Cronologia degli Avvenimenti - Istituto Tecnico Commerciale ...
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GLI ANNI<br />
DELLA<br />
COSCIENZA<br />
(1945-1947)<br />
*<br />
Anno Scolastico 2005-2006<br />
Tesina proposta da<br />
GRIECO SILVIA<br />
5 B<br />
dell’I.T.C.P. “A.GRAMSCI”<br />
1
Da “Il diario di Dawid Rubinowicz” – ed. Einaudi<br />
“Era un bambino curioso…Una sola volta l’ho<br />
triste: piangeva. Fu quando gli dissi che i<br />
tedeschi avevano proibito ai ragazzi ebrei di<br />
frequentare le scuole. Lo trovai in un angolo del<br />
cortile, appartato. Guardava gli altri giocare, si<br />
sentiva solo, lo avevano escluso”<br />
Testimonianza della maestra di Dawid.<br />
2
Prefazione<br />
L’ultimo anno di guerra si apre con la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia,<br />
da parte dell’Armata Rossa. Lo scenario che si apre ai liberatori è impressionante: centinaia di<br />
cadaveri ammucchiati, uomini ridotti a larve umane vaganti come ombre tra le baracche e il campo,<br />
abbandonato in fretta dalle S.S. ed ovunque sudiciume e odore di morte.<br />
La tesina che mi sono proposta di sviluppare durante il corso dell’anno scolastico parte da qui, per<br />
capire e come afferma, con parole che sembrano scolpite nella pietra, Primo Levi “per non<br />
dimenticare”. Ricorderò “un giusto”, Giorgio Perlasca, tra i tanti eroi ignoti che in quegli anni<br />
aiutarono e salvarono, a rischio della propria vita, gli ebrei e tutti coloro che furono soggetti alle<br />
persecuzioni naziste. Capire, per non dimenticare.<br />
La tesina prosegue analizzando la Conferenza di Yalta in cui i Tre Grandi dividono il Pianeta in<br />
fasce di influenza e i nuovi assetti territoriali e politici. Quindi, rammenterò rapidamente la<br />
Liberazione del territorio nazionale da parte della Quinta Armata Alleata con l’ausilio dei gruppi<br />
partigiani e il conseguente referendum istituzionale e la nascita della Costituzione Italiana.<br />
Infine, passo a rivisitare la breve ma intensissima stagione del Neorealismo sia da un punto di vista<br />
letterario (mi soffermerò su Ignazio Silone, scrittore di origini abruzzesi) che da quello<br />
cinematografico.<br />
Certamente, questo lavoro avrebbe voluto un maggiore spazio e una maggiore estensione sia storica<br />
che letteraria, ma i tempi, incompatibili con la mia posizione di studentessa lavoratrice, a volte<br />
precaria, non me l’ha permesso.<br />
Mi auguro, comunque che lo sforzo che ho compiuto nel ricercare, selezionare e trascrivere sia nel<br />
complesso buono ed apprezzato.<br />
Ringrazio la Prof.ssa Ciracò di avermi dato l’opportunità di poter aver accesso liberamente alla<br />
Biblioteca Scolastica e alla Videoteca e di avermi aiutata ed incoraggiata in ogni momento.<br />
S.G.<br />
3
1. IL 1943<br />
<strong>Cronologia</strong> <strong>degli</strong> <strong>Avvenimenti</strong><br />
Data o<br />
Periodo<br />
23-01 Caduta della Libia<br />
25-01 Battaglia di Nikolaevka – Ritirata di Russia<br />
02-02 Vittoria di Stalingrado<br />
febbraio Partigiani jugoslavi rompono l’accerchiamento nazifascista (italiani, tedeschi e traditori jugoslavi).<br />
Battaglia di Neretva<br />
05-03 Manifestazioni antinaziste ad Atene – Scioperi in Italia settentrionale<br />
19-04 Inizia la battaglia del Ghetto di Varsavia: un migliaio di ebrei resiste per circa un mese ai nazisti<br />
15-05 Inizia la controffensiva dei partigiani jugoslavi in Erzegovina<br />
03-06 Formazione del Comitato Francese di Liberazione Nazionale<br />
Giugno Azioni partigiane in Alta Savoia<br />
11-06 Gli inglesi sbarcano a Pantelleria, Lampedusa, Linosa – Operazione Husky: sbarco alleato in Sicilia<br />
25-07 Destituzione ed arresto di Mussolini. Nomina di Pietro Badoglio a Capo del Governo<br />
25-07 Bombardamento di Livorno<br />
27-07 Scioglimento del partito fascista, abolizione del Gran Consiglio e del Tribunale Speciale, liberazione dei<br />
prigionieri politici<br />
27-07 I nazisti preparano l’occupazione dell’Italia e l’evasione di Mussolini. Nuove truppe tedesche in Italia<br />
29-08 Sciopero generale in Danimarca<br />
03-09 Armistizio di Cassibile<br />
08-09 Annuncio dell’armistizio. I nazisti disarmano le truppe italiane. Sbando delle forze armate, attri-buite in<br />
larga parte all’ambiguità del Re e al tradimento <strong>degli</strong> alti ufficiali fascisti.<br />
Battaglia di Monterotondo: la divisione Piave sconfigge i paracadutisti tedeschi.<br />
09-09 Fuga del re al sud. Roma in balia dei tedeschi<br />
09-09 L’eccidio della Divisione Piacenza ad Albano Laziale<br />
09-09 E’ il momento delle scelte<br />
09-09 La marina tedesca affonda la corazzata Roma<br />
09-09 Formazione del Comitato di Liberazione Nazionale (CNL)<br />
10-09 Battaglia di Porta San Paolo: civili e militari cercano di difendere Roma. Nel pomeriggio la città viene<br />
occupata ed i comandi militari capitolano<br />
10-09 Le province di Belluno, Trento, Bolzano, Udine, Gorizia e Trieste vengono annesse alla Germania<br />
11-09 Il feldmaresciallo Kesselring dichiara zona di guerra il territorio italiano<br />
11-09 La divisione Pinerolo si allea a Pertula (Grecia) con i partigiano greci<br />
12-09 I nazisti liberano Mussolini<br />
13-09 La divisione Aqui a Cefalonia combatte per 10 giorni contro i nazisti. Dopo la resa saranno truci-dati<br />
19-09 Eccidio di Boves: 45 civili massacrati dai nazisti, dopo che i partigiani ebbero rilasciato due prigionieri<br />
tedeschi, in cambio della promessa da parte nazista di risparmiare la popolazione<br />
23-09 Nasce la cosiddetta Repubblica Sociale Italiana (RSI)<br />
27-09 Le quattro Giornate di Napoli: l’insurrezione popolare libera Napoli<br />
29-09 Il governo italiano si impegna a sostenere la guerra contro i tedeschi<br />
01-10 Liberazione di Napoli. Entrano gli Alleati<br />
04-10 I partigiani corsi ed i militari italiani liberano la Corsica<br />
07-10 Roma: 1500 carabinieri vengono deportati in Germania<br />
13-10 L’Italia dichiara guerra alla Germania<br />
16-10 1024 ebrei romani vengono deportati nei lager nazisti. Ne sopravviveranno 11<br />
Novembre Usa: costituzione dell’UNRRA<br />
09-11 La RSI richiama alle armi le classi 1924 e 1925. Si presenterà solo un terzo dei richiamati<br />
18-11 Nuovi Scioperi a Torino - Nella RSI viene costituita la Guardia Nazionale Repubblicana che, asservita al<br />
tedesco, si coprirà di orrori e misfatti<br />
28-11 Conferenza di Teheran. Partecipano Stalin, Roosevelt e Churchill . Si discute sullo sbarco in Francia e<br />
sulle decisioni da adottare una volta sconfitte le potenze dell’Asse<br />
08-12 Battaglia di Monte Lungo: prima azione del Raggruppamento Motorizzato italiano contro i nazisti<br />
4
2. IL 1944<br />
<strong>Cronologia</strong> <strong>degli</strong> <strong>Avvenimenti</strong><br />
Data o<br />
Periodo<br />
14-01 I partigiani russi e lettoni e le truppe sovietiche iniziano lo sfondamento dell’assedio di Leningrado<br />
22-01 Sbarco alleato di Nettuno e Anzio<br />
24-01 I partigiani ucraini e moldavi e le truppe sovietiche iniziano la riconquista dell’Ucraina e della Crimea<br />
31-01 Congresso di Bari del CNL: il CNL di Milano diventa Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia<br />
(CNLAI) e assume la guida della Resistenza nei territori occupati.<br />
02-02 A Roma, Forte Brevetta, vengono fucilati 11 partigiani<br />
03-01 Scioperi in Italia settentrionale<br />
23-03 Azione partigiana in via Rasella a Roma: un Gruppo di Azione Partigiana (GAP) fa esplodere una bomba<br />
ed attacca una colonna di SS<br />
24-03 Eccidio delle Fosse Ardeatine: i nazisti uccidono 335 italiani per rappresaglia all’azione di via Rasella<br />
27-03 Palmiro Togliatti rientra in Italia dopo gli anni di esilio in Russia<br />
07-04 Eccidio della Benedicta (Appennino Ligure): i nazisti massacrano un centinaio di renitenti alla leva<br />
18-04 Formazione del Corpo Italiano di Liberazione, che riunisce le truppe regolari italiane impegnate a fianco<br />
<strong>degli</strong> Alleati<br />
22-04 Si insedia a Salerno il nuovo governo italiano con capo il maresciallo Badoglio con i rappresentanti del<br />
CNL<br />
20-05 Inizio della ritirata tedesca in Italia<br />
04-06 Liberazione di Roma<br />
05-06 Inizio della Luogotenenza di Umberto di Savoia<br />
06-06 Sbarco alleato in Normandia. La resistenza francese proclama l’insurrezione nazionale.<br />
08-06 Eccidio di Tulle (Francia): i nazisti massacrano 100 ostaggi<br />
10-06 Eccidio di Oradour-sur-Glane: i nazisti massacrano 700 civili<br />
11-06 Costituzione del primo governo Bonomi<br />
15-06 Sciopero allo stabilimento Fiat Mirafiori di Torino per impedire che i macchinari vengano trasportati in<br />
Germania<br />
19-06 Costituzione del Corpo Volontari della Libertà, che riunisce tutte le formazioni partigiane<br />
Giugno Libera Repubblica di Montefiorino: i partigiani liberano un territorio di circa 5000 kmq sull’Appennino<br />
Modenese e Reggiano, alle spalle della linea difensiva nazifascista<br />
01-07 I partigiani e militari italiani liberano Macerata<br />
20-07 Attentato contro Hitler: il tentativo di von Stauffenberg fallisce e vengono uccisi 7.000 antinazisti<br />
20-07 Le truppe italiane liberano Jesi<br />
22-07 Conferenza di Bretton Woods (USA)<br />
31-07 Battaglia di Montefiorino: tre divisioni nazifasciste assaltano la Libera Repubblica di Montefiorino, riuscendo<br />
a riprendere il territorio al prezzo di 2.000 morti, contro i 250 partigiani caduti. Le brigate partigiane<br />
si ritireranno dopo quattro giorni di combattimento<br />
01-08 Insurrezione di Varsavia<br />
04-08 Insurrezione di Firenze. Il CNL toscano assume il governo della città<br />
10-08 Eccidio di Piazza Loreto (Milano): i fascisti della legione Muti fucilano 15 partigiani ed espongono i loro<br />
corpi sul selciato.<br />
12-08 Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: i nazifascisti massacrano 560 civili<br />
18-08 Insurrezione di Parigi<br />
18-08 Eccidi di Valla e Bardine (Alpi Apuane): i nazisti massacrano 170 civili<br />
24-08 Eccidio di Vinca (Alpi Apuane): i nazisti e repubblichini massacrano 174 civili<br />
24-08 Liberazione di Parigi<br />
03-09 Insurrezione di Anversa (Belgio)<br />
07-09 Liberazione di Anversa<br />
07-09 Repubblica partigiana della Val d’Ossola<br />
15-09 Eccidio delle Fosse del Frigido (Massa): i nazisti massacrano 147 civili<br />
16-09 Eccidio di Bergiola Foscalina (Carrara): i nazifascisti massacrano 71 civili<br />
16-09 L’Esercito di Liberazione Jugoslavo si congiunge con le truppe sovietiche a Negotin (Jugoslavia)<br />
26-09 Repubblica partigiana della Carnia<br />
29-09 Eccidio di Marzabotto (Appennino Modenese): i nazisti massacrano 1.836 civili<br />
01-10 Sciopero delle ferrovie olandesi per bloccare i rifornimenti alle truppe naziste<br />
02-10 L’insurrezione di Varsavia viene soffocata in un mare di sangue<br />
5
15-10 Liberazione di Belgrado. Insieme all’Esercito di Liberazione jugoslavo combattono i militari italiani della<br />
divisione Italia<br />
24-10 I partigiani albanesi liberano Valona<br />
26-10 Partigiani e truppe americane conquistano il Monte Battaglia<br />
28-10 Liberazione di Spalato e Zara<br />
Novembre Scioperi a Torino e Milano<br />
07-11 Battaglia di Porta Lame (Bologna): i partigiani dei GAP sconfiggono i nazifascisti<br />
07-11 I partigiani albanesi liberano Tirana<br />
10-11 50.000 cittadini olandesi sono deportati<br />
13-11 Proclama di Alexander: gli alleati chiedono la sospensione delle attività partigiane<br />
29-11 Liberazione dell’Albania<br />
02-12 Il CNL diffonde un interpretazione del proclama Alexander che ne capovolge il significato, chiedendo<br />
un’intensificazione delle attività partigiane<br />
03-12 Le truppe britanniche attaccano i partigiani greci dell’ELAS<br />
05-12 Partigiani e truppe canadesi liberano Ravenna<br />
07-12 Gli Alleati riconoscono il CNLAI come unico rappresentante della Resistenza in Alta Italia<br />
12-12 Secondo Governo Bonomi<br />
26-12 I partigiani bloccano l’offensiva nazista in Garfagnana<br />
26-12 Il CNLAI viene riconosciuto come rappresentante delle forze antifasciste nei territori occupati<br />
6
3. IL 1945-46<br />
<strong>Cronologia</strong> <strong>degli</strong> <strong>Avvenimenti</strong><br />
Data o<br />
Periodo<br />
1945<br />
05-01 I partigiani dell’ELAS si ritirano da Atene in seguito ad un accordo con gli alleati<br />
27-01 Liberazione di Auschwitz<br />
Febbraio Ripresa delle azioni partigiane in Italia<br />
22-02 Battaglia del Passo Mortirolo: i partigiani sconfiggono i fascisti, in cinque giorni di combattimenti, fra la<br />
Val Camonica e la Valtellina<br />
12-03 Battaglia di Varzi: i partigiani sconfiggono i fascisti<br />
12-03 Battaglia di Bobbio: i partigiani sconfiggono i fascisti<br />
28-03 Grandi scioperi a Milano<br />
09-04 I partigiani liberano Carrara, Borgotaro e Salsomaggiore<br />
09-04 Partigiani e militari italiani e polacchi liberano Alfonsine e Lugo<br />
09-04 La Quinta Armata ed i partigiani varcano l’Appennino<br />
11-04 Liberazione di Buchenwald<br />
11-04 Conferenza di Yalta<br />
12-04 Muore Roosenvelt<br />
18-04 Sciopero a Torino<br />
18-04 Insurrezione di Bologna<br />
21-04 I partigiani liberano Modena<br />
23-04 Il CNLAI ordina l’insurrezione generale<br />
23-04 Insurrezione di Genova<br />
24-04 I partigiani liberano La Spezia e Sestri Levante<br />
24-04 Insurrezione di Milano<br />
25-04 Liberazione di Milano<br />
25-04 Insurrezione di Torino<br />
25-04 Conferenza di San Francisco: fondazione delle Nazioni Unite<br />
25-04 Mussolini scappa verso la Svizzera, travestito da soldato tedesco<br />
26-04 Il CNL condanna a morte i capi del fascismo<br />
27-04 Cattura di Mussolini<br />
28-04 Antinazisti tedeschi occupano Radio Monaco e invitano le truppe tedesche ad arrendersi<br />
28-04 Esecuzione di Mussolini e di altri fascisti<br />
29-04 I comandi tedeschi in Italia e Austria firmano la resa<br />
30-04 Caduta di Berlino da parte dei sovietici<br />
01-05 Hitler si suicida<br />
05-05 Insurrezione di Praga<br />
07-05 Resa della Germania<br />
08-05 Fine della guerra in Europa<br />
07-05 Liberazione delle Filippine<br />
Giugno San Francisco (USA) – Fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)<br />
05-06 Spartizione della Germania<br />
15-07 L’Italia dichiara guerra al Giappone<br />
06-08 Bombardamento di Hiroshima<br />
09-08 Bombardamento di Nagasaki<br />
02-09 Resa del Giappone<br />
02-09<br />
1946<br />
FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE<br />
aprile Elezioni amministrative<br />
09-05 Vittorio Emanuele III abdica<br />
02-06 Referendum istituzionale e elezioni per l’Assemblea Costituente<br />
13-06 Umberto II di Savoia lascia l’Italia per Cascais (Portogallo)<br />
25-06 De Nicola è eletto Presidente Provvisorio della Repubblica<br />
7
1. AUSCHWITZ, 27 gennaio<br />
Il 1945 si apre con la liberazione dei campi di sterminio nazisti da parte delle armate russe che,<br />
lanciandosi, con furore e accanimento, sui resti delle divisioni tedesche in ritirata dal fronte<br />
orientale penetravano nei territori polacchi, rumeni, ungheresi puntando con decisione verso le terre<br />
tedesche ed in particolare verso Berlino.<br />
La scoperta dei campi di sterminio e l’accurata macchina di morte messa in essere da reparti<br />
speciali di SS tedesche (sotto la regia di Himmeler) per l’eliminazione di tutte quelle etnie o<br />
minoranze o diversità che, nel progetto malato di Hitler, erano ritenute inferiori o, comunque,<br />
dannose o inutili alla formazione e all’edificazione di uno stato universale il cui governo doveva<br />
essere presieduto da una unica razza, quella ariana, aprì, ed è tutt’oggi aperto, un ampio dibattito<br />
che investe i mille perché e i mille come della nascita, della presa di potere, della istituzione di una<br />
dittatura cosi feroce ed antiumana, così tanto condivisa nella Germania <strong>degli</strong> anni ’30. Fiumi di<br />
inchiostro sono stati scritti per provare a capire ed altrettanti fiumi di inchiostro sono stati utilizzati<br />
per ricordare attraverso le parole, le narrazioni, le testimonianze dirette e no delle umiliazioni, delle<br />
costrizioni a cui furono sottoposti milioni di uomini e che andavano ben al di la di ogni umana<br />
immaginazione. Di queste atrocità è stato scritto ma hanno anche cantato, spesso in forme di ballate,<br />
da cantautori e poeti di diverso credo e posizione intellettuale. Io credo che tra i tanti abbia un senso<br />
ricordare una canzone di Francesco Guccini, questa:<br />
Son morto con altri cento<br />
Son morto ch'ero bambino<br />
Passato per il camino<br />
E adesso sono nel vento,<br />
E adesso sono nel vento.<br />
Ad Auschwitz c'era la neve<br />
Il fumo saliva lento<br />
Nel freddo giorno d'inverno<br />
E adesso sono nel vento,<br />
E adesso sono nel vento.<br />
Ad Auschwitz tante persone<br />
Ma un solo grande silenzio<br />
È strano, non riesco ancora<br />
A sorridere qui nel vento,<br />
A sorridere qui nel vento<br />
Io chiedo, come può un uomo<br />
Uccidere un suo fratello<br />
Eppure siamo a milioni<br />
In polvere qui nel vento,<br />
In polvere qui nel vento.<br />
Ancora tuona il cannone,<br />
Ancora non è contenta<br />
Di sangue la belva umana<br />
E ancora ci porta il vento,<br />
E ancora ci porta il vento.<br />
Io chiedo quando sarà<br />
8
Che l'uomo potrà imparare<br />
A vivere senza ammazzare<br />
E il vento si poserà,<br />
E il vento si poserà.<br />
Io chiedo quando sarà<br />
Che l'uomo potrà imparare<br />
A vivere senza ammazzare<br />
E il vento si poserà,<br />
E il vento si poserà.<br />
“Guccini wrote and sung the terrible and emblematic story of a nameless child who was<br />
killed and burnt in the most notorious of all Nazi lagers (January 27, the day the prisoners<br />
of Auschwitz were set free by Russian troops, has been universally proclaimed the day of<br />
memory for all times to come). A story which stands as a symbol for the other six millions<br />
of victims of Hitlerian horror; but it should be pointed out that Guccini does not just<br />
condemn Nazism, but also express his condemnation for any war and, probably and<br />
explicitly, for the Vietnam war which was then being fought.”<br />
[P. Jachia, Francesco Guccini, Editori Riuniti, Rome 2002, p. 25].<br />
Questa ballata, notissima nel mondo poetico e letterario, prende in esame il tema dell’olocausto, ma<br />
la seconda parte della canzone trascende tale contesto per abbracciare una più estesa riflessione<br />
sulla fraternità umana.<br />
2. IL SISTEMA DEI LAGER NAZISTI<br />
*<br />
Lager in tedesco vuol dire campo. La tendenza generale è quella di chiamare tutti i Lager "campi di<br />
concentramento", tuttavia è più esatto differenziare i vari tipi di campo, anche per tenere presente che la<br />
caratteristica essenziale dei nazisti era la pianificazione e la metodicità dei loro sistemi di oppressione e di<br />
sterminio: tutti i crimini da loro commessi furono freddamente programmati:<br />
Tra essi possiamo distinguere.<br />
Campi di lavoro (gestiti dalla Polizia di Sicurezza o da industrie private tedesche);<br />
Campi di transito (i prigionieri razziati dai nazisti o dalle milizie alleate erano in attesa di<br />
trasferimento per campi di detenzione. In Italia il più importante fu Fossoli, gestito dalla<br />
milizia fascista);<br />
Campi di detenzione per prigionieri di guerra (in particolare per i Sovietici catturati nella<br />
avanzata tedesca. Questi prigionieri erano destinati a rapida morte per le condizioni disumane<br />
