Edizione 7 di Luglio 2011
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vallinfreda@info.it<br />
EDITORIALE<br />
LA POLITICA<br />
“Si può<br />
<strong>di</strong>ventare sindaco<br />
anche per un voto. Nel<br />
Lazio, infatti, Piero Mo-<br />
scar<strong>di</strong>ni è il nuovo primo citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong><br />
Vallinfreda grazie ai 122 voti (50,2%)<br />
ottenuti dalla lista civica 'Rinascita'.<br />
Soltanto un voto in meno per la sfidante,<br />
Pasquina Bencivenga (121<br />
pari al 49,7%), della lista civica<br />
'Vallinfreda democratica'. Da segnalare<br />
le decisive tre schede nulle”. Così<br />
pubblicava il sito <strong>di</strong> Repubblica<br />
(www.repubblica.it) il giorno dopo le<br />
ultime elezioni amministrative con il<br />
titolo “VALLINFREDA, SINDA-<br />
CO PER UN VOTO”.<br />
Ora, sembrerebbe questa la vera notizia<br />
da mettere in risalto e cioè che<br />
le elezioni a Vallinfreda sono andate<br />
a finire sul giornale. Ma per noi, che<br />
viviamo la cultura e lo spirito del nostro<br />
Paese, la notizia è un’altra, meno<br />
sensazionale, ma più fondante.<br />
segue a pag 2 ><br />
Questo giornale è stato stampato su carta riciclata certificata LE ELEZIONI E<br />
I E R I & O G G I<br />
LA “PISTARÉCCIA”<br />
Provvede il tempo a rimuovere le orme che ciascuno <strong>di</strong> noi lascia nel<br />
breve volgere della propria esistenza terrena; cionon<strong>di</strong>meno con talune<br />
<strong>di</strong> esse, quelle più significative, che resistono alla erosione, noi,<br />
oggi, anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni, riusciamo in qualche modo a identificare le<br />
persone che le hanno impresse e ne traman<strong>di</strong>amo la memoria.<br />
Così, nella “pistaréccia” <strong>di</strong> Vallinfreda, tra le tante, riconosciamo quelle <strong>di</strong>:<br />
- Lelio Pasquali che, da umile conta<strong>di</strong>no, si <strong>di</strong>stinse, nel corso del XVII secolo,<br />
come condottiero nell’esercito spagnolo e, successivamente, come governatore<br />
della regione italica corrispondente all’o<strong>di</strong>erna Emilia-Romagna;<br />
- Teodosio Bencivenga che, trovandosi in eminente posizione sociale, riuscì<br />
a limitare, a Vallinfreda, i danni prodotti dalle scorribande malavitose tra<br />
la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo;<br />
- Giuseppe Od<strong>di</strong> (1839-1919), oggi beato Diego Od<strong>di</strong> che, lasciati i magri<br />
campi <strong>di</strong> Vallinfreda, fu modello irreprensibile <strong>di</strong> vita cristiana.<br />
Non ancora completamente “carapistate” si riconoscono le orme più recenti<br />
<strong>di</strong> tantissime persone, alcune delle quali sono state descritte episo<strong>di</strong>camente<br />
nell’agile esposizione antologica <strong>di</strong> realtà, acca<strong>di</strong>menti, situazioni e<br />
prospettive <strong>di</strong> Vallinfreda e dei suoi abitanti sul finire del XIX secolo e che<br />
qui in parte si ripropongono.<br />
1) La “biocca” d’oro, nel colorito racconto <strong>di</strong> due popolani.<br />
Luigi Bernar<strong>di</strong>ni, detto “Finanza”, è il figlio <strong>di</strong> Michele Bernar<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> Emilia<br />
Ascani <strong>di</strong> Antonio, ultima degli Ascani, signori e proprietari <strong>di</strong> terreni e<br />
fabbricati in Vallinfreda, fra cui già l’attuale “Palazzo” in Via <strong>di</strong> Fonte Castello.<br />
