas sono composte sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto<br />

La Spagna. Ecco la una breve spiegazione che le precede:<br />

Desta manera de taner pongo aqui 6. Reçercadas sobre este canto llano quese sigue,<br />

elqual se ha da poner en el Cymbalo por donde esta apuntado por contrabaxo,<br />

acompanandole con consonançias y algun contrapunto … 12<br />

Ortiz offre pure esempi di ricercate derivate da brani vocali: quattro sono elaborate<br />

sul madrigale di Jacob Arcadelt “O felici occhi miei” 13 ed altre quattro sulla canzone<br />

“Dolce memoire” di Pierre Sandrin 14 .<br />

Chiude il trattato il gruppo di otto ricercate sobre estos Cantos llanos que en Italia<br />

comunmente llaman Tenores 15 : la prima e la quinta sopra il Passamezzo antico, la<br />

seconda e la terza sopra il Passamezzo moderno, la quarta e l’ottava sopra la Follia, la<br />

sesta e la settima sopra la Romanesca. La qualità musicale di queste ricercate è altissima<br />

ed il loro linguaggio sarà il punto di riferimento per tanti compositori napoletani.<br />

Antonio Valente attingerà a piene mani da Ortiz quando nel 1576 pubblicherà<br />

l’Intavolatura de’ cimbalo, prima opera napoletana per clavicembalo. L’impostazione<br />

7<br />

Stevenson 1980, 762.<br />

8<br />

Dedicato a Pedro de Urries, barone di Riesi (Sicilia).<br />

9<br />

Di Pasquale 1984, 1.<br />

10<br />

Ortiz 1553, 3r.<br />

11<br />

Ortiz 1553, 26f.<br />

12<br />

Ibidem, 30v.<br />

13<br />

Madrigale pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539)<br />

14 Stevenson 1980, 763.<br />

15 Ortiz 1553, 47r.<br />

2


teorica di Ortiz, con poche regole teoriche ben illustrate da esempi musicali, verrà<br />

mantenuta anche nel trattato Regole di musica di Rocco Rodio, giuntoci grazie ad una<br />

ristampa del 1609 16 .<br />

Un altro grande musicista spagnolo che visse a lungo in Italia fu Francisco<br />

Salinas. Nato a Burgos in una data compresa tra il 1513 e il 1518 17 , si trasferì in Italia<br />

nel 1538, dapprima a Roma e nel 1553 a Napoli. Lo ritroviamo in Spagna nel 1563,<br />

organista della cattedrale di Leon ed infine, nel 1567, titolare della cattedra di musica<br />

presso l’Università di Salamanca, dove morì nel 1590. Francisco Salinas è passato alla<br />

storia per il suo monumentale trattato diviso in sette libri, di cui si riporta il titolo per<br />

esteso:<br />

Francisci Salinas Burgensis abbatis Sancti Pancratii de Rocca Scalegna in Regno<br />

Neapolitano, & in Accademia Salamanticensi Musicae Professoris, DE MUSICA Libri<br />

septem, in quibus eius doctrinae veritas tam quae ad Harmoniam, quam quae ad<br />

Rhythmum pertinet, iuxta sensus ac rationis iudicium ostenditur, & demonstratur. Cum<br />

duplici Indice Capitum et Rerum. Salamanticae Excudebat Mathias Gastius.<br />

M.D.LXXVII<br />

Il primo libro è dedicato all’aritmetica, principio e fondamento di qualsiasi<br />

argomentazione teorica sulla musica; dei sei restanti libri, tre (II, III, IV) sono dedicati<br />

alla scienza armonica con un sistematico studio dei rapporti intervallari che regolano le<br />

consonanze e le dissonanze, gli altri tre (V, VI, VII) alla ritmica con un’attenta analisi<br />

della metrica classica. Benché l’opera abbia visto la luce a Salamanca, sono presenti nel<br />

trattato di Salinas esperienze e cognizioni risalenti al periodo in cui visse in Italia: per<br />

esempio, vi è la descrizione dell’organo di Santa Maria Novella in Firenze (Lib. IV, 32),<br />

sono riferiti la notevole capacità dei cantori napoletani ad intonare intervalli difficili<br />

(Lib. II, 8) e l’uso dei cantori greci risiedenti a Napoli di intonare anche i quarti di tono<br />

(Lib. II, 9).<br />

Nel III libro Salinas affronta il problema dell’accordatura degli strumenti<br />

descrivendo il temperamento degli organi (ed altri strumenti ad accordatura fissa) e<br />

degli strumenti a corde (lira, vihuela, liuto): per i primi propone tre forme differenti del<br />

“tono medio” con toni uguali e semitoni differenti, per i secondi descrive un<br />

temperamento con semitoni uguali che è simile al moderno temperamento equabile; al<br />

tempo stesso stigmatizza la teoria di Vicentino 18 con la divisione dell’ottava in 31 parti<br />

perché non rispettosa, a suo dire, delle giuste proporzioni intervallari. Le problematiche<br />

di Salinas saranno affrontate e studiate dai compositori napoletani del XVII secolo:<br />

Stella, Mayone, Trabaci, Del Buono si confronteranno con i cembali cromatici e con gli<br />

archicembali ma, alla fine, prevarrà la divisione in semitoni uguali. Le musiche di<br />

Giovanni Salvatore e di Gregorio Strozzi, composte a metà del XVII, sembrano più<br />

appropriate a strumenti accordati col temperamento a semitoni uguali, del quale anche<br />

Frescobaldi sembra essere stato tra gli assertori.<br />

[…] Ci sembra sintomatico che la prima esplicita presa di posizione d’un teorico veda la<br />

luce a Napoli: il calabrese Domenico Scorpione, nelle sue Riflessioni armoniche<br />

pubblicate a Napoli nel 1701, afferma infatti che la pratica dell’accordatura degli<br />

strumenti a tastiera non corrisponde alla teoria in vigore; secondo quest’ultima i semitoni<br />

risulterebbero ineguali, mentre nella pratica “sempre si trovano i semitoni uguali” o,<br />

16 Vedi Cap 1.2.<br />

17 De la Cuesta 1974, 5-18.<br />

18 Nicola Vicentino (Vicenza 1511, Milano c 1576) descrisse l’archicembalo di sua invenzione nel quinto<br />

libro nella sua pubblicazione L’antica musica ridotta alla moderna pratica (Roma, 1555).<br />

3


comunque, “tal differenza, che dicono trovarsi tra essi semitoni è di tanta picciola<br />

quantità, che appena si discerne dall’udito” 19<br />

Domenico Scorpione rivela una pratica da molto tempo in voga: nel 1567 il napoletano<br />

padre Francesco Orso aveva preso in considerazione la suddivisione equabile del tono<br />

per due madrigali cromatici da lui pubblicati nello stesso anno 20 :<br />

[…] mi è parso necessario, accioch’io sia inteso in questi ultimi Madrigali fatti da me nel<br />

genere cromatico […] ho segnato un semitonio solo […] mi son risoluto usar questo<br />

segno # il quale facesse l’istesso ufficio nell’alzar la voce, che fa il bemolle<br />

nell’abassarla: ciò è, che dove si trovasse questo segno, s’intendesse esser’ il mezo<br />

accidentale, che può cadere tra l’uno, e l’altro estremo intervallo. 21<br />

Anche Antonio Valente, nell’Intavolatura de cimbalo del 1576, impiegherà il diesis (#)<br />

come unico segno d’alterazione. 22<br />

Se è dimostrabile il flusso di musicisti spagnoli che operarono nei regni di Napoli<br />

e di Sicilia è più difficile stabilire fino a che punto le rispettive scuole musicali si siano<br />

reciprocamente influenzate. La tecnica della variazione impiegata dai maestri napoletani<br />

potrebbe essere frutto dell’influsso spagnolo o, per lo meno, di uno stimolo proveniente<br />

dal trattato di Diego Ortiz; quest’ultimo, di contro, appare molto italianizzato se<br />

paragonato alle coeve pubblicazioni nella penisola iberica di Juan Bermudo 23 o Tomas<br />

de Sancta Maria 24 . L’Intavolatura de’ cimbalo di Antonio Valente (1576) si ispira<br />

indubbiamente all’intavolatura numerica degli organisti spagnoli, ma risulterà un caso<br />

isolato in Italia: lo stesso Valente adotterà la più convenzionale partitura a quattro<br />

pentagrammi per i suoi Versi spirituali (1580).<br />

Ma la scuola napoletana spicca assai più per la sua indipendenza e originalità che per gli<br />

accennati – sicuri o ipotetici – legami. Basti accennare allo scarso interesse degli organari<br />

e organisti partenopei per i “registri spezzati” che sulla fine del Cinquecento sono ormai<br />

di prammatica in Ispagna e cominciano a diffondersi dell’Italia settentrionale e centrale;<br />

di conseguenza resta estranea ai napoletani una delle forme più tipiche dell’arte<br />

organistica spagnola secentesca: il tiento de medio registro (o de registro partido). Per<br />

converso, la Spagna sembra essere rimasta piuttosto impermeabile al fermento che agisce<br />

nell’arte cembalo-organistica napoletana all’inizio del nuovo secolo, soprattutto ad opera<br />

di Jean de Macque e dei suoi discepoli Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci;<br />

alludo in particolare a quello stile toccatistico “affettuoso” che sfocerà nell’arte<br />

frescobaldiana e troverà terreno fecondo nella stessa Napoli durante il XVII secolo. 25<br />

19<br />

Tagliavini 1983b, 144.<br />

20<br />

Orso 1567.<br />

21<br />

Pubblicato in Vogel 1892, 33-34.<br />

22<br />

Vedi Cap. 1.2.<br />

23<br />

Juan Bermudo: De arte Tripharia, Ossuna 1549; Desclaracion de instrumentos musicales, Ossuna<br />

1555.<br />

24<br />

Tomas de Sancta Maria: Arte de taner Fantasia…, Valladolid 1565.<br />

25<br />

Tagliavini 1983b, 141-142.<br />

4


1.2 ROCCO RODIO<br />

L’opera di Rocco Rodio è stata oggetto di studio a partire dal Settecento: le sue<br />

messe e le Regole di musica vennero studiate e celebrate da padre Martini. Rodio è<br />

quindi considerato tra i fondatori della tradizione musicale napoletana dell’età spagnola.<br />

Fino a tempi recenti non era stata messa in discussione l’origine calabrese di Rocco<br />

Rodio, uno dei più importanti musicisti attivi a Napoli nell’età di Carlo Gesualdo principe<br />

di Venosa. Riportata genericamente da tutti i biografi ottocenteschi, dal Villarosa, al Fétis<br />

al Florimo, e più di recente in alcuni studi locali calabresi, sembra assai probabile<br />

l’origine in Calabria della famiglia Rodio, che nella regione ha tuttora discendenti: forse<br />

per un trasferimento momentaneo in Puglia dei suoi genitori, Rocco Rodio ebbe la<br />

ventura di nascere in provincia di Bari nell’epoca di maggiore fervore politico e artistico<br />

del ducato di Bona Sforza, attorno al 1540. 26<br />

In realtà il luogo della nascita venne correttamente indicato già nelle stampe musicali<br />

cinquecentesche 27 ; nel 1562 Giovanni Camillo Maffei stampa una raccolta di lettere tra<br />

cui una indirizzata a “M. Rocco Rodio”, testimonianza di fama e reputazione acquistata<br />

dal musicista a Napoli 28 definitivamente sancita nel 1601 da Scipione Cerreto che<br />

inserisce Rodio, per antichità napoletano, tra i compositori eccellenti della Città di<br />

Napoli che oggi vivono 29 .<br />

Il rapporto con i principali musicisti aristocratici napoletani della generazione precedente<br />

quella di Gesualdo è testimoniato dalla importante raccolta di Aeri del 1577 30 , che<br />

rappresenta il primo contributo all’affermazione della monodia accompagnata, con largo<br />

anticipo sugli esperimenti fiorentini, com’è stato ben rilevato di recente da Howard<br />

Mayer Brown 31 . I nomi che compaiono in questa antologia sono quelli di Fabrizio<br />

Dentice, Scipione Stella, Pietro d’Isis, Scipione delle Palle, Francesco Menta, Tarquinio<br />

del Pezzo. Anche i musicisti che erano compresi in un’altra antologia curata da Rodio nel<br />

1589 32 , oggi scomparsa, erano tutti collegati alla nobiltà napoletana: Antonio Bove, Lelio<br />

Gozzuto, Giovanni Francesco delle Castelle e Francesco Antonio Villano. 33<br />

Non abbiamo notizia di coinvolgimento di Rodio nella cerchia di Carlo Gesualdo di<br />

Venosa, né di incarichi presso istituzioni napoletane: forse, la grande stima che si<br />

procurò a Napoli derivò dall’attività di insegnante privato.<br />

Rodio non recise mai i contatti con la città natia: intorno al 1574 tornò<br />

probabilmente a Bari 34 ma<br />

Nel 1598 Rocco Rodio sicuramente non risiedeva a Bari, ma in questa città possedeva<br />

ancora una casa (“Quae fuit quondam Rocchi de Rodio in vicinio Spiritus Santi”)<br />

26<br />

Fabris 1994, ix.<br />

27<br />

Nel 1562, presso lo stampatore romano Dorico, vengono pubblicate le Missarum Decem Liber Primis<br />

Rocchi Rodij Civitatis Barensis, Cum quatuor, quinque, et sex vocibus; l’edizione originale di questa<br />

stampa che si conservava a Padova non è più reperibile, ma esiste una copia manoscritta settecentesca<br />

presso il Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, coll. U 122.<br />

28<br />

Fabris 1994, ix.<br />

29<br />

Cerreto 1601, 156.<br />

30<br />

Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggionti… di diversi [3-4 v.], rist. G. Cacchio dall’Aquila,<br />

Napoli, 1577.<br />

31<br />

Brown 1981, 147-168 e 1991, 16-50.<br />

32<br />

Cfr. Larson-Pompilio 1983, 115.<br />

33<br />

Fabris 1994, x.<br />

34<br />

A Bari nacque il suo figlio “Vincenzo de Rocco de rodio”; cfr. Fabris 1994, x.<br />

5


icordata in un inventario della basilica di San Nicola di Bari del 1618, quando il musico<br />

era già morto. La sua fine deve essere avvenuta non molto tempo prima, fra il 1615 e il<br />

1618, anche se già nella prima ristampa del 1609 delle sue Regole di musica il curatore ed<br />

allievo Giovan Battista Olifante parla del suo maestro al passato, lasciando intendere che,<br />

se non scomparso, Rodio avesse ormai cessato ogni attività 35 .<br />

Due pubblicazioni di Rodio rivestono un ruolo importante nell’evoluzione della musica<br />

per strumenti a tastiera nell’Italia meridionale: il Libro delle ricercate a quattro voci<br />

(1575) ed il trattato teorico Regole di musica che ci è giunto grazie alla ristampa curata<br />

dal suo discepolo Olifante nel 1609.<br />

35 Fabris 1994, xi.<br />

6


1.2.1 LIBRO DELLE RICERCATE A QUATTRO VOCI (1575)<br />

Il Libro di Ricercate a quattro voci è l’unica pubblicazione esclusivamente<br />

strumentale di Rocco Rodio 36 ; lo stampatore, Giuseppe Cacchio Dall’Aquila,<br />

fu il primo a Napoli a mostrare una sorta di specializzazione editoriale, poiché nei due<br />

anni successivi portò alla luce rispettivamente la Intavolatura de cimbalo di Antonio<br />

Valente e una antologia di Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggiunti, curata<br />

quest’ultima sempre da Rocco Rodio; […] E’ probabile che Rodio, all’epoca già<br />

rinomato in città come organista e didatta, avesse in qualche modo un ruolo di consulente<br />

stabile per questo stampatore, ruolo fors’anche collegato ad un tentativo di “camerata<br />

musicale”, ovvero di accademia, che vide coinvolto il musicista a Napoli in quei<br />

decenni. 37<br />

Ecco il frontespizio :<br />

LIBRO<br />

D I R I C E R C A T E A<br />

QUATTRO VOCI DI ROCCO RODIO<br />

CON ALCUNE FANTASIE SOPRA<br />

VARII CANTI FERMI NOVAMENTE<br />

POSTI IN LUCE<br />

[Stemma]<br />

IN NAPOLI, Con Privilegio, Appresso Gioseppe Cacchio<br />

Dall’Aquila. M D L X X V.<br />

A differenza di quanto farà l’anno successivo Antonio Valente nella sua Intavolatura de<br />

cimbalo, Rodio non specifica strumenti: l’estensione e la distribuzione delle parti è,<br />

comunque, compatibile con l’esecuzione tastieristica. La disposizione in partitura con<br />

quattro pentagrammi, inoltre, sarà sempre usata dai maestri napoletani fino ad oltre la<br />

metà del XVII secolo, per le opere destinate all’organo o al clavicembalo.<br />

36<br />

Nel 1573 Rodio aveva pubblicato presso l’editore napoletano Mattia Cancer i Salmi per i Vespri. Vedi<br />

Fabris 1994.<br />

37<br />

Ibidem, viii.<br />

7


Ecco la dedica :<br />

MOLTO MAGNIFICO SIGNOR IL SIGNOR GIO<br />

Battista Turbolo da Napoli.<br />

Sogliono l’opere dei mortali mag.[nifico] e generosissimo sig. mio, quando fuo-/ra<br />

del’ordinario, e solito corso si scorgono, cagionare ammirattione a/ chi ben le considera.<br />

Ma quando si vedono ad ottimo, & onorato fi-/ne drizzate aggiungono allegrezza à chi<br />

ama, & utilità à chi l’es-/sercita; chi dunque non ammirarà il camino alla virtù che V.S.<br />

per/ proprio fine s’ha preso? Poiché in tanta abondanza de’ beni di fortu-/na, non<br />

com’altri forse farebbe, alle delizie, o ad altre opre poco degne/ ha posto il suo saggio<br />

pensiero; ma alle lettere, alla musi-/ca, & al altri nobili esercitij, servendosi delle doti<br />

della fortuna ad abbellir ogni giorno/ più l’ingegno suo atto ad ogni onorata impresa;<br />

onde stupore al mondo, a se sodisfatio-/ne, & allegrezza grande porge a chi l’ama; tal che<br />

tutti i virtuosi si debbono ingegnar/ d’amarvi, & onorarvi, poiché tanto fautore, & amator<br />

loro vi dimostrate. Et io in/ segno de la mia divotione li dono queste picciole fatiche<br />

accompagnate da molta affet-/tione, e dal gran debito c’ho a le sue rare parti. Accettale<br />

dunque con quell’affetto d’/animo ch’io ce li porgo, e [,]con cio fo fine[,] umilmente me<br />

li ricomando.<br />

D. V .S. Perpetuo servo. Rocco Rodio.<br />

I ricercari e le fantasie sono in tempo imperfetto (C) ad eccezione della quarta ricercata<br />

che ha una sezione in tempo ternario .<br />

Prima ricercata. E’ un ricercare politematico 38 con tre soggetti:<br />

1. batt. 1-45: esposizione ed elaborazione del primo soggetto;<br />

2. batt. 46-69: elaborazione del secondo soggetto;<br />

3. batt. 70-77: terzo soggetto;<br />

4. batt. 78-82: coda virtuosistica basata sulla diminuzione del terzo soggetto.<br />

I soggetti non vengono diminuiti né aumentati, si riscontrano solo alcune variazioni<br />

ritmiche dei soggetti, in particolar modo nell’incipit, viene usata con regolarità la<br />

tecnica dello stretto. La scarsa elaborazione tematica viene compensata dal differente<br />

carattere dei soggetti: il primo, infatti, è severo, il secondo ed il terzo sono<br />

progressivamente più movimentati. La coda finale è originalissima: il terzo soggetto, in<br />

semiminime, è diminuito in semicrome e rimbalza continuamente fra tutte le voci con<br />

un movimento turbinoso finché non giunge all’accordo finale. Queste ultime quattro<br />

battute sono stilisticamente affini alla Fantasia improvvisativa 39 . La ricercata è nel<br />

settimo tono naturale 40 .<br />

Seconda ricercata. E’ monotematica: il soggetto appare nell’esposizione all’Alto,<br />

al Canto, al Tenore ed al Basso; il controsoggetto, articolato e vivace, viene ampiamente<br />

sfruttato nello sviluppo del pezzo. Il soggetto viene proposto in aumentazione e<br />

diminuzione. La cadenza finale è condotta sul soggetto aumentato al Basso. La ricercata<br />

è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave.<br />

Terza ricercata. E’ politematica con quattro soggetti:<br />

1. batt. 1-33: esposizione ed elaborazione del primo soggetto;<br />

2. batt. 34-43: elaborazione del secondo soggetto;<br />

3. batt. 44-63: terzo soggetto;<br />

4. batt. 64-92: quarto soggetto.<br />

38 Nel ricercare politematico i soggetti vengono esposti e sviluppati in sezioni separate a differenza del<br />

ricercare multitematico in cui i soggetti vengono esposti e sviluppati contemporaneamente. Vedi volume<br />

II, tavola n.°2..<br />

39 Cfr la Fantasia di Antonio Valente, Cap. 1.3.1., 17-18.<br />

40 L’autore non specifica nella stampa il tono delle ricercate.<br />

8


Rodio impiega gli artifici presenti nelle due precedenti ricercate: intensificazione<br />

progressiva dei soggetti (il terzo soggetto è l’unione di un gruppetto con un trillo) ed<br />

elaborazione tematica. Da sottolineare come l’apice ritmico viene raggiunto col terzo<br />

soggetto; il quarto soggetto, invece, è più quieto e regolare.<br />

Fig. 2.1.1: Terza ricercata, terzo soggetto (batt. 44).<br />

La ricercata è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave.<br />

Quarta ricercata. E’ multitematica con due soggetti che entrano subito in stretto:<br />

Fig. 2.1.2.: Quarta ricercata, batt. 1-4.<br />

I due soggetti hanno la coda (inciso “a”) in comune. La ricercata è divisa in due sezioni:<br />

1. batt. 1- 55, tempo imperfetto;<br />

2. batt. 56-77, tempo 3/2.<br />

La sezione ternaria non presenta un soggetto ben definito ma amplia e sviluppa l’inciso<br />

“a” comune ai due soggetti. La ricercata è nel terzo tono naturale.<br />

Quinta ricercata. E’ multitematica col secondo soggetto che appare come<br />

controsoggetto del primo (duplex thema). I due soggetti sono ben differenziati<br />

ritmicamente: il primo è calmo e severo, il secondo è articolato e brillante. Il primo<br />

soggetto viene proposto diverse volte in aumentazione mentre lo sviluppo è affidato agli<br />

incisi del secondo soggetto variati. La ricercata è nel primo tono finto con Si bemolle in<br />

chiave.<br />

Alle cinque ricercate fanno seguito quattro fantasie su canti dati: Iste confessor,<br />

Ave maris stella, Salve regina 41 e La mi re fa mi re 42 .<br />

Utilizzando il termine Fantasia, Rodio differenzia questi pezzi su canto fermo dalle<br />

ricercate: queste si svolgono secondo un ordinato piano tematico, le fantasie, invece,<br />

presentano continuamente temi nuovi in imitazione. Nelle fantasie è quasi del tutto<br />

assente lo sviluppo tematico poiché l’autore preferisce variare il flusso sonoro con<br />

l’inserimento di nuovi temi: a volte, comunque, i nuovi temi riprendono, variandoli,<br />

elementi già uditi in precedenza. Il canto fermo è fissato sempre in brevi al tenore:<br />

Iste confessor: 48 battute di brevi.<br />

Ave maris stella: 40 battute di brevi.<br />

Salve regina: 32 battute di brevi.<br />

41<br />

La Salve Regina di Rodio venne pubblicata anche nell’Intavolatura de cimbalo di Antonio Valente.<br />

42<br />

E’ il canto fermo altrove definito “La Spagna”, “Bassa Castiglia” e “Canto fermo di Costantio Festa”.<br />

Vedi volume II, tavola 3.<br />

9


La mi re fa mi re: 37 battute di brevi.<br />

La conduzione delle parti nelle Fantasie porta spesso ad incroci molto scomodi da<br />

eseguirsi ovvero a parti molto late: l’esecutore alla tastiera è costretto a lasciare<br />

anzitempo la nota del canto fermo e se ciò non comporta problema alcuno al<br />

clavicembalo, all’organo l’effetto sonoro non è felice. Le ricercate, di contro, non<br />

presentano di questi problemi.<br />

1.2.2 REGOLE DI MUSICA (rist. 1609)<br />

Non ci è pervenuta alcuna copia della prima pubblicazione del trattato di Rodio; il<br />

suo allievo Giovan Battista Olifante curò nel 1609 una nuova edizione cui aggiunse, in<br />

appendice, un Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro.<br />

Ecco il frontespizio della edizione curata da Olifante:<br />

R E G O L E D I M U S I C A<br />

D I R O C C O R O D I O<br />

SOTTO BREVISSIME RISPOSTE AD ALCUNI<br />

dubij propostigli da un Cavaliero, intorno alle varie opinioni<br />

de Contrapontisti<br />

CON LA DIMOSTRATIONE DE TUTTI I CANONI<br />

sopra il Canto Fermo, con li Contraponti doppij, e rivoltati,<br />

e le loro Regole.<br />

AGGIONTAVI UN’ALTRA BREVE DIMOSTRATIONE<br />

de dodici Tuoni Regolari, Finti e Trasportati.<br />

ET DI NUOVO DA DON GIO. BATTISTA OLIFANTE AGGIONTOVI UN<br />

Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro, e ristampato.<br />

[Stemma]<br />

IN NAPOLI, Per Gio. Giacomo Carlino, e Costantino Vitale. M.D.CVIIII<br />

Rodio esordisce con un illuminante Trattato di varie opinioni di musici sopra il<br />

contrappunto, scritto in forma di risposta ad alcuni dubij propostigli da un Cavaliero,<br />

che si riporta in parte:<br />

Havendo io più volte con V.S. ragionato di tante varie opinioni, e capricci, che ne i<br />

Musici sopra il Contrappunto si trovano; in alcuni per impor nuove leggi, in altri per<br />

mostrar nuove invenzioni, in altri per non voler, che nell’incominciar detto Contrapunto,<br />

s’incomincia con consonanza imperfetta: In altri negando cominciar con perfetta<br />

10


consonanza, e chi volendo che nella position della battuta non si dia ottava, altri che non<br />

si vada dall’ottava alla quinta, & dalla quinta all’ottava, non ostante che siano in contrarij<br />

modi. Altri che non si vada dall’ottava alla quintadecima, ne dalla quintadecima<br />

all’ottava. Altri negando poter venirsi dalla duodecima alla quinta, altri non volendo, che<br />

per dentro si conchiudino cadenze. Altri affermando potersi ciò fare. Altri prohibendo i<br />

passaggi di crome. Altri concedendoli. Altri non volendo che la quarta si leghi, ancor che<br />

presso si segua la terza. Altri (e questi sono i moderni) vogliono ch’l passaggio non passi<br />

quattro note, e mill’altri de simili pareri. Altri intendendo l’osservation d’una maniera, &<br />

altri d’un’altra; mi fu da lei imposto che sopra queste confusioni, & contrarietà de’<br />

Contrappuntisti (che certo ingombrano la mente di poveri principianti curiosi di veder<br />

tante varietà di leggi, & d’opinioni) gli dicessi il parer mio. Dunque il parer mio è, che<br />

osservatione non è altro che facendosi contrapunti per lo soprano, si deve con le maggiori<br />

consonanze salire, & con le minori scendere, & per lo basso, è da osservarsi tutto il<br />

contrario, salir con le minori, & discendere con le maggiori; e si deveno ligar quelle<br />

dissonanze, le quali sono salvate da consonanze imperfette, così per il Soprano, come per<br />

il basso. […] Oltra ciò direi che tutta volta ch’l Contrappuntista attende ad essere vago, e<br />

far buon effetto, non è obligato à tanti varij capricci de gli altri: per ciò che alle volte il<br />

contrapunto astretto da tanti obblighi di regole, & osservazioni non può far vago, e dolce<br />

effetto, opponendosi à questo molti inconvenienti, che da tali osservazioni nascono. Non<br />

perciò resta ch’io non lodi l’osservatione; ma semo tuttavia più obligati al vago, e dolce<br />

concento, ch’à tante sorti di leggi. Il che chiaramente si conferma dall’autorità di coloro,<br />

c’hanno atteso alla vaghezza più che all’osservatione. Perciò altra cosa è il dire, & altro il<br />

fare. Ma quando senza impedimento di qualche obligo si potesse osservar lo loderei.<br />

Rodio si rende conto delle tante e troppe opinioni che esistono in merito alle regole<br />

del ben comporre che non aiutano certo i principianti; egli si propone, quindi, di fissare<br />

poche e precise regole generali che consentano di mantenere alto l’interesse poiché le<br />

regole non devono soffocare la musica. Il trattato esamina, così, gli aspetti della<br />

composizione ritenuti da Rodio essenziali per la formazione del compositore attraverso<br />

esempi musicali . La materia è così suddivisa:<br />

1. canoni in tutti gli intervalli sopra il canto fermo La Spagna;<br />

2. contrappunti rivoltati;<br />

3. teoria dei dodici toni con esempi musicali;<br />

4. contrappunti sopra l’Ave Maris Stella.<br />

Per il nostro studio risultano particolarmente interessanti gli esempi al punto 3. poiché<br />

sono dei brevi brani in partitura a quattro pentagrammi perfettamente eseguibili<br />

all’organo, scritti nello stile dei versetti:<br />

11


Fig. 2.1.3: Regole di Musica, Dimostrazione del Primo tuono naturale, pag. 59.<br />

La dimostrazione del Primo tuono naturale è scritta nello stile delle “durezze e ligature”<br />

che troveremo in Giovanni de Macque. Le Dimostratione de’ dodici tuoni naturali, et<br />

regolari con li finti, et trasportati possono essere eseguite all’organo come intonazioni<br />

per le scholae cantorum.<br />

12


1.3 ANTONIO VALENTE<br />

Apprendiamo gli avvenimenti della vita di Antonio Valente da quattro fonti: i<br />

frontespizi delle due sue pubblicazioni, il trattato di Scipione Cerreto 43 ed i registri della<br />

chiesa di Sant’Angelo a Nilo in Napoli dove Valente tenne l’incarico di organista per<br />

diversi anni. Il frontespizio dell’ Intavolatura de Cimbalo, la prima opera stampata a<br />

Napoli per strumento a tastiera, dichiara la cecità di Antonio Valente, il frontespizio dei<br />

Versi Spirituali ci rivela che Antonio Valente fu attivo a Napoli almeno fino al 10<br />

settembre del 1580, Scipione Cerreto, nel 1601, cita Antonio Valente tra i Sonatori<br />

eccellenti d’Organo della città di Napoli, che oggi non vivono 44 e lo definisce per<br />

antichità Napoletano 45 , definizione usata per indicare tutti i musicisti non nati a Napoli<br />

e successivamente naturalizzati; è evidente così che Valente nel 1601 era già morto.<br />

Joseph Albert Burns 46 ha studiato gli archivi della chiesa di Sant’Angelo a Nilo (o a<br />

Nido) e rivela che Antonio Valente fu organista tra il novembre 1565 e il maggio 1580;<br />

suo predecessore fu Fabio Vescovo e Donato Martuccio il suo successore. Valente<br />

ricevette aumenti di salario nel 1566, nel 1569 e nel 1577 raddoppiando all’incirca la<br />

paga con cui aveva iniziato il servizio.<br />

Il frontespizio:<br />

43 Cerreto 1601.<br />

44 Ibidem, 159.<br />

45 Ibidem, 159.<br />

46 Burns 1953, 4-5.<br />

1.3.1.INTAVOLATURA DE CIMBALO (1576)<br />

INTAVOLATURA DE CIMBALO<br />

R E C E R C A T E<br />

FANTASIE ET CANZONI<br />

FRANCESE DESMINUITE<br />

CON ALCUNI TENORI BALLI ET VARIE<br />

S O R T E D E C O N T R A P O N T I<br />

L I B R O P R I M O<br />

De M. Antonio Valente Cieco, Organista della Venerabile Chiesa<br />

Di Sant’Angelo à Nido, di Napoli<br />

DA LUI COMPOSTE, INTAVOLATE, ET POSTE IN LUCE<br />

[Stemma]<br />

Con licenza, & Privilegio, per Anni diece<br />

I N N A P O L I<br />

13


La dedica:<br />

ALL’ILLUSTRE<br />

S. OR M I O E T P A D R O N E<br />

OSSERVANDISSIMO IL SIGNOR<br />

G I O. G E R O N I M O<br />

C A P E C E<br />

Quanto io deggia à Vost. Sig. Illust. e quanta/ sia la mia servitù appresso lei, ne<br />

sono argomento i mol-/ ti favori da lei ricevuti, e le singolari virtù, che sono / in essa:<br />

quando che quelli li son proprij come di Cava-/ liere generoso, e queste native, come di<br />

spirito pellegri-/ no. Onde quelli mi le han cagionato infiniti oblighi,/ e queste perpetua<br />

affettione, tal che a gl’oblighi aggiun-/ ti i meriti, di tanto carco mi trovo oppresso, di<br />

quanto meno al suo alto grado/ corrisponde il mio poco valore, onde s’à quelli con opre, e<br />

à questi con l’ani-/ mo sodisfar volessi, ne à quelli le forze, ne à questi il desire sariano<br />

bastevoli./ Pur se manco di forza, per non perder almeno di voglia, e in questo non rice-/<br />

va accusa, se in quello non manco disculpa, ho voluto se non disobligarmi, alme-/no<br />

scusarmi & con qualche segno di servitù mostrarle quanto mi le conosca/ debitore. E<br />

come ch’ella è d’infinite virtù ripiena, & tra l’altre havendo gran/ parte nella musica di<br />

cui tanto si serve nelle scienze Mathematiche, che l’ar-/monia dalle proportioni cavando,<br />

le proportioni da i numeri, e da i numeri/ le misure, & dalle misure a l’armonia<br />

trapassando, coi numeri l’arithmentica/ con l’armonia la Musica, con le misure<br />

l’Architettura, e con le proportione la/ Pittura, e la Scultura (di che ella è tanto vaga) di<br />

continuo va conferendo, / e con le proprietà da l’una teoricamente quella de l’altre<br />

riprovando. Et per-/che la musica con l’armonia fa esperienza de’ numeri proportionati,<br />

delle pro-/portioni misurate, & delle misure armonizate. Per tanto intorno à quella co-/me<br />

regola, e dimostratione delle proportioni, in che l’altre si fondano, mi hò/ industriato<br />

aggradirla. Hò voluto dedicarle la presente operetta di/ compositione sopra il Cimbalo<br />

non gia per disciogliermi da gli oblighi anzi per/ più confessarmile obligato, e come che<br />

da molta affettione ha origine V. S. non/ si degnerà di benignamente accettarla se non per<br />

la valor del opra (sic), almeno/ per l’effetto del intentione, la quale farà l’opra meritevole<br />

di gratie appresso lei, e di favore appresso il mondo, quando ch’ella non pur come sangue<br />

illustre,/ ma come chiusa nelle scienze, e nelle liberal facoltà può col suo nome difen-<br />

/derla, & assicurarla da maligni.<br />

De V. S. Servitor affettionato.<br />

Infine, un importante avvertimento:<br />

14<br />

Antonio Valente.<br />

FRAT’ALBERTO MAZZA DE NAPOLI DEL OR<br />

DINE DI SAN DOMINICO AI LETTORI:<br />

Si come per la comodità ch’hoggi havemo de le stampe non è huomo (se non fusse alcuno<br />

privo della/ libertà, & del tutto infelice) che con ragione possa scusarsi, di non esser<br />

letterato, cosi d’hoggi avanti/ non serà chi havendo desiderio di essere musico possa<br />

allegare legittima scusa di non potervi giunge-/re. Poiche a’ giorni nostri per opra, &<br />

ingegno del Eccellente musico Antonio Valente si è ritrova-/to questo speditissimo, &<br />

facilissimo modo, co’l quale ciascuno quantunque ignorante a fatto d’o-/gni fondamento


di musica potrà da se stesso senz’aiuto di maestro imparare a sonar il Cimbalo; inven-<br />

/tione con effetto divina ne d’altri mai più usata degna di esser pregiata non meno per la<br />

utilità ch’apporta quanto di/ assere admirata per esser l’autore di essa Cieco da i soi teneri<br />

anni della pueritia, che pur con tutto il difetto della natu-/ra mai si stanca gia giovare<br />

altrui. Hora insegnando, hora dittando a scrivere cose bellissime in questa facultà, &<br />

acciò/ che non pasano cose da non credersi non è molto ch’in certi giovani rozi, et che<br />

non conoscevano né note né tasti, si è vista/ una rara esperienza ch’appena con essercitio<br />

di dui mesi di pratica sopra quest’intavolatura, al improviso sonano/ qual si voglia<br />

Canzone ch’intavolata in questo modo lor si proponga, Onde l’Autore cosi bel secreto<br />

non era incont’al’cu-/no (sic) per pubblicare ma come diceva, lo riserbava a’ cari amici,<br />

& discepoli, ma poi vedendo che altri cercavano farsine/ inventori, & haver lode delle sue<br />

fatiche, s’è risoluto a comune utilità delli studiosi dare questi per hora, fra tanto at-/<br />

tenderà ad complire l’intavolatura delle messe, & gl’altri divini officij insieme con alcuni<br />

scelti madrigali, mottetti e/ fantasie bellissime ch’appresso si stamperanno, quando che<br />

l’Autore intenderà che queste vi siano state Care.<br />

L’intavolatura numerica è presentata come un’invenzione di Valente per facilitare<br />

l’approccio alla musica a coloro che non sappiano leggere le note; tale sistema<br />

consentirebbe anche ad autodidatti di imparare a suonare il clavicembalo in appena due<br />

mesi. Valente è lodato come un benefattore che non si stanca mai di far del bene con<br />

l’insegnamento e, soprattutto, senza curarsi della propria gloria; avrebbe pubblicato la<br />

sua Intavolatura con la notazione numerica costretto dal rischio di plagio. Si annunzia,<br />

inoltre, la prossima pubblicazione in intavolatura numerica di messe, versi per gl’altri<br />

divini officij, madrigali, mottetti e fantasie; questo programma non venne rispettato e<br />

videro la luce solo i Versi Spirituali nella più comune partitura a quattro pentagrammi.<br />

L’intavolatura numerica era già stata messa a punto ventuno anni prima dallo<br />

spagnolo Juan Bermudo 47 , nel 1555; tra il sistema dello spagnolo e quello del<br />

napoletano esistono delle importanti differenze: Bermudo indica i tasti, sia diatonici che<br />

cromatici, con i numeri da 1 a 42 (Do1 – La 4 con prima ottava corta); i numeri<br />

vengono disposti sopra linee che rappresentano le voci e le linee possono variare da due<br />

a sei. Sempre ad opera di Bermudo troviamo un sistema un po’ semplificato con<br />

l’indicazione numerica riferita solo ai tasti diatonici mentre gli altri recano un segno di<br />

alterazione. Un simile sistema di notazione viene utilizzato due anni dopo la<br />

pubblicazione di Bermudo da Luis Venegas de Henestrosa 48 , sempre in terra spagnola: i<br />

numeri vengono disposti su di un sistema di quattro linee, corrispondenti alle quattro<br />

voci, i numeri sono ridotti a sette e, per differenziare le ottave, vengono aggiunti segni<br />

diacritici ai numeri. All’inizio di ciascun brano vi è l’indicazione del tempo fuori rigo e<br />

viene anche indicato il bemolle per la trasposizione del tono. Questo sistema di<br />

notazione verrà poi impiegato da Antonio de’ Cabezòn 49 e Francisco Correa de<br />

Arauxo 50 .<br />

Il tipo di intavolatura impiegato da Antonio Valente si ispira al tipo spagnolo per<br />

l’impiego dei numeri. E’ Valente stesso, nella prefazione all’”Intavolatura”, che ci<br />

dichiara i suoi intenti:<br />

Prima per maggior facilità, & comodità di quelli, quali vogliono imparare di sonare<br />

al cimbalo hò voluto fare questa nuova intavolatura in abaco, poi che la musica in altro<br />

non è composta, se non in detto abaco, è che ciò sia il vero, non si può accordare sorte di<br />

consonanza niuna, se prima non si sa la lontananza da una voce ad un'altra. 51<br />

47 Bermudo 1555<br />

48 Venegas de Henestrosa 1557.<br />

49 Cabezon 1578.<br />

50 Correa de Arauxo 1626.<br />

51 Valente 1576, fol iii v .<br />

15


Si dovrà quindi numerare i tasti bianchi dello strumento:<br />

Quando dunque s’haveranno a toccare i tasti del cimbalo si toccheranno quelli che<br />

vi mostra la intavolatura con li numeri. I numeri vengono divisi da una linea, quelli di<br />

sopra sono segnati nel principio con D. che denota esser toccati con la man dritta, e quelli<br />

di sotto son segnati con l’M. che denota doversi toccare con la manca 52 .<br />

Le alterazioni sono indicate con una croce, la pausa viene espressa dal “sospiro”<br />

il quale appare, per la verità, molto raramente. Quando i numeri vengono scritti gli uni<br />

sopra gli altri, si dovranno suonare contemporaneamente i tasti corrispondenti; la durata<br />

viene stabilita con “bastoni” e “bandiere” che corrispondono alle comuni figure<br />

musicali:<br />

Fig. 1.3.1: figure musicali impiegate da Valente (fol. iv r )<br />

Alla fine della sua prefazione Valente aggiunge una “Dichiarazione breve per<br />

quelli che non sanno Musica intorno alla Misura”:<br />

Quando troverete un bastone in questo modo [simbolo della semibreve] tutti<br />

quelli numeri andaranno tardi, e quando ci sarà una bandiera così [simbolo della minima]<br />

andara la mita più presto, e quando saranno due bandiere così [simbolo della<br />

semiminima] andera la mita più presto e questo è l’andar di seguito, e quando seranno tre<br />

bandiere così [simbolo della croma] andera la mita più presto, e quando ritroverete<br />

quattro bandiere così [simbolo della semicroma] vada la mita più veloce e quanto più se<br />

può 53 .<br />

Mentre nelle intavolature numeriche spagnole la condotta polifonica delle parti<br />

viene resa con grande chiarezza, la notazione di Valente traduce meglio il movimento<br />

delle dita sulla tastiera e la divisione delle note tra le due mani. Merita un cenno la<br />

raffigurazione di uno strumento a tastiera nell’introduzione all’”Intavolatura”,<br />

strumento che assomiglia più ad un clavicordo che ad un clavicembalo. Probabilmente è<br />

un disegno ornamentale senza alcuna pretesa di riprodurre fedelmente i dettagli degli<br />

strumenti usati al tempo di Valente: non si spiegherebbe diversamente la lunghezza<br />

identica di tutte le corde e lo strano rapporto tra il numero delle corde visibili,<br />

quattordici, e le più numerose chiavette per l’accordatura. E’ verosimile, invece,<br />

l’estensione della tastiera, 45 tasti (Do 1 – Do5) con prima ottava corta.<br />

52 Ibidem, fol iii v .<br />

53 Ibidem, iv r .<br />

16


Fig. 1.3.2.: clavicordo stilizzato (fol. iii v )<br />

L’Intavolatura de Cimbalo può essere considerata come opera omnia collecta 54 in<br />

quanto racchiude le forme strumentali in quel tempo in voga: elaborazioni su canto<br />

fermo, intavolature di brani polifonici vocali, danze stilizzate e pezzi astratti.<br />

1. i pezzi astratti sono rappresentati da una fantasia e sei ricercari;<br />

2. la Salve Regina è l’unica elaborazione su canto fermo;<br />

3. ci sono quattro intavolature di chansons più o meno “diminuite”;<br />

4. le danze stilizzate appartengono a due categorie, le variazioni su tenori italiani<br />

(Zefiro, Passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia, Tenore Grande alla Napoletana,<br />

Romanesca e Gagliarda napoletana) ed i balli (Bascia Flammignia, Gagliarda<br />

Napoletana e Ballo Lombardo).<br />

I PEZZI ASTRATTI<br />

Il brano d’apertura è la Fantasia: per tutto il XVI secolo i termini “ricercare” e<br />

“fantasia” sono sinonimi. La differenza non va cercata nel tipo di scrittura, in entrambi<br />

i casi contrappuntistica, quanto nella diversa concezione delle due forme, la fantasia,<br />

frutto di una capacità improvvisativa, il ricercare, dedicato ad una “ricerca” di tutte le<br />

elaborazioni possibili di uno o più temi: la fantasia e il ricercare sarebbero, quindi, due<br />

facce della stessa medaglia. Prima di Antonio Valente, la letteratura organistica<br />

possedeva pochi esempi di fantasie:<br />

1. JOHANNES KOTTER, Fantasia in Do, 1515;<br />

2. LEONHARD KEBER, Fantasia in Re, 1520 e Fantasia in Fa, 1524;<br />

3. GIULIANO TIBURTINO, Fantasie e Ricercari, 1549;<br />

4. A fansye of master Newman, 1550;<br />

5. ADRIAN WILLAERT ed altri autori, Fantasie Recercari Contrapunti, 1551;<br />

6. ROCCO RODIO, Fantasie sopra varii canti fermi, 1575;<br />

7. EUSTACHE DU CAURROY (1549-1609), Fantaisie à l’imitation de « Salve<br />

Regina »<br />

L’esordio della Fantasia di Valente è in stile toccatistico con lunghi accordi<br />

accompagnati da rapide figurazioni; nel prosieguo del brano la scrittura diventa<br />

gradatamente più rigorosa, somigliando più ai ricercari con una chiara conduzione di<br />

quattro voci cui mancano, però, le regolari entrate tematiche. La forma è, quindi,<br />

bipartita alla maniera di un preludio e fuga, struttura peraltro presente nella Fantasia in<br />

Do di Kotter del 1515.<br />

54 Apel 1938, 419-437; Apel sostiene che il carattere compilativo delle pubblicazioni della scuola<br />

cembalistica napoletana dei secoli XVI e XVII sia un aspetto dell’influenza spagnola.<br />

17


I sei Ricercari vengono solitamente ripartiti in due o tre sezioni a loro volta<br />

suddivisi in due o tre sottosezioni. Le cadenze principali sono alla tonica, quelle<br />

secondarie possono anche essere diverse con frequenti cadenze plagali. Solo il Secondo<br />

Ricercare è monotematico, tutti gli altri impiegano il “duplex thema”: il secondo tema,<br />

con note rapide, entra come controsoggetto del primo, normalmente in note di valore<br />

largo. I sei ricercari presentano un’apprezzabile varietà stilistica: il primo e il quarto<br />

sono costruiti secondo un ferrea regola canonica, altri hanno figurazioni di tipo<br />

toccatistico che si applica a frasi anche molto lunghe e che procede con estrema<br />

regolarità fino alla fine.<br />

La Recercata del primo tono à cinque con la quinta parte in canone al<br />

unisono del tenore è un sfoggio di virtuosismo compositivo col canone condotto<br />

rigorosamente fino alla fine senza, per questo, compromettere la qualità musicale 55 ; la<br />

Recercata del primo tono inizia quietamente ma ben presto, grazie alle costanti<br />

diminuzioni, muta progressivamente la scrittura fino a diventare prossima allo stile<br />

libero della toccata; nella Recercata del terzo tono Valente enfatizza il contrasto tra<br />

soggetto a valori larghi e controsoggetto a valori stretti; la Recercata del sesto tono à<br />

quattro voce con lo basso in canone a l’ottava del contralto è un po’ più sintetica<br />

nello sviluppo rispetto alla prima ma non è inferiore nell’ordito contrappuntistico; la<br />

Recercata del septimo tono , caratterizzata da una tessitura che tende spesso a rarefarsi<br />

giungendo a volte anche al bicinium, ha il terzo tema che appare sempre variato ad ogni<br />

entrata; la Ricercata del ottavo tono affianca al procedimento canonico l’inserzione di<br />

brillanti figurazioni che richiamano alla mente la Fantasia con cui Valente ha aperto la<br />

sua Intavolatura: alla breve sezione contrappuntistica d’apertura, seguono ben due<br />

sezioni in stile toccatistico in tempo binario e ternario.<br />

Il genere di figurazioni della Fantasia e dei sei Ricercari conferma la<br />

destinazione clavicembalistica dei brani indicata nel frontespizio: l’abbondanza di trilli,<br />

gli accordi ripetuti con la terza raddoppiata, l’assenza di note lunghe tenute sono<br />

figurazioni tipiche dello strumento a corde pizzicate. Ciononostante, è plausibile<br />

l’esecuzione dei brani con altri strumenti: troveremo nei prossimi capitoli pezzi<br />

eseguibili sia al cembalo che all’arpa, all’organo o con concerto di viole (Mayone,<br />

Trabaci, Salvatore, Strozzi) 56 che necessariamente dovevano essere adattati dagli<br />

esecutori alle esigenze degli strumenti che avevano in quel momento a disposizione.<br />

Solo i versetti sono da considerarsi esclusivamente organistici in forza della loro<br />

destinazione d’uso, piuttosto che per il tipo di figurazione presenti.<br />

ELABORAZIONI SU CANTO FERMO<br />

La Salve Regina, l’unica elaborazione su canto fermo dell’intera Intavolatura, è<br />

fondata sulla tradizionale melodia medievale. Antifona in origine indipendente, venne in<br />

un secondo tempo inserita stabilmente nei canti di dedicazione alla Madonna 57 durante<br />

il periodo liturgico compresa tra l’ottava di Pentecoste e l’Avvento.<br />

La Salve Regina di Valente difficilmente sarà stata impiegata per un uso liturgico,<br />

non essendo articolata nei cinque versetti per l’alternatim.<br />

INTAVOLATURE DI CHANSONS CON DIMINUZIONI<br />

La pratica delle diminuzioni era consolidata al tempo di Valente ed ogni nazione<br />

europea poteva annoverare dei trattati sull’argomento; in Spagna la diminuzione per<br />

55 Trabaci, nei suoi ricercari canonici pubblicati nel 1615, incontrerà difficoltà ad armonizzare il rigore<br />

della regola compositiva e la qualità musicale. Vedi Cap 3.4, 107.<br />

56 Rispettivamente Cap. 3.3, 3.4, 5.1 e 5.3.<br />

57 Le altre tre antifone sono: Alma redemptoris mater, Ave regina caelorum, Regina caeli laetare.<br />

18


strumenti a tastiera era stata trattata nel 1565 da Tomàs de Sancta Maria 58 mentre in<br />

Italia era stato pubblicato nel 1535 il trattato di Ganassi 59 ; il più influente trattato<br />

sull’arte di Valente è da considerare, però, il Tratado di Diego Ortiz 60 . Valente ha<br />

scelto tre famose chansons.<br />

Pisne diminuita è un’intavolatura della chanson a cinque voci Pis ne me peult<br />

venir di Thomas Crecquillon 61 . Questa chanson ebbe molto successo e fu intavolata,<br />

oltre che da Valente, da altri musicisti; conosciamo quattro versioni:<br />

1. la più antica fra le intavolature di Pisne a noi conosciuta appare nell’ Obras de<br />

musica 62 di Antonio De Cabezon<br />

2. Pisne Disminuita di Antonio Valente.<br />

3. Puis ne me peult venir di Padre Schmid 63 , quasi contemporanea a quella di Valente.<br />

4. Pis ne me peult venir di Gostena 64 , destinata al liuto.<br />

La versione di Antonio De Cabezon, precedente al 1566, è un ottimo esempio di<br />

diminuzioni del XVI secolo: le glose sono squisitamente moderate e distribuite<br />

equamente tra le cinque voci. La versione di Schmid privilegia, invece,<br />

l’ornamentazione della voce superiore. L’intavolatura di Gostena, destinata al liuto, ha<br />

la tessitura rarefatta. La versione di Valente è notevole per alcune libertà che il<br />

napoletano si concede: egli ripete un’intera sezione (misure 15-33) per fiorirla<br />

ulteriormente, indulge spesso nella sospensione di note dissonanti; Valente appare<br />

molto più ardito ed originale rispetto agli altri autori.<br />

Chi la dirra è la versione intavolata della chanson a cinque voci di Adrian<br />

Willaert. La più antica intavolatura è del 1547 ad opera di Valderrabano 65 interessante<br />

perché destinata ad una voce solista con accompagnamento di vihuela: allo strumento<br />

sono destinate le quattro voci inferiori ed al solista la voce superiore. Antonio De<br />

Cabezòn 66 scrisse un Tiento sobre Qui la dira con una scrittura contrappuntistica molto<br />

rispettosa della tessitura originale di Willaert. Nella versione di Antonio Valente la<br />

mano sinistra a volte riproduce fedelmente le parti vocali fungendo da supporto alle<br />

diminuzioni della mano destra.<br />

Valente dedica una coppia di intavolature a Sortemeplus: il titolo originale del<br />

madrigale di Philippe de Monte 67 è Sortez mes pleurs. La prima, la più semplice, ha solo<br />

tre trilli cadenzali e le ornamentazioni sono delicatamente distribuite tra le quattro voci;<br />

la seconda versione è molto più ricca di diminuzioni, quasi sempre affidate alla voce<br />

superiore. Entrambe le versioni hanno una sezione ripetuta (misure 12-17 e 18-24):<br />

nella prima versione la ripetizione è occasione per aggiungere qualche delizioso<br />

abbellimento, nella seconda versione non vi è alcun cambiamento.<br />

58 Sancta Maria 1565.<br />

59 Ganassi 1535.<br />

60 Ortiz 1553<br />

61 Thomas Crecquillon, contrappuntista olandese, fu maestro di cappella di Carlo V tra il 1544 e il 1547;<br />

il suo soggiorno a Madrid avrà relazione con l’intavolatura di “Pisne” ad opera di Antonio De Cabezon<br />

(Vedi Burns 1953, 76).<br />

62 Cabezon 1578.<br />

63 Bernhard Schmid, 1577.<br />

64 ”Pis ne me veult venir, Canzone francese a quattro di Thomas Crecquillon intavolata dal Gostena” in<br />

Molinaro 1599, 128-130.<br />

65 Valderrabano 1547, libro III, Canciones, fogli 36v-37r. In questa versione la chanson viene<br />

erroneamente attribuita a Verdelot.<br />

66 Cabezon 1578, fogli 153r-154v<br />

67 De Monte 1575. Ricordiamo che Philippe de Monte visse alcuni anni a Napoli intorno al 1550 ed<br />

insegnò la musica privatamente. Cfr. Lindell 1980.<br />

19


TENORI ITALIANI 68<br />

Estos Cantos llano, que in Italia comunemente llaman Tenores, come affermava<br />

Diego Ortiz nel suo Tratado 69 , furono il fondamento di una pratica improvvisativa<br />

realizzata da due voci sopra un cantus firmus; gli strumenti potevano essere liuti, arpe,<br />

trombe, tamburi. Il cantus firmus più antico conosciuto è il passamezzo antico 70 presto<br />

affiancato dal passamezzo moderno. L’Intavolatura di Valente contiene le seguenti<br />

variazioni sul passamezzo antico: Tenore del passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia e la<br />

Romanesca; sul passamezzo moderno: Tenore di Zefiro, Tenore grande alla napoletana<br />

e la Gagliarda Napoletana.<br />

Il Tenore di Zefiro, il più lungo ed elaborato dell’intera Intavolatura , è basato sul<br />

passamezzo moderno, fondato sull’alternanza tra I-IV e V grado e, quindi, più tonale del<br />

passamezzo antico; il tenore di Zefiro, tuttavia, presenta anche un VII grado che lo fa<br />

somigliare al passamezzo antico 71 . Il modello armonico si mantiene costante per tutta la<br />

durata del brano mentre, dalla quinta variazione in poi, le note si dimezzano di valore;<br />

l’inizio, con gli accordi sincopati molto marcati, ricorda i pezzi per chitarra che ebbero<br />

grande fioritura proprio nell’Italia meridionale nel XVI secolo.<br />

Nel Tenore del passo e mezzo Valente usa la forma del passamezzo antico, con la<br />

seconda frase che inizia un terza minore sopra la prima. Le sei variazioni hanno una<br />

tessitura che ricorda la tecnica liutistica del punteado che impiega note di passaggio tra<br />

un accordo e l’altro 72 . Ogni variazione è costruita su un singolo modello ritmico e<br />

melodico; tra una variazione e l’altra vi è diversità di tessitura.<br />

Lo Ballo dell’Intorcia era una danza in cui i ballerini si scambiavano<br />

vicendevolmente una torcia che tenevano in mano. Il ballo è citato da Vaillant 73 il quale<br />

afferma che è stato in voga in Germania fino alla fine del XIX secolo. Antonio Valente<br />

per Lo Ballo dell’Intorcia impiega la formula armonica del passamezzo antico su un<br />

metro binario.<br />

La Bascia Flammignia ha una melodia dolce ed accattivante mentre il ritmo è una<br />

continua alternanza tra metri ternari e quaternari con conseguente sensazione di libertà e<br />

freschezza metrica.<br />

Il Tenore grande alla napolitana ha un basso che trae elementi dalla Romanesca<br />

e da Ruggiero 74 . La prima parte del tenore segue la successione armonica I-IV-I-V, la<br />

seconda parte conclude con I-IV-V ma su un grado diverso di quello d’impianto.<br />

Riassumendo, lo schema armonico di ogni mutanza è: i-IV-i-V-VI-II-III-VI 75 . Anche in<br />

questo caso troviamo gli accordi sincopati molto marcati all’inizio, figurazioni<br />

dimezzate dalla seconda alla quarta variazione, ulteriore dimezzamento dalla quinta<br />

variazione alla fine.<br />

La Romanesca è uno dei tenori più famosi del XVI secolo: ha la stessa formula del<br />

passamezzo antico ad eccezione di una piccola variante nella cadenza finale. Salinas<br />

scrive nel suo trattato 76 che ciò che gli spagnoli chiamano Las Vacas, in Italia viene<br />

68<br />

Vedi volume II, tavola n.°3.<br />

69<br />

Ortiz 1553, 47f.<br />

70<br />

Il più antico impiego del “passamezzo antico” è contenuto nel manoscritto Capirola per liuto, risalente<br />

al 1515 e riappare nel 1536 in Intavolatura de Leuto de diversi autori nuovamente stampata: et con<br />

deligentia revista: con gratia et privilegio….Stampata Nela Cita De Milano per lo. Antonio Castelione al<br />

Primo Magio M.D.XXXVI<br />

71<br />

Vedi volume II, tavola n.°3.<br />

72<br />

L’altra tecnica era il rasgueado, fondato sull’uso costante degli accordi.<br />

73<br />

Vaillant 1942, 89.<br />

74<br />

Vedi volume II, tavola n,°3.<br />

75<br />

Da notare come tale schema armonico sia impiegato nel Tratado da Diego Ortiz come basso per la<br />

Recercada Sesta.<br />

76<br />

Salinas 1627, Libro VI, Capitolo XV, 348: “…quod Hispani, Las Vacas, appellant, ab eo, quo paguntur<br />

apud Romanos illae stantiae romanesche dici solitae…”<br />

20


chiamato Romanesca. Per la sua versione della Romanesca, Valente prevede cinque<br />

variazioni la prima delle quali è in vigoroso ritmo accordale mentre tutte le altre<br />

espongono varie figurazioni in note di passaggio sempre alla voce superiore; solo nella<br />

quarta variazione fanno nuovamente la loro comparsa passaggi accordali alla mano<br />

destra.<br />

DANZE STILIZZATE<br />

La Gagliarda Napoletana, basata sul modello armonico I-IV-V, è caratterizzata<br />

dal ritmo in hemiola che alterna costantemente raggruppamenti in tre (3/2 o 3/4) a<br />

raggruppamenti in due (6/4 o 6/8); l’inizio è sottolineato da figurazioni accordali mentre<br />

la mano destra si produce in figurazioni di abbellimento. Non troviamo la divisione in<br />

mutanze bensì una variazione continua su un basso di danza.<br />

La Gagliarda Lombarda ed il Ballo Lombardo sono strutturati con un periodo di<br />

quattro misure ripetute due volte con una mezza cadenza a metà del periodo; il Ballo<br />

Lombardo, inoltre, presenta la ripetizione integrale del periodo per cui il numero delle<br />

misure complessive è il doppio della Gagliarda Lombarda.<br />

1.3.2. VERSI SPIRITUALI (1580)<br />

Quattro anni dopo la pubblicazione dell’Intavolatura, Antonio Valente dà alle<br />

stampe i Versi Spirituali presso gli editori eredi di Matteo Cancer.<br />

Ecco il frontespizio:<br />

V E R S I S P I<br />

RITUALI SOPRA<br />

TUTTE LE NOTE, CON DIVERSI CA=<br />

NONI SPARTITI PER SONAR NE<br />

G L I O R G A N I , M E S S E<br />

VESPERE, ET ALTRI OF=<br />

FICII DIVINI<br />

Di M. Antonio Valente Cieco, Libro secondo, Nuovamente da lui<br />

Composto, & posto in luce.<br />

[Stemma]<br />

I N N A P O L I<br />

Appresso gli Eredi di Mattio Cancer.<br />

M. D.LXXX.<br />

21


La dedica:<br />

ALLA ILLUSTRE SIGNORA MIA OSSERVANDISSIMA<br />

La Sig. Donna Elionora Palmiera<br />

Solevano gli antichi Musici, Illustre e valorosa Signora, nelle loro/ composizioni, Apollo<br />

della Musica inventore, e le nove Vergini Sorelle/ dette Muse sue figlie invocare, come a<br />

quelle dalle quali ogni bella musi-/cale invention deriva: Non sapendo eglino che il gran<br />

Fattor del tutto, e/ vero Apollo Iddio dovea in processo di tempo produr voi nel mondo,<br />

che la decima ve-/ramente dir vi potete. Onde chiaramente si vede, che tanto maggior<br />

dell’altre nove sete, quanto, che a voi sola è stato concesso il dono di saper senza alcun<br />

dubio tutto/ quel, ch’elle generalmente fanno in questa nostra etade. Ond’io da i raggi del<br />

vostro/ lume inspirato, voi mio vero Apollo, e mia vera Musa in ciò ho invocato &<br />

invoco, / come a quella dal cui valore ogni mio ben dipende, & a voi sola questo mio,<br />

anzi vo-/stro libro di Spartiture, che ho novamente composto dedico e dono, si per il<br />

gran me-/rito vostro, & in segno di mia servitù, come anco per mio interesse. Da che<br />

essendo/ voi di sangue nobilissimo, di vita esemplare, e della Musica Monarca, che niuno<br />

cosi/ maligno sarà, che ardisca di calunniar questa opera, per non lacerar in quella il vo-<br />

/stro Illustre, & onorato nome, e senza fine resto basciandovi la Illustre mano.<br />

Di Napoli, il dì 10 di Settembre 1580.<br />

D.V.S.Ill.<br />

Divotissimo & affettionatissimo Servitore, Antonio Valente.<br />

Sonetto del Signor Angelo di Costanzo all’Autore<br />

SAGGIO inventor d’insolita Armonia,<br />

Che con bell’opre adorni i tempi nostri,<br />

Mostrando in vivo esempio, come sia<br />

Quella, che s’ode ne i superni Chiostri.<br />

Animo eccelso, e bel giuditio mostri<br />

In dedicar con tanta cortesia<br />

A si gran donna i tuoi lodati inchiostri,<br />

Che di tal arte t’ha mostra la via,<br />

Io per me chiamo te felice, e lei,<br />

Te perche rendi il suo nome immortale,<br />

E lei, che fatto t’ha quel, c’hora sei.<br />

Già il dolce canto tuo spiegando l’ale,<br />

Vola al Cielo à contar à gli alti Dei<br />

Che la PALMIERA non ha in terra uguale.<br />

Le virtù musicali di Eleonora Palmiera, purtroppo, non sono documentate in altre<br />

fonti.<br />

Il libro contiene 43 versi così distribuiti:<br />

6 versi “sopra dell’Ut” (XI modo naturale)<br />

6 versi “sopra il Re” (I modo naturale)<br />

6 versi “sopra il Mi” (III modo naturale)<br />

6 versi “sopra il Fa” (XI modo trasportato)<br />

6 versi “sopra il Sol” (VII modo naturale)<br />

6 versi “sopra il La” (IX modo naturale)<br />

6 versi “sopra il Fa di be fa be mi” ( Sib) (V modo trasportato)<br />

1 verso “sopra il b molle di e la mi” (Mib). (2 bemolli in chiave)<br />

22


I primi sei gruppi di versi si chiudono con un canone:<br />

VI verso “sopra dell’Ut” canone in “Diapente superius” (V superiore)<br />

VI verso “sopra il Re” canone in “Diapente superius” (V superiore)<br />

VI verso“sopra il Mi” canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore)<br />

VI verso “sopra il Fa” canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore)<br />

VI verso “sopra il Sol” canone in “Diatessaron superius” (IV superiore)<br />

VI verso “sopra il La” canone in “Diapente superius” (V superiore)<br />

I Versi spirituali, stampati in partitura a quattro pentagrammi, appaiono come una<br />

opera “esemplare” scritta con una notazione dotta mentre l’Intavolatura, anche in virtù<br />

del tipo di notazione impiegato, sembra avere una finalità prevalentemente pratica.<br />

L’autore fa intendere che la destinazione sono gli officii divini ma non c’è un<br />

riferimento ad un preciso momento liturgico; la tradizionale organizzazione dei modi<br />

viene messa in crisi da Valente in quale sembra più interessato a stabilire con certezza le<br />

note finali piuttosto che gli ambiti modali. Il fatto, poi, che i Versi iniziano dall’ UT,<br />

piuttosto che dal primo modo, sembra un omaggio all’esacordo di Guido D’Arezzo.<br />

La scrittura contrappuntistica dei Versi è particolarmente osservata e prevale lo<br />

stile imitativo; i sei canoni che concludono i primi sei gruppi di versi sono dei veri e<br />

propri ricercari monotematici organizzati secondo la rigida disciplina canonica<br />

enunciata all’inizio di ciascun canone. Compaiono frequentemente figurazioni<br />

toccatistiche di chiara ispirazione veneziana (versi 4,5,7,8,10,15,16,20,23,25,27). Gli<br />

abbellimenti più frequenti sono i trilli ed i groppi scritti quasi sempre per esteso. Il<br />

verso11 (il quinto del secondo gruppo) è l’unico ad avere il caratteristico incipit<br />

dattilico della canzona strumentale.<br />

I Versi Spirituali offrono i mezzi agli organisti per svolgere il servizio liturgico nel<br />

modo più decoroso e completo possibile; appare molto evidente la cura nel fornire del<br />

materiale per suonare in tutte le zone della tastiera e in tutte le intonazioni possibili. Al<br />

tempo stesso, Valente mostra una notevole perizia nel trattare il canone.<br />

<br />

23


2. LA MUSICA STRUMENTALE IN SICILIA NEL XVI<br />

SECOLO<br />

Nel XVI secolo, in Sicilia, una straordinaria fioritura musicale inizia nei castelli<br />

feudali e nel cuore dell’Isola (Caltanissetta e Pietraperzia, Nicosia, Enna e Piazza) e si<br />

riversa poi nelle principali città, Palermo, Messina, ma anche Caltagirone, Trapani,<br />

Noto e Siracusa. Sei editori musicali stampano tra il 1588 e il 1630 a Palermo, tre a<br />

Messina 77 , con qualità tipografica paragonabile alle contemporanee edizioni veneziane.<br />

Complessivamente possiamo contare una sessantina di compositori e quasi ottanta<br />

raccolte.<br />

Nel complesso panorama della musica tardorinascimentale la produzione dei Siciliani<br />

occupa quantitativamente e qualitativamente un posto assai rilevante; non mancano<br />

infatti musicisti di gran valore e di chiara fama internazionale: oltre a Pietro Vinci e al<br />

suo fecondissimo discepolo Antonio Il Verso, ci sono Sigismondo d’India, che fu tra<br />

coloro che videro più chiaro nella rivoluzione musicale in atto, e Alessandro Grandi, che<br />

tenne – mezzo secolo dopo il Vinci – il posto di maestro di cappella di Santa Maria<br />

Maggiore in Bergamo, dopo aver dato alle stampe, a Venezia e a Palermo, gran numero<br />

di opere. E poi, s’è vero che Alessandro Scarlatti fu allievo oltre che nipote dell’Amato<br />

(che tra i polifonisti siciliani si annovera come più tardo rappresentante) o che ad ogni<br />

modo ricevette nella sua città natale la prima educazione musicale, viene ad essere un<br />

punto di raccolta e d’arrivo, ideale sia pure che reale (ma si ricordino di lui gli otto<br />

madrigali, e le messe e cappella), polla affiorante di flussi che spariscono proprio dopo di<br />

lui sotterra, donde già perfetti eran parsi all’inizio d’improvviso sgorgare. 78<br />

In Sicilia abbiamo, quindi, una produzione musicale circoscrivibile sia<br />

geograficamente che cronologicamente che Ottavio Tiby definì Scuola Polifonica<br />

Siciliana 79 . Primeggia la musica vocale mentre la musica strumentale svolge un ruolo<br />

didattico, il necessario tirocinio che i giovani compositori all’inizio della carriera<br />

devono compiere per poter accedere successivamente a prove compositive più<br />

impegnative.<br />

In che misura queste musiche strumentali possono definirsi organistiche?<br />

Si come il Lauto, la Cithara, la Lira, l’Arpicordo e ‘l Clavocimbalo, tutti per se stessi si<br />

chiamano istrumenti; per che il sonatore gl’usa per mostrare la propria virtù sua nel<br />

Cantare, & del Sonare; cosi l’Organo, che per Eccellenza è cosi chiamato, raccoglie in se<br />

stessi tutti gli istrumenti musicali, & tanto maggiormente è de gli altri più Eccellente &<br />

più nobile, quanto meglio rappresenta la voce humana, operandosi in esso il fiato, & la<br />

mano. 80<br />

Diruta giustifica così l’esecuzione all’organo di qualunque composizione<br />

musicale, sia vocale che strumentale tenendo però presente che ne gli Organi di chiesa<br />

non vi si debbano sonare Passi e mezzi, et altre sonate da ballo, né meno Canzone<br />

lascive, e dishoneste 81 .<br />

Nel XVI secolo la musica organistica in Sicilia è testimoniata dall’iconografia e<br />

dai documenti d’archivio; l’atto con cui Antonino Morello, già maestro di cappella, si<br />

77 Carapezza 1971,p. IX; Donato 1985,577.<br />

78 Carapezza 1971, XII.<br />

79 Tiby 1951, 203-211.<br />

80 Diruta 1593, “L’auttore dell’opera al prudente lettore”<br />

81 Ibidem, 5<br />

24


impegna a suonare l’organo della Cattedrale di Palermo 82 fissa con precisione i compiti<br />

dell’organista:<br />

Die XX octobris VIII ind(ictionis) 1594.<br />

Cunctis pateat evidenter qualiter Antonino Morello musico mag(iste)r capelle maioris<br />

pan(ormitane) ecc(les)ie civis Pan(ormi) in nostram presentiam principaliter costituto<br />

mihi notario cognito sponte promisit et se sollemniter obligavit … … sonare organum<br />

maiorem in ditta maiori pan(ormitane) ecc(les)ie in diebus infra(scri)ttis videlicet:<br />

In primis in lo vespiri della vigilia della natività di N(ost)ro Signore Jesu Cristo per<br />

tutta la festività delli Inozenti.<br />

Item il primo giorno dello anno con lo suo vespiri de la vigilia.<br />

Item il giorno della Epifania con lo suo vespiri in la vigilia.<br />

Item in la quaresima tutti li venerdi dominichi et festi comandati alle compiete.<br />

Item il sabbato santo con la Pasqua de resurrezione et li susseguenti festi.<br />

Item il giorno di sancta Cristina di maggio et la vigilia.<br />

Item il giorno della ascensione et la vigilia.<br />

Item la pentecoste li dui vespiri et susseguenti festi.<br />

Item santo Petro Apostolo et la vegilia.<br />

Item santa Cristina di jugnetto et la vigilia.<br />

Item l’assuncione di Maria Virgini et la vigilia.<br />

Item santa Nimpha di septembre et la vigilia.<br />

Item tutti li santi et la vigilia.<br />

Item santa Nimpha di novembre et la vigilia.<br />

Item et in tutte le supradette feste che son soliti sonare li mattini<br />

… Cum pacto quod ipse Antoninus non possit dittum organum sonari facere per alias<br />

personas eiusque nomine…<br />

L’organista spagnolo Clavijo del Castillo 83 tenne il posto di organista della Reale<br />