a cui erano costretti o perché trucidati dalle S.S. per fucilazione o gassazione);<br />
Campi di concentramento;<br />
Campi di sterminio.<br />
La storia dei campi può essere divisa in tre grandi periodi:<br />
9
1. 1933-1936: scopo principale era la carcerazione <strong>degli</strong> oppositori politici del regime nazista, in<br />
particolare dei membri dei partiti di sinistra messi fuori legge nel maggio/giugno del 1933. Questi<br />
dovevano subire una "rieducazione" politica. Dalla primavera del 1934 questi campi furono messi sotto<br />
il comando diretto delle S.S., sfuggendo così ad ogni forma di controllo. I detenuti erano "nemici del<br />
popolo" e l'autorità delle S.S. su di loro era praticamente assoluta. Fin dall'autunno del 1933 furono<br />
rinchiusi in questi campi altre categorie di persone, vagabondi, mendicanti (elementi asociali) e criminali<br />
comuni. La detenzione era a scopo preventivo e a durata illimitata, anche se raramente superava l'anno.<br />
Le condizioni erano ancora "vivibili", tuttavia iniziavano già a verificarsi casi gratuiti di omicidi da parte<br />
delle S.S. I detenuti complessivamente presenti in questo periodo nei campi furono alcune decine di<br />
migliaia.<br />
2. 1936-1942: tutti i campi esistenti nel primo periodo, tranne Dachau, furono abbandonati o adibiti ad<br />
altri scopi. La preparazione alla seconda guerra mondiale e poi il suo scoppio fecero aumentare il<br />
numero dei prigionieri: furono creati campi più capienti e la loro costruzione divenne sempre più legata<br />
alle conquiste territoriali dei nazisti: Austria, Francia, Cecoslovacchia e Polonia. Si andò delineando<br />
l'intenzione di sfruttamento dei prigionieri come mano d'opera a costo zero per le necessità belliche. I<br />
campi di concentramento furono infatti posti sotto il comando diretto della sezione economica e<br />
amministrativa delle S.S.: l'aspetto "economico" divenne così preponderante su quello di "rieducazione".<br />
Il sovraffollamento, la denutrizione, i maltrattamenti subiti e gli infami lavori a cui i prigionieri furono<br />
adibiti portarono ad un'impennata del tasso di mortalità rispetto al primo periodo. Il principale<br />
responsabile del "sistema concentrazionale" fu, sin dal 1936, Heinrich Himmler, dal quale dipendeva<br />
l'intera gestione dei campi, egli fece incrementare il numero dei prigionieri non politici, aggiungendo alle<br />
precedenti categorie di persone gli omosessuali, le prostitute, gli zingari e i disoccupati furono rinchiusi<br />
nei campi di concentramento anche i testimoni di Jeova. E coloro che si erano battuti in Spagna per la<br />
Repubblica. Questi furono sfruttati principalmente nelle industrie belliche naziste. Dal 1938 ed in<br />
particolar modo nella "notte dei cristalli" (9 novembre 1938) furono rinchiusi nei campi gli ebrei in<br />
quanto tali. Dopo l'invasione dell'Unione Sovietica molti affluirono nei campi per prigionieri di guerra<br />
russi. Dalla fine del 1941 furono creati i campi di sterminio, dotati delle apposite strutture: camere a gas<br />
e forni crematori opportunamente agglomerati; Auschwitz e Majdanek furono contemporaneamente<br />
campi di concentramento e di sterminio. Per quanto riguarda le camere a gas, anche queste ebbero una<br />
"evoluzione tecnologica": inizialmente si collegarono gli abitacoli del camion al tubo di scappamento,<br />
poi si arrivò alle camere fisse in cui veniva utilizzato sempre monossido di carbonio (Belzec, Sobibor,<br />
Treblinka) ed infine si passò al Zyklon-B (Auschwitz, Majdanek).<br />
3. 1942-1945: alcune categorie di prigionieri furono costrette a lavorare per fabbriche statali o private<br />
tedesche, soprattutto in considerazione delle sempre crescenti necessità di armamenti; alcuni campi di<br />
lavoro furono costruiti ad hoc per le industrie. Le condizioni migliorarono leggermente soprattutto<br />
perché, essendo ormai la Germania in ritirata, il "ricambio" di prigionieri non era più assicurato e quindi<br />
i nazisti avevano interesse a preservare mano d'opera utile. Per altre categorie di prigionieri, invece, e<br />
particolarmente per gli ebrei, fu deliberato lo sterminio sistematico: quelli che erano giudicati inutili<br />
(donne, vecchi, bambini e malati) venivano selezionati all'arrivo nei campi e mandati alle camere a gas;<br />
gli altri venivano costretti ai lavori forzati ed erano così destinati a deperire velocemente a causa della<br />
denutrizione, delle epidemie, dei maltrattamenti subiti e quindi ad essere inviati alle camere a gas in<br />
selezioni successive.<br />
A volte l'obiettivo di sfruttamento dei prigionieri come mano d'opera e quello di eliminazione fisica più<br />
rapida possibile <strong>degli</strong> ebrei venivano a scontrarsi (essendo coordinati peraltro da istituti distinti): il<br />
numero di selezionati da non inviare subito alle camere a gas era quindi stabilito di volta in volta,<br />
secondo le esigenze del momento.<br />
3. LA BREVE STORIA DEL GHETTO DI VARSAVIA<br />
Il ghetto di Varsavia fu istituito il 16 ottobre 1940: la sua creazione era stata annunciata, poi rinviata a più<br />
riprese. Fin dall'estate del 1940, i tedeschi facevano costruire nelle strade dei muri, per isolare gruppi di case.<br />
A poco a poco, questi tronconi di muri si congiungevano, isolando un quartiere, verso il quale venivano<br />
avviati gli ebrei espulsi dai villaggi e dalle cittadine di provincia.<br />
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Dal 1° luglio 1940, fu loro vietato di risiedere altrove che nel settore così delimitato. L'ordinanza del 16<br />
ottobre prescriveva il trasferimento in questo quartiere dei centoquarantamila ebrei di Varsavia che abitavano<br />
fuori dai confini di esso, e l'evacuazione <strong>degli</strong> ottantamila polacchi che vi risiedevano. E dal 16 novembre gli<br />
ebrei di Varsavia non poterono più uscire dal ghetto senza speciale autorizzazione. Il numero totale <strong>degli</strong><br />
abitanti del ghetto non può essere stabilito con certezza, ma sicuramente non lontana dal mezzo milione. Si<br />
trattava di una collettività estremamente eterogenea, gente di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte le<br />
classi sociali, differenziata per cultura e per lingua (all'ebreo ortodosso, che parlava solo lo yiddish, si<br />
opponeva l'ebreo intellettuale la cui lingua materna era il polacco). Ne facevano parte tra gli altri un certo<br />
numero di ebrei convertiti, che frequentavano regolarmente le tre chiese comprese nel ghetto. Nei limiti della<br />
sua cinta il ghetto contava circa millecinquecento case di abitazione o edifici vari.<br />
I tedeschi avevano avuto cura di escludere ogni giardino, ogni zona di verde dai limiti del ghetto, l'aria fresca<br />
diventava una vera merce preziosa, e i proprietari dei pochi rari alberi esigevano una tassa speciale per il<br />
diritto di sedersi sotto di essi. Questa terribile situazione di sovrapopolazione dava la sua impronta all'aspetto<br />
delle vie, brulicanti di folla. In queste condizioni, e data la mancanza di medicinali, non può far meraviglia<br />
che le epidemie facessero strage, la più grave, quella di tifo esentematico, produsse nel corso del 1941<br />
15.750 vittime. Questi però erano flagelli minori in confronto alla fame atroce che regnava senza tregua in<br />
quel campo di concentramento gigantesco che era ormai il ghetto. Abbiamo visto che si trattava da parte dei<br />
tedeschi d'una politica deliberata di eliminazione per fame. Le razioni alimentari <strong>degli</strong> ebrei erano ridotte al<br />
minimo e il valore nutritivo della razione era in media di ottocento calorie. L'isolamento del ghetto facilitava<br />
il controllo delle quantità globali di vettovagliamento che vi pervenivano. Decine di disgraziati morivano<br />
nelle strade e i passanti ne ricoprivano frettolosamente i cadaveri con giornali , in attesa che il carro delle<br />
pompe funebri venisse a raccoglierli. Tranne in qualche rarissimo caso, gli abitanti potevano uscire solo se<br />
incolonnati per lavoro; sentinelle polacche e tedesche stavano a guardia delle quattordici porte di entrata, e<br />
sparavano a bruciapelo sugli ebrei che si avvicinavano troppo. Le linee telefoniche, come le linee tranviarie<br />
che conducevano al ghetto, erano state interrotte (una linea speciale di tram, che portava la stella di Sion,<br />
funzionava all'interno del ghetto). Le comunicazioni postali con l'esterno erano proibite. Il controllo tedesco<br />
si esercitava essenzialmente dall'esterno, infatti non v'erano nel ghetto uffici dell'amministrazione tedesca, ne<br />
distaccamenti delle S.S. o di altri reparti. Così i nazisti potevano ipocritamente pretendere di aver accordato<br />
l'”autonomia” agli ebrei. La preoccupazione dell'amministrazione tedesca, diretta da Auerswald,<br />
commissario del ghetto, era d'isolarlo al massimo, e di ricavarne il possibile sotto forma di forniture e di<br />
prestazioni di mano d'opera, insieme mirando, per mezzo della fame, all'indebolimento biologico dei suoi<br />
occupanti. Come tutti gli altri, anche il ghetto di Varsavia era amministrato da un Consiglio Ebraico<br />
nominato dai tedeschi subito dopo l'occupazione della città. Il Consiglio Ebraico di Varsavia contava<br />
ventiquattro membri, ed era presieduto dall'ingegnere Adam Scerniakov. La maggior parte delle funzioni<br />
governative usuali rientrava nelle sue attribuzioni. Venne istituito un corpo di polizia ebraica, di più di<br />
mille uomini; furono stabilite delle imposte, che permisero di organizzare una rete di assistenza sociale e di<br />
cucine popolari, al fine di soccorrere e di nutrire gli indigenti sempre più numerosi. Spettava al Consiglio<br />
fornire le squadre di manodopera richiesti dai tedeschi. Si occupava anche delle questioni mediche e<br />
sanitarie, l'organizzazione <strong>degli</strong> ospedali e la lotta contro le epidemie. La maggior parte delle attività<br />
economiche del ghetto aveva il suo fulcro fuori dal Consiglio. Erano dirette sia dagli stessi tedeschi, sia da<br />
certi personaggi che avevano saputo entrare nelle loro buone grazie. Sta di fatto che, esattamente come la<br />
collaborazione amministrativa, la collaborazione economica offerta dal ghetto (manodopera a basso costo<br />
fornita dal Consiglio ai tedeschi) rappresentava la sua principale garanzia di sopravvivenza. Il 22 luglio<br />
1942, un manifesto affisso per conto del Consiglio Ebraico annunciava agli abitanti del ghetto che sarebbero<br />
stati deportati verso est, senza distinzione di età né sesso; solo gli ebrei occupati nelle industrie tedesche, o<br />
impiegati nelle istituzioni del Consiglio, sarebbero stati esonerati. Così comincio l'agonia del ghetto. Mentre<br />
i treni partivano verso i campi della morte (lager), gli ebrei si aggrappavano con moltiplicata energia alla<br />
principale e provvisoria ancora di salvezza: i certificati d'impiego presso gli industriali tedeschi. Selezioni<br />
sistematiche erano state compiute dalle S.S. nei laboratori, al fine di eliminare gli operai troppo vecchi o di<br />
scarso rendimento. La sua vita interna, un tempo così complessa, si andava spegnendo; per la sua struttura, si<br />
avvicinava sempre più al prototipo del campo di concentramento nazista. I restanti abitanti del ghetto,<br />
vedendo che alla fine la loro sorte era segnata a breve scadenza, prendevano precauzioni di carattere ben<br />
differente da prima. Non contando più sulla grazia dei tedeschi, alcuni si nascondevano nelle case sinistrate,<br />
o si barricavano nei loro appartamenti, altri si facevano murare nelle cantine con provviste di viveri e<br />
d'acqua. Profondi rifugi, i bunkers, furono scavati nel sottosuolo: prendendo inizio dalla rete delle fognature,<br />
un vero ghetto sotterraneo sorgeva a Varsavia. La resistenza ebraica prendeva rapidamente corpo. La<br />
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maggior parte <strong>degli</strong> ultimi abitanti del ghetto perì nell'aprile - maggio del 1943, al momento della rivolta<br />
ebraica. Il quartiere fu bombardato, incendiato e completamente raso al suolo. Un campo di concentramento<br />
che riuniva duemila ebrei e non ebrei, fu in seguito installato dalle S.S. nella zona prima occupata dal ghetto.<br />
Dai racconti dei pochi sopravvissuti di questo campo, si seppe che una vita sporadica e misteriosa si<br />
prolungò ancora per qualche mese nei sottosuoli e nelle fognature di quel che era stato il ghetto di Varsavia.<br />
4. IL CAMPO DI BUCHENWALD<br />
Su una collina boscosa, a<br />
pochi chilometri da Weimar,<br />
una delle culle della cultura e<br />
della libertà tedesca, nell'estate<br />
del 1937 fu fondato un<br />
nuovo campo di concentramento:<br />
Buchenwald.<br />
Per quasi otto anni questo<br />
campo vide ogni giorno scene<br />
di barbarie e di brutalità.<br />
Sugli internati si facevano<br />
esperimenti come su cavie;<br />
venivano fucilati a migliaia;<br />
molti, impazziti per il dolore<br />
e per l'orrore di quella vita,<br />
quando uscivano per il lavoro,<br />
correvano oltre il cordone<br />
delle guardie, cercando bramosamente<br />
la morte, l'unica<br />
via d'uscita da quella agonia<br />
del corpo e della mente. A<br />
Buchenwald li sfracellavano<br />
con sassi, li affogavano nel letame, li frustavano, li affannavano, li castravano e li mutilavano. E non era<br />
tutto. Venne l'ordine che ogni internato che avesse addosso tatuaggi si presentasse al dispensario. Da<br />
principio non sapevano perché, ma presto fu svelato il mistero. Quelli che avevano sulla pelle i più belli<br />
esemplari d'arte del tatuaggio, venivano trattenuti e poi uccisi con iniezioni somministrate da Karl Beigs, uno<br />
dei kapo. Poi il cadavere veniva passato al reparto patologico, dove li si toglieva la pelle, che veniva<br />
opportunamente conciata. I prodotti finiti venivano consegnati alla moglie del comandante che ne faceva<br />
paralumi; copertine per libri e guanti. L'esercito americano, quando arrivò a Buchenwald, fece un'altra<br />
scoperta, nell'aprile 1945: i crani conservati di molte vittime. In questo campo per circa otto anni si praticò<br />
con piacere sadico ogni tipo di orrore conosciuto all'uomo. Il criterio seguito era sempre lo stesso, si trattasse<br />
del puro e semplice sterminio dei primi giorni, o dello sterminio "per mezzo del lavoro a morte" dei tempi<br />
che seguirono. "Spezzare il corpo; spezzare lo spirito; spezzare il cuore ". Di tutto questo che cosa sapeva il<br />
popolo tedesco? Spesso si è affermato che non sapeva nulla. Questo probabilmente non è vero, come non è<br />
vero il contrario, che sapesse tutto. Si è detto: "si può ingannare tutto un popolo, qualche volta, e si può<br />
ingannare una parte del popolo, continuamente, ma non si può ingannare tutto il popolo continuamente", e<br />
ci sono prove in abbondanza che gran parte dei tedeschi sapevano molte cose riguardo a ciò che avveniva nei<br />
campi di concentramento. E molti altri avevano grossi sospetti e forse anche preoccupazioni, ma preferivano<br />
ingannare la propria coscienza restando nell'ignoranza. Quando gli alleati giunsero a Buchenwald, il campo<br />
era già stato liberato dagli stessi deportati ed il comitato internazionale ne gestiva la vita democraticamente.<br />
Era il 13 aprile 1945.<br />
*<br />
12
5. IL CAMPO DI AUSCHWITZ<br />
Da un rapporto dell'ufficio centrale delle S.S. del 25 Gennaio 1940 si evince che già all'inizio di quell'anno<br />
esisteva un piano di edificare presso Auschwitz un campo di concentramento. Il campo fu creato a 4 km dalla<br />
cittadina di Oswicezin, situata nell'Alta Slesia Superiore, regione aspramente contesa in ogni tempo fra<br />
Polonia e Germania e ora stava per essere incorporata nel Terzo Reich.<br />
Come per la maggior parte dei luoghi scelti per l'installazione dei campi di concentramento, fu scelta una<br />
regione poco abitata, insalubre e paludosa, ma al centro di quattro linee ferroviarie di notevole importanza. Il<br />
27 Aprile 1940 il Reich Fuhrer delle S.S. Heinrich Himler nominò comandante del campo di concentramento<br />
Rudolf Hoss, allora capo del lager di Sachesenhausen. Il futuro campo doveva essere ubicato nelle ex<br />
caserme dell'Esercito Polacco, ormai da anni abbandonate e che ben presto vennero cinte di filo spinato ad<br />
alta tensione su cui dominavano le numerose torrette dove notte e giorno vigilavano le S.S. Il 14 Giugno<br />
arrivarono ad Auschwitz i primi 728 prigionieri Polacchi deportati dal carcere di Tamow. Il campo<br />
inizialmente destinato ai soli prigionieri Polacchi, diventò ben presto internazionale.<br />
Man mano che cresceva il numero di deportati , venne ampliata l'area del campo che diventò col tempo un<br />
enorme fabbrica della morte suddivisa in tre sezioni:<br />
Auschwitz I il campo principale<br />
Aschwitz II il campo di Birkenau<br />
Auschwitz III Monowitz<br />
Nell'Ottobre del 1941 a circa 3 km a nord-ovest dal campo madre (Auschwitz I), si diede inizio alla<br />
costruzione di un campo di grandi dimensioni con circa 250 baracche, che dovrebbero ospitare 200.000<br />
deportati. Questo grande complesso era costituito da diversi lager singoli separati fra loro, che prese il nome<br />
di Auschwitz II Birkenau, ovvero il campo femminile, per famiglie e per gli zingari. Auschwitz III<br />
Monowitz, fu costruito nel 1942 presso gli stabilimenti industriali a 6 km dal campo madre in Monowice.<br />
La deportazione <strong>degli</strong> Ebrei nel campo di concentramento iniziò nel marzo 1942 in relazione alla conferenza<br />
che ebbe luogo in località Berlino-Wansee, durante la quale si stabilirono il numero di Ebrei destinati ad<br />
essere sterminati. La maggior parte <strong>degli</strong> Ebrei deportati per essere sterminati, non era consapevole del<br />
destino che li attendeva, per lo più convinti che li aspettasse un nuovo luogo di insediamento. Il trasporto al<br />
lager talvolta durava anche 7/10 giorni (dipendeva dalla nazione di provenienza), chiusi dentro i carri<br />
bestiame, alcuni non arrivarono in vita ad Auschwitz.<br />
Le fasi di registrazione all'arrivo ad Auschwitz<br />
Ai nuovi arrivati al lager, venivano confiscati i vestiti e qualsiasi effetto personale, si rasava loro i capelli,<br />
sottoponendoli in un secondo tempo alla disinfestazione e al bagno.<br />
Alla fine di queste operazioni venivano contrassegnati con un numero e registrati. Inizialmente ogni detenuto<br />
veniva fotografato in tre pose diverse . Negli schedari, era riportato il nominativo del deportato, il motivo del<br />
suo arresto - che poteva essere, l'aver aiutato persone ebree, oppure essere stato ostile con i tedeschi - la<br />
religione, lo stato di appartenenza e molte altre cause di carattere personale.<br />
Nel 1943 fu introdotto un sistema di identificazione che fu adottato solo nel campo di Auschwitz: veniva<br />
tatuato sull'avambraccio sinistro un numero a diverse cifre, le quali sostituivano il nome del deportato, e<br />
servivano sia per gli appelli che per qualsiasi attività svolta nel lager. Per tutto il periodo di esistenza del kl.<br />
Auschwitz sono stati registrati - su carta o tatuati - circa 400 mila detenuti entrambi i sessi e di diverse<br />
nazionalità. Tutte le persone arrivate ad Auschwitz con un trasporto e dirette subito alle camere a gas, non<br />
vennero mai registrate, pertanto non si può stabilire con certezza quante persone morirono in tutto il tempo di<br />