segue a pag 2 ><br />
<strong>Luglio</strong> 2010<br />
Vallinfreda durante il fascismo (primi anni Trenta)<br />
IL TRICOLORE<br />
Osservandol’o<strong>di</strong>erno<br />
stendardo<br />
del Comune <strong>di</strong><br />
Vallinfreda<br />
possiamo notare<br />
come esso<br />
sia adagiato sul<br />
Tricolore italiano;<br />
in effetti se<br />
paragoniamo il nostro stendardo<br />
con quelli del resto dei comuni<br />
d’Italia noteremo che esiste un numero<br />
limitato <strong>di</strong> stemmi comunali<br />
(non parliamo poi <strong>di</strong> quelli provinciali<br />
e regionali) che abbiano assunto<br />
come sfondo il Tricolore.<br />
Da questo collegamento <strong>di</strong> simboli<br />
(non saprei <strong>di</strong>re quanto casuale e<br />
quanto voluto) partirei per una sintetica<br />
storica dell’attuale simbolo<br />
nazionale: il Tricolore.<br />
segue a pag 7 >
2 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
EDITORIALE STORIA E TRADIZIONE<br />
< E<strong>di</strong>toriale dalla prima<br />
Per la prima volta si è assistito<br />
ad una campagna elettorale<br />
dove gli argomenti <strong>di</strong><br />
fondo sono stati i programmi.<br />
Le persone tra loro hanno <strong>di</strong>scusso<br />
<strong>di</strong> cose fatte e da<br />
fare, <strong>di</strong> progetti e <strong>di</strong> utopie,<br />
<strong>di</strong> favole e <strong>di</strong> sogni.<br />
A parte il mancato incontro<br />
tra i due sfidanti (cosa che ci<br />
auguriamo, e per questo ci<br />
impegneremo, avvenga al<br />
più presto) e alcuni interventi<br />
<strong>di</strong> singoli can<strong>di</strong>dati un po’<br />
alla naftalina, dell’una e dell’altra<br />
parte, la campagna<br />
elettorale si è svolta con<br />
compostezza e puntando alla<br />
spiegazione dei programmi<br />
presentati da entrambe le liste.<br />
Eccola la vera, positiva,<br />
novità.<br />
Al<strong>di</strong>là <strong>di</strong> qualsiasi risultato,<br />
che pure merita attenzione,<br />
quello che è veramente importante<br />
è che si inizia a<br />
parlare <strong>di</strong> “politica”. Lentamente,<br />
le antiche faide stanno<br />
lasciando il posto alle argomentazioni<br />
e al <strong>di</strong>alogo.<br />
Lentamente, un vecchio<br />
modo <strong>di</strong> rapportarsi alla politica<br />
sta scomparendo. Non<br />
vi sono dubbi che restano<br />
delle reticenze, sacche <strong>di</strong> resistenza<br />
destinate col tempo<br />
a scomparire, ma il nuovo<br />
trend è ormai sotto gli occhi<br />
<strong>di</strong> tutti. Quel qualcosa <strong>di</strong><br />
nuovo che sta nascendo non<br />
va visto nel risultato elettorale,<br />
bensì nel fatto che persone<br />
che sono rimaste fuori<br />
dal <strong>di</strong>battito pubblico per<br />
lungo tempo (per timidezza,<br />
abitu<strong>di</strong>ne, mancanza <strong>di</strong> spazi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo) hanno cominciato<br />
a <strong>di</strong>re la loro, senza appartenenza<br />
<strong>di</strong> alcun genere, a<br />
prendere coscienza <strong>di</strong> poter<br />
cambiare le vecchie <strong>di</strong>namiche,<br />
semplicemente per<br />
alimentare e nutrire la “cultura”<br />
<strong>di</strong> Vallinfreda. Tutto<br />
ciò è motivo <strong>di</strong> grande sod<strong>di</strong>sfazione<br />
per la redazione <strong>di</strong><br />
questo giornale che in poco<br />