Cappella Palatina in Palermo 84 dal 1569 al 1588; l’unica sua composizione organistica<br />

conosciuta è il Tiento del segundo tono 85 , forse precedente al suo incarico in Sicilia.<br />

Roland Jackson 86 afferma che il suo stile abbia influenzato quello di Jean de Macque e,<br />

conseguentemente, di Giovanni Maria Trabaci. I cromatismi di Clavijo del Castillo<br />

precorrono le durezze e ligature che caratterizzeranno fortemente la musica degli<br />

organisti napoletani e siciliani intorno all’anno 1600.<br />

Non deve stupire l’esiguità della musica espressamente scritta per gli strumenti a<br />

tastiera poiché era consolidata prassi improvvisare gli interventi organistici nel corso<br />

delle liturgie.<br />

L’organo in Sicilia nel XVI secolo, così come nel resto della penisola italiana,<br />

veniva costruito con una sola tastiera di 45 o 50 tasti con la prima ottava “corta”, con<br />

pedaliera senza registri autonomi che abbassa i tasti della prima ottava e con una<br />

disposizione fonica basata sul registro del Principale e del Ripieno 87 ; l’unico registro<br />

imitativo era il flauto che poteva essere “aperto” o tappato “alla todisca” 88 .<br />

82<br />

Atto trascritto in Zaccaria Dispensa 1988, 143<br />

83<br />

Bernardo Clavijo Del Castillo, organista e compositore spagnolo, Porto Arrecife, Lanzarote, Canarie,<br />

1545. Madrid, v. 1626. Visse durante più di vent' anni in Italia poi diventò professore all'università di<br />

Salamanca (Cfr Robledo 1980).<br />

84<br />

Tiby 1952, 177-192<br />

85<br />

Ed. moderna in Apel 1971<br />

86<br />

Jackson 1964, 281 –282.<br />

87<br />

Un organo piccolo aveva generalmente un solo principale di 4 palmi e mezzo (4 piedi), un organo di<br />

medie dimensioni, il più frequente, ne aveva due di 10 palmi (8 piedi) col secondo principale che<br />

comincia dal DO 2, un organo grande ne aveva tre di 20 palmi (16 piedi) con il secondo che comincia<br />

sempre dal Do 2 ed il terzo dal Fa 3. Le file di ripieno erano normalmente 5: VIII,XV, XIX, XXII, XXVI.<br />

88<br />

Zaccaria Dispensa 1988 , 17.<br />

25


L'unico organo cinquecentesco giunto ai nostri giorni in stato<br />

originario fu costruito nel 1547 ed è custodito nella chiesa di San Francesco in<br />

Castelbuono (Palermo) 89 . Il difficile compito di studiare gli organi cinquecenteschi<br />

siciliani si appiglia, quindi, all’analisi di atti notarili 90 .<br />

Gli organari più famosi furono Giorgio Scarlata da Ragusa, Vincenzo Occhipinti<br />

palermitano, Giovanni e Vincenzo De Blundo da Scicli cui va aggiunto Giovanni<br />

Junior, Pietro Fanzone, o Falsuni o Fanzuni, maltese qualificato habitator terrae Alcami<br />

(Alcamo è attualmente in provincia di Trapani), i palermitani Ascanio Testaverde,<br />

Silvestre Colica (anche Colliga e Corica, ? – 1565) il quale lavorò a Palermo, ad<br />

Agrigento e Messina, e, per concludere, il famoso Raffaele La Valle (1543 ca –1621),<br />

l’unico la cui fama passò il mare. Venne invitato a Roma dal Pontefice Paolo V, ma per<br />

motivi di salute non poté accettare 91 . Il livello degli organari siciliani doveva essere pari<br />

al resto d’Italia, ma già si delineava la peculiarità dell’organaria siciliana, “gelosa<br />

conservatrice di antiche prassi costruttive e di caratteristiche individuali” 92 . Valga per<br />

tutti la permanenza in Sicilia dei già citati Flauti alla todisca ovvero alla alemanna<br />

mentre nel nord d’Italia erano stati sostituiti dal Fiffaro già verso il 1540. In Sicilia fino<br />

al 1561 vengono costruiti solo Flauti cilindrici aperti; i primi costruttori di flauti tappati<br />

furono poi Vincenzo Colliga e Raffele La Valle; il flauto tappato, sperimentato prima in<br />

terra lombarda, verrà costruito in Sicilia fino ai primi anni del XVII secolo mentre al<br />

Nord d’Italia cadrà in disuso a partire agli anni sessanta del Cinquecento. La Sicilia<br />

appare, quindi, terra di importazione delle novità tecniche con un ritardo che, lieve fino<br />

al XVI secolo, diverrà sempre più sensibile nei secoli successivi. Esso è, tuttavia,<br />

compensato dall’attenzione ai più minuti particolari dell’intonazione delle canne, per<br />

ottenere un suono purissimo, piuttosto che all’aumento delle risorse timbriche.<br />

I clavicembali siciliani più antichi superstiti furono costruiti dal messinese Carlo<br />

Grimaldi tra la fine del XVII secolo e i primi anni del secolo successivo:<br />

1. clavicembalo del 1697 (Sol -1/ DO 5), Museo Nazionale degli strumenti<br />

musicali di Norimberga.<br />

2. clavicembalo del 1703 modificato in pianoforte a tangenti (Sol - 1/ Do5), museo<br />

del Conservatorio di musica di Parigi.<br />

3. clavicembalo piegatorio (Do 1/ Do 5), Museo degli strumenti musicali di Roma.<br />

Solo un nome di un probabile cembalaro siciliano emerge dalle tenebre del<br />

XVI secolo: Marco Siculo, autore di un virginale costruito nel 1540, conservato<br />

presso la Fenton House di Londra e di un altro virginale anonimo ma a lui<br />

attribuibile conservato presso la Abel Collection Franklin (U.S.A) 93 .<br />

89<br />

Organo attualmente in restauro presso la Ditta organaria “Artigiana Organi” di Francesco Oliveri,<br />

Acicatena (Catania).<br />

90<br />

Cfr Zaccaria Dispensa 1988, 18 e segg.<br />

91<br />

Raffaele La Valle morì il 7 aprile 1621 e fu sepolto nell’oratorio della compagnia di S. Maria Maggiore<br />

di Palermo di cui era stato munifico sostenitore. Sul suo epitaffio venne inciso: D.O.M. RAFFAELI LA<br />

VALLI, PANORMITANO ORGANARIO EMINENTISSIMO OB ARTIS PERITIAM ROMAM A<br />

PAULO V PONT. MAX. EVOCATO, DE MAJORIS PANORMITANAE ECCLESIAE ILLUSTRIBUS<br />

EDITIS OPERIBUS OPTIME MERITO, LIBERORUM PIETAS GRATI ANIMI MONUMENTUM<br />

POSUIT. VIX ANN. LXXVIII. OBIJT VII APR. MDCXXI (in FRANCESCO BARONIO MANFREDI,<br />

De Maiestate Panormitana, Panormi, MDCXXX, lib. III. Cap. II, 105). In Zaccaria Dispensa 1988, 20<br />

92<br />

Tagliavini 2000, 135.<br />

93 Wraight 1997, II, 265-266.<br />

26


2.1 PIETRO VINCI, ANTONIO IL VERSO<br />

E GIOVAN BATTISTA CALÌ<br />

Il contributo più importante alla musica strumentale dato da autori siciliani nel<br />

XVI secolo viene pubblicato nel 1591: è il Secondo Libro de Motetti e Ricercari a tre<br />

voci di Pietro Vinci con alcuni Ricercari di Antonio Il Verso suo discepolo pubblicato in<br />

libri-parte a Venezia presso l’erede di Girolamo Scotto e dedicato al Principe di Paternò.<br />

Pietro Vinci, il capostipite della scuola polifonica siciliana, nacque a Nicosia (al centro<br />

della Sicilia, oggi in provincia di Enna) verso il 1525 e si formò musicalmente in<br />

Sicilia 94 , giacché le sue prime opere conosciute, benché pubblicate a Venezia, furono<br />

dedicate a personaggi illustri isolani. Tra il 1567 e il 1581 visse in Lombardia dove fu<br />

per dodici anni maestro di cappella di Santa Maria Maggiore in Bergamo, nel 1581<br />

ritorna nella natia Nicosia dove morì nel 1584. E’ probabile un suo soggiorno a Napoli<br />

tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60: ebbe, infatti, allievi che gravitarono<br />

nell’orbita napoletana. Giulio Severino, citato da Scipione Cerreto tra i “Sonatori della<br />

Città di Napoli, che oggi non vivono” 95 , ebbe quattro suoi madrigali inclusi nel Primo<br />

libro di madrigali a cinque voci (Venezia, 1561) di Pietro Vinci; anche Ambrosio<br />

Marien, riconosciuto esplicitamente allievo, ebbe incluso un proprio madrigale nel<br />

Secondo libro a cinque (Venezia, 1567) del Vinci; entrò, poi, nel circolo dei Principi di<br />

Venosa. Del compositore siciliano parlano anche i napoletani Fabrizio Dentice e Nicolò<br />

Tagliaferro 96 ; Pietro Cerone, nel suo monumentale trattato 97 , adotta per Pietro Vinci<br />

appellativi quali “musico singular, madrigalista moderno da imitar seguramente y sin<br />

peligro, inventor de las diversidades de los contrapuntos”.<br />

Antonio il Verso, il maggior discepolo del Vinci, nacque a Piazza (oggi Piazza<br />

Armerina) intorno al 1560. Dopo la morte del suo maestro si trasferì a Palermo, dove<br />

morì nel 1621 lasciandovi numerosi allievi tra l’aristocrazia e il clero. Nella dedica del<br />

Secondo libro de motetti e ricercari a tre voci di Pietro Vinci, Antonio Il Verso<br />

proclama la devozione per il suo maestro:<br />

Fra le molte composizioni che il Divino Pietro Vinci di buona memoria mio maestro<br />

mandò fuori, Illustrissimo & Eccellentissimo Signor, egli stesso hebbe in maggior conto<br />

certi mottetti, e Ricercari a tre voci, che in su l’estremo de’ suoi dì con giudicio<br />

veramente meraviglioso, & inviò in Vinegia alla Stampa. E non essendo in tanto tempo<br />

comparsi giamai… m’ho risoluto mandarli in luce …e come che di quelli istessi ch’egli<br />

mandò all’hora, ame ne mancano alcuni Ricercari, l’ho rassopplito de’ miei, certo che<br />

andando presso a quei del maestro non riceveranno insulto…nel che credo far’opera di<br />

pietoso e buon Discepolo in adempiere il desiderio del morto maestro… 98<br />

Il giovane Antonio Il Verso, quindi, sfrutta la “scia” del celebre maestro per lanciarsi<br />

nel mondo musicale dimostrandosi, peraltro, degno discepolo. La raccolta è formata da<br />

11 mottetti e 14 ricercari a tre voci: i mottetti sono tutti di Pietro Vinci, mentre dei<br />

ricercari 7 sono di Pietro Vinci e 7 di Antonio Il Verso.<br />

94 Carapezza 1985, ix.<br />

95 Cerreto 1601, 159.<br />

96 Carapezza 1987.<br />

97 Cerone 1613, 89.<br />

98 Dedica de “IL SECONDO LIBRO DE MOTETTI, / E RICERCARI A TRE VOCI. / Con alcuni<br />

Ricercari di Antonio Il Verso suo Discepolo. / Nuovamente dati in luce. /IN VENETIA, MDXCI/<br />

Appresso l’Herede di Gierolamo Scotto”. L’unico esemplare è custodito presso la Biblioteca Nazionale di<br />

San Marco in Venezia, segnatura Musica 2571.<br />

27


Non c’è dubbio che il modo immediato d’eseguire un ricercare le cui voci erano<br />

state divise su tre libri parte, era quello che la semplice distribuzione dei tre libri uno a<br />

ciascun suonatore di strumento melodico rendeva possibile. E solo indiretta, mediata<br />

attraverso l’intabulatura delle parti, sarebbe l’esecuzione all’organo: ma sempre<br />

perfettamente legittima, ché l’organo oltretutto è una summa istrumentorum 99 .<br />

Nel 1615, appena 24 anni dopo la pubblicazioni di questi ricercari, Giovanni<br />

Maria Trabaci premetterà alle “Partite sopra Zefiro” 100 la sua celebre dichiarazione:<br />

Partite artificiose sopra il Tenore de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa,<br />

havertendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa, non<br />

per questo si soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del<br />

mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa con facilità 101 .<br />

La nota più acuta, comunque, nei Ricercari di Vinci e del Verso è il sol (g”), così che ne<br />

risulta agevole l’esecuzione del trio di viole.<br />

I quattordici ricercari a tre voci …si presentano … nell’edizione originale, alternati<br />

con una certa anomala regolarità: due del maestro e due del discepolo, due e uno, uno e<br />

uno, uno e due. Si capiscono facilmente le ragioni di tale distribuzione: il discepolo di<br />

basa di volta in volta sui modelli del maestro, riutilizzando la stessa registrazione delle<br />

voci (lo stesso sistema di chiavi) e mantenendone il modo, reimpiegando lo stesso tema<br />

(o costellazione tematica) fondamentale o un suo analogo omogeneo immediatamente<br />

derivato. Anche l’ordine e la distanza nell’ingresso delle tre voci all’inizio sono<br />

chiaramente mantenuti, mentre viene variata l’articolazione macrostrutturale della<br />

composizione. Persino le modulazioni ritmiche proporzionali del tema (sia in originale<br />

che in rovescio) sono oggetto di imitazione, sebbene spesso in un diverso contesto<br />

macrostrutturale.<br />

Un caso assolutamente unico, per quel ch’io ne sappia: è un’attività didattica colta in<br />

fieri; possiamo assistere da vicino, quasi in presenza, ad una serie di lezioni di<br />

composizione in pieno XVI secolo 102 .<br />

Vi è anche un legame con la tradizione folklorica siciliana: nelle battute finali del<br />

Ricercare Secondo, i due soggetti, elaborati con diminuzioni e frequenti ripetizioni,<br />

risultano congruenti con le due melodie di un Canto dei bambini di maggio, raccolto a<br />

Racalmuto (Agrigento) da Alberto Favara intorno all’anno 1900 103 .<br />

Sia Pietro Vinci, nel 1560, che Antonio Il Verso, nel 1596, pubblicarono<br />

musiche strumentali a due voci. Il duo strumentale può essere considerato come il primo<br />

passo che un musicista deve compiere sia dal punto di vista compositivo che tecnicoesecutivo.<br />

I maggiori trattati rinascimentali non prescindono mai da esempi a due voci<br />

che hanno il privilegio di contemperare la semplicità alla completezza. La bellezza della<br />

concezione didattica rinascimentale consiste, però, nel valore musicale che comunque<br />

non deve mai venir meno anche in composizioni didattiche rendendo così piacevole ed<br />

interessante l’esecuzione di questi Duo. L’esecuzione organistica dei Duo di Pietro<br />

Vinci e di Antonio Il Verso appare succedanea all’esecuzione con due strumenti solisti.<br />

Questi pezzi suscitano un vivo interesse in quanto alphabeto di musica e scuola tecnica;<br />

ne sarebbe auspicabile l’uso nelle scuole di musica accanto alle celebri Invenzioni a due<br />

voci di J. S. Bach, scritte per lo stesso scopo.<br />

99 Carapezza 1972, xix.<br />

100 Trabaci 1615.<br />

101 Trabaci 1615, 117.<br />

102 Carapezza 1972, pag xxi. Ivi l’analisi dei ricercari alle pagine xxii – xxxii.<br />

103 Carapezza 1983, 45.<br />

28


I titoli dei ricercari sono in prevalenza nomi di luoghi o di persone, per lo più<br />

siciliani; troviamo pure modi di dire ed anche indicazioni della tecnica compositiva o<br />

della notazione.<br />

PIETRO VINCI – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1560<br />

1. La Marencha<br />

2. Lo Canallotto<br />

3. Vinci<br />

4. Castro Ioanni & Muxa<br />

5. Fontana di Chiazza<br />

6. Xumo Sauzo con li Garbi<br />

7. Piro con lo Furno<br />

8. Barressi e Scalisi<br />

9. Bocconcino<br />

10. Chiucia<br />

11. Lo Cayordo<br />

12. Spinello e don Antonino d’Allena<br />

13. Pauso<br />

14. Le Gorre con lo Paschiero<br />

15. Malportuso<br />

16. Paravola<br />

17. Pe Martino<br />

18. Gallina Ratto Rattonis<br />

19. La Vaccarra con le Buscaglie<br />

20. Spattafolco con lo Gobbetto<br />

21. La Murada<br />

22. Sperlingua e Presti Paulo Bono<br />

23. San Basilli<br />

24. Senza Octava<br />

25. Planzuni<br />

26. Il Gambero con Denaretto<br />

27. Xiri che senza xiri stamo male<br />

28. La Danzulina e lu Chiaperi<br />

29. Le Politine<br />

Merita qualche precisazione il numero 26, Il Gambero con Denaretto,<br />

contrappunto diminuito sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto La Spagna.<br />

Questo tenore fu spesso utilizzato nel XVI secolo: ricordiamo le elaborazioni di<br />

Antonio de Cabezòn, Luys Venegas de Henestrosa e, molto importante per l’influenza<br />

esercitata nell’Italia meridionale, le sei Ricercadas pubblicate da Diego Ortiz nel suo<br />

trattato 104 . Il procedimento di Pietro Vinci coincide con quello di Ortiz.<br />

Il numero 24, intitolato Senza Octava, è un’acrobazia contrappuntistica.<br />

ANTONIO IL VERSO – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1596<br />

1. Oreto<br />

2. Il Tebro<br />

3. Himera<br />

4. Fontana Fredda<br />

5. La Lelia<br />

104 Cfr Ortiz, Cap. 1.1; La Spagna venne utilizzata anche da Rodio, Mayone, Trabaci.<br />

29


6. Piazza et Enna, di Antonio Formica<br />

7. Strada Colonna<br />

8. Il Verovio<br />

9. Il Garraffo<br />

10. Pusilico<br />

11. Sebeto<br />

12. Mongibello<br />

13. Montemaggiore<br />

14. Il Tasso<br />

15. Mastrillo e il Cangialosa<br />

16. Lilibeo<br />

17. Pachino<br />

18. Babilonia, Contrapunto doppio che si canta in quattro modi<br />

19. Aretusa et Alfeo, Canon in diapente inferius<br />

20. Omne leve tendit sursum, Canon in diapason superius duorum temporum<br />

21. Scilla e Cariddi<br />

22. Il Verso<br />

23. Peloro<br />

24. La Bellia con Rambaldo<br />

25. Sartoya<br />

26. Gela<br />

27. Cecus non iudicat de coloribus<br />

Anche nei ricercari di Antonio Il Verso troviamo alcuni titoli estremamente<br />

interessanti. Il numero 18, “Babilonia”, dal titolo che evoca la confusione per<br />

antonomasia creata dalla possibilità di cantare in quattro modi diversi un contrappunto<br />

doppio proprio sul tenore “La Spagna”. Il numero 21, intitolato “Scilla e Cariddi”, è<br />

caratterizzato dalla difficoltà di lettura derivante dall’impiego del punctus divisionis,<br />

manifestazione di dotta erudizione: superare indenne la complessa lettura delle due voci<br />

è come passare tra i due mitici mostri! Il titolo del numero 27, “cecus non iudicat de<br />

coloribus”, indica l’irrilevanza dell’annerimento delle semibrevi che, bianche o nere,<br />

devono sempre essere considerate imperfette in forza della loro posizione.<br />

La raccolta dei ricercari a due voci di Giovan Battista Calì, “Siciliano della<br />

Lecata, Discepolo di Antonio Il Verso” risale al 1605 e venne pubblicata presso<br />

l’editore Amadino di Venezia.<br />

L’evoluzione della scuola polifonica siciliana è qui alla sua tappa conclusiva: al<br />

contrappunto armonico di due linee indipendenti ciascuna con una propria realtà e un<br />

proprio peso, pur se omogenee quanto al materiale sonoro, siamo giunti all’organismo<br />

logico armonico monodiscorsivo, pur se articolato in un doppio guizzo lineare. Quelli del<br />

Vinci venivano chiamati Duo, ma questi del Calì sono duetti, ovverosia monodia<br />

biforcuta: i temi ormai non sono che frammenti melodici armonicamente determinati, che<br />

assumono contorni provvisoriamente definiti, pronti a liquefarsi e ricondensarsi di nuovo<br />

in veloci ritmi di quartine di crome. Non c’è più il tema nella sua essenza, e per questo è<br />

più libero nella sua esistenza. La tendenza alla fusione tematica, già apparsa<br />

sporadicamente nella raccolta del Verso, qui è regola: i temi appaiono senza aver l’aria<br />

d’esser dei momenti privilegiati nel tempo ella musica, leggeri e danzanti dispaiono e poi<br />

tornano a far capolino ogni tanto, quando il rapido flusso discorsivo lo richiede 105 .<br />

I titoli dei ricercari si riferiscono quasi sempre a nomi di luoghi e persone<br />

siciliani.<br />

105 Carapezza 1971, il.<br />

30


GIOVAN BATTISTA CALI’<br />

IL PRIMO LIBRO DI RICERCARI A DUE VOCI – 1605<br />

1. Poggio di Lemo<br />

2. La Giaretta<br />

3. Falconara<br />

4. Monserrato<br />

5. Sabuggi<br />

6. La Montagna<br />

7. Porta Agnesa<br />

8. Donna Bandina<br />

9. Il Padre Alicata<br />

10. Il Cannizzo con gli Alosi<br />

11. La Senia<br />

12. Foggia del Salso<br />

13. Vallone Secco<br />

14. Le Fontanelle con gli Orti, di Antonio Il Verso<br />

15. Costantino Dilitioso, di Antonio Il Verso<br />

16. Magna Gela<br />

17. Montechiaro<br />

18. Castelvetrano, di Giuseppe Pallazotti<br />

19. Fiume Torto<br />

20. Ricercare a quatro<br />

21. Il Peliero d’Angelo Spatafora<br />

I ricercari 14 e 15 sono di Antonio Il Verso, maestro di Giovan Battista Calì, il 18 di<br />

Giuseppe Palazzotti e Tagliavia, il maggior discepolo di Antonio Il Verso. I ricercari di<br />

Calì sono tutti in tempo C ad eccezione del ricercare XIX intitolato “Fiumefreddo”, e<br />

privilegiano una tessitura acuta; prevale il carattere di “canzon francese” e, sebbene<br />

l’organico strumentale più efficace è il duo strumentale, le figurazioni presenti sono<br />

pure caratteristiche della musica per strumenti da tasto i quali possono efficacemente<br />

rendere questi ricercari. Un caso a sé è il ventesimo ricercare, l’unico che non ha un<br />

titolo specifico e, soprattutto, l’unico ad essere scritto a quattro parti. Purtroppo per<br />

sedici delle sessanta misure vi sono difficoltà di trascrizione e di interpretazione: un<br />

tentativo è stato effettuato da Milton Allen Swenson 106 il quale sottolinea tutte le<br />

difficoltà derivanti dai molti errori presenti nella stampa originale. Il Ricercare XX,<br />

forse il più appropriato all’esecuzione organistica, è lungo sessanta brevi, il suo stile<br />

strumentale è caratterizzato dalle linee melodiche disgiunte e dagli incroci delle parti;<br />

molti artifici contrappuntistici sono impiegati in questo ricercare; anche se i canoni non<br />

sono impiegati, l'aumentazione e la diminuzione sono usate in maniera organizzata ed è<br />

presente anche l’inversione; la combinazione simultanea di temi non è usata con grande<br />

frequenza, la risposta tonale non viene impiegata in favore della sottodominante. Il<br />

pezzo può essere diviso in cinque sezioni, tutte chiaramente circoscritte da cadenze<br />

conclusive.<br />

106 Swenson 1971, 388.<br />

31


2.2 SEBASTIAN RAVAL<br />

Sebastian Raval nacque a Cartagena, nel sud della Spagna, intorno al 1550 107 . Si<br />

arruolò nell'esercito di Filippo II e combatté nelle Fiandre sotto il comando del Duca<br />

d'Alba, ma si ammalò gravemente e fece voto di diventare frate cappucino se fosse<br />

guarito. Disattendendo il suo giuramento, ritornò alle armi al servizio di Marc'Antonio<br />

Colonna, comandante della flotta dello Stato Pontificio nella Battaglia di Lepanto<br />

(1571) e, successivamente, Viceré di Sicilia (1577 - 1584). Ritroviamo Raval nel 1579,<br />

di nuovo nei Paesi Bassi, al sevizio di Alessandro Farnese, Principe di Parma,<br />

impegnato nell'assedio di Maastricht, dove Raval, gravemente ferito, rinnovò il suo<br />

voto, mantenendolo stavolta.<br />

Probabilmente prima del 1584 Raval entrò al servizio del Conte di Urbino<br />

Francescomaria II della Rovere, questa volta come musicista. Gli doveva risultare<br />

stretta la regola dei cappuccini se, attraverso gli uffici del Cardinal Peretti , supplicò il<br />

Papa di essere trasferito ad un Ordine meno rigido. La Curia romana ne autorizzò il<br />

trasferimento alla fine di 1592 all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Cavalieri<br />

di Malta); si trasferì quindi a Roma, entrò in contatto con diversi compositori ed<br />

ottenne anche la protezione del Cardinale Peretti. Poco tempo dopo era al servizio del<br />

nipote ed omonimo del suo primo comandante, Marc'Antonio Colonna. Nello stesso<br />

anno si cimentò in una sfida di contrappunto contro i compositori romani Giovanni<br />

Maria Nanino e Francesco Suriano risultandone, però, perdente.<br />

Nel 1595 andò al servizio di Gerolamo Branciforte Tagliavia , Duca di San<br />

Giovanni e Conte di Cammarata e si trasferì in Sicilia. Proprio in quell'anno lo spagnolo<br />

Don Luis Ruiz 108 , maestro della Cappella Reale di Palermo, morì e Raval ne approfittò<br />

per proporsi come successore; l'incarico gli venne conferito il 28 aprile 1595 e tenne il<br />

posto di maestro di cappella fino al 1604, anno in cui morì.<br />

Qualche anno prima della morte , tra il 1585 e il 1600 Raval si produsse in una<br />

nuova competizione musicale con il giovane Achille Falcone, maestro di cappella a<br />

Caltagirone, ma ne uscì nuovamente sconfitto; stavolta, però, Raval fece ricorso al<br />

Viceré ed ottenne un secondo giudizio che lo dichiarò vincitore. Una terza prova<br />

avrebbe dovuto effettuarsi a Roma ma non ebbe mai luogo a causa dell’immatura morte<br />

di Falcone. Possediamo le musiche composte da Raval e Falcone per la disputa e la<br />

“Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e<br />

Sebastian Ravalle, Musico Spagnolo” pubblicata nel 1603 da Antonio Falcone, padre di<br />

Achille 109 . I pezzi composti da Falcone appaiono superiori a quelli dello spagnolo ma le<br />

protezioni d’alto rango di cui quest’ultimo beneficiava avranno pesato nel giudizio a<br />

suo favore.<br />

Nel 1596, un anno dopo la nomina di Raval a Maestro della Reale Cappella di<br />

Palermo, vede la luce “Il Primo Libro di Ricercari a quattro voci cantabili” del musicista<br />

spagnolo.<br />

107<br />

Le informazioni biografiche su Raval sono desunte da Casimiri 1931 e Tiby 1948. Cfr. anche<br />

Ledbetter 1980.<br />

108<br />

Cfr Tiby, 1952.<br />

109<br />

Falcone 1603 (Privitera 2000). Cfr. cap 2.3<br />

32


Ecco la riproduzione del frontespizio:<br />

IL PRIMO LIBRO<br />

DI RICERCARI<br />

A QUATTRO VOCI CANTABILI<br />

Per Liuti, Cimbali, & Viole d’arco, quattro ò sei opere con parole spirituali<br />

in Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte<br />

coniunti, & divisi i chori. E Ricercar in contraponti osservati sciolti,<br />

& in quattro fughe d’accordio di Studi particolari,<br />

& utilissimi per studiosi.<br />

Composte per Fra Sebastian Raval, dell’Ordine di San Gio. Battista,<br />

Maestro della Cappella reale di San Pietro di Palermo<br />

ALL’ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIGNOR<br />

il Conte Don Giovanni Vintimilia Marchese di Hieraci,<br />

Principe di Castel Buono, Presidente & Capitan<br />

Generale per sua Maestà nel Regno di Sicilia<br />

[Stemma]<br />

IN PALERMO, per Gio. Antonio de Franceschi. M. D. XCVI.<br />

Raval indica gli strumenti che possono essere impiegati per l’esecuzione dei<br />

ricercari: liuti, clavicembali e viole. E’ un’indicazione molto preziosa che aiuta a<br />

comprendere le modalità di esecuzione strumentale alla fine del XVI secolo.<br />

Nell’ensemble indicato da Raval convivono il liuto e il clavicembalo, strumenti<br />

polifonici, accanto alle viole d’arco. Scrive Scipione Cerreto:<br />

Dunque è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’arco è uno strumento<br />

nel quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel Liuto,<br />

[…] sonandosi da Periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che<br />

essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave<br />

armonia […]E che sia ‘l vero il conserto delle Viole da Gamba hanno acquistato il nome<br />

proprio delle voci cantabili, essendo tali voci più perfette delle voci artificiali, poscia che<br />

ciascheduna Viola da Gamba da per se tiene il suo proprio nome, quali si dicono, Basso,<br />

Tenore, Alto e Soprano. 110<br />

110 Cerreto 1603, 329.<br />

33


Cerreto specifica, inoltre, che<br />

[…] quando s’accordano tutte le Viole del Conserto insieme, le Viole de i Tenori, e<br />

Contralti, s’accordano per Ottava sopra il Basso, & li Soprani s’accordano per Ottava<br />

sopra del Basso, & per quarta sopra e i Tenori, e Contralti. 111<br />

Le indicazioni di Cerreto verranno confermate da Pietro Cerone nel suo monumentale<br />

trattato:<br />

Agora, quien quinsiesse anadir el Contralto, pongale de cuerda en cuerda en Unisonus<br />

con el Tenor. Advertiendo siempre que desde la primera cuerda en vazio de qualquiera<br />

parte, à la sexta en vazio, ay Quinzena. 112<br />

E’ difficile immaginare esattamente come i vari strumenti si armonizzassero per<br />

l’esecuzione. Agostino Agazzari scrive che<br />

Come fondamento sono quei che guidano e sostengono tutto il corpo delle voci, e<br />

stromenti di detto Concerto: quali sono, Organo, Gravicembalo etc. e similmente in<br />

occasion di poche e sole voci, Leuto, Tiorba, Arpa etc. Come ornamento sono quelli, che<br />

scherzando, e contrapontegiando, rendono più aggradevole, e sonora l’armonia; cioè<br />

Leuto, Tiorba, Arpa, Lirone, Cetera, Spinetto, Chitarrina, Violino, Pandora, et altri<br />

simili. 113<br />

Va sottolineato, comunque, come l’organo non sia espressamente indicato nella stampa<br />

dei ricercari di Raval.<br />

Di difficile interpretazione è la dicitura “quattro ò sei opere con parole spirituali in<br />

Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte coniunti, & divisi<br />

i chori”. Ci sono due canoni ad otto voci in due cori ed altri due canoni a dodici voci in<br />

tre cori ma questi ultimi possono pure essere ridotti ad otto voci in due cori; è, forse, per<br />

questo motivo che Raval scrive ambiguamente “quattro ò sei opere”.<br />

Segue la dedica a don Giovanni Ventimiglia:<br />

I L L U S T R I S S I M O<br />

ET ECCELLENTISSIMO<br />

S I G N O R<br />

Le scienze, & le virtù sparte al mondo si veggono come meritano in alzati (sic) la musica<br />

anco Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Speculativa, & pratica, che hà nel suo luogo, e si vede<br />

illustrata da gran principi, Signori, & Nobili virtuosi, talmente si dilettano non solo<br />

dell’Armonia di quella, & il concento, ma anchora sia abilissimi, che vestono le nude<br />

111 Ibidem, 330.<br />

112 Cerone 1613, 1059.<br />

113 Agazzari 1607, 3.<br />

34


parole con varij, e soavi modi, esplicando i concetti, imitando le fughe, e piene, ò sole,<br />

ridendo, ondeggiando, piangendo, ò tremando, inalzaldo, solcando, ò basciando, i mari, le<br />

valli, & quel che condisce il tutto, vera osservanza, & polito portamento à tuono, e voci<br />

talmente, che dal tessimento si conosce con facilità il suo valore, & acciò non paia V.<br />

Eccell. che ricercate per differenti strumenti, non sia il più fiorito, & consumato studio,<br />

che possa far’un Compositore il grand’Adriano Villaert, & Cipriano Rore suo discepolo<br />

grandissimi contrappuntisti, quali diedero luce all’osservanza delle parole, che à ciò fare<br />

non è abile nel contrapunto, pur dicevano esseri veri osservatori contrappuntisti, à variati<br />

modi, & fughe ad ogni genero de proporzioni della Musica: trovandomi in servigio del<br />

serenissimo Duca d’Urbino mio Signore compose (sic) alcune di queste Ricercati, e in<br />

Roma allo Illustriss. Cardinale Ascanio Colonna mio Signore dodici principij di Ricercar<br />

sopra dodici toni naturali, & all’illustriss. Conte di Camerata altri Ricercat’in quattro<br />

fughe d’accordio, & variati, che studiosi troveranno alcun studio, e gli certifico (come per<br />

esperienza vedranno) che richiede al Musico gran fertilità à guisa d’homo ricco, che<br />

spende, come vuole, e si è povero, come può. Metto in luce alcuni Mottetti spirituali con<br />

parole in Canoni ad Eccho, che accordano congiunti, e divisi i Chori à otto voci, che<br />

cantano in quattro parti aspettano il secondo Choro quattro, e sei battute, si anco à dodici<br />

voci, che cantano in quattro parti aspettando secondi, & terzi Chori quattro, e sei battute,<br />

se non gli vorranno dividere, hò regolato il fine ad ogni voce. Se il primo Choro sarà<br />

arrivato al fine, il secondo, terzo Choro, l’istesso si dimostrerà il Canon ad Eccho molto<br />

più. Altra fugha ad otto voci, che cantano in due parti per chiavi differenti, & possono<br />

ritornare facendo fine dove vedranno i segnali non senza misterio; anzi meravigliato, oltre<br />

à tante differenze di composizioni per l’Organo Messe, Mottetti, Madrigali, & altre opere<br />

quale aspetto col favore di V. Eccell. Mettere in luce, dico Eccellentiss. Signore<br />

considerando che i Rè Normandi de quali V. Eccell. deriva dotarono questa Cappella<br />

Reale, & io ben che indegno trovandomi Maestro in quella e di Musici si nobili, & asperti<br />

(sic), che l’habbiamo fatto tutti prova di queste, & altre opere, e Canoni, quali senza io<br />

provarli prima ne loro visti senza risoluzioni di voci, & cosi l’habbiam cantato à V.<br />

Eccell. Pregandoci di farli sentire sempre opere nuove, come à Principe, e Signor nostro,<br />

che se ne diletta in fra tante scienze, e virtù in quella della Musica, e assicurato nel reale<br />

Scudo di V. Eccell. Humilmenti la supplico gli accetti, e il sincero animo, qual sempre<br />

offerisco à V. Eccell. In Palermo à di 29. di Novembre. 1596.<br />

Di Vostra Eccellenza.<br />

Affettionatissimo, & Humilissimo Servitore.<br />

Fra Sebastian Raval dell’Ordine di San Gio. Battista.<br />

Raval si propone come cultore del contrappunto, principio basilare per ogni forma<br />

di musica dotta ed elevata, ed esperto di tutte le forme di canone; considera la sua opera<br />

esemplare ed utile agli studiosi.<br />

Le opere della raccolta sono state composte in momenti differenti: secondo quanto<br />

affermato nella dedicatoria, Raval avrebbe composto dodici ricercari nei dodici toni<br />

durante la sua permanenza in Roma, ma nella raccolta si trovano ordinati per toni solo 8<br />

ricercari (dal nono al sedicesimo), non figura alcun ricercare del decimo tono e gli altri<br />

non sono ordinati; il primo ricercare venne scritto probabilmente in Sicilia, altri<br />

ricercari vennero invece scritti durante il soggiorno in Urbino. Non è chiaro a quale<br />

periodo appartengono i mottetti e gli altri pezzi.<br />

Nella pagina finale di ciascun libro parte vi è l’indice; per i ricercari è specificato<br />

il tono d’impianto, per i canoni l’incipit del testo verbale ed il numero di voci.<br />

35


Primo Ricercare del Primo Tono trasportato in quattro fughe d’accordo.<br />

Il primo Ricercare è stato pure pubblicato nel 1603 da Antonio Falcone col<br />

seguente titolo: Ricercata di Raval ch’egli dice d’esser di 4 fughe d’accordo, ben che<br />

non siano; lo scopo di Falcone è dimostrare la superiorità contrappuntistica del figlio<br />

Achille di cui pubblica di seguito una Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe<br />

d’accordo dove veramente appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a<br />

competenza della suddetta di Ravale. Sempre Antonio Falcone, nella già citata<br />

Relatione, fa esplicito riferimento al ricercare dello spagnolo:<br />

[…] dico che mentre si compone con obligo di seguitar le fughe, et il sugetto datosi l’un<br />

l’altro, si ha da attendere più all’osservanza della fuga, e dell’arteficio, et à non lasciar il<br />

proprio sugetto, che ad accomodar le consonanze à suo modo, come fanno i semplici<br />

praticucci, poichè da l’arteficio, che ciascuno usa si scorge il vero valore, e dove non è<br />

artificio non può essere perfetta scienza, come si vede nelle Ricercate stampate di esso<br />

Raval di quattro fughe d’accordo, che veramente accordano, ma non di fughe né dalle<br />

parte di mezzo, l’una con l’altra, non ve ne essendo neanco due d’accordo, si che è per<br />

accomodar le consonanze [che] lascia l’arteficio, che si ricerca per le quattro fughe<br />

d’accordo. Oltra li infiniti errori, che vi sono 114 .<br />

Il pesante giudizio di Falcone è condivisibile: in effetti i quattro soggetti non sono<br />

“d’accordo”. Raval, inoltre, impiega i quattro soggetti come punti di riferimento<br />

dell’intreccio contrappuntistico, senza una rigida organizzazione delle riproposizioni di<br />

essi; il risultato è molto gradevole all’orecchio, le parti libere sono composte in maniera<br />

accattivante, ma la struttura formale è debole. Il Ricercare è trasportato per b molle una<br />

quarta sopra il primo tono naturale; nell’esposizione il primo soggetto appare al Tenore,<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 2 all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 4<br />

al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso. Il secondo tema è l’unico che<br />

viene esposto in tutte le quattro voci nelle prime sedici battute. Alle battute 32-36 vi è<br />

uno stretto dei quattro temi nelle quattro voci. Nel corso del ricercare vengono proposti<br />

in aumentazione il primo, il terzo ed il quarto tema, mentre in diminuzione viene<br />

presentato solo una volta il primo tema. Il terzo tema viene esposto anche una volta in<br />

inversione. I quattro temi entrano simultaneamente solo nella cadenza finale. Il<br />

Ricercare è lungo 80 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Secondo Ricercare del Secondo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.<br />

Anche il secondo Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro<br />

fughe. Il primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al<br />

Tenore, il terzo soggetto appare alla battuta 4 all’Alto, il quarto soggetto appare alla<br />

battuta 7 al Canto. Le entrate tematiche sono molto distanti tra loro, raro l’impiego degli<br />

stretti: solo alla fine vi è uno stretto alle quattro voci. Solo il terzo tema viene proposto<br />

in aumentazione al basso, seguito immediatamente dal quarto tema diminuito alla stessa<br />

voce. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto.<br />

Terzo Ricercare dell’ Undecimo Tono naturale.<br />

Il terzo ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2),<br />

Alto (batt. 5) e Basso (batt. 6). Esso viene aumentato 4 volte, al Tenore, all’Alto, al<br />

Basso e nuovamente all’Alto, viene diminuito 3 volte al Basso, al Tenore e al Canto. Le<br />

entrate in stretto vengono impiegate solo nella parte centrale del Ricercare mentre, verso<br />

114 Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e Sebastian<br />

Ravalle, Musico Spagnolo, in Privitera 2000, xiii.<br />

36


la fine, Raval preferisce variare il tema ritmicamente. Il Ricercare è lungo 54 battute di<br />

brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Quarto Ricercare dell’Ottavo Tono naturale.<br />

Il quarto ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2),<br />

Alto (batt. 2) e Basso (batt. 5); il Canto e l’Alto sono in stretto. Vi è una riesposizione al<br />

Canto, Tenore, Basso ed Alto. Il soggetto viene aumentato 6 volte, al Canto, al Tenore,<br />

all’Alto, al Tenore, all’Alto ed al Canto, viene diminuito una sola volta all’Alto. Anche<br />

in questo Ricercare Raval varia il soggetto ritmicamente specialmente verso la fine;<br />

dalla battuta 48 alla fine il soggetto in aumentazione al Canto viene accompagnato da<br />

una lunga serie di crome all’Alto ed al Tenore che procede per terze parallele. Il<br />

Ricercare è lungo 54 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Quinto Ricercare dell’Undecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.<br />

Il quinto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il<br />

primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare simultaneamente al Tenore,<br />

il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 4<br />

all’Alto. Dalla battuta 15 alla 31 vi sono parecchie entrate tematiche in stretto fra due<br />

voci, alla battuta 61 vi è uno stretto in aumentazione tra il quarto soggetto al Canto ed il<br />

terzo tema al basso. Nel corso del ricercare tutti i soggetti vengono proposti in<br />

aumentazione. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto.<br />

Sesto Ricercare del Duodecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.<br />

Il sesto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il<br />

primo soggetto appare al Tenore, il secondo soggetto appare in stretto nella stessa<br />

battuta all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare<br />

alla battuta 5 al Basso. Alla battuta 37 vi è un’entrata in stretto tra il primo e il secondo<br />

soggetto seguita qualche battuta dopo da un analogo stretto tra il terzo e il quarto<br />

soggetto. Vengono proposti in aumentazione il primo, il terzo e il quarto soggetto, in<br />

diminuzione il primo e due volte il terzo; la cadenza finale ha l’entrata simultanea<br />

dei quattro soggetti anche qui con aggiustamenti ritmici. Il Ricercare è lungo 78 battute<br />

di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Settimo Ricercare del Nono Tono trasportato.<br />

Il settimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto , Canto (batt. 1),<br />

Basso (batt. 2) e Tenore (batt. 3); esso viene continuamente variato ritmicamente finché,<br />

alla battuta 35, appare un secondo tema che viene esposto in ordine all’Alto, Canto,<br />

Tenore e Basso e riesposto, a partire dalla battuta 44, al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il<br />

secondo tema riapparirà altre quattro volte, a volte con leggere modifiche, il primo<br />

soggetto non compare più. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e l’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Ottavo Ricercare del Primo Tono naturale.<br />

L’ottavo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare in coppie di stretti all’Alto<br />

e al Canto (batt. 1), al Basso (batt. 2) ed al Tenore (batt. 3); viene poi proposto con<br />

diverse varianti ritmiche finché, alla battuta 35, entra un secondo tema esposto all’Alto,<br />

Canto, Tenore e Basso e riesposto successivamente al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il<br />

secondo tema verrà proposto altre quattro volte con leggere modifiche mentre il primo<br />

soggetto non viene più proposto sino alla fine. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e<br />

l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

37


Nono Ricercare del Primo Tono naturale.<br />

Il nono Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt. 2),<br />

Basso (batt. 3) e Tenore (batt. 5); viene poi proposto una volta in entrata in stretto tra<br />

due parti, viene anche variato ritmicamente e 3 volte viene aumentato. Il Ricercare è<br />

lungo 40 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Decimo Ricercare del Secondo tono naturale.<br />

Il decimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2)<br />

ed Alto (batt. 2) in stretto, Basso (batt. 4); viene poi proposto una volta in entrata in<br />

stretto tra due parti, viene anche variato ritmicamente, 5 volte viene aumentato ed una<br />

volta diminuito. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il<br />

tempo imperfetto.<br />

Undicesimo Ricercare del Terzo Tono naturale.<br />

L’undicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Basso (batt.<br />

2), Alto (batt. 3) e Canto (batt. 4); il soggetto viene frequentemente variato ritmicamente<br />

e proposto in numerose entrate in stretto; viene anche aumentato 3 volte. Alla battuta<br />

36 il soggetto presenta un inganno alla quarta nota 115 . Il Ricercare è lungo 42 battute di<br />

brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Dodicesimo Ricercare del Quarto Tono naturale.<br />

Il dodicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Alto (batt.<br />

1), Basso (batt. 2) e Canto (batt. 3); subito dopo l’esposizione il soggetto viene proposto<br />

in rapide entrate in stretto tra tre parti; dalla battuta 14 le entrate tematiche si<br />

allontanano, il soggetto viene aumentato 6 volte ed una volta diminuito; soltanto alla<br />

fine vi è uno stretto tra due parti col soggetto modificato ritmicamente. Il Ricercare è<br />

lungo 42 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Tredicesimo Ricercare del Quinto Tono naturale.<br />

Il tredicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt.<br />

2), Canto (batt. 3) e Tenore (batt. 4); terminata l’esposizione il soggetto viene proposto<br />

sempre con alterazioni ritmiche; viene, inoltre, aumentato 3 volte e diminuito una volta.<br />

Tutte le entrate tematiche successive all’esposizione sono in stretto. Lo sviluppo è<br />

caratterizzato da materiale tematico secondario e dai frequenti passaggi di crome per<br />

terze parallele. Il Ricercare è lungo 46 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto.<br />

Quattordicesimo Ricercare del Sesto Tono naturale.<br />

Il quattordicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto<br />

(batt. 2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 4); viene poi proposto poche volte in stretto,<br />

viene anche variato ritmicamente e 5 volte viene aumentato di cui tre consecutive al<br />

Canto. Il Ricercare è lungo 43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto.<br />

Quindicesimo Ricercare del Settimo Tono naturale.<br />

Il quindicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt.<br />

1), Canto (batt. 2) e Tenore (batt. 5); viene proposto diverse volte in stretto dopo<br />

l’esposizione, prevalgono, poi, le variazioni ritmiche; il soggetto viene aumentato 3<br />

115<br />

La tecnica dell’inganno verrà ampiamente utilizzata da Giovanni Maria Trabaci nei suoi Ricercari.<br />

Cfr. Cap 3.4.<br />

38


volte e 2 volte diminuito, nelle parti libere sono frequenti i passaggi di crome per terze<br />

parallele. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto.<br />

Sedicesimo Ricercare dell’Ottavo Tono naturale.<br />

Il sedicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt.<br />

2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 5); non ci sono entrate in stretto, il soggetto raramente<br />

viene modificato ritmicamente e viene proposto aumentato 4 volte. Il Ricercare è lungo<br />

43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Diciassettesimo Ricercare del Duodecimo Tono naturale.<br />

Il diciassettesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto<br />

(batt. 2), Alto (batt. 2) e Basso (batt. 4); già nell’esposizione il Canto e l’Alto sono in<br />

stretto che viene riproposto solo alle battute 9 e 24; in quest’ultimo caso, lo stretto è con<br />

il soggetto aumentato in entrambe le parti. Il soggetto viene aumentato<br />

complessivamente 3 volte e frequentemente viene modificato ritmicamente. Il Ricercare<br />

è lungo 52 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Il trattamento contrappuntistico nei ricercari di Raval è molto libero e disinvolto,<br />

le esposizioni tematiche sono separate da lunghe sezioni libere, caratterizzate da chiare<br />

sequenze armoniche e da lunghi passaggi per terze e seste parallele. Le armonie<br />

eccentriche, il frequente uso di ritmi con note puntate assieme alle modulazioni molto<br />

libere, conferiscono alla musica di Raval un carattere inquieto e nervoso.<br />

Dopo i Ricercari c’è un mottetto intitolato Viderunt te atque Deus per Organum ;<br />

nelle singole parti c’è la seguente indicazione: A 4 per l’organo quattro fughe distinte.<br />

In questo caso l’organo probabilmente deve raddoppiare le quattro voci.<br />

Seguono quattro canoni di cui si riporta l’incipit e, tra parentesi, le indicazioni<br />

tecniche dell’autore.<br />

Canones cum octo & duodecim vocibus. In quatuor partibus.<br />

1. Congregate sunt gentes octo vocum. In quatuor partibus.(Canon cum octo vocibus in<br />

quatuor partibus, et divisis quatuor ad unisonum ad Ecco)<br />

2. Haec dies, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (Canon duodecim vocibus simul et<br />

separatis tribus Choris ad Ecco)<br />

3. Da pacem Domine, octo vocibus. In quatuor partibus. Canon ad Ecco octo vocum in<br />

quatuor partibus coniunctis, et separatis)<br />

4. Misit Dominus, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (canon Duodecim vocibus in<br />

quatuor partibus coniunctis et separatis)<br />

39


2.3 ACHILLE FALCONE<br />

Si è già accennato nel cap 2.2 alla sfida musicale tra Sebastian Raval ed Achille<br />

Falcone. Nella pubblicazione 116 curata da Antonio Falcone, padre di Achille, sono<br />

riprodotte le musiche superstiti di questo, ivi comprese quelle della contesa, le uniche<br />

musiche conosciute di Achille Falcone. Accluso alla parte del Basso si trova la<br />

Relazione del successo seguito in Palermo tra Achille Falcone Musico Cosentino e<br />

Sebastian Ravalle Musico Spagnolo, racconto dettagliato della sfida nonché unica fonte<br />

biografica del musicista calabrese 117 .<br />

Achille Falcone nacque a Cosenza non prima del 1577, suo padre provvedette a<br />

[…] far crescere questo mio figliuolo a suoi teneri anni nel timor del Signore Dio, e nelle<br />

scienze della lingua Latina Poesia, e particolarmente della Musica speculativa e prattica<br />

con cognizione d‘ogni sorte di strumento, conforme si ricerca à perfetto Musico 118 .<br />

Dal 10 maggio 1597 119 era Maestro di cappella a Caltagirone (attualmente in provincia<br />

di Catania); morì il 9 novembre 1660 a Cosenza mentre si apprestava a partire per<br />

Roma, dove avrebbe dovuto avere luogo la terza prova della sfida con Raval.<br />

La pubblicazione del 1603 ha il seguente frontespizio:<br />

116 Falcone 1603 (Privitera 2000).<br />

117 Privitera 2000.<br />

118 Falcone 1603, 1.<br />

119 Privitera 2000, xviii.<br />

ALLI SIGNORI MUSICI<br />

DI ROMA<br />

MADRIGALI A CINQUE VOCI<br />

DI ACHILLE FALCONE<br />

Musico & Accademico Cosentino<br />

Maestro di Cappella di Caltagirone, con alcune opere fatte<br />

All’impronto à competenza, con Sebastiano Ravalle<br />

Fra Capellano di Malta, e Maestro della Cap-<br />

pella Reale di Palermo, con una nar-<br />

ratione come veramente il<br />

fatto seguisse.<br />

Nuovamente, dati in luce<br />

[simbolo]<br />

40


I N V E N E T I A<br />

Appresso Giacomo Vincenti. MDCIII.<br />

Nella pubblicazione troviamo 16 madrigali, 3 mottetti, 4 canoni e 2 ricercari di<br />

Falcone, 2 madrigali, 2 mottetti, un canone ed un ricercare di Raval 120 . I due ricercari di<br />

Falcone, stampati in libri parte e senza specifica destinazione strumentale, denotano una<br />

notevole perizia contrappuntistica.<br />

1. Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe d’accordo dove veramente<br />

appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a competenza della suddetta di<br />

Ravale.<br />

E’ la risposta di Falcone alla prima Ricercata pubblicata nel 1596 da Raval.<br />

Analogamente al ricercare dello spagnolo, è nel primo modo trasportato una quarta<br />

sopra per b molle. Le quattro fughe sono scambiabili in tutte le voci nelle quattro<br />

risoluzioni.<br />

Resolutione prima. Come sta. Il primo soggetto appare al Canto (chiave di Soprano), il<br />

secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso (chiave di Baritono), il terzo soggetto<br />

appare alla battuta 5 all’Alto (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta<br />

6 al Tenore (chiave di Tenore).<br />

Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo<br />

soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Violino), il terzo soggetto appare alla<br />

battuta 5 al Tenore (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta 6 all’Alto<br />

(chiave di Contralto).<br />

Resolutione terza. Il primo soggetto appare all’Alto (chiave di Soprano), il secondo<br />

soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto<br />

appare alla battuta 5 al Canto (chiave di Violino), il quarto soggetto appare alla battuta 6<br />

al Basso (chiave di Tenore).<br />

Resolutione quarta. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo<br />

soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto<br />

appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Basso), il quarto soggetto appare alla battuta 6<br />

all’Alto (chiave di Contralto).<br />

E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento dei soggetti mentre si riscontra con più facilità<br />

la diminuzione e la modifica dell’incipit; il secondo soggetto viene presentato una sola<br />

volta in inversione. Le entrate in stretto iniziano a partire dalla battuta 10 e si<br />

susseguono fino alla cadenza conclusiva: non c’è una sola battuta in tutto il ricercare<br />

senza un tema esposto almeno in una delle quattro voci. Il Ricercare è lungo 44 battute<br />

di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

2. Ricercata d’Achille di quattro fughe; si canta in più modi come appare per le due<br />

risoluzioni.<br />

Anche questo ricercare è nel primo modo trasportato una quarta sopra per b molle.<br />

Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla<br />

120 Primo ricercare di Raval analizzato in Cap 2.2., 36.<br />

41


attuta 3 all’Alto (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto<br />

(chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso (chiave di Basso).<br />

Falcone presenta altre due risoluzioni:<br />

Resolutione prima. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il<br />

secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Soprano), il terzo soggetto<br />

appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Tenore), il quarto soggetto appare alla battuta 6<br />

all’Alto (chiave di Soprano).<br />

Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo<br />

soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare<br />

alla battuta 5 all’Alto (chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 6 al<br />

Canto (chiave di Violino).<br />

E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento, la diminuzione e l’inversione dei<br />

soggetti, si riscontra la modifica dell’incipit. Le entrate in stretto iniziano molto presto a<br />

partire dalla battuta 7: le entrate tematiche sono ancora più fitte del precedente ricercare<br />

ed anche qui non c’è una sola battuta senza un tema esposto almeno in una delle quattro<br />

voci. La cadenza finale è ottenuta con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. Il<br />

Ricercare è lungo 48 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato.<br />

42


3. IL TRENTENNIO D’ORO A NAPOLI (1586/1618)<br />

Negli anni compresi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, l’attività<br />

musicale, nel Regno di Napoli, vive un periodo di grande fermento.<br />

Nella storiografia musicale l’immagine corrente del madrigale napoletano s’incentra sulla<br />

figura preminente del principe Carlo Gesualdo, animatore – oltre che compositore in<br />

proprio – di un’attività musicale intensa in Napoli, nei suoi feudi e addirittura fuori dei<br />

confini del Regno. Le ricerche in corso vanno però mettendo in luce anche la ricchezza e<br />

fertilità di un retroterra madrigalistico locale che annovera compositori di grande statura,<br />

come Giovanni de Macque, Scipione Dentice, Giovan Domenico Montella, Pomponio<br />

Nenna, non tutti e non sempre legati alla corte gesualdiana. Se poi si estende lo sguardo al<br />

di là dei fatti compositivi, salta altresì all’occhio l’intensissimo – seppur breve – rigoglio<br />

dell’editoria musicale napoletana nell’arco che va dagli anni ’90 del Cinque agli anni ’20<br />

del Seicento. 121<br />

Nella prima metà del XVI secolo, i compositori napoletani pubblicavano i loro<br />

madrigali, il genere musicale più diffuso in Italia, a Venezia o a Roma; l’editoria<br />

napoletana, invece, stampava pochissimi libri e “tutti caratterizzati da qualche<br />

prerogativa di eccezionalità” 122 . Nel 1536 si pubblica a Napoli l’Intavolatura de viola<br />

overo lauto di Francesco da Milano e, nel 1537, le Canzone villanesche alla napolitana,<br />

prima pubblicazione in Italia di questo genere musicale. Negli anni ’70 troviamo le<br />

musiche strumentali di Rodio e Valente 123 , genere musicale che nel resto d’Italia risulta<br />

minoritario rispetto alla musica sacra vocale e al madrigale.<br />

Salta all’occhio che l’editoria musicale napoletana si impossessa soltanto a partire dal<br />

1591 – ossia molto, molto tardi – del genere musicale più in voga non soltanto in Italia<br />

bensì anche già allora nella stessa Napoli: il madrigale. 124<br />

Nel 1586 si trasferisce a Napoli il grande musicista fiammingo Giovanni de<br />

Macque 125 il quale entra subito nella cerchia dei Gesualdo di Venosa.<br />

Il Macque napoletano è il grande maestro del madrigale meridionale: egli condensa e<br />

chiude la storia del madrigale in una summa straordinariamente equilibrata, ubertosa,<br />

perspicua, riccamente intessuta d’ogni artificio, al colmo dell’efficacia espressiva e<br />

rappresentativa, in classica perfezione formale, limpida ma densissima. 126<br />

Le opere per tastiera di Macque, poche se paragonate alla vasta produzione<br />

madrigalistica, sono un punto di svolta nella composizione strumentale napoletana: sono<br />

ormai lontane le regole contrappuntistiche rinascimentali dei ricercari di Rocco Rodio e<br />

le diminuzioni e variazioni su “tenori” di Antonio Valente modellate sugli esempi del<br />

Trattado di Ortiz. Giovanni de Macque stupisce i suoi contemporanei con<br />

sperimentazioni armoniche, impiega una nuova terminologia (durezze, ligature,<br />

stravaganze) per rendere esplicita la dirompente novità delle armonie dissonanti, scrive<br />

toccate che sono un felice equilibrio tra improvvisazione e chiarezza formale, elabora<br />

un nuovo criterio nella successione delle “partite sopra tenori”, dona veste nuova allo<br />

121 Pompilio 1983, 79.<br />

122 Ibidem, 91.<br />

123 Vedi Cap. 1., 1.1 e 1.2.<br />

124 Pompilio 1983, 91.<br />

125 Vedi Cap. 3.1.<br />

126 Carapezza 1987, 22.<br />

43


sviluppo motivico delle canzoni e dei capricci, si cimenta, primo in area napoletana,<br />

nella composizione di un ciclo di ricercari sui dodici toni.<br />

Il legame tra Giovanni de Macque ed i principi di Venosa è di fondamentale<br />

importanza per l’affermazione artistica del musicista fiammingo: Fabrizio aveva creato<br />

un circolo intellettuale e teneva al suo servizio valenti musicisti fra cui Giovanni de<br />

Macque; Carlo, figlio di Fabrizio, mantenne ed alimentò il circolo dei musicisti che si<br />

pose come punto di riferimento per la città di Napoli. Giovanni de Macque ebbe la<br />

possibilità di dedicarsi interamente alla musica senza altre preoccupazioni 127 ,<br />

sperimentando soluzioni musicali nuove e confrontandosi con altri musicisti 128 : le<br />

condizioni più propizie per sviluppare l’arte musicale.<br />

Nel lodare l’alto livello musicale raggiunto a Napoli, nel 1601 Scipione Cerreto<br />

scriveva che 129<br />

[…] Tutto mi par che oggi si scorga nell’Illustrissimo Signor Don Carlo Gesualdo<br />

Principe di Venosa, Nipote dell’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinal Alfonso<br />

Gesualdo, al presente Arcivescovo di Napoli. Oltre che questo Signore è raro Sonatore di<br />

molti Stromenti, del Liuto ha passato il segno, e della Compositione non è meno degli<br />

altri Compositori eccellente, per havervi lui ritrovate nove invenzioni di componimenti,<br />

ornandoli di bei pensieri, e capricci, che forse danno meraviglia a tutti i Musici e Cantori<br />

del mondo, lasciando da parte l’altre sue rare virtù. A questo Principe di più non basta che<br />

si diletti della Musica, ma ancora per suo gusto & intertenimento tiene in sua Corte, a sue<br />

spese, molti Compositori, Sonatori e Cantori eccellenti […]<br />

Cerreto loda le qualità musicali di Carlo Gesualdo descrivendolo liutista<br />

impareggiabile, molto bravo con altri strumenti e compositore non inferiore ai migliori<br />

allora viventi. Sono pervenuti ai nostri giorni sei libri di madrigali mentre è quasi<br />

sconosciuta la sua musica strumentale: conosciamo solo una gagliarda copiata in un<br />

manoscritto custodito nella biblioteca del Conservatorio di Musica di Napoli (I-Nc, ms.<br />

4.6.3.) e la Canzon francese del Principe del manoscritto “Rossi” (British Museum, ms.<br />

Add. 30491) 130 ; compose tre ricercari inclusi nella raccolta di Giovanni de Macque del<br />

1586, di cui è rimasta, mutila, solo la parte del Tenore 131 . Sono pochissimi esempi “di<br />

un repertorio che a Gesualdo doveva parere meccanico artigianato indegno degli onori<br />

della stampa” 132<br />

Tra il 1594 e il 1596, Carlo Gesualdo visse a Ferrara in seguito alle nozze con<br />

Eleonora d’Este. Ferrara era una città con solidissime tradizioni musicali 133 ; il principe<br />

andò accompagnato dal liutista Fabrizio Fillimarino e dall’organista e compositore<br />

Scipione Stella 134 . A Ferrara conobbe Luzzasco Luzzaschi, uno dei pochi compositori di<br />

cui Carlo Gesualdo nutriva una sincera ammirazione; oltre ad aspetti concernenti la<br />

composizione madrigalistica, i musicisti napoletani si saranno confrontati sul campo<br />

della musica strumentale con Luzzaschi e, forse, con il suo giovane allievo, Girolamo<br />

127<br />

Vedi Cap. 3.1., 53.<br />

128<br />

Il manoscritto “Rossi” (Cap. 3.2), in cui sono rappresentati musicisti appartenenti alla cerchia di Carlo<br />

Gesualdo, può darci un’idea della temperie musicale che c’era all’interno del circolo.<br />

129<br />

Cerreto 1601, 155.<br />

130<br />

Nel manoscritto “Rossi” figurano opere strumentali di alcuni musicisti appartenenti al circolo di Carlo<br />

Gesualdo. Vedi Cap. 3.2.<br />

131<br />

Vedi Cap. 3.1., 60.<br />

132<br />

Misuraca 2000, 136.<br />

133<br />

A Ferrara avevano soggiornato, fra gli altri, Josquin Desprez, Jacob Obrecht, Antoin Brumel, Adrian<br />

Willaert, Cipriano de Rore, Orlando di Lasso, Luca Marenzio. (Watkins 1973, 37).<br />

134<br />

Ibidem, 43.<br />

44


Frescobaldi 135 . Luzzaschi era l’unico a saper sonare l’archicembalo, costruito qualche<br />

decennio prima da Nicola Vicentino, strumento con l’ottava divisa in 31 tasti su cui era<br />

possibile effettuare trasporti in tutte le tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche.<br />

Il cronista Agostino Faustini scrisse che nel 1594<br />

[…] fù a Ferrara il Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, per isposar la Signora<br />

Donna Leonora d’Este, Sorella del Signor D. Cesare, per occasione della cui venuta tutti<br />

li Musici, & in particolar, quelli del Duca ebbero occasione di mostrare il loro valore,<br />

essendo che quel Principe, era intendentissimo di quella nobilissima facoltà proporzionata<br />

solo agli animi nobili; onde frà tutti, ch’egli udì, lodò particolarmente il Sig. Luzzasco dè<br />

Luzzaschi Organista, per l’esquisita sua maniera di suonare, & per certo strumento<br />

Inarmonico, che suonando gli fè udire. 136<br />

Gli anni ferraresi di Carlo Gesualdo servirono da stimolo alle sperimentazioni<br />

armoniche dei compositori napoletani della prima metà del XVII secolo. Proprio<br />

Scipione Stella, ritornato a Napoli, si impegnò nello studio degli strumenti enarmonici<br />

facendo costruire un “tricembalo” ed un “pentaorgano”.<br />

Nel 1618 si stampa a Napoli il trattato teorico La Sambuca Lincea, unica opera<br />

musicale di Fabio Colonna, scienziato e botanico napoletano nato nel 1567 e morto nel<br />

1640 137 . Il trattato è dedicato alla descrizione di un clavicordo enarmonico di sua<br />

invenzione, la “sambuca lincea”, che aveva 31 tasti per ottava distribuiti su sei ordini<br />

per accordare lo strumento secondo il “sistema ciclico 31” 138 . Lo strumento fu realizzato<br />

da Francesco Beghini, organaro e cembalaro lucchese trapiantato a Napoli. 139<br />

Fig. 3.1: cerchio armonico relativo al sistema ciclico 31, con il quale era accordata<br />

la “sambuca lincea” (note all’esterno); all’interno le note corrispondenti del nostro<br />

moderno temperamento equabile (= sistema ciclico 12). (Barbieri 1987, 170)<br />

Colonna dichiara nel trattato di aver iniziato lo studio della teoria enarmonica<br />

dietro invito di Padre Stella il quale, invece, lo accuserà di aver plagiato i suoi<br />

“tricembalo” e “pentaorgano” 140 . Nel trattato di Colonna appaiono i disegni delle<br />

135<br />

Girolamo Frescobaldi nacque a Ferrara nel 1583; poté, quindi, incontrare appena adolescente Carlo<br />

Gesualdo ed i musicisti al suo seguito.<br />

136<br />

Faustini 1646, 90.<br />

137<br />

Barbieri 1987, 167.<br />

138<br />

Barbieri 1983, 158.<br />

139<br />

Nocerino 1998, 88.<br />

140<br />

Barbieri, 1987, 204-208.<br />

45


tastiere della “sambuca lincea” e del “tricembalo”: il cembalo enarmonico di Padre<br />

Stella aveva 52 tasti per ottava distribuiti in otto ordini, due in più della sambuca.<br />

Fig. 3.2.: tastiere enarmoniche della „Sambuca Lincea“ di Fabio Colonna e del<br />

„Tricembalo“ di Padre Stella. Da Colonna 1618, 72.<br />

Fabio Colonna prevede tre impieghi per il suo strumento: contrappunti in<br />

consonanza basati sugli antichi generi greci, possibilità di effettuare “strisciate di voce”<br />

per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della scala. Tutto ciò viene<br />

supportato da esempi musicali composti da Ascanio Mayone 141 . Il Colonna tentò pure<br />

di convincere papa Paolo V, invano, a realizzare un suo arciorgano nella basilica di San<br />

Pietro in Roma. 142 Verso la metà del Seicento, il “ciclo 31” aveva raggiunto una certa<br />

diffusione in molte città italiane. Nel 1640 Giovan Battista Doni scrive che di strumenti<br />

[…] di quattro, di sei, e sino d’otto [tastature] ne sono stati fatti; della qual sorte intendo<br />

trovarsene in Ferrara, in Napoli, & in Messina. 143<br />

Nella prima metà del XVII secolo operava a Napoli il pittore bolognese Domenico<br />

Zampieri, detto il Domenichino. Ecco cosa scrive al pittore Francesco Albani 144 :<br />

In questi ultimi tempi, per necessità, non havendo alcuna conversatione, ne divertimento,<br />

casualmente mi diedi un poco di diletto alla musica, e per udirne, mi posi à fare<br />

istrumenti, & ho fatto un liuto, & un cembalo, & ora faccio fare un arpa con tutti li suoi<br />

generi Diatonico, Cromatico, & Enarmonico: cosa non più stata fatta, né inventata. Mà<br />

perche è cosa nuova alli musici del secolo nostro, non ho potuto per anco farli sonare. Mi<br />

rincresce non sia vivo il Signor Alessandro [Piccinini], il quale disse ch’io non haverei<br />

fatto cosa alcuna, mentre il Luzzasco ne havea fatto prova. Qui in Napoli vi è stato il<br />

141 Vedi. Cap. 3.3,..<br />

142 Doni 1647, 32-33.<br />

143 Doni 1640, 68-70, cit. in Barbieri 1983, 179.<br />

144 Riportata in Barbieri 1987, 209.<br />

46


Principe di Venosa, e lo Stella de’primi musici, e non l’hanno potuto ritrovare: se verrò<br />

alla patria, voglio fare un organo in questa maniera. Napoli li 7. Decemb. 1638.<br />

Carlo Gesualdo di Venosa e Scipione Stella vengono indicati come i maggiori esperti di<br />

strumenti enarmonici. Il Domenichino aveva già manifestato il suo interesse per gli<br />

strumenti enarmonici raffigurando, verso il 1617, re David 145 che suona un arpa a tre<br />

ordini.<br />

Nella tradizione musicale napoletana l’arpa è interscambiabile con le tastiere:<br />

[…] il retroterra culturale di questa tradizione è costituito dal repertorio iberico, in cui si<br />

ritrovano fin dalla seconda metà del XVI secolo stampe di musiche per “vihuela, arpa y<br />

tecla”. Per tutta la prima metà del Seicento tale tradizione si perpetua, e anzi s’amplifica,<br />

in Spagna e in Portogallo. Verso il 1633 la cappella reale di Filippo IV a Madrid<br />

impiegava almeno quattro arpisti, tra i quali l’italiano Bartolomeo Jobenardi. Benché<br />

manchino del tutto studi sul repertorio arpistico del Seicento, un rapido esame dei<br />

cataloghi spagnoli rivela che l’arpa era comunemente usata, per realizzare il basso<br />

continuo, anche nella produzione sacra iberica. 146<br />

Arpisti erano stipendiati nella Real Cappella di Napoli ma anche presso i Filippini,<br />

l’Annunziata e la Cappella del Tesoro di San Gennaro in duomo. Mayone, Trabaci e<br />

Strozzi 147 destinano dei brani all’arpa, molti dei musicisti inclusi nel manoscritto<br />

“Rossi” erano arpisti di chiara fama 148 .<br />

[…] quando ancora Luigi Rossi studiava a Napoli (si dice, con il celebre Jean de Macque,<br />

maestro fino al 1614 della Real Cappella), un altro napoletano era giunto a Roma verso il<br />

1613 richiesto al servizio del più melomane dei cardinali, il Montalto. Si trattava di<br />

Orazio Michi, che sarebbe ben presto divenuto l’arpista più famoso del secolo, conosciuto<br />

come “Orazio dell’arpa”. Con questo straordinario virtuoso, morto nel 1614, s’apre una<br />

nuova fase nella storia dello strumento che, per una complicazione organologica, è<br />

chiamato adesso ‘arpa tripla’. 149<br />

Le arpe a due o a tre ordini avevano le stesse note rispettivamente del “cimbalo<br />

cromatico” e dell’archicembalo; l’arpa a tre ordini sarebbe un’invenzione di un<br />

napoletano:<br />

La Harpe à trois rangs a esté inventeé il y a trente ou quarante ans par le sieur Luc<br />

Anthoine Eustache Gentilhomme Neapolitain, & Chambrier du Pape Paul V; & que le<br />

sieur Horace Michi a mis cet instrument à sa perfection, dont il ioue treexcellentement.<br />

150<br />

Le prime composizione esplicitamente composte per l’arpa vengono pubblicate a<br />

Napoli nel 1609 e 1615 rispettivamente da Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci,<br />

i due maggiori allievi di Giovanni de Macque: si tratta di pochi brani inseriti in raccolte<br />

dedicate prevalentemente all’organo o al clavicembalo, ma significativi per la scrittura<br />

fortemente idiomatica 151 .<br />

145<br />

Il quadro è attualmente conservato a Parigi, presso il museo del Louvre.<br />

146<br />

Fabris 1986, 222.<br />

147<br />

Vedi rispettivamente Capp. 3.3, 3.4 e 5.3.<br />

148<br />

Vedi Cap. 3.2.<br />

149<br />

Ibidem, 219.<br />

150<br />

Marin Mersenne 1636, cit. in Durante-Martellotti 1982, 79.<br />

151<br />

L’abilità di Mayone all’arpa, oltre che all’organo, viene attestata da Scipione Cerreto (1601, 156-158).<br />