esistenza del kl . Auschwitz.<br />
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I bagagli requisiti all'arrivo venivano depositati nel "Kanada<br />
Tutti i deportati che arrivavano ad Auschwitz venivano espropriati dei propri bagagli.<br />
Gli alloggi dei deportati<br />
Le condizioni abitative, sebbene differenti nei vari periodi di<br />
esistenza del campo,furono sempre disastrose. I deportati arrivati<br />
con i primi trasporti dormivano direttamente sulla paglia sparsa sul<br />
pavimento di cemento, successivamente si usarono ì pagliericci. Ad<br />
Auschwitz nel campo principale, i deportati dormivano in abitazioni<br />
dì pietra - le ex caserme Polacche -, che inizialmente erano<br />
composte dal solo pianoterra e successivamente i deportati edificarono<br />
il piano superiore. In una sala che poteva contenere a fatica<br />
40/50 persone ne dormivano circa 200. I pancacci a tre piani introdotti<br />
in seguito non migliorò dì molto le condizioni abitative. Per<br />
ogni piano dei pancacci dovevano in genere prendere posto due o<br />
più deportati. Per coprirsi erano disponibili soltanto dei ritagli di coperte sporche e lacere infestate di<br />
pidocchi e di ogni altro genere di insetti. Di migliori condizioni abitative godevano i prigionieri addetti a<br />
funzioni amministrative, ai quali di norma venivano assegnati blocchi separati. A Birkenau invece i deportati<br />
dormivano in baracche di legno - tipo ricoveri per cavalli - senza fondamenta, direttamente sulla terra<br />
acquitrinosa, nessuna illuminazione e regnava movimento e rumore come in un alveare, in cui si sentivano<br />
voci in lingue diverse, alle più sconosciute. Le baracche assomigliano a un'enorme scuderia lunga 24 metri e<br />
larga 10. Al dì sopra del terzo piano del pancaccio c'è direttamente il tetto senza nessuna protezione isolante<br />
contro il freddo d'inverno e il caldo d'estate e il pavimento non è ricoperto da tavole di legno. Il blocco è<br />
stato costruito con l'intento di produrre il massimo spazio possibile per dormire. Nelle baracche si dovevano<br />
far stare da 800 a 1.000 persone, poiché erano talmente sovraffollate che in una cuccetta dovevano prender<br />
posto 7 o anche 8 persone<br />
Numeri , non più uomini<br />
L'odissea <strong>degli</strong> Italiani ad Auschwitz<br />
La giornata all'interno di qualsiasi campo di concentramento iniziava<br />
con l'appello del mattino, e si concludeva, dopo ore di lavoro forzato<br />
con l'appello della sera, che dava luogo ad un breve ed incerto riposo.<br />
Quando gli squilli del fischietto annunciavano all'interno delle<br />
baracche che era giunto il momento di svegliarsi, i deportati avevano<br />
mezz'ora di tempo per lavarsi, vestirsi e fare colazione. I deportati si<br />
radunavano in squadre dello stesso kommando, o gruppi di lavoro, e<br />
si schieravano in attesa che l'appello avesse inizio. L'appello durava<br />
generalmente un’ora, e non era una faccenda semplice, visto che<br />
raggruppava una massa sterminata di migliaia di persone (numeri),<br />
per di più di nazionalità diversa. Bastava che uno dei detenuti non<br />
rispondesse all'appello per bloccare tutto il campo. Nessuno poteva<br />
muoversi finché la persona ricercata non fosse stata trovata, sicché un<br />
semplice errore costava fatiche e sofferenze ai già provati prigionieri,<br />
costretti a rimanere in posizione eretta e senza cappello in testa,<br />
magari per ore al gelo d'inverno o al caldo d'estate.<br />
Il primo trasporto di Italiani nel lager di Auschwitz (1028) risale al 27 Ottobre del 1943.<br />
Il trasporto era prevalentemente composto da Ebrei arrestati durante la retata di Roma del 16 Ottobre del<br />
1943. Dopo questo primo trasporto, ne seguirono altri con deportazioni da tutte le regioni d'Italia, dal campo<br />
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di transito di Fossoli, di Carpi e dalla Risiera di San Saba. Nel periodo 1943/44 furono deportati nel lager di<br />
Auschwitz circa 7.000 persone, in prevalenza Ebrei e in minoranza non Ebrei arrestati per motivi di carattere<br />
politico. Da questi trasporti non furono risparmiati neppure i bambini. Le prime 1023 persone arrivate ad<br />
Auschwitz, subirono come ogni altro trasporto, la selezione per separare gli abili al lavoro dai non abili: 149<br />
uomini e 47 donne superarono la selezione e fu-rono registrati ed introdotti nel lager, mentre le restanti 827<br />
per-sone vennero portate alla camere a gas ove si spense il loro tra-gico destino. Nel Gennaio 1945<br />
riuscirono a sopravvivere allo sterminio solo un numero esiguo di Italiani. Gli abili, cioè, quel-li che erano<br />
ancora in grado di camminare, si unirono ai depor-tati delle altre nazionalità dove intrapresero le lunghe<br />
marce mortali di trasferimento in altri lager più sicuri all'interno del Reich.I malati e gli infermi che rimasero<br />
ad Auschwitz dopo l'e-vacuazione del campo furono liberati dall' Esercito sovietico il 27 Gennaio 1945.<br />
Circa 150 internati Italiani furono in seguito ricoverati nell' ospedale della Croce Rossa Polacca, aperto<br />
subito dopo la liberazione all' interno del lager. Nonostante le cure mediche prestate dai medici, entro Luglio<br />
perirono altre 17 persone. Fra i ricoverati nell'ospedale della Croce Rossa c'era anche Primo Levi. Degli<br />
oltre 7.000 cittadini Italiani deportati nel campo di sterminio di Auschwitz, sopravvissero e tornarono in<br />
patria meno di un centinaio di persone.<br />
Migliaia di esseri umani ridotti in cenere<br />
Le camere a gas e i forni crematori. I procedimenti tecnici per ottenere uno sterminio efficace e di-screto,<br />
conforme a ciò che i nazisti qualificavano come stile tedesco, furono studiati e preparati in laboratorio da<br />
medici e scienziati tedeschi prima di venire applicati in grande stile e su grande scala industriale dalle S.S. di<br />
Heinrich Himler. I malati di mente della Germania fecero da cavie per gli Ebrei d'Europa.<br />
A Birkenau nel 1942 furono uccisi i primi gruppi di Ebrei nelle due case coloniche unite da un arco adibite a<br />
camere a gas. Rudolf Hoss comandante del lager ebbe l'idea di adottare lo stesso procedimento che si usava<br />
per eliminare i parassiti e cimici dalle antiche caserme di Auschwitz, l'uso di un potente disinfestante<br />
chiamato Zyklon B, acido prussico in cristalli.<br />
Al termine di ogni gassificazione, i membri del sondèrkommanoo aprivano le porte della camera a gas:<br />
tagliavano i capelli alle donne, toglievano le otturazioni in oro , gli orecchini e gli anelli e, poi trasportavano<br />
i cadaveri nei forni crematori o nei roghi all'aperto, in certi periodi la mortalità era così elevata, che i forni<br />
non riuscivano a bruciarli. In ogni forno erano introdotti 4/5 cadaveri per volta e venivano ridotti in cenere in<br />
meno di mezz’ora. Le ceneri che inizialmente venivano gettate in fosse, in seguito furono condotte su<br />
autocarri e rovesciate sulla Vistola che scorre nelle vicinanze del lager. Il fetore dei corpi bruciati si sentiva<br />
per chilometri tutt'intorno.<br />
Gli esperimenti pseudo-scientifici<br />
L'opportunità di avere migliaia di esseri umani a disposizione per effettuare esperimenti sui loro corpi,<br />
assolutamente impossibile in un altro contesto sociopolitico,<br />
suscitò non poche fantasie su alcuni pseudoscienziati<br />
nazisti, che approfittarono di questa unica occasione<br />
che la storia offriva loro. In realtà tutti gli<br />
esperimenti effettuati da questi medici non ebbero miglioramenti<br />
a livello scientifico, e le loro azioni produssero<br />
solo sofferenze indescrivibili senza nessun beneficio.<br />
Il primo problema che si posero questi medici<br />
tedeschi fu l'esigenza di eliminare le razze inferiori o,<br />
per lo meno, di impedire la loro proliferazione a danno<br />
dei cittadini di stirpe ariana.<br />
Si fece strada nella mente di questi personaggi l'idea<br />
della sterilizzazione di massa da eseguirsi mediante<br />
l'uso di raggi X. Questo metodo si rivelò, dopo due anni<br />
di esperimenti, del tutto inefficace e dispendioso. Questa<br />
sezione razziale trovò la sua espressione più elevata<br />
nel Dottor Josef Menghele, l'angelo della morte di Auschwitz. Costui era convinto di poter identificare le<br />
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trasmissioni genetiche abnormi e mise insieme 250 coppie di gemelli, che trattò come qualsiasi ricercatore<br />
potrebbe trattare rane e topi. Menghele era un fanatico assertore della perfezione umana. Auschwitz era il<br />
suo mondo ideale, la realizzazione dei suoi sogni; qui poteva vivere le sue fantasie razziali, giustificare la<br />
dissezione di centinaia di bambini, iniettare direttamente negli occhi sostanze colorate per manipolarne il<br />
colore e, sfogare la sua collera esplosiva sparando, praticando iniezioni di fenolo al cuore o mandando le sue<br />
vittime nelle camere a gas durante le selezioni che eseguiva nella rampa di Birkenau.<br />
Le marce di evacuazione e la liberazione<br />
Le vittorie riportate per lunghi anni dai nazisti, resero le S.S. insolenti a tal punto da farli sentire liberi da<br />
ogni responsabilità per i numerosi atti di genocidio commessi.<br />
Ma,dopo una serie di vittorie e conquiste, iniziarono le sconfitte. I nazisti si misero a cancellare in tutta<br />
fretta ogni traccia delle loro attività criminali, distruggendo documenti riguardanti le deportazioni, fra cui<br />
numerosi registri e schedari dei deportati, furono fatti saltare in aria i forni crematori e le camere a gas. I<br />
deportati rimasti in vita in grado di poter camminare, furono costretti, sotto la morsa del gelo invernale,<br />
all'evacuazione del lager che divenne nota come la Marcia della Morte. Chi era riuscito a sopravvivere<br />
nell'inferno di Auschwitz, morì in questa occasione per assideramento, per fame o fucilato perché non erano<br />
più in grado di camminare. I malati, che non furono in grado di intraprendere la marcia, rimasero nel lager<br />
aspettando la liberazione. La marcia mortale attraverso i lager all'interno del Reich iniziò ai primi di Gennaio<br />
del 1945. Gli internati furono trascinati a passo di corsa per le campagne d'Europa dai tedeschi incalzati dagli<br />
alleati, privi di ogni forma di controllo, con la Germania nazista sul punto di diventare un paese sconfitto. Le<br />
marce della morte consentono di valutare le crudeltà e le motivazioni dei realizzatori, e quindi, la misura<br />
della loro dedizione all'eccidio, in condizioni di quasi assoluta arbitrarietà. In conclusione si delinea l'idea<br />
che le S.S. di guardia alle lunghe colonne di deportati in cammino verso il nulla, fossero motivate nel portare<br />
a termine questa ulteriore crudeltà dal proprio radicale antisemitismo e che fosse giusto massacrare i<br />
deportati sfiniti privi di ogni forza, anche quando ormai il terzo Reich era giunto al suo crollo totale. Il 27<br />
Gennaio 1945 l'avanzata delle truppe Russe mise fine alla storia del lager di Auschwitz.<br />
Il 18 Gennaio 1945 nella notte dell'evacuazione, le cucine del campo avevamo ancora funzionato per<br />
distribuire l'ultima razione di zuppa. In mattinata un<br />
addetto delle S.S. fece il giro delle baracche. Qua e là<br />
nella notte si sentivano le esplosioni dell'armata Russa<br />
che avanzava. Il 19 Gennaio 1945 le S.S. abbandonarono<br />
il lager sabotando l'impianto elettrico, chiudendo<br />
la fornitura dell'acqua e lasciando il lager in uno stato di<br />
desolazione. Fra i malati che riuscivano ancora a muoversi<br />
- si videro corpi scheletrici trascinarsi per ogni<br />
dove – alcuni si misero a rovistare in tutte le baracche<br />
vuote in cerca di alimenti e di legna, saccheggiarono le<br />
cucine, il magazzino del vestiario, i magazzini dei generi<br />
alimentari, portando via quel poco che era rimasto; i più<br />
fortunati che avevano avuto la forza di accendersi un<br />
fuoco, cucinavano le poche patate trovate e scioglievano<br />
la neve in recipienti di fortuna per placare la sete. In<br />
queste condizioni gli internati rimasti in vita aspettarono<br />
fino al 27 Gennaio l'arrivo della 60° Armata Russa, che<br />
ufficialmente liberò il lager di Auschwitz dall'egemonia<br />
nazista. Solo alcuni dei prigionieri, in condizioni di<br />
salute disastrose, riuscirono a sopravvivere e ad essere<br />
liberati. Venne portato loro un immediato soccorso medico da parte dei sanitari sovietici e dai volontari della<br />
Croce Rossa Polacca. Molti purtroppo morirono anche nei mesi successivi la liberazione del lager.<br />
*<br />
16
5.1 UN TESTIMONE<br />
Il primo e forse il maggiore testimone dell’Olocausto è stato Primo Levi.<br />
Nel '38, con le leggi razziali, si istituzionalizza la discriminazione contro gli ebrei, cui è vietato l’accesso alla<br />
scuola pubblica. Levi, in regola con gli esami, ha notevoli difficoltà nella ricerca di un relatore per la sua<br />
tesi: si laurea nel 1941. Sul diploma di laurea figura la precisazione: «di razza ebraica». Comincia così la sua<br />
carriera di chimico, che lo porta a vivere a Milano, fino all’occupazione tedesca. Il 13 dicembre del '43 viene<br />
catturato a Brusson e successivamente trasferito al campo di raccolta di Fossoli, dove comincia la sua<br />
odissea. Nel giro di poco tempo, infatti, il campo viene preso in gestione dai tedeschi, che convogliano tutti i<br />
prigionieri ad Auschwitz. È il 22 febbraio del '44: data che nella vita di Levi segna il confine tra un "prima" e<br />
un "dopo".<br />
«Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo di significato, allora e<br />
per noi» (P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi 1998, p. 15).<br />
In fretta e sommariamente viene effettuata una vera e propria selezione: «In meno di dieci minuti tutti noi<br />
uomini validi fummo radunati in gruppo. Quello che accadde <strong>degli</strong> altri, delle donne, dei bambini, dei<br />
vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente» (Op.<br />
cit., p. 17).<br />
Levi è deportato a Monowitz, vicino Auschwitz, in un campo di lavoro i cui prigionieri sono al servizio di<br />
una fabbrica di gomma. Al lager, persi nei loro pensieri, presi da mille domande, da ipotesi continue che per<br />
quanto catastrofiche, non si avvicinano neanche lontanamente alla verità, si ritrovano in pochissimo tempo<br />
rasati, tosati, disinfettati e vestiti con pantaloni e giacche a righe. Su ogni casacca c’è un numero cucito sul<br />
petto. I prigionieri vengono marchiati come bestie. Il loro compito: lavorare, mangiare, dormire,<br />
OBBEDIRE. Il loro intento: sopravvivere. Dietro quel numero non c’è più un uomo, ma solo un oggetto:<br />
häftling, cioè “pezzo”. Se funziona, va avanti. Se si rompe, è gettato via.<br />
Levi è l’häftling 174517. Funzionante.<br />
Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai campi di concentramento. Ci riesce fortunosamente, grazie a<br />
una serie di circostanze e solo dopo un lungo girovagare nei Paesi dell'est.<br />
Quale testimone di tante assurdità, sente il dovere di raccontare, descrivere l’indescrivibile, affinché tutti<br />
sappiano, tutti si domandino un perché, tutti interroghino la propria coscienza: comincia a scrivere,<br />
elaborando così il suo dolore, il suo annientamento, il suo avventuroso ritorno a casa. Nel '47, rifiutato dalla<br />
Einaudi, il manoscritto Se questo è un uomo è pubblicato dalla De Silva editrice.<br />
Il libro ottiene un discreto successo di critica ma non di vendita. Solo nel '56 la Einaudi comincia a<br />
pubblicare tutti i suoi lavori: Se questo è un uomo è tradotto in diverse lingue, La Tregua vince la prima<br />
edizione del Premio Campiello. L’11 aprile del 1987 Primo Levi muore. Dirà di lui Claudio Toscani:<br />
«L’ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non dimenticate».<br />
5.2 UNA STORIA INCREDIBILE DI UN GIUSTO: PERLASCA<br />
Nacque il 31 gennaio 1910 a Como. Sin da giovane aderì in modo convinto al Partito Fascista tanto da<br />
partire come volontario per partecipare alla aggressione italiana contro l'Abissinia e poi alla Guerra Civile<br />
Spagnola in appoggio alle truppe golpiste del generale Francisco Franco. Combatté come artigliere in questa<br />
guerra rimanendo in Spagna sino al 1939. All'inizio della Seconda Guerra Mondiale Perlasca lavorava come<br />
agente di una industria triestina per la quale trattava l'importazione di bestiame dai Balcani. Fu quindi per<br />
motivi professionali che si trovò ad operare prima in Iugoslavia e poi - a partire dal 1942 - in Ungheria.<br />
Dopo l'8 settembre 1943 con l'armistizio dell'Italia la situazione di Perlasca a Budapest divenne più precaria,<br />
ma fu a partire dal marzo 1944 che divenne estremamente pericolosa. Ricercato dai Tedeschi che<br />
intendevano arrestarlo si diede alla macchia. Ebbe l'idea di utilizzare un attestato di riconoscenza rilasciato<br />
dal governo spagnolo ai tempi della guerra e con questo ottenne una breve ospitalità dall'ambasciatore<br />
spagnolo Angel Sans Briz. Passò un altro periodo nel campo di internamento di Kékes sotto la giurisdizione<br />
del governo ungherese nella speranza di poter ritornare in qualche modo in Italia.<br />
La situazione peggiorò ulteriormente quando Horthy venne rovesciato e i Tedeschi misero al potere il<br />
collaborazionista fascista Szalasi e i suoi complici delle Croci Frecciate. Perlasca si ripresentò dall'ambasciatore<br />
Sans Briz riuscendo ad ottenere cittadinanza e passaporto spagnolo. Da quel momento si trasformò<br />
in Jorge Perlasca e venne impiegato dall'ambasciatore nel tentativo di salvataggio <strong>degli</strong> Ebrei di Budapest.<br />
17
Tentativo questo messo in atto congiuntamente da Born della Croce Rossa Internazionale, da Wallenberg<br />
dell'ambasciata svedese, da Lutz di quella Svizzera e dai loro collaboratori e da monsignor Rotta e dal suo<br />
collaboratore Verolino. Il sistema ideato era quello di fornire "carte di protezione" che ponevano gli Ebrei<br />
sotto la tutela dei vari Stati neutrali e creare delle "case prottette", ossia dei palazzi nei quali vigesse<br />
l'extraterritorialità e che perciò garantissero asilo agli Ebrei perseguitati. Perlasca agì garantendo la sicurezza<br />
di questi ebrei, distribuendo carte di protezione e arrivando al punto di sottrarre sui binari della stazione<br />
ferroviaria le vittime al viaggio verso la morte. I problemi si complicarono ancora quando il governo di<br />
Szalasi richiese all'ambasciatore Sans Briz il riconoscimento ufficiale da parte di Madrid. L'ambasciatore<br />
tergiversò ma, non potendo tenere più a lungo operativa l'ambasciata, decise di spostarsi in Svizzera offrendo<br />
a Perlasca la possibilità di uscire dall'Ungheria con lui. A questo punto Perlasca decise di rimanere a<br />
Budapest autonominandosi sostituto di Sans Briz. I fascisti ungheresi probabilmente intuirono che qualcosa<br />
non funzionava nel ruolo impersonato da Perlasca ma non avevano interesse a guastare i rapporti con la<br />
Spagna: la guerra era perduta e l'ultimo Paese fascista d'Europa poteva rappresentare un utile rifugio. Così<br />
dal 1° dicembre 1944 al 16 gennaio 1945 Perlasca continuò a rischio della propria vita l'operazione di<br />
salvataggio proprio nel momento peggiore, con i Sovietici alle porte e i fascisti delle Croci Frecciate intenti<br />
a massacrare gli Ebrei per le strade di Budapest. In questi quarantacinque giorni Perlasca salvò le vite di<br />
