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Università degli Studi di Roma “La Sapienza” - Padis

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LA COORDINAZIONE TRA COMUNICAZIONE VERBALE E GESTUALITÀ DELLE<br />

MANI NELLA COMUNICAZIONE PERSUASIVA<br />

FRIDANNA MARICCHIOLO<br />

DOTTORATO DI RICERCA IN PSICOLOGIA SOCIALE, DIPARTIMENTO DI<br />

PSICOLOGIA DEI PROCESSI DI SVILUPPO E SOCIALIZZAZIONE, UNIVERSITÀ<br />

DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”<br />

COORDINATORE: PROF. LUCIA MANNETTI;<br />

TUTORS: PROF. MARINO BONAIUTO (UNIVERSITÀ DI ROMA “LA SAPIENZA”),<br />

PROF. LUCIA MANNETTI (UNIVERSITÀ DI ROMA “LA SAPIENZA”) E PROF.<br />

AUGUSTO GNISCI (SECONDA UNIVERSITÀ DI NAPOLI);<br />

ESAMINATORI: PROF. CRISTINA STEFANILE (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), PROF.<br />

ANNAMARIA MANGANELLI (UNIVERSITÀ DI PADOVA), PROF. PATRIZIA<br />

CATELLANI (UNIVERSITÀ CATTOLICADI MILANO).<br />

Abstract: Gli ambiti <strong>di</strong> ricerca della tesi articolata in tre stu<strong>di</strong> sono la categorizzazione della<br />

comunicazione gestuale, la costruzione e l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei gesti delle<br />

mani, le funzioni dei gesti nell’interazione comunicativa, gli effetti della coor<strong>di</strong>nazione verbalegestuale<br />

sulla valutazione della comunicazione persuasiva. Nel primo stu<strong>di</strong>o, il sistema <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica presentato atten<strong>di</strong>bile in <strong>di</strong>versi contesti d’interazione e il supporto in cd-rom interattivo<br />

aggiunge al testo del manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica importanti informazioni in forma <strong>di</strong> immagini video e<br />

foto, permettendo una comprensione completa del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica della gestualità e una<br />

migliore con<strong>di</strong>visione dello stesso. Le associazioni risultate significative nel secondo stu<strong>di</strong>o<br />

offrono alcune in<strong>di</strong>cazioni in merito alle possibili funzioni delle <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> gesti usati<br />

nella comunicazione orale: strutturazione e coesione del <strong>di</strong>scorso per i gesti coesivi e ritmici;<br />

illustrazione del contenuto del <strong>di</strong>scorso nelle <strong>di</strong>verse forme argomentative per i gesti ideativi. I<br />

risultati del terzo stu<strong>di</strong>o offrono in<strong>di</strong>cazioni circa l’esistenza <strong>di</strong> specifiche espressioni gestuali,<br />

riguardanti solo alcune categorie <strong>di</strong> gesti, le quali, in interazione con aspetti retorico-<strong>di</strong>scorsivi<br />

della comunicazione verbale, concorrerebbero alla realizzazione <strong>di</strong> uno stile comunicativo che<br />

faccia risultare un’esposizione orale maggiormente efficace e persuasiva.


INDICE<br />

Prefazione pag. 4<br />

1. INTRODUZIONE GENERALE<br />

1.1 Approcci psicologico-sociali alla comunicazione non verbale pag. 5<br />

1.1.1 Modelli psicologico-sociali della comunicazione pag. 6<br />

1.1.2 Struttura e funzioni della comunicazione non verbale pag. 9<br />

1.2 Coor<strong>di</strong>nazione tra i gesti delle mani e la comunicazione verbale pag. 11<br />

1.2.1 Classificazioni dei gesti delle mani: la struttura pag. 13<br />

1.2.2 La coor<strong>di</strong>nazione tra comunicazione verbale e gesti delle mani:<br />

le funzioni pag. 17<br />

1.3 I gesti delle mani nella comunicazione persuasiva e nella dominanza<br />

interattiva pag. 22<br />

1.4 Conclusioni pag. 26<br />

2. OBIETTIVO GENERALE DELLA RICERCA pag. 28<br />

3. STUDIO 1: ATTENDIBILITÀ DI UNA TASSONOMIA DEI GESTI DELLE MANI E<br />

COSTRUZIONE DI UN MANUALE DIGITALE DI CODIFICA<br />

3.1 Introduzione pag. 29<br />

3.2 Obiettivi dello stu<strong>di</strong>o pag. 33<br />

3.3 Metodo pag. 33<br />

3.4 Analisi dei dati pag. 41<br />

3.5 Risultati pag. 41<br />

3.6 Il manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica pag. 50<br />

3.7 Discussione pag. 59<br />

4. STUDIO 2: COORDINAZIONE E CO-OCCORRENZA VERBALE-GESTUALE<br />

IN DIVERSI CONTESTI INTERATTIVI<br />

4.1 Introduzione pag. 61<br />

4.1.1 Classificazioni dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi pag. 61<br />

4.1.2 Gesti e co-occorrenza con aspetti verbali pag. 65<br />

4.2 Obiettivi pag. 68<br />

4.3 Metodo pag. 69<br />

4.4 Variabili pag. 72<br />

4.5 Analisi dei dati pag. 72<br />

4.6 Risultati pag. 72<br />

4.7 Discussione pag. 77<br />

5. STUDIO 3: EFFETTI DELLA COORDINAZIONE VERBALE-GESTUALE SU<br />

CREDIBILITÀ, PERSUASIVITÀ E ATTEGGIAMENTO<br />

5.1 Introduzione pag. 83<br />

5.2 Obiettivi e ipotesi dello stu<strong>di</strong>o pag. 86<br />

5.3 Metodo pag. 87<br />

5.3.1 <strong>Stu<strong>di</strong></strong> preliminari pag. 88<br />

5.3.2 Variabili sperimentali pag. 91<br />

5.3.3 Realizzazione dei video-messaggi pag. 92<br />

5.3.4 Misure <strong>di</strong> controllo delle manipolazioni pag. 95<br />

5.3.5 Esperimento pag. 98<br />

2


5.4 Misure pag. 104<br />

5.5 Analisi dei dati pag. 106<br />

5.6 Risultati pag. 107<br />

5.7 Discussione pag. 114<br />

6. CONCLUSIONI pag. 120<br />

Bibliografia pag. 121<br />

APPENDICI pag. 130<br />

3


Prefazione<br />

Perché quando parliamo spesso muoviamo le braccia e le mani? Quale tipo <strong>di</strong> forma e<br />

significato assumono questi movimenti? A quale scopo vengono utilizzati dai parlanti? E dagli<br />

interlocutori? Hanno funzioni specifiche all’interno del <strong>di</strong>scorso? E dell’interazione? Quale ruolo<br />

hanno nella comunicazione a scopo persuasivo?<br />

Nella comunità scientifica, l’interesse per i gesti delle mani è molto antico, tuttavia la<br />

rilevanza dello stu<strong>di</strong>o scientifico per questo aspetto della comunicazione è piuttosto recente (cfr.<br />

Kendon, 1995, per una rassegna storica), facendo emergere una quantità <strong>di</strong> questioni teoriche.<br />

Molti stu<strong>di</strong> hanno in<strong>di</strong>cato che i gesti, prodotti durante il parlato, giocherebbero un importante<br />

ruolo nella trasmissione e comunicazione d’informazioni semantiche a chi ascolta (cfr., tra gli<br />

altri, Alibali, Flevares, Gol<strong>di</strong>n-Meadow, 1997; Beattie, Shovelton, 2002a; Graham, Argyle, 1975;<br />

Kelly, Church, 1998). Altri stu<strong>di</strong> hanno suggerito che i gesti potrebbero essere utili anche per<br />

alcuni scopi del parlante: come, ad esempio, per facilitare la produzione linguistica e sintattica<br />

del parlato (cfr., Krauss, Chen, Chawla, 1996; Rimé, Shiaratura, 1991) o per influenzare,<br />

persuadere e procurarsi consensi (Burgoon, Birk, Pfau, 1990; Carli, LaFleur, Loeber, 1995).<br />

Ispirandosi ai risultati non del tutto definitivi <strong>di</strong> tali stu<strong>di</strong>, il lavoro <strong>di</strong> tesi qui presentato,<br />

svolto nell'arco dei tre anni del corso <strong>di</strong> dottorato <strong>di</strong> ricerca in psicologia sociale, ha come intento<br />

principale quello <strong>di</strong> rispondere ai quesiti posti all’inizio, attraverso stu<strong>di</strong> osservativi,<br />

correlazionali e sperimentali.<br />

Il punto <strong>di</strong> partenza è stato l’interesse per l’interazione comunicativa nei suoi aspetti verbali<br />

e non verbali. In particolare l’interesse si basa sul legame <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione tra aspetti verbali e<br />

aspetti gestuali della comunicazione orale.<br />

Allo scopo <strong>di</strong> pervenire a tali obiettivi, la tesi si è articolata in tre stu<strong>di</strong>: il primo<br />

approfon<strong>di</strong>sce le tecniche della metodologia osservativa per la co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani<br />

durante l’interazione, il secondo la relazione tra i gesti e alcuni aspetti linguistico-<strong>di</strong>scorsivi della<br />

comunicazione orale e il terzo l’efficacia persuasiva <strong>di</strong> tale relazione. La stesura della tesi è<br />

strutturata nel modo seguente:<br />

Il primo capitolo presenta una rassegna <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> presenti in letteratura psicologico-sociale<br />

comprensiva dei principali para<strong>di</strong>gmi teorici attualmente <strong>di</strong> riferimento nel settore della<br />

comunicazione non verbale in generale e dei gesti delle mani in particolare, privilegiando quelli<br />

<strong>di</strong> matrice psicologico-sociale, senza però trascurare quelli a matrice psicolinguistica spesso<br />

utilizzati in tale ambito.<br />

Il secondo capitolo illustra gli obiettivi che hanno guidato il lavoro <strong>di</strong> ricerca in generale e i tre<br />

stu<strong>di</strong> in particolare.<br />

Il terzo capitolo presenta il primo stu<strong>di</strong>o che ha come obiettivo la descrizione strutturale dei gesti<br />

e l’approfon<strong>di</strong>mento delle problematiche metodologiche legate allo stu<strong>di</strong>o dei gesti delle mani in<br />

contesti d’interazione sociale.<br />

Il quarto capitolo illustra dettagliatamente il secondo stu<strong>di</strong>o, partendo da un’introduzione teorica<br />

sulle ricerche empiriche, per lo più qualitative, svolte sul legame tra gesti delle mani e aspetti<br />

verbali della comunicazione: la comprensione <strong>di</strong> tale legame è infatti lo scopo delle indagini<br />

quantitative correlazionali <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o.<br />

Il quinto capitolo presenta il terzo stu<strong>di</strong>o sperimentale, il quale, rifacendosi ad altre ricerche che<br />

hanno associato alcuni aspetti verbali e non verbali della comunicazione alla persuasione, ha<br />

come obiettivo quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’efficacia persuasiva della coor<strong>di</strong>nazione tra gesti delle mani<br />

e aspetti retorico-<strong>di</strong>scorsivi del linguaggio.<br />

Il sesto capitolo intende essere una sorta <strong>di</strong> conclusione non definitiva a cui si è arrivati con i<br />

risultati <strong>di</strong> questa ricerca.<br />

4


La coor<strong>di</strong>nazione tra comunicazione verbale e gestualità delle mani<br />

nella comunicazione persuasiva<br />

1. INTRODUZIONE GENERALE<br />

1.1 Approcci psicologico-sociali alla comunicazione non verbale<br />

Il quadro teorico generale sul quale si fonda la presente ricerca riguarda il linguaggio,<br />

sicuramente il sistema umano più familiare e più stu<strong>di</strong>ato, ma che non si esaurisce<br />

nell’interazione faccia a faccia tra due in<strong>di</strong>vidui, in quanto inserito in un ampio contesto <strong>di</strong><br />

interazioni sociali.<br />

Sebbene date <strong>di</strong>mensioni psicologico-sociali della comunicazione fossero già considerate<br />

dalla filosofia, con la retorica (cfr. ad esempio, Billig, 1987/96), un approccio empirico in termini<br />

<strong>di</strong> psicologia sociale della comunicazione è emerso almeno da Bales (1950) e si è consolidato<br />

nell’ultimo decennio (cfr., ad esempio, Giles, Coupland, 1991; Giles, Robinson, 1990). Questo è<br />

sorprendente se si considera che la maggior parte del nostro comportamento coinvolge<br />

essenzialmente la comunicazione e si manifesta nell’uso tanto del linguaggio verbale quanto <strong>di</strong><br />

quello non verbale. È pur vero che la maggior parte dell’attenzione è stata de<strong>di</strong>cata al linguaggio<br />

verbale (linguaggio tout court): esso è il mezzo, non solo attraverso cui le persone entrano in<br />

relazione tra loro, ma anche attraverso cui è generata, articolata e comunicata la conoscenza del<br />

mondo e della realtà sociale, in generale, e la conoscenza circa le relazioni interpersonali, in<br />

particolare (Semin, Fiedler, 1992).<br />

La comunicazione può essere definita come un interscambio <strong>di</strong>namico, un inviare e ricevere<br />

informazioni, pensieri e sentimenti, una trasmissione e con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> contenuti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

natura, con l’ausilio delle parole – cioè del linguaggio verbale, il quale viene considerato come il<br />

mezzo più raffinato ed evoluto attraverso cui gli uomini si mettono in relazione – e <strong>di</strong> altri segnali<br />

<strong>di</strong> natura non verbale.<br />

Secondo una recente definizione <strong>di</strong> Anolli (2002) la comunicazione è uno scambio<br />

interattivo tra due o più persone, intenzionale e con un certo livello <strong>di</strong> consapevolezza, “in grado<br />

<strong>di</strong> far con<strong>di</strong>videre un certo significato sulla base <strong>di</strong> sistemi simbolici e convenzionali <strong>di</strong><br />

significazione e <strong>di</strong> segnalazione secondo la cultura <strong>di</strong> riferimento” (Anolli, 2002, p. 26).<br />

Per parlare realmente <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della comunicazione bisogna innanzitutto fare riferimento ed<br />

illustrare brevemente i <strong>di</strong>versi modelli adottati in psicologia sociale allo scopo <strong>di</strong> spiegare il<br />

fenomeno della comunicazione umana. In questa sede si farà riferimento ai modelli psicologicosociali<br />

della comunicazione descritti da Krauss e Fussell (1996): modello encoder/decoder (o<br />

modello lineare <strong>di</strong> trasmissione dell’informazione); modello intenzionale; modelli <strong>di</strong> assunzione<br />

<strong>di</strong> prospettiva (perspective-taking); modello <strong>di</strong>alogico. Questi modelli forniscono<br />

caratterizzazioni <strong>di</strong>verse del processo attraverso cui le rappresentazioni sono trasferite tra entità<br />

sociali.<br />

1.1.1 Modelli psicologico-sociali della comunicazione<br />

Uno fra i primi modelli formulati per definire la comunicazione (cfr. Shannon, Weaver,<br />

1949; Wiener, 1948) è il modello <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> informazione, in cui è descritto il passaggio<br />

<strong>di</strong> un segnale (messaggio), cifrato secondo un co<strong>di</strong>ce, da un emittente (fonte), attraverso un<br />

trasmettitore (per esempio, la voce), ad un ricevente (destinatario), lungo un canale (mezzo <strong>di</strong><br />

comunicazione, come, ad esempio, il telefono).<br />

Questo modello è detto anche “encoder/decoder”, (Krauss, Fussell, 1996) ed è basato sui<br />

5


concetti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce, utilizzati dai linguisti, dai sociolinguisti e da altri stu<strong>di</strong>osi del linguaggio (cfr.<br />

Bernstein, 1962, 1975; Ellis, 1992; Ellis, Hamilton, 1988). Secondo tale modello, la<br />

rappresentazione mentale del parlante è trasformata in una rappresentazione linguistica, grazie al<br />

co<strong>di</strong>ce linguistico del parlante, e viene trasmessa attraverso il parlato. Attraverso la deco<strong>di</strong>fica<br />

della rappresentazione linguistica, il ricevente può crearsi una rappresentazione mentale che<br />

corrisponde, in qualche modo, alla rappresentazione mentale del parlante. Le rappresentazioni<br />

mentali del parlante e dell’interlocutore possono, eventualmente, <strong>di</strong>fferire. Questo vale ancora <strong>di</strong><br />

più, come si vedrà più avanti, per la comunicazione non verbale. Molti autori hanno stu<strong>di</strong>ato le<br />

possibili fonti <strong>di</strong> incomprensioni tra chi parla e chi ascolta, spiegandole con il concetto <strong>di</strong><br />

“rumore”, il quale si può inserire nel processo <strong>di</strong> trasmissione (cfr. ad esempio, secondo una<br />

prospettiva in<strong>di</strong>viduale, Bartlett, 1932; Bransford, Franks, 1971; Schank, Abelson, 1977; secondo<br />

una prospettiva interin<strong>di</strong>viduale, Bell, 1980; Dascal, 1989; Gibbs, 1982, 1984; Krauss, Fussell,<br />

1991).<br />

Questo modello, se da un lato può essere utile per spiegare la trasmissione<br />

dell’informazione, dall’altro è troppo restrittivo nella definizione del concetto <strong>di</strong> comunicazione.<br />

Secondo tale modello, l’unica funzione riconosciuta alla comunicazione è quella “strumentale”:<br />

tuttavia, la comunicazione non può ridursi a un mero passaggio d’informazioni, per <strong>di</strong> più a senso<br />

unico, che farebbe perdere l’importanza che l’interazione sociale assume nella co-costruzione dei<br />

significati. Secondo questi modelli, infatti, il significato è una proprietà dei messaggi, essendo<br />

iscritto nel messaggio stesso dalla co<strong>di</strong>fica fattane dall’emittente nel momento in cui egli/ella<br />

tradurrebbe la propria rappresentazione mentale in un co<strong>di</strong>ce con<strong>di</strong>viso. Il destinatario, pertanto,<br />

altro non farebbe se non “ri-costruire”, in<strong>di</strong>vidualmente, detta rappresentazione mentale grazie al<br />

co<strong>di</strong>ce con<strong>di</strong>viso.<br />

Un modello alternativo sostiene che una comunicazione valida riguarda lo scambio <strong>di</strong><br />

intenzioni comunicative, e i messaggi sono semplicemente i veicoli che conducono tali scambi. Si<br />

tratta del modello cosiddetto “intenzionalista”. Nella comunicazione l’intenzionalità è considerata<br />

non soltanto come la proprietà <strong>di</strong> un’azione compiuta in modo deliberato, volontario e “<strong>di</strong><br />

proposito” per raggiungere un certo scopo, ma anche come la capacità <strong>di</strong> manifestare in modo<br />

consapevole le proprie intenzioni, nonché l’abilità <strong>di</strong> percepire le azioni intenzionali <strong>degli</strong><br />

interlocutori, <strong>di</strong>stinguendole da quelle accidentali o involontarie (proprietà essenziale della<br />

coscienza umana). I parlanti, dunque, tra una varietà <strong>di</strong> possibili formulazioni alternative,<br />

selezionano quella che esprime più fedelmente una particolare intenzione. Nel processo <strong>di</strong><br />

ricezione e <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica, dunque, è richiesto un ulteriore processo, e quin<strong>di</strong> un’abilità, <strong>di</strong><br />

inferenza dell’intenzione comunicativa che sottende al messaggio. Secondo questo modello, la<br />

costruzione sociale del significato è resa possibile dalle capacità inferenziali che il parlante<br />

impiega per formulare il messaggio che trasferisce la sua intenzione comunicativa, e che<br />

l’ascoltatore utilizza per identificare e interpretare questa intenzione dal messaggio (Gibbs, 1982,<br />

1994).<br />

Secondo i modelli <strong>di</strong> perspective-taking (assunzione <strong>di</strong> prospettiva), gli in<strong>di</strong>vidui<br />

esperiscono il mondo secondo punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi e ogni esperienza <strong>di</strong>pende, in qualche modo,<br />

dagli scopi in<strong>di</strong>viduali. I comunicanti devono in<strong>di</strong>viduare o creare un contesto, costruito<br />

attraverso un processo <strong>di</strong> reciproca assunzione <strong>di</strong> prospettiva, per produrre o comprendere i<br />

messaggi. Sia i parlanti sia gli interlocutori devono assumere il punto <strong>di</strong> vista dell’altro: ognuno<br />

deve tentare <strong>di</strong> esperire la situazione comunicativa allo stesso modo in cui è esperita dagli altri<br />

partecipanti (Clark, Marshall, 1981; Krauss, Fussell, 1991, 1996).<br />

Infine i modelli <strong>di</strong>alogici considerano il <strong>di</strong>alogo conversazionale come il modello della<br />

comunicazione. Uno scambio comunicativo è una coor<strong>di</strong>nazione tra i partecipanti che<br />

collaborano insieme per raggiungere gli obiettivi comunicativi. Lo scopo dei partecipanti nella<br />

comunicazione non è il trasferimento <strong>di</strong> informazioni (concezione prevalente nei modelli<br />

6


precedentemente <strong>di</strong>scussi), ma piuttosto la ricerca <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> “intersoggettività”<br />

(Rommetveit, 1980), cioè il processo attraverso cui i parlanti e i destinatari si accordano sulla<br />

comprensione dei messaggi; anche gli atti comunicativi più semplici risiedono nell’impegno<br />

reciproco dei partecipanti. Secondo la prospettiva <strong>di</strong>alogica, il significato è “socialmente situato”<br />

(cfr. Clark, Wilkes-Gibbs, 1986; Fussell, Krauss, 1992; Schober, 1993), deriva da circostanze<br />

particolari dell’interazione e può essere compreso soltanto nel contesto <strong>di</strong> queste circostanze<br />

(Krauss, Fussell, 1996).<br />

In questa prospettiva si potrebbe situare l’approccio conversazionale e <strong>di</strong>scorsivo (cfr., per<br />

quanto riguarda l’analisi della conversazione, Atkinson, Heritage, 1984; Jefferson, 1985;<br />

Scegloff, 1972; per quanto riguarda l’analisi del <strong>di</strong>scorso, Antaki, 1994; Billig, 1987/1996;<br />

Potter, 1996), secondo il quale il linguaggio <strong>di</strong>viene oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o non solo perché è<br />

l’evidenza <strong>di</strong> processi cognitivi in<strong>di</strong>viduali, ma in quanto costituisce una precisa forma <strong>di</strong> azione<br />

sociale - utilizzata per scopi, secondo alcuni approcci, microsociali (interazionali) o, secondo altri<br />

approcci, macrosociali (ideologici) - che può essere descritta e analizzata in maniera sistematica<br />

(Bonaiuto, Fasulo, 1998; De Grada, Bonaiuto, 2002). Le stesse attività mentali, come, ad<br />

esempio, processi cognitivi quali l’attribuzione, la categorizzazione, la formazione <strong>degli</strong><br />

atteggiamenti, vengono realizzate attraverso il linguaggio or<strong>di</strong>nario e avvengono entro contesti<br />

socialmente significativi: esse, quin<strong>di</strong>, rispondono a logiche retoriche e vengono costruite<br />

socialmente e <strong>di</strong>scorsivamente (Potter, Wetherell, 1987; Edwards, Potter, 1992). I processi<br />

cognitivi vanno visti come inestricabilmente connessi ad aspetti e processi comunicativi ed<br />

interattivi, come la persuasione, la cooperazione e la creazione <strong>di</strong> consenso (Fraser, 1978).<br />

I modelli fin qui presentati valgono per la comunicazione in generale, anche se i teorici<br />

hanno dato maggior considerazione alla comunicazione verbale rispetto a quella non verbale.<br />

Infatti, data l’importanza attribuita dalla ricerca psicologico-sociale al linguaggio parlato,<br />

l’interesse per la comunicazione non verbale è stato per anni trascurato. Tra i modelli descritti,<br />

come sostengono Krauss e Fussell (1996), il modello encoder/decoder è stato quello dominante<br />

nella ricerca sulla comunicazione non verbale. Infatti, se tale modello non è stato più molto<br />

impiegato nella spiegazione <strong>degli</strong> aspetti verbali della comunicazione, molti ricercatori ne hanno<br />

fatto riferimento per lo stu<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> aspetti non verbali (cfr. DePaulo, Rosendal, Eisenstat,<br />

Rogers, Finkelstein, 1978; Ekman, Friesen, 1969; Meherabian, Wiener, 1967; Morency, Krauss,<br />

1982). Ciò deriva dall’idea che i comportamenti non verbali sono co<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> messaggi, in<br />

particolare sullo stato interno del comunicante e, <strong>di</strong> conseguenza, come tali sono deco<strong>di</strong>ficati dal<br />

ricevente. Tale idea <strong>di</strong>scende probabilmente da quanto proposto da Darwin (1872) sulle origini<br />

delle espressioni del viso, le quali sarebbero vestigia <strong>di</strong> comportamenti adattivi, funzionali alla<br />

storia evolutiva dell’uomo. Anche se non perseguono più lo scopo adattivo d’origine, questi<br />

comportamenti sono persistiti emancipandosi dalla loro funzione biologica originale e acquisendo<br />

un valore comunicativo: essi forniscono all’interlocutore una prova evidente <strong>di</strong> ciò che si sta<br />

provando.<br />

Il fatto che per molto tempo, per l’analisi dei comportamenti non verbali, si sia fatto<br />

riferimento a un modello della comunicazione (encoder/decoder) che non funzionava più molto<br />

per la spiegazione del verbale <strong>di</strong>mostra che lo stu<strong>di</strong>o della comunicazione non verbale è rimasto<br />

per molto tempo isolato da quello della comunicazione verbale (per una rassegna rappresentativa<br />

<strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sulla comunicazione non verbale in riferimento al modello encoder/decoder, cfr. tra<br />

gli altri, DePaulo, 1992; Ekman, Friesen, 1969; Feldman, Rimé, 1991; Hinde, 1972; Krauss,<br />

Fussell, 1996). <strong>Stu<strong>di</strong></strong> più recenti, come vedremo più avanti, stanno cercando invece <strong>di</strong> considerare<br />

la comunicazione come un processo coor<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> aspetti verbali e non verbali.<br />

La letteratura psicologica e non, sul comportamento comunicativo umano, infatti, si è<br />

concentrata soprattutto sugli aspetti verbali. Inoltre, le ricerche che si sono occupate <strong>degli</strong> aspetti<br />

non verbali hanno teso a privilegiare quelli vocali (intonazionali e paralinguistici), i quali, anche<br />

7


se <strong>di</strong> natura non verbale, riguardano pur sempre <strong>di</strong>rettamente il modo in cui la comunicazione<br />

verbale viene concretamente realizzata dalle persone quoti<strong>di</strong>anamente (cfr. ad esempio, Trager,<br />

1958, che per primo definì e classificò questi fenomeni coniando il termine “paralinguistica”;<br />

Laver, Trudgill, 1982; in italiano cfr. Scherer, 1983; Anolli, Ciceri, 1997, sul contenuto emotivo<br />

dei segni vocali non verbali).<br />

I modelli teorici dello stu<strong>di</strong>o della comunicazione non verbale nell’ambito della psicologia<br />

sociale si sono de<strong>di</strong>cati principalmente alla spiegazione <strong>degli</strong> schemi interazionali della<br />

comunicazione non verbale tra le persone nei contesti sociali, in particolare hanno cercato <strong>di</strong><br />

spiegare come le persone compiono aggiustamenti interattivi nei loro comportamenti non verbali.<br />

Per esempio, Argyle e Dean (1965) hanno proposto la teoria dell’equilibrio, secondo la quale gli<br />

interagenti cercano <strong>di</strong> mantenere, per mezzo <strong>di</strong> modalità comunicative non verbali, un livello <strong>di</strong><br />

coinvolgimento coerente con il livello d’intimità della loro relazione. Questi aggiustamenti<br />

compensatori avrebbero lo scopo <strong>di</strong> mantenere o ristabilire un giusto e adeguato livello <strong>di</strong><br />

coinvolgimento non verbale: ad esempio, se un approccio molto intimo <strong>di</strong>sturba l’equilibrio<br />

d’intimità tra gli interagenti, l’interlocutore può compensare voltando lo sguardo o <strong>di</strong>minuendo il<br />

numero <strong>di</strong> sorrisi e sguar<strong>di</strong> rivolti all’altro. Altre volte, invece, proprio allo scopo <strong>di</strong> comunicare<br />

un proprio stato interno o un sentimento verso l’altro, le persone possono fare l’opposto, cioè<br />

ricambiare il livello d’intimità non verbale proposto dal proprio interlocutore. Alcuni modelli<br />

teorici successivi alla teoria dell’equilibrio (proposti intorno agli anni ’80, ad esempio,<br />

“expectancy violations theory”, Burgoon, 1978; “<strong>di</strong>screpancy arousal model”, Cappella, Greene,<br />

1982) hanno tentato <strong>di</strong> spiegare come le persone possono compensare, ricambiare o aggiustare un<br />

cambiamento nel coinvolgimento non verbale dell’interlocutore. Una determinante critica <strong>di</strong><br />

queste teorie è la risposta affettiva al comportamento dell’altro: nello specifico, se l’aumento<br />

d’intimità e del coinvolgimento non verbale del proprio interlocutore produce, in chi lo riceve,<br />

un’emozione positiva (ad esempio, piacere, amore) è molto più probabile che sia ricambiato; in<br />

caso, invece, in cui sia provocata un’emozione negativa (ad esempio, paura, ansia) ci si aspetta<br />

una compensazione.<br />

Patterson (1982, 1983) critica questi modelli, definendoli modelli reattivi, in quanto non<br />

terrebbero conto del fatto che nella realtà dei rapporti sociali, spesso, le reazioni comportamentali<br />

non verbali delle persone non sono dettate o influenzate sempre dai sentimenti nei confronti <strong>degli</strong><br />

altri ma, più frequentemente, da regole sociali e culturali che si applicano a determinati contesti e<br />

situazioni interattive: risulta, infatti, <strong>di</strong>fficile, ad esempio, reagire non verbalmente seguendo i<br />

propri stati affettivi a un approccio intimo, accompagnato da un largo sorriso da parte del proprio<br />

capo mentre ci chiede <strong>di</strong> lavorare nel fine settimana; in questo caso, entrano in gioco norme<br />

sociali e interazionali che ci portano a ricambiare con altrettante espressioni benevoli le<br />

manifestazioni non verbali positive del capo. A partire da queste critiche, Patterson (1982, 1983)<br />

sviluppa un modello funzionale della comunicazione non verbale, secondo il quale il<br />

comportamento non verbale delle persone come risposta ai comportamenti non verbali dei propri<br />

interlocutori non è una semplice reazione all’altro, ma <strong>di</strong>venta funzionale al perseguimento <strong>di</strong><br />

particolari scopi sociali, come, ad esempio, la persuasione o l’influenza sociale. Inoltre, il<br />

perseguimento <strong>di</strong> specifici obiettivi nell’interazione può richiedere alle persone <strong>di</strong> comportarsi<br />

non verbalmente in un modo che non è coerente con i loro sentimenti sottostanti. Per esempio,<br />

durante un colloquio <strong>di</strong> assunzione, allo scopo <strong>di</strong> dare una buona impressione al selezionatore, un<br />

can<strong>di</strong>dato intervistato cerca <strong>di</strong> mostrare un contegno piacevole ed espressivo, anche se non prova<br />

particolari sentimenti nei riguar<strong>di</strong> dell’interlocutore.<br />

Il limite <strong>di</strong> questi modelli è che hanno posto l’attenzione principalmente sulla trasmissione<br />

(emissione) o parte comportamentale della comunicazione non verbale. L’attenzione alla<br />

ricezione o percezione della comunicazione non verbale è stata piuttosto bassa ed è stata<br />

perseguita soltanto quando si è trattato <strong>di</strong> spiegare gli aggiustamenti comportamentali successivi<br />

8


a una trasmissione comportamentale non verbale.<br />

Più recentemente si è tentato, dunque, <strong>di</strong> orientarsi verso una spiegazione teorica<br />

comprensiva della comunicazione non verbale, in grado d’integrare co<strong>di</strong>fica e deco<strong>di</strong>fica della<br />

comunicazione non verbale in un unico modello. Un esempio è il modello del processo parallelo<br />

(“parallel process model”) <strong>di</strong> Patterson (2001), il quale, partendo da teorie sui giu<strong>di</strong>zi e sulle<br />

percezioni sociali (Fiske, 1992; Gilbert, Krull, 1988; McArthur, Baron, 1983; Swann, 1984;<br />

Wright, Dawson, 1988) e teorie sul comportamento sociale (Abelson, 1981; Bargh, 1997;<br />

Vallacher, Wegner, 1987), teorizza che all’interno <strong>di</strong> situazioni sociali i comunicatori sono<br />

contemporaneamente mittenti e destinatari <strong>di</strong> messaggi non verbali; questi messaggi non sono<br />

arbitrari, ma tesi, più o meno consapevolmente, a specifici scopi e propositi <strong>di</strong> tipo sociale. Il<br />

modello dei processi paralleli mette insieme i processi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica e deco<strong>di</strong>fica della<br />

comunicazione non verbale in un unico sistema guidato da un set comune <strong>di</strong> determinanti e<br />

processi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione.<br />

Un altro limite <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> modelli e <strong>di</strong> una parte della ricerca empirica che si è<br />

de<strong>di</strong>cata principalmente allo stu<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> aspetti non verbali non vocali (cinesici), è che essa, fino<br />

a qualche decennio fa, ha tipicamente stu<strong>di</strong>ato gli aspetti del comportamento non verbale<br />

(postura, gesti, espressioni, ecc.) separatamente dal comportamento verbale. Oppure, la ricerca si<br />

è occupata della coor<strong>di</strong>nazione tra <strong>di</strong>versi aspetti della comunicazione non verbale. Spesso,<br />

inoltre, il comportamento non verbale è stato considerato come espressione autonoma<br />

dell'affettività, delle emozioni o <strong>di</strong> atteggiamenti interpersonali (Hinde, 1972) nonché come<br />

un’evidenza esterna <strong>di</strong> uno stato interno; è stato trascurato però il messaggio verbale che invece,<br />

nella stragrande maggioranza delle volte, il comportamento non verbale accompagna.<br />

1.1.2 Struttura e funzioni della comunicazione non verbale<br />

Nell’esperienza quoti<strong>di</strong>ana, le due componenti della comunicazione umana, quella verbale e<br />

quella non verbale, sono per lo più compresenti: esse possono semmai essere, o meno, in sintonia<br />

fra <strong>di</strong> loro, l’una può cioè confermare o contrad<strong>di</strong>re l'altra; mentre, in alcuni casi, forse una<br />

minoranza rispetto alla totalità delle situazioni comunicative or<strong>di</strong>narie, l’una può sostituirsi<br />

all’altra (sulle funzioni della comunicazione non verbale, cfr. Argyle, 1972). In ogni caso, è<br />

oramai accettata una concezione che vede le due componenti, quella verbale e quella non verbale,<br />

per lo più parte dello stesso episo<strong>di</strong>o comunicativo (McNeill, 1985).<br />

Nello stu<strong>di</strong>o della comunicazione non verbale, come nella ricerca in qualsiasi area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o,<br />

il primo passo importante da affrontare è la definizione delle categorie o delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> base,<br />

dunque la determinazione della struttura del fenomeno in esame. Nello stu<strong>di</strong>o della<br />

comunicazione non verbale questa scelta è legata anche ai <strong>di</strong>versi ambiti, agli scopi o alle <strong>di</strong>verse<br />

funzioni che si vogliono approfon<strong>di</strong>re (Mehrabian, 1970). Così, il bisogno <strong>di</strong> classificare una<br />

serie ragionevolmente generale <strong>di</strong> categorie per caratterizzare la comunicazione viene dagli autori<br />

facilmente <strong>di</strong>mostrata sulla base dei propri interessi teorici. Seguendo questi principi, molti autori<br />

hanno isolato in maniera legittimata e non arbitraria elementi della comunicazione non verbale,<br />

per stu<strong>di</strong>arne caratteristiche e potenzialità particolari. Tali elementi sono stati stu<strong>di</strong>ati<br />

empiricamente e riguardano l’aspetto esteriore (conformazione fisica, abiti, trucco; cfr. per<br />

esempio, Bonaiuto, Bonaiuto, 1994; Cook, 1971; Wells, Siegel, 1961); la mimica facciale<br />

(Bartlett, Hager, Ekman, Sejnowki, 1999; Ekman, 1972; Ekman, Friesen, 1986; Fernandez-<br />

Dols,1999; Fridlund, 1994, 1997; Russell, 1994); lo sguardo (Arglye, Williams, 1969; Argyle,<br />

Cook, 1976; Exline, 1972); la voce e gli aspetti non verbali del parlato (tono, volume, ritmo;<br />

Anolli, Ciceri, 1997: Argyle 1977/90; Cappella, 1997; Lyons, 1972; Scherer 1981, 1986); il<br />

comportamento spaziale (Bowlby 1969; Hall 1966; Hewes 1957; Maxwell, Cook 1985;<br />

Mehrabian 1969, 1970, 1972); i movimenti del corpo e i gesti (Amietta, Magnani, 1998; Efron,<br />

1941; Ekman, Friesen 1969; Kendon, 1983; Krauss, Chiu, 1998; McClave, 2000; Rosenfeld,<br />

9


1966).<br />

Oltre alla struttura, gli stu<strong>di</strong> condotti negli ultimi anni hanno evidenziato anche le molteplici<br />

funzioni svolte dalla comunicazione non verbale: essa può essere considerata un “linguaggio <strong>di</strong><br />

relazione” (Bavelas, Chovil, Latrie, Wade, 1992), mezzo primario per segnalare i mutamenti <strong>di</strong><br />

qualità nello svolgimento delle relazioni interpersonali (atteggiamenti interpersonali: cfr., tra gli<br />

altri, Mehrabian, 1969; Kendon, 1985); può essere considerata come mezzo principale per<br />

esprimere e comunicare le emozioni (Anolli, Ciceri, 1997; Ekman, 1984, 1994; Fernandez-Dols,<br />

1999); ha uno speciale valore simbolico che esprime, tramite il linguaggio del corpo,<br />

atteggiamenti circa l’immagine <strong>di</strong> sé e del proprio corpo e partecipa alla presentazione <strong>di</strong> sé agli<br />

altri (Goffman, 1959; 1963); sostiene e completa la comunicazione verbale e svolge una funzione<br />

metacomunicativa, in quanto fornisce elementi per interpretare il significato delle espressioni<br />

verbali, cioè dà senso all’“aspetto <strong>di</strong> contenuto” e lo ricontestualizza (Bateson, 1972,<br />

Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967); funge da “canale <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione” in quanto, essendo meno<br />

sottoposta del linguaggio al controllo consapevole o a censura inconscia, lascia filtrare più<br />

facilmente contenuti profon<strong>di</strong> dell’esperienza dell’in<strong>di</strong>viduo (cfr. Mastronar<strong>di</strong>, 1998); svolge una<br />

funzione <strong>di</strong> regolazione dell’interazione, partecipando a sincronizzare i turni e le sequenze, a<br />

fornire informazioni <strong>di</strong> ritorno, a inviare segnali <strong>di</strong> attenzione (Ekman, Friesen, 1969; Langton,<br />

2000); assume infine funzione <strong>di</strong> sostituzione della comunicazione verbale in situazioni che non<br />

consentono l’uso del linguaggio, per esempio nel linguaggio dei segni (Argyle, 1977/90).<br />

Secondo Krauss, et al. (1996) la comunicazione non verbale in relazione alla<br />

comunicazione verbale non assolve solo funzioni interpersonali, ma anche funzioni<br />

intrapersonali. Le prime, come abbiamo visto, riguardano le informazioni che i comportamenti<br />

non verbali trasmettono agli e/o sono percepiti dagli altri; le funzioni intrapersonali riguardano<br />

invece gli scopi non comunicativi dei comportamenti non verbali. Un esempio <strong>di</strong> questo secondo<br />

caso è lo sguardo rivolto all’ascoltatore mentre si parla: il parlante, infatti, tenderebbe a<br />

<strong>di</strong>stogliere lo sguardo dal proprio interlocutore non per motivi comunicativi (ad esempio,<br />

trasmettere uno stato emotivo <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong>sagio per non essere scoperto <strong>di</strong> mentire), bensì per<br />

gestire il carico cognitivo che la pianificazione dell’espressione linguistica comporta, soprattutto<br />

in quei passaggi dove vi è maggiore <strong>di</strong>fficoltà nell’organizzazione sintattica delle frasi<br />

(Butterworth, 1978; Duncan, Brunner, Fiske, 1979). Secondo gli autori anche alcuni gesti delle<br />

mani, ad esempio quelli che essi chiamano gesti conversazionali, hanno una funzione<br />

intrapersonale poiché aiuterebbero il parlante nel richiamo lessicale delle parole.<br />

Tuttavia i comportamenti non verbali con funzioni non comunicative, come gli esempi<br />

appena accennati, possono fornire all’interlocutore informazioni circa la loro stessa funzione<br />

intrapersonale: per esempio, una eccessiva quantità <strong>di</strong> allontanamenti dello sguardo o <strong>di</strong> gesti<br />

conversazionali potrebbero condurre un ascoltatore ad attribuire al parlante una <strong>di</strong>fficoltà nella<br />

formulazione del messaggio verbale; o, al contrario, un mancato uso <strong>di</strong> questi segnali in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> un parlato fluido può portare l’ascoltatore a ritenere che il <strong>di</strong>scorso non sia<br />

spontaneo (Krauss, et al., 1996). I comportamenti non verbali con funzione intrapersonale,<br />

dunque, non sempre sono privi <strong>di</strong> funzioni interpersonali. Si ritorna quin<strong>di</strong> al modello postulato<br />

da Patterson (2001) dei processi paralleli, secondo cui, in un contesto d’interazione sociale, i<br />

comunicatori sono simultaneamente emittenti/co<strong>di</strong>ficatori e riceventi/deco<strong>di</strong>ficatori dei messaggi<br />

non verbali; ed inoltre sussiste un’inter<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong>namica tra giu<strong>di</strong>zi sociali e processi<br />

comportamentali paralleli. È necessario dunque utilizzare un approccio <strong>di</strong>alogico anche nello<br />

stu<strong>di</strong>o della comunicazione non verbale.<br />

La tendenza a privilegiare, nell’ambito della comunicazione non verbale, gli aspetti vocali<br />

non verbali e a stu<strong>di</strong>are separatamente aspetti verbali e non verbali della comunicazione è<br />

confermata anche nelle recenti rassegne sul comportamento non verbale e sugli aspetti non<br />

verbali della comunicazione presenti nei manuali <strong>di</strong> psicologia sociale statunitensi (cfr. ad<br />

10


esempio, De Paulo, Friedman, 1998). Anche se c’è ancora molto da capire riguardo la natura dei<br />

rapporti tra verbale e non verbale, alcune loro funzioni sono comunque state chiarite o<br />

quantomeno affrontate (coor<strong>di</strong>nazione, illustrazione, ecc.). Da tempo è stata riconosciuta, infatti,<br />

la rilevanza <strong>di</strong> alcuni aspetti non verbali per la comunicazione verbale: ad esempio, il ruolo dello<br />

sguardo nella regolazione del flusso conversazionale (cfr. Anolli, Lambiase, 1990; Argyle, Cook,<br />

1976; Butterworth, 1978; Brunner, 1979; Kendon, 1990; Merten, 1997). Vi sono altri<br />

comportamenti non verbali, quali i gesti delle mani, che solo più <strong>di</strong> recente sono stati considerati<br />

nei termini della loro coor<strong>di</strong>nazione col comportamento verbale (per esempio, Contento, 1999a,<br />

1999b; Kendon, 1975, 1980, 1983, 1995; McNeill, 1985, 1992, 2000; Rimè, Schiaratura, 1991).<br />

In realtà, è ormai da tempo evidente quanto gli aspetti verbali e non verbali siano<br />

strettamente interconnessi tra loro e che il solo messaggio verbale non è sufficiente a spiegare<br />

l’insieme <strong>di</strong> significati e atteggiamenti che caratterizza il comportamento sociale (David, 1994).<br />

Nello stu<strong>di</strong>o della comunicazione oggi prevale infatti una concezione integrata fra gli aspetti<br />

verbali e quelli non verbali nella definizione del significato <strong>di</strong> un atto comunicativo (Anolli,<br />

2002).<br />

Secondo questa prospettiva, che considera la comunicazione come un fenomeno<br />

multimodale (cfr. Poggi, Magno Caldognetto, 1997; Contento, 1999b), lo stu<strong>di</strong>o della<br />

comunicazione, delle sue modalità e delle sue funzioni deve tenere conto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci verbali e non<br />

verbali che caratterizzano lo scambio, in quanto entrambi partecipano alla costruzione <strong>di</strong><br />

significato nel processo comunicativo. Le <strong>di</strong>verse componenti, linguistiche ed extra-linguistiche,<br />

<strong>di</strong> un atto comunicativo, infatti, sono trasmesse attraverso <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> significazione, ma<br />

anche <strong>di</strong> segnalazione, verbale e non verbale, ognuno dei quali ha relativa autonomia, in quanto<br />

concorre in un suo modo specifico a generare il significato finale dell’atto comunicativo (Anolli,<br />

2002). Per esempio, ciò che è comunicato con gli occhi è <strong>di</strong>verso da ciò che è comunicato con il<br />

tono <strong>di</strong> voce, con la gestualità o con le parole, ma ciò non vuol <strong>di</strong>re che i segnali sono<br />

in<strong>di</strong>pendenti; anzi, i contributi dei <strong>di</strong>versi sistemi comunicativi, convogliati con una certa<br />

sincronia nella produzione <strong>di</strong> un messaggio, attivano un processo <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza semantica,<br />

la quale garantisce l’unitarietà e la coerenza del significato, ma anche la flessibilità <strong>di</strong><br />

attribuzione <strong>di</strong> importanza <strong>di</strong>versa alle singole componenti comunicative, anche in relazione al<br />

contesto (Anolli, 2002).<br />

1.2 Coor<strong>di</strong>nazione tra i gesti delle mani e la comunicazione verbale<br />

Tra i comportamenti non verbali, sono stati scelti come oggetto d'analisi, in questa sede, i<br />

gesti delle mani, in quanto, tra tutti i vari parametri possibili, sono quelli più intimamente<br />

connessi con il - anche perché spesso co-occorrenti al - linguaggio parlato, accompagnando il<br />

<strong>di</strong>scorso in modo evidente (cfr. tra gli altri, Argyle, 1972; Beattie, Shovelton, 2000, 2002a,<br />

2002b; Feyereisen, de Lannoy, 1991; Kendon, 1983; Rimè, Schiaratura, 1991). Su <strong>di</strong> essi sono<br />

state condotte indagini che hanno tentato in prevalenza <strong>di</strong> collegarli a stati emotivi, <strong>di</strong> attribuire<br />

loro un particolare significato simbolico o <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le loro funzioni in rapporto al<br />

comportamento verbale (Cohen, 1977; Cohen, Harrison, 1972). Secondo Bull (2001), le parole e i<br />

gesti lavorano insieme nella creazione delle frasi.<br />

L’importanza dei gesti delle mani per la comunicazione verbale è certamente stata colta già<br />

in epoca prescientifica da coloro che si occupavano <strong>di</strong> oratoria e retorica (cfr. in proposito gli<br />

esempi, tratti da testi classici, citati da Billig, 1987/1996, trad. it., p. 133-134). Nell’agorà greca,<br />

era ai retori che spettava il compito <strong>di</strong> istruire “nell’arte del parlar bene”; essi attribuivano una<br />

grande rilevanza alla componente non verbale della comunicazione umana, della quale<br />

11


sottolineavano i nessi con i contenuti verbali, senza considerarla una forma <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong><br />

secondo livello.<br />

Sebbene vi siano già evidenze empiriche a carattere scientifico nella seconda metà<br />

dell’Ottocento (cfr., ad esempio, De Jorio, 1832, sul “gesticolare” dei napoletani), uno dei primi<br />

stu<strong>di</strong>osi che si è occupato <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are il comportamento gestuale in culture <strong>di</strong>verse e a fornire una<br />

prima classificazione dei gesti fu David Efron (1941), il quale pubblicò una ricerca in cui<br />

verificava l’esistenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze comportamentali, oltre che linguistiche, in due gruppi culturali<br />

<strong>di</strong>versi: ebrei e italiani immigrati a New York. Egli notò che gli italiani utilizzavano il linguaggio<br />

non verbale allo stesso modo dei popoli d’origine, <strong>di</strong>mostrando così l’influenza culturale <strong>di</strong> tali<br />

espressioni; e che gli Ebrei americani <strong>di</strong>minuivano il numero <strong>di</strong> gesti prodotti durante il parlato<br />

quando parlavano in lingua inglese. Questi risultati <strong>di</strong>mostrano non solo la specificità culturale <strong>di</strong><br />

aspetti della comunicazione non verbale (CNV), al pari del linguaggio verbale, ma anche che<br />

molti elementi chiave della stessa lingua sono universali e che molti aspetti chiave<br />

dell’espressione possono essere mo<strong>di</strong>ficati attraverso la cultura (DePaulo, Friedman, 1998).<br />

Ben presto però le definizioni <strong>di</strong> “gesto” fornite dalla letteratura hanno preso a<br />

<strong>di</strong>fferenziarsi tra loro. Alcuni autori evidenziano l’aspetto <strong>di</strong> intenzionalità comunicativa del<br />

gesto: Morris (1977) per esempio, considerando tutti i gesti, non solo quelli delle mani, definisce<br />

come gesto qualunque azione che invia un segnale visivo a uno spettatore e che è rivolta a<br />

trasmettere un’informazione.<br />

Kendon (1980) adotta una prospettiva più restrittiva e considera gesto un movimento<br />

corporeo considerato dagli interlocutori come <strong>di</strong>rettamente coinvolto nel processo <strong>di</strong> espressione<br />

intenzionale; in tal modo vengono considerate solo quelle azioni visibili che hanno primariamente<br />

una funzione intenzionalmente comunicativa. Il tipo <strong>di</strong> gesto considerato da Kendon (1983),<br />

quin<strong>di</strong>, deve possedere almeno due caratteristiche: essere prodotto intenzionalmente ed essere<br />

intelligibile in se stesso (in modo da essere interpretato e identificato agevolmente da un membro<br />

della stessa comunità linguistica dell’emittente).<br />

Vi sono invece autori che non sono d’accordo nel ritenere l’intenzionalità un elemento<br />

<strong>di</strong>scriminante del gesto poiché nell’interazione l’emittente può produrre un comportamento non<br />

verbale significativo in<strong>di</strong>pendentemente dalla sua consapevolezza o intenzione (Ekman, Friesen,<br />

1969; Poggi, Magno Caldognetto, 1997).<br />

In Poggi e Magno Caldognetto (1997) viene adottata una nozione <strong>di</strong> gesto che assume come<br />

rilevanti due <strong>di</strong>mensioni, una percettiva e una mentale: da un lato gli aspetti fisici relativi alla<br />

produzione e alla percezione del segnale, dall’altro il fatto che la sua produzione sia determinata<br />

da qualche tipo <strong>di</strong> scopo comunicativo. Con l’esplicito intento <strong>di</strong> dare una definizione ancora più<br />

restrittiva, la nozione <strong>di</strong> gesto è circoscritta a un movimento (escludendo così caratteri somatici<br />

permanenti o transitori) fatto con le mani, o al massimo con le braccia o le spalle, percettibile<br />

visivamente: esso deve essere in se stesso un segnale, cioè portatore <strong>di</strong> significati prodotto allo<br />

scopo <strong>di</strong> comunicare (quin<strong>di</strong> un segnale comunicativo). Tuttavia, lo scopo non deve<br />

necessariamente essere deliberato e cosciente.<br />

Come nella tra<strong>di</strong>zione dello stu<strong>di</strong>o della comunicazione umana, rispetto all’intenzionalità del<br />

gesto, dunque, non c’è accordo unanime nel considerarlo fattore <strong>di</strong>scriminante ai fini del prodotto<br />

comunicativo. L’emittente, d’altronde, può essere consapevole o meno, può o non può avere<br />

intenzione <strong>di</strong> comunicare, ma il suo comportamento non verbale assume significatività in maniera<br />

in<strong>di</strong>pendente. Parisi (1974, cit. in Ricci Bitti, 1987), rifacendosi a Darwin, risolve la questione<br />

sottolineando come non necessariamente lo scopo comunicativo sia uno scopo dell’emittente, ma<br />

sia a volte soltanto una funzione adattativa della specie, come avviene già per altri segnali non<br />

verbali (ad esempio, il sorriso, l’espressione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto, <strong>di</strong> rabbia, ecc.). In quest’ottica dunque,<br />

se si considerano anche i comportamenti regolati da scopi della specie, tutta la gestualità può<br />

essere considerata come parte del comportamento comunicativo. Ricci Bitti (1987) considera più<br />

12


in<strong>di</strong>cato non parlare <strong>di</strong> separazione tra comportamento comunicativo e non, ma accettare la<br />

proposta <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> continuum, detto scala <strong>di</strong> specificità comunicativa, a un estremo del<br />

quale troviamo i comportamenti strettamente comunicativi e all’altro estremo i comportamenti<br />

puramente espressivi.<br />

1.2.1 Classificazioni dei gesti delle mani: la struttura<br />

Le indagini che sono state condotte sui gesti delle mani hanno permesso a numerosi<br />

ricercatori <strong>di</strong> delineare <strong>di</strong>fferenti classificazioni (Argyle, 1972; Ekman, Friesen, 1969; Freedman,<br />

Hoffman, 1967; Kendon, 1983; McNeill, 1992; Rosenfeld, 1966): in questo campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sono<br />

quin<strong>di</strong> venute a essere compresenti classificazioni <strong>di</strong>verse, sia per gli ambiti <strong>di</strong>sciplinari cui si<br />

rivolgono e per le finalità che perseguono, che solo in parte si sovrappongono, sia per i criteri<br />

classificatori utilizzati per <strong>di</strong>stinguere i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> gesti. Tale situazione è in buona parte il<br />

riflesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi orientamenti teorici, che talvolta possono essere non chiaramente espliciti,<br />

quando non ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi approcci epistemologici alla conoscenza scientifica (per<br />

esempio, naturalismo vs. costruzionismo).<br />

Storicamente una delle più note classificazioni è quella <strong>di</strong> Ekman e Friesen (1969, pp. 54-<br />

58). Essi utilizzano tre criteri <strong>di</strong> classificazione: l’uso, l’origine e la co<strong>di</strong>ficazione del gesto. 1) Il<br />

tipo <strong>di</strong> “uso” (“usage”) dell’atto non verbale si riferisce alle circostanze esterne che possono<br />

coincidere col gesto, inibirlo, causarlo o qualificarne il significato, ma anche al tipo <strong>di</strong> relazione<br />

col parlato, al grado <strong>di</strong> consapevolezza <strong>di</strong> chi compie il gesto, all’intenzionalità <strong>di</strong> comunicare, al<br />

feedback esterno che il gesto può ricevere, al tipo d’informazione convogliata dal gesto<br />

(informativo, comunicativo o interattivo). 2) L’”origine” (“origin”) del gesto si riferisce a come il<br />

gesto è <strong>di</strong>ventato parte del repertorio non verbale della persona, cioè se il gesto è specie-specifico<br />

della umana a stimoli esterni o appreso perché comune a tutti i membri della specie o, infine, è<br />

appreso all’interno <strong>di</strong> specifiche culture, comunità, gruppi, ecc. 3) La “co<strong>di</strong>ficazione” (“co<strong>di</strong>ng”)<br />

del gesto è la corrispondenza del segno o <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> segni gestuali con il proprio significato:<br />

può essere <strong>di</strong> natura estrinseca, quando il gesto sta per qualcos’altro, o intrinseca, quando la<br />

forma del gesto coincide con il suo stesso significato.<br />

In base a tali criteri Ekman e Friesen hanno proposto cinque principali categorie <strong>di</strong> gesti.<br />

a) Gesti emblematici. Per esempio, scuotere la mano per salutare; facilmente comprensibili<br />

da parte <strong>di</strong> spettatori appartenenti a culture vicine. Gli emblemi sono in<strong>di</strong>pendenti dal <strong>di</strong>scorso e<br />

possono funzionare come espressione comunicativa completa ed efficace per ripetere o sostituire<br />

il contenuto della comunicazione verbale nel corso <strong>di</strong> una conversazione: possono quin<strong>di</strong> essere<br />

usati anche quando la comunicazione verbale è ostacolata o <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficoltosa, ad esempio a<br />

causa della <strong>di</strong>stanza o del rumore. Per questa loro caratteristica Kendon (1983) li chiama<br />

“autonomous”, mentre Ricci Bitti (1987) li definisce “simbolici”.<br />

b) Gesti illustratori. Per esempio, riprodurre, con le mani, la forma dell'oggetto <strong>di</strong> cui si sta<br />

parlando. Sono <strong>di</strong>rettamente legati al <strong>di</strong>scorso e ne chiariscono il contenuto: possono ripetere,<br />

sostituire, contrad<strong>di</strong>re o accrescere l’informazione fornita verbalmente (questi gesti sono anche<br />

chiamati representational gestures da McNeill, 1992; e lexical movements da Krauss, Chiu,<br />

1998).<br />

c) Segni regolatori. Questi, più che gesti delle mani, sono soprattutto cenni del capo,<br />

espressioni del volto, sguar<strong>di</strong> e micro-movimenti del corpo. Rappresentano tutte quelle azioni che<br />

controllano il flusso della conversazione, regolandone o mo<strong>di</strong>ficandone l’andamento (segnali <strong>di</strong><br />

attenzione o <strong>di</strong> feedback).<br />

d) Espressioni dell’emozione. Anche questi più che gesti delle mani sono espressioni del<br />

volto che esprimono emozioni primarie.<br />

e) Gesti adattatori. Sono per lo più inconsapevoli e sarebbero appresi nell’infanzia per<br />

sod<strong>di</strong>sfare bisogni o mantenere contatti interpersonali. Si <strong>di</strong>stinguono in tre tipologie. a) Gesti che<br />

13


iguardano il contatto <strong>di</strong> una parte del corpo con un'altra (grattare, strofinare, toccarsi i capelli);<br />

b) Gesti che riguardano lo scambiare oggetti o avere contatti fisici con un'altra persona; c) Gesti<br />

che riguardano il <strong>di</strong>retto contatto con altri oggetti (per esempio, giocare con la penna). I gesti<br />

adattatori, nonostante possano essere prodotti durante una conversazione, sia da parte del<br />

parlante, sia da parte dell'ascoltatore, non sono <strong>di</strong>rettamente connessi al <strong>di</strong>scorso; secondo alcuni<br />

autori, tali gesti possono rivelare stati d'animo, come ansia, agitazione o atteggiamenti negativi,<br />

quali <strong>di</strong>sagio, fasti<strong>di</strong>o, noia <strong>di</strong> chi li emette (Mastronar<strong>di</strong>, 1998). Questi gesti sono anche percepiti<br />

come segnale <strong>di</strong> menzogna perché, secondo credenze comuni, la menzogna è associata ad un<br />

comportamento <strong>di</strong> nervosismo (Vrij, Semin, 1996). Tuttavia alcuni ricercatori (cfr. tra gli altri<br />

Vrij, 2000) hanno trovato che mentre mentono i soggetti non compiono un numero<br />

significativamente maggiore <strong>di</strong> gesti <strong>di</strong> auto-manipolazione; mentre invece compirebbero meno<br />

gesti illustratori rispetto a quando <strong>di</strong>cono la verità (Vrij, 2000).<br />

Ekman e Friesen ammettono che queste categorie non hanno carattere <strong>di</strong> esclusività, nel<br />

senso che un gesto può appartenere a più <strong>di</strong> una categoria. E’ plausibile che ciò sia dovuto a una<br />

intrinseca multifunzionalità dei gesti ma anche alla complessità dei criteri <strong>di</strong> classificazione che<br />

sembrano formati a loro volta da più criteri <strong>di</strong> base in<strong>di</strong>stinti. Si veda, per esempio, i molti<br />

elementi che compongono il criterio dell’“uso”. Introdurre dei criteri <strong>di</strong> base che <strong>di</strong> fatto ne<br />

includono molti altri può portare dei problemi, poiché le combinazioni dei sotto-criteri impliciti,<br />

in ogni criterio, rendono assai complicata l’univoca identificazione del gesto: per esempio,<br />

sarebbe molto <strong>di</strong>fficoltoso classificare, sulla base dell’“uso”, tenendo conto contemporaneamente<br />

della lista <strong>di</strong> tutti gli elementi in<strong>di</strong>cati in tale criterio da Ekman e Friesen (1969). È inoltre<br />

abbastanza problematica anche la scelta <strong>di</strong> questi criteri, sia per la loro complessità, sia per la<br />