Cfr. Capp. 3.3. e 3.4.<br />

47


Le vite di Mayone e Trabaci sono fortemente intrecciate: hanno, infatti, il grande<br />

maestro in comune, assumono quasi contemporanei gli incarichi presso la cappella<br />

dell’Annunziata e, in seguito, presso la Real Cappella con Trabaci in posizione<br />

preminente 152 . Entrambi pubblicano opere caratterizzate da grande virtuosismo ed<br />

estrosità; Giovanni de Macque è il modello indiscusso delle toccate, delle canzoni alla<br />

francese e delle partite sopra tenori ma i due allievi ne amplificano il linguaggio.<br />

Willy Apel 153 descrive Mayone come<br />

[…] un musicista dal temperamento focoso e veramente meridionale, la cui<br />

immaginazione vivace e tendente al fantastico lo predestinò ad afferrare le nuove idee del<br />

suo tempo ed a realizzarle in modo originale. Perciò egli gioca nel campo della musica<br />

per tastiera un ruolo simile a quello di Gesualdo nel madrigale. Tuttavia si potrebbe dire<br />

che la sua creatività era sotto un stella più fortunata di quella di principe di Venosa.<br />

Mentre Gesualdo rappresenta un’apparizione del tutto unica, la cui forza cessò con lui,<br />

Mayone trovò un compagno di lotta in Trabaci […]<br />

Trabaci fa stampare cicli completi di ricercari e di versi in tutti i toni<br />

accompagnandoli con chiose e dotte citazioni, richiamando l’attenzione dei lettori con<br />

una tavola dei passi et delle cose più notabile 154 .<br />

Trabaci dunque mette sempre in evidenza – per orgoglio di erudito, per premura di<br />

insegnante o per i due motivi insieme – i particolari mezzi contrappuntistici che egli<br />

mette in pratica nei suoi ricercari. Con ciò offre all’osservatore moderno un panorama<br />

particolarmente prezioso del mondo delle sue idee e della sua tecnica compositiva. 155<br />

Un altro strumento interscambiabile con le tastiere, sempre per tradizione iberica,<br />

era il liuto: non c’era cappella musicale napoletana di un certo rango che non avesse<br />

liutisti nell’organico. Il “sonatore di liuto” era considerato un musicista importante e, al<br />

pari dell’organista, aveva grande competenza musicale e si dedicava alla composizione.<br />

Abbiamo già scritto dell’abilità di Carlo Gesualdo al liuto; Scipione Cerreto,<br />

liutista e compositore, pubblicò nel 1601 il trattato Della pratica musica vocale, et<br />

estrumentale 156 e il liutista e compositore Andrea Falconieri assunse nel 1647 l’incarico<br />

di maestro della Real Cappella, il più prestigioso incarico musicale a Napoli. Il trattato<br />

di Cerreto è una ben riuscita sintesi tra teoria e pratica. La distribuzione della materia è<br />

ben organizzata: dalle nozioni generali del primo libro (definizione della musica,<br />

esplicazione degli intervalli), si passa ai modi 157 ed alla salmodia del canto fermo del<br />

secondo libro, il terzo libro tratta degli aspetti ritmici e dei generi diatonico, cromatico<br />

ed enarmonico, il quarto, infine, delle regole del contrappunto, dei canoni e delle<br />

intavolature. Il terzo libro è introdotto da un elenco dei nomi de i musici napoletani e<br />

compatrioti, che sono stati in questa città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì<br />

d’oggi 158 ; nel quarto libro, infine, oltre ad esempi di contrappunto su canti dati - uno dei<br />

quali sopra la Bascia di Costantio Festa (pag. 293) - e la esplicazione con esempi<br />

152<br />

Troviamo Trabaci, nel 1602, primo organista della Real Cappella con Mayone secondo organista;<br />

quando Trabaci assumerà la direzione della cappella, nel 1614, Mayone diventerà il primo organista.<br />

153<br />

Apel 1972, 643.<br />

154<br />

Trabaci 1615.<br />

155<br />

Apel 1972, 646.<br />

156<br />

Cerreto 1601.<br />

157<br />

A tal proposito Cerreto sostiene che […] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie<br />

del Diapason, le quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione<br />

dovremo credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […] il Nono, Decimo,<br />

undecimo e Duodecimo (sono) formati con le prime Diapente, e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi<br />

primi otto Modi moderni…(pag. 96 ).<br />

158<br />

Vedi volume II, tavola n.°1.<br />

48


pratici dell’intavolatura di liuto, vi è una dettagliata descrizione dell’accordatura del<br />

liuto ad otto ordini, della chitarra a sette corde, della lira e della viola da gamba 159 . In<br />

merito a quest’ultima, Cerreto scrive che<br />

[…] è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’Arco è uno strumento nel<br />

quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel liuto, non<br />

solo per causa della cosa da tastare, & che in una corda stesa si possa inacutire &<br />

ingravire (sic) il suono per qualsivoglia intervallo, benche minimo, & insolido (sic), ma<br />

anco sonandosi da periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che<br />

essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave<br />

armonia, lo che non fa tanto effetto sonandosi qualsivoglia Cantilena à quattro, ò à cinque<br />

da Perito Sonatore di qualsivoglia Strumento per perfetto che sia. 160<br />

Per Cerreto, quindi, il “concerto di viole” è la miglior formazione strumentale possibile.<br />

Nel 1615 Trabaci sosterrà, invece, che<br />

il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa<br />

con facilità 161 .<br />

E’ nel Seicento che a Napoli l’arte di costruire clavicembali, spinette, virginali e<br />

clavicordi, raggiunse un ampio sviluppo ed un alto grado di raffinatezza tecnica ed<br />

artistica. Alcuni strumenti, in particolare le spinette rettangolari, “virginali”, sembrano<br />

avere caratteristiche organologiche peculiari di una tradizione locale consolidata,<br />

presentando, ad esempio, il somiere e le caviglie sulla parte posteriore sinistra rispetto a<br />

chi suona, l’attacco delle corde a destra, la tastiera semisporgente.<br />

Pietro Cerone 162 puntualizza nel suo trattato 163 che<br />

Adviertan el Compositor y el Maestro de Capilla que no ay instrumento que tenga ensi<br />

mas voces de los Clavicembalos, Organos, y Regales, quando son hechos con entera<br />

tastadura, o juego de Monochordio. Los quales instrumentos, tuviendo todos una mesma<br />

orden y division, nombrarse han debaxo del nombre de Clavicembalo; no como in<br />

strumento mayor ò mas noble, mas como aquel que se alarga mas en las vocez, tuviendo<br />

por ordinario cinquenta trastes. 164<br />

Il privilegio del clavicembalo consiste, quindi, nella maggiore estensione della sua<br />

tastiera. L’organo, il clavicordo e l’arpa avevano una tessitura compresa tra il Do1 e il<br />

Do5 (45 note con la prima ottava corta 165 ), il clavicembalo poteva scendere fino al Sol-1<br />

(50 note con la prima ottava corta). Gli strumenti musicali sono descritti nel libro<br />

ventunesimo del Melopeo,<br />

En el qual se tracta en particolar de los conciertos, y conveniencia de los instrumentos<br />

musicales; y de su temple 166 .<br />

159 Vedi volume II, tavola n.°4.<br />

160 Cerreto 1601, 329.<br />

161 Trabaci 1615, 117; vedi Cap. 3.4.<br />

162 Pietro Cerone nacque a Bergamo, molto probabilmente nel 1561; nel 1592 si trasferì in Spagna ,<br />

quindi a Napoli dove, nel 1609, risulta cantore presso la chiesa dell’Annunziata; passò poi alla real<br />

cappella come tenore, sotto la guida di Giovanni Maria Trabaci. Morì a Napoli nel 1625 (Cfr. F.<br />

ALBERTO GALLO, Introduzione all’edizione anastatico del Melopeo y maestro, Bologna, Forni, 1969)<br />

163 Cerone 1613.<br />

164 Ibidem, 1041. Il corsivo è nell’originale.<br />

165 Tessitura presa a modello da Antonio Valente nell’Intavolatura de cimbalo del 1576. Vedi Fig. 1.3.2.<br />

166 Cerone 1613, 1037.<br />

49


Cerone descrive l’accordatura dell’arpa diatonica, della “Cythara o Citola”, del liuto,<br />

della viola da braccio e del violone 167 .<br />

Il clavicembalo, con la sua grande estensione, era probabilmente impiegato nelle<br />

grandi formazioni strumentali delle cappelle musicali, mentre per l’uso domestico erano<br />

privilegiati i clavicordi, le spinette traverse ed i virginali; essi avevano l’estensione Do 1<br />

– Do 5 (con prima ottava corta), proprio come gli organi 168 : tutte le musiche composte<br />

nel regno di Napoli nel secolo XVII rientrano in questa estensione.<br />

Lo studio degli organi seicenteschi napoletani risulta difficoltoso perché sono stati<br />

modificati o ricostruiti nei secoli successivi; gli atti notarili sono, quindi, le fonti per<br />

ricostruire la tipologia comune degli organi. La fonica più ricorrente degli organi<br />

secenteschi è: Principale, VIII, XV, XIX, XXII, XXVI, XXIX, XXXIIII, XXXVI; la<br />

Voce Umana compare intorno alla metà dei XVII secolo; i registri da concerto sono<br />

rappresentati dai Flauti (4 piedi e in XII). Il Flauto 4’ compare presto negli organi<br />

napoletani:<br />

Nel compromesso del 22 giugno 1505, fra gli organari Giovanni Mormanno e<br />

Giovanni Mattia, di Napoli, e i procuratori della chiesa di santo Eligio è scritto, fra l’altro,<br />

di costruire l’organo […] cum octo registris et cum frautis […]. 169<br />

Durante secoli di dominazione straniera […] hanno prestato servizio a corte o nelle<br />

cappelle palatine, organari ed organisti francesi, fiamminghi, tedeschi, soprattutto<br />

spagnoli. Ora, è da supporsi che questi artisti fossero informati della situazione e dello<br />

sviluppo dell’organaria nei loro paesi d’origine o provenienza: non poterono, non vollero,<br />

(o provarono e non ottennero) stimolare gli artigiani locali a moltiplicare i registri, a<br />

raddoppiare i manuali, a prolungare e sviluppare la pedaliera con relativa basseria? Pare<br />

che ciò non sia accaduto. 170<br />

Così come le figura dell’organista e del clavicembalista non erano differenziate, tanti<br />

organari sono documentati anche come cembalari. Ecco un elenco dei più importanti 171 :<br />

1. Beghini Francesco, Lucchese trapiantato a Napoli, fu il costruttore della “sambuca lincea”<br />

ideata da Fabio Colonna.<br />

2. De Stefanellis Giovannantonio, la cui attività è documentata già dal 1557.<br />

3. Fabri Alessandro, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600.<br />

4. Guarracino Onofrio, il cembalaro partenopeo più noto; sono conservate molte spinette<br />

rettangolari (virginali) e traverse (all’italiana). Si conosce un solo clavicembalo del 1651.<br />

Nacque a Napoli tra il 1627 e il 1628; la sua attività è documentata fino al 1698.<br />

5. Molinaro Giulio Cesare, morto di peste nel 1656; fu cembalaro della Real Cappella di<br />

Napoli (Falconieri) mentre organaro era Carlo Sicola.<br />

6. Noci Crisostomo; nel 1603 costruì l’organo di San Paolo Maggiore sotto la guida di<br />

Scipione Stella.<br />

7. Pellegrino Filippo, “organaro y cimbalaro” della Real Cappella dal 20 dicembre 1658.<br />

8. Pesce Giuseppe, collaboratore od apprendista di Alessandro Fabri nel 1595.<br />

9. Sicola Carlo, “organaro e cembalaro assunto nel maggio 1641 dalla Real Cappella per la<br />

manutenzione dell’organo, in luogo di Pietro de Biase; morì di peste nel 1656.<br />

167<br />

Vedi volume II, tavola n.°4.<br />

168<br />

La presenza della pedaliera, accoppiata alle prime otto note della tastiera, non allargava l’estensione<br />

complessiva degli organi.<br />

169<br />

Romano 1979, 41.<br />

170<br />

Ibidem, 23.<br />

171<br />

Da Nocerino 1998, 88-102.<br />

50


3.1 GIOVANNI DE MACQUE<br />

Giovanni de Macque nacque a Valenciennes 172 , nell’Hainaut, Belgio, prima del<br />

1550 173 . Scipione Cerreto 174 lo cita tra i compositori eccellenti della Città di Napoli, che<br />

oggi vivono come “Gioan di Macque” e tra i sonatori eccellenti d’Organo della Città di<br />

Napoli, che oggi vivono come “Gioan De Macque”; Pietro Cerone 175 lo chiama Juan de<br />

Macque ma anche Juan de Maque. Sul frontespizio del suo “Libro di Mottetti” del<br />

1596 176 viene chiamato Joannis Macque, sul suo contratto di matrimonio 177 viene scritto<br />

" Io Giovanni Macque".<br />

Van der Straeten, nel suo lavoro " La Musique aux Pays-Bas " (1878) 178 , vede nel<br />

nome Macque o De Macque una corruzione italiana del cognome Maecht, De Maecht,<br />

De Maeche o Demaecke, nomi molto diffusi nei secoli XVI e XVII nel Brabante e nelle<br />

attuali Fiandre orientali. Si deve anche notare che nella parte meridionale dell’attuale<br />

Hainaut, esiste un comune denominato Macquenoise, situato sull'Oise; il nome De<br />

Macque potrebbe significare " originario di Macque ". Valenciennes, inoltre, appartiene<br />

alla stessa provincia di Macquenoise.<br />

Venuto in Italia, de Macque si stabilì a Roma:<br />

[…] Giacché il Macque nel 1576 si qualifica discepolo di Filippo di Monte 179 si deve<br />

supporre che egli si trasferì in Italia, dove, verosimilmente a Roma, maestro e allievo si<br />

sarebbero incontrati. Intorno al 1568 de Macque diventò organista a S. Luigi dei Francesi,<br />

dove sembra essere rimasto fino al suo passaggio a Napoli. […] A giudicare dalle sue<br />

pubblicazioni, de Macque ebbe un ruolo importante nei circoli avanguardistici della vita<br />

musicale romana. Presso il conte Scipione Gonzaga avrà incontrato Luca Marenzio, il<br />

Palestrina, Annibale Zoilo, Gio. Bernardino e Gio. Maria Nanino, Annibale Stabile,<br />

Francesco Soriano, Gio. Andrea Dragoni, Gio. Battista Boscaglia, Ruggiero Giovanelli e<br />

Felice Anerio, membri della “Virtuosa compagnia dei Musicisti”, […]Nel novembre del<br />

1586 egli dedica al napoletano Scipione Pignatello il suo primo libro di madrigali a 4<br />

voci 180 . Entra al servizio del principe Fabrizio Gesualdo da Venosa, padre del<br />

compositore Carlo, nell’accademia del quale, a detta del Cerreto 181 , s’incontravano<br />

musicisti, poeti, teorici e filosofi. 182<br />

Il Secondo Libro De Madrigali a Sei Voci 183 è dedicato<br />

All’Illustrissimo Et Eccellentissimo Sig. Mio, Et Patrone Osservandissimo, Il Sig. Don<br />

Fabritio Gesualdo Principe di Venosa 184<br />

172 In una lettera del 1589 (pubblicata in Lippman 1978, 269-271) Giovanni de Macque chiede, tra l’altro,<br />

come potere indrizzare lettere a Valencene che è la città ove son nato.<br />

173 Burns 1653, 167; Piscaer 1938, xxvi.<br />

174 Cerreto 1601, 156-157.<br />

175 Cerone 1613, 89 e segg.<br />

176 De Macque 1596. Nel frontespizio vi è anche la conferma del luogo di nascita: Joannis Macque,<br />

Valentinatis Belgae.<br />

177 Prota-Giurleo 1930, cit. in Piscaer 1938, xxvi. Nel contratto di matrimonio vi è un ulteriore conferma<br />

del luogo di nascita: fiammingo della Citta di Valencena.<br />

178 Cit. in Piscaer 1938, xxvi.<br />

179 Nel frontespizio del suo Primo Libro de Madrigali A sei Voci del 1576 (Lippman 1978, 244). Cfr<br />

anche nota 33 del Cap. 1.2.<br />

180 De Macque 1586b.<br />

181 Cerreto impiega il termine “accademia” riferendosi all’intera città di Napoli e non solo al circolo del<br />

principe di Venosa. Vedi Cerreto 1601, 155.<br />

182 Clercx-Lejeune 1960, cit. in Lippman 1978, 244-245.<br />

183 De Macque 1589.<br />

184 Lippmann 1978, 245.<br />

51


Alcune vicende degli anni immediatamente successivi al trasferimento di Macque a<br />

Napoli sono ricostruibili dall’epistolario 185 tra il musicista e Camillo Norimberghi, suo<br />

amico, al servizio della famiglia romana dei Caetani 186 .<br />

Giovanni de Macque appare molto contento di vivere nella cerchia musicale di don<br />

Fabrizio Gesualdo 187 ma, al tempo stesso, è lusingato dall’ipotesi di altri incarichi:<br />

[…] io era aspettato in Spagna con gran devozione et che quelli cantori fiamenghi<br />

della capella di Sua Maestà non volevano altro Organista di me […] 188<br />

Un’altra cappella musicale era in contatto col musicista fiammingo:<br />

[…] ha da saper ch’io mi ritrovo al presente molto irresoluto nel terminare il corso de la<br />

vita mia, poi che se venisse in Sicilia la risoluzione di Spagna di un benefitio che aspetta<br />

il Maestro di Capella di quel Vice Re, io sarei subito chiamato in quel loco con 25 scudi il<br />

mese di provisione […] 189<br />

Nel 1585 Arrigo de Guzman Conte di Albadelista aveva preso possesso della carica di<br />

viceré del Regno di Sicilia e si era molto preoccupato di elevare il livello musicale della<br />

Real Cappella Palatina in Palermo convincendo Filippo II ad intervenire<br />

economicamente con un decreto sottoscritto a Madrid il 12 dicembre 1586; il 3 luglio<br />

1587 questo decreto fu reso esecutivo in Palermo dal viceré 190 . A questa data era<br />

maestro di cappella il Canonico Don Luis Ruiz per 240 scudi annui ed il posto di<br />

organista era coperto da Bernardo Clavijo del Castillo 191 per 185 scudi annui 192 .<br />

Evidentemente de Macque, intuendo il grande fermento che vi era a Palermo per il<br />

recente regio decreto, aspettava un aumento degli emolumenti per il maestro della<br />

cappella palermitana: ciò non avvenne, Don Luis Ruiz restò al suo posto fino alla sua<br />

morte, nel 1595, anno in cui subentrerà Sebastian Raval 193 .<br />

Il Macque ebbe comunque una documentata fama tra i musicisti di Sicilia: egli figura a<br />

conclusione dell’antologia “siciliana” di Gio. Pietro Flaccomio Le Risa A Vicenda<br />

(Venezia, Giacomo Vincenti 1598) con un madrigale anticipato del suo quarto libro a<br />

cinque voci; e nel 1606 Antonio Il Verso lo cita insieme al Luzzaschi, a Giovanni<br />

Gabrieli e a Giuseppe Guami come uno del sommi organisti d‘Italia nell’avvertimento<br />

“Ai Signori Organisti Musici” dei suoi Brevi Concerti…A 1. 2. 3. 4. 5. 6. 10. 12.<br />

Voci…Libro Secondo (Palermo, Gio. Battista Maringo) 194<br />

De Macque appare fortemente legato agli ambienti spagnoli: secondo Roland<br />

Jackson 195 , lo stile di Clavijo del Castillo, ricco di “falsas”, influenzò direttamente<br />

Giovanni de Macque e, conseguentemente, Giovanni Maria Trabaci 196 .<br />

185<br />

Ibidem, 252-279.<br />

186<br />

De Macque dedicò a Camillo Caetani nel 1582 il Secondo Libro Di Madrigaletti Et Napoletane A Sei<br />

Voci. Cfr. Lipmann 1978, 248.<br />

187<br />

“Stando io qui commodissimamente non so so s’io lasciassi questo servitio per quello”, lettera del 31<br />

gennaio 1586, in Lippmann 1978, 253.<br />

188<br />

Ibidem, 253..<br />

189<br />

Lettera del 7 aprile 1589, in Lippmann 1978, 269.<br />

190 Tiby 1952, 182.<br />

191 Vedi Cap. 2.2, 52.<br />

192 Tiby 1952, 182.<br />

193 Tiby 1952, 185; vedi Cap. 2.2, 32.<br />

194 Lippmann 1978, 278.<br />

195 Jackson 1964, 269-270.<br />

196 Cfr. Cap. 3.4.<br />

52


Nella corrispondenza tra Macque e Norimberghi figurano anche lettere dedicatorie<br />

che si riferiscono alla stampa di Ricercate et Canzoni francese 197 , la prima opera datata<br />

da Napoli di Macque (primo Ottobrio 1586) di cui è rimasta, mutila, solo la parte del<br />

Tenore 198 . La perdita delle Ricercate et Canzoni francese comporta una grave lacuna sia<br />

nell’opera del Macque sia in quella di Carlo Gesualdo di Venosa. Nella lettera spedita<br />

dal Macque il 30 luglio 1586 vi è riportata la dedica del libro delle ricercate, scritta dal<br />

Macque ed elaborata da Peranda, segretario al servizio dei Caetani 199 :<br />

All’Ill. mo S. or mio et p(ad)rone oss. mo Il S. r Don Carlo Gesualdo.<br />

In questo libro di Ricercate, et Canzoni Francesi, opera uscita da me ne i servitij di<br />

V. S. Ill. ma tengono principal luogo tre Ricercate composte da Lei, le quali, presupposta la<br />

sua licenza, mando con altre mie alla stampa, non già perch’io non sia certo, ch’ella non<br />

desidera laude da cose simili, con tutto ch’in essa apparisca l’Eccellenza del suo ingegno;<br />

ma perché conosca che alli compagni ne venirà quella luce et quell’ornamento, che non<br />

hanno potuto ricevere alla mia imperfettione […] Con che le bascio humil. te le mani. Di<br />

Napoli alli 30 di luglio 1586 - .<br />

De Macque mostra di apprezzare l’elaborazione del Peranda ma aggiunge che<br />

[…] parmi ch’io voglia inferire che detto S. or Don Carlo disprezzi la Musica et che<br />

non sia per compiacersi che quest’opere sue sieno laudate, il che è molto alieno da questo<br />

signore, poi che oltra che è gran amatore di questa scienza, è riuscito tanto perfetto in<br />

essa, che nel sonare di liuto et nel componere ha pochi pari […] 200<br />

De Macque è completamente a suo agio nel circolo di Carlo Gesualdo, condivide<br />

le sue giornate con Effrem, Fillimarino, Ippolito, Lambardo, Rinaldo e Stella: costoro<br />

sono rappresentati nel manoscritto, conservato al British Museum, copiato da Luigi<br />

Rossi 201 . Il clima creato da Carlo Gesualdo è molto propizio alla pratica musicale: lo<br />

stesso de Macque lo descrive nella stessa lettera del 30 luglio 1586:<br />

Nel resto S. or mio dolciss.° me ne sto fuora alegram te spendendo la magior parte del<br />

tempo a studiare sonando, componendo et legendo, siché li giorni passono ch’io non me<br />

n’aveggo, et tanto più per le solite amorevolezze ch’io ricevo giornalmen te dal S. or<br />

Principe mio p(ad)rone.<br />

La dedica delle Ricercate et Canzoni francese del 1586, quindi, indicano in Don<br />

Carlo Gesualdo il Patrone osservadissimo ma tre anni dopo, nella dedica del Secondo<br />

libro De Madrigali, il Patrone osservandissimo è il padre di Carlo, Fabrizio Gesualdo di<br />

Venosa. Forse non c’era troppa demarcazione tra i protetti di Fabrizio e quelli di Carlo<br />

e, inoltre, l’espressione di Patrone era impiegata in Napoli con molta disinvoltura 202 .<br />

Le ultime lettere a Norimberghi, nel 1589, ci rivelano Macque molto indeciso<br />

circa il suo futuro: non disdegnerebbe affatto un ritorno a Roma ma al tempo stesso si<br />

sta sempre più affermando nell’ambiente napoletano. Nel 1590, l’anno dello scandalo di<br />

Carlo Gesualdo, diventa secondo organista all’Annunziata, nel 1592 sposa la facoltosa<br />

napoletana Isabella Tonto, nel 1594 diventa organista presso la Real Cappella di Napoli<br />

197<br />

Macque 1586a.<br />

198<br />

Sartori 1973, 181-186. La parte del Tenore appartiene ad una collezione privata e non è attualmente<br />

consultabile.<br />

199<br />

Lippmann 1978, 262-263.<br />

200<br />

Ibidem.<br />

201<br />

Vedi Cap. 3.2.<br />

202<br />

Lippmann 1978, 277.<br />

53


diventandone maestro di cappella nel 1599: il destino di Macque è ormai saldamente<br />

legato alla città partenopea fino al 1614, l’anno della sua morte. 203<br />

La musica strumentale di Giovanni de Macque è giunta ai nostri tramite le seguenti<br />

fonti:<br />

1. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 48 (olim<br />

61.4.11). Datazione: circa 1600. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera<br />

(due sistemi per pagina di 6+8 linee).<br />

2. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 55 (olim<br />

4.6.3), 1629 (4 libri parte) 204 .<br />

3. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 73 (olim<br />

34.5.28.): Toccate per Organo di varj Autori. Miscellanea del Sig. Donato<br />

Cimino, 1675. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera (sistemi di 6+7<br />

linee) 205 .<br />

4. JOHANN WOLTZ, Nova Musices Organicae Tabulatura, Johann Jacob Genath,<br />

Basel 1617, Drittel Theil. (Intavolatura d’organo tedesca) 206 .<br />

5. London, British Library, Ms Add. 30491: Libro di canzone francese del signor<br />

Gioanni Demaqque, 1617 (partitura) 207 .<br />

6. London, British Library, Ms Add 23623: Gulielmus à Messaus, 1628<br />

(intavolatura italiana di 6+6 righe) 208 .<br />

7. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale: I-Fn, Magl. XIX. 106 bis. Manoscritto<br />

in tre sistemi di partitura a quattro, 1646-47 209<br />

8. Berlin, Staatsbibliothek: N. Mus. Ant.pract. 21. Manoscritto in intavolatura<br />

tedesca, 1616 210 .<br />

9. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 12837. Manoscritto in partitura a tre, quattro<br />

e cinque voci, 1702 211 .<br />

10. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 13320. Manoscritto in partitura a quattro<br />

voci, prima metà del XIX secolo 212 .<br />

11. Wien, MinoritenKonvent, Klosterbibliothek und Archiv: 728. Manoscritto in<br />

partitura a quattro voci, 1722-23 213 .<br />

TOCCATE<br />

Intrata d’organo (Fonte 1.)<br />

E’ una “toccata avanti la messa”: l’esordio è affidato ad accordi arricchiti da fioriture;<br />

in dieci battute si ritorna al tono iniziale dopo una serie di passaggi cromatici. Dalla<br />

battuta 11 si delinea la struttura portante della toccata costituita da lunghi passaggi in<br />

semicrome alternativamente alla voce superiore ed inferiore mentre le restanti voci<br />

stanno ferme con accordi; i trilli, per la maggioranza comincianti dalla nota superiore,<br />

sono scritti sempre per esteso. Alla battuta 24 inizia un nuovo episodio con salti<br />

discendenti dapprima in semimine, poi in crome; dalla battuta 32 ritornano le fioriture<br />

che conducono al pedale di dominante che conclude il brano.<br />

Toccata a modo di trombette (Fonte 5.)<br />

203 Prota Giurleo 1960, 186.<br />

204 Edizione moderna: Jackson 1978.<br />

205 Vedi Cap. 5.2.<br />

206 Ristampa anastatica in Forni, coll. “Biblioteca Musica Bononiensis”, Sezione IV, n.° 53, Bologna 1970.<br />

207<br />

Facs. Silbinger 1987a. Vedi Cap. 3.2.<br />

208<br />

Facs. Silbinger 1987b.<br />

209<br />

Ibidem.<br />

210<br />

Carideo 2002,vi.<br />

211<br />

Ibidem, viii.<br />

212<br />

Ibidem, ix-x.<br />

213<br />

Riedel 1963.<br />

54


L’imitazione delle trombette è ottenuta con arpeggi su triadi perfette maggiori, con<br />

estensione massima di un’ottava: essa appare già nella prima battuta, seguono sei<br />

battute con “durezze e ligature”, altre otto battute piene di figurazioni libere e molto<br />

rapide. Tra la battuta 16 e 29 compare nuovamente l’imitazione delle trombette: tre voci<br />

stanno ferme in accordo ed una presenta il caratteristico arpeggio di otto crome per<br />

battuta.<br />

Fig. 3.1.1: Toccata a modo di trombette, battuta 15<br />

Macque scrive che<br />

Qui è bisogno fermarsi un poco per ogni fin di battuta in sino à questo segno +<br />

L’ultima croma dell’arpeggio deve essere quindi un po’ più lunga delle altre ed il ritmo<br />

deve essere piuttosto libero. Il segno “+” compare alla battuta 30 che introduce una<br />

breve sezione di carattere toccatistico; gli arpeggi riprendono alla battuta 34 ma, questa<br />

volta, sono formati da sette crome ed una semiminima.<br />

Fig. 3.1.2.: Toccata a modo di trombette, battuta 34<br />

Il ritmo è qui misurato e l’ultima nota è chiaramente più lunga delle altre. Questi<br />

passaggi creano delle difficoltà d’esecuzione per la notevole estensione tra voce grave<br />

ed acuta, risolvibile con l’aiuto della pedaliera dell’organo mentre al clavicembalo<br />

l’esecutore non ha altra possibilità che lasciare subito le semibrevi. Dalla battuta 45 fino<br />

alla fine ricompaiono le figurazioni libere molto rapide.<br />

PEZZI CON SPERIMENTAZIONI ARMONICHE<br />

Macque è stato un pioniere nella sperimentazione armonica, la terminologia da lui<br />

impiegata (durezze, ligature, stravaganze) è entrata nel vocabolario dei suoi discepoli.<br />

Sono giunti ai nostri giorni quattro brani contraddistinti da sperimentazioni<br />

armoniche: Consonanze stravaganti (Fonte 3.), Durezze, e ligature (Fonte 3.), Prime<br />

stravaganze (Fonte 5.), Seconde stravaganze (Fonte 5.). In essi vi si riscontrano<br />

leggere differenze formali che giustificano la diversità dei titoli.<br />

55


Sia le Prime che le Seconde Stravaganze sono delle toccate che alternano<br />

passaggi accordali ricchi di cromatismi con rapide figurazioni toccatistiche. Il pezzo<br />

denominato Durezze e ligature è, invece, omoritmico ed è interamente fondato sulla<br />

preparazione e risoluzione delle dissonanze; Macque non eccede in cromatismi, le<br />

risoluzioni sono canoniche ma il centro d’attrazione tonale viene continuamente<br />

spostato e l’ascoltatore si ritrova privo di punti di riferimento finché non giunge alla<br />

cadenza finale.<br />

Consonanze stravaganti è formalmente molto simile al “Tiento” di tradizione<br />

spagnola: l’impianto è omofonico, le quattro voci si muovono con regolarità e<br />

simmetria, le fioriture, ben alternate tra le varie voci, movimentano con discrezione il<br />

flusso sonoro.<br />

Le armonie si succedono inizialmente con regolarità ma, poco a poco, le<br />

modulazioni diventano sempre più ardite, si toccano tonalità (Fa#) inconsuete, molto<br />

dure per i temperamenti dell’epoca.<br />

Fig. 3.1.3.: Consonanze stravaganti, batt. 25-27<br />

CAPRICCI<br />

I quattro capricci di Macque non hanno una struttura formale unitaria: tra i<br />

compositori dell’area meridionale, il termine capriccio viene impiegato per<br />

composizioni brillanti in contrappunto imitato, simili alle canzoni alla francese, ma non<br />

legati ad una organizzazione formale precisa.<br />

Il Capriccio sopra un soggetto (Fonte 3.), articolato in tre sezioni, ha una<br />

struttura formale analoga ad una canzone francese.<br />

1. Battute 1- 47, tempo C, breve soggetto di cinque semiminime; alla battuta 29, in<br />

corrispondenza con l’indicazione rivers., il soggetto viene presentato in<br />

inversione; alla battuta 42 il soggetto viene diminuito della metà.<br />

2. Battute 47 – 56, tempo 3, soggetto inalterato melodicamente ma modificato al<br />

metro ternario<br />

3. Battute 57 – 79, tempo C, soggetto in semiminime presentato<br />

contemporaneamente al suo inverso; dalla battuta 61 alla fine il soggetto viene<br />

esposto esclusivamente diminuito della metà senza inversioni.<br />

Il Capriccio sopra tre soggetti (Fonte 3.) è in sezione unica: l’esordio assomiglia<br />

all’esposizione di un ricercare col primo tema che appare in successione all’Alto, al<br />

Tenore, al Basso (variato) ed al Canto (variato); il secondo tema appare al Canto,<br />

all’Alto, al Tenore ed al Basso; il terzo tema appare al Basso, al Canto, nuovamente al<br />

Basso ed all’Alto. Dalla battuta 12 i soggetti vengono diminuiti e in tal veste verranno<br />

ripresentati fino alla fine. Ci sono frequenti stretti e riesposizioni a coppia (vedi es.4).<br />

56


Fig. 3.1.4.: Capriccio sopra tre soggetti, batt. 39 – 41.<br />

Nella cadenza conclusiva il secondo ed il terzo tema riappaiono nella veste originaria.<br />

Il Capriccio sopra re fa mi sol (Fonte 5.) è uno dei brani più complessi e<br />

virtuosistici che siano mai stati composti in Italia fino a tutto il XVII secolo. Il capriccio<br />

è un continuo alternare tra sezioni che espongono il tema e sezioni libere caratterizzate<br />

da rapide figurazioni.<br />

Il tema re fa mi sol appare alla prima battuta in tempo ternario affidato al tenore:<br />

Fig. 3.1.5.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 1 -2.<br />

La linea melodica del Canto verrà sfruttata ampiamente nel corso del capriccio.<br />

La terza battuta presenta un’interessante figurazione al basso denominata sbalzo:<br />

Fig. 3.1.6.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 3.<br />

Dalla battuta 4, l’indicazione metrica diventa quaternaria (tempo C), le riproposizioni<br />

del tema si trovano alle battute 24 – 26 e 37, a valori di semiminime con entrate in<br />

stretto. Dalla battuta 47 alla fine vi è un turbinoso flusso di semicrome alternativamente<br />

in ciascuna voce, mentre le altre stanno ferme in semibrevi: la struttura è chiaramente<br />

toccatistica.<br />

Il Capriccietto (Fonte 5.) è fondato su due soggetti molto marcati trattati in severo<br />

contrappunto imitato.<br />

57


Fig. 3.1.7.: Capriccietto, batt. 1 – 2., primo soggetto.<br />

Es. Fig. 3.1.8.: Capriccietto, batt. 14, secondo soggetto.<br />

Il primo soggetto viene spesso sottoposto ad inversione, il secondo a modifiche<br />

nell’incipit; i due soggetti non vengono mai esposti contemporaneamente. Ciascuna<br />

delle tre cadenze del primo soggetto vengono sottolineate con passaggi toccatistici, la<br />

prima nello stile delle “durezze e ligature”, le altre due con rapide figurazioni in<br />

semicrome.<br />

CANZONI<br />

Le canzoni di Macque si presentano in gruppi abbastanza omogenei a seconda<br />

della fonte.<br />

Le quattro Canzoni alla Francese (Fonte 4.) dell’intavolatura tedesca di Johann<br />

Woltz sono tutte monotematiche ed in un’unica sezione in tempo imperfetto mediato; fa<br />

eccezione la terza che è divisa in tre sezioni (prima e terza in tempo perfetto mediato,<br />

seconda in tempo ternario). Queste canzoni esordiscono tutte col caratteristico ritmo<br />

dattilico, sono scritte in contrappunto imitato a quattro voci e non eccedono in<br />

lunghezza.<br />

La Canzona francese (Fonte 3.) del Manoscritto Cimino 214 è divisa in due<br />

sezioni:<br />

1. Battute 1 – 30, tempo imperfetto mediato, divisa a sua volta in due<br />

subsezioni con temi differenti, il primo con l’incipit dattilico, il secondo<br />

tutto in crome ed acefalo.<br />

2. Battute 31 – 43, tempo ternario, indicazione Allegro del copista; vi sono<br />

due temi 215 presentati sempre contemporaneamente:<br />

214 Vedi Cap. 5.2.<br />

215 Il tema alla voce inferiore verrà utilizzato da Fasolo nella Brevis modulatio post Agnus More Gallico<br />

della Missa Beatae Mariae Virginis. Cfr. Cap. 4.2.<br />

58


Fig. 3.1. 9: Canzona francese (dal Manoscritto Cimino), batt. 31.<br />

Più complesse appaiono le tre canzoni presenti nel Manoscritto Rossi (Fonte 5.).<br />

La Canzon chiamate le due sorelle è l’unione di due canzoni tripartite. Il copista<br />

scrive il titolo esteso solo all’inizio della prima parte.<br />

I parte<br />

a. Battute 1 – 25, tempo C, tema con incipit dattilico, contrappunto imitato a<br />

quattro voci.<br />

b. Battute 26 – 28, tempi 3/2 e C, tema derivato dal controsoggetto della sezione a.<br />

c.Battute 29 – 39, tempo C, variazione del primo soggetto e figurazioni in<br />

semicrome in ritmo misurato.<br />

II parte<br />

a. Battute 1 – 14, tempo C, tema con incipit dattilico leggermente differente di<br />

quello della prima parte, contrappunto imitato a quattro voci.<br />

b. Battute 15 – 23, tempo 3/2, stesso soggetto modificato ritmicamente.<br />

c. Battute. 24 – 33, tempo C, soggetto di a. con contrappunto di 4 crome per<br />

minima.<br />

Il carattere delle tre sezioni e le loro relazioni interne sono analoghe nelle due parti<br />

ma la seconda ha il soggetto inalterato mentre la prima privilegia la tecnica della<br />

variazione del soggetto: identica è, quindi, l’organizzazione strutturale mentre diverso è<br />

il carattere delle due parti. E’ forse questa la chiave di lettura della curiosa indicazione<br />

di due sorelle. Le sezioni C. di entrambe sono particolarmente appropriate<br />

all’esecuzione con l’arpa.<br />

Sia la Prima Canzon, tripartita con sezione centrale ternaria, che la Seconda<br />

Canzon, in sezione unica, hanno frequenti inserzioni virtuosistiche di semicrome<br />

particolarmente adatte all’esecuzione arpistica; i diversi soggetti sono sottoposti a<br />

diminuzioni, inversioni ed entrate in stretto. La sezione ternaria della Prima Canzon è<br />

quasi del tutto identica alla medesima sezione della canzone copiata nel Manoscritto<br />

Cimino.<br />

DANZE STILIZZATE<br />

Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta due danze di Macque. La Prima Gagliarda,<br />

in tempo ternario, è in contrappunto imitato; solo in prossimità delle cadenze la scrittura<br />

diventa accordale. Vi è il Si bemolle in chiave. La Seconda Gagliarda alterna sezioni<br />

accordali ed imitate. La frase iniziale è di sette battute: la cadenza al termine della frase<br />

viene ritardata con la ripetizione di un inciso. Il giro armonico del brano è ripetuto due<br />

volte:<br />

1. Tonica – dominante: accordi.<br />

2. Dominante – tonica: imitazioni.<br />

3. Tonica – dominante: accordi con diminuzioni.<br />

4. Dominante – tonica: imitazioni e diminuzioni.<br />

Nell’altra fonte napoletana (Fonte 2.) la Prima Gagliarda è trascritta ad un quarta<br />

inferiore senza alterazione in chiave.<br />

59


PARTITE SOPRA TENORI<br />

Le Partite sopra Ruggero (Fonte 5.) furono un modello imitato, in seguito, da<br />

Mayone, Trabaci, Salvatore, Storace e, fuori dall’area meridionale, Frescobaldi. Macque<br />

articola il pezzo in cinque variazioni ciascuna delle quali presenta una ben determinata<br />

figurazione trattata in imitazione; ogni partita assume, così, una fisionomia ben precisa<br />

ed il ciclo completo risulta più complesso ed articolato se paragonato alle variazioni su<br />

tenori di Antonio Valente 216 che si differenziano soltanto nell’intensificazione delle<br />

diminuzioni. La prima variazione è accordale con qualche ritardo e semplici fioriture, il<br />

basso è perfettamente distinguibile; la seconda variazione ha la voce superiore diminuita<br />

in semicrome e tutte le altre con accordi fermi; la terza è invertita rispetto alla seconda<br />

con il solo basso diminuito e fiorito; la quarta variazione è prevalentemente fiorita<br />

all’acuto con coppie di note discendenti per salto di terza mentre sia la seconda che la<br />

terza variazione impiegano note di passaggio per gradi congiunti. La quinta ed ultima<br />

variazione è fondata su scale di crome per moto contrario alle voci estreme e le<br />

intermedie con semibrevi. L’estensione di queste figurazioni sono incompatibili con<br />

l’esecuzione tastieristica a meno che si lascino anzitempo le semibrevi; il problema<br />

viene meno se si esegue il brano all’arpa. Vedremo nei prossimi capitoli 217 che altri<br />

compositori napoletani indicheranno esplicitamente l’adozione dell’arpa in brani o<br />

variazioni con estensioni simili a questo di Macque.<br />

RICERCARI<br />

Macque è il primo compositore di area napoletana che si cimenta nella<br />

composizione di un ciclo di dodici ricercari nei dodici toni 218 giunto ai nostri giorni<br />

attraverso il Manoscritto I-Fn, Magl. XIX. 106 bis della Biblioteca Nazionale Centrale<br />

di Firenze (Fonte 7.). Non potendo consultare la parte mutila del Tenore delle Ricercate<br />

et Canzoni francese del 1586 219 , non è possibile determinare se c’è coincidenza tra<br />

quest’ultimi ed i ricercari a noi pervenuti attraverso le altre fonti manoscritte.<br />

1. Ricercare del Primo Tono (Fonte 7.). E’ nel tono naturale con tre fughe: il<br />

primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Basso ed al Canto; il<br />

secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al Basso,<br />

nuovamente all’Alto ed, infine, al Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta<br />

6 all’Alto, al Canto, nuovamente all’Alto, al Tenore ed al Basso. I tre soggetti sono<br />

riesposti con molta regolarità nel corso del ricercare con frequenti entrate in stretto. Solo<br />

in un caso, alla battuta 30, i tre soggetti vengono esposti contemporaneamente. Il terzo<br />

soggetto ha spesso l’incipit modificato. Solo alla fine il secondo soggetto viene<br />

diminuito della metà. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è<br />

lungo 73 battute di brevi.<br />

2. Ricercare del Secondo Tono (Fonte 7.). E’ trasposto alla quarta per B molle<br />

con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed<br />

al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al<br />

Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 9 al Tenore ed al Canto. Il primo<br />

soggetto viene spesso modificato nell’incipit; vi sono frequenti entrate in stretto e , alla<br />

216<br />

Cap. 1.2, 20-21.<br />

217<br />

Capp. 3.3, 3.4, 5.3.<br />

218<br />

Mischiati 1969a, i.<br />

219<br />

Vedi nota 198. Ricordiamo che nella pubblicazione del 1586 figuravano anche tre ricercari di Carlo<br />

Gesualdo da Venosa.<br />

60


attuta 69, vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.<br />

3. Ricercare del Terzo Tono (Fonti 7., 8.). E’ nel tono naturale con due fughe: il<br />

primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto; il<br />

secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto. Il ricercare è caratterizzato da<br />

otto entrate tematiche simultanee a coppie; tra la battuta 42 e 46 vi è l’entrata<br />

simultanea del primo soggetto al Canto ed all’Alto col secondo soggetto al Tenore ed al<br />

Basso, seguita dall’entrata simultanea del secondo soggetto al Canto ed all’Alto col<br />

primo soggetto al Tenore ed al Basso. L’incipit del primo soggetto (semibreve + 2<br />

minime) viene spesso modificato in tre minime precedute da pausa. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.<br />

4. Ricercare del Quarto Tono (Fonte 7.) E’ trasposto alla quarta per B molle<br />

con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Tenore;<br />

il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al Tenore, all’Alto, al Canto ed al<br />

Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto, al Canto, al Tenore ed al<br />

Basso. I tre soggetti sono sottoposti ad inversione, diminuzione ed a modifica<br />

dell’incipit. Dalla battuta 55 alla fine vi sono ben otto doppie entrate di coppie di<br />

soggetti secondo il seguente schema:<br />

(I = primo tema; II = secondo tema; inv. = inverso del tema)<br />

Il ricercare conclude con lo stretto tra primo, secondo ed inverso del secondo soggetto.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 70 battute di<br />

brevi.<br />

5. Ricercare del Quinto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro<br />

fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al<br />

Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto ed al Basso; il terzo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore; il quarto soggetto appare a partire<br />

dalla battuta 10 al Canto. Solo il secondo tema viene diminuito; dalla battuta 29<br />

appaiono coppie di soggetti e dalla battuta 33 appaiono gli stretti. Il ricercare conclude<br />

con la contemporanea esposizione del primo, secondo e quarto soggetto. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.<br />

6. Ricercare del Sesto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro fughe:<br />

il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Canto, al Tenore ed al Basso; il terzo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Canto e all’Alto; il quarto soggetto appare a<br />

partire dalla battuta 19 con uno stretto tra Alto e Canto. Macque alleggerisce a volte il<br />

flusso sonoro facendo udire solo due delle quattro voci. Gli stretti sono maggiormente<br />

concentrati nella parte centrale del pezzo. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.<br />

7. Ricercare del Settimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con due fughe:<br />

il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso ed all’Alto; il secondo<br />

61


soggetto appare a partire dalla battuta 7 all’Alto ed al Basso; il controsoggetto del<br />

primo tema viene accostato a volte anche al secondo tema, altre volte viene esposto<br />

autonomamente come fosse esso stesso un tema; alla battuta 60 appare un terzo tema<br />

derivato dal secondo. Gli stretti sono maggiormente concentrati nella parte centrale del<br />

pezzo; vi è pure qualche entrata tematica simultanea. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi.<br />

8. Ricercare dell’Ottavo Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con tre fughe: il<br />

primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Tenore; il secondo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, al Canto ed al Basso; il terzo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 11 al Basso ed al Tenore. Il secondo soggetto<br />

viene presentato con una variante melodica nella chiusa. Vi sono frequenti entrate in<br />

stretto ed, alla battuta 81 vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il<br />

tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di brevi.<br />

9. Ricercare del Nono Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con due fughe: il<br />

primo soggetto appare nell’esposizione al Canto ed al Tenore; il secondo soggetto<br />

appare a partire dalla battuta 2 all’Alto ed al Basso; la parte del controsoggetto del<br />

primo tema viene spesso esposto autonomamente. Alla battuta 20 Macque inserisce il<br />

primo soggetto aumentato del triplo come canto fermo in successione al Basso, al<br />

Tenore, all’Alto ed al Canto. Questa tecnica sarà successivamente impiegata da<br />

Mayone, Trabaci e Salvatore. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il<br />

ricercare è lungo 112 battute: da 1 a 20 di brevi, da 21 a 92 (sezione col canto fermo) di<br />

semibrevi, da 93 alla fine di brevi.<br />

10. Ricercare del Decimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro<br />

fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al<br />

Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto ed al Canto; il terzo<br />

soggetto appare a partire dalla battuta 4 al Basso; il quarto soggetto appare a partire<br />

dalla battuta 9 al Tenore. Vi è una stretta correlazione tra i soggetti: il secondo è il<br />

controsoggetto del primo nell’esposizione (duplex thema), il terzo ed il quarto sono<br />

varianti melodiche del secondo. Il primo soggetto è spesso modificato melodicamente e<br />

ritmicamente, il secondo, il terzo ed il quarto sono spesso diminuiti della metà. Vi sono<br />

stretti ed entrate simultanee a coppia. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.<br />

11. Ricercare dell’Undecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con tre<br />

fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al<br />

Canto; il secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema) , appare a partire<br />

dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore ed al<br />

Basso. E’ l’unico ricercare ad avere una sezione centrale ternaria con i soggetti<br />

modificati ritmicamente; nella sezione centrale ternaria Macque privilegia le entrate<br />

tematiche in coppia, in quelle estreme è più frequente l’entrata in stretto. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato (batt. 1 – 20 e 49 – 72) e ternario (batt. 21 – 48); il<br />

ricercare è lungo 72 battute di brevi.<br />

12. Ricercare del Duodecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con due<br />

fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore, al Canto ed al<br />

Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 8 all’Alto ed al Canto. Il<br />

controsoggetto del primo tema viene esposto autonomamente, anche in diminuzione, a<br />

partire dalla battuta 29. Il primo soggetto viene esposto anche in una forma sincopata.<br />

Vi è una solo entrata tematica a coppia alla battuta 62; gli stretti sono maggiormente<br />

62


concentrati nella parte centrale del brano. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi.<br />

13. Ricercare del Sesto Tono con tre Fughe e suoi riversi (Fonti 9.,10.,11.) E’<br />

nel tono naturale; il titolo denota il numero delle fughe ed l’artificio contrappuntistico<br />

prevalente. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore in inversione,<br />

all’Alto ed al Canto in inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 7 al Canto ed<br />

all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Basso. Macque distribuisce equamente<br />

le entrate dei temi con i loro rivolti, diminuisce spesso il primo tema e, verso la fine del<br />

brano, fa sentire anche doppie entrate di coppie di temi. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato; il ricercare è lungo 64 battute di brevi.<br />

14. Ricercare dell’Ottavo Tono con quattro Fughe (Fonti 9.,10.,11.) E’ nel<br />

tono naturale; anche qui il c’è l’indicazione del numero delle fughe. Il primo soggetto<br />

appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare a<br />

partire dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5<br />

all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta<br />

7 al Canto. Proprio il quarto soggetto è il più soggetto a varianti ritmiche (viene<br />

proposto anche in aumentazione) e melodiche. Appena terminata l’esposizione, le<br />

entrate in stretto si fanno progressivamente più incalzanti fino alla fine. Alla terzultima<br />

battuta vi è l’entrata simultanea delle quattro voci. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato; il ricercare è lungo 81 battute di brevi.<br />

15. Ricercar Sexti toni a 4 (Fonte 6.) Il materiale tematico di questo pezzo è<br />

identico al Capriccietto del Manoscritto Rossi (Fonte 5.) mentre l’organizzazione<br />

formale è più concisa; il pezzo è lungo infatti 36 battute contro le 63 del Capriccietto. Il<br />

pezzo è nel sesto tono autentico benché vi sia il si bemolle in chiave ma il titolo<br />

“ricercar” appare decisamente improprio.<br />

Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta nell’indice 220 un Ancidetemi passaggiato da<br />

Gio: de Macque. Il musicista fiammingo sarebbe stato, quindi, il primo a realizzare la<br />

versione “passeggiata” del celebre madrigale di Arcadelt 221 imitato, poi, da Mayone,<br />

Trabaci, Strozzi e Frescobaldi., ulteriore conferma del ruolo di caposcuola di Macque.<br />

L’indice del Manoscritto Rossi riporta un altro pezzo non esistente nella copia<br />

pervenutaci, Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque; anche questo<br />

madrigale è di Arcadelt 222 ma, a differenza del fortunatissimo Ancidetemi, non<br />

conosciamo altre versioni di questo madrigale realizzate da altri compositori dell’Italia<br />

meridionale.<br />

Si segnalano, infine, alcune forti somiglianze tra le opere di Giovanni de Macque e<br />

quelle di Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci.<br />

1. Partite sopra Ruggero. Partite III e IV: cfr. Mayone Partite sopra Rogiere,<br />

Partite II e XIII.<br />

2. Capriccio sopra re fa mi sol: inizio in ritmo ternario, cfr. Trabaci, Capriccio<br />

sopra la fa sol la (I libro).<br />

3. Prima Gagliarda; cfr. Trabaci, Gagliarda Prima (I libro)<br />

4. Toccata à modo di trombette: cfr. Trabaci, Toccata prima (I libro)<br />

5. Ricercare del I Tono, primo soggetto: cfr. Trabaci, Ricercare del I Tono (I<br />

libro), primo soggetto.<br />

220 Vedi Cap. 3.2.<br />

221 Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539)<br />

222 Non ch’io voglia mai venne pure pubblicato nel Primo Libro (Arcadelt 1539)<br />

63


3.2 IL MANOSCRITTO “ROSSI”<br />

Il manoscritto custodito presso la British Library di Londra con il numero di<br />

segnatura Ms Add. 30491 è l’unica fonte musicale di tanti compositori napoletani<br />

appartenenti al circolo di Carlo Gesualdo da Venosa nonché di buona parte delle<br />

musiche conosciute di Giovanni de Macque 223 ; vi sono incluse anche delle monodie di<br />

Peri e Monteverdi (Il Lamento d’Arianna e l’unica copia conosciuta del Lamento<br />

d’Olimpia 224 ) ed alcuni madrigali diminuiti per la viola bastarda 225 .<br />

Nel foglio 1 vi è scritto con caratteri cifrati:<br />

Nel foglio 2 appare in coda:<br />

e, ancora più in basso:<br />

Libro di canzone francese del signor Gioanni Demaqque<br />

Che fù maestro di Luigi Rossi sfortunato<br />

E sfortunato fù da quando nacque<br />

Poiche 14 anni in corte è stato<br />

Nepur un mezzo grosso mai a acquistato<br />

In nomine Jesù omne genu flectatur coelestium terres-<br />

trium et infernorum<br />

Questo libro lo fece fare il duca di Traetta, per me<br />

Luigi Rossi<br />

Ce libro es de Don Luis Rossi<br />

Da questa indicazione si identifica in Luigi Rossi il copista del manoscritto. Il<br />

titolo riferisce delle canzoni alla francese di Giovanni de Macque ma non menziona gli<br />

altri autori. Sembrerebbe che i 14 anni passati da Luigi Rossi a corte non gli abbiano<br />

donato grosse gratificazioni; è affermato chiaramente che Giovanni de Macque fu suo<br />

maestro. Ricordiamo che il musicista fiammingo morì nel 1614 e Luigi Rossi nacque<br />

nel 1598: quest’ultimo ha ricevuto, quindi, delle lezioni in età giovanile. Gran parte del<br />

manoscritto è stato scritto prima del 1620 226 , anno in cui Rossi si trasferì a Roma al<br />

servizio della famiglia Borghese.<br />

Il manoscritto ha la numerazione delle pagine inserita durante la prima stesura e<br />

la numerazione dei fogli inserita in una seconda fase. Silbiger 227 , grazie all’analisi<br />

calligrafica, ritiene che il manoscritto sia stato compilato dalla stessa mano, ma in fasi<br />

successive; propone, pertanto, le seguenti fasi di stesura:<br />

(Ia) Musiche per strumenti da tasto in partitura a quattro pentagrammi, ff. 3-<br />

22’, 27-33’.<br />

(Ib) Sezione in formato oblungo, ff. 23-26’<br />

(IIa) Partite sopra Fidele, ff. 51-51’<br />

(IIb) Pezzi per viola bastarda,<br />

223<br />

Vedi Cap. 3.2.<br />

224<br />

Silbinger 1980, 128.<br />

225<br />

La viola bastarda era una piccola viola da gamba nella tessitura del Basso. Lo scarso ma non<br />

trascurabile repertorio questo strumento (Dalla Casa 1584) non è stato studiato ancora sistematicamente.<br />

226<br />

Silbiger 1980, 139.<br />

227<br />

Silbiger 1980, 131-133.<br />

64


(III) Tavola<br />

(IV) Canzon del Principe<br />

(V) Le monodie<br />

Probabilmente solo la fase V è stata copiata dopo il 1620.<br />

Sempre Silbiger 228 elabora la seguente scheda che ordina il contenuto del manoscritto<br />

in relazione alle fasi di stesura:<br />

Numerazione Numerazione Contenuto Stesura<br />

dei fogli<br />

delle pagine<br />

1-2 Frontespizio Ante I?<br />

3-22’ 1-41 Musiche per<br />

strumenti da<br />

tasto in partitura<br />

a quattro<br />

pentagrammi<br />

I<br />

23-26’ Pezzi intavolati I<br />

27-33’ 43-55 Musiche per<br />

strumenti da<br />

tasto in partitura<br />

a quattro<br />

pentagrammi<br />

I<br />

34’-38’ Canzon<br />

Principe<br />

del IV<br />

39-45 Monodie di<br />

Monteverdi e<br />

Peri<br />

V<br />

45’-46’<br />

Diminuzioni per<br />

II<br />

48’-49<br />

viola bastarda<br />

50 Monodie,<br />

continuazione da<br />

pag. 45<br />

V<br />

51-51’ 97? Partitura<br />

quattro<br />

pentagrammi,<br />

Stella<br />

a<br />

II<br />

52-52’ Tavola III<br />

Ecco il contenuto della “Tavola”, l’indice del manoscritto, con l’indicazione delle<br />

pagine:<br />

Ancidetemi passaggiato da Gio: de Macque 229 ……………….(senza numero di pagina)<br />

Capriccio di Gio:de Macque sopra re, fa, mi, sol 230 ……………………………………40<br />

Capriccietto di Gio:de Macque…………………………………………………………12<br />

Canzon d’Ippolito………………………………………………………………………17<br />

Canzon de Ippolito, sopra Susanna……………………………………………………..20<br />

228 Ibidem, 135<br />

229 Non presente nel manoscritto.<br />

230 Intavolatura italiana per tastiera.<br />

65


Prima Canzon di Stella…………………………………………………………………23<br />

Seconda Canzon breve di Stella………………………………………………………..34<br />

Prima parte Canzon di Gio:de Macque chiamate le Due Sorelle………………………29<br />

Seconda parte Canzon Gio:de Macque…………………………………………………31<br />

Cromatica Canzon di Frabbizio (sic) Fillimarino…..…………………………………..26<br />

Canzon de Rinaldo…………………………………………………………………...…44<br />

Prima Canzon di Gio:de Macque……………………………………………………….47<br />

Seconda Canzon di Gio:de Macque…………………………………………………….50<br />

Cara la vita mia, per la viola bastarda passaggiato da Oratio della Viola (“di Oratio” nel<br />

manoscritto)……………………………………………………(senza numero di pagina)<br />

Prima Gagliarda di Gio:de Macque…………………………………………………….36<br />

Seconda Gagliarda di Gio:de Macque………………………………………………….38<br />

Prima Gagliarda di Gio Maria Trabbaci……….……………………………………….37<br />

Seconda Gagliarda di Gio Maria Trabbaci….…..……………………………………...40<br />

Gagliarda di Fran: co Lambardo…………………………………………………………34<br />

Io mi son giovinetto passaggiato da Muzio Effrem 231 …………(senza numero di pagina)<br />

Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque 232 (senza numero di pagina)<br />

Nasce la pena mia, passaggiato da Fran: co Lambardo 233 ……….(senza numero di pagina)<br />

Partite sopra la Romanesca di Stella …………………………………………………….1<br />

Partite sopra Ruggiero di Gio: de Macque………………………………………………4<br />

Partite sopra Zefiro de Rinaldo…………………………………………………………..8<br />

Partite sopra Fidele di Fran: co Lambardo 234 …………………………………………….97<br />

Prima Stravaganze di Gio: de Macque…………………………………………………33<br />

Seconde Stravaganze di Gio: de Macque………………………………………………55<br />

Toccata di Fran: co Lambardo…………………………………………………………...15<br />

Toccata di Gio: de Macque à modo di trombette………………………………………52<br />

Brani del manoscritto non presenti nella tavola<br />

Canzon francese del Principe (pagina non numerata)<br />

Dell’Arianna del Monte Verde (sic) (pagina non numerata)<br />

Di Jacopo Peri; detto Zazzarino (pagina non numerata)<br />

Di Monte Verde (sic!) (pagina non numerata)<br />

Cara la vita mia (pag. 46)<br />

Partimento per sonare – Susanna un giorno (pagina non numerata)<br />

Susanna di Oratio 235 : per la Viola bastarda (pag. 47)<br />

231 Non presente nel manoscritto.<br />

232 Non presente nel manoscritto.<br />

233 Nel manoscritto vi è invece Nasce la pena mia, passaggiato di Gio: Macque.<br />

234 Nel manoscritto non compare l’indicazione dell’autore.<br />

235 Oratio detto del Violone per antichità Napoletano, Cerreto 1601, 160, sub voce “Sonatori eccellenti<br />

della Viola d’arco della città di Napoli che oggi non vivono.<br />

66


GLI AUTORI<br />

Scipione Stella, al secolo Pietro Paolo, nacque a Napoli tra il 1558 e il 1559. Nel<br />

1579 divenne organista presso l’Annunziata di Napoli cui venne affiancato, a partire dal<br />

1590, da Giovanni de Macque. Nel 1594 si trasferisce a Ferrara al seguito di Carlo<br />

Gesualdo da Venosa, il 30 gennaio 1598 entra nel monastero di San Paolo Maggiore in<br />

Napoli dove, nel 1603, seguirà la costruzione del nuovo organo; due anni dopo venne<br />

ordinato sacerdote. Morì a Napoli il 20 maggio 1622 236 .<br />

Poco si conosce della vita di Rinaldo dall’Arpa, arpista virtuoso che accompagnò<br />

Carlo Gesualdo da Venosa a Ferrara nel 1594; la sua presenza nella città estense è<br />

confermata da lettere scritte da membri della corte di Ferrara.. Morì il 2 agosto 1603 237 .<br />

Di Ippolito si conoscono solo le due canzoni copiate nel manoscritto “Rossi”.<br />

Fabrizio Fillimarino, liutista, accompagnò Carlo Gesualdo Ferrara tra il 1594 e il<br />

1596.<br />

Francesco Lambardo (o Lambardi) nacque a Napoli intorno al 1587. Già cantore<br />

presso l’Annunziata di Napoli tra il 1599 e il 1600, nel 1607 passò alla Real Cappella di<br />

Napoli come tenore e, dal 1615 fino al 1642, come organista. Fu anche maestro di<br />

cappella del Conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini tra il 1626 e il 1630.<br />

Morì a Napoli il 25 luglio 1642 238 .<br />

Muzio Effrem nacque a Bari il 4 novembre 1549. Trasferitosi a Napoli, fu a lungo<br />

al servizio di Carlo Gesualdo da Venosa. Nel 1615 diventò maestro di cappella della<br />

“camera ducale” di Mantova, nel 1619 si trasferì a Firenze dove fu musico della<br />

cappella del granduca fino all’ottobre del 1622. Ritornò nel 1622 a Napoli dove morì<br />

dopo il 1626 239 .<br />

La figura di Giovanni de Macque 240 è preponderante sia per la quantità di brani<br />

presenti, sia per l’influenza del suo stile nei brani degli altri autori: entrate tematiche a<br />

coppie, passaggi con decime parallele, canzoni con sezioni iniziali ternarie accordali,<br />

“durezze e ligature” nell’unica toccata. Solo la Canzon francese del Principe ha<br />

elementi originali e si affranca abbastanza dalla scrittura di Macque. Le due gagliarde di<br />

Giovanni Maria Trabaci 241 rivelano che questi doveva avere qualche legame con il<br />

circolo di Carlo Gesualdo.<br />

LE MUSICHE<br />

Partite sopra la Romanesca di Stella<br />

1. partita accordale col basso ben riconoscibile;<br />

2. incisi anacrusici di crome in contrappunto imitato con frequente entrate a<br />

coppia<br />

3. inciso anacrusico in semiminime in contrappunto imitato con frequente<br />

entrate a coppia<br />

4. inciso anacrusico in semiminime, diverso dal precedente in contrappunto<br />

imitato con frequente entrate a coppia.<br />

236 Larson 1980a, 347.<br />

237 Jackson 1980b, 425.<br />

238 Larson 1980b, 161.<br />

239 Strainchamps 1980, 905.<br />

240 Vedi Cap. 3.1.<br />

241 Vedi Cap. 3.4.<br />

67


Queste variazioni colpiscono per l’estrema linearità e razionalità delle figurazioni:<br />

ogni partita ha una propria fisionomia costituita da un chiaro inciso melodico; il basso è<br />

sempre perfettamente riconoscibile e non è sottoposto a variazioni significative.<br />

Partite sopra Ruggiero di Gio: Macque: vedi 3.1.<br />

Partite sopra Zefiro de Rinaldo<br />

1. tre voci in accordo con la quarta parte in semiminime;<br />

2. figurazione di ornamento in crome<br />

3. figurazione di ornamento in crome, molto simile alla seconda sezione, con<br />

occasionali diminuzioni in semicrome;<br />

4. due voci in semiminime con frequenti passaggi per decime parallele<br />

Capriccietto di Gioanni de Macque: vedi 3.1, pag..<br />

Toccata di Fran: co Lambardo<br />

E’ l’unica toccata presente nel manoscritto. Inizia nello stile delle “durezze e<br />

ligature”, introduce gradatamente delle fioriture per poi lanciarsi in figurazioni di<br />

biscrome; dopo una breve sezione con “durezze e ligature” fiorite con trilli, la toccata<br />

conclude con figurazioni virtuositiche; l’ultima cadenza è accordale con un semplice<br />

ritardo di terza sul V grado.<br />

Canzon d’Ippolito<br />

In tre sezioni con differenti metri ternari.<br />

Batt. 1 – 20: tempo perfetto mediato 3/2<br />

Batt. 20 – 28: tempo imperfetto mediato 3/2<br />

Batt. 28 – 52: tempo perfetto mediato 3.<br />

L’inizio è accordale, molto simile al Capriccio sopra re fa mi sol di Giovanni de<br />

Macque 242 , dalla battuta 7 il tema viene proposto in entrate a coppia a distanza di<br />

decima; le figurazioni ornamentali diventano progressivamente più rapide. Nella<br />

seconda sezione, da battuta 20, viene proposto un nuovo tema trattato in imitazione.<br />

Nella terza sezione, da battuta 29 fino alla fine, ritorna il primo tema, anche in<br />

inversione, con ornamenti alternativamente all’acuto ed al basso; fanno la loro comparsa<br />

anche delle cadenze molto elaborate e ritmicamente complesse.<br />

Canzon sopra Susanna d’Ippolito<br />

La canzone è politematica ma non ha cambi metrici: l’indicazione è il tempo<br />

imperfetto. Il tema iniziale, dattilico, già alla seconda entrata viene trasformato in tre<br />

semiminime precedute da pausa; alla battuta 4 compare un controsoggetto in crome che<br />

verrà proposto diverse volte anche in inversione. A battuta 25 compare un secondo<br />

trattato in contrappunto imitato presentato, a volte, in inversione. Le ultime battute<br />

presentano rapide e complesse figurazioni in semicrome.<br />

Prima Canzon di Stella<br />

E’ nel tempo imperfetto mediato 3/2, è divisa in tre sezioni senza cambi metrici. Le<br />

prime otto battute servono da introduzione: quattro presentano il tema in accordi, le altre<br />

quattro sono in stile toccatistico. Da battuta 9 il tema viene proposto in imitazioni,<br />

inversioni ed entrate a coppia, il controsoggetto di semiminime diventa sempre più<br />

serrato fino alla cadenza sul V grado di battuta 15; riprende poi il primo tema in accordi.<br />

La seconda sezione, da battuta 20, esordisce col tema accompagnato da crome ma, a<br />

battuta 24, interviene un nuovo elemento tematico, caratterizzato da una triade<br />

discendente, che viene proposto in entrate ravvicinate. Da battuta 30, che reca scritto<br />

“replica”, riappare il primo tema accompagnato da un controsoggetto in semiminime e,<br />

da battuta 34 fino alla fine, da figurazioni in crome.<br />

Canzon di Frabritio Fillimarino - - Cromatica<br />

E’ divisa in cinque sezioni:<br />

1. Batt. 1 -28, tempo imperfetto, soggetto con struttura ad arco:<br />

242 Vedi Cap. 3.2.<br />

68


Fig. 3.2.1.: Canzon Cromatica di Frabbizio Fillimarino: batt. 1-2.<br />

Il controsoggetto viene spesso trattato autonomamente in imitazione.<br />

2. Batt. 30 -36, tempo perfetto mediato; il soggetto cromatico viene modificato<br />

ritmicamente e viene presentato un nuovo controsoggetto. Fillimarino predilige la<br />

doppia entrata a coppie di soggetto e controsoggetto a distanza di decima.<br />

Fig. 3.2.2.: Canzon Cromatica di Frabrizio Fillimarino: batt. 31.<br />

3. Batt. 37 -41, tempo imperfetto, nuovo soggetto in contrappunto imitato.<br />

4. Batt. 42 -55, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in contrappunto imitato.<br />

5. Batt. 56 – 61, tempo C, stesso soggetto della sezione quarta con trattamento<br />

accordale.<br />

Canzon di Gio: de Macque chiamate le due Sorelle: vedi Cap. 3.1.<br />

Prime Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Seconda breve Canzon di Stella<br />

Come indica il titolo, è una canzone più breve della precedente ed è divisa in tre<br />

sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 24, tempo C, in tre subsezioni caratterizzate da un soggetto<br />

differente.<br />

2. Batt. 24 -32, tempo C. 3/2, con soggetto ricavato dal primo.<br />

3. Batt. 33 – 49, tempo C, con due soggetti che entrano sempre in coppia, uno<br />

in semiminime, l’altro composito con crome e semicrome.<br />

Prima Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Prima Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda Prima à 4. detto il Galluccio, pubblicata<br />

nel Secondo Libro di Ricercate (1615).<br />

Seconda Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Gagliarda di Fran: co Lambardo<br />

E’ nel consueto tempo ternario C. 3/2 ed è bipartita con ritornelli; la struttura è<br />

accordale con qualche nota di passaggio. Le cadenze sono tutte fondate sulla<br />

successione dei gradi IV-V-I.<br />

Seconda Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda seconda pubblicata nel Primo Libro di<br />

Ricercate (1603).<br />

Capriccio di Gio: de Macque sopra rè, fa mi sol …: vedi Cap. 3.1.<br />

Canzon de Rinaldo<br />

E’ divisa in tre sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 15, tempo imperfetto mediato 3/2, accordale.<br />

2. Batt. 16 – 38, tempo imperfetto, soggetto in minime accompagnato da un flusso<br />

continuo di crome; il soggetto viene diminuito a partire dalla battuta 28.<br />

69


3. Batt. 39 – 49, tempo 3, soggetto della seconda sezione modificato ritmicamente<br />

in contrappunto imitato con entrate a coppia.<br />

Prima Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Seconda Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Toccata di Gio: de Macque a modo di Trombette: vedi Cap. 3.1.<br />

Seconde Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.<br />

Canzon francese del Principe<br />

Questa canzone è molto interessante per diversi motivi: il principe indicato nel<br />

titolo potrebbe essere Carlo Gesualdo di Venosa. Nel manoscritto compaiono due<br />

versioni scritte in parallelo, una abbastanza semplice, l’altra estremamente elaborata e<br />

diminuita. La versione elaborata colpisce per l’arditezza delle figurazioni, per gli<br />

esasperati cromatismi e, soprattutto, per l’originalità delle diminuzioni. E’ l’unico brano<br />

del manoscritto che presenta figurazioni non utilizzate da Giovanni de Macque. La<br />

canzone apre con un “duplex thema”, elemento abbastanza comune nei ricercari<br />

cinquecenteschi e seicenteschi, meno nelle canzoni strumentali. I due soggetti vengono<br />

sottoposti a numerose variazioni: diminuzioni, inversioni, sviluppo motivico partendo<br />

da piccoli incisi. Su questa intricata trama contrappuntistica si inseriscono le<br />

funamboliche cadenze con “trilli gagliardissimi”, come esplicitamente scritto a battuta<br />

11. Le battute che conducono alla cadenza conclusiva sono in stile toccatistico.<br />

Ritroveremo cadenze così elaborate solamente nelle conclusioni delle canzoni alla<br />

francese di Giovanni Maria Trabaci 243<br />

Partite sopra Fidele<br />

La paternità di Francesco Lambardo è asserita nella Tavola. Le prime due partite, in<br />

tempo ternario, hanno una struttura da danza con brevi incisi in imitazione; le terza e<br />

conclusiva partita, presenta nelle varie parti, alternativamente, un ornamento in crome.<br />

I pezzi per la viola bastarda sono gli eredi delle ricercate pubblicate nel trattato di<br />