migliaia di Ebrei. Terminata la guerra riuscì a ritornare in Italia. La sua storia non ebbe alcuna attenzione<br />
benché Perlasca l'avesse portata a conoscenza di politici e giornalisti. Nel 1987 alcuni Ebrei ungheresi<br />
residenti in Israele ritrovarono Perlasca e la sua storia acquistò notorietà grazie al libro del giornalista Enrico<br />
Deaglio, La banalità del bene. Da allora l'eroismo di Perlasca divenne pubblico divenendo quasi un<br />
paradigma dell'operato dei Giusti di ogni nazione. Lo Yad Vashem lo ha riconosciuto Giusto tra le<br />
Nazioni. Perlasca è morto a Padova dove risiedeva il 15 agosto 1992.<br />
*<br />
6. IL PROCESSO DI NORIMBERGA<br />
Gli alleati manifestarono l'intenzione di punire i crimini nazisti sin dal gennaio 1941. Nell'ottobre 1942, con<br />
la partecipazione congiunta di Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica fu creata a Londra la<br />
Commissione interalleata per i crimini di guerra, cui fece seguito l'atto di Mosca del 30 ottobre 1943 con il<br />
quale si ponevano concretamente le basi del Tribunale Internazionale di Norimberga.<br />
La serie di procedimenti istruiti e condotti nella città tedesca tra il 1945 e il 1946 costituisce<br />
in effetti un importante precedente per diversi ordini di motivi. Intanto, 1)<br />
presupponeva la messa a punto di regole per la conduzione di un giudizio del tutto<br />
straordinario; quindi, 2) esigeva la determinazione dei capi di accusa sulla scorta di<br />
elementi di diritto di non scontata fondazione giuridica. Infine, 3) doveva necessariamente<br />
assumere il difficile compito di districare i livelli di responsabilità <strong>degli</strong><br />
imputati all'interno dell'impianto apparentemente monolitico della dittatura nazista.<br />
Per quanto riguarda il primo e il secondo punto, la Carta, concordata a Londra tra le<br />
Tre Grandi, [Charter of the International Military Tribunal] aveva di fatto avallato<br />
l’iniziativa giudiziaria dei vincitori individuando tre tipi di reato perseguibili dal Tribunale Militare<br />
Internazionale: crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l'umanità.<br />
Bisogna tuttavia osservare che nella istruzione dei processi il crimine di riferimento - per ragioni molto<br />
complesse, ma essenzialmente legate a esigenze di politica interna americana - andava rappresentato dalla<br />
cospirazione alla condotta di una guerra aggressiva, mentre gli altri due apparivano accessori, in sé orrendi e<br />
giuridicamente rilevanti, ma da collegare al primo, in quanto commessi nel perseguimento della aggressione<br />
su scala globale. In questo senso è molto chiara la prospettiva comunicata dal procuratore capo americano<br />
Jackson in una lettera al presidente Truman:<br />
«Il nostro procedimento contro i maggiori accusati è interessato al disegno guida nazista, non agli atti<br />
individuali di barbarie o alle atrocità occorse indipendentemente da ogni piano centrale».<br />
Sebbene il reato, che l'opinione pubblica immediatamente collega al processo di Norimberga, sia forse quello<br />
di crimini contro l'umanità o, come più adeguatamente si espresse il procuratore francese de Menthon,<br />
crimini contro la condizione umana, di fatto la crudeltà e ferocia dei misfatti nazisti - anche di quelli più<br />
impressionanti, documentati nel corso del procedimento, perpetrati sul corpo del popolo ebraico - nella<br />
architettura della sentenza si iscrivevano all'interno della cornice di fondo della accusa: la persecuzione e lo<br />
sterminio erano stati strumenti per imporre il controllo totalitario sulla Germania prima e procedere quindi al<br />
massacro europeo. Nel dispositivo del giudizio finale si fa infatti esplicito riferimento alla connessione tra<br />
18
anti-Semitic policy e plans for aggressive war, così come si collegano le attività criminali delle<br />
Einsatzgruppen a quelle della Wehrmacht.<br />
Furono portati alla sbarra, all'infuori di Hitler e <strong>degli</strong> altri responsabili nazisti che si erano sottratti al verdetto<br />
dei vincitori con il suicidio (Goebbels, Himmler, Ley ) i più alti responsabili della direzione politica ed<br />
economica del Terzo Reich e i più alti quadri militari. Tra i più stretti collaboratori di Hitler uno solo,<br />
Martin Bormann, uno dei grandi assenti del processo, era stato intimo collaboratore di Hitler nel suo<br />
quartier generale, durante la seconda guerra mondiale, e poi era sparito nel nulla. Il tribunale ritenne che si<br />
doveva procedere contro di lui in contumacia.<br />
I capi d'imputazione furono quattro:<br />
Cospirazione<br />
Crimini contro la pace<br />
Crimini di guerra<br />
Crimini contro l'umanità<br />
Vale a dire la preparazione di un piano comune per l'esecuzione<br />
<strong>degli</strong> altri tre crimini successivi.<br />
per aver diretto guerre d'aggressione contro altri Stati, scatenando<br />
il secondo conflitto mondiale e commettendo la violazione di ben<br />
trentaquattro trattati internazionali;<br />
per aver compiuto una serie di violazioni del diritto internazionale<br />
bellico contenuto nella Convenzione dell'Aja, per esempio attraverso<br />
i trattamenti disumani nei confronti di popolazioni civili e<br />
prigionieri di guerra (torture, schiavitù, saccheggi ecc.).<br />
per aver commesso atti d'estrema atrocità nei confronti di avversari<br />
politici, minoranze razziali e d'interi gruppi etnici (il genocidio<br />
<strong>degli</strong> ebrei).<br />
Il 10 ottobre 1946 fu emessa la sentenza della Corte internazionale che pronunciò le seguenti<br />
condanne:<br />
A MORTE<br />
Göring Hermann<br />
Ribbentrop von<br />
Joachim<br />
Rosenberg Alfred<br />
"numero due" della Germania, il personaggio più importante del nazismo al processo.<br />
Goring, come ministro dell'interno della Prussia, istituì il Geheimes Staatspolizeiamt che<br />
successivamente divenne la GeStaPo, potente polizia segreta del regime. Dopo il successo<br />
nelle elezioni del 30 fu nominato Presidente del Reichstag, quindi Feldmaresciallo, comandante<br />
della Luftwaffe. Fu uno dei principali artefici della potenza militare tedesca, facendo<br />
mobilitare tutte le forze economiche dello Stato per il riarmo. Partecipò nella pianificazione<br />
delle guerre d'aggressione in violazione del Trattato di Versailles e <strong>degli</strong> altri accordi e trat-<br />
tati internazionali. Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4.<br />
dal 1938 al 1945 ministro <strong>degli</strong> esteri del Reich, fu protagonista del Patto nazi-sovietico del<br />
1939 (Patto Molotov-Ribbentrop), i cui protocolli segreti fissavano la spartizione dell'Europa<br />
centro-orientale tra Germania ed Unione Sovietica. Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
Ministro del Reich per le zone d'occupazione nell'Europa orientale, autore del saggio "Il mito<br />
del 20° secolo", di stampo razzista. Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
Streicher Julius<br />
insegnante elementare, fu il violento propagandista della persecuzione <strong>degli</strong> ebrei. Fondò nel<br />
1923 il settimanale "Der Stürmer" del quale restò proprietario e direttore fino al 1945.<br />
Imputato dei capi d'accusa 1 e 4<br />
Kaltenbrunner Ernst capo dei servizi di sicurezza del Reich. Imputato dei capi d'accusa 1, 3 e 4<br />
Frick Wilhelm<br />
ex ministro <strong>degli</strong> Interni del Reich, che in questa qualità aveva introdotto una legge sulla<br />
sterilizzazione chirurgica dei malati. Imputato per i capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
Sauckel Fritz<br />
procuratore generale di Hitler come responsabile per i lavori forzati di manodopera straniera.<br />
Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
Seyss-Inquart Arthur<br />
avvocato, governatore del Reich per i territori occupati nei Paesi Bassi. Imputato dei capi<br />
Frank Hans<br />
d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
avvocato, dal 1939 fu governatore della Polonia controllata dai nazisti e ministro della<br />
Giustizia del Reich. Soprannominato il "boia della Polonia", fu imputato dei capi d'accusa 1,<br />
3 e 4<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
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Keitel Wilhelm capo di Stato maggiore dell'OKW. Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
Jodl Alfred<br />
generale di corpo d'armata. Capo delle operazioni militari dell'OKW (Oberkommando der<br />
Wehrmacht) e consulente militare di Hitler. Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
ALL’ERGASTOLO<br />
Raeder Erich<br />
Funk Walter<br />
Hess Rudolf<br />
ex comandante supremo della marina militare, nel 1940 preparò l'attacco alla Norvegia. Fu<br />
sostituito nel 1943 dal grande ammiraglio Dönitz. Imputato dei capi d'accusa 1, 2 e 3<br />
ministro dell'economia del Reich e dal 1939 presidente della Deutsche Reichsbank (banca<br />
centrale del Reich). Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
delfino di Hitler , ad Auschwitz sperimentò lo sterminio di massa nelle camere a gas con lo<br />
Zyklon B (acido prussico in cristalli) fu imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
A 20 ANNI DI RECLUSIONE<br />
Speer Albert<br />
architetto, ministro del Reich per l'armamento e le munizioni. Imputato dei capi d'accusa 1, 2,<br />
3 e 4<br />
Schacht Horace banchiere, presidente della Reichsbank e ministro dell'economia, poi sostituito da Funk. Dal<br />
Greely Hjalmar 1944 nel campo di concentramento di Flossenbürg. Imputato dei capi d'accusa 1 e 2<br />
A 15 ANNI DI RECLUSIONE<br />
Neurath von primo ministro <strong>degli</strong> esteri di Hitler e poi protettore del Reich per la Boemia e la Moravia.<br />
Konstantin Imputato dei capi d'accusa 1, 2, 3 e 4<br />
A 10 ANNI DI RECLUSIONE<br />
grande ammiraglio, comandante della Kriegsmarine (la flotta da guerra), fu il successore di<br />
Dönitz Karl Hitler; alla sua morte costituì un governo che ebbe come compito principale quello di firmare<br />
la resa (il 7 maggio 1945). Imputato dei capi d'accusa 1, 2 e 3<br />
ASSOLUZIONE<br />
Papen von Franz<br />
Fritzsche Hans<br />
vicecancelliere nel primo gabinetto Hitler del 1933, successivamente ambasciatore a Vienna<br />
ed Ankara. Imputato dei capi d'accusa 1 e 2<br />
giornalista; dal maggio del 1933 direttore delle informazioni presso il servizio stampa del<br />
ministero della propaganda, fu soprattutto accusato come "fantasma" del suo superiore,<br />
Goebbels, il ministro della propaganda del Reich. Imputato dei capi d'accusa 1, 3 e 4<br />
II 15 ottobre 1946 nella prigione di Norimberga furono eseguite le condanne a morte. Goring si suicidò, dopo<br />
la condanna. Numerose altre condanne furono emesse da tribunali militari delle singole potenze<br />
d'occupazione della Germania, soprattutto da corti americane, ma all'inizio <strong>degli</strong> anni cinquanta le<br />
circostanze della guerra fredda arrestarono l'opera dei tribunali alleati e introdussero larghe amnistie per le<br />
condanne gia emesse. Soltanto alla fine del 1958 la giustizia tedesca cominciò a lavorare in modo coordinato<br />
sui grandi crimini nazisti.<br />
LA FUGA DEI NAZISTI IN ARGENTINA DOPO IL CROLLO DEL III REICH<br />
Il 25 maggio 1949 il dottor Mengele sale a Genova sulla «North King», il 22 giugno 1949 è al sicuro,<br />
dall'altra parte dell'Oceano. Di questo arrivo oggi esiste una nuova testimonianza: una scheda di<br />
immigrazione a nome Helmut Gregor conservata negli archivi argentini e riemersa tra polvere e armadi<br />
sigillati grazie a un ordine del ministro <strong>degli</strong> Interni di Buenos Aires, Anibal Fernández. A impegnarsi per<br />
l'apertura dei registri che quasi sessant'anni fa annotarono l'ingresso di Adolf Eichmann, Klaus Barbie,<br />
Martin Bormann, Erich Priebke e altre migliaia di nazisti più o meno noti in Argentina è stato il presidente<br />
Néstor Kirchner. Una promessa fatta al Centro Simon Wiesenthal (insieme all'assicurazione che il governo<br />
si occuperà anche dell'estradizione dell'italiano Bruno Caneva, 91 anni, accusato dell'eccidio di 82 partigiani<br />
a Pedescale). Di qui, l'ordine di Fernández alla Direzione nazionale delle migrazioni (che dipende dal<br />
ministero <strong>degli</strong> Interni) e la scoperta dei nuovi documenti, con un lunghissimo elenco di nomi tedeschi,<br />
croati, austriaci, belgi, francesi e anche molti italiani.<br />
Tutti nuovi tasselli da inserire in una storia che in Argentina ha in gran parte ricostruito il giornalista Uki<br />
Goñi (è stato proprio il suo La auténtica Odessa, pubblicato nel dicembre 2002, a spingere il Centro Simon<br />
Wiesenthal a chiedere l'apertura <strong>degli</strong> archivi). Nel libro Goñi racconta di alcune riunioni alla Casa Rosada -<br />
in particolare ce n'è una ben documentata del dicembre ‘47 - tra Perón e nazisti tedeschi, francesi e belgi per<br />
20
la creazione di una rete di assistenza ai criminali in fuga, con basi in sei Paesi europei tra cui l'Italia.<br />
L'organizzazione poteva contare sul sostegno di alcuni settori della Chiesa cattolica.<br />
Ma perché questo impegno del presidente argentino? Goñi lo spiega in un'intervista al quotidiano Página/12:<br />
«Perón faceva un favore ai nazisti che portava in Argentina. Faceva un piacere a se stesso, nell'idea che<br />
questa gente avrebbe potuto essergli utile come agenti anticomunisti. Faceva un favore agli Alleati<br />
eliminando i collaborazionisti che non potevano portare davanti alla giustizia. Infine rendeva un servizio<br />
alla Chiesa. Uno dei documenti che ho trovato mostrano che il cardinale argentino Caggiano andò in<br />
Vaticano nel ‘46 offrendo a nome del governo di Buenos Aires il proprio Paese come rifugio ai criminali di<br />
guerra francesi nascosti a Roma».<br />
7. LA CONFERENZA DI YALTA<br />
*<br />
Quando il 4 febbraio si aprì a Yalta in Crimea la conferenza dei capi di stato delle maggiori potenze<br />
impegnate nella guerra contro la Germania, le sorti di quel paese erano inequivocabilmente segnate.<br />
Il Terzo Reich non solo non aveva più alcuna possibilità di modificare l'andamento del conflitto, ma non<br />
poteva sottrarsi in alcun modo ad una resa totale e incondizionata. Nei mesi precedenti c'erano stati contatti<br />
fra rappresentanti tedeschi ed agenti sovietici in Svezia, e fra i primi e gli anglo-americani per un armistizio;<br />
probabilmente alcune di queste iniziative erano avvenute ad opera di alti gerarchi nazisti ma senza<br />
l'intervento esplicito di Hitler, e in ogni caso non potevano dare alcun risultato perché troppo grave sarebbe<br />
stato di fronte all'opinione pubblica internazionale una pace separata a danno delle altre potenze.<br />
Chiusa di fatto la guerra alla Germania il problema principale delle potenze alleate era quello di gestire una<br />
difficile pace. Nel novembre del '43 c'era stato un incontro fra Roosevelt, Churchill e Stalin a Teheran che<br />
aveva impostato il problema, ma che aveva visto anche importanti concessioni <strong>degli</strong> alleati occidentali<br />
all'Unione Sovietica. Al vertice venne discussa la creazione di una organizzazione mondiale di stati che<br />
avrebbe dovuto consentire un futuro di pace; all'interno di questa organizzazione Stalin richiese<br />
esplicitamente che fosse riconosciuto ai "Tre Grandi" un ruolo superiore alle altre nazioni (che si sarebbe<br />
successivamente concretizzato nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU) principio certamente in contrasto con<br />
quello della pari dignità dei popoli. In quella stessa sede venne discussa la possibilità dell'apertura di un<br />
"secondo fronte" nei Balcani. L'idea proposta da Churchill implicitamente mirava a contrastare l'egemonia<br />
sovietica in quella zona d'Europa, dove già erano attivi importanti movimenti comunisti in Jugoslavia, Grecia<br />
e Albania, ma non ebbe l'appoggio di Roosevelt e la proposta non ebbe seguito. Vennero accolte invece le<br />
richieste di Stalin che si ricollegavano al Patto Molotov-Ribbentrop: annessione di Lituania, Lettonia ed<br />
Estonia, e accorpamento delle province orientali della Polonia.<br />
Il destino della sfortunata nazione dell'Europa orientale divenne una delle principali questioni dell'incontro.<br />
Nei mesi precedenti fra il governo polacco in esilio a Londra e L'URSS c'era stata la rottura delle relazioni<br />
diplomatiche in seguito alla scoperta dell'eccidio di Katyn dove vennero ritrovati i cadaveri di circa 10.000<br />
ufficiali polacchi passati per le armi dai sovietici. In seguito a tale episodio, quando alla fine del '44 l'Armata<br />
Rossa aveva fatto il suo ingresso in Polonia venne costituito un nuovo governo, che prese il nome di<br />
Comitato di Lublino, al quale i sovietici trasferirono i loro poteri. Il nuovo governo era formato da<br />
personalità non di primo piano e non godeva del consenso popolare; il mancato intervento dei sovietici a<br />
favore della rivolta di Varsavia aveva squalificato l'azione dei comunisti anche se per molti polacchi i<br />
sovietici rappresentavano in quel momento coloro che li avevano liberati dal terribile giogo nazista.<br />
Nei mesi successivi si ebbero altri due motivi di contrasto fra anglo-americani e sovietici a causa delle<br />
questioni greca e jugoslava. Ad Atene le dimissioni dei ministri comunisti all'interno del governo presieduto<br />
dal socialdemocratico Papandreu creò una gravissima situazione. Si ebbero sanguinosi scontri fra le truppe<br />
inglesi e i gruppi partigiani dell'ELAS, che si conclusero comunque nel gennaio successivo con gli accordi di<br />
Varkiza che prevedevano il disarmo delle formazioni armate, libere elezioni tenute sotto controllo<br />
internazionale e un referendum sul futuro istituzionale del paese.<br />
Un analogo accordo venne sottoscritto in Jugoslavia fra i rappresentanti del governo monarchico in esilio e le<br />
armate titine che pose fine agli scontri fra i serbi nazionalistici di Mihailovic e i gruppi comunisti.<br />
21
Nello stesso periodo si ebbero una serie di segnali positivi dall'Unione Sovietica: venne avviato lo<br />
scioglimento del Comintern, l'associazione internazionale dei partiti comunisti, un relativo decentramento<br />
amministrativo nel paese a favore delle popolazioni non russe, ed infine un accordo fra il governo comunista<br />
e la chiesa ortodossa. Il carteggio fra Stalin e gli altri capi di governo occidentali faceva pensare ad un'ampia<br />
disponibilità dei sovietici a risolvere con il negoziato tutte le questioni di dissidio, e che l'alleanza fra le tre<br />
grandi nazioni sarebbe potuta continuare anche in futuro, una volta terminata la guerra. Il grande tributo di<br />
vite umane dei russi nella lotta alla Germania nazista infine, aveva creato un debito di riconoscenza verso<br />
questa nazione, e pertanto una parte dell'opinione pubblica internazionale riteneva che si dovesse in qualche<br />
modo assecondare le richieste provenienti da Mosca.<br />
La conferenza di Yalta venne quindi salutata come un grande evento per tutta l'umanità; si riteneva infatti<br />
che a differenza di tutte le guerre del passato quella in atto si sarebbe conclusa non con un nuovo disegno di<br />
egemonia mondiale, ma con un progetto che salvaguardasse i diritti di tutti i popoli, stabilisse delle regole<br />
certe di convivenza civile, e la vittoria definitiva della democrazia nel mondo. I rappresentanti delle tre<br />
grandi potenze raggiunsero un accordo sul futuro dello stato tedesco che prevedeva il disarmo, la<br />