<strong>di</strong>fficoltà a operazionalizzarli. E’, infatti, <strong>di</strong>fficile, per esempio, operazionalizzare la<br />

consapevolezza <strong>di</strong> esecuzione <strong>di</strong> un gesto; o la sua origine, cioè il come e quando questo sia stato<br />

appreso dal soggetto; o la potenzialità d’influenza del gesto sul comportamento <strong>degli</strong> altri. Anche<br />

la questione stessa dell'intenzionalità è ampiamente <strong>di</strong>battuta, a cominciare dalla <strong>di</strong>atriba se essa<br />

sia fenomeno “naturale” ovvero “socialmente costruito” (cfr., ad esempio, rispettivamente,<br />

Searle, 1998 ovvero Anscombe, 1960); o se si debba parlare <strong>di</strong> comunicazione solo quando c’è<br />

intenzionalità o anche quando quest’ultima non appare in modo del tutto esplicito.<br />

Un’altra classificazione <strong>di</strong> gesti delle mani è quella <strong>di</strong> McNeill (1992). Egli considera la<br />

componente gestuale come un canale espressivo inter<strong>di</strong>pendente con quello verbale: <strong>di</strong><br />

conseguenza i due canali non possono essere analizzati separatamente. La classificazione<br />

proposta da McNeill (1985; 1992), infatti, considera quei movimenti delle mani e delle braccia<br />

che accompagnano l’esposizione linguistica, quei gesti cioè che sono sincronizzati con le unità<br />

linguistiche in corrispondenza delle quali vengono prodotti e rispetto alle quali presentano un<br />

parallelismo semantico e pragmatico. Sono quin<strong>di</strong> gesti spontanei, non regolati da una particolare<br />

co<strong>di</strong>fica sociale e non interpretabili in assenza <strong>di</strong> parlato.<br />

Il criterio <strong>di</strong> classificazione utilizzato da McNeill riguarda la <strong>di</strong>versa collocazione del gesto<br />

all'interno del <strong>di</strong>scorso. Egli infatti <strong>di</strong>stingue i gesti in: “gesti appartenenti al processo <strong>di</strong><br />

ideazione” e “gesti caratterizzanti l'attività <strong>di</strong>scorsiva”; e chiama questi due gruppi<br />

rispettivamente gesti proposizionali e gesti non proposizionali.<br />

Del primo gruppo, gesti che appartengono al processo d’ideazione, fanno parte quei gesti<br />

caratterizzati dal fatto <strong>di</strong> rappresentare <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> referenti linguistici, appartenenti al mondo<br />

concreto (per esempio, oggetti), a quello astratto (per esempio, idee) o a elementi della<br />

circostanza in cui il soggetto si esprime. Questi costituiscono tre categorie <strong>di</strong> gesti delle mani:<br />

iconici, metaforici e deittici.<br />

Un gesto iconico assomiglia, nella forma o movimento o in entrambi, a qualche aspetto<br />

concreto del contenuto semantico del parlato (per esempio creare la forma <strong>di</strong> un oggetto,<br />

contenuto nel <strong>di</strong>scorso, attraverso la forma o il movimento della/e mano/i). Anche altri autori<br />

14


hanno descritto e stu<strong>di</strong>ato questo tipo <strong>di</strong> gesti in coor<strong>di</strong>nazione con l’espressione verbale (cfr. tra<br />

gli altri, Butterworth, Hadar, 1989; Beattie, Shovelton, 2000, 2002a, 2002b).<br />

I gesti metaforici sono simili agli iconici per quanto riguarda il riferimento a qualche<br />

aspetto <strong>di</strong> un dato referente, ma <strong>di</strong>versi da essi per la tipologia <strong>di</strong> referenti: si tratta <strong>di</strong> concetti<br />

astratti che vengono concretizzati con una specifica forma fisica. Essi, attraverso la forma o il<br />

movimento della/e mano/i, rappresentano una metafora del concetto, contenuto nel <strong>di</strong>scorso, cui<br />

si stanno riferendo.<br />

Fanno parte dei gesti proposizionali anche i deittici. Essi sono gesti puntatori (cfr., anche<br />

Haviland, 2002), fatti con una varietà <strong>di</strong> forme della mano. Sono segnali che attirano l’attenzione<br />

<strong>di</strong> un ricevente su un particolare oggetto della situazione dell’emissione. I deittici (dal greco<br />

deìknymi, “mostrare”) possono in<strong>di</strong>care un'entità che è presente realmente, nell’ambiente fisico in<br />

cui si trova chi compie il gesto (per esempio, in<strong>di</strong>care oggetti che si trovano nella stanza), o<br />

idealmente (per esempio, puntare la mano o il <strong>di</strong>to verso l’alto quando si sta parlando <strong>di</strong> una<br />

località del nord).<br />

Nella classificazione <strong>di</strong> McNeill il secondo gruppo <strong>di</strong> gesti, i gesti non proposizionali, sono<br />

quelli che caratterizzano l'attività <strong>di</strong>scorsiva in senso stretto: <strong>di</strong> essi fanno parte i beats e i gesti<br />

coesivi. I beats sono tipicamente piccoli colpetti in su e in giù, o in<strong>di</strong>etro e avanti, <strong>di</strong> una o<br />

entrambe le mani, che si usano per enfatizzare parti del <strong>di</strong>scorso (cfr. anche Efron, 1941, che li<br />

chiama batons, e più recentemente Schegloff, 1984) o per conferire ritmo a esso (McClave,<br />

1994), creando un’interazione ritmica gestuale tra i parlanti.<br />

I gesti coesivi partecipano, insieme alle parole, all’espressione del contenuto del <strong>di</strong>scorso,<br />

fornendo continuità a esso. Per meglio spiegare la funzione dei gesti coesivi si può fare<br />

un’analogia con il linguaggio parlato. Secondo la linguistica, la rappresentazione globale del<br />

<strong>di</strong>scorso è marcata linguisticamente attraverso <strong>degli</strong> elementi: particelle pragmatiche, ripetizioni,<br />

coreferenzialità, ecc. Essi agiscono in qualità <strong>di</strong> marcatori <strong>di</strong> coesione e <strong>di</strong> coerenza del <strong>di</strong>scorso<br />

(Contento, 1998). Analogamente, anche nell’espressione gestuale è possibile identificare segnali<br />

che hanno la funzione <strong>di</strong> cooperare alla costruzione della coesione <strong>di</strong>scorsiva: un tipo <strong>di</strong> coesione<br />

che porta a una sorta <strong>di</strong> “<strong>di</strong>namismo comunicativo” (concetto stu<strong>di</strong>ato da Firbas, 1971, e ripreso<br />

da Levy, McNeill, 1992) che esprime la novità <strong>di</strong> un’informazione in rapporto a un’informazione<br />

data e mette in evidenza ciò che è importante per lo sviluppo del <strong>di</strong>scorso (Contento, 1998).<br />

Contento (1998) ha osservato che tipicamente i gesti coesivi sono ripetitivi (ripetuti più<br />

volte in sequenza, con la stessa forma) e collocati nello stesso spazio gestuale; sono, cioè,<br />

realizzati all’interno della semisfera che si trova <strong>di</strong> fronte al parlante, costituita dall’incrocio <strong>di</strong> tre<br />

coor<strong>di</strong>nate, l’origine delle quali si colloca in<strong>di</strong>cativamente al centro del petto: a) parlante-esterno,<br />

b) destro-sinistro, c) alto-basso. Questo spazio <strong>di</strong>venta per il parlante, metaforicamente, lo spazio<br />

del <strong>di</strong>scorso.<br />

Contento (1999a), sulla base <strong>di</strong> osservazioni condotte su soggetti che raccontavano, a un<br />

interlocutore, un brano subito dopo averlo letto, ha sviluppato un sistema <strong>di</strong> sotto-categorie<br />

incluse nella categoria dei gesti coesivi. In questo caso il criterio <strong>di</strong> classificazione fa riferimento<br />

alla forma e al movimento del gesto: chele (le mani vengono congiunte, assumendo la forma <strong>di</strong><br />

pinza), matassa (le mani fanno dei movimenti a spirale, come ad avvolgere una matassa), telaio<br />

(le mani si muovono orizzontalmente, come se stessero tessendo), stella (movimenti della mano<br />

che riproducono la forma <strong>di</strong> stella), mulinello (movimenti a spirale, come un vortice, anche con<br />

una o più <strong>di</strong>ta), pennello (movimenti orizzontali destra-sinistra, come una pennellata), pinza (le<br />

<strong>di</strong>ta della mano si chiudono a pinza).<br />

Altri autori hanno formulato tassonomie basandosi sulla stretta connessione dei gesti con il<br />

linguaggio parlato. Bavelas et al. (1992) analizzano la funzione dei gesti in <strong>di</strong>fferenti contesti <strong>di</strong><br />

interazione. Sulla base <strong>di</strong> un criterio che ipotizza una <strong>di</strong>versa "destinazione" (o, potremmo <strong>di</strong>re in<br />

termini più generali, funzione) della gestualità verbale, gli autori in<strong>di</strong>viduano gesti "topic" <strong>di</strong><br />

15


carattere referenziale, per lo più semantico, che rappresentano idee, o sintattico e gesti<br />

"interactive" <strong>di</strong> carattere prevalentemente interpersonale, prodotti in presenza <strong>di</strong> un interlocutore,<br />

volti a riferirsi a temi o argomenti precedentemente citati, a mostrare/richiedere atteggiamenti <strong>di</strong><br />

accordo/<strong>di</strong>saccordo, o aiuto per il ricordo <strong>di</strong> una parola, a prendere/cedere il turno, a introdurre un<br />

nuovo tema, ecc. Essi infatti all’interno <strong>di</strong> questa categoria <strong>di</strong>stinguono: i gesti <strong>di</strong> delivery con cui<br />

il parlante rimanda a informazioni precedentemente comunicate; i gesti citing con cui si fa<br />

riferimento a un precedente contributo dell’interlocutore; i gesti seeking con cui il parlante<br />

richiede una feedback all’interlocutore; e i gesti turn con i quali il parlante cede il turno al proprio<br />

interlocutore. L’utilizzo <strong>di</strong> tali gesti necessita, dunque, della presenza<br />

dell’interlocutore/destinatario cui sono rivolti; molto spesso, il parlante può nel corso del parlato<br />

avere occasione <strong>di</strong> puntare al destinatario, che non è possibile quando non c'è un'altra persona o<br />

non può essere vista. Se ciò fosse vero, i gesti “interactive” potrebbero essere identificati come<br />

puntamenti al destinatario (qualche volta chiamati gesti deittici, ad esempio da McNeill, 1992).<br />

La <strong>di</strong>stinzione operata da Bavelas et al. (1992) è stata ripresa da Contento (1996) sui <strong>di</strong>versi<br />

tipi <strong>di</strong> conversazione. L'autrice afferma che lo scambio comunicativo è regolato sostanzialmente<br />

da due tipi <strong>di</strong> gesti che si integrano al parlato nel processo <strong>di</strong> enunciazione e che possono essere<br />

definiti come:<br />

a) gesti “ideazionali”: in stretto riferimento con il contenuto intra<strong>di</strong>scorsivo e che illustrano<br />

o enfatizzano l'oggetto del <strong>di</strong>scorso;<br />

b) gesti “relazionali”: che regolano il flusso verbale con l'interlocutore e hanno spesso<br />

valore metacomunicativo e pragmatico in quanto bilanciano o moderano gli aspetti inter<strong>di</strong>scorsivi<br />

del messaggio comunicativo.<br />

Krauss et al. (1996) <strong>di</strong>stinguono i movimenti delle mani su un continuum <strong>di</strong><br />

“lessicalizzazione” (grado in cui essi somigliano più alle parole): dai gesti simbolici con alto<br />

grado <strong>di</strong> lessicalizzazione, ai gesti conversazionali, tra cui <strong>di</strong>stinguono gesti lessicali e movimenti<br />

motori, con grado me<strong>di</strong>o, fino ai gesti adattatori con basso grado i lessicalizzazione. I primi sono<br />

gli emblemi descritti, tra gli altri, da Efron (1941) e da Ekman e Friesen (1969); i movimenti<br />

lessicali sono quei gesti connessi con il contenuto semantico del parlato che accompagnano,<br />

come gli illustratori descritti da Ekman e Friesen (1969); i movimenti motori sono semplici<br />

movimenti ritmici e ripetitivi, come i gesti non proposizionali descritti da McNeill (1985), i quali<br />

sembrano essere coor<strong>di</strong>nati con la proso<strong>di</strong>a del parlato più che con il suo contenuto semantico e<br />

occorrono in prossimità <strong>di</strong> sillabe accentate; secondo gli autori la funzione primaria dei gesti<br />

conversazionali (movimenti lessicali e motori articolati ma non pianificati che accompagnano il<br />

parlato spontaneo) non è comunicativa, ma piuttosto <strong>di</strong> aiutare la formulazione del <strong>di</strong>scorso;<br />

dunque, l’informazione che essi possono trasmettere a un ricevente deriverebbe da questa<br />

funzione primaria.<br />

Una tassonomia dei gesti delle mani, che prende spunto e riassume le classificazioni sopra<br />

descritte, è quella elaborata e verificata in un contesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong> gruppo da Bonaiuto,<br />

Gnisci e Maricchiolo (2002). Questa tassonomia si <strong>di</strong>fferenzia da quelle appena descritte per<br />

quanto riguarda il criterio <strong>di</strong> classificazione: in tale tassonomia, infatti, il criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione è<br />

il legame che i gesti hanno con il <strong>di</strong>scorso. Sono state in<strong>di</strong>viduate perciò due macrocategorie <strong>di</strong><br />

gesti: “connessi al <strong>di</strong>scorso” e “non connessi al <strong>di</strong>scorso”.<br />

Per “gesti connessi al <strong>di</strong>scorso” si sono intesi quei gesti che vengono eseguiti durante<br />

l’esposizione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso (probabilmente per aumentarne l’evidenza e l’espressività, o almeno<br />

risultanti avere tale fine). In altre parole, se non ci fosse un parlante che fa un <strong>di</strong>scorso tali gesti<br />

non potrebbero esistere. La presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso è, quin<strong>di</strong>, una con<strong>di</strong>zione necessaria ma non<br />

sufficiente affinché siano messi in atto questi gesti. Un’altra con<strong>di</strong>zione è che essi siano<br />

coor<strong>di</strong>nati temporalmente al parlato.<br />

I “gesti non connessi al <strong>di</strong>scorso” si riferiscono ai segni non intenzionali <strong>di</strong> Ekman e Friesen<br />

16


(1969); ma qui intesi come quei gesti che, sebbene possano essere eseguiti anche durante il<br />

parlato, non hanno nessuna apparente relazione con questo, né strutturale, né <strong>di</strong> contenuto.<br />

Quest’ultima <strong>di</strong>stinzione, relazione strutturale e <strong>di</strong> contenuto tra parlato e gesti delle mani, come<br />

vedremo nella prossima sezione, risulta rilevante per la comprensione delle funzioni che<br />

assumono i gesti nel contesto della comunicazione verbale e del linguaggio parlato.<br />

1.2.2 La coor<strong>di</strong>nazione tra comunicazione verbale e gesti delle mani: le funzioni<br />

Bateson (1972), allo scopo <strong>di</strong> mostrare che nell’interazione comunicativa non sono rilevanti<br />

solo gli interventi dei partecipanti con le informazioni che essi si scambiano, ma anche la<br />

struttura <strong>degli</strong> scambi, utilizza alcune forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito chiamate “metaloghi”. In uno <strong>di</strong> questi<br />

egli affronta, in modo originale, la questione del legame tra gesti e parole, tentando <strong>di</strong> rispondere<br />

alla domanda: sono utili i gesti alla comunicazione verbale? Si tratta <strong>di</strong> un “metalogo” (“Perché i<br />

francesi…?”; pp 39-45) tra padre e figlia, la quale interroga il padre sulla curiosa e<br />

incomprensibile necessità dei francesi <strong>di</strong> muovere le mani “…quando parlano. Perché agitano le<br />

braccia, fanno gesti…?”. Il padre, dopo aver fatto ragionare la figlia sulla molteplicità <strong>di</strong><br />

informazioni che si possono trasmettere durante le conversazioni, oltre a ciò che realmente ci si<br />

sta <strong>di</strong>cendo, le risponde che “… i messaggi che ci scambiamo coi gesti sono in realtà una cosa<br />

<strong>di</strong>versa da qualunque traduzione in parole che possiamo dare <strong>di</strong> quei gesti” e che “… non possono mai portare lo stesso messaggio dei gesti” dato che “… non esistono<br />

parole pure e semplici. Vi sono soltanto parole con gesti o con tono <strong>di</strong> voce o con qualcosa del<br />

genere”. A questo punto la figlia si chiede come mai insieme alla lingua francese non<br />

“…insegnano ad agitare le mani?”. Il padre risponde che, effettivamente, dovrebbe essere così<br />

(“Questo è forse uno dei motivi per cui è spesso <strong>di</strong>fficile imparare le lingue”) e che bisognerebbe<br />

“…supporre che una lingua sia prima <strong>di</strong> tutto un sistema <strong>di</strong> gesti. Dopo tutto gli animali hanno<br />

solo gesti e tono <strong>di</strong> voce… e le parole furono inventate più tar<strong>di</strong>”, ma aggiunge che sarebbe<br />

impossibile lasciar “…perdere le parole e … usare soltanto i gesti”, ma “… potrebbe essere<br />

<strong>di</strong>vertente… la vita sarebbe come una specie <strong>di</strong> balletto… dove i ballerini si farebbero la musica<br />

da sé”.<br />

Questo brano evidenzia <strong>di</strong>verse questioni importanti riguardanti l’associazione gesti-parole:<br />

una <strong>di</strong> queste è che non ci sono parole senza gesti, ma neanche gesti senza parole. Inoltre è<br />

evidenziato che anche se il linguaggio verbale è stato, in qualche modo, un sostituto evolutivo dei<br />

segnali vocali e gestuali, questo sistema iconico-gestuale della comunicazione non è del tutto<br />

decaduto, ma al contrario è <strong>di</strong>ventato più ricco e complesso: le sottigliezze della comunicazione<br />

gestuale superano <strong>di</strong> gran lunga ciò che possa fare non verbalmente qualsiasi altra specie animale<br />

(Bateson, 1972). Questa osservazione suggerisce che i gesti non dovrebbero certamente essere<br />

considerati come un mero segnale non verbale, dato che <strong>di</strong>ventano più sofisticati ed elaborati man<br />

mano che la capacità <strong>di</strong> articolazione del linguaggio verbale si raffina. Ciò è avvalorato anche dai<br />

risultati <strong>di</strong> ricerche sui gesti nell’età evolutiva, secondo i qual i gesti del bambino si sviluppano in<br />

modo parallelo al suo sviluppo linguistico. Le prime intenzioni comunicative sono espresse<br />

attraverso gesti deittici (a partire dai nove mesi circa), il referente dei quali è dato da elementi del<br />

contesto extralinguistico (Volterra, Ertine, 1994). Dai 12 mesi circa compaiono i gesti referenziali<br />

(illustratori), i quali non solo esprimono un’intenzione comunicativa, ma rappresentano anche un<br />

referente (Acredolo, Goodwin, 1988).<br />

D’altra parte, la gestualità aggiunge al linguaggio verbale quella punta <strong>di</strong> ambiguità che da un<br />

lato rende la comunicazione più <strong>di</strong>fficile e incomprensibile, rispetto a una comunicazione<br />

costituita soltanto da parole, dall’altro la arricchisce e impreziosisce, fornendole la possibilità <strong>di</strong><br />

adempiere più funzioni, alcune delle quali il solo linguaggio verbale non sarebbe adatto a<br />

svolgere.<br />

Sono numerose le ricerche svolte con l’intento <strong>di</strong> provare l’esistenza (o meno) <strong>di</strong> un qualche<br />

17


tipo <strong>di</strong> legame esistente tra la gestualità e il parlato. Innanzitutto non si deve confondere lo stu<strong>di</strong>o<br />

della gestualità coverbale con quello delle lingue dei segni, vale a <strong>di</strong>re quei veri e propri sistemi<br />

<strong>di</strong> comunicazione adottati prevalentemente dai sordomuti in cui le unità linguistiche sono<br />

costituite prevalentemente da movimenti e configurazioni delle mani (per esempio la LIS, Lingua<br />

Italiana dei Segni). Questo tipo <strong>di</strong> sistemi, infatti, è una lingua vera e propria con le sue regole<br />

sintattico-grammaticali, approvate e riconosciute, dunque con<strong>di</strong>vise, all’interno della stessa<br />

cultura: ogni comunità linguistica ha sviluppato un proprio linguaggio dei segni, il quale,<br />

basandosi su elementi figurativi, rappresentanti concetti linguistici, risulta abbastanza<br />

comprensibile anche da persone <strong>di</strong> “lingua” <strong>di</strong>versa. Lo stu<strong>di</strong>o e la comprensione dei linguaggi<br />

dei segni, già <strong>di</strong> per sé rende chiaro lo stretto legame che può intercorrere tra segnali gestuali e<br />

lingua verbale. Tuttavia i gesti delle mani prodotti dalle persone, generalmente mentre si sta<br />

parlando, non hanno un co<strong>di</strong>ce sintattico-grammaticale né una corrispondenza perfetta con<br />

l’espressione linguistica che si sta trasmettendo; dunque, non sono né facilmente riconoscibili, né<br />

comprensibili, quin<strong>di</strong> neanche con<strong>di</strong>visibili.<br />

Uno <strong>degli</strong> obiettivi principali per chi stu<strong>di</strong>a i gesti delle mani, allora, è comprendere quale<br />

sia il legame tra questi e l’espressione verbale che essi accompagnano, seguono, anticipano o<br />

tentano <strong>di</strong> sostituire.<br />

Numerose ricerche hanno messo in evidenza che la gestualità delle mani facilita l’espressione<br />

verbale. Infatti una persona, per essere in grado <strong>di</strong> evocare e <strong>di</strong> descrivere le proprie esperienze,<br />

nonché per con<strong>di</strong>viderle, deve <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> rappresentazioni concernenti queste ultime. Tali<br />

rappresentazioni sono costituite da una matrice concettuale e da una matrice <strong>di</strong>namica: per poter<br />

essere comunicata la rappresentazione deve essere ravvivata non solo nei suoi aspetti concettuali,<br />

ma anche nei suoi aspetti <strong>di</strong>namici, che sono costituiti dall’attività emotiva, posturale e motoria<br />

(Rimè, 1984, 1987). La teoria sviluppata da Rimè (1987) in un’ottica cognitivo-motoria, afferma<br />

che l’espressione verbale implica o comprende dei fenomeni motori, e la gestualità non sarebbe<br />

altro che una parte apparente dell’operazione <strong>di</strong> rappresentazione in corso da parte del locatore.<br />

Questo implica che non ci sia attività espressiva senza un certo livello <strong>di</strong> attività motoria<br />

Un contributo importante per provare che i movimenti del corpo sono organizzati in<br />

relazione al <strong>di</strong>scorso concomitante è stato dato da Condon e Orgston (1966). Gli autori hanno<br />

svolto analisi dettagliate <strong>di</strong> conversazioni filmate, descrivendo l’andamento dei movimenti e la<br />

loro relazione con il flusso del parlato. Essi hanno <strong>di</strong>mostrato che il corpo si muove in maniera<br />

sincronica con il parlato e che il movimento ha una struttura gerarchica, proprio come il parlato,<br />

la quale riflette la struttura delle unità del <strong>di</strong>scorso: in particolare, il fluire dell’attività<br />

gesticolatoria durante la conversazione può essere sud<strong>di</strong>viso in unità gestuali, le quali si<br />

aggregano fra loro a costruire “frasi gestuali” in analogia alle frasi del <strong>di</strong>scorso. Gli autori hanno<br />

inoltre <strong>di</strong>stinto nella gesticolazione una parte considerata “movimento preparatorio” alle unità del<br />

<strong>di</strong>scorso che seguiranno e una parte che accompagna il <strong>di</strong>scorso. I gesti preparatori<br />

rappresenterebbero una modalità anticipatoria <strong>di</strong> esteriorizzazione dei processi cognitivi coinvolti<br />

nella preparazione del <strong>di</strong>scorso. Essi si realizzerebbero mentre il parlante cerca i mezzi linguistici<br />

più adeguati per esprimere le sue idee e in questo senso il gesto costituisce quin<strong>di</strong> un elemento <strong>di</strong><br />

passaggio. Esprimere le idee anche attraverso il movimento faciliterebbe proprio il processo <strong>di</strong><br />

trasporle in parole.<br />

Kendon (1980) rifacendosi ai lavori <strong>di</strong> Condon e Ogston, sostiene che gesto e <strong>di</strong>scorso sono<br />

<strong>di</strong>sponibili come due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> rappresentazione ma fra loro coor<strong>di</strong>nati, e non subor<strong>di</strong>nati<br />

l’uno rispetto all’altro, in quanto guidati dallo stesso scopo comunicativo. Egli rileva in prima<br />

istanza l’imme<strong>di</strong>atezza espressiva dei gesti; attraverso un singolo movimento è possibile inviare<br />

una quantità <strong>di</strong> informazioni che richiederebbe un numero elevato <strong>di</strong> parole; un’altra ragione<br />

dell’incisività espressiva del gesto è legata al fatto che il gesto richiederebbe un tempo inferiore<br />

per essere pianificato rispetto a una corrispondente espressione verbale.<br />

18


Alcune recenti ricerche sui gesti illustratori-iconici (Beattie, Shovelton, 2002a; Hadar<br />

Butterworth, 1997; Morrel-Samuel, Krauss, 1992) associano la produzione <strong>di</strong> tali gesti con alcune<br />

proprietà del linguaggio: l’“immaginabilità”, che si riferisce alla facilità con cui il parlato attiva<br />

immagini mentali e la “familiarità” dei contenuti verbali. Da questi stu<strong>di</strong> sperimentali risulta che i<br />

gesti iconici accompagnano con più probabilità il <strong>di</strong>scorso nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> elevata<br />

“immaginabilità” e <strong>di</strong> non “familiarità”: in queste con<strong>di</strong>zioni, infatti, sarebbe facilitato quel<br />

percorso ideativo al quale i gesti iconici sono preposti.<br />

Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’attività gestuale, nella produzione linguistica, giochi<br />

un ruolo <strong>di</strong> facilitazione nel richiamo delle parole dalla memoria lessicale (Butterworth, Beattie,<br />

1978; Moscovici, 1967), ipotesi confermata in <strong>di</strong>verse ricerche empiriche (cfr. Chawla, Krauss,<br />

1994; Krauss et al., 1996; Morrel-Samuels, Krauss, 1992; Rauscher, Krauss, Chen, 1996).<br />

Secondo questi stu<strong>di</strong>, i gesti iconici, ma ancora <strong>di</strong> più i gesti metaforici, faciliterebbero il<br />

recupero lessicale dalla memoria, anticipando l’espressione delle parole cui corrispondono e<br />

comparirebbero durante l’espressione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso spontaneo più che <strong>di</strong> uno preparato,<br />

probabilmente aiutando quin<strong>di</strong> il parlante a “trovare le parole”. Diversi stu<strong>di</strong> (Poggi, Magno<br />

Caldognetto, 1997; Argentin, 1987) hanno trovato che un impiego imperfetto del linguaggio o<br />

una scarsa capacità hanno come conseguenza un maggior uso <strong>di</strong> gesti illustratori; in particolare,<br />

negli stu<strong>di</strong> su soggetti afasici, quin<strong>di</strong> con capacità comunicative compromesse, si è visto come<br />

questo tipo <strong>di</strong> gesti compenserebbe l’insufficienza dell’attività verbale (secondo l’ipotesi<br />

compensatoria, Hadar, Butterworth, 1997; Hadar, Wenkert-Olenik, Kruass, Soroker, 1998). In<br />

generale, i gesti illustratori, in particolare i metaforici, vengono utilizzati maggiormente nelle<br />

situazioni comunicative che comportano compiti cognitivi molto complessi (soluzione dei<br />

problemi, richiamo lessicale, ricordo <strong>di</strong> esperienze, eccetera).<br />

L’ipotesi della funzione dei gesti nel richiamo lessicale per la rappresentazione mentale<br />

del <strong>di</strong>scorso è stata inoltre verificata da uno stu<strong>di</strong>o condotto variando la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

mobilità/immobilità delle braccia e delle mani dei parlanti (Rimè, Schiaratura, Hupet,<br />

Ghysselinck, 1984): nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> immobilizzazione delle braccia e delle mani del parlante<br />

è emersa una <strong>di</strong>minuzione dell’uso da parte <strong>di</strong> questo <strong>di</strong> immagini mentali rispetto alla<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> mobilità delle braccia e delle mani: in altre parole, il suo processo <strong>di</strong><br />

rappresentazione sembrava venirsi a mo<strong>di</strong>ficare in relazione al maggiore o minore uso dei gesti<br />

delle mani.<br />

Ricerche recenti si sono concentrate più specificatamente sulla co-occorrenza tra<br />

comunicazione verbale e gesti delle mani. Bull (2001) afferma che le parole e i gesti lavorano<br />

insieme per creare le frasi.<br />

Ma è soprattutto McNeill (1992) che ha considerato il gesto come parte vera e propria del<br />

linguaggio, anziché come sottosistema: esso costituisce la parte “immaginativa” del linguaggio<br />

ed è prodotto insieme con la parte “conosciuta” e “linguistica” <strong>di</strong> esso (McNeill, Levy, 1993).<br />

Egli, infatti, sostiene che la produzione <strong>di</strong>scorsiva è il frutto <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong>namico<br />

caratterizzato dalla coor<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> due tipi <strong>di</strong> attività mentali: pensiero per immagine<br />

(imagistic) e pensiero sintattico (syntactic). Il pensiero sintattico costituisce la parte linguistica, è<br />

lineare e segmentato; il pensiero per immagine costituisce la parte gestuale del linguaggio. Questi<br />

due aspetti cooperano alla costruzione del senso e della struttura complessivi del <strong>di</strong>scorso. I gesti<br />

e il parlato possono quin<strong>di</strong> essere considerati come due canali <strong>di</strong>versi da cui poter osservare lo<br />

stesso fenomeno <strong>di</strong>scorsivo, in quanto i gesti partecipano, insieme alle parole, alla realizzazione<br />

della pianificazione linguistica (McNeill, Levy, 1993).<br />

Questa idea è per esempio avvalorata, dal fatto che un qualche rapporto tra gesti delle mani<br />

e linguaggio parlato è <strong>di</strong>mostrata anche da ricerche in ambito <strong>di</strong> psicologia dello sviluppo, per<br />

esempio riguardo alcuni gesti delle mani considerati come precursori della comunicazione<br />

verbale (cfr. tra gli altri, Butcher, Gol<strong>di</strong>n-Meadow, 2000; Capirci, Iverson, Pizzuto, Volterra,<br />

19


1996; Morford, Gol<strong>di</strong>n-Meadow, 1992; Nicola<strong>di</strong>s, Mayberry, Genesee, 1999; Perucchini, 1997;<br />

Perucchini, Camaioni, 1999).<br />

È chiaro che i gesti non servono solo al parlante, ma anche al suo interlocutore. Le ricerche<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato che l’accuratezza con cui il destinatario comprende ed è in grado <strong>di</strong> riprodurre<br />

un messaggio alla cui formulazione hanno contribuito anche i gesti dell’emittente, è <strong>di</strong> gran lunga<br />

superiore rispetto ai casi in cui lo stesso messaggio è prodotto dall’emittente senza la possibilità<br />

<strong>di</strong> ricorrere ai gesti (Berger, Popelka, 1971; Graham, Argyle, 1975); anche compiti <strong>di</strong><br />

riconoscimento e <strong>di</strong> memoria <strong>di</strong> oggetti descritti da un emittente, risultano facilitati nel caso<br />

quest’ultimo abbia fatto uso dei gesti durante la descrizione (Riseborough, 1981).<br />

Occorre ricordare inoltre che i gesti del parlante possono essere utilizzati dal destinatario,<br />

seppure in misura meno consistente rispetto ad altri in<strong>di</strong>ci verbali, allo scopo <strong>di</strong> inferire elementi<br />

utili alla categorizzazione dell’interlocutore in termini <strong>di</strong> status e <strong>di</strong> personalità e <strong>di</strong> trarre<br />

informazioni utili alla comprensione e alla interpretazione dell’interazione in atto (Ricci Bitti,<br />

1987). I gesti, dunque, costituirebbero una sorta <strong>di</strong> sintassi mista, la quale offrirebbe una quantità<br />

elevata <strong>di</strong> informazioni che non potrebbero essere veicolate esclusivamente con le parole.<br />

Inoltre, l’utilizzo dei gesti delle mani serve anche all’interazione tra i comunicatori. Tra i<br />

primi esperimenti, che hanno tentato <strong>di</strong> spiegare l’importanza dei gesti nell’interazione verbale, ci<br />

sono quelli condotti variando la presenza/assenza <strong>di</strong> visibilità tra gli interlocutori (Rimè, 1982). È<br />

risultato che in assenza <strong>di</strong> visibilità tra gli interlocutori veniva compromessa la sincronizzazione<br />

dell’interazione, vale a <strong>di</strong>re si registrava un maggior numero <strong>di</strong> sovrapposizioni e <strong>di</strong> pause<br />

rispetto alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> visibilità tra gli interlocutori.<br />

Il gesto permette inoltre <strong>di</strong> risolvere l’eventuale ambiguità dell’espressione verbale<br />

concomitante, la quale, pur se completa sul piano grammaticale, non è sufficiente a specificare<br />

ciò cui vuol fare riferimento durante lo scambio verbale; gesti più utili a questo riguardo sono i<br />

gesti <strong>di</strong>rezionali o in<strong>di</strong>cazionali che servono appunto a chiarire l’oggetto cui si fa riferimento. Il<br />

gesto viene usato soprattutto, ma non solo, quando le circostanze rendono impossibile lo scambio<br />

verbale; in questo caso esso costituisce un sostituto, un’alternativa rispetto alle parole.<br />

I gesti delle mani sono usualmente considerati canali comunicativi la cui funzione può<br />

essere quella <strong>di</strong> amplificare o sottolineare l’informazione comunicata nel parlato che essi<br />

accompagnano (Krauss, Chiu, 1998). I gesti che accompagnano il <strong>di</strong>scorso si realizzerebbero<br />

sotto la guida dello stesso meccanismo <strong>di</strong> controllo che organizza il <strong>di</strong>scorso e svolgerebbero una<br />

funzione strettamente comunicativa, arricchendo, completando, sistemando le informazioni<br />

fornite attraverso il parlato; essi, dunque, facilitano l’attenzione e la comprensione nel ricevente.<br />

Si tratta in particolare <strong>di</strong> quei gesti delle mani la forma dei quali appare correlata al contenuto<br />

semantico del parlato.<br />

Diverse ricerche condotte su materiali videoregistrati negli ultimi anni (Contento, Stame,<br />

1997; Contento 1996, 1998) mostrano che la rappresentazione dei significati, elaborata in termini<br />

ideativi dal parlante, viene espressa dalle parole ma è soprattutto integrata e specificata attraverso<br />

un segno non verbale.<br />

Una conversazione, infatti, privata <strong>degli</strong> aspetti non verbali, perderebbe in parte la portata<br />

comunicativa del messaggio: questa risiederebbe quin<strong>di</strong>, non solo negli elementi linguistici, ma<br />

anche negli aspetti paralinguistici, intonazionali e, soprattutto, gestuali. Contento (1998) ha<br />

osservato come i gesti che accompagnano un <strong>di</strong>scorso sono in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarne<br />

profondamente il senso, accompagnando, enfatizzando e sottolineandone alcuni aspetti.<br />

Feyereisen e Havard (1999) hanno trovato che le persone utilizzano un maggior numero <strong>di</strong><br />

gesti, e fra questi più gesti legati al contenuto verbale (appena descritti), quando comunicano<br />

contenuti <strong>di</strong> movimento (descrizioni <strong>di</strong> azioni) rispetto a quando comunicano contenuti visivi<br />

(descrizione <strong>di</strong> luoghi o <strong>di</strong> oggetti), mentre utilizzano un minor numero <strong>di</strong> gesti quando<br />

comunicano contenuti astratti.<br />

20


Molti ricercatori (Birdwhistell, 1970; Graham, Argyle, 1975; Kendon, 1983), come è stato<br />

sottolineato fino a ora, concordano sulla funzione comunicativa <strong>di</strong> quei gesti delle mani la cui<br />

forma o movimento sono legati al contenuto semantico del parlato, mentre altri autori<br />

(Feyereisen, Van de Wiele, Dubois, 1988; Krauss, Morrel-Samuel, Colasante, 1991; Krauss,<br />

Dushay, Chen, Bilous, 1995) hanno trovato nei loro stu<strong>di</strong> che ci sono pochi o nessun effetto<br />

facilitante dei gesti sulla comunicazione. Krauss e Chiu (1998) sostengono che, in questo caso,<br />

cioè quando i gesti non hanno una funzione comunicativa insieme al parlato che accompagnano,<br />

essi possono svolgere una “funzione psicologica” (Kendon, 1983; Ricci Bitti, 1987): servono cioè<br />

a esteriorizzare uno stato interno o un atteggiamento e, durante l’esposizione linguistica, a<br />

<strong>di</strong>ssipare la tensione che si accumula per la ricerca lessicale (Dittmann, Llewelyn, 1969).<br />

Il rapporto tra linguaggio verbale e gestualità (come tra comunicazione verbale e non<br />

verbale in generale) è stato anche sostenuto dalla Scuola <strong>di</strong> Palo Alto, secondo la quale, in ogni<br />

forma <strong>di</strong> comunicazione, la gestualità è uno <strong>degli</strong> aspetti che caratterizzano il cosiddetto “aspetto<br />

<strong>di</strong> relazione” che dà senso e ricontestualizza l’“aspetto <strong>di</strong> contenuto” (Bateson, 1972, Watzlawick<br />

et al., 1967). In questo senso, la funzione della gestualità sarebbe metacomunicativa.<br />

I movimenti delle mani possono essere strettamente coor<strong>di</strong>nati col parlato, in quanto<br />

in<strong>di</strong>cano la struttura interna delle emissioni linguistiche e ne controllano la sincronizzazione<br />

(Contento, 1998). Ancora, secondo Fox (1999) la sintassi, la proso<strong>di</strong>ca e la gestualità lavorano<br />

insieme per la progettazione delle espressioni linguistiche e per il completamento dei turni <strong>di</strong><br />

parola.<br />

Levy e McNeill (1992) hanno trovato che i gesti partecipano al processo <strong>di</strong> introduzione <strong>di</strong><br />

nuovi temi del <strong>di</strong>scorso: dati statistici suggeriscono che gesticolare nella posizione iniziale<br />

dell’episo<strong>di</strong>o comunicativo aiuta a portare avanti la comunicazione. Gesti e parlato sono<br />

manifestazioni non-ridondanti <strong>di</strong> un solo processo <strong>di</strong> espressione e formazione del <strong>di</strong>scorso,<br />

insieme cooperano nel creare nuovi temi del <strong>di</strong>scorso o nel continuare i vecchi. In quest’ottica i<br />

gesti sono realmente parte del <strong>di</strong>scorso e non un sistema <strong>di</strong>stinto, o sovrapposto, oppure un<br />

sottosistema (Levy, McNeill, 1992). Mentre McNeill ritiene artificiale una segmentazione simile<br />

a quella verbale per cercare <strong>di</strong> riferire i gesti a punti specifici della frase, Butterworth sostiene<br />

l’associazione del gesto con singoli item lessicali (nomi, verbi, aggettivi) in base alle analisi delle<br />

asincronie tra gesto e parola associata.<br />

Contento (1996) concorda con McNeill nell’ottica interattiva e considera il gesto non<br />

interpretabile in assenza della parola. Contrariamente alle parole, sostiene anche, i gesti non sono<br />

autonomi <strong>di</strong> significato, ma partecipano con le parole al processo <strong>di</strong> enunciazione e lo realizzano.<br />

Come dall’analisi del <strong>di</strong>scorso si possono in<strong>di</strong>viduare dei <strong>di</strong>spositivi linguistici coesivi, deputati a<br />

strutturare ciò che si sta <strong>di</strong>cendo, così pure si può notare che i gesti cooperano a quest’attività <strong>di</strong><br />

coesione in funzione <strong>di</strong> un “<strong>di</strong>namismo comunicativo” (come lo definiscono Levy, McNeill,<br />

1992).<br />

Si possono in<strong>di</strong>viduare quattro <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> funzioni (Poggi, Magno Caldognetto, 1997):<br />

funzione ripetitiva, quando il gesto porta lo stesso significato delle parole; funzione<br />

complementare, quando il significato gestuale aggiunge informazioni a quello verbale cooccorrente;<br />

funzione sostitutiva, quando il gesto porta un significato che il parlante ha previsto<br />

nella pianificazione del parlato, e che, a causa <strong>di</strong> un lapsus, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>menticanza o <strong>di</strong> una<br />

reticenza intenzionale, non viene prodotto nella modalità verbale; funzione contrad<strong>di</strong>ttoria,<br />

quando il significato del gesto contrad<strong>di</strong>ce quello delle parole. In tutti questi casi ciò che assicura<br />

il raggiungimento del sovrascopo comunicativo è comunque la coerenza tra messaggio verbale e<br />

gestuale, i quali, comunque, <strong>di</strong> solito sono sincronizzati o coor<strong>di</strong>nati temporalmente.<br />

Possiamo affermare che l’organizzazione della maggior parte dei movimenti del corpo<br />

durante una conversazione è determinata dal <strong>di</strong>scorso concomitante. In sostanza, dunque, gesto e<br />

<strong>di</strong>scorso funzionano in modo inter<strong>di</strong>pendente ma non <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> modalità <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficazioni<br />

21


simili: mentre nel parlato le forme convenzionali sono utilizzate e organizzate sequenzialmente<br />

secondo modalità prestabilite, nell’attività gestuale l’espressione è più libera <strong>di</strong> creare<br />

continuamente nuove regole che non sempre rispondono a regole stabilite.<br />

La comunicazione nell’interazione sociale ha <strong>di</strong> per sé una funzione <strong>di</strong> tipo persuasivo: è<br />

attraverso il <strong>di</strong>scorso che si tenta, in qualche modo, <strong>di</strong> convincere e/o influenzare i propri<br />

interlocutori. L’interesse si concentra dunque sul ruolo della comunicazione non verbale e della<br />

gestualità delle mani in particolare nelle proprietà persuasorie della comunicazione.<br />

1.3 I gesti delle mani nella comunicazione persuasiva e nella dominanza interattiva<br />

In psicologia sociale, lo stu<strong>di</strong>o della persuasione riguarda le variabili e i processi che<br />

governano la formazione e il cambiamento <strong>di</strong> atteggiamenti (Chaiken, Wood, Eagly, 1996). Nel<br />

trattare il tema della persuasione, oltre alla persuasione basata sul messaggio comunicativo,<br />

spesso sono presi in considerazione anche altri ambiti <strong>di</strong> ricerca come, ad esempio, l’influenza<br />

dei comportamenti in<strong>di</strong>viduali e dei messaggi sugli atteggiamenti, gli effetti dell’influenza sociale<br />

in contesti <strong>di</strong> gruppo, gli effetti sull’atteggiamento dell’esposizione all’oggetto<br />

dell’atteggiamento, nonché gli effetti selettivi <strong>degli</strong> atteggiamenti sull’elaborazione delle<br />

informazioni. Nella maggior parte delle interazioni sociali, in quanto situazione <strong>di</strong> comunicazione<br />

fra persone e fra gruppi, sono presenti intenzioni ed effetti persuasivi impliciti o espliciti.<br />

Tipicamente la comunicazione <strong>di</strong> tipo persuasivo è considerata lo strumento privilegiato per<br />

esercitare influenza sulle opinioni e sulle scelte comportamentali dei propri interlocutori.<br />

Nella ricerca psicologico-sociale, la comunicazione persuasiva è stata spesso analizzata<br />

dal punto <strong>di</strong> vista del suo aspetto contestuale e del suo aspetto verbale, sia orale sia scritto. Infatti,<br />

i primi stu<strong>di</strong>, condotti allo scopo <strong>di</strong> comprendere il potere della propaganda (sia pubblicitaria, sia<br />

politica) sui cambiamenti <strong>di</strong> atteggiamento del pubblico, si sono de<strong>di</strong>cati all’analisi sistematica<br />

delle caratteristiche dell’emittente, dei canali che trasmettono il messaggio, del destinatario e del<br />

contesto entro cui avviene la ricezione (cfr. Hovland, Janis, Kelley, 1953).<br />

Altre ricerche hanno preso in considerazione l’aspetto cognitivo dell’elaborazione,<br />

deco<strong>di</strong>fica ed interpretazione delle informazioni dei messaggi persuasivi, come quelle condotte<br />

da McGuire (1972), il quale sottolinea il carattere attivo <strong>di</strong> tali processi cognitivi. Petty e<br />

Cacioppo (1986) focalizzano l’attenzione su due fattori della persuasione, le risposte cognitive,<br />

fonte <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione tra il messaggio e la sua accettazione, e il coinvolgimento motivazionale<br />

personale nel processo <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> comunicazioni. Solo poche ricerche hanno invece tentato <strong>di</strong><br />

analizzare il fenomeno della comunicazione persuasiva tenendo conto anche <strong>di</strong> aspetti non<br />

verbali: alcuni stu<strong>di</strong> sono stati condotti, <strong>di</strong> recente, sul ruolo del tono dell’umore sui processi <strong>di</strong><br />

persuasione, o su fenomeni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio (Petty, Wegener, White, 1998; Petty, Wegener, 1995,<br />

1998).<br />

Se parlare è fare o agire, come i più recenti modelli psicologico-sociali sostengono (cfr.<br />

De Grada, Bonaiuto, 2002), la comunicazione persuasiva <strong>di</strong>viene sicuramente il prototipo della<br />

comunicazione (Amerio, 1995).<br />

Un esempio <strong>di</strong> situazione ove si manifesta un processo <strong>di</strong> persuasione si ha quando si<br />

verifica un fenomeno <strong>di</strong> influenza sociale. L’influenza sociale è un fenomeno che si manifesta<br />

secondo modalità le più <strong>di</strong>verse e che può produrre effetti estremamente <strong>di</strong>fferenziati, ma in<br />

generale è un fenomeno pervasivo sotteso a qualsiasi tipo <strong>di</strong> relazione o comunicazione. Anche<br />

Moscovici (1987), che ha trattato estesamente questo tema, sostiene che tale fenomeno è molto<br />

potente quanto variegato. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tale fenomeno affronta l’articolarsi dei legami sociali e<br />

riguarda le procedure attraverso le quali i processi mentali e sociali, i comportamenti e le<br />

emozioni in<strong>di</strong>viduali o <strong>di</strong> gruppi vengono mo<strong>di</strong>ficati da azioni reali o simboliche <strong>di</strong> altri in<strong>di</strong>vidui<br />

22


o gruppi, pervenendo così alla con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> credenze e <strong>di</strong> idee.<br />

Anche se la stragrande maggioranza delle ricerche hanno evidenziato come la<br />

comunicazione verbale sia lo strumento principale per influenzare gli altri (cfr. fra gli altri ad<br />

esempio Hollander, 1985; Mannetti, Battantier, Pierro, 1996; Ng, Bell, Brooke, 1993), non<br />

bisogna trascurare che le caratteristiche non verbali della comunicazione possono assumere<br />

analoga importanza, o perlomeno concorrere nel determinare l’efficacia persuasiva <strong>di</strong> una<br />

comunicazione, dato che comunicazione verbale e comunicazione non verbale sono spesso<br />

coor<strong>di</strong>nate e co-occorrenti.<br />

Classicamente, nell’analisi <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sulla comunicazione persuasiva, alcuni parametri non<br />

verbali (postura, espressioni del volto, <strong>di</strong>rezione dello sguardo, aspetto esteriore, ecc.) sono stati<br />

stu<strong>di</strong>ati in quanto fattori importanti <strong>di</strong> persuasione (Aguinis, Simonsen, Pierce, 1998; Burgoon et<br />

al., 1990; Leigh, Summers, 2002). Per quanto riguarda i gesti delle mani, nonostante più <strong>di</strong><br />

recente, come già detto, essi siano stati considerati sistematicamente nei termini della loro<br />

coor<strong>di</strong>nazione col comportamento verbale (per esempio, Contento, 1999a, 1999b; Kendon, 1995;<br />

McNeill, 1985, 2000; Rimè, Schiaratura, 1991), rimangono ancora scarsi gli stu<strong>di</strong> che si sono<br />

de<strong>di</strong>cati ad approfon<strong>di</strong>re il carattere persuasivo della coor<strong>di</strong>nazione tra parole e gesti delle mani<br />

(cfr. Argentin, Ghiglione, Dorna, 1990; Atkinson, 1984; Bull, 1986). In particolare, nessuno<br />

stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostrato sperimentalmente l’efficacia persuasiva della coor<strong>di</strong>nazione verbalegestuale,<br />

se non considerando le variabili verbali e gestuali separatamente (cfr. Burgoon et al.,<br />

1990; Dorna, Argentin, 1993; Leigh, Summers, 2002; Schultheiss, Brunstein, 2002).<br />

Gli stu<strong>di</strong> che si sono specificamente occupati <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re i nessi tra produzione gestuale<br />

e verbale da parte <strong>di</strong> una stessa persona nell’ambito della comunicazione persuasiva sono stati<br />

condotti su una varietà <strong>di</strong> contesti comunicativi. Il ruolo del gesto nel processo comunicativo<br />

verbale persuasivo è stato per esempio oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ormai classici, quali quelli condotti<br />

sull’oratoria politica (cfr., ad esempio, Atkinson, 1984). L’importanza dell’uso dei gesti delle<br />

mani durante i <strong>di</strong>scorsi politici in pubblico, enfatizzata anche da Atkinson (1984), il quale<br />

consigliava <strong>di</strong> accompagnare i <strong>di</strong>spositivi retorici con gesti energici delle mani e delle braccia, era<br />

già stato considerato fondamentale dai retori greci ai quali spettava il compito <strong>di</strong> istruire<br />

“nell’arte del parlar bene”, da un lato, e in quella della persuasione del pubblico, dall’altro; essi<br />

attribuivano una grande rilevanza alla componente non verbale della comunicazione umana, della<br />

quale sottolineavano i nessi con i contenuti verbali, senza considerarla una forma <strong>di</strong><br />

comunicazione <strong>di</strong> secondo livello (cfr. Billig, 1987/1996). A chiunque gli chiedesse quale fosse<br />

la branca più importante della retorica, Demostene rispondeva: “al primo posto la declamazione,<br />

al secondo la declamazione e al terzo la declamazione” (Istituzione oratoria, XI, III, 6),<br />

intendendo per declamazione, non solo le modalità verbali <strong>di</strong> presentazione dei contenuti, ma<br />

anche e soprattutto quelle non verbali. Ancora, Cicerone definisce l’Actio come una “armonica<br />

commisurazione della voce e dei movimenti del corpo” (L’invenzione retorica, I, VII).<br />

Sempre in epoca prescientifica, nell’ambito della retorica, Abraham Fraunce gia nel ’500<br />

raccomandava gesti rigi<strong>di</strong> per accompagnare i <strong>di</strong>spositivi retorici, sottolineando però che i<br />

movimenti prodotti con la mano sinistra esprimevano incertezze e dubbi (cit. in Argyle, 1977/90).<br />

John Mason (XVIII secolo), più puntuale, affermava che in una deliberata verifica <strong>di</strong><br />

argomentazione, l’azione più appropriata per accompagnare le argomentazioni era appoggiare il<br />

primo <strong>di</strong>to della mano destra sul palmo della mano sinistra (Argyle, 1977/90). Ovviamente si<br />

tratta <strong>di</strong> regole irrealisticamente rigide, che non possono più essere accettate in modo così<br />

inflessibile; la maggior parte dei teorici, del resto, era concorde nell’affermare che regole così<br />

rigide da sole potessero rivelarsi assurde, inutili o fatali se applicate pe<strong>di</strong>ssequamente. Ma<br />

l’illustrazione <strong>di</strong> esse permette <strong>di</strong> sottolineare come personaggi noti, seppur su basi<br />

prevalentemente anedottiche e speculative e tramite osservazioni non sistematiche, abbiano dato<br />

grande rilievo alla componente gestuale della comunicazione, ne abbiano evidenziato i nessi con<br />

23


le componenti verbali, senza considerarla una forma <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong> secondaria importanza.<br />

<strong>Stu<strong>di</strong></strong> recenti si sono occupati <strong>di</strong> analizzare l’importanza del non verbale nella<br />

comunicazione politica. Leathers (1986, in Argyle, 1977/90) si occupò ad esempio<br />

dell’addestramento <strong>di</strong> Carter in vista dei <strong>di</strong>battiti televisivi con Ford. L’alta frequenza <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>,<br />

i gesti energici, il mantenimento <strong>di</strong> una postura <strong>di</strong> auto-affermazione (braccia e pie<strong>di</strong> larghi), un<br />

tono <strong>di</strong> voce più alto, contribuirono a produrre, nel primo <strong>di</strong>battito faccia a faccia, un’immagine<br />

<strong>di</strong> Ford più cre<strong>di</strong>bile rispetto a quella prodotta da Carter. Quest’ultimo, d’altronde, manifestò<br />

evidenti e frequenti cambi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dello sguardo, molto spesso rivolto verso il basso, una<br />

postura stretta e passiva, gesti deboli e <strong>di</strong> automanipolazione, un tono esageratamente <strong>di</strong>scendente<br />

alla fine delle frasi. Il suggerimento <strong>di</strong> Leathers, fu quello <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare questi comportamenti<br />

non verbali; Carter uscì vincitore dal secondo <strong>di</strong>battito.<br />

In Italia, ad esempio, Lame<strong>di</strong>ca (1987) ha condotto una ricerca su varie forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

pubblico. L’autore ha osservato quattro tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso in pubblico: il comizio, l’omelia,<br />

la relazione congressuale, l’esortazione <strong>di</strong> un comandante militare. Dai risultati è emerso che,<br />

all’interno del comizio e dell’omelia, vengono fatti più gesti in assoluto, e in particolare gesti<br />

illustratori ed emblematici. Lame<strong>di</strong>ca ricorda che lo scopo <strong>di</strong> questi due tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso è quello<br />

<strong>di</strong> raccogliere consensi e convincere il pubblico su scelte comportamentali (mentre, ad esempio, il<br />

comandante militare può ricorrere a strumenti coercitivi). Risultano, inoltre, molte interazioni<br />

ritmiche dei gesti con il linguaggio; esse, analogamente a quanto offerto da altri autori già citati<br />

(per esempio a proposito dei gesti coesivi), avrebbero la funzione <strong>di</strong> dare continuità logica al<br />

<strong>di</strong>scorso, unificandone le varie argomentazioni, ma renderebbero possibile anche una coerenza <strong>di</strong><br />

tono, tale da attirare l’attenzione del pubblico per garantirne il consenso.<br />

Atkinson (1984) ha analizzato numerosi <strong>di</strong>scorsi politici, notando che l’applauso spontaneo<br />

spesso è provocato dall’utilizzo <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong>spositivi retorici, soprattutto le liste tripartite,<br />

accuratamente enfatizzati e sottolineati dalle dovute pause e da particolari gesti. Egli ha osservato<br />

un intervento <strong>di</strong> Heffer, membro del partito laburista, al convegno del suo partito nel 1980,<br />

notando che, in coincidenza con l’enunciazione <strong>di</strong> una lista tripartita, i gesti del politico<br />

<strong>di</strong>ventavano progressivamente più ampi a ogni parte della lista e le mani tendevano, alla fine<br />

(dopo la terza parte della lista), a incrociarsi davanti al corpo, posizione attraverso la quale il<br />

politico comunica al pubblico la fine del messaggio, sollecitandone l’applauso.<br />

Anche Heritage e Greatbatch (1986), dopo aver analizzato alcuni <strong>di</strong>scorsi tenuti da politici<br />

inglesi, riscontrarono che l’applauso che si verificava da parte dell’u<strong>di</strong>torio, al seguito<br />

dell’utilizzo <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong>spositivi retorici, non era stimolato solo ed esclusivamente da questi<br />

ultimi, ma anche dall’uso <strong>di</strong> alcuni accorgimenti non verbali, come lo sguardo terminale rivolto al<br />

pubblico, le variazioni e l’aumento del tono della voce, il cambio del ritmo e dei gesti finalizzati<br />

ad aumentare l’enfasi del <strong>di</strong>scorso.<br />

Bull (1986), infine, esaminando un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Arthur Scargyll (Presidente del National<br />

Union of Mineworkers) notò che le ovazioni più prolungate, erano prodotte da passaggi in cui<br />

veniva fatto largo uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici (in particolare “liste tripartite”, “paragoni” e “titoli<br />

energici”), i quali, a loro volta, erano accompagnati da “movimenti vigorosi delle mani”.<br />

Uno stu<strong>di</strong>o su quali tra le categorie <strong>di</strong> gesti possano rendere maggiormente persuasivo un<br />

<strong>di</strong>scorso politico è quello <strong>di</strong> Argentin et al. (1990). Anche questi autori hanno basato il loro<br />

stu<strong>di</strong>o su un singolo caso: un uomo politico durante la preparazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso in un<br />

congresso in cui l’obiettivo era la conquista della presidenza del partito. Gli autori hanno<br />

videoregistrato il <strong>di</strong>scorso del politico così come gli veniva naturalmente; in seguito hanno<br />

addestrato il politico a registrare lo stesso <strong>di</strong>scorso politico, mantenendo lo stesso registro verbale<br />

(parole e intonazione), ma cambiando la propria gestualità, con un aumento del numero <strong>di</strong> gesti<br />

metaforici, un ri<strong>di</strong>mensionamento dei gesti ritmici (chiamati dagli autori gesti <strong>di</strong> interpunzione) e<br />

l’eliminazione dei gesti auto-adattatori. Dal punto <strong>di</strong> vista applicativo dell’intervento, il politico,<br />

24


pronunciando il suo <strong>di</strong>scorso così elaborato al congresso, ottenne la presidenza del partito; dal<br />

punto <strong>di</strong> vista dello stu<strong>di</strong>o sperimentale, i due <strong>di</strong>scorsi registrati furono entrambi fatti giu<strong>di</strong>care a<br />

un esiguo campione (alcune studentesse <strong>di</strong> psicologia). L’ipotesi era che il <strong>di</strong>scorso tenuto dal<br />

politico nella seconda registrazione risultasse o fosse percepito come maggiormente persuasivo e<br />

ricevesse maggiori consensi, rispetto al primo, più naturale, in cui non c’era stato un controllo<br />

sulle categorie <strong>di</strong> gesti da utilizzare. Infatti, secondo gli autori, i gesti ritmici perdono parte del<br />

loro potere d’impatto se troppo ripetuti, mentre i gesti adattatori danneggiano, quando troppo<br />

numerosi e sistematici, specialmente in situazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso pubblico, la cre<strong>di</strong>bilità dell’oratore<br />

e del <strong>di</strong>scorso. L’aumento dei gesti metaforici porterebbe invece a una <strong>di</strong>sambiaguazione del<br />

contenuto del <strong>di</strong>scorso; attraverso il gioco dell’accentuazione metaforica durante<br />

un’argomentazione, infatti, verrebbe velato il carattere persuasivo perseguito dal messaggio<br />

(rivelato invece dai gesti ritmici). I risultati mostrarono un effetto significativo del <strong>di</strong>verso<br />

utilizzo dei gesti: il <strong>di</strong>scorso elaborato (con la mo<strong>di</strong>fica dei tipi <strong>di</strong> gesti utilizzati) comportò un<br />

aumento significativo della persusività attribuita al messaggio in generale e alla gestualità in<br />

particolare.<br />

Gli stu<strong>di</strong> psicologico-sociali sulla relazione tra specifici tipi <strong>di</strong> gesti delle mani e linguaggio<br />

influente hanno analizzato anche altri contesti interattivi: conversazioni spontanee (Beattie,<br />

Shovelton, 2000; 2002; Carli et al., 1995), <strong>di</strong>aloghi in <strong>di</strong>ade (Bavelas, Chovil, Coates, Roe, 1995;<br />