Ortiz 244 ; il linguaggio, però, si è evoluto, la ricerca dell’effetto virtuosistico permea<br />

interamente i pezzi del manoscritto, le glose che in Ortiz arricchivano la melodia per<br />

marcarne meglio l’affetto sono ora moduli per raggiungere effetti spettacolari. La carica<br />

emotiva viene ulteriormente enfatizzata.<br />

I pezzi per viola bastarda sono distribuiti nel manoscritto in maniera poco ordinata:<br />

ecco una tabella che ne riassume la collocazione:<br />

Numerazione dei Titolo Indicazione nella<br />

fogli<br />

Tavola<br />

45’ “Nasce la pena mia” di Non presente<br />

Gio: de Macque<br />

46<br />

(continuazione del foglio<br />

48)<br />

Cara la vita mia Cara la vita mia per<br />

la viola bastarda<br />

passaggiato<br />

Oratio della Viola<br />

da<br />

46’<br />

47<br />

Susanna un giorno Non presente nella<br />

Tavola<br />

47’-48 Susanna di Oratio: per la<br />

viola bastarda<br />

Non presente<br />

243 Vedi Cap. 3.4, 91-93.<br />

244 Ortiz 1553.<br />

70


48’ Nasce la pena mia di<br />

Gio: de Macque,<br />

continua nel foglio 45’<br />

49-50<br />

Non presente nel<br />

manoscritto<br />

Non presente nel<br />

manoscritto<br />

71<br />

Nasce la pena mia,<br />

passaggiato<br />

Fran[ces]co<br />

Lambardo<br />

Io mi son giovinetto<br />

passaggiato di Mutio<br />

Effrem<br />

Non ch’io voglia<br />

mai, passaggiato da<br />

Gio: de Macque


3.3 ASCANIO MAYONE<br />

Scipione Cerreto 245 annovera Ascanio Mayone tra i compositori eccellenti della<br />

Città di Napoli, che oggi vivono, i Sonatori eccellenti d’Organo della Città di Napoli,<br />

che oggi vivono ed, infine, tra i Sonatori eccellenti dell’Arpa à due ordini, della Città di<br />

Napoli, che oggi vivono; nei tre elenchi viene sempre citato come Scanio Maione<br />

Napoletano. Non si conosce l’esatta data di nascita che dovrebbe ragionevolmente<br />

collocarsi tra il 1570 e il 1580. Pochi documenti segnalano i momenti della sua vita: nel<br />

1593 diventa organista presso la Santa Casa dell’Annunziata di Napoli per otto ducati al<br />

mese succedendo a Scipione Stella 246 , due anni dopo ne diventa maestro di cappella 247<br />

dividendo la carica con Camillo Lambardi 248 .<br />

Mayone, allievo di Giovanni de Macque e Giovanni Domenico da Nola 249 , fu<br />

assunto nel 1602 come secondo organista presso la Cappella Reale di Napoli; maestro di<br />

cappella era a quel tempo proprio Macque e Giovanni Maria Trabaci copriva il ruolo di<br />

primo organista 250 . Alla morte di Macque (settembre 1614), Trabaci divenne maestro di<br />

cappella e Mayone primo organista 251 . Mantenne, comunque, i contatti con la Santa<br />

Casa dell’Annunziata e nel 1621 lo troviamo regolarmente in servizio come<br />

organista 252 . Morì, presumibilmente a Napoli, nel 1627 253 .<br />

L’opera strumentale 254 di Mayone è distribuita in quattro pubblicazioni:<br />

1. Primo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Costantino Vitale, 1603.<br />

(LibI)<br />

2. Primo libro di ricercari a tre voci, Napoli, Gio. Battista Sottile, 1606. (RicI)<br />

3. Secondo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Gio. Battista Gargano e<br />

Lucrezio Nucci, 1609. (LibII)<br />

4. Esempi musicale pubblicati nella Sambuca Lincea di Fabio Colonna,<br />

Napoli, Costantino Vitale, 1618.<br />

245 Cerreto 1601, 156-158.<br />

246 Prota Giurleo 1960, 192.<br />

247 Ibidem.<br />

248 Kelton 1961, 20.<br />

249 Stembridge 1981.<br />

250 Cfr. Cap. 3.4, 85.<br />

251 Prota Giurleo 1960, 186.<br />

252 Pannain 1939 cit. in Kelton 1961, 20.<br />

253 Ibidem.<br />

254 Mayone pubblicò pure il Primo Libro di Madrigali (Napoli, G. B. Sottile, 1604), due madrigali nella<br />

collezione Teatro de’ Madrigali a 5 voci de diversi excell. Musici napoletani, posti in luce da Scipione<br />

Riccio (Napoli, G. B. Gargano, 1609), alcuni dei Salmi delle compiete de diversi musici napoletani, a<br />

quattro voci (Napoli, Ottavio Beltramo, 1620); nell’Archivio dei Padri Filippini di Napoli vi sono due<br />

opere manoscritte di Mayone: Messe e vespri a 8 voci e Laetatus sum a 9.<br />

72


3.3.1 PRIMO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER SONARE (1603)<br />

Il Primo libro contiene 4 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale intavolato,<br />

5 toccate e due serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro pentagrammi.<br />

La dedica:<br />

A MARTHOS DE GOROSTIOLA DIGNISSIMO REGENTE DEL<br />

COLLATERAL CONSIGLIO per Sua Maestà nel Regno di Napoli.<br />

La grandessa, e la magnanimità di V. S. (mio Signor, e padrone) sono tante, e tali, che<br />

inclinano, & in un certo senso forsano gli huomini a servirla, & honorarla. Io (oltre la<br />

vera inclinazione) obligato per li favori, e gratie, che m’ha fatto, e mi fa di continuo, son<br />

forsato (non possendo in tutto conforme devo) dar saggio in parte al mondo del’obligo<br />

qual tengo di servirla, ne possendo questo, per l’innata sua generosità, e cortesia, co altro<br />

dimostrare, che con affetto d’animo in quel modo, che posso, humilmente li dedico<br />

questi Capricci di Musica primitie del mio ingegno. La supplico si degni d’accettarlo, per<br />

esser propria, & grata al suo animo: piacciali dunque ritener con questo dono il desiderio<br />

mio, essendo più che securo, sotto tal nome, e protettore riceveranno felicissima, e<br />

perpetua vita appresso del mondo, e con ciò a V. S. fò riverenza, e la prego per lo ben<br />

publico dal cielo felicissimi anni. Da Napoli il dì 4 d’Aprile 1603. Ascanio Mayone.<br />

Dell’edizione originale esiste oggi una sola copia conservata presso la British<br />

Library.<br />

RICERCARI<br />

I quattro ricercari di LibI hanno strutture formali simili: sono tutti politematici, il<br />

secondo soggetto entra sempre come controsoggetto del primo (duplex thema), gli altri<br />

possono, invece, apparire diverse battute avanti; tutti i soggetti sono<br />

contemporaneamente presenti nella cadenza finale. Mayone non scrive nei titoli il<br />

numero delle fughe né l’indicazione del tono.<br />

Ricercar primo. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo<br />

soggetto compare per la prima volta alla battuta 38. I soggetti non vengono sottoposti a<br />

variazioni ad eccezione dell’incipit del primo tema la cui semibreve iniziale viene<br />

spesso trasformata in minima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il<br />

ricercare è lungo 62 battute di brevi.<br />

Ricercar secondo. E’ nell’ottavo tono naturale con tre fughe. Il soggetto è un<br />

thema triplex: il secondo soggetto appare come controsoggetto del rimo, il terzo come<br />

controsoggetto del controsoggetto.<br />

Fig. 3.2.1: Ricercar secondo: batt. 1-6.<br />

Il ricercare presenta molte entrate tematiche in stretto; spesso gli incipit del primo<br />

e secondo soggetto vengono modificati. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il<br />

ricercare è lungo 70 battute di brevi.<br />

73


Ricercar terzo. E’ del terzo modo ed è l’unico con quattro fughe. Il soggetto è un<br />

thema triplex, il quarto soggetto appare invece alla battuta 21. Il terzo soggetto compare<br />

per la prima volta alla battuta 38. Oltre altri stretti vi sono entrate simultanee a distanza<br />

di terza o di decima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 94<br />

battute di brevi.<br />

Ricercar quarto. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo<br />

soggetto compare per la prima volta alla battuta 38 con una esposizione in tutte le voci<br />

mentre gli altri soggetti tacciono. La sincope caratteristica del secondo soggetto viene<br />

molto sfruttata da Mayone per passaggi nello stile delle durezze e ligature.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 59 battute di brevi.<br />

CANZONI ALLA FRANCESE<br />

Le quattro canzoni alla francese di LibI hanno tutte il caratteristico incipit in ritmo<br />

dattilico, sono scritte in contrappunto imitato, ci sono stretti, inversioni tematiche,<br />

aumentazioni, uso di frammenti tematici del soggetto e del controsoggetto; raramente<br />

Mayone introduce un secondo soggetto. Queste canzoni sono molto simili per tessitura e<br />

sviluppo tematico alle canzoni di Giovanni de Macque.<br />

La Canzon Francese Prima è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni<br />

ternarie; si possono, tuttavia, individuare tre sezioni delimitate da cadenze:<br />

1. Batt. 1 – 22<br />

2. Batt. 23-34<br />

3. Batt. 35-51<br />

Il soggetto entra all’Alto, Canto, Tenore e Basso, il controsoggetto viene impiegato<br />

come soggetto secondario in stretto nella seconda sezione; solo due cadenze, a battuta<br />

34 e 51 hanno trilli. Ad eccezione dell’esposizione del soggetto alla prima battuta, il<br />

soggetto non appare nel ritmo dattilico bensì con pausa e tre semiminime.<br />

Fig. 3.3.2: Canzon francese prima, batt. 1-5.<br />

All’ultima battuta vi è l’indicazione Si replica il principio; probabilmente la replica<br />

riguarda solo la prima sezione.<br />

La Canzon Francese Seconda è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni<br />

ternarie; anche in questa canzone si possono individuare tre sezioni delimitate da<br />

cadenze:<br />

1. Batt. 1 – 11<br />

2. Batt. 11 - 21<br />

3. Batt. 22 - 29<br />

La prima sezione conclude con rapide figurazioni toccatistiche in semicrome, la seconda<br />

ha un breve passaggio di terzine di semicrome al tenore, la terza non ha particolari<br />

fioriture. Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso, il controsoggetto<br />

non viene impiegato nella seconda sezione mentre nella terza è variato ritmicamente; la<br />

seconda sezione presenta un soggetto secondario.<br />

74


La Canzon Francese Terza è chiaramente distinta in tre sezioni con ritmo<br />

contrastante:<br />

1. Batt. 1 – 17 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-9 e 10-17.<br />

2. Batt. 18 – 22 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 23 – 32 (tempo C).<br />

Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La canzone ha una scrittura<br />

complessa: il controsoggetto diventa soggetto della seconda sezione ma non appare più<br />

nella terza, la prima sezione impiega il controsoggetto solo nella prima subsezione per<br />

poi trasformarlo ritmicamente e melodicamente nella seconda. Due cadenze (batt. 9 e<br />

32) hanno figurazioni di tipo toccatistico.<br />

La Canzon Francese Quarta è in tre sezioni con ritmo contrastante:<br />

1. Batt. 1 –35 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-20 e 21-35.<br />

2. Batt. 36 – 44 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 45 – 52 (tempo C).<br />

Il soggetto entra al Tenore, Alto, Basso e Canto. Nella prima sezione intervengono<br />

parecchi elementi tematici secondari; il soggetto della seconda sezione è ottenuto col<br />

controsoggetto variato ed il soggetto invertito. La terza sezione riprende il soggetto<br />

accompagnato da elementi secondari della prima sezione senza, però, il controsoggetto.<br />

MADRIGALI INTAVOLATI<br />

Ancidetemi pur 255<br />

E’ la più antica versione intavolata del madrigale di Arcadelt che ci è pervenuta 256 .<br />

L’arrangiamento strumentale di pezzi vocali è il fondamento stesso della musica<br />

strumentale. La più antica ed importante fonte di musica per strumento da tasto risale al<br />

1517 ad opera di Andrea Antico 257 : le sue Frottole intabulate per sonar organo<br />

rispettano l’impianto originale vocale fiorendo le principali cadenze con brevi trilli o<br />

con brevi passaggi di note di passaggio. A Napoli, il Trattado de glosas 258 di Diego<br />

Ortiz fornì ai compositori della generazione successiva un vasto vocabolario di<br />

diminuzioni da impiegare in tutte le elaborazioni strumentali di brani vocali.<br />

Mayone non si discosta dal modello vocale di Arcadelt: la linea del basso, sempre<br />

perfettamente riconoscibile, viene diminuita in prossimità di una cadenza importante.<br />

Mayone predilige fiorire una voce alla volta con trilli e scale: i trilli sono scritti sempre<br />

per esteso in semicrome ma l’esecuzione non necessariamente deve essere misurata:<br />

Fig. 3.3.3: A. Mayone, Ancidetemi pur, batt. 4, Basso.<br />

TOCCATE<br />

255<br />

Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt.<br />

256<br />

La versione di Giovanni De Macque, probabilmente anteriore al 1603, non ci è pervenuta: Cfr. Cap.<br />

3.1, 63.<br />

257<br />

Antico 1517.<br />

258<br />

Ortiz 1553. Vedi Cap. 1.1.<br />

75


L’Intrata d’organo 259 di Giovanni de Macque è il modello adottato da Mayone per<br />

le cinque toccate di LibI. Generalmente le toccate di LibI presentano diverse sezioni<br />

stilisticamente contrastanti, separate da cadenze. Le figurazioni delle toccate sono molto<br />

simili alle diminuzioni dei madrigali intavolati; nelle toccate, però, lo schema armonico,<br />

interamente inventato dal compositore, è spesso più libero e bizzarro. Le toccate ed i<br />

madrigali intavolati rispondono alla stessa esigenza musicale: l’improvvisazione mirata<br />

all’esaltazione delle caratteristiche espressive degli strumenti impiegati; nei madrigali<br />

intavolati il flusso sonoro è incasellato in una preesistente struttura armonica, nelle<br />

toccate, invece, tale struttura è interamente affidata alla libertà del compositore.<br />

Le toccate di LibI raramente indulgono in passaggi cromatici estremi, abbondano i<br />

trilli rapidi, sono pure frequenti le imitazioni del materiale tematico, occasionalmente<br />

troviamo artifici contrappustintici quali le inversioni o le diminuzioni. Nella Toccata<br />

terza e Toccata quinta appaiono sezioni accordali nello stile delle durezze e ligature; la<br />

Toccata quinta, inoltre, conclude con terzine rapidissime in biscrome che devono<br />

necessariamente essere eseguite con una certa libertà agogica.<br />

Nelle toccate di LibI l’estensione delle parti costringono spesso l’esecutore alla<br />

tastiera a lasciare anzitempo alcune note ma la difficoltà viene meno se si esegue il<br />

brano all’arpa 260 .<br />

PARTITE<br />

Partite sopra Rogiere<br />

Le partite sopra “Rogiere” sono interessanti per il paragone che si può istituire con<br />

la versione di Giovanni de Macque 261 . Le modalità di variazione e di diminuzione sono<br />

analoghe, ma la serie di Mayone è notevolmente amplificata: ventuno partite contro le<br />

cinque del maestro fiammingo. Le partite di Macque sono ordinate secondo un ordine<br />

crescente di “diminuzioni”, Mayone, invece, inserisce di tanto in tanto variazioni<br />

statiche che interrompono la progressiva accelerazione ritmica. La prima partita è<br />

accordale ed il basso del “tenore di Ruggiero” è ben chiaro ed udibile; Mayone fiorisce<br />

prevalentemente la parte acuta. La seconda, la quarta e la sesta partita sono diminuite<br />

con crome, la terza e la quinta partita sono accordali e senza fioriture; la settima, ottava,<br />

nona e decima partita sono diminuite con scale e trilli di semicrome; l’undecima,<br />

duodecima, decimaterza, decimaquarta e decimaquinta sfruttano ritmi misti di crome e<br />

semicrome, con imitazioni regolari all’interno delle partite; le successive partite<br />

proseguono con la tecnica dell’imitazione fino alla vigesimaprima ed ultima partita,<br />

interamente scritta in stile toccatistico.<br />

Partite sopra Fidele<br />

Le dieci Partite sopra Fidele sono più semplici delle Partite sopra Rogiere:<br />

ciascuna partita è fondata su una determinata figurazione scrupolosamente rispettata. Il<br />

tempo è ternario tranne per l’ultima partita che è in tempo C.<br />

Ecco lo schema:<br />

- Prima partita: accordale.<br />

- Seconda partita: sei minime per battuta.<br />

- Terza partita: gruppi di tre minime + semibreve puntata; emiolia conclusiva.<br />

- Quarta partita: ritmo ternario di tre semibrevi per battuta con figurazioni miste.<br />

- Quinta partita: gruppi di sei minime + breve e semibreve.<br />

- Sesta partita: minima puntata + seminimima + quattro minime.<br />

- Settima partita: quattro semiminime + minima.<br />

- Ottava: dodici semiminime per battuta.<br />

259 Vedi Cap. 3.1, 54.<br />

260 Ricordiamo che Cerreto annovera Mayone anche tra gli eccellentissimi sonatori d’arpa.<br />

261 Cfr. Cap. 3.1, 60.<br />

76


- Nona partita: sei minime per battuta.<br />

- Decima partita: minima + seminima in contrappunto con pause di semiminima e<br />

due crome.<br />

3.3.2 PRIMO LIBRO DI RICERCARI A TRE VOCI (1606)<br />

Il Primo libro di ricercari comprende diciotto composizioni pubblicate in libri-parte<br />

(Canto-Tenore-Basso). Abbiamo già affrontato 262 la liceità dell’esecuzione organistica<br />

di ricercari pubblicati in libri-parte anche se Mayone non indica alcuna destinazione<br />

strumentale per RicI, mentre LibI e LibII sono per sonare. L’indicazione di Primo libro<br />

presuppone il desiderio di Mayone di pubblicare altri libri di ricercari probabilmente<br />

mai composti.<br />

La dedica:<br />

A DON GIO. BATTISTA SUARDO CONCOBLETTO.<br />

A V. S. (nella cui persona, si come in Ciel le stelle non meno le virtù, che la nobiltà<br />

risplendono) dedico questa mia piccola fatica, quale, non per disegno, che ‘l mondo me<br />

n’habbia da lodare, ò ingrandire io mando in stampa; ma per far conoscere à tutti con<br />

effetto, quanto io li sono servitore, & quando è l’obligo, ch’io li hò, che per non potersi in<br />

altro modo dimostrare, se non con affetto d’animo, vengo con questa à farli riverenza:<br />

supplicandola si degni (fra l’altre gratie e favori fattemi da lei) accettarla con quella solita<br />

innata sua cortesia, e generosità d’animo, restando sicuro (se così restarà servita)<br />

c’haveranno sotto la sua protettione immortalità, e defensioni contra l’iniquità; resto<br />

pregandoli dal Cielo ogni colmo di felicità. Di Napoli il primo d’Agosto, 1606.<br />

Ascanio Mayone.<br />

Esiste oggi una sola copia dell’edizione originale conservata presso la biblioteca del<br />

Conservatorio di musica “S. Pietro a Majella” di Napoli. I ricercari sono generalmente<br />

monotematici, vengono regolarmente impiegati stretti, aumentazioni ed inversioni<br />

tematiche; non troviamo diminuzioni o sezioni in stile toccatistico.<br />

Ricercare 1, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 2, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 3, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 4, politematico, tempo imperfetto. Il soggetto A appare sette volte<br />

nelle prime diciotto battute; il soggetto B appare alla battuta 13 ed è proposto<br />

cinque volte tra le battute 18-23; il soggetto C appare alla battuta 24 ma diventa<br />

il più frequente soggetto fino alla fine; i soggetti D ed E appaiono alla battuta 30<br />

come controsoggetto di C; le quattro battute finali hanno C in stretto ed in<br />

inversione con la simultanea presenza di C, D ed E.<br />

Ricercare 5, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 6, monotematico, tempo imperfetto (batt. 1-52) e C 3/2 (batt. 53-69).<br />

Ricercare 7, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 8, multitematico, tempo imperfetto. I primi due soggetti sono<br />

presentati come duplex thema, il terzo appare alla battuta 27.<br />

Ricercare 9, monotematico, tempo perfetto mediato.<br />

Ricercare 10, monotematico con tema accessorio, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 11, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 12, monotematico, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 13, monotematico, tempo imperfetto.<br />

262 Cap 2.1, 24.<br />

77


Ricercare 14, Canto Fermo Primo 263 (Canto), tempo imperfetto.<br />

Ricercare 15, Canto Fermo Secondo (Tenore), tempo imperfetto.<br />

Ricercare 16, Canto Fermo Terzo (Basso), tempo imperfetto.<br />

Ricercare 17, Canon alter alterius in diapente superius, tempo imperfetto.<br />

Ricercare 18, multitematico, tempo imperfetto. I quattro soggetti, di due battute<br />

ciascuno, sono presentati al Basso sotto forma di tema quadruplo.<br />

3.3.3. SECONDO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER<br />

SONARE (1609)<br />

Il Secondo libro contiene 5 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale<br />

intavolato, 5 toccate e una serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro<br />

pentagrammi.<br />

La dedica:<br />

A DON GIO. BATTISTA SUARDO. Il Secondo parto del mio rozzo ingegnio per<br />

sonare, hò voluto mio Signore mandar fuora sotto la protettione della sua amorevolezza,<br />

& innata cortesia, à cui per obligo di servitù, dovendo tutto me stesso, e non potendo,<br />

cerco darli saggio di tributo. Gradisca V. S. il dono, come d’ingegno, ch’è la meglior<br />

parte; tanto più come sua professione; e che l’è tanto cara, più che nessun’altra, di quante<br />

per ornamento della sua Nobiltà, e grandezza fa professione (segno chiaro d’un animo<br />

nobilissimo, e generosissimo) acciò il suo felicissimo Nome; quello ch’in esso manca per<br />

mia imperfettione, supplisca la sua grandezza, e perfettione. Resto, con farli mille<br />

reverenze e, pregandoli dal cielo quella tranquillità d’animo che desea: da Napoli il dì 28.<br />

di luglio 1609. Ascanio Mayone.<br />

Il Secondo libro contiene anche un prezioso avvertimento.<br />

A L L I S T U D I O S I<br />

AVERTASI da chi per suo capriccio volesse vedere questa poco fatica del Secondo<br />

Libro, perché vi sono diversi capricci, e perché quando si sona con passaggi, ò si<br />

adornano opere di passaggi, sempre vi passano alcune note false contra la regola del<br />

contrapunto, senza le quali è impossibile, che bello effetto faccia; per questo dico a chi<br />

questa opera vederà, che non si scandalizza, e mi giudica di poco osservatore delle regole<br />

del contrapunto, delle qual sempre hò fatto professione quanto si è possibile col mio<br />

rozzo ingegno di osservare, e chi di questo vuol star sicuro, e li dispiacesse questo modo<br />

di sonare; potrà vedere, e servirse delle Ricercate poste nel principio del presente, come<br />

ho fatto anco al Primo Libro de miei Capricci quale credo, che siano osservate, acciò<br />

ogn’uno si pascha di quello, che più l’aggrata servire; E perché per comodità della<br />

Stampa sono stato forzato, (com’anco hò fatto al Primo Libro) mutare le chiave per<br />

mezzo l’opere per ogni parte: avertasi anco in questo, acciò che le vedrà, non prenda<br />

errore; e più avertasi nelle cadenze dove si fanno trilli, ho signato un semituono solo nella<br />

prima nota del detto trillo per breviare il volume; si che il studioso potrà da se considerare<br />

il tutto, e con giuditio, che non è stato per non prendere fatica, ò per poca diligentia; ma<br />

per comodità della Stampa; & del resto mi rimetto al giudizio delli amorevoli, che so, che<br />

mi scuseranno; considerando, che nelle Stampe sempre vi nascondono mancamenti, per<br />

263 Il canto fermo è La Spagna.<br />

78


diligentia, che vi si faccia; e che la mia intentione non è in altro fondata solo (placenti<br />

Deo) giovare à chi non sa, e desidera imparare alcuna cosa del mio si pur ve n’è: à Dio.<br />

Mayone ci appare in atteggiamento difensivo: i cambi di chiave, l’omissione di<br />

alcune alterazioni sono consueti nelle stampe dell’epoca, perché mai deve<br />

anticipatamente scusarsi? Che le diminuzioni vadano a volte contro le regole del<br />

contrappunto lo aveva già affermato Ortiz nel suo trattato quando descrive le tre<br />

maniere per glosare 264 :<br />

La terza maniera si è, uscire de la composition’ e andare a orecchia poco più poco meno<br />

non osservando certezza di quel che si sona.<br />

La scrittura di Mayone deve esser sembrata molto ardita e, soprattutto, ricca di<br />

dissonanze e “stravaganze”, tranquillamente impiegate nelle improvvisazioni ma non<br />

tollerate nelle opere a stampa. In effetti, Mayone e, successivamente, Trabaci daranno<br />

un forte impulso all’esplorazione delle dissonanze più ardite, estremizzando le libertà<br />

armoniche sperimentate dal loro maestro, Giovanni de Macque.<br />

Esistono oggi solo due copie di LibII; una si trova presso il Civico Museo<br />

Bibliografico Musicale di Bologna, l’altra presso la Bibliothèque Nationale di Parigi. Le<br />

due copie sono pressoché identiche fino alla pagina 151: quella di Bologna ha la parola<br />

“FINIS” alla pagina 152, dopo la fine della Septimadecima delle Partite sopra la<br />

Romanesca. L’edizione parigina contiene tre variazioni in più e termina a pagina 160<br />

ma non contiene la parola “FINIS”.<br />

RICERCARI<br />

I ricercari di LibII sono più complessi e variegati a paragone con LibI: tre ricercari<br />

sono su cantus firmus e compaiono maggiori artifici contrappuntisti, due ricercari hanno<br />

le indicazioni dei toni.<br />

Recercar del decimo tuono. Il tono è naturale e vi sono tre fughe. I primi due<br />

soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla battuta<br />

25. Il terzo soggetto è proposto spesso in entrate in stretto e simultanee a distanza di<br />

terza o di decima. L’ultima cadenza ha l’entrata simultanea dei tre soggetti.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 78 battute di brevi.<br />

Recercar del quarto tuono. Il tono è trasposto per b molle e vi sono tre fughe. I<br />

primi due soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla<br />

battuta 21. Gli incipit dei soggetti sono spesso modificati ritmicamente con molte<br />

entrate in stretto ma poche entrate simultanee. Anche l’ultima cadenza non ha l’entrata<br />

simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è<br />

lungo 63 battute di brevi.<br />

Recercar sopra Ave Maris Stella. E’ nel primo tono trasposto per b molle con<br />

l’inno dell’ Ave Maris Stella in forma di cantus firmus esposto quattro volte 265 ; il<br />

ricercare risulta, così, diviso in quattro sezioni ciascuna con un trattamento<br />

contrappuntistico affidato a soggetti differenti:<br />

1. batt. 1-39, cantus firmus al Tenore + un soggetto;<br />

2. batt. 40-78, cantus firmus all’Alto + un soggetto;<br />

3. batt. 79-116, cantus firmus al Basso + un soggetto;<br />

4. batt. 117-155, cantus firmus Canto + due soggetti.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

264 Ortiz 1553, 4f.<br />

265 Nella seconda e terza esposizione del cantus firmus l’intervallo iniziale, un’intervallo di quinta<br />

dell’originale gregoriano, viene trasformato in una quarta.<br />

79


Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa. E’ nel primo tono trasposto<br />

per b molle col cantus firmus in brevi. Il canto fermo di Costantio Festa, conosciuto<br />

anche col nome di La Spagna o Il Re di Spagna, era già stato utilizzato in importanti<br />

pubblicazioni: Trattado de glosas di Diego Ortiz 266 , Regole di musica di Rocco Rodio 267<br />

e Della Pratica Musica vocale et strumentale di Scipione Cerreto 268 . Il ricercare di<br />

Mayone intreccia tre soggetti al canto fermo: i primi due si presentano sotto forma di<br />

duplex thema, il terzo entra alla battuta 27, a ricercare avanzato; i tre soggetti entrano<br />

simultaneamente nella cadenza finale. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 37 battute di brevi.<br />

Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa. E’ nel<br />

primo tono naturale con un solo soggetto che si intreccia col cantus firmus in brevi. Il<br />

soggetto viene sottoposto a diminuzioni, inversioni, entrate in stretto ed entrate a coppia<br />

per terze, seste e decime parallele. Dalla battuta 20 fino alla fine compaiono scale di<br />

semicrome ascendenti e discendenti che alleggeriscono la trama contrappuntistica e<br />

rendono il ricercare appropriato all’arpa doppia 269 ; l’estensione delle parti rende<br />

impossibile tenere le note del canto fermo per tutta la loro durata se si esegue il pezzo al<br />

clavicembalo. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto mediato; il ricercare è lungo 37<br />

battute di brevi.<br />

CANZONI ALLA FRANCESE<br />

Le canzoni alla francese di LibII sono molto più complesse rispetto a LibI, le<br />

sezioni sono più allargate, gli artifici contrappuntistici sono molto evoluti, specialmente<br />

nelle variazioni tematiche, compaiono lunghe fioriture virtuosistiche.<br />

La Canzon Francese Prima è in tre sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-19 e 20-36.<br />

2. Batt. 37 – 60 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 61 – 78 (tempo C).<br />

Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; sia il soggetto che il<br />

controsoggetto non mutano mai di funzione in tutte le sezioni ma vengono<br />

semplicemente sottoposti a variazione ritmica. Solo la cadenza conclusiva della prima<br />

sezione ha una figurazione di tipo toccatistico.<br />

La Canzon Francese Seconda è in tre sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 14 (tempo C).<br />

2. Batt. 15 – 33 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 34 – 80 (tempo C).<br />

Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La prima sezione è molto<br />

breve se paragonata alle altre canzoni di Mayone; il controsoggetto diventa soggetto<br />

della seconda sezione, viene sottoposto ad inversioni ed aumentazioni e viene anche<br />

proposto in entrate a coppie per terze o seste, retaggio delle coppie di temi spesso<br />

impiegate da Giovanni de Macque. La terza sezione ritorna col soggetto e<br />

controsoggetto iniziali ma, per ventisei battute, si produce in una pirotecnica<br />

successione di scale e trilli rapidissimi; la conclusione della canzone è, comunque, in<br />

perfetto stile imitato con coppie di soggetto e controsoggetto per terze.<br />

La Canzon Francese Terza è in tre sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-21 e 21-44.<br />

2. Batt. 45 – 58 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 59 – 86 (tempo C).<br />

266 Ortiz 1553; vedi Cap. 1.1.<br />

267 Rodio 1609; vedi Cap. 1.2.<br />

268 Cerreto 1601; vedi Cap. 3.<br />

269 Kelton 1961, 103; Fabris 1986, 213 e segg.<br />

80


Il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto; la cadenza intermedia a batt. 21 è<br />

preceduta da una lunga fioritura in biscrome alla parte acuta; la breve seconda sezione<br />

ha soggetto e controsoggetto diversi della prima; la terza sezione riprende il soggetto<br />

iniziale accompagnato da scale e trilli di tipo toccatistico.<br />

La Canzon Francese Quarta ha l’incipit iniziale leggermente variato rispetto al<br />

consueto ritmo dattilico:<br />

Fig. 3.2.4.: Canzon Francese Quarta, batt. 1-2.<br />

E’ anch’essa in tre sezioni:<br />

1. Batt. 1 – 26 (tempo C).<br />

2. Batt. 27 – 33 (tempo C 3/2) .<br />

3. Batt. 34 – 73 (tempo C).<br />

Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; le quattro note congiunte<br />

discendenti (mi re do si) verranno sfruttate moltissimo nel corso della canzone anche in<br />

inversione; questo frammento tematico diventa anche soggetto della seconda sezione.<br />

La terza sezione impiega una variante aumentata del soggetto iniziale accompagnata da<br />

altri frammenti tematici diminuiti; le battute 58-73 hanno il segno di ritornello. Fra tutte<br />

le canzoni di Mayone, la Quarta di LibII è la più complessa nella variazione tematica e<br />

nell’impiego degli artifici contrappuntistici.<br />

MADRIGALI INTAVOLATI<br />

Io mi son giovinetta del Ferabosco diminuito per sonare da Scipione Stella,<br />

Gio. Dom. Montella, Ascanio Mayone. 270<br />

Nel 1603 Trabaci aveva pubblicato una sua versione sulla ballata di Ferabosco 271 .<br />

Mayone risponde nel 1609 con una versione intavolata “a sei mani”: i tre compositori<br />

indicati nel titolo si alternano nella composizione del pezzo senza soluzione di<br />

continuità. Questa versione non si discosta affatto dall’impianto di Trabaci, ma sfoggia,<br />

specialmente alla fine, maggior virtuosismo esecutivo. Di volta in volta viene indicato<br />

in partitura la paternità di ciascuna sezione:<br />

Batt. 1 – 6: Montella<br />

Batt. 7 – 10: Mayone<br />

Batt. 11 – metà 16: Montella<br />

Batt. metà 16 – metà 23: Mayone<br />

Batt. metà 23 – 24: Montella<br />

Batt. 25 – 28: Mayone<br />

Batt. 29 – 35: Stella.<br />

Io mi son giovinetta presenta un’elaborazione più complessa rispetto ad<br />

Ancidetemi pur del Primo libro, vengono diminuite tutte le voci con figurazioni a volte<br />

bizzarre, spesso in imitazione. Il modello vocale, punto di riferimento della condotta<br />

delle parti, non è più percepibile all’ascolto.<br />

270 Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di Madrigali<br />

a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542.<br />

271 Vedi Cap 3.4, 98.<br />

81


Dei tre, Montella è il più fedele all’originale vocale mentre Mayone si esprime con<br />

le cadenze più pirotecniche; la sezione conclusiva di Stella è la più complessa, le<br />

imitazioni sono condotte a lungo con scrittura contrappuntistica densa e grande abilità<br />

di sviluppo.<br />

TOCCATE<br />

Le cinque toccate di LibII sono molto simili stilisticamente a quelle di LibI.<br />

Spiccano la Toccata quarta e la Toccata quinta entrambe indicate dall’autore per il<br />

Cimbalo Cromatico. I passaggi cromatici sono ben circoscritti all’interno delle toccate:<br />

- batt. 1-10 e 21-24 (toccata quarta)<br />

- batt. 6-21 e 29-30 (toccata quinta)<br />

La Toccata quarta, nello stile delle durezze e ligature, non eccede in cromatismi (ha<br />

soltanto il La bemolle ed il re bemolle tra le battute 21-24), la Toccata quinta è, invece,<br />

decisamente più ardita: troviamo, in poche battute, tutte le sette note alterate mentre non<br />

esiste alcun bemolle. Le altre sezioni delle toccate cromatiche hanno le tipiche<br />

figurazioni rapide che risultano molto difficili da eseguire sulla tastiera del<br />

clavicembalo cromatico che ha l’ottava divisa in 19 tasti.<br />

Fig. 3.2.5: Tastiera di “Cimbalo cromatico” (con prima ottava in sesta, dal Do, e<br />

doppiamente spezzata). Da JOHANN BAPTIST SAMBER, Manuductio ad organum,<br />

Salzburg, Witwe und Erben, 1704, Parte I, p. 103.<br />

La conclusione della quinta toccata, inoltre, con trilli e scale di biscrome<br />

alternativamente all’acuto ed al basso, è di straordinaria forza drammatica .<br />

PARTITE<br />

Partite sopra la Romanesca<br />

Le partite sopra la Romanesca mostrano le medesime tecniche compositive<br />

riscontrate nelle partite sopra Rogiere con imitazioni di brevi motivi per terze, seste o<br />

decime parallele. Il tetracordo discendente è l’elemento che caratterizza quasi tutte le<br />

partite: è usato come soggetto autonomo, come elemento costitutivo di figurazioni più<br />

ampie, in aumentazione, in diminuzione, in inversione, in terze o seste parallele, con<br />

varianti ritmiche. La prima partita è, come negli altri esempi, accordale con fioriture di<br />

trilli; tra le poche partite non fondate sul tetracordo segnaliamo la quarta ricca di trilli e<br />

la sesta accordale. Le variazioni più funamboliche sono la septimadecima e la vigesima<br />

conclusiva; la cadenza che conclude la septimadecima è tra le più brillanti e stravaganti<br />

dell’intera opera di Mayone.<br />

82


3.3.4 ESEMPI MUSICALI PUBBLICATI IN “LA SAMBUCA<br />

LINCEA” (1618)<br />

Fabio Colonna, nel suo trattato “La Sambuca Lincea” 272 , descrisse il clavicordo di<br />

sua invenzione che disponeva di 31 tasti per ottava e che permetteva, quindi, di suonare<br />

musiche in 31 tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche. Avendo diviso in tre<br />

parti il semitono diatonico otteneva due specie di genere enarmonico, molle ed<br />

intenso 273 , ed avendo diviso il tono in due semitoni disuguali otteneva due specie di<br />

genere cromatico, molle ed intenso.<br />

Fabio Colonna era un botanico ed affrontava i problemi musicali dal punto di vista<br />

matematico; volle, tuttavia, che nel suo trattato comparissero degli esempi musicali<br />

composti dal<br />

Signor Ascanio Maione che senza prattica dell’istromento, per l’eccellenza che tiene<br />

nella Musica, à nostra richiesta ha fatto li soscritti esempi, solamente con haver veduto le<br />

note dei Tetracordi. Dalli quali esempi potrassi altro virtuoso ad emulatione affaticarsi<br />

non solo a farne degli altri regolati, ma più affettuosi e belli, come per l’avvenire ancor da<br />

lui procureremo con la prattica dell’istromento qualche leggiadra composizione & lunga,<br />

oltre che presto di spera usciranno le composizioni del Padre Stella. 274<br />

Mayone compose otto brevi esempi musicali che evidenziano le principali virtù<br />

dello strumento enarmonico: contrappunti in consonanza basati sugli antichi generi<br />

greci, “strisciate di voce” per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della<br />

scala. Ciascun esempio ha un titolo che specifica l’aspetto musicale trattato, qui<br />

riportato in corsivo; la scrittura è contrappuntistica con notazione in partitura con<br />

quattro pentagrammi, le battute sono di brevi.<br />

1. Enarmonico molle osservato nel soprano conforme il Tetracordo, & ottacordo,<br />

4 battute sul testo del Kyrie Eleison.<br />

2. Enarmonico molle osservato in fuga da quattro parti, 9 battute sul testo del<br />

Kyrie Eleison.<br />

3. Esempio dell’Enarmonico intenso con 4. parti, 7 battute sul testo del Kyrie<br />

Eleison.<br />

4. Esempio del Cromatico Intenso nel Soprano conforme l’ottocordo, 5 battute sul<br />

testo del Kyrie Eleison.<br />

5. Cromatico Intenso à quattro parti, 14 battute senza testo.<br />

6. Esempio del Cromatico molle con quattro parti, 7 battute sul testo del Kyrie<br />

Eleison.<br />

7. Composizione confusa nelli tre geni (sic) 275 , 13 battute sul testo dello Stabat<br />

Mater.<br />

8. Altro esempio dell’autore per Terza, 3 battute senza testo.<br />

9. Altro esempio dell’autore per Quarta & Sesta, 5 battute senza testo.<br />

10. Consonanze sopra i tasti enarmonici dal Diatonico, 5 battute senza testo.<br />

11. Altre Consonanze sopra l’Enarmonico, 3 battute senza testo.<br />

12. Esempio della Quarta & Sesta minore, 7 battute senza testo; qui sono presenti le<br />

“strisciate di voce”<br />

272<br />

Vedi Cap. 3.1, 45-46.<br />

273<br />

Le specie “molle” ed “intenso” erano così chiamate perché, passando dalla prima alla seconda, la<br />

tensione delle corde aumentava.<br />

274<br />

Colonna 1618, 92. Non si conoscono opere di Padre Stella con scrittura enarmonica.<br />

275<br />

Prima di questo brano è scritto: Del diatonico non se pone essempio per esser cosa volgare, & facile<br />

come habbiamo detto di sopra, ma differente dalla usuale diatonica che tiene Cromatico misto nelli tre<br />

generi. (Pag. 98)<br />

83


13. Esempio della circolatione delli gradi Enarmonici, & Cromatici, Semituoni<br />

maggiori, & Tuoni, 51 battute senza testo. In questo contrappunto ogni 2 battute<br />

circa, vi è una modulazione alla quinta superiore; la circolazione delle quinte<br />

chiude dopo 31 modulazioni. Il cambio tra tonalità con diesis e bemolle avviene<br />

con l’enarmonia tra La## e Do doppio bemolle.<br />

84


3.4 GIOVANNI MARIA TRABACI<br />

Un documento dell’Archivio Notarile di Napoli 276 così recita:<br />

Gio. Maria Trabaci, di Montepeloso, al presente domiciliato a Napoli e Maestro della R.<br />

Cappella, figlio del quondam Antonio Trabaci e d’Ippolita Galluccio, dà a mutuo a Livia<br />

Figura di Napoli, vedova, duc. 300, alla ragione del 9%.<br />

Montepeloso, oggi Irsinia, faceva parte della Basilicata, quarta provincia del regno di<br />

Napoli, ed era sede vescovile 277 . Trabaci mantenne delle proprietà nel paese natio anche<br />

parecchi anni dopo il trasferimento in Napoli.<br />

28 gennaio 1631 – Giovanni Maria Trabaci, Maestro di Cappella della Reale Cattolica<br />

Maestà di questo Regno di Napoli, costituisce suo procuratore il M.co Francesco<br />

Lombardo della Terra di Monte Peloso 278<br />

Nessun documento ci attesta la data di nascita che sarà avvenuta presumibilmente<br />

intorno al 1575. Il primo documento che dichiara la presenza a Napoli di Trabaci risale<br />

al primo dicembre del 1594, giorno in cui viene assunto come cantore nella chiesa della<br />

SS. Annunziata, dove Camillo Lambardi era maestro di cappella, Ascanio Mayone e<br />

Giuseppe Marancia 279 rispettivamente primo e secondo organista 280 . La carriera di<br />

Trabaci si intreccia, quindi, con quella di Mayone: nel 1594 Trabaci si trova in<br />

situazione subalterna rispetto a Mayone ma le cose cambieranno ben presto. Trabaci,<br />

intanto, collauda nel 1597 il nuovo organo dei Filippini svolgendovi, con certezza nel<br />

1601 281 , l’attività di organista 282 . Il 30 ottobre 1601 entra come organista nella Cappella<br />

Reale, dove era maestro Giovanni de Macque, abbandonando l’incarico di organista<br />

all’Annunziata. Mayone arriverà alla Cappella l’anno dopo, nel 1602 come secondo<br />

organista: Mayone è, ora, in posizione subalterna rispetto a Trabaci.<br />

E’ probabile che tra Mayone e Trabaci ci fosse rivalità e che altri musicisti<br />

napoletani parteggiassero per uno o per l’altro: Scipione Cerreto 283 , ad esempio, non<br />

inserisce Trabaci nell’elenco dei Nomi de i Musici Napoletani e Compatrioti, che sono<br />

stati in questa Città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì d’oggi 284 ; Mayone, invece, vi<br />

compare ben tre volte, onore riservato a nessun altro musicista: tra i compositori, gli<br />

organisti e gli arpisti.<br />

Nella dedica del 1615, Trabaci sottolineerà la gratitudine nei confronti dell’allora<br />

viceré Francesco di Castro per aver caldeggiato la sua nomina a maestro della Real<br />

Cappella; l’anno precedente, morto de Macque (settembre 1614), Trabaci ne era<br />

diventato il successore, primo italiano ad assumere questo prestigioso incarico 285 .<br />

Mayone diventa primo organista, prendendo il posto lasciato vacante da Trabaci.<br />

La Real Cappella di Napoli 286 , al momento in cui Trabaci ne assume la direzione, è<br />

composta da sette soprani, quattro contralti 287 , tre contralti-tenori, cinque tenori 288 , sei<br />

276<br />

Protocolli Notaro Francesco Borrelli, 1616, c. 69; cit. in Prota Giurleo 1960, 185.<br />

277<br />

Beltrano 1671, 176.<br />

278<br />

Napoli, Archivio notarile, Prot. Nr. Giacomo de Muro, 1631, c. 53; cit. in Prota Giurleo 1960, 185.<br />

279<br />

Ascanio Mayone prese il posto di Scipione Stella nel 1593; Giuseppe Marancia quello di Giovanni de<br />

Macque nel 1594. Vedi Jackson 1964, 19.<br />

280<br />

Prota Giurleo 1960, 185.<br />

281<br />

Jackson 1964, 16.<br />

282<br />

Pannain 1934, xxviii.<br />

283<br />

Vedi volume II, tavola n.°1.<br />

284<br />

Cerreto 1601, 154-160.<br />

285<br />

Vedi Cap 1.1, 1.<br />

286<br />

Prota Giurleo 1960, 187-188.<br />

287<br />

Le voci dei soprani e dei contralti erano affidate ad uomini castrati o falsettisti.<br />

85


assi e contro-bassi, sei violinisti, un cornettista, un trombonista, un liutista, un arpista,<br />

due organisti (Ascanio Mayone e Francesco Lambardi) ed un organaro (Alessandro<br />

Fabbri) 289 .<br />

Trabaci ridusse drasticamente il numero delle pubblicazioni dopo l'incarico di<br />

maestro di cappella; forse divenne meno produttivo a causa delle condizioni turbolente a<br />

Napoli seguenti il viceregno di Castro. Con il viceré duca di Ossuna (1616-1620)<br />

l’economia napoletana cominciò a deteriorarsi aumentando, così, il disagio del popolo:<br />

nel 1620 vi fu una rivolta, la popolazione protestò per la scarsezza del pane e per la<br />

circolazione di soldi falsi; una carestia seguì nel 1622. Solamente con l'arrivo del conte<br />

di Monterrey (viceré dal 1631 al 1637) vi fu un leggero miglioramento, salvo un<br />

drastico peggioramento dopo la sua partenza 290 .<br />

Benché il ruolo di Maestro della Real Cappella fosse il più prestigioso incarico<br />

musicale a Napoli, Trabaci restò legato ai Padri Filippini come semplice organista e con<br />

un modesto compenso 291 ;<br />

Forse faceva ciò più per senso di devozione verso i buoni Padri Filippini, che<br />

curavano la musica a Napoli in grado superlativo, che per accrescere i suoi proventi;<br />

infatti era molto religioso. 292<br />

La religiosità di Trabaci si manifestò musicando tanti poemi scritti soprattutto da<br />

membri dell’Oratorio dei Filippini: Trabaci dedicò, inoltre, cinque delle sue<br />

pubblicazioni alla Madonna (1602, 1605, 1608, 1609, 1630 293 ). Al tempo stesso fu in<br />

stretto contatto con nobili napoletani di prim’ordine fra cui Marcantonio de Ponte 294 ,<br />

Ottavio e Giovanna di Capua dedicandosi alla composizione di musiche d’occasione 295 .<br />

L’ultima pubblicazione di Trabaci è del 1634 296 ; non conosciamo altri particolari<br />

della sua attività fino al 1647, anno della sua morte. Sono anni molto difficili a causa<br />

della crisi economica e delle rivolte popolari; si succedono in breve tempo diversi<br />

viceré, Medina de las Torres, Alfonso Enriquez, il duca di Arcos. Il 1647 è l’anno della<br />

rivolta di Masaniello: Trabaci muore il 31 dicembre nel Convento della Trinità degli<br />

Spagnoli nel bel mezzo degli scontri tra don Giovanni d’Austria ed i popolari di Enrico<br />

di Lorena 297 .<br />

288<br />

Fra cui Pietro Cerone, autore del celebre trattato El Melopeo y Maestro.<br />

289<br />

Alessandro Fabri, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600. Risulta attivo<br />

come organaro e cembalaro (Nocerino 1995, 93).<br />

290<br />

Jackson 1964, 40.<br />

291<br />

Dal 1625 al 1630 venne ricompensato con 2 ducati, 2 tarì e 10 grana più un regalo una tantum d’olio.<br />

Prota Giurleo 1960, 189.<br />

292<br />

Ibidem.<br />

293<br />

Mottetti I a 5-8, Napoli, G.G. Carlino, 1602; Messe e mottetti I a 4, Napoli, Vitale, 1605; Salmi I a 4,<br />

Venezia, A. Gardano, 1608; Sylvae harmonicae variarum lib. I, Napoli, G.G. Carlino, 1609; Salmi de<br />

vespri II a 4, Venezia, Gardano-Magni, 1630.<br />

294<br />

Cui dedicò il primo libro dei madrigali del 1606.<br />

295<br />

Vedi più avanti, a pag 87.<br />

296<br />

Passioni op. 13, Napoli, O. Beltramo, 1634.<br />

297<br />

Successore di Trabaci fu Andrea Falconieri il quale, nel 1650, due anni dopo aver assunto l’incarico,<br />

fece pubblicare a Napoli, presso Pietro Paolini e Gioseppe Ricci, Il Primo libro di canzoni…à uno, due, e<br />

trè con Basso Continuo dedicato a don Giovanni D’Austria.<br />

86


3.4.1 RICERCATE, CANZONE FRANZESE, CAPRICCI,<br />

CANTI FERMI, GAGLIARDE, PARTITE DIVERSE, TOCCATE,<br />

DUREZZE, LIGATURE, CONSONANZE STRAVAGANTI, ET UN<br />

MADRIGALE PASSEGGIATO NEL FINE. Opere tutte da sonare, a<br />

quattro voci. DI GIO: MARIA TRABACI, ORGANISTA nella Regia<br />

Cappella di Palazzo in Napoli, Nuovamente da lui composto, & dato in<br />

luce. LIBRO PRIMO IN NAPOLI, Per Constantino Vitale MDCIII.<br />

La dedica:<br />

AD OTTAVIO DI CAPOA/ DEL BALZO/ ET D. GIOVANNA DI CAPOA/ SUA<br />

MOGLIE.<br />

Ai meriti infiniti de’ suoi maggiori, hà V.S. giunto tanto lume/ con le proprie virtù. Che<br />

risplende sua casa con tutte le illustri at-/tioni, che potessero farla immortale. Et tra gli<br />

altri splendori/ riluce quel della Musica di cui, ò sia ella di voce, ò sia de istro-/menti hà<br />

voluto sempre dilettarsi in maniera che ha fatto pro-/fessione anco di imitarla la Signora<br />

Donna Giovanna sua con-/sorte nel farla conseguire dalle sue create; Onde è piaciuto alle<br />

/ Signorie vostre favorire ad ogni modo professori di quella, come sono degnate favor-<br />

/me loro servitore, che obligato alle molte gratie, & ai continui benefittij ricevuti, han-/ no<br />

obligato anco l’animo mio ad esser sempre devotissimo della lor Illustrissima Casa, et/ ad<br />

offerirgli tributi di eterno debito, quale io presento hora in queste picciole, & povere/<br />

fatiche, ma che riceveranno augumento, & ricchezza dalla lor buona gratia, de-/ gnandosi<br />

riceverle con quella grandezza d’animo con la quale io le presento ad ambe/ due , &<br />

pregandoli in tanto dal cielo felicità, & grandezza, li faccio riverenza./ Di Napoli il dì 10.<br />

di Settembre. 1603./ Delle SS. VV./ Devotissimo Servitore/ Gio: Maria Trabaci.<br />

La nobile famiglia Di Capua promuoveva l’attività musicale in Napoli e, forse, era in<br />

competizione con Carlo Gesualdo da Venosa ed il suo entourage 298 . Le famiglie nobili<br />

rivaleggiavano tra loro anche attraverso l’allestimento di sontuose feste allietate da<br />

musiche e danze. Gli stessi nobili cantavano accompagnandosi con la chitarra spagnola:<br />

il repertorio consisteva per la maggior parte in canzoni spagnole e solo Trabaci, fra i<br />

compositori napoletani importanti, ne scrisse un notevole numero 299 . Il legame tra la<br />

famiglia Di Capua e Trabaci era molto forte: oltre all’omaggio ad entrambi i coniugi del<br />

Primo libro dei ricercari, il musicista dedicò ad Ottavio le Villanelle del 1606 300 ed a<br />

Giovanna i Madrigali del 1611 301 .<br />

Trabaci presenta la sua opera come un esempio di disciplina nello studio<br />

necessaria per raggiungere elevate competenze:<br />

AI LETTORI<br />

Queste mie fatiche di Musica da sonarsi sopra qualsivoglia strumento, ma più<br />

proportionevolmen-/ te ne gli Organi, e ne i Cimbali, sono state fatte da me con tutta<br />

quella osservata diligenza, e chiaro, / e distinto modo, che più possa esser facile à coloro,<br />

che vogliano porre in opera viva le presenti note./ Ma si come il Cavallo; quantunque la<br />

maestra natura l’habbia formato attissimo al corso; non potrà/ egli giamai però<br />

regolatemente correre, se non è guidato dalla disciplina dello sprone, e del freno;/ così<br />

queste mie consonanze; ancor che da me siano state composte con molto aggiustamento,<br />

298 Jackson 1964, 33.<br />

299 Larson 1983, 65.<br />

300 Villanelle alla napoletana, Napoli, G. G. Carlino, 1606.<br />

301 Madrigali II a 5, Venezia, A. Gardano, 1611.<br />

87


se da voi, benigni/ Lettori, non vi si pone lo studio, e l’ordine, che vi bisogna in dar loro il<br />

devuto spirito della attual Musica; facil cosa sarà, ch’elle non appaiano veramente tali ne i<br />

vostri motivi, quali in se stesse sono; e così non mia, ma vostra sarà/ la colpa del non<br />

riuscito fine del mio intento; il quale non è indrizzato ad altro, che ad amorosamente<br />

giovarvi, e dilettarvi.<br />

RICERCARI<br />

I dodici ricercari del primo libro sono quasi tutti multitematici con indicazione nel<br />

titolo del numero dei soggetti. L’autore scrive a volte anche l’artificio contrappuntistico<br />

prevalente: inganni, riversi, note che passano per false.<br />

I ricercari costituiscono un ciclo unitario nei dodici toni; Trabaci, a differenza di<br />

Mayone, segue l’esempio del maestro Giovanni de Macque che aveva già portato a<br />

compimento un ciclo di dodici ricercari 302 : l’ordinata sequenza dei toni, la precisa<br />

indicazione del numero dei soggetti e l’indicazioni degli artifici compositivi adottati<br />

conferiscono all’opera un carattere teorico-sistematico. Sembra che Trabaci abbia<br />

voluto dar saggio di competenza tecnica ponendosi su un piano di superiorità rispetto a<br />

Mayone che nello stesso anno 303 pubblicò quattro ricercari meno dotti e, soprattutto,<br />

senza alcun ordine sistematico di composizione.<br />

Fra tutti gli artifici impiegati, si segnalano gli inganni perché sono una<br />

caratteristica peculiare dell’opera di Trabaci 304 .<br />

Lo inganno si fa ogni volta, che una parte incominciando un soggetto il conseguente,<br />

la seguita non per gl’istessi gradi; ma si bene per gl’istessi nomi di sillabe. 305<br />

I nomi delle note gli sono gli stessi ma cambiano gli esacordi di riferimento: la linea<br />

melodica viene così modificata. La fig. 3.4.1. mostra un esempio di inganno:<br />

Fig. 3.4.1.: Trabaci, Ricercare n. 11 (1615), batt. 6 e 35.<br />

Nel primo caso l’intervallo iniziale Ut – Fa appartiene allo stesso esacordo, nel<br />

secondo caso il Fa appartiene ad un esacordo diverso per cui cambia l’intervallo.<br />

Nei ricercari di Trabaci si incontrano tre tipi di inganni:<br />

1. mutazione di esacordo in un punto del tema;<br />

2. sostituzione di una singola nota del tema;<br />

302 Vedi Cap. 3.1.<br />

303 Vedi Cap. 3.3, 73-74.<br />

304 Jackson 1964, 204-208.<br />

305 Artusi 1603, 45.<br />

88


3. inganno con più di una modulazione di esacordo o sostituzione di nota<br />

all’interno di un tema.<br />

Primo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore ed all’Alto; il<br />

secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema), appare a partire dalla<br />

battuta 3 al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 8 al Canto 306 . Il pezzo è<br />

molto affine stilisticamente ai ricercari di Giovanni de Macque con entrate simultanee<br />

ed in stretto; l’incipit del primo soggetto è spesso modificato ritmicamente.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 62 battute di<br />

brevi.<br />

Secondo tono con quattro fughe<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare<br />

nell’esposizione solo all’Alto, il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al<br />

Canto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 all’Alto come controsoggetto del secondo,<br />

il Tenore entra solo alla battuta 7 col terzo soggetto ed il Basso alla battuta 11 con il<br />

quarto soggetto. Le quattro seminimine discendenti che caratterizzano l’incipit del<br />

secondo soggetto e la parte centrale del terzo, vengono spesso sfruttate da Trabaci per<br />

entrate in stretto e simultanee alla terza, l’incipit del primo soggetto è spesso modificato<br />

ritmicamente; alla fine c’è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 56 battute di brevi.<br />

Terzo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Tenore alla battuta 6 ed al<br />

Basso alla battuta 11; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto; il terzo<br />

soggetto appare pure alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del secondo. Il terzo<br />

soggetto, articolato ritmicamente, offre molto materiale tematico durante lo sviluppo. La<br />

fine del pezzo è caratterizzata dall’entrata in coppie del secondo soggetto al Canto e<br />

all’Alto con il terzo soggetto al Tenore ed al Basso. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato; il ricercare è lungo 40 battute di brevi.<br />

Quarto tono con tre fughe, et inganni<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto;<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo<br />

(duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 7 al Basso ed ha l’incipit (tre<br />

minime precedute da pausa) identico al secondo. Il ricercare è costruito sopra l’artificio<br />

contrappuntistico dell’inganno. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il<br />

ricercare è lungo 50 battute di brevi.<br />

Quinto tono con quattro fughe, et note che passano per false<br />

I quattro soggetti entrano ciascuno in una sola voce: il primo soggetto al Canto, il<br />

secondo soggetto al Tenore alla battuta 3, il terzo soggetto alla battuta 4 all’Alto, il<br />

quarto soggetto alla battuta 5 al Basso. Le note che passano per false costituiscono un<br />

richiamo ai Tientos de falsas di tradizione iberica: le falsas erano le note dissonanti<br />

corrispondenti agli intervalli di seconda, quarta e settima impiegate in forma di<br />

appoggiatura. Questo procedimento era ben conosciuto presso i compositori italiani ma<br />

il termine false, di derivazione spagnola, è un peculiarità di Trabaci. Questo ricercare,<br />

oltre alle note che passano per false, è ricco di diminuzioni e trilli scritti per esteso.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di<br />

brevi.<br />

306 Alla battuta 6, il Tenore fa udire l’incipit del terzo soggetto in diminuzione.<br />

89


Sesto tono con tre fughe, et suoi riversi<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo<br />

(duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto. Il ricercare è costruito<br />

sopra l’artificio contrappuntistico dell’inversione tematica: alla battuta 15 Trabaci<br />

indica, con la parola Riversi, il punto in cui cominciano le entrate tematiche in<br />

inversione. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il<br />

tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di brevi. Benché il tono non<br />

sia trasportato, compare in chiave l’indicazioni del Si bemolle.<br />

Settimo tono con due fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo<br />

(duplex thema). Il secondo tema ha un inciso con minima puntata e due crome che viene<br />

continuamente impiegato nel corso del ricercare; gli intervalli iniziali dei due soggetti<br />

hanno un andamento per moto contrario 307 che risulta molto efficace nelle entrate<br />

simultanee. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 53<br />

battute di brevi.<br />

Ottavo tono sopra Rugiero, con tre fughe<br />

Nessuno dei tre soggetti del ricercare è il “tenore di Ruggiero” ma il primo ha una<br />

linea melodica sovrapponibile ad esso:<br />

Fig. 3.4.2: Ricercare ottavo, batt. 1-3.<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Basso; il secondo soggetto<br />

appare alla battuta 6 all’Alto e il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Canto. Il<br />

ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-43 tempo imperfetto<br />

mediato, batt. 44-63 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 63 -72 tempo imperfetto mediato.<br />

Le battute 28- 33 hanno una scrittura più vicina alle canzoni alla francese che ai<br />

ricercari e presentano figurazioni in crome e trilli di semicrome.<br />

Fig. 3.4.3: Ricercare ottavo, battuta 29.<br />

La sezione centrale è caratterizzata da continue entrate tematiche a coppia. Alla fine del<br />

ricercare vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti.<br />

307<br />

Primo soggetto con quinta ascendente e terza discendente; secondo soggetto con terza discendente e<br />

quarta ascendente.<br />

90


Nono tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Canto, il secondo soggetto<br />

appare alla battuta 3 all’Alto, il terzo soggetto appare al Basso alla battuta 3<br />

contemporaneamente al secondo soggetto. Anche se non specificato nel titolo, sono<br />

presenti inganni e riversi dei soggetti. Alla fine vi l’entrata simultanea dei soggetti.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 50 battute di<br />

brevi.<br />

Decimo tono trasportato con una fugha sola<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. E’ l’unico<br />

ricercare monotematico della raccolta: il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto;<br />

il controsoggetto, ritmicamente contrastante, è molto sfruttato nello svolgimento del<br />

pezzo. Il ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-33 tempo<br />

imperfetto mediato, batt. 34-50 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 51-63 tempo<br />

imperfetto mediato. Le ultime due battute presentano una cadenza fiorita di tipo<br />

toccatistico.<br />

Undecimo tono trasportato con due fughe<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. Il primo soggetto<br />

appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto<br />

appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo (duplex thema) e,<br />

successivamente, pure al Tenore, Alto e Canto. Il ricercare è fondato sulla perfetta<br />

regolarità delle entrate tematiche in stretto senza entrate simultanee. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 45 battute di brevi.<br />

Duodecimo tono con quattro fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, il secondo tema appare alla<br />

battuta 3 all’Alto Basso, il terzo soggetto appare alla battuta 3 come controsoggetto del<br />

primo e il quarto soggetto appare alla battuta 5 come controsoggetto del secondo. Il<br />

secondo soggetto è il più sfruttato nello svolgimento per la sua varietà ritmica. Il<br />

ricercare conclude con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è<br />

il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 47 battute di brevi.<br />

CANZONI ALLA FRANCESE<br />

Le sette canzoni alla francese pubblicate nel 1603 sono tutte articolate in diverse<br />

sezioni che alternano metri binari e ternari. Nella maggioranza dei casi l’impiego del<br />

materiale tematico è vario con un soggetto prevalente cui si affiancano soggetti<br />

secondari, particolarmente nelle sezioni ternarie. Al termine delle canzoni, od anche al<br />

termine delle sezioni intermedie, Trabaci inserisce cadenze riccamente fiorite, simili alle<br />

figurazioni libere delle toccate: l’esecutore deve affrontare le complesse figurazioni<br />

liberamente, senza rigore ritmico. Le fioriture conclusive erano già state inserite da<br />

Giovanni de Macque nelle proprie canzoni, ma in maniera più sobria; anche Mayone<br />

occasionalmente inserisce passaggi fioriti ma ne privilegia l’impiego al termine di<br />

sezioni interne.<br />

Canzone franzesa prima<br />

E’ divisa in cinque sezioni:<br />

1: batt. 1-15, tempo C, soggetto con incipit dattilico, cadenza nel tono d’impianto;<br />

2: batt. 16-27, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in minime, cadenza sul V grado;<br />

3: batt. 28-32, stesso tempo di B, nuovo soggetto in semiminime, cadenza sul tono<br />

d’impianto;<br />

4: batt. 33-36, stesso tempo di B, nuovo soggetto in minime con controsoggetto in<br />

semiminime, cadenza nel tono d’impianto;<br />

5: batt. 37- 52, tempo C, ripresa del primo soggetto e conclusione con cadenza fiorita.<br />

91


Canzone franzesa seconda<br />

E’ divisa in cinque sezioni:<br />

1: batt. 1-6, tempo imperfetto mediato, soggetto dattilico presentato in forma accordale,<br />

cadenza fiorita nel tono d’impianto;<br />

2: batt. 7-17, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto in semibrevi, cadenza nel tono<br />

d’impianto;<br />

3: batt. 18- 27, stesso tempo di B, soggetto di sei minime ascendenti per grado<br />

congiunto, cadenza nel tono d’impianto;<br />

4: batt. 28- 36, tempo imperfetto mediato, soggetto anacrusico in seminimime esposto in<br />

forma accordale, cadenza leggermente fiorita nel tono d’impianto;<br />

5: batt. 37-54, tempo imperfetto mediato, soggetto D presentato anche diminuito, estese<br />

fioriture in tutta la sezione con cadenza conclusiva in biscrome.<br />

Canzone franzesa terza<br />

E’ divisa in quattro sezioni:<br />

1: batt. 1-15, tempo C, soggetto dattilico, cadenza nel tono d’impianto;<br />

2: batt. 16-40, tempo C, due soggetti derivati da frammento “a” del primo soggetto,<br />

cadenza sul III grado;<br />

3: batt. 41-46, tempo C. 3/2, due soggetti derivati dai frammenti “a” e “c” del primo<br />

soggetto 4, cadenza sul tono d’impianto;<br />

5: batt. 47-59, tempo C, soggetto derivato dal frammento “b” del primo soggetto,<br />

cadenza sul tono d’impianto .<br />

Fig. 3.4.4., Canzon francesa terza, primo soggetto.<br />

Canzone franzesa quarta<br />

E’ divisa in sei sezioni:<br />

Batt. 1-8, tempo C, sezioni introduttiva con accordi e fioriture;<br />

1: batt. 9-16, tempo C. 3/2, soggetto con minima puntata e semiminime, cadenza sul III<br />

grado;<br />

2: batt. 16-20, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo<br />

soggetto, cadenza sul III grado;<br />

3: batt. 21- 29, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto,<br />

cadenza sul III grado;<br />

4: batt. 30-37, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” (inverso) e “c” del<br />

primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto;<br />

5: batt. 38-45, tempo C, soggetto derivato dal frammento “c” del primo soggetto,<br />

cadenza sul VII grado;<br />

6: batt. 45-65, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto,<br />

grande cadenza finale, elaborata e fiorita.<br />

Fig. 3.4.5., Canzon francesa quarta, primo soggetto.<br />

92


Canzona franzesa quinta sopra Dunque credete ch’io<br />

Il soggetto è tratto dall’omonimo mottetto di Jacob Arcadelt 308 pubblicato a<br />

Venezia nel 1539.<br />

Il rifarsi, per una composizione di genere spigliato come la canzone ad una forma<br />

dotta come il madrigale, è certamente insolito; e tanto più lo è nel caso specifico, dato il<br />

carattere schiettamente mottettistico della composizione di Arcadelt. In Trabaci,<br />

comunque, non vi è molto di più del semplice riferimento: egli mutua dalla pagina<br />

dell’autore fiammingo i temi iniziale e finale e li elabora nelle corrispondenti sezioni<br />

della canzone. 309<br />

La canzone è divisa in cinque sezioni:<br />

1: batt. 1-24, tempo imperfetto mediato, cadenza nel tono d’impianto;<br />

2: batt. 25-32, tempo perfetto mediato 3/2, cadenza nel tono d’impianto;<br />

3: batt. 33-39, tempo imperfetto mediato , cadenza sul IV grado;<br />

4: batt. 39-44, tempo perfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto;<br />

5: batt. 45-54, tempo imperfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto con leggere<br />

fioriture.<br />

Canzona franzesa sesta<br />

E’ divisa in cinque sezioni:<br />

1: batt. 1-7, tempo imperfetto mediato, soggetto con ritmo dattilico, cadenza nel tono<br />

d’impianto;<br />

2: batt. 8-24, tempo perfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul V grado;<br />

3: batt. 25-37, tempo imperfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul tono d’impianto;<br />

4: batt. 38-49, tempo perfetto mediato, soggetto della sezione 2 con contrappunto di<br />

quattro note contro una, cadenza sul tono d’impianto;<br />

5: batt. 50-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto con incipit variato,<br />

cadenza finale fiorita.<br />

Canzone franzesa settima cromatica<br />

E’ divisa in tre sezioni:<br />

1: batt. 1-33, tempo imperfetto mediato, soggetto con incipit dattilico (a) e semifrase<br />

cromatica (b); a battuta 13 il soggetto termina con una semifrase in crome (c). Le due<br />

forme del soggetto coesisteranno sino al termine della sezione; cadenza sul tono<br />

d’impianto;<br />

2: batt. 34-50, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto ottenuto con le semifrasi “b” e “c”<br />

del primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto;<br />

3: batt. 51-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto nelle due forme<br />

(a+b e a+c variato), cadenza senza particolari fioriture.<br />

308<br />

Arcadelt 1539; questo libro venne ristampato a Napoli nel 1608, 1625, 1628 e 1654, segno evidente di<br />

eccezionale fortuna.<br />

309<br />

Mischiati 1969b, vi.<br />

93


Fig. 3.4.6., Canzon franzesa settima cromatica, primo soggetto.<br />

CAPRICCI<br />

L’influenza stilistica di Giovanni de Macque è molto forte nei capricci di Trabaci:<br />

questi ultimi, tuttavia, assomigliano formalmente alle canzoni alla francese più di<br />

quanto non somigliassero i capricci di Macque, poco legati ad una organizzazione<br />

formale precisa.<br />

Capriccio sopra un sogetto solo.<br />

Molto simile al Capriccio sopra un soggetto di Giovanni de Macque 310 , ha una<br />

struttura formale analoga ad una canzone francese. E’ monotematico con il soggetto<br />

formato da due semifrasi.<br />

Fig. 3.4.7.., Capriccio sopra un sogetto solo, battuta 1.<br />

1. Batt. 1-19, tempo C, soggetto (“a” + “b”) con incipit dattilico sviluppato con<br />

entrate in stretto, inversioni e diminuzioni.<br />

2. Batt. 20-26,, tempo C. 3/2, soggetto ricavato dalla sezione “a” e controsoggetto<br />

da quella “b” con frequenti passaggi per decime parallele.<br />

3. Batt. 27-44, tempo C, soggetto (“a” + “b”) trattato analogamente alla prima<br />

sezione; la cadenza conclusiva non presenta particolari fioriture.<br />

Capriccio sopra la, fa, sol, la.<br />

Il Capriccio sopra re fa mi sol di Macque 311 è l’evidente fonte d’ispirazione di<br />

Trabaci il quale, però, struttura il suo pezzo in quattro sezioni:<br />

1. Batt 1-11, tempo 3/2, tema affidato al soprano su una struttura accordale;<br />

cadenza sul tono d’impianto fiorita.<br />

2. Batt. 12-26, tempo C, tema in semiminime, elaborazione in contrappunto<br />

imitato.<br />

3. Batt. 27-33, tempo 3/1, tema in semibrevi con continui stretti.<br />

4. Batt. 34-54, tempo C, tema in semiminime con controsoggetto in semicrome.<br />

CANTI FERMI<br />

Nella stampa del 1603 figurano quattro Canti Fermi:<br />

[…] la melodia impiegata è una delle più famose e diffuse durante il Rinascimento<br />

e il primo Barocco. Sotto le più varie denominazioni – ma più frequentemente come La<br />

Spagna, Il re di Spagna, Bassa Castiglia, Canto fermo di Costantio Festa – essa si<br />

presenta in innumerevoli fonti musicali dell’epoca. Anzi presso i cembalisti e organisti<br />

310 Cfr. Cap. 3.2, 56.<br />

311 Ibidem, 57.<br />

94


napoletani l’elaborazione di essa come ‘canto fermo’ era con tutta probabilità un esercizio<br />

obbligato: si devono infatti ricordare le composizioni basate su di essa di Rocco Rodio,<br />

Ascanio Mayone e dello stesso Trabaci nel suo Secondo Libro oltre agli esempi<br />

contrappuntistici contenuti nei trattati di Scipione Cerreto e dello stesso Rodio. 312<br />