smilitarizzazione e lo smembramento di quella nazione. Il progetto venne successivamente abbandonato;<br />
secondo lo storico italiano Luigi Salvatorelli la creazione di piccoli stati nel cuore dell'Europa avrebbe<br />
creato una situazione di grande instabilità ed avrebbe risvegliato gli appetiti delle nazioni vicine.<br />
Venne quindi raggiunto un accordo sul futuro della Polonia; il nuovo stato, che avrebbe dovuto cedere una<br />
parte dei suoi territori a oriente e ne avrebbe acquistati altri a danno della Germania secondo accordi da<br />
stabilirsi successivamente, avrebbe avuto un unico governo formato da rappresentanti del Comitato di<br />
Lublino e l'ingresso di altri rappresentanti del governo di Londra. Nel giro di tempo più breve si sarebbe<br />
quindi dovuto procedere a delle consultazioni elettorali per decidere il suo assetto definitivo. Analogamente<br />
veniva riconosciuto il governo di Tito a Belgrado con la esplicita raccomandazione di un allargamento ad<br />
esponenti non comunisti.<br />
Altre due importanti questioni che vennero dibattute furono un nuovo regime <strong>degli</strong> Stretti del Mar Nero, più<br />
favorevole all'Unione Sovietica rispetto al trattato di Montreux del 1936, e la costituzione delle Nazioni<br />
Unite sui quali le parti non ebbero difficoltà a raggiungere un accordo. Alla conferenza vennero anche<br />
discusse questioni extraeuropee, e stabilito un principio che costituiva un regresso in fatto dei diritti dei<br />
popoli. L'Unione Sovietica richiedeva e otteneva la restaurazione dei suoi antichi privilegi sulla Cina (basi<br />
navali e ferrovie della Manciuria) in un momento in cui le tutte le nazioni occidentali stavano rinunciando<br />
già da tempo alla imposizione di limitazioni alla sovranità cinese. A fronte di questa concessione l'URSS si<br />
impegnava a entrare in guerra contro il Giappone entro sei mesi dalla conclusione del conflitto in Europa.<br />
Non essendo stata perfezionata l'arma atomica lo stato maggiore americano riteneva che la guerra contro la<br />
grande potenza asiatica sarebbe stata difficile e notevolmente onerosa come vite umane.<br />
L'unico punto sul quale non si raggiunse l'accordo fu la questione delle riparazioni tedesche; i sovietici<br />
richiedevano venti miliardi di dollari, ma Churchill obbiettò che tale cifra avrebbe causato il collasso della<br />
Germania, e che, secondo una affermazione rimasta celebre, "se si vuole che il cavallo tiri il carretto,<br />
occorre dargli il fieno".<br />
La parte più importante <strong>degli</strong> accordi di Yalta fu comunque la Dichiarazione sull'Europa liberata, con la<br />
quale si stabilivano principi importantissimi per la vita democratica del continente. In essa si stabiliva una<br />
politica comune al fine di "aiutare i popoli d'Europa liberi dalla dominazione della Germania nazista, e i<br />
popoli <strong>degli</strong> Stati satelliti dell'Asse, a risolvere con mezzi democratici i loro problemi politici ed economici<br />
più importanti" il futuro del continente sarebbe stato realizzato in base ai principi della Carta Atlantica:<br />
"diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere - restaurazione dei<br />
diritti sovrani e di autogoverno in favore dei popoli che ne sono stati privati dalle potenze aggreditrici"<br />
pertanto si stabiliva di: a) creare condizioni di pace interna; b) prendere misure di urgenza destinate a<br />
soccorrere i popoli in miseria; c) costituire delle autorità di governo provvisorie largamente rappresentative<br />
di tutti gli elementi democratici di queste popolazioni, e che si impegneranno a stabilire, non appena<br />
possibile, con libere elezioni, dei governi che saranno l'espressione della volontà popolare; d) facilitare<br />
dovunque sarà necessario tali elezioni". Alla chiusura della conferenza il britannico Time scrisse: "tutti i<br />
dubbi che potevano sussistere sulla possibilità che i Tre Grandi fossero in grado di cooperare in pace come<br />
avevano cooperato in guerra sono spazzati via per sempre".<br />
La conferenza di Yalta non stabilì quindi la spartizione del continente europeo e del mondo intero in sfere<br />
d'influenza come spesso è stato scritto, tuttavia si ebbero delle ambiguità che nel futuro non tardarono a<br />
manifestarsi. A suo modo Stalin aveva saputo dare prova di una certa moderazione, in particolare sulla<br />
questione greca e jugoslava, così come aveva consigliato i partiti comunisti italiano e francese di astenersi da<br />
22
tentativi insurrezionali, ma per i sovietici gli accordi con le potenze occidentali erano all'insegna del do ut<br />
des, mentre per gli americani il rispetto della volontà dei popoli costituiva un principio inalienabile che non<br />
poteva costituire oggetto di scambio.<br />
L'entusiasmo suscitato dalla conferenza fu di brevissima durata nelle settimane successive si ebbero una serie<br />
di episodi gravissimi. Il presidente americano Truman ricorda nelle sue memorie che in Bulgaria subito dopo<br />
la conclusione <strong>degli</strong> storici accordi si ebbe una ondata di arresti contro l'opposizione, mentre in Romania "I<br />
russi dirigevano la Commissione di controllo alleato, senza consultare i membri inglese e americano. Il<br />
Governo era un governo di minoranza, dominato dal partito comunista che, a dire del generale [il<br />
comandante americano Schuyler] non rappresentava nemmeno il dieci per cento della popolazione romena.<br />
La vasta maggioranza del popolo romeno, egli diceva, non era soddisfatta dal Governo, né di qualsiasi altra<br />
forma di comunismo... Dal lato economico, la Romania veniva strettamente legata allo stato russo, tramite<br />
pagamenti in conto riparazioni, con il trasferimento di proprietà che i russi dichiaravano essere state dei<br />
tedeschi, e con la requisizione delle attrezzature industriali come trofei di guerra. Per di più, la Romania<br />
veniva quasi del tutto tagliata fuori dai rapporti commerciali con le altre nazioni, e questo la costringeva a<br />
dipendere sempre più dalla Russia". Nello stesso periodo in Polonia l'esercito sovietico riuscì con l'inganno<br />
ad arrestare tutti i principali comandanti dell'Armia Krajova, la principale formazione polacca antinazista. In<br />
Cecoslovacchia e in Ungheria la situazione per un certo periodo rimase più tranquilla, mentre in Jugoslavia i<br />
titoini con facilità ottennero il potere (qui con il consenso popolare) mentre un altro gravissimo episodio<br />
avvenne all'indomani della capitolazione delle truppe tedesche in Italia, l'occupazione di Trieste e Pola da<br />
parte dell'esercito jugoslavo.<br />
Successivamente a tali episodi Roosevelt (ormai in fin di vita) inviò dei messaggi di protesta a Stalin, e<br />
Churchill richiese con insistenza agli americani che i loro eserciti occupassero Berlino, Vienna e Praga<br />
ancora raggiungibili, ma Truman e Eisenhower non ne vollero sapere, ed anzi successivamente venne decisa<br />
in maniera tempestiva la smobilitazione dell'esercito americano.<br />
Prima dell'apertura della successiva conferenza di Potsdam, il governo sovietico stabilì senza consultazioni<br />
che i territori tedeschi a est dei fiumi Oder e Neisse (il corso più occidentale fra i due fiumi che portavano<br />
questo nome) venissero sottoposti all'amministrazione polacca; ormai il mondo si avvicinava a tappe forzate<br />
verso la guerra fredda.<br />
Gli avvenimenti del 1945 ci pongono l'interrogativo se la politica sovietica fosse ispirata da preoccupazioni<br />
sulla sicurezza delle sue frontiere occidentali che nel corso di questo secolo sono state due volte violate dalla<br />
Germania con gravissime conseguenze, ovvero dallo stato d'inferiorità dello stato sovietico rispetto agli Stati<br />
Uniti, che come noto uscirono con il loro potenziale industriale intatto alla fine della guerra. Entrambe le<br />
ipotesi presentano delle incongruenze; molte delle richieste sovietiche del periodo successivo in Turchia, in<br />
Iran, e sul futuro delle ex colonie italiane non avevano nulla a che vedere con ragioni di sicurezza della patria<br />
del socialismo, né l'URSS cercò di concludere <strong>degli</strong> accordi con gli stati europei in materia di collaborazione<br />
e sicurezza, nonostante che in quegli anni le sinistre fossero al potere in diversi stati.<br />
8. LA FINE<br />
Mentre i Grandi attendono la chiusura della guerra con la mente al “dopo”, in Italia la Quinta Armata risale<br />
con rapidamente la Penisola scacciando, grazie alla grande partecipazione popolare e al movimento della<br />
Resistenza, l’esercito nazifascista verso il Nord d’Italia. E’ inutile qui ricordare le nefandezze di si coprirono<br />
molti reparti tedeschi colpendo con inumana ferocia le popolazioni civili e i selvaggi rastrellamenti che<br />
dettero contro gli israeliti italiani. Gli scioperi di Torino (18 aprile) l’insurrezione di Bologna (18 aprile), la<br />
liberazione partigiana di Modena (21 aprile) accelerarono la ritirata delle truppe tedesche. Il 23 aprile<br />
CNLAI (Comitato nazionale di liberazione Alta Italia) ordina l’insurrezione nazionale. L’esercito tedesco<br />
attaccato ovunque è costretto alla resa o alla fuga. Il 23 Genova insorge. Il 24 forze partigiane liberano La<br />
Spezia; nello stesse ore Milano insorge: è libera il giorno dopo. Il 25 è la volta di Torino. La sera del 25<br />
aprile 1945 l’Italia è liberata. Benito Mussolini, capo indiscusso dell’Italia Fascista e massimo responsabile<br />
della tragedia bellica italiana, travestito da caporale tedesco, tenta la fuga verso la neutrale Svizzera ma, il 27<br />
aprile, viene riconosciuto da un presidio partigiano ed arrestato: il 28 sarà giustiziato. Nel frattempo un<br />
gruppo di antinazisti tedeschi occupano Radio Monaco ed invitano le truppe tedesche alla resa. Il 29 i<br />
comandi tedeschi in Italia firmano la resa. Il 30 aprile Berlino cade per mano russa. Nella notte Hitler finisce<br />
suicida nel bunker della Cancelleria come la gran parte dei suoi gerarchi. Termina così l’avventura folle di<br />
un uomo e di un popolo che per momento ritenne di sostituirsi a Dio.<br />
23
9. L’ALBA DEL 26 APRILE 1945<br />
Una situazione, per certi aspetti simile a quella che nel 1861 si affacciò all’Italia unificata, con una somma di<br />
problemi incommensurabilmente più ampi e contemporaneamente urgenti, si presentava all’Italia all’alba del<br />
26 aprile 1945, quando tutto il territorio tornava ad una sola amministrazione. Bisognava innanzitutto<br />
sgombrare le macerie, e non soltanto quelle materiali, di una guerra prolun-gatasi quasi cinque anni, e<br />
raccogliere la pesante eredità di un ventennio di assenza della democrazia. L’inventario sommario di questa<br />
eredità era grave: il patrimonio nazionale (stimato 700 miliardi di lire nel 1938) poteva giudicarsi ridotto di<br />
quasi un terzo per le distruzioni, danneggiamenti, consumo scorte e contrazione di efficienza produttiva.<br />
*<br />
La fine della guerra segna l’inizio di una nuova fase nella storia d’Italia: quella del-la lotta fra i partiti per<br />
il potere. Essa caratterizzerà le vicende politiche dei tre anni dal ’45 al ’48. Io analizzerò di questi anni solo<br />
i primi due che condurranno questa nostra “Patria sì bella e perduta” a ritrovare le proprie forze per<br />
risollevarsi, darsi un nuovo governo e soprattutto far rinascere dalle ceneri di una monarchia devastante e<br />
collusa col potere fascista una nuova grande speranza che si raccoglieva attorno ad una nuova e<br />
universalmente più rappresentativa: la Repubblica.<br />
*<br />
10. DIFFICILI EQUILIBRI DOPO LA LIBERAZIONE<br />
Alla fine della guerra l’Italia si trovò di fronte ai seguenti maggiori problemi: in primo luogo vi era la grave<br />
situazione economica; in secondo luogo vi era l’eredità della divisione politica e militare del paese durante il<br />
periodo della Resistenza (l’Italia del Nord aveva sviluppato al massimo il movimento di lotta contro il<br />
nazifascismo e si trovava, complessivamente, nel valutare le esigenze di rinnovamento del paese, su<br />
posizioni più radicali e progressiste che non l’Italia del sud; quest’ultima invece, dove la mancanza della<br />
lotta armata e la presenza della monarchia e del governo avevano assicurato la “continuità” delle vecchie<br />
strutture dello Stato, era rimasta chiusa in orizzonti più conservatori e moderati); in terzo luogo, vi era la<br />
realtà dei partiti antifascisti con le loro organizzazioni in via di consolidamento, i quali non erano ancora in<br />
grado, in assenza di elezioni generali, di conoscere i reciproci rapporti di forza e quindi gli orientamenti di<br />
fondo del Paese. Infine, esistevano le forze militari alleate, con un loro peso assai rilevante in quanto esse<br />
non soltanto rappresentavano l’unico organismo in grado di provvedere ai primi necessari aiuti ad una<br />
popolazione in miseria, ma sorvegliavano accuratamente gli sviluppi politici della situazione italiana con non<br />
nascoste inclinazioni per le forze più moderate e una netta ostilità verso i partiti della Sinistra. L’influenza<br />
dell’Amministrazione militare alleata (A.M.G.) divenne immediatamente un elemento imprescindibile per le<br />
forze politiche, tanto più che le truppe anglo-americane diventarono subito una garanzia per i partiti di Destra<br />
e di Centro.<br />
Da un punto di vista economico l’Italia del ‘45 si trovava in condizioni che, pur essendo di gran lunga<br />
migliori di quelle di molti altri paesi europei (ad esempio la Germania o la Polonia), erano di per se stesse<br />
quanto mai pesanti. Le distruzioni belliche avevano portato alla perdita di circa il 20% del patrimonio<br />
nazionale. L’industria si era nella maggior parte salvata (solo l’8% andò perduto a causa <strong>degli</strong> eventi bellici)<br />
anche se, rispetto al 1939 (inizio della guerra) la capacità produttiva era scesa del 30% circa. L’agricoltura<br />
subì una profonda flessione dovuta sia agli avvenimenti bellici sia alla insufficiente concimazione, si<br />
immagini che il raccolto del grano nel 1938 fu pari a 81,838 milioni di quintali e, nel 1945, scese a 41,766<br />
milioni di quintali. Complessivamente la produzione scese del 63,3%. Altrettanto pesante fu il calo della<br />
zootecnia nazionale. Di fronte a questi numeri, come è ovvio, fu impossibile garantire all’intera popolazione<br />
un alimentazione anche minima. Altrettanto pesante furono i danni subiti dal patrimonio edilizio (circa il<br />
10%) concentrato quasi totalmente nei grandi centri urbani e le vie di comunicazione. Ciò condusse il paese<br />
a dare grande importanza agli aiuti forniti dagli alleati con evidenti conseguenze politiche. Intanto i prezzi<br />
erano saliti, rispetto al 1939, del 20% circa. Il numero dei disoccupati, circa 1.700.000 unità, andarono a<br />
costituire un problema sociale di difficile soluzione; il salario, rispetto sempre al 1939, nel 1945 si era<br />
dimezzato.<br />
24
Avvenuta la liberazione il capo del governo Bonomi, il 12 giugno ’45, rimise il suo mandato nelle mani del<br />
luogotenente che, immediatamente, iniziò le consultazioni. Il nuovo governo doveva, in qualche modo,<br />
rispecchiare tutte le compagini politiche che avevano partecipato alla rinascita politica del paese. Fatte<br />
cadere le candidature di Pietro Nenni (Partito Socialista) e di Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana che<br />
si ispirava al Partito Popolare di don Sturzo e la cui ideologia era interclassista e si presentava agli elettori<br />
come un partito deciso ad affrontare la questione agraria ed il controllo sociale della produzione pur<br />
garantendo la proprietà privata. Trovava ovviamente il favore del mondo cattolico, del clero e del Vaticano)<br />
per mancato accordo tra le parti politiche, fu designato il leader e fondatore, nel 1942, del Partito d’Azione<br />
ed ex capo supremo delle forze partigiane: Ferruccio Parri (con Pietro Nenni vice presidente, Palmiro<br />
Togliatti alla Giustizia e Alcide De Gasperi agli Esteri fu costituito un governo di coalizione). Ben presto<br />
Parri si trovò a combattere i gravi disagi sociali (la liberazione del nord e la conclusione della guerra avevano<br />
improvvisamente reinserito nella vita civile masse di partigiani, di reduci e di ex deportati nei campi di<br />
concentramento tedeschi. La situazione che queste centinaia di migliaia di individui trovavano era delle più<br />
scoraggianti. Distruzione, rovine, famiglie e parentele disperse dalla guerra, povertà e quasi assoluta<br />
mancanza di aiuto e di assistenza da parte dello stato) e la profonda crisi economica (date le distruzioni<br />
subite e le condizioni di bancarotta finanziaria in cui lo stato si trovava, era irragionevole attendersi che in<br />
breve tempo l’economia potesse in qualche modo risanare e reinserire nel mondo del lavoro i milioni di<br />
disoccupati), oltre ai gravi fatti di sollevazione tendenti alla separazione della Sicilia. Fatti, quest’ultimi, che<br />
aspiravano a spezzare l’unità nazionale e mantenere nell’isola gli antichi privilegi dei ceti prevalenti e<br />
concussi con la mafia agricola. Il governo Parri affrontò l’emergenza economica con progetti miranti a<br />
sostenere la piccola e media impresa (nascono le società a responsabilità limitata) e sfavorendo le grandi<br />
imprese industriali con un aumento della tassazione. L’azione di governo fu ostacolata dai partiti di centro<br />
destra che la giudicavano troppo sbilanciata a sinistra così, il 24 novembre del 45, il governo, non più<br />
sostenuto dalle forze politiche moderate, cadde.<br />
Il giorno stesso delle sue dimissioni, Parri convoca in una conferenza stampa i rappresentanti dei giornali<br />
esteri a Roma e denuncia, così, i fatti che hanno condotto il suo governo a rassegnare le di-missioni “la<br />
quinta colonna all’interno del suo governo (leggi democristiani e liberali), dopo avere sistematicamente<br />
minato la sua posizione, si accingeva, ora che aveva ottenuto il proprio scopo, a restituire il potere a quelle<br />
forze politiche e sociali che avevano formato la base del regime fascista”. Di fatto, anche se il giudizio di<br />
Parri appare forte ed intransigente nei confronti di quelle forze causa della sua caduta, l’accusa non è priva di<br />
fondamento se si tiene presente che nei mesi e negli anni successivi l’iniziativa politica in Italia andrà alle<br />
forze moderate e conservatrici.<br />
11. IL PRIMO GOVERNO DE GASPERI<br />
Alcide De Gasperi, capo carismatico della Democrazia Cristiana, sale alla guida del governo nel dicembre<br />
del ‘45 (con Togliatti alla Giustizia), sarà l’ultimo a realizzarsi col concorso di tutti e sei i partiti del CNL..<br />
L’azione del nuovo governo si sviluppò su tre direttrici fondamentali: il ripristino della vecchia burocrazia<br />
centrale (furono sollevati dagli incarichi i prefetti e i questori nominati dal CNL), l’amnistia per molti reati<br />
politici <strong>degli</strong> ex-fascisti e, infine, l’economia finanziaria e mone-taria. L’azione moderata del governo<br />
contribuì ad un riavvicinamento con gli Alleati che permisero più ampi aiuti dell’UNRRA.<br />
11.1 DALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL MARZO-APRILE 1946<br />
AL REFERENDUM ISTITUZIONALE<br />
Un momento importantissimo del governo De Gasperi furono le elezioni amministrative svoltesi per la<br />
maggior parte nel marzo-aprile del 1946, che rinnovarono gli organismi municipali e provinciali. Trattandosi<br />