Burgoon et al., 1990), interviste su temi personali (Feyereisen, Havard, 1999), <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong><br />

gruppo (Bonaiuto, Gnisci, Maricchiolo, Livi, 2004); oltre le già citate funzioni intra<strong>di</strong>scorsive,<br />

questi stu<strong>di</strong> hanno trovato che gli stessi gesti hanno funzioni interazionali e meta<strong>di</strong>scorsive,<br />

come, ad esempio, prendere o cedere il turno, coinvolgere gli interlocutori nella conversazione<br />

(come visto nei gesti prodotti durante i <strong>di</strong>scorsi politici e l’evocazione dell’applauso), attirare la<br />

loro attenzione e la loro approvazione o convincerli. Nel <strong>di</strong>alogo, inoltre, i gesti avrebbero anche<br />

la funzione <strong>di</strong> lasciare aperto il canale comunicativo per non perdere il turno nella conversazione<br />

(Contento, Stame, 1997). Queste funzioni aumenterebbero la capacità persuasiva dell’espressione<br />

comunicativa.<br />

Nello stu<strong>di</strong>o sulle <strong>di</strong>scussioni in piccoli gruppi (Bonaiuto, et al., 2004) è risultato, infatti,<br />

che, all’interno <strong>di</strong> contesti gruppali più “competitivi”, cioè composti da un maggior numero <strong>di</strong><br />

membri (8 vs. 4), i gesti connessi al <strong>di</strong>scorso hanno un effetto positivo, in interazione con la<br />

dominanza verbale, sull’influenza percepita (per i membri verbalmente poco dominanti); mentre<br />

gli altri tipi <strong>di</strong> gesti, i gesti adattatori, non avrebbero nessun effetto su questa misura. Sempre nel<br />

contesto gruppale, Moore e Porter (1988) hanno trovato che punteggi <strong>di</strong> leadership sono<br />

significativamente correlati in modo positivo con la quantità <strong>di</strong> tempo del parlato, con la quantità<br />

<strong>di</strong> movimenti orizzontali, <strong>di</strong> gesti oggetto-adattatori e <strong>di</strong> "intrusioni" fisiche; e in modo negativo<br />

con i gesti <strong>di</strong> auto-manipolazione. Questi risultati confermano buona parte dei risultati <strong>di</strong> ricerche<br />

precedenti condotte su soggetti adulti: per esempio, Meherabian (1972) trovò che gli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong><br />

alto status usano più spazio personale (sul piano orizzontale); secondo Henley (1973) questi<br />

soggetti toccano <strong>di</strong> più gli altri e invadono più volte lo spazio personale <strong>degli</strong> altri; la stessa<br />

Henley (1977) aveva trovato che la quantità <strong>di</strong> comportamenti autoadattatori era correlata<br />

negativamente con la percezione <strong>di</strong> leadership. Infine, Leffler, Gillespie, Conaty (1982)<br />

<strong>di</strong>mostrarono che i soggetti che in alcune simulazioni assumevano ruoli <strong>di</strong> maggiore dominanza<br />

(insegnanti), non solo parlavano <strong>di</strong> più e facevano più interruzioni, ma utilizzavano più spazio<br />

con il proprio corpo, toccavano e in<strong>di</strong>cavano maggiormente sia i soggetti con ruoli meno<br />

dominanti (studenti) sia le loro cose.<br />

Tali risultati offrono alcune in<strong>di</strong>cazioni preliminari circa l’esistenza <strong>di</strong> specifiche<br />

espressioni gestuali, riguardanti solo alcune categorie <strong>di</strong> gesti (gesti illustratori e ritmici), le quali,<br />

in interazione con aspetti della comunicazione verbale (<strong>di</strong>spositivi retorici), concorrerebbero alla<br />

realizzazione <strong>di</strong> uno stile persuasivo che faccia risultare un’esposizione orale maggiormente<br />

25


influente ed efficace.<br />

Vi sono dunque già alcuni stu<strong>di</strong> che danno rilevanza al legame generale tra i gesti e il<br />

linguaggio parlato, anche se non in maniera del tutto sistematica. Sono invece rari gli stu<strong>di</strong> che<br />

hanno tentato <strong>di</strong> chiarire la relazione più specifica tra gesti delle mani e comunicazione verbale<br />

nei fenomeni <strong>di</strong> persuasione. E praticamente assenti quelli che hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

sperimentalmente gli effetti del legame verbale-gestuale sulla persuasività della comunicazione.<br />

Rimane dunque da chiarire quanto questi gesti, e soprattutto quali fra essi e in coor<strong>di</strong>nazione con<br />

quali caratteristiche verbali della comunicazione, siano efficaci per raccogliere consensi,<br />

convincere il proprio interlocutore o far accettare la propria idea all’u<strong>di</strong>torio.<br />

1.4 Conclusioni<br />

Dagli stu<strong>di</strong> succitati emergono <strong>di</strong>verse evidenze: in particolare quali sono gli ambiti, in<br />

questo settore <strong>di</strong> ricerca, ove si è giunti a dei risultati pressoché definitivi o, almeno, ampiamente<br />

con<strong>di</strong>visi, e in quali, invece, bisogna ancora approfon<strong>di</strong>re gli stu<strong>di</strong> per verificare le <strong>di</strong>verse<br />

ipotesi, suggerite ma non ancora adeguatamente <strong>di</strong>mostrate.<br />

Il punto su cui vi è maggiore accordo tra gli stu<strong>di</strong>osi è la struttura dei gesti delle mani, e<br />

quin<strong>di</strong> la sud<strong>di</strong>visione in categorie <strong>di</strong>verse sulla base delle <strong>di</strong>fferenti forme gestuali. Le<br />

tassonomie e classificazioni presentate e descritte dettagliatamente nei precedenti paragrafi,<br />

infatti, anche basandosi su criteri classificatori <strong>di</strong>fferenti, suggeriscono una <strong>di</strong>fferenziazione dei<br />

gesti che può essere con<strong>di</strong>visa dalla maggioranza dei ricercatori. Ciò grazie anche alle verifiche<br />

<strong>di</strong> tali tassonomie condotte in ambiti, contesti sociali e culture <strong>di</strong>fferenti. Molti stu<strong>di</strong>osi, infatti,<br />

utilizzano attualmente meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> osservazione sistematica considerando, per esempio, le categorie<br />

<strong>di</strong> gesti della classificazione <strong>di</strong> Ekman e Friesen (1969), o <strong>di</strong> McNeill (1985), o <strong>di</strong> entrambe<br />

integrate in un unico sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica (cfr. per esempio, Beattie et al., 2002a; Bonaiuto et al.,<br />

2002).<br />

Un altro fenomeno della gestualità delle mani, su cui si trova in qualche modo d’accordo<br />

una parte <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> questo campo <strong>di</strong> ricerca, è la co-occorrenza, e in qualche modo la<br />

corrispondenza, tra gesti delle mani e comunicazione verbale, durante i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> interazione<br />

comunicativa.<br />

In una rassegna bibliografica sull’efficacia comunicativa dei gesti, Kendon (1994) ha<br />

concluso che questi giocano un ruolo importante nella comunicazione e forniscono informazioni,<br />

ai “co-partecipanti” all’interazione comunicativa, sul contenuto semantico delle espressioni<br />

(sebbene in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi e non ancora del tutto chiariti). Altri autori (cfr. Feyereisen, de Lannoy,<br />

1991; Krauss et al., 1996; Rimé, Schiaratura, 1991), rivisitando la stessa letteratura, sono arrivati<br />

a conclusioni <strong>di</strong>fferenti, e cioè che la partecipazione non avviene solo sul piano<br />

dell’informazione, ma anche della produzione lessicale e strutturale delle espressioni verbali.<br />

Nella presente rassegna bibliografica, la conclusione alla quale si può arrivare è che il legame tra<br />

gesti e parlato può risultare <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura e poggiare su <strong>di</strong>verse basi o adempiere a <strong>di</strong>verse<br />

funzioni (sia semantiche, sia strutturali).<br />

Ma le domande più importanti alle quali bisogna ancora rispondere non riguardano il fatto<br />

se i gesti possano essere usati in coor<strong>di</strong>nazione con la comunicazione verbale, ma piuttosto se<br />

essi siano usati regolarmente in tal guisa e, se così fosse, in quale circostanza essi siano utilizzati,<br />

per fornire quale tipo <strong>di</strong> informazione, e come effettivamente essi possano fornirla.<br />

Gli stu<strong>di</strong> presenti in letteratura forniscono poi spunti per ulteriori sviluppi <strong>di</strong> ricerca,<br />

soprattutto per quanto riguarda la coor<strong>di</strong>nazione tra verbale e gesti delle mani. Rimane, infatti,<br />

ancora da verificare empiricamente ma soprattutto statisticamente se esista una co-occorrenza più<br />

o meno stabile tra i gesti delle mani ed alcuni specifici aspetti della comunicazione verbale in<br />

26


<strong>di</strong>versi contesti sociali. In particolare, rimane da verificare statisticamente quanto è stato<br />

suggerito, sino a ora solo con evidenze meramente qualitative, circa quale sia il tipo <strong>di</strong> tale<br />

corrispondenza, cioè quali categorie <strong>di</strong> gesti corrispondono a quali aspetti del verbale: ad<br />

esempio, marcatori o funzioni <strong>di</strong>scorsive, per quanto riguarda la struttura del <strong>di</strong>scorso; <strong>di</strong>spositivi<br />

verbali o retorici, per quanto riguarda la presentazione del contenuto verbale; caratteristiche del<br />

turno <strong>di</strong> parlato, in funzione della gestione dell’interazione. Una volta verificato quale tipo <strong>di</strong><br />

corrispondenza ci sia tra i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> gesti delle mani e i <strong>di</strong>versi aspetti verbali della<br />

comunicazione, rimarrebbe da verificare quanto spesso è stato illustrato sulla base <strong>di</strong> risultati <strong>di</strong><br />

ricerche, <strong>di</strong> tipo qualitativo e/o su casi singoli, nell’ambito della comunicazione politica: vale a<br />

<strong>di</strong>re, l’efficacia persuasiva dei gesti co-occorrenti e coor<strong>di</strong>nati con il parlato.<br />

Le tre ricerche presentate nei capitoli successivi perseguono appunto questi tre obiettivi:<br />

creare una tassonomia e un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica atten<strong>di</strong>bile che consenta <strong>di</strong> descrivere la struttura<br />

dei gesti delle mani durante la conversazione; <strong>di</strong>mostrare statisticamente la co-occorrenza tra<br />

specifici gesti e specifici aspetti della comunicazione verbale per chiarire le funzioni che i <strong>di</strong>versi<br />

gesti assolvono durante la conversazione; <strong>di</strong>mostrare sperimentalmente la funzione persuasiva<br />

svolta dai gesti delle mani prodotti in co-occorrenza col parlato.<br />

27


2. OBIETTIVO GENERALE DELLA RICERCA<br />

L’obiettivo principale della ricerca è - dopo aver descritto la gestualità delle mani e<br />

in<strong>di</strong>viduato le funzioni <strong>di</strong> questa tramite le co-occorrenze significative <strong>di</strong> essa con specifici<br />

aspetti della comunicazione verbale, attraverso indagini osservative e correlazionali e in base alle<br />

ipotesi suggerite dalla letteratura - <strong>di</strong>mostrare che tale coor<strong>di</strong>nazione abbia <strong>degli</strong> effetti<br />

significativi sulla cre<strong>di</strong>bilità e persuasività del parlante e del messaggio comunicato.<br />

Più in generale, bisogna inoltre tener presente che nello stu<strong>di</strong>o della CNV è importante<br />

tener conto <strong>di</strong> due aspetti <strong>di</strong> questo fenomeno psicologico-sociale: la co<strong>di</strong>ficazione (da parte<br />

dell’emittente) e la deco<strong>di</strong>ficazione (da parte del ricevente; Argyle, 1977/90; Gifford, 1994;<br />

Hecht, Guerriero, 1999; cfr. anche la teoria dei processi paralleli, Patterson, 2001). Entrambi gli<br />

aspetti possono aiutare a comprendere come le persone utilizzino più o meno consapevolmente i<br />

segnali non verbali (nell’invio e nella ricezione), in <strong>di</strong>verse situazioni.<br />

Tenendo presenti queste considerazioni, i tre quesiti generali che hanno dato origine a<br />

questo lavoro, l’uno propedeutico all’altro, possono essere riassunti come segue.<br />

Dapprima, per poter capire come sono co<strong>di</strong>ficati i segnali non verbali, nella fattispecie i<br />

gesti delle mani, si ha bisogno <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> osservazione e categorizzazione, cioè <strong>di</strong> un sistema<br />

<strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica. Può un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica permettere <strong>di</strong> osservare e riconoscere in maniera esaustiva<br />

e atten<strong>di</strong>bile i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> nei quali gli emittenti utilizzano i gesti delle mani che accompagnano<br />

il parlato?<br />

Successivamente, al fine <strong>di</strong> capire cosa l’emittente sta co<strong>di</strong>ficando con i gesti delle mani in<br />

una data situazione sociale, nella fattispecie durante un’interazione comunicativa <strong>di</strong> tipo<br />

persuasivo, è necessario in<strong>di</strong>viduare e spiegare le relazioni che questi segnali gestuali hanno con<br />

altri aspetti della situazione, quali gli aspetti verbali.<br />

Infine, interessa capire come queste co<strong>di</strong>ficazioni vengono percepite, dunque deco<strong>di</strong>ficate,<br />

più o meno consapevolmente, dal ricevente in riferimento alla particolare situazione interattiva,<br />

vale a <strong>di</strong>re durante una comunicazione <strong>di</strong> tipo persuasivo. I gesti delle mani, prodotti in<br />

coor<strong>di</strong>nazione col verbale, influenzano la percezione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità e <strong>di</strong> persuasività? Possono<br />

contribuire alla persuasione stessa?<br />

Per rispondere a queste domande <strong>di</strong> ricerca sono stati pianificati e realizzati tre stu<strong>di</strong>, volti<br />

rispettivamente:<br />

1. al riconoscimento della struttura dei gesti delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con il linguaggio<br />

verbale (I stu<strong>di</strong>o, sui problemi tassonomici e metodologici <strong>di</strong> riconoscimento e <strong>di</strong><br />

atten<strong>di</strong>bilità della co<strong>di</strong>fica e sulla creazione <strong>di</strong> un manuale multime<strong>di</strong>ale per la co<strong>di</strong>fica);<br />

2. alla comprensione delle funzioni dei gesti delle mani nella conversazione (II stu<strong>di</strong>o,<br />

osservativo e correlazionale);<br />

3. alla comprensione <strong>degli</strong> effetti dell’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gesti delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con il<br />

verbale, nella comunicazione oratoria, sulla percezione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità, sulla valutazione <strong>di</strong><br />

persuasività del messaggio e dell’oratore, sul cambiamento <strong>di</strong> atteggiamento e sulla<br />

persuasione (III stu<strong>di</strong>o, sperimentale).<br />

28


3. STUDIO 1: ATTENDIBILITÀ DI UNA TASSONOMIA DEI GESTI DELLE MANI E<br />

COSTRUZIONE DI UN MANUALE DIGITALE DI CODIFICA.<br />

3.1 Introduzione<br />

Tipicamente, nello stu<strong>di</strong>o della comunicazione non verbale, è particolarmente cruciale la<br />

definizione delle categorie e delle <strong>di</strong>mensioni rispetto alle quali descrivere e stu<strong>di</strong>are la struttura<br />

del fenomeno in esame, anche in ragione dei <strong>di</strong>versi ambiti o delle <strong>di</strong>verse funzioni che si<br />

vogliono approfon<strong>di</strong>re (Meherabian, 1970). Ovviamente il sistema <strong>di</strong> categorie impiegato<br />

<strong>di</strong>pende dagli interessi teorici. Seguendo questi principi, nel passato, molti autori hanno isolato<br />

singoli parametri della comunicazione non verbale, per stu<strong>di</strong>arne le caratteristiche intrinseche;<br />

tuttavia, come si è detto, approcci più recenti tendono a elaborare sistemi <strong>di</strong> classificazione dei<br />

fenomeni non verbali che non prescindano dalle coor<strong>di</strong>nazioni tra verbale e non verbale, al fine <strong>di</strong><br />

comprendere come gli uni si integrino con gli altri.<br />

Nel caso dei gesti delle mani, il fenomeno oggetto <strong>di</strong> questo progetto, le indagini che sono<br />

state condotte hanno permesso a numerosi ricercatori, come si è già visto, <strong>di</strong> delineare <strong>di</strong>fferenti<br />

classificazioni (Argyle, 1972; Ekman, Friesen, 1969; Freedman, Hoffman, 1967; Kendon, 1983;<br />

McNeill, 1992; Rosenfeld, 1966): in questo campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, sono quin<strong>di</strong> venute a coesistere<br />

classificazioni <strong>di</strong>verse, le quali non solo si rivolgono ad ambiti <strong>di</strong>sciplinari e finalità <strong>di</strong>versi, che<br />

solo in parte si sovrappongono, ma hanno anche <strong>di</strong>fferenti criteri classificatori. Tale situazione è<br />

probabilmente il riflesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi orientamenti teorici, che talvolta possono essere non<br />

chiaramente espliciti, o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi approcci epistemologici alla conoscenza scientifica<br />

(per esempio, naturalismo vs costruzionismo). Molto spesso ciò è anche stato il risultato <strong>di</strong><br />

ricerche condotte specificatamente su uno solo o su pochi tipi <strong>di</strong> gesti, stu<strong>di</strong>ati separandoli dagli<br />

altri (cfr. per esempio, Beattie, Shovelton, 2002, sui gesti iconici; Contento, 1999a, sui gesti<br />

coesivi).<br />

Classificare un fenomeno comportamentale, come la gestualità delle mani, in un sistema<br />

<strong>di</strong> categorie mutuamente esclusive ed esaustive riveste un’utilità sia teorica sia metodologica.,<br />

poiché esso non solo aiuta a rendere concettualmente più chiaro il fenomeno in esame, ma lo<br />

rende anche operativamente meglio osservabile e soprattutto co<strong>di</strong>ficabile, nel momento in cui si<br />

passa alla procedura empirica <strong>di</strong> raccolta dei dati comportamentali e alle successive analisi<br />

statistiche. Infatti, i sistemi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica comportamentale e i co<strong>di</strong>ci che li compongono sono gli<br />

strumenti elettivi della ricerca osservativa (Gnisci, Bakeman, 2000).<br />

Come già detto, la maggior parte dei ricercatori ha <strong>di</strong> volta in volta costruito un sistema <strong>di</strong><br />

classificazione ad hoc per le proprie ricerche. Sono quin<strong>di</strong> presenti in letteratura <strong>di</strong>verse<br />

classificazioni e tassonomie dei gesti. Eppure, in generale, è noto che l’uso <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

comuni da parte <strong>di</strong> più ricercatori risulta utile in quanto rende meglio comparabili i risultati <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti, il che permette l’accumulazione dei risultati, in modo da rafforzare il filone <strong>di</strong><br />

ricerca. È auspicabile, dunque, che quando ci si avvicini a un campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> tipo<br />

osservazionale, come quello dei gesti delle mani, si “adottino” o si “adattino”, per le proprie<br />

ricerche, sistemi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica con<strong>di</strong>visi in letteratura, oltre che, ovviamente, atten<strong>di</strong>bili e vali<strong>di</strong><br />

(Gnisci, Bakeman, 2000).<br />

In questa sede, dato l’obiettivo della ricerca qui presentato, e cioè lo stu<strong>di</strong>o della gestualità<br />

delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con la comunicazione verbale nel fenomeno della persuasione e<br />

dell’influenza sociale, il primo passo consiste dunque nel creare e validare il sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

del comportamento gestuale. Tale sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica si basa su una tassonomia dei gesti delle<br />

mani recentemente elaborata e verificata in un contesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong> gruppo da Bonaiuto et<br />

al. (2002), la quale prende spunto e riassume alcune delle principali classificazioni presenti in<br />

letteratura (in particolare, quelle <strong>di</strong>: Contento, 1999a; Ekman, Friesen, 1969; McNeill, 1985).<br />

29


Tuttavia, affinché un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica possa essere utilizzato come strumento per ricerche<br />

empiriche e sperimentali, è necessario verificarne l'affidabilità in <strong>di</strong>versi contesti (Gnisci,<br />

Bakeman, 2000). Senza dubbio l'approccio più <strong>di</strong>ffuso per stimare l'atten<strong>di</strong>bilità delle misure<br />

nella ricerca osservativa è il calcolo dell'accordo tra osservatori in<strong>di</strong>pendenti (Pedhazur,<br />

Schmelkin, 1991). Nell’osservazione sistematica del comportamento sono centrali il concetto <strong>di</strong><br />

atten<strong>di</strong>bilità e <strong>di</strong> accordo tra osservatori. Nelle rilevazioni <strong>di</strong> tipo osservativo lo “strumento” che<br />

raccoglie i dati è un essere umano, che esprime un giu<strong>di</strong>zio “soggettivo” secondo lo schema <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica utilizzato. È necessario sapere quanto lo strumento sia affidabile, cioè quanto i dati<br />

raccolti costituiscano effettivamente una misura oggettiva, o per lo meno consensuale, <strong>di</strong> ciò che<br />

si voleva osservare e non il risultato <strong>di</strong> particolari desideri o caratteristiche dell’osservatore. Se<br />

due osservatori, infatti, concordano nella co<strong>di</strong>fica, si presume che le loro co<strong>di</strong>fiche siano<br />

accurate, anche se possono essere presenti altre fonti <strong>di</strong> errore. L’accordo interosservatori,<br />

sebbene non sia necessariamente in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità o vali<strong>di</strong>tà, può essere considerato una<br />

con<strong>di</strong>zione necessaria per la ricerca osservativa (Pedhazur, Schmelkin, 1991): in assenza <strong>di</strong><br />

accordo i dati sono sicuramente inatten<strong>di</strong>bili (la co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong>venta una visione soggettiva <strong>di</strong> un<br />

fenomeno da parte <strong>di</strong> un osservatore). La ricerca osservativa, data la natura relativamente<br />

soggettiva della co<strong>di</strong>fica, pone quin<strong>di</strong> enfasi sull’accordo tra osservatori, come passo necessario<br />

per la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità della ricerca stessa (Gnisci, Bakeman, 2000).<br />

L’atten<strong>di</strong>bilità costituisce un requisito preliminare in<strong>di</strong>spensabile <strong>di</strong> ogni strumento <strong>di</strong><br />

misura; se uno strumento non è fedele non ha senso domandarsi se è valido oppure no (Mannetti,<br />

1998). La vali<strong>di</strong>tà rappresenta il grado in cui uno strumento misura effettivamente quello che<br />

dovrebbe misurare. L’atten<strong>di</strong>bilità è dunque una con<strong>di</strong>zione necessaria ma non sufficiente per la<br />

vali<strong>di</strong>tà: una misura non può essere valida se non è atten<strong>di</strong>bile, ma se è atten<strong>di</strong>bile non<br />

necessariamente è valida (Pedhazur, Schmelkin, 1991).<br />

È possibile definire l’atten<strong>di</strong>bilità (reliability) in tre mo<strong>di</strong> (Kerlinger, 1986):<br />

1) l’atten<strong>di</strong>bilità come stabilità, coerenza, in termini pre<strong>di</strong>ttivi, si riassume nella<br />

domanda: se misuriamo la stessa serie <strong>di</strong> oggetti più volte con lo stesso strumento<br />

avremo lo stesso risultato?<br />

2) l’atten<strong>di</strong>bilità spiegata in termini <strong>di</strong> accuratezza della misurazione, o precisione, si<br />

riassume nella domanda: i risultati ottenuti con lo strumento <strong>di</strong> misura sono il<br />

“valore vero” dell’oggetto misurato?<br />

3) il terzo approccio indaga l’errore <strong>di</strong> misura che comporta un qualsiasi strumento <strong>di</strong><br />

misura: l’atten<strong>di</strong>bilità può essere così descritta come l’assenza <strong>di</strong> errore <strong>di</strong> misura<br />

<strong>di</strong> uno strumento.<br />

La teoria <strong>degli</strong> errori <strong>di</strong> misura ci <strong>di</strong>ce che tutte le misure che possiamo ottenere, non solo in<br />

campo psicologico, sono affette da errori <strong>di</strong> misura dovuti al caso (Ercolani, Areni, 1995): il dato<br />

osservato ha due componenti, una parte “vera” e una parte <strong>di</strong> errore casuale. Concettualmente, la<br />

parte vera può essere immaginata come il punteggio ottenuto in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> misura ideali e<br />

perfette; poiché queste con<strong>di</strong>zioni non esistono, il punteggio osservato contiene sempre una parte<br />

<strong>di</strong> errore.<br />

L’equazione è:<br />

Xt = X∞ + Xe<br />

dove Xt è il punteggio totale osservato, X∞ è il punteggio vero, Xe è l’errore casuale.<br />

L’atten<strong>di</strong>bilità viene definita, in tal modo, attraverso l’errore. Maggiore è l’errore, più<br />

elevata sarà l’inatten<strong>di</strong>bilità; minore è l’errore, più elevata sarà l’atten<strong>di</strong>bilità (Kerlinger, 1986).<br />

“L’atten<strong>di</strong>bilità si riferisce al grado in cui i punteggi sono liberi dall’errore <strong>di</strong> misura” (American<br />

Psychological Association, 1985, in Pedhazur, Schmelkin, 1991).<br />

Tutte le misure hanno una varianza totale, dovuta a tre componenti: al costrutto che<br />

vogliamo misurare, all’errore sistematico e all’errore casuale (Gnisci, Bakeman, 2000). L’errore<br />

30


casuale <strong>di</strong>pende da fattori non controllati nel contesto sperimentale. La me<strong>di</strong>a <strong>degli</strong> errori casuali<br />

tende a essere nulla, vuol <strong>di</strong>re che gli errori casuali tendono a compensarsi reciprocamente se<br />

l’ampiezza del campione è sufficientemente grande. Gli errori casuali possono essere tollerati<br />

dato che avranno effetti trascurabili o nulli sul risultato finale. Gli errori sistematici, invece,<br />

presentano una qualche forma <strong>di</strong> regolarità, e hanno così lo svantaggio <strong>di</strong> non compensarsi<br />

reciprocamente. Tuttavia, proprio perché non si manifestano in modo casuale, a volte possono<br />

essere in<strong>di</strong>viduati ed eliminati.<br />

L’accordo tra osservatori è insensibile all’errore sistematico. Infatti, due osservatori<br />

potrebbero essere precisi (nella stessa <strong>di</strong>rezione) ma non accurati, nel senso che <strong>di</strong> fronte al<br />

ripetersi dell’evento categorizzabile come A, entrambi potrebbero in<strong>di</strong>care sistematicamente la<br />

categoria B. L’accuratezza (accuracy) dell’osservatore si riferisce al grado <strong>di</strong> corrispondenza tra<br />

la realtà e la co<strong>di</strong>fica. La precisione (precision) si riferisce al grado <strong>di</strong> sistematicità<br />

nell’assegnazione <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce a una determinata categoria <strong>di</strong> eventi. Bakeman e Gottman (1997)<br />

affermano che l’accordo non ci <strong>di</strong>ce quanto è accurata una misura (e quin<strong>di</strong> quanto è atten<strong>di</strong>bile),<br />

cioè non ci <strong>di</strong>ce quanto quella misura è vicina alla “realtà”, ma ci <strong>di</strong>ce quanto due osservatori<br />

vanno d’accordo. Comunque, quando l’accordo tra due osservatori è alto è più probabile che la<br />

misurazione dei due osservatori sia anche atten<strong>di</strong>bile, rispetto a quando l’accordo risulta basso.<br />

E’ possibile parlare <strong>di</strong> quattro tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> osservazione<br />

sistematica (Weick, 1968) secondo il criterio <strong>di</strong> riferimento tramite cui valutiamo la precisione e<br />

l’accuratezza <strong>di</strong> un osservatore: 1) concordanza fra osservatori <strong>di</strong>versi che osservano e co<strong>di</strong>ficano<br />

gli stessi eventi (accordo tra osservatori); 2) concordanza fra osservazioni e co<strong>di</strong>fiche dello<br />

stesso osservatore in momenti <strong>di</strong>versi (stabilità nel tempo dell’osservatore); 3) concordanza fra le<br />

co<strong>di</strong>fiche prodotte da osservatori <strong>di</strong>versi che osservano eventi simili in momenti <strong>di</strong>versi, ma è<br />

<strong>di</strong>fficile in<strong>di</strong>viduare la fonte <strong>di</strong> un’eventuale <strong>di</strong>scordanza fra le co<strong>di</strong>fiche; 4) consistenza interna<br />

<strong>di</strong> un singolo osservatore, prendendo come criterio <strong>di</strong> riferimento un protocollo standard (P)<br />

considerato “vero” o “obiettivo” o “reale” (atten<strong>di</strong>bilità dell’osservatore).<br />

Senza dubbio, come già ricordato prima, l’approccio più <strong>di</strong>ffuso, anche se non il più esatto,<br />

per stimare l’atten<strong>di</strong>bilità delle misure nella ricerca osservativa è il calcolo dell’accordo tra gli<br />

osservatori (interrater agreement), ossia il grado <strong>di</strong> concordanza tra due o più osservatori<br />

in<strong>di</strong>pendenti sulle loro co<strong>di</strong>fiche, stime, categorizzazioni, eccetera (Pedhazur, Schmelkin, 1991).<br />

Le statistiche per l’accordo tra osservatori sono utili sia come feedback agli osservatori durante<br />

l’addestramento all’utilizzo del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica, sia come modalità per in<strong>di</strong>care la veri<strong>di</strong>cità<br />

dei dati alla comunità scientifica (colleghi, riviste, e<strong>di</strong>tori, ecc.).<br />

La strategia <strong>di</strong> rilevazione dei dati influenza il tipo <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> accordo che può essere<br />

effettuato: la rilevazione per eventi e la rilevazione per intervalli temporali richiedono, infatti,<br />

modalità <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> calcolo (D’Odorico, 1990). Il formato per rappresentare i dati osservativi si<br />

<strong>di</strong>fferenzia sulla base dell’unità <strong>di</strong> misura: eventi (quando si conta il semplice acca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

eventi in sequenza), stati (quando si conta anche la durata <strong>di</strong> questi eventi) o intervalli (se si<br />

conta cosa succede a intervalli <strong>di</strong> tempo).<br />

Alcune statistiche per l’accordo si basano sull’acca<strong>di</strong>mento ma non sulla scansione<br />

sequenziale <strong>degli</strong> eventi. Per esempio, un tempo le ricerche riportavano solo la percentuale <strong>di</strong><br />

accordo (Pa), calcolata come rapporto tra gli accor<strong>di</strong> (Na) e la somma <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> e <strong>di</strong>saccor<strong>di</strong> (N)<br />

moltiplicata per 100:<br />

Pa = (Na/N) x 100<br />

Tuttavia, l’accordo percentuale può generare una sovrastima dell’accordo in quanto risulta<br />

artificialmente incrementato dagli accor<strong>di</strong> dovuti puramente al caso. L’in<strong>di</strong>ce viene a <strong>di</strong>pendere<br />

dalla frequenza relativa <strong>di</strong> ciascuna categoria (più sono le frequenze più è l’accordo dovuto al<br />

caso) e dal numero <strong>di</strong> categorie usate (più categorie ci sono più è probabile che non si raggiunga<br />

l’accordo). Per questo molti ricercatori considerano ormai inutili gli accor<strong>di</strong> basati su percentuali.<br />

31


L’in<strong>di</strong>ce, dunque, più comunemente usato per l’accordo è il kappa <strong>di</strong> Cohen (1960), il quale<br />

tiene conto della probabilità <strong>di</strong> accordo dovuta al caso. Il kappa è un in<strong>di</strong>ce che caratterizza<br />

l’accordo tra le applicazioni <strong>di</strong> uno schema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica da parte <strong>di</strong> due osservatori. Varia da 0<br />

(nessun accordo) a 1 (accordo perfetto). L’espressione con cui viene calcolato K è:<br />

K = (Pobs – Pexp) / (1 – Pexp)<br />

nella quale Pobs è la proporzione <strong>di</strong> accordo realmente osservata e Pexp è la proporzione <strong>di</strong><br />

accordo dovuta al caso. La probabilità <strong>di</strong> accordo per caso si ricava dalla probabilità <strong>di</strong><br />

occorrenza congiunta <strong>di</strong> due eventi in<strong>di</strong>pendenti, che è data dal prodotto delle probabilità<br />

semplici. In sostanza K esprime la proporzione <strong>di</strong> varianza vera rispetto a quella totale,<br />

correggendo per il caso. Questo in<strong>di</strong>ce è particolarmente adatto quando si vogliono confrontare<br />

tra loro le rilevazioni effettuate da due osservatori utilizzando uno schema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

multicategoriale.<br />

Per l’accordo tra osservatori la pura significatività (K = 1) è quasi sempre uno standard<br />

troppo alto; bisogna, piuttosto, fare riferimento alla grandezza assoluta. Una volta ottenuto il<br />

valore <strong>di</strong> K, secondo Fleiss (1981) si considera un K tra .40 e .60 come me<strong>di</strong>o, tra .60 e .75 buono<br />

e superiore a .75 eccellente, mentre Bakeman e Gottman (1997) suggeriscono la regola <strong>di</strong><br />

considerare un valore <strong>di</strong> K < .75 in qualche modo problematico.<br />

Poiché la presenza <strong>di</strong> accordo non in<strong>di</strong>ca necessariamente atten<strong>di</strong>bilità, oltre ai calcoli del<br />

kappa è possibile approfon<strong>di</strong>re le analisi delle misure sull’atten<strong>di</strong>bilità, analizzando più<br />

formalmente l’atten<strong>di</strong>bilità delle misure riassuntive. Un approccio standard è quello basato sulla<br />

teoria della generalizzabilità (Cronbach, et al., 1972).<br />

Diversi approcci alla stima dell’atten<strong>di</strong>bilità inter-osservatori con<strong>di</strong>vidono il comune <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>di</strong> produrre un solo in<strong>di</strong>ce, ignorando così la molteplicità delle potenziali fonti <strong>di</strong> errore delle<br />

misure dell’osservazione (Pedhazur e Schmelkin, 1991), come ad esempio l’errore sistematico.<br />

Spesso i dati osservati, essendo troppo numerosi, vengono presentati in maniera ridotta con<br />

statistiche riassuntive. Di conseguenza i meto<strong>di</strong> che valutano l’atten<strong>di</strong>bilità delle misure<br />

riassuntive, le quali sono gli in<strong>di</strong>ci utilizzati <strong>di</strong> fatto nella ricerca, sono la base migliore per<br />

valutare l’accuratezza delle misure.<br />

La teoria della generalizzabilità può essere intesa come un’estensione e un miglioramento<br />

del modello dell’errore casuale (Ercolani, Perugini, 1997). Mentre nella teoria classica c’è un<br />

unico errore in<strong>di</strong>fferenziato, per la teoria della generalizzabilità ci sono tanti errori quante sono le<br />

sfaccettature (facets) implicate nell’operazione specifica <strong>di</strong> misurazione; nel caso della ricerca<br />

osservativa, queste <strong>di</strong>mensioni (facets) sono gli osservatori. La variabilità complessiva <strong>di</strong> un<br />

punteggio viene pertanto scomposta in tante fonti <strong>di</strong>stinte quanti sono i fattori implicati.<br />

Riprendendo la formula <strong>di</strong> base della teoria classica, Xt = X∞ + Xe, considerando per<br />

esempio tre sfaccettature A, B e C, possiamo riscrivere la formula come:<br />

Xt= VA + VB +VC + Xe<br />

Non c’è un solo punteggio vero, ma tanti punteggi veri quante sono le sfaccettature. La<br />

porzione <strong>di</strong> errore perciò sarà minore della porzione <strong>di</strong> errore che si ottiene con il modello<br />

classico, perché le altre porzioni <strong>di</strong> punteggio vero in parte sono una sud<strong>di</strong>visione del punteggio<br />

vero, in parte catturano l’errore del modello classico.<br />

E’ stato <strong>di</strong>mostrato (Pedhazur, Schmelkin, 1991) che la teoria della generalizzabilità, con la<br />

sua capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tra le <strong>di</strong>fferenti fonti <strong>di</strong> variabilità (per esempio osservatori, soggetti,<br />

occasioni) è altamente appropriata per stimare l’atten<strong>di</strong>bilità interosservatori; per quanto riguarda<br />

l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> categorie, l’analisi <strong>di</strong> generalizzabilità sulle misure riassuntive<br />

32


(probabilità, in<strong>di</strong>ci come il Q <strong>di</strong> Yule), infatti, permette <strong>di</strong> valutare se un sistema <strong>di</strong> categorie<br />

<strong>di</strong>scrimina tra i soggetti o i contesti osservati (variabilità between) e tra le categorie, piuttosto che<br />

tra gli osservatori (variabilità within).<br />

Tutte queste considerazioni sull’atten<strong>di</strong>bilità dei sistemi <strong>di</strong> categoria valgono naturalmente<br />

anche per i sistemi <strong>di</strong> categorie per la co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani. Prima <strong>di</strong> poter arrivare a dei<br />

risultati atten<strong>di</strong>bili con gli stu<strong>di</strong> sui gesti delle mani, è opportuno misurare l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>degli</strong><br />

strumenti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica. Tuttavia, raramente gli autori <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sulla comunicazione non verbale si<br />

occupano <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’atten<strong>di</strong>bilità dei sistemi <strong>di</strong> categorie che utilizzano per l’osservazione e<br />

la co<strong>di</strong>fica dei comportamenti che stu<strong>di</strong>ano. Il punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong>mostrare<br />

l’atten<strong>di</strong>bilità del sistema <strong>di</strong> categorie utilizzato per la co<strong>di</strong>fica dei comportamenti stu<strong>di</strong>ati (i gesti<br />

delle mani) in <strong>di</strong>versi contesti interattivi. Il sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> riferimento è una tassonomia<br />

dei gesti delle mani (Bonaiuto et al., 2002) già verificata in contesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> gruppo e<br />

descritta precedentemente. Inoltre, come già sottolineato in precedenza, è utile che i sistemi <strong>di</strong><br />

categorie siano con<strong>di</strong>visi nella comunità scientifica per il confronto dei risultati raggiunti. Perché<br />

un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica sia con<strong>di</strong>visibile opportuno che le categorie che lo compongono siano<br />

descritte dettagliatamente e mostrate chiaramente. Questi sono gli obiettivi dello stu<strong>di</strong>o<br />

presentato <strong>di</strong> seguito.<br />

3.2 Obiettivi dello stu<strong>di</strong>o<br />

In riferimento a quanto sopra esposto, gli obiettivi della ricerca sono così articolati:<br />

1) verificare, tramite accordo tra osservatori, l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei<br />

gesti (cfr. Bonaiuto, et al., 2002), che sintetizza, aggregandole e combinandole, <strong>di</strong>verse<br />

classificazioni presenti in letteratura, secondo il criterio del legame con il <strong>di</strong>scorso<br />

verbale, ponendo particolare attenzione alla sua generalizzazione a <strong>di</strong>versi contesti<br />

d’interazione sociale;<br />

2) sviluppare un manuale <strong>di</strong>gitale interattivo, in grado <strong>di</strong> offrire un supporto au<strong>di</strong>ovisivo<br />

per lo stu<strong>di</strong>o della gestualità in generale e in particolare per l'utilizzo e l’appren<strong>di</strong>mento<br />

del sistema <strong>di</strong> categorie dei gesti, in modo da rendere tale tassonomia più facilmente<br />

consultabile e con<strong>di</strong>visibile.<br />

Riguardo alla verifica dell’atten<strong>di</strong>bilità del sistema <strong>di</strong> categorie (obiettivo 1)<br />

1) la valutazione dell’affidabilità dei dati raccolti deve corrispondere ai due compiti<br />

fondamentali in cui è impegnato l’osservatore, e cioè:<br />

a. rilevazione dell’evento co<strong>di</strong>ficabile, ovvero il gesto (unità <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica), e<br />

b. co<strong>di</strong>fica appropriata dell’evento, secondo il sistema <strong>di</strong> categorie.<br />

c. Inoltre la valutazione dell’accordo tra osservatori dovrà riguardare il<br />

funzionamento <strong>di</strong> ciascuna categoria e sovra-categoria della tassonomia.<br />

d. Infine, la valutazione dell’accordo tra osservatori dovrà riguardare il<br />

funzionamento del sistema <strong>di</strong> categoria in ognuno dei contesti interattivi<br />

stu<strong>di</strong>ati.<br />

3.3 Metodo<br />

Contesti e campione<br />

Il corpus dati della ricerca è costituito da videoregistrazioni. Il campione è stato selezionato<br />

tra il materiale videoregistrato già raccolto e presente nel laboratorio <strong>di</strong> Psicologia Sociale del<br />

33


Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia dei Processi <strong>di</strong> Sviluppo e Socializzazione dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong> e <strong>di</strong>sponibile per le ricerche scientifiche. Dato l’obiettivo generale della<br />

presente ricerca, vale a <strong>di</strong>re la valutazione del funzionamento della tassonomia dei gesti delle<br />

mani, si è optato per la scelta <strong>di</strong> cinque contesti – due “naturali” e tre “<strong>di</strong> laboratorio” –ove<br />

l’interazione fosse caratterizzata dalla rilevanza della <strong>di</strong>mensione persuasiva.<br />

Sono stati presi in considerazione i seguenti contesti “naturali”:<br />

1) interviste politiche televisive: due leader politici <strong>di</strong> due schieramenti opposti<br />

(Berlusconi e Rutelli), intervistati separatamente nel corso del TG5 durante il periodo<br />

ufficiale della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2001;<br />

2) interrogatori giu<strong>di</strong>ziari: una deposizione <strong>di</strong> una testimone <strong>di</strong> parte civile nel processo<br />

legale per l’omici<strong>di</strong>o del figlio (tratta dalla trasmissione televisiva “Un giorno in<br />

pretura”, andata in onda nel marzo 1998 su RAI3), ove l’interrogata risponde alle<br />

domande del Pubblico Ministero e successivamente alle domande della Difesa.<br />

Sono stati presi in considerazioni i seguenti contesti <strong>di</strong> laboratorio:<br />

3) simulazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni in piccoli gruppi: quattro soggetti simulavano <strong>di</strong> essere<br />

membri <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> consulenti e dovevano <strong>di</strong>scutere due “casi aziendali” per poter<br />

successivamente trovare una soluzione in forma scritta riguardo i provve<strong>di</strong>menti da<br />

prendere per ciascun caso.<br />

4) simulazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni in <strong>di</strong>a<strong>di</strong>: due soggetti dovevano <strong>di</strong>scutere nell’ambito del<br />

medesimo compito impiegato per le simulazioni in gruppo;<br />

5) simulazioni <strong>di</strong> interrogatori: alcuni soggetti vengono “interrogati” singolarmente da un<br />

confederato dello sperimentatore entro un contesto simulato ove hanno la consegna<br />

sperimentale <strong>di</strong> <strong>di</strong>re in una parte la verità e in un’altra parte una menzogna.<br />

Tutti i soggetti che hanno partecipato a questi contesti simulati erano ciechi agli obiettivi<br />

della presente ricerca.<br />

I contesti stu<strong>di</strong>ati rappresentano tipi <strong>di</strong> interazione sociale <strong>di</strong>versi fra loro ma tutti sono<br />

accomunati dal fatto che in ciascuno <strong>di</strong> essi fosse particolarmente rilevante persuadere l’u<strong>di</strong>torio.<br />

Questo punto è particolarmente importante perché, dato l’obiettivo generale <strong>di</strong> tutta la ricerca, si<br />

è voluto privilegiare, come oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, lo stile comunicativo sia verbale sia gestuale tipico<br />

<strong>di</strong> situazioni sociali in cui il parlante si trova a dover cercare <strong>di</strong>, da una parte, apparire sincero e<br />

cre<strong>di</strong>bile e, dall’altra, risultare convincente e persuasivo. La caratteristica persuasiva del contesto<br />

è fondamentale soprattutto per lo stu<strong>di</strong>o successivo (<strong>Stu<strong>di</strong></strong>o 2), in cui si tenterà <strong>di</strong> rivelare quali<br />

siano le funzioni dei gesti delle mani nella comunicazione persuasiva attraverso un’analisi<br />

<strong>di</strong>fferente <strong>degli</strong> stessi contesti <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o.<br />

Le videoregistrazioni del contesto politico e del contesto legale possono essere considerate<br />

con<strong>di</strong>zioni “naturali” in quanto verificatesi in<strong>di</strong>pendentemente da volontà e operato dei<br />

ricercatori. Tenendo conto della tendenza alla spettacolarizzazione della comunicazione politica<br />

nelle trasmissioni televisive, il “TG5”, la trasmissione condotta da E. Mentana da cui sono state<br />

estratte le interviste utilizzate per questo stu<strong>di</strong>o, ne rappresenta comunque un’eccezione poiché si<br />

svolge secondo lo schema classico e formale dell’intervista tra<strong>di</strong>zionale. Il carattere persuasivo <strong>di</strong><br />

tali contesti è evidente: nel caso delle interviste politiche i due leader hanno come obiettivo<br />

quello <strong>di</strong> risultare affidabili e persuasivi per conquistare consenso da parte del pubblico e,<br />

naturalmente, voti elettorali. Nell’altro contesto “naturale”, durante l’interrogatorio giu<strong>di</strong>ziario è<br />

esplicitamente cruciale, per definizione, l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarsi cre<strong>di</strong>bile e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> convincere<br />

gli interlocutori della propria sincerità.<br />

Al contrario la simulazione con <strong>di</strong>ade, la simulazione con piccolo gruppo e il racconto<br />

verità/bugia durante l’interrogatorio simulato sono osservazioni condotte in laboratorio e possono<br />

34


essere definite situazioni “<strong>di</strong> laboratorio” o “artificiali” per le con<strong>di</strong>zioni in qualche modo<br />

costruite ad hoc dai ricercatori.<br />

Per quanto riguarda le <strong>di</strong>scussioni in gruppo e in <strong>di</strong>ade, la simulazione utilizzata in questa<br />

ricerca ricrea una situazione, senza leader preor<strong>di</strong>nato, <strong>di</strong> tipo cooperativo piuttosto che<br />

competitivo, in cui possono comunque nascere dei conflitti e in cui i partecipanti tendono a essere<br />

persuasivi per convincere gli altri delle proprie idee, per emergere come leader e per influenzare<br />

la decisione finale.<br />

Nella simulazione <strong>di</strong> interrogatorio, come negli interrogatori reali, l’esigenza<br />

dell’interrogato <strong>di</strong> risultare cre<strong>di</strong>bile è abbastanza evidente, sia che stia mentendo sia che <strong>di</strong>ca la<br />

verità; in questo caso, tale esigenza è resa ancora più forte dal fatto che l’intervistatore (complice<br />

dello sperimentatore) <strong>di</strong>chiara (in entrambe le con<strong>di</strong>zioni verità/menzogna) <strong>di</strong> non credere a<br />

quanto l’interrogato sta affermando.<br />

Procedura<br />

Al fine <strong>di</strong> avere dati tra loro confrontabili si è stabilito <strong>di</strong> selezionare per ogni contesto<br />

preso in considerazione intervalli <strong>di</strong> registrazione della durata <strong>di</strong> 20 minuti ciascuno. I gesti delle<br />

mani prodotti dai soggetti interagenti nei <strong>di</strong>versi contesti sono stati osservati e co<strong>di</strong>ficati da parte<br />

<strong>di</strong> due osservatori in<strong>di</strong>pendenti, ciechi agli obiettivi della ricerca e addestrati all’utilizzo del<br />

sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica basato sulla tassonomia dei gesti delle mani. I due co<strong>di</strong>ficatori sono stati<br />

preventivamente addestrati in modo del tutto in<strong>di</strong>pendente da un co<strong>di</strong>ficatore esperto. Sotto la<br />

supervisione <strong>di</strong> quest’ultimo, i due osservatori hanno visionato <strong>di</strong>verse videoregistrazioni<br />

(<strong>di</strong>fferenti dal campione dello stu<strong>di</strong>o) e riconosciuto le <strong>di</strong>verse categorie del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica.<br />

Non appena i co<strong>di</strong>ficatori hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> saper co<strong>di</strong>ficare i gesti delle mani secondo il<br />

sistema si è proceduto alla co<strong>di</strong>fica del materiale selezionato per la misura dell’atten<strong>di</strong>bilità.<br />

Per la co<strong>di</strong>fica si è ricorso sia alle trascrizioni della conversazione eseguite secondo il<br />

metodo jeffersoniano (Jefferson, 1985) sia a una griglia per l’osservazione sistematica (Bonaiuto<br />

et al., 2002): nella prima modalità ogni gesto co<strong>di</strong>ficato è legato alla parola o alla frase insieme<br />

alla quale occorre, nella seconda è legato al tempo <strong>di</strong> occorrenza in<strong>di</strong>cato dal timer nella<br />

registrazione. Il sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei gesti all’interno del trascritto jeffersoniano del verbale è<br />

ampiamente descritto nel prossicomo capitolo (paragrafo 4.3).<br />

Sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

I gesti delle mani prodotti dai soggetti sono stati co<strong>di</strong>ficati in base a un sistema <strong>di</strong> categorie<br />

(cfr. Figura 1) ispirato a una tassonomia dei gesti precedentemente sviluppata a partire da<br />

classificazioni presenti nella letteratura sul campo e sino a ora preliminarmente verificata solo in<br />

contesti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> piccolo gruppo (Bonaiuto et al., 2002).<br />

In tale sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica i gesti sono <strong>di</strong>stinti in due macrocategorie: “gesti connessi al<br />

<strong>di</strong>scorso” e “gesti non connessi al <strong>di</strong>scorso”.<br />

Per “gesti connessi al <strong>di</strong>scorso” si sono intesi quei gesti che vengono eseguiti durante<br />

l’esposizione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso. In altre parole, se non ci fosse un parlante che fa un <strong>di</strong>scorso tali<br />

gesti non potrebbero esistere. La presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso è, quin<strong>di</strong>, una con<strong>di</strong>zione necessaria ma<br />

non sufficiente affinché siano messi in atto questi gesti. Tali gesti sono in relazione col <strong>di</strong>scorso<br />

perché sono a esso coor<strong>di</strong>nati sul piano o del contenuto verbale o della struttura <strong>di</strong>scorsiva.<br />

I “gesti non connessi al <strong>di</strong>scorso” si riferiscono ai segni non intenzionali <strong>di</strong> adattamento <strong>di</strong><br />

Ekman e Friesen (1969); ma qui intesi come quei gesti che, sebbene possano essere eseguiti<br />

anche durante il parlato, non hanno alcuna apparente relazione con questo (né strutturale-coesiva,<br />

né <strong>di</strong> contenuto).<br />

All’interno della prima macrocategoria sono inclusi i gesti “coesivi” e “ritmici” (chiamati<br />

da McNeill, 1985, nonpropositional gestures) e i gesti qui chiamati “ideativi”. I gesti “coesivi”<br />

35


sono movimenti ripetitivi delle mani e/o delle <strong>di</strong>ta che accompagnano lo sviluppo del <strong>di</strong>scorso,<br />

conferendogli continuità, coerenza e coesione; si tratta <strong>di</strong> movimenti ripetuti più volte nel tempo<br />

e nello stesso spazio gestuale. All’interno <strong>di</strong> questa categoria, i gesti sono stati <strong>di</strong>stinti in<br />

sottocategorie e nominati, non avendo essi nessun referente semantico, a seconda della loro forma<br />

e del loro movimento (Figura 2): chele, matassa, telaio, eccetera (coerentemente con la<br />

letteratura; cfr. Contento, 1999a).<br />

Figura 1. Sistema <strong>di</strong> categorie dei gesti delle mani utilizzato in questo stu<strong>di</strong>o (Fonte: adattato da Bonaiuto et<br />

al., 2002).<br />

Figura 2. Esempio <strong>di</strong> gesto coesivo (categoria <strong>di</strong> gesto “telaio”).<br />

I gesti ritmici (beats, secondo McNeill, 1985) sono colpetti in su e in giù delle mani (Figura<br />

3), i quali accompagnano l'eloquio conferendogli enfasi e seguendo il ritmo dell'espressione<br />

vocale del parlato (McClave, 1994).<br />

36


Figura 3. Esempio <strong>di</strong> gesto ritmico.<br />

I gesti “ideativi” si riferiscono invece al contenuto del <strong>di</strong>scorso e includono gli emblemi e i<br />

gesti illustratori (Ekman, Friesen, 1969). La categoria <strong>degli</strong> emblemi comprende tutti quei gesti<br />

simbolici che hanno una <strong>di</strong>retta traduzione nella lingua parlata e sono quin<strong>di</strong> facilmente<br />

comprensibili, specie da membri della stessa cultura (ve<strong>di</strong> Figura 4).<br />

Figura<br />

4. Esempio <strong>di</strong> gesto emblematico (gesto “a borsa”).<br />

La categoria <strong>degli</strong> illustratori comprende gli iconici, i metaforici e i deittici (McNeill,<br />

1992): gli iconici (Figura 5) sono gesti che riproducono la forma dell’oggetto <strong>di</strong> cui si sta<br />

parlando, il quale è appunto il referente del parlato e del gesto stesso; i metaforici (Figura 6) si<br />

riferiscono a concetti astratti; i deittici (Figura 7) sono gesti puntatori che in<strong>di</strong>cano un oggetto<br />

presente, sia nell’ambiente fisico in cui si trova il parlante, sia nell’ambiente del contenuto del<br />

<strong>di</strong>scorso. Questi gesti, in pratica, sono caratterizzati dal fatto <strong>di</strong> rappresentare <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />

referenti linguistici, appartenenti al mondo concreto (oggetti) nel caso <strong>degli</strong> iconici, a quello<br />

astratto (idee) nel caso dei metaforici o a elementi della circostanza nella quale il soggetto si<br />

esprime nel caso dei deittici.<br />

Figura 5. Esempio <strong>di</strong> gesto “iconico” (le mani riproducono la forma <strong>di</strong> una scatola, menzionata nel verbale cooccorrente).<br />

37


Figura 6. Esempio <strong>di</strong> gesto “metaforico” (il pugno chiuso è una metafora della forza, alla quale si fa<br />

riferimento nel verbale co-occorrente).<br />

Figura 7. Esempio <strong>di</strong> gesto deittico”.<br />

Dei gesti “non connessi al <strong>di</strong>scorso” fanno parte i gesti “adattatori” (Ekman, Friesen, 1969):<br />

sono gesti <strong>di</strong> contatto, ai quali si attribuisce tra<strong>di</strong>zionalmente lo scopo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare bisogni o<br />

mantenere contatti interpersonali. Essi si <strong>di</strong>stinguono in gesti “etero-adattatori”, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

contatto con ciò che è esterno al soggetto (“oggetto-adattatori” in Figura 8 e “persona-adattatori”<br />

in Figura 9), e gesti “auto-adattatori”, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> contatto tra due parti del proprio corpo<br />

(Figura 10).<br />

Figura 8. esempio <strong>di</strong> gesto “oggetto-adattatore”.<br />

Figura 9. Esempio <strong>di</strong> gesto “persona-adattatore”.<br />

38


Figura 10. Esempio <strong>di</strong> gesto “auto-adattatore”.<br />

Costruzione del manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

Il manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica è stato creato avvalendosi del supporto <strong>di</strong> un CD-ROM interattivo e<br />

multime<strong>di</strong>ale. Ciò consente al normale testo del manuale <strong>di</strong> essere corredato <strong>di</strong> importanti<br />

informazioni sotto forma <strong>di</strong> immagini fotografiche, nonché <strong>di</strong> video e <strong>di</strong> au<strong>di</strong>o riproducenti i<br />

parlanti autori dei gesti; vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> tutte quelle informazioni ritenute fondamentali per arrivare<br />

a una comprensione completa e approfon<strong>di</strong>ta del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica della gestualità della mani e<br />

poter poi categorizzare correttamente ogni singola unità gestuale.<br />

Con una breve introduzione sono riassunti i punti salienti del principio teorico <strong>di</strong> base da<br />

cui è stata elaborata la tassonomia dei gesti e viene spiegato come si articola il manuale <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica.<br />

La struttura del manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong>gitale multime<strong>di</strong>ale può essere schematizzata con il<br />

<strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> flusso (Schema A).<br />

Le definizioni sono state estratte dalla letteratura e adattate al manuale con l’obiettivo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere le informazioni prettamente teoriche, per ottenere le definizioni concettuali, e gli<br />

elementi osservabili utili all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un gesto specifico, per ottenere le definizioni<br />

operative.<br />

Negli esempi vengono mostrati tre video per ciascuna categoria: uno <strong>di</strong> essi è selezionato<br />

da filmati realizzati ad hoc in laboratorio e consente <strong>di</strong> illustrare l’esempio “ideale” <strong>di</strong> ciascuna<br />

categoria <strong>di</strong> gesto; gli altri due sono invece tratti dai contesti reali osservati (politico, giu<strong>di</strong>ziario e<br />

o <strong>di</strong> simulazione) e consente <strong>di</strong> illustrare, per ogni categoria gestuale, un esempio “tipico” e un<br />

esempio “problematico”. L’esempio ideale e l’esempio tipico permettono l’osservazione <strong>di</strong> gesti<br />

considerati come univoci e quin<strong>di</strong> apprezzabili dall’osservatore in modo chiaro come esempi<br />

“prototipici” <strong>di</strong> quella categoria (dunque gesti potenzialmente facili da categorizzare come<br />

esemplari <strong>di</strong> quella categoria); l’esempio problematico riproduce invece un gesto potenzialmente<br />

ambiguo che potrebbe portare a problemi <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficazione (dunque un gesto potenzialmente<br />

<strong>di</strong>fficile da categorizzare come esemplare <strong>di</strong> quella categoria). Per ogni categoria, quin<strong>di</strong>, i primi<br />

due esempi chiariscono al meglio la descrizione <strong>di</strong> quella categoria, mentre il terzo esempio<br />

fornisce un esempio <strong>di</strong> quegli esemplari che, pur <strong>di</strong>scostandosi lievemente dalla definizione<br />

operativa data, rientrano pur sempre nella categoria in questione e possono anzi risultare<br />

frequenti nel reale svolgimento della gesticolazione.<br />

Le foto riportate come esempio per illustrare ciascuna categoria sono state realizzate ad hoc<br />

in laboratorio: esse sono tre o quattro per categoria e riproducono una sequenza prototipica della<br />

categoria gestuale in questione.<br />

La scelta <strong>degli</strong> estratti video rappresentanti le categorie <strong>di</strong> gesti da inserire nel cd rom è<br />

stata operata in seguito al lavoro <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica effettuato tramite osservazione sistematica. La<br />

co<strong>di</strong>fica ha, infatti, dato luogo a un gruppo <strong>di</strong> gesti in<strong>di</strong>viduati e co<strong>di</strong>ficati in accordo dagli<br />

osservatori e a un gruppo <strong>di</strong> gesti co<strong>di</strong>ficati in <strong>di</strong>saccordo o non in<strong>di</strong>viduati da entrambi;<br />

quest’ultimo insieme <strong>di</strong> gesti non è stato preso in considerazione per rappresentare le categorie<br />

39


nel manuale <strong>di</strong>gitale.<br />

40


Schema<br />

A. Diagramma <strong>di</strong> flusso della struttura del manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong>gitale multime<strong>di</strong>ale.<br />

HOME<br />

Introduzione<br />

o Introduzione teorica<br />

o Strutturazione del manuale<br />

Albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

o Gesti connessi<br />

al <strong>di</strong>scorso: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

• Gesti coesivi: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

Ciascuna sotto-categoria: esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

• Gesti ritmici: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

• Gesti ideativi: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

Gesti emblematici: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

Gesti illustratori: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

Gesti iconici: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

Gesti metaforici: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

Gesti deittici: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze<br />

<strong>di</strong> foto<br />

o Gesti non connessi al <strong>di</strong>scorso: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

• Gesti auto-adattatori: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini video<br />

esempi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

• Gesti etero-adattatori: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

Gesti oggetto-adattator i: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in immagini<br />

video<br />

ese mpi dei gesti in sequenze <strong>di</strong> foto<br />

Gesti persona-adattatori: definizione concettuale<br />

definizione operativa<br />

esempi dei gesti in video<br />

esempi dei gesti in foto<br />

Note <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

Bibliografia<br />

Cre<strong>di</strong>ti<br />

41


Successivamente si è proceduto alla trasposizione dei dati tratti dalle videocassette in<br />

formato VHS a un supporto in formato QuickTime. Il testo e i filmati sono stati assemblati per la<br />

progettazione<br />

e realizzazione del cd rom interattivo per mezzo del software <strong>di</strong> programmazione<br />

