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scubazone #5

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uella mattina l’Oceano Atlantico era furente; dovemmo<br />

arrancare per un paio d’ore lungo la costa prima di<br />

riuscire a raggiungere il mare aperto. Un pod di capodogli<br />

intento a nutrirsi era stato avvistato dal vigia, cioè l’osservatore<br />

a terra che, dotato di potente binocolo, scruta<br />

incessantemente la superficie del mare alla ricerca di un<br />

cenno che indichi la presenza delle balene.<br />

Il vigia, arroccato nella torre di avvistamento posta su<br />

un’altura, espleta un ruolo chiave nell’avvistamento dei cetacei.<br />

Un ruolo che ha origine con l’attività di caccia alle<br />

balene perpetrata dall’industria baleniera, attiva sino agli<br />

anni ’90 circa del secolo scorso. Un ruolo immutato nel<br />

tempo, con l’occhio umano a incontrare quello del mare.<br />

Il gommone era equipaggiato da una coppia di potenti<br />

motori fuoribordo e Manuel manovrava l’imbarcazione<br />

con evidente abilità. Dovemmo cavalcare le onde lunghe<br />

atlantiche e quelle impetuose lungo la costa. La situazione<br />

peggiorò quando iniziò a piovere violentemente. Trascorsa<br />

mezzora eravamo inzuppati d’acqua, nonostante indossassimo<br />

le mute da sub e le cerate.<br />

Manuel suggerì di rientrare nel porto più vicino e aspettare<br />

almeno un’ora, così da lasciar scaricare il temporale.<br />

Saggia decisione. Al porticciolo di Porto de Aguada - un<br />

tempo utilizzato dai balenieri - trovammo un ancoraggio<br />

adeguato per il gommone e un semplice pub, frequentato<br />

dai pescatori locali, ove ripararci dalla pioggia incessante.<br />

Come spesso accade nelle piccole isole dislocate in mez-<br />

un moder no<br />

Moby dick<br />

zo all’oceano, lontane dalla terraferma, dopo circa un’ora<br />

il meteo era totalmente cambiato: la superficie del mare<br />

sembrava quasi calma se confrontata a quella precedente,<br />

la foschia e il vapore si erano dileguati, colori brillanti<br />

riflettevano il luccichio dei raggi solari e, soprattutto, il<br />

“nostro” pod di capodogli era ancora lì, sotto la stretta<br />

sorveglianza del vigia. In pochi minuti raggiungemmo gli<br />

animali.<br />

«Respira. Stai calmo. Non precipitarti verso i cetacei perché<br />

se ne andranno via. Muoviti lentamente e intenzionalmente».<br />

Paul, il biologo, mi ripeteva parola per parola<br />

questa cantilena, come un mantra. Era occupato in un<br />

lavoro frenetico: prendeva appunti sul notebook, scattava<br />

fotografie dei capodogli per la foto-identificazione, si<br />

muoveva sul gommone come un animale in gabbia.<br />

Io stavo vivendo un sogno cullato a lungo nella mia mente:<br />

eravamo circondati da un pod di capodogli adulti femmina<br />

e da giovani, che interagivano tranquillamente a pochi<br />

metri dal gommone, sfiorandosi con le enormi teste<br />

e roteando vicino alla superficie. Manuel fermò i motori<br />

e il gommone andò all’abbrivio sulla superficie dell’oceano.<br />

Come sottofondo musicale c’era soltanto il rumore<br />

delle onde e le grida dei gabbiani, interrotte dal potente<br />

respiro dei cetacei, seguite dall’otturatore delle macchine<br />

fotografiche.<br />

Inaspettatamente, l’enorme testone di una femmina adulta<br />

emerse vicinissimo a noi, soltanto a 3 o 4 metri dalla prua<br />

del gommone : il grande corpo era perfettamente verticale<br />

nell’acqua scura, ruotò sul proprio asse e ci scrutò per pochi<br />

secondi con un profondo sguardo prima di immergersi.<br />

Il mio cuore perse alcuni battiti per la sorpresa; non riuscii<br />

a mettere a fuoco e scattare nemmeno una fotografia.<br />

Tutti noi trattenemmo il respiro e rimanemmo senza<br />

parole, consapevoli della nostra fragilità. La balena non<br />

ci lasciò il tempo di riflettere e riemerse fianco a fianco<br />

al gommone, inalò un lungo respiro e si immerse nella<br />

profondità dell’oceano, inarcando la grande schiena e facendo<br />

emergere la potente coda al di sopra della superficie:<br />

una decisa dimostrazione di potenza e magnificenza.<br />

Certamente soddisfacemmo il suo esame: non eravamo<br />

balenieri e nemmeno cibo da mangiare. Non rivestivamo<br />

alcun interesse per lei.<br />

In quell’occasione, maledii la scelta di aver montato un<br />

obiettivo da 300 mm sulla macchina fotografica. Però non<br />

scorderò mai le emozioni vissute quella mattina.<br />

Manuel manovrò il gommone in modo da intercettare la<br />

rotta di un altro capodoglio adulto; a circa 80 metri di distanza,<br />

mi diede il segnale e io scivolai nel mondo acustico<br />

dei mammiferi marini. Non fui in grado di vedere nulla,<br />

ma li percepii chiaramente. Il sistema di ecolocalizzazione<br />

dei capodogli è potente, e avvertii chiaramente che mi stavano<br />

analizzando con i loro sonar. Quasi tutte le balene<br />

dentate usano l’ecolocalizzazione come strumento principale<br />

per interpretare il loro torbido mondo subacqueo.<br />

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