delle prime elezioni dopo il crollo del fascismo, esse diedero la prima immagine del consenso a ciascun<br />
partito. I risultati misero in luce che le Sinistre avevano le loro roccaforti nell’Italia centrale e nell’Italia<br />
nord-occidentale (il triangolo industriale). Mentre nell’Italia nord-orientale dominava la Democrazia<br />
cristiana. Infine, nel sud, democristiani e socialcomunisti prevalevano a seconda delle zone. Era comunque<br />
nel Sud che le forze moderate avevano le loro sacche più forti. Ai notabili liberali e ai monarchici si<br />
aggiungeva il movimento lanciato dal giornalista Giannini, l’Uomo qualunque (da qui il nome<br />
25
qualunquismo), coacervo di moderati piccoli borghesi con chiare venature neofasciste, che ebbe notevole<br />
successo a Roma. Le elezioni dimostrarono che i partiti di massa erano tre soli: DC, PCI, PSIUP.<br />
Partito<br />
Numero delle<br />
Amministrazioni<br />
comunali assegnate<br />
Democrazia Cristiana 2534<br />
Socialcomunisti 2289<br />
Liberali 100<br />
Democrazia del Lavoro 69<br />
Repubblicani 38<br />
Uomo Qualunque 23<br />
Partito d’Azione 9<br />
Ma gli avvenimenti più caratterizzanti il governo De Gasperi furono le elezioni per l’Assemblea Costituente,<br />
la quale avrebbe dovuto redigere la nuova costituzione e il referendum istituzionale per la scelta della forma<br />
repubblicana o monarchica dello Stato. Le Sinistre chiesero che fosse direttamente l’Assemblea a decidere<br />
l’assetto istituzionale mentre i monarchici, certi del favore popolare, imposero la scelta referendaria anche<br />
perché su questa scelta si erano, nel frattempo, schierati favorevolmente i governi alleati. Così, il 2 giugno<br />
1946, furono indette contemporanea-mente sia le elezioni politiche che il referendum istituzionale.<br />
RISULTATI DELLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2 GIUGNO 1946<br />
Partito Voti percentuale Seggi su<br />
556 seggi<br />
Democrazia Cristiana 8.101.004 35,2 207<br />
Partito Socialista PSIUP 4.758.129 20,7 115<br />
Partito Comunista Italiano 4.356.686 19,0 104<br />
Partito Liberale 1.560.638 6,8 41<br />
L’Uomo Qualunque 1.211.956 5,3 30<br />
Partito Repubblicano 1.003.007 4,4 23<br />
Partito d’Azione 334.748 1,5 7<br />
Indubbiamente alla vittoria democristiana contribuì notevolmente l’influenza si larghi strati popolari della<br />
Chiesa, schieratasi in modo massiccio per la DC. Il papa, Pio XII, parlò, in termini di crociata, di scelta fra<br />
“ultramillenaria civiltà” e “Stato materialista, senza ideale ultraterreno, senza religione, senza Dio. Di<br />
questi due casi si avverrà l’uno o l’altro secondo che dalle urne usciranno vittoriosi i nomi dei campioni<br />
ovvero dei distruttori della civiltà cristiana”.<br />
Re Vittorio Emanuele III (ormai inviso agli stessi monarchici per la sua collusione con il fasci-smo) il 9<br />
maggio abdicava a favore del figlio Umberto II che assunse il ruolo di Luogotenente generale del regno<br />
(periodo della Luogotenenza 9 maggio-13 giugno 1946). La mossa del re per sgombrare il campo dalla sua<br />
persona e favorire in tal modo l’esito referendario non riuscì e, il 2 giugno, con voto a suffragio universale il<br />
popolo italiano decise per la repubblica.<br />
RISULTATI DEL REFERENDUM ISTITUZIONALE<br />
Monarchia Voti :10.718.502 Pari al 47,7 %<br />
Repubblica Voti: 12.718.641 Pari al 53,3 %<br />
26
Da parte dei monarchici vi furono accuse di brogli elettorali e contestazioni procedurali. Ma nessuna di<br />
queste obiezioni poteva gettare alcun serio dubbio sul risultato definitivo. Al re Umberto non restava altra<br />
scelta che chinarsi al volere del popolo e, così come si era impegnato a fare, a lasciare il paese; partì da<br />
Roma in aereo il 13 giugno, ritirandosi a Cascais nel Portogallo. Terminava così il suo regno, durato poco<br />
più di un mese, e tutti i suoi poteri venivano assunti provvisoriamente dal primo ministro De Gasperi.<br />
Il 25 giugno venne eletto quale presidente provvisorio della Repubblica Italiana il liberale Enrico De<br />
Nicola. Uno dei primi obiettivi del nuovo stato italiano fu quello di stipulare un trattato di pace con gli<br />
alleati. Dopo difficili trattative (durante le quali gli alleati non consentirono praticamente nessuna<br />
discussione) il Governo Italiano accettò con consapevole e dignitosa fermezza le condizioni di pace e<br />
sottoscrissero il trattato di Parigi. In conseguenza del trattato di pace l’Italia fu costretta a cedere alla Francia<br />
una piccola zona di confine; alla Grecia l’isola di Rodi; alla Jugoslavia quasi tutta l’Istria e parte della<br />
Venezia Giulia. Per quanto riguarda il nostro confine orientale è da notare che venne creato il cosiddetto<br />
Territorio Libero di Trieste, diviso in zona A, occupato dagli Anglo-americani e comprendente la zona di<br />
Trieste, e zona B occupata dagli jugoslavi comprendente l’Istria settentrionale.<br />
Mentre il primo presidente eletto dalle Camere dopo la nascita della Costituzione fu Luigi Einaudi (11<br />
maggio 1948) che, nel 1941 fu con Artiero Spinelli e Guido Rossi, tra i firmatari del Manifesto di Ventotene<br />
in cui auspicavano la nascita, su basi federaliste, di una nuova Europa solidale e senza frontiere.<br />
Nel luglio 1946 De Gasperi dà vita al suo secondo governo, nel contempo l’Assemblea Costituente iniziava i<br />
suoi lavori. Nel frattempo la frattura tra le due potenze (Stati Uniti e U.R.S.S.) divenne insanabile (guerra<br />
fredda) e le conseguenze presero a delinearsi e riflettersi sul mondo politico italiano. L’Assemblea<br />
Costituente incontrò grandi difficoltà a ratificare, nella nuova Costituzione, il Concordato tra lo Stato fascista<br />
e la Chiesa e nel contempo gli Stati Uniti presero a premere affinché le scelte politiche italiane fossero<br />
indirizzate a garantire gli interessi propri e dei loro allea-ti, minacciando la cessazione di aiuti economici e<br />
finanziari. Effettivamente nel decennio della guerra fredda (1945-55), il conflitto che spezzerà il mondo in<br />
due blocchi contrapposti, si riproduce all’interno di ciascun blocco in forme degenerative della lotta politica.<br />
Nell’universo sovietico qualsiasi manifestazione di dissenso, anche la più prudente, viene soffocata e<br />
criminalizzata: i dissidenti sono imprigionati ed inviati nei gulag (ricordo a riguardo il famoso romanzo<br />
“L’Arcipelago Gulag” di Aleksandr Isaevic Solzenicyn) ovvero in campi di lavoro (voluti dallo stesso<br />
Stalin), non sostanzialmente diversi dai lager nazisti.<br />
12. LA STAGIONE NEOREALISTA<br />
Il Neorealismo è la tendenza a rappresentare la realtà in modo realistico, con i suoi problemi e le sue<br />
ingiustizie. Questa tendenza nasce da un nuovo impegno che incomincia a manifestarsi già verso il 1930<br />
come opposizione alla cultura fascista dominante e come superamento dei temi tipici del Decadentismo. Gli<br />
scrittori neorealisti rappresentano le condizioni di vita della parte più povera ed emarginata della popolazione<br />
italiana, ma essi credono che l'impegno politico e sociale possa cambiare le cose e costruire una nazione più<br />
democratica e più giusta. I neorealisti vogliono che le loro opere possano essere lette anche dal popolo e<br />
anche per questo adottano un linguaggio semplice e diretto che spesso ricalca la lingua quotidiana. Gli anni<br />
di maggiore affermazione del Neorealismo sono quelli che vanno dal 1943 al 1950. I temi più frequenti nelle<br />
opere neorealiste sono la lotta dei partigiani, le rivendicazioni <strong>degli</strong> operai e la rivolta dei contadini. Molti<br />
sono gli scrittori importanti che in quegli anni hanno sentito l'influenza delle idee neorealiste. E' tuttavia<br />
nell'immediato dopoguerra che la splendida e breve stagione del neorealismo si apre con il film Roma città<br />
aperta di Roberto Rossellini che vedremo in seguito in forma dettagliata. In generale, il neorealismo non si<br />
può considerare una vera e propria scuola né una corrente, ed ha avuto una vita molto breve, ma ha lasciato<br />
delle tracce molto profonde nella cultura italiana e mondiale. Non furono molti neppure gli autori: i "grandi"<br />
Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Cesare Zavattini; poi Alberto Lattuada, Luigi<br />
Zampa, Renato Castellani, Giuseppe De Santis, Luigi Comencini. In ogni caso, da allora in poi, tutto il<br />
cinema di tipo realista ha dovuto fare i conti con il neorealismo.<br />
.Il Neorealismo fu, dunque, il tentativo di contrapporre polemicamente al vecchio stato d’animo d'angoscia<br />
esistenziale un atteggiamento di fiducia nel mondo e negli uomini; ai vecchi contenuti individualisti altri<br />
contenuti democratici, prendendo a soggetti uomini e fatti della storia che si stava vivendo: operai, contadini,<br />
partigiani, "sciuscià", con la loro vita e le loro lotte: scioperi, occupazioni di terre incolte, miseria. Tale<br />
materia, però, doveva essere rappresentata con nuovi modi espressivi, cercando un linguaggio alquanto più<br />
27
vicino al parlato, in modo tale da essere capito dai lettori, anche non letterati, utilizzando a volte anche il<br />
dialetto.<br />
I film sorti tra l’immediato dopoguerra e la metà circa <strong>degli</strong> anni cinquanta sono contrassegnati:<br />
• Da un nuovo modo di rappresentazione della realtà popolare, che è riportata sulla<br />
pagina e sullo schermo quasi in presa diretta.<br />
• Dall’impegno politico dell’autore, scrittore o regista che sia, ma soprattutto dalla<br />
sua fiducia nello spirito popolare e nei valori collettivi.<br />
• Da un linguaggio di tipo medio utilizzato in prima persona, che sembra essere la<br />
voce del popolo che racconta se stesso e i fatti cui partecipano.<br />
*<br />
Come abbiamo detto è con il film "Roma città aperta", che esplode la splendida, anche se breve, stagione del<br />
Neorealismo Italiano.<br />
Il film "Roma città aperta" è una specie di manifesto del Neorealismo. La visione del film si rivela utile sia<br />
come documento storico, sia per la ricostruzione del contesto socio-politico dell’anno in cui fu realizzato.<br />
Rossellini, anche se ancora giovane, si rivela un gran regista, perché la macchina da presa mostra con<br />
semplicità il volto terribile della guerra e dell’oppressione, con toni molto drammatici. Ne è un esempio la<br />
sequenza con la quale si conclude il film: un gruppo di bambini assiste alla fucilazione di Don Pietro e, dopo<br />
qualche attimo di sgomento, si avvia verso la città devastata, ritornando quindi alla tragica quotidianità.<br />
Le vicende si svolgono nel 1944, durante i nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, che era stata<br />
dichiarata "città aperta", quindi non avrebbe dovuto essere obiettivo dei belligeranti. La storia, coma viene<br />
detto in apertura, è immaginaria, ma è ispirata a fatti del tutto reali.<br />
La protagonista è la sora Pina, interpretata da Anna Magnani,<br />
che, vedova con un bambino, è uccisa dai tedeschi proprio alla<br />
vigilia delle sue nuove nozze con Francesco, un tipografo<br />
antifascista. La sua vicenda s'intreccia con altre storie,<br />
soprattutto quella dell’ingegner Manfredi, capo della Resistenza<br />
che, tradito dalla sua donna, sarà fucilato.<br />
A Roma città aperta fece seguito una fioritura che, nel giro di<br />
pochi anni, produsse alcuni tra i più grandi capolavori del<br />
cinema italiano del dopoguerra: Paisà (1946) e Germania anno<br />
zero (1947) dello stesso Rossellini; La terra trema (1948, tratto<br />
dal classico verista I malavoglia di Giovanni Verga) e Bellissima (1951) di Visconti; Sciuscià (1946), Ladri<br />
di biciclette (1949) e Miracolo a Milano (1951) di De Sica, che si avvalse, per le sceneggiature e i soggetti,<br />
della straordinaria collaborazione di Cesare Zavattini; Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis,<br />
melodramma ambientato tra le mondine del Nord Italia, che lanciò Silvana Mangano e Vittorio Gassman, e<br />
In nome della legge (1949, una sorta di western d'ambientazione siciliana) di Pietro Germi.<br />
*<br />
A cominciare dagli anni cinquanta, anche in concomitanza con il mutato clima politico (la vittoria<br />
democristiana del 1948 determina una svolta conservatrice foriera di restaurazione culturale), il Neorealismo<br />
entra in crisi, o vede comunque mutare alcuni suoi connotati. Si fa largo un Cinema che concepisce il<br />
rapporto con la realtà come deformazione caricaturale dei suoi aspetti più pittoreschi e innocuamente<br />
popolari e che trova il proprio sfondo ideale in una provincia dominata dal campanile e da antichi e solidi<br />
valori contadini, appena turbati dall'incedere della modernità. Nasce il cosiddetto Neorealismo rosa o, come<br />
si disse all'epoca, volano gli stracci del Neorealismo. Il Neorealismo non sa reagire a questa involuzione, sia<br />
perché privo di un solido retroterra teorico, sia perché i suoi rappresentanti più significativi come V. De Sica,<br />
R. Rossellini, L. Visconti intraprendono strade diverse, più o meno collegate con l'esperienza neorealista,<br />
alla ricerca di nuovi itinerari artistici ed ideali.<br />
*<br />
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12.1 IL NEOREALISMO: origine e genesi del movimento letterario<br />
Come abbiamo più volte detto, il neorealismo coincide con la letteratura dell'antifascismo, della guerra, della<br />
Resistenza, della sorte postbellica, in quanto revisione e riscatto dei valori morali e civili che la politica<br />
fascista. Non pare quindi possibile limitare il neorealismo ad una semplice questione di poetiche, in quanto<br />
esso ha elaborato un diagramma di richieste che travalicano la frontiera strettamente letteraria per investire la<br />
situazione dell'uomo e dell'intellettuale, e insieme l'avvenire sociale e politico del cittadino. In questo senso il<br />
neorealismo nasceva da una consapevolezza e una responsabilità che imponevano all'arte e in generale alla<br />
cultura un impegno preciso, intendendo farle partecipi di una radicale promozione etica dell'individuo e della<br />
comunità.<br />
Il neorealismo comprende autori, opere e progetti che non si lasciano accomunare in una sola direzione. La<br />
loro provenienza e la loro formazione sono assai diverse e spesso appartengono a culture ed esperienze<br />
antitetiche. Gli anni di fioritura del neorealismo iniziano nel 1929/30, con la pubblicazione di "Gli<br />
Indifferenti" di Alberto Moravia,"Fontamara", di più avanti farò una ampia sintesi letteraria di Ignazio<br />
Silone, "Gente in Aspromonte"di Corrado Alvaro. La distanza e il contrasto fra l'ottimistica Italia ufficiale<br />
del fascismo e la realtà del Paese, sconvolto da drammatici squilibri sociali, economici, culturali, inducevano<br />
sempre più gli scrittori ad abbandonare le evasive esercitazioni di stile e a ritrarre il mondo con la maggior<br />
dose possibile di verità. Grandi autori quali Pavese, Fenoglio, Brancati, Bernari, Calvino, Levi, Rigoni Stern,<br />
Vittorini, Berto, Cassola, Bigiaretti, Bartolini, Viganò contribuirono con le loro opere a diffondere l'influenza<br />
e l'importanza del neorelismo. Verso la metà <strong>degli</strong> anni '50 si andarono però evidenziando i limiti entro i<br />
quali si era mossa l'intera esperienza neorealista e che riguardavano sia la scarsa coscienza stilistica, sia la<br />
generica prospettiva ideologico-politica che non andò mai al di là della vaga proposta di un radicale<br />
cambiamento sociale, privo però di precisi connotati scientifici e storici. L'esaurimento del neorealismo si<br />
registrò già alla metà <strong>degli</strong> anni.<br />
13. LA LETTERATURA DELLA RESISTENZA<br />
Gli anni della Resistenza sono stati altamente significativi non solo sul piano storico, ma anche su quello<br />
letterario, a testimonianza della multiformità di questo evento.<br />
Tuttavia, ci sono alcuni autori che vale assolutamente la pena ricordare, in quanto hanno fuso insieme il<br />
significato più autentico della Resistenza, la partecipazione di tutti gli uomini per un futuro migliore, con<br />
nuove modalità espressive che, come si suol dire, hanno "fatto scuola". Per quanto riguarda il primo aspetto,<br />
dobbiamo dire che la Resistenza ha saputo dare motivazioni fortissime agli intellettuali italiani, i quali sono<br />
finalmente usciti dalla loro turris eburnea, partecipando in molti alla lotta, sia stata ideologica, politica o<br />
armata. Sembra che sia stata colmata quella lacuna che pochi anni prima Gramsci aveva individuato, vale a<br />
dire la mancanza di una cultura nazional-popolare in Italia, che fosse in grado di dare alle masse la possibilità<br />
di comunicare con il mondo delle lettere, e agli intellettuali di rendersi effettivamente utili per il proprio<br />
paese.<br />
Il secondo fenomeno citato, le nuove espressioni, contribuisce a dare forza e vigore ad una tendenza già in<br />
atto, cui è attribuito, come abbiamo visto, il nome di Neorealismo, e che raggruppa diversi autori quali<br />
Bernari, Silone, Jovine, Vittorini, Pavese, Moravia; essi, pur operando nel rigido sistema fascista, riescono<br />
comunque a far trapelare una forte critica nei suoi confronti; potremmo dire che questa è la letteratura della<br />
Resistenza, intendendo con essa la manifestazione letteraria dell’antifascismo politico, latente e sotterraneo,<br />
ma in procinto di esplodere di lì a pochi anni. Accanto ad essa, esiste una letteratura sulla Resistenza, che<br />
tratta esplicitamente dell’esperienza di lotta, in montagna, in città, vista attraverso gli occhi di uomini, donne,<br />
bambini, gente comune, intellettuali, politici e così via. I nomi <strong>degli</strong> autori di opere che toccano entrambi gli<br />
ambiti, quello resistenziale e quello neorealista, sono molti, ma in questa sezione se ne prendono in esame<br />
solo alcuni, i più rappresentativi. Tra questi rientrano il già citato Elio Vittorini, Italo Calvino, Beppe<br />
Fenoglio, Cesare Pavese. Ho riservato a Silone la più ampia sezione, in quanto scrittore più rappresentativo<br />
di un filone, quello del Neorealismo, che ha inciso profondamente, seppure non fosse esente da limiti interni,<br />
sulla storia della letteratura italiana del secondo dopoguerra.<br />
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IGNAZIO SILONE<br />
BREVI CENNI BIOGRAFICI<br />
Ignazio Silone, pseudonimo di Ignazio Tranquilli, nasce il 1° maggio 1900 a Pescina dei Marsi, comune in<br />
provincia dell’Aquila, figlio di una tessitrice e di un piccolo proprietario terriero. Frequenta il seminario di<br />
Pescina e poi il liceo-ginnasio di Reggio Calabria, ma deve abbandonare gli studi in seguito al terremoto<br />
della Marsica, in cui perde i genitori e i fratelli. In quegli anni, intanto, l’Italia partecipa alla Prima guerra<br />
mondiale. Rimasto senza famiglia, Silone va a vivere nel quartiere più povero del comune e comincia a<br />
frequentare la baracca, dove ha sede la Lega dei contadini. Ha inizio, così, il suo apprendistato di militante<br />
rivoluzionario e sotto l’influsso di Lazzaro, incarnazione del cristiano autentico, del "cafone" santo, si pone<br />
quindi dal lato di coloro che hanno fame e sete di giustizia. Questa scelta porta Silone a prendere posizione<br />
contro la vecchia società, perché è disgustato dai soprusi della violenza, dall’ipocrisia e comprende che<br />
l’unica soluzione è quella di schierarsi al loro fianco. Già nel 1917, a soli diciassette anni, aveva inviato<br />
alcuni articoli all’"Avanti", in cui denunciava le indebite appropriazioni di fondi destinati, nel suo paese, alla<br />