Macrome<strong>di</strong>a Flash MX.<br />

3.4 Analisi dei dati<br />

Sono state effettuate delle analisi statistiche dei dati per valutare l’atten<strong>di</strong>bilità misurando<br />

l’accordo tra osservatori nei <strong>di</strong>versi contesti. L’accordo<br />

tra osservatori sull’unità <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

(occorrenza<br />

del gesto, obiettivo 1a) è stato calcolato con la percentuale <strong>di</strong> accordo. L’accordo tra<br />

osservatori sul sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica (la tassonomia dei gesti, obiettivo 1b), su ogni singola<br />

categoria (obiettivo 2) e per ciascun contesto interattivo (obiettivo 3) è stato calcolato con il K <strong>di</strong><br />

Cohen (1960) che, come già ricordato, è il miglior in<strong>di</strong>ce d’accordo<br />

perché corregge per<br />

l’accordo<br />

dovuto al caso (Gnisci, Bakeman, 2000). Dopo aver costruito le tabelle <strong>di</strong> confusione<br />

per l’intero sistema <strong>di</strong> categorie, per ciascuna categoria e per ciascun contesto, l’in<strong>di</strong>ce K <strong>di</strong><br />

Cohen è stato calcolato me<strong>di</strong>ante il programma per Windows ComKappa (Robinson, Bakeman,<br />

1998).<br />

3.5 Risultati<br />

Il primo dato importante che emerge è l’elevata percentuale <strong>di</strong> accordo per unità <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

sul totale<br />

del materiale co<strong>di</strong>ficato, pari a 91.6%. Secondo la scala <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> Fleiss (1981)<br />

questo valore può essere considerato “eccellente”. L’obiettivo 1a dello stu<strong>di</strong>o è stato così<br />

raggiunt<br />

o. Questo<br />

risultato<br />

riflette<br />

un accord<br />

o sod<strong>di</strong>sfacente t ra gli<br />

osservatori<br />

circ<br />

a la<br />

p resenza/<br />

assenza<br />

dei ge<br />

sti e rappresenta<br />

un importante<br />

elemento<br />

<strong>di</strong> supporto per<br />

l’unità<br />

d’ analisi della tassonomia.<br />

Nella Tabella I vien e presentata la matric e <strong>di</strong> confusion e, ne lla quale sono in<strong>di</strong>ca ti i dati<br />

rilevati dai<br />

du e osserva tori (O 1 e O2), vale a <strong>di</strong>re i gesti co<strong>di</strong>ficati da entrambi gli osservatori ( x)<br />

in relazione ai gesti no n co<strong>di</strong>ficati d a un o dei due osservatori (no n-x).<br />

Tabella I. Matrice <strong>di</strong> confusione <strong>di</strong> t utti i gesti osservati nei cinq ue contesti dai due<br />

osservatori in<strong>di</strong>pendenti<br />

(O1 e O2): num ero <strong>di</strong> frequenze e <strong>di</strong> frequenze percent uali della co mparsa del ge sto rilevata dai due<br />

osservat ori in<strong>di</strong>pende nti O 1 e O2 (“ x ” = gest o;<br />

“non -x” = ne ssun g esto).<br />

O1 O 1<br />

x non-x x non-x<br />

O2 x 3462 1 50 361 2 O2 x 9 1,60 % 4,00% 95,60%<br />

non-x 167 0 16 7 non-x 4,40% 0 4,40%<br />

3629 1 50 377 9 9 6,00 % 4,00% 1 00%<br />

42


Come si può notare, sono presenti un’alta frequenza all’interno della matrice <strong>di</strong> confusione<br />

nella cella O1 x /O2 x, a in<strong>di</strong>care accordo tra gli osservatori nell’in<strong>di</strong>viduazione dell’unità <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica<br />

(il gesto), e basse frequenze nelle celle <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo.<br />

Il numero dei casi nei quali il gesto è stato percepito da un solo osservatore è pari circa<br />

all’8,4% del totale dei gesti percepiti. Tale valore in<strong>di</strong>ca<br />

un livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo<br />

nell’identificazione del gesto da non trascurare, ma che non va a interferire con un generale<br />

accordo sui gesti. A tale dato corrisponde infatti un generale accordo sod<strong>di</strong>sfacente sui gesti<br />

( 91,6%) quando questi sono co<strong>di</strong>ficati da entrambi.<br />

La Tabella II mostra la matrice <strong>di</strong> confusione delle co<strong>di</strong>fiche dei due osservatori (O1 e O2),<br />

composta da tutte le categorie specifiche della classificazione<br />

adottata compresa la categoria “0”<br />

(“zero”), la quale in<strong>di</strong>ca quando il gesto è co<strong>di</strong>ficato da un solo osservatore. Nella <strong>di</strong>agonale della<br />

matrice è possibile in<strong>di</strong>vi duare gli accor <strong>di</strong> su ciasc una categoria. L’ accordo totale su tutte le categorie del sistema <strong>di</strong> classificazione è stato calcolato con il<br />

K <strong>di</strong> Cohen. Vengono presentati d ue in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accor do: un in<strong>di</strong>ce K calcolato<br />

considerando tutte le<br />

categorie inclusa la categoria “zero” e un in<strong>di</strong>ce K calcolato non considerando<br />

la categoria zero<br />

(d’ora in poi chiamato “senza ze ro” ). La catego ria “zero” corrisponde alla categoria “nessun<br />

gesto” ed è stata introdotta per descrivere quei casi ove un osservatore<br />

co<strong>di</strong>fica un gesto in una<br />

specifica<br />

categoria mentre l’altro osservatore non rileva alcun gesto (e quin<strong>di</strong> non effettua alcuna<br />

co<strong>di</strong>fica in corrispondenza <strong>di</strong> tale unità). L’accordo su categorie specifiche con lo zero è <strong>di</strong> K=<br />

.71, mentre l’accordo senza lo zero è <strong>di</strong> K= .78.<br />

Tabella II. Matrice <strong>di</strong> confusione, composta dal numero totale delle categorie inclusa la categoria “zero”, nella<br />

quale sono in<strong>di</strong>cati i dati rilevati d ai due osserva tori (O1 e O2).<br />

O1<br />

O2 ch ma te s mu pe p va1 va2 r e ic mt d dc oa au 0<br />

ch 13 0 2 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0 0 3<br />

ma 1 13 21 0 1 1 0 0 4 1 0 0 6 1 0 0 0 0<br />

te 11 0 17 0 0 1 0 0 0 1 1 1 1 0 0 0 0 1<br />

s 0 0 0 19 0 1 1 0 0 1 0 0 2 0 0 0 1 3<br />

mu 4 0 0 2 126 25 0 4 0 6 1 0 11 11 0 0 0 7<br />

pe 0 0 0 0 1 49 0 0 0 3 0 0 2 1 0 0 0 2<br />

p 0 0 0 0 0 1 28 0 0 2 3 0 7 2 0 0 0 6<br />

va1 0 0 0 0 0 6 0 62 0 1 9 0 1 9 2 0 0 6<br />

va2 0 0 0 0 0 3 0 0 1 1 0 3 0 1 4 0 0 2 1<br />

r 5 0 3 9 3 6 5 3 0 288 12 3 8 31 6 2 1 44<br />

e 2 1 0 0 0 0 0 3 0 4 227 0 11 3 0 2 2 7<br />

ic 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 60 3 0 0 0 0 0<br />

mt 0 1 3 4 11 6 1 5 0 11 29<br />

1 423 26 5 1 3 16<br />

d 0 0 0 1 3 5 2 3 0 9 4 0 34 576 26 1 1 20<br />

dc 0 0 1 2 7 8 2 2 0 27 2 0 7 33 115 0 0 10<br />

oa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 242 7 19<br />

au 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 1 0 4 476 19<br />

0 2 0 5 3 4 12 2 1 0 19 8 0 14 32 3 19 26 0<br />

Pur tenendo conto del primo valore <strong>di</strong> accordo ottenuto (K= .71), si può tuttavia tenere in<br />

maggior<br />

considerazione il secondo (K= .78), poiché prendere in esame l’accordo senza la<br />

categoria<br />

zero vuol <strong>di</strong>re non considerare i casi in cui un gesto è co<strong>di</strong>ficato da un solo osservatore.<br />

43


Tuttavia, come mostra la Tabella I, la percentuale <strong>di</strong> questi casi è piuttosto bassa (8,4%) rispetto<br />

ai casi in c ui entrambi gli osservatori co<strong>di</strong>ficano un gesto (91,6%); dunque il secondo in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

accordo risulta abbastanza rappresentativo dell’accordo interosservatori sul sistema <strong>di</strong> categorie.<br />

L’obiettivo 1b d ello stu <strong>di</strong>o è stato dunque raggiunto. Di seguito vengono <strong>di</strong>scussi i risultati per le categorie specifiche (sottocategorie). Nella<br />

Tabella III (a-q) sono riportate le matrici <strong>di</strong> confusione<br />

con le frequenze per ciascuna categoria e i<br />

relativi valori <strong>di</strong> accordo calcolati “con zero” e “senza zero”.<br />

Tabella III (a-q). Tabelle per l’accordo su ciascuna categoria specifica “con zero” e “senza zero” (“&” = altro gesto).<br />

Tab. III a – accordo sulla categoria chele (ch)<br />

O2 O2<br />

ch & ch &<br />

O1 ch 13 28 41 O1<br />

ch 13 26 39<br />

& 8 3730 3738 & 5 3418 3423<br />

21 3758 3779<br />

18 3444 3462<br />

K “con zero” = 0,4151 K “senza zero” = 0,4522<br />

Tab. III b – accordo sulla categoria matassa (ma)<br />

O2 O2<br />

ma & ma &<br />

O1 ma 13 2 15 O1 ma 13 2 15<br />

& 36 3728 3764 & 36 3411 3447<br />

49 3730 3779<br />

49 3413 3462<br />

K “con zero” = 0,4026 K “senza zero” = 0,4023<br />

Tab. III c – accordo sulla categoria telaio (te)<br />

O2 O2<br />

te & te &<br />

O1 te 17 35 52 O1 te 17 35 52<br />

& 17 3710 3727 & 16 3394 3410<br />

34 3745 3779 33 3429 3462<br />

K “con zero” = 0,3887 K “senza zero” = 0,3929<br />

Tab. III d – accordo sulla categoria stella (s)<br />

O2 O2<br />

S & s &<br />

O1 s 19 21 4 0 O1 s 19 21 4 0<br />

& 9 3 730 3 739 & 6 3416 3422<br />

28 3751 3779 25 3437 3462<br />

K “con zero” = 0,5549 K “senza zero” = 0,5809<br />

44


Tab. III e – accordo sulla categoria mulinello (mu)<br />

O2 O2<br />

mu & mu &<br />

O1 mu 126 33 159 O1 mu 126 33 159<br />

& 71 3549 3620 & 64 3239 3303<br />

197 3582 3779<br />

190 3272 3462<br />

K “con zero” = 0,6936 K “senza zero” = 0,7074<br />

Tab. III f – accordo sulla categoria pennello (pe)<br />

O O<br />

2 2<br />

pe & pe &<br />

O1 pe 49 80 129 O1<br />

pe 49 80 129<br />

& 9 3641 3650 & 7 3326 3333<br />

58 3721 3779<br />

56 3406 3462<br />

K “con zero” = 0,5138 K “senza zero” = 0,5189<br />

Tab. III g – accordo sulla categoria pinza (p)<br />

O2 O2<br />

p & p &<br />

O1 p 28 13 41 O1 p 28 13 41<br />

& 21 3717 3738 & 15 3406 3421<br />

49 3730 3779 43 3419 3462<br />

K “con zero” = 0,6177 K “senza zero” = 0,6626<br />

Tab. III h – accordo sulla categoria vassoio a una mano (va1)<br />

O2 O2<br />

v a1 & v a1 &<br />

O1 va1 62 25 87 O1 va1 62 25 87<br />

& 34 3658 3692 & 28 3347 3375<br />

96 3683 3779 90 3372 3462<br />

K “con zero” = 0,6696 K “senza zero” = 0,6927<br />

Tab. III i – accordo sulla categoria vassoio a due mani (va2)<br />

O2 O2<br />

va2 & va2 &<br />

O1 va2 11 4 15 O1 va2 11 4 15<br />

& 14 3750 3764 & 13 3434 3447<br />

25 3754 3779 24 3438 3462<br />

K “con zero” = 0,5478 K “senza zero” = 0,5618<br />

45


Tab. III j – accordo sulla categoria deittici coesivi (dc)<br />

O2 O2<br />

dc & dc &<br />

O1 dc 115 42 157 O1 dc 115 42 157<br />

& 101 3521 3622 & 91 3214 3305<br />

216 3563 3779 206 3256 3462<br />

K “con zero” = 0,5972 K “senza zero” = 0,6137<br />

Tab. III k – accordo sulla categoria ritmici (r)<br />

O2<br />

O2<br />

r & r &<br />

O1 r 288 82 370 O1 r 2 88 82 370<br />

& 133 3276 3409 & 91 3001 3092<br />

421 3358 3779<br />

379 3083 3462<br />

K “con zero” = 0,6966 K “senza zero” = 0,7410<br />

Tab. III l – accordo sulla categoria emblematici (e)<br />

O2<br />

O2<br />

e & e &<br />

O1 e 277 76 303 O1<br />

e 227 76 303<br />

& 34 3442 3476<br />

& 27 3132 3159<br />

261 3518 3779 254 3208 3462<br />

K “con zero” = 0,7893 K “senza zero” = 0,7990<br />

Tab. III m – accordo sulla categoria iconici (ic)<br />

O2 O2<br />

ic & ic &<br />

O1 ic 60 5 65 O1 ic 60 5 65<br />

& 3 3711 3714 & 3 3394 3397<br />

63<br />

3716 3779 63 3399 3462<br />

K “con zero” = 0,9364 K “senza zero” = 0,9363<br />

Tab. III n – accordo sulla categoria<br />

metaforici (mt)<br />

O2<br />

mt &<br />

O2<br />

mt &<br />

O1 mt 423 121 544 O1 mt 423 121 544<br />

& 123 3112 3235 & 107 2811 2918<br />

546<br />

3233 3779 530 2932 3462<br />

K “con zero” = 0,7384 K “senza zero” = 0,7487<br />

46


Tab. III o – accordo sulla categoria deittici (d)<br />

O2 O2<br />

d & d &<br />

O1 d 576 158 734 O1 d 576 158 734<br />

& 109 2936 3045 & 89 2639 2728<br />

685 3094 3779 665 2797 3462<br />

K “con zero” = 0,7684 K “senza zero” = 0,7789<br />

Tab. III p – accordo sulla categoria oggetto-adattatori (oa)<br />

O2 O2<br />

oa & oa &<br />

O1 oa 242 29 271 O1 oa 242 29 271<br />

& 27 3481 3508 & 8 3183 3191<br />

269 3510 3779 250 3212 3462<br />

K “con zero” = 0,8883 K “senza zero” = 0,9232<br />

Tab. III q – accordo sulla categoria auto-adattatori (au)<br />

O2 O2<br />

au & au &<br />

O1 au 476 44 520 O1 au 476 44 520<br />

& 27 3232 3259 & 8 2934 2942<br />

503 3276 3779 484 2978 3462<br />

K “con zero” = 0,9197 K “senza zero” = 0,9394<br />

Se si fa riferimento solo ai gesti co<strong>di</strong>ficati da entrambi gli osservatori (91,6%, “senza<br />

zero”), sintetizzando, gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo K <strong>di</strong> Cohen sono quelli in<strong>di</strong>cati dalla Tabella IV e<br />

mostrati nel Grafico 1.<br />

Tabella IV. In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> K per ciascuna categoria.<br />

gesto K<br />

chele 0,4522<br />

matassa 0,4023<br />

telaio 0,3929<br />

stella 0,5809<br />

mulinello 0,7074<br />

pennello 0,5189<br />

pinza 0,6626<br />

vassoio 1 0,6927<br />

vassoio 2 0,5618<br />

ritmici 0,7410<br />

emblematici 0,7990<br />

iconici 0,9363<br />

metaforici 0,7487<br />

deittici 0,7789<br />

deittici-coesivi 0,6137<br />

oggettto-adattatori 0,9232<br />

auto-adattatori 0,9394<br />

K totale 0,7843<br />

47


K<br />

Grafico 1. Valori <strong>di</strong> accordo K senza zero calcolati per ciascuna categoria.<br />

1<br />

0,9<br />

0,8<br />

0,7<br />

0,6<br />

0,5<br />

0,4<br />

0,3<br />

0,2<br />

0,1<br />

0<br />

chele<br />

matassa<br />

telaio<br />

stella<br />

mulinello<br />

pennello<br />

pinza<br />

vassoio 1<br />

vassoio 2<br />

deittici-coesivi<br />

ritmici<br />

emblematici<br />

iconici<br />

metaforici<br />

deittici<br />

oggettto-adattatori<br />

auto-adattatori<br />

Come è possibile notare anche dalla Tabella IV e dal Grafico 1 gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo<br />

maggiormente problematici risultano essere quelli relativi alle sottocategorie dei gesti coesivi<br />

(chete, matassa, telaio e pennello), le quali, ricor<strong>di</strong>amo, si <strong>di</strong>stinguono fra loro soltanto per la<br />

forma che assume la mano o il suo movimento durante il gesto stesso. Tale problematicità ha reso<br />

essenziale un’analisi più approfon<strong>di</strong>ta soprattutto per quelle sotto-categorie specifiche ove K <<br />

.60, mettendo a confronto le osservazione effettuate dai due osservatori (O1 e O2), come mostrato<br />

in Tabella V.<br />

Per le co<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> chele, matassa e telaio si può notare che le frequenze <strong>di</strong>stribuite sulla<br />

<strong>di</strong>agonale non si <strong>di</strong>scostano in modo molto evidente da alcune frequenze al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> essa.<br />

Poiché si tratta <strong>di</strong> tre gesti eseguiti con due mani, si può ipotizzare che questi vengano<br />

<strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>stinti dagli osservatori durante la co<strong>di</strong>fica. Osservando la Tabella V e<br />

confrontandola con la Tabella II (matrice <strong>di</strong> confusione generale) si può desumere che O2 tende a<br />

co<strong>di</strong>ficare il gesto chele con il gesto telaio, mentre O1 la matassa con il telaio: in generale quin<strong>di</strong><br />

il gesto telaio viene “confuso” con chela e matassa. Per quanto riguarda la categoria pennello, le<br />

frequenze<br />

nella matrice <strong>di</strong> confusione in<strong>di</strong>cano per i due osservatori valori <strong>di</strong>stanti tra loro: in<br />

altre parole vi è uno scarto elevato nella quantità <strong>di</strong> gesti pennello rilevati dai due giu<strong>di</strong>ci Questo<br />

significa che al verificarsi del ges to entrambi gli osservatori lo percepiscono ma lo co<strong>di</strong>ficano<br />

sistematicamente in categorie <strong>di</strong>fferenti; inoltre, uno dei due osse rvatori (O1 = 129) percepisce<br />

un numero maggiore <strong>di</strong> gesti pennello<br />

rispetto all’altro (O2 = 58).<br />

Le sottocategorie<br />

dei gesti coesivi vengono quin<strong>di</strong> co nfuse fra loro dagli osservatori. A<br />

<strong>di</strong>mostrazio ne <strong>di</strong> ciò è riportata la Tabella VI<br />

con la matrice<br />

<strong>di</strong> confusione e in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> accordo per<br />

la sovracategoria gesti coesivi, il quale risulta accetta bile (K = .76).<br />

Gesti<br />

K tot<br />

48


Tabella V. Valori <strong>di</strong> K: confronti fra le osservazioni <strong>di</strong> O1 e O2 per le categorie <strong>di</strong> gesti coesivi con in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> accordo<br />

problematico.<br />

gestoK con 0 K senza 0 O2 O1 O2 e non O1 O1 e non O2 solo O1 o O2<br />

chele 0,4292 0,4524 21 39 8 26 34<br />

matassa 0,4026 0,4024 49 15 36 2 38<br />

telaio 0,3887 0,3 932 34 52 17 35 52<br />

pennello 0,5138 0,5193 58 129 7 80 87<br />

Tabella VI– accordo sulla sovra-categoria co esivi (c)<br />

O<br />

c<br />

2<br />

O1 c 428 100 528<br />

K = 0,76<br />

& 120 2814 2934<br />

548 2914 3462<br />

Per quanto riguarda tutte le altre categorie specifiche, come rivelano la Tabella IV e il<br />

Grafico 1, i valori <strong>di</strong> K risultano accettabili (K > .75).<br />

Va inoltre sottolineato il fatto che non si sia mai verificato il gesto persona-adattatore. Ciò<br />

si può facilmente spiegare come conseguenza <strong>di</strong> fattori situazionali: i contesti stu<strong>di</strong>ati infatti non<br />

favor ivano questo tipo <strong>di</strong> gestualità sia per la mancanza <strong>di</strong> contiguità fisica tra gli interlocutori,<br />

sia per l’assenza <strong>di</strong> un legame stretto tra i soggetti osservati nelle videoregistrazioni, limitandosi,<br />

la loro interazione, pe r lo più solo al momento della <strong>di</strong>scussione<br />

in corso. Ferme restando queste<br />

precisazioni, e con le eccezioni summenzionate, in generale si possono ritenere adegua ti gli in<strong>di</strong>ci<br />

<strong>di</strong> accord o K nella in<strong>di</strong>viduazione e co<strong>di</strong>fica delle categorie specifiche, portando così al<br />

raggiungimento dell’obiettivo 1c del presente stu<strong>di</strong>o.<br />

In secondo luogo, vanno fatte delle considerazioni a livello <strong>di</strong> categorie generali. Per<br />

ottenere informazioni su categorie genera li si sono ricavate, dalla matrice<br />

<strong>di</strong> confusione presentata<br />

nella Tabella II, delle matrici con un numero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci minore del totale, accorpando determinate<br />

categorie<br />

nelle sovra-categorie descritte precedentemente (vedere la Figura 1 nel paragrafo della<br />

procedura) sulle quali poter calcolare gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo. La Tabella VII mostra la matrice <strong>di</strong><br />

confusione rispetto al sistema con le categorie accorpate dei gesti coesivi e il relativo in<strong>di</strong>ce K, il<br />

quale risulta abbastanza alto (K= .82), anche rispetto all’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> accordo sull’intero sistema <strong>di</strong><br />

categorie, con le categorie specifiche dei gesti coesivi (K = . 78).<br />

Tabella VII. Matrice <strong>di</strong> confusione e in<strong>di</strong>ce K con le categorie dei gesti coesivi accorpati in un’unica<br />

categoria.<br />

O1<br />

coesivi ritmici emblematici iconici metaforici deittici adattatori totale<br />

O2 coesivi 428 18 19 1 31 28 3 528<br />

ritmici 67 503 15 3 28 68 4 688<br />

emblematici 6 3 227 0 11 3 4 254<br />

iconici 0 0 0 60 3 0 0 63<br />

metaforici 31 16 29 1 423 26 4 530<br />

deittici 14 35 4 0 34 576 2 665<br />

adattatori 2 1 1 0 0 1 729 734<br />

totale 548 576 295 65 530 702 746 3462<br />

K = . 82<br />

&<br />

49


Nella matrice <strong>di</strong> confusione mostrata in Tabella VIII sono stati accorpati i tre gesti illustratori<br />

(iconi ci, metaforici e deittici), e il valore <strong>di</strong> accordo K risulta in questo caso pari a .85.<br />

Tabella VIII. Matrice <strong>di</strong> c onfusione e in<strong>di</strong>ce K con le categorie dei<br />

gesti illustratori accorpati in un’unica<br />

categoria.<br />

O1<br />

coesivi ritmici emblematici<br />

illustratori adattatori<br />

O2 coesivi 428 18 19 60 3 528<br />

ritmici 67 503 15 99 4 688<br />

emblematici 6 3 227 14 4 254<br />

illustratori 14 35 4 1123 2 1178<br />

adattatori 2 1 1 1 729 734<br />

517 560<br />

K = . 85<br />

266 1297 742 3462<br />

Infine la Tabella IX mostra la matrice <strong>di</strong> confusione rispetto al sistema delle categorie<br />

generali della tassonomia e l’in<strong>di</strong>ce K, in questo caso, risulta pari a .86.<br />

Si<br />

può concludere, dunque, che il maggiore <strong>di</strong>saccordo tra gli osservatori è riscontrabile<br />

all’interno delle categorie generali, vale a <strong>di</strong>re tra alcune delle rispettive sotto-categorie.<br />

L’atten<strong>di</strong>bilità<br />

del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica migliora e risulta pienamente sod<strong>di</strong>sfacente se si<br />

consideran o le categorie <strong>di</strong> gesti gerarchicamente sovraor<strong>di</strong>nate.<br />

Tabella<br />

IX. Matrice <strong>di</strong> confusione e in<strong>di</strong>ce K con le categorie dei generali della tassonomia.<br />

O1<br />

coesivi ritmici ideativi adattatori<br />

O2 coesivi 428 18 79 3 528<br />

ritmici 67 503 114 4 688<br />

ideativi 14 35 1368 2 1419<br />

adattatori 2 1 2 729 734<br />

511 557<br />

K = . 86<br />

1297 738 3462<br />

Tenendo in considerazione la matrice <strong>di</strong> confusione come in Tabella VII, vale a <strong>di</strong>re con le<br />

categorie <strong>di</strong> gesti coesivi accorpate in un’unica categoria a fianco delle altre categorie specifiche<br />

dei gesti (ritmici, emblematici, iconici, metaforici, deittici, adattatori), sono stati calcolati gli<br />

in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo sul sistema <strong>di</strong> categorie per ogni contesto osservato.<br />

Tale livello <strong>di</strong><br />

categorizzazione<br />

può essere prescelto in quanto è quello che consente <strong>di</strong> perseguire il grado<br />

massimo possibile <strong>di</strong> dettaglio delle categorie nelle quali i gesti vengono co<strong>di</strong>ficati preservando<br />

un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità elevato. I risultati sono mostrati in Tabella X.<br />

Osservando la Tabella X è possibile affermare che il sistema <strong>di</strong> categorie nel livello<br />

proposto risulta atten<strong>di</strong>bile (K > .75) in ciascuno dei cinque contesti (due “naturali”, tre<br />

“simulati”)<br />

osservati. Tuttavia è possibile notare che per il contesto “Simulazione <strong>di</strong><br />

interrogatorio” l’in<strong>di</strong>ce K <strong>di</strong> accordo risulta più basso rispetto a quello rilevato negli altri contesti:<br />

ciò non<strong>di</strong>meno tale in<strong>di</strong>ce risulta accettabile, dunque non problematico, rispetto all’accezione,<br />

considerata la più restrittiva, <strong>di</strong> Bakeman e Gottman (1997). Anche nel caso delle simulazioni in<br />

gruppo l’in<strong>di</strong>ce risulta un po’ inferiore agli altri contesti: ciò può essere interpretato in relazione<br />

al maggior numero <strong>di</strong> interagenti che venivano osservati, il quale comporta ovviamento un<br />

aumento della <strong>di</strong>fficoltà della co<strong>di</strong>fica per l’osservatore. È dunque possibile affermare che anche<br />

l’obiettivo 1d, relativo all’atten<strong>di</strong>bilità del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica nei <strong>di</strong>versi contesti interattivi<br />

50


osservati, risulta raggiunto.<br />

Tabella X. In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo tra osservatori sul sistema <strong>di</strong> categorie nei <strong>di</strong>versi contesti.<br />

Contesto K<br />

Interviste politiche 0,88<br />

Interrogatori giu<strong>di</strong>ziari 0,86<br />

Simulazioni in gruppo 0,78<br />

Simulazioni in <strong>di</strong>ade 0,85<br />

Simulazioni <strong>di</strong> interrogatori 0,75<br />

K totale 0,82<br />

3.6 Il Manuale <strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica<br />

Il manuale <strong>di</strong>gitale dei gesti delle mani è stato sviluppato su supporto cd-rom interattivo<br />

multime<strong>di</strong>ale ed è così costituito:<br />

a) una breve introduzione, con ipertesto, che riassume i punti salienti dei principi teorici<br />

<strong>di</strong> base da cui è stata elaborata la tassonomia, con riferimenti bibliografici della<br />

letteratura in merito;<br />

b) un conciso paragrafo-scheda per ogni categoria <strong>di</strong> gesti, includente una definizione<br />

concettuale e una operativa nonché, per i gesti coesivi, la descrizione verbale del<br />

movimento compiuto dalla/e mano/i;<br />

c) tre esempi (“ideale”, “prototipico”, “problematico”,<br />

cfr. par. 3.3) dei gesti, sempre per<br />

ciascuna categoria, sotto forma <strong>di</strong> immagini video tratte da filmati realizzati ad hoc e<br />

dal campione <strong>di</strong> materiale analizzato;<br />

d) esempio del gesto, per ciascuna categoria, tramite sequenza <strong>di</strong> tre o quattro foto,<br />

realizzate ad hoc in laboratorio, atta a mostrare la forma e il movimento “prototipici”<br />

del gesto;<br />

e) note sulla co<strong>di</strong>fica e sui possibili problemi che potrebbero sorgere durante la fase <strong>di</strong><br />

assegnazione <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce a ciascun gesto.<br />

Di seguito sono presentate delle figure illustranti le “videate” dell’interfaccia grafica<br />

sviluppata (nelle quali ovviamente non è stato possibile rendere i movimenti e i suoni che<br />

compaiono quando si utilizza il CD-ROM).<br />

La Figura 11 mostra l’interfaccia della pagina d’apertura del manuale (Home).<br />

51


Figura 11. Pagina d’apertura del manuale <strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica.<br />

Entrando nella sezione “introduzione” è possibile leggere i due paragrafi che la<br />

compongono (Introduzione teorica e Strutturazione del manuale). La Figura 12 presenta una<br />

pagina della sezione Introduzione. Da questa sezione è sempre possibile accedere, attraverso un<br />

menù (a sinistra della pagina) alle altre sezioni del manuale.<br />

Figura 12. La pagina della sezione “introduzione”<br />

La sezione “albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica” è la parte centrale del manuale poiché da qui si accede alla<br />

presentazione dell’albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica del sistema <strong>di</strong> categorie (Figura 13), il quale rappresenta le<br />

relazioni gerarchiche tra le <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> gesti: dalle macrocategorie alle categorie generali<br />

fino alle sotto-categorie. Anche da questa pagina è possibile spostarsi a una delle altre sezioni,<br />

tramite il menù, questa volta posto in basso alla pagina.<br />

52


Figura 13. Albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica del sistema <strong>di</strong> categorie.<br />

Selezionando ciascuna <strong>di</strong> queste categorie è possibile entrare nei relativi paragrafi in cui i<br />

gesti sono presentati in maniera multime<strong>di</strong>ale, vale a <strong>di</strong>re tramite <strong>di</strong>versi canali au<strong>di</strong>o e video.<br />

Nella<br />

Figura 14, ad esempio, è mostrata la pagina a cui si accede selezionando il link<br />

“CONNESSI AL DISCORSO”. Questa pagina, come già anticipato nel paragrafo 3.3 inerente la<br />

procedura <strong>di</strong> ricerca, presenta la definizione concettuale e la definizione operativa della macrocategoria<br />

selezionata (ovviamente lo stesso vale per “NON CONNESSI AL DISCORSO”).<br />

Da<br />

questa pagina è possibile accedere, sempre tramite il menù a sinistra, a un’altra sezione del<br />

manuale oppure tornare in<strong>di</strong>etro all’albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica, da cui è possibile accedere alle altre<br />

categorie <strong>di</strong> gesti.<br />

Figura 14. Definizioni della macrocategoria “Gesti connessi al <strong>di</strong>scorso”.<br />

53


Se, invece, dall’albero si seleziona una categoria più specifica, ad esempio “coesivi”, si<br />

entra in una pagina ove sono presentate le definizioni, concettuale e operativa, della categoria, e<br />

da ove è possibile, selezionando una delle sotto-categorie dei coesivi da un menù posto sulla<br />

destra della pagina, andare alla relativa pagina <strong>di</strong> descrizione. La Figura 15, per esempio, illustra<br />

la pagina dei “Coesivi”, nella quale è stato selezionato il gesto “matassa”. Come si può vedere<br />

dalla figura, nella pagina è presente una sequenza <strong>di</strong> quattro fotografie che mostrano il<br />

movimento delle mani durante l’esecuzione del gesto “matassa”, con accanto una breve<br />

definizione del movimento. Come già anticipato, le fotografie sono state realizzate ad hoc in<br />

laboratorio con l’obiettivo <strong>di</strong> mostrare il movimento ideale del gesto. Da questa pagina è<br />

possibile, attraverso un apposito link rappresentato da una mano <strong>di</strong>segnata, tornare all’albero <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica. Vi è inoltre un link “video”, il quale, se selezionato, porta alla pagina dei video (Figure<br />

16-18).<br />

Figura 15. Definizione dei gesti coesivi e fotografia del gesto “matassa”<br />

La Figura 16 presenta l’interfaccia durante la riproduzione del primo dei tre brevi filmati<br />

che sono utilizzati a supporto dell’illustrazione <strong>di</strong> ciascuna categoria <strong>di</strong> gesto; inoltre, sopra alla<br />

finestra nella quale appare ciascun filmato, viene riportato una trascrizione del contenuto verbale<br />

pronunziato dal parlante durante l’esecuzione del gesto.<br />

Per ogni categoria, il primo filmato è selezionato da alcuni video realizzati ad hoc in<br />

laboratorio (si tratta <strong>di</strong> spezzoni dei medesimi video utilizzati poi come messaggi stimolo per lo<br />

<strong>Stu<strong>di</strong></strong>o 3 della presente ricerca; cfr. capitolo 5). Questi filmati, interpretati da un’attrice<br />

professionista, rappresentano il movimento ideale del gesto <strong>di</strong> ciascuna categoria.<br />

La Figura 17 presenta l’interfaccia durante la riproduzione del filmato relativo all’esempio<br />

“reale” della categoria “matassa”. L’esempio “reale” utilizzato per ciascuna categoria rappresenta<br />

un esempio prototipico della categoria <strong>di</strong> gesto tratto dai contesti interattivi osservati per la<br />

validazione del sistema <strong>di</strong> categorie; nell’esempio della figura 17 si tratta delle interviste<br />

televisive ai politici: il leader in questione è S. Berlusconi.<br />

La Figura 18 presenta la riproduzione del terzo filmato, l’esempio “problematico” della<br />

categoria in questione, il gesto “matassa”; questo filmato riguarda un esempio <strong>di</strong> gesto che rientra<br />

nella categoria in questione, ma risulta un po’ ambiguo per la co<strong>di</strong>fica. In questo specifico caso,<br />

54


la <strong>di</strong>fficoltà è dovuta alla velocità con la quale viene eseguito il gesto e alla brevità dello stesso.<br />

Anche questo è tratto dal contesto delle interviste televisive al leader politico Berlusconi.<br />

Figura 16. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “ideale” della categoria “matassa”.<br />

Figura 17. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “reale” della categoria “matassa”.<br />

55


Figura 18. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “problematico” della categoria “matassa”.<br />

A mo’ d’esempio (e in rispetto della par con<strong>di</strong>cio) sono presentate <strong>di</strong> seguito le figure<br />

rappresentanti lo stesso tipo <strong>di</strong> percorso interattivo (Figure 19-23) partendo questa volta,<br />

nell’albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica, dai gesti ideativi e in particolare dalla categoria gesti “illustratori”, fino<br />

alla sotto-categoria gesti “deittici” con il consueto tipo <strong>di</strong> esempi (“ideale”, “reale”,<br />

“problematico”) in formato au<strong>di</strong>o-video e fotografico.<br />

In questo caso, il contesto da cui sono tratti gli esempi “reale” e “problematico” sono le<br />

interviste al leader politico F. Rutelli. In questo particolare esempio, la problematicità del terzo<br />

filmato è data soltanto dal fatto che non è il <strong>di</strong>to a “puntare” il referente, come è tipico del gesto<br />

deittico, ma l’intera mano<br />

del parlante.<br />

Figura 19. Definizioni della categoria generale gesti “illustratori”.<br />

56


Figura 20. Definizioni e fotografia della sotto-categoria gesti “deittici”.<br />

Figura 21. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “ideale” della categoria “deittici”.<br />

57


Figura 22. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “reale” della categoria “deittici”.<br />

Figura 23. Riproduzione del filmato relativo all’esempio “problematico” della categoria “deittici”.<br />

Tutta la sezione “albero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica” presenta gli esempi in formato multime<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> tutte le<br />

categorie dei gesti del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica secondo lo schema presentato negli esempi precedenti.<br />

La <strong>di</strong>stribuzione <strong>degli</strong> esempi video non risulta omogenea per tutti i contesti, poiché si è<br />

58


scelto <strong>di</strong> dare la priorità alla qualità delle immagini a <strong>di</strong>sposizione, a favore <strong>di</strong> una migliore<br />

visione e comprensione del gesto, piuttosto che alla uniformità del campione.<br />

La Figura 24 mostra una parte della sezione “Note <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica”, che tratta alcune<br />

in<strong>di</strong>cazioni pratiche<br />

e consigli <strong>di</strong> ausilio per la co<strong>di</strong>fica, nonché problematiche, <strong>di</strong>fficoltà e/o<br />

ambiguità<br />

che si possono incontrare nell’osservazione e co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani nelle<br />

interazioni sociali.<br />

Infine, la Figura 25 presenta l’interfaccia della prima pagina della sezione “Bibliografia”<br />

con i riferimenti bibliografici <strong>degli</strong> autori citati nell’“Introduzione teorica”.<br />

Il risultato prodotto è un cd rom interattivo con scopo <strong>di</strong>vulgativo e <strong>di</strong>dattico che offre, a<br />

chi nutre interesse nel settore della comunicazione non verbale in generale e per la gestualità<br />

delle mani in particolare, uno strumento per facilitare la comprensione e l’impiego della<br />

tassonomia.<br />

Figura 24. Prima pagina della sezione “note <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica”.<br />

Figura 25. Prima pagina della sezione “Bibliografia”.<br />

59


3.7 Discussione<br />

Il sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani preso in considerazione in questo stu<strong>di</strong>o integra e<br />

sintetizza <strong>di</strong>verse classificazioni <strong>di</strong> gesti presenti in letteratura (in particolare, Ekman, Friesen,<br />

1969; McNeill, 1985; Contento, 1999b; cfr. Bonaiuto et al., 2002), con l’obiettivo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />

un sistema <strong>di</strong> categorie utile per la co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani nella ricerca osservativa e per<br />

l’analisi dei gesti nei contesti sociali <strong>di</strong> comunicazione.<br />

Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo tra osservatori in<strong>di</strong>pendenti calcolati per misurare l’atten<strong>di</strong>bilità del<br />

sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica utilizzato in questa ricerca risultano nella stragrande<br />

maggioranza<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti<br />

(rispetto al criterio <strong>di</strong> Bakeman, Gottman, 1997, i quali consigliano <strong>di</strong> considerare<br />

come appropriato un valore <strong>di</strong> K superiore o uguale a .75), in particolare se si prendono in<br />

considerazione le categorie generali dei gesti (coesivi, illustratori, emblematici e adattatori)<br />

presenti nel sistema.<br />

I risultati sull’accordo tra gli osservatori, dunque, sia sulla presenza/assenza dei gesti,<br />

sia<br />

sull'in<strong>di</strong>viduazione<br />

della categoria del gesto tra quelle presenti nel sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica, valutato in<br />

ciascun contesto sociale stu<strong>di</strong>ato, <strong>di</strong>mostrano l'atten<strong>di</strong>bilità della tassonomia dei gesti delle mani.<br />

Questi risultati non solo permettono l’utilizzo <strong>di</strong> questa tassonomia dei gesti come strumento<br />

elettivo per la co<strong>di</strong>fica e lo stu<strong>di</strong>o dei gesti delle mani in <strong>di</strong>versi contesti sociali <strong>di</strong><br />

comunicazione, ma in<strong>di</strong>cano anche l’esistenza <strong>di</strong> una struttura <strong>di</strong>fferenziata e gerarchicamente<br />

articolata della gestualità delle mani, la quale si manifesta in <strong>di</strong>verse e numerose forme. È<br />

plausibile ipotizzare che tale <strong>di</strong>fferenziazione nei gesti delle mani possa corrispondere a una<br />

<strong>di</strong>fferenziazione funzionale <strong>degli</strong> stessi nell’interazione sociale e nella comunicazione. La<br />

verifica <strong>di</strong> tale ipotesi rappresenta l’obiettivo principale del secondo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questa ricerca. Per<br />

quanto riguarda il presente stu<strong>di</strong>o si può concludere che l’obiettivo della misura dell’atten<strong>di</strong>bilità<br />

della tassonomia dei gesti delle mani risulta completamente raggiunto a livello generale e<br />

interme<strong>di</strong>o della tassonomia (a livello cioè <strong>di</strong> categorie e sovracategorie), mentre l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong><br />

alcune sottocategorie dei gesti coesivi richiede certamente <strong>di</strong> essere migliorata.<br />

Infatti, “il concetto <strong>di</strong> base dell’atten<strong>di</strong>bilità relativa ad un sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica è quello<br />

dell’accordo:<br />

se due osservatori che osservano lo stesso materiale vanno d’accordo, allora il<br />

sistema<br />

può <strong>di</strong>rsi atten<strong>di</strong>bile, se due osservatori non vanno d’accordo, allora il sistema <strong>di</strong><br />

categorie non può <strong>di</strong>rsi atten<strong>di</strong>bile” (Pedon, Gnisci, 2004, p. 214); e, sebbene alcuni autori non<br />

concor<strong>di</strong>no con questo approccio, sostenendo che le possibili fonti <strong>di</strong> errore negli stu<strong>di</strong><br />

osservativi possono essere anche altre (Pedhazur, Pedhazur Schmelkin, 1991), tutti gli autori<br />

convengono almeno sul fatto che l’accordo sia il sine qua non dell’atten<strong>di</strong>bilità, cioè la<br />

con<strong>di</strong>zione<br />

necessaria anche se non sufficiente senza la quale non possa esistere atten<strong>di</strong>bilità<br />

(Bakeman, Gottman, 1997). Poiché gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo tra osservatori non sono necessariamente<br />

in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità, dunque, è auspicabile in stu<strong>di</strong> futuri la valutazione dell'atten<strong>di</strong>bilità del<br />

sistema <strong>di</strong> categorie dei gesti qui stu<strong>di</strong>ato tramite l’aggiunta <strong>di</strong> un protocollo standard al manuale<br />

<strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica (cfr. Bakeman, Gottman, 1997).<br />

Un merito importante <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> aver verificato il funzionamento e l’atten<strong>di</strong>bilità<br />

del sistema <strong>di</strong> categorie dei gesti in cinque <strong>di</strong>versi contesti sociali, contrariamente agli stu<strong>di</strong> nel<br />

settore che vertono quasi esclusivamente su un solo contesto alla volta (per esempio, Beattie,<br />

Shovelton, 2000; 2002a; Bavelas et al., 1995; Contento, Stame, 1997; Feyereisen, Havard, 1999).<br />

Gli alti punteggi <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> accordo calcolati in tutti i contesti confermano non solo<br />

l’atten<strong>di</strong>bilità del sistema, ma la<br />

bontà <strong>di</strong> questo come strumento <strong>di</strong> osservazione e stu<strong>di</strong>o dei<br />

gesti in <strong>di</strong>verse situazioni sociali <strong>di</strong> comunicazione, facendo supporre una certa stabilità nella<br />

“qualità” <strong>di</strong> utilizzo della gestualità delle mani in <strong>di</strong>versi ambiti d’interazione sociale. Questo<br />

60


aspetto, che conferisce una maggiore generalizzazione ai risultati ottenuti, dovrà essere poi<br />

sottoposto<br />

a una verifica più completa tramite un'analisi della generalizzabilità (Cronbach et al.,<br />

1972), già in progetto nello sviluppo dello stu<strong>di</strong>o, tramite la quale si potrà valutare se e quanto<br />

questo sistema <strong>di</strong> categorie <strong>di</strong>scrimina tra i soggetti o i contesti osservati (variabilità between) e<br />

tra le categorie <strong>di</strong> gesti, piuttosto che tra gli osservatori (variabilità within).<br />

Per quanto riguarda il manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica che fa riferimento al sistema <strong>di</strong> categorie dei<br />

gesti verificato, questo è stato sviluppato in formato <strong>di</strong>gitale, ma in ottemperanza ai criteri<br />

metodologici tra<strong>di</strong>zionali per la costruzione <strong>di</strong> un manuale (cfr. Gnisci, Bakeman, 2000): dunque,<br />

con una descrizione del fenomeno stu<strong>di</strong>ato articolata nelle definizioni concettuali e operative<br />

delle <strong>di</strong>verse categorie dei gesti e con esempi ideali, reali o tipici e problematici delle stesse;<br />

e<br />

con il<br />

vantaggio che il supporto <strong>di</strong>gitale in cd-rom interattivo permette <strong>di</strong> aggiungere al testo del<br />

manuale <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica importanti informazioni sotto forma <strong>di</strong> esempi fotografici e au<strong>di</strong>ovisivi, i<br />

quali sono fondamentali per arrivare a una comprensione completa e approfon<strong>di</strong>ta del sistema <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>fica della gestualità della mani e quin<strong>di</strong> a una migliore con<strong>di</strong>visione dello stesso. Alcuni<br />

autori, infatti, sostengono che nella ricerca osservativa sarebbe auspicabile che la comunità<br />

scientifica <strong>di</strong>sponesse <strong>di</strong> strumenti con<strong>di</strong>visi per permettere ai ricercatori <strong>di</strong> confrontare i propri<br />

dati e risultati con quelli altrui (Gnisci, Bakeman, 2000).<br />

Una miglioria già in progetto per lo sviluppo del manuale informatico riguarda l’aggiunta<br />

<strong>di</strong> una sezione esercitativa per l'utente, finalizzata all'addestramento all'utilizzo della tassonomia<br />

per la co<strong>di</strong>fica dei gesti delle mani nelle interazioni sociali, con calcolo dell'atten<strong>di</strong>bilità in<br />

riferimento a un protocollo standard <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica. In questo modo sarà possibile confrontare<br />

l’atten<strong>di</strong>bilità della co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> osservatori che si sono addestrati solo con il supporto del manuale<br />

informatico, con l’atten<strong>di</strong>bilità<br />

della co<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> osservatori addestrati con il metodo tra<strong>di</strong>zionale<br />

(manuale<br />

<strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica cartaceo e confronto <strong>di</strong>retto con i componenti del gruppo <strong>di</strong> ricerca). Questo<br />

permetterà anche <strong>di</strong> attuare, prima dell’eventuale <strong>di</strong>stribuzione del manuale <strong>di</strong>gitale, una<br />

sperimentazione dello stesso, con l’obiettivo <strong>di</strong> verificarne l’efficacia espositiva nonché <strong>di</strong>dattica.<br />

61


4. STUDIO 2: Coor<strong>di</strong>nazione e co-occorrenza verbale-gestuale in <strong>di</strong>versi contesti interattivi<br />

4.1 Introduzione<br />

L’obiettivo del secondo stu<strong>di</strong>o del progetto <strong>di</strong> ricerca è <strong>di</strong> tipo descrittivo e correlazionale e<br />

riguarda l’analisi del legame tra gesto e linguaggio parlato: ciò allo scopo <strong>di</strong> chiarire le funzioni<br />

dei gesti sulla base delle loro associazioni con <strong>di</strong>versi aspetti verbali, le funzioni dei quali siano<br />

già note in letteratura. Questo approccio poggia sul presupposto teorico, sostenuto da McNeill<br />

(1992) secondo il quale, come già ricordato, la produzione <strong>di</strong>scorsiva sarebbe il frutto <strong>di</strong> un<br />

processo <strong>di</strong>namico caratterizzato dalla coor<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> due tipi <strong>di</strong> attività mentali: pensiero per<br />

immagine (imagistic) e pensiero sintattico (syntactic). Il pensiero sintattico corrisponde alla parte<br />

linguistica, è lineare e segmentato; il pensiero per immagine corrisponde alla parte gestuale del<br />

linguaggio. Questi due aspetti cooperano alla costruzione del senso e della struttura complessivi<br />

del <strong>di</strong>scorso. I gesti e il parlato possono quin<strong>di</strong> essere considerati come due canali <strong>di</strong>versi dai<br />

quali poter osservare lo stesso fenomeno <strong>di</strong>scorsivo, in quanto i gesti partecipano, insieme alle<br />

parole, alla realizzazione della pianificazione linguistica.<br />

D’altro canto, è importante notare come alcune funzioni <strong>di</strong>scorsive possano essere presenti<br />

tanto sul piano verbale quanto su quello non verbale. Ad esempio, secondo la linguistica, la<br />

rappresentazione globale del <strong>di</strong>scorso è marcata linguisticamente attraverso <strong>degli</strong> elementi<br />

(particelle<br />

pragmatiche, ripetizioni, coreferenzialità, ecc.) che agiscono in qualità <strong>di</strong> marcatori <strong>di</strong><br />

coesione e <strong>di</strong> coerenza del <strong>di</strong>scorso (Contento, 1998). Analogamente, anche nell’espressione<br />

gestuale è possibile identificare gesti che hanno la funzione <strong>di</strong> contribuire alla costruzione della<br />

coesione <strong>di</strong>scorsiva, che hanno cioè la funzione <strong>di</strong> “legare” assieme le espressioni verbali (come<br />

ad esempio i gesti coesivi descritti da McNeill, 1992).<br />

4.1.1 Classificazioni dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

Per comprendere al meglio tale fenomeno è opportuno introdurre brevemente, prendendo<br />

spunto dalla letteratura psicolinguistica sull’argomento, questi marcatori (particelle pragmatiche,<br />

ripetizioni, ecc.) che secondo la linguistica assolverebbero funzioni <strong>di</strong>scorsive all’interno della<br />

conversazione verbale. Nel parlato, anche <strong>di</strong> tipo monologico, ma soprattutto nella conversazione<br />

faccia a faccia, in situazione informale, poco controllata, sono ampiamente <strong>di</strong>ffusi dei particolari<br />

elementi linguistici “che, svuotandosi in parte del loro significato originario, assumono dei valori<br />

aggiuntivi che servono a sottolineare la strutturazione del <strong>di</strong>scorso, a connettere elementi frasali,<br />

interfrasali, extrafrasali e ad esplicitare la collocazione dell’enunciato in una <strong>di</strong>mensione<br />

interpersonale, sottolineando la struttura interattiva della conversazione”<br />

(Bazzanella 1994 p.<br />

150). Esiste in letteratura una gran varietà <strong>di</strong> <strong>di</strong>zioni per questi <strong>di</strong>spositivi inizialmente furono<br />

chiamati “connettivi pragmatici” (van Dijk, 1979), successivamente fu preferita la <strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

“pragmatic connectors”, in quanto sottolineava la <strong>di</strong>mensione pragmatica dell’enunciazione,<br />

rispetto a quella dell’enunciato, e il riferimento a questa <strong>di</strong>mensione consentiva <strong>di</strong> evidenziare<br />

la<br />

stretta<br />

relazione tra gli aspetti testuali della conversazione e gli aspetti relazionali, enfatizzando<br />

questi ultimi (Stame 1999). Dalla metà <strong>degli</strong> anni ’80 il crescente interesse da parte dell’analisi<br />

del <strong>di</strong>scorso e della conversazione per questi <strong>di</strong>spositivi, soprattutto nell’area anglosassone, ha<br />

portato alla <strong>di</strong>ffusione<br />

e alla stabilizzazione della <strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “marker” accompagnata dagli<br />

aggettivi<br />

“pragmatic” o “<strong>di</strong>scursive” (Schiffrin, 1987).<br />

Anche nei lavori <strong>di</strong> autori italiani non troviamo un grande accordo sulla denominazione dei<br />

marcatori <strong>di</strong>scorsivi, per esempio Bazzanella (1994) parla <strong>di</strong> “segnali <strong>di</strong>scorsivi”. Contento<br />

invece li chiama sia “marcatori pragmatici” (1997a) sia “marcatori <strong>di</strong>scorsivi” (1994); Stame<br />

(1999) invece propone <strong>di</strong> denominarli “marcatori conversazionali”. Data la gran varietà <strong>di</strong><br />

etichette, anche<br />

in questo lavoro, si è dovuta compiere una scelta e si è adottata la denominazione<br />

62


<strong>di</strong> marcatori<br />

<strong>di</strong>scorsivi, in quanto attualmente è la <strong>di</strong>zione più accre<strong>di</strong>tata e riconosciuta nella<br />

letteratura sull’argomento.<br />

I marcatori <strong>di</strong>scorsivi svolgono funzioni essenziali dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>scorsivo e<br />

interazionale e sarebbero usati per lo più inconsapevolmente da parte del parlante.<br />

Una delle principali caratteristiche dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi è che non contribuiscono al<br />

significato proposizionale <strong>di</strong> un enunciato, cioè non aggiungono nulla a livello semantico; essi<br />

potrebbero essere il più delle volte eliminati da una frase senza comprometterne il suo contenuto<br />

proposizionale, tuttavia verrebbero così a mancare <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>zi lessicali preziosi per comprendere<br />

il senso <strong>di</strong> un’espressione. La loro funzione principale è quella <strong>di</strong> essere <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> forza<br />

illocutoria all’interno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso, in quanto contribuiscono all’interpretazione <strong>di</strong> un enunciato,<br />

insieme naturalmente ad altri in<strong>di</strong>catori verbali e non verbali (Bazzanella 1996).<br />

Un’altra caratteristica dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi, è la loro variabilità <strong>di</strong> collocazione essi<br />

infatti possono trovarsi sia in posizione iniziale, sia in posizione me<strong>di</strong>ana, sia in posizione finale.<br />

I marcatori <strong>di</strong>scorsivi tendono poi a ripetersi più volte all’interno<br />

<strong>di</strong> uno scambio comunicativo e,<br />

a volte,<br />

nello stesso enunciato; inoltre possono essere giustapposti linearmente, formando delle<br />

“catene”. Questa possibilità <strong>di</strong> cumularsi deriva dalla parziale per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> valore semantico.<br />

Ciò che caratterizza l’uso <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>spositivi è la rilevanza del contesto, sia linguistico sia<br />

extralinguistico, che incide sul loro uso e sulla loro interpretazione: il loro significato primario<br />

non varia fondamentalmente (anzi, è proprio il “nucleo semantico” a permettere la pluralità <strong>di</strong><br />

usi), ma si riveste <strong>di</strong> sfumature, <strong>di</strong>pendenti dal contesto linguistico e/o dal contesto situazionale,<br />

le quali sottolineano l’interazione in corso e lo sviluppo stesso della conversazione. Anche se il<br />

valore pragmatico che essi assumono varia a seconda del contesto linguistico ed extralinguistico,<br />

essi mantengono sempre un vincolo con il loro nucleo semantico originario: per esempio, il<br />

marcatore <strong>di</strong>scorsivo “così” introduce una conclusione, una conseguenza <strong>di</strong> quanto affermato<br />

precedentemente e, per quanto possa assumere sfumature <strong>di</strong> significato <strong>di</strong>verse, il suo nucleo<br />

semantico originario è sempre presente.<br />

Le classi grammaticali che costituiscono i marcatori <strong>di</strong>scorsivi sono, per Bazzanella (1994,<br />

1996), Stame (1999) e Contento (1994): congiunzioni (per es., e, ma), avverbi (per es., cioè,<br />

insomma, comunque, praticamente, …), interiezioni (per es., eh, ah, be’…), sintagmi verbali<br />

(per es., guarda), sintagmi proposizionali (per es., in qualche modo), espressioni frasali (per es.,<br />

come <strong>di</strong>re).<br />

Al contrario Fraser (1999) sostiene che appartengano alla classe dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

solo: congiunzioni (and, but, or, ecc.), avverbi (consequelntly, equallly, then, ecc.), frasi<br />

proposizionali<br />

(as a consequence, in particolar, after all, ecc.); mentre le interiezioni, i vocativi, i<br />

marcatori <strong>di</strong> pausa (mhm, umh, ecc.), e particelle come “ even, only, just ”, non sono da<br />

considerare marcatori del <strong>di</strong>scorso.<br />

Schiffrin (1987) ha analizzato le espressioni “and, because, but, I mean, now, oh, or, so,<br />

then, well, e y’know”: il suo interesse principale era indagare come i marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

contribuiscono alla costruzione della coerenza del <strong>di</strong>scorso. L’Autrice sostiene che la coerenza si<br />

costruisce me<strong>di</strong>ante relazioni tra unità a<strong>di</strong>acenti nel <strong>di</strong>scorso e propone un modello del <strong>di</strong>scorso<br />

che contiene cinque piani <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong>stinti, ognuno con il proprio tipo <strong>di</strong> coerenza. “Struttura<br />

dello Scambio”: riguarda le regole strutturali del turn-taking. “Struttura dell’Azione”: riguarda le<br />

intenzioni e gli scopi del parlante. “Struttura Ideazionale”: riguarda la semantica e la struttura del<br />

<strong>di</strong>scorso. “Schema della Partecipazione”: in cui sono descritti i ruoli del parlante e<br />

dell’ascoltatore e il loro grado <strong>di</strong> coinvolgimento e responsabilità nell’interazione. “Stato<br />

dell’Informazione”: che è relativo alle capacità cognitive e all’organizzazione delle conoscenze<br />

dei partecipanti all’interazione.<br />

Schiffrin (1987) sostiene che i marcatori <strong>di</strong>scorsivi rappresenterebbero le coor<strong>di</strong>nate<br />

contestuali del <strong>di</strong>scorso, le quali consentono il realizzarsi della conversazione<br />

e ne garantiscono<br />

63


la coerenza,<br />

attraverso l’integrazione fra <strong>di</strong>versi piani.<br />

Redeker (1991, in Stame 1999) propone <strong>di</strong> analizzare i marcatori in base a due tipi <strong>di</strong><br />

funzioni, ideazionale e pragmatica (che richiamano la <strong>di</strong>stinzione più ampia tra<br />

struttura<br />

ideazionale<br />

e struttura pragmatica utilizzata nello stu<strong>di</strong>o della conversazione), intesi come aspetti<br />

complementari per la realizzazione della coerenza <strong>di</strong>scorsiva. La funzione ideazionale si riferisce<br />

al livello intra<strong>di</strong>scorsivo e intrasoggettivo, ha a che fare con l’elaborazione e la pianificazione del<br />

<strong>di</strong>scorso; mentre la funzione pragmatica si riferisce al livello intersoggettivo, relazionale. Tali<br />

funzioni non sono nettamente separabili, poiché l’una compensa l’altra: il locutore nell’utilizzare<br />

i marcatori non solo <strong>di</strong>mostra l’incertezza circa la pertinenza e la correttezza <strong>di</strong> quanto sta<br />

<strong>di</strong>cendo, ma cerca anche <strong>di</strong> coinvolgere o avvicinare l’interlocutore alla propria posizione.<br />

Secondo Fraser (1999) i marcatori <strong>di</strong>scorsivi impongono una relazione tra alcuni aspetti <strong>di</strong><br />

un dato segmento (S2) del <strong>di</strong>scorso e alcuni aspetti <strong>di</strong> un segmento precedente (S1) del <strong>di</strong>scorso.<br />

Egli in<strong>di</strong>vidua due categorie principali: marcatori <strong>di</strong>scorsivi collegati ai messaggi e marcatori<br />

<strong>di</strong>scorsivi collegati agli argomenti. La prima classe include alcuni aspetti dei messaggi portati dai<br />

segmenti S2 e S1, e si sud<strong>di</strong>vide in tre classi principali: marcatori <strong>di</strong>scorsivi <strong>di</strong> contrasto,<br />

marcatori<br />

<strong>di</strong>scorsivi collaterali e marcatori <strong>di</strong>scorsivi inferenziali. I marcatori <strong>di</strong>scorsivi <strong>di</strong><br />

contrasto, evidenziano una relazione <strong>di</strong> contrasto tra due enunciati; i marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

collaterali invece sottolineano una relazione parallela tra due enunciati, ossia il segmento S2<br />

contiene un messaggio ad<strong>di</strong>zionale rispetto a S1; infine i marcatori <strong>di</strong>scorsivi inferenziali<br />

introducono una conclusione o una conseguenza dell’enunciato con cui sono messi<br />

in relazione.<br />

La seconda<br />

classe <strong>di</strong> marcatori <strong>di</strong>scorsivi invece riguarda solo il livello della gestione del<br />