I Canti fermi di Trabaci sono a quattro voci, una per il cantus firmus, le altre con<br />

tre soggetti che si intrecciano nello stile del ricercare;<br />

Trabaci, però, evitò la denominazione “ricercare” per queste composizioni. Per la<br />

loro differenza stilistica esse non furono inserite dopo gli altri ricercari, ma dopo le<br />

canzoni francesi e i capricci. 313<br />

I Canti fermi, lunghi 37 battute di brevi ed in tempo imperfetto mediato, sono così<br />

disposti:<br />

Canto fermo del primo tono, c.f. al Tenore;<br />

Canto fermo secondo del secondo tono, trasportato una quarta alta per b molle,<br />

c.f. al Basso;<br />

Terzo Canto fermo del nono tono, c.f. al Tenore;<br />

Canto fermo quarto del primo tono, c.f. al Canto.<br />

I quattro Canti fermi iniziano con figurazioni proprie dei ricercari ma, gradatamente,<br />

fanno la loro comparsa delle diminuzioni in valori sempre più stretti. Spesso la tessitura<br />

ed il tipo di figurazioni impediscono all’organista o al clavicembalista di tenere le note<br />

del canto fermo per tutta la loro durata; l’esecuzione all’arpa può ovviare al problema.<br />

E’ evidente la similitudine dei quattro canti fermi di Trabaci con il Recercar sopra il<br />

canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa pubblicato da Mayone nel<br />

1609 314 .<br />

GAGLIARDE<br />

Il primo libro contiene otto gagliarde. Trabaci premette alla prima la seguente<br />

avvertenza:<br />

Queste otto Gagliarde, che seguono adesso ogni una di loro<br />

se ritornerà due volte al principio insino al primo segno,<br />

& dopoi, che sarà finita, se ricomincierà à dove troverete<br />

questo segno [disegno di una mano]<br />

Le gagliarde sono prevalentemente accordali, ritmicamente marcate, ma la<br />

scrittura è sempre di tipo contrappuntistico: lo stile è sempre raffinato, affiorano<br />

figurazioni per decime parallele già udite nei ricercari e nelle canzoni, le combinazioni<br />

ritmiche non sono mai scontate. Trabaci organizza le frasi all’interno delle sezioni con<br />

grande ingegno. Le gagliarde sono tutte bipartite con ritornello; il punto in cui deve<br />

esserci la replica (indicato col disegno della mano) varia a seconda della struttura del<br />

brano 315 :<br />

Gagliarda prima: ||:A(a):|| - ||:B(b):||<br />

Gagliarda seconda: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||<br />

312<br />

Mischiati 1969b, vi. Per l’impiego del canto fermo La Spagna di Rodio, Cerreto e Mayone vedi<br />

rispettivamente i Cap. 1.2, 3. e 3.2. Ricordiamo che il primo impego della Spagna in area napoletana è di<br />

Diego Ortiz, con le sei ricercate del secondo libro del Trattado de glosas del 1553.<br />

313<br />

Fischer 1987, 275.<br />

314<br />

Cap. 3.3, 80.<br />

315<br />

Le sezioni vengono indicate con le lettere maiuscole, le frasi al loro interno con le lettere minuscole tra<br />

parentesi, la frase che deve essere replicata è sottolineata. .<br />

95


Gagliarda terza: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||<br />

Gagliarda quarta: ||:A(a):|| - ||:B(a+b):||<br />

Gagliarda quinta: ||:A(a):|| - ||:B(b):||<br />

Gagliarda sesta: ||:A(a):|| - ||:B(b+b’):||<br />

Gagliarda settima: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||<br />

Gagliarda ottava: ||:A(a):|| - ||:B(b):||<br />

Anche in pezzi formalmente semplici, Trabaci non rinuncia all’elaborazione sofisticata<br />

delle frasi; il metro ternario, tipico delle gagliarde, viene, in un singolo caso, sostituito<br />

dal tempo binario 316 .<br />

PARTITE<br />

Trabaci concepisce le partite elaborate in maniera complessa, irregolare, a volte<br />

fuorviante rispetto al “tenore” di riferimento; questo fenomeno è più marcato nelle<br />

partite pubblicate nel 1603 rispetto a quelle del 1615.<br />

Partite sopra Rugiero<br />

Trabaci si produce in quindici partite sopra Ruggiero. La prima variazione<br />

somiglia tanto all’analoga partita di Macque 317 , con il basso perfettamente distinguibile<br />

e semplici fioriture alle varie parti, le altre variazioni sono fondate ciascuna su un<br />

particolare modulo melodico; Trabaci modifica spesso il basso con rivolti e passaggi<br />

melodici da renderlo non facilmente percepibile. La sesta partita è cromatica, le partite<br />

terza, quarta, settima, ottava, duodecima, terzadecima e quintadecima sono scritte in<br />

contrappunto imitato; la terzadecima impiega una figurazione mutuata dal Capriccietto<br />

di Macque 318 ; anche la nona partita, fondata su scale di crome per moto contrario alle<br />

voci estreme, si ispira alla composizione del maestro fiammingo. Trabaci mostra di<br />

assimilare profondamente la lezione di Macque, utilizza nella stessa maniera le<br />

figurazioni già sperimentate dal maestro ma spinge al massimo l’elaborazione armonica<br />

e, allo stesso tempo, le difficoltà esecutive.<br />

Partite sopra Fedele<br />

Le partite sopra Fedele si fondano sull’alternanza tra metri ternari e binari:<br />

Partite I-II-III: tempo 3/2<br />

Partita IV: tempo C<br />

Partite V-VI: tempo 3/2<br />

Partita VII: tempo C. 3/2<br />

Partita VIII - IX: tempo 3/2<br />

Partita X: tempo C<br />

Partita XI: tempo C. 3/2<br />

Partita XII: tempo 3/2<br />

Partita XIII-XIV: tempo C. 3/2<br />

Partita XV: tempo C<br />

Partita XVI: tempo 3/2<br />

Partita XVII-XVIII: tempo C. 3/2<br />

Partita XIX: tempo C<br />

Partita XX: tempo C. 3/2.<br />

I tempi ternari sono ricchi di emiolie con continua alternanza tra due gruppi di tre<br />

minime e tre gruppi di due minime. Le partite in tempo binario sono scritte in<br />

contrappunto imitato. La partita ottava è cromatica.<br />

316 Gagliarda settima, frase c.<br />

317 Vedi le Partite sopra Ruggero , Cap. 3.1, 60.<br />

318 Vedi Cap. 3.1, 57-58.<br />

96


Nelle Partite sopra Fedele il basso fondamentale viene sottoposto a modifiche: già<br />

nella prima partita, solitamente rispettosa del basso, le note fondamentali vengono<br />

arricchite con gradi di passaggio:<br />

Gradi fondamentali di Fedele I – I – IV – III – VI – IV – V – I<br />

Armonizzazione di Trabaci I – I –II6–III–V-III-IV-V-VI-IV-V<br />

La partita decimasettima ha un interessante contrappunto in semiminime con<br />

passaggi per moto contrario che raggiungono estensioni scomode per l’esecuzione<br />

tastieristica. Ad eccezione di un trillo scritto per esteso nella partita quintadecima, non<br />

compaiono mai fioriture.<br />

TOCCATE<br />

Nelle toccate del primo libro si manifesta apertamente la filiazione stilistica di<br />

Trabaci dal suo maestro, Giovanni de Macque. Nella Toccata Prima del secondo tono<br />

e Toccata Seconda dell’ottavo tono troviamo tutti gli elementi già sperimentati dal<br />

grande organista fiammingo: esordi accordali, lunghi passaggi in crome e semicrome,<br />

trilli e diminuzioni fantasiose. Trabaci estremizza un po’ questi elementi ed indulge<br />

maggiormente nei virtuosismi. Le toccate di Trabaci sono organizzate secondo uno<br />

schema equilibrato tripartito:<br />

1. esordio accordale che si movimenta gradatamente con abbellimenti di trilli e<br />

scale;<br />

2. parte più contrappuntistica con imitazioni, figurazioni sempre di tipo brillante;<br />

3. conclusione in cui si fondono gli elementi della seconda parte più gli<br />

abbellimenti della prima.<br />

Queste sezioni si susseguono sempre senza soluzione di continuità.<br />

Molti incisi delle toccate sono delle citazioni di Macque:<br />

- imitazione di crome (Capriccietto, Cap. 3.1., 57-58)<br />

Fig. 3.4.8..: Toccata prima del secondo tono, batt. 23<br />

- arpeggio discendente (Toccata a modo di trombette, Cap. 3.1.,55)<br />

Fig. 3.4.9.: Toccata seconda ottavo tono, batt. 2<br />

97


Con le Durezze e ligature e le Consonanze stravaganti Trabaci adotta la stessa<br />

dicitura di Macque. Le Durezze hanno un andamento regolare su un ritmo di quattro<br />

minime per battuta e le voci fanno udire continuamente preparazioni e risoluzioni di<br />

dissonanze. Le Consonanze stravaganti assomigliano molto alle Durezze e ligature ma<br />

si qualificano per una maggiore libertà ritmica e la presenza di fioriture. La<br />

composizione si basa su cadenze inusitate arricchite, occasionalmente, dai ritardi:<br />

troviamo, quindi, modulazioni improvvise piuttosto che dissonanze.<br />

Trabaci aderisce completamente allo stile del suo maestro contribuendo in modo<br />

decisivo alla codificazione di questo genere di brani che verrà coltivato anche da<br />

Frescobaldi.<br />

Nelle sue Consonanze stravaganti Trabaci impiega anche la tecnica dell’inganno<br />

in una frase cromatica:<br />

Fig.3.4.10.: Consonanze stravaganti, batt. 2-3-4.<br />

Al termine della frase ascendente cromatica della voce superiore dovrebbe figurare un<br />

Re ma Trabaci applica in quel punto l’inganno del La al posto del Re.<br />

Malgrado la “stravaganza” delle modulazioni, le alterazioni sono comprese tra il Mib e<br />

il Sol#: Trabaci svilupperà i cromatismi nel 1615, con la pubblicazione del suo Secondo<br />

libro.<br />

MADRIGALI INTAVOLATI<br />

Trabaci pubblica nel 1603 una versione di Io mi son giovinetta 319 caratterizzata da<br />

uno stile molto brillante: figurazioni rapide, trilli, combinazioni simultanee alle due<br />

mani, ma, allo stesso tempo, grande fedeltà alla struttura armonica vocale originaria.<br />

Spesso è solo una parte ad essere diminuita e tutte le cadenze coincidono perfettamente;<br />

a volte Trabaci mantiene l’omoritmia delle quattro parti. Il risultato finale è molto<br />

garbato anche se, specialmente nell’ultima cadenza, Trabaci non pone alcun freno alla<br />

propria fantasia.<br />

Nel 1609 Mayone pubblicherà una versione della stessa ballata scritta in<br />

collaborazione con Montella e Stella 320 che non si discosta affatto dall’impianto di<br />

Trabaci, ma che sfoggia, specialmente alla fine, un virtuosismo più marcato.<br />

319 Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di<br />

Madrigali a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542.<br />

320 Vedi Cap 3.3., 81-82.<br />

98


3.4.2 DI GIO: MARIA TRABACI MAESTRO DELLA REAL<br />

CAPPELLA DI SUA MAESTA CATTOLICA IN NAPOLI Il secondo<br />

Libro de Ricercate, & altri varij Capricci, Con Cento Versi sopra li<br />

Otto Officij, & in ogni altra sorte d’occasione. Con due tavole, una di<br />

tutta l’Opera, & l’altra dei passi & delle cose più notabili. IN NAPOLI<br />

Nella Stamparia di Gio. Giacomo Carlino. 1615<br />

La dedica:<br />

ALL’ILLUSTRISSIMO, ET ECCELLENTISS: SIGNOR/ DON PIETRO<br />

FERNANDEZ/ DI CASTRO, CONTE/ DI LEMOS/ VICERE PER SUA MAESTA<br />

CATTOLICA/ NEL REGNO DI NAPOLI.<br />

Agli obblighi infiniti, che devo all’Eccellentissima casa/ di Castro, già che l’Eccellenza<br />

del Signor D. Francesco/ per sua generosità si degnò introdurmi della Real/ Cappella per<br />

Organista, e V. Eccell. Per sua gran-/ dezza si è degnata onorarmi del carico di Maestro/<br />

di quella, onde ogni mia riputazione, ogni gloria ri-/ conosco; Non potendo corrispondere<br />

conforme à quel, che devo, già/ che sarebbe poco effondere tutto il sangue, vengo con<br />

questo picciolo/ tributo delle mie fatiche tanti anni sono fatte sotto gli augurij dell’Ec-/<br />

cell. V. frà le quali esce hora in luce il secondo parto di miei varij Ca-/pricci intorno al<br />

sonar dell’Organo, & altri varij instromenti i quali/ per se stessi nulli, & invalidi,<br />

ricevendo vigore dall’armonia delle ra-/ re virtù dell’Eccell. V. saran così graditi al<br />

mondo, che mi recaranno/ sempre animo di voler giovare a quel che della profession della<br />

Musi-/ ca si dilettano, con far chiarissimo a tutti, che l’Eccellentissima casa di/ Castro più<br />

vero ancor che più umile servitor dè me non habbia. Degnasi V. Eccell. Ricevere il<br />

picciolo dono. Et in tanto à lei m’inchi-/ no. Di Napoli li 10. di Aprile 1615./ DI. V. E./<br />

Servitore, e minimo Creato obbligatissimo/ Gio: Maria Trabaci.<br />

Il Secondo libro non nasce, quindi, per ingraziarsi un notabile nella speranza di un<br />

buon incarico: Trabaci ha assunto l’incarico di maestro della Real Cappella appena un<br />

anno prima e sente il dovere di ringraziare pubblicamente il viceré Di Castro.<br />

Nell’avvertimento ai lettori ribadisce la necessità della disciplina nello studio già<br />

espressa nel Primo libro; ogni strumento può essere utilmente impiegato ma la<br />

preferenza di Trabaci è per il clavicembalo e l’organo 321 .<br />

A’ LETTORI<br />

Questo mio Secondo Libro de Ricercate, & altri varij Capricci del mio roz-/ zo ingegno<br />

(benegno Lettore) bastevoli per ogni Strumento, ma inspecial-/ mente per i Cimbali, e gli<br />

Organi, la quale tutto, che da ma sia stata con/ ogni diligenza composta, e chiarezza<br />

insieme, per qualunque si gradirà d’esercitar’/ le sue note; però vero è, che senza quei<br />

mezi necessarij, che si ricercano alla vivacità/ dello spirito, che l’ho data, non potranno<br />

riuscir così dilettevole, e care al mondo,/ quanto elle si convengono d’essere, & in<br />

particolar nella Musica così in cose di sonare,/ come anco di cantare, se non vi è una<br />

bellissima voce, una leggiadrissima mano, &/ un studio maturo, & particolare, & che si<br />

diano quei garbi, & quelli accenti, che/ detta Musica ricerca, facil cosa sarà, che ‘l pensier<br />

d’altrui s’indrizzi co’l mio, & con/ questo io sarò per scusato non riuscendo il fine del<br />

mio intento, il quale è stato, e stà sem-/ pre pronto per giovarli. A Dio.<br />

321 Trabaci antepone il clavicembalo all’organo; riteneva, forse, che il clavicembalo fosse il migliore<br />

strumento per la finalità didattica dell’opera; d’altro canto, i Cento Versi sono chiaramente destinati<br />

all’organo con finalità liturgica.<br />

99


RICERCARI<br />

I ricercari del 1615 sono più elaborati di quelli del 1603, particolarmente nella<br />

variazione ritmica dei soggetti unita alla tecnica degli inganni; Trabaci riesce, così, a<br />

tenere vivo l’interesse contrappuntistico ricorrendo poco alla diminuzione e quasi mai<br />

all’aumentazione; spesso il terzo soggetto (in semiminime mentre i primi due sono in<br />

minime) è l’elemento centrale dello sviluppo e prepara le entrate in stretto dei primi due<br />

soggetti. Tutti i ricercari politematici hanno la chiusa con i soggetti suonati<br />

contemporaneamente.<br />

Primo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo<br />

(duplex thema), il terzo soggetto appare al Canto battuta 10. E’ proprio il terzo soggetto<br />

l’elemento tematico più sfruttato nello sviluppo con frequenti entrate in stretto; a battuta<br />

50 Trabaci scrive Due fughe insieme in corrispondenza dell’entrata simultanea del<br />

secondo e terzo soggetto. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 63 battute di<br />

brevi.<br />

Secondo tono con tre fughe, e suoi riversi<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare<br />

nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3<br />

all’Alto come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al<br />

Tenore alla battuta 8. L’intero sviluppo del ricercare è condotto con le riesposizioni dei<br />

temi e dei loro inversi; alla battuta 60 Trabaci scrive Riverso della terza fugha. Alla fine<br />

vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto<br />

mediato; il ricercare è lungo 80 battute di brevi.<br />

Terzo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Canto, il secondo<br />

soggetto, ritmicamente molto vivace, appare alla battuta 3 al Tenore, il terzo soggetto<br />

appare all’Alto alla battuta 5. Anche se non specificato nel titolo, sono presenti inganni<br />

e riversi dei soggetti. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 65 battute di brevi.<br />

Quarto tono con tre fughe, e suoi riversi<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare<br />

nell’esposizione al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare alla battuta<br />

2 al Tenore come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al<br />

Basso alla battuta 7 e, subito dopo, all’Alto con una variante ritmica che verrà<br />

riproposta più volte nel corso del ricercare. L’inversione tematica è già presente<br />

nell’esposizione, a battuta 4 e viene marcata da Trabaci con l’indicazione Riversi della<br />

seconda fuga; ritroviamo questa indicazione trentuno battute avanti. A battuta 38 ci<br />

sono i Moti contrarij della seconda fugha al Canto con un’entrata simultanea della<br />

Seconda fuga e della Fuga principale al Basso ed al Tenore. Alla fine ci sono i contrarij<br />

della seconda fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il<br />

ricercare è lungo 74 battute di brevi.<br />

Quinto tono con quattro fughe.<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed all’Alto, il secondo soggetto<br />

appare alla battuta 5 al Canto, il terzo soggetto appare al Tenore alla battuta 6 ed il<br />

quarto soggetto al Tenore alla battuta 8. Gli inganni e le diminuzioni sono le<br />

elaborazioni tematiche predilette da Trabaci: alle battute 70-71 troviamo i due artifici<br />

impiegati contemporaneamente:<br />

100


Prima fuga<br />

Inganni della prima fuga<br />

Fig. 3.4.11.: Ricercare quinto (1615): batt. 1-2 e 70-71<br />

Alla fine vi è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato; il ricercare è lungo 75 battute di brevi.<br />

Sesto tono Cromatico con una fuga sola<br />

Il soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;<br />

Fig. 3.4.12.: Soggetto del sesto ricercare.<br />

Trabaci utilizza molti inganni indicandoli, a volte, per iscritto (batt.36, 40, 49);<br />

compaiono anche figurazioni in crome che riprendono, diminuita, la coda del soggetto.<br />

Il ricercare è in tre sezioni ritmicamente contrastanti:<br />

Batt. 1-51: tempo imperfetto mediato;<br />

Batt. 52-74: tempo perfetto mediato 3/2;<br />

Batt. 75-89: tempo imperfetto mediato.<br />

Settimo tono con tre fughe<br />

In corrispondenza delle prime sei battute del ricercare, sotto il rigo dell’Alto, vi è<br />

scritto: Luzas usa questo [disegno di una mano] in principio del suo 7. tono, Ricercar.<br />

Lib. 3. Trabaci si riferisce, forse, alla risposta del primo soggetto in parziale inversione:<br />

Fig. 3.4.13.: Ricercare del settimo tono, Batt. 1-3, Canto ed Alto.<br />

Non è possibile stabilire un confronto col ricercare del settimo tono di Luzzaschi<br />

poiché il III libro che lo conteneva non ci è pervenuto.<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, ed al Basso (variato<br />

ritmicamente); il secondo soggetto appare alla battuta 5 al Tenore, il terzo soggetto<br />

appare al Canto alla battuta 11. Come in altri ricercari, è il terzo soggetto ad essere<br />

maggiormente sfruttato nello sviluppo e, a battuta 31, Trabaci sottolinea la presenza dei<br />

Moti contrarij della terza fuga. Alla fine i tre soggetti sono esposti<br />

contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è<br />

lungo 86 battute di brevi.<br />

101


Ottavo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al Basso;<br />

il secondo soggetto appare alla battuta 4 al Tenore come controsoggetto del primo<br />

(duplex thema), il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 7. Trabaci sottolinea la<br />

presenza di Inganni della fuga principale alla batt. 44 e 71; i soggetti vengono variati<br />

ritmicamente, le diminuzioni diventano sempre più frequenti verso la fine creando forte<br />

tensione che si scioglie alla fine, con i tre soggetti esposti contemporaneamente.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di<br />

brevi.<br />

Nono tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo<br />

soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema),<br />

il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 4. In questo ricercare è maggiormente<br />

presente l’entrata simultanea dei soggetti: Trabaci sottolinea le tre fughe insieme a<br />

battuta 60. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.<br />

Decimo tono con tre fughe<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Tenore con l’incipit<br />

variato; il secondo soggetto appare alla battuta 7 all’Alto ed il terzo soggetto appare al<br />

Canto alla battuta 9. Il primo ed il terzo soggetto vengono proposti frequentemente in<br />

entrate in stretto; è sempre presente la tecnica degli inganni. Alla fine i tre soggetti sono<br />

esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il<br />

ricercare è lungo 92 battute di brevi.<br />

Undecimo tono con tre fughe<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare<br />

nell’esposizione solo al Canto, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Tenore, il<br />

terzo soggetto appare al Canto a battuta 6 contemporaneamente al secondo soggetto<br />

esposto al Basso. Il ricercare non offre particolari variazioni tematiche ad eccezione<br />

degli inganni; l’interesse dello sviluppo è tenuto vivo dalle continue entrate simultanee<br />

o in stretto. A battuta 75 Trabaci scrive Conclusione in cui appare un raro caso di<br />

aumentazione del terzo soggetto; nell’entrata simultanea finale dei tre soggetti, Trabaci<br />

annota la Prima fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato;<br />

il ricercare è lungo 79 battute di brevi.<br />

Duodecimo tono con quattro fughe<br />

Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Nell’esposizione le quattro voci<br />

entrano con un soggetto differente: Il primo soggetto è al Tenore ed al Basso, il secondo<br />

soggetto è al Canto, il terzo soggetto è all'Alto, il quarto soggetto è al Basso. I quattro<br />

soggetti sono inseriti continuamente in entrate in stretto e vengono variati quasi<br />

esclusivamente con gli inganni; il controsoggetto del primo soggetto viene utilizzato<br />

come elemento ritmico contrastante. Alla fine i quattro soggetti sono esposti<br />

contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è<br />

lungo 80 battute di brevi.<br />

Alla fine del dodicesimo ricercare Trabaci fa stampare la seguente indicazione:<br />

Il fine de i Dodici Modi naturali,<br />

& seguono appresso Cento Versi<br />

sopra li Otto Toni Ecclesiastici, co-<br />

sì chiamati, & usati da i nostri anti-<br />

chi , con conseguirli hoggi anco-<br />

ra noi.<br />

102


VERSI<br />

I Cento Versi di Trabaci riprendono e sviluppano l’idea dei Versi Spirituali sopra<br />

tutte le note, con diversi canoni spartiti per sonar negli organi, Messe, Vespere, et altri<br />

officii divini di Antonio Valente 322 . Il numero dei versi pubblicati da Trabaci è più che<br />

doppio di Valente (cento contro quarantatre) per coprire egualmente tutti i toni<br />

ecclesiastici.<br />

La Premessa di pag.41 è molto interessante:<br />

ALLI LETTORI<br />

Essendo stato importunato da’ miei amici, ch’io mandassi nelle stampe questo se-/ condo<br />

libro di Ricercate, ed altri varij capricci del mio rozzo ingegno, m’è parso/ bene, per<br />

giovare al mondo, ed à chi fa professione d’Organista, accompagnare à que-/ ste ricercate<br />

Cento versi sopra gli otto Toni Ecclesiastici, per risponder alle Messe, Ve-/ speri, tutti<br />

Divini Officij; ed in ogni altra sorte d’occasione, e l’ho scritte in quell’or-/ dine, si come<br />

stanno le mie prime Ricercate stampate./ M’occorre (benigno Lettore) dichiarare un dubio<br />

sopra questi Cento versi, e di tut-/ ta quest’Opera. (esclusi però i Dodici modi naturali di<br />

questo presente mio libro) vi/ sono hoggi al mondo molti della professione, quali credo<br />

non siano bene informati,/ ò per dir meglio, non si ricordino (salvo però i buoni) che<br />

parlando delli Dodici modi naturali, e precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici, li<br />

nostri antichi gli hanno messo in uso, e ne hanno serviti di quella medesima maniera/ che<br />

oggidì noi stessi ce se serviamo, nulla di meno noi sappiamo, che questi Dodici Toni son<br />

fondati sopra que-/ ste sei Corde. D. E. F. G. A. C. e questa divisione sopra una Corda far<br />

Primo, e Secondo, e dare il temine a det-/ ti Toni, che nel Canto figurato non passino<br />

venti, o ventidue voci al più non è fatto per altro, se non solo per co-/ modità di quanto<br />

può salire, e scendere la voce humana; ma se noi trattiamo in cose da sonare, godemo<br />

mol-/ te licenze più larghe che non habbiamo in cose da cantare. Per esempio; Io farò una<br />

Cantilena per un Cimbalo,/ ò concerto di Violini, o d’altri instromenti i quali ricercano<br />

una Musica di Consonanze lontane per lo effet-/ to dell’orecchio questa Cantilena la farò<br />

non solamente ventidue voci, ma Cinquanta, se mi sara necessario, e/ secondo l’occasione<br />

che mi trasporta, e la scriverò con quelle chiavi si come più comodo mi torna, non/ per<br />

questo s’ha da notare, e dire ch’eschi fuori di Tono, e che L’ottavo in caminar tanto in<br />

alto diventi settimo,/ e che il Terzo diventi nono, e che il Primo bisognava scriverlo con<br />

queste, e con quell’altre chiavi, questa è/ regola di prima scuola, e questo avvertimento, e<br />

sottigliezza si dee tenere in un Motetto, in un Madrigale, e parti-/ colarmente in una<br />

Ricercata scritta, come potrete veder’ in questi Dodici modi del presente mio Libro, ove<br />

co-/ sì nella Composizione, come anco nell’ordine vi s’è riguardato molto chiaro, e<br />

distintamente, ma in questa ma-/ teria di Versetti, ò Fioretti (come dimandargli vogliamo)<br />

ò in una Toccata non si dee riguardar che scenda, ò che saglia più del ordinario, mi basta<br />

ch’io non eschi/ fuor di Tono, e vi lasci in Tono; ma già che la Natura artefice di tutte le<br />

cose humane non che inventri-/ ce, e maestra di quella con si bell’ordine hà trovato un<br />

istromento di tanto valore, com’e il Cimbalo composto/ di tanti tasti, se non fosse stato al<br />

proposito non l’havrebbe prodotto, ed inventato, ond io dovea, e poteva in/ questa sorte<br />

d’occasione avalermene, come già ho fatto. A Dio.<br />

------------------------------------------------------------------------------------------------------------<br />

Per non scrivere il Trillo sempre disteso dove si ritroverà questa lettera. T. si fara il Trillo,<br />

& la Riditta./ Et tutti quelli versi che stanno con lo Circolo tagliato si soneranno in Battuta<br />

stretta, già che dove biso-/ gna ritovarete l’aviso.<br />

I versi, analogamente a Valente, possono essere suonati in qualunque ufficio<br />

liturgico prestando attenzione solo alla scelta del tono 323 : sono dei brani piccoli, ma<br />

322<br />

Valente 1580; vedi Cap. 1.2.<br />

323<br />

Per tale motivo Trabaci compone i versi interamente di fantasia, senza attingere a melodie liturgiche<br />

preesistenti.<br />

103


compiuti, sono dei fioretti, appellativo ripreso nel 1635 da Frescobaldi con i suoi Fiori<br />

musicali. Trabaci distingue chiaramente tra gli otto toni ecclesiastici (le cui estensioni<br />

sono fondate sulle otto note finali del repertorio gregoriano) ed i dodici modi<br />

organizzati secondo il criterio di Glareano 324 (…parlando delli Dodici modi naturali, e<br />

precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici…). In più, Trabaci dichiara che nella musica<br />

strumentale moderna non si devono interpretare le estensioni dei toni in maniera<br />

vincolante, con regola di prima scuola, poiché le estensioni degli strumenti sono di<br />

gran lunga superiori agli ambiti vocali su cui erano basati i toni .<br />

Si riporta sotto una tabella che riassume le note finali impiegate da Trabaci nelle<br />

due serie di ricercari e nei versi.<br />

Fig. 3.4.14: note finali impiegate da Trabaci nei ricercari e nei versi.<br />

Trabaci destina dodici versi per ciascun tono ad eccezione dell’ottavo che ne ha sedici.<br />

Possiamo distinguere quattro tipi di versi:<br />

1. Versi–intonazione, con inizio accordale e successive fioriture di tipo<br />

toccatistico.<br />

2. Versi imitativi, rigorosamente contrappuntistici, con un breve soggetto imitato in<br />

tutte le quattro parti.<br />

3. Versi con temi cromatici, miniature del ricercare del Sesto tono Cromatico con<br />

una fuga sola.<br />

4. Versi Con Quattro Parte in Canone.<br />

Trabaci scrive anche delle indicazioni accessorie utili all’interpretazione del verso:<br />

- Allarga la battuta in finale di verso (verso nono del primo tono, verso quarto e<br />

decimo del secondo tono, verso quinto del quarto tono, verso secondo del quinto tono,<br />

verso secondo del settimo tono, verso decimo del settimo tono, verso settimo dell’ottavo<br />

tono).<br />

- In battuta stretta all’inizio del verso, con tempo imperfetto mediato (verso duodecimo<br />

& ultimo del terzo tono, verso secondo del quarto tono, verso secondo del sesto tono,<br />

verso quinto dell’ottavo tono [cromatico]).<br />

I versi del settimo tono sono preceduti da un’ulteriore premessa, a pag 70:<br />

A’ LETTORI<br />

In questo Settimo Tono (benigno Lettore) non hò voluto servirmi delli Otto finali<br />

Ecclesia-/stici, l’havrei scritti in G. conforme il Settimo Tono, che stà in queste presente<br />

miei (sic) Ricer-/cate. Ma già che in questi Versi seguita l’Ottavo Tono con l’istesso<br />

finale di G. & nell’istessa/ corda se ritrova ancora il Secondo Tono, mi hà parso bene per<br />

variar corda, scrivere questo Set-/timo Tono in un’altra maniera: mi potrai dir, benigno<br />

Lettore, che per variar corda si poteva/ fare il suo finale in D. per b. & quello è vero finale<br />

delli Otto Toni Ecclesiastici, & così lo scrive/ in certi suoi versi intavolate Claudio da<br />

Corregio, & altri Autori antichi: Ma non mi hò voluto/ io servire dell’uno, ne dell’altro,<br />

perché avendo fatto il suo finale in D,sol,re, saria stato l’istessa/ corda del Primo Tono:<br />

ma in questo Settimo Tono hò voluto fare il suo fine in C, sol,fa,ut, dove è/ vero finale del<br />

324 Glareano nel Dodekachordon (Basilea, 1547) ha aggiunto agli otto originali due modi a partire dal la<br />

e due a partire dal do, chiamati rispettivamente Eolio, Ipoeolio, Ionico ed Ipoionico; tale teoria venne<br />

accolta da Andrea Gabrieli nei suoi ricercari pubblicati postumi a Venezia nel 1587 e 1589. Anche Pietro<br />

Cerone (Melopeo y maestro, 1613) distingue tra gli otto toni del canto gregoriano (Libro III) ed i dodici<br />

toni della musica polifonica (Libro XVI)<br />

104


Settimo Tono delli Dodici modi finti, si bene quello si scrive co’l mezzo del b./ io l’hò<br />

scritto co’l mezo del [b quadro] dove è ancora Settimo Tono Naturale; ma una quinta più<br />

bassa, e/ l’hò scritto di questa maniera per causa, che mentre questi Versi io l’hò fatti per<br />

rispondere à/ Messe à Vespere, & in tutti i Divini Officij, & imparticolare (sic) questo<br />

Settimo Tono serve nella Glo-/ria della Messa della Madonna: Ma per concludere il<br />

nostro ragionamento, sappia, che tutti i/ Toni si possono trasportare in tutti quei luochi<br />

dove si ritrova la loro specie della Diapente, & Dia-/tesaron, & questo lo scrive Oratio<br />

Tigri lib. 3. Cap. 30. & nell’istesso libro à Cap. 5. ne fa inven-/zione Marco Padoano.<br />

Stati sano.<br />

Trabaci vuole variare, quindi, la finale del settimo tono (Sol) per non farla<br />

coincidere con le finali dell’ottavo e del secondo tono; non trasporta il tono, tuttavia, al<br />

Re per b molle (come ha fatto Claudio Merulo) ma in Do che è la finale del Settimo<br />

tono finto. Avrebbe dovuto impiegare il b molle ma preferisce trasportare il tono alla<br />

quinta bassa senza armatura in chiave. Sarebbe, questa, l’intonazione migliore per il<br />

Gloria della Messa della Madonna. Come giustificazione per la cadenza in Do viene<br />

citato una passo dal Compendio della musica di Orazio Tigrini 325 : tutti i Toni si possono<br />

trasportare in tutti quei luochi dove si ritrova la loro specie della Diapente, &<br />

Diatesaron. 326<br />

TOCCATE<br />

Le toccate del secondo libro testimoniano la maturità artistica di Trabaci, deciso ad<br />

esplorare via nuove e, soprattutto, meno legato allo stile di Giovanni de Macque.<br />

Sia la Toccata prima a Quattro che la Toccata seconda, & ligature per l’Arpa<br />

impiegano l’organizzazione tripartita già riscontrata nel primo libro. La toccata seconda<br />

per l’arpa raggiunge in certi punti grande estensione tra le voci estreme. Benché il titolo<br />

richiami le tecnica dei ritardi dissonanti, la toccata procede più nello stile delle<br />

consonanze stravaganti.<br />

La Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico è preceduta da una<br />

fra le avvertenze più importanti del Secondo libro:<br />

In questa materia del Cimbalo Cromatico mi è venuta occasione in alcune parti fare certi<br />

Semitonij con/ sei piedi e questo l’ho fatto per dare certe Terze maggiore sopra D.<br />

semitonato, ch’è secondo la mia inten-/zione, che mi è occorsa non ho possuto (sic!), ne<br />

ho voluto far di meno; ma sappia (benigno lettore) che queste Cor-/de nel Cimbalo<br />

Cromatico non si ritrovano; ma si bene dell’Armonico li troverete, e neanco ne’ Cinque<br />

ri-/ghi si possono scrivere, perché avendo io da G. semitonato calar un mezo Tono. Se io<br />

segnava di questa/ maniera [es. 1] è un tono giusto, Segnandola di quest’altra maniera [es.<br />

2] è più di un mezo tono./ Ma di quest’altro modo [es. 3] è scarza, & come che nel<br />

Cimbalo Croma-/tico, ò in armonico ogni corda, & ogni segno ha il suo distinto effetto,<br />

e/ non sta bene che in una occasione volendosi servire de un b & poi in un’altra di quella<br />

stessa/ corda servirsi per semitonio, questa è Raggion falsa, e chi la scrive non sta bene;<br />

tanto, che bisogna per for-/za per calar questo mezo Tono, essendo segno novo mi ho<br />

voluto servire di alcune figure dell’istessa Musica/ signarlo di questa maniera [es. 4] &<br />

non volendo segnare sei piedi, & acciò, che sia-/no intese queste Corde in Armoniche<br />

bisognaria fare dette note Gialle, ò ros-/se, che noteriano i Tasti del Cimbalo in<br />

Armonico, che essendo l’Armonico due/ Come più alto della prima Tastiatura Cromatica<br />

con dare a dette note i segni giusti, anderiano benissime/ i Terze Maggiori, e Minori: ma<br />

per non confondere la mente del Lettore farò fine in questo capo, & mi basta/ essere<br />

inteso solo quel che à me bisogna, & in questa Toccata per una, o due corde, che<br />

325 Tigrini 1588.<br />

326 Benché la teoria rinascimentale ammettesse il trasporto dei toni in qualunque grado mediante l’uso<br />

delle relative chiavi, tale uso si limitò alla quarta o quinta superiore ed inferiore.<br />

105


mancassero, tutte/ quelle terze, che non si ponno far Maggiore si facciano Minore, già che<br />

non sono Cadenze finale.<br />

Esempio 1:<br />

Esempio 2:<br />

Esempio 3:<br />

Esempio 4:<br />

Trabaci avverte che alcune note indicate in partitura (il Fa##, terza maggiore sopra<br />

il Re#) non si trovano nel clavicembalo cromatico (con l’ottava divisa in 19 note) ma, al<br />

tempo stesso, non incoraggia l’esecuzione del brano su una strumento con tastiera più<br />

frazionata, ad esempio, un archicembalo con l’ottava divisa in 31 note. Trabaci<br />

conosceva gli strumenti costruiti da Padre Stella e da Fabio Colonna 327 , ne è conferma<br />

l’allusione ai colori giallo e rosso degli “ordini enarmonici” dello strumento di Stella:<br />

con l’avvertenza alla Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico Trabaci<br />

dimostra di essere al corrente degli studi condotti sugli intervalli cromatici ed<br />

enarmonici ma, al tempo stesso, si mantiene abbastanza estraneo ad essi: se questa<br />

estraneità fosse volontaria o forzata, non siamo in grado attualmente di stabilirlo.<br />

La Toccata terza & ricercar esordisce in maniera analoga alle altre toccate con<br />

accordi che vengono progressivamente arricchiti da fioriture e trilli. A battuta 28 inizia<br />

la sezione contrappuntistica che si trasforma gradatamente in ricercare; il primo<br />

soggetto, cromatico, appare al Basso a battuta 32; sei battute più avanti, sempre al Basso<br />

entra il secondo soggetto;il terzo appare a battuta 42 al Canto.Il ricercare procede<br />

attraverso consonanze stravaganti toccando molte tonalità coi diesis; a battuta 78 appare<br />

un quarto soggetto cromatico discendente cui è affidata la conclusione del ricercare. La<br />

cadenza finale è composta con l’entrata in stretto alle quattro voci del quarto soggetto.<br />

La Toccata Quarta a Cinque è l’unica toccata composta in area napoletana a<br />

cinque voci. Essa è uniforme nella struttura: all’esordio accordale segue subito una<br />

successione di scale, trilli in semicrome alternativamente in una delle cinque voci; dalla<br />

battuta 24 la scrittura diventa più fitta perché tutte le voci muovono per crome o<br />

semicrome concludendo senza fioriture.<br />

327 Vedi Cap.3.<br />

106


CANONI SU CANTO FERMO<br />

I due ricercari sopra il Tenor di Constantio Festa sono un ulteriore elemento della<br />

sfida tra Mayone e Trabaci. Trabaci inizia nel 1603 con i quattro Canti fermi,<br />

contrappunti su cantus firmus; Mayone risponde nel 1609 con i due ricercari sopra il<br />

tenore di Costanzo Festa nel 1609, politematici, più elaborati dei Canti fermi; Trabaci<br />

prosegue la gara con questi due ricercari (specificando, stavolta, il nome di Costanzo<br />

Festa) ed innalzando la difficoltà compositiva: due ricercari sopra il canto fermo con le<br />

altre parti in canone. Trabaci scrive nel titolo il procedimento adottato:<br />

1. Ricercar sopra il Tenor de Constantio festa à 4 con due parte in Canone senza<br />

regola.<br />

2. Sopra il stesso Canto fermo à 5 con Tre Parte in Canone senza Regola. Ma per<br />

forza di contrapunto.<br />

I canoni sono condotti con rigore, le cadenze (con inganni o nello stile delle Durezze e<br />

Ligature) intervengono ogni 8 – 10 battute ma non interrompono il flusso musicale; sia<br />

nel primo che nel secondo ricercare, Trabaci si riserva una parte libera che gli consente<br />

di dare un valore musicale alle composizioni agevolando la realizzazione delle cadenze.<br />

Dal punto di vista tecnico il risultato è eccezionale ma a prezzo di sofferenze per<br />

l’esecutore: le lunghe note del canto fermo, i continui incroci delle parti in canone e<br />

l’estensione delle voci, rendono i ricercari, specialmente il secondo, molto difficili da<br />

eseguire. L’autore stesso specifica, con una chiosa alla fine del secondo ricercare<br />

canonico, che<br />

Se non fusse per l’obligo del canto fermo si potria fare assai di miglior garbo.<br />

GAGLIARDE<br />

Le gagliarde del secondo libro, analogamente al primo, sono precedute da<br />

un’avvertenza:<br />

Ogni una di queste gagliarde se ritornerà due volte al principio in sino al primo<br />

segno. Et dopoi finite se replicarà da questo segno [disegno di una mano]. Et tutte quelle<br />

Gagliarde, che ritroverete à 4 stanno benissimo come stanno adesso.Ma volendosi sonare<br />

à Cinque con le viole, ò Concerto di Viole, la Quinta parte di tutte queste gagliarde à 4 stà<br />

nella fine del presente Libro, già che è parte agiunta dopoi, senza guastare le Quattro<br />

parte.<br />

L’alternativa dell’esecuzione di gagliarde e canzoni alla francese con il concerto di<br />

viole, frequente nella scuola napoletana, verrà proposta anche nelle canzoni di Giovanni<br />

Salvatore 328 e di Gregorio Strozzi 329 . A differenza di quest’ultimi, Trabaci sembra voler<br />

sottolineare una certa differenza tra l’esecuzione alla tastiera e con gli strumenti ad arco.<br />

Non è chiaro se l’opportunità dell’esecuzione a cinque parti delle gagliarde con le<br />

aggiunte a fine libro 330 sia esclusiva del concerto di viole; d’altra parte, cinque delle<br />

nove gagliarde sono in partenza scritte a cinque voci e non vi è alcuna indicazione che<br />

ne sconsigli l’esecuzione alla tastiera. Dopo l’ultima gagliarda vi è, a pag. 114, la<br />

Canzona Francese à 4, la qual Canzona stà stampata nel primo libro de miei Ricercate,<br />

ma qui stà bene in ordinata per concerto de Viole ad Arco, ò Violini.<br />

Questa versione presenta delle significative differenze rispetto alla versione del<br />

primo libro, particolarmente nell’ articolazione delle sezioni e nelle fioriture: la scrittura<br />

328<br />

Cap. 5.1<br />

329<br />

Cap. 5.3.<br />

330<br />

Le quinte parti delle gagliarde “Galluccio”, “Talianella” e “Moregnina” si trovano a pag. 132, l’ultima<br />

del secondo libro.<br />

107


è più omoritmica, gli intrecci delle parti sono più semplici e non c’è la cadenza finale<br />

complessa ed articolata.<br />

Le gagliarde del secondo libro hanno tutte un titolo:<br />

1. Gagliarda Prima à 4 detto il Galluccio.<br />

2. Gagliarda Seconda à 4 detta la Morosetta.<br />

3. Gagliarda Terza à 4 detta la Talianella.<br />

4. Gagliarda Quarta à 4 detta la Morenigna.<br />

5. Gagliarda Prima à 5 detta la Galante.<br />

6. Gagliarda Seconda à 5 detta la Scabrosetta.<br />

7. Gagliarda Terza à 5 sopra la Mantoana.<br />

8. Gagliarda Quarta à 5 alla Spagnola.<br />

9. Gagliarda Quinta Cromatica à cinque detta la Trabacina.<br />

Le gagliarde del secondo libro sono più raffinate rispetto al primo; prevale il<br />

contrappunto imitato e le sezioni accordali fungono da elemento di contrasto come nelle<br />

canzoni alla francese. La somiglianza con le canzoni è confermata dalla presenza di<br />

temi in ritmo dattilico all’esordio e dall’uso frequente dei tempi binari; lo stile della<br />

gagliarda è mantenuto nelle concatenazioni armoniche, con le tipiche cadenze (IV – V –<br />

I) e le progressioni. L’autore ha voluto pure inserire una gagliarda cromatica dandole il<br />

proprio nome: la Trabacina. In questo brano alcune progressioni terminano su accordi<br />

con il La# o il Re#, note presenti solo dei clavicembali cromatici; se si disponeva di un<br />

normale clavicembalo con 12 tasti per ottava, è probabile che si impiegasse un<br />

temperamento equabile proprio come affermerà, all’inizio del XVIII secolo, Domenico<br />

Scorpione 331 . D’altro canto sembra poco probabile che i violisti sapessero differenziare<br />

un La# dal Sib con la stessa precisione di un clavicembalo cromatico.<br />

PARTITE<br />

L’unica serie di partite del secondo libro sono introdotte dalla seguente<br />

dichiarazione:<br />

Partite artificiose sopra il Tenor de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa,<br />

haver-/tendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa,<br />

non per questo si/ soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti<br />

del mondo, & in lei si/ possono sonare ogni cosa con facilità<br />

Trabaci pone il clavicembalo in posizione di privilegio rispetto agli altri<br />

strumenti: si trova, quindi, sulla linea di pensiero di Cerone 332 piuttosto che di<br />

Cerreto 333 . Le partite sono, comunque, approportionate per l’Arpa: prima di Trabaci,<br />

nel 1609, Mayone aveva destinato all’arpa il secondo ricercare sopra il canto fermo<br />

di Costantio Festa; Gregorio Strozzi 334 indicherà l’arpa nella sonata di Basso solo<br />

Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem pubblicata nel 1683 e la<br />

Romanesca con partite pubblicata nel 1687.<br />

Paragonando le partite sopra Zefiro con Ruggero e Fedele del 1603, notiamo<br />

che il basso viene presentato senza alterazioni in quasi tutte le variazioni. La prima<br />

partita esordisce con accordi per proseguire, poi, in rigoroso contrappunto; anche le<br />

partite terza, quarta, quinta sono in contrappunto imitato. La partita decima è un<br />

piccolo ricercare con due fughe, la prima delle quali è l’incipit del basso di Zefiro; la<br />

331 Vedi Cap. 1, 3-4.<br />

332 Cerone 1613, , cfr. Cap.3., 49.<br />

333 Cerreto 1601, cfr. Cap 3., 49.<br />

334 Vedi Cap. 5.3.<br />

108


Partita Duodecima, & ultima con due parti in Canone senza regola conclude la serie<br />

con uno sfoggio di erudizione contrappuntistica. Trabaci è l’unico compositore<br />

napoletano ad introdurre esplicitamente degli artifici contrappuntistici nelle partite<br />

sopra tenori: il canone si svolge nelle due voci superiori, il Tenore è l’unica parte<br />

libera mentre il Basso si concede qualche variazione rispetto alle altre partite.<br />

L’impiego dell’arpa è indicato nelle partite seconda, ottava, nona ed undecima. Nella<br />

seconda ed ottava vi è un ininterrotto flusso di crome che si alterna nelle varie parti,<br />

reminiscenza della quinta partita sopra Ruggero di Macque; la partita nona è<br />

caratterizzata dalla costante presenza di quattro semiminime per battuta, con una<br />

predilezione per le decime parallele; la partita undecima è composta sopra la cellula<br />

ritmica di croma e due semicrome, figurazione molto brillante e leggera<br />

particolarmente adatta all’esecuzione arpistica.<br />

MADRIGALI INTAVOLATI<br />

Ancidetemi pur, Per l’Arpa di Arcadelt 335 è il madrigale prescelto da Trabaci per<br />

concludere il suo secondo libro. Nel primo libro abbiamo notato un certo autocontrollo<br />

nell’elaborazione di Io mi son giovinetta. Nel secondo libro, invece, Trabaci dà fondo a<br />

tutta la fantasia di compositore ed a tutto il virtuosismo di esecutore. Trabaci sembra<br />

voglia metter in ombra il lavoro di Mayone: tutte le frasi sono sviluppate con più<br />

virtuosismo; ad eccezione della prima battuta, non c’è mai un solo passaggio accordale,<br />

le figurazioni in biscrome raggiungono i limiti tecnici di esecuzione, vi sono lunghi trilli<br />

ad una mano mentre l’altra ha delle diminuzioni. Trabaci stesso indica all’inizio che<br />

Questo madrigale particolarmente si sonerà in Battuta larga.<br />

Dopo Trabaci, Frescobaldi e Strozzi pubblicheranno una loro versione di<br />

Ancidetemi pur, senza mai superare Trabaci nel puro virtuosismo.<br />

335 Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt.<br />

109


4. LA MUSICA PER ORGANO E CLAVICEMBALO IN SICILIA<br />

NEL XVII SECOLO<br />

Il regno di Filippo III (1598-1621) fu un periodo di eccezionali difficoltà<br />

economiche per la Sicilia perché si venivano altrove sviluppando delle nuove vie<br />

commerciali che rivaleggiavano con quelle del Mediterraneo. Il commercio siciliano fu<br />

anche penalizzato dalla penuria di moneta; il prezzo dei terreni agricoli era triplicato e<br />

gran parte di essi erano finiti nella mani di pochi nobili ma anche il ceto aristocratico si<br />

era indebitato fortemente. Nel 1611 il viceré, il duca di Ossuna, usò la mano forte per<br />

invertire la tendenza negativa: poco tollerante verso i privilegi locali, si impegnò in un<br />

profondo risanamento economico anche se continuamente osteggiato degli aristocratici.<br />

Riuscì a migliorare la situazione economica generale ma quando, nel 1618, cominciò la<br />

guerra dei Trent’anni, fu chiesto alla Sicilia di contribuire alla causa degli Asburgo e<br />

proprio questo fatto, alla fine, annullò tutti i risultati conseguiti da Ossuna. Nell’ultimo<br />

decennio della guerra dei Trent’anni si aggravò la crisi politica ed economica in Sicilia.<br />

Il viceré, marchese de Los Velez, era un mediocre uomo politico per nulla capace ad<br />

affrontare una situazione così difficile. Il malcontento popolare sfocerà in una violenta<br />

rivolta a Palermo nel 1647 (in concomitanza con Napoli) cui farà seguito quella di<br />

Messina del 1674. 336<br />

[…] La Sicilia della fine del Cinquecento e della prima metà del Seicento si presenta<br />

apparentemente, solo apparentemente, come un centro musicale quasi autonomo e<br />

indipendente da quello partenopeo: si ricordi la grande considerazione in cui a Napoli era<br />

tenuto Pietro Vinci […]La Sicilia, anzi, appare capace di attirare musicisti regnicoli, in<br />

particolare calabresi. Dalla Calabria, infatti, vennero in Sicilia Giandomenico La<br />

Martoretta e Achille Falcone; mentre altri, pur non risultando attivi nell’isola, stamparono<br />

loro opere presso editori siciliani (es.: Giovanni Maria Papalia a Messina). Nella seconda<br />

metà del Seicento figurano attivi in Sicilia altri due musicisti calabresi: Michelangelo<br />

Falsetti e Domenico Scorpione (quest’ultimo, però, proveniente da Bologna e Roma).<br />

Appare sorprendente che fra i tanti musicisti venuti in Sicilia da altre regioni del centro e<br />

del nord Italia attratti dal prestigio delle istituzioni musicali dell’isola, soprattutto quelle<br />

di Palermo e Messina (basterà ricordare, tra questi – oltre lo spagnolo Sebastiano Raval e<br />

il borgognone Claudio Pari . Eliseo Ghibellino di Osimo, Giulio Scala di Siena, Giovan<br />

Battista Fasolo di Asti, Bartolomeo Montalbano di Bologna, i romani Vincenzo Tozzi e<br />

Paolo Lorenzani, Francesco Maria Stiava da Lucca, nonché Giovanni Antonio Pandolfi<br />

Mealli di Montepulciano, ma proveniente nientemeno che dalla cappella arciducale di<br />

Innsbruck, e quel Bernardo Storace di incerta origine), appare sorprendente, dicevo, che<br />

in Sicilia non figuri attivo in cariche di prestigio alcun musicista partenopeo. 337<br />

L’editoria siciliana vive un momento felice nei primi due decenni del XVII secolo,<br />

i musicisti locali non ricorrono quasi del tutto più agli editori veneziani 338 ma, a partire<br />

dal 1620, inizia un lento ma costante declino. La Real Cappella Palatina di Palermo<br />

accusa una situazione difficile: a Sebastiano Raval, maestro di cappella tra il 1595 e il<br />

1604, ed a Vincenzo Gallo, maestro tra il 1604 e il 1624, non succedono più musicisti<br />

di alto profilo artistico.<br />

336 Mack Smith 1983, 250-265.<br />

337 Donato 1987, 575-576.<br />

338 Prima del 1588, in assenza di editori locali, i musicisti siciliani stampavano le loro opere quasi<br />

esclusivamente a Venezia (Cfr. Donato 1987, 569-573).<br />

110


L’epoca non è certo tra le più floride per la musica sacra; in particolare poi la nostra<br />

Cappella è da considerare in decadenza: i musici son pochi e poco zelanti; i salari, dati i<br />

tempi, sono scarsi. 339<br />

La cappella del duomo di Messina, fondata nel 1558, non poteva vantare la tradizione<br />

musicale della Real Cappella Palatina di Palermo, fondata nel 1132 da Ruggero II 340 ,<br />

ma il confronto con la capitale del viceregno servì da stimolo affinché Messina<br />

mostrasse un alto livello anche sotto l’aspetto musicale.<br />

[…]La cappella messinese, pur non essendo certo una grossa cappella musicale, tuttavia<br />

non si può definire semplicisticamente come una normale cappella di provincia. Il senato<br />

messinese, del resto, cercò sempre di mantenerla ad un livello artistico di notevole<br />

prestigio. Solo così, infatti, si spiega la continua ricerca sul mercato musicale italiano e<br />

straniero di abili musicisti, capaci di conferirle quel prestigio del quale una città come<br />

Messina, sempre desiderosa di maggiori autonomie politiche ed in perenne concorrenza<br />

con la capitale dell’isola, aveva strettamente bisogno. Non per nulla lo stesso viceré conte<br />

di Santo Stefano nel 1679, subito dopo la repressione della rivolta antispagnola, dovette<br />

ufficialmente riconoscere che la musica, ed in particolare la cappella musicale del duomo<br />

era “alimento” necessario ed insopprimibile della città di Messina. 341<br />

La somma di denaro disponibile per la cappella musicale, tuttavia, venne ridimensionata<br />

a seguito del fallimento della rivolta antispagnola e rimase invariata almeno fino al<br />

1722. In questi anni fu maestro di cappella il frate conventuale di origine calabrese<br />

Domenico Scorpione 342<br />

Nel XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per organo e<br />

clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita: i Canoni, Oblighi<br />

et Sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella pubblicati a Palermo nel 1641 da<br />

Gioanpietro del Buono 343 musicista napoletano trasferitosi a Palermo al servizio di don<br />

Luigi Gaetani principe del Cassaro; l’ Annuale che contiene tutto quello, che deve far un<br />

Organista, per risponder al Choro tutto l’Anno pubblicato a Venezia nel 1645 da<br />

Giovan Battista Fasolo 344 , frate francescano dell’ordine dei minori conventuali, nato ad<br />

Asti e trasferitosi in Sicilia prima del 1659; la Selva di varie compositioni<br />

d’intavolatura per cimbalo et organo pubblicate nel 1664 a Venezia da Bernardo<br />

Storace 345 , a quel tempo vice maestro della cappella del duomo di Messina, ma di cui si<br />

sconoscono altri dati biografici.<br />

339 Tiby 1952, 190.<br />

340 Ibidem, 179.<br />

341 Donato 1988, 163.<br />

342 Cfr Cap 1., 3-4.<br />

343 Cap. 4.1<br />

344 Cap. 4.2.<br />

345 Cap. 4.3.<br />

111


4.1 GIOANPIETRO DEL BUONO<br />

Solo un’opera di Gioanpietro Del Buono è giunta ai nostri giorni: Canoni, oblighi e<br />

sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella, a 3.4.5.6.7 et 8 voci, e le sonate a 4. Ecco<br />

il frontespizio:<br />

La dedica:<br />

C A N O N I<br />

O B L I GH I , E T S O N A T E<br />

I N V A R I E M A N I E R E<br />

SOPRA L’AVE MARIS STELLA<br />

D I<br />

G I O A N P I E T R O<br />

D E L B U O N O<br />

A TRE, QUATTRO, CINQUE, SEI, SETTE, ET OTTO VOCI,<br />

E LE SONATE A QUATTRO<br />

[Stemma]<br />

IN PALERMO, Appresso Ant. Martarello, & Santo d’Angelo<br />

Impr. Abbas Gelosus Vic. Gen. Impr.de Denti P.<br />

A L S I G N O R<br />

GIO. AMBROSIO<br />

S C R I B A N I<br />

Persuaso non dal mio genio, ma dalle instanze d’amici a publicare queste mie<br />

compositioni, adherisco al loro sentimento. Le dedico però à V.S. perche à lei sola l’hò<br />

destinate in ossequio delle sue virtù, e in testimonio della mia osservanza; e perch’ella più<br />

112


volte s’è compiacciuta d’applauderle col suo affetto per honorarle, godano tuttavia il<br />

privilegio de’ suoi favori, accettandole come tributo della mia devozione, ond’è<br />

contrassegnata la memoria de gl’obblighi che le professo, & a V. S. con vero affetto<br />

riverisco con baciarle le mani, da Palermo li 20 d’Aprile 1641.<br />

Di V.S.<br />

Affettionatissimo Servitore<br />

113<br />

Gio. Pietro del Buono<br />

Giovanni Ambrosio Scrivani era un facoltoso nobiluomo genovese il quale,<br />

trasferitosi in Sicilia, svolgeva l’attività di banchiere prestando grosse somme di denaro<br />

alla corte regia 346 . Sia il frontespizio che la dedica sono avari di notizie biografiche;<br />

La qualifica di “palermitano” attribuitagli dai compilatori del catalogo Gaspari manca<br />

invero sul manoscritto bolognese, nel quale furon messi in partitura tutti i suoi canoni ed<br />

obblighi 347 .<br />

Antonio La Greca, nel dedicare a don Luigi Gaetani principe del Cassaro e<br />

marchese di Sortino la sua Armonia sacra di vari mottetti 348 , scrive che<br />

[…]i cultori della musica trovarono sempre fortunato alloggio appo i suoi progenitori; e<br />

fra gli altri quel cigno di Sebeto, don Gio. Pietro del Buono, che lasciando l’onde di<br />

questo venne a fabbricarsi il nido nel Parnaso della sua casa. Questi, non iscordatosi della<br />

proprietà del Buono, onde nomatasi, incominciò a diffonder se stesso e communicar la<br />

virtù che fino alle stelle, e lasciando di sé ben degna memoria, sarà per eternarla, attesa la<br />

magnificenza del luogo, ove lungamente glorioso ne visse. 349<br />

Il Sebeto è il fiume, oggi coperto, che passa per Napoli: l’appellativo di cigno del<br />

Sebeto indica, così, che Del Buono fosse napoletano di nascita e palermitano<br />

d’adozione.<br />

Le avvertenze sono ricche di informazioni:<br />

A I B E N E G N I L E T T O R I<br />

Mando in luce queste mie opere di Canoni, Obblighi, e Sonate sopra il Canto fermo<br />

dell’Ave Maris Stella, ove benche così eminentemente, e con tanto artificio molti anni<br />

sono vi fabbricò quel si celebre huomo Francesco Soriano, nulladimeno hò voluto far<br />

sopra l’istesso Canto fermo, acciò ciaschedun curioso conosca quanto sia infinita questa<br />

scienza, che avendo il Soriano con tanta varietà fattovi sopra tante opere, ancor io ne abbi<br />

fatte altre cento in così poco tempo che hò cominciato questa opera, e pur vedranno<br />

alcuni Canoni, con qualche stravaganza, & anco le composizioni con tutte le parti<br />

obligate, cose, che sopra Canto fermo, patiscono non poca difficoltà. Compatiscano<br />

perciò quando ritrovassero qualche errore, ò di stampa, ò di composizione, perche<br />

l’Obblighi, e Canoni piglian qualche licenza. Si avertisce, che i # e b. posti sopra le linee<br />

servono per le parti, che seguono li Canoni, & anco s’avvertisce, che l’Obblighi, e<br />

Canoni, che van di note di Semibrevi, e minime, come quasi tutto sono, si han da cantare<br />

con molta velocità, e battuta prestissima; e così anco le Sonate, essendosi scritte in detta<br />

346 Giuffrida, cit. in Carapezza 1984, 131.<br />

347 Ibidem, 132. Gaspari 1890/R1961, 298.<br />

348 La Greca 1657.<br />

349 Ficola 1988, 77.


maniera per aversi à sonar con più facilità, nel rimanente mi rimetto al giudicio del buon<br />

Sonatore, e Cantanti, a i quali priego dal Signore ogni bene.<br />

Del Buono indica in Francesco Soriano 350 l’ispiratore della sua opera ma è<br />

totalmente originale nella decisione di inserire le 14 sonate di cimbalo. La sistematicità<br />

nell’affrontare i canoni e gli obblighi secondo un rigido ordine cominciando dagli<br />

intervalli più piccoli per finire con i più ampi richiama un altro importante precedente in<br />

area napoletana: le Regole di Musica di Rocco Rodio la cui prima pubblicazione è<br />

precedente al 1601 351 .<br />

Ecco il piano dell’opera:<br />

N.° TITOLO<br />

A TRE VOCI (incluso il cantus firmus)<br />

CHIAVI<br />

1 Can. All’unisono à mezza pausa, che và<br />

imitando il principio<br />

Tenore<br />

2 All’unisono à mezza pausa con l’obligo di<br />

non caminar di grado<br />

Soprano<br />

3 All’unisono alla pausa Basso<br />

4 Alla seconda alta al sospiro<br />

Baritono<br />

Resolutione della seconda alta<br />

Tenore<br />

5 Alla seconda alta à due pause<br />

Tenore<br />

Resolutione della seconda alta<br />

352<br />

Contralto<br />

6 Alla seconda alta à tre pause<br />

Contralto<br />

Resolutione della seconda alta<br />

Contralto<br />

7 Alla seconda alta a quattro pause<br />

Contralto<br />

Resolutione della seconda alta<br />

Contralto<br />

8 Alla seconda bassa a mezza pausa<br />

Basso<br />

Resolutione della seconda bassa<br />

Basso<br />

9 Alla seconda bassa alla pausa. Il Canto fermo<br />

si canta per ottava alta<br />

Tenore<br />

Resolutione della seconda bassa<br />

Baritono<br />

10 Alla seconda bassa a due pause Tenore<br />

11 Alla terza alta a mezza pausa Tenore<br />

12 Alla terza alta alla pausa Contralto<br />

13 Alla terza alta à quattro pause Tenore<br />

14 Alla terza bassa a mezza pausa Baritono<br />

15 Alla terza bassa alla pausa Mezzosoprano<br />

16 Alla terza bassa a sei pause Contralto<br />

17 Alla quarta alta a mezza pausa Contralto<br />

18 Alla quarta alta alla pausa Contralto<br />

19 Alla quarta alta a due pause Tenore<br />

20 Alla quarta alta a quattro pause Contralto<br />

21 Alla quarta alta a sei pause Contralto<br />

22 Alla quarta alta a sei pause Basso<br />

23 Alla quarta bassa a mezza pausa Soprano<br />

350<br />

Francesco Soriano pubblicò nel 1610 a Roma, presso G. B Robletti, i Canoni et Obblighi di cento, e<br />

diece sorte, sopra l’Ave maris stella…a 3,4,5,6,7,et 8 voci.<br />

351<br />

Cfr. cap. 1.2.2.<br />

352<br />

Del Buono riscrive alla fine l’incipit in chiave di violino ed indica: la parte, che segue legge per<br />

questa chiave.<br />

114


24 Alla quarta bassa alla pausa Tenore<br />

25 Alla quarta bassa alla pausa Tenore<br />

26 Alla quarta bassa a due pause Mezzosoprano<br />

27 Alla quarta bassa a quattro pause Tenore<br />

28 Alla quarta bassa a sei pause Tenore<br />

29 Alla quarta bassa à otto pause Soprano<br />

30 Alla quarta bassa a diece pause Tenore<br />

31 Alla quinta alta a due pause Tenore<br />

32 Alla quinta alta a sei pause Basso<br />

33 Alla quinta bassa à mezza pausa Tenore<br />

34 Alla quinta bassa à due pause Tenore<br />

35 Alla sesta alta alla pausa Baritono<br />

36 Alla sesta bassa alla pausa Contralto<br />

37 Alla sesta bassa a due pause Tenore<br />

38 Alla settima alla pausa. Il Canto fermo si Baritono<br />

canta per ottava alta<br />

39 Alla settima bassa a mezza pausa Contralto<br />

40 Alla settima bassa alla pausa Soprano<br />

41 Alla ottava alta alla pausa Tenore<br />

42 Alla ottava bassa a quattro pause Contralto<br />

43 Alla nona alta alla pausa Baritono<br />

44 Alla nona bassa a due pause Soprano<br />

45 Alla decima alta a sei pause Basso<br />

46 Alla decima bassa ad otto pause, il canto<br />

fermo si canta per ottava sopra<br />

Soprano<br />

47 Riverso alla settima a due pause<br />

Mezzosoprano<br />

Resolutione del riverso alla settima<br />

Violino<br />

48 Riverso alla decimaterza a sei pause<br />

Soprano<br />

Resolutione del riverso alla decimaterza<br />

Basso<br />

49 Contrario alla sesta bassa alla pausa<br />

Contralto<br />

Resolutione<br />

50 Riversi di più sorte a mezza pausa<br />

(All’unisono, Alla seconda, Alla terza, Alla<br />

quarta, Alla quinta, Alla sesta, Alla settima,<br />

All’ottava)<br />

Resolutione dei riversi<br />

51 Riversi di più sorte sopra una corda a mezza<br />

pausa (All’ottava, Alla settima, Alla sesta,<br />

Alla quinta, Alla quarta, Alla terza, Alla<br />

seconda, All’unisono)<br />

Resolutione dei riversi<br />

52 Utrique medium. Diversi ad invicem<br />

canones, pausae unicuique prout loca.<br />

Resolutio partis superioris<br />

Resolutio partis inferioris<br />

A QUATTRO VOCI<br />

53 Alla ottava bassa al sospiro, & alla<br />

duodecima bassa alla minima<br />

115<br />

Contralto<br />

Contralto<br />

Contralto<br />

Baritono<br />

Violino (8va)<br />

Soprano (7ma, 6ta,<br />

5ta, 4ta, 3za, 2da)<br />

Contr. (Unis.)<br />

Soprano<br />

Soprano<br />

Soprano<br />

Soprano


Resolutione della duodecima bassa Basso<br />

54 All’unisono à mezza pausa, & alla pausa Tenore<br />

55 Alla ottava bassa à mezza pausa, & alla<br />

quarta bassa alla pausa<br />

Mezzosoprano<br />

56 Alla ottava bassa, & alla quarta bassa a due<br />

pause<br />

Mezzosoprano<br />

Resolutione della quarta bassa<br />

Tenore<br />

57 Alla seconda alta, è seconda bassa à quattro<br />

pause<br />

Basso<br />

Resolutione della seconda alta<br />

Basso<br />

Resolutione ella seconda bassa<br />

Basso<br />

58 Alla quinta bassa mezza pausa, & alla quinta<br />

alta a due pause, e mezza.<br />

Tenore<br />

Resolutione della quinta bassa<br />

Basso<br />

Resolutione della quinta alta<br />

Mezzosoprano<br />

59 Obligo a tutte le parti di minime puntate Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Basso (B)<br />

60 Obligo a tutte le parti di semibrevi col punto Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Basso (B)<br />

61 Obligo a tutte le parti di lunghi, e brevi<br />

Mezzosop.(C)<br />

Baritono (A)<br />

Basso (B)<br />

Il canto fermo si canta con questo tempo nel<br />

quale vanno a brevi a battuta (tutte brevi)<br />

Tenore<br />

62 Obligo a tutte le brevi, e semibrevi<br />

Soprano (C)<br />

Il canto fermo si canta per l’istesso tempo di Contralto (A)<br />

queste parti<br />

Basso (B)<br />

63 Obligo a tutte le parti di semibrevi, e<br />

Soprano (C)<br />

minime, che toccano del cromatico<br />

Contralto (A)<br />

Basso (B)<br />

64 Obligo a tutte le parti di minime, seminime Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Basso (B)<br />

65 Canone alla seconda bassa alla pausa<br />

Soprano<br />

Resolutione della seconda bassa<br />

Mezzosoprano<br />

Quarta parte libera<br />

Basso<br />

66 Canone cancherizzato, la parte che<br />

cancherizza non fa semitoni se non quelli<br />

segnati sopra fuori delli righi<br />

Soprano<br />

Resolutione della parte cancherizzata<br />

Soprano<br />

Quarta parte libera<br />

Basso<br />

67 In questo canone cantano quattro, mezza<br />

pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta<br />

coma stà, il secondo aspettando mezza pausa<br />

canta per ottava alta, il terzo aspettando una<br />

pausa canta come stà, il quarto aspettando<br />

una pausa e mezza canta per ottava alta.<br />

Baritono<br />

Resolutione delle due parti che cantano per<br />

ottava alta<br />

Soprano<br />

116


A CINQUE VOCI<br />

68 In questo canone cantano quattro, mezza<br />

pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta<br />

coma stà, il secondo aspettando mezza pausa<br />

canta per ottava bassa, il terzo aspettando<br />

una pausa per quinta alta, il quarto<br />

aspettando una pausa e mezza canta per<br />

quarta bassa.<br />

Resolutione delle due parti che cantano per<br />

quinta alta<br />

69 Canon in diapente a due pause, con le<br />

decime basse tanto alla parte che guida,<br />

quanto alla parte che siegue<br />

Resolutione della decima bassa di questa<br />

parte che guida<br />

Resolutione della diapente<br />

Resolutione della decima bassa della<br />

diapente<br />

70 Canone in diapente à due pause, alla parte<br />

che guida và una parte in decima sopra, &<br />

alla parte che siegue ancora<br />

Resolutione della decima sopra della parte<br />

che guida<br />

71 Canone in subdiapason a due pause, insieme<br />

con la parte che guida và una parte in terza<br />

bassa, & alla subdiapason và insieme una<br />

parte in decima alta<br />

Resolutione della decima alta alla<br />

subdiapason<br />

72 Dui Canoni alla quinta alla pausa<br />

Resolutione della quinta alta del primo<br />

Canone<br />

Resolutione della quinta alta del secondo<br />

Canone<br />

117<br />

Contralto<br />

Soprano<br />

Contralto<br />

Basso<br />

Soprano<br />

Basso<br />

Basso<br />

Mezzosoprano<br />

Contralto<br />

Soprano<br />

(I) Contralto<br />

(II) Basso<br />

Soprano<br />

Tenore<br />

73 Obligo à tutte le parti di calar di ottava Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Tenore (T)<br />

74 Obligo a tutte le parti di salir di ottava.<br />

Il canto fermo si canta con il tempo di queste<br />

parti<br />

75 Obligo à tre parti di brevi, e semibrevi, &<br />

una parte di semibrevi, e minime.<br />

Il canto fermo canta il tempo di queste parti<br />

76 Obligo à tre parti di semibrevi, e minime, &<br />

una parte di brevi, e semibrevi<br />

Basso (B)<br />

Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Tenore (T)<br />

Basso (B)<br />

Soprano (C I)<br />

Contralto (C II)<br />

Basso (B I)<br />

Basso (B II)<br />

Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Tenore (T)<br />

Basso (B)