ricostruzione dopo il terremoto. Prende anche parte alle proteste contro l’entrata in guerra dell’Italia e viene<br />
processato per aver capeggiato una violenta manifestazione. Finita la guerra, si trasferisce a Roma, dove<br />
entra a far parte della Gioventù socialista, opponendosi al fascismo. Come rappresentante del Partito<br />
Socialista, prende parte, nel 1921, al Congresso di Lione e alla fondazione del Partito Comunista Italiano.<br />
L’anno dopo, i fascisti effettuano la marcia su Roma, mentre Silone diventa direttore del giornale romano<br />
"L’avanguardia" e redattore del giornale triestino "Il Lavoratore". Compie varie missioni all’estero, ma a<br />
motivo delle persecuzioni fasciste, è costretto a vivere nella clandestinità, collaborando con Gramsci. Nel<br />
1926, dopo l’approvazione da parte del Parlamento delle leggi di difesa del regime, vengono sciolti tutti i<br />
partiti politici. In questi anni, per Silone, comincia a profilarsi la crisi e nel 1930 esce dal Partito Comunista<br />
per la sua opposizione alla politica di Stalin. E’ questo il periodo in cui i comunisti italiani si dividono e<br />
Togliatti espelle dal partito alcuni dirigenti, nell’illusione che la rivolta operaia contro il fascismo sia<br />
imminente e destinata alla vittoria. Da questo momento, Silone sarà un socialista cristiano, non più marxista.<br />
In questo periodo, nell’esistenza tormentata dello scrittore, si compie un altro dramma: suo fratello più<br />
giovane, l’ultimo superstite della sua famiglia, viene arrestato nel 1928 con l’accusa di appartenere al Partito<br />
Comunista illegale. Quando il fratello è arrestato, Silone aveva già scelto la via dell’esilio in Svizzera, dove<br />
vi rimane per molti anni. Silone è deciso, ormai, a condurre una vita da "socialista senza partito e cristiano<br />
senza chiesa". In Svizzera, pubblica vari scritti <strong>degli</strong> emigrati, scrive molti articoli e saggi di interesse sul<br />
fascismo italiano e soprattutto il suo romanzo più famoso: Fontamara. Dopo pochi anni esce il romanzo<br />
Vino e pane. La lotta contro il fascismo e lo stalinismo lo portano a una politica attiva e a dirigere il Centro<br />
estero socialista di Zurigo. a diffusione dei documenti elaborati da questo Centro socialista provocano la<br />
reazione dei fascisti, che chiedono l’estradizione di Silone. Nel 1941il nostro atore pubblica Il seme sotto la<br />
neve e pochi anni dopo, terminata la seconda guerra mondiale rientra in Italia, dove aderisce al Partito<br />
Socialista. Dirige poi, "l’Avanti!", fonda "Europa Socialista" e tenta la fusione delle forze socialiste con<br />
l’istituzione di un nuovo partito, ma ottiene solo delusioni, che lo convincono al ritiro della politica. L’anno<br />
successivo dirige la sezione italiana del Movimento internazionale per la libertà della cultura e assume la<br />
direzione della rivista "Tempo Presente". In questi anni per Silone vi è un’intensa attività narrativa. Escono:<br />
Una manciata di more, Il Segreto di Luca e La volpe e le camelie. Nel 1978, dopo una lunga malattia, Silone<br />
muore in una clinica di Ginevra, fulminato da un attacco celebrale. Viene sepolto a Pescina dei Marsi, "ai<br />
piedi del vecchio campanile di San Bernardo", senza epigrafe sulla tomba, come lui volle.<br />
FONTAMARA<br />
Fontamara, pubblicata a Zurigo, in tedesco, nel 1933, è una delle più clamorose opere di questo secolo.<br />
Il romanzo di Ignazio Silone, conosciuto in tutto il mondo, è ignorato in patria per vent’anni.<br />
Narra la storia di un paese della Marsica, scelto come simbolo dell’universo contadino. Nel libro vi è la lotta<br />
di Silone contro l’ingiustizia e gli abusi del potere istituzionale, fra i "cafoni" e i borghesi e la sua funzione<br />
è sia di denuncia per l’oppressione e i soprusi subiti dai contadini abruzzesi, sia di auspicio per la<br />
formazione di una coscienza sociale senza rassegnazioni. Nel racconto, le catastrofi naturali e le ingiustizie<br />
diventano così antiche da sembrare un’eredità dei padri e della terra. Ogni trasformazione tecnologica e<br />
sociale del mondo, oltre il confine di quei monti, viene vista dai "cafoni" di Silone come uno spettacolo da<br />
osservare.<br />
Fontamara diventa la storia corale <strong>degli</strong> emarginati, visti nel momento in cui rifiutano la fissità della loro<br />
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condizione ed entrano in conflitto con la "società <strong>degli</strong> integrati", ossia quella fascista. Il portavoce di questa<br />
nuova coscienza è il "cafone" Berardo Viola, trascinato nella lotta, per raggiungere la fratellanza evangelica.<br />
La sua morte è il sacrificio necessario per propagare la fede e la giustizia che i Fontamaresi raccolgono per<br />
chiedersi insieme "che fare?". Silone nell’introdurre il romanzo dice che racconterà strani fatti che si<br />
svolsero nel corso di un’estate a Fontamara. Fontamara somiglia a ogni villaggio meridionale,che sia un po’<br />
fuori mano, fuori dalle vie del traffico, quindi un po’ più arretrato e misero <strong>degli</strong> altri. Silone ha però dato<br />
questo nome a un antico luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a settentrione del lago di Fucino,<br />
nell’interno di una valle. Allo stesso modo, i contadini poveri, i cafoni, si somigliano in tutti i paesi del<br />
mondo, eppure non si sono ancora visti due poveri in tutto identici. A Fontamara prima veniva la semina,<br />
poi l’insolfatura, poi la mietitura e poi la vendemmia e nessuno avrebbe mai pensato che quell’antico modo<br />
di vivere potesse cambiare. La scala sociale non conosce a Fontamara che due pioli: la condizione dei cafoni<br />
e, un pochino più su, quella dei piccoli proprietari. I più fortunati tra i cafoni di Fontamara possiedono un<br />
asino o a volte un mulo. Arrivati all’autunno, dopo aver pagato i debiti dell’anno precedente, essi devono<br />
cercare in prestito cibo per non morire di fame nell’inverno. L’opera racconta che, nel giugno dell’anno<br />
precedente a quello della pubblicazione del libro, Fontamara rimase per la prima volta senza illuminazione<br />
elettrica, così avvenne nei mesi seguenti, finchè il paese si riabituò al regime del chiaro di luna. I vecchi di<br />
Fontamara sapevano che la luce elettrica e le sigarette erano novità che erano state portate dai piemontesi, e<br />
che, poco dopo, gli stessi piemontesi si erano riprese. La luce elettrica nessuno infatti la pagava, poiché<br />
mancava il denaro e il cursore comunale non si era neppure presentato, come ogni anno, con le fatture e gli<br />
arretrati, fogli che i Fontamaresi usavano per usi domestici. L’ultima volta, che il cursore era andato a<br />
Fontamara, per poco non vi lasciava la pelle. La luce quindi in giugno venne tolta e tutto il paese si<br />
sconvolse, poiché la miseria stava per diventare sempre più nera. Intanto gli uomini si radunarono davanti<br />
alla cantina del paese e videro arrivare verso di loro un forestiero, il Cav. Pelino, con una bicicletta e<br />
pensarono che si trattasse di una nuova tassa. L’uomo spiegò che non si trattava di nuove tasse, ma<br />
servivano solo delle firme da mandare al Governo. Il Cav. Pelino cercò pretesti per discutere, ma i<br />
Fontamaresi non risposero e si burlarono di lui. Lo straniero partì con la sua bicicletta, urlando che il<br />
Governo si sarebbe occupato di loro e che presto avrebbero avuto sue notizie. I Fontamaresi, però, non<br />
fecero caso alle parole del Cav. Pelino, si diedero la buona notte e si avviarono verso casa, mentre Berardo,<br />
uno <strong>degli</strong> amici, continuò il giro del paese. Il giorno dopo, all’alba, tutta Fontamara fu in subbuglio per un<br />
malinteso. All’entrata del paese, sotto una macera di sassi, sgorgava una polla d’acqua, simile a una<br />
pozzanghera, dove i Fontamaresi avevano sempre tratto l’acqua per irrigare i campi che erano la magra<br />
ricchezza del villaggio. La mattina del 2 giugno, i cafoni scesero la collina per andare al lavoro e<br />
s’incontrarono con un gruppo di cantonieri, arrivati a Fontamara con pale e picconi per deviare l’acqua nei<br />
campi del ricco don Carlo Magna. Subito i cafoni pensarono a una burla, poiché gli abitanti del capoluogo<br />
non lasciavano mai passare le occasioni per beffarsi dei Fontamaresi. Un ragazzo tornò allora in paese ad<br />
avvertire gli altri, ma gli uomini erano al lavoro e quindi dovette chiamare le donne. Queste si radunarono e<br />
quando arrivarono dai cantonieri, questi si spaventarono e scapparono. Le donne proseguirono, poi, verso il<br />
capoluogo, dove arrivarono a metà giornata, stanche e impolverate. Intanto, davanti al municipio, le guardie<br />
cominciarono a gridare di non farle entrare, poiché avrebbero solo portato pidocchi. Queste affermazioni<br />
fecero scoppiare risate generali e burla verso le povere donne, addirittura anche la fontana del paese si burlò<br />
di loro e appena si avvicinavano questa smetteva di far scorrere acqua. I carabinieri le accompagnarono poi<br />
a casa del Podestà appena eletto: era l’impresario che era arrivato nel paese da poco e si era impadronito di<br />
ogni affare importante. Arrivati alla villa, la moglie del podestà disse che suo marito era sul cantiere con gli<br />
operai e quindi le donne si diressero là. Ma, arrivate al cantiere, non lo trovarono e allora decisero di andare<br />
da Don Carlo Magna, ma seppero che le sue terre erano anche state acquistate dall’impresario.<br />
Camminarono molto e giunsero di nuovo davanti alla casa dell’impresario, dove vi era in corso un<br />
ricevimento per la nuova nomina a Podestà e chiesero di essere ascoltate circa l’acqua del ruscello. Dopo<br />
varie discussioni il segretario del comune decise che tre quarti dell’acqua dovessero andare ai Fontamaresi e<br />
i rimanenti tre quarti all’impresario. Nei giorni seguenti i cantonieri ripresero i lavori, mentre nessuno<br />
riusciva a capire che proporzione potesse essere quella dei tre quarti e tre quarti. Questa disputa valse<br />
l’onore della visita di Don Abbacchio, il canonico di Fontamara. Arrivò su una biga tirata da un bel cavallo,<br />
che apparteneva all’impresario, e quindi i Fontamaresi capirono che anche il canonico si stava burlando di<br />
loro.<br />
Al tempo dell’irrigazione mancavano ancora molte settimane, ma le zuffe e le discussioni per l’acqua erano<br />
già iniziate. Intanto arrivò la decisione di Berardo Viola, cafone rimasto senza terra, di partire e far fortuna<br />
in America, poiché ormai si riteneva tradito da tutti. L’unico a incoraggiarlo a partire era Don Circostanza,<br />
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antico curato del paese, che pensava che se l’uomo fosse rimasto a Fontamara, sarebbe stato arrestato.<br />
Il giorno della partenza arrivò, ma, a causa di una nuova legge, fu sospesa tutta l’emigrazione e così Berardo<br />
rimase a Fontamara come un cane sciolto e sofferente. Berardo voleva la terra a tutti i costi, gli spettava di<br />
diritto come cafone, ma fu destinato a non averne mai. L’uomo doveva anche sposarsi, ma, non potendo<br />
partire, non osava presentarsi alla fidanzata. Trovò lavoro da bracciante fuori da Fontamara e faticava<br />
parecchio, ma un bel giorno Berardo dovette tornare a Fontamara poiché era stata istituita una nuova tessera<br />
per andare a Roma, di cui era sprovvisto, poiché era a pagamento. L’amarezza di Fontamara aumentò con<br />
l’arrivo di Innocenzo La Legge che assicurò che non si trattava di una nuova tassa, ma era lì per parlare del<br />
Cav. Pelino, che aveva riferito al Governo ogni discorso fatto a Fontamara la sera della sua visita.<br />
Parlò anche dei vari provvedimenti che il governo aveva assunto contro i Fontamaresi e che venivano messi<br />
in pratica dal giorno stesso. Nel paese, intanto, cominciavano le discussioni con Innocenzo La Legge da<br />
parte di Berardo e il vecchio Baldissera. Verso la fine di giugno, si sparse la voce che i rappresentanti dei<br />
cafoni della Marsica stavano per essere convocati ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo<br />
di Roma sulla questione del Fucino, in quell'occasione si doveva discutere sul problema del lago nella<br />
Marsica.<br />
Una domenica mattina arrivò a Fontamara un camion che, gratis, portava i cafoni ad Avezzano ed era<br />
proprio questa mancata richiesta di pagamento che non piaceva ai Fontamaresi, sotto doveva esserci<br />
l’inganno.<br />
Salirono tutti sul camion, portando con sè lo stendardo di San Rocco, ma, a causa di questo, dovettero<br />
discutere all’entrata di Avezzano con un gruppo di giovanotti, che volevano fosse loro consegnato lo<br />
stendardo.<br />
Consegnarono la bandiera ai carabinieri e furono condotti in una grande piazza e fatti sedere in terra.<br />
Dopo un’ora di attesa, dovettero alzarsi in piedi e gridare inni ai podestà, mentre la piazza fu attraversata da<br />
un’automobile, seguita da quattro uomini in bicicletta. Poi furono fatti risedere, ma poco dopo i carabinieri<br />
annunciarono che i cafoni potevano andarsene. Berardo, non persuaso, andò davanti al portone del palazzo<br />
tutto imbandierato e volle parlare con il ministro per levarsi la curiosità di sapere cosa era successo.<br />
Ci furono molte liti con i carabinieri, intervenne infine Don Circostanza, che accompagnò tutti nel palazzo<br />
per parlare con l’impiegato del ministero, poichè il ministo era partito. Seppero che la questione del Fucino<br />
era stata risolta, "come" non si sapeva. I Fontamaresi, usciti dall'ufficio governativo, vennero ancora presi in<br />
giro dai cittadini di Avezzano, ma non ebbero più la forza di reagire e lasciarono perdere.<br />
Arrivarono a Fontamara a notte fonda e poco dopo erano di nuovo in piedi per andare a lavorare i campi.<br />
Intanto nel paese arrivarono dei camion con i militi fascisti che fecero rientrare tutte le donne, bambini e<br />
anziani in casa, portarono via tutte le armi e si scatenarono su una donna, lasciandola in terra rantolante.<br />
Poco dopo uscirono di nuovo in piazza, mentre tornarono dal lavoro gli uomini che vennero interrogati sul<br />
Governo.<br />
Nessuno diede risposte soddisfacenti , ma la fila dei camion andò via. L’indomani mattina la madre di<br />
Berardo cercò suo figlio, che la sera prima non era rincasato. Il narratore di tutta la vicenda afferma quindi<br />
di aver incontrato Berardo dietro al campanile del paese e di avergli comunicato che la madre era in<br />
pensiero per lui. Discussero quindi sul problema di Berardo di trovare terra. Decisero, inoltre, di andare a<br />
parlare con Don Circostanza, da cui erano a credito per un reimpianto di viti, per chiedergli consiglio e aiuto<br />
per trovare un’occupazione in città per il povero Berardo. L’avvocato gli promise aiuto, dopo averli<br />
ingannati con la discussione sulle nuove leggi in vigore, allo scopo di non ridare il denaro ai cafoni.<br />
Berardo, quando uscì dalla casa di Don Circostanza, tornò a sorridere per la prima volta dopo tanto tempo,<br />
credendo alle parole dell’avvocato, che era riuscito ad illuderlo. Intanto nel paese si stava facendo una<br />
colletta per poter far arrivare Don Abbacchio a Fontamara e finalmente poter celebrare la messa.<br />
Vi partecipò anche Berardo, attirato dalla notizia che, durante la messa, ci sarebbe stata la solita predica, che<br />
ormai tutti sapevano ma che riusciva sempre ad attirare tutti i cafoni a messa. Don Abbacchio però ebbe la<br />
malaugurata idea di rimproverare i cafoni per il mancato pagamento delle tasse e questo fece scatenare fra i<br />
cafoni una discussione generale, dopo di chè Don Abbacchio dovette partire. Pochi giorni dopo i cantonieri<br />
finirono di scavare il nuovo letto per il ruscello e giunse l’ora della spartizione dell’acqua fra i cafoni di<br />
Fontamara e l’impresario. Arrivarono sul posto tutte le autorità seguite dai carabinieri e e arrivarono anche i<br />
cafoni, che dovevano nominare un capo fra gli anziani, che guardasse l’operazione e riferisse agli altri.<br />
Purtroppo i Fontamaresi videro che il livello dell’acqua, che avrebbero potuto utilizzare, scendeva sempre di<br />
più e capirono che sotto vi era l’inganno. Don Circostanza, per non far scatenare i cafoni, intervenne e<br />
avanzò una proposta: l’acqua sarebbe tornata ai Fontamaresi dopo dieci lustri, ma nessuno dei cafoni poteva<br />
sapere quanti mesi o anni fossero. Alla spartizione dell’acqua era mancato Berardo e questo i Fontamaresi lo<br />
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considerarono un tradimento, senza sapere che ormai l’uomo pensava solo più ad emigrare e far fortuna in<br />
America.<br />
Il figlio del narratore e Berardodecisero così di partire l’indomani. Partirono la mattina presto e Berardo era<br />
di cattivo umore. Raggiunsero Fossa per prendere il treno per Roma, ma furono raggiunti dalla notizia che<br />
uno dei cafoni di Fontamara era stato impiccato al campanile. I due partirono lo stesso con l’autorizzazione<br />
di Don Abbacchio e a Roma soggiornarono in una locanda indicata sempre dal curato. L’indomani si<br />
presentarono all’ufficio, che doveva mandarli a lavorare in bonifica, ma seppero che ci voleva una tessera<br />
speciale per poter lavorare. Pagarono dunque questa nuova "tassa" e furono iscritti presso l’ufficio di<br />
collocamento, ma questo non bastò, dovevano tornare al loro paese e portare la domanda di lavoro.<br />
Stanchi, ormai, di viaggiare avanti e indietro, si consultarono con un avvocato che era ospite presso la<br />
locanda, dove loro soggiornavano. L’avvocato chiese tutto il denaro che i due cafoni avevano con loro e<br />
inoltre spedì un telegramma a Fontamara per chiedere di mandare a Roma tutto ciò che il padre di Berardo,<br />
ormai morto da anni, potesse mandare, così gli avrebbe trovato lavoro.L’uomo, quando seppe che il padre di<br />
Berardo era morto da anni e che quindi non poteva mandargli niente, si infuriò e andò dai due cafoni.<br />
I poveri uomini, ormai senza soldi, avevano fame e stavano tutto il giorno nella loro camera della locanda a<br />
fissare il soffitto, sperando di essere chiamati a lavorare. Pochi giorni dopo, arrivò una lettera per Berardo<br />
che portava la notizia che a Fontamara gli era morto qualcuno. Furono inoltre mandati via dalla locanda e<br />
l’avvocato non li aiutò nella ricerca del lavoro, poiché da Fontamara non era arrivato niente di quanto<br />
richiesto dal telegramma da lui spedito al padre di Berardo. I due erano deboli per la fame e di tanto in tanto<br />
credevano di cadere per terra, quindi uscirono dalla locanda senza discutere. A pochi passi da lì<br />
incontrarono un giovanotto, che avevano conosciuto ad Avezzano e che offrì loro da mangiare. Intanto a<br />
Roma vi era la caccia al Solito Sconosciuto, un uomo che "metteva in pericolo l’ordine pubblico" con la<br />
fabbricazione e la diffusione della stampa clandestina, con cui denunciava gli scandali e incitava gli operai a<br />
scioperare e i cittadini a disubbidire. Dietro a lui corsero molti poliziotti, ma l’uomo era rimasto<br />
imprendibile. I militi entrarono nell’osteria dove vi erano i cafoni e controllarono i loro documenti, stavano<br />
per uscire, quando videro un pacco abbandonato in terra. I carabinieri presero allora Berardo e il figlio del<br />
narratore e li portarono in prigione. I due cafoni pensarono di essere stati scambiati per ladri e così<br />