<strong>di</strong>scorso, perciò in questa rientrano marcatori che o introducono delle <strong>di</strong>gressioni, oppure un<br />

cambio <strong>di</strong> argomento.<br />

Un altro approccio è proposto da Contento, Licari, Mizzau e Stame (1990) le quali,<br />

analizzando corpus <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi autentici, si sono soffermate in particolare sulle funzioni<br />

pragmatiche dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi. Secondo queste Autrici i marcatori assumono funzioni<br />

<strong>di</strong>versificate in relazione al tipo <strong>di</strong> orientamento comunicativo in atto. Ciò significa che la<br />

funzione pragmatica dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi, che non coincide con il loro valore semantico, varia<br />

in relazione sia al tipo <strong>di</strong> scambio sia alle intenzioni <strong>di</strong> avvicinamento o allontanamento<br />

relazionale che i locutori intendono esprimere. La <strong>di</strong>namica del “doppio movimento” consente la<br />

messa in rapporto, grazie a <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>spositivi fra i quali i marcatori, <strong>di</strong> due piani <strong>di</strong>stinti: quello<br />

della relazione e quello, informativo o ideazionale, dei contenuti. Nella conversazione il rapporto<br />

che si stabilisce tra questi due livelli rappresenta anche la realizzazione <strong>di</strong> una coerenza, che non<br />

è solo intra<strong>di</strong>scorsiva ma anche inter<strong>di</strong>scorsiva.<br />

Bazzanella (1994, 1996) propone un’interessante classificazione<br />

dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

(l’autrice<br />

li chiama “segnali <strong>di</strong>scorsivi”), nella quale descrive le <strong>di</strong>verse funzioni che essi<br />

svolgono all’interno <strong>di</strong> una conversazione. La classificazione prevede due funzioni principali:<br />

“funzioni interattive” e “funzioni metatestuali”. Le funzioni interattive sottolineano la comune<br />

costruzione del messaggio da parte <strong>di</strong> partecipanti allo scambio comunicativo e quin<strong>di</strong> anche lo<br />

sviluppo dell’interazione, mentre le funzioni metatestuali riguardano l’articolazione dei contenuti<br />

da parte del parlante.<br />

Si può subito notare che questa <strong>di</strong>stinzione è simile a quella tra funzione ideazionale e<br />

funzione pragmatica descritta da Redeker (1991, in Stame, 1999) e ripresa anche da Contento, et<br />

al. (1990, cfr. anche Stame, 1999). Bazzanella tuttavia sud<strong>di</strong>vide le suddette funzioni principali in<br />

numerose funzioni specifiche.<br />

Le funzioni interattive dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi da parte del parlante si sud<strong>di</strong>vidono in tre<br />

categorie: a) “segnali relativi al turno”, b) “richiesta <strong>di</strong> attenzione”, “richiesta <strong>di</strong> accordo”,<br />

“controllo della ricezione” , c) “fatismi” e “meccanismi <strong>di</strong> modulazione”.<br />

La prima categoria, segnali relativi al turno, si <strong>di</strong>fferenzia ulteriormente in “presa <strong>di</strong> turno”,<br />

64


“riempitivi e mantenimento del turno” e “cessione del turno”. Nella presa <strong>di</strong> turno vengono<br />

utilizzati marcatori <strong>di</strong>scorsivi come “allora, dunque, ecco” che servono per prendere la parola; si<br />

possono trovare marcatori <strong>di</strong>scorsivi sia isolati che in coppia (solitamente sono associati ad altri<br />

marcatori <strong>di</strong>scorsivi con funzione riempitiva oppure con fatismi). La seconda sottocategoria <strong>di</strong><br />

segnali relativi al turno è la funzione riempitiva e <strong>di</strong> mantenimento: in questo caso rientrano i<br />

“cumuli”<br />

<strong>di</strong> marcatori <strong>di</strong>scorsivi, ossia gruppi <strong>di</strong> due o più marcatori in sequenza. Spesso questi<br />

sono accompagnati da pause piene, pause vuote, parole interrotte o prolungamenti della vocale<br />

precedente. Questi marcatori <strong>di</strong>scorsivi segnalano una <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> pianificazione e <strong>di</strong><br />

formulazione da parte del parlante, in alcuni casi sono in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio<br />

psicologico, per esempio stanchezza, ansia tensione; oppure possono segnalare una mancanza <strong>di</strong><br />

padronanza linguistica e concettuale che consenta una produzione fluente.<br />

Spesso l’uso dei<br />

riempitivi<br />

ha lo scopo <strong>di</strong> mantenere il turno: per esempio se il parlante ha <strong>di</strong>fficoltà a esprimere il<br />

suo pensiero cerca <strong>di</strong> prendere tempo me<strong>di</strong>ante questi <strong>di</strong>spositivi per non perdere il turno <strong>di</strong><br />

parola. L’ultima funzione relativa al turno è la cessione del turno: in questo caso vengono<br />

utilizzati dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi in posizione finale rispetto a un enunciato con lo scopo <strong>di</strong><br />

selezionare<br />

un parlante, spesso chiedendo una conferma.<br />

La seconda categoria delle funzioni interattive dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi, riguardante il<br />

parlante, comprende: richiesta <strong>di</strong> attenzione, controllo della ricezione e richiesta <strong>di</strong> accordo. Sono<br />

funzioni più <strong>di</strong> tipo relazionale che coinvolgono l’interlocutore alla conversazione.<br />

Infine l’ultima categoria delle funzioni interattive dei marcatori, da parte del parlante,<br />

prevede i fatismi e i meccanismi <strong>di</strong> modulazione. I fatismi sono marcatori <strong>di</strong>scorsivi che<br />

sottolineano l’aspetto <strong>di</strong> coesione sociale <strong>di</strong> una comunicazione: sono costituiti da vocativi<br />

parentetici e allocutivi (come “caro mio, signorina, amico mio”) che sottolineano l’appartenenza<br />

a un gruppo sociale, nonché da espressioni che rimandano alla conoscenza con<strong>di</strong>visa (come “sai,<br />

come sai, come <strong>di</strong>ci tu”).<br />

I marcatori <strong>di</strong>scorsivi con funzione <strong>di</strong> modulazione del contenuto proposizionale sono<br />

frequentemente utilizzati per modulare il contenuto e le componenti dell’atto linguistico e<br />

possono mitigare o rafforzare il contenuto <strong>di</strong> un enunciato con in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> incertezza (come “in<br />

qualche modo, circa, in un certo senso, <strong>di</strong>ciamo, per così <strong>di</strong>re”). Spesso sono usati per mitigare il<br />

<strong>di</strong>saccordo, oppure quando non si è certi dell’adeguatezza <strong>di</strong> un’espressione. Invece quando<br />

agiscono a livello delle componenti dell’atto linguistico, possono essere utilizzati per aumentare o<br />

<strong>di</strong>minuire l’autorità del parlante, o per aumentare o <strong>di</strong>minuire il grado <strong>di</strong> impegno rispetto a un<br />

enunciato<br />

(per esempio, certamente, naturalmente come tutti sanno), oppure per innalzare il<br />

potere dell’interlocutore (per esempio, se mi consente, se mi permette). Rientrano in queste<br />

funzioni anche le formule <strong>di</strong> cortesia che evitano il conflitto.<br />

Per quanto riguarda le funzioni interattive dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi da parte<br />

dell’interlocutore, Bazzanella le sud<strong>di</strong>vide in: a) “meccanismi <strong>di</strong> interruzione”, b)“conferma <strong>di</strong><br />

attenzione”, c) “conferma <strong>di</strong> accordo”, d) “ricezione”, e) “richiesta <strong>di</strong> spiegazione”. Si tratta <strong>di</strong><br />

backchannaling (singole parole o segnali vocali) dell’ascoltatore come feedback al parlante<br />

I marcatori <strong>di</strong>scorsivi non svolgono solo funzioni sul piano interattivo ma anche sul piano<br />

della strutturazione dei contenuti: Bazzanella li chiama marcatori con funzione metatestuale, e li<br />

sud<strong>di</strong>vide in tre categorie principali: “Demarcativi”, “Focalizzatori” e “In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong><br />

riformulazione”.<br />

I Demarcativi sono utilizzati dal parlante per segnalare l’articolazione delle varie parti del<br />

testo e il rapporto tra gli argomenti trattati (alcuni esempi sono insomma, comunque); essi<br />

possono anche segnalare un cambio <strong>di</strong> argomento o una<br />

<strong>di</strong>gressione. I Focalizzatori invece<br />

segnalano<br />

i punti focali <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso (per esempio appunto, proprio, ecco); essi possono anche<br />

in<strong>di</strong>rizzare l’elaborazione dell’informazione a livello cognitivo utilizzando se nell’uso correlativo<br />

e ma, sì).<br />

65


Infine gli In<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> riformulazione sono <strong>di</strong>visi in tre classi: parafrasi, correzione ed<br />

esemplificazione. Si ha una parafrasi quando il soggetto mantiene la corrispondenza tra i due<br />

elementi interessati (alcuni esempi <strong>di</strong> marcatori <strong>di</strong>scorsivi con questa funzione sono cioè, voglio<br />

<strong>di</strong>re, <strong>di</strong>ciamo). Marcatori <strong>di</strong>scorsivi in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> correzione si hanno quando il parlante effettua<br />

delle auto-correzioni,<br />

o più semplicemente precisa meglio il suo enunciato (generalmente<br />

vengono usati con questa funzione marcatori come <strong>di</strong>ciamo, no, anzi). Infine quando il parlante fa<br />

un esempio, per far comprendere meglio il suo enunciato, utilizza dei marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

cosiddetti, appunto, <strong>di</strong> esemplificazione (come ad esempio mettiamo che, <strong>di</strong>ciamo, pren<strong>di</strong>amo,<br />

ecco, per esempio, metti il caso).<br />

4.1.2 Gesti e co-occorrenza con aspetti verbali<br />

Per quanto riguarda la relazione tra gesti e marcatori <strong>di</strong>scorsivi, gli stu<strong>di</strong> presenti in<br />

letteratura sono pochi e hanno offerto evidenze <strong>di</strong> tipo meramente qualitativo. Un esempio è<br />

rappresentato da uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Contento (1997, 1999b).<br />

In questa ricerca l’Autrice analizza i racconti <strong>di</strong> un campione <strong>di</strong> soggetti che avevano il<br />

compito <strong>di</strong> narrare un brano a un interlocutore subito dopo averlo ascoltato. Partendo dall’ipotesi<br />

che, analogamente al linguaggio parlato, in cui dei <strong>di</strong>spositivi coesivi strutturano ciò che viene<br />

detto in rapporto ai propri scopi e a quelli dell’interlocutore, anche nell’espressione gestuale è<br />

possibile identificare segnali che hanno la funzione <strong>di</strong> cooperare alla costruzione <strong>di</strong> coesione, lo<br />

stu<strong>di</strong>o analizza l’attività bimodale verbale/gestuale, esaminando principalmente i gesti che<br />

partecipano, insieme alle parole, all’espressione del contenuto del <strong>di</strong>scorso, fornendo continuità a<br />

esso. Le evidenze qualitative <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o sembrerebbero in<strong>di</strong>care che i gesti coesivi si<br />

presentino spesso in prossimità <strong>di</strong> un marcatore <strong>di</strong>scorsivo: in alcuni casi lo anticipano, in altri lo<br />

seguono completandolo, in altri ancora coincidono con esso, nel senso che co-occorrono al<br />

verbale. Un’altra interessante informazione emersa è che spesso i marcatori <strong>di</strong>scorsivi vengono<br />

utilizzati per introdurre un argomento e che, allo stesso modo, i gesti coesivi segnalano<br />

(“demarcano”) il passaggio a un nuovo argomento. Tuttavia le evidenze del fenomeno emerse da<br />

questo stu<strong>di</strong>o sono puramente<br />

qualitative e hanno puntato maggiormente agli aspetti linguistici e<br />

gestuali<br />

che portano alla costruzione della coesione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso, piuttosto che alla ricerca e<br />

in<strong>di</strong>viduazione, attraverso l’analisi dei gesti che accompagnano i marcatori <strong>di</strong>scorsivi, delle<br />

<strong>di</strong>verse funzioni <strong>di</strong>scorsive dei vari tipi <strong>di</strong> gesti.<br />

A tutt’oggi, quin<strong>di</strong>, la co-occorrenza tra gesti delle mani e funzioni <strong>di</strong>scorsive rimane<br />

un’ipotesi ancora<br />

da verificare empiricamente su base quantitativa e statistica.<br />

Per<br />

quanto riguarda il legame tra gesti e contenuto verbale del <strong>di</strong>scorso, invece,<br />

particolarmente interessanti sono le ricerche <strong>di</strong> Beattie e Shovelton (2000, 2002a) sul legame tra<br />

gesti iconici e contenuto del linguaggio parlato, nella comunicazione quoti<strong>di</strong>ana. Questi autori<br />

hanno trovato non solo che i gesti iconici (McNeill, 1985) hanno maggiore potere comunicativo,<br />

nel senso <strong>di</strong> trasferimento d’informazioni semantiche, rispetto agli altri gesti legati al <strong>di</strong>scorso, e<br />

che alcuni<br />

<strong>di</strong> essi perdono questo potere se separati dal verbale, ma anche che, tra gli stessi<br />

iconici, ve ne sono alcuni che hanno maggiore efficacia comunicativa <strong>di</strong> altri. In una ricerca<br />

(Beattie, Shovelton, 2002b), gli autori hanno trovato che vi sono alcune proprietà del parlato che<br />

più frequentemente<br />

<strong>di</strong> altre possono dare origine a gesti iconici; essi si focalizzano su due <strong>di</strong><br />

queste proprietà che chiamano “familiarity” (familiarità) e “imageability” (immaginabilità)<br />

dell’unità<br />

proposizionale che i gesti accompagnano. In particolare, i gesti iconici,<br />

accompagnando le unità proposizionali variamente definite dalle due proprietà, <strong>di</strong>fferiscono nella<br />

loro specificità e nel loro effetto comunicativo totale. Questa ricerca in<strong>di</strong>ca quin<strong>di</strong> come vi<br />

possano essere relazioni, in<strong>di</strong>viduate sperimentalmente, molto<br />

ben <strong>di</strong>stinte tra specifici gesti e<br />

specifici<br />

aspetti del contenuto del messaggio verbale nel parlato spontaneo, con importanti<br />

implicazioni per le teorie e ricerche empiriche future in quest’area.<br />

66


Un altro aspetto linguistico interessante nella comunicazione riguarda le modalità <strong>di</strong><br />

presentazione dei contenuti e delle argomentazioni nell’ambito della comunicazione persuasiva,<br />

anche per i fini più specifici della presente ricerca soprattutto in vista del terzo stu<strong>di</strong>o.<br />

Le ricerche che stu<strong>di</strong>ano, ad esempio, l’orazione politica come forma <strong>di</strong> comunicazione<br />

persuasiva, dal punto <strong>di</strong> vista dei parametri verbali, pongono tipicamente l’attenzione non tanto<br />

sulle occorrenze <strong>di</strong> specifici temi politici, quanto soprattutto sui giochi<br />

linguistici che concorrono<br />

alla costruzione <strong>di</strong> realtà politiche alternative, sugli stili linguistici che creano significati, a volte<br />

ambigui,<br />

e sulle modalità con cui il linguaggio contribuisce a evocare e a costituire l’universo<br />

politico (Amoretti, 1997). Gli argomenti <strong>di</strong> ricerca attuali hanno riguardato principalmente<br />

le<br />

metafore<br />

politiche (De Landtsheer, 1998; Lakoff, Johnson, 1980; Wilson, 1990), la retorica<br />

(Atkinson, 1984; Heritage, Greatbach, 1986; Tulis, 1987, tra gli altri), il modo in cui i politici si<br />

riferiscono a loro stessi o ad altri e il conseguente utilizzo dei pronomi (Wilson, 1990). Questi<br />

ultimi<br />

stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato come la manipolazione del sistema pronominale, ad esempio l’uso<br />

della prima persona plurale anziché singolare, si relazioni alla <strong>di</strong>stribuzione della responsabilità<br />

politica.<br />

Una fetta consistente <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> si è occupata <strong>di</strong> retorica. L’importanza<br />

fondamentale<br />

della retorica nella comunicazione politica è stata considerata sin dai tempi dei<br />

retori greci: fin dalle origini della democrazia,<br />

infatti, i retori e i sofisti insegnavano ai loro<br />

allievi, nell’agorà greca, l’arte del “parlar bene”, le “tecniche della parola”, le regole della<br />

retorica, affinché potessero esprimersi adeguatamente<br />

per convincere l’u<strong>di</strong>torio.<br />

Anch e nell’epoca attuale la retorica è molto considerata nello stu<strong>di</strong>o del linguaggio<br />

politico. Per esempio, le tecniche retoriche utilizzate dai politici nei <strong>di</strong>scorsi pubblici per invitare<br />

l’au<strong>di</strong>ence<br />

all’applauso sono state al centro della ricerca <strong>di</strong> Atkinson (1984). Egli stu<strong>di</strong>ò le<br />

caratteristiche della costruzione del parlato atte a fornire al pubblico in<strong>di</strong>cazioni su quando<br />

applau<strong>di</strong>re.<br />

Uno dei fenomeni principali è la lista, <strong>di</strong> solito tripartita: si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo<br />

retorico utilizzato dal parlante al fine <strong>di</strong> evidenziare e sostenere un punto del <strong>di</strong>scorso,<br />

strutturandolo con l’elenco <strong>di</strong> tre argomenti o motivi a favore <strong>di</strong> questo (e.g., Bonaiuto,<br />

Fasulo,<br />

1998). La lista ha la funzione <strong>di</strong> segnalare da una parte la completezza ed esaustivi tà del <strong>di</strong>scorso,<br />

dall’altra la sua articolazione e organizzazione, dando così maggiore autorevolezza al parlante<br />

stesso.<br />

Ha anche la funzione <strong>di</strong> rafforzare un concetto, dare enfasi al proprio <strong>di</strong>scorso e renderlo<br />

retoricamente forte ripetendo per tre volte lo stesso termine: un esempio riportato da Bull (2002)<br />

è una lista nel <strong>di</strong>scorso dell’allora leader dell’opposizione Tony Blair durante il Congresso del<br />

Partito Laburista nel 1996: “Ask me my three main priorities for government, and I tell you:<br />

education, education and education” (“Chiedetemi quali sono le mie tre principali priorità per il<br />

governo, e io vi <strong>di</strong>co: istruzione, istruzione e istruzione”).<br />

Un altro <strong>di</strong>spositivo retorico stu<strong>di</strong>ato nei <strong>di</strong>scorsi politici è il contrasto: si tratta <strong>di</strong> una<br />

modalità retorica per<br />

strutturare un’espressione mettendo a contrasto due elementi allo scopo <strong>di</strong><br />

esaltarne uno dei due, suscitando applausi e apprezzamenti da parte dell’u<strong>di</strong>torio (Atkinson,<br />

1984;<br />

Heritage, Greatbach, 1986). Un esempio portato da Bull (2002) è <strong>di</strong> John Major al<br />

congresso del<br />

partito conservatore nel 1996: “We are in Europe to help shape it and not to be<br />

shaped<br />

by it” (“Siamo in Europa per aiutare a formarla e non per essere formati da essa”). È un<br />

<strong>di</strong>spositivo molto utilizzato dai politici, specialmente in campagna elettorale, poiché può<br />

costituire<br />

un mezzo efficace per mettere da una parte in evidenza aspetti positivi delle proposte<br />

presenti nel proprio <strong>di</strong>scorso (a favore del proprio schieramento), e dall’altra in luce negativa<br />

aspetti riferiti all’opposizione (attaccandola e criticandola).<br />

Altri autori, analisti del <strong>di</strong>scorso (ad esempio, Edwards, Potter, 1992), si sono occupati dello<br />

stu<strong>di</strong>o dei <strong>di</strong>spositivi retorici, anche se non specificatamente nei <strong>di</strong>scorsi politici, né come<br />

evocatori <strong>di</strong> applausi da parte dell’u<strong>di</strong>torio. La formulazione estrema (Pomerantz, 1986), ad<br />

esempio, è una modalità retorica <strong>di</strong> costruire un’espressione sottolineando il carattere estremo, al<br />

67


positivo o al negativo, <strong>di</strong> ciò <strong>di</strong> cui si sta parlando. Un esempio è l’utilizzo <strong>di</strong> superlativi assoluti<br />

o relativi; <strong>di</strong> aggettivi o avverbi quali “sempre”, “mai”, “perfettamente”; o <strong>di</strong> sostantivi<br />

comprensivi,<br />

quali “tutto”, o esclusivi, come “nessuno”, o <strong>di</strong> combinazioni <strong>di</strong> essi. L’uso <strong>di</strong><br />

questo <strong>di</strong>spositivo può contribuire a rendere massimamente positiva la posizione presentata dal<br />

parlante,<br />

o assolutamente negativa una posizione o un comportamento dell’outgroup.<br />

Anche l'umorismo è considerato una modalità <strong>di</strong> presentazione dei contenuti con un<br />

potenziale<br />

importante ruolo <strong>di</strong> influenza sociale nelle interazioni verbali. Esso viene considerato<br />

in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> aggressività verbale, ma anche mezzo per attirare l’attenzione su ciò che il parlante<br />

vuole comunicare, mezzo <strong>di</strong> intrattenimento, facilitatore e regolatore della comunicazione,<br />

pre<strong>di</strong>ttore dello sviluppo delle relazioni, posto in rapporto con l'intelligenza,<br />

con l'attitu<strong>di</strong>ne<br />

scolastica<br />

e con la maturità emozionale (Graham, Papa, Brooks, 1992).<br />

Atkinson (1984) ha, inoltre, notato come l’applauso possa essere evocato dall’intonazione<br />

del parlante, dal ritmo, ma anche dai suoi gesti ciò significa che il modo in cui il messaggio è<br />

trasmesso, grazie agli aspetti non verbali che lo accompagnano, può rinforzare la sua struttura<br />

retorica.<br />

Uno stu<strong>di</strong>o dettagliato sul modo in cui i gesti possono mettere in evidenza <strong>di</strong>spositivi<br />

retorici in un <strong>di</strong>scorso politico è quello <strong>di</strong> Bull (1986), basato però su un unico <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> un<br />

politico britannico: quello <strong>di</strong> Arthur Scargill (Presidente dell’Unione Nazionale dei Minatori) a<br />

una riunione del Partito Laburista, durante la campagna elettorale per le elezioni generali del<br />

1983. I due terzi <strong>degli</strong> applausi erano associati con i <strong>di</strong>spositivi descritti da Atkinson (contrasto,<br />

lista tripartita), ma anche con l’uso <strong>di</strong> gesti delle mani. Nel caso dei contrasti, ad esempio, il<br />

politico illustrava una parte del contrasto con una mano e l’altra parte del contrasto con l’altra<br />

mano, spostando il movimento da una mano all’altra; in questo modo la gestualità<br />

serviva per<br />

marcare, delimitandola, la struttura sintattica e retorica del <strong>di</strong>scorso. Nel caso delle<br />

liste tripartite,<br />

ognuna delle tre espressioni della lista era marcata da gesti attentamente sincronizzati. Se la lista<br />

era formata da tre parole, ciascuna parola era enfatizzata localmente e accompagnata da un<br />

singolo gesto delle mani; se, invece, le tre parti<br />

della lista erano frasi o proposizioni con più <strong>di</strong><br />

un’ enfasi vocale, allora il politico preferiva impiegare un movimento della mano<br />

ripetuto, che<br />

<strong>di</strong>stinguesse due o più enfasi vocali e si concludesse al termine <strong>di</strong> una<br />

delle parti<br />

della lista, per<br />

poi iniziarne uno nuovo in corrispondenza della parte successiva. Scargill, solitamente, non<br />

utilizzava gesti <strong>di</strong> contatto (o adattatori), ma alcune volte, come descritto<br />

da Bull (1986; 2002),<br />

batteva una mano sull’altra per marcare ognuna delle parole enfatizzate vocalmente<br />

nella lista.<br />

I gesti delle mani, durante questo particolare <strong>di</strong>scorso esaminato<br />

da Bull (1986),<br />

assumevano <strong>di</strong>verse funzioni: <strong>di</strong>stinguere la struttura dei <strong>di</strong>spositivi retorici, tenere separata la<br />

coppia delle espressioni <strong>di</strong> un contrasto, identificare le <strong>di</strong>verse parti <strong>di</strong> una lista ed evidenziare il<br />

culmine<br />

del <strong>di</strong>scorso. Inoltre, dal punto <strong>di</strong> vista dell’interazione con l’u<strong>di</strong>torio, i gesti giocavano<br />

un ruolo<br />

importante nel controllo delle risposte conversazionali <strong>di</strong> quest’ultimo, vale a <strong>di</strong>re <strong>degli</strong><br />

applausi: sia evocandoli, quando essi in<strong>di</strong>cavano punti <strong>di</strong> possibile completamento <strong>di</strong> parti del<br />

<strong>di</strong>scorso politico, sia bloccandoli, tenendo alzata la mano o steso in alto il <strong>di</strong>to in<strong>di</strong>ce. I gesti,<br />

dunque, non solo accompagnavano i <strong>di</strong>spositivi retorici che invitavano maggiormente agli<br />

applausi, ma avevano la capacità <strong>di</strong> bloccarlo o ridurlo non appena era stato stimolato,<br />

segnalando al pubblico quando era il momento in cui per lui sarebbe o non sarebbe stato<br />

appropriato applau<strong>di</strong>re, cioè quando si intendeva invitare o non invitare all’applauso (Bull, Wells,<br />

2001). In questo caso i gesti del politico avevano la funzione (si potrebbe <strong>di</strong>re il potere) <strong>di</strong> gestire<br />

l’interazione conversazionale, ad esempio nell’avvicendamento dei turni conversazionali<br />

(<strong>di</strong>scorso-applauso) con il proprio u<strong>di</strong>torio-interlocutore.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bull<br />

(1986), pur essendo molto dettagliato (egli stesso definisce il suo<br />

metodo<br />

“microanalysis of communication”; Bull, 2002, p. 1), presenta comunque alcuni limiti<br />

metodologici: oltre a trattare un singolo <strong>di</strong>scorso, peraltro tenuto da un politico molto espressivo<br />

68


dal punto <strong>di</strong> vista gestuale, come lo definisce lo stesso autore, propone una descrizione molto<br />

sommaria dei gesti prodotti dall’oratore, senza riferimento a categorie specifiche analizzate e<br />

descritte nella letteratura <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sulla comunicazione non verbale in generale e su quella<br />

gestuale in particolare (presentati nell’introduzione generale<br />

del presente lavoro).<br />

Uno stu<strong>di</strong>o su quali tra le varie categorie <strong>di</strong> gesti possano rendere maggiormente<br />

persuasivo un <strong>di</strong>scorso politico è quello <strong>di</strong> Argentin et al. (1990). Anche questi autori hanno<br />

basato il loro stu<strong>di</strong>o su un singolo caso: un uomo politico durante la preparazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso<br />

in un congresso ove l’obiettivo era la conquista della presidenza del partito, in Francia. Gli autori<br />

hanno video-registrato il <strong>di</strong>scorso del politico così come<br />

gli veniva naturalmente; in seguito<br />

hanno addestrato il politico a registrare lo stesso <strong>di</strong>scorso politico mantenendo immutato il<br />

registro verbale (parole e intonazione), ma cambiando<br />

la propria gestualità con un aumento del<br />

numero <strong>di</strong> gesti metaforici, un ri<strong>di</strong>mensionamento dei gesti ritmici (chiamati dagli autori gesti <strong>di</strong><br />

interpunzione) e l’eliminazione dei gesti auto-adattatori. Dal punto <strong>di</strong> vista applicativo<br />

dell’intervento, il politico, pronunciando il suo <strong>di</strong>scorso così rielaborato al congresso, ottenne<br />

la<br />

presidenza del partito; dal punto <strong>di</strong> vista dello stu<strong>di</strong>o sperimentale, i due <strong>di</strong>scorsi registrati furono<br />

entrambi fatti giu<strong>di</strong>care a un piccolo campione <strong>di</strong> studentesse <strong>di</strong> psicologia. L’ipotesi era che il<br />

<strong>di</strong>scorso tenuto dal politico nella seconda registrazione risultasse o fosse percepito come<br />

maggiormente persuasivo e ricevesse maggiori consensi rispetto al primo, più naturale, in cui non<br />

c’era stato un controllo sulle categorie <strong>di</strong> gesti da utilizzare. Infatti, secondo gli autori, i gesti<br />

ritmici perdono parte del loro potere d’impatto se troppo ripetuti,<br />

mentre i gesti adattatori<br />

danneggiano, quando troppo numerosi e sistematici, specialmente in situazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

pubblico, la cre<strong>di</strong>bilità dell’oratore e del <strong>di</strong>scorso. L’aumento dei gesti metaforici porterebbe<br />

in vece a una <strong>di</strong>sambiaguazione del <strong>di</strong>scorso: attraverso il gioco dell’accentuazione metaforica<br />

durante un’argomentazione, infatti, verrebbe velato il carattere persuasivo perseguito<br />

dal<br />

messaggio (rivelato invece dai gesti ritmici). I risultati mostrarono un effetto<br />

significativo<br />

del<br />

<strong>di</strong>verso utilizzo dei gesti: il <strong>di</strong>scorso rielaborato grazie alla mo<strong>di</strong>fica dei tipi <strong>di</strong> gesti<br />

utilizzati<br />

comportò un aumento significativo della persusività attribuita al messaggio in generale e alla<br />

gestualità<br />

in particolare.<br />

Diverse ricerche hanno dunque sottolineato l’importanza del ruolo dei gesti delle mani nel<br />

sostenere la retorica verbale, ma la quasi totalità <strong>di</strong> queste ricerche, tuttavia, si è basata su singoli<br />

<strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> politici, facendo riferimento solo a pochi tra i <strong>di</strong>spositivi retorici presenti in letteratura<br />

e soltanto ad alcune categorie <strong>di</strong> gesti delle mani (e in particolare mai a una classificazione<br />

esaustiva).<br />

In letteratura, dunque, le funzioni <strong>di</strong>scorsive e retoriche dei gesti sono state spiegate quasi<br />

esclusivamente in maniera qualitativa. Solo recentemente, nella ricerca psicologico-sociale, i<br />

gesti sono stati considerati in modo più sistematico<br />

nella loro coor<strong>di</strong>nazione col comportamento<br />

verbale<br />

(per esempio, Contento, 1999; Kendon, 1985; McNeill, 1985; Rimè, Schiaratura, 1991),<br />

sebbene per lo più in situazioni <strong>di</strong> monologo in laboratorio più che <strong>di</strong> interazione <strong>di</strong>a<strong>di</strong>ca o <strong>di</strong><br />

gruppo.<br />

4.2 Obiettivi<br />

In riferimento a quanto esposto, l’obiettivo generale <strong>di</strong> questo secondo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare, descrivere e verificare statisticamente le co-occorrenze tra alcuni aspetti della<br />

comunicazione verbale e la<br />

gestualità delle mani, al fine <strong>di</strong> comprendere le funzioni retoriche,<br />

<strong>di</strong>scorsive<br />

e d’interazione dei gesti usati durante l’eloquio.<br />

Utilizzando gli stessi contesti d’interazione impiegati per lo stu<strong>di</strong>o precedente, sono stati<br />

co<strong>di</strong>ficati, oltre ai gesti delle mani, anche i principali marcatori <strong>di</strong>scorsivi (Bazzanella, 1994) –<br />

69


con funzioni metatestuali, <strong>di</strong> coesione sociale, <strong>di</strong> gestione dell’interazione – e i <strong>di</strong>spositivi retorici<br />

(Atkinson,<br />

1984; Edwards, Potter, 1992) – con riferimento, ad esempio, a lista tripartita,<br />

formulazione<br />

estrema, contrasto, metafora, ecc.<br />

Nello specifico l’obiettivo è verificare se esiste una co-occorrenza statisticamente<br />

significativa tra le <strong>di</strong>verse categorie<br />

<strong>di</strong> gesti delle mani e alcuni specifici aspetti <strong>di</strong>scorsivi e<br />

linguistici<br />

della comunicazione verbale in <strong>di</strong>versi contesti sociali.<br />

Gli obiettivi, dunque, sono <strong>di</strong> verificare la significatività statistica delle corrispondenze:<br />

1. tra le <strong>di</strong>verse categorie dei gesti e i marcatori con funzione <strong>di</strong>scorsiva e, a livello<br />

esplorativo, le eventuali <strong>di</strong>fferenze tra i contesti in tali corrispondenze.;<br />

2. tra le <strong>di</strong>verse categorie dei gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici e, a livello esplorativo tra singole<br />

categorie e singoli <strong>di</strong>spositivi retorici, in <strong>di</strong>versi contesti <strong>di</strong> comunicazione<br />

persuasiva;<br />

Le ipotesi sono<br />

le seguenti (formulate sulla base delle evidenze qualitative <strong>di</strong>sponibili in<br />

letteratura<br />

e citate in parentesi <strong>di</strong> volta in volta):<br />

1. esistono corrispondenze significative tra <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> gesti e marcatori con<br />

<strong>di</strong>verse funzioni <strong>di</strong>scorsive, in particolare:<br />

a. tra gesti coesivi e marcatori con funzione metatestuale <strong>di</strong> demarcazione del testo (cfr.<br />

Contento, 1999b; McNeill, 1992);<br />

b. tra gesti ritmici e marcatori con funzione metatestuale <strong>di</strong> focalizzazione<br />

(cfr.Atkinson, 1984; Bull, 2002);<br />

c. tra gesti adattatori e marcatori con funzione <strong>di</strong> gestione dell’interazione e <strong>di</strong> coesione<br />

sociale e l’assenza <strong>di</strong> parlato (cfr. Bonaiuto et al., 2002; Ekman, Friesen, 1969);<br />

d. tra gesti ideativi e parlato (contenuto proposizionale) in assenza <strong>di</strong> marcatori ( cfr.<br />

Ekman, Friesen, 1969).<br />

2. esistono corrispondenze significative tra alcune categorie <strong>di</strong> gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici<br />

caratteristici della comunicazione oratoria, in particolare:<br />

a. tra gesti ritmici e <strong>di</strong>spositivi retorici (cfr. Atkinson, 1984; Bull, 1986);<br />

b. tra gesti illustratori e <strong>di</strong>spositivi retorici (cfr. Ekman, Friesen, 1969).<br />

La verifica delle associazioni sopra ipotizzate consentirà, come conseguenza, <strong>di</strong> identificare<br />

i profili comunicativi più frequentemente utilizzati dalle persone, sulla base delle caratteristiche<br />

verbali e gestuali analizzate, nei <strong>di</strong>versi contesti presi in esame: dalle interazioni in cui bisogna<br />

prendere decisioni, alle interviste politiche televisive, agli interrogatori “naturali”<br />

o simulati; tutti<br />

contesti,<br />

cioè, ove si assume che uno <strong>degli</strong> scopi principali sia quello <strong>di</strong> risultare cre<strong>di</strong>bili e<br />

persuasivi.<br />

L’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> questi stili verbali-gestuali va intesa anche come tappa<br />

preparatoria in vista della creazione dell’impianto sperimentale necessario alla conduzione dello<br />

stu<strong>di</strong>o<br />

successivo.<br />

4.3 Metodo<br />

Contesti e soggetti<br />

I contesti e i soggetti sono gli stessi dai quali, nello stu<strong>di</strong>o precedente, sono stati<br />

selezionati i 20 minuti sui quali è stata effettuata l’analisi dell’atten<strong>di</strong>bilità della tassonomia dei<br />

gesti. Per semplificare<br />

il lavoro <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei gesti in coor<strong>di</strong>nazione e co-occorrenza al parlato<br />

(ve<strong>di</strong><br />

Procedura), non sono state considerate le simulazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione in gruppo, ipotizzando<br />

che il tipo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione<br />

tra verbale e gestuale sia simile al contesto <strong>di</strong> simulazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione<br />

in <strong>di</strong>ade, data la somiglianza <strong>degli</strong> stimoli (argomenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione) e delle<br />

situazioni sperimentali tra i due contesti (<strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong> tipo cooperativo senza leader<br />

70


prestabilito). In questo stu<strong>di</strong>o, dunque, i contesti utilizzati sono quattro: due “naturali” e due<br />

“simulati”<br />

(per la descrizione dei contesti si rimanda al capitolo precedente).<br />

La durata totale delle interazioni comunicative in ciascun contesto è <strong>di</strong> circa 100 minuti<br />

primi, per un totale <strong>di</strong> circa 400 minuti<br />

osservati co<strong>di</strong>ficati e analizzati (426 min.).<br />

Procedura<br />

L’interazione comunicativa è stata co<strong>di</strong>ficata attraverso un sistema <strong>di</strong> trascrizione che<br />

integra il sistema jeffersoniano (Jefferson, 1985) della co<strong>di</strong>fica del<br />

verbale e del vocale con un<br />

sistema <strong>di</strong> trascrizione che consente <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficare<br />

il comportamento gestuale dei soggetti<br />

parallelamente<br />

al parlato, utilizzando linee <strong>di</strong> trascrizione alternate.<br />

Il sistema <strong>di</strong> trascrizione, messo a punto appositamente, consente <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficare il<br />

comportam ento gestuale dei soggetti parallelamente al parlato, perciò è possibile osservare e<br />

co<strong>di</strong>ficare le categorie <strong>di</strong> gesti che vengono eseguite sia dal parlante che dall’ interlocutore in<br />

conco mitanza al parlato. La logica alla base <strong>di</strong> tale sistema considera i gesti com e un aspetto del<br />

comportamento non verbale che si sovrappone al comportamento verbale, quin<strong>di</strong> per ogni riga <strong>di</strong><br />

parlato è inserita una r iga, in cui sono trascritti i gesti eseguiti dal parlante e una riga (successiva<br />

alla precedente), i n cui sono tras critti i gesti eseguiti<br />

dall’interlocu tore, in corrisponde nza a quella<br />

porzione <strong>di</strong> parlat o.<br />

La sovrapposizione tra gesti<br />

e parole viene in<strong>di</strong>cata con una parentesi quadra,<br />

in linea con la simbologia utilizzat a nelle trascrizion i per il comportamento verbale ( Aiello,<br />

Fasulo, 1994); per i ges ti eseguiti dal parlante, la sovrapposiz ione ([ ) è in<strong>di</strong>c ata sia nella porzione<br />

<strong>di</strong> parlato, sia nella riga del comporta mento gestuale specificando in que st’ultima il tipo <strong>di</strong><br />

gesto<br />

identificato; mentre per i gesti eseguiti dall’ interlocutore la sovrapposizione viene in<strong>di</strong>cata, per<br />

motivi <strong>di</strong> leggibilità<br />

del trascritto, solo nella riga del comportamento gestuale.<br />

Nell’estratto<br />

1 viene mostrato un esempio <strong>di</strong> tale sistema <strong>di</strong> trascrizione.<br />

Estratto 1 (simulazione n. 10 s.t., righe 105-115).<br />

105 B: [cioè, a parte che lui è più bravo][però se c’è uno stipen<strong>di</strong>o fisso<br />

106 [ mt ][ ic<br />

107 A [ oa ]<br />

108 [vuol <strong>di</strong>re che la giornata tu la devi lavo-cioè devi stare<br />

in<br />

109 B [ r<br />

110 ufficio. Per qualsiasi cosa tu devi stare lì] (.) [cioè lui non è che<br />

111 r ] [ mu<br />

112 A [ oa ]<br />

113 è: bra:vo][un<br />

giorno][e poi si va a fare le vacanze una settimana.]<br />

114 B mu ][ ic ][ mu ]<br />

115 A [ au<br />

Come si può vedere da questo esempio, in corrispondenza al parlato nella riga 105, sia il<br />

parlante sia l’interlocutore compiono dei gesti (righe 106, 107); i gesti compiuti dal parlante sono<br />

in<strong>di</strong>cati nella prima riga (106) ove non è specificato il nome del soggetto che compie il gesto<br />

(soggetto B) poiché è già in<strong>di</strong>cato nella riga sovrastante (105); il parlante che prende il turno <strong>di</strong><br />

parola è contrassegnato con carattere in grassetto, per <strong>di</strong>stinguerlo dai soggetti (interlocutori) che<br />

effettuano i gesti durante il turno del parlante, i quali invece sono in<strong>di</strong>cati con carattere normale.<br />

Nell’estratto, il parlante, soggetto B, prende il turno e, in corrispondenza della prima parte del suo<br />

turno (“cioè, a parte che lui è più bravo”) compie un gesto<br />

metaforico (mt), contemporaneamente<br />

(la sovrapposizione<br />

è in<strong>di</strong>cata con la parentesi quadra), l’interlocutore, il soggetto A, effettua un<br />

gesto oggetto-adattatore (oa), in<strong>di</strong>cato nella riga successiva (107) a quella del comportamento<br />

gestuale del parlante.<br />

Di seguito vengono riportati in modo schematico tutti i criteri<br />

messi a punto per utilizzare e<br />

leggere<br />

tali trascritti.<br />

71


1. La presa <strong>di</strong> turno <strong>di</strong> un parlante viene contrassegnata con il grassetto (A, B, …).<br />

2. Il turno “gestuale” dell’interlocutore viene in<strong>di</strong>cato semplicemente con la lettera maiuscola (A,<br />

B), con carattere normale, al fine <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>stinguere facilmente righe con il comportamento<br />

verbale<br />

da quelle con il comportamento non verbale.<br />

3. A ogni riga <strong>di</strong> verbale corrispondono: una riga per il comportamento gestuale del parlante, solo<br />

se tale comportamento è presente e eventuali righe per registrare il comportamento gestuale <strong>degli</strong><br />

interlocutori, se presente.<br />

4. Per il parlante la sovrapposizione tra verbale e gestuale viene in<strong>di</strong>cata su entrambe le righe con<br />

la parentesi quadra, mantenendo l’allineamento fra esse.<br />

5. Per i gesti effettuati dall’interlocutore, la sovrapposizione con il verbale viene in<strong>di</strong>cata, con la<br />

parentesi quadra, solo nella riga del gestuale.<br />

6. In caso <strong>di</strong> sovrapposizione multipla, cioè casi ove a una sovrapposizione verbale-verbale, si<br />

aggiunge anche una sovrapposizione verbale-gestuale, la porzione <strong>di</strong> parlato interessata sarà<br />

contrassegnata<br />

con una doppia parentesi quadrata, una per il verbale e una per il gestuale.<br />

7. Quando il parlante effettua dei gesti non viene specificato il soggetto del comportamento<br />

gestuale, poiché questa sarebbe un’informazione ridondante, in quanto è lui stesso che detiene il<br />

turno; mentre viene sempre in<strong>di</strong>cato il soggetto quando è l’interlocutore a compiere dei gesti.<br />

8. Le parentesi quadre, in<strong>di</strong>canti la presenza <strong>di</strong> un gesto contemporaneo al parlato, vengono<br />

chiuse solo quando il gesto è terminato.<br />

L’estratto 2 illustra alcuni casi <strong>di</strong> sovrapposizione multipla.<br />

Estratto 2 (simulazione n. 10 s.t., righe 717-724).<br />

717 A: si però [tu] non puoi scrivere [sopra: (.) quel [noi abbia-]<br />

718 [d ] [ d ]<br />

719 B: [[noi ALL’AZIENDA]<br />

720 [ va1<br />

721 dobbiamo dare] la soluzione all’azienda [[quin<strong>di</strong> ci possiamo scrivere]]<br />

722 va1 ]<br />

[ d ]<br />

723 A: [ah ah ah è vero [ciai ragione]]<br />

724 [ oa ]<br />

Come si p uò notare nell’esempio dalla<br />

riga 717-719, c’è una sovrapposizione nel<br />

comportamento verbale: mentre A sta <strong>di</strong>cendo “sopra: (.) noi abbia-” sta effettuando un gesto<br />

deittico (d), su “noi abbia-” si sovrappone verbalmente B che <strong>di</strong>ce “noi all’azienda” (il carattere<br />

maiuscolo segnala che è pronunciato con un aumen to <strong>di</strong> volume) e contem poraneamente compie<br />

un gesto “vassoio” (va1). Come si può vedere dal trascritto nella riga 719 sono presenti due<br />

parentesi quadre, la prima si riferisce alla sovrapposizione verbale-gestuale , la seconda invece si<br />

riferisce alla sovrapposizione verbale-verbale.<br />

Anche nelle righe 721-723 abbiamo un caso <strong>di</strong> sovrapposizione multipla: in questo caso<br />

è B<br />

che detiene il turno e A si sovrappone inizialmente solo verbalmente e successivamente<br />

effettuando anche un gesto. Nella riga 721 le due sovrapposizioni, verbale-verbale e verbalegestuale,<br />

coincidono perfettamente, cioè nella porzione <strong>di</strong> parlato in cui si sovrappone<br />

verbalmente A, c’ è una sovrapposizione del<br />

verbale-gestuale <strong>di</strong> B, e anche una sovrapposizione<br />

verbale–gestuale <strong>di</strong> A.<br />

In tal modo è stato possibile trascrivere dettagliat amente le categorie dei gesti che vengono<br />

eseguite sia dal parlante sia dall’interlocutore in co-occorenza al parlato e, quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>viduare le<br />

co-occorrenze stesse tra le <strong>di</strong>verse categorie dei gesti e i <strong>di</strong>versi marcatori <strong>di</strong>scorsivi , nonché tra<br />

gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici.<br />

72


4.4 Variabili<br />

In questo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tipo correlazionale, per variabili si intendono i <strong>di</strong>versi aspetti verbali e le<br />

categorie gestuali che sono state co<strong>di</strong>ficate a partire dai trascritti appena descritti e <strong>di</strong> cui sono<br />

state in<strong>di</strong>viduate le co-occorrenze.<br />

Variabili gestuali<br />

La gestualità delle mani è stata co<strong>di</strong>ficata conformemente al sistema <strong>di</strong> categorie basato<br />

sulla tassonomia dei gesti verificata nel precedente stu<strong>di</strong>o. A ogni gesto osservato, dunque, è stato<br />

assegnato un co<strong>di</strong>ce corrispondente alla categoria <strong>di</strong> riferimento che è poi stato impiegato<br />

all’interno del trascritto dell’interazione verbale (cfr. Estratti 1 e 2).<br />

Variabili<br />

verbali<br />

In riferimento alle ricerche presenti in letteratura – che hanno stu<strong>di</strong>ato la coor<strong>di</strong>nazione tra<br />

il linguaggio parlato e la gestualità delle mani prendendo in considerazione i marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

(Contento, 1999b), o i <strong>di</strong>spositivi retorici (Atkinson, 1984; Bull, 1986) – e allo scopo <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>re la conoscenza delle funzioni comunicative dei gesti, sono state co<strong>di</strong>ficate, sempre<br />

all’interno del trascritto, le variabili verbali elencate<br />

<strong>di</strong> seguito.<br />

1) Marcatori <strong>di</strong>scorsivi, come descritti da Bazzanella (1994) e presentati dettagliatamente<br />

nella parte introduttiva, per quanto riguarda la struttura del <strong>di</strong>scorso:<br />

a. funzioni interattive, relative alla gestione del turno (turn-taking, mantenimento,<br />

cessione), e dei feedback (richiesta e conferma);<br />

b. funzioni <strong>di</strong> coesione sociale, relative ai fatismi e ai meccanismi <strong>di</strong> modulazione;<br />

c. funzioni meta<strong>di</strong>scorsive <strong>di</strong> demarcazione, <strong>di</strong> focalizzazione, <strong>di</strong> riformulazione. Si è deciso <strong>di</strong> scegli ere la classificazione <strong>di</strong> Bazzanella (1994), rispetto ad altre citate e<br />

descritte precedentemente, poiché, essen do in lingua itali ana, rende più semplice la<br />

co<strong>di</strong>fica su materiale conversazionale nella stessa l ingua; inoltre è sembrata,<br />

tra le<br />

classificazioni<br />

italiane,<br />

la più completa poiché considera sia gli aspetti <strong>di</strong>scorsivi sia<br />

quelli<br />

interazionali<br />

e sociali.<br />

2) Dispositivi retorici (Atkinson, 1984; Edwards, Potter, 1992) che riguardano la modalità<br />

<strong>di</strong> presentazione del contenuto verbale, descritte nella parte introduttiva del capitolo, con<br />

riferimento a: lista tripartita, formulazione estrema, contrasto, umorismo, metafora,<br />

espressione proverbiale, uso <strong>di</strong> pronomi in prima persona plurale.<br />

4.5 Analisi dei dati<br />

I dati così co<strong>di</strong>ficati sono stati raccolti in tabelle a doppia entrata per ciascun contesto. Sono<br />

state effettuate delle analisi delle corrispondenze tra le categorie <strong>di</strong> espressioni verbali e le<br />

categorie<br />

dei gesti delle mani, tramite modelli log-lineari, test del chi-quadrato e analisi dei<br />

residui standard e/o corretti, al fine <strong>di</strong> verificare l’esistenza <strong>di</strong> corrispondenze stabili e quin<strong>di</strong><br />

statisticamente significative.<br />

4.6 Risultati<br />

4.6.1 Obiettivo 1<br />

i seguito è riportata la tabella con le frequenze osservate e i residui standard delle cooccorrenze<br />

tra categorie <strong>di</strong> gesti e marcatori <strong>di</strong>scorsivi in tutti i quattro contesti e il valore del X 2<br />

D<br />

73


dell’associazione.<br />

Come mostrato in Tabella XI, l’associazione tra gesti e marcatori <strong>di</strong>scorsivi (ipotesi 1 dello<br />

stu<strong>di</strong>o) risulta ampiamente <strong>di</strong>m ostrata (X )=107 01) quatt sti<br />

d’interazione sociale analizzati.<br />

frequenz ssociazio ervate in ciascuna cella, si è ritenuto opportuno<br />

applicare il test <strong>di</strong> Bonferroni, che, ponend ivello <strong>di</strong> sig atività ugua /n.ro delle celle,<br />

e ggette a er Se si cons α<br />

ificativi sono per z >⏐3.29⏐ p


esiste una <strong>di</strong>fferenza tra i contesti nell’associazione gesti/marcatori. Dall’analisi si è reso<br />

necessario eliminare il contesto delle simulazioni <strong>di</strong> interrogatori, il quale presentava un numero<br />

<strong>di</strong> associazioni troppo basse e <strong>di</strong>verse celle con n=0.<br />

miglior modello <strong>di</strong> fit è risultato quello saturo [MGC] (Marcatori x Gesti x Contesti)<br />

2<br />

(0) = 0, n.s., N = 20514; per gli altri modelli subor<strong>di</strong>nati gerarchicamente p


probabilmente perché è un conteso in cui la conversazione è già strutturata nella sequenza<br />

domanda-risposta; inoltre gli adattatori, <strong>di</strong>versamente dai risultati generali e dalle<br />

ipotesi, non<br />

risultano associati ai marcatori <strong>di</strong> interazione e coesione sociale, probabilmente<br />

perché la<br />

relazione non è uno <strong>degli</strong> obiettvi generali dell’interrogatorio da parte <strong>di</strong> entrambi<br />

gli interagenti.<br />

Si può notar e, in più, l’associazione, non ipotizzata e <strong>di</strong>fferente dai risultati generali, tra coesivi e<br />

marcatori <strong>di</strong> coesione sociale nei contesti <strong>di</strong> simulazione; probabilmente in questi contesti il<br />

mantenimento della relazione è maggiormente funzionale rispetto all’obiettivo stesso<br />

dell’interazione<br />

comunicativa (accordarsi per prendere una decisione) in confronto agli altri<br />

contesti e i gesti coesivi si trovano ad avere, oltre che una funzione intra-<strong>di</strong>scorsiva <strong>di</strong> coesione<br />

del testo verbale, anche una funzione inter-<strong>di</strong>scorsiva <strong>di</strong> coesione della relazione sociale.<br />

Obiettivo 2.<br />

Anche per lo stu<strong>di</strong>o delle corrispondenze tra gesti delle mani e retorica nei medesimi<br />

contesti sono state effettuate delle anali del chi-quadrato e dei residui corretti. La Tabella XIII<br />

mostra le frequenze grezze e i residui corretti delle associazioni tra le categorie generali dei gesti<br />

e i <strong>di</strong>spositivi retorici in tutti i quattro contesti. L’associazione tra le due variabili (ipotesi 2 dello<br />

stu<strong>di</strong>o) risulta significativa (X 2 (3)=89.5, p


Tabella XIV. Associazione tra gesti e retorica con le categorie specifiche dei gesti ideativi e le categorie generali<br />

<strong>degli</strong> altri gesti, in tutti i contesti osservati: frequenze grezze, residui corretti e valore del X 2 .<br />

Gesti coesivi ritmici illustratori emblematici adattatori<br />

Retorica<br />

Presente f 376 404 1194<br />

63 318<br />

z 1.14 -2.91* 8.51** -2.04 -7.84**<br />

Assente f<br />

2230 2918 6124 517 3018<br />

z<br />

2<br />

X (4)=103, p⏐2.58⏐.<br />

Oltre<br />

alle associazioni già rilevate nella precedente Tabella XII (associazioni<br />

negative<br />

dei gesti ritmici<br />

e adattatori con i <strong>di</strong>spositivi retorici), è possibile osservare, a ulteriore conferma dell’ipotesi 2b,<br />

l’associazione<br />

positiva significativa dei gesti illustratori con i <strong>di</strong>spositivi retorici (z = 8.51,<br />

p


metaforici alla formulazione estrema (z = 2.59, p


Estratto 6: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 04/05/2001, righe 404-407 (mt: metaforico, r: ritmico)<br />

404 [non è giusto.] [ecco perché: bisogna] [separa:re.]<br />

405 [ mt ] [ r ] [ mt ]<br />

406 [MA NON per andare contro,] gli uni o gli=altri.<br />

407 [ mt ]<br />

I gesti adattatori sono risultati associati significativamente<br />

a marcatori <strong>di</strong>scorsivi<br />

d’interazione con funzione <strong>di</strong> gestione della conversazione e <strong>di</strong> coesione sociale, nonché<br />

all’assenza <strong>di</strong> parlato.<br />

A conferma del ruolo non <strong>di</strong>scorsivo tra<strong>di</strong>zionalmente ascritto ai gesti<br />

adattatori, in questo<br />

stu<strong>di</strong>o è emersa la forte associazione significativa tra gesti adattatori<br />

e pause<br />

nel parlato (dunque<br />

assen za <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso; cfr., Estratto 7). Ciò, oltre a confermare il criterio tassonomico adottato<br />

(adattatori come gesti non necessariamente connessi al <strong>di</strong>scorso), consente anche <strong>di</strong> interpretare i<br />

momenti <strong>di</strong> pausa, tra i parlanti o all’interno dei turni stessi, come momenti <strong>di</strong> imbarazzo<br />

conversazionale<br />

(cfr., ad esempio, Sacks, Schegloff, Jefferson, 1974). Bisogna inoltre ricordare<br />

che le pause intra-turno sono state anche considerate come momenti <strong>di</strong> elaborazione cognitiva<br />

della costruzione lessicale del testo del <strong>di</strong>scorso verbale (Goldman-Eisler, 1954) o ancora come<br />

segnalatori <strong>di</strong> enfasi del <strong>di</strong>scorso (Sacks et al., 1974; Tanner, 1985). Nel primo<br />

caso, si<br />

confermerebbe<br />

la loro funzione classica, intrapersonale, in quanto “alleggerirebbero” la tensione<br />

dovuta a tale sforzo cognitivo; nel secondo caso, invece, si potrebbe arrivare a ipotizzare una<br />

funzione in<strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong>scorsiva del gesto adattatore perché co-occorrente a una pausa intraturno<br />

finalizzata a dare maggiore enfasi al <strong>di</strong>scorso complessivo in atto.<br />

Evidenze <strong>di</strong> possibili funzioni <strong>di</strong>scorsive dei gesti adattatori possono essere considerate<br />

anche le altre due associazioni dei gesti adattatori (coi marcatori <strong>di</strong>scorsivi d’interazione con<br />

funzione <strong>di</strong> gestione della conversazione e <strong>di</strong> coesione sociale; cfr., Estratti 7 e 8): tale risultato<br />

in<strong>di</strong>cherebbe che durante l’interazione sociale i momenti <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong> una relazione sociale e <strong>di</strong><br />

una conversazione probabilmente si accompagnano a particolari stati emotivi (ansia, tensione,<br />

imbarazzo),<br />

se assumiamo dalla letteratura che i gesti adattatori hanno tipicamente questa<br />

funzione (Ekman, Friesen, 1969). Tale tipo <strong>di</strong> gesto, usato in questi momenti particolari, con la<br />

suddetta funzione “intrapersonale”, verrebbe a co-occorrere a una funzione interpersonale,<br />

<strong>di</strong>scorsiva, realizzata tramite dei marcatori verbali. In tal modo, quin<strong>di</strong>, aspetti o funzioni<br />

intrapersonali potrebbero venire ad assumere anche funzioni interpersonali, ammesso che tale<br />

segnale non verbale possa essere interpretato dall’interlocutore anche in funzione <strong>di</strong> gestione<br />

dell’interazione e <strong>di</strong> coesione sociale in virtù delle sue co-occorrenze verbali. Risultati che<br />

possono andare nella stessa <strong>di</strong>rezione teorica sono stati ottenuti anche stu<strong>di</strong>ando gli aspetti verbali<br />

e gestuali con ottica sequenziale, anziché <strong>di</strong> co-occorrenza, entro le <strong>di</strong>namiche sequenziali<br />

domanda-risposta (Gnisci, Maricchiolo, Bonaiuto, manoscritto non pubblicato). Tuttavia una più<br />

corretta interpretazione <strong>di</strong> tali fenomeni a supporto <strong>di</strong> possibili funzioni <strong>di</strong>scorsive e<br />

interpersonali dei gesti adattatori richiederebbe una <strong>di</strong>samina più sofisticata che cogliesse, oltre al<br />

processo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica, anche il processo <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica dell’interlocutore <strong>di</strong>stinguendo il contributo<br />

relativo <strong>degli</strong> aspetti verbali e <strong>di</strong> quelli non verbali. Tali riflessioni offrono comunque un<br />

suggerimento all’approfon<strong>di</strong>mento dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> gesti e alle sue funzioni,<br />

soprattutto in campo psicologico-sociale e/o<br />

psicolinguistico: lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tale tipo <strong>di</strong> gesti, in<br />

quanto<br />

espressione <strong>di</strong> stati emotivi, infatti, era stato finora tenuto in maggiore considerazione, più<br />

che altro, da campi della psicologia ad in<strong>di</strong>rizzo in<strong>di</strong>vidualista e/o evolutivo, i quali hanno poco<br />

considerato la eventuale funzione interattiva dei gesti adattatori.<br />

79


Estratto 7: TG 5 INTERVISTE a S. Berlusconi, 03/05/2001, righe 137-140 (oa: oggetto-adattatore; d: deittico; r:<br />

ritmico; dc: deittico coesivo)<br />

137 B: [beh io] [ho avuto] m:odo <strong>di</strong> leggerlo: [(.)] [una<br />

138 [ oa ] [ d ] [ oa] [ d<br />

139 notte,] [eh- ho fatto] [molte osservazioni:.]<br />

140 ] [ r ] [ dc ]<br />

Estratto 8: TG 5 INTERVISTE a S. Berlusconi, 03/05/2001, righe 209-212 (oa: oggetto-adattatore; d: deittico)<br />