più <strong>di</strong> un anno <strong>di</strong> vita ha ini-<br />
ziato la sua piccola rivoluzione.<br />
E per noi “rivoluzione”<br />
significa cambiamento<br />
dell’orientamento, presentazione<br />
<strong>di</strong> altri punti <strong>di</strong> vista,<br />
insistendo sul <strong>di</strong>alogo ad<br />
ogni costo. Anche pagando lo<br />
scotto <strong>di</strong> sembrare infinitamente<br />
ingenui o limitatamente<br />
scomo<strong>di</strong>.<br />
E c’è un’altra cosa che ci fa<br />
piacere e che vogliamo con<strong>di</strong>videre<br />
con i nostri lettori.<br />
Tutti i temi che abbiamo<br />
proposto da un anno a questa<br />
parte li abbiamo letti nei<br />
programmi delle due liste e<br />
non ha importanza se si tratti<br />
<strong>di</strong> una coincidenza <strong>di</strong> intenti<br />
o se la nostra proposta<br />
sia stata accolta. Quello che<br />
conta è che tale temi siano<br />
l’oggetto dell’attuale <strong>di</strong>battito<br />
pubblico. La ristrutturazione<br />
e la valorizzazione <strong>di</strong> Palazzo<br />
Bencivenga, lo Sviluppo<br />
Sostenibile inteso nelle sue<br />
varie declinazioni, l’abbandono<br />
del progetto dei pali eolici<br />
agliu Colle degli Zifazi,<br />
la considerazione del fotovoltaico,<br />
l’idea <strong>di</strong> un turismo<br />
<strong>di</strong> qualità che apprezzi la<br />
salvaguar<strong>di</strong>a dell’ambiente<br />
e dell’urbanistica. L’idea insomma<br />
<strong>di</strong> un consumo <strong>di</strong><br />
territorio ad impatto zero ed<br />
ecosostenibile.<br />
Per questo, conoscendo anche<br />
la sensibilità <strong>di</strong> Luigi Bernar<strong>di</strong>ni<br />
(nuovo assessore appena<br />
nominato) aspettiamo il<br />
prossimo Consiglio Comunale<br />
che ci auguriamo accolga<br />
l’osservazione presentata<br />
a suo tempo da questo giornale<br />
relativamente al piano<br />
regolatore, ossia la proposta<br />
<strong>di</strong> trasformare in parco pubblico,<br />
da “legare” a quello già<br />
esistente, un pezzo <strong>di</strong> territorio<br />
incontaminato altrimenti<br />
destinato all’urbanizzazione,<br />
seppure, per la verità, con un<br />
in<strong>di</strong>ce basso.<br />
Siamo orgogliosi del nostro<br />
giornale e del nostro progetto,<br />
che può considerarsi un<br />
progetto “politico” nel senso<br />
più alto del termine.<br />
Il numero <strong>di</strong> “la Repubblica” del 16 maggio <strong>2011</strong> dov’è uscito l’articolo<br />
< dalla prima<br />
In una conversazione del 20<br />
agosto 1957, all’età <strong>di</strong> 83<br />
anni, mi narrò, a modo suo,<br />
la “storia” <strong>di</strong> Pòrtica e della<br />
famosa “biocca”, ossia<br />
chioccia d’oro.<br />
Mi <strong>di</strong>sse che le famiglie più<br />
rappresentative <strong>di</strong> Pòrtica<br />
erano quelle dei Pace, degli<br />
Ascani e dei Bencivenga,<br />
successivamente proprietari<br />
terrieri a Vallinfreda e, soprattutto,<br />
<strong>di</strong> abitazioni: i Pace,<br />
del grosso fabbricato in<br />
Via Borgo dei Fiori, ancora<br />
oggi da essi in parte abitato;<br />
i Bencivenga, del monumentale e<strong>di</strong>ficio cinquecentesco<br />
<strong>di</strong> puro stile barocco, del 1545,<br />
in Piazza della Chiesa; gli Ascani, del citato<br />
fabbricato, detto “Gliu Palazzu”, in Via<br />
<strong>di</strong> Fonte Castello.<br />
Il Bernar<strong>di</strong>ni non mi fece il nome della famiglia<br />
Alfei, che pure sembra risultare fra<br />