cercarono di parlare con il commissario. Dopo alcuni giorni di attesa si costituì dicendo che il Solito<br />
Sconosciuto era lui e che il pacco trovato era suo e che conteneva stampa clandestina. A tutti sembrava<br />
strano che un cafone potesse essere i Solito Sconosciuto e così venne più volte interrogato, come avvenne<br />
per il figlio del narratore e per l’amico di Avezzano. Quest’ultimo fu liberato, mentre per i due cafoni le<br />
pene furono molto crude. Quando Berardo seppe che l’Avezzanese era uscito, decise di parlare e dire cosa<br />
gli aveva confessato il giovane, ma quando seppe dal commissario, tramite i giornali, che Elvira, la sua<br />
fidanzata, era morta, decise di non parlare più. Nella notte Berardo fu ucciso nella sua cella, ma i poliziotti<br />
dissero all’amico che si era ucciso, impiccandosi. I carabinieri dopo avergli fatto firmare numerosi fogli,<br />
lasciarono libero il figlio del narratore che tornò a Fontamara. Intanto i cafoni avevano gièà appreso le<br />
ultime notizie dal Solito Sconosciuto, l’unica che continuava a fare domande e a disperarsi fu la mamma di<br />
Berardo. I Fontamaresi decisero di scrivere allora un giornale con gli appunti lasciati dallo Solito<br />
Sconosciuto e fu intitolato "Che fare?". Bisognava trovare chi andasse a distribuirlo nel paese e anche al di<br />
fuori di Fontamara e questo compito fu dato all’autore ed a altri cafoni, che partirono presto e raggiunsero i<br />
vari paesi indicati, ma mentre si apprestavano a ritornare a Fontamara udirono <strong>degli</strong> spari. Era la guerra a<br />
Fontamara, chi aveva potuto era scappato, gli altri erano morti, da come raccontava un fontamarese<br />
incontrato per strada. Il narratore, il figlio e i pochi cafoni con loro si salvarono nascondendosi nei campi.<br />
Non ebbero più notizie di nessuno, nè del paese, loro vissero all’estero grazie all’aiuto del Solito<br />
Sconosciuto, ma non poterono restarci. Dopo tante pene, lutti, ingiustizie, odio, i cafoni superstiti si<br />
chiedono sempre "Che fare?". La storia dei fontamaresi vuol essere la denuncia dolorosa e forte di una<br />
miseria e di un sopruso sofferti dai poveri cafoni marsicani e in genere dai meridionali sotto il fascismo .<br />
Di questo movimento è evidenziato l'aspetto violento e beffardo, che sfrutta abbondantemente per estendersi<br />
e radicarsi. Dal racconto esce l'immagine di un'umanità primitiva e rozza ma capace di virtù eroiche. Vi è<br />
anche l'aspetto religioso della vicenda: nel saper ritrovare la coerenza con se stessi e nell'aprirsi alla realtà<br />
<strong>degli</strong> altri. L'ambiente, la Marsica, è sempre presente, come un quadro amaro, ritratto in linee dure, che è<br />
parte integrante della vita dei fontamaresi. Un tema importante di questo romanzo è l'ironia, con cui Silone<br />
esprime la contrapposizione tra l'ingenuità dei cafoni e la falsità <strong>degli</strong> altri, la paura di essere presi in giro da<br />
parte dei primi e l'intenzione di ingannare da parte dei secondi. Si sottolinea, anche, l'enormità dei<br />
provvedimenti che arrivano dall'alto, che assumono l'aspetto di beffe.<br />
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IL 1947<br />
Data o<br />
Periodo<br />
10-02 Trattato di Parigi<br />
01-05 Strage di Portella della Ginestra<br />
Maggio De Gasperi estromette le sinistre dal governo<br />
Giugno Viene lanciato il Piano Marshall. Inizio <strong>degli</strong> aiuti<br />
31-07 Ratifica del trattato di pace<br />
Settembre URSS: nasce il Cominform<br />
22-12 Nasce la Costituzione Italiana<br />
14. LA COSTITUZIONE ITALIANA<br />
<strong>Cronologia</strong> <strong>degli</strong> <strong>Avvenimenti</strong><br />
Il 22 dicembre 1947 l’assemblea costituente, che era stata presieduta prima dal socialista Giuseppe Saragat<br />
e poi dal comunista Umberto Terracini, approvò con 453 contro 62 il testo della nuova Costituzione<br />
repubblicana che entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. Carattere emergente del nuovo testo, che eliminava<br />
definitivamente lo statuto albertino, fu l’antifascismo. La nuova Carta espresse una serie di compromessi tra<br />
i principi generali del liberalismo democratico (libertà politiche e civili, la sovranità popolare, la separazione<br />
dei “poteri”) e le istanze sociali avanzate dalla Sinistra e dalla Democrazia Cristiana (diritto al lavoro, tutela<br />
dei lavoratori, diritto di sciopero). Altra caratteristica fondamentale della Costituzione fu il limite imposto<br />
alla tutela della proprietà privata che, per motivi di benessere sociale, poteva essere espropriata<br />
(nazionalizzazioni) dietro indennizzo. Pertanto veniva affermato un principio rivoluzionario, ovvero che la<br />
proprietà privata era riconosciuta non inviolabile. Contemporaneamente si garantiva la tutela e la<br />
diffusione della piccola e media impresa agricola.<br />
Relativamente alle istituzioni parlamentari la Repubblica Italiana riconosceva il suffragio universale<br />
(prevedendo anche, in caso di richiesta di almeno 500.000 firmatari, la possibilità di indire i referendum<br />
abrogativi) ed il bicamerismo: la Camera dei Deputati ed il Senato. Ad entrambe le Assemblee spettava<br />
l’approvazione delle leggi e la concessione o meno della fiducia al governo. Relativamente alle leggi<br />
proposte ed approvate, l’Assemblea Costituente, creò la Corte Costituzionale, un organo che doveva<br />
affermare la conformità delle leggi alla carta. Al governo, in quanto espressione politica data dal voto<br />
popolare, spettava l’indirizzo politico dello Stato. Il governo veniva nominato dal Presidente della<br />
Repubblica ed era costituito dal presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri. Il presidente della<br />
Repubblica era eletto dai due rami del Parlamento in seduta comune e rimaneva in carica 7 anni. Il terzo<br />
potere, il potere giudiziario, veniva riconosciuto autonomo ed indipendente da ogni altro potere.<br />
Infine i rapporti con il Vaticano furono regolati dall’art. 7 che affermava il riconoscimento dello Stato della<br />
Chiesa come ordinamento sovrano e indipendente.<br />
Nell’insieme dunque la costituzione italiana fu anzitutto l’incontro-compromesso fra principi generali di<br />
carattere liberal-democratico e principi “sociali” avanzati dalle Sinistre e dalla DC. Le Sinistre considerarono<br />
la costituzione come una costituzione “democratica” avanzata, dove l’aspetto avanzato stava soprattutto nel<br />
riconoscimento dei diritti dei lavoratori e nella limitazione per ragioni di interesse collettivo del diritto di<br />
proprietà privata e nel ricorso alle nazionalizzazioni. I cattolici dal canto loro videro nel contemperamento<br />
del principio della proprietà con il rispetto delle esigenze “sociali” l’affermazione di una delle critiche<br />
tradizionali rivolte dai loro pensatori sociali agli “eccessi” del grande capitalismo. Allo stesso modo<br />
l’affermazione del principio della diffusione della proprietà apparve loro il riconoscimento della funzione<br />
della piccola e media proprietà, sia contro il grande capitalismo sia contro il collettivismo di stampo marxista<br />
e socialista. La comune volontà di rinnovamento in senso sociale si rispecchiava anzitutto nell’art. 1, che<br />
suonava solennemente, ma anche genericamente, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul<br />
lavoro”.<br />
Una volta varata, la costituzione rimase però, per moltissimi anni, largamente disattesa non soltanto nelle<br />
sue parti “sociali”, ma anche per quanto riguardava innovazioni fondamentali come la costituzione delle<br />
Regioni, perché ad essa si opposero tenacemente i timori delle forze moderate che l’ordinamento regionale<br />
potesse mettere in forse il potere centrale; così rispecchiandosi il sopravvivere tenace della vecchia mentalità<br />
prima liberale e poi fascista in materia di controllo da Roma. In particolare il centralismo burocratico rimase<br />
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una forte remora all’istituirsi di un nuovo rapporto fra lo Stato e le sue articolazioni. Anche le norme sui<br />
diritti personali e sulle libertà civili spesso rimasero disattese o vennero violate, in quanto considerate dai<br />
governanti tali da minacciare la pubblica moralità e il costume, e più in generale da entrare in conflitto con<br />
l’opinione pubblica moderata. In particolare, l’art. 7 diventò a più riprese la copertura per una politica di<br />
discriminazione nei confronti dei cittadini di altre confessioni e di quelli non religiosi. Il risultato in generale<br />
fu che, per molti punti essenziali, la legislazione dell’epoca fascista rimase in vigore contro il dettato<br />
costituzionale.<br />
14.1 DISCORSO DI CALAMANDREI SUL SIGNIFICATO DELL’ART.34 DELLA<br />
COSTITUZIONE<br />
«L’articolo 34 dice: “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi<br />
più alti <strong>degli</strong> studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più<br />
importante, il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al<br />
declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: ”è compito della<br />
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e<br />
l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione<br />
di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. E’ compito della<br />
Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi, dar<br />
lavoro a tutti, dar una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti. Dare a tutti gli uomini dignità di<br />
uomo. Soltanto quando sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art.1:<br />
“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, questa formula corrisponderà alla realtà. Perché fino a<br />
che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e trarre con sicurezza del proprio<br />
lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro,<br />
ma non si potrà chiamare democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto,<br />
in cui ci sia soltanto una eguaglianza di diritto è una democrazia puramente formale…»<br />
15 LA RICOSTRUZIONE<br />
*<br />
Come abbiamo avuto occasione di vedere nei precedenti paragrafi, nel 1945, fine della guerra, la produzione<br />
industriale italiana aveva subito una flessione pari al 29% rispetto al 1938, mentre quella agricolo-zootecnica<br />
era scesa del ben 63,3%. Con un apparato produttivo, dunque, in forte crisi, con un’agricoltura e una<br />
zootecnica impoverite, con un sistema dei trasporti notevolmente danneggiato, nel 1945 lo Stato italiano si<br />
trovava ad affrontare enormi problemi. Le industrie difettavano di capitali da investire e di materie prime da<br />
trasformare; e lo Stato, fiancheggiato da un apparato fiscale che favoriva vistosamente le evasioni delle classi<br />
più abbienti, era in un grave deficit, mentre si imponevano ingenti spese per la ricostruzione.<br />
In questa situazione si presentavano due alternative possibili: che lo Stato assumesse nelle proprie mani il<br />
controllo della ricostruzione, oppure che questa venisse affidata sostanzialmente all’iniziativa privata. Alcuni<br />
importanti elementi favorevoli per l’attuazione della prima linea esistevano. Anzitutto erano disponibili gli<br />
strumenti di controllo che il fascismo aveva messo in atto per le esigenze della politica corporativa e<br />
dell’economia di guerra; questi controlli, svincolati dalle finalità corporative, potevano essere utilizzati<br />
secondo nuove esigenze programmatiche. In secondo luogo, esisteva la base pubblica nel campo sia della<br />
finanza che dell’industria, anche questa eredità della politica d’intervento attuata dal fascismo negli anni ’30<br />
(si tenga presente che lo Stato deteneva nel 1945 il possesso di circa il 90 per cento delle banche e una quota<br />
notevole dell’industria, specie pesante). La legge bancaria del 1936 rendeva possibile allo Stato di operare<br />
una selezione del credito secondo finalità specifiche. Prevalse invece la seconda alternativa. Infatti, la<br />
maggior parte <strong>degli</strong> industriali e <strong>degli</strong> economisti (Luigi Einaudi, Epicarmo Corbino, Del Vecchio, ecc),<br />
questi ultimi tutti di area liberale, preferirono cedere ai privati la ricostruzione temendo che se questa fosse<br />
caduta in mano dello Stato essa poteva diventare uno strumento potentissimo di propaganda e di consenso<br />
per le Sinistre.<br />
La ripresa economica e produttiva nel 1945-46 tardava a venire. Di fronte alle necessità di spesa dello Stato,<br />
che ricorse largamente nonostante i propositi contrari all’emissione di moneta, e all’esigenza di alzare i salari<br />
per adeguarli sia pure parzialmente al rialzo dei prezzi, con consumi crescenti senza che vi fosse una<br />
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corrispondente formazione del risparmio, dopo una prima fase di relativa stabilità dei prezzi, a partire dalla<br />
primavera del 1946 l’inflazione si accelerò pericolosamente, colpendo duramente i lavoratori a reddito fisso,<br />
le classi piccolo-borghesi e impiegatizie comprese. Nel 1946, se un operaio non specializzato vedeva la<br />
propria capacità di acquisto ridotta rispetto al 1938 del 40-50% e uno specializzato del 50-60%, gli<br />
impiegati del settore privato e pubblico risultavano ancora più colpiti con una riduzione rispettivamente del<br />
55-65% e del 65-70%.<br />
L’inverno 1946-47 risultò fortemente negativo, tanto più che gli inizi di ripresa produttiva vennero<br />
gravemente ostacolati da una forte deficienza di combustibili, dovuta ad una crisi nella produzione del<br />
carbone in Gran Bretagna, la maggiore fornitrice dell’Italia. L’allargamento del credito alle industrie, senza<br />
che questo comportasse una risposta sufficientemente valida nella produttività, contribuiva a sua volta<br />
all’accelerazione inflattiva. In queste condizioni, poiché non si intendeva combattere l’inflazione con misure<br />
fiscali sul patrimonio e con il controllo azionario e sui movimenti dei capitali, la pericolosa situazione venne<br />
affrontata con gli strumenti congiunti della svalutazione della lira e della deflazione. Una svolta venne<br />
introdotta con la politica economica di Luigi Einaudi, ministro del Bilancio, attraverso le misure da lui prese<br />
nell’agosto del 1947. Egli si preoccupava, come De Gasperi, di contenere ad ogni costo l’inflazione, anche<br />
per combattere la perdita della capacità d’acquisto <strong>degli</strong> ampi ceti impiegatizi e impedire un loro<br />
spostamento all’estrema sinistra o all’estrema destra. La svalutazione venne voluta perché in tal modo si<br />
sarebbe favorita la riduzione delle importazioni, il rientro di capitali, e il rilancio delle esportazioni. Al fine<br />
di promuovere l’immissione nella produzione delle scorte, accaparrate dagli industriali sotto lo stimolo<br />
dell’inflazione per poi immetterle sul mercato in fase di ulteriore aumento dei prezzi, fu attuata una severa<br />
politica di restrizione dei crediti all’industria e al commercio, secondo una linea deflazionistica. I risultati<br />
non tardarono. Con le restrizioni del credito, le scorte vennero gettate sul mercato contribuendo a frenare la<br />
corsa dei prezzi, e quindi anche la corsa al rialzo dei salari. I prezzi all’ingrosso e al minuto scesero<br />
notevolmente. Intanto la svalutazione promosse il ritorno di capitali, in quanto permetteva appunto di lucrare<br />
nel rientro, che a sua volta consentì investimenti e ripresa delle esportazioni. La svolta “einaudiana” andò di<br />
pari passo con un attacco generalizzato al livello di occupazione, che nel 1948 era ancora assai basso, con<br />
ben 2.142.474 disoccupati su una popolazione di 46 milioni. Alla fine del 1948 la produzione industriale<br />
aveva raggiunto l’89% di quella del 1938; e quella agricola l’84%. La politica congiunta di svalutazione e<br />
deflazione ebbe un importante effetto sulla struttura delle imprese italiane, favorendone la concentrazione,<br />
poiché le aziende meno robuste si trovarono in gravi difficoltà in un periodo di stretta creditizia e quindi di<br />
selettività dei finanziamenti. E’ significativo che l’IRI (<strong>Istituto</strong> per la Ricostruzione Industriale, fondato nel<br />
1933 con l’intento di gestire l’intero patrimonio azionario statale. Con l’IRI controllava banche, imprese<br />
industriali, telefonia,, ecc.) avesse superato la tempesta antistatalista e riprendesse a operare ottenendo nel<br />
1948 notevoli finanziamenti, che dovevano costituire la base per un prossimo rilancio del settore<br />
dell’industria pubblica. In conclusione, la politica liberista alla Einaudi, se ottenne rilevanti risultati rispetto<br />
all’obiettivo di rilanciare l’iniziativa privata e di contrastare una politica di programmazione, non ne ebbe<br />
alcuno per quanto riguardava la limitazione del carattere monopolistico delle concentrazioni finanziarie e<br />
industriali.<br />
In tutta questa fase l’atteggiamento delle Sinistre, pur estromesse nel maggio del 1947 dalla compagine di<br />
governo, fu collaborativo ed improntato su un generale spirito si “solidarietà nazionale” anche perché<br />
l’interesse ad una partecipazione all’interno del governo era certamente maggiore di quella di essere<br />
all’esterno e, quindi, di opposizione. Ma, quando il Coninform denunciò il Piano Marshall come cavallo di<br />
Troia dell’imperialismo statunitense, la posizione cambiò radicalmente.<br />
Il PCI si allineò fortemente ai dettami dell’Unione Sovietica e, nella speranza di poter isolare la DC con<br />
l’accusa d’essere il partito dell’imperialismo americano, definì il piano e la politica economica italiana come<br />
soluzioni “disperate” di un sistema produttivo in crisi involutiva. L’attacco lanciato dalle sinistre mai fu così<br />
intempestivo. Infatti, la rigida politica economica (che portò migliaia di lavoratori fuori dal mercato e quindi<br />
al licenziamento e condusse alla spaccatura del sindacato) voluta e dettata da Einaudi ebbe in quei mesi i<br />
primi importanti risultati di ripresa. La scissione del sindacato indebolì ulteriormente il movimento operaio<br />
che si trovò diviso alla vigilia delle elezioni.<br />
Il ’48 è l’anno chiave in cui si chiude il primo periodo del dopoguerra e si apre, nel segno del moderatismo, il<br />
secondo periodo. Il divorzio fra il testo costituzionale, che ricordiamo entrato in vigore il 1° gennaio dello<br />
stesso anno, notevolmente avanzato sul piano sociale e la politica di ricostruzione. Le scelte della Sinistra, in<br />
parte imposte da Mosca ed in parte dettate per difendersi dagli attacchi provenienti da Washington, si<br />
scontrarono duramente nell’aprile del ’48.<br />
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BIBLIOGRAFIA :<br />
- “Storia della letteratura italiana” , Vol. IX , ED. Garzanti ,pp 687-690 e passim.<br />
- “Letteratura italiana – I contemporanei” , Vol. II , ED. Marzorati , pp 1227 – 1279.<br />
- “Letteratura italiana – I contemporanei” , Vol. III<br />
- “Storia dell’età contemporanea” di Massimo L.Salvadori<br />
- “La seconda guerra mondiale” di A.Petacco<br />
- “Enciclopedia italiana” vol.II-III appendice 1938-48<br />
- “Napoli 1943” di E.Erra<br />
- “Via Tasso” di A.Paladini<br />
- “L’uomo nell’età contemporanea” di R.Fabietti<br />
- “Lettere dei condannati della Resistenza Italiana” AA.VV. – Einaudi ed.<br />
- “L’Italia dalla caduta del fascismo ad oggi” di G.Mammarella – ed.il Mulino<br />
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