209 [e tante altre cose.] [.h quando sono entrato] [nel<br />

210 [ d ] [ d ] [ oa<br />

211 mondo dello sport,] [lei] [lo deve ben ricordare:,<br />

212 ] [ d ] [ oa<br />

L’associazione significativa tra gesti ideativi e parlato in assenza <strong>di</strong> marcatori conferma la<br />

funzione principale <strong>di</strong> tali gesti, che consiste nell’illustrazione del contenuto verbale delle<br />

espressioni comunicative (cfr. Ekman, Friesen, 1969; Kendon, 1983, 1995) e non nella<br />

strutturazione del <strong>di</strong>scorso, né nella gestione dell’interazione conversazionale o della relazione<br />

sociale, le quali sono segnalate dai marcatori <strong>di</strong>scorsivi analizzati nello stu<strong>di</strong>o. I gesti ideativi<br />

avrebbero dunque la stessa funzione che nella comunicazione verbale hanno i verbi, cioè la<br />

descrizione <strong>di</strong> stati o azioni, e i nomi, vale a <strong>di</strong>re la descrizione <strong>di</strong> oggetti, persone, concetti,<br />

luoghi, eccetera, nonché alcuni avverbi <strong>di</strong> tempo (es. ieri, poi, ecc.) e <strong>di</strong> luogo (qui, sopra, ecc.), i<br />

quali illustrano una posizione spazio-temporale descrivibile anche visivamente attraverso forme e<br />

movimenti delle mani, dunque gesti.<br />

Per quanto riguarda i gesti ideativi, infatti, dato il loro legame con il contenuto verbale della<br />

comunicazione, era stata ipotizzata un’associazione significativa con i <strong>di</strong>spositivi retorici, in<br />

quanto forma espressiva particolarmente efficace, ancorchè non esclusiva, per esporre dei<br />

contenuti. Questa ipotesi è stata confermata dai risultati delle analisi che rivelano associazioni<br />

significative tra gesti ideativi, in particolare gesti illustratori, e presentazione tramite <strong>di</strong>spositivi<br />

retorici dei contenuti.<br />

Per quanto riguarda l’associazione tra gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici, infatti, le ipotesi che<br />

hanno guidato il presente stu<strong>di</strong>o sono confermate solo in parte. Infatti, i <strong>di</strong>spositivi retorici sono<br />

risultati associati positivamente ai gesti illustratori, come ipotizzato, e negativamente ai gesti<br />

ritmici (contrariamente alle ipotesi suggerite dalla letteratura: Atkinson, 1984; Bull, 1986;<br />

Heritage, Greatbatch, 1986, probabilmente perche questi gesti sono risultati essere associati alla<br />

struttura del <strong>di</strong>scorso più che al contenuto) e ai gesti adattatori.<br />

Nello specifico, i gesti iconici vengono associati significativamente alla lista (cfr.,<br />

Estratto9), <strong>di</strong>spositivo retorico che permette <strong>di</strong> elencare tre o più elementi argomentativi<br />

(Atkinson, 1984): i gesti iconici aiuterebbero dunque l’illustrazione e la rappresentazione<br />

iconografica <strong>di</strong> tali elementi (McNeill, Levy, 1993).<br />

Estratto 9: PORTA A PORTA, intervista a S. Berlusconi 08/05/2001, righe 1230-1235 (nr: non ripreso; r: ritmico; ic:<br />

iconico)<br />

1230 che il presidente del consiglio in italia,] [non ha<br />

1231 nr ] [<br />

1232 nessun pote:re,] se non quello <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere- eh=eh [il<br />

1233 r ] [<br />

1234 prora:mma,] [l'or<strong>di</strong>ne del gio:rno,] [del consiglio]<br />

1235 ic ] [ ic ] [ mt ]<br />

L’associazione tra gesti metaforici e l’uso <strong>di</strong> metafore (cfr., Estratto 10) <strong>di</strong>mostra la<br />

funzione <strong>di</strong> questi gesti che come il <strong>di</strong>spositivo retorico in questione utilizza una analogia (in<br />

80


questo caso figurativa) per rappresentare un concetto, allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sambiguare il contenuto<br />

nell’espressione verbale (Argentin et al., 1990); lo stesso vale per l’associazione<br />

con la<br />

formulazione estrema (Estratto 11), in cui possono<br />

presentarsi avverbi e aggettivi (spesso in<br />

forma<br />

superlativa), illustrabili più facilmente attraverso metafore figurative che attraverso<br />

immagini iconografiche<br />

delle parole stesse.<br />

Estratto<br />

10: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 10/05/2001, righe 143-407 (mt: metaforico; d: deittico)<br />

143 interno [molto più grosse,] vedete, [cossiga che già<br />

144 [ d ] [<br />

145 sbatte la porta,] [la lega] che non si capisce (.)<br />

146 mt ] [ d ]<br />

147 [se rema a favore] [o se remi co:ntro:,]<br />

148<br />

[ mt ] [ mt ]<br />

Estratto 11: TG 5 INTERVISTE a S. Berlusconi, 11/05/2001, righe 42-45 (mt: metaforico; r: ritmico)<br />

42 ma [la sinistra,] [ha messo in pie<strong>di</strong>,] [la campa:gna]<br />

43 [ r ] [ mt ] [ r ]<br />

44<br />

elettora:le, [peggiore,] che si sia mai vista.<br />

45 [ mt ]<br />

I gesti deittici sono impiegati significativamente in associazione con l’uso dei pronomi in<br />

prima persona plurale: come suggerito dalla letteratura, i pronomi in prima persona plurale<br />

durante i <strong>di</strong>scorsi segnalano una <strong>di</strong>stribuzione della responsabilità (Wilson, 1990), l’impiego dei<br />

deittici (che puntano a una localizzazione esterna al locatore o al locatore stesso) in associazione<br />

a essi è dunque pienamente coerente con questa associazione e con la definizione stessa <strong>di</strong> questi<br />

gesti: il termine “deissi” (dal greco deìknymi, “mostrare”), infatti, in<strong>di</strong>ca un proce<strong>di</strong>mento<br />

me<strong>di</strong>ante il quale si mette in rapporto l’enunciato con la situazione spazio–temporale in cui si<br />

inserisce, rinviando a referenti <strong>di</strong>versi che, <strong>di</strong> volta in volta, possono essere resi espliciti (Simone,<br />

1995). L’utilizzo della “deissi gestuale” in associazione con pronomi in prima persona plurale<br />

rivela la tendenza da parte del parlante al rinvio (spazio-temporale) a un referente preciso (se<br />

stesso), probabilmente puntando il <strong>di</strong>to o la mano verso <strong>di</strong> sé (questo caso per esempio è stato<br />

osservato qualitativamente in alcune interviste politiche, sebbene non sia stato fatto oggetto<br />

d’analisi quantitativa in questa sede; cfr., Estratti 12 e 13).<br />

Estratto 12: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 04/05/2001, righe 158-161 (d: deittico; r: ritmico)<br />

158 [noi siamo] perché: non si vada [mai, mai, e poi mai,]<br />

159 [ d ] [ r ]<br />

160 ad una [] della sanità. cioè a <strong>di</strong>re.<br />

161 [ r ]<br />

Estratto 13: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 04/05/2001, righe 286-289 (d: deittico; ch: chele-coesivo)<br />

286 [siamo lì.] (…) [le elezio:ni] [le vinceremo] [noi<br />

287 [ d ] [ d ] [ d ] [<br />

288<br />

dell'ulivo,] [


Estratto 14: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 04/05/2001, righe 182-185 (d: deittico; dc: deittico coesivo; te: telaiocoesivo;<br />

e: emblematico)<br />

182 persone anziane.] [questa è una <strong>di</strong>fferenza,]<br />

183 ] [ dc ]<br />

184 [grande,] [tra noi,] [e loro.] [sicurezza.] [basta!]<br />

185 [ d ] [ d ] [ d ] [ te ] [ e ]<br />

Estratto 15: TG 5 INTERVISTE a F. Rutelli, 04/05/2001, righe 384-387 (d: deittico; dc: deittico coesivo)<br />

384 [vede ancora una volta.] [l'italia dei ta:nti,]<br />

385 [ dc ] [ d ]<br />

386 [o l'italia dei pochi,] e del privilegio.<br />

387 [ d ]<br />

L’associazione tra gesti ritmici e contrasto conferma parte dell’ipotesi <strong>di</strong> ricerca tratta da<br />

alcuni stu<strong>di</strong> precedenti, in contesto politico, sull’associazione tra alcuni gesti e i <strong>di</strong>spositivi<br />

retorici<br />

(Atkinson, 1984; Bull, 1986; Maricchiolo, Bonaiuto, 2005): le due parti opposte del<br />

contrasto sono dunque marcate ed enfatizzate non verbalmente oltre che verbalmente.<br />

Un’altra associazione significativa, non ipotizzata in precedenza, ma emersa dalle analisi e<br />

che si ritiene sia rilevante per il presente stu<strong>di</strong>o è quella tra gesti coesivi e utilizzo della lista:<br />

secondo la letteratura sulla retorica nel <strong>di</strong>scorso orale (e.g. Bonaiuto, Fasulo, 1998; Bull, 2002;<br />

De Grada, Bonaiuto, 2002), la lista avrebbe la funzione <strong>di</strong> articolare strutturalmente, elencandole,<br />

tre o più argomentazioni riguardo il tema <strong>di</strong> cui si sta parlando; in questo caso l’utilizzo dei gesti<br />

coesivi, durante l’espressione verbale <strong>di</strong> una lista, confermerebbe la loro funzione nella<br />

strutturazione del <strong>di</strong>scorso e nel conferire continuità, coesione e coerenza ad esso (Contento,<br />

1999b; McNeill, Levy, 1993): i gesti coesivi sosterrebbero quin<strong>di</strong> il legame strutturale, nonché<br />

logico-contenutistico, delle tre o più parti della lista.<br />

Anche per quanto riguarda le associazioni tra gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici, analogamente a<br />

quelle tra gesti e marcatori <strong>di</strong>scorsivi, il risultato inatteso e, in qualche modo, sorprendente<br />

riguarda le associazioni significative dei gesti adattatori con alcuni <strong>di</strong>spositivi retorici. Tra queste,<br />

l’associazione significativa risultata più forte è quella con l’umorismo; questo espe<strong>di</strong>ente<br />

linguistico ha una funzione simile a quella svolta dai marcatori d’interazione e <strong>di</strong> coesione<br />

sociale, cioè quella <strong>di</strong> fungere da facilitatore e regolatore della comunicazione e da pre<strong>di</strong>ttore<br />

dello sviluppo <strong>di</strong> una buona relazione con il proprio interlocutore (Graham et al., 1992): anche in<br />

questo caso possono<br />

essere dunque valide le considerazioni compiute in precedenza per spiegare<br />

l’associazione<br />

tra gesti adattatori e marcatori d’interazione conversazionale e <strong>di</strong> relazione sociale,<br />

vale a <strong>di</strong>re la possibile funzione <strong>degli</strong> adattatori nel regolare gli stati affettivi che<br />

accompagnerebbero la gestione dell’intrerazione. Bisogna tener conto, comunque, che<br />

nell’analisi delle associazioni tra le <strong>di</strong>verse categorie dei gesti e i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>spositivi retorici non<br />

sono stati presi in considerazione i gesti in co-occorrenza con il parlato in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi<br />

retorici, i quali sono, per la maggior parte, gesti adattatori, data l’associazione negativa emersa,<br />

dall’analisi preliminare tra gesti e retorica, tra questa categoria <strong>di</strong> gesti e l’espressione dei<br />

contenuti per mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici.<br />

I risultati dello stu<strong>di</strong>o sulle co-occorrenze tra gesti e <strong>di</strong>spositivi retorici arricchiscono la<br />

letteratura precedente (Atkinson, 1984; Bull, 1986; Heritage, Greatbatch, 1986), la quale si è<br />

basata su singoli <strong>di</strong>scorsi e/o contesti, facendo riferimento solo a pochi tra i <strong>di</strong>spositivi retorici<br />

presenti in letteratura e soltanto ad alcune categorie <strong>di</strong> gesti delle mani, tra l’altro descritti molto<br />

sommariamente (per esempio, “synchronozed”, “bilateral”, “non-contact gestures”, in Bull, 2002,<br />

82


p.111), e non a una classificazione esaustiva. Al contrario nel presente stu<strong>di</strong>o, oltre a essere stati<br />

analizzati <strong>di</strong>versi contesti sociali, sono stati presi in considerazione molteplici <strong>di</strong>spositivi retorici<br />

presenti<br />

in letteratura e una classificazione esaustiva dei gesti delle mani, oltre a descrivere le<br />

associazioni tra aspetti verbali e gestualità delle mani attraverso uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tipo quantitativo e<br />

analisi statistiche dei dati: tutto ciò consente quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> conferire maggiore vali<strong>di</strong>tà e<br />

generalizzabilità alle conoscenze in merito alle funzioni dei gesti nell’ambito dell’interazione<br />

sociale.<br />

In generale, le associazioni risultate significative in questo stu<strong>di</strong>o consentono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

offrire in<strong>di</strong>cazioni più certe e specifiche in merito alle possibili funzioni delle <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong><br />

gesti usati nella comunicazione orale: strutturazione e coesione del <strong>di</strong>scorso per i gesti coesivi e<br />

ritmici; illustrazione del contenuto del <strong>di</strong>scorso nelle <strong>di</strong>verse forme argomentative (<strong>di</strong>spositivi<br />

retorici) per i gesti ideativi; canalizzazione <strong>di</strong> stati <strong>di</strong> tensione emotiva e/o gestione<br />

dell’interazione <strong>di</strong>scorsiva e delle relazione sociale per i gesti adattatori.<br />

In base dunque alla co-occorrenza verbale-gestuale, si può attribuire a ciascuna categoria<br />

gestuale una specifica funzione prevalente: tali associazioni gesto-funzione erano peraltro già<br />

state affermate in letteratura ma, sino a ora, erano state illustrate solo qualitativamente oppure<br />

quantitativamente ma limitatamente a singole categorie <strong>di</strong> gesti (Bavelas et al., 1992; Beattie,<br />

Shovelton, 2000; Bull, 2001; Contento, 1999a; Kendon, 1985; McNeill, 1992, 2000).<br />

D’altra parte è giusto ricordare<br />

che il presente stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> tipo correlazionale, ne consegue<br />

che i risultati da esso ottenuti possono solo fornire delle ipotesi funzionali della gestualità delle<br />

mani che accompagna l’eloquio. Lungi dall’essere definitivi, tali risultati forniscono lo spunto e<br />

la <strong>di</strong>rezione dei percorsi <strong>di</strong> ricerca da intraprendere per lo stu<strong>di</strong>o sperimentale sulla funzione dei<br />

gesti delle mani nell’interazione comunicativa. Il presente stu<strong>di</strong>o rappresenta, inoltre, uno dei<br />

pochi tentativi <strong>di</strong> spiegare a livello quantitativo la relazione tra parametri verbali e gestuali al fine<br />

<strong>di</strong> evidenziarne le funzioni, analizzando un’ampia mole <strong>di</strong> dati conversazionali (un totale <strong>di</strong> circa<br />

400 minuti <strong>di</strong> interazioni comunicative osservate e co<strong>di</strong>ficate) tratti da contesti sociali<br />

<strong>di</strong>fferenziati.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o qui presentato<br />

si inserisce in una ricerca nell’ambito <strong>di</strong>sciplinare della psicologia<br />

sociale;<br />

l’interesse è dunque rivolto in misura maggiore alle funzioni <strong>di</strong> tipo inter-personale<br />

piuttosto che intra-personale dei gesti delle mani utilizzati in co-occorrenza con la comunicazione<br />

verbale. Una delle funzioni della comunicazione maggiormente stu<strong>di</strong>ate in psicologia sociale è<br />

certamente la funzione persuasiva, vale a <strong>di</strong>re la capacità della comunicazione <strong>di</strong> indurre un<br />

cambiamento dell'opinione altrui per mezzo <strong>di</strong> un trasferimento <strong>di</strong> idee, un passaggio <strong>di</strong><br />

contenuti, una (co-)costruzione <strong>di</strong> significati sociali.<br />

Il passo successivo <strong>di</strong> questa ricerca, e obiettivo principale dello stu<strong>di</strong>o presentato <strong>di</strong><br />

seguito, è chiarire sperimentalmente quale sia il ruolo dei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> gesti, descritti e spiegati<br />

sino a ora, nella funzione “principe” della comunicazione: la persuasione.<br />

83


5. STUDIO 3: EFFETTI DELLA COORDINAZIONE VERBALE-GESTUALE SU<br />

CREDIBILITÀ, PERSUASIVITÀ E ATTEGGIAMENTO<br />

5.1 Introduzione<br />

La relazione tra CNV e persuasione è stata oggetto d’indagine in ambito della<br />

comunicazione politica e dell’oratoria, sin dall’epoca classica. Nell’antichità si <strong>di</strong>stinguevano<br />

cinque<br />

operazioni necessarie alla preparazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso: inventio, <strong>di</strong>spositio, elocutio,<br />

memoria e actio. L’ultima riguardava le <strong>di</strong>verse tecniche d’esposizione del <strong>di</strong>scorso, comprese le<br />

figure retoriche e la gestualità (Pontiggia, Gran<strong>di</strong>, 1996).<br />

Negli ultimi decenni, numerosi stu<strong>di</strong> hanno cercato <strong>di</strong> porre l’accento sull’importanza che<br />

la CNV in genere e quella gestuale in particolare hanno nel rendere più efficaci e più persuasivi i<br />

<strong>di</strong>scorsi in pubblico. Nel capitolo due sono già state ampiamente citate le ricerche svolte da<br />

Atkinson (1984),<br />

Heritage e Greatbatch (1986) e Bull (1986) sull’uso dei gesti in associazione<br />

con i <strong>di</strong>spositivi retorici nei <strong>di</strong>scorsi politici.<br />

Ghiglione (1989) ha trovato che, durante alcuni gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>battiti politici in Francia<br />

(Mitterand/Giscard nel 1981; Fabius/Chirac nel 1985), i comportamenti non verbali utilizzati e<br />

soprattutto la gestualità giocarono un ruolo essenziale nella costruzione del<br />

significato. Tali<br />

ricerche<br />

mettono in evidenza l’importanza della gestualità della comunicazione nella produzione<br />

e percezione del messaggio politico (Mouchon, 1983).<br />

Argentin et al. (1990) hanno trovato che un politico, quando aumenta la produzione <strong>di</strong> gesti<br />

<strong>di</strong> tipo metaforico (riferiti al contenuto), <strong>di</strong>minuisce o elimina i gesti adattatori (<strong>di</strong> automanipolazione)<br />

e ri<strong>di</strong>mensiona il numero dei gesti <strong>di</strong> interpunzione, i quali hanno funzione <strong>di</strong><br />

evidenziare il <strong>di</strong>scorso sulla base <strong>di</strong> un meccanismo <strong>di</strong> contiguità dei segni; egli, così facendo,<br />

risulterebbe maggiormente cre<strong>di</strong>bile e persuasivo, pur mantenendo invariato il registro verbale.<br />

Alcuni stu<strong>di</strong> hanno permesso <strong>di</strong> affermare che la mancanza <strong>di</strong> fluenza <strong>di</strong> un messaggio mina<br />

la persuasività e quin<strong>di</strong> il cambiamento d’atteggiamento (Erickson et al., 1978; Hollandsworth,<br />

Kazelskis, Stevens, Dressel,<br />

1979; McCroskey, Mehrley, 1969; Mehrabian, Williams, 1969); e<br />

che una<br />

maggiore intensità vocale (maggiore volume, intonazione, fluenza e velocità) crea uno<br />

stile <strong>di</strong>scorsivo sicuro, che influenza il grado <strong>di</strong> persuasività (E<strong>di</strong>nger, Patterson, 1983; Erickson<br />

et al., 1978; Mehrabian, Williams, 1969).<br />

Mehrabian (1969) ha rilevato che gli oratori che cercano <strong>di</strong> essere persuasivi osservano più<br />

spesso i loro ascoltatori, eseguono più gesti e cenni del capo, hanno movimenti<br />

del volto più<br />

frequenti, parlano più velocemente, a voce più alta e con minore esitazione. D’altronde, come<br />

afferma<br />

Mehrabian (1969), i segnali vocali e gestuali <strong>di</strong> solito sono usati insieme.<br />

Altri stu<strong>di</strong> sul comportamento<br />

non verbale (Argyle, Cook, 1976; Burgoon et al. 1990;<br />

Kleinke,<br />

1986; Mehrabian, Williams, 1969) hanno <strong>di</strong>mostrato che i parlanti sono più persuasivi<br />

se usano<br />

un maggior contatto visivo con gli ascoltatori, adottano <strong>di</strong>stanze minori, usano maggiori<br />

cenni affermativi del capo, gesticolano <strong>di</strong> più e compiono più espressioni facciali e, infine, sono<br />

abbastanza rilassati e fanno pochi movimenti o gesti adattatori.<br />

Burgoon et al. (1990) hanno spostato il campo d’indagine nei contesti simulati ed hanno<br />

<strong>di</strong>mostrato che l’utilizzo <strong>di</strong> alcuni gesti invece <strong>di</strong> altri ha un’influenza sulla persuasione e sulla<br />

cre<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un messaggio persuasivo. Gli autori esaminano la relazione tra il comportamento<br />

non verbale, la cre<strong>di</strong>bilità della fonte e la persuasività del parlante, in una situazione <strong>di</strong><br />

comunicazione persuasiva. L’ipotesi generale è la seguente: dato che il comportamento non<br />

verbale influisce sull’impressione che suscita il parlante, è possibile che gli stimoli non verbali<br />

siano collegati<br />

<strong>di</strong>rettamente ai giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità e solo in<strong>di</strong>rettamente alla persuasione, tramite<br />

la me<strong>di</strong>azione della cre<strong>di</strong>bilità. Tra i <strong>di</strong>versi risultati della ricerca, gli autori <strong>di</strong>mostrano che c’è<br />

84


una relazione significativa tra la CNV e la persuasività e, inoltre, che l’utilizzo dei gesti<br />

illustratori, insieme ad altri segnali non verbali <strong>di</strong> competenza, aumenta la persuasività e che,<br />

viceversa, l’utilizzo <strong>di</strong> gesti adattatori, sempre insieme a segnali non verbali <strong>di</strong> sottomissione,<br />

<strong>di</strong>minuisce la cre<strong>di</strong>bilità, che a sua volta influenza la persuasività del parlante.<br />

In<br />

una ricerca pubblicata nel 1995, Carli, et al. fecero vedere a un campione, composto per<br />

metà da uomini<br />

e per metà da donne, alcuni messaggi persuasivi videoregistrati, che presentavano<br />

<strong>di</strong>versi stili <strong>di</strong> comportamento non verbale. Lo scopo della ricerca era quello <strong>di</strong> stabilire lo stile<br />

maggiormente<br />

persuasivo e le eventuali <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere. Il merito <strong>degli</strong> autori è stato quello<br />

<strong>di</strong> aver definito<br />

<strong>di</strong>versi stili <strong>di</strong> comportamento non verbale, sulla base della letteratura precedente,<br />

e <strong>di</strong> averne stimato la persuasività.<br />

I quattro stili usati dai ricercatori sono: stile dominante (gesti<br />

“intrusivi” o deittici, volume alto della voce, contatto visivo costante durante il <strong>di</strong>scorso, postura<br />

tesa ed eretta ed espressione facciale tesa con le sopracciglia aggrottate); stile sottomesso (gesti<br />

nervosi, voce tremante,<br />

poco contatto visivo, postura abbandonata e numerose esitazioni nel<br />

<strong>di</strong>scorso); stile competente (ritmo rapido nel <strong>di</strong>scorso, postura ben eretta, contatto visivo<br />

moderato durante il <strong>di</strong>scorso, poche esitazioni e gesti calmi e trattenuti) e, infine, stile sociale<br />

(postura rilassata<br />

e in<strong>di</strong>rizzata verso l’altro, viso sorridente, contatto visivo alto ma non costante,<br />

gestualità non intrusiva).<br />

I risultati furono i seguenti: per entrambi i generi, lo stile sociale e lo stile competente sono<br />

più persuasivi dello stile dominante e <strong>di</strong> quello sottomesso; allo stesso tempo, i soggetti<br />

mostrarono <strong>di</strong> preferire i parlanti con uno stile sociale<br />

e competente, rispetto a quelli che<br />

assumevano<br />

uno stile dominante e considerarono meno compente il parlante con lo stile<br />

sottomesso.<br />

Per quanto riguarda le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere, sebbene sia la piacevolezza sia la<br />

competenza<br />

siano pre<strong>di</strong>ttori della persuasività, sembra che un pubblico <strong>di</strong> uomini sia più<br />

influenzato da una donna piacevole, rispetto a una competente, quin<strong>di</strong>, per un pubblico maschile,<br />

le donne che<br />

esibiscono uno stile competente sono meno influenti e piacevoli <strong>degli</strong> uomini che<br />

esibiscono tale stile. Infine, gli autori non registrano <strong>di</strong>fferenze significative<br />

<strong>di</strong> genere rispetto<br />

allo stile<br />

dominante. Uno dei limiti <strong>di</strong> questa ricerca è il fatto <strong>di</strong> non aver considerato il<br />

comportamento<br />

verbale che dal non verbale è accompagnato: tra i due comportamenti, come<br />

ormai ampiamente<br />

<strong>di</strong>mostrato dalla letteratura, esiste un legame molto forte anche per quanto<br />

riguarda gli effetti sul ricevente dei messaggi comunicativi. Un altro limite può essere quello <strong>di</strong><br />

aver considerato<br />

<strong>degli</strong> stili comunicativi non verbali, mettendo insieme <strong>di</strong>versi segnali<br />

comunicativi<br />

(postura, sguardo, espressione del viso, gesti, intonazione); sarebbe interessante<br />

stu<strong>di</strong>are anche<br />

singolarmente i <strong>di</strong>versi segnali per comprendere il contributo che ognuno <strong>di</strong> essi<br />

apporta alla<br />

valutazione del parlante da parte <strong>di</strong> un ricevente ed eventualmente in<strong>di</strong>viduare quale/i<br />

tra questi segnali contribuisca maggiormente alla valutazione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità e persuasività del<br />

comunicatore.<br />

In linea generale questo è stato l’obiettivo <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Leigh e Summers<br />

(2002):<br />

essi hanno manipolato separatamente alcuni segnali non verbali (espressione del viso,<br />

sguardo, postura,<br />

gesti e segnali vocali) allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarne l’efficacia persuasiva. Per<br />

quanto<br />

riguarda i gesti, essi basavano le loro ipotesi su quanto più volte riba<strong>di</strong>to da <strong>di</strong>versi autori,<br />

sino a ora solo su basi speculative e teoriche più che su dati sperimentali, e cioè che la<br />

comunicazione gestuale, in termini <strong>di</strong> quantità, giochi un ruolo significativo nella comunicazione<br />

interpersonale,<br />

in particolare determinando più alti livelli d’atten<strong>di</strong>bilità, cre<strong>di</strong>bilità e persuasività<br />

<strong>di</strong> una fonte e <strong>di</strong> un messaggio: un’elevata gestualità influirebbe positivamente sulla percezione<br />

della piacevolezza e <strong>di</strong> status del parlante (Mehrabian, 1969) e sarebbe correlata con la<br />

percezione<br />

<strong>di</strong> persuasività (Mehrabian, Williams, 1969); una gestualità enfatica accrescerebbe la<br />

cre<strong>di</strong>bilità della fonte <strong>di</strong>rettamente e la persuasività<br />

in<strong>di</strong>rettamente (Leithers, 1992); infine, i<br />

professionisti<br />

che gesticolano in maniera attiva sarebbero considerati più cal<strong>di</strong>, informali,<br />

85


attraenti, energici, esperti, affidabili, amichevoli e persuasivi, mentre quelli che gesticolano <strong>di</strong><br />

meno,<br />

più fred<strong>di</strong> e logici (Argyle, 1975).<br />

Leigh e Summers (2002), nella preparazione dei loro esperimenti volti a <strong>di</strong>mostrare tali<br />

ipotesi, denunciano la <strong>di</strong>fficoltà della manipolazione dei comportamenti gestuali (specialmente<br />

sul versante della quantità) per la sperimentazione, come già affermato da Kendon (1970). I<br />

ricercatori si sono mossi in questo modo: i gesti eseguiti durante le prove dall’attore, che avrebbe<br />

interpretato i messaggi comunicativi stimolo <strong>degli</strong> esperimenti, venivano usati come livello <strong>di</strong><br />

gestualità alta, mentre il livello basso era raggiunto limitando i movimenti delle mani e delle<br />

braccia solamente a quei punti del messaggio ove sembravano essenziali. I risultati hanno<br />

mostrato che né i gesti né la postura hanno effetti significativi sulla persuasione. Gli autori<br />

affermano, quin<strong>di</strong>, che gli effetti dei gesti possono essere stu<strong>di</strong>ati in modo<br />

più appropriato come<br />

parte <strong>di</strong> un modello complessivo <strong>di</strong> stimoli non verbali. C’è da considerare però che la<br />

manipolazione della gestualità, in questo stu<strong>di</strong>o, è stata eseguita solamente a livello quantitativo<br />

(aggiungere ed eliminare i gesti) e non a livello qualitativo, cioè considerando<br />

<strong>di</strong>verse tipologie e<br />

categorie <strong>di</strong> ge sti. Si può ipotizzare che ci ò sia, in parte, la causa della mancanza<br />

<strong>di</strong> effetto da<br />

parte dei gesti sulla persuasione. Ma ciò potrebbe essere dovuto anche al fatto <strong>di</strong> non aver<br />

considerato misure, quali le valutazioni che il ricevente fa sull’efficacia comunicativa o sulla<br />

cre<strong>di</strong>bilità e persuasività del parlante, che possano in qualche modo me<strong>di</strong>are l’effetto dei gesti<br />

sulla persuasione vera e propria.<br />

Bonaiuto et al. (2002), in uno stu<strong>di</strong>o sulla dominanza e sull’influenza sociale nei gruppi,<br />

trovano che la dominanza conversazionale (intesa<br />

come numero <strong>di</strong> turni mantenuti da una<br />

persona) oltre ad avere effetti principali nel far aumentare la percezione d’influenza sociale dei<br />

membri del gruppo, ha anche effetti d’interazione con i gesti connessi al <strong>di</strong>scorso (coesivi e<br />

ideativi), in particolare in gruppi più numerosi, nei quali, presumibilmente, vi è maggiore<br />

competitività tra i partecipanti per gestire lo spazio conversazionale. Tale stu<strong>di</strong>o, sebbene <strong>di</strong><br />

natura correlazionale, sembra suggerire che l’influenza<br />

sociale che una persona esercita su un<br />

gruppo non sia il risultato solamente <strong>di</strong> alcuni aspetti verbali, ma<br />

anche <strong>di</strong> alcuni aspetti non<br />

verbali, come la gestualità.<br />

La ricerca attuale, quin<strong>di</strong>, si deve muovere verso un ampliamento della gamma delle<br />

componenti della comunicazione<br />

persuasiva, introducendo anche l’aspetto gestuale, considerato<br />

sia come correlato dell’aspetto verbale, sia nelle sue <strong>di</strong>verse forme e funzioni. In particolare, sulla<br />

base dello stato dell’arte della ricerca, sembra opportuno estendere la sperimentazione sui gesti<br />

con stu<strong>di</strong> che, includendo la manipolazione<br />

sperimentale della qualità della gestualità (vale a <strong>di</strong>re<br />

delle<br />

<strong>di</strong>verse categorie dei gesti), siano volti a scoprire come particolari tipi <strong>di</strong> gesti agiscano<br />

sull’efficacia comunicativa, sulla cre<strong>di</strong>bilità, sulla persuasività e sull’influenza sociale <strong>di</strong> una<br />

persona.<br />

<strong>Stu<strong>di</strong></strong> classici su i processi <strong>di</strong> persuasione suggeriscono che le variabili relative alla fonte<br />

hanno ruoli molteplici in tali processi (es. cre<strong>di</strong>bilità della fonte, cfr., Hovland et al., 1953):<br />

alcune caratterisitiche della fonte, come la percezione <strong>di</strong> esperienza e <strong>di</strong> affidabilità, la<br />

piacevolezza e l’attrattiva, avrebbero infatti effetti positivi sulla formazione e il cambiamento <strong>di</strong><br />

atteggiamento (Hovland, Weis, 1951; Kelman, Hovland, 1953). È stato ampiamente <strong>di</strong>mostrato,<br />

comunque, come tali effetti siano in qualche modo mefiati da stati affettivi e motivazionali, tra<br />

cui, ad esempio, il coinvolgimento personale dei riceventi <strong>di</strong> un messaggio a scopo persuasivo<br />

(Sherif, Hovland, 1961), inteso in termini <strong>di</strong> rilevanza personale delle conseguenze della<br />

posizione sostenuta nel messaggio: in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> basso coinvolgimento del destinatario, le<br />

variabili relative alla fonte sono elaborate attraverso una via cosiddetta periferica o euristica, la<br />

quale non implica un’elaborazione cognitiva sistematica e accurata del contenuto del messaggio.<br />

Tra le variabili che agiscono come stimoli periferici le più stu<strong>di</strong>ate riguardano le caratteristiche<br />

della fonte: così, in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> basso coinvolgimento gli in<strong>di</strong>vidui preferiscono essere<br />

86


d’accordo con una fonte attraente o percepita come esperta e cre<strong>di</strong>bile. Quando la situazione <strong>di</strong><br />

persuasione coinvolge gli in<strong>di</strong>vidui personalmente, essi tendono a seguire invece la via<br />

sistematica o cosiddetta centrale, poiché hanno un maggior bisogno <strong>di</strong> conoscere e capire il<br />

messaggio; in queste circostanze le variabili relative alla fonte possono avere un piccolo, seppur<br />

<strong>di</strong>retto, impatto sulla persuasività del messaggio, sebbene le persone tendano poi a essere<br />

persuase dalla forza <strong>degli</strong> argomenti usati (cfr. Modello della probabilità <strong>di</strong> elaborazione, ELM,<br />

Petty, Cacioppo, 1981, 1986; Teoria dell’elaborazione euristico-sistematica, Chaiken, 1980;<br />

1987).<br />

Che ruolo giocano, dunque, le variabili relative alla fonte all’interno del processo<br />

persuasivo? I risultati <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> DeBono e Harnish (1988) e <strong>di</strong> Heesacker, et al. (1983)<br />

suggeriscono che per arrivare a dare una risposta sod<strong>di</strong>sfacente a questa domanda bisogna porre<br />

attenzione alle relazioni tra la fonte del messaggio e i riceventi. In particolare sembra che il gioco<br />

tra i bisogni <strong>di</strong> chi riceve il messaggio e la potenziale ricompensa offerta dalla fonte, con la sua<br />

esperienza<br />

e competenza, è una con<strong>di</strong>zione necessaria ma non sufficiente affinché avvenga la<br />

persuasione.<br />

Naturalmente lo stile comunicativo adottato dalla fonte, durante un messaggio a scopo<br />

persuasivo, può essere una importante fonte <strong>di</strong> informazioni circa la sua competenza e cre<strong>di</strong>bilità,<br />

soprattutto in assenza <strong>di</strong> altre in<strong>di</strong>cazioni sulle sue reali conoscenze ed esperienze come, ad<br />

esempio, un curriculum vitae che accompagna il messaggio persuasivo scritto.<br />

Nell'ambito dell'ampia letteratura sul rapporto tra linguaggio e potere alcuni stu<strong>di</strong> si sono<br />

occupati dello stile comunicativo verbale forte e debole (powerful and powerless speech; Ng,<br />

Bradac, 1993). Lo stile comunicativo debole o powerless è caratterizzato dall'uso frequente <strong>di</strong><br />

forme evasive, forme <strong>di</strong> rafforzamento, <strong>di</strong> cortesia, domande con richieste <strong>di</strong> assenso, esitazioni,<br />

che danno l'impressione <strong>di</strong> incertezza, passività, non efficacia. Al contrario, la loro assenza<br />

accresce l'impressione <strong>di</strong> autorevolezza, efficacia, status, determinata da uno stile comunicativo<br />

forte. Secondo Ng (1990) e Ng e Bradac (1993) i tratti comunicativi caratteristici <strong>di</strong> uno stile<br />

comunicativo forte o powerful, fondamentali affinché la produzione <strong>di</strong>scorsiva eserciti un<br />

cambiamento <strong>di</strong> atteggiamento e/o un consenso, riguardano l’utilizzo frequente <strong>di</strong> espressioni<br />

rafforzative ed enfatiche.<br />

Gli stili comunicativi verbali e gestuali potrebbero avere dunque una certa influenza sulla<br />

percezione <strong>di</strong> competenza e <strong>di</strong> esperienza del parlante da parte dell’ascoltatore; tale percezione<br />

avrebbe a sua volta un effetto sulla persuasione e sul cambiamento <strong>di</strong> atteggiamento<br />

dell’ascotatore, soprattutto in situazione <strong>di</strong> basso coinvolgimento <strong>di</strong> quest’ultimo al contenuto del<br />

messaggio. Questa è l’ipotesi generale che guida lo stu<strong>di</strong>o qui presentato.<br />

5.2 Obiettivi e ipotesi<br />

L’obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è verificare, attraverso uno stu<strong>di</strong>o sperimentale, gli effetti<br />

persuasivi delle principali categorie <strong>di</strong> gesti delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con particolari<br />

caratteristiche (quali <strong>di</strong>spositivi retorici e <strong>di</strong>scorso marcato) della comunicazione verbale.<br />

L’ipotesi generale è che, manipolando la gestualità dell’oratore e la modalità <strong>di</strong> presentazione<br />

verbale <strong>di</strong> un messaggio persuasivo (riproducendo le principali modalità emerse dai risultati dello<br />

stu<strong>di</strong>o precedente), sia possibile <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> un effetto sia principale del tipo <strong>di</strong> gesti<br />

sia d’interazione tra le categorie <strong>di</strong> gesti e i parametri verbali nell’influenzare sia la percezione,<br />

da parte del destinatario, della cre<strong>di</strong>bilità e della persuasività del messaggio e dell’oratore, sia<br />

l’atteggiamento nei confronti dell’oggetto del messaggio.<br />

In questo stu<strong>di</strong>o sono state considerate le categorie generali del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica dei<br />

gesti (gesti coesivi e ritmici, gesti ideativi, gesti oggetto-adattatori e gesti auto-adattatori), perché<br />

87


nel loro insieme costituiscono un numero <strong>di</strong> livelli che è ragionevole manipolare e, nel<br />

contempo,<br />

sono qualitativamente ben <strong>di</strong>scriminabili e teoricamente ben <strong>di</strong>fferenziati in merito agli<br />

effetti che<br />

possono avere. Per quanto riguarda le variabili verbali sono stati considerati<br />

la presenza/assenza<br />

<strong>di</strong><br />

marcatura e <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici nel <strong>di</strong>scorso.<br />

Nello specifico, dunque, le principali ipotesi generali che si sottopongono a verifica sono<br />

le seguenti.<br />

1. Le singole variabili verbali e gestuali hanno effetti principali sulla valutazione <strong>di</strong><br />

efficacia comunicati va, <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità e <strong>di</strong> persuasività, coerentemente con le<br />

in<strong>di</strong>cazioni della letteratura citate nell’introduzione. Nella fattispecie si ipotizzano due<br />

effetti<br />

principali.<br />

a) Effetto principale<br />

dei ge sti: un oratore risulterà più cred ibile e persuasivo e il suo<br />

stile comunicativo<br />

più efficace quando pronuncerà il suo <strong>di</strong>scorso<br />

accompagnandolo con gesti connes si al <strong>di</strong>sc orso (coesivi e rit mici, e ideativi)<br />

piuttosto che con<br />

gesti ( auto- e ogge tto-) adatt atori (Burgoo n et al. 1990;<br />

Carli et<br />

al., 1995; Henley, 1973).<br />

b) Effetto principale<br />

del <strong>di</strong>sc orso: un oratore risulterà più cre<strong>di</strong> bile e persuasivo<br />

quando<br />

pronuncerà<br />

il suo <strong>di</strong>scorso secondo<br />

modalità<br />

powerful, ricche <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>spositivi retorici<br />

e marcatori<br />

me ta<strong>di</strong>scorsivi, piuttosto che powerless,<br />

con<br />

marcatori <strong>di</strong> modulazione<br />

e assenza <strong>di</strong> retorica (Atkinson, 1984; Heritage,<br />

Greatbatch, 1986;<br />

Ng, Bradac, 1993) .<br />

2. Le variabili verbali<br />

e gestuali hanno effet to d’interazione sull’efficacia comunicativa,<br />

sulla cre<strong>di</strong>bilità e persuasività, coerentem ente con le in<strong>di</strong>cazioni per lo più meramente<br />

qualitative <strong>di</strong>sponibili sino ad ora (Atkinson,<br />

1984; Bull, 1986, 2002; Heritage,<br />

Greatbatch, 1986). Nella fattispecie si ipotizza che la cre<strong>di</strong>bilità e persuasività<br />

dell’oratore siano massime, risp etto a tutte le altre con<strong>di</strong>zioni, quando lo stile<br />

verbale<br />

powerful è supportato<br />

da modalità gestuali connesse al <strong>di</strong>scorso.<br />

3. L’effetto <strong>di</strong> interazione tra variabile verale e gesti è me<strong>di</strong>ato<br />

dal coinvolgimento del<br />

destinatario al contenuto del messag gio: in partic olare tale eff etto è maggiormente<br />

evidente in caso <strong>di</strong> basso coinvolgimento del destinatario (Petty, Cacioppo, 1981,<br />

1986).<br />

4. Stile verbale e non verbale pur non avendo un effetto <strong>di</strong>retto su atteggiamento e<br />

comportamento finali, li influenzano<br />

in<strong>di</strong>rettamente tramite i loro effetti sulle<br />

valutazioni <strong>di</strong> efficacia comunicativa, <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità<br />

e <strong>di</strong> persuasività (sia del parlante<br />

s ia del messaggio),<br />

le quali a loro volta sono pred ittori (come ampiamente noto, cfr.<br />

Hovland, Weis, 1951;<br />

Kelman,<br />

Hovland, 1953) dell’atteggiamento<br />

nei confronti<br />

dell’oggetto del messaggio. 5.3 Metodo<br />

Per la costruzione dell’impianto sperimentale del presente stu<strong>di</strong>o si sono rese necessarie<br />

due fasi preliminari <strong>di</strong> ricerca con i seguenti obiettivi:<br />

1) scelta dell’oggetto del messaggio e delle argomentazioni (forti/deboli) da portare a<br />

sostegno;<br />

2) controllo della manipolazione delle variabili in<strong>di</strong>pendenti avvenuta nei videomessaggi<br />

(stimolo della ricerca sperimentale), tramite apposita valutazione da parte <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ci<br />

“ciechi” alle ipotesi dello stu<strong>di</strong>o.<br />

88


5.3.1 <strong>Stu<strong>di</strong></strong> preliminari<br />

Nella prima fase della ricerca è stato svolto uno stu<strong>di</strong>o pilota su un campione<br />

rappresentativo (50 soggetti) della popolazione <strong>di</strong> studenti <strong>di</strong> Psicologia del Nuovo Or<strong>di</strong>namento<br />

( N.O.), allo scopo <strong>di</strong> scegliere per il messaggio persuasivo un argomento<br />

che fosse saliente,<br />

conosciuto e interessante per la popolazione target. Tale stu<strong>di</strong>o consisteva nella<br />

somministrazione <strong>di</strong> tre domande aperte. L’obiettivo era quell o <strong>di</strong> far emergere<br />

in maniera<br />

spontanea gli argomenti, rel ativi all’istituzione universitaria<br />

in generale, nei<br />

confronti<br />

dei quali i<br />

soggetti mostravano approvazione, <strong>di</strong>sapprovazione e gli eventuali cambiamenti<br />

che avrebbero<br />

voluto apportare. Dopo aver raccolto i dati dello stu<strong>di</strong>o pilota, tramite analisi del contenuto sono<br />

state definite le categorie <strong>di</strong> argomenti emers e, con le rispettive frequenze (cfr.<br />

Tabella XVI).<br />

Tabella XVI: frequenze delle categorie emerse nello stu<strong>di</strong>o pilota ( N = 50).<br />

Categoria<br />

<strong>di</strong> argomento Approvo Non approvo Cambiamenti<br />

Attività pratica e laboratori 3 8<br />

7<br />

Formazione teorica univer sitaria 5<br />

3<br />

Modalità d'esame 5 3<br />

Modularizzazione 2 12 4<br />

Numero <strong>degli</strong> iscritti<br />

Numero docenti e rapporto 4 4 5<br />

Obbligo <strong>di</strong> frequenza 6<br />

Struttura fisico-architetton ica 7<br />

7<br />

Programmi e lezioni 2 9<br />

Preparazione dei docenti<br />

Riforma 6 7 7<br />

Servizi informativi e burocrazia 4 12 10<br />

Tasse universitarie e costo dei testi 10 5<br />

Tirocinio pre-laurea 9 2<br />

In conformità a tali risultati<br />

è stato svolto un pre-test consistente nella somministrazione <strong>di</strong><br />

un<br />

questionario, contenente una lista <strong>di</strong> 18 questioni relative alle categorie <strong>di</strong> argomenti che<br />

presentavano<br />

le frequenze più alte e in merito alle quali si voleva valutare l’opinione della<br />

popolazione <strong>di</strong> riferimento: tirocinio pre-laurea, tasse universitarie, modalità<br />

d’esame,<br />

organizzazione della struttura, modularizzazione, numero <strong>degli</strong> iscritti, formazione teorica e<br />

servizi <strong>di</strong> informazione e burocrazia (per esempio: “Il tirocinio pre-laurea fornisce agli studenti<br />

la possibilità <strong>di</strong> mettere in pratica le conoscenze teoriche apprese e <strong>di</strong> avere esperienze nel<br />

mondo del lavoro”; “Per migliorare l’offerta <strong>di</strong>dattica, le attrezzature e i servizi dell’<strong>Università</strong><br />

è necessario aumentare le tasse universitarie”; “L’assimilazione delle conoscenze è ostacolata<br />

dalla <strong>di</strong>stanza molto breve tra un esame e l’altro”). Tale pre-test è stato somministrato a 39<br />

soggetti (13 maschi e 26 femmine), appartenenti alla popolazione <strong>di</strong> riferimento (Psicologia<br />

N.O.). I soggetti erano invitati a rispondere a ciascuna domanda, in<strong>di</strong>cando il loro grado <strong>di</strong><br />

conos cenza dell’argomento su una scala Likert che andava da 1 (Ignoro del tutto) a 7 (Conosco<br />

1<br />

11<br />

89


perfettamente), il loro grado <strong>di</strong> interesse su una scala Likert da<br />

1 (Non ho alcun interesse) a 7 (Ho<br />

molto interesse) e il loro grado <strong>di</strong> accordo su una scala Likert da 1 (Sono in totale <strong>di</strong>saccordo) a 7<br />

(Sono in totale accordo). Lo scopo del pre-test era quello <strong>di</strong> selezionare un argomento che<br />

presentasse un alto grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>saccordo e livelli abbastanza alti <strong>di</strong> interesse e <strong>di</strong> conoscenza,<br />

seguendo il metodo utilizzato nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Carli, et al., 1995. È stato identificato, dunque, un<br />

argomento coinvolgente e nei confronti del quale i soggetti mostravano un atteggiamento <strong>di</strong><br />

partenza fortemente negativo. L’obiettivo generale della ricerca <strong>di</strong> cui questo stu<strong>di</strong>o fa parte è<br />

quello <strong>di</strong> misurare il reale cambiamento d’atteggiamento della popolazione, consecutivo alla<br />

somministrazione del messaggio registrato. La scelta finale si è <strong>di</strong>retta verso l’argomento<br />

“Aumento delle tasse universitarie”, che mostrava, tra l’altro, il più basso grado <strong>di</strong> accordo (M =<br />

1,77 per le femmine e M = 2,31 per i maschi) e livelli <strong>di</strong> interesse (M = 4,92 per le femmine e M<br />

= 4,85 per i maschi) e <strong>di</strong> conoscenza (M = 4,23 per le femmine e M = 4,58 per i maschi)<br />

abbastanza alti (cfr. Tabelle XVII e XVIII).<br />

Un’ulteriore obiettivo era quello <strong>di</strong> scegliere le argomentazioni da utilizzare nel messaggio<br />

a supporto<br />

dell’“aumento delle tasse”. Le argomentazioni utilizzate erano due forti e due deboli.<br />

Come argomentazioni deboli sono stati scelti due motivi che non erano emersi nel precedente<br />

stu<strong>di</strong>o pilota con domande aperte e che sono state quin<strong>di</strong> considerate come poco salienti per la<br />

popolazione <strong>di</strong> riferimento: “lo sviluppo della ricerca scientifica italiana in campo internazionale”<br />

e il fatto che “anche le altre facoltà scientifiche hanno già programmato un aumento delle tasse”.<br />

Le argomentazioni forti riguardavano invece due questioni. La prima argomentazione forte<br />

riguarda un motivo emerso dallo stu<strong>di</strong>o pilota con domande aperte: “il miglioramento della<br />

formazione universitaria tramite migliore articolazione dei moduli <strong>di</strong>dattici”. La seconda<br />

argomentazione forte riguarda un motivo emerso dalle domande aperte e a cui nel pre-test sono<br />

stati dati punteggi alti nelle scale <strong>di</strong> accordo (Tabelle XVI–XVIII): “rendere maggiormente<br />

fruibile l’ambiente fisico-architettonico dell’università” (accordo: M = 5.46 per<br />

le femmine e M =<br />

5.15 per i maschi).<br />

90


Tabella XVII: statistiche descrittive relative al grado <strong>di</strong> conoscenza, interesse e accordo<br />

(pre-test) per i soggetti donne (N = 26). In grassetto sono segnati questione,<br />

me<strong>di</strong>a e d.s. <strong>degli</strong> argomenti scelti (*oggetto del messaggio,<br />

**argomentazioni forti a sostegno).<br />

Donne CONOSCENZA INTERESSE ACCORDO<br />

Questione Me<strong>di</strong>a Dev. Std Me<strong>di</strong>a Dev. Std Me<strong>di</strong>a Dev. Std<br />

Vantaggi del tirocinio<br />

pre-laurea<br />

3,81 1,650 6,38 ,941 5,73 1,458<br />

Esame scritto consente<br />

valutaz. Più obiettiva<br />

5,92 1,383 5,31 1,463 3,65 2,058<br />

Aumentare le tasse<br />

universitarie*<br />

4,23 1,861 4,92 1,875 1,77 ,951<br />

Aumentare il numero <strong>di</strong><br />

moduli<br />

5,15 1,567 5,50 1,068 4,31 1,490<br />

Disagi <strong>degli</strong> studenti<br />

lavoratori<br />

4,58 1,701 4,08 1,831 4,65 1,522<br />

Vantaggi <strong>degli</strong> esami<br />

ravvicinati nel tempo<br />

5,35 1,384 5,92 1,093 3,92 1,875<br />

Ridurre il numero delle<br />

immatricolazioni<br />

4,96 1,907 4,88 1,883 3,27 1,867<br />

Maggior approfon<strong>di</strong>_<br />

mento teorico<br />

5,08 1,324 6,15 1,047 4,58 1,901<br />

Servizi universitari via<br />

internet<br />

5,27 1,511 5,54 1,363 2,46 1,630<br />

Vantaggi della<br />

modularizzazione<br />

5,12 1,681 5,92 1,055 4,23 1,704<br />

Rendere fruibile<br />

l’ambiente**<br />

4,88 1,558 5,23 1,657 5,46 1,529<br />

Svantaggi <strong>degli</strong> esami<br />

ravvicinati tempo**<br />

5,85 1,488 6,04 1,248 5,31 1,871<br />

Istituzione del numero<br />

chiuso<br />

3,81 1,767 5,00<br />

1,523 3,88 1,728<br />

Sostenere solo esami<br />

orali<br />

4,46 1,726 5,38 1,525 4,54 1,655<br />

Utilizza solo servizi<br />

inform nell’<strong>Università</strong><br />

4,50 1,449 5,08 1,164 3,35 1,468<br />

Svantaggi del numero<br />

chiuso<br />

5,77 1,451 5,58 1,604 4,96 2,049<br />

Integrazione esame<br />

scritto con prova orale<br />

4,88 1,532 5,50 1,241 5,50 1,476<br />

Preferire le segreterie ai<br />

servizi telematici<br />

5,04 1,428 5,23 1,394 4,77 1,861<br />

91


Tabella XVIII: statistiche descrittive relative al grado <strong>di</strong> conoscenza, interesse e accordo<br />

(pre-test) per i soggetti maschi (N=13). In grassetto sono segnati questioni ,<br />

me<strong>di</strong>a e d.s. <strong>degli</strong> argomenti scelti (*oggetto del messaggio,<br />

**argomentazioni forti a sostegno).<br />

Maschi CONOSCENZA INTERESSE ACCORDO<br />

Questioni Me<strong>di</strong>a Dev. Std Me<strong>di</strong>a Dev. Std Me<strong>di</strong>a Dev. Std<br />

Vantaggi del tirocinio<br />

pre-laurea<br />

3,31 1,702 4,92 1,382 4,08 1,553<br />

Esame scritto consente<br />

valutaz. più obiettiva<br />

4,69 2,057 4,69 1,932 3,85 2,115<br />

Aumentare le tasse<br />

universitarie<br />

4,58 2,021 4,85 2,115 2,31 1,377<br />

Aumentare il numero <strong>di</strong><br />

moduli<br />

4,23 1,536 5,00 1,080 3,85 ,987<br />

Disagi <strong>degli</strong> studenti<br />

lavoratori<br />

3,85 2,267 4,77 1,589 4,92 1,656<br />

Vantaggi <strong>degli</strong> esami<br />

ravvicinati nel tempo<br />

4,92 1,706 5,31 1,601 2,92 1,498<br />

Ridurre il numero delle<br />

immatricolazioni<br />

5,15 1,951 5,08 1,801 3,31 2,175<br />

Maggior approfon<strong>di</strong>_<br />

mento teorico<br />

5,31 1,437 5,77 1,235 4,31 1,601<br />

Servizi universitari via<br />

internet<br />

5,31 1,797 5,92 1,553 2,69 1,843<br />

Vantaggi della<br />

modularizzazione<br />

5,15 1,625 5,85 ,899 3,23 1,691<br />

Rendere fruibile<br />

l’ambiente**<br />

5,00 1,958 5,00 1,915 5,15 1,345<br />

Svantaggi <strong>degli</strong> esami<br />

ravvicinati**<br />

5,15 2,075 5,23 1,833 4,85 1,864<br />

Istituzione del numero<br />

chiuso<br />

4,15 1,994 5,15 1,144 4,00 1,633<br />

Sostenere solo esami<br />

orali<br />

4,46 2,025 5,23 1,641 3,38 1,502<br />

Utilizza solo servizi<br />

inform nell’<strong>Università</strong><br />

3,38 1,710 4,92 1,320 3,54 1,391<br />

Svantaggi del numero<br />

chiuso<br />

5,31 1,653 4,69 1,494 5,23 1,423<br />

Integrazione esame<br />

scritto con prova orale<br />

5,08 1,754 4,92 1,754 4,46 1,854<br />

Preferire le segreterie ai<br />

servizi telematici<br />

4,46 1,854 4,46 1,713 2,62 1,609<br />

5.3.2 Variabili sperimentali<br />

I video-messaggi stimolo per lo stu<strong>di</strong>o sperimentale sono costruiti manipolando due variabili<br />

in<strong>di</strong>pendenti, coerentemente con quanto <strong>di</strong>mostrato negli stu<strong>di</strong> precedenti: una variabile verbale<br />

(<strong>di</strong>spositivi retorici e marcatura del <strong>di</strong>scorso) e una variabile non verbale (gestualità delle mani).<br />

L’obiettivo è <strong>di</strong>mostrare che i video-messaggi che abbiano alcune particolari caratteristiche<br />

comunicative (verbali e gestuali sulla base dei risultati dello stu<strong>di</strong>o correlazionale e della<br />

letteratura) siano percepiti (sia il messaggio sia il parlante) come più efficaci, cre<strong>di</strong>bili e<br />

persuasivi rispetto agli altri video-messaggi.<br />

Le variabili manipolate con i relativi livelli sono presentati <strong>di</strong> seguito.<br />

92


I. Verbale, con due livelli: powerful e powerless.<br />

Con stile comunicativo “powerful” s’intende (Ng, Bradac, 1993) uno stile che include una<br />

certa quantità <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e marcatori <strong>di</strong>scorsivi con funzione demarcativa, i quali<br />

concorrono a rendere il messaggio più forte, incisivo e orientato alla persuasione rispetto a uno<br />

stile comunicativo “powerless”, che al contrario prevede un’assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e<br />

marcatori<br />

metatestuali e una presenza <strong>di</strong> meccanismi <strong>di</strong> modulazione (uso del con<strong>di</strong>zionale e <strong>di</strong><br />

forme verbali in<strong>di</strong>rette) atti a rendere il messaggio più debole. È stato quin<strong>di</strong><br />

elaborato un<br />

messaggio “powerful”, con i seguenti <strong>di</strong>spositivi retorici: formulazione estrema, lista tripartita,<br />

contrasto, uso della prima persona, uso dei verbi al modo in<strong>di</strong>cativo, marcatori con funzione<br />

demarcativa e <strong>di</strong> focalizzazione. E, <strong>di</strong> conseguenza,<br />

un messaggio “powerless”, in cui non è<br />

presente<br />

alcun <strong>di</strong>spositivo retorico, c’è un uso della terza persona (impersonale) e meccanismi <strong>di</strong><br />

modulazione rappresentati da verbi al modo con<strong>di</strong>zionale.<br />

II. Gesti, con cinque livelli: gesti coesivi, gesti ideativi, gesti auto-adattatori, gesti<br />

oggetto-adattatori, nessun gesto.<br />

I gesti coesivi e i gesti ideativi appartengono alla categoria dei gesti connessi al <strong>di</strong>scorso,<br />

cioè quei gesti che si eseguono durante un <strong>di</strong>scorso per aumentarne l’evidenza e l’espressività<br />

(Bonaiuto et al., 2002). In particolare, i gesti coesivi, che comprendono all’interno anche la<br />

categoria gesti ritmici, ma che per semplicità <strong>di</strong> esposizione vengono qui chiamati unicamente<br />

gesti coesivi, hanno con il <strong>di</strong>scorso un legame strutturale <strong>di</strong> co-occorrenza; mentre i gesti ideativi<br />

(iconici, metaforici, deittici ed emblematici) sono <strong>di</strong>rettamente riferiti al contenuto del <strong>di</strong>scorso. I<br />

gesti auto-adattatori e oggetto-adattatori non sono connessi al <strong>di</strong>scorso: gli auto-adattatori<br />

corrispondono a movimenti automatici, come il contatto <strong>di</strong> una parte del corpo con un’altra; gli<br />

oggetto-adattatori<br />

rientrano nei gesti etero-adattatori e rappresentano un contatto da parte del<br />

soggetto con l’esterno, in questo caso con oggetti. Questi ultimi sono caratteristici <strong>di</strong> uno stile<br />

gestuale debole. È prevista una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> controllo con assenza <strong>di</strong> gesti.<br />

III Coinvolgimento, con due livelli: alto, basso.<br />

Il coinvolgimentodei destinatari al contenuto del messaggio non viene manipolato<br />

all’interno del messaggio persuasivo (come le altre due variabili in<strong>di</strong>pendenti) ma nella<br />

presentazione che anticipa la somministrazione del messaggio persuasivo: nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

alto coinvolgimento ai soggetti viene detto che il provve<strong>di</strong>mento riguarderà tutti gli iscritti alla<br />

Facoltà; nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> basso coinvolgimento ai soggetti viene detto che il provve<strong>di</strong>mento<br />

riguarderà gli studenti che si iscrivono al primo anno.<br />

Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> ricerca è dunque 2 (coinvolgimento alto/basso) X 2 (verbale<br />

powerful/powerless) X 5 (gesti coesivi/ideativi/oggetto-adattatori/auto-adattatori/assenza gesti) in<br />

tutto 20 con<strong>di</strong>zioni sperimentali. Ciascuna con<strong>di</strong>zione sperimentale prevede 10 soggetti.<br />

5.3.3 Realizzazione dei video-messaggi<br />

Una volta stabilito l’argomento (“aumento delle tasse universitarie”) e delle argomentazioni<br />

forti e deboli a supporto, sulla base dei risultati dello stu<strong>di</strong>o pilota e del pre-test, si è passati alla<br />

costruzione dei messaggi. Sono stati costruiti dei messaggi video nei quali una donna (attrice<br />

professionista, età 25 anni), in un ambiente neutro, espone delle argomentazioni a favore<br />

dell’aumento delle tasse universitarie del 20%.<br />

Per ambiente neutro s’intende una stanza con<br />

pareti bianche in cui è presente un tavolino bianco e una sola se<strong>di</strong>a, alle spalle dell’attrice (stanza<br />

n. 20 del Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia dei Processi <strong>di</strong> Sviluppo e Socializzazione, <strong>Università</strong> <strong>degli</strong><br />

<strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong>; cfr. ad esempio Figure 26-30).<br />

In base alla manipolazione delle variabili in<strong>di</strong>pendenti considerate, sono stati registrati 10<br />

messaggi, ottenuti dalla combinazione dei due livelli verbali e dei cinque livelli gestuali.<br />