quelle scampate alla <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> Pòrtica,<br />
avvenuta nel 1528 ad opera <strong>di</strong> Napoleone<br />
Orsini, dell’allora famiglia papalina dominante,<br />
nelle lotte furibonde contro i Colonna<br />
ai quali apparteneva la “fortezza” <strong>di</strong> Pòrtica,<br />
che trae il suo nome dal meraviglioso<br />
porticato posto alla base delle case che racchiudevano<br />
tutto intorno la piccola piazza<br />
dell’abitato.<br />
Facendo la “storia” <strong>di</strong> tali casate, ricordò<br />
che l’arciprete don Ottavio Pace officiava<br />
anche nella ora demolita chiesa delle Anime<br />
Sante nella quale i morti <strong>di</strong> riguardo venivano<br />
portati dopo essere stati onorati nella<br />
chiesa <strong>di</strong> S. Michele, al centro della quale<br />
è tuttora la tomba <strong>di</strong> Antonio Ascani e <strong>di</strong><br />
Lucia, sua moglie.<br />
In merito alla riferita circostanza dell’apertura<br />
della chiesa delle Anime Sante è da credere<br />
che il Bernar<strong>di</strong>ni, collimando con altre<br />
certe testimonianze, <strong>di</strong>cesse il vero per la <strong>di</strong>retta<br />
conoscenza dei fatti, in contrasto perciò<br />
con chi afferma che la chiesa non fosse<br />
mai stata consacrata e perciò resa funzionante,<br />
e d’altra parte sembra poco verosimile<br />
che non lo fosse, se sul finire del ‘700<br />
risiedevano e officiavano in Vallinfreda ben<br />
<strong>di</strong>eci sacerdoti e, come testimoniano ancora<br />
persone <strong>di</strong> ragguardevole età, che in essa si<br />
recavano ad ascoltar la messa.<br />
Riguardo a Pòrtica mi sembrò che avesse un<br />
concetto del tutto particolare dei suoi abitanti,<br />
che classificò come quasi tutti “ladri”<br />
i quali, dopo la nota <strong>di</strong>struzione delle loro<br />
abitazioni, trovarono scampo fra gli “zingari”<br />
<strong>di</strong> Vallinfreda, allora tutti compresi nel<br />
vecchio e solo nucleo abitato della “Rocca”,<br />
intorno al quale appunto e<strong>di</strong>ficarono le loro<br />
case <strong>di</strong> notevole volume abitativo.<br />
L’“Ara della Vigna” è la località dove fu trovato<br />
il famoso tesoro, causa poi <strong>di</strong> un feroce<br />
delitto, ancora oggi tanto vivo nel ricordo<br />
dell’intera popolazione per la sua efferatezza.<br />
Sor Orazio Bencivenga, riferisce sempre<br />
La Chiesa dell’Alimesande’<br />
Luigi Bernar<strong>di</strong>ni, mentre “segnava” le “prese”<br />
del maggese per la semina regolare del<br />
grano, ossia i solchi più profon<strong>di</strong> delineanti<br />
una striscia <strong>di</strong> terreno arato e seminato, sentì<br />
“sgranare” la punta dell’aratro, impigliato<br />
in una catena <strong>di</strong> ferro. Tutti i garzoni presenti<br />
pensarono che fosse una ra<strong>di</strong>ce, come<br />
avviene frequentemente.<br />
Sor Orazio, che aveva ben visto la catena,<br />
con la scusa <strong>di</strong> forti dolori allo stomaco,<br />
sospese la semina, fece ricaricare i sacchi<br />
del seme sulle bestie e comandò il ritorno<br />
a casa.<br />
Prima <strong>di</strong> mezzanotte, con una coppia <strong>di</strong> mule,<br />
Sor Orazio e due garzoni fidati, o che lui<br />
riteneva fossero fidati, e alcuni strumenti <strong>di</strong><br />
lavoro occorrenti, ritornarono sul posto e<br />
colà trassero fuori dal terreno una cassa metallica<br />
contenente una chioccia d’oro, la famosa<br />
