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itratti<br />
ventina di film diseguali, da La carne e il<br />
diavolo (1927) a La donna divina (1928),<br />
da Destino (1929) a Anna Christie (1930),<br />
da Mata Hari (1932) a Grand Hotel (1932),<br />
da Come tu mi vuoi (1932) a La Regina<br />
Cristina (1933), da Anna Karenina (1935)<br />
a Margherita Gauthier (1937). Il volto<br />
intenso, la camminata altera, il<br />
magnetismo della immedesimazione<br />
totale, a cui non sono estranee la<br />
tenerezza e l’ironia, fanno di Greta una<br />
delle più alte incarnazioni del cinema<br />
come arte, confrontata a più riprese con<br />
il grande Charlot di Chaplin. Nonostante i<br />
suoi film siano spesso modesti, affidati<br />
alle logore convenzioni del melodramma<br />
e alla banalità di registi privi di estro, per<br />
sedurre le platee la bellezza misteriosa<br />
della sfinge svedese non ricorre al sexappeal<br />
ma alle segrete alchimie della<br />
strepitosa fotogenia.<br />
Il trionfo della Garbo, di cui il pubblico<br />
Il volto e la<br />
camminata<br />
ne fanno una delle<br />
più intense<br />
incarnazioni del<br />
cinema come arte<br />
rivista del cinematografo<br />
52 fondazione ente dello spettacolo aprile 2010<br />
femminile invidia i costosi vestiti che<br />
indossa sullo schermo, viene spesso<br />
attribuito ad Adrian, il costumista della<br />
Metro Goldwyn Mayer che la studia come<br />
un chirurgo scruta il paziente con i raggi<br />
X. Alla sua immagine essenziale,<br />
inimitabile, archetipa, avrebbero<br />
contribuito i grandi cameramen<br />
hollywoodiani, a cominciare da William<br />
Daniels. Nessuno sembra voler<br />
ammettere che Greta ha fatto tutto da<br />
sola – Cecil Beaton l’ha paragonata a un<br />
sismografo capace di registrare la<br />
gamma più delicata e impercettibile di<br />
vibrazioni – dimostrando la singolare<br />
creatività di un’interprete che è stata<br />
regista di se stessa, una straordinaria,<br />
irripetibile attrice-autrice. Il paradosso<br />
della grande svedese è che, senza la<br />
logica brutalmente commerciale degli<br />
studios, Greta non si sarebbe dovuta<br />
inventare da sé, ma per preservare il<br />
fantasma a cui aveva dato vita, il fascino<br />
senza tempo della sua miracolosa<br />
apparizione, ha dovuto condannarsi a<br />
star lontana dal set.<br />
Nel corso del suo lunghissimo esilio –<br />
scomparirà a New York il 15 aprile 1990 –<br />
si moltiplicano i progetti destinati a<br />
restare irrealizzati. Ingmar Bergman la<br />
vorrebbe per Il silenzio, uno dei suoi film<br />
più angosciosi, Luchino Visconti le<br />
propone il ruolo della Regina di Napoli<br />
quando spera ancora di portare sullo<br />
schermo la Recherche di Proust. Ma il<br />
tempo del cinema sembra per lei<br />
irrimediabilmente finito, mentre si<br />
ribadisce la scelta della solitudine. Se<br />
vuole restare se stessa deve essere<br />
quella che è sempre stata. Enigmatica,<br />
inafferrabile, lontana. Lontana come la<br />
luna, diceva Dino Risi, arrischiando il<br />
paragone impossibile con Anna Magnani:<br />
“La Garbo è la luna e la Magnani il<br />
ciclone. La luna troppo lontana può<br />
influire sui nostri sentimenti ma non si<br />
può toccare, mentre il ciclone è qualcosa<br />
di pericoloso, ti entra in casa, ti sfonda i<br />
vetri delle finestre, ti sfascia le porte”. ✪