93


I testi dei due messaggi testuali (cfr. Appen<strong>di</strong>ce I) variano l’uno dall’altro solamente nella<br />

modalità <strong>di</strong> presentazione delle argomentazioni, mentre sono identici per quanto riguarda il<br />

contenuto. Per pareggiare il livello argomentativo, entrambi i messaggi presentano la stessa<br />

sequenza <strong>di</strong> argomentazioni forti e argomentazioni deboli, definita sulla base <strong>degli</strong> interessi dei<br />

soggetti emersi nello stu<strong>di</strong>o pilota e nel pre-test:<br />

1) argomentazione forte, relativa al miglioramento della formazione universitaria<br />

(problematica emersa spontaneamente e citata da molti studenti nello stu<strong>di</strong>o pilota);<br />

2) argomentazione debole, relativa all’avanzamento della ricerca scientifica italiana<br />

(problematica non citata dagli studenti);<br />

3) argomentazione debole, relativa agli standard delle altre facoltà scientifiche<br />

(problematica non citata dagli studenti);<br />

4) argomentazione<br />

forte, relativa al miglioramento della struttura architettonica<br />

universitaria (problematica che presentava uno dei più alti livelli <strong>di</strong> accordo nel pre-test).<br />

Sono stati costruiti e videoregistrati <strong>di</strong>eci messaggi formati dalle combinazioni <strong>di</strong> cinque<br />

categorie <strong>di</strong> gesti (coesivi, ideativi, auto-adattatori, oggetto-adattatori, nessun gesto) con i due<br />

<strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> parlato (presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e marcatori <strong>di</strong>scorsivi metatestuali,<br />

assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e marcatori <strong>di</strong>scorsivi). Il risultato delle <strong>di</strong>verse combinazioni è il<br />

seguente:<br />

1) Messaggio powerful con gesti coesivi (35 gesti).<br />

2) Messaggio powerful con gesti ideativi (42 gesti).<br />

3) Messaggio powerful con gesti oggetto-adattatori (34 gesti).<br />

4) Messaggio powerful con gesti auto-adattatori (38 gesti).<br />

5) Messaggio powerful con assenza <strong>di</strong> gesti.<br />

6) Messaggio powerless con gesti coesivi (34 gesti).<br />

7) Messaggio powerless con gesti ideativi (45 gesti).<br />

8) Messaggio powerless con gesti oggetto-adattatori (32 gesti).<br />

9) Messaggio powerless con gesti auto-adattatori (36 gesti).<br />

10) Messaggio powerless con assenza <strong>di</strong> gesti.<br />

Le Figure 26-30 mostrano un esempio per ciascun livello della gestualità.<br />

Figura 26. Fotogramma tratto dal filmato<br />

con livello <strong>di</strong> gestualità “gesti coesivi”.<br />

Figura 27. Fotogramma tratto dal filmato<br />

con livello <strong>di</strong> gestualità “gesti ideativi”.<br />

94


Figura 28. Fotogramma tratto dal filmato<br />

con livello <strong>di</strong> gestualità “gesti<br />

oggetto-adattatori”.<br />

Figura 29. Fotogramma tratto dal filmato<br />

con livello <strong>di</strong> gestualità “gesti auto-adattatori”<br />

Figura 30. Fotogramma tratto dal filmato<br />

con livello <strong>di</strong> gestualità “assenza gesti”.<br />

L’associazione tra gesti e parlato è stata stabilita sulla base delle caratteristiche delle<br />

<strong>di</strong>verse<br />

categorie <strong>di</strong> gesti (in base ai risultati sulle funzioni ottenuti nel precedente stu<strong>di</strong>o, per<br />

esempio, lista associata a gesto coesivo mulinello;<br />

contrasto associato a gesti deittici, ecc.).<br />

I due messaggi (powerful e powerless) per ciascuna categoria presentano gesti identici (cfr.<br />

Appen<strong>di</strong>ce<br />

II, per i testi dei messaggi e le co-occorrenze tra gestualità e aspetto verbale).<br />

Si è cercato inoltre <strong>di</strong> mantenere costante il numero <strong>di</strong> gesti in ciascun video (per una me<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> 36 gesti).<br />

Poiché questo stu<strong>di</strong>o ha come obiettivo quello <strong>di</strong> misurare l’influenza della gestualità sulla<br />

valutazione dei messaggi, sono stati controllati,<br />

mantenendoli costanti, gli altri parametri non<br />

verbali (postura, movimenti del capo e delle gambe, espressioni del viso, sguar<strong>di</strong>, aspetto<br />

esteriore).<br />

Per quanto riguarda lo sguardo, l’attrice indossava <strong>degli</strong> occhiali da vista per nascondere il<br />

più possibile la <strong>di</strong>rezione dello sguardo. Inoltre, l’attrice ha ridotto al minimo i movimenti del<br />

capo, mantenendoli costanti. Per quanto riguarda la postura, nel video l’attrice espone il<br />

messaggio in pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>etro un tavolino <strong>di</strong> colore neutro, sul quale sono presenti una penna e un<br />

porta-occhiali (usati nella registrazione dei messaggi con gesti oggetto-adattatori). L’idea <strong>di</strong> usare<br />

il tavolino<br />

ha permesso <strong>di</strong> ridurre al massimo la visibilità dei movimenti <strong>degli</strong> arti inferiori, che<br />

non sono considerati interessanti ai fini della ricerca e che, anzi, avrebbero potuto svolgere un<br />

ruolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo. Per quanto riguarda l’abbigliamento dell’attrice, anch’esso è stato mantenuto<br />

costante. Si è scelto un abbigliamento neutro, per non trasmettere dei segnali relativi allo status o<br />

95


al ruolo sociale dell’attrice. Si è deciso <strong>di</strong> utilizzare l’illuminazione artificiale perché fosse<br />

costante, in<strong>di</strong>pendentemente dal variare delle con<strong>di</strong>zioni atmosferiche esterne, ed evitando così il<br />

formarsi <strong>di</strong> fasci <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong> ombre eccessive. Inoltre, si è tenuta me<strong>di</strong>amente costante la<br />

lunghezza dei messaggi (2’30’’ circa), per evitare un’eventuale influenza della lunghezza del<br />

messaggio sulla valutazione.<br />

Nel tentativo <strong>di</strong> controllare i <strong>di</strong>versi parametri summenzionati, sono state realizzate <strong>di</strong>verse<br />

versioni preliminari <strong>di</strong> ciascun messaggio prima <strong>di</strong> giungere a quelle definitive.<br />

5.3.4 Misure <strong>di</strong> controllo delle manipolazioni<br />

Tutti i messaggi definitivi sono stati valutati per controllare l’efficacia della manipolazione<br />

delle variabili in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Sono stati <strong>di</strong>stinti tre canali comunicativi, ognuno dei quali ha permesso la valutazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi aspetti della comunicazione: presentazione del messaggio attraverso il canale scritto, per il<br />

controllo della manipolazione della modalità verbale <strong>di</strong> presentazione delle argomentazioni<br />

(“powerful”<br />

e “powerless”); presentazione del messaggio attraverso il canale video, per il<br />

controllo della manipolazione della gestualità (coesivi, ideativi, auto-adattatori, oggetto-adattatori<br />

e no gesti); infine, presentazione del messaggio attraverso il canale au<strong>di</strong>o, per il controllo della<br />

costanza <strong>degli</strong> aspetti vocali dei messaggi. I tre livelli comunicativi (scritto, video e au<strong>di</strong>o) sono<br />

stati fatti valutare da 33 giu<strong>di</strong>ci “ciechi” agli obiettivi dello stu<strong>di</strong>o: i giu<strong>di</strong>ci sono stati sud<strong>di</strong>visi in<br />

tre gruppi ai quali sono stati somministrati rispettivamente tutti i messaggi in modalità solamente<br />

scritta, o solamente video o solamente au<strong>di</strong>o.<br />

Sono stati somministrati a 14 soggetti i messaggi esclusivamente nella forma scritta, al fine<br />

<strong>di</strong> stabilire se emergevano <strong>di</strong>fferenze significative nella valutazione dei due livelli del verbale:<br />

“powerful” e “powerless”. Dopo la lettura <strong>di</strong> ciascun messaggio ciascun soggetto era invitato a<br />

rispondere<br />

al questionario <strong>di</strong> valutazione relativo. I due questionari <strong>di</strong> valutazione per la modalità<br />

“ solo scritto” erano identici e misuravano le seguenti variabili <strong>di</strong>pendenti: 1) caratteristiche legate<br />

alla comprensibilità<br />

del messaggio; 2) caratteristiche legate allo stile comunicativo del<br />

messaggio;<br />

3) caratteristiche legate all’obiettività del messaggio; 4) caratteristiche legate alla<br />

persuasività del messaggio. Per controllare<br />

l’eventuale effetto dell’“or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> presentazione dei<br />

messa ggi”, 7 soggetti hanno letto e valutato prima il messaggio powerful, poi quello powerless<br />

(or<strong>di</strong>ne 1), e gli altri 7 prima il messaggio powerless, poi quello powerful (or<strong>di</strong>ne 2).<br />

Sono<br />

stati somministrati ad altri 8 soggetti tutti i messaggi nella forma video, con totale<br />

assenza<br />

<strong>di</strong> au<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> supporto cartaceo, al fine <strong>di</strong> stabilire se emergevano <strong>di</strong>fferenze significative<br />

in relazione alle <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> gesti. Il materiale era costituito da 5 video, ognuno per<br />

ciascun livello <strong>di</strong> gesti, relativi al messaggio verbale “powerful”, ma opportunamente privi <strong>di</strong><br />

au<strong>di</strong>o, e 5 video, ognuno per ciascun livello <strong>di</strong> gesti, relativi al messaggio verbale “powerless”,<br />

ugualmente privi <strong>di</strong> au<strong>di</strong>o. Ogni soggetto era invitato ad osservare i 10 video e, dopo ciascun<br />

messaggio,<br />

era chiamato a rispondere al questionario <strong>di</strong> valutazione relativo. I 10 questionari <strong>di</strong><br />

valutazione erano identici e misuravano le seguenti variabili <strong>di</strong>pendenti: 1) caratteristiche legate<br />

allo stile<br />

comunicativo del parlante; 2) caratteristiche personali del parlante (tra cui cre<strong>di</strong>bilità e<br />

persuasività). Data la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> combinare le cinque categorie <strong>di</strong> gesto, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

presentazione dei video è stato reso casuale.<br />

Infine, ad altri 11 soggetti sono stati somministrati tutti i messaggi nella forma au<strong>di</strong>o, con<br />

totale assenza <strong>di</strong> immagini video e <strong>di</strong> supporto cartaceo, al fine <strong>di</strong> stabilire, anche in questo<br />

caso,<br />

se emergevano <strong>di</strong>fferenze significative nella valutazione della voce registrata dell’attrice. Il<br />

materiale era costituito da 5 registrazioni, relative a ciascun livello <strong>di</strong> gesti (coesivi, ideativi,<br />

auto-adattatori, oggetto-adattatori e assenza gesti), nelle quali era possibile unicamente ascoltare<br />

il messaggio “powerful”, perché opportunamente prive <strong>di</strong> immagine video, e 5 registrazioni,<br />

96


elative a ciascun livello <strong>di</strong> gesti, nelle quali era possibile unicamente ascoltare il messaggio<br />

“powerless”. Ogni soggetto era invitato ad ascoltare i 10 messaggi e, dopo ciascun messaggio, era<br />

chiamato a rispondere al questionario <strong>di</strong> valutazione relativo. Anche in questo ultimo caso i<br />

questionari <strong>di</strong> valutazione erano identici e misuravano le seguenti variabili <strong>di</strong>pendenti: 1)<br />

caratteristiche legate alla comprensibilità del messaggio; 2) caratteristiche legate alla persuasività<br />

del messaggio; 3) caratteristiche legate allo stile comunicativo del parlante; 4) caratteristiche<br />

personali del parlante (tra cui cre<strong>di</strong>bilità e persuasività). Come nelle precedente somministrazione<br />

relativa alla modalità “solo scritto”, anche per la modalità “solo au<strong>di</strong>o” è stato <strong>di</strong>viso il gruppo in<br />

due parti, ognuna delle quali ascoltava e valutava le registrazioni del messaggio “powerful” e<br />

quelle del messaggio “powerless” in un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>verso (or<strong>di</strong>ne 1 e or<strong>di</strong>ne 2).<br />

I questionari utilizzati per la valutazione dei messaggi (scritti, solo video e solo au<strong>di</strong>o) sono<br />

in Appen<strong>di</strong>ce III.<br />

I dati raccolti sono stati analizzati tramite analisi della varianza a misure ripetute.<br />

Per quanto riguarda la valutazione dei due livelli del verbale (canale <strong>di</strong> comunicazione<br />

scritto) “powerful” e “powerless”, è stato definito come fattore Within il TESTO, con i<br />

corrispettivi livelli 1 (powerful) e 2 (powerless) e ne è stato calcolato l’effetto su ogni variabile<br />

<strong>di</strong>pendente. Inoltre, è stato calcolato l’effetto relativo all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> presentazione dei messaggi<br />

(fattore<br />

Between), sia come effetto principale, sia come interazione con i due livelli del verbale.<br />

L’ANOVA a misure ripetute mostra che il fattore Within “TESTO” ha un effetto significativo<br />

sulle seguenti misure, che si riferiscono allo stile comunicativo del messaggio.<br />

1. ENFASI del messaggio, F(1)=25.485, p‹.001; in particolare, il testo powerful (M=5.429) è<br />

valutato significativamente più enfatico del testo powerless (M=3.357).<br />

2. ECCESSIVITA’ del messaggio, F(1)=18.672, p‹.001; in particolare, il testo powerful<br />

(M=4.786)<br />

è valutato più eccessivo (meno sobrio) del testo powerless (M=3.429).<br />

3. MARCATURA del messaggio, F(1)=17.647, p‹.005; in particolare, il testo powerful<br />

(M=5.786) è valutato più marcato del testo powerless (M=4.357).<br />

4. BONTA’ del messaggio, F(1)=5.172, p‹.05; in particolare, il testo powerless (M=4.643)<br />

è<br />

valutato più<br />

buono del testo powerful (M=3.929).<br />

Non si sono registrati effetti significativi legati all’interazione tra i due livelli verbali<br />

(powerful<br />

e powerless) e l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> presentazione dei messaggi.<br />

In conclusione dunque lo stile comunicativo powerful viene effettivamente valutato come<br />

piu’ marcato<br />

ed enfatico, come si voleva, ma queste caratteristiche per quella fonte in quel<br />

contesto e con quella popolazione sembrano<br />

connotarsi negativamente (“eccessivo” e “meno<br />

buono”) rispetto al powerless; e <strong>di</strong> ciò bisognerà tenere conto in sede d’interpretazione dei<br />

risultati.<br />

Per la valutazione dei messaggi con il solo video, ognuno dei quali ha un <strong>di</strong>verso livello <strong>di</strong><br />

gestualità (gesti coesivi, gesti ideativi, gesti auto-adattatori, gesti oggetto-adattatori e senza gesti),<br />

sono stati assunti due fattori Within: il GESTO (5 livelli) e il VERBALE (2 livelli). È stato<br />

misurato l’effetto principale sulle variabili <strong>di</strong>pendenti da parte <strong>di</strong> ciascun fattore e l’effetto<br />

ottenuto dall’interazione tra i due fattori. L’ANOVA a misure ripetute mostra che il fattore<br />

Within “GESTO” ha effetti significativi (tutti dell’or<strong>di</strong>ne p=.000) sulle seguenti misure, che si<br />

riferiscono sia allo stile comunicativo del parlante, sia alle sue caratteristiche personali:<br />

1. Stile comunicativo VALIDO, F(4)=66.314, p


8. Persona DOMINANTE, F(4)=24.424, p


comprensibilità <strong>di</strong> entrambi i testi, mostrano valori superiori alla me<strong>di</strong>a: i messaggi sono valutati<br />

generalmente come comprensibili, semplici, chiari e facili. Sebbene non fosse un’ipotesi<br />

esplicita, ovviamente fare in modo che i testi dei messaggi fossero generalmente comprensibili<br />

era un “obbligo” per la presente ricerca: il processo <strong>di</strong> persuasione, infatti, passa prima dalla fase<br />

<strong>di</strong> comprensione del<br />

messaggio (McGuire, 1968).<br />

Gli stimoli costruiti sono adatti allo stu<strong>di</strong>o sperimentale che ha come obiettivo quello <strong>di</strong><br />

misurare l’effetto dei gesti delle mani, coor<strong>di</strong>nati con la comunicazione verbale, sulla efficacia<br />

comunicativa, sulla persuasività e sulla cre<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> un messaggio e sul processo <strong>di</strong><br />

cambiamento d’atteggiamento. A livello metodologico, quin<strong>di</strong>, i risultati delle valutazioni svolte<br />

confermano la significatività della manipolazione della variabile gestuale. I messaggi costruiti,<br />

infatti, mostrano <strong>di</strong>fferenze significative in relazione alle categorie gestuali che presentano. Ciò<br />

permetterà alla fase successiva della ricerca <strong>di</strong> misurare la reale influenza e la reale persuasività<br />

delle <strong>di</strong>verse categorie gestuali all’interno <strong>di</strong> una situazione comunicativa integrale, in presenza,<br />

questa volta, anche del canale au<strong>di</strong>o, con maggiore garanzia <strong>di</strong> pulizia nell’interpretazione <strong>degli</strong><br />

eventuali effetti.<br />

La manipolazione della variabile in<strong>di</strong>pendente coinvolgimento al messaggio è stata<br />

controllata attraverso un item del questionario somministrato dopo l’esperimento:<br />

“coinvolgimento (alto/basso) all’argomento del messaggio” (Se l’aumento delle tasse verrà<br />

introdotto, quanto è probabile che ti coinvolga personalmente? “0” del tutto improbabile, “10” del<br />

tutto probabile). La manipolazione della variabile coinvolgimento è stata verificata tramite analisi<br />

della varianza a una via dalla quale è risultato un effetto principale del coinvolgimento sulla<br />

misura <strong>di</strong> controllo (F(1,198)=71.58, p=.000): i punteggi più alti si sono registrati in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

alto coinvolgimento (M=8.02, DS=2.51) rispetto alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> basso coinvolgimento<br />

(M=4.22, DS=3.72). Ciò <strong>di</strong>mostra che la procedura adottata per manipolare il grado <strong>di</strong><br />

coinvolgimento è risultata efficace.<br />

5.3.5 Esperimento<br />

I video-messaggi così costruiti e valutati sono stati utilizzati come stimolo per la verifica<br />

sperimentale delle ipotesi <strong>di</strong> ricerca.<br />

Di seguito vengono<br />

descritti i soggetti, la procedura e lo scenario sperimentale.<br />

Soggetti<br />

I soggetti che hanno partecipato all’esperimento sono stati 200 (120 femmine e 80 maschi),<br />

tutti studenti del Nuovo Or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> Psicologia 1 e Psicologia 2 dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong>. I partecipanti sono stati reclutati da un collaboratore dello sperimentatore<br />

“cieco” agli obiettivi della ricerca durante gli intervalli tra le lezioni dei primi anni <strong>di</strong> corso della<br />

laurea triennale <strong>di</strong> primo livello.<br />

Procedura<br />

Nel momento del reclutamento a ciascun soggetto veniva chiesto <strong>di</strong> partecipare a una<br />

ricerca per la Facoltà; una volta che accettava <strong>di</strong> partecipare veniva condotto al Laboratorio <strong>di</strong><br />

Psicologia sociale del Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia dei Processi <strong>di</strong> Sviluppo e Socializzazione,<br />

dove incontrava la sperimentatrice, la quale lo faceva sistemare nella postazione per la visione del<br />

messaggio. La Figura 31a-b mostra la piantina del laboratorio durante l’esperimento.<br />

99


Figura 31a e Figura 31b. Pianta del laboratorio <strong>di</strong> Psicologia Sociale durante l’esperimento.<br />

a b<br />

Il soggetto veniva fatto sedere su una poltroncina da riunione con orientamento<br />

ad angolo<br />

retto rispetto allo sperime ntatore, <strong>di</strong> fronte a un monitor da 15 pollici. Il<br />

monitor era collegato a<br />

un pc portatile posto davanti allo sperimentatore. Quest’ultimo gestiva dal pc l’avvicendamento<br />

delle interfacce che venivano proiettate sul monitor davanti al soggetto. Le Figure 32 e 33<br />

mostrano la prima interfaccia che appariva al soggetto appena seduto davanti al monitor nelle due<br />

con<strong>di</strong>zioni sperimentali.<br />

Lo sperimentatore chiedeva al soggetto <strong>di</strong> leggere attentamente<br />

la presentazione del<br />

questionario, che nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> coinvolgimento alto presentava il provve<strong>di</strong>mento<br />

(aumento<br />

delle tasse universitarie) come esteso a “TUTTI GLI ISCRITTI a Psicologia” (Figure 32), mentre nella<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> coinvolgimento basso “SOLO PER CHI SI ISCRIVE AL PRIMO ANNO <strong>di</strong> Psicologia”<br />

(Figura 33).<br />

Figura 32. Pagina <strong>di</strong> apertura del questionario per la valutazione del video-messaggio nella con<strong>di</strong>zione<br />

“coinvolgimento alto”.<br />

100


Figura 33. Pagina <strong>di</strong> apertura del questionario per la<br />

valutazione del video-messaggio nella con<strong>di</strong>zione<br />

“coinvolgimento<br />

basso”.<br />

Di seguito è riportato il testo della prima pagina del questionario nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

coinvolgimento alto (per l’altra con<strong>di</strong>zione il testo è identico varia solo per la parte finale della<br />

prima frase, scritta a caratteri maiuscoli):<br />

All'interno del Consiglio <strong>di</strong> Facoltà si sta <strong>di</strong>scutendo sulla possibilità <strong>di</strong> far entrare in vigore un<br />

regolamento istituzionale riguardante l'aumento delle tasse universitarie del 20% a partire<br />

dal prossimo anno accademico (2004/2005), per TUTTI GLI ISCRITTI (/SOLO PER CHI SI<br />

ISCRIVE AL PRIMO ANNO) a Psicologia.<br />

La facoltà ha deciso <strong>di</strong> ascoltare più pareri prima <strong>di</strong> prendere una decisione. A tale scopo<br />

sono stati costruiti dalle <strong>di</strong>verse rappresentanze universitarie dei video-messaggi per<br />

presentare i propri punti <strong>di</strong> vista circa questo eventuale provve<strong>di</strong>mento.<br />

Stiamo facendo valutare la qualità generale <strong>di</strong> questi video-messaggi prima <strong>di</strong> sottoporli alla<br />

visione del Consiglio <strong>di</strong> Facoltà.<br />

Ti chie<strong>di</strong>amo, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> visionare ATTENTAMENTE<br />

uno dei filmati preparati a tale scopo e <strong>di</strong><br />

ri spondere ad alcune domande per la valutazione generale dello stesso.<br />

Dopo<strong>di</strong>chè<br />

lo sperimentatore selezionava “Visualizza il filmato”, facendo così partire il<br />

filmato de l video-messaggio in full screen. A ciascun soggetto veniva sottoposto uno dei 10<br />

video-messaggi costruiti manipolando l’aspetto verbale (powerful/powerless)<br />

e l’aspetto gestuale<br />

(gesti coesivi/ideativi/oggetto-adattatori/auto-adattatori/assenza <strong>di</strong> gesti) come su descritto.<br />

Alla fine del filmato sul monitor ricompariva la schermata iniziale (Figura 32-33), lo<br />

sperimentatore selezionava “Avanti”, abbassava lo schermo del pc portatile<br />

(per tranquillizzare il<br />

soggetto e farlo rispondere liberamente alle domande, garantendo<br />

la privacy nelle risposte) e<br />

passava il mouse al soggetto, il quale proseguiva da solo la compilazione<br />

del questionario tramite<br />

monitor e mouse. Le Figure 34, 35 e 36 mostrano le schermate successive.<br />

101


Figura 34. Seconda schermata del questionario uguale per tutte le con<strong>di</strong>zioni.<br />

Figura 35. Questionario sulla valutazione del messaggio<br />

e del parlante (inizio).<br />

102


Figura 36. Questionario sulla valutazione del messaggio e del parlante (seguito).<br />

I soggetti potevano<br />

rispondere alle domande selezionando le risposte e spostandosi con la<br />

barra<br />

<strong>di</strong> scorrimento posta sulla destra.<br />

Alla fine <strong>di</strong> questa schermata, quando i soggetti selezionavano “Avanti”, si apriva una<br />

pagina <strong>di</strong> presentazione <strong>di</strong> una seconda parte del questionario, volta a misurare l’atteggiamento<br />

del soggetto nei confronti dell’”aumento delle tasse universitarie” (cfr., § 5.4). Le Figure 37 e 38<br />

mostrano le schermate successive del questionario riguardanti le misure <strong>di</strong> atteggiamento. La<br />

Figura 38 mostra l’ultima domanda volta a misurare il comportamento <strong>di</strong> voto del soggetto nei<br />

confronti dell’“aumento delle tasse universitarie” (cfr., § 5.4), presentata sotto forma <strong>di</strong><br />

sondaggio “i cui risultati saranno presi in considerazione per l’approvazione del provve<strong>di</strong>mento” dal<br />

Consiglio <strong>di</strong> Facoltà. La Figura 39 mostra la schermata <strong>di</strong> chiusura del questionario.<br />

Figura 37. Schermata <strong>di</strong> presentazione delle domande sugli atteggiamenti.<br />

103


Figura 38. Questionario <strong>di</strong> misura dell’atteggiamento.<br />

Figura 39. Voto per sondaggio sull’aumento delle tasse universitarie.<br />

104


Figura 40. Ultima schermata del questi onario <strong>di</strong>gitale.<br />

Tutte le risposte dei soggetti venivano salvate su fogli excel (un foglio<br />

per ogni con<strong>di</strong>zione<br />

sperimentale),<br />

in modo da poter essere facilmente analizzati e/o trasferiti su altri software <strong>di</strong><br />

analisi<br />

dei dati.<br />

Alla fine della compilazione del questionario al soggetto veniva spiegato che il messaggio<br />

non riguardava un reale provve<strong>di</strong>mento della Facoltà,<br />

ma era solo un pretesto per verificare come<br />

vengono<br />

valutati <strong>di</strong>versi aspetti della comunicazione verbale e non verbale <strong>di</strong> una persona durante<br />

la presentazione <strong>di</strong> posizioni riguardanti temi salienti (aumento delle tasse) per la popolazione <strong>di</strong><br />

riferimento (in questo caso gli studenti <strong>di</strong> Psicologia). Infine, il soggetto veniva pregato, facendo<br />

appel lo alla sua serietà scientifica, <strong>di</strong> non rivelare ad altri studenti il vero obiettivo della ricerca e<br />

soprattutto la falsità dell’argomento presentato nel messaggio, allo scopo <strong>di</strong> non invalidare la<br />

raccolta<br />

dati futura. La raccolta dati è durata circa quattro settimane e si è svolta nel periodo da<br />

Maggio a Giugno 2004.<br />

5.4 Misure<br />

Le variabili, rilevate attraverso il questionario <strong>di</strong>gitale compilato dai soggetti a fine<br />

visione del video messaggio,<br />

sono state misurate utilizzando item a scala Likert o a scala bipolare<br />

(Burgoon et al. 1990; Leigh,<br />

Summers, 200 2)<br />

con punteggi da 0 a 10. Questi punteggi non<br />

comparivano nel questionario, ma venivano<br />

assegnati automaticamente dal programma alla<br />

risposta selezionata del soggetto: ad esempio, alla domanda “Come valuti la persona appena<br />

ascoltata?”, per la risposta “abbastanza insicura” il programma registrava automaticamente sul<br />

file <strong>di</strong> output il punteggio “3”, per la risposta “ parecchio sicura” il punteggio “9”, per la risposta<br />

“né sicura né insicura” il punteggio “5”, ecc.<br />

Come già detto, le variabili misurate attraverso il questionario riguardano la valutazione del<br />

messaggio, dello stile comunicativo dell’oratore, dell’oratore, l’atteggiamento nei confronti del<br />

provve<strong>di</strong>mento proposto nel messaggio, l’intenzione <strong>di</strong> voto rispetto al provve<strong>di</strong>mento, il<br />

comportamento <strong>di</strong> voto. Di seguito sono riportati gli item per ciascuna misura:<br />

105


1. Valutazione<br />

del messaggio:<br />

- Il messaggio appena ascoltato è:<br />

o '0'<br />

del tutto complesso, "10" del tutto semplice;<br />

o '0'<br />

del tutto oscuro, "10" del tutto chiaro;<br />

o '0' del tutto incomprensibile, "10" del tutto comprensibile;<br />

o '0' del tutto incoerente, "10" del tutto coerente;<br />

o '0' del tutto inefficace, "10" del tutto efficace;<br />

o '0' del tutto inadeguato, "10" del tutto adeguato;<br />

o '0' per niente inform ativo, "10" del tutto informativo;<br />

o '0' per niente valido, "10" del tutto valido;<br />

o '0' del tutto menzognero, " 10" del tutto<br />

veritiero;<br />

o '0' per niente plausibile, "10" del tutto<br />

plausibile;<br />

o '0' per niente cre<strong>di</strong>bile, "10" de l tutto cre<strong>di</strong>bile;<br />

o '0' per niente persuasivo, "10" del tutto persuasivo;<br />

o '0' per niente coinvolgente, "10" del tutto coinvolgente;<br />

o '0' per niente interessante, "10" del tutto interessante.<br />

- Quanto ritieni adeguate le modalità <strong>di</strong> presentazione delle argomentazioni nel messaggio?<br />

o '0' del tutto inadeguate, "10" del tutto adeguate.<br />

- Qual è la tua reazione complessiva al messaggio?<br />

o '0' del tutto sfavorevole, "10" del tutto favorevole.<br />

- In che misura ritieni che il messaggio ascoltato dovrebbe essere utilizzato come campagna<br />

a sostegno dell’aumento delle tasse?<br />

o '0' non dovrebbe assolutamente essere utilizzato, "10" dovrebbe assolutamente<br />

essere utilizzato.<br />

2. Valutazione dello stile comunicativo dell’oratore:<br />

- Come valuti lo stile comunicativo della persona appena ascoltata?<br />

o '0' per niente valido, "10" del tutto valido;<br />

o '0' del tutto inefficace, "10" del tutto efficace;<br />

o '0' del tutto inadeguato, "10" del tutto adeguato;<br />

o '0' del tutto banale, "10" del tutto originale.<br />

- Quanto ritieni fosse efficace ciascuno <strong>di</strong> questi aspetti dello stile comunicativo del<br />

parlante?<br />

o Parole: '0' del tutto inefficace, "10" del tutto efficace;<br />

o Intonazione vocale: '0' del tutto inefficace, "10" del tutto efficace;<br />

o Gesti delle mani: '0' del tutto inefficace, "10" del tutto efficace.<br />

3. Valutazione dell’oratore:<br />

- Come valuti la persona appena ascoltata?<br />

o '0' per niente serena, "10" del tutto serena;<br />

o '0' per niente rilassata, "10" del tutto rilassata;<br />

o '0' del tutto insicura, "10" del tutto sicura;<br />

o '0' del tutto ant ipatica, "10" del tutto simpa tica;<br />

o '0' per niente amichevole, "10" del tutto amichevole; o '0' per niente interessante, "10" del tutto interessante;<br />

o '0' del tutto sottomessa, "10" del tutto dominante; o '0' del tutto inesperta, "10" del tutto esperta;<br />

o '0' del tutto ininformata, "10" del tutto informata;<br />

o '0' del tutto incompetente, "10" del tutto competente;<br />

106


o '0' per niente convinta, "10" del tutto convinta;<br />

o '0' del tutto interessata, "10" del tutto <strong>di</strong>sinteressata;<br />

o '0' del tutto inaffidabile, "10" del tutto affidabile;<br />

o '0' per niente cre<strong>di</strong>bile, "10" del tutto cre<strong>di</strong>bile;<br />

o '0' per niente convincente, "10" del tutto convincente;<br />

o '0' per niente persuasiva, "10" del tutto persuasiva.<br />

4. Atteggiamento:<br />

- In che misura sei personalmente d’accordo o in <strong>di</strong>saccordo con l’aumento delle tasse<br />

universitarie?<br />

o '0' completamente in <strong>di</strong>saccordo, "10" completamente d’accordo.<br />

- L’aumento delle tasse è:<br />

o '0' del tutto dannoso, "10" del tutto benefico;<br />

o '0' del tutto cattivo, "10" del tutto buono;<br />

o '0' del tutto insensato, "10" del tutto sensato;<br />

o '0' del tutto negativo, "10" del tutto positivo.<br />

- Ritieni che l’approvazione del provve<strong>di</strong>mento proposto nel messaggio sia:<br />

o '0' del tutto indesiderabile, "10" del tutto desiderabile.<br />

5. Intenzione <strong>di</strong> voto:<br />

- Se te ne<br />

fosse data la possibilità, voteresti a favore dell’approvazione del provve<strong>di</strong>mento<br />

proposto<br />

(l’aumento delle tasse)?<br />

o '0' no, "10" sì.<br />

6. Comportamento <strong>di</strong> voto:<br />

- Il Consiglio <strong>di</strong> Facoltà sta facendo un sondaggio, i cui risultati saranno seriamente presi in<br />

considerazione per l’approvazione del provve<strong>di</strong>mento. Ti <strong>di</strong>amo dunque la possibilità, se<br />

lo desideri, <strong>di</strong> dare un contributo importante per l’approvazione<br />

o meno dell’introduzione<br />

del provve<strong>di</strong>mento proposto nel messaggio, rispon dendo liberamente alla prossima<br />

domanda selezionando la risp osta prescelta. Anche questa parte<br />

del questionario rimarrà<br />

del tutto anonima.<br />

Formula ora il tuo voto per l’approvazione dell’aumento delle tasse universitarie:<br />

o “0” no, “1” non<br />

so, “2” sì<br />

5.5 Analisi dei dati<br />

I dati così raccolti in fogli excel sono stati trasferiti nel software SPSS per Windows.<br />

Sono state effettuate delle analisi delle componenti principali (metodo Varimax) sulle<br />

scale <strong>di</strong> valutazione impiegate per la misura delle variabili <strong>di</strong>pendenti, vale a <strong>di</strong>re: del messaggio,<br />

dello stile comunicativo, dell’oratore e dell’atteggiamento; ciò allo scopo <strong>di</strong> verificare la struttura<br />

fattoriale delle scale stesse e quin<strong>di</strong> pervenire a dei punteggi sintetici <strong>di</strong> scala per ciascuna<br />

misura.<br />

Per la verifica delle ipotesi, sono state condotte delle analisi della varianza univariata su<br />

ciascuna misura ponendo a fattori (5x2x2) i Gesti, il Verbale e il Coinvolgimento, al fine <strong>di</strong><br />

verificarne gli effetti principali (test <strong>di</strong> Duncan per i confronti post hoc) e d’interazione sulle<br />

misure.<br />

Infine sono state svolte delle analisi <strong>di</strong> regressione semplice per verificare quale variabile<br />

107


in<strong>di</strong>pendente e/o misura o combinazione <strong>di</strong> esse meglio pre<strong>di</strong>ce il criterio ultimo costituito<br />

dall’atteggiamento e/o dall’intenzione <strong>di</strong> voto e/o dal voto stesso.<br />

5.6 Risultati<br />

Struttura delle scale <strong>di</strong> misura<br />

È stata svolta un’analisi fattoriale per ciascuna delle scale del questionario: valutazione del<br />

messaggio, valutazione dello stile comunicativo del parlante, valutazione delle caratteristiche<br />

personali del parlante, misura dell’atteggiamento nei confronti<br />

dell’oggetto del messaggio.<br />

1. Sono state estratte tre <strong>di</strong>mensioni per quanto riguarda la valutazione del messaggio (cfr.<br />

Tabella<br />

XIX) che spiegano il 58,35% della varianza totale della scala:<br />

1) Persuasività<br />

del messaggio (9 items, Alfa = .87, α st = .87; %var. = 26,83%).<br />

2) Cre<strong>di</strong>bilità<br />

del messaggio (5 items, Alfa = .86, α st = .86; %var. = 21,05%).<br />

3) Comprensibilità<br />

del messaggio (3 items, Alfa = .60, α st = .62; 10,47%).<br />

Tabella XIX: Saturazione <strong>degli</strong> item sulle <strong>di</strong>mensioni estratte della scala <strong>di</strong> valutazione del messaggio<br />

Saturazioni<br />

Item<br />

1 2 3<br />

Messaggio coinvolgente .838<br />

Messaggio persuasivo .813<br />

Messaggio efficace<br />

.701<br />

Messaggio interessante .679<br />

Utilità messaggio<br />

.645<br />

Favorevole messaggio .613<br />

Argomentazioni<br />

adeguate . 544<br />

Messaggio adeguato .513<br />

Messaggio informativo<br />

.452<br />

Messaggio veritiero .780<br />

Messaggio plausibile .710<br />

Messaggio valido<br />

.639<br />

Messaggio cre<strong>di</strong>bile .632<br />

Messaggio coerente<br />

.614<br />

Messaggio comprensibile<br />

.801<br />

Messaggio<br />

chiaro<br />

.754<br />

Messaggio semplice<br />

.685<br />

2. È stata estratta un’unica <strong>di</strong>mensione sulla scala <strong>di</strong> valutazione dello stile comunicativo (cfr.<br />

Tabella XX) che spiega il 51,74% della varianza totale della scala:<br />

1) Efficacia dello stile comunicativo (6 items, Alpha = .83, α st. = .84).<br />

Tabella XX: Saturazione <strong>degli</strong> item sulla <strong>di</strong>mensione estratta della scala <strong>di</strong> valutazione dello stile comunicativo<br />

Item Saturazioni<br />

Stile comunicativo adeguato .861<br />

Stile comunicativo valido<br />

.855<br />

Stile comunicativo efficace .825<br />

Parole efficaci<br />

.716<br />

Gesti efficaci<br />

.555<br />

Stile comunicativo originale .538<br />

108


3. Sono state estratte tre <strong>di</strong>mensioni per quanto riguarda la scala <strong>di</strong> valutazione dell’oratore (cfr.<br />

Tabella XXI) che spiegano il 60.93% della varianza totale della scala:<br />

1) Persuasività e cre<strong>di</strong>bilità dell’oratore (5 items, Alpha = .87, α st. = .87; %var = 26.45)<br />

2) Competenza dell’oratore (4 items, Alpha = .73 α st. = .74; %var = 18.91).<br />

3) Piacevolezza dell’oratore (3 items, Alpha = .57 α st. = .58; % var = 15.57).<br />

Tabella XXI: Saturazione <strong>degli</strong> item sulle <strong>di</strong>mensioni estratte della scala <strong>di</strong> valutazione dell’oratore<br />

Saturazioni<br />

Item<br />

1 2 3<br />

Persona persuasiva .878<br />

Persona convincente .877<br />

Persona cre<strong>di</strong>bile .810<br />

Persona convinta<br />

.623<br />

Persona interessante .556<br />

Persona informata<br />

.783<br />

Persona esperta<br />

.711<br />

Persona dominante<br />

.669<br />

Persona sicura<br />

.452<br />

Persona amichevole<br />

.802<br />

Persona simpatica<br />

.684<br />

Persona affidabile<br />

.469<br />

4. Come ipotizzato è emersa una sola <strong>di</strong>mensione nella scala <strong>di</strong> misura dell’atteggiamento (cfr.<br />

Tabella XXII) che spiega il 68,41% della varianza totale della scala:<br />

a. Atteggiamento (5 items, Alpha = .88 α st. = .88).<br />

Tabella XXII: Saturazione <strong>degli</strong> item sulla <strong>di</strong>mensione estratta della scala <strong>di</strong> valutazione dello stile<br />

comunicativo<br />

Item Saturazioni<br />

Provve<strong>di</strong>mento positivo<br />

Accordo verso provve<strong>di</strong>mento<br />

Provve<strong>di</strong>mento benefico<br />

Provve<strong>di</strong>mento buono<br />

Provve<strong>di</strong>mento desiderabile<br />

.877<br />

.847<br />

.821<br />

.819<br />

.768<br />

Verifica della prima ipotesi: effetti principali.<br />

Dall’analisi della varianza univariata sui punteggi fattoriali <strong>di</strong> ciascuna scala risultata<br />

atten<strong>di</strong>bile (coefficiente <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità alfa >.70) sono emersi effetti principali dei gesti su alcune<br />

delle <strong>di</strong>mensioni valutate.<br />

I risultati significativi possono essere riassunti come segue.<br />

1) Effetto principale dei gesti sulla valutazione <strong>di</strong> efficacia dello stile comunicativo (F(4,<br />

180)=2,61; p=.037). In particolare, secondo i risultati delle analisi post hoc (test <strong>di</strong> Duncan,<br />

cfr. Tabella XXIII), lo stile comunicativo dei filmati con gesti coesivi (m= .168), con<br />

109


assenza <strong>di</strong> gesti (m=.181) e con gesti ideativi (m=.187) è stato valutato come più efficace<br />

rispetto al filmato con i gesti auto-adattatori (m=-.332).<br />

Tabella XXIII. Me<strong>di</strong>e dei punteggi fattoriali della valutazione <strong>di</strong> efficacia dello stile comunicativo nei<br />

sotto-insiemi omogenei (test <strong>di</strong> Duncan; p


con stile verbale powerful e gesti coesivi (m=.53), assenza <strong>di</strong> gesti (m=.24) e gesti<br />

ideativi (m=.21), ed è valutato come meno efficace nei filmati con stile verbale<br />

powerful e gesti oggetto-adattatori (m= -.531) e gesti auto-adattatori (m= -.479),<br />

nonché nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stile verbale powerless e gesti auto-adattatori (m= -<br />

.186) e gesti coesivi (m= -.194).<br />

Tabella XXV. Me<strong>di</strong>e marginali stimate del punteggio fattoriale <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> effic acia dello stile comunicativo nelle interazioni tra gesti<br />

e verbale.<br />

powerless powerful<br />

coesivi -0,194 0,530<br />

ideativi 0,165 0,210<br />

oggetto-adattatori 0,122 -0,531<br />

auto-adattatori -0,186 -0,479<br />

assenza gesti 0,123 0,240<br />

Grafico 2. Interazioni tra gesti e verbale nel punteggio <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> efficacia dello stile<br />

comunicativo.<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

-0,2<br />

-0,4<br />

-0,6<br />

powerless powerful<br />

verbale<br />

coesivi<br />

ideativi<br />

oggettoadattatori<br />

auto-adattatori<br />

assenza gesti<br />

2. Persuasività del messaggio (F(4, 180)= 2.46; p=.047; cfr. Tabella XXVI e Grafico 3):<br />

i punteggi <strong>di</strong> persuasività del messaggio sono più alti nelle con<strong>di</strong>zioni con stile<br />

verbale powerful e gesti coesivi (m=.450) e con verbale powerless e oggettoadattatori<br />

(m=.373), mentre sono più bassi nelle con<strong>di</strong>zioni con verbale powerful e<br />

gesti oggetto-adattatori (m= -.347) e con verbale powerless e gesti coesivi (m= -<br />

.217).<br />

Tabella XXVI. Me<strong>di</strong>e marginali stimate del punteggio fattoriale <strong>di</strong> persuasività del messaggio nelle interazioni tra<br />

gesti e verbale.<br />

powerless powerful<br />

coesivi -0,217 0,450<br />

ideativi 0,061 0,117<br />

oggetto-adattatori 0,373 -0,347<br />

auto-adattatori -0,115 -0,130<br />

assenza gesti -0,083 -0,110<br />

111


Grafico 3. Interazioni tra gesti e verbale nel punteggio <strong>di</strong> persuasività al messaggio.<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,5<br />

0,4<br />

0,3<br />

0,2<br />

0,1<br />

0<br />

-0,1<br />

-0,2<br />

-0,3<br />

-0,4<br />

powerless powerful<br />

verbale<br />

coesivi<br />

ideativi<br />

oggetto-adattatori<br />

auto-adattatori<br />

assenza gesti<br />

Non sono risultati effetti significativi <strong>di</strong> interazione a due vie tra gesti e verbale sulle altre<br />

<strong>di</strong>mensioni misurate: cre<strong>di</strong>bilità del messaggio (F(4, 180)=0.83, n.s.), persuasività/cre<strong>di</strong>bilità<br />

dell’oratore (F(4, 180)=1.95, n.s.), competenza dell’oratore (F(4, 180)=0.42, n.s.), atteggiamento(F(4,<br />

180)=1.51, n.s.).<br />

Verifica della terza ipotesi: effetti d’interazione a tre vie tra gesti , verbale e coinvolgimento<br />

I risultati delle analisi della varianza per gli effetti d’interazione a tre vie tra gesti, verbale e<br />

coinvolgimento possono essere riassunti come segue.<br />

Valutazione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità del messaggio (F =3.298; p=.012; Tabelle XXVII e<br />

(4, 180)<br />

XXVIII, Grafici 4-10): a coinvolgimento alto, il messaggio risulta più cre<strong>di</strong>bile nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> verbale powerful con gesti auto-adattatori (m=.251) e con assenza <strong>di</strong><br />

gesti (m=.236) e verbale powerless con oggetto-adattatori (m=.319), meno cre<strong>di</strong>bile<br />

nelle con<strong>di</strong>zioni verbale powerful con gesti coesivi (m= -.499) e verbale powerless con<br />

gesti ideativi (m= -.356); a basso coinvolgimento il messaggio risulta più cre<strong>di</strong>bile<br />

nella con<strong>di</strong>zione verbale powerful con gesti coesivi (m=.578) e con gesti ideativi<br />

(m=.406) e verbale powerless con gesti ideativi (m=.413) e con assenza <strong>di</strong> gesti<br />

(m=.356); il messaggio risulta meno cre<strong>di</strong>bile nelle con<strong>di</strong>zioni verbale powerless con<br />

gesti coesivi (m= -524), verbale powerful con gesti auto-adattatori (m= -.603) e<br />

verbale powerful con assenza <strong>di</strong> gesti (m= -.391).<br />

Tabelle XXVII e XVIII. Me<strong>di</strong>e del punteggio fattoriale <strong>di</strong> valutazione della cre<strong>di</strong>bilità del messaggio nelle<br />

interazioni tra gesti e verbale nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> alto e <strong>di</strong> basso coinvolgimento dei<br />

partecipanti rispetto all’oggetto del video-messaggio.<br />

alto coinvolgimento basso coinvolgimento<br />

powerless powerful powerless powerful<br />

coesivi<br />

.003 -0,499 coesivi -0,524 0,578<br />

ideativi -0,356 -0,237 ideativi 0,413 0,406<br />

oggetto-adattatori 0,319 -0,009 oggetto-adattatori 0,255 -0,009<br />

auto-adattatori 0,004 0,251 auto-adattatori 0,252 -0,603<br />

assenza gesti -0,289 0,236 assenza gesti 0,356 -0,391<br />

112


Grafico 4. Interazioni tra gesti e verbale in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> alto coinvolgimento.<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

-0,2<br />

-0,4<br />

-0,6<br />

-0,8<br />

Alto coinvolgimento<br />

powerless powerful<br />

verbale<br />

coesivi<br />

ideativi<br />

oggetto-adattatori<br />

auto-adattatori<br />

assenza gesti<br />

Grafico 5. Interazioni tra gesti e verbale in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> basso coinvolgimento.<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

-0,2<br />

-0,4<br />

-0,6<br />

-0,8<br />

Basso coinvolgimento<br />

powerless powerful<br />

verbale<br />

coesivi<br />

ideativi<br />

oggetto-adattatori<br />

auto-adattatori<br />

assenza gesti<br />

Grafici 6-10. Me<strong>di</strong>e del punteggio <strong>di</strong> valutazione della cre<strong>di</strong>bilità del messaggio nelle interazioni tra verbale e<br />

coinvolgimento dei soggetti rispetto all’oggetto del video-messaggio per ciascuna categoria <strong>di</strong> gesto.<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

-0,2<br />

-0,4<br />

-0,6<br />

-0,8<br />

Gesti coesivi<br />

basso alto<br />

Coinvolgimento<br />

powerless<br />

powerful<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,7<br />

0,2<br />

-0,3<br />

-0,8<br />

Gesti ideativi<br />

basso alto<br />

Coinvolgimento<br />

powerless<br />

powerful<br />

113


me<strong>di</strong>e<br />

0,7<br />

0,2<br />

-0,3<br />

-0,8<br />

Gesti oggetto-adattatori<br />

basso alto<br />

Coinvolgimento<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,7<br />

0,2<br />

-0,3<br />

-0,8<br />

powerless<br />

powerful<br />

me<strong>di</strong>e<br />

0,8<br />

0,3<br />

-0,2<br />

-0,7<br />

Assenza <strong>di</strong> gesti<br />

basso alto<br />

Coinvolgimento<br />

Gesti auto-adattatori<br />

basso alto<br />

Coinvolgimento<br />

powerless<br />

powerful<br />

powerless<br />

powerful<br />

Non è emerso alcun effetto significativo d’interazione a tre vie tra gesti, verbale e<br />

coinvolgimento sulle altre <strong>di</strong>mensioni misurate: persuasività del messaggio (F(4, 180)=1.55, n.s.),<br />

efficacia dello stile comunicativo (F(4, 180)=0.77, n.s.), persuasività/cre<strong>di</strong>bilità dell’oratore (F(4,<br />

180)=1.43, n.s.), competenza dell’oratore (F(4, 180)=1.56, n.s.), atteggiamento (0.54, n.s.).<br />

Verifica della quarta ipotesi: pre<strong>di</strong>ttori dell’atteggiamento verso l’oggetto del messaggio.<br />

Per<br />

l’analisi <strong>di</strong> regressione sulla variabile criterio atteggiamento favorevole nei confronti<br />

del provve<strong>di</strong>mento proposto nel messaggio (aumento delle tasse universitarie), sono state<br />

considerate come pre<strong>di</strong>ttori le <strong>di</strong>mensioni emerse dalle analisi fattoriali: efficacia dello stile<br />

comunicativo, competenza dell’oratore, cre<strong>di</strong>bilità e persuasività dell’oratore, cre<strong>di</strong>bilità del<br />

messaggio, persuasività del messaggio.<br />

Applicando il metodo <strong>di</strong> selezione dei pre<strong>di</strong>ttori Stepwise,<br />

sono entrate nell’equazione <strong>di</strong> regressione (F(3, 196)=56.68; p=.000) le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong><br />

persuasività del messaggio (t=5.276; p=.000), <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità del messaggio (t=4.053; p=.000) e <strong>di</strong><br />

efficacia comunicativa dell’oratore (t=-3.199; p=.002). Come mostrato in Tabella XIX le tre<br />

<strong>di</strong>mensioni pre<strong>di</strong>cono il 46.5% della varianza totale dell’atteggiamento (R 2 = .465).<br />

Tabella XIX. Sintesi dell’analisi <strong>di</strong> regressione delle <strong>di</strong>mensioni valutate del messaggio e del parlante<br />

sull’atteggiamento.<br />

Pre<strong>di</strong>ttori in equazione β t<br />

Persuasività del messaggio<br />

Cre<strong>di</strong>bilità del messaggio<br />

Efficacia comunicativa<br />

**p


In un’analisi <strong>di</strong> regressione successiva, come mostrato dalle Tabelle XXX e XXXI,<br />

l’atteggiamento(t=11.34; p=.000) risulta pre<strong>di</strong>re il 39.4% (R 2 = .394) della varianza<br />

dell’intenzione <strong>di</strong> voto a favore del provve<strong>di</strong>mento esposto nel messaggio (F(1, 198)=128.5;<br />

p=.000).<br />

Tabella XXX. Sintesi dell’analisi <strong>di</strong> regressione dell’atteggiamento sull’intenzione <strong>di</strong> voto.<br />

Pre<strong>di</strong>ttori in equazione β t<br />

2<br />

R<br />

Atteggiamento<br />

**p


Contrariamente alle ipotesi, invece, non sono risultati effetti principali imputabili alla<br />

struttura retorico-argomentativa del verbale (vale a <strong>di</strong>re allo stile verbale powerful/powerless) per<br />

nessuna delle misure rilevate; probabilmente la struttura retorica dei contenuti per essere<br />

considerata efficace richiede <strong>di</strong> essere rafforzata da segnali non verbali che ne evidenzino i<br />

passaggi <strong>di</strong>scorsivi e/o l’enfasi argomentativa, come già sostenuto da altri autori sulla base <strong>di</strong><br />

osservazioni qualitative (Atkinson, 1984; Bull, 1986, 2002; Heritage, Greatbatch, 1986). Bisogna<br />

innanzitutto tenere presente che questo risultato è stato però ottenuto su una popolazione<br />

studentesca, mentre tipicamente la letteratura sugli effetti <strong>degli</strong> aspetti verbali ha lavorato su un<br />

u<strong>di</strong>torio rappresentato dal pubblico generico, maggiormente rappresentativo della popolazione<br />

complessiva<br />

Inoltre bisogna considerare che, da questo punto <strong>di</strong> vista, un risultato importante sono gli<br />

effetti d’interazione tra gesti e aspetti retorici del verbale su alcune misure <strong>di</strong> valutazione del<br />

messaggio e dell’oratore. In linea con la <strong>di</strong>rezione teorica generale seguita in tutta la presente<br />

ricerca, vale a <strong>di</strong>re la coor<strong>di</strong>nazione e lo stretto legame tra gestualità delle mani ed espressione<br />

verbale, questi effetti d’interazione in<strong>di</strong>cano che l’efficacia comunicativa è data principalmente<br />

da un utilizzo coerente <strong>di</strong> particolari gesti in co-occorrenza con particolari modalità <strong>di</strong>scorsive e/o<br />

argomentative. Infatti, coerentemente coi risultati del precedente stu<strong>di</strong>o correlazionale (cfr. cap. 4<br />

del presente lavoro), da quest’ultimo stu<strong>di</strong>o sperimentale emergono alcune associazioni, tra gesti<br />

e modalità <strong>di</strong>scorsive e argomentative, che funzionano meglio e sono maggiormente significative<br />

<strong>di</strong> altre nel rendere persuasiva la comunicazione dell’oratore. In questo stu<strong>di</strong>o sperimentale, come<br />

ipotizzato, i soggetti hanno valutato come più efficaci stilisticamente i gesti coesivi e ideativi, ma<br />

anche l’assenza <strong>di</strong> gesti, quando sono associati con un verbale ricco <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e<br />

marcato <strong>di</strong>scorsivamente (marcatori con funzione metatestuale); sono stati valutati invece come<br />

meno efficaci i gesti auto-adattatori associati a entrambi i profili verbali, i gesti oggetto-adattatori<br />

associati a un verbale retorico e marcato, e i gesti coesivi se associati a un verbale<br />

<strong>di</strong>scorsivamente modulato (marcatori <strong>di</strong> modulazione, uso del con<strong>di</strong>zionale e <strong>di</strong> forme verbali<br />

in<strong>di</strong>rette) e retoricamente debole (assenza <strong>di</strong> forme retorico-argomentative). Questi risultati<br />

confermano l’ipotesi <strong>di</strong> partenza secondo cui uno stile verbale <strong>di</strong>scorsivamente e retoricamente<br />

forte è valutato come più efficace solo quando viene associato con una gestualità efficace (gesti<br />

ideativi e coesivi) o quanto meno non controproducente (vale a <strong>di</strong>re a nessuna gestualità); mentre<br />

se tale stile verbale è accompagnato con gesti adattatori (auto- e oggetto-) è valutato come meno<br />

efficace ad<strong>di</strong>rittura anche rispetto a un verbale retoricamente e <strong>di</strong>scorsivamente debole<br />

accompagnato da qualsiasi tipo <strong>di</strong> gesto. Quest’ultimo stile, infatti, in generale è stato valutato<br />

come poco efficace (con me<strong>di</strong>e, nelle <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> gesto, intorno al o sotto il punteggio<br />

me<strong>di</strong>o della misura).<br />

Anche l’effetto d’interazione tra gesti e verbale sulla valutazione della persuasività del<br />

messaggio, misura che è risultata essere un buon pre<strong>di</strong>ttore dell’atteggiamento, in<strong>di</strong>ca lo stesso<br />

tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione: il messaggio con un verbale retoricamente e <strong>di</strong>scorsivamente forte è valutato<br />

come più persuasivo quando è accompagnato da gesti coesivi, rispetto a quando è accompagnato<br />

da gesti oggetto-adattatori, mentre un verbale retoricamente debole è valutato come più<br />

persuasivo se accompagnato da gesti oggetto-adattatori. Da una parte i gesti ideativi rendono il<br />

messaggio più persuasivo e i gesti adattatori o l’assenza <strong>di</strong> gesti meno persuasivo, dall’altra i<br />

gesti coesivi e gli oggetto-adattatori hanno un effetto incrociato sulla persuasività del messaggio:<br />

un verbale forte retoricamente e marcato <strong>di</strong>scorsivamente accompagnato da gesti coesivi e/o un<br />

verbale debole ma accompagnato da gesti oggetto-adattatori portano i soggetti a valutare il<br />

messaggio come più persuasivo, probabilmente perché percepiscono quelle due associazioni<br />

come più coerenti (verbale forte-gesti enfatici; verbale debole-gesti <strong>di</strong> manipolazione) rispetto<br />

alle associazioni inverse (verbale forte-gesti <strong>di</strong> manipolazione; verbale debole-gesti enfatici), le<br />

quali invece portano i soggetti a valutare il messaggio come meno persuasivo. Si potrebbe forse<br />

116


speculare che le situazioni <strong>di</strong> coerenza verbale-gestuale, rispetto a quelle <strong>di</strong> incoerenza, risultano<br />

più persuasive perchè<br />

comunicano al destinatario una impressione <strong>di</strong> trasparenza o sincerità<br />

dell’oratore.<br />

Sarebbe questa un’ipotesi interessante da verificare in stu<strong>di</strong> successivi se tali<br />

associazioni<br />

hanno effetti significativi sulla valutazione <strong>di</strong> sincerità-menzogna dell’oratore.<br />

Queste relazioni consentono <strong>di</strong> integrare il modello precedente nel modo illustrato nella Figura<br />

42.<br />

Figura 42. Secondo modello delle ruolo dei gesti delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con il verbale nel processo <strong>di</strong><br />

Competenza<br />

dell’oratore<br />

persuasione<br />

gesti<br />

gesti X verbale<br />

Efficacia<br />

comunicativa<br />

Persuasività<br />

del<br />

messaggio<br />

atteggiamento<br />

Il fatto che, tra i gesti connessi al <strong>di</strong>scorso, siano i gesti coesivi, e non gli ideativi, a essere<br />

valutati <strong>di</strong>versamente se associati a un verbale <strong>di</strong>verso (sia sull’efficacia dello stile comunicativo<br />

sia sulla persuasività del messaggio sia sulla competenza dell’oratore), oltre a sottolineare il<br />

carattere persuasivo dell’associazione (gesti coesivi - verbale forte retoricamente e<br />

<strong>di</strong>scorsivamente) e non solo dei singoli parametri (verbale o gestuale), conferma l’ipotesi che la<br />

funzione <strong>di</strong> questi gesti nel <strong>di</strong>scorso sia una funzione <strong>di</strong> struttura (gesti coesivi) e <strong>di</strong> enfasi (gesti<br />

ritmici) e non <strong>di</strong> illustrazione semantica dei contenuti del <strong>di</strong>scorso: infatti, i due <strong>di</strong>scorsi verbali<br />

