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Associazione - Camper emergenza

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Stasera piove<br />

Dott. Sergio Carasi<br />

Stasera piove. Fa freddo e c'è umido. Sembra<br />

una sera fatta apposta per restare a casa a<br />

leggere, a guardare la televisione (chissà cosa<br />

fanno?), a finire il lavoro iniziato il pomeriggio sul<br />

PC, in ufficio, navigando un po' in internet, a fare<br />

qualsiasi cosa, …ma non posso.<br />

È la mia prima uscita con l'ambulanza del<br />

<strong>Camper</strong>.<br />

Era un po' che la sera, tornando dal lavoro,<br />

vedevo, verso le otto e mezza,<br />

quell'assembramento di gente attorno ad un<br />

camper e ad un'ambulanza in un area sul Garza<br />

dove tanti anni prima c'era un distributore. Vedevo<br />

queste persone stendere le mani verso la finestra<br />

del camper, discutere, ricevere ed aprire le borse di<br />

plastica, addentare un panino o guardare l'abito<br />

che i volontari avevano dato loro. Vedevo il<br />

<strong>Camper</strong>, con queste persone affaccendate a<br />

distribuire, a dare… Mi aveva colpito, soprattutto,<br />

l'espressione delle persone che offrivano: c'era<br />

soddisfazione per quello che stavano facendo. Una<br />

cosa che, da tempo, non vedevo più nella gente<br />

che sta buona parte della sua giornata vicino a me,<br />

pagata per fare quello che fa.<br />

Poi, una sera, un incontro fortuito con un<br />

collega che già presta la sua opera sull'ambulanza,<br />

un'e-mail con l'offerta della disponibilità, ed eccomi<br />

qui, integrato nel gruppo di medici volontari.<br />

Nessuno mi ha chiesto nulla, nessuno ha<br />

preteso un “curriculum” in formato europeo,<br />

nessuno mi ha fatto un sottile interrogatorio,<br />

mascherato da cordiale colloquio, volto a capire<br />

come la penso, dove mi colloco, a qual partito sono<br />

“in quota”, come si dice oggi. E tutto questo mi ha<br />

convinto, che valeva la pena di chiedere di poter<br />

vivere questa esperienza, prendendo quello che<br />

verrà e cercando di portarvi tutto quello che posso.<br />

Adesso, sto aspettando che venga l'ora di<br />

andare. Ripasso qua e la qualche nozione di<br />

terapia, cerco di ricordarmi come si fanno alcune<br />

medicazioni ed alcune fasciature che si usavano in<br />

Pronto Soccorso, al Civile, quando ancora c'era il<br />

tempo di farle.<br />

Alla fine viene il momento. Un breve viaggio<br />

da casa e conosco i miei compagni di stasera: un<br />

ragazzo alto, che farà l'autista del mezzo ed una<br />

ragazza che mi farà da assistente, entrambi<br />

volontari della Croce Bianca, più un anziano che<br />

traffica mettendo a posto i medicinali, sempre in<br />

disordine. Cerco di entrare in sintonia con loro e<br />

scopro che entrambi i ragazzi possono essere, per<br />

età, miei figli, ma che ho da imparare da loro in<br />

questo campo, che loro conoscono ed io no.<br />

Pochi minuti di viaggio ed eccoci alla prima<br />

tappa, su via Leonardo. Qui arriviamo che c'è gente<br />

che già ci aspetta: dieci, venti, forse trenta<br />

persone. Ognuno di loro, quando viene il suo turno,<br />

senza numeri, senza l'incalzare delle liste, mi<br />

racconta brevemente i suoi dolori, i suoi mali.<br />

Nessuno mi dice nulla di dove vive, di come<br />

passerà questa piovosa notte, di cosa farà domani.<br />

Nessuno accusa nessuno del suo stato attuale.<br />

Mi accorgo che in molti casi, anche per i<br />

problemi sanitari, il contatto fra volontari e<br />

persone assistite non è sporadico, occasionale.<br />

Molti, per via del disagio estremo in cui si trovano,<br />

per il disorientamento che devono provare in una<br />

grande città, come questa, hanno nel camper e<br />

nell'ambulanza posti certi cui rivolgersi per trovare<br />

qualcosa o qualcuno che ascolta, che dà le<br />

indicazioni e l'aiuto, anche materiale che loro<br />

serve, in questo momento.<br />

Mi impressiona la presenza, in continuo<br />

aumento mi dicono, degli Italiani, in mezzo alla<br />

maggioranza degli immigrati. Faccio fatica a capire<br />

perché persone che potrebbero godere di<br />

un'assistenza tecnicamente di molto superiore<br />

rispetto agli interventi tampone che noi possiamo<br />

offrire, siano lì. Eppure, ci sono e se provo a<br />

parlargli di ospedale, di poliambulatori, di medico<br />

di fiducia sorridono, alzano le spalle e non<br />

rispondono.<br />

Dopo aver curato, con quello che c'è,<br />

Hassam, Mohamed, Ludmilla, Anton, Singh, Mario<br />

(chiedo sempre il nome perché così mi hanno<br />

insegnato che si fa, quando si parla con le<br />

persone), viene il momento di passare all'altra<br />

postazione, quella vicino alla stazione.<br />

Qui si scende un altro gradino di quella scala<br />

del disagio, quella che non sembra mai aver fine.<br />

Qui ci sono i più disagiati, i più disperati che<br />

vivono nelle ombre dello scalo e dei complessi<br />

industriali abbandonati delle periferie.<br />

Stride, e tanto, vedere, mentre siamo lì,<br />

gente che si affretta verso la vicina multisala<br />

cinematografia, verso la palestra, ancora aperta<br />

nonostante l'orario serale, verso il centro<br />

commerciale dalle tante luci, lanciando all'indirizzo<br />

del nostro gruppo occhiate difficili da decifrare.<br />

Stride vedere tanto benessere, tanta ricerca del<br />

piacere e nello stesso momento essere lì a<br />

distribuire viveri, medicinali, abiti, e perfino<br />

coperte termiche, quelle che servono per non<br />

morire di freddo quando il tempo è come questa<br />

sera e si dorme fuori, all'aperto.<br />

Nel gruppo dei volontari vedo qualche amico<br />

e qualche ex collega di lavoro. Mi fa molto piacere<br />

sentire alla mia domanda: cosa fai qui ? la<br />

risposta: raccolgo e rifiuti, e sono contento di<br />

esserci.<br />

Distribuita l'ultima compressa, vista l'ultima<br />

bocca devastata dalla carie mai curata, fatta<br />

l'ultima fasciatura su una piaga torpida, viene<br />

anche per noi l'ora di rientrare. Abbiamo visitato,<br />

mi dicono, quarantotto persone, quarantotto<br />

cittadini del mondo. E ancora piove.<br />

Torno a casa, pensando alla serata trascorsa,<br />

racconto qualcosa di quello che ho vissuto, ritorno<br />

a pensarvi, mentre mi addormento. Non so quello<br />

che hanno trasmesso o che stanno trasmettendo<br />

alla televisione e, quanto al PC e ad internet,<br />

possono tutti e due aspettare fino a domani. Ho<br />

cose più importanti sulle quali meditare. Grazie,<br />

Hassam, grazie, Mohamed, grazie Ludmilla, grazie,<br />

Anton, grazie, Singh, grazie, Mario. Grazie.<br />

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