77 Obligo di dui Zoppi, e dui Ciechi 353 Soprano (C)<br />

Contralto (A)<br />

Tenore (T)<br />

Basso (B)<br />

A SEI VOCI<br />

78 Canone alla ottava alta à mezza pausa. Alla<br />

quinta bassa ad una pausa, Alla quarta alta ad<br />

una pausa e mezza, & alla undecima alta à<br />

due pause.<br />

Resolutione della quarta alta<br />

Resolutione della undecima alta<br />

Resolutione della quinta bassa<br />

79 Obligo, che à ciascheduna parte cantan dui,<br />

& anco al canto fermo canta una altra parte<br />

in terza sopra<br />

In questa parte canta una parte in decima alta<br />

insieme<br />

Resolutione della parte che canta insieme col<br />

Canto fermo<br />

A SETTE VOCI<br />

80 In quinta parte cantan sei, cioè il primo canta<br />

come stà, il secondo aspettando mezza pausa<br />

canta per ottava alta, il terzo aspettando una<br />

pausa canta anco per ottava alta, il quarto<br />

aspettando due pause canta per quarta alta, il<br />

quinto aspettando due pause e mezza canta<br />

anco per quarta alta, & il sesto aspettando tre<br />

pause canta per undecima alta.<br />

Resolutione della seconda, e terza parte, che<br />

cantano per ottava alta<br />

Relatione (sic) della quarta, e quinta parte,<br />

che cantan per quarta alta<br />

Resolutione della sesta parte, che canta per<br />

undecima alta.<br />

SETTE VOCI, Con tre Canoni<br />

81 Il Canto fermo porta una parte in Canone di<br />

diverse maniere, e si canta per ottava alta<br />

come stà qui, la parte del Tenore porta un<br />

Canone alla quinta bassa, e la parte del Basso<br />

porta una parte in Canone alla seconda alta à<br />

due pause, & un Canone alla quinta bassa<br />

alla pausa.<br />

Alla seconda alta à due pause, e riverso alla<br />

quinta alta à quattro pause<br />

Resolutione della seconda alta<br />

Resolutione del Riverso<br />

Riverso alla quinta, Canone alla quinta bassa,<br />

Canone alla quarta bassa, Canone alla quarta<br />

118<br />

Tenore<br />

Contralto<br />

Violino<br />

Basso<br />

Soprano<br />

Basso<br />

Contralto<br />

Basso<br />

Mezzosoprano<br />

Tenore<br />

Tenore<br />

Tenore<br />

Tenore<br />

Baritono<br />

Soprano<br />

Soprano<br />

353 I “dui Zoppi” sono le parti dell’Alto e del Basso che alternano, dall’inizio alla fine, minime e<br />

semiminime; i “dui ciechi” sono il Canto ed il Tenore che alternano semiminime e crome, tutte note nere.


alta, Canone alla quinta alta, Riverso alla<br />

terza.<br />

Resolutione delli Canoni del Cantofermo<br />

A OTTO VOCI<br />

Mezzosoprano<br />

82 In questa parte sette, cioè quattro in unisono,<br />

e tre in ottava alta tutti di sospir un dopo<br />

l’altro, avvertendo che la prima parte canta<br />

come stà, la seconda per ottava, la terza in<br />

unisono, la quarta per ottava, la quinta in<br />

unisono, la sesta per ottava, e la settima in<br />

unisono.<br />

Tenore<br />

Resolutione delle tre parti, che cantan per<br />

ottava alta, le quali van per mezza pausa<br />

Soprano<br />

l’una dopo l’altra.<br />

A OTTO VOCI. Tre canoni insieme<br />

83 Uno alla quinta, l’altra alla sesta & alla<br />

settima alta, e l’altro alla ottava alta.<br />

Alla quinta a due pausa<br />

Alla sesta a due pause, & alla settima alta à<br />

quattro pause<br />

Alla ottava alta a mezza pausa<br />

Senza XIIII sonate di cimbalo<br />

numero<br />

119<br />

Contralto<br />

Basso<br />

Basso<br />

84 Canone ultimo a 5 v. di molto studio Tenore<br />

L’originalità e la genialità di Del Buono si esprimono, però, nelle sonate per<br />

clavicembalo.<br />

Le 14 sonate di cimbalo costituiscono il più antico esempio di tale denominazione 354 : non<br />

solo esse non trovano evidentemente riscontro alcuno nell’opera di Soriano, ma appaiono<br />

come una composizione più unica che rara nella storia della musica strumentale, o<br />

meglio come una summa coerente e organica di forme diverse. 355<br />

Eccone lo schema generale:<br />

354 Newman 1956, 296 – 310.<br />

355 Carapezza 1984, 133.


Il cantus firmus è affidato sempre al Tenore ad eccezione della XIV Sonata che lo<br />

presenta all’Alto.<br />

Netto e precisamente intenzionato è il loro piano tonale complessivo. Il modo dorico del<br />

canto fermo è mantenuto non trasposto nelle prime dieci sonate, è trasposto quindi alla<br />

diatessaron nell’undecima e duodecima, e infine “un tono più basso” nelle ultime due; e<br />

nella quartadecima “il canto fermo si suona per ottava alta”. Insomma RE – SOL – DO –<br />

do: la modulazione tonale ascende di quarta, scende di quinta e sale infine d’ottava,<br />

passando da una chiave senza accidenti a un bemolle, a due bemolli in chiave. 356<br />

Le sonate possono essere raggruppate in quattro sezioni: 357<br />

Prima sezione: diatonica<br />

1. Ricercare – Fantasia<br />

2. Toccata – Fantasia<br />

3. Canzon francese<br />

4. Canzon francese<br />

Seconda sezione: cromatica<br />

5. Ricercare: Fuga cromatica 358<br />

6. Fantasia – Canzon francese<br />

7. Toccata Stravagante, e per cimbalo cromatico<br />

356 Carapezza 1984, 133.<br />

357 Ibidem, 137.<br />

358 Le parole in corsivo sono nell’originale.<br />

120


Terza sezione: mista<br />

8. Toccata di arpeggi<br />

9. Toccata in hoquetus<br />

10. Canzon francese<br />

Quarta sezione: trasposta<br />

a) alla quarta alta<br />

11. Canzon francese<br />

12. Fantasia – Toccata<br />

b) un tono più basso<br />

13. Ricercare – Fantasia<br />

14. Toccata - Fantasia<br />

Nelle avvertenze Del Buono informa il giudizioso e buon sonatore che tutti i pezzi<br />

[…] si han da cantare con molta velocità e battuta prestissima; e così anco le<br />

Sonate, le quali benché la maggior parte saranno scritte di crome, nondimeno si sonaran<br />

presto.<br />

E’ una dichiarazione di virtuosismo: l’esecuzione delle sonate diventa quasi una<br />

sfida, a volte spinta ai limiti delle possibilità fisiche dell’esecutore. Le battute 37 – 38<br />

della VI sonata sono emblematiche: la mano destra deve eseguire una lunga serie di<br />

doppie note in sesta difficilissime da suonare con il tactus alla breve.<br />

Fig. 4.1.1: Del Buono, Sonata VI, batt. 37-38.<br />

Anche le sonate II, IV, VIII e XII risultano difficili a causa della velocità delle<br />

semicrome.<br />

L’unico problema d’esecuzione è costituito dai trilli. Essi talvolta sono scritti per<br />

disteso, talaltra sono suggeriti dalla lettera t., posta sempre con estrema precisione sulla<br />

nota da rompere. La prima volta che questo segno appare, sul basso della penultima<br />

misura della IV sonata, il trillo è tuttavia figurato in semicrome per disteso, e fornisce<br />

così il modello da adottare nei luoghi analoghi successivi. 359<br />

Il segno t. viene proposto in due maniere: trillo libero sopra una nota intera e trillo<br />

misurato sopra note ribattute tante volte quante si vuole ripetuto il trillo stesso. Altre<br />

volte Del Buono scrive i trilli per esteso che iniziano sempre dalla nota reale: questi<br />

ultimi concordano perfettamente con l’esecuzione del trillo misurato sopra note<br />

359 Carapezza 1984, 139.<br />

121


ibattute. Questa soluzione risulta utile nell’interpretazione dei trilli impiegati da<br />

Gregorio Strozzi 360 .<br />

L’ostentato virtuosismo potrebbe essere la giustificazione del termine sonata data<br />

da Del Buono. Abbiamo diversi esempi di composizioni polifoniche per strumento a<br />

tastiera su canto fermo in area napoletana ma non compare mai la dicitura di sonata:<br />

Rocco Rodio 361 qualifica i suoi pezzi su canto fermo Fantasie, Ascanio Mayone 362<br />

adotta Ricercare sopra l’Ave maris Stella e Ricercare sopra il canto fermo di Costantio<br />

Festa, Giovanni Maria Trabaci 363 impiega semplicemente Canto fermo e Giovanni<br />

Salvatore 364 include nella sua opera il Ricercar sopra l’hinno d’Iste confessor. Questi<br />

precedenti rientrano tutti nella categoria dei ricercari, dotti per costruzione polifonica<br />

ma lontani dal virtuosismo; il luogo deputato per lo sfoggio delle abilità esecutive<br />

erano, piuttosto, le canzoni e le partite. Del Buono stravolge questa consuetudine: le sue<br />

sonate sono pezzi di bravura e l’impiego del canto fermo appare come il filo conduttore<br />

che lega i singoli pezzi in un contesto unico: è, comunque, una forma strumentale nuova<br />

e, per di più, per un determinato strumento 365 .<br />

Considerare le sonate come partite autonome di un unico Capriccio 366 è<br />

perfettamente lecito, anche se non specificato dall’autore: vi è un equilibrio nella varietà<br />

espressiva.<br />

La sonata II è un’intensificazione della sonata I, lo stesso dicasi per la IV rispetto<br />

alla III; la sonata V, Fuga cromatica, spezza la fluidità delle sonate precedenti<br />

indulgendo nel vasto vocabolario dei cromatismi elaborato dai maestri napoletani;<br />

terminata questa pausa di riflessione, ecco la sonata VI, la più funambolica di tutte; la<br />

sonata VII, Stravagante, e per il cimbalo cromatico, riprende ed amplifica le formule<br />

già impiegate nella V raggiungendo il culmine delle sperimentazioni cromatiche<br />

inaugurate da Giovanni De Macque 367 , perfezionate dai suoi allievi Mayone 368 e<br />

Trabaci 369 ed assorbite da Frescobaldi; come la sonata V, anche la VII ferma il turbinio<br />

agogico, subito ripreso dalla sonata VIII ed esasperato dai contrasti ritmici della IX; le<br />

sonate X ed XI, di contro, riportano il flusso sonoro nell’alveo della fissità ritmica del<br />

tempo quaternario e preparano l’esplosione delle fioriture della sonata XII; le battute 37<br />

– 40 di questa sonata sono una ripresa magistrale delle fioriture cadenzali impiegate da<br />

Trabaci nelle Canzoni alla francese; le sonate XIII e XIV sembrano quasi riportare la<br />

calma recuperando la compostezza alterata nelle sonate precedenti. Suonare da cima a<br />

fondo le 14 sonate risulta, così, un’esperienza esaltante per l’esecutore e coinvolgente<br />

per l’ascoltatore.<br />

360 Vedi Cap. 5.3, 183.<br />

361 Cfr, Cap 1.3.<br />

362 Cfr. Cap. 3.3.<br />

363 Cfr. 3.4<br />

364 Cfr. Cap 5.1.<br />

365 Giova ricordare che nella tradizione napoletana l’ambiguità strumentale non si limitava solo<br />

all’alternativa organo/clavicembalo, ma si estendeva anche all’arpa, al liuto ed al concerto di viole.<br />

366 Cfr. Carapezza 1984, 133.<br />

367 Cfr. Cap. 3.2.<br />

368 Cfr. Cap. 3.3.<br />

369 Cfr. Cap. 3.4.<br />

122


4.2 GIOVAN BATTISTA FASOLO<br />

Un grande contributo allo sviluppo della musica organistica viene dato nel 1645<br />

da Giovan Battista Fasolo, piemontese d’Asti, francescano dell’ordine dei Minori<br />

Conventuali di San Francesco, come apprendiamo dal frontespizio dell’Annuale, l’opera<br />

sua più conosciuta e l’unica destinata ad avere una ricezione quasi ininterrotta fino ai<br />

nostri giorni. Possiamo ipotizzare una sua permanenza a Napoli grazie ad un suo<br />

Magnificat a cinque voci e continuo ed un’elaborazione dell’ XI Salmo presenti nella<br />

raccolta di Bartolomeo Cappello “Sacra animorum Pharmaca Musicis quinque vocum<br />

concinentibus contexta” pubblicata a Napoli nel 1650 370 ; il trasferimento in Sicilia<br />

viene attestato dallo stesso Fasolo che, nelle “Arie spirituali e morali” (opus 9,<br />

Palermo, 1659), si qualifica Maestro di cappella dell’arcivescovo di Monreale<br />

(Palermo) 371 . Non sappiamo se Fasolo fosse già in Sicilia nel 1645, anno in cui<br />

l’Annuale vide la luce.<br />

Le intenzioni dell’autore sono ben espresse nel frontespizio dell’opera:<br />

A N N U A L E<br />

Che contiene tutto quello, che deve far un Organista, per risponder al<br />

Choro tutto l’Anno.<br />

Cioè tutti gl’Hinni delli Vesperi, tutte le Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le<br />

classi, della Domenica, e della Beatissima Vergine Madre di Dio. Sono rego-<br />

late sotto l’ordine de Toni Ecclesiastici: otto Magnificat, i cui Versetti<br />

per pigliare tutti li toni possono servire à tutte l’occorrenze di rispo-<br />

ste, ciascuno hà sua risposta breve per l’Antifona; otto Ricer-<br />

cate, otto Canzoni francese; quattro Fughe, la prima so-<br />

pra la Bergamasca, la seconda sopra la Girometta,<br />

la terza sopra la Bassa fiamenga, la quarta so-<br />

pra Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La; la Salve Re-<br />

gina, e il Te Deum laudamus.<br />

DI<br />

FRA GIOVANBATTISTA<br />

F A S O L O<br />

D’Asti, dell’Ordine de Minori Convent. Di S. Francesco.<br />

370 Walter 1977, 1<br />

371 Walter 1977, 1. Vedi anche Lo Coco 1985, 188.<br />

O P E R A O T T A V A.<br />

C O N P R I V I L E G I O<br />

[Stemma]<br />

123


I N V E N E T I A<br />

Appresso Alessandro Vincenti. MDCXXXXV.<br />

L’ “Avvertimento” è un manifesto di prassi esecutiva:<br />

A L L I S T U D I O S I<br />

Questa Opera è ordinata alli Canti fermi, onde gl’Hinni sempre pigliano le note istesse<br />

del Canto fermo; Alcuni hanno una parte de Versetti grave, altra parte allegra, e più brevi.<br />

Ciascun hinno hà l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di cui<br />

parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le due parti rimesse, con la mano<br />

destra la parte di sopra, alla ottava alta dandoli la misura del Choro. Altri Hinni particolari<br />

di ponno ridurre à questi. Le Messe si devono sonare gravi: Molti Versetti pigliano le<br />

istesse note, che tace il Choro; così anco il Te Deum laudamus. Se li Graduali Offertorij<br />

saranno troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto<br />

Toni, che ho atteso alla brevità. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra<br />

gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho (sic), ò<br />

vero una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà. Gl’Hinni si devono sonare spiritosi,<br />

senza partirsi dal grave. Le Messe contengono canti fermi trà li Versi, Canzonette brevi,<br />

Ricercate brevissime; e la elevazione delli versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono<br />

essere sonate allegre, e dove sono crome, ò simicrome, si soneranno, come fossero meze<br />

puntate, che la cantilena riesce più spiritosa. Le Canzonette alcune preferiscono il sito<br />

naturale, & è fatto per qual varietà, così anco le Ricercate, il tutto si sonerà con misura,<br />

hora interrotta, & hor sostenuta, non togliendo la natura del tempo. La elevazione vuol<br />

essere gravissima; Non guardino, che le figure siano ò bianche ò negre, mà faccino cadere<br />

(godere?) le ligature, sostenendole alquanto più della sua misura. Le Ricercate delli otto<br />

Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà con varietà di sogetti, &<br />

alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno stringere alquanto. Le otto<br />

Canzoni francese sono di natura allegre, è necessario darle una misura non troppo larga,<br />

ne troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li sogetti distinguendoli dalle<br />

fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così ancora si farà alle<br />

fughe sopra li quattro obblighi. Il rimanente si rimette alla disposizione de prudenti<br />

Studiosi. Vivete felici.<br />

Anche la dedica offre spunti alla comprensione della genesi dell’opera:<br />

All’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor, e Padron mio Osservandissimo, Il Signor<br />

Duca di Montalto Principe di Paternò etc. Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei<br />

scolari, e da altri della professione di fare un Annuale continente tutto quello che deve<br />

fare un Organista per rispondere con l’Organo al Choro; Presi l’assonto, e con progresso<br />

di tempo lo tirai à fine. Questo è l’ottavo parto del mio pigro ingegno, si arrossisce di<br />

comparire avanti al cospetto dell’E.V. non perché fosse così semplice (perché stando<br />

sotto il glorioso suo nome viene esaltato, e arricchito), mà perché stà imbrattato con<br />

l’inchiostro della mia penna; spero nella innata benignità di V. E. che non solo non lo<br />

sprezzerà ma con magnanimo core aggradirà il mio devoto affetto; Mentre le auguro dal<br />

Cielo il compimento de gli eroici desiderij di V. E. Alla quale humilemente m’inchino. Di<br />

Venetia li 27. Aprile 1645. Di V. E. Humilissimo, e Devotissimo servo. Fra’ Gio: Battista<br />

Fasolo.<br />

L’Annuale è stampato in partitura a quattro pentagrammi seguendo la prassi dei<br />

compositori napoletani. Si conservano oggi sette esemplari del XVII secolo:<br />

- Vienna, Musikarchiv des MinoritenKonvents;<br />

124


- Monaco, Bayerische Staatsbibliothek<br />

- Regensburg, Bischofliche Bibliotek<br />

- Assisi, Biblioteca Comunale (2 esemplari)<br />

- Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia<br />

- Napoli, Biblioteca del Conservatorio<br />

Ad Assisi, nel Settecento, si fece una copia dei dodici pezzi liberi dell’Annuale.<br />

Altre due copie si trovano presso l’archivio musicale del MinoritenKonvents di Vienna<br />

(ms. XIV. 728, trascrizione parziale ms. di P.A. Giessel, ca1725) e a Berlino, Deutche<br />

Staatsbibliotethek (Mus. Ms. 40266, trascrizione completa ms. di P.A. Widmann, ca<br />

1775) 372 .<br />

Pierre Denis 373 afferma che François Couperin conoscesse l’opera di Fasolo<br />

attraverso J. J. Froberger. In particolare, il Dialogue sur les grandes jeux nell’Agnus<br />

della Messe des Paroisses di Couperin (1690) ha lo stesso soggetto e la medesima<br />

tonalità della Brevis modulatio post Agnus della messa in duplicibus diebus, sintomo<br />

d’ampia e duratura circolazione dell’Annuale.<br />

La raccolta segue fedelmente lo svolgimento dell’anno liturgico; anche Antonio<br />

Valente 374 , Giovanni Maria Trabaci 375 e Giovanni Salvatore 376 si erano proposti lo<br />

stesso scopo, ma la scrupolosità e la precisione di Fasolo sono incomparabili. Egli si<br />

preoccupa di realizzare una pubblicazione che sia allo stesso tempo pratica, moderata<br />

nella richiesta di competenze esecutive e di buona qualità. Fra le musiche liturgiche<br />

pubblicate in Italia meridionale dopo il 1600, data di promulgazione del Caeremoniale<br />

Episcoporum 377 , l’Annuale è il lavoro più sistematico e scrupoloso per gli organisti del<br />

suo tempo. Fasolo appare estremamente ossequiente nei confronti del Caeremoniale<br />

non prevedendo alcun versetto per il Credo ed utilizzando un linguaggio austero ben<br />

compenetrato nel contrappunto tradizionale; il canto liturgico cui si riferiscono i versi è<br />

sempre ben presente e riconoscibile.<br />

E’ possibile identificare quattro sezioni fondamentali nella stesura dell’Annuale:<br />

1. Versetti per diciannove inni preceduti dal Te Deum;<br />

2. Versetti e pezzi liberi per le tre messe più comuni;<br />

3. Versetti e pezzi liberi per il Magnificat seguiti dalla Salve Regina;<br />

4. Venti pezzi liberi “dotti”, cioè otto ricercari, otto canzoni e quattro fughe.<br />

L’Annuale segue un ordine inverso rispetto la pubblicazione di Giovanni Salvatore<br />

del 1641 che pone i pezzi “dotti” (ricercari e canzoni alla francese) all’inizio seguiti dai<br />

pezzi funzionali alla liturgia (toccate e versi per le tre messe più in uso).<br />

L’Annuale manifesta col suo stesso nome l’intenzione di servire per tutto l’anno<br />

liturgico, ma è necessaria una certa flessibilità. Fasolo stesso, nell’Avvertimento, scrive<br />

che<br />

Altri Hinni particolari si ponno ridurre à questi […] Se li Graduali Offertorij saranno<br />

troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto Toni, che<br />

ho atteso alla brevità ed ancora. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra<br />

gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho, ò vero<br />

una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà..<br />

372 Bacciagaluppi 1999,43<br />

373 Denis 1968, 61-63.<br />

374 Vedi Cap. 1.2<br />

375 Vedi Cap. 3.4<br />

376 Vedi Cap. 5.1<br />

377 Il Caeremoniale Episcoporum venne promulgato da papa Clemente VIII il 14 luglio 1600 e pubblicato<br />

a Roma nel 1606: regola, tra l’altro, l’uso dell’organo in chiesa in relazione ai compiti della schola<br />

cantorum.<br />

125


L’Avvertimento non serve solo per organizzare il materiale musicale presente nella<br />

pubblicazione, ma è soprattutto una finestra aperta sulla prassi organistica della prima<br />

metà del XVII secolo e nulla vieta di applicare i “consigli” di Fasolo ad altre<br />

pubblicazioni coeve. La scelta dei pezzi liberi veniva fatta seguendo l’unico criterio<br />

vincolante della scelta del tono corretto: i Versetti per pigliare tutti li toni possono<br />

servire à tutte l’occorrenze di risposte.<br />

Il destinatario ideale dell’Annuale è un organista di buon livello, ma i pezzi<br />

mantengono un carattere poco appariscente, direi “francescano” e senz’altro piuttosto<br />

conservatore, tant’è vero che Fasolo stesso qualifica alcuni versetti “più moderni”.<br />

Spesso l’organista assumeva anche il compito di istruire i giovani 378 . Nella<br />

dedicatoria emerge la funzione pedagogica oltre che liturgica:<br />

Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei scolari, e da altri della professione di fare un<br />

Annuale continente tutto quello, che deve fare un Organista per rispondere con l’Organo al<br />

Choro; Presi l’assonto, e con progresso di tempo lo tirai à fine.<br />

Nel 1635 il sorrentino Tomaso Anfora nell’Avvertimento ai lettori dei Motetti<br />

op. VI del Fasolo” 379 , scrive:<br />

…fra pochi giorni uscirà in luce il suo annuale il qual contiene tutto quello, che deve<br />

fare in tutto l’anno chi risponde con l’organo alle divine lodi, incominciando da gli Hinni,<br />

tutte le tre Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le classi, la Messa della Domenica, e<br />

quella della Beatissima Vergine Maria, e sono regolate secondo la forma Romana, gli otto<br />

Magnificat secondo gli toni ecclesiastici, con la risposta alle antifone. Otto ricercate; altre<br />

tante canzoni francesi. Quattro obblighi sopra diversi sogetti, e altri capricci, che per<br />

brevità tralascio, opera degna di qualsivoglia ingegno applicato à questa virtù. Ricevete<br />

per hora (benegnissimi lettori) questi pochi che accompagnati con l’opera serviranno al<br />

Mondo, per testimonio della sua virtù. Vivete felici.<br />

L’Annuale, dunque, è stato lungamente meditato dal suo autore se dieci anni<br />

prima della sua pubblicazione era già completo ed annunciato di imminente<br />

pubblicazione. Commentando l’Avvertimento, Claudio Bacciagaluppi 380 traccia il<br />

seguente schema:<br />

Agogica<br />

Inni:<br />

1. Alcuni hanno una parte di Versetti brevi, altra parte allegra, e più brevi.<br />

2. Con la mano destra [sonerà] la parte disopra [del terzetto finale], alla ottava alta<br />

dandogli la misura del Coro.<br />

3. Gli inni si devono sonare spiritosi, senza partirsi dal grave.<br />

Messe:<br />

1. Le Messe si devono sonare gravi.<br />

378<br />

Un atto notarile vergato a Sclafani Bagni (nell’attuale provincia di Palermo) il 21 giugno 1654 ci<br />

informa che il Diacono Francesco Putrusino di Cammarata (attuale provincia di Agrigento) si obbliga a<br />

servire per cinque anni in qualità di organista, impegnandosi a suonare tutti i sabati ed i giorni festivi; si<br />

impegna, inoltre, ad insegnare musica a dodici sacerdoti di Sclafani dando a tutti una lezione di musica al<br />

giorno ed una lezione “di tasto” a quattro di essi. Citato in Termotto 2003, 88. Sempre all’organista<br />

spettava il compito di sovrintendere alla costruzione o al restauro di un organo, Cfr. Cannizzaro 2002.<br />

379<br />

Trascritto integralmente in Bacciagaluppi 1999,87.<br />

380<br />

Bacciagaluppi 1999, 60.<br />

126


2. La elevazione dei versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono essere sonate<br />

allegre, e dove sono crome, ò semicrome, si soneranno, come fossero mezze puntate,<br />

che la cantilena riesce più spiritosa.<br />

3. Le Canzonette […], così ancora le Ricercate, il tutto si sonerà con misura, ora<br />

ininterrotta, ed ora sostenuta, non togliendo la natura del tempo.<br />

4. La elevazione vuol essere gravissima; non guardino, che le figure siano ò<br />

bianche ò negre, ma faccino cadere [recte: godere] le ligature, sostenendole alquanto<br />

più della sua misura.<br />

Pezzi liberi:<br />

1. Le Ricercate degli otto Toni cominciano gravi, nel mezzo alcuni si rompono<br />

per metà con varietà di soggetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si<br />

potranno stringere alquanto.<br />

2. Le otto Canzoni francese sono di natura allegre.<br />

Tecnica organistica<br />

Inni:<br />

1. Ciascun inno ha l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di<br />

cui parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le sue parti rimesse, con la<br />

mano destra la parte di sopra, alla ottava alta.<br />

Pezzi liberi:<br />

2. Le otto Canzoni francese […], è necessario darle una misura non troppo larga,<br />

né troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li soggetti distinguendoli<br />

dalle fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così anco si farà<br />

alla fughe sopra li quattro obblighi.<br />

Alcuni termini impiegati da Fasolo meritano qualche precisazione.<br />

- La misura del Choro è un’indicazione con la quale si invita l’organista a<br />

suonare il cantus firmus alla velocità cui lo canta il coro.<br />

- I termini grave e allegro sono antitetici; da notare che le Elevazioni hanno<br />

l’indicazione di Largo. Nelle canzoni Fasolo privilegia le indicazioni di presto ed<br />

adagio.<br />

- La elevazione delli versi potrebbe indicare il tactus della battuta.<br />

- Il termine spiritoso sembra riferirsi al fraseggio unitamente all’indicazione di<br />

suonare le crome e le semicrome come fossero mezze puntate. Potrebbe essere un<br />

riferimento alla pratica francese delle notes inégales anche se Fasolo, all’occorrenza,<br />

scrive per esteso il ritmo puntato..<br />

- Il tactus deve essere libero con misura hora ininterrotta e hor sostenuta nelle<br />

Canzonette e nelle Ricercate. Il Largo Assai deve permettere di far godere le ligature.<br />

L’indicazione agogica in parole ha la precedenza sulla notazione mensurale.<br />

- I versi in Terzetto, cioè a tre voci, si eseguono con la mano sinistra impegnata<br />

nelle due parti gravi e la destra che suona la parte acuta all’ottava sopra creando, così,<br />

grande distanza tra le voci. Spesso la distribuzione delle parti è compatibile con l’uso di<br />

registri solistici spezzati per cui si crea l’illusione di un’esecuzione su due manuali; la<br />

distanza della voce superiore dalle altre due è tale da farla comunque emergere<br />

sfruttando la diversità timbrica che uno stesso registro ha tra la regione bassa ed alta<br />

della tastiera.<br />

- E’ necessario suonare la canzoni con un tempo allegro ma tale da consentirne<br />

la perfetta articolazione; i soggetti delle canzoni devono essere ben spiccati con<br />

percuotere il tasto battendolo.<br />

127


TE DEUM – Il primo versetto del testo viene intonato dal coro (Te Deum<br />

laudamus) e completato dall’organo (te Dominum confitemur); a seguire si alternano<br />

quasi regolarmente coro e organo sino in fondo:<br />

1. Te Deum laudamus (coro), Te Dominum confitemur (organo)<br />

2. Te aeternum Patrem omnis terra veneratur. (coro)<br />

3. Tibi omnes angeli, tibi Caeli et universae Potestates (secondo verso<br />

dell’organo)<br />

4. Tibi Cherubim et Seraphim incessabili voce proclamant (coro)<br />

5. Sanctus (terzo verso dell’organo)<br />

6. Sanctus (coro)<br />

7. Sanctus Dominus Deus Sabaoth (quarto verso dell’organo)<br />

8. Pleni sunt caeli et terra maiestatis gloriae tuae (coro)<br />

9. Te gloriosus Apostolorum chorus (quinto verso dell’organo)<br />

10. Te prophetarum laudabilis numerus (coro)<br />

11. Te Martyrum candidatus laudat exercitus (sesto verso dell’organo)<br />

12. Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia (coro)<br />

13. Patrem immensae maiestatis (settimo verso dell’organo)<br />

14. Venerandum tuum verum, et unicum Filium (coro)<br />

15. Sanctum quoque Paraclitum Spiritum (ottavo verso dell’organo)<br />

16. Tu rex gloriae, Christe (coro)<br />

17. Tu Patris sempiternus es Filius (nono verso dell’organo)<br />

18. Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum (coro)<br />

19. Tu devicto mortis aculeo aperuisti credentibus regna caelorum (manca verso<br />

dell’organo, forse era pure affidato al coro)<br />

20. Tu ad dexteram Dei sedes, in gloria Patris (coro)<br />

21. Judex crederis esse venturus (decimo verso dell’organo)<br />

22. Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti<br />

(coro)<br />

23. Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari (undicesimo verso dell’organo)<br />

24. Salvum fac populum tuum Domine, et benedic hereditatis tuae (coro)<br />

25. Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum (dodicesimo verso dell’organo)<br />

26. Per singulos dies, benedicimus te (coro)<br />

27. Et laudamus nomen tuum in saeculum et in saeculum seculi (tredicesimo verso<br />

dell’organo)<br />

28. Dignare Domine die isto sine peccato nos custodire (coro)<br />

29. Miserere nostri Domine, miserere nostri (quattordicesimo verso dell’organo)<br />

30. Fiat misericordia tua Domine super nos, quemadmodum speravimus in te<br />

(coro)<br />

31. In te Domine speravi: non confundar in aeternum (quindicesimo ed ultimo<br />

verso dell’organo).<br />

Gli inni hanno un numero variabile di versetti: alcuni sono in stile severo, altri più<br />

moderni ed allegri, altri in trio alludendo alla Santissima Trinità. Ecco l’elenco<br />

completo degli inni:<br />

1. Hinno per tutte le Domeniche: Lucis creator optime Undecimo Tono, tre versetti;<br />

2. Hinno per le feste della Beatissima Vergine Maria: Ave Maris stella, quattro<br />

versi cui si aggiungono altri quattro versi facili, e più moderni, l’ultimo dei quali<br />

ha la seguente indicazione: Il presente Terzetto, e tutti gli altri che seguiranno, si<br />

soneranno con un registro solo: e il Soprano all’Ottava sopra, se piace.<br />

128


3. Hinno per il Santissimo Natale di Nostro Signore, e per la Festa degli Innocenti.<br />

Serve anco alla festa di tutti i Santi: Christe redemptor omnium, del quinto tono,<br />

quattro versetti di cui l’ultimo è un Terzetto con il Canto fermo di misura corista.<br />

Il Soprano si può sonare alla Ottava alta.<br />

4. Hinno per il giorno del Epifania: Hostis Herodes impie, tre versi di cui il terzo<br />

Terzetto alla forma del Choro.<br />

5. Hinno per la Domenica in Albis, e per le feste degli Apostoli nel Tempo Pascale:<br />

Ad cenam providi del undecimo Tono trasportato una seconda sotto per<br />

comodità del Choro, tre versetti più altri tre più allegri.<br />

6. Hinno per la Ascensione: Jesu nostra redemptio Del terzo tono, cinque versetti<br />

di cui l’ultimo è un terzetto.<br />

7. Hinno per la festa della Santissima Trinità, e per tutti i Sabbati dell’anno: O lux<br />

(beata Trinitas), due versetti.<br />

8. Hinno nella Festa della Pentecoste. Del ottavo Tono trasportato alla quarta<br />

bassa: Veni creator Spiritus, tre versetti più altri quattro così definiti dall’autore:<br />

Li seguenti versi sono più allegri li hò trasportati una Seconda di sotto alla natura del tono<br />

per facilitarli, che il diesis è troppo scabroso sotto il tempo maggior perfetto e imperfetto,<br />

chi avrà prattica, e velocità di mano le potrà ridurre alla quarta bassa;<br />

l’ultimo verso è definito:<br />

Sopra l’aria del Canto fermo a tre. Quando si trasporta si potrà sonare il Soprano<br />

all’ottava alta.<br />

9. Nella festa del Santissimo: Pange lingua, cinque versetti. Dopo i primi due, Fasolo<br />

indica gli Altri più moderni; l’ultimo è un terzetto.<br />

10. Nella Festa di San Giovanni Battista: Ut queant laxis. Tre versetti, l’ultimo è<br />

definito Senza la misura del Choro.<br />

11. Nella festa di San Pietro Apostolo: Aurea luce, Del terzo tono.<br />

12. Nel commune delli Apostoli: Exultet luminum, del quarto tono, tre versetti più altri<br />

quattro più allegri; l’ultimo è un terzetto<br />

con il Canto fermo che camina alla misura del Choro. Il Soprano si può sonare all’ottava alta<br />

che farà bono effetto.<br />

13. Hinno del terzo tono. Nel comune de’ Martiri: Deus tuorum militum: tre versi, il<br />

secondo Allegro, il terzo con Il Contralto all’ottava ad libitum. Sempre Fasolo scrive<br />

Nel comune delli Apostoli, e Martiri del tempo Paschale, si piglia sopra l’Hinno Ad çenam<br />

agni providi.<br />

14. Nelle feste de’ più Martiri: Sanctorum meritis, quattro versetti di cui l’ultimo<br />

Terzetto alla misura del Choro.<br />

15. Hinno nel comune dè Confessori Pontefici, e non Pontefici: Iste Confessor, cinque<br />

versetti. Il terzo è un Terzetto grave, e largo assai si Suonerà per far godere li<br />

scontri delle parti; il quarto è un Altro Terzetto con la misura del Choro. Il Soprano<br />

si può Sonare all’ottava alta.<br />

16. Nelle Feste delle Vergini. Jesu corona virginium.<br />

17. Nelle Feste delle Sante Vedove: Fortem virili pectore.<br />

129


18. In festo Sancti Patris mei Francisci: Proles de coelo prodiit. Himnus Quinti Toni<br />

accidentalis, translatus ad quartam inferior, ut modulatur Chorus. Sei versetti; dopo<br />

i primi tre Fasolo annota: Alii antecedentibus moderniores; l’ultimo è definito<br />

Modulus choristicus, pars acuta ad Diapason intensum. Nel quinto versetto dell’inno<br />

si riconoscono sette battute tratte dal Capriccio sopra ut re mi fa sol la di<br />

Frescobaldi 381<br />

19. In secundis Vesperis et ad processiones: Decus morum dux minorum. Himnus<br />

Octavi Toni accidentalis. Cinque versetti l’ultimo dei quali è Modulus choristicus.<br />

Nell’organizzazione dei versetti delle messe, Fasolo appare molto vicino alla<br />

concezione di Giovanni Salvatore: entrambi affrontano le messe in maniera sistematica<br />

ed ordinata benché il napoletano elabori solo le parti dell’Ordinario; comune è nel<br />

primo versetto del Kyrie con l’impiego della melodia gregoriana in “cantus firmus”.<br />

Salvatore si distingue solo per l’inserzione di versetti in stile toccatistico non basati sul<br />

gregoriano che mai Fasolo impiega per i suoi. Nell’Annuale sono presenti le tre messe<br />

più frequentemente elaborate per l’”alternatim”:<br />

MISSA IN DOMINICIS DIEBUS (Messa Orbis Factor, XI del Kyriale)<br />

MISSA IN DUPLICIBUS DIEBUS (Messa Cunctipotens o Apostolorum, IV del<br />

Kyriale)<br />

MISSA BEATAE MARIAE VIRGINIS (Cum jubilo, IX del Kyriale).<br />

Ecco in tabella la distribuzione dei versetti per ciascuna messa:<br />

381 Cfr. Cera 2003, 100.<br />

130


Fasolo introduce l’organo direttamente al primo Kyrie senza far cenno ad alcuna<br />

Toccata avanti la messa che, pur quasi sempre improvvisata, era di corrente prassi.<br />

Gabrieli, Frescobaldi, Salvatore ed altri hanno esplicitamente scritto toccate per<br />

introdurre la messa ma Adriano Banchieri 382 descrive l’uso di far coincidere il brano per<br />

l’Introito col primo versetto del Kyrie. L’Annuale offre un altro dubbio circa la prassi<br />

dell’alternanza dei versetti del Kyrie: nella Messa della Domenica, infatti, i versetti sono<br />

solo quattro (Primum Kyrie, Christe, Aliud Kyrie, Kyrie Ultimum) mentre le altre due<br />

messe, come le pubblicazioni degli altri autori di quel tempo, hanno cinque versetti (il<br />

Kyrie constava di 9 versetti, 5 dispari affidati all’organo, 4 pari al coro). Fasolo<br />

impiega la dicitura Brevis modulatio post Epistolam in luogo della più frequente canzon<br />

dopo l’epistola; in realtà la Brevis modulatio post Epistolam di Fasolo è una canzone<br />

strumentale in sezione unica (Messa della Domenica), tripartita (Messa degli Apostoli)<br />

e bipartita (Messa della Madonna). La Gravis modulatio Pro Offertorio corrisponde<br />

stilisticamente ai Ricercari Dopo il Credo di Frescobaldi 383 . Nelle Messe della<br />

Domenica e della Madonna vengono fusi il Benedictus e l’Elevazione (Benedictus et<br />

Elevatio simul), prassi che si riscontra anche in messe organistiche francesi.<br />

Fasolo compone otto Magnificat negli otto toni ecclesiastici, more regulantur<br />

choristico ad breviorem formam dando, così, un’impostazione sistematica alla serie dei<br />

versetti. L’organizzazione dei Magnificat di Fasolo prevede il primo versetto diviso tra<br />

officiante (Magnificat) ed organista che completa il versetto (…anima mea Dominum),<br />

i versi pari dal 2° al 12° affidati all’officiante, i versi dispari dal 3° all’11° affidati<br />

all’organista. Al termine del cantico vi è un breve brano (sostituibile da una fuga o da<br />

una canzona a seconda del tono 384 ) da eseguire in luogo dell’antifona post Magnificat;<br />

Fasolo scrive anche indicazioni accessorie:<br />

Magnificat Primi Toni: Pulsetur loco Antiphonae post Magnificat. Autenticus<br />

maioris perfectionis accidentalis 385 .<br />

Magnificat Secundi toni : Post Magnificat loco Antiphonae. Brevis modulatio<br />

Magnificat Tertii Toni: Post Magnificat. Brevis modulatio loco Antiphonae<br />

Magnificat Quarti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae<br />

Magnificat Quinti Toni, traslatus ad quarta inferior: Loco Antiphonae post<br />

Magnificat (Brevis modulatio)<br />

Magnificat Sexti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae.<br />

Magnificat Septimi Toni, Traslatus ad quartam inferius commoditatis causa: Post<br />

Magnificat loco Antiphonae. Brevis molulatio<br />

Magnificat Octavi Toni: Post Magnificat loco Antiphonae (Brevis modulatio).<br />

Anche la Salve Regina è stata scritta in versetti per l’alternanza; il primo versetto è<br />

preceduto dalle quattro note dell’incipit della melodia gregoriana mentre gli altri non<br />

hanno alcuna dicitura. Valentino Donella 386 propone la seguente divisione:<br />

Salve regina (intonazione)<br />

382 Banchieri 1605, 99<br />

383 Frescobaldi 1635.<br />

384 Cfr. introduzione “Alli studiosi”<br />

385 E’ interessante la sottolineatura di Fasolo che il pezzo è nel primo modo autentico perfetto ma con<br />

diversi accidenti: in effetti ricorrono frequentemente il si bemolle, il fa e il do diesis.<br />

386 Donella 1986, 301.<br />

131


Mater misericordiae (organo , versus primus)<br />

Vita dulcedo (coro)<br />

Ad te clamamus (organo , versus secundus)<br />

Ad te suspiramus (coro)<br />

Eja ergo (organo, versus tertius)<br />

Et Jesum (coro)<br />

O clemens (organo, versus quartus)<br />

O pia (coro)<br />

O dulcis Virgo Maria (organo, versus quintus)<br />

Le otto Ricercate costituiscono la sezione “dotta” dell’Annuale in perfetta linea con<br />

le pubblicazioni di Mayone 387 , Trabaci 388 e Salvatore 389 . Giovan Battista Fasolo, come<br />

Giovanni Salvatore, resta fedele agli otto toni tradizionali e non prende in<br />

considerazione la composizione di dodici ricercari nei dodici toni.<br />

Fasolo scrive nell’Avvertimento che<br />

Le Ricercate delli otto Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà<br />

con varietà di sogetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno<br />

stringere alquanto.<br />

Le otto Ricercate potevano essere liberamente impiegate dall’organista,<br />

specialmente negli offertori; esse sono monotematiche (ad eccezione dell’ottava che è<br />

bitematica) in un’unica sezione, a quattro voci con prevalenza di note bianche e chiavi<br />

basse, con le stanghette di battuta segnate ad ogni breve, salvo passare ad un intervallo<br />

di semibreve per marcare un cambiamento di tactus; per tutte le ricercate l’indicazione<br />

ritmica è il “tempo imperfetto”.<br />

La Ricercata Prima del primo tono è una citazione del soggetto e del<br />

controsoggetto della “Fantasia cromatica” di J. P. Sweelinck 390 . All’identità del<br />

soggetto non corrisponde, però, un’identità formale: la fantasia di Sweelick procede,<br />

infatti, con un’intensificazione progressiva di diminuzioni e sezioni contrastanti verso il<br />

climax conclusivo, Fasolo preferisce una struttura “ad arco” con un addensamento delle<br />

parti ed una maggiore vivacità ritmica al centro della ricercata per allentare la tensione<br />

verso la fine; Fasolo, infine, non trasforma mai il soggetto per diminuzione.<br />

La Ricercata Seconda del secondo tono ecclesiastico è pure costruita con la<br />

struttura “ad arco” riscontrata nella prima; il soggetto, esposto nel secondo tono<br />

trasportato una quarta superiore “per b molle” è identico al soggetto della canzona<br />

quinta come pure il primo controsoggetto. Terminata l’esposizione, Fasolo fa seguire<br />

un episodio libero in crome con le stanghette poste ad ogni semibreve per segnalare che<br />

queste nella metà si potranno stringere alquanto benché non sia semplice stabilire<br />

quanto il tactus possa essere accelerato.<br />

La Ricercata Terza del terzo tono presenta una struttura in tutto simile alla<br />

seconda ricercata con una significativa differenza: l’episodio centrale in crome con<br />

l’accelerazione del tactus sfrutta la diminuzione del soggetto e l’enfatizzazione del<br />

ribattuto presente nella testa del soggetto. Tale economia di materiale conferisce alla<br />

ricercata un’unità e coerenza che non si riscontra nella precedente.<br />

387 Cfr. Cap 3.3.<br />

388 Cfr Cap. 3.4.<br />

389 Cfr. Cap. 5.1.<br />

390 Cfr Cera 2003, 101.<br />

132


La Ricercata Quarta del quarto tono ha un episodio in crome molto dilatato che<br />

ha inizio alla battuta 29; le crome riprendono in diminuzione un frammento del<br />

controsoggetto che viene rimbalzato tra le quattro voci quasi fino alla fine della<br />

ricercata. Benché le ultime cinque battute non presentino più la figurazione rapida in<br />

crome, le stanghette continuano ad essere frapposte per semibreve.<br />

La Ricercata Quinta del quinto tono non presenta alcuna sezione contrastante con<br />

variazione del tactus se si eccettuano due misure in semibreve coincidenti con l’entrata<br />

del soggetto al basso. La ricercata procede con molta regolarità sfruttando<br />

principalmente la caratteristica scala tematica ascendente di semiminime presentata<br />

spesso in inversione; la cadenza conclusiva si fonda su una breve cadenza composta sul<br />

Do, quinto grado, che risolve sul Fa, nota caratteristica del quinto tono.<br />

La Ricercata Sesta del sesto tono è scritta con il Si b in chiave pur essendo nel<br />

sesto tono naturale (evidentemente il Si b non rappresenta una trasposizione ma è<br />

indicato per la estrema ricorrenza durante il brano); come la Ricercata Quinta non<br />

presenta alcuna sezione contrastante (vi è una singola misura con fioriture di crome al<br />

basso a 12 battute dalla fine) ed ha la stessa scala ascendente di semiminime che non<br />

viene, però, proposta in inversione durante lo svolgimento del brano.<br />

Nella Ricercata Settima del settimo tono Fasolo riprende la struttura “ad arco”<br />

limitatamente, però, all’addensamento delle parti mentre non si riscontrano battute<br />

“strette” in semibrevi ; la tensione, così, viene creata da sincopi e contrattempi tra le<br />

parti finché non si allenta molto gradatamente verso la fine rimarcata da un pedale alla<br />

voce superiore.<br />

La Ricercata Ottava dell’ottavo tono è la più complessa dal punto di vista<br />

formale essendo, infatti, l’unica ad avere tre sezioni; in più è bitematica col secondo<br />

soggetto che si trasforma in controsoggetto del primo nella terza ed ultima sezione: si<br />

avvicina, quindi, alla forma della canzone. Questa Ricercata non presenta battute<br />

“strette” né particolari addensamenti di voci o intensificazioni ritmiche.<br />

Fasolo ha voluto dare un ordine sistematico secondo la teoria modale anche nelle<br />

canzoni; è una novità poiché nessuno prima di lui si era preoccupato di ciò. Persino<br />

Giovanni Maria Trabaci 391 , che tanta cura aveva a sua volta profuso nella pubblicazione<br />

dei suoi ricercari e dei versetti, ha pubblicato sette canzoni nel suo primo libro del 1603<br />

senza un ordine sistematico nella scelta dei modi ed una sola nel secondo libro del 1615.<br />

Fasolo, invece, riutilizza l’ordine già scelto per le ricercate con l’unica eccezione nella<br />

terza canzone che è in un tono misto di quarto e di terzo.<br />

Le canzoni del Fasolo sono spesso divise in tre sezioni con il soggetto della<br />

seconda sezione che contrasta ritmicamente e melodicamente con il soggetto d’apertura,<br />

generalmente col caratteristico ritmo dattilico; nella terza sezione, poi, il secondo<br />

soggetto funge da controsoggetto del primo, oppure il primo ritorna in doppio<br />

contrappunto con un nuovo controsoggetto più movimentato. I soggetti vengono<br />

sottoposti sia a diminuzione che a variazione ritmica e melodica. La notazione è in note<br />

nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Come spesso<br />

accade nell’Annuale, Fasolo è molto preciso nelle didascalie circa il modo di ciascuna<br />

canzona.<br />

Primo Tono accidentale. Canzone Prima. In questo caso, come nel brano alla<br />

fine del primo Magnificat, il primo tono è corredato da diversi segni di alterazione: i più<br />

frequenti sono il Sib , il Fa e Do# ma ricorrono anche il Mib ed il Sol#; tutte le cadenze<br />

sono tonali. Il soggetto presenta delle analogie col tema della Canzon prima di<br />

Tarquinio Merula 392 . La canzone è in tre sezioni (nei tempi C – 6/4 – C), il<br />

391 Cfr. Cap 3.3.<br />

392 Cera 2003, 102.<br />

133


controsoggetto della prima sezione diventa soggetto nella seconda sezione, la terza<br />

sezione riprende il soggetto 393 e il controsoggetto della prima.<br />

Secondo Tono trasportato alla quarta alta. Canzon Seconda. Il secondo tono è<br />

trasportato per mezzo del B molle. La canzone è in tre sezioni (tutte in tempo C e con<br />

indicazione di ritornello): prima e terza sezione coi medesimi soggetto e controsoggetto,<br />

la seconda con un soggetto indipendente non derivato da altre sezioni.<br />

La Canzone seconda ricalca il tema e buona parte dell’esposizione della Canzona quarta<br />

del secondo libro di toccate di Frescobaldi , trasposta un tono sopra e curiosamente in<br />

modo minore anziché maggiore. Il tema della Canzona di Frescobaldi viene variato da<br />

Fasolo con note ribattute in ritmo dattilico e una “figura circulans” ma lo sviluppo<br />

contrappuntistico fino a metà di battuta 8 coincide chiaramente con quello di Frescobaldi;<br />

il brano di Fasolo prosegue in modo del tutto autonomo. 394<br />

Tono misto di quarto col diesis e di terzo per seconda parte, con la cadenza<br />

naturale. Canzon Terza. La canzone è in quattro sezioni (tutte in tempo C): I, III e IV<br />

nel quarto modo con Fa diesis, II nel terzo modo naturale, l’unica ad avere la cadenza<br />

modale caratteristica del proprio modo. Ecco la distribuzione dei temi:<br />

I sezione: tema A (soggetto) 395<br />

II sezione: tema B (soggetto)<br />

III sezione: tema A diminuito (soggetto), tema B (controsoggetto)<br />

IV sezione: tema A modificato (soggetto), tema B modificato (controsoggetto).<br />

Quarto Tono naturale. Canzon Quarta. Questa canzone esordisce con 8 battute<br />

in forma di toccata, genere peraltro non rappresentato nell’Annuale. Le tre sezioni (nei<br />

tempi C- 6/8 – C) hanno lo stesso soggetto, modificato ritmicamente nella sezione<br />

centrale.<br />

Quinto Tono trasportato alla quarta. Canzon Quinta. Il brano, senza alterazione<br />

del b molle, si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C), di cui la seconda svolge in<br />

ritmo ternario un secondo soggetto contrastante col primo della prima parte, e termina<br />

con un breve “Adagio” cadenzante. La terza rielabora il primo soggetto sfociando in una<br />

coda di passaggi in semicrome.<br />

Sesto Tono naturale. Canzone Sesta. E’ insolitamente bipartita (nei tempi C –<br />

C3/2) e, pur essendo nel sesto tono naturale, presenta il Si bemolle in chiave dall’inizio.<br />

La prima sezione è molto lunga se paragonata alle altre canzoni, la seconda impiega lo<br />

stesso soggetto variato ritmicamente.<br />

Nella Canzona sesta Fasolo attinge di nuovo al secondo libro di toccate [di Frescobaldi],<br />

introducendo da battuta 61 quasi tutta la bellissima sezione imitativa cromatica della<br />

Toccata settima, questa volta senza trasposizione. 396<br />

Settimo Tono. Canzon Settima. Il brano presenta delle similitudini con la quinta<br />

canzone: si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C) con la seconda sezione che<br />

termina con una cadenza di tre battute in stile toccatistico. Vi è un unico soggetto,<br />

identico nella prima e nella terza sezione ma con controsoggetti differenti, variato<br />

ritmicamente ma non melodicamente nella seconda.<br />

393 Il primo tema della Canzon Prima è identico in tre composizioni di Tarquinio Merula: Capriccio,<br />

Canzon (I) e Canzon “La Loda”, cfr. T. MERULA, Composizioni per organo e cembalo a cura di Alan<br />

Curtis, Brescia, 1961, Paideia.<br />

394 Cera 2003, 106-107.<br />

395 Dopo l’esposizione del primo soggetto, Fasolo introduce tre battute e mezze molto simili al Capriccio<br />

sopra ut re mi fa sol la di Frescobaldi. Cfr Cera 2003, 107.<br />

396 Cera 2003,102.<br />

134


Ottavo Tono. Canzon Ottava. Questa canzone presenta una grande densità<br />

contrappuntistica e fluisce dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità; il soggetto<br />

cromatico, ricavato dal soggetto della Canzone terza del secondo libro di toccate di<br />

Frescobaldi e solo lievemente modificato, non varia durante il corso del brano ad<br />

eccezione delle battute 54-55 in cui la testa del soggetto è trasformata diatonicamente e<br />

proposta in aumentazione. Come il ricercare ottavo ha molte caratteristiche della<br />

canzone, così la canzone ottava ha molte caratteristiche del ricercare; i due brani,<br />

quindi, sono idealmente collegati da Fasolo che dimostra di avere attenzione<br />

all’equilibrio macrotestuale dell’Annuale 397 .<br />

Le quattro fughe sopra obblighi sono basate su un solo soggetto che, nel corso del<br />

pezzo, è sottoposto a variazioni di tipo diverso. Le fughe si dividono in due o tre sezioni<br />

e si trova sempre un controsoggetto che sostituisce quello usato nella prima esposizione<br />

ma che non viene mai impiegato come soggetto indipendente. La notazione è in note<br />

nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Anche in<br />

questa parte dell’Annuale il pensiero corre alla produzione organistica di Girolamo<br />

Frescobaldi. Frederic Hammond 398 ha rimarcato che i Capricci del 1624 ed i Fiori<br />

Musicali del 1635 del ferrarese contengono pezzi sopra tutti i quattro soggetti impiegati<br />

da Fasolo nelle sue fughe. Non si avverte, tuttavia, l’influenza compositiva di<br />

Frescobaldi nelle fughe di Fasolo, il quale segue il modello formale delle canzoni<br />

monotematiche.<br />

Sopra la Bergamasca. Fuga Prima. Benché sia difficile stabilire una relazione tra<br />

data di composizione e data di pubblicazione, è interessante istituire un paragone con la<br />

“Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il Ballo della<br />

Bergamasca” di Giovanni Salvatore 399 . Salvatore espone compiutamente il tema della<br />

Bergamasca mentre Fasolo fa intervenire la risposta già alla quinta nota del tema, ma<br />

entrambi presentano il soggetto nella sua veste melodica più consueta. Nella sua<br />

Bergamasca, Salvatore all’esposizione del tema fa seguire quattro variazioni<br />

caratterizzate da differenti trattamenti contrappuntistici; Fasolo preferisce tre sezioni<br />

(nei tempi C – C3/2 – C) con un episodio contrastante centrale ed un ritorno variato alla<br />

forma iniziale nella terza sezione che va a concludere con una coda in semicrome dove<br />

si sente al basso (battute 62 – 65) l’intero tema della Bergamasca come non si era udito<br />

nelle esposizioni delle tre sezioni.<br />

Girometta. Fuga Seconda. Molto più semplice appare la struttura formale della<br />

seconda fuga sopra la melodia popolare della “Girometta”: due sezioni in tempo C di<br />

cui la prima è in imitazione, la seconda presenta il soggetto sia in diminuzione che in<br />

aumentazione. Le seconda sezione viene denominata da Fasolo “Fuga d’inganno” forse<br />

per la presenza del Fa diesis nel soggetto che fa distare la seconda nota del tema di un<br />

tono dalla prima mentre nella prima sezione vi è un semitono.<br />

Sopra la Bassa Fiamenga. Fuga Terza La fuga è tripartita con tutte le sezioni in<br />

tempo C; la prima sezione è in stile imitativo, la seconda elabora solo la parte iniziale<br />

del soggetto (solo una volta il soggetto viene proposto integralmente ma col secondo<br />

inciso trasportato una quarta sopra, batt. 43 - 44) con un controsoggetto diverso, la terza<br />

riprende il soggetto così come proposto all’inizio ma il controsoggetto ha una forte<br />

caratterizzazione con ritmo puntato.<br />

Sopra Ut, Re, [Mi, Fa, Sol, La,] Fuga Quarta. Questa fuga, la più lunga delle<br />

quattro, ha anch’essa tre sezioni: la prima imitativa, la seconda contrastante in un<br />

tactus più lento con stanghette ad ogni breve, la terza più vivace e libera. Le tre sezioni<br />

397 Bacciagaluppi 1999, 74.<br />

398 Hammond 1979, 115 – 116, nota 68.<br />

399 Vedi Cap.5.1, 152.<br />

135


presentano una coerenza strutturale generata dal criterio delle entrate del soggetto che si<br />

fanno progressivamente sempre più ravvicinate. I pezzi che impiegano il tema<br />

dell’esacordo ascendente assumono in opere di altri autori il carattere programmatico<br />

dell’esplorazione di ogni recesso della tecnica compositiva e, per tale motivo, vengono<br />

collocati all’inizio delle raccolte; in Fasolo non si avverte questa esigenza . Il respiro di<br />

questa fuga, tuttavia, è decisamente più ampio e severo se paragonato alle altre tre.<br />

L’Annuale di Fasolo ha frequenti “colte citazioni”, soprattutto di Frescobaldi.<br />

Anche Giovanni Battista Fasolo doveva essere ripieno di ardore frescobaldiano e<br />

questo è confermato non solo dalle numerose citazioni ma anche dallo stile generale della<br />

musica contenuta nell’Annuale, generalmente assai vicina al Frescobaldi<br />

contrappuntistico piuttosto che a quello delle Toccate. Nella scrittura imitativa dei versetti<br />

e delle Ricercate ritroviamo la passione per i ritardi frequenti e il movimento tranquillo<br />

delle parti. Molti temi e controsoggetti delle Canzoni sono memori delle strutture<br />

ritmiche che Frescobaldi usa nel medesimo genere; anche la scrittura rallentata che<br />

conclude ogni sezione si ritrova in Fasolo, e così per molti altri dettagli riconducibili a<br />

Frescobaldi.<br />

L’Annuale apparve nel 1645, solo due anni dopo la morte di Frescobaldi e a ventuno e<br />

diciotto anni rispettivamente all’uscita del Capricci (1624) e del Secondo libro di Toccate<br />

(1627), le opere più spesso citate da Fasolo; perciò difficilmente Fasolo avrebbe potuto<br />

far passare inosservati i numerosi prestiti inseriti nelle sue musiche. Dunque prevarrebbe<br />

l’idea di citazione.[…]La visione si fa ancor meno rosea pensando alla lunghissima<br />

citazione di Sweelinck, musicista senz’altro sconosciuto in Italia ai tempi di Fasolo e che<br />

era facile contrabbandare in silenzio. 400<br />

Probabilmente Fasolo non ebbe intenzioni disoneste nel riportare, a volte anche<br />

integralmente, sezioni di brani di altri autori: la natura stessa dell’Annuale, compendio<br />

di musiche per la liturgia, potrebbe giustificare la citazione di altri autori; Fasolo non<br />

ricorre mai a musiche preesistenti nei brani esclusivamente liturgici (Inni, Magnificat,<br />

Versetti, etc) mentre le citazioni abbondano nei pezzi a destinazione liturgica non<br />

univoca (Ricercari , Canzoni, Fughe), eseguibili in momenti diversi: la presenza di altri<br />

autori dimostrerebbe l’impiego nella liturgia di brani per organo non pensati<br />

necessariamente per essa. Ai nostri occhi sarebbe sembrato più opportuno, tuttavia,<br />

sottolineare chiaramente la provenienza delle citazioni sul modello dell’ Adjunctum<br />

Frescobaldicum inserito da frate Spiridonis a Monte Carmelo (al secolo Johann<br />

Nenning) nel terzo volume della sua Nova instructio pro pulsandis organis 401 , trattato di<br />

composizione e di improvvisazione organistica pubblicato in Bamberga nel 1670.<br />

400 Cera 2003, 114-115.<br />

401 Ed. moderna a cura di Edoardo Bellotti, Andromeda Editrice, Colledara (Te), 2003.<br />

136


4.3 BERNARDO STORACE<br />

Il frontespizio della Selva di Varie Composizioni per Cimbalo ed Organo è l’unica<br />

fonte biografica di Bernardo Storace.<br />

SELVA<br />

DI VARIE COMPOSITIONI<br />

D’INTAVOLATURA PER CIMBALO<br />

ED ORGANO<br />

OVE SI CONTENGONO<br />

Capricci, e Partite Sopra Diverse Arie<br />

Toccate, Canzoni, e Recercari<br />

Correnti, Gagliarde, Balletti, Ciaccone<br />

Passagagli Sopra Varij Toni<br />

E nel Fine Una Pastorale<br />

DI<br />

BERNARDO STORACE VICE MAESTRO<br />

DI CAPPELLA DELL’ILL mo SENATO<br />

DELLA NOBILE ED ESEMPLARE CITTA’ DI<br />

MESSINA<br />

In Venetia 1664 Con Licenza de Superiori<br />

Il frontespizio è decorato con motivi floreali e con raffigurazioni di strumenti<br />

musicali: un’arpa, una viola da braccio, una viola da gamba, un liuto, una tiorba ed un<br />

organo portativo. Nella pagina successiva sono raffigurati due angeli nell’atto di aprire<br />

una tenda su uno sfondo bianco che avrebbe probabilmente dovuto accogliere la dedica:<br />

la Selva è l’unica fra le pubblicazioni esaminate in questo studio ad essere sprovvista di<br />

dedica.<br />

La Selva di Varie Composizioni, unica opera conosciuta di Bernardo Storace, è<br />

pervenuta ai nostri giorni in un unico esemplare che si trova nella Biblioteca del<br />

Conservatorio di Napoli 402 ;<br />

[…] assai difficili risultano gli agganci culturali, che devono basarsi quasi<br />

unicamente su considerazioni inerenti i tratti stilistici delle varie composizioni in essa<br />

contenute.<br />

Purtroppo non ci rimane neppure il nome dello stampatore che nel 1664 curò a<br />

Venezia l’edizione della raccolta facendola incidere su lastre di rame, procedimento<br />

notoriamente costoso e perciò riservato alle pubblicazioni più prestigiose. L’accurata ed<br />

elegante grafia dell’incisore, che si svolge sui due righi dell’intavolatura italiana per<br />

tastiera, mette in risalto il trattamento virtuosistico e tipicamente strumentale delle voci.<br />

In questo lo Storace si rivela più vicino alla scuola cembalo-organistica del nord che<br />

ai coevi compositori dell’area meridionale, nei quali l’uso dei quattro righi corrisponde ad<br />

402 Segnatura NA0059<br />

137


una maggior fedeltà a tecniche di scrittura tradizionali. A questi ultimi lo legano d’altra<br />

parte almeno una certa particolare predilezione per gli intervalli cromatici e il<br />

conseguente modo un po’ eccentrico di porre le dissonanze. Il non costante uso delle<br />

quattro voci, che sempre più diventerà una caratteristica idiomatica della letteratura<br />

clavicembalistica, indurrebbe anche a non considerare casuale il fatto che nella dicitura<br />

presente sul frontespizio della raccolta il Cimbalo si anteposto all’Organo. 403<br />

La Selva è l’unica pubblicazione di un compositore del sud d’Italia in intavolatura<br />

italiana per tutto il XVII secolo; i manoscritti, invece, la impiegano più frequentemente.<br />

Nel Manoscritto Rossi 404 , risalente ai primi anni del 1600, un capriccio di De Macque è<br />

intavolato, l’intero Manoscritto Cimino 405 del 1675 impiega l’intavolatura così come<br />

Gaetano Greco per i suoi pezzi per clavicembalo 406 risalenti alla fine del XVII secolo.<br />

L’opera di Storace può essere divisa in quattro parti:<br />

1. partite sopra “tenori” (Capriccio sopra il Passo e Mezzo, Passo e Mezzo,<br />

Altro Passo e Mezzo, Romanesca, Aria sopra la Spagnoletta, Monica,<br />

Partite sopra il Cinque Passi, Follia)<br />

2. variazioni su basso ostinato (quattro Passagagli ed una Ciaccona);<br />

3. danze stilizzate (Balletto, Ballo della Battaglia, due Correnti)<br />

4. pezzi organistici (due Toccate e Canzoni, due Ricercari ed una Pastorale).<br />

Tenendo sempre ben presente l’ambivalenza strumentale di tutti i brani, a mio<br />

parere, il titolo dell’opera rispecchia la distribuzione dei brani: i brani elencati ai punti<br />

1., 2. e 3. appaiono più appropriati al clavicembalo, i brani al punto 4. sono<br />

manifestamente organistici.<br />

PARTITE SOPRA TENORI<br />

La Selva inizia con tre brani sopra il Passo e mezzo; Storace non apre la sua<br />

pubblicazione con brani contrappuntistici “dotti”. Egli impiega il termine di Capriccio<br />

solo per il primo dei tre brani lasciando la semplice indicazione di Passo e mezzo e<br />

Altro Passo e mezzo per gli altri due.<br />

Il Capriccio è fondato sul passo e mezzo moderno, gli altri due sul passo e mezzo<br />

antico; le singole “partite” sono dilatate poiché Storace impiega le note fondamentali del<br />

passo e mezzo arricchite da ornamenti armonici: le otto note fondamentali del “passo e<br />

mezzo nuovo” (I – IV – I – V – I - IV – I – V – I) coprono 18 battute di semibrevi.<br />

Ecco lo schema armonico della prima variazione:<br />

Basso fondamentale del passo e mezzo Gradi intermedi (ornamento armonico)<br />

I – LA 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) - 7(sol) –<br />

1(la)<br />

IV – RE 1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 7(do#) –<br />

6(si)<br />

I – LA 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 7(sol#) –<br />

6(fa#)<br />

V – MI 1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 7(re) –<br />

1(mi)<br />

I – LA 1(la) – 7(sol) – 1(la)<br />

IV – RE 1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 5(la)<br />

I – LA 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 5(mi)<br />

403 Introduzione all’edizione anastatica curata da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1982.<br />

404 Vedi Cap. 3.2.<br />

405 Vedi Cap. 5.2<br />

406 Lippman, 1987, 285-306.<br />

138


V – MI 1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 6(do#) –<br />

7(re) – 1(mi)<br />

I – LA 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la)<br />

Questo schema armonico resta inalterato per altre tre variazioni, per poi arricchirsi<br />

di cadenze sospese intermedie e di progressioni nell’ultima variazione.<br />

La scrittura di Storace non è rigidamente vincolata alle quattro voci, è orientata<br />

all’esaltazione dei rapporti tonali e preannuncia forme e stilemi propri della letteratura<br />

clavicembalistica del XVIII secolo; convivono, però, espressioni tipiche frescobaldiane<br />

quali le doppie tirate in semicrome.<br />

Storace varia spesso l’andamento metrico delle variazioni impiegando anche nomi<br />

di danze (gagliarda e corrente).<br />

Ecco lo schema ritmico delle variazioni dei tre “Passi e mezzo”.<br />

Capriccio sopra il passo e mezzo<br />

Prima Parte – tempo C.<br />

Seconda Parte – tempo C.<br />

Terza Parte – tempo C.<br />

Quarta Parte – tempo C.<br />

Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Settima Parte – CORRENTE – tempo 6/4<br />

Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 12/8 (anche 8/12 e C)<br />

Passo e mezzo<br />

Prima Parte – tempo C.<br />

Seconda Parte – tempo C.<br />

Terza Parte – tempo C.<br />

Quarta Parte – tempo C.<br />

Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4<br />

Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4<br />

Altro passo e mezzo<br />

Prima Parte – tempo C.<br />

Seconda Parte – tempo C.<br />

Terza Parte – tempo C.<br />

Quarta Parte – tempo C.<br />

Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2<br />

Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4<br />

Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4<br />

Le altre partite sono la Romanesca, l’Aria sopra la Spagnoletta, la Monica, il<br />

Capriccio sopra Ruggiero, le Partite sopra il cinque Passi e la Follia. Qui le note dei<br />

“tenori” coincidono con il basso fondamentale delle singole partite; in ciascuna partita<br />

della Romanesca la cadenza conclusiva del “tenore” viene ripetuta 407 .<br />

A differenza dei Passi e mezzo, le partite sopra i “tenori” non presentano cambi di<br />

metro ad eccezione di Monica e la Follia.<br />

Romanesca: sei parti in tempo C.<br />

407 Cfr. Cap. 5.3, 186.<br />

139


Aria sopra la Spagnoletta: sei parti in tempo 6/4.<br />

Monica: prime sei parti in tempo C, settima e ottava in tempo 12/8 (corrente).<br />

Capriccio sopra Ruggiero: nove parti in tempo C.<br />

Partite sopra il cinque Passi: 15 parti in tempo C.<br />

Follia:le prime tredici parti in tempo 6/4, dalla quattordicesima alla diciottesima<br />

in tempo 3/2.<br />

Storace predilige il criterio intensivo nell’articolazione delle variazioni: le prime<br />

sono sempre ben fissate nella struttura armonica, le successive presentano delle<br />

figurazioni sempre più diminuite; ciascuna partita viene caratterizzata da una chiara<br />

figurazioni ritmica. In presenza di metri ternari è frequente il salto di ottava tra le due<br />

voci gravi che marca il senso tonale del passaggio: la nota all’ottava grave giunge<br />

alternativamente dopo una o due pause (Fig 4.3.1.) creando un forte accento ritmico.<br />

Fig. 4.3.1.: Storace, Capriccio sopra Ruggiero, batt. 2-3.<br />

Nei metri binari, Storace impiega con più regolarità le imitazioni contrappuntistiche<br />

tra le varie parti; generalmente vengono diminuite prima le voci acute e<br />

successivamente quelle gravi.<br />

VARIAZIONI SU BASSO OSTINATO<br />

Storace pubblica quattro Passagagli ed una Ciaccona così articolati:<br />

Titolo<br />

Passagagli pag. 43<br />

N.°<br />

di<br />

frasi<br />

140<br />

Tonalità<br />

Tempo<br />

Sottotitoli<br />

Prima partita 31 La min. 3/2<br />

Seconda partita 8 La min. 3/2 Altro<br />

modo<br />

Terza partita 7 La min 3/2<br />

Quarta partita 13 La min 6/4<br />

Quinta partita 19 La min 6/4<br />

Sesta partita 20 La min. 6/4<br />

Passagagli pag. 50<br />

Prima partita 27 Do min. 3/2<br />

Seconda partita 14 Do min. 6/8 Altro<br />

modo<br />

Terza & Ultima partita 20 Do min. 3/2 A tempo<br />

Passagagli pag. 56<br />

Prima partita 13 Re min. 3/2


Seconda partita 14 Re min. 3/2 Modo<br />

pastorale<br />

Passa ad altro tono 1 Modul. 3/2<br />

Prima partita 4 La min. 3/2 Modo<br />

pastorale<br />

Seconda partita 7 La min. 3/2 Altro tono<br />

Terza partita 5 La min. 3/2 Vario<br />

Quarta partita 8 La min. 3/2 Ordinario<br />

Passa ad altro tono 1 Modul. 3/2<br />

Prima partita 11 Mi min. 3/2<br />

Seconda partita 9 Mi min. 12/8 Altro<br />

modo<br />

pastorale<br />

Passa ad altro tono 1 Modul. 12/8<br />

Prima partita 11 Si min. 3/2 A tempo<br />

Seconda<br />

partita<br />

& ultima 10 Si min. 3/2<br />

Passagagli pag. 65<br />

(Senza titolo) 21 Fa min. ¾<br />

Passa ad altro tono 1 Modul. ¾<br />

(Senza titolo) 15 Sib min. ¾ Grave<br />

Passa ad altro tono 1 Modul. ¾<br />

(Senza titolo) 36 Mib<br />

magg.<br />

¾ Allegro<br />

Ciaccona<br />

Prima parte 51 Do<br />

magg.<br />

3/1<br />

(Frase modulatoria) 1 Modul. 3/1<br />

Seconda parte 13 Fa<br />

magg.<br />

9/8<br />

(Frase modulatoria) 1 Modul. 9/8<br />

Terza parte 15 Sib<br />

magg.<br />

9/8<br />

(Frase modulatoria) 1 Modul. 9/8<br />

Quarta & ultima parte 27 Do<br />

magg.<br />

3/1<br />

I Passagagli sono generalmente in tempo ternario mentre la Ciaccona privilegia<br />

l’organizzazione metrica senaria.<br />

[…] ciaccona e passacagli sono contraddistinti da due “bassi armonici” molto affini:<br />

nel giro di due o di quattro battute il basso si porta dalla tonica alla dominante, per<br />

ricadere sulla tonica alla ripresa del basso stesso. Nei passacagli il basso scende<br />

generalmente per grado congiunto dalla tonica al sesto grado per poi esporre la formula<br />

cadenzante ([terzo], quarto e quinto grado); nella ciaccona il basso suole invece portarsi<br />

direttamente dalla tonica alla dominante, poi al sesto grado, indi cadenzare in modo<br />

analogo, se non del tutto identico ai passacagli. 408<br />

408 Tagliavini 1983, 124. Si veda anche Hudson 1967.<br />

141


Storace impiega il cambio di tempo come elemento distintivo di sezioni differenti a<br />

volte scrivendo indicazioni quali “modo pastorale”, “a tempo”, “grave”, “allegro”,<br />