(powerful e powerless) si <strong>di</strong>fferenziano tra loro per la struttura retorico-<strong>di</strong>scorsiva con la quale<br />

sono stati costruiti e non per il contenuto, il quale rimane il medesimo<br />

nelle due versioni powerful<br />

e powerless.<br />

Gli effetti d’interazione tra le tre variabili manipolate (gesti, verbale e coinvolgimento) su<br />

alcune misure <strong>di</strong> valutazione del messaggio confermano l’ipotesi che nel processo <strong>di</strong> valutazione<br />

dei parametri verbali e non verbali <strong>di</strong> una comunicazione persuasiva intervengono, comunque,<br />

variabili<br />

soggettive e contestuali, come può essere appunto il coinvolgimento maggiore (dato<br />

dall’imme<strong>di</strong>atezza del supposto provve<strong>di</strong>mento e quin<strong>di</strong> da un coinvolgimento <strong>di</strong>retto e<br />

personale) o minore (dato dall’introduzione futura del provve<strong>di</strong>mento tale da non riguardare<br />

imme<strong>di</strong>atamente il soggetto) dei soggetti rispetto all’argomento contenuto nel messaggio. È<br />

risultato infatti un effetto d’interazione delle tre variabili sulla valutazione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità del<br />

messaggio, la quale è risultata essere poi un buon pre<strong>di</strong>ttore della misura <strong>di</strong> atteggiamento intesa<br />

come grado <strong>di</strong> persuasione: l’alto coinvolgimento, infatti, porta i soggetti a valutare il messaggio<br />

come meno cre<strong>di</strong>bile in entrambe le con<strong>di</strong>zioni verbali accompagnate da gesti ideativi e nella<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> gesti coesivi associati con un verbale forte <strong>di</strong>scorsivamente e retoricamente,<br />

con<strong>di</strong>zione quest’ultima che<br />

è stata valutata anche come più efficace stilisticamente, ma<br />

probabilmente<br />

poco cre<strong>di</strong>bile, forse perché giu<strong>di</strong>cata come troppo artefatta rispetto alle altre; ad<br />

alto coinvolgimento, inoltre, il messaggio<br />

è valutato come più cre<strong>di</strong>bile nelle con<strong>di</strong>zioni con gesti<br />

oggetto-adattatori e verbale debole retoricamente, probabilmente perché, come detto prima, tale<br />

associazione viene percepita come più coerente rispetto a quella inversa (oggetto-adattatori –<br />

verbale forte) rendendo il messaggio più cre<strong>di</strong>bile anche nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> coinvolgimento<br />

basso. In caso <strong>di</strong> coinvolgimento basso, infatti, sembra che i soggetti, nel valutare la cre<strong>di</strong>bilità<br />

del messaggio, <strong>di</strong>ano maggior peso alla coerenza nelle associazioni tra gesti e verbale: le<br />

con<strong>di</strong>zioni che rendono il messaggio più cre<strong>di</strong>bile sono, infatti, oltre alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> gesti<br />

ideativi associati a entrambi i livelli del verbale (in quanto tali gesti non sono legati alla struttura<br />

117


<strong>di</strong>scorsivo-retorica), anche le con<strong>di</strong>zioni nelle quali l’associazione gesti-verbale risulti coerente,<br />

vale<br />

a <strong>di</strong>re nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> associazione tra gesti coesivi e verbale forte retoricamente e<br />

<strong>di</strong>scorsivamente e tra gesto oggetto-adattatori o auto-adattatori o assenza gesti e verbale<br />

debole.<br />

C’è da sottolineare però che probabilmente la misura <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità del messaggio è stata intesa<br />

più come veri<strong>di</strong>cità, sincerità, autenticità del suo contenuto, che come affidabilità dello stesso: gli<br />

item che hanno saturato in questa misura riguardano, infatti, la veri<strong>di</strong>cità, la cre<strong>di</strong>bilità e la<br />

plausibilità del messaggio. Questa misura in<strong>di</strong>cherebbe dunque quanto<br />

i soggetti hanno ritenuto<br />

“vero” e non “costruito ad hoc” il video-messaggio presentato<br />

loro. Altra considerazione che è<br />

possibile fare sul ruolo dell’interazione tripla è che un grado basso <strong>di</strong> coinvolgimento sembra<br />

lasciare maggior spazio d’azione al ruolo dello stile verbale-gestuale nel processo persuasivo:<br />

ciò<br />

può essere interpretato alla luce delle conoscenze sulle vie centrali e periferiche<br />

(cfr. ad<br />

esempio,<br />

Petty, Cacioppo, 1981, 1986). Probabilmente un soggetto poco coinvolto, rispetto a uno<br />

magg iormente coinvolto nell’argomento oggetto della comunicazione e dell’atteggiamento, è più<br />

sensibile all’effetto <strong>di</strong> fattori più periferici inerenti la fonte del messaggio, come appunto uno stile<br />

verbale-gestuale dell’oratore che appare più efficace (almeno secondo gli standard<br />

correnti); e<br />

dunque il suo atteggiamento può più probabilmente mutare anche seguendo tale via.<br />

Infine, sono risultati più favorevoli al provve<strong>di</strong>mento proposto dall’oratore<br />

le persone che<br />

erano hanno valutato come più persuasivo e più cre<strong>di</strong>bile il messaggi e hanno valutato lo stile<br />

comunicativo dell’oratore come più efficace. Va ricordato che il messaggio era considerato più<br />

persuasivo dalle persone che hanno visionato il filmato con gesti coesivi e verbale forte e con<br />

gesti oggetto-adattatore e verbale debole; era considerato più cre<strong>di</strong>bile dalle persone molto<br />

coinv olte che hanno visionato il filmato con verbale forte e assenza <strong>di</strong> gesti e con verbale debole<br />

e gesti oggetto-adattatori e dalle persone poco coinvolte che hanno visionato il filmato con gesti<br />

ideativi o coesivi e verbale forte e con verbale debole e assenza <strong>di</strong> gesti; infine, lo stile<br />

comunicativo dell’oratore era valutato come più efficace dalle persone che hanno visionato i<br />

filmati nei quali l’attrice utilizzava gesti ideativi, gesti<br />

coesivi o nessun gesto. Le persone<br />

risultate più favorevoli al provve<strong>di</strong>mento avevano anche maggiore intenzione a votare a favore<br />

dello stesso, anche se poi poche hanno effettivamente votato completamente a favore (hanno<br />

votato “sì” al provve<strong>di</strong>mento solo 13 soggetti, 30 hanno votato “non so” e 157 hanno votato<br />

“no”). Queste relazioni, integrandosi al modello proposto precedentemente, possono essere<br />

rappresentate graficamente in Figura 43.<br />

Figura 43. Modello finale delle ruolo dei gesti delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con il verbale e in interazione con<br />

il coinvolgimento nel processo <strong>di</strong> persuasione<br />

Competenza<br />

dell’oratore<br />

gesti Efficacia<br />

comunicativa<br />

gesti X verbale Persuasività<br />

del<br />

gesti X verbale<br />

messaggio<br />

X<br />

coinvolgimento<br />

Cre<strong>di</strong>bilità<br />

del messaggio<br />

atteggiamento<br />

intenzione <strong>di</strong> voto<br />

voto<br />

118


Come già ampiamente affrontato dalla psicologia sociale della politica, infatti, è abbastanza<br />

<strong>di</strong>fficile pre<strong>di</strong>re il comportamento<br />

<strong>di</strong> voto a favore <strong>di</strong> un oggetto a partire dall’atteggiamento nei<br />

confronti dello stesso (cfr., per una rassegna, Catellani, 1997), poiché entrano in gioco altri<br />

fattori: dall’accessibilità dell’atteggiamento (Fazio, 1989) alla sicurezza e forza<br />

dell’a tteggiamento (Petty et al., 1998), dalle norme soggettive alla percezione <strong>di</strong> controllo sul<br />

comportamento (Ajzen, 1988).<br />

Tuttavia, l’obiettivo principale <strong>di</strong> questa ricerca non era certo quello <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il<br />

comportamento <strong>di</strong> voto (sebbene esso rappresenti certamente uno <strong>degli</strong> obiettivi ultimi <strong>di</strong><br />

qualunque analisi del processo persuasivo applicato al campo della politica). Il principale<br />

obiettivo era invece capire quale fosse il ruolo della gestualità delle mani in coor<strong>di</strong>nazione con la<br />

struttura retorico-argomentativa dell’espressione verbale nella valutazione<br />

<strong>di</strong> una comunicazione<br />

persuasiva. Inoltre in questo stu<strong>di</strong>o è stato misurato l’atteggiamento <strong>degli</strong> studenti partecipanti,<br />

l’intenzione <strong>di</strong> voto e il voto nei confronti dell’aumento delle tasse universitarie e non riguardo<br />

all’oratore del video-messaggio. Presumibilmente è per questo motivo che a influenzare<br />

l’atteggiamento sono state più le misure <strong>di</strong> valutazione del messaggio (cre<strong>di</strong>bilità del messaggio e<br />

persuasività dello stesso) che le misure <strong>di</strong> valutazione dell’oratore (efficacia dello stile<br />

comunicativo e competenza dell’oratore). Probabilmente, se attraverso il questionario fossero<br />

stati misurati l’atteggiamento nei confronti dell’oratore, intenzione <strong>di</strong> voto e voto a favore<br />

dell’elezione dello stesso per esempio per una qualche carica in seno al Consiglio <strong>di</strong> Facoltà,<br />

sarebbero state le valutazioni sulla persona a influenzare maggiormente tali misure.<br />

La <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

futuri sulle capacità persuasive dei gesti potrebbe essere appunto<br />

quella <strong>di</strong> misurare quanto questi influenzino l’atteggiamento nei confronti <strong>di</strong> che li utilizza, con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> capire se il ruolo dei gesti in coor<strong>di</strong>nazione con le modalità retoriche del verbale<br />

cambia a seconda che l’oggetto dell’atteggiamento misurato sia il contenuto del messaggio o<br />

l’oratore del messaggio: misurando separatamente, ma nello stesso stu<strong>di</strong>o, i due atteggiamenti si<br />

potrebbe chiarire se i gesti e la retorica influenzano allo stesso modo valutazioni sulla persona o<br />

sull’oggetto del <strong>di</strong>scorso tenuto dalla persona.<br />

Il presente stu<strong>di</strong>o ha comunque il merito <strong>di</strong> aver stu<strong>di</strong>ato il fenomeno della persuasione e<br />

della valutazione <strong>di</strong> efficacia <strong>di</strong> un messaggio persuasivo, utilizzando come stimolo un video-<br />

messaggio,<br />

il quale permette <strong>di</strong> comunicare, oltre che contenuti, anche informazioni sugli aspetti<br />

non verbali, consentendo agli ascoltatori <strong>di</strong> “farsi un’idea” dell’oratore anche attraverso le sue<br />

caratteristiche comunicative. La maggior parte <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> precedenti nell’ambito della<br />

persuasività <strong>di</strong> un messaggio (ad esempio, Petty et al., 1998, tra gli altri) hanno, infatti, utilizzato<br />

dei messaggi<br />

scritti, accompagnandoli con una sorta <strong>di</strong> curriculum vitae dell’autore del<br />

messaggio, presente nelle istruzioni per i soggetti partecipanti alla ricerca: questo tipo <strong>di</strong> scenario<br />

sperimentale è più <strong>di</strong>stante<br />

dalle situazioni reali <strong>di</strong> persuasione, poiché in esso le persone si<br />

trovano <strong>di</strong> fatto a valutare due messaggi (il curriculum e il messaggio vero e proprio). Ciò<br />

potrebbe comportare confusione sia su quale sia dei due il messaggio persuasivo sia su quale dei<br />

due influenzi l’altro; e comunque ha scarsa vali<strong>di</strong>tà ecologica.<br />

Nel caso del presente stu<strong>di</strong>o, invece, non avendo alcun tipo <strong>di</strong> informazione sull’oratore<br />

(preparazione, conoscenze, esperienze, competenze), le persone nel valutare<br />

sia il messaggio sia<br />

la stessa fonte, hanno probabilmente fatto riferimento alle sue caratteristiche comunicative<br />

verbali e, soprattutto, gestuali. Esse possono essere<br />

assimilate a ciò che gli stu<strong>di</strong>osi della<br />

persuasione (cfr., Chaiken, 1980; Petty, Cacioppo, 1986) chiamano “percorsi periferici” della<br />

persuasione, i quali, in questo caso, hanno avuto effetti significativi<br />

anche in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> alto<br />

coinvolgimento rispetto all’oggetto del messaggio.<br />

Per quanto riguarda le caratteristiche comunicative considerate in questa ricerca, lo stu<strong>di</strong>o<br />

fornisce dei suggerimenti per la conferma <strong>di</strong> alcune ricerche, presenti in letteratura, relative sia<br />

alle <strong>di</strong>fferenze tra le categorie gestuali (McNeill, 1992, 2000), sia agli stili comunicativi verbali.<br />

119


In particolare,<br />

i risultati relativi agli stili comunicativi “powerful” e “powerless” confermano gli<br />

stu<strong>di</strong> precedenti sulla modalità <strong>di</strong> presentazione <strong>degli</strong> argomenti e sulla valutazione <strong>di</strong> un<br />

messaggio in presenza/assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi retorici e marcatori <strong>di</strong>scorsivi (Fowler, Hodge,<br />

Kress, Trew, 1979, cit. in Bradac, Ng, 1993; Atkinson, 1984). Inoltre i risultati danno dei<br />

suggerimenti per l’approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> alcuni stu<strong>di</strong> relativi alla relazione tra stili comunicativi<br />

“powerful”<br />

e “powerless” e leadership (Bradac, Mulac, 1984).<br />

Per quanto riguarda la manipolazione della variabile gestuale, in questa sede sono stati<br />

utilizzati dei livelli completamente definiti <strong>di</strong> gesti: solo gesti coesivi, solo gesti ideativi, solo<br />

gesti auto-adattatori, solo gesti oggetto-adattatori, assenza <strong>di</strong> qualunque gesto. Si potrebbero<br />

prospettare delle verifiche successive in cui presentare dei messaggi persuasivi caratterizzati<br />

non<br />

solamente da una categoria gestuale, ma piuttosto da una prevalenza <strong>di</strong> essa rispetto alle altre.<br />

Inoltre, ricerche successive potrebbero utilizzare un attore oltre che un’attrice, per<br />

verificare<br />

la possibile influenza della variabile “genere” sulla valutazione del messaggio.<br />

In conclusione, il contributo fondamentale <strong>di</strong> tale stu<strong>di</strong>o, oltre a quello <strong>di</strong> fornire dei<br />

suggerimenti<br />

teorici e <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento metodologico, allo stu<strong>di</strong>o della gestualità delle mani in<br />

coor<strong>di</strong>nazione ad alcuni parametri <strong>di</strong>scorsivi e argomentativi<br />

della comunicazione, è quello <strong>di</strong><br />

offrire alla ricerca psicologico-sociale <strong>degli</strong> stimoli all’approfon<strong>di</strong>mento dello stu<strong>di</strong>o<br />

sperimentale<br />

della persuasione tenendo conto delle caratteristiche comunicative verbali e gestuali<br />

sulla valutazione dell’oratore e dei messaggi persuasivi e sul processo <strong>di</strong> cambiamento<br />

d’atteggiamento.<br />

120


6. CONCLUSIONI<br />

I risultati sostanzialmente confermano le ipotesi <strong>di</strong> ricerca e forniscono quin<strong>di</strong> una<br />

serie <strong>di</strong><br />

evidenze empiriche e sperimentali in merito all'importanza dei gesti delle mani nell’interazione<br />

comunicativa, per il parlante, per il destinatario e per la relazione stessa.<br />

Si può concludere, infatti, che il sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica presentato risulti atten<strong>di</strong>bile in <strong>di</strong>versi<br />

contesti d’interazione. Il supporto in cd-rom interattivo aggiunge al testo del manuale importanti<br />

informazioni in forma <strong>di</strong> immagini video e foto, fondamentali per arrivare a una comprensione<br />

completa e approfon<strong>di</strong>ta del sistema <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica della gestualità e quin<strong>di</strong> a una migliore<br />

con<strong>di</strong>visione dello stesso. Nel complesso il primo stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>sce gli aspetti metodologici<br />

che vanno presi in considerazione nell'osservazione sistematica dei gesti, nella verifica<br />

dell'atten<strong>di</strong>bilità in una ricerca <strong>di</strong> tipo osservativa, con il merito aver stu<strong>di</strong>ato lo stesso fenomeno<br />

non verbale in contesti <strong>di</strong>versificati; aspetto, questo, che conferisce una maggiore<br />

generalizzabilità ai risultati ottenuti da precedenti stu<strong>di</strong> (Ekman, Friesen, 1969; Bavelas et al.,<br />

1992; Contento, 1999; McNeill, 1992; Bonaiuto et al., 2002).<br />

Le associazioni risultate significative nel secondo stu<strong>di</strong>o offrono in<strong>di</strong>cazioni statistiche in<br />

merito alle possibili funzioni delle <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> gesti usati nella comunicazione orale:<br />

strutturazione e coesione del <strong>di</strong>scorso per i gesti coesivi e ritmici; illustrazione del contenuto del<br />

<strong>di</strong>scorso nelle <strong>di</strong>verse forme argomentative per i gesti ideativi e, in parte sorprendentemente,<br />

gestione della relazione sociale o <strong>degli</strong> stati emotivi prodotti da questa, per i gesti adattatori. In<br />

base, dunque, alla co-occorrenza verbale-gestuale, si può attribuire a ciascuna categoria gestuale<br />

una specifica funzione prevalente: tali funzioni dei gesti erano peraltro già state affermate in<br />

letteratura ma, sino a ora, erano state illustrate solo qualitativamente oppure quantitativamente<br />

ma limitatamente a singole categorie <strong>di</strong> gesti (Bavelas et al., 1992; Beattie & Shovelton, 2000;<br />

Bull, 2001; Contento, 1999b; Kendon, 1985; McNeill, 1992, 2000).<br />

I risultati del terzo stu<strong>di</strong>o offrono in<strong>di</strong>cazioni circa l’esistenza <strong>di</strong> specifiche espressioni<br />

gestuali, riguardanti solo alcune categorie <strong>di</strong> gesti, le quali, in interazione<br />

con particolari aspetti<br />

retorico-<strong>di</strong>scorsivi propri della comunicazione verbale, concorrerebbero alla realizzazione<br />

<strong>di</strong> uno<br />

stile comunicativo che faccia risultare un’esposizione orale maggiormente efficace e persuasiva.<br />

In particolare, i gesti connessi<br />

al <strong>di</strong>scorso fanno percepire l’oratore come più competente;<br />

inoltre gli stessi quando associati a uno stile verbale marcato e retoricamente<br />

strutturato fanno<br />

percepire lo stile comunicativo del parlante come più efficace in quanto induce nell’ascoltatore<br />

maggiore favorevolezza verso il messaggio. Quest’ultimo risultato è ottenibile anche associando<br />

uno stile verbale più moderato a gesti oggetto-adattatori, <strong>di</strong>mostrando che ciò che può essere<br />

cruciale, almeno entro<br />

un certo contesto, è anche e soprattutto la coerenza tra stile verbale e stile<br />

gestuale. Tali suddette relazioni valgono in<strong>di</strong>pendentemente dal grado <strong>di</strong> coinvolgimento del<br />

soggetto e hanno quin<strong>di</strong> valore generale. Infine l’efficacia <strong>di</strong> tali soluzioni <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione<br />

verbale-gestuale <strong>di</strong>pende dal coinvolgimento del soggetto ma limitatamente alla valutazione <strong>di</strong><br />

cre<strong>di</strong>bilità<br />

del messaggio.<br />

Tali evidenze possono avere ripercussioni applicative alla luce della progettazione<br />

<strong>di</strong> una<br />

comunicazione efficace e persuasiva.<br />

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APPENDICE I: Testi dei messaggi<br />

MESSAGGIO POWERFUL<br />

La prima<br />

cosa che per me è importante sottolineare è che sono del tutto favorevole a questo<br />

provve<strong>di</strong>mento.<br />

A mio parere ci sono molteplici<br />

ragioni per essere favorevoli all’aumento del 20% delle tasse<br />

universitarie.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto questo provve<strong>di</strong>mento è essenziale per migliorare tanto la qualità<br />

dell’insegnamento universitario<br />

quanto l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori<br />

e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, è necessario per incrementare la preparazione teorica e le<br />

competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia. Sono pienamente convinta, infatti, che ciò<br />

consentirà a tutti i futuri psicologi <strong>di</strong> collocarsi meglio nel mondo del lavoro.<br />

In secondo luogo, questo provve<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>spensabile per lo sviluppo e l’avanzamento<br />

della<br />

ricerca scientifica italiana, in campo psicologico. È solo in questo modo che si potrà essere al<br />

passo con le comunità scientifiche internazionali, tanto nelle conoscenze, quanto nei risultati.<br />

E<br />

ciò non potrà che essere un vanto per la nostra facoltà e per il nostro Paese.<br />

Terzo, sono convinta che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia potranno inoltre<br />

adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche,<br />

… come le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che, non a caso, stanno già considerando questa possibilità<br />

<strong>di</strong><br />

maggiorare le tasse universitarie del 20%.<br />

Il quarto motivo per cui sono favorevole si basa su risultati <strong>di</strong> analisi economiche,<br />

e quin<strong>di</strong> su dati<br />

oggettivi. Risulta<br />

che una minima maggiorazione delle tasse come questa permetterà<br />

alle facoltà<br />

<strong>di</strong> migliorare anche tutti gli aspetti fisico-architettonici della struttura e si potranno<br />

rendere più<br />

vivibili gli ambienti. Le aule e le sale lettura saranno molto più agibili, (e così anche<br />

i percorsi,<br />

gli spazi d’incontro e <strong>di</strong> socializzazione); i laboratori saranno decisamente più attrezzati,<br />

le<br />

biblioteche<br />

saranno più fornite; le bacheche informative <strong>di</strong> gran lunga più accessibili, e vi<br />

assicuro che saranno molto più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria sia quelli d’informazione<br />

via<br />

Internet.<br />

Vi invi to, dunque, a riflettere<br />

sull’irrinunciabilità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché sono del tutto<br />

sicura che può essere un primo ma importantissimo passo primo per lo sviluppo della<br />

facoltà,<br />

secondo per lo sviluppo delle <strong>di</strong>scipline psicologiche e terzo dell’istituzione universitaria in<br />

generale.<br />

131


MESSAGGIO POWERLESS<br />

Vorrei cominciare questo intervento comunicando che mi trovo ad essere favorevole a questo<br />

provve<strong>di</strong>mento.<br />

Penso che ci siano <strong>di</strong>versi motivi per cui si potrebbe essere favorevoli all’aumento delle tasse<br />

universitarie del 20%.<br />

Intanto, questo provve<strong>di</strong>mento<br />

potrebbe essere utile a migliorare l’insegnamento universitario e<br />

l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione;<br />

inoltre,<br />

potrebbe incrementare<br />

la preparazione teorica e le competenze pratiche dei futuri laureati in<br />

Psicologia. Infatti, credo che questo miglioramento in qualche modo potrebbe consentire ad una<br />

buona parte dei i futuri psicologi <strong>di</strong> collocarsi meglio<br />

nel mondo del lavoro.<br />

Inoltre, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe servire in un certo senso allo sviluppo e all’avanzamento<br />

della ricerca<br />

scientifica italiana in campo psicologico. Questo potrebbe essere probabilmente un<br />

modo per essere al passo con le comunità scientifiche internazionali nelle conoscenze e anche<br />

nei<br />

risultati.<br />

Ciò potrebbe dare un’immagine positiva a questa facoltà e <strong>di</strong> riflesso anche a questo<br />

Paese.<br />

Poi, penso che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia potrebbero anche<br />

adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche, … come, le facoltà <strong>di</strong> Chimica,<br />

Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che non a caso stanno già<br />

considerando questa possibilità <strong>di</strong><br />

maggiorare le tasse universitarie del 20%.<br />

Infine, un possibile motivo per cui si potrebbe essere favorevoli riguarda gli esiti <strong>di</strong> alcune<br />

analisi economiche, dalle quali risulterebbe che questa maggiorazione delle<br />

tasse universitarie<br />

potrebbe permettere alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche alcuni <strong>degli</strong> aspetti fisico-architettonici della<br />

struttura<br />

e si potrebbero rendere più vivibili gli ambienti. Si potrebbero avere aule e sale lettura<br />

un<br />

po’ più agibili (come anche i percorsi, gli spazi <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> socializzazioni); i laboratori<br />

semmai<br />

potrebbero essere più attrezzati, le biblioteche più fornite; le bacheche informative un po’<br />

più<br />

accessibili, e penso che potrebbero <strong>di</strong>ventare più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria sia quelli<br />

d’informazione su Internet.<br />

Penso dunque che sarebbe utile riflettere sulla necessità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché<br />

eventualmente potrebbe essere uno dei primi passi verso un possibile sviluppo della facoltà, ma<br />

anche verso una crescita delle <strong>di</strong>scipline psicologiche e dell’istituzione universitaria in generale.<br />

132


APPENDICE II: Co- occorrenze verbale-gestuali<br />

1. Messaggio<br />

powerful con gesti coesivi e ritmici<br />

La prima cosa che per me è importante sottolineare è che sono del tutto<br />

(vassoio coesivo)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

A mio parere ci sono moltissime ragioni per essere favorevoli all’aumento del 20%<br />

(stella coesivo)<br />

delle tasse universitarie.<br />

(stella)<br />

Prima <strong>di</strong> tutto questo provve<strong>di</strong>mento è essenziale per migliorare tanto la qualità<br />

(vassoio) (pennello<br />

coesivo)<br />

dell’insegnamento universitario quanto l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici,<br />

(mulinello coesivo)<br />

dei laboratori e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, è necessario per incrementare<br />

(stella)<br />

la preparazione teorica e le competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia.<br />

(telaio coesivo)<br />

Sono pienamente convinta, infatti, che ciò consentirà a tutti i futuri psicologi <strong>di</strong><br />

(pinza coesivo)<br />

collocarsi in modo assolutamente migliore nel mondo del lavoro.<br />

(ritmico, con un <strong>di</strong>to)<br />

In secondo luogo, questo provve<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>spensabile per lo sviluppo e<br />

(chele coesivo)<br />

(chele)<br />

l’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico. È solo in<br />

(ritmico)<br />

questo modo che si potrà essere al passo con le comunità scientifiche<br />

(vassoio)<br />

internazionali, tanto nelle conoscenze, quanto nei risultati. E ciò non potrà che<br />

(telaio)<br />

essere un vanto eccezionale per la nostra facoltà e per il nostro Paese.<br />

(pinza)<br />

Terzo, sono convinta che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia<br />

(vassoio)<br />

potranno inoltre adeguarsi perfettamente ai nuovi standard delle altre facoltà<br />

(vassoio)<br />

scientifiche, come, ad esempio,<br />

le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina,<br />

(mulinello)<br />

eccetera, che, non a caso, stanno già considerando questa possibilità<br />

<strong>di</strong><br />

(vassoio)<br />

maggiorare le tasse universitarie del 20%.<br />

Il quarto motivo, per cui sono favorevole, si basa su risultati <strong>di</strong> analisi economiche,<br />

(stella)<br />

133


e quin<strong>di</strong> su dati oggettivi. Appare chiaro che una minima maggiorazione delle<br />

(stella)<br />

tasse come questa permetterà alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche tutti gli aspetti fisico-<br />

(matassa coesivo)<br />

architettonici della struttura e, allo stesso modo, si potranno rendere più vivibili gli<br />

(pinza)<br />

ambienti. Le aule e le sale lettura saranno molto più agibili, (e così anche i<br />

(muline llo ) (mulinello)<br />

percorsi, gli spazi d’incontro e <strong>di</strong> socializzazione);i laboratori saranno decisamente<br />

(mulinello)<br />

più attrezzati, le biblioteche saranno più fornite;le bacheche informative <strong>di</strong> gran<br />

(mulinello)<br />

(mulinello)<br />

lunga più accessibili, e vi assicuro che saranno molto più efficienti sia i servizi <strong>di</strong><br />

(telaio)<br />

segreteria sia quelli d’informazione via Internet.<br />

Vi invito, dunque, a riflettere sull’irrinunciabilità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché<br />

(stella)<br />

(ritmico)<br />

sono del tutto sicura che può essere un primo ma importantissimo passo,<br />

primo,<br />

(vassoio)<br />

per<br />

lo sviluppo della facoltà, secondo, per lo sviluppo delle <strong>di</strong>scipline psicologiche<br />

(vassoio)<br />

e,<br />

terzo, per il miglioramento dell’istituzione universitaria in generale.<br />

(continua vassoio)<br />

134


2. Messaggio powerful con gesti ideativi<br />

La prima cosa che per me è importante sottolineare è che sono del tutto<br />

(uno)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(deittico: in<strong>di</strong>ca il tavolo)<br />

A mio parere ci sono moltissime ragioni per essere favorevoli all’aumento del 20%<br />

(deittico: me) (ideativo) delle tasse universitarie.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto questo provve<strong>di</strong>mento è essenziale per migliorare tanto la qualità<br />

(Uno) (deittico) (metaforico) dell’insegnamento<br />

universitario quanto l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici,<br />

(metaforico) (Contare: 1, 2,3)<br />

dei laboratori e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, è necessario per incrementare<br />

(Ideativo metaforico: gesto <strong>di</strong> incremento)<br />

la preparazione teorica e le competenze pratiche<br />

dei futuri laureati in Psicologia.<br />

(deittico: in<strong>di</strong>ca facoltà <strong>di</strong> psicologia)<br />

Sono pienamente convinta,<br />

infatti, che ciò consentirà a tutti i futuri psicologi <strong>di</strong><br />

(deittico) (deittico)<br />

collocarsi in modo assolutamente migliore nel mondo del lavoro.<br />

(metaforico)<br />

In secondo luogo, questo<br />

provve<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>spensabile per lo sviluppo e<br />

(Due) (deittico) (ideativo con 2 mani, idea <strong>di</strong> avanzamento)<br />

l’avanzamento della ricerca<br />

scientifica italiana in campo psicologico. È solo in<br />

questo modo che si potrà essere al passo con le comunità scientifiche<br />

(Ideativo metaforico: idea <strong>di</strong> stare al passo)<br />

internazionali, tanto nelle conoscenze, quanto nei risultati. E ciò non potrà che<br />

(metaforico)<br />

essere un vanto eccezionale per la nostra facoltà e per il nostro Paese.<br />

(metaforico)<br />

(deittico in crescendo)<br />

Terzo, sono convinta che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia<br />

(tre) (deittico)<br />

potranno inoltre adeguarsi perfettamente ai nuovi standard delle altre facoltà<br />

(metaforico)<br />

(deittico)<br />

scientifiche, come, ad esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera,<br />

(contare)<br />

che, non a caso, stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse<br />

(emblematico: no)<br />

(deittico) (metaforico con 2 mani)<br />

universitarie del 20%.<br />

Il quarto motivo, per cui sono favorevole, si basa su risultati <strong>di</strong> analisi economiche,<br />

(Quattro) (deittico) (metaforico)<br />

e quin<strong>di</strong> su dati oggettivi. Appare chiaro che una minima maggiorazione delle<br />

(emblematico: batti 2 man i)<br />

(Ideativo: poco)<br />

135


tasse come questa permetterà alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche tutti gli aspetti fisico-<br />

(deittico)<br />

architettonici della struttura e, allo stesso modo, si potranno rendere più vivibili gli<br />

(deittico: in<strong>di</strong>ca la struttura + sguardo)<br />

ambienti. Le aule e le sale lettura saranno molto più agibili, (e così anche i<br />

(deittico)<br />

percorsi, gli spazi d’incontro e <strong>di</strong> socializzazione);<br />

i laboratori saranno<br />

(metaforici)<br />

decisamente più attrezzati, le biblioteche sarann o più f ornite ;<br />

(ideativo) (ideativo)<br />

le bacheche informat ive <strong>di</strong> gran lunga più accessibili, e vi assicuro che saranno<br />

(ideativo)<br />

molto più efficienti<br />

sia i servizi <strong>di</strong> segreteria sia quelli d’informazione via Internet.<br />

Vi invito, dunque, a riflettere sull’irrinunciabilità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché<br />

(metaforico)<br />

sono del tutto sicura che può esse re un primo ma importantissimo<br />

passo, primo,<br />

(gesto orizzontale metaforico) (Uno) (1)<br />

per lo svilupp o della f acoltà, secondo, per lo sviluppo delle <strong>di</strong>sciplin e psicologich e<br />

(2)<br />

e, terzo, per il miglioramento<br />

dell’istituzione universitaria in generale.<br />

(3) (metaforico)<br />

136


3. Messaggio powerful con gesti auto-adattatori<br />

La prima cosa che per me è importante sottolineare è che sono del tutto<br />

(sistema capelli <strong>di</strong>etro orecchio)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(sistema<br />

occhiali con una mano)<br />

A mio parere ci sono moltissime ragioni per essere favorevoli all’aumento del 20%<br />

(gratta naso da sopra) (sistema pantaloni)<br />

delle tasse universitarie.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto questo provve<strong>di</strong>mento è essenziale per migliorare tanto la qualità<br />

(gratta ma no)<br />

dell’insegnamento universitario quanto l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici,<br />

(gio ca con anello)<br />

dei laboratori e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, è necessario per incrementare<br />

(gratta collo <strong>di</strong>etro)<br />

la preparazione teorica e le competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia.<br />

Sono pienamente convinta, infatti, che ciò consentirà a tutti i futuri psicologi <strong>di</strong><br />

(sistema capelli)<br />

collocarsi in modo assolutamente migliore nel mondo<br />

del lavoro.<br />

(maglioncino<br />

guardando in basso)<br />

In secondo luogo, questo provve<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>spensabile per lo sviluppo e<br />

(Nuca) (capelli)<br />

l’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico. È solo in<br />

(capelli altro)<br />

questo modo che si potrà essere al passo con le comunità scientifiche<br />

(capelli avanti)<br />

internazionali, tanto nelle conoscenze, quanto nei risultati. E ciò non potrà che<br />

(naso ) ( vestiti)<br />

essere un vanto eccezionale per la nostra facoltà e per il nostro Paese.<br />

( maglietta<br />

collo alto)<br />

Terzo, sono convinta che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia<br />

(occhiali)<br />

(orologio)<br />

potranno inoltre adeguarsi perfettamente ai nuovi standard delle altre facoltà<br />

(sistema orologio)<br />

scientifiche, come, ad esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera,<br />

(mani)<br />

che, non a caso, stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse<br />

(vestiti)<br />

universitarie<br />

del 20%.<br />

Il quarto motivo, per cui sono favorevole, si basa su risultati <strong>di</strong><br />

(sopraccig lia) (occhio)<br />

analisi economiche, e quin<strong>di</strong> su dati oggettivi. Appare chiaro che una<br />

(collana)<br />

minima maggiorazione delle tasse come questa permetterà alle facoltà <strong>di</strong><br />

137


migliorare anche tutti gli aspetti fisico-architettonici della struttura e, allo stesso<br />

(sistema capelli con mano sn voltando viso ver so dx)<br />

modo, si potranno rendere più vivibili gli ambienti. Le aule e le sale lettura saranno<br />

(naso)<br />

molto più agibili, (e così anche i percorsi, gli spazi d’incontro e <strong>di</strong> socializzazione); i<br />

(mani)<br />

(capelli)<br />

laboratori saranno decisamente più attrezzati, le biblioteche saranno più fornite; le<br />

(capelli)<br />

bacheche informative<br />

<strong>di</strong> gran lunga più accessibili, e vi assicuro che saranno<br />

(vestiti sotto spostando il busto un po’ in avanti)<br />

molto più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria sia quelli d’informazione<br />

via Internet.<br />

(braccio) (polso)<br />

Vi<br />

invito, dunque, a riflettere sull’irrinunciabilità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché<br />

(occhiali con 2 mani)<br />

sono del tutto<br />

sicura che può essere un primo ma importantissimo passo, primo,<br />

(orologio) (2 mani)<br />

per lo svilupp o della f acoltà , secondo, p er lo svil uppo delle <strong>di</strong>scipline psicologiche<br />

(capelli)<br />

e, terzo,<br />

per il miglioramento dell’istituzione universitaria in generale.<br />

138


4. Messaggio powerful con gesti oggetto-adattatori<br />

La prima cosa che per me è importante sottolineare è che sono del tutto<br />

(penna con mano dx e passa a sn)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(movimento con penna piano)<br />

A mio parere ci sono moltissime ragioni per essere favorevoli all’aumento del 20%<br />

(movimento forte con penna) (linguetta penna)<br />

delle tasse universitarie.<br />

Prima<br />

<strong>di</strong> tutto questo provve<strong>di</strong>mento è essenziale per migliorare tanto la qualità<br />

(grattare tavolo in verticale davanti con sn)<br />

dell’insegnamento universitario quanto l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici,<br />

(ruotare<br />

porta-occhiali)<br />

dei laboratori e <strong>degli</strong> esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, è necessario per incrementare<br />

(tamburellare<br />

su tavolo)<br />

la preparazione teorica e le competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia.<br />

(continua tamburellare)<br />

Sono pienamente convinta, infatti, che ciò consentirà a tutti i futuri psicologi <strong>di</strong><br />

(passare piano penna tra<br />

le mani)<br />

collocarsi in modo assolutamente migliore nel mondo<br />

del lavoro.<br />

(svitare-avvitare penna)<br />

In secondo luogo, questo provve<strong>di</strong>mento è in<strong>di</strong>spensabile per lo sviluppo e<br />

(giocare forte con penna)<br />

l’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico. È solo in<br />

(apri-chiu<strong>di</strong>)<br />

questo modo che si potrà essere al passo con le comunità scientifiche<br />

(tene re penna in verticale e gi ocare poco)<br />

internazionali, tanto nelle conoscenze, quanto nei risultati. E ciò non potrà che<br />

(passare penna tra le mani)<br />

essere un vanto eccezionale per la nostra facoltà e per il nostro Paese.<br />

(ruotare penna sul tavo lo)<br />

Terzo, sono convinta che grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia<br />

(tamburella)<br />

potranno inoltre adeguarsi perfettamente ai nuovi standard delle altre facoltà<br />

(apri-chiu<strong>di</strong> porta-occhiali)<br />

scientifiche, come, ad esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera,<br />

(contin ua apri-chiu<strong>di</strong>)<br />

che, non a caso, stanno (già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le<br />

(ruota tra le mani porta-occhiali)<br />

tasse universitarie del 20%.<br />

Il quarto motivo, per cui sono favorevole, si basa su risultati <strong>di</strong> analisi economiche,<br />

(pollice su tavolo)<br />

e quin<strong>di</strong> su dati oggettivi. Appare chiaro che una minima maggiorazione delle<br />

(continua pollice) (giocare su e giù<br />

con penna sul tavolo con mano dx)<br />

tasse come questa permetterà alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche tutti gli aspetti fisico-<br />

139


(svita-avvita penna) architettonici della struttura e, allo stesso modo, si potranno rendere più vivibili gli<br />

(giocare forte con pen na )<br />

ambienti.<br />

Le aule e le sale lettura saranno molto più agibili, (e così anche i<br />

(grattare tavolo)<br />

percorsi, gli spazi d’incontro e <strong>di</strong> socializzazione);i laboratori saranno decisamente<br />

(ruotare porta-occhiali sul tavolo)<br />

più attrezzati, le biblioteche saranno più fornite;le bacheche informative <strong>di</strong> gran<br />

(prendere con mani porta-occhiali)<br />

lunga più accessibili, e vi assicuro che saranno molto più efficienti sia i servizi <strong>di</strong><br />

(su e giù porta-occhiali sul tavolo)<br />

segreteria sia quelli d’informazione via<br />

Internet.<br />

Vi invito, dunque, a riflettere sull’irrinunciabilità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento, perché<br />

(grattare tavolo in verticale con sn)<br />

sono del tutto sicura che può essere un primo ma importantissimo passo, primo,<br />

(tamburellare) (passare penna t ra le mani)<br />

per lo sviluppo della facoltà, secondo, per lo sviluppo delle <strong>di</strong>scipline psicologiche<br />

(passare penna tra le mani)<br />

e, terzo, per il miglioramento dell’istituzione<br />

universitaria in generale.<br />

(giocare veloce con penna)<br />

140


5. Messaggio powerless con gesti coesivi<br />

Vorrei cominciare questo intervento comunicando che mi trovo ad essere<br />

(vassoio)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

Penso che ci siano <strong>di</strong>versi motivi per cui si potrebbe essere favorevoli all’aumento<br />

(stella) (stella)<br />

delle tasse universitarie del 20%.<br />

Intanto, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe essere utile a migliorare l’insegnamento<br />

(vassoio) (pennello)<br />

universitario e l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori e <strong>degli</strong><br />

(mulinello)<br />

esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, potrebbe incrementare la preparazione teorica e le<br />

(stella)<br />

competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia. Infatti, credo che questo<br />

(pinza)<br />

miglioramento in qualche modo potrebbe consentire ad una buona parte dei i futuri<br />

(ritmico, con un <strong>di</strong>to)<br />

psicologi <strong>di</strong> collocarsi meglio nel mondo del lavoro.<br />

Inoltre, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe servire in un certo senso allo sviluppo e<br />

(chele) ( chele)<br />

all’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico. Questo<br />

(Ritmico)<br />

potrebbe essere probabilmente un modo per stare al passo con le comunità<br />

scientifiche internazionali nelle conoscenze e anche nei risultati. E ciò potrebbe<br />

(telaio) (pinza)<br />

dare<br />

un’immagine positiva questa facoltà e <strong>di</strong> riflesso anche a questo Paese.<br />

(vassoio)<br />

Poi, penso che, grazie a questo provve<strong>di</strong>mento,<br />

le facoltà <strong>di</strong> Psicologia potrebbero<br />

(vassoio)<br />

anche<br />

adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche, come, ad<br />

(continua vassoio)<br />

esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia,<br />

Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che non a caso,<br />

(mulinello)<br />

stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse universitarie del<br />

(vassoio)<br />

20%.<br />

Infine, un possibile<br />

motivo per cui si potrebbe essere favorevoli riguarda gli esiti <strong>di</strong><br />

(stella)<br />

alcune<br />

analisi economiche, dalle quali risulterebbe che questa maggiorazione<br />

(stella)<br />

delle tasse universitarie potrebbe permettere alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche alcuni<br />

(matassa)<br />

141


<strong>degli</strong> aspetti fisico-architettonici della struttura e si potrebbero rendere più vivibili<br />

(pinza)<br />

gli ambienti. Si potrebbero avere aule e sale lettura un po’ più agibili (come anche i<br />

(mulinello) (mulinello)<br />

percorsi, gli spazi <strong>di</strong> incont ro e <strong>di</strong> socializzazione);<br />

i laboratori potrebbero semmai<br />

(mulinello)<br />

essere più attrezzati, le biblioteche più fornite; le bacheche informative un po’ più<br />

(mulinello) (mulinello)<br />

accessibili, e potrebbero <strong>di</strong>ventare più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria sia quelli<br />

(t elaio)<br />

d’informazione su Internet.<br />

Penso dunque che sarebbe utile riflettere<br />

sulla necessità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento,<br />

(stella)<br />

perché eventualmente potrebbe essere uno dei primi passi verso un possibile<br />

(ritmico)<br />

(vassoio)<br />

sviluppo della facoltà, ma anche verso una crescita delle <strong>di</strong>scipline psicologiche e<br />

(vassoio)<br />

dell’istituzione universitaria in generale.<br />

(vassoio)<br />

142


6. Messaggio powerless con gesti ideativi<br />

Vorrei cominciare questo intervento comunicando che mi trovo ad essere<br />

(uno)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(deittico: in<strong>di</strong>ca il tavolo)<br />

Penso che ci siano <strong>di</strong>versi motivi per cui si potrebbe essere favorevoli all’aumento<br />

(deittico: me) (ideativo)<br />

delle<br />

tasse universitarie del 20%.<br />

Intanto, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe essere<br />

utile a migliorare l’insegnamento<br />

(uno) (deittico) (ideativo)<br />

universitario e l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori e <strong>degli</strong><br />

(metaforico) (contare: 1,2,3)<br />

esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, potrebbe incrementare la preparazione teorica<br />

e le<br />

(mt: idea <strong>di</strong> aumento)<br />

competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia.<br />

Infatti, credo che questo<br />

(in<strong>di</strong>ca facoltà <strong>di</strong> psicologia) (deittico: me)(deittico)<br />

miglioramento in qualche modo potrebbe consentire ad una buona parte dei i futuri<br />

psicologi <strong>di</strong> collocarsi<br />

meglio nel mondo del lavoro.<br />

(metaforico)<br />

Inoltre, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe servire in un certo senso<br />

allo sviluppo e<br />

(ideativi, mano) (deittico) (ideativo 2 mani, idea <strong>di</strong> avanzamento)<br />

all’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico.<br />

Questo<br />

potrebbe essere probabilmente un modo per stare al passo con le comunità<br />

(mt: stare al passo)<br />

scientifiche internazionali nelle conoscenze e anche nei risultati. E ciò potrebbe<br />

(ideativo) (metafor)<br />

dare un’immagine positiva<br />

a questa facoltà e <strong>di</strong> riflesso anche a questo Paese.<br />

(Deittico in crescendo)<br />

Poi, penso che, grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia potrebbero<br />

(ideativo, <strong>di</strong>to) (deitt: me)<br />

anche adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche, come, ad<br />

(metaforico) (deittico)<br />

esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che non a caso,<br />

(contare: 1, 2, 3)<br />

(e: no)<br />

stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse universitarie del<br />

(deittico)<br />

(metaforico)<br />

20%.<br />

Infine, un possibile motivo per cui si potrebbe essere favorevoli riguarda gli esiti <strong>di</strong><br />

(ideativo) (deittico: me)<br />

(metafor)<br />

alcune analisi economiche, dalle quali risulterebbe che questa maggiorazione<br />

(emblematico: batti 2 mani) (deittico)<br />

(metaforico: poco)<br />

delle tasse universitarie potrebbe permettere alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche alcuni<br />

143


<strong>degli</strong> aspetti fisico-architettonici della struttura e si potrebbero rendere più vivibili<br />

(deittico: in<strong>di</strong>ca la struttura + sguardo)<br />

gli ambienti. Si potrebbero avere aule e sale lettura un po’ più agibili (come anche i<br />

(deittico)<br />

percorsi, gli spazi <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> socializzazione); i laboratori potrebbero<br />

semmai<br />

(metaforici) (ideativo)<br />

essere più attrezzati, le biblioteche più fornite; le bacheche informati ve un po’<br />

più<br />

(ideativo) (ideativo)<br />

accessib ili, e penso che potrebbero <strong>di</strong>ventare<br />

più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria<br />

sia quelli d’informazione su Internet.<br />

Penso dunque che sarebbe utile riflettere<br />

sulla necessità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento,<br />

(metaforico: testa)<br />

perché eventualmente potrebbe essere uno dei primi passi verso un possibile<br />

(gesto orizzontale metaforico) (uno) (1)<br />

sviluppo della facoltà, ma anche verso una crescita delle <strong>di</strong>scipline psicologiche e<br />

( 2)<br />

dell’istituzione universitaria<br />

in generale.<br />

(3) (metaforico)<br />

144


7. Messaggio powerless con gesti auto-adattatori<br />

Vorrei<br />

cominciare questo intervento comunicando che mi trovo ad essere<br />

(sistema capelli <strong>di</strong>etro orecchio)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(occhiali)<br />

Penso che ci siano <strong>di</strong>versi motivi per cui si potrebbe essere favorevoli all’aumento<br />

(naso)<br />

(vestiti)<br />

delle<br />

tasse universitarie del 20%.<br />

Intanto, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe essere<br />

utile a migliorare l’insegnamento<br />

(mani)<br />

universitario e l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori e <strong>degli</strong><br />

(gioca con anello)<br />

esami <strong>di</strong> valutazione; inoltre, potrebbe incrementare la preparazione teorica e le<br />

(collo <strong>di</strong>etro)<br />

competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia. Infatti, credo che questo<br />

(capelli)<br />

miglioramento in qualche modo potrebbe consentire ad una b uona parte dei<br />

i futuri<br />

psicologi <strong>di</strong> collocarsi meglio nel mondo del lavoro.<br />

(maglione guardando in basso)<br />

Inoltre, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe servire in un certo senso a llo sviluppo e<br />

(nuca) ( capelli)<br />

all’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicolog ico. Questo<br />

(capelli avanti)<br />

potrebbe essere probabilmente un modo per stare al passo con le comunità<br />

(naso)<br />

scientifiche internazionali nelle conoscenze e anche nei risultati.<br />

(vestiti)<br />

E ciò potrebbe dare un’immagine positiva a questa facoltà e <strong>di</strong> riflesso anche a<br />

(collo alto)<br />

questo Paese.<br />

Poi, penso che, grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà d i Psico logia potrebbero<br />

(occhiali) (orologio)<br />

anche adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche, come, ad<br />

(continua orologio)<br />

esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che non a caso,<br />

(mani)<br />

stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse universitarie del<br />

(vestiti)<br />

20%.<br />

Infine, un possibile motivo per cui si potrebbe essere favorevoli riguarda gli esiti <strong>di</strong><br />

(sopracciglia) (occhio)<br />

alcune analisi economiche, dalle quali risulterebbe che questa maggiorazione<br />

145


(collana)<br />

delle<br />

tasse universitarie potrebbe permettere alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche alcuni<br />

(sistema capelli guardando a dx)<br />

<strong>degli</strong> aspetti fisico-architettonici della struttura e si potrebbero rendere più vivibili<br />

(capelli)<br />

gli ambienti. Si potrebbero avere aule e sale lettura un po’ più agibili (come anche i<br />

(n aso) (mani)<br />

percorsi, gli spazi <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> socializzazione); i laboratori semmai potrebbero<br />

(capelli guardando a sn)<br />

essere più attrezzati, le biblioteche più fornite;<br />

le bacheche informative un po’ più<br />

(capelli) (vestiti)<br />

accessibili, e penso che potrebbero <strong>di</strong>ventare più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria<br />

(braccio)<br />

sia quelli d’informazione su Internet.<br />

(polso)<br />

Penso dunque che sarebbe utile riflettere sulla necessità <strong>di</strong> q uesto provve<strong>di</strong>mento,<br />

(occhiali)<br />

perché eventualmente potrebbe essere uno dei primi passi verso un possibile<br />

(orologio) (mani)<br />

sviluppo della facolt à, ma anche verso una crescita delle <strong>di</strong>sc ipline<br />

psicologiche e<br />

(capelli)<br />

dell’istituzione universitaria in generale.<br />

146


8. Messaggio powerless con gesti oggetto-adattatori<br />

Vorrei cominciare questo intervento comunicando<br />

che mi trovo ad essere<br />

(prendere penna con mano dx e passare a sn)<br />

favorevole a questo provve<strong>di</strong>mento.<br />

(giocare piano con penna)<br />

Penso che ci siano <strong>di</strong>versi motivi per cui si potrebbe essere favorevoli all’aumento<br />

(giocare forte con penna) (linguetta penna)<br />

delle tasse universitarie del 20%.<br />

Intanto, questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe essere utile a migliorare l’ insegnamento<br />

(grattare tavolo in verticale davanti con sn)<br />

universitario e l’articolazione <strong>di</strong>dattica dei moduli teorici, dei laboratori<br />

e <strong>degli</strong><br />

(ruota porta-occ hiali)<br />

esami <strong>di</strong> valutazione;<br />

inoltre, potrebbe incrementare la preparazione teorica e le<br />

(tamburellare su tavolo)<br />

competenze pratiche dei futuri laureati in Psicologia. Infatti, credo che questo<br />

(tamburellare )<br />

miglioramento in qualche modo potrebbe consentire ad una bu ona parte dei i futuri<br />

(giocare piano con penna passandola tra le mani)<br />

psicologi <strong>di</strong> collocarsi meglio nel mondo del lavoro.<br />

(svita-avvita penna) Inoltre,<br />

questo provve<strong>di</strong>mento potrebbe servire in un certo senso allo sviluppo e<br />

(giocare forte con penna)<br />

all’avanzamento della ricerca scientifica italiana in campo psicologico. Questo<br />

(apri-chiu<strong>di</strong> penna)<br />

potrebbe essere probabilmente un modo per stare al passo c on le comunità<br />

(tenere penna in verticale e giocare<br />

poco)<br />

scientifiche internazionali nelle conoscenze e anche nei risultati.<br />

E ciò potrebbe dare un’immagine positiva a questa facoltà e <strong>di</strong> rifle sso anche a<br />

(ruotare penna sul tavolo)<br />

questo Paese.<br />

Poi, penso che, grazie a questo provve<strong>di</strong>mento, le facoltà <strong>di</strong> Psicologia potrebbero<br />

(tamburellare su tavolo )<br />

anche adeguarsi ai nuovi standard delle altre facoltà scientifiche, c ome, ad<br />

(apri-chiu<strong>di</strong> porta-occhia li)<br />

esempio, le facoltà <strong>di</strong> Chimica, Biologia, Me<strong>di</strong>cina, eccetera, che non a caso,<br />

(continuare apri-chiu<strong>di</strong>)<br />

stanno già considerando questa possibilità <strong>di</strong> maggiorare le tasse universitarie del<br />

(ruotare tra le mani porta-occhiali)<br />

20%.<br />

Infine, un possibile motivo per cui si potrebbe essere favorevoli riguarda gli esiti <strong>di</strong><br />

(pollice su tavolo)<br />

alcune<br />

analisi economiche, dalle quali risulterebbe che questa maggiorazione<br />

(pollice)<br />

delle tasse universitarie potrebbe permettere alle facoltà <strong>di</strong> migliorare anche alcuni<br />

147


(giocare su e giù con penna su tavolo con mano dx)<br />

<strong>degli</strong> aspetti fisico-architettonici della struttura e si potrebbero rendere più vivibili<br />

(svita-avvita penna) (giocare forte con penna)<br />

gli ambienti. Si potrebbero avere aule e sale lettura un po’ più agibili (come anche i<br />

(grattare tavolo)<br />

percorsi, gli spazi <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> socializzazione); i laboratori semmai potrebbero<br />

(ruotare porta-occhiali su tavolo)<br />

essere più attrezzati, le biblioteche più fornite; le bacheche informative un po’ più<br />

(prendere con mani porta-occhiali)<br />

accessibili, e penso che potrebbero <strong>di</strong>ventare più efficienti sia i servizi <strong>di</strong> segreteria<br />

(su e giù porta-occhiali sul tavolo)<br />

sia quelli d’informazione su Internet.<br />

Penso dunque che sarebbe utile riflettere sulla necessità <strong>di</strong> questo provve<strong>di</strong>mento,<br />

(grattare tavolo in verticale con sn)<br />

perché eventualmente potrebbe essere uno dei primi passi verso un possibile<br />

(tamburellare) (passare penna tra le mani)<br />

sviluppo della facoltà, ma anche verso una crescita delle <strong>di</strong>scipline psicologiche e<br />

(passare penna tra le mani)<br />

dell’istituzione universitaria in generale.<br />

(giocare forte con penna)<br />

148


APPENDICE III: Questionari <strong>di</strong> valutazione dei messaggi per il controllo della<br />

manipolazione delle variabili verbale e gestuale<br />

Appen<strong>di</strong>ce IIIa:<br />

Questionario valutazione testo scritto<br />

Come valuti il messaggio appena letto?<br />

complesso -3 -2 -1 0 1 2 3 semplice<br />

<strong>di</strong>fficile -3 -2 -1 0 1 2 3 facile<br />

oscuro -3 -2 -1 0 1 2 3 chiaro<br />

noioso -3 -2 -1 0 1 2 3 interessante<br />

inefficace -3 -2 -1 0 1 2 3 efficace<br />

debole -3 -2 -1 0 1 2 3 forte<br />

cattivo -3 -2 -1 0 1 2 3 buono<br />

veloce -3 -2 -1 0 1 2 3 lento<br />

moderato -3 -2 -1 0 1 2 3 enfatico<br />

sobrio -3 -2 -1 0 1 2 3 eccessivo<br />

naturale -3 -2 -1 0 1 2 3 formale<br />

improvvisato -3 -2 -1 0 1 2 3 articolato<br />

attenuato -3 -2 -1 0 1 2 3 marcato<br />

stupido -3 -2 -1 0 1 2 3 intelligente<br />

<strong>di</strong>simpegnato -3 -2 -1 0 1 2 3 <strong>di</strong>simpegnato<br />

non argomentato -3 -2 -1 0 1 2 3 argomentato<br />

parziale -3 -2 -1 0 1 2 3 obiettivo<br />

interessato -3 -2 -1 0 1 2 3 <strong>di</strong>sinteressato<br />

<strong>di</strong> sinistra -3 -2 -1 0 1 2 3 <strong>di</strong> destra<br />

non persuasivo -3 -2 -1 0 1 2 3 persuasivo<br />

non coinvolgente -3 -2 -1 0 1 2 3 coinvolgente<br />

non convincente -3 -2 -1 0 1 2 3 convincente<br />

falso -3 -2 -1 0 1 2 3 vero<br />

NOTE………………………………………………………………………<br />

149


Appen<strong>di</strong>ce IIIb: Questionario valutazione dei messaggi in video<br />

Come valuti lo stile comunicativo della persona appena visionata?<br />

per niente valido -3 -2 -1 0 1 2 3 valido<br />

inefficace -3 -2 -1 0 1 2 3 efficace<br />

inadeguato -3 -2 -1 0 1 2 3 adeguato<br />

banale -3 -2 -1 0 1 2 3 originale<br />

Come valuti la persona appena visionata?<br />

ansiosa -3 -2 -1 0 1 2 3 serena<br />

tesa -3 -2 -1 0 1 2 3 rilassata<br />

insicura -3 -2 -1 0 1 2 3 sicura<br />

antipatica -3 -2 -1 0 1 2 3 simpatica<br />

ostile -3 -2 -1 0 1 2 3 amichevole<br />

spiacevole -3 -2 -1 0 1 2 3 piacevole<br />

noiosa -3 -2 -1 0 1 2 3 interessante<br />

sottomessa -3 -2 -1 0 1 2 3 dominante<br />

inaffidabile -3 -2 -1 0 1 2 3 affidabile<br />

inesperta -3 -2 -1 0 1 2 3 esperta<br />

incompetente -3 -2 -1 0 1 2 3 competente<br />

per niente cre<strong>di</strong>bile -3 -2 -1 0 1 2 3 del tutto cre<strong>di</strong>bile<br />

per niente persuasiva -3 -2 -1 0 1 2 3 del tutto persuasiva<br />

Quanta attenzione hai prestato a ciascuno <strong>di</strong> questi aspetti del parlante durante la<br />

visione <strong>di</strong> tutti i messaggi?<br />

Espressione<br />

del viso: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Postura: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Gesti delle mani: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Aspetto fisico: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Abbigliamento: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Sguardo: per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

Altro (specificare)_________________________________________________<br />

per niente -3 -2 -1 0 1 2 3 molta<br />

NOTE………………………………………………………………………<br />

150


Appen<strong>di</strong>ce IIIc: Questionario valutazione messaggi in au<strong>di</strong>o<br />

Come valuti il messaggio appena ascoltato?<br />

complesso -3 -2 -1 0 1 2 3 semplice<br />

<strong>di</strong>fficile -3 -2 -1 0 1 2 3 facile<br />

oscuro -3 -2 -1 0 1 2 3 chiaro<br />

non interessante -3 -2 -1 0 1 2 3 interessante<br />

non persuasivo -3 -2 -1 0 1 2 3 persuasivo<br />

non coinvolgente -3 -2 -1 0 1 2 3 coinvolgente<br />

non convincente -3 -2 -1 0 1 2 3 convincente<br />

falso -3 -2 -1 0 1 2 3 vero<br />

inefficace -3 -2 -1 0 1 2 3 efficace<br />

Come valuti lo stile comunicativo della persona appena ascoltata?<br />

per niente valido -3 -2 -1 0 1 2 3 valido<br />

inefficace -3 -2 -1 0 1 2 3 efficace<br />

inadeguato -3 -2 -1 0 1 2 3 adeguato<br />

banale -3 -2 -1 0 1 2 3 originale<br />

Come valuti la persona appena ascoltata?<br />

ansiosa -3 -2 -1 0 1 2 3 serena<br />

tesa -3 -2 -1 0 1 2 3 rilassata<br />

insicura -3 -2 -1 0 1 2 3 sicura<br />

antipatico -3 -2 -1 0 1 2 3 simpatico<br />

ostile -3 -2 -1 0 1 2 3 amichevole<br />

spiacevole -3 -2 -1 0 1 2 3 piacevole<br />

noioso -3 -2 -1 0 1 2 3 interessante<br />

sottomesso -3 -2 -1 0 1 2 3 dominante<br />

inaffidabile -3 -2 -1 0 1 2 3 affidabile<br />

inesperto -3 -2 -1 0 1 2 3 esperto<br />

<strong>di</strong>sinformato -3 -2 -1 0 1 2 3 informato<br />

incompetente -3 -2 -1 0 1 2 3 competente<br />

parziale -3 -2 -1 0 1 2 3 obiettivo<br />

per niente cre<strong>di</strong>bile -3 -2 -1 0 1 2 3 del tutto cre<strong>di</strong>bile<br />

per niente persuasivo -3 -2 -1 0 1 2 3 del tutto persuasivo<br />

interessato -3 -2 -1 0 1 2 3 <strong>di</strong>sinteressato<br />

NOTE………………………………………………………………………<br />

151

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