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Tratto da: “<strong>Garlate</strong>, conoscere e inventare insieme un paese”<br />
<strong>di</strong> P. De Gra<strong>di</strong>.<br />
Questa Corte apparteneva nel 18° secolo alla “Scuola<br />
dei morti” e la parte più antica è quella verso il fiume<br />
Orco, a nord, per la presenza al piano rialzato <strong>di</strong> una<br />
finestra tardogivale. Le Corti erano quasi tutte abitate<br />
un tempo da famiglie <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni e qui c’erano “Chi<br />
de Canton” e “Chi del Famèl”, ad esempio. Nei pollai,<br />
(“i saraj”), c’erano galli, galline, oche, anatre, tacchini,<br />
(“la pola”). Nelle stalle c’erano mucche, buoi, pecore,<br />
asini, muli, qualche cavallo (arrivarono solo dopo<br />
il 1918), maiali e conigli. Fuori dalla stalla sempre<br />
cataste <strong>di</strong> letame, (“ul liam”). Fino al 1930 circa l’ambiente<br />
caldo della stalla era frequentatissimo nelle<br />
regioni fredde: al lume <strong>di</strong> candela donne e bambini<br />
facevano “ul rosc”, il gruppo che si riuniva a lavorare<br />
a maglia, a recitare “il rosario”, a informarsi ed a<br />
informare sui fatti del paese, e a “cuntà so i esempi”,<br />
(a raccontare le favole). Nelle stalle si filava la canapa<br />
grezza e in corte, oltre ai lavori legati agli animali<br />
domestici, si svolgevano altre attività. “La bugada”:<br />
le pesanti lenzuola <strong>di</strong> canapa si portavano al lago a<br />
lavare. Riportate in corte, si mettevano nel “segion”,<br />
(il mastello), ricoperte <strong>di</strong> acqua bollente e sotto “il<br />
bigaù”, (trapunta <strong>di</strong> tela), ricoperta a sua volta <strong>di</strong><br />
cenere fredda. La mattina seguente venivano portate<br />
<strong>di</strong> nuovo al lago a risciacquare e poi riportate a casa<br />
e stese sulla “lobia”, (loggia), ad asciugare. Un’altra<br />
attività, molto <strong>di</strong>ffusa a <strong>Garlate</strong>, era legata all’allevamento<br />
del baco da seta: “I cavalé’”.<br />
23. Curt del Cunt<br />
Tratto da: “<strong>Garlate</strong>, conoscere e inventare insieme un paese”<br />
<strong>di</strong> P. De Gra<strong>di</strong>.<br />
Un portale in tufo e tettuccio esterno, (recentemente<br />
rifatti), conducono alla Curt del Cunt, <strong>di</strong> forma<br />
pentagonale, che si trova all’inizio della spina <strong>di</strong><br />
e<strong>di</strong>fici, originali del 1400, che si susseguono lungo<br />
l’antica “Contrada <strong>di</strong> mezzo” (ora Via Manzoni).<br />
Il complesso, <strong>di</strong> forma ovoidale, in antico si chiamava<br />
“In capite Garlatio”, cioè “In testa a <strong>Garlate</strong>”. Così<br />
almeno si può interpretare da alcuni documenti<br />
del ‘400. Il suo nucleo centrale ha ancora presenti<br />
elementi del periodo sforzesco.<br />
La Corte nel 1700 era composta da varie case d’affitto<br />
e una masseria. <strong>Qui</strong> vi abitavano “Chi del Cunt”,<br />
appunto, e “Chi del Famèl”. Anche questa corte ha<br />
subito nei secoli varie trasformazioni.<br />
L’origine del nome della corte sarebbe da attribuire<br />
all’appellativo “UL CUNT”, appunto, dato ad un<br />
certo Polvara Eufrasio che qui abitava nella seconda<br />
metà del 1800 e che era stato attendente <strong>di</strong> un<br />
conte durante la ferma militare.<br />
Sembra che in seguito lui avesse assunto atteggiamenti<br />
e mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare un po’ troppo da “conte”, tanto<br />
da meritarsi questo appellativo.<br />
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