“vario” ed “ordinario”. Il “modo pastorale” si caratterizza per l’imitazione degli stilemi<br />

tipici delle musiche siciliane per zampogna 409 .<br />

Storace impiega diverse formule armoniche per differenziare le varie partite ma non<br />

cambia mai formula all’interno di esse. La tabella 410 mostra la tipologia e la frequenza<br />

delle formule armoniche impiegate da Storace.<br />

I Passagagli e la Ciaccona di Storace rappresentano il punto di massimo sviluppo<br />

di queste forme musicali nel XVII secolo; si avverte l’influenza dello stile di<br />

Frescobaldi 411 ma Storace mostra una sensibilità tonale molto più spiccata. Anche le<br />

figurazioni melodiche sono concepite a supporto delle relazioni tonali, sono organizzate<br />

ritmicamente in maniera rigida e solo in due casi si trovano delle cadenze conclusive<br />

nello stile libero di toccata: al termine del terzo Passagaglio e della Ciaccona.<br />

DANZE STILIZZATE<br />

Storace inserisce due balletti e due correnti. Il primo Balletto è diviso in sei<br />

sezioni, cinque in tempo quaternario, l’ultima in tempo ternario e denominata<br />

“corrente”; le sei sezioni ripetono lo stesso schema armonico risultante da due semifrasi<br />

ripetute (la prima nel tono d’impianto, la seconda modulante). La scrittura, di tipo<br />

clavicembalistico, indulge in frequenti salti di ottava al basso che marcano i tempi forti<br />

delle battute.<br />

Il Ballo della Battaglia ha la seguente struttura formale: AABCADA. Il tema<br />

principale (A) è pomposo e solenne, il basso marca per il tutto il pezzo i tempi forti<br />

delle battute e si odono, nelle sezioni secondarie, effetti di eco. Adriano Banchieri,<br />

nell’edizione del 1611 dell’Organo suonarino dichiara che è<br />

[…] permesso per consuetudine il giorno di Pasqua di Resurrezione suonare una<br />

battaglia che sia onesta & conforme alla sacra Sequenza Paschale, Mors et vita<br />

duello[…] 412<br />

Il genere della “battaglia” ha avuto anche grande diffusione presso gli organisti<br />

spagnoli. Nella forma iberica il pezzo è generalmente tripartito: l’appello alle armi con<br />

frequenti note ribattute ad imitazione delle trombe ed effetti d’eco, il combattimento<br />

con lunghe sequenze di accordi insistiti, la vittoria con carattere di marcia trionfale.<br />

Anche in Spagna le “battaglie” venivano suonate nel giorno di Pasqua a simboleggiare<br />

la vittoria della vita sulla morte 413 . In Italia solo Frescobaldi ha pubblicato un<br />

“Capriccio sopra la battaglia” 414 mentre nessun compositore napoletano o siciliano ad<br />

eccezione di Storace ne ha scritto. Il Ballo della Battaglia di Storace non segue la<br />

tripartizione del modello spagnolo ma gli stilemi tipici sono tutti presenti benché<br />

stilizzati e sintetizzati.<br />

Le due Correnti sono scritte nel convenzionale metro ternario e presentano una<br />

scrittura abbastanza semplice; si riscontra frequentemente il tipico salto d’ottava al<br />

basso.<br />

409 Vedasi in questo stesso capitolo l’analisi della Pastorale.<br />

410 Vedi volume II, tavola n.° 4.<br />

411 Le monumentali Cento partite del 1637 costituiscono il più alto contributo dato da Frescobaldi<br />

all’inserimento dei passacagli e delle ciaccone nel repertorio per strumento da tasto in Europa.<br />

412 Citato in Donati 2003, 145.<br />

413 Ancora oggi alcuni organisti spagnoli suonano regolarmente una “battaglia” la domenica di Pasqua.<br />

414 Frescobaldi 1637.<br />

142


PEZZI ORGANISTICI<br />

Gli ultimi brani della Selva appaiono stilisticamente molto appropriati all’organo: vi<br />

sono lunghe note tenute, non ci sono più i salti di ottava al basso per marcare i tempi<br />

forti delle battute, le figurazioni prediligono maggiormente i gradi congiunti.<br />

Quando Storace inserì nella Selva le due Toccate e Canzon, c’era stato un solo<br />

precedente nell’Italia meridionale di fusione di due forme musicali: la Toccata e<br />

Ricercare del secondo libro di Giovanni Maria Trabaci (1615) 415 . Storace non opta,<br />

però, per la non soluzione di continuità tra i brani: sia le toccate che le canzoni possono<br />

essere eseguite indipendentemente. Le toccate ricalcano le caratteristiche elaborate e<br />

perfezionate da Mayone, Trabaci e Salvatore, le canzoni appaiono, invece, un po’<br />

semplici: la prima, infatti, è in un’unica sezione in tempo quaternario, la seconda è in<br />

due sezioni (tempo C e C3) con cadenza conclusiva in stile toccatistico molto affine agli<br />

esempi di Trabaci.<br />

Il primo Ricercar dell’undicesimo tono trasportato è a quattro voci, con tre fughe<br />

ed è diviso in quattro sezioni:<br />

I sezione – soggetto A 416 (tenore – canto – alto – basso)<br />

II sezione – soggetto B cromatico (basso – tenore – alto – canto)<br />

III sezione – soggetto C (alto – tenore – canto – baso)<br />

IV sezione – combinazione dei tre soggetti<br />

E’ un ricercare politematico, organizzato in sezioni che presentano a turno i soggetti;<br />

questa forma non ha riscontri in nessun altro compositore dell’Italia meridionale del<br />

XVII secolo essendo, infatti, preferito il ricercare multitematico in cui i differenti<br />

soggetti sono trattati contemporaneamente.<br />

Il secondo Recercar del terzo tono naturale è pure a quattro voci con due fughe.<br />

Non vi sono sezioni distinte ma i due soggetti non si accavallano mai nell’esposizione:<br />

esordisce il soggetto A con quattro entrate (Alto – Tenore – Canto – Basso) cui seguono<br />

altrettante entrate del soggetto B (Canto – Tenore – Alto – Basso). Nel corso del<br />

ricercare i due soggetti si intrecciano alla maniera di Trabaci o di Salvatore.<br />

I ricercari sono gli unici brani della Selva che mantengono dall’inizio alla fine la<br />

distribuzione rigorosa delle quattro voci, la scrittura è rigorosa ed osservata, il<br />

contrappunto è fluido e non cade mai di interesse; entrambi i ricercari concludono con<br />

una cadenza plagale preceduta da una risoluzione di sensibile sul quarto grado:<br />

Fig. 4.3.2: Storace, Recercar primo, batt. 137-138.<br />

La Pastorale che chiude la Selva, è una trascrizione delle sonate natalizie delle<br />

zampogne a paro della Sicilia orientale e della provincia di Messina in particolare.<br />

415 Cfr. cap. 3.4, 105.<br />

416 Il soggetto A è identico al tema del Ricercar con obligo di cantar la quinta parte senza toccarla di<br />

Frescobaldi pubblicato nei Fiori Musicali (1635).<br />

143


La figurazione ritmica, l’accompagnamento per terze della seconda voce, l’ostinato<br />

ripetersi delle medesime cellule melodiche e l’evidente modularità della costruzione<br />

fanno pensare all’intera “Prima parte” della Pastorale come alla dilatazione di una<br />

toccata introduttiva di quelle zampogne a paro che Bernardo Storace senza dubbio sentiva<br />

suonare, in occasione del Natale, per le strade e nelle chiese di Messina dai pastori discesi<br />

dai colli che circondano la città. 417<br />

La Pastorale si suddivide in quattro parti dalle indicazioni ritmiche differenti: la<br />

prima è in tempo C, la seconda in 3/2 e 6/4 (il cambio metrico coincide con<br />

l’indicazione di “Aria”), la terza parte, con l’indicazione di “Allegro”, è in C come pure<br />

la “Quarta ed ultima parte”.<br />

La struttura complessiva della composizione ricalca del resto, in forma ampliata, la<br />

successione di movimenti delle sonate natalizie delle zampogne a paro della Sicilia<br />

orientale, che prevede, appunto, una breve toccata, cui seguono senza soluzione di<br />

continuità un’aria in tempo lento e un movimento di danza. 418<br />

La pastorale di Storace potrebbe essere eseguita così com’è su una zampogna<br />

messinese: la lunga nota al pedale equivale alla note “re” del bordone, le due voci<br />

affidate alla tastiera hanno la tessitura compatibile ai due “chanter” . L’organista deve<br />

solo tener presente la differente modalità di emissione sonora delle canne labiali<br />

dell’organo rispetto alle ance doppie dello strumento popolare.<br />

La Selva di Storace spicca per originalità nel panorama musicale dell’Italia<br />

meridionale del XVII secolo. I maestri napoletani hanno certamente influito nel<br />

carattere inquieto delle toccate e nella sapienza contrappuntistica dei ricercari ma gran<br />

parte della Selva sembra essere idealmente legata all’opera di Frescobaldi. Storace è<br />

l’unico dei meridionali a scrivere Passagagli e Ciaccone e solo Frescobaldi prima di lui<br />

aveva dedicato a strumenti da tasto questo genere di composizioni. Storace, sfrutta una<br />

vasta gamma di “tenori” per le variazioni, operando scelte molto simili a quelle di<br />

Frescobaldi. Anche la composizione di Battaglie e di Pastorali, generi totalmente<br />

sconosciuti ai napoletani fino a tutto il XVII secolo, accomunano Storace e Frescobaldi.<br />

La diffusione del cognome di Storace è particolarmente estesa sia in Campania che<br />

nel Lazio per cui non è da escludere che Storace fosse laziale e, quindi, abbia subito<br />

l’influsso dell’arte di Frescobaldi, e che solo in una seconda fase sia entrato in contatto<br />

con la scuola tastieristica napoletana durante il suo soggiorno a Messina, unico episodio<br />

conosciuto e documentato della sua vita.<br />

417<br />

Staiti 1997,134. A questa stessa pubblicazione si rimanda per la comparazione e l’analisi dettagliata<br />

delle formule melodiche.<br />

418<br />

Ibidem, 134<br />

144


5. LA CONCLUSIONE DI UN CICLO<br />

Con il Secondo libro delle ricercate di Giovanni Maria Trabaci, stampato nel<br />

1615, la pubblicazione di opere destinate agli strumenti a tastiera si ridusse drastimente.<br />

Tutta l’editoria napoletana ebbe un calo a partire dal 1613 per diventare un vero e<br />

proprio crollo dopo il 1623 419 . Gravi difficoltà economiche e finanziarie provocate dalla<br />

politica monetaria del governo causarono a Napoli moti e tumulti.<br />

Pressione tributaria progressivamente accelerata, difficoltà annonarie e monetarie sempre<br />

più presenti, una inflazione di grandi proporzioni e l’influenza di una congiuntura<br />

economica recessiva sul lungo periodo portarono l’emarginazione e le tensioni sociali ai<br />

limiti estremi. Bastò, quindi, un fatto occasionale come l’imposizione di una nuova<br />

gabella sulla frutta per scatenare il 7 luglio 1647 la rivolta di Masaniello. Questi moriva<br />

solo dieci giorni dopo, ma la rivolta durò fino al 5 aprile dell’anno seguente. 420<br />

Altri gravi problemi tormentarono Napoli.<br />

Nel 1656 la funestò una peste di inaudita violenza. Si possono stimare al 60% della<br />

popolazione gli abitanti che ne furono falciati. Benché ancora una volta una grande<br />

immigrazione e la forte spinta demografica postepidemica la ripopolassero velocemente,<br />

alla fine del sec XVII Napoli aveva all’incirca il 25% in meno degli abitanti del 1656 421<br />

L’attività musicale non poté non essere stravolta dall’infausto evento.<br />

Una ventina di musici della real cappella è colpita dalla peste e scompare dal registro di<br />

pagamento: muoiono tra gli altri Ansalone, Boccia, Coya, “Petrillo”, Guarino, Letizia,<br />

Magnati, Romano, Scotto, Zuena, i due organari Molinaro e Sicola (al cui posto sarà<br />

assunto un unico personaggio nel 1658, Filippo Pelegrino “organaro y cimbalaro” con<br />

stipendio raddoppiato a 12 ducati). Tanti altri importanti musici napoletani muoiono in<br />

questa fatale congiuntura. In data 29 luglio 1656, il registro della Scrivania di Razione<br />

reca la notizia della scomparsa del maestro di cappella Andrea Falconieri 422 .<br />

Passeranno due anni prima che venga nominato un nuovo maestro: sarà Filippo<br />

Coppola, un napoletano già assunto nella real cappella come organista nel 1656 423 .<br />

Tra il 1615 e il 1700 furono pubblicate a Napoli solo due opere per strumenti da<br />

tasto: i Ricercari a quattro voci, canzoni francesi, toccate e versi di Giovanni Salvatore<br />

(1641) ed i Capricci da sonare cembali e organi di Gregorio Strozzi (1687); tra le due<br />

pubblicazioni si colloca il Manoscritto Cimino (1675), prezioso documento che getta<br />

luce sulla prassi organistica della seconda metà del XVII secolo e sulla circolazione<br />

delle musiche degli autori più influenti.<br />

419 Pompilio 1983, 87-88.<br />

420 Galasso 1983, 26.<br />

421 Galasso 1983, 26-27.<br />

422 Fabris 1987a, 71.<br />

423 Filippo Coppola era nato a Napoli nel 1628 ed aveva studiato musica fin da ragazzo con Giovan Maria<br />

Sabino, dopo la cui morte (1649) divenne maestro all’Annunziata. Nel 1656 fu assunto nella real<br />

cappella, dapprima come organista, e due anni dopo come maestro. Nel 1660 divenne anche maestro al<br />

Tesoro di S. Gennaro e, poco dopo, maestro di cappella presso i Filippini; morì nel 1680 e venne<br />

rimpiazzato dal veneziano Andrea Ziani. Due anni prima, Coppola aveva impedito che avesse effetto una<br />

delibera che ne decretava la sostituzione con Provenzale al Tesoro di S. Gennaro (Fabris 1987a, 71-72).<br />

145


5.1 GIOVANNI SALVATORE<br />

Una annotazione presente sul frontespizio della Selectio concentica Psalmorum<br />

quinque vocibus inscripta multorum, pubblicata da Fra Bartolomeo Cappelli presso<br />

Ottavio Beltramo nel 1645 424 , reca scritto: “Ad usum d. Joannis Salvatore Castri<br />

Veneris”. Il luogo di nascita sarebbe, quindi, Castelvenere, oggi in provincia di<br />

Benevento. Giovanni Salvatore era nel 1682 insegnante presso il Conservatorio dei<br />

Poveri di Gesù Cristo 425 all’età di settentadue anni: l’anno di nascita, quindi, è il 1610.<br />

Ulisse Prota Giurleo 426 sostiene che furono suoi maestri Giovanni Maria Sabino<br />

ed Erasmo de Bartolo 427 , meglio conosciuto come Padre Raimo. Il legame di Giovanni<br />

Salvatore con Padre Raimo è testimoniato da una scritta autografa nell’ultima facciata<br />

della parte dell’organo della Messa a cinque voci, autografa, D. Joanne auctore,<br />

conservata presso l’archivio dei Padri Filippini di Napoli 428 :<br />

Laus Deo atque Beat.me Virgini Mariae. A Beato Philippo Nerio. Jam, mi Erasme, tua<br />

adimplevi mandata; corrige nunc quaeso quod fieri jussisti. Anno D.ni 1640, Die 4 8bris<br />

(sic).<br />

Esattamente un anno dopo la Messa, Giovanni Salvatore fa pubblicare i<br />

RICERCARI / A QUATTRO VOCI / CANZONI FRANCESI / TOCCATE / ET VERSI /<br />

Per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro, / COMPOSTE / DAL R. D.<br />

GIOVANNI SALVATORE / Organista nella Real Chiesa di San Severino de’ / RR. PP.<br />

Benedettini di Napoli. / LIBRO PRIMO. / IN NAPOLI, appresso Ottavio Beltramo,<br />

MDCXXXXI. / CON LICENZA DE’ SUPERIORI.<br />

Il frontespizio ci fornisce nuove informazioni sul compositore: fu prete ed<br />

organista in San Severino a Napoli; non sappiamo se prima dell’incarico di organista a<br />

San Severino fu organista presso altre chiese. L’indicazione di Primo Libro fa supporre,<br />

inoltre, che Giovanni Salvatore intendesse successivamente cimentarsi in qualche altra<br />

pubblicazione di musica organistica.<br />

Giovanni Salvatore fu insegnante presso il Conservatorio alla Pietà dei Turchini<br />

tra il 1662 e il 1673 ed ai Poveri di Gesù Cristo 429 dal 1675 al 1688, anno in cui Don<br />

Gennaro Ursino lo sostituì nell’insegnamento. La morte deve essere sopraggiunta subito<br />

dopo poiché a partire da quell’epoca non abbiamo più notizie di Giovanni Salvatore.<br />

424<br />

Cfr.Prota-Giurleo 1962, 115.<br />

425<br />

Ibidem, 117.<br />

426<br />

Ibidem, 116-117; Giovanni Maria Sabino nacque a Turi (Bari) verso la fine del XVI secolo. Fu prete,<br />

insegnò presso il Conservatorio della Pietà dei Turchini (1622-26), fu organista presso le chiesa di San<br />

Barbara in Castel Nuovo (1627), quella dei Filippini (1630), all’Annunziata (1634) succedendo a Camillo<br />

lombardi. Morì nel 1649.<br />

427<br />

Ibidem, 116-117; Erasmo De Bartolo nacque a Gaeta nel 1606. Fu cantore della Real Cappella di<br />

Napoli. Nel 1636 entra nell’Ordine Oratoriano dei Filippini dove continuò la sua attività di compositore<br />

fino alla morte giunta nel 1656.<br />

428<br />

Ibidem, 116.<br />

429<br />

Di Giacomo 1929, 158-160.<br />

146


5.1.1 RICERCARI A QUATTRO VOCI, CANZONI FRANCESI,<br />

TOCCATE ET VERSI<br />

per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro (1641)<br />

L’unico esemplare a stampa dell’opera si conserva al British Museum di Londra:<br />

proviene ex libris Antimi Liberati Fulginatis 430 , e quindi ex libris Thome Carapella<br />

Cerritanensis da identificarsi col musicista Tommaso Carapella nato a Cerreto Sannita<br />

nel 1653 e morto a Napoli nel 1736. Il libro dei Ricercari è l’unica opera<br />

esclusivamente strumentale data alle stampe da Giovanni Salvatore.<br />

Ecco la dedica:<br />

Alla Molt’Illustre Signora, & Padrona mia Osservandissima<br />

Signora Adriana Basile 431 .<br />

Già che la famosa Impresa del Basilisco di V. S. che col suo ma-<br />

estevole sibilare doma le più crude fiere; che nutrano i deserti Libici,<br />

pennelleggia al vivo all’occhi d’Intendenti la Musica, la quale in<br />

guisa di canoro Serpe, sprigionato dall’antro della bocca, serpeg-<br />

giando per lo labirinto dell’orecchio, morde l’udito, ed avvelena dol-<br />

cemente i sensi, non istimi V.S. leggerezza di sentimento, se la ri-<br />

verisco qual trasumanata Imperatrice, c’ha per insegna l’istessa Mu-<br />

sica, quando del Basilisco, à cui concesse Natura un candido dia-<br />

dema, vien riconosciuta da tutti qual signora, che porta la corona del<br />

secolo Musicale; aggiungendovi, ch’il sibilante grido della sua canta-<br />

trice fama mai trovò passione sì fiera, che non la frenasse, soggio-<br />

gando sotto il suo Imperio la miglior parte di musici. E trovasi anco<br />

pellegrino ingegno, che non contento di sì sollevato titolo, l’asso-<br />

migli all’Aurora, mentre ravvisa, che dall’occhi del suo Basilico<br />

Serpe scatena per le foci delle pupille una porporeggiante luce, prop-<br />

rio freggio dell’Alba, che trà lucidi crepuscoli imporporata lampeg-<br />

gia. Basta ogni conceputo ingrandimento di lode è convenevole, ma<br />

non adeguato all’eccesso del mostruoso ingegno di V.S. quale se<br />

riconosco per celebrata Reina del mondo musicale, inchino l’urna<br />

d’un divoto core con la rozza mano di Sonatrice Composizione, acciò<br />

col dolce latte della sua cortesissima gentilezza, traboccante da sì<br />

regnante Giunone, me venga invitto Alcide trà le deitati della musica<br />

pomposamente annoverato. Che se l’ammiro come luminosa Aurora del<br />

Canto, che nell’oriente anco della gloria hà sbendato il Sole della<br />

Musica qual stridente Uccelletto, ricoverato all’ombre del mio poco sa-<br />

vere gli offero un salutevole tributo di sonora carta: In somma ,sia<br />

come si voglia, non condanni per sfacciato ardimento la presente<br />

Compositione, che riguardando dalla Casata Basile gittarsi la base<br />

della musica, hà fatto ricorso alla favorevole protettione di V.S.<br />

430 Di Antimo Liberati abbiamo una famosa Lettera scritta in risposta ad una del Sig Ovidio Persapegi<br />

che gli fa istanza di voler vedere, ed esaminare i Componimenti di Musica fatti dalli cinque Concorrenti<br />

nel Concorso per il posto di Maestro di Cappella della metropolitana di Milano fatto sotto il dì 18 Agosto<br />

1684 (Roma, 1685, Mascardi) ricca di giudizi sui più importanti compositori del suo tempo ma utile<br />

anche per risalire al criterio con cui venivano formulati i giudizi. Cfr Prota-Giurleo 1962, 116-117.<br />

147


acciò tiranneggiata dalla propria debolezza, non traballi per gli mon-<br />

tuosi dirupi di malediche lingue, alle cui scosse intatta sempre vis-<br />

se V. S. alla quale di nuovo offero l’interno d’un obbligato core.<br />

Napoli il primo di Ottobre 1641<br />

Di V.S. molt’Illustre<br />

Humilissimo Servo<br />

Giovanni Salvatore<br />

Adriana (o Andreana) Basile è l’unica donna napoletana del Cinque e Seicento<br />

di cui si sa che abbia composto musica; il suo repertorio comprendeva ben 300 canzoni<br />

in italiano e spagnolo che si accompagnava all’arpa o alla chitarra 432 . Nata a Posillipo<br />

tra il 1580 e 1583, durante la sua carriera di cantante fu a Mantova, Firenze, Modena,<br />

Roma e Napoli dove probabilmente morì dopo il 1642. Fu in contatto con le famiglie<br />

dei Gonzaga, Carafa, Barberini. Al tempo della dedica del 1641, Adriana Basile era in<br />

stretti rapporti con Don Alvarez de Toledo, Duca di Alba e Viceré di Napoli.<br />

Probabilmente Giovanni Salvatore, agli inizi della sua carriera di musicista, pensò che<br />

dedicare i suoi ricercari ad Adriana Basile equivaleva ad ingraziarsi il Viceré di Napoli.<br />

Colpisce, comunque, il tono della dedica incentrata esclusivamente sull’esaltazione dei<br />

valori musicali; Adriana Basile è la Molt’Illustre Signora, & Padrona mia<br />

Osservandissima destinataria della dedica per le sue grandi virtù di musicista piuttosto<br />

che per privilegio di casato.<br />

La stampa del 1641 contiene otto ricercari, quattro canzoni alla francese, due<br />

toccate e versi per tre messe: per le Domeniche dell’anno, per gli Apostoli e feste<br />

doppie, per la Madonna. Viene utilizzato il sistema in partitura a quattro pentagrammi<br />

tipico dei musicisti napoletani.<br />

Negli otto ricercari, tutti a quattro voci, Giovanni Salvatore si allaccia idealmente<br />

all’opera di Giovanni de Macque e Giovanni Maria Trabaci che avevano composto dei<br />

cicli di ricercari nei dodici toni accogliendo pienamente la teoria espressa da<br />

Glareano 433 . Salvatore, invece, resta fedele agli otto toni tradizionali mostrando di<br />

condividere il punto di vista espresso da Scipione Cerreto 434 :<br />

[…] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie del Diapason, le<br />

quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione dovremo<br />

credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […]<br />

essendo infatti<br />

[…] il Nono, Decimo, undecimo e Duodecimo […] formati con le prime Diapente,<br />

e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi primi otto Modi moderni […]<br />

Nei casi di toni trasportati e finti, Salvatore non segue le indicazioni di Cerreto 435 :<br />

un tono trasportato viene indifferentemente indicato come tuono finto o tuono<br />

432 Parisi 1980,839-840.<br />

433 Vedi nota 329, Cap. 3.4.<br />

434 Scipione Cerreto 1601, 96 e segg.<br />

435 Per tanto si deve considerare che tali otto Modi incitati, ò vero Trasportati sono della medesima<br />

natura delli primi otto mostrati (gli otto toni naturali, n. d. s.)… ma in altri luoghi dell’Introduttorio di<br />

Guidone … e perciò si dicono Modi acquisiti per b molle (Cerreto 1601, 112). I modi fitti, ò finti… sono<br />

stati da Musici detti con questo nome…perché si fingono le quattro Diapente, & tre Diatessaron con due<br />

maniere di segni, alcuni con tre b molli, & alcun altri con tre h quadri (corrispondenti ai nostri #, n.d.s.),<br />

148


trasportato. Ciascun ricercare ha un‘intestazione che indica il tono e il numero dei temi<br />

impiegati.<br />

Ricercare del Primo Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto appare<br />

nell’esposizione al Tenore, al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare<br />

alla battuta 3 al Tenore, al Soprano, all’Alto ed al Basso; il terzo soggetto appare alla<br />

battuta 7 al Canto, all’Alto con qualche variante ritmica, al Tenore ed al Basso.<br />

L’esposizione termina con una cadenza al tono d’impianto. C’è un’altra cadenza<br />

marcata tra le battute 44 e 45 il cui modello verrà ripetuto per la chiusa finale. Il primo<br />

soggetto appare nel ricercare altre19 volte con la variazione frequente del valore della<br />

prima nota che da semibreve, diventerà minima ed anche seminimima; in tre casi il tema<br />

è diminuito mentre non si riscontrano inversioni o aumentazioni. Il secondo soggetto<br />

appare altre 19 volte con qualche occasionale modificazione ritmica e melodica; il tema<br />

non ha inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il Terzo soggetto appare altre 27 volte<br />

con variazioni ritmiche all’incipit e diminuzioni. L’indicazione ritmica è il tempo<br />

imperfetto mediato 436 .<br />

Ricercare Secondo, del Secondo Tuono alla quarta alta, con 2 fughe, e suoi<br />

Riversi: l’inversione tematica è utilizzata già nell’esposizione in maniera simmetrica. Il<br />

primo soggetto, infatti, appare al Canto, in inversione all’Alto, al Tenore ed al Basso<br />

con inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, con inversione<br />

all’Alto, al Tenore ed al Basso con inversione. Il primo soggetto appare altre 40 volte<br />

alternandosi quasi regolarmente col suo inverso; spesso il tema appare diminuito, in due<br />

casi è presentato in doppia entrata col suo inverso.Il secondo soggetto appare altre 19<br />

volte anch’esso alternandosi col suo inverso, in due casi è presentato in doppia entrata<br />

col suo inverso; un frammento tematico, tuttavia, viene impiegato molto frequentemente<br />

dando l’impressione di un maggior numero di entrate. E’ notevole la cadenza d’inganno<br />

che precede l’ultimo ingresso dei due temi in doppia entrata con i reciproci inversi.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.<br />

Ricercare Terzo del Terzo Tuono Naturale, con tre Fughe: il primo soggetto<br />

appare nell’esposizione al Canto, al Basso un’ottava sotto modificando l’originale salto<br />

iniziale di quinta in salto d‘ottava, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare per<br />

due volte di fila all’Alto, una volta al Basso, al Canto, di nuovo al Basso ed al Tenore in<br />

stretto; il terzo soggetto appare al Tenore, al Canto, nuovamente al Tenore ed al Canto.<br />

Il primo soggetto compare altre 12 volte una delle quali in diminuzione e, altrove, con<br />

varianti ritmiche ed entrate in stretto; il secondo soggetto compare 17 volte con<br />

diminuzioni, varianti ritmiche ed entrate in stretto, tocca a questo tema l’ultima chiara<br />

entrata tematica al soprano; il terzo soggetto compare 16 volte con varianti ritmiche ed<br />

entrate in stretto; vi è alla battuta 24 una riesposizione del terzo tema con entrate al<br />

Basso, Tenore, Alto e Canto in stretto. Il flusso contrappuntistico è sovente interrotto da<br />

cadenze la prima delle quali occorre dopo appena quattro battute; il senso tonale del<br />

rapporto tra tonica e dominante è fortemente marcato nella cadenza che precede l’ultima<br />

entrata contemporanea dei tre temi. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.<br />

Ricercare Quarto del quarto Tuono trasportato con 4 Fughe, e Cantofermo: è<br />

il ricercare più complesso di tutta la raccolta. Il primo soggetto dal caratteristico<br />

incedere cromatico appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto<br />

variato ritmicamente; il secondo soggetto appare all’Alto, al Basso, al Canto ed al<br />

Tenore; il terzo soggetto appare al Basso, all’Alto, al Tenore ed al Canto. Il quarto<br />

(Cerreto 1601, 116). In realtà i bemolli o i diesis in chiave sono solo due in quanto il terzo era la<br />

ripetizione all’ottava di un’alterazione già scritta (ad esempio, Mi b in primo spazio e in quinta linea<br />

della chiave di tenore).<br />

436 Cerreto 1601, 198.<br />

149


soggetto appare all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto. Alla battuta 43 Salvatore<br />

inserisce in successione i quattro temi sotto forma di canti fermi con valore di brevi nel<br />

seguente ordine: primo soggetto al Basso, secondo soggetto al Canto, terzo soggetto<br />

all’Alto e quarto soggetto al Tenore; alla battuta 72 il ritmo diventa ternario per<br />

trasformarsi alla battuta 84 in quaternario; il ricercare si chiude con un doppio pedale in<br />

ottava al Canto ed al Basso. Il primo soggetto appare 15 volte sempre diminuito nella<br />

sezione con i canti fermi e variato ritmicamente nella sezione ternaria; il secondo<br />

soggetto appare 23 volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il terzo soggetto appare 20<br />

volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il quarto soggetto appare 22 volte con<br />

diminuzioni, varianti ritmiche e melodiche dell’incipit; al quarto tema è affidato il<br />

compito di passare dalla sezione ternaria a quella finale. Salvatore passa da una sezione<br />

all’altra senza soluzione di continuità ad eccezione della cadenza dominante-tonica che<br />

introduce la sezione ternaria. Le indicazioni ritmiche sono: tempo imperfetto mediato<br />

nelle prime due sezioni, tre note contro due (semibreve col punto = semibreve) nella<br />

sezione ternaria, tempo imperfetto 437 .<br />

Ricercare Quinto del Quinto Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto<br />

appare nell’esposizione al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto; il secondo<br />

soggetto appare al Tenore, all’Alto, al Basso ed all’Alto con una falsa entrata; il terzo<br />

soggetto appare al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto. Il primo soggetto<br />

appare nel ricercare altre 16 volte con la variazione frequente del valore dell’incipit; non<br />

si riscontrano inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il secondo soggetto appare altre<br />

20 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto appare altre 26 volte fra cui tre<br />

entrate doppie senza variazioni ritmiche e melodiche ad eccezione di due frammenti<br />

(batt. 44/45) in cui l’incipit del tema viene trattato in inversione e diminuzione. Le<br />

cadenze meritano un’attenzione particolare: una corrisponde alla classica cadenza<br />

doppia consonante, due hanno il ritardo di terza ed altre due fanno sentire il ritardo di<br />

terza simultaneamente alla risoluzione. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Ricercare Sesto del Sesto Tuono finto con tre Fughe: il ricercare esordisce con<br />

le quattro entrate del solo primo soggetto all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il<br />

secondo soggetto appare alla battuta 6 all’Alto, al Basso, al Canto ed al Tenore; il terzo<br />

soggetto appare alla battuta 7 al Basso, al Tenore, al Canto ed all’Alto. Il primo<br />

soggetto appare altre 18 volte, a volte diminuito, con la variazione ritmica e melodica<br />

dell’incipit: il salto di quinta discendente viene trasformato in ottava discendente. Il<br />

secondo soggetto appare altre 16 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto<br />

appare altre 21 volte ma frammenti di esso vengono continuamente riesposti. Anche in<br />

questo ricercare occorre una volta il ritardo di terza simultaneamente alla risoluzione<br />

(batt. 48), oltre a due cadenze doppie e l’ultima con un basso marcato sui gradi IV-V-I.<br />

L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.<br />

Ricercare Settimo del Settimo Tuono Naturale con 4 Fughe: il primo soggetto<br />

appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto<br />

appare all’Alto, al Tenore ed al Canto con l’incipit variato, nuovamente all’Alto ed al<br />

Basso; il terzo soggetto appare all’Alto, al Canto, al Tenore ed al Basso con l’incipit<br />

variato. Il quarto soggetto appare al Basso, poi all’Alto, al Tenore con l’incipit variato<br />

ed al Canto. Tutte le entrate tematiche sono comprese tra la prima e l’ultima<br />

proposizione del primo soggetto. Il primo soggetto non appare più ad eccezione di due<br />

entrate acefale oltre a riproposizioni dell’incipit; il secondo soggetto appare altre 18<br />

volte con varianti ritmiche; il terzo soggetto appare altre 17 volte con diminuzioni e<br />

varianti ritmiche; il quarto soggetto appare altre 19 volte con rare diminuzioni e varianti<br />

ritmiche. Spicca all’ascolto l’impiego del terzo tema diminuito in progressione alle<br />

437 Cerreto 1601, 197.<br />

150


attute 37 e 39; il salto di quinta discendente del quarto tema viene spesso usato in<br />

cadenza V-I. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.<br />

Ricercare Ottavo ed ultimo dell’Ottavo Tuono Naturale con tre Fughe sopra<br />

l’Hinno d’ Iste Confessor: asse portante del ricercare è l’inno Histe Confessor che<br />

viene esposto come canto fermo in semibrevi al Basso, Canto, Alto e Tenore il cui<br />

trattamento ricorda il Ricercare sopra L’Ave Maris Stella pubblicato nel 1609 da<br />

Ascanio Mayone. I tre temi derivano da tre diverse semifrasi della melodia dell’inno. Il<br />

primo soggetto, derivato dalle prime sette note dell’inno, appare all’Alto, al Canto, al<br />

Tenore ma non al Basso poiché l’entrata è sostituita dal canto piano. L’incipit del primo<br />

tema ha due semibrevi per cui l’ingresso del canto fermo al posto del tema viene<br />

pienamente dissimulato. Il secondo soggetto appare alla terza battuta al contralto, poi al<br />

Canto ed al Tenore. Il terzo soggetto appare all’Alto, al Soprano ed al Tenore. Il primo<br />

soggetto appare solo altre 8 volte quasi sempre con l’incipit cambiato in minima +<br />

semibreve ed una volta in diminuzione; il secondo soggetto altre 19 volte con frequenti<br />

varianti ritmiche, alle battute 78/81 due volte di fila nella stessa voce; il terzo soggetto<br />

appare altre 13 volte con varianti melodiche e ritmiche. Tra la battuta 64 e 78 Salvatore<br />

impiega in rapide proposte e risposte un inciso del primo tema diminuito. L’indicazione<br />

ritmica è il tempo imperfetto.<br />

Le canzoni di Salvatore hanno una struttura formale che segna il passaggio dalla<br />

canzona alla sonata 438 . Tre delle quattro canzoni hanno una sezione centrale in ritmo<br />

ternario e due di esse presentano una ripresa del primo tema.<br />

La Canzon Francese Prima, del Settimo Tuono Naturale esordisce col tema<br />

accompagnato da un controsoggetto puntato (batt. 1/27) che viene sostituito nelle ultime<br />

battute della sezione da una figurazione di quartine acefale di crome; tale figurazione<br />

caratterizza le successive battute (27/41) che confluiscono nella sezione ternaria<br />

(42/54). L’incipit della battuta 41 in crome viene aumentato in tre minime nella sezione<br />

ternaria e continuamente migra da una voce all’altra. La sezione finale (55/76) riprende<br />

il tema delle prime battute accompagnato, stavolta, da una figurazione continua in<br />

semicrome rotta da semicrome puntate e biscrome; nella penultima battuta vi è una<br />

cadenza in stile di toccata dall’estensione ridotta se paragonata alle cadenza conclusive<br />

delle canzoni di Trabaci.<br />

La Canzone Francese Seconda, del Nono Tuono Naturale reca sotto il titolo:<br />

Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. Rispetto alla prima canzone la<br />

tessitura delle quattro voci è più omogenea e meglio si presta ad una esecuzione per<br />

gruppo d’archi o per ogni sorte di strumenti. La canzone è tripartita secondo il seguente<br />

schema:<br />

A: prima sezione (batt. 1/23) con ritmo quaternario, incipit accordale che introduce il<br />

tema della prima sezione caratterizzato da note in crome ribattute e semicrome che<br />

procedono per gradi congiunti, trattamento contrappuntistico sapientemente alternato a<br />

momenti accordali a volte armonicamente arditi, cadenza nel tono d’impianto; seconda<br />

sezione (batt. 23/38) con passaggi accordali modulanti e brevi frammenti in crome e<br />

semicrome alternati con frequenti pause di crome, cadenza una terza minore del tono<br />

d’impianto.<br />

B: sezione in ritmo ternario (batt. 39/58) del tutto analoga ritmicamente alla sezione<br />

ternaria della prima canzone, cadenza una quinta sopra del tono d’impianto.<br />

C: prima sezione (Batt. 58/69), ripresa della prima sezione di A; seconda sezione<br />

(batt.70/79) col tema iniziale aumentato accompagnato da un contrappunto di quattro<br />

note contro una con cadenza finale nel tono d‘impianto.<br />

438 Apel 1972, 719-720.<br />

151


Anche la Canzone Francese Terza, del Primo Tuono Finto reca sotto il titolo la<br />

dicitura Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. La canzone è quadripartita<br />

secondo il seguente schema:<br />

A: ( batt. 1/20) sezione in ritmo quaternario, presenta il classico incipit in ritmo dattilico<br />

delle canzoni strumentali seguito da crome e semicrome che procedono per gradi<br />

congiunti, cadenza nel tono d’impianto;<br />

B: (batt. 20/53) sezione in ritmo quaternario, inizia con accordi e, dopo una cadenza<br />

interna un tono sopra il tono d’impianto, si sviluppa con l’inserimento di temi cromatici,<br />

cadenza nel tono d’impianto.<br />

C: (batt. 54/83) sezione in ritmo ternario con accordi alternati da risposta a due a due,<br />

cadenza nel tono d’impianto.<br />

D: (batt. 83/102) ripresa di A.<br />

La Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il<br />

Ballo detto la Bergamasca assomiglia formalmente ad un capriccio ed utilizza come<br />

motivo conduttore il tema della Bergamasca già impiegato da G. M. Trabaci nell’ottavo<br />

Ricercare 439 del 1603 e da G. Frescobaldi nel penultimo brano dei Fiori Musicali<br />

pubblicati nel 1635 . Il pezzo è diviso in cinque sezioni nessuna delle quali è in ritmo<br />

ternario. Il tema della Bergamasca è sempre facilmente udibile e non è soggetto a<br />

variazioni ritmiche ad eccezione della terza sezione (batt. 53/67) che presenta il tema<br />

diminuito; la quarta (batt. 68/91) e la quinta sezione (batt. 92/112) adottano un<br />

contrappunto ritmico molto regolare per accompagnare il tema, due note contro una<br />

nella quarta sezione e quattro note contro una nella quinta; la penultima battuta presenta<br />

una breve cadenza in stile di toccata.<br />

Le due toccate contengono tutti gli artifici idiomatici sperimentati in precedenza<br />

da Macque, Mayone e Trabaci con dissonanze, bruschi cambiamenti ritmici, ascese e<br />

discese melodiche rapide, cadenze improvvise su toni lontani ma il linguaggio di<br />

Salvatore è più morbido ed è chiara la tendenza a collegare i vari movimenti in maniera<br />

più progressiva. La Toccata Prima del Primo Tuono finto (primo tono trasportato una<br />

quarta sopra) presenta una sezione centrale in ritmo ternario e conclude con un pedale di<br />

dominante abbastanza esteso se paragonato alle toccate di altri compositori napoletani;<br />

tra il pedale e l’ultimo accordo, però, si interpone un passaggio al basso in note brevi in<br />

stile toccatistico. La Toccata Seconda del Nono Tuono Naturale non presenta sezioni<br />

ritmiche contrastanti ma predilige l’uso di stravaganze armoniche; anch’essa conclude<br />

con un lungo pedale di dominante che risolve sull’accordo finale con una breve fioritura<br />

al basso.<br />

Con i Versi per rispondere nelle Messe con l’organo al choro si conclude la<br />

stampa del 1641. I brevi versetti sono distribuiti nelle tre messe principali, della<br />

Domenica, degli Apostoli e Feste Doppie e della Madonna. In ciascuna messa si<br />

trovano cinque versetti per il Kyrie, nove per il Gloria, due per il Sanctus e uno per<br />

l’Agnus Dei: è musica strettamente funzionale all’alternanza dell’organo con il coro.<br />

Nei versetti vengono riproposte in maniera molto sintetica tutte le figurazioni già<br />

impiegate nei ricercari, nelle canzoni e nelle toccate; a volte, la citazione di altri brani<br />

della stampa del 1641. Ad esempio, il verso primo per il Sanctus della Messa delle<br />

439 Trabaci intitola Ricercare dell’VIII tono sopra Ruggiero, con tre fughe ma, piuttosto che utilizzare il<br />

tradizionale basso noto col nome di “Ruggiero”, impiega un tema che si sovrappone benissimo ad esso.<br />

Nel 1620 Benedetto Sanseverino pubblica a Milano l’ Intavolatura facile delli passacagli, ciaccone,<br />

sarabande, spagnolette, fulie pavaniglie, pass’e mezzi, correnti & altre varie suonate composti &<br />

accomodate per la chitarra alla spagnola intitolando Bergamasca un pezzo che impiega proprio la<br />

formula del Basso di Ruggiero.<br />

152


domeniche evoca chiaramente la prima toccata ed il verso secondo dello stesso Sanctus<br />

della Messa delle domeniche richiama chiaramente la prima sezione della prima<br />

canzone francese.<br />

Messa della domenica<br />

Kyrie I Ricercare su canto fermo<br />

Kyrie II Canzone<br />

Kyrie III Canzone cromatica<br />

Kyrie IV Canzone in sezione ternaria<br />

Kyrie V Toccata<br />

Gloria I Toccata<br />

Gloria II Canzone<br />

Gloria III Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria IV Canzone<br />

Gloria V Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria VI Canzone<br />

Gloria VII Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria VIII Canzone<br />

Gloria IX Toccata<br />

Sanctus I Toccata<br />

Sanctus II Canzone<br />

Agnus Dei Canzone<br />

Messa degli Apostoli e Feste Doppie<br />

Kyrie I Canzone con canto fermo<br />

Kyrie II Canzone<br />

Kyrie III Canzone in sezione ternaria<br />

Kyrie IV Canzone<br />

Kyrie V Ricercare<br />

Gloria I Toccata<br />

Gloria II Canzone<br />

Gloria III Canzone<br />

Gloria IV Canzone<br />

Gloria V Canzone<br />

Gloria VI Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria VII Canzone<br />

Gloria VIII Ricercare<br />

Gloria IX Canzone<br />

Sanctus I Toccata<br />

Sanctus II Canzone<br />

Agnus Dei Canzone<br />

Messa della Madonna<br />

Kyrie I Ricercare<br />

Kyrie II Canzona<br />

Kyrie III Canzone in sezione ternaria<br />

153


Kyrie IV Canzone<br />

Kyrie V Canzone<br />

Gloria I Toccata<br />

Gloria II Canzone<br />

Gloria III Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria IV Canzone<br />

Gloria V Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria VI Canzone<br />

Gloria VII Canzone<br />

Gloria VIII Canzone in sezione ternaria<br />

Gloria IX Toccata<br />

Sanctus I Toccata<br />

Sanctus II Canzone<br />

Agnus Dei Canzone<br />

5.1.2. PEZZI PRESENTI NEL MANOSCRITTO CIMINO<br />

Nel manoscritto compilato da Donato Cimino nel 1675 440 vi sono sei pezzi di<br />

Giovanni Salvatore. A differenza dell’edizione a stampa, i pezzi sono in intavolatura per<br />

tastiera.<br />

La prima toccata 441 , nel nono tono naturale, ha molte affinità con le due toccate<br />

della raccolta stampata ma impiega procedimenti meno arditi: le modulazioni sono<br />

meno brusche, le figurazioni ritmiche sono molto regolari e simmetriche; vi è, verso la<br />

fine, una sezione accordale indicata con Largo cui segue un lungo pedale sulla<br />

dominante che risolve sull’ultimo accordo senza le fioriture al basso.<br />

La seconda toccata 442 è quasi identica alla prima toccata del 1641 fino alla<br />

battuta 25, prosegue poi per due battute senza modulazioni ai toni lontani; conclude,<br />

poi, sul pedale di dominante che risolve alla tonica con la caratteristica ornamentazione<br />

al basso. In questa toccata è interessante osservare come gli ornamenti siano scritti a<br />

volte per esteso a differenza dell’edizione a stampa.<br />

Il Capriccio del primo tono 443 è in quattro sezioni di cui la terza in metro<br />

ternario secondo lo schema già incontrato nella seconda e terza canzone francese del<br />

1641. Il tema, (la la la sol la| sib fa sol la) esordisce con la dicitura Melanconico e<br />

largo; l’ultima sezione impiega il tema, modificato rispetto alla prima sezione,<br />

accompagnato da un contrappunto di quattro note contro una fino ad un pedale di<br />

dominante che conclude direttamente sull’ultimo accordo.<br />

Il quarto brano, Durezze Ligature 444 , si ispira alle simili toccate di De Macque,<br />

Trabaci e Frescobaldi ma, rispetto ad essi, non indulge troppo in passaggi arditi<br />

evitando il senso di intederminatezza tonale; alcune durezze, tuttavia, sono notevoli.<br />

Le due correnti 445 , unici esempi di musica derivata da danze nell’intera opera di<br />

Giovanni Salvatore, sono in tempo C ¾ 446 . Del carattere di danza si riscontra la<br />

440 Cfr. Cap. 5.2<br />

441 Intitolata nel manoscritto Toccata Joannis Salvatore.<br />

442 Intitolata nel manoscritto Toccata eiusdem.<br />

443 Intitolato nel manoscritto Capriccio del p mo Tono. eiusdem.<br />

444 Intitolata nel manoscritto “Durezze Ligature del Sig r Don Giovanni Salvatore<br />

445 Intitolate rispettivamente “Corrente p ma del Sig r D. Gio: Salvatore” e “Corrente Seconda del Med mo ”.<br />

446 La prima corrente è suddivisa in misure dei sei semiminime per cui se ne deduce che l’indicazione del<br />

metro completa vuol significare che tre semiminime hanno la durata del tempo ordinario.<br />

154


tendenza ad alternare l’accento sulla prima semiminima con l’accento sulla seconda<br />

delle tre semiminime.<br />

155


5.2 IL MANOSCRITTO CIMINO<br />

Il manoscritto Cimino, custodito presso la biblioteca del Conservatorio di Musica<br />

S. Pietro a Majella in Napoli, segnatura Ms. mus. str. 73 (olim 34.5.28.), contiene 142<br />

fogli, con due sistemi di 6 + 7 linee foglio; c'è una pagina di titolo e ci sono due<br />

iscrizioni, una sul foglio 112v e l’altra sul foglio 118v. La maggior parte del<br />

manoscritto è apparentemente scritta dalla stessa mano. Una sezione corta (f. 105r -<br />

110r) denota una calligrafia diversa, meno accurata, ed un'altra sezione (f. 134r - 141r),<br />

benché simile alla maggior parte del manoscritto, è copiata più distrattamente. Sono<br />

presenti diversi travasi d’inchiostro, specialmente nelle prime pagine.<br />

L’intestazione del manoscritto è:<br />

Toccate per Organo di varj Autori<br />

Anno 1675<br />

Miscellanea del Sig.<br />

Donato Cimino<br />

Subito sotto vi è l’elenco degli autori:<br />

Cimino > 1 a 56<br />

Boerio Francesco 57 = 59<br />

Cimino 69 a 104<br />

Salvatore Giovanni 105 a 112 = 119 = 129<br />

Frescobaldi . - 113 a 115 –<br />

Da Macque Giovanni 120 – 128<br />

Ansalone Giacinto 131 =<br />

Pasquino Ercole 135 a 142<br />

Sul lato superiore sinistro della pagina di titolo appare scritto Rondin-- e sul lato<br />

inferiore destro appare Rond. La Prof.ssa Anna Mondolfi, in una lettera indirizzata a<br />

Lawrence Oncley 447 afferma che<br />

il nome Cimino posto al principio di alcune composizioni è di mano tarda e Le posso<br />

anche dire che tale nome è stato posto da un bibliotecario di questa Biblioteca che si<br />

chiamava Rondinella, vissuto nella seconda metà dell’ottocento.<br />

Anche l’intestazione del manoscritto è stata scritta dal Rondinella mentre i nomi dei<br />

compositori non sempre appaiono all’inizio dei pezzi.<br />

TITOLO N.° del<br />

foglio<br />

Toccata primo t° 1 r<br />

Toccata 3° t° 3 r<br />

Toccata 8° t° 5 r<br />

Canzona 7 r<br />

Fantasia 9 r<br />

Canzona 9 v<br />

Canzona 10 v<br />

447 Cit. in Oncley 1966, 2.<br />

156


Canzona 11 v<br />

Fuga 12 r<br />

Fuga 13 r<br />

Canzona 8° tono 14 v<br />

Ricercar crom. 17 v<br />

Canzona 2° tuono 20 v<br />

Canzona 22 v<br />

Canzona 2° t° 24 r<br />

Canzona 2° t° 25 v<br />

Canzona 27 v<br />

Canzona 6° t° 29 v<br />

Canzona 2° t° 31 v<br />

Doppo’ lunga procella; comparisce nel Ciel l’Iride<br />

bella<br />

32 v<br />

Con sette fila Sanson della sua chioma, L’altiero<br />

33 v<br />

stuol del Filisteo di coma<br />

Ricercata sop a G solreut 35 v<br />

Trono reale 38 r<br />

Maesta 40 r<br />

Pace 43 r<br />

Chi dura vince, chi segue pur giunge, chi brama<br />

44 r<br />

dolcezze fia che si punge<br />

Verita 46 r<br />

Fenice 46 v<br />

Fedeltà 47 r<br />

Aspettar di godere, ne saper quando e’ pazzia d’un<br />

cuor, che muore amando<br />

48 r<br />

Gelosia 49 v<br />

Se’ credi in questo mondo haver sollazzo,<br />

t’inganni, poco speri, e gia’ sei pazze (sic)<br />

50 v<br />

Non si stima quel ben che vien’ in fretta, Ma’ gli<br />

52 r<br />

prezza piu, che piu s’aspetta<br />

Innocenza 52 v<br />

Farfalla 53 r<br />

Breve diletto 54 r<br />

Costanza 54 v<br />

Pazienza 55 v<br />

(Senza titolo) di Franco Boerio 56 v<br />

Toccata e Fuga in D solre di Franc o Boerio 59 r<br />

Verso primo, secondo, terzo, quarto 61 r<br />

Ricercare ottavo Tuono 63 r<br />

Ricercare secondo Tuono 64 r<br />

(Senza titolo) 65 v<br />

(Senza titolo) 67 v<br />

(Messa d’organo) Per le feste doppie 69 r<br />

Introito 69 r<br />

Chirie primo, secondo, terzo, ultimo 69 v<br />

Gloria primo Verso, secondo, terzo, quarto, quinto<br />

et per lo sesto, settimo e per l’ottavo, nono, ultimo<br />

70 v<br />

Doppo’ l’Epistola 73 r<br />

157


Toccata per l’Offertorio 74 r<br />

Fuga 74 v<br />

Toccata 75 v<br />

Per L’Elevatione 76 v<br />

Agnus Dei 78 r<br />

Postcommunio 78 v<br />

Toccata per la messa seguende 79 r<br />

Messa festiva 79 v<br />

(Kyrie 1°), 2°, 3°, 4°, 5° 79 v<br />

Gloria verso p°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6°, 7°, 8°, 9° 80 v<br />

Doppo L’Epistola 83 r<br />

Offertorio 83 r<br />

Sanctus (1°), 2° 84 r<br />

Per L’Elevazione 84 v<br />

Agnus Dei p°, 2° 85 v<br />

Benedicamus Domino 86 v<br />

Kyrie pmo della Messa, secondo Kyrie, Terzo<br />

Kyrie, Quarto Kyrie, Quinto Kyrie<br />

87 r<br />

Per il Kyrie p°, per il Kyrie 2°, per il Kyrie 3°, per<br />

il Kyrie 4°, per il Kyrie 5°<br />

89 r<br />

Gloria pmo verso, secondo verso, terzo, quarto,<br />

quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo<br />

91 r<br />

Altri versi per la Gloria, secondo, terzo, quarto,<br />

93 v<br />

quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo<br />

Per L’Epistola 97 v<br />

Altro verso p l’Epta 97 v<br />

Alleluia 98 v<br />

Alleluia 98 v<br />

Per l’Offertorio 99 r<br />

Fuga 99 v<br />

Toccata per l’Organo 101 r<br />

Toccata – Joannis Salvatore 105 r<br />

Toccata – eiusdem 108 r<br />

Capriccio del p mo Tono. Eiusdem 110 v<br />

Canzona del Frescobaldi 113 r<br />

Canzona del Frescobaldi 115 v<br />

Durezza - Ligature del Sig r Don Giovanni<br />

119 r<br />

Salvatore<br />

Consonanze stravaganti del Sig r Gio Macque 120 r<br />

Durezze, e Ligatura di Gio. Macque 121 r<br />

Capriccio sopra un sogetto. Macque 122 v<br />

Capriccio sopra tre sogetti. Macque 125 r<br />

Canzona francese di Gio. Macque 127 r<br />

Corrente p ona del Sig r D. Gio: Salvatore 129 r<br />

Corrente Seconda del Med mo<br />

158<br />

130 r<br />

Canzona francese di Giacinto Ansalone 131 r<br />

Durezze 134 r<br />

Canzona del Ercole Pasquino 135 r<br />

Durezze e ligature del dett 137 v<br />

(Senza titolo) 141 v


L’attribuzione dei pezzi a Francesco Boerio, Giovanni Salvatore, Giovanni De Macque,<br />

Giacinto Ansalone ed Ercole Pasquini è chiara mentre l’attribuzione degli altri pezzi,<br />

malgrado le scritte del Rondinella, presenta qualche difficoltà. Nel foglio 112 v Donato<br />

Cemino scrive:<br />

Al foglio 118 v troviamo anche:<br />

Ad m R do D D Joanne Salvatore Pauperum Jesu opti precla=<br />

Neapoli (sic)<br />

rissimo modulatore et Cenobij Virginis Mariae<br />

Carmelitarum Musices prefecto anno Dni et Jubilei<br />

1675 16 Mensjs die Virginis Carmelites<br />

Subdiaconus Donatus Cemino exaravi.<br />

Ecco qui la virtù, ch’ al Mondo è quella<br />

Qual doppo morte è più lucente, e bella<br />

Anno iubilaei<br />

1675 mense ????<br />

(in parentesi graffa) vigilia Nativitatis<br />

gloriae Virginis<br />

Die Sabbathi in<br />

Conser v Pauperum<br />

IHS XPSI<br />

Donato Cimino elucubrante<br />

Abbiamo poche notizie su Donato Cimino. Prota-Giurleo 448 lo collega ad una<br />

famiglia illustre di organari napoletani dal nome Cimino che operarono nel XVIII<br />

secolo. Il bibliotecario Rondinella conclude che Cemino fosse il compositore di tutte le<br />

opere anonime. Il Prof. Mondolfi 449 suggerisce che queste opere furono scritte da<br />

Salvatore con Cimino semplice copista. Il fatto che molte opere nel manoscritto sono<br />

chiaramente attribuite a compositori (Salvatore incluso) tenderebbe a sostenere il punto<br />

di vista di Rondinella.<br />

Pure scarse sono le notizie sui compositori Boerio ed Ansalone. Prota-Giurleo 450<br />

ha ricostruito alcuni dati biografici su Giacinto Ansalone, nato a Napoli, in Castelnuovo,<br />

dal musicista Tarquinio e da Bartolomea Terradilavoro il 13 marzo 1606. Fu Maestro di<br />

Cappella al Conservatorio della Pietà dei Turchini dal 1630 al 1656 e Maestro alla<br />

Chiesa Reale di Monteoliveto; pubblicò nel 1656, presso Ottavio Beltramo, i Psalmi de<br />

Vespere a 4 voci, con un Laudate Pueri alla Venetiana. Sul frontespizio di questo libro<br />

appaiono le insegne di famiglia della famiglia di Ansalone. Giacinto, come molti altri<br />

suoi familiari, morì durante la terribile peste che devastò Napoli nel 1656. I Psalmi<br />

unitamente alla canzona del manoscritto Cimino sono le uniche composizioni<br />

conosciute di Ansalone.<br />

448 Prota-Giurleo 1961, 111.<br />

449 “Le due note manoscritte, che si trovano alle pagine 112v e 118v, dicono semplicemente che il Cimino<br />

ha copiato le musiche del Salvatore. Infatti: Subdiaconus Donatus Cimino exaravi dice in italiano (Io)<br />

Suddiacono Donato Cimino ho delineato, disegnato, copiato. La seconda frase: Donato Cemino<br />

elucubrante indica, ancora in italiano, ha copiato di notte (elucubrante) Donato Cemino. Quindi mi pare<br />

che tutta la questione sia risolta.” (Lettera di Mondolfi, in Oncley 1966)<br />

450 Oncley 1966, 6.<br />

159


Nulla si conosce di Francesco Boerio: le due opere presenti nel manoscritto, una<br />

senza titolo, l'altra intitolata Toccata e fuga, sono le uniche musiche conosciute di<br />

questo compositore.<br />

Gli altri autori citati all’interno del manoscritto sono, invece, tra i più celebrati<br />

compositori del XVII secolo: Giovanni de Macque, Girolamo Frescobaldi, Giovanni<br />

Salvatore ed Ercole Pasquini.<br />

PEZZI SENZA INDICAZIONE DI AUTORE ATTRIBUIBILI A DONATO CIMINO<br />

TOCCATE<br />

Le quattro toccate del manoscritto sono stilisticamente simili, con l’alternanza tra<br />

rapide figurazioni e brevi motivi imitativi; non ci sono indicazioni di cambi di metro o<br />

di tempo, le successioni armoniche sono più fluide ed i moduli ritmici non hanno<br />

l’inquietudine delle toccate di Mayone o Trabaci.<br />

Sia la Toccata n.°1 (Toccata del primo tono, foglio 1r) che la Toccata n.°2<br />

(Toccata del terzo tono, foglio 3r) mostrano un elevato livello virtuosistico, eredi delle<br />

toccate di Mayone, Trabaci e Salvatore; le tirate di semicrome che dall’unisono<br />

divergono per moto contrario ricordano anche le toccate di Frescobaldi.<br />

La Toccata n.° 3 (Toccata dell’ottavo tono, foglio 5r) ha la chiara indicazione<br />

dell’uso del pedale. E’ il primo esempio nell’area napoletana di toccata con esplicita<br />

indicazione del pedale 451 ; seguirà nel 1687 la Toccata per pedarole e senza di Gregorio<br />

Strozzi 452 .<br />

La Toccata n.° 4 (Toccata per l’Organo, foglio 101r) si trova staccata dalle altre<br />

tre e precede la serie di pezzi di Giovanni Salvatore: è un brano di grande virtuosismo<br />

particolarmente accentuato nella lunga serie di semicrome a distanza di decima che<br />

prepara la cadenza finale.<br />

La toccata di Durezze (foglio 134r) è un’interessante manifestazione<br />

dell’evoluzione dello stile di falsas 453 inaugurato nell’Italia meridionale dall’organista<br />

spagnolo Clavijo Del Castillo e portato a perfezione stilistica da Giovanni de Macque e,<br />

successivamente, da Giovanni Maria Trabaci, Gioan Pietro Del Buono e Girolamo<br />

Frescobaldi: le dissonanze di Cimino sono più ammorbidite, meno stravaganti ed<br />

emerge una linea melodica cantabile.<br />

CANZONI<br />

Ci sono dodici canzoni, tutte nella prima parte del manoscritto: cinque di esse<br />

hanno una singola sezione, le rimanenti sette hanno tre o più sezioni.<br />

Le canzoni n.° 2 (foglio n° 9v), n.° 3 (foglio n.° 10v) e n.° 4 (foglio n.°11v), in<br />

un’unica sezione, sono piuttosto corte. La n.° 2 e n.° 3 cominciano con il tipico tema di<br />

canzona e concludono con un breve passaggio in figurazioni rapide. Le altre due<br />

canzoni in sezione unica, la n.° 1 (foglio 7r) e n.° 7 (foglio 22v) hanno diversi temi.<br />

Secondo un'altra fonte 454 la canzona n.° 7 fu composta da Ercole Pasquini ma sarebbe<br />

l'unico esempio nel manoscritto di omissione di attribuzione.<br />

Le canzoni n.° 5 (foglio 14v), n.° 6 (foglio n.° 20v), n.° 8 (foglio n.° 24r), n.° 9<br />

(foglio n.° 25v), n.° 10 (foglio n.° 27v), n.° 11 (il foglio n.° 29v) e n.° 12 (foglio<br />

n.°31v) sono in più sezioni. Il loro schema formale è così rappresentabile:<br />

451<br />

Il primo esempio italiano è la Toccata del primo tono di Annibale Padovano, pubblicata a Venezia nel<br />

1604.<br />

452<br />

Cfr. Cap 5.3.<br />

453<br />

Cfr. Cap 2.<br />

454<br />

Codice Chigi Q VIII 206, f. 137r, Canzona di Ercole. In questo manoscritto sono trascritte solo le<br />

prime due pagine della canzona. (Cfr Shindle 1966)<br />

160


Canzona n.° 5: sezione I in tempo C, un tema<br />

sezione II in tempo 3/4, un tema<br />

sezione III in tempo 6/8, un tema<br />

sezione IV in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 6: sezione I in tempo C, un tema<br />

sezione II in tempo 3/2, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 8: sezione I in tempo C, due temi<br />

sezione II in tempo 6/4, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 9: sezione I in tempo C, due temi<br />

sezione II in tempo 3/2, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 10: sezione I in tempo C, un tema<br />

sezione II in tempo 6/4, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

sezione IV in tempo 6/4, un tema<br />

sezione V in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 11: sezione I in tempo C, due temi<br />

sezione II in tempo 3/2, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

Canzona n.° 12: sezione I in tempo C, un tema<br />

sezione II in tempo 6/4, un tema<br />

sezione III in tempo C, un tema<br />

Ci sono molte relazioni e derivazioni tematiche fra le varie sezioni di una stessa<br />

canzona.<br />

RICERCARI<br />

Il Ricercare cromatico (foglio 17 v), basato su una scala cromatica discendente, è<br />

il più impegnativo tra i ricercari contenuti nel manoscritto. Le sezioni mostrano cambi<br />

metrici similmente alle sezioni delle canzoni ma, a differenza di esse, alcune sezioni<br />

sono separate da episodi rapidi in stile toccatistico nei quali non appare il tema.<br />

- Batt. 1/21, soggetto A in tempo 4/4.<br />

- Batt. 22/33, soggetto B (derivato da A) in tempo 6/4.<br />

- Batt. 34/37, episodio in tempo 4/4.<br />

- Batt. 38/54, soggetto A (con diverso controsoggetto) in tempo 4/4.<br />

- Batt. 55/67 soggetto C in tempo 6/4.<br />

- Batt. 68/69, episodio in 4/4.<br />

- Batt. 70/79, soggetto D in tempo 6/4.<br />

- Batt. 80/83 episodio conclusivo in tempo 4/4.<br />

La Ricercata sopra G solreut (foglio 35r) è in tempo ternario e non presenta<br />

particolari artifici contrappuntistici; potrebbe forse meglio adattarsi la denominazione di<br />

capriccio. L’andamento ritmico, indicato con C3/2, unito ad una tessitura che<br />

suggerisce l’uso del pedale in note ribattute (batt. 24-38) conferiscono al pezzo un<br />

carattere pastorale. La ricercata è bipartita: la prima sezione inizia con un soggetto<br />

trattato in imitazione che, gradatamente, si polarizza in ripetute cadenze dominantetonica,<br />

la seconda sezione è interamente costruita su un sequenza di terze parallele<br />

ripetute ascenzionalmente quattordici volte al culmine della quale vi è scritto Flor ch’è<br />

161


nato il bel Giesu, dolce e gradito; la sequenza, poi, continua con la stessa figurazione<br />

melodica discendente ripetuta quindici volte fino alla cadenza finale.<br />

Il Ricercare dell’ottavo Tuono (n.3, foglio 63r) ed il Ricercare del secondo<br />

Tuono (n.4, foglio 64r), entrambi in tempo C, sono corti (ventinove e ventiquattro<br />

misure rispettivamente), sono entrambi in sezione unica, con soggetto brillante trattato<br />

in imitazione.<br />

Nel Ricercare n.°3, il tema in ottavi viene inframmezzato con passaggi brillanti in<br />

sedicesimi. La cadenza finale presenta il trillo preparato con una doppia iterazione<br />

ritmica di croma puntata con semicroma.<br />

Il Ricercare n.°4, con un soggetto molto brillante, non presenta particolari artifici<br />

contrappuntistici e conclude con una semplice cadenza dominante-tonica.<br />

In entrambi i pezzi (a cui, per la verità, l’attribuzione di ricercari appare un po’<br />

pretenziosa) si sente l’influsso forte dello stile di Girolamo Frescobaldi, benché<br />

fortemente semplificato.<br />

FUGHE<br />

In tutto il manoscritto appaiono due pezzi intitolati Fuga.<br />

La prima Fuga inizia proprio nel punto dove termina la Canzona n.° 4 ed è nella<br />

stessa tonalità di Sol maggiore. All'inizio del foglio seguente, 13r, il termine Fuga<br />

appare di nuovo indicando, apparentemente, l'inizio di un'altra composizione, ma la<br />

somiglianza tematica tra Fuga n.1 ed i temi delle due sezioni della Fuga n.2 è notevole.<br />

Si potrebbe ipotizzare che la Canzona n.4, la Fuga n.1 e la Fuga n.2 siano sezioni di<br />

un'unica "suite" di pezzi.<br />

La Fuga n.1 è monotematica ed in un'unica sezione, la Fuga n.2 è in due sezioni,<br />

la prima in tempo 3/2 e la seconda in tempo C. Nella casella 35 della seconda fuga vi è<br />

un errore di scrittura nella voce centrale che reca un movimento in più.<br />

FANTASIA<br />

Solo una composizione in stile imitativo viene intitolata Fantasia e si trova al<br />

foglio 9r. E’ un pezzo breve, monotematico e in un’unica sezione. Il tema viene<br />

ripresentato senza modifiche durante tutta la composizione e l’autore indulge volentieri<br />

nell’impiego di ligature.<br />

PEZZI INTITOLATI<br />

La parte del manoscritto compresa tra i fogli 32r e 55r contiene dei pezzi i cui<br />

titoli sono costituiti da singole parole (Trono reale - Maestà – Pace - Verità – Fedeltà –<br />

Innocenza - Farfalla- Costanza- Pazienza- Breve Diletto) o da intere frasi o proverbi<br />

(Doppo' lunga procella; comparisce nel Ciel l'Iride bella - Con sette fila Sanson della<br />

sua chioma, L'altiero stuol del Filisteo di coma - Chi dura vince, chi segue pur giunge,<br />

chi brama dolcezze fia che si punge - Aspettar di godere, ne saper quando e' pazzia d'un<br />

cuor, che muore amando- Se' credi in questo mondo haver sollazzo, t'inganni, poco<br />

speri, e gia' sei pazze - Non si stima quel ben che vien' in fretta, Ma' gli prezza più, che<br />

più s'aspetta). I brani sono monotematici in unica sezione, hanno un tema corto con<br />

risposte in imitazione; ci sono, tuttavia, dei passaggi omofonici in quattro parti. I<br />

procedimenti armonici sono semplici con accordi di triade in stato fondamentale o in<br />

primo rivolto; raramente troviamo accordi in secondo rivolto o accordi di settima.<br />

Normalmente questi pezzi restano confinati nell’ambito della tonalità principale<br />

con qualche eccezione: nelle ultime dieci misure di Maestà vi sono ben otto cambi<br />

tonali.<br />

162


E’ difficile poter scorgere un chiaro intento programmatico ma qualche<br />

procedimento può essere “interpretato”: nella Ricercata sopra G solreut, la lunga<br />

progressione ascendente al culmine della quale troviamo il riferimento alla nascita di<br />

Gesù ci induce ad immaginare un fiore che sboccia, i temi di Trono Reale e Maestà<br />

richiamano lo squillo delle trombe del palazzo reale, la leggiadria del tema di Farfalla<br />

risulta appropriata al titolo; anche l’abbondanza di passaggi omofonici a quattro voci in<br />

Pace conferisce al pezzo un senso di tranquillità. Di contro, non si riesce a scorgere<br />

alcuna Lunga procella e neanche L’altiero stuol del Filisteo; in Se' credi in questo<br />

mondo haver sollazzo, t'inganni, poco speri, e gia' sei pazze avremmo benissimo potuto<br />

trovar traccia degli inganni così abilmente trattati da Giovanni Maria Trabaci che<br />

Donato Cimino, se non di persona, sicuramente di fama doveva conoscere 455 . Malgrado<br />

l’incostanza dell’intento programmatico, questi 18 pezzi rappresentano un unicum nella<br />

musica organistica dell’Italia meridionale.<br />

PEZZI SENZA TITOLO<br />

Dei tre pezzi senza titolo, due di essi appaiono prima delle messe d’organo (fogli<br />

65v e 67v), il terzo conclude il manoscritto (foglio 141v).<br />

Il primo di questi pezzi è in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in C3/2. Il<br />

tema acefalo di apertura della prima sezione presenta interessanti caratteristiche<br />

cromatiche enfatizzate dal salto di settima diminuita discendente ed è a valori larghi. Le<br />

ultime misure di questa sezione sono basate su un motivo presentato alla precedente<br />

misura 18; un pedale di dominante conduce direttamente alla seconda sezione. Il tema<br />

della seconda sezione, senza alcuna relazione con la prima, è un arricchimento della<br />

triade perfetta maggiore sul Sol vivificato dal ritmo ternario.<br />

Il secondo pezzo è in un singola sezione basato su due temi distinti. Il primo tema<br />

è acefalo esattamente come il tema del pezzo precedente e le altre voci rispondono con<br />

ingressi molto rapidi in stretto.<br />

Sia il primo che il secondo pezzo senza titolo, qualificabili come ricercari,<br />

mostrano un livello di complessità contrappuntistica mai raggiunto in nessun altra<br />

composizione imitativa in questo manoscritto.<br />

L’ultimo pezzo senza titolo (f. 141v) viene attributo ad Ercole Pasquini dal<br />

Rondinella che scrisse nel frontespizio: Pasquino Ercole 135 a 142. In realtà se Ercole<br />

Pasquini viene chiaramente citato come autore della Canzona al foglio 135r e delle<br />

Durezze e ligature al foglio 137v, non ci sarebbe stato motivo alcuno di omettere la<br />

paternità anche in quest’ultimo pezzo; è da preferire l’ipotesi che l’attribuzione al<br />

Pasquini sia una distrazione del Rondinella quanto scrisse l’elenco 456 . Quest’ ultimo<br />

pezzo è chiaramente in stile di canzona monotematica ed in un’unica sezione; al<br />

contrario dei due precedenti pezzi, il tessuto contrappuntistico è praticamente assente ad<br />

eccezione delle risposte al tema delle prime battute, il ritmo fluisce abbastanza<br />

regolarmente e solo nelle ultime battute una cadenza alla voce superiore in semicrome<br />

dà una scossa ritmica.<br />

VERSETTI E MESSE<br />

Alle pagine 61r, 61v, 62r e 62v si trovano quattro versi separati da tutti gli altri. I<br />

quattro versi, composti nel primo modo gregoriano, non hanno relazione con melodie<br />

455 E’ a dir poco sospetta la latitanza nel manoscritto di opere di Ascanio Mayone e Giovanni Maria<br />

Trabaci, aggravata dalla presenza di opere del loro comune maestro Giovanni De Macque; è anche da<br />

sottolineare l’assenza di opere di Gregorio Strozzi.<br />

456 L’edizione delle opere per tastiera di Ercole Pasquini , curata da W. Richard Shindle, n.° 12 della<br />

collana Corpus of Early Music (1966), include questo brano ma lo colloca in un’appendice. Lo Shindle<br />

dichiara chiaramente nell’introduzione, pag. IX, che il pezzo è anonimo nel manoscritto Cimino e non<br />

reca alcun titolo.<br />

163


gregoriane; non si può stabilire, inoltre, l’esatta utilizzazione di essi ed il loro numero,<br />

quattro in totale, non è conforme ad alcuna alternanza prevista per l’Ordinario della<br />

Messa.<br />

La distribuzione dei pezzi all’interno delle messe non è ordinata come nelle<br />

precedenti pubblicazioni di Valente 457 , Trabaci 458 , Salvatore 459 e Fasolo 460 . Sia Valente<br />

che Trabaci hanno ordinato i loro versetti col criterio del raggruppamento modale,<br />

Giovanni Salvatore ha preferito raggruppare i versi per ciascuna delle tre messe più<br />

frequenti, mentre Fasolo ha puntigliosamente coperto ogni esigenza liturgica<br />

dell’organista secondo le disposizioni emanate dal Caeremoniale episcoporum 461 .<br />

Nel manoscritto Cimino troviamo versi per l’Ordinario della messa accanto a<br />

pezzi per il Proprio similmente ai Fiori Musicali di Girolamo Frescobaldi 462 .<br />

Il manoscritto Cimino ha l’aspetto di miscellanea per uso personale che comprende<br />

tre messe:<br />

1. Messa per le feste doppie (dal foglio 69r al 78v)<br />

2. Messa festiva (dal foglio 78v al 86v)<br />

3. Messa (senza indicazione) (dal foglio 87r al 100v)<br />

Ecco in tabella la distribuzione dei pezzi per ciascuna messa:<br />

Parti Messa per<br />

le feste<br />

doppie<br />

Introito Introito<br />

(toccata)<br />

164<br />

Messa<br />

festiva<br />

Toccata<br />

per la<br />

messa<br />

seguende<br />

Messa<br />

senza<br />

indicazione<br />

-<br />

Kyrie 4 versetti 5 versetti 5 +5<br />

versetti<br />

Gloria 9 versetti 9 versetti 10 +10<br />

Graduale Doppo’<br />

l’Epistola<br />

Doppo<br />

L’Epistola<br />

versetti<br />

Per<br />

L’Epistola<br />

Altro verso<br />

per<br />

l’Epistola<br />

Alleluja - - Alleluia<br />

Alleluia<br />

(abbozzo)<br />

Credo - - -<br />

Offertorio Toccata per<br />

l’offertorio<br />

+<br />

Fuga e<br />

Sanctus,<br />

Benedictus<br />

457 Valente, 1580; cfr. Cap.1.2<br />

458 Trabaci, 1615; cfr Cap. 3.4<br />

459 Salvatore, 1641; cfr. Cap. 5.1<br />

460 Fasolo, 1645; cfr. Cap. 4.2<br />

461 Cfr. cap. 4.2<br />

462 Frescobaldi, 1635<br />

Offertorio Per<br />

L’Offertorio<br />

Toccata<br />

- 2 versetti -


Elevazione Per<br />

L’Elevazione<br />

Per<br />

L’Elevazione<br />

-<br />

Agnus Dei - 2 versetti -<br />

Communio<br />

Postcommunio<br />

-<br />

Deo Gratias -<br />

165<br />

Benedicamus<br />

Domino<br />

I versi delle messe sono generalmente brevi e sono composti in stile imitativo alternato<br />

allo stile toccatistico 463 .<br />

La prima messa, benché denominata per le feste doppie, deriva tematicamente<br />

dalla messa Cum jubilo IX del Kyriale, normalmente definita Della Madonna. Tale<br />

derivazione tematica si circoscrive, comunque, solo ai versi del primo Kyrie i quali sono<br />

quattro invece che cinque 464 .<br />

La Toccata per l’offertorio è molto breve (appena 7 battute), è seguita da una<br />

fuga nello stesso tono seguita, a sua volta, da un’altra toccata una terza sotto. Gli ultimi<br />

due brani servono forse per il Sanctus ed il Benedictus .<br />

La Messa festiva è completa ad eccezione dell’Alleluja e del Communio.<br />

L’ultima messa, senza alcuna indicazione, ha i versetti del Kyrie, del Gloria e<br />

dell’Alleluja duplicati benché il secondo Alleluia sia una semplice modulazione; anche i<br />

versi per l’Epistola sono due. L’unico brano per l’Offertorio conclude la Messa.<br />

Le due toccate per l’Elevazione (prima e seconda messa) seguono lo stile di<br />

Durezze e ligature (con poche “durezze”) a conferma che la scelta stilistica dei brani era<br />

pienamente condivisa dagli organisti del XVI secolo così come era sempre suonata una<br />

canzona per l’Epistola o il Postcommunio. Il manoscritto differisce dalle altre raccolte<br />

seicentesche nei brani per l’Offertorio, tradizionalmente composti nello stile del<br />

Ricercare (ovvero gravis modulatio), qui scritti in stile toccatistico brillante. L’Introito<br />

della Messa per le Feste Doppie, la Toccata d’apertura ed il primo Kyrie della Messa<br />

Festiva sono nel tipico stile delle toccate; il Kyrie in forma di toccata è un’ulteriore<br />

conferma dell’interscambiabilità tra la toccata avanti la messa ed il primo verso del<br />

Kyrie 465 .<br />

COMPOSIZIONI CON INDICAZIONE DELL’AUTORE<br />

Francesco Boerio<br />

La prima composizione di Franceso Boerio (f. 63r) non ha titolo, è nello stile di<br />

canzona in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in tempo ¾; non vi è relazione<br />

tematica tra la prima e la seconda parte.<br />

La seconda composizione (f.59r), intitolata Toccata in D solre, ha l’indicazione<br />

appresso Fuga scritta sull’ultimo accordo: è uno dei primi esempi nella letteratura<br />

463 Il modello più pertinente sembra la pubblicazione di Giovanni Salvatore (1641).<br />

464 Anche nella MISSA IN DOMINICIS DIEBUS di Giovan Battista Fasolo (1645) troviamo quattro<br />

versi in luogo dei canonici cinque; cfr Cap. 4.2<br />

465 “[…] potrà l’accorto Organista servirsi de gli primi (versi) lasciando la voce nelle finali de gli secondi;<br />

avertendo in tutte le Messe, che la repetitione dell’Introito servirà per il primo Kyrie” (Banchieri, 1605,<br />

pag. 3 del Primo Registro).<br />

-


organistica in cui una toccata è espressamente unita ad una fuga 466 . La toccata mantiene<br />

ancora un po’ del carattere inquieto di Mayone e Trabaci ma è armonicamente molto più<br />

levigata; la fuga inizia con un tema molto breve impiegato per le imitazioni delle prime<br />

dieci misure, le successive nove misure sono basate su un nuovo materiale tematico e le<br />

ultime quattro costituiscono il pedale di dominante che conduce alla cadenza finale.<br />

Giacinto Ansalone<br />

L’unica composizione attribuita a Giacinto Ansalone è la canzona francese<br />

(f.131r) di sessantadue misure in un’unica sezione, la canzone più lunga e più<br />

complessa del manoscritto. Il tema di apertura presenza il caratteristico ritmo dattilico<br />

seguito da una successione di terze spezzate ascendenti, elemento tematico che verrà<br />

riproposto e sviluppato in seguito; alla misura 20, le terze vengono ornate con trilli; alla<br />

misura 30 si trova una serie di figurazioni in semicrome molto complesse dal punto di<br />

vista tecnico; alla misura 51 ritornano le terze spezzate sia ascendenti che discendenti<br />

che conducono alla cadenza finale ornata a sua volta con rapide semicrome.<br />

Giovanni Salvatore<br />

Per i sei brani di Giovanni Salvatore si rimanda al capitolo 5.1.<br />

Girolamo Frescobaldi<br />

La presenza nel manoscritto di due canzoni di Girolamo Frescobaldi (1583-1643) è<br />

un segnale della fama raggiunta dall’organista e compositore ferrarese nella seconda<br />

metà del XVII secolo. Le due canzoni di Frescobaldi presenti nel manoscritto Cimino<br />

erano già state incluse nei Fiori Musicali, pubblicati a Venezia nel 1635 presso<br />

Alessandro Vincenti.<br />

Il brano al foglio 113r è la Canzon dopo l’Epistola della Messa delli Apostoli, il<br />

brano al foglio 115v è la Canzon post il Comune della Messa Della Domenica.<br />

Giovanni De Macque<br />

Per i quattro brani di Giovanni De Macque si rimanda al capitolo 3.1.<br />

Ercole Pasquini<br />

Ercole Pasquini (ca 1555 – dopo il 1620), concittadino di Frescobaldi, ne fu anche<br />

il predecessore all’organo di San Pietro a Roma e ne subì la concorrenza. Il manoscritto<br />

include solo Pasquini e Frescobaldi quali rappresentanti della scuola organistica<br />

romana, nonché unici compositori che non operarono a Napoli.<br />

La Canzona del Ercole Pasquino (f. 135r) è in tre sezioni: la prima in tempo C, la<br />

seconda con indicazione di metro “3”, e la terza nuovamente in tempo C.<br />

Le Durezze e ligature del detto (Pasquini) impiegano fedelmente il procedimento<br />

armonico indicato nel titolo, con i tipici valori larghi che cedono il posto, però, a crome<br />

più fluenti verso la fine le brano.<br />

466 Prima di Boerio, Annibale Padovano pubblicò nel 1604 una Toccata et Ricercare d’Organo; in area<br />

meridionale Giovanni Maria Trabaci nel Secondo Libro dei Ricercari (1615) pubblicò una Toccata e<br />

Ricercare (Cfr. Cap. 3.4,105) e Bernardo Storace nella sua Selva (1664) pubblicò due Toccate e Canzon<br />

(Cfr. Cap. 4.2, 143).<br />

166


5.3 GREGORIO STROZZI<br />

Siamo in possesso di poche notizie concernenti la vita di Strozzi. Ulisse Prota-<br />

Giurleo 467 indica in San Severino in Lucania il luogo di nascita ed afferma pure che<br />

fosse allievo di Giovanni Maria Sabino ed organista presso la chiesa della<br />

Sant'Annunziata in Napoli, assunto nel 1634 “per essere musico di grande abilità e<br />

valore” per tre ducati al mese 468 ; tre anni dopo, “pei suoi meriti eccezionali come<br />

organista e compositore” ebbe un aumento di due ducati, con la promessa di diventare<br />

Primo Organista o Maestro di Cappella alla prima vacanza. Nel 1643, tuttavia, era<br />

ancora Organista ordinario del secondo coro. Nel 1645 fu nominato cappellano della<br />

Chiesa Madre di Amalfi 469 . C’è anche un contratto nel quale lo Strozzi dichiara di<br />

prendersi la responsabilità per l'istruzione della musica di un giovane chiamato<br />

Francesco Mansione 470 . Le notizie desunte dalle ricerche d’archivio sono integrate dalle<br />

indicazioni dei frontespizi delle sue opere: fu “Reverendo e Regio Abbate, Dottor<br />

Napoletano dell’una e l’altra legge, e Protonotario Apostolico”.<br />

Gregorio Strozzi visse contemporaneamente a Giovanni Salvatore, entrambi non<br />

napoletani di nascita ma accolti nella città partenopea a seguito di importanti incarichi.<br />

Di Strozzi colpisce, però, la differente cronologia delle sue pubblicazioni, essendo<br />

l’unico dei compositori napoletani a pubblicare le sue opere strumentali alla fine della<br />

sua vita, come coronamento della propria attività musicale.<br />

5.3.1. ELEMENTORUM MUSICAE PRAXIS (1683)<br />

Con quest’opera, Gregorio Strozzi chiude la tradizione del duo strumentale,<br />

iniziata nel 1521 con Eustachio Romano 471 , che aveva raggiunto il culmine qualitativo<br />

tra il 1560 e il 1605 472 .<br />

A questo punto il felice equilibrio rinascimentale si scioglie, e dal duo cinquecentesco si<br />

sviluppano due filoni: il primo che […] si trasforma in duetto concertato su basso<br />

continuo e rinunzia, per l’arte e per lo spettacolo, ad ogni funzione teorica e didattica; il<br />

secondo, strutturalmente fedele alla lettera della tradizione ma non allo spirito, che invece<br />

mantiene ed anzi irrigidisce la severità contrappuntistica, e in modo sempre più gretto<br />

assolve unicamente una funzione d’indottrinamento dogmatico 473 .<br />

Gregorio Strozzi cerca sempre di mantenere alto l’interesse musicale pur trattando<br />

con rigore gli esempi musicali. Ogni brano è titolato con un nome, proverbio o modo di<br />

dire.<br />

467<br />

Prota-Giurleo 1962, 118-121.<br />

468<br />

Ibidem.<br />

469<br />

Ibidem.<br />

470<br />

Ibidem.<br />

471<br />

Romano 1521.<br />

472<br />

Cfr. Cap. 1.3 e 2.1<br />

473<br />

Carapezza 1971, xxviii – xxix.<br />

167


Il frontespizio della pubblicazione reca scritto:<br />

ELEMENTORUM<br />

MUSICAE<br />

PRAXIS<br />

Utilis non tantum incipientibus, sed pro-<br />

ficientibus, & perfectis.<br />

Incipientibus ad facilitatem artis,<br />

Proficientibus ad delectationem, & perfectionem,<br />

Perfectis ad eruditionem compositionis.<br />

Accedit<br />

Nexus, & Sympatya Musicae, & Astronomiae<br />

AUCTORE<br />

REV. AC REGIO ABB.<br />

D. GREGORIO STROZZIO<br />

V.I.D. NEAPOL:<br />

AC APOSTOLICO PROTON:<br />

Pars prima, & seconda, Opus tertium.<br />

NEAPOLI, M.DC.LXXXIII.<br />

Typis Novelli de Bonis Typographi Archiepiscopalis.<br />

Superiorum permissu.<br />

La dedica si trova nella pagina seguente:<br />

TIBI<br />

A U G U S T I S S I M A<br />

T R I N I T A S<br />

Primae, Ingenitae, Ineffabili Harmoniae,<br />

Ad monadem TRIADI, ad numerum Unisonae;<br />

Ad tempus Aeternae, ad modos Incommutabili;<br />

Uno Ore, uno Verbo, uno Spiritu,<br />

Absolutissimae;<br />

Primigeniae totius harmoniae Parenti;<br />

E Qua<br />

Tempus tempora, numeri numerum, modi modum<br />

Caeli, Sidera, Elementa<br />

Symphonismum<br />

Mirabili rerum omnium concentu hauriunt<br />

Hanc Elementorum Musicae praxin<br />

ultimam tuae echum harmoniae<br />

Deiecto humi ad Maiestatis tuae NUMEN vultu.<br />

D.D.D.<br />

Gregorius Strozzius.<br />

168


Seguono le avvertenze al lettore:<br />

LECTORI TYPOGRAPHUS<br />

Siste lector, ne te aurium ita abripiat voluptas, ut Musicas sta-<br />

tim in notas involes, eaque negligas, quae in operis vestibulo<br />

nosse operae pretium fuerit. ELEMENTORUM MUSICAE<br />

PRAXIN libri titulus praefert. Habet nimirum Musica discipli-<br />

nis caeteris par, atque omnium decus elementa, quibus constet.<br />

Initio, cum rudis adhuc esset, ac paupere censu, e Grammatica<br />

primam literarum hebdomadem mutuata est: huic suos illa nume-<br />

ros illigavit, ac primum sibi alphabetum confecit; At cum id non<br />

tam bellè aptèque ad rudium institutionem caderet, GUIDO<br />

ARITINUS, e sacra Benedicti famiglia Philosophus, idemque<br />

Musicus, novis numerorum elementis, novoque veluti alphabeto<br />

Musicen auxit. Is cum ad modos musicos in Divi Ioannis per-<br />

vigilio sacer ille hymnus caneretur: UT QUEANT LAXIS<br />

RESONARE FIBRIS, rapta è singulis carminibus gemina syl-<br />

laba : UT scilicet, & RE, ex primo; MI, & FA, ex secundo; SOL,<br />

& LA, ex tertio, eas septem Alphabeti literis addidit, atque ex<br />

omnium complexu viginti literarum quoddam veluti sistema sta-<br />

tuit, quo conformari, & graves, & mediae, & acutae voces commo-<br />

diùs possent; ratus fore aliquando, ut praetermissa prima litera-<br />

rum hebdomade sex illae syllabae in perfectius Musicae alphabe-<br />

tum cederent. Id planè accidit, & ad faciliorem canentium nor-<br />

mam, & ad Musicae ornamentum; ut enim è quatuor tantum ele-<br />

mentis omnis in hoc Orbis Theatro rerum concentus existit, ita è<br />

sex tantummodo elementis omnis Musicae Symphonia gignitur.<br />

Id Auctor, ut opere, ac praxi veluti digito demostret, opus multo<br />

ungue, multoque elaboratum, expolitumque pumice profert.<br />

Habent hic Rudes, quo Musicae veluti mysterijs initientur; habent<br />

Provectiores quod discant, habent demum Perfecti disciplinae<br />

huius Antistites, quod vel aemulationem, vel admirationem pro-<br />

vocet. Ob oculos quippe Auctor exhibet Genus Musicae Quanti-<br />

tativum, quod Totum huius facultatis Continens dixeris. Ample-<br />

ctitur enim absolutas quatuor dotes, omnesque numeros, Modi<br />

maiori perfecti, Minoris perfecti, Temporis perfecti, & Prola-<br />

tionis perfectae. Habes etiam Quinque genera proportionum,<br />

Multiplicem, Superparticularem, Superpartientem; Multiplicem<br />

Super particularem, & Multiplicem super partientem, iuxtà men-<br />

tem Euclidis, & Clavij in suis elementis lib.V. Quin etiam Mirabilis<br />

planè Compositionis paradigma, ubi omnes Musicae nexus solvit;<br />

adeò ut nihil vel scribi, vel centum ad Choros Cani propemo-<br />

dum possit, quin eos dumtaxat consonos dissonosque numeros<br />

reperias quos ipse nectit solvitque. Demum egregiè facit ad<br />

constructionem duplicium contrapunctorum atque ad peritiam<br />

promptè tangenti cymbalum.<br />

Accedit, ad eruditionem, atque ornamentum Astonomiae, ac Mu-<br />

sicae faedus, atque alter veluti symphonismus; Zodiaci siquidem<br />

signis duodecim tonos, quos aiunt Regulares; Septem vero<br />

Planetis; eorumque naturae atque indoli musicum Diapason ac-<br />

comodat; tum Dignitates essentiales, atque Accidentales, Aspe-<br />

ctus, Configurationesque siderum harmonicis numeris ad amus-<br />

sim exprimit, ac refert: adeò ut quemamodum Astronomus<br />

oculis, ita & Musicus auribus, ac superbissimo earum iudicio Ce-<br />

leste thema rectificare facili iucundoque negotio possit. Nec id<br />

169


mirum videri cuiquam debet, quando è Platone, ac Pythagora<br />

totam hanc rerum universitatem non nisi musicam harmoniam<br />

esse didicimus, & ab Isidoro lib. 3.c.16. nullam sine Musica per-<br />

fectam esse posse disciplinam. Haec satis ad operis rationem, quod<br />

ubi nocturna diurnaque versaveris manu Auctoris ingenium,<br />

absulutamque artis peritiam, vel si Aristarchus sis, suspicies; ac<br />

Musicae gratulaberis, quam vel è Coelo in terras devocat, vel è<br />

terris effert in Coelum, ut liquidiùs sonet, ac puriùs. Vale.<br />

E’ il tipografo che si rivolge ai lettori, delineando i principi compositivi ed i pregi<br />

dell’opera. Vengono sottolineati i legami tra gli elementi costitutivi della musica ed i<br />

fondamenti della grammatica, si espone brevemente l’elaborazione teorica di Guido<br />

d’Arezzo e si accenna alle proporzioni ritmiche tramandate dalla teoria rinascimentale.<br />

Sia nell’intestazione che nelle avvertenze si specifica che l’opera non è tanto utile agli<br />

studenti alle prime armi, quanto, piuttosto, a far progredire nella conoscenza coloro che<br />

sono già ben introdotti nell’arte. Grazie a quest’opera, si possono imparare tutti gli<br />

artifici contrappuntistici ma, al tempo stesso, si può sviluppare la capacità di suonare<br />

agevolmente il clavicembalo.<br />

La musica, infine, “che fa scendere dal Cielo in Terra e dalla Terra porta in<br />

Cielo”, è intimamente legata all’astronomia al punto che ciò che l’astronomo interpreta<br />

con la vista viene inteso dal musicista con l’udito. Il grande sapiente è colui che<br />

[…] accosta i dodici toni che si dicono regolari con i segni dello zodiaco, accosta le sette<br />

note del Diapason alla natura ed all’indole dei sette pianeti […]Né deve sembrare strano a<br />

qualcuno allorché impariamo da Platone e da Pitagora che l’universo intero non può<br />

esistere senza l’armonia della musica, e dai libri 3 e 16 di Isidoro impariamo che nessuna<br />

disciplina può essere perfetta senza musica.<br />

La pagina successiva alle avvertenze contiene due epigrammi anonimi.<br />

Ad<br />

Rev. ac Regium Abbatem<br />

Ac V.I.D. atque Apost. Prot. D.D. Gregorium<br />

Strozzium<br />

Epigramma<br />

Inc. Auth.<br />

Arbiter exposito Phaebus dum praesidet Orbi<br />

Temperat ad numeros mixta elementa suos;<br />

Hinc omnis rerum discors concordia mundo est,<br />

Hinc canit aeternum noxque diesque melos.<br />

Par opus ingenio praestas, dum musica misces<br />

Arbiter innumeris, STROZZI, elementa modis.<br />

Scilicet hinc vario sese modulamine fundit<br />

Altius harmonico quicquid in Orbe latet.<br />

Ergo Naturae genium dum sedulus arte<br />

Assequeris, merito tu mihi Phaebus eris.<br />

<br />

170


Segue il contenuto dell’opera.<br />

Ad eundem<br />

Epigramma.<br />

Edere inauditum celesti è pegmate carmen,<br />

Sidera, Pythagorae, fabula nota fuit:<br />

Ast tua sideribus dum faedere carmina nectis,<br />

Ars est, quae quondam fabula vana fuit.<br />

TITOLO INDICAZIONI<br />

ACCESSORIE<br />

CHIAVI<br />

Labor improbus Contrapunctum<br />

Contralto<br />

omnia vincit<br />

duplum ad decimam<br />

cum suis<br />

observationibus, &<br />

(Stampati solo nella potest cani 12. modis,<br />

parte del Tenor) & tribus, & quatuor<br />

vocibus.<br />

Ave maris Stella<br />

Tenore<br />

Magnus esse vis? À<br />

Duplum ad x. cum<br />

suis observ:<br />

PARS MATUTINA<br />

Canon.<br />

Soprano/ Soprano<br />

minimo incipe.<br />

Disce puer<br />

Ut queant laxis<br />

resonare fibris, & c.<br />

Nemo sibi solus, ad<br />

Soprano/ Soprano<br />

universa<br />

est.<br />

sufficiens<br />

Diversa ab alijs Canon<br />

Soprano/ Soprano<br />

virtute valemus<br />

Ludus puerorum<br />

In via sumus, qua<br />

via pergimus<br />

Canon Soprano/ Soprano<br />

Adhereat lingua<br />

faucibus meis, si<br />

non meminero tui<br />

Canon Soprano/ Soprano<br />

Omnium rerum<br />

principia parva sunt,<br />

sed suis<br />

progressionibus usa<br />

augentur<br />

Canon Soprano/ Soprano<br />

Frusta iacitur rete,<br />

ante oculos<br />

pennatorum<br />

Soprano/ Tenore<br />

Nihil est in<br />

Varijs artibus<br />

Soprano/Contralto<br />

intellectu, quin<br />

praefuerit in sensu<br />

Vinciuntur<br />

Ego autem gloriabor<br />

Soprano/Contralto<br />

in infirmitatibus<br />

171


meis<br />

Os Regis observo, &<br />

praecepta iuramenti<br />

Dei<br />

Depone sarcinam, &<br />

invenies (habebis)<br />

medicinam<br />

Cogitationes<br />

consilijs roborantur<br />

Nulla aetas fera est<br />

ad discendum<br />

Cito nauseat,<br />

quidquid sine labore<br />

possidetur<br />

Criminosus, iudex<br />

alterius esse non<br />

potest<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Tenor benché<br />

sia citato nell’indice)<br />

Omnia vitia in sene<br />

senescunt, avarizia<br />

sola iuvenescit.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Tenor benché<br />

sia citato nell’indice)<br />

Facilis est vincere<br />

non repugnantibus<br />

Danda est remissio<br />

animis<br />

172<br />

Soprano/ Tenore<br />

Soprano/ Basso<br />

Mezzosoprano/Contralto<br />

Contralto/ Tenore<br />

Contralto/ Baritono<br />

Tenore/ Basso (indicato<br />

nell’indice)<br />

Basso/ Basso (indicato<br />

nell’indice)<br />

Soprano/ Basso<br />

Soprano/ Tenore<br />

Ars deluditur arte Contralto/ Tenore<br />

Fili à iuventute tua<br />

excipe doctrinam<br />

Soprano/ Contralto<br />

Quae in iuventute<br />

Soprano/ Contralto<br />

non congregasti,<br />

quomodo in<br />

senectude invenies<br />

Aeoliam rabiem,<br />

totis exercet arenis<br />

Soprano/ Tenore<br />

Frater qui<br />

Tenore / Tenore(indicato<br />

adiuvantur à fratre,<br />

quasi Civitas firma.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Tenor benché<br />

sia citato nell’indice)<br />

nell’indice)<br />

Recupera<br />

Canon<br />

Basso<br />

proximum,<br />

A diapente superius<br />

secundum virtutem Post duo tempora. &<br />

tuam.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Cantus; citato<br />

nell’indice solo al<br />

Tenor)<br />

c.


In medio seniorum<br />

ne adijcias loqui.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Cantus; citato<br />

nell’indice solo al<br />

Tenor)<br />

Homo sanctus, in<br />

sapientia manet<br />

sicut Sol. Eccl.27<br />

(Miniatura di un<br />

sole con scritta:<br />

Melpomene.<br />

Quid lucidius Sole?<br />

& hic deficit. Eccl.<br />

17.<br />

Simbolo zodiacale<br />

del Leone)<br />

Stultus sicut luna<br />

mutantur. Eccl. 27<br />

(Miniatura di una<br />

luna con scritta:<br />

Clio.<br />

Simbolo del Sole e<br />

del Cancro)<br />

Simulator, ore<br />

decipit amicum<br />

suum<br />

(Semplice scritta:<br />

Euterpe.<br />

Simboli di Mercurio<br />

e della Vergine)<br />

Vir iniquus iactat<br />

amicum suum, &<br />

ducit eum per viam<br />

non bonam<br />

( Polinnia.<br />

Simboli di Saturno,<br />

Mercurio,<br />

Capricorno e<br />

Gemelli)<br />

Humilia animam<br />

tuam presbitero, &<br />

caput tuum magnato<br />

( Erato.<br />

Simboli di Giove e<br />

dei Pesci)<br />

Mulieris bonae,<br />

beatus vir. & c.<br />

( Erato, Talia.<br />

Simboli di Giove,<br />

Venere, dei Gemelli,<br />

Pesci ed Acquario)<br />

Canon Basso<br />

Dorius, sive I. tonus<br />

Naturalis<br />

Hilaris,<br />

Ecclesiasticus. Serius<br />

Hypodorius, sive II<br />

ton. Nat. Ad diapason<br />

superium<br />

Mestus, flebilis<br />

Phrygius, sive III<br />

tonus Naturalis:<br />

Acerrimus, durus<br />

Hypofrygius, sive IV.<br />

Tonus naturalis. Ad<br />

diapente superium<br />

Lydius, sive V. tonus<br />

naturalis<br />

Petulans, criticus<br />

Hypolidius, sive VI<br />

tonus naturalis<br />

Pius, devotus, lenis<br />

173<br />

Soprano/ Tenore<br />

Mezzosoprano/Contralto<br />

Contralto/ Tenore<br />

Mezzosoprano/Mezzosoprano<br />

Violino/ Contralto<br />

Baritono/ Baritono


Homo perversus,<br />

suscitat lites<br />

( Tersicore.<br />

Simboli di Marte e<br />

Scorpione)<br />

Boni fine malis in<br />

..ac vita, esse non<br />

possunt<br />

( Melpomene<br />

Tersicore.<br />

Simboli del Sole,<br />

Marte, Leone e<br />

Capricorno)<br />

Festina tempus, &<br />

memento finis<br />

( Erato, Talia,<br />

Euterpe.<br />

Simboli di Giove,<br />

Venere, Mercurio,<br />

Pesci, Toro e<br />

Vergine)<br />

Liberat animas testis<br />

fidelis, & profert<br />

mendacia versipellis<br />

( Erato, Euterpe.<br />

Simboli di Giove,<br />

Mercurio, Pesci e<br />

Vergine)<br />

Virum de mille<br />

unum reperi,<br />

mulierem ex<br />

omnibus non inveni<br />

( Thalia.<br />

Simboli di Venere e<br />

Toro)<br />

Amico, & inimico<br />

noli narrare sensum<br />

tuum<br />

( Talia, Euterpe,<br />

Tersicore.<br />

Simboli di Venere,<br />

Mercurio, Marte,<br />

Toro, Vergine e<br />

Capricorno)<br />

Virus conciliat<br />

amicitias, atque<br />

conservat.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Cantus; citato<br />

nell’indice solo al<br />

Tenor)<br />

Myxolydius, sive VII<br />

tonus naturalis<br />

Indignans, rixosus,<br />

superbus<br />

Hypermixolydius,<br />

sive VIII tonus<br />

naturalis<br />

Magnificus, felicis<br />

Aeolius, sive IX<br />

tonus naturalis<br />

Suavis, delectabilis<br />

Hypoeolius, sive X<br />

tonus naturalis<br />

Mitis, amabilis<br />

Ionius, sive XI tonus<br />

naturalis<br />

Iucundus, floridus<br />

Hypoionius, sive XII<br />

tonus naturalis<br />

Speciosus, varius<br />

174<br />

Soprano/ Contralto<br />

Tenore/ Tenore<br />

Soprano/ Contralto<br />

Tenore/ Tenore<br />

Violino/ Soprano<br />

Contralto/ Contralto<br />

Canon Tenore


Primus addiscendi<br />

ardor, nobiliats est<br />

magistri. Ambr.de<br />

virg. Lib.2.<br />

Omni tempore<br />

diligit, qui amicus<br />

est<br />

Arcta est via Caeli,<br />

lata vero, quae ducit<br />

ad perditionem<br />

Vitasti saxa grandia,<br />

vide ne obruaris<br />

Arena<br />

Gaudent brevitate<br />

Moderni<br />

Si cadendum est è<br />

Caelo, cecidisse<br />

Velim<br />

Amor amore<br />

Conciliatur<br />

Qui prius respondet<br />

quam audiat,<br />

stultum se esse<br />

demonstrat<br />

Qui spernit pauca,<br />

paulatim decidet<br />

Per durum iter<br />

anhelat gloria<br />

Qui navigant mare,<br />

enarrant pericola<br />

Eius<br />

Per nigredinem,<br />

humanitas non<br />

mutatur<br />

Durum est assueta<br />

Delinquere<br />

Non semper fluvius,<br />

aureas habet scuras<br />

Timidus miles<br />

vencere rarò solet<br />

Ferrum ferro<br />

Exacuitur<br />

Qui rem intelligit,<br />

viam ad salutem<br />

excogitat<br />

Omnis natura vult<br />

esse conservatrix sui<br />

PARS<br />

VESPERTINA<br />

Musicam docet<br />

Amor.<br />

Canon<br />

175<br />

Tenore/ Tenore<br />

Canon Soprano/ Soprano<br />

Soprano/ Soprano<br />

Soprano/ Contralto<br />

Soprano/ Soprano<br />

Contralto/ Basso<br />

Soprano/ Contralto<br />

Soprano/Mezzosoprano<br />

Violino/ Violino<br />

Soprano/Mezzosoprano<br />

Mezzosoprano/Baritono<br />

Soprano/ Soprano<br />

Soprano/ Soprano<br />

Soprano/ Soprano<br />

Tenore/ Basso<br />

Contralto/ Contralto<br />

Ottava bandita Mezzosoprano/Contralto<br />

(Tema ricavato dalle<br />

seguenti sillabe: La<br />

so la far fal la mi fa<br />

dor mi re mi fa)<br />

Soprano/ Soprano


Non bene pro toto<br />

venditur auro<br />

libertas<br />

Omnia si perdes,<br />

famam servare<br />

memento<br />

Nili aratores,<br />

Caelum non<br />

Aspiciunt<br />

Idem servare<br />

amicum cum<br />

prudentia, quod<br />

acquirere imperium.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Tenor; citato<br />

nell’indice solo al<br />

Cantus)<br />

Non progredi in via<br />

Dei, est Retrogredi<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Cantus; citato<br />

nell’indice solo al<br />

Tenor)<br />

Omnia tempus<br />

habent, & suis<br />

spatijs trasferunt<br />

universa sub. Ecc. 3<br />

In labijs sapientis<br />

invenitur sapientia.<br />

Parab. Sal. C.1<br />

Quod sit in Urbe, sit<br />

in Orbe.<br />

(Non stampato nella<br />

parte del Tenor; citato<br />

nell’indice<br />

Cantus)<br />

solo al<br />

Vae Soli, quia cum<br />

ceciderit, non habet<br />

sublevantem<br />

Eccl. 4<br />

se.<br />

Canon ad diapente<br />

inferius.<br />

Post unum tempus<br />

Canon<br />

Retrogrado<br />

Quantitativum Genus<br />

V.Genera<br />

Proportionum<br />

Cuncti nexus<br />

Musicae soluti<br />

E rit C oncentus<br />

O mnium, notas<br />

audire tuas.<br />

Canon ad unis.<br />

Sonata di Basso solo<br />

- Per Cimbalo,<br />

& Arpa ò<br />

Leuto.<br />

- Cimbalo &<br />

Arpa<br />

- Piano, e vi si<br />

può diminuire<br />

176<br />

Soprano/ Soprano<br />

Violino/ Soprano<br />

Soprano/Mezzosoprano<br />

Tenore<br />

Soprano<br />

Soprano/ Tenore<br />

Soprano/ Contralto<br />

Soprano<br />

/Basso<br />

Già Zarlino 474 e Cerone 475 si erano occupati del rapporto tra il carattere dei modi,<br />

le influenze delle sfere celesti e delle muse; Strozzi amplia ulteriormente il rapporto<br />

aggiungendo i simboli dello zodiaco.<br />

La sonata di Basso solo conclusiva 476 (“Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet<br />

sublevantem”) è l’unico pezzo con l’esplicita destinazione degli strumenti da impiegare:<br />

474 Zarlino 1561.<br />

475 Cerone 1613.<br />

476 Cfr. Fabris 1986, 233-236.


il clavicembalo, l’arpa ed il liuto. L’enigma del canone (“Guai a chi è solo: se cade non<br />

ha nessuno che lo rialzi”) indica che gli strumenti devono costantemente dialogare:<br />

Strozzi indica all’inizio di ogni sezione quali strumenti devono intervenire. Nella<br />

seconda, il clavicembalo e l’arpa devono continuamente dialogare, alternandosi in brevi<br />

sezioni che si rincorrono fino al tutti conclusivo. Analizzando le alterazioni del brano,<br />

risulta che l’autore evita di affidare all’arpa cromatismi fuori dal tono d’impianto<br />

mentre non ha alcuna difficoltà ad affidarli al clavicembalo.<br />

Per una strana contraddizione, dunque, l’arpa di fine Settecento sembra tornare verso le<br />

sue origini cinquecentesche di strumento “semichromatico”, come provano anche<br />

l’abbandono graduale delle impervie file incrociate di corde e la ricerca di nuove<br />

soluzioni organologiche (uncini prima, poi i definitivi pedali). Probabilmente si era<br />

spenta da tempo la tradizione di virtuosi napoletani; l’arpa non era insegnata nei<br />

conservatori e lo strumento venne riassorbito, con effetti coloristici, nell’anonimato<br />

dell’orchestra settecentesca d’impianto scarlattiano. 477<br />

Strozzi eviterà di affidare all’arpa difficili cromatismi anche nelle variazioni XI e XII<br />

della Romanesca con partite, Tenori e Ritorn[elli] pubblicata nei Capricci del 1687.<br />

5.3.2. CAPRICCI DA SONAR CEMBALI ET ORGANI (1687)<br />

E’ l’opera che corona la carriera di compositore di Strozzi. Con essa, si chiude<br />

definitivamente l’era delle opera omnia collecta 478 inaugurata quasi cento anni prima da<br />

Antonio Valente. Strozzi era quasi coetaneo di Giovanni Salvatore ma le loro opere<br />

strumentali, affini per stile compositivo, vengono pubblicate a distanza di quarantasei<br />

anni: 1641 per Salvatore e 1687 per Strozzi. Giovanni Salvatore è perfettamente<br />

inserito nel suo tempo, Gregorio Strozzi appare, invece, un sapiente compositore<br />

nostalgico di un modo di comporre che non ritrova più tra i suoi contemporanei. Le<br />

musiche presenti nel manoscritto Cimino 479 , risalente al 1675, ci danno la misura del<br />

mutamento della musica organistica napoletana dopo la metà del XVII secolo. Laura<br />

Alvini 480 ritiene che la presenza di modelli compositivi piuttosto arcaici e di elementi<br />

stilistici non sempre omogenei tra loro fa presumere che lo Strozzi abbia scelto per la<br />

pubblicazione del 1687 brani composti in un vasto arco di tempo.<br />

Il frontespizio della pubblicazione di Gregorio Strozzi reca scritto:<br />

CAPRICCI<br />

DA SONARE<br />

CEMBALI, ET ORGANI<br />

Del Rev. e Regio Abb.<br />

D. GREGORIO<br />

STROZZI<br />

Dottor Napoletano dell’una, e l’altra legge, e<br />

Protonotario Apostolico<br />

477<br />

Fabris 1986, 236.<br />

478<br />

Cfr. Apel 1972.<br />

479<br />

Cfr. Cap. 5.2<br />

480<br />

Introduzione all’edizione anastatica della stampa della biblioteca del Conservatorio di Napoli curata<br />

da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1979<br />

177


La dedica si trova nella pagina seguente:<br />

OPERA QUARTA<br />

(Stemma)<br />

IN NAPOLI M.DC.LXXXVII<br />

Per Novello de Bonis Stampatore Arcivescovale.<br />

Con licenza de’ Superiori<br />

A voi<br />

Gloriosi, Arcangeli<br />

Michaele, Gabriele, e Rafaele<br />

A Tè<br />

Angelo mio Custode:<br />

Ed à voi Tutti Angelici Cori,<br />

Con profondissimo inchino riverente prostrato,<br />

Presento questo piccol tributo del mio povero ingegno.<br />

In honore della Passione di N. S. Giesù Cristo<br />

Divulgai i Responsorij, Ecclesiastico ufficio della Settimana santa<br />

Alla Gran Reina del Cielo<br />

L’Officio del Santo Natale, per quel che alla Musica s’appertiene;<br />

Poscia all’Augustissima Triade<br />

Principio d’ogn’armonia, i miei Elementi Armonici.<br />

Hor nella mia cadente età<br />

Consacro à Voi<br />

Questi Capricci da sonar Cembali, et Organi, etc.<br />

Non inutili divertimenti da occupazioni più gravi.<br />

Tenue è il dono<br />

Ma non è tenue la riverenza, e l’affetto,<br />

Che à Voi lo porge.<br />

Se vi degnate di gradirlo,<br />

Se di volgervi benigno l’orecchio,<br />

Mentre animando le Chiese, ove assistete,<br />

Farà un rozzo, e debol’eco alle Vostre armonie.<br />

Impetratemi, vi priego,<br />

Il perdono delle mie colpe;<br />

A fin congiunto à vostri Cori nel Cielo,<br />

Esalti con cantici di eterna lode<br />

Il nostro Dio,<br />

Che con volto à terra inchinato<br />

Insieme con Voi benedice, et aora<br />

Il vostro umilissimo servo<br />

Gregorio Strozzi.<br />

Nella dedica Strozzi elenca tutte le sue opere: i Responsoria, sua opera prima, in<br />

onore della passione di Gesù Cristo; l’opera seconda, L’Officio del Santo Natale,<br />

dedicata alla Madonna; l’opera terza, Elementorum musicae praxis, contributo<br />

178


dell’abate napoletano alla teoria e alla didattica, dedicata alla Santissima Trinità,<br />

simbolo della perfezione e dell’equilibrio. I Capricci, infine, ad angeli ed arcangeli,<br />

chiudono questa tetralogia interamente dedicata al mondo ultraterreno.<br />

I termini con cui lo Strozzi si rivolge agli angeli appartengono al tipico frasario<br />

delle dediche, normalmente indirizzate a nobili e potenti; già Giovanni Salvatore 481<br />

aveva preferito Adriana Basile, una musicista, ai potenti napoletani ma Gregorio Strozzi<br />

va decisamente oltre negando qualunque legame con uomini e mecenati,<br />

preoccupandosi soltanto del valore della propria musica, debole eco dei celestiali<br />

concenti. I capricci per organo e cembalo non sono, però, inutili divertimenti: la musica<br />

strumentale non è oasi di svago e neanche un semplice momento propedeutico, ha una<br />

sua dignità ed un suo valore, può figurare tra i migliori esempi dell’ingegno umano che<br />

può dedicarli a Dio, principio di ogni intelletto.<br />

Le pagine successive contengono due sonetti ed un epigramma anonimi.<br />

481 Cfr. Cap. 5.1<br />

Al Signor Abbate D. Gregorio Strozzi<br />

Per la sua eruditissima opera intitolata, Capricci Musicali.<br />

SONETTO<br />

I.A.<br />

Figlio di volontà freneticante,<br />

Nasce il Capriccio ad infestar le menti,<br />

Bizzarria del voler, Estro baccante,<br />

Tiranno di pensier, fabro di stenti.<br />

Appena è conceputo, e in uno istante,<br />

Vola precipitoso al par de’ venti,<br />

Non sa in fasce vagir bambin gigante,<br />

Poiche legge non hà, tutto ardimenti.<br />

Tuo gloria è sol, gran STROZZI, è sol tuo vanto<br />

A cui san palme dar terreno arsicci,<br />

Frenar sue frenesie con dolce incanto.<br />

Contumace il suo brio se avvien, che aggricci,<br />

Tu lo sai regolar, col metro del canto,<br />

S’anche Musici son per te i CAPRICCI.<br />

All’istesso<br />

Al brillar di tua lira i primi accenti<br />

Chinò Febo l’orecchio; e poiche il brìo<br />

De gli armonici tuoi CAPRICCI udìo<br />

Giunger dell’arte à gli ultimi portenti;<br />

Tosto rivolse al Cielo i lumi intenti,<br />

Sollecito à mirar il biondo Dio,<br />

Se la lira d’Orfeo tua man rapìo<br />

179


Da le sfere à formar sì bei concenti.<br />

Indi, disse, hor che in STROZZI emula Cetra<br />

A la cetra d’Orfeo ne scopre il prelo;<br />

Già che questa non cadde à lui da l’Etra<br />

Presso di lei, comanda il Dio di delo,<br />

Mentre cotanto il suo gran merto impetra,<br />

Ch’ella trà gli astri si sospenda in Cielo.<br />

Ad eundem<br />

P. P. A. S. I.<br />

Epigramma.<br />

Inclusos làèrtiades quondam utre tulisse,<br />

Et Boreas iactet, nutiferosque notos.<br />

Artis fama tuae praestantior, inclyte STROZZA,<br />

Ad tua namque, aurae, iussa repente ruunt.<br />

Includique optant cannis, perque organa gaudent,<br />

In numerum doctos mille ciere sonos.<br />

Quae malora putas miracula? Claudere ventos,<br />

Reddere an armonicos edocuisse sonos?<br />

Il piano dell’opera prevede tre capricci, tre ricercari, tre sonate, quattro toccate, un<br />

madrigale intavolato (Ancidetemi pur di Arcadelt), partite sopra la Romanesca, tre<br />

gagliarde, otto correnti, tre balli, un’aria con partite ed, infine, una Toccata de<br />

Passagagli. Viene prevalentemente impiegato il sistema in partitura a quattro<br />

pentagrammi che già da tempo non era più in uso presso i compositori dell’Italia<br />

meridionale; si trovano anche pezzi in partitura a tre e due pentagrammi.<br />

Capriccio primo con partite sopra ut re mi fa sol la del 12. tono naturale.<br />

E’ un pezzo molto lungo, ben 311 battute, ripartite in nove sezioni. Abbiamo già<br />

sottolineato nel capitolo dedicato a Giovan Battista Fasolo 482 che pezzi che impiegano<br />

il tema dell’esacordo ascendente assumono il carattere programmatico dell’esplorazione<br />

di ogni recesso della tecnica compositiva ed esecutiva e, per tale motivo, vengono<br />

collocati all’inizio delle raccolte; abbiamo altresì notato che in Fasolo questa esigenza<br />

non è avvertita ma in Strozzi la collocazione d’apertura è rispettata. Il linguaggio<br />

musicale impiegato da Strozzi è dotto ed elevato; il modo prescelto, il dodicesimo, è<br />

rispettato ma la prima casella presenta l’esacordo in semibrevi trasportato di una quinta<br />

(sol, la, si, do, re, mi); in realtà, per tutto il brano, ad eccezione della seconda sezione, la<br />

prima entrata tematica dell’esacordo sarà sempre nel tono naturale.<br />

482 Cfr Cap. 4.2<br />

180


Le sezioni quinta e nona terminano con una figurazione caratteristica di Strozzi:<br />

l’accordo finale presenta la parte del basso con due note che compiono un salto di ottava<br />

discendente, la prima delle quali è in unisono col tenore.<br />

Capriccio secondo del settimo tono naturale<br />

Il secondo capriccio, lungo 100 battute, è decisamente più breve del primo ma non<br />

rinuncia allo stile dotto ed elevato del primo.<br />

La prima sezione, in tempo C, presenta un tema che inizia con un salto di quinta<br />

ascendente e chiude con due salti di quarta ascendente; il controsoggetto è in crome;<br />

tutta la prima sezione è in contrappunto rigoroso.<br />

La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto brillante derivato dalla prima sezione;<br />

nelle ultime battute, tre delle quattro voci indulgono in lunghe note tenute mentre<br />

soltanto in un voce è presente la figurazione in semicrome.<br />

La terza sezione, in tempo C 3/2, riprende le sette note del soggetto iniziale adattate,<br />

però, al nuovo metro; le tre battute conclusive in tempo C conducono all’accordo finale<br />

con brevi figurazioni toccatistiche in semicrome per moto contrario.<br />

Tutte le sezioni del capriccio concludono col caratteristico salto discendente del basso.<br />

Capriccio terzo del decimo tono trasportato<br />

Il terzo capriccio, lungo 119 battute, mantiene il livello stilistico dei primi due.<br />

181


La prima sezione, in tempo C, ha il soggetto acefalo con quattro semiminime e sei<br />

crome costruito con intervalli congiunti inframezzati da qualche salto di terza e di<br />

quarta; la sezione è in contrappunto rigoroso.<br />

La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto ottenuto dall’aggravamento del primo<br />

con un controggetto in crome e mantiene complessivamente lo stesso carattere della<br />

prima sezione. Questa sezione conclude col caratteristico salto discendente del basso.<br />

La terza sezione, in tempo C 3/2, riprende il tema iniziale adattato al nuovo metro; le<br />

ultime battute (da 112 a 117) sono in stile di toccata; nella penultima battuta (118) vi è il<br />

salto di ottava al basso stavolta, però, ascendente.<br />

La stampa del 1687 contiene tre ricercate, tutte a quattro voci e in tempo imperfetto<br />

mediato; Strozzi non manifesta interesse all’esposizione sistematica in tutti i toni e,<br />

scegliendo per la terza ricercata il nono tono naturale, mostra di accogliere la teoria<br />

espressa da Glareano nel Dodekachordon (1547), conformemente con quanto fatto da<br />

Trabaci e non condiviso da Salvatore 483 . Tutte le ricercate di Strozzi hanno l’indicazione<br />

del tono e del numero di soggetti e sono assimilabili per stile e scrittura ai ricercari di<br />

Mayone, Trabaci e Salvatore.<br />

Ricercata prima del primo tono naturale con quattro soggetti<br />

Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Basso, al Tenore ed all’Alto; il<br />

secondo soggetto appare solo al Canto e al Basso; il terzo soggetto appare al Tenore,<br />

all’Alto ed al Canto; il quarto soggetto appare al Canto, al Tenore, al Basso ed all’Alto.<br />

Il primo soggetto appare soltanto un’altra volta completo ed altre due volte modificato;<br />

il secondo soggetto appare altre 17 volte di cui 2 in diminuzione; il terzo soggetto<br />

appare altre 13 volte ma l’incipit in semiminime viene abbondantemente impiegato in<br />

progressioni; il quarto soggetto appare altre 14 volte di cui una in inversione.<br />

Ricercata Seconda del secondo tono trasportato con tre soggetti<br />

Il primo soggetto appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto ; il secondo soggetto<br />

appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 19<br />

al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto. Il primo soggetto appare nel ricercare altre 9<br />

volte, il secondo soggetto appare altre 12 volte ed il terzo soggetto appare altre 14 volte<br />

di cui 4 in diminuzione. Alle caselle 168/171 appare il quarto soggetto della prima<br />

ricercata in imitazione canonica tra Alto e Tenore: è un fenomeno che non ha riscontri<br />

in altre pubblicazioni di maestri napoletani. Conclude la ricercata un pedale di<br />

Dominante al Tenore.<br />

Ricercata terza del nono tono naturale con due soggetti<br />

Il primo soggetto appare al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto<br />

appare nella medesima successione. Il primo soggetto appare altre 12 ed il secondo<br />

soggetto appare altre 20 volte.<br />

Le tre sonate di Strozzi destarono già l’attenzione di Willy Apel 484 in quanto<br />

costituiscono<br />

una testimonianza contemporanea al ben noto fatto che la sonata barocca si sviluppò dalla<br />

canzone. A differenza dei più antichi brani per tastiera contrassegnati come Sonata<br />

(Banchieri, Del Buono), quelli di Strozzi non appartengono alla storia della sonata solo<br />

483 Vedi cap. 5.1<br />

484 Apel 1972, 1002-1006.<br />

182


nominalmente, ma anche di fatto. Ciascuna Sonata consta di tre movimenti collegati<br />

tematicamente l’uno all’altro, di cui quello centrale è in ritmo ternario 485 .<br />

Anche le canzoni di Salvatore 486 hanno una struttura formale di transizione dalla<br />

canzona alla sonata: tre delle quattro canzoni, infatti, hanno una sezione centrale in<br />

ritmo ternario due di esse presentano una ripresa del primo tema. Gregorio Strozzi, a<br />

differenza di Salvatore, usa l’appellativo di Sonata per questo genere di composizione<br />

detta da altri impropriamente Canzona Francese.<br />

Nei capricci e ricercate iniziali, Strozzi non impiega mai segni di<br />

ornamentazione i quali fanno la loro comparsa proprio con le sonate per poi essere<br />

impiegati in tutti gli altri pezzi della pubblicazione.<br />

The only stenographic ornamentation used is that denoted by tr. They often seem<br />

haphazardly placed. Close examination reveals that the ornaments are not precisely fixed<br />

in meaning and may vary according to context. For instance, the beginning and/or ending<br />

of a trill may be written out in ordinary notes; the main part of the trill is represented by a<br />

longer note or by repeated notes. The sign tr. may appear at any point in the entire<br />

partially notated ornament. Several repeated notes seem invariably to require the insertion<br />

of the upper diatonic tone after each. The proper interpretation is usually clear from the<br />

context if it is understood that tr. Often calls for the elaboration of a whole passage rather<br />

than a single note 487 .<br />

Si tratterebbe, così, di un simbolo stenografico indicante il trillo misurato.<br />

If I am correct in assuming that the repeated notes denote a trill with the upper<br />

auxiliary, then this is an effective, if clumsy, device for notating a measured trill. Each<br />

note maintains its written rhythmic placement; thus repeated eighth-notes denote a slower<br />

trill than repeated sixteenths. Such a system would enable the composer to show exactly<br />

where a trill is to be ended, as in Ex. 4. Dr Apel has commented on this question,<br />

suggesting an instrumental counterpart for the old vocal trillo of the Camerata. This<br />

explanation, however, would not cover those instances where a beginning and ending of a<br />

trill is given. Thus I think my solution has broader application and leads to more<br />

satisfactory results. 488<br />

Il simbolo tr sulle note ribattute potrebbe essere, quindi, la controparte tastieristica del<br />

trillo vocale realizzata attraverso un rapido dibattimento dello stesso tasto 489 anche<br />

indicare un trillo più rapido di quello scritto per esteso. Questa tecnica esecutiva<br />

difficilmente può essere impiegata in un clavicembalo per evidenti limiti del<br />

meccanismo della leva del tasto; su un organo antico, viceversa, tale tecnica è più<br />

facilmente ottenibile e le turbolenze che si vengono a creare nei transitori d’attacco<br />

generano un suono molto simile al trillo vocale. Anche Gioanpietro Del Buono 490 usa<br />

l’indicazione del trillo sulle note ribattute e la sua esecuzione appropriata sembra essere<br />

proprio il trillo misurato; va sottolineato che le musiche di Del Buono sono chiaramente<br />

destinate al clavicembalo.<br />

Sonata prima per Cembali et Organo à modo Italiano con pensiero del secondo<br />

tono naturale all’ottava sopra, detta da altri impropriamente Canzona Francese.<br />

485 Ibidem<br />

486 Cfr. Cap. 5.1<br />

487 Hudson 1967a, xii.<br />

488 Hudson 1967b, 215.<br />

489 Tagliavini 1975, 356-8.<br />

490 Cfr. Cap. 4.2., 121-122.<br />

183


Strozzi è consapevole che la Canzona Francese ha mutato pelle, è diventata<br />

qualcos’altro; gli originali modelli vocali sono molto distanti dalla nuove esigenze<br />

espressive. Sopravvive in questa sonata il ritmo dattilico d’apertura ma senza note<br />

ribattute giacché le prime tre note del soggetto sono una triade minore arpeggiata.<br />

La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le voci<br />

con frequenti incroci delle parti che ne rendono particolarmente difficoltosa<br />

l’esecuzione alla tastiera.<br />

La seconda sezione (batt. 22 – 48), in tempo C 3/2, presenta il soggetto adeguato<br />

al nuovo metro; Strozzi impiega la scrittura in note bianche con inserzione di note nere<br />

per segnalare le emiolie.<br />

La terza sezione (batt. 72 – 107) presenta le prime otto caselle in stile omofonico<br />

con abbondanza di trilli; Strozzi scrive l’indicazione Piano riferendosi, forse, più<br />

all’andamento che all’intensità sonora. La cadenza sulla dominante alla battuta 80<br />

prepara il ritorno al tactus iniziale col soggetto riproposto in aumentazione; è compito<br />

del controsoggetto in crome e semicrome, presentato contemporaneamente alla prima<br />

entrata del soggetto, mantenere il carattere spigliato della composizione fino alla fine.<br />

Un pedale di dominante di quattro battute prepara l’accordo finale.<br />

Sonata seconda del settimo tono naturale<br />

La seconda sonata è più chiaramente quadripartita.<br />

La prima sezione (batt. 1 – 20), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le<br />

voci, non indulge troppo in incroci di parti le quali sono, invece, spesso in posizione<br />

molto lata.<br />

La seconda sezione (batt. 21 – 35), in tempo C 3/2, ha il tema derivato dalla<br />

prima sezione, è tutta in note bianche e procede con strette imitazioni del tema alle<br />

quattro voci.<br />

La terza sezione (batt. 36 – 56), in tempo C, invoglia l’esecutore ad una<br />

interpretazione ritmicamente molto libera. E’una sezione omofonica con fioriture che si<br />

alternano tra le varie voci, è evidente il richiamo alla tecnica dell’ornamentazione<br />

vocale ed abbondano i trilli e i tremoli.<br />

La quarta sezione (batt. 57 – 69), in tempo C, ritorna allo stile della prima<br />

sezione; come nella prima sonata, il controsoggetto è presentato contemporaneamente<br />

alla prima entrata del soggetto derivato, a sua volta, dal soggetto della prima sezione.<br />

Sonata terza con pensiero dell’undecimo tono trasportato, all’ottava sotto<br />

La terza sonata ha la medesima struttura della seconda<br />

La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, è caratterizzata dal tipico incipit da<br />

canzone ed impiega lo stile imitato in tutte le voci; si riscontrano frequenti incroci di<br />

parti. Le fioriture della battuta 31 sono molto ardite armonicamente, in particolare l’urto<br />

tra il La# del Basso e il La naturale dell’Alto; il segno tr. va interpretato in relazione alle<br />

risoluzioni scritte per esteso dallo stesso autore ma il compito non è semplice poiché il<br />

segno appare in punti diversi dei vari ornamenti.<br />

La seconda sezione (batt. 22 – 34), in tempo C 3/2, ha il tema derivato dalla<br />

prima sezione, è in note bianche. Alla battuta 55 vi è una innaturale posizione del segno<br />

tr. giustificabile, forse, da problemi di spazio nella stampa.<br />

La terza sezione (batt. 35 – 50) ha l’indicazione di Largo à battuta: le battute 35<br />

– 45, in tempo 3/2 , sono in stile accordale con qualche indicazione di trillo; le caselle<br />

46 – 50, in tempo C, hanno figurazioni di tipo toccatistico.<br />

La quarta sezione (batt. 51 – 83), in tempo C, ritorna allo stile della prima sezione<br />

col medesimo soggetto presentato in inversione; anche qui il controsoggetto in crome è<br />

presentato contemporaneamente alla prima entrata del soggetto.<br />

184


Toccata prima per Cembali, & Organi, con pedarole, e senza.<br />

Il titolo della toccata richiama alla mente le toccate quinta e sesta di Frescobaldi,<br />

pubblicate nel 1637 491 ,"Sopra i pedali per l’organo, e senza"; è il secondo esempio di uso<br />

esplicito del pedale in area napoletana, dopo la Toccata n.°3 del manoscritto Cimino 492 .<br />

Strozzi scrive le note del pedale sotto forma di Brevi nel rigo inferiore oppure con brevi<br />

frasi: quest’ultime, solo tre in totale, si trovano alle battute 51, 71 e 78:<br />

si tocchi b mi gravissimo<br />

si tocchi de sol re gravissimo<br />

si tocchi e la mi gravissimo<br />

Nel caso del de sol re (secondo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Re 2) e<br />

dell’ e la mi (secondo spazio in chiave di baritono, corrispondente al Mi 2),<br />

l’indicazione significa che l’organista deve suonare col pedale la nota un’ottava sotto<br />

(Re 1 e Mi 1) mentre il b mi (primo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Si 1)<br />

può essere suonato un’ottava sotto solo su un organo fornito di tastiera con controttava.<br />

La discrezionalità dell’impiego delle note al pedale è, comunque, ben specificata<br />

dall’autore nel titolo (con pedarole, e senza) e nella destinazione cembalistica oltre che<br />

organistica del brano.<br />

La toccata ripropone tutti i problemi interpretativi degli abbellimenti già incontrati nelle<br />

sonate.<br />

Il pezzo è in sezione unica con cambiamenti di tempo: C all’inizio, C 6/4 alla battuta 39,<br />

nuovamente C alla battuta 51. Strozzi ha riunito in questa toccata tutte le figurazioni<br />

impiegate da Mayone, Trabaci, Salvatore e Frescobaldi.<br />

Toccata seconda - Toccata terza<br />

Le due toccate sono in stile omofonico con fioriture che si alternano nelle varie voci;<br />

Strozzi evita con cura di fiorire due voci contemporaneamente. Già Giovanni Salvatore<br />

nelle sue toccate 493 aveva impiegato un linguaggio più morbido rispetto a Mayone e<br />

Trabaci collegando i vari movimenti in maniera più progressiva e sfumata; Gregorio<br />

Strozzi, seguendo anche la lezione di Frescobaldi, impiega un linguaggio ancora più<br />

levigato. Nella stampa si incontrano spesso le indicazioni arpeggiando su passaggi<br />

accordali in valori larghi. Strozzi impiega volentieri figurazioni in ritmo lombardo<br />

accompagnandolo con diciture quali gruppeggiando (battuta 29 della Toccata seconda)<br />

ed accentando (battuta 65 della Toccata terza).<br />

Toccata quarta per l’elevazione<br />

Questa toccata, dall’evidente destinazione liturgica, non si differenzia stilisticamente<br />

dalle due toccate precedenti. Anche qui troviamo indicazioni di arpeggio sull’accordo<br />

iniziale ed all’inizio di un passaggio a valori larghi (batt. 14) e l’indicazione accentando<br />

(batt. 12 e 32) in corrispondenza di ritmo lombardo. Un lungo pedale di dominante<br />

conduce all’accordo finale che presenta il salto discendente del basso già incontrato nei<br />

capricci.<br />

Ancidetemi dell’Arcadelt, diminuito nel suo proprio tono<br />

Gregorio Strozzi è l’ultimo compositore napoletano a cimentarsi nell’elaborazione del<br />

madrigale Ancidetemi pur di Arcadelt. Ai lavori di Mayone (1603) e Trabaci (1615), si<br />

era aggiunto nel 1627 il madrigale d’Archadelt passagiato di Girolamo Frescobaldi 494 :<br />

piuttosto che di imitazione o d’influenza dei compositori napoletani su Frescobaldi,<br />

491 Frescobaldi 1937.<br />

492 Vedi cap. 5.2.<br />

493 Vedi cap. 5.1.<br />

494 Frescobaldi 1637.<br />

185


sarebbe più corretto parlare di una vera e propria sfida 495 , cimento a cui non volle<br />

sottrarsi Strozzi. Probabilmente la sua versione risale a parecchi anni prima<br />

della pubblicazione. L’elaborazione di Strozzi ripropone tutti gli artifici retorici usati<br />

dai suoi predecessori ma ne amplia ed estremizza l’idioma.<br />

Romanesca con Partite, Tenori e Ritorn.[elli]<br />

La Romanesca con Partite, Tenori e Ritornelli è una composizione molto ampia e<br />

complessa. Anche in questo caso Strozzi si dimostra l’ultimo depositario di una<br />

tradizione alimentata da Antonio Valente, Francesco Lambardo, Ascanio Mayone,<br />

Giovanni Maria Trabaci, Bernardo Storace e, uscendo dall’area meridionale, Girolamo<br />

Frescobaldi.<br />

La Romanesca Strozzi è così strutturata:<br />

1. Prima parte con Ritornello 496 , Tempo C.<br />

2. Parte seconda, tempo C.<br />

3. Parte terza, tempo C.<br />

4. Tenore, tempo C.<br />

5. Parte quarta con Ritornello, tempo C.<br />

6. Parte quinta, tempo C.<br />

7. Tenore secondo<br />

8. Parte sesta<br />

9. Parte settima con Ritornello, tempo C.<br />

10. Parte ottava, tempo C.<br />

11. Parte nona, tempo C.<br />

12. Parte decima, tempo C 12/8.<br />

13. Tenor terzo, tempo C.<br />

14. Parte undecima per Arpa, Viola, ecc., tempo C 12/8.<br />

15. Parte duodecima per Arpa, tempo C.<br />

16. Parte decimaterza, tempo C 6/4.<br />

17. Tenor quarto, tempo C.<br />

18. Parte decimaquarta, tempo C.<br />

19. Parte decimaquinta con 18 Ritornelli nel binario<br />

Il termine Ritornello indica la ripetizione della seconda cadenza del basso<br />

fondamentale della Romanesca 497 ; anche i 18 Ritornelli nel binario sono composti sopra<br />

la seconda cadenza. Strozzi è l’unico compositore ad esplicitare per iscritto il<br />

Ritornello: Mayone, Frescobaldi e Storace nelle loro Partite sopra la Romanesca<br />

ripetono la seconda cadenza del basso senza alcuna indicazione specifica. Il termine<br />

Tenore è posto in corrispondenza delle parti omofoniche, spesso arricchito da<br />

consonanze stravaganti.<br />

Strozzi impiega tutti gli artifici retorici impiegati dai suoi predecessori estremizzandoli;<br />

affascinano, però, le cadenze d’inganno che spesso modificano l’armonia del basso<br />

fondamentale, specialmente nei Tenori e nella Parte decimaquinta con i 18 Ritornelli<br />

nel binario.<br />

La Gagliarda prima è caratterizzata dall’abbondanza di emiolie, la Gagliarda<br />

seconda ha la prima sezione in tempo C 3/2 e la seconda in tempo C, la Gagliarda<br />

terza, e per concerto de viole è la più elaborata: la prima sezione è in tempo C, la<br />

seconda in tempo 3/2, la terza in tempo C con valori larghi e l’ indicazione di piano,<br />

495 Hammond 2002, 253.<br />

496 Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale.<br />

497 Cfr. le note 41 e 42 del Cap. 1.2.<br />

186


la quarta, sempre in tempo C, è introdotta dall’indicazione di stretto e procede a valori<br />

più rapidi.<br />

Le otto Correnti, tutte in tempo ternario, sono stampate in due modi differenti. In<br />

coda alle prime tre, stampate in partitura con quattro pentagrammi, Strozzi scrive:<br />

In queste Gagliarde, e Correnti descritte à quattro parti fuor de l’uso delle Intavolature, il<br />

sonatore potrà accomodare le mani alle positioni comuni, che con osservar per lo più le<br />

parti del Basso, e del Soprano, s’haverà à sufficienza l’aria, che si desidera.<br />

Le altre cinque correnti sono stampate sotto forma di monodia con basso in due<br />

pentagrammi; il pentagramma superiore è sempre in chiave di violino, quello inferiore<br />

in chiave di basso, baritono o tenore. Strozzi scrive che li numeri sotto, e sopra<br />

frapposti nelle riga, denotano le corde da supplir le consonanze. I numeri sopra il rigo<br />

inferiore si interpretano come un nomale basso continuo, i numeri sul rigo superiore<br />

vanno interpretati in relazione alle note di quel rigo contando gli intervalli dall’alto<br />

verso il basso.<br />

Esempio:<br />

Fa<br />

4<br />

3<br />

Dopo la Corrente quinta e la Corrente sesta vi sono rispettivamente il Balletto primo ed<br />

il Balletto secondo: i balletti, in tempo binario, sono pure stampati in due pentagrammi.<br />

La Corrente settima, e per Organetti 498 , ò Flauti è l’unica recante la destinazione<br />

strumentale.<br />

Mascara sonata, e ballata da più Cavalieri Napoletani nel Regio Palazzo.<br />

La Mascara era un tipo di spettacolo molto apprezzato nella corte napoletana in cui si<br />

esibivano attori, cantori, musicisti e danzatori 499 .<br />

Il pezzo, scritto in partitura con tre pentagrammi, è diviso in cinque parti più un<br />

ritornello; ciascuna parte può essere arricchita con improvvisazioni.<br />

- La prima battuta è separata da tutte le altre e presenta un tema che cadenza in Do.<br />

- La seconda battuta ha l’indicazione di prima parte e ripete lo stesso tema della battuta<br />

introduttiva; prosegue per un’altra battuta senza modulare.<br />

- La seconda parte occupa le battute 4-5 e cadenza in Re.<br />

- La terza parte occupa le battute 6-8 e cadenza in Fa.<br />

- La quarta parte occupa le battute 9-10 e cadenza in Sol.<br />

- La quinta parte occupa le battute 11-12 e cadenza in Do ripetendo la battuta iniziale.<br />

- I ritornelli iniziano alla battuta 14 e proseguono fino alla cadenza finale in Do; Strozzi<br />

ricorre al simbolo della mano per indicare il ritornello come nelle Gagliarde.<br />

- Sotto la prima e l’ultima battuta dei ritornelli c’è scritto rispettivamente: s’accompagni<br />

la I parte e s’accompagnino l’altre parti.<br />

Il brano può essere eseguito una volta da cima a fondo con la prima ripetizione del<br />

ritornello introdotta solo dalla prima parte e la seconda ripetizione dalle altre parti in<br />

successione; quest’ordine è compatibile con le modulazioni delle cinque parti.<br />

498<br />

Gli organetti erano organi piccoli costruiti su base 4’ che venivano impiegati con altri strumenti. Cfr.<br />

anche Agazzari 1607.<br />

499<br />

Cfr. D’Alessandro 1983, 160-164; Ciapparelli 1985, 379-392.<br />

=<br />

187<br />

Fa<br />

Do<br />

La


Euphonia, Aria con partite.<br />

Il pezzo è così costituito:<br />

1. Esposizione dell’aria in stile prevalentemente accordale, tempo C.<br />

2. Parte prima con obbligo di semicrome 500 in contrappunto di semicrome<br />

alternato nelle singole parti, tempo C.<br />

3. Parte seconda di consonanze in stile accordale; nella prima battuta della<br />

sezione vi è l’indicazione di piano, nelle battute successive c’è una continua<br />

alternanza di indicazioni di piano e forte.<br />

4. Parte terza di proporzione, in tempo C 3/2 e note bianche; nella prima battuta<br />

vi è l’indicazione di stretto.<br />

Toccata de Passacagli, e ciascheduno può sonarsi à solo.<br />

E’ evidente l’affinità terminologica tra la Toccata de Passacagli, e ciascheduno<br />

può sonarsi à solo e le Cento Partite sopra Passacagli di Girolamo Frescobaldi 501 .<br />

Strozzi struttura la toccata in 50 passacagli, tutti numerati, di quattro battute ciascuno,<br />

non vincolando l’esecutore all’esecuzione integrale; non si presentano, a differenza dei<br />

passacagli di Frescobaldi, problemi di aggiustamento ritmico poiché il pezzo di Strozzi<br />

è in tempo C 3/2 senza cambi metrici. Strozzi evita la monotonia impiegando tante<br />

formule differenti di passacagli 502 .<br />

500 Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale<br />

501 Li Passacagli si potranno separatamente sonare, conforme à chi più piacerà con aggiustare il tempo il<br />

tempo dell’una è altra parte cossi delle Ciaccone. (Frescobaldi 1637).<br />

502 Vedi volume II, tavola n.°4.<br />

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Firenze, Olschki Editore.<br />

2000 Il Fiffaro o Registro delle Voci umane, L’Organo, XXXIII, Bologna, Pàtron Editore.<br />

TERMOTTO, ROSARIO<br />

2003 Sclafani Bagni, profilo storico e attività artistica, Comune di Sclafani Bagni.<br />

TIBY, OTTAVIO<br />

1948 Sebastian Raval. A 16th Century Spanish Musician in Italy, in “Musica Disciplina” II<br />

1951 The polyphonic school in Sicily of XVI-e XVII Century, in “Musica Disciplina”, American<br />

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1952 La musica nella Real Cappella Palatina di Palermo, in “Annuario musical”, VII, Barcelona.<br />

VOGEL, EMIL<br />

1892 Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik Italiens, II, Berlin, Haack.<br />

WALTER RUDOLF<br />

1977 Premessa all’edizione moderna dell’Annuale, Willi Mueller-Suddeutscher Musikverlag, Heidelberg,<br />

WATKINS, GLENN<br />

1973 Gesualdo, The Man and His Music, London, Oxford University Press.<br />

WRAIGHT, RALPH DENZIL<br />

1997 The stringing of italian keyboard instruments c. 1500 – c. 1650, Diss. Ph. D., Quenn’s University<br />

of Belfast (UK)<br />

ZACCARIA DISPENSA, GIUSEPPE<br />

1988 Organi e Organari in Sicilia dal ‘400 al ‘900, Palermo, Accademia Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti.<br />

198

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