“biocca”, con sette pulcini pure d’oro<br />
e una certa quantità <strong>di</strong> marenghi.<br />
Sia la “biocca”, sia i pulcini furono portati<br />
a Vallinfreda come prima tappa, in quanto<br />
pare che tutto sia stato portato successivamente<br />
a Roma dal car<strong>di</strong>nale Francesco<br />
Segna, figlio della signora Faustina Bencivenga<br />
in Segna.<br />
La notizia del ritrovamento, come era certamente<br />
da immaginare, non tardò a <strong>di</strong>ffondersi.<br />
Nacque qualche desiderio <strong>di</strong> possesso<br />
da parte <strong>di</strong> alcuni e avvenne quel che<br />
avvenne.<br />
Furono tanti, almeno sei, a preparare il delitto.<br />
Teresa Saccucci, detta “La Biscia”, che prestava<br />
servizio presso la signora Faustina col<br />
fratello Luigi, quella notte non c’era: aveva<br />
chiesto alcuni giorni <strong>di</strong> permesso. Aveva<br />
preso il suo posto Teresa Aristotile, che pertanto<br />
faceva compagnia alla signora e nella<br />
sua casa dormiva la notte del delitto.<br />
Luigi, il fratello della Biscia, <strong>di</strong> buon mattino<br />
si era recato a Riofreddo a comprare della<br />
carne. Al ritorno a casa trovò la padrona<br />
sgozzata insieme a Teresa, la donna <strong>di</strong> servizio<br />
che sostituiva la Biscia.<br />
Subito denunciò il delitto. Intervennero i carabinieri<br />
e più tar<strong>di</strong> fu celebrato il processo,<br />
lunghissimo e tormentato, al termine del<br />
quale il fratello della Biscia, Luigi, fu condannato<br />
per omici<strong>di</strong>o. Gli altri numerosi imputati,<br />
o sospettati tali, furono tutti assolti.<br />
Fra i tanti imputati, tale maestro Carlo, pu-
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
LA “PISTARÉCCIA”<br />
re assai sospettato <strong>di</strong> far parte della<br />
combriccola, non fu chiamato né<br />
come imputato e neanche come testimonio,<br />
ma la cosa non destò stupore<br />
in quanto una sua figlia, Annita,<br />
era al servizio dell’arciprete Pace,<br />
il quale aveva nel luogo una certa<br />
influenza e perciò poteva.<br />
Tra l’altro si <strong>di</strong>sse che maestro Carlo,<br />
che era fabbro, fosse stato egli<br />
stesso a preparare e arrotare le roncolette<br />
che servirono a sgozzare le<br />
due donne sventurate, la signora<br />
Faustina e Teresa, la sua donna <strong>di</strong><br />
servizio in quel momento.<br />
Si <strong>di</strong>sse anche che “La Ciappa”, uno<br />
dei sospettati <strong>di</strong> far parte del sestetto,<br />
mentre era trattenuto provvisoriamente<br />
in carcere, in linguaggio<br />
velato facesse sapere al fratello,<br />
“Gliu Ciappittu”, che i ferri della<br />
falce si trovavano nella stalla sotto<br />
il basto, forse a significare che il<br />
frutto del bottino era stato colà nascosto.<br />
Pare anche, tra l’altro, che uno <strong>di</strong> essi,<br />
perché quella notte imperversava<br />
un violento temporale, si lavasse le<br />
mani insanguinate sotto lo scroscio<br />
della grondaia, come risultò da una<br />
testimonianza resa da uno <strong>di</strong> “Quissi<br />
de Mammèlla”, dal quale era stato<br />
veduto.<br />
La Biscia, sposata, senza figli, dopo<br />
la morte del primo marito, avvenu-<br />
La casa lasciata dalla “Biscia” in ere<strong>di</strong>tà a Giovanni Cortellessa<br />
ta in seguito ad una ingestione <strong>di</strong><br />
funghi velenosi raccolti alla Macchia<br />
della Corte, sposò, in seconde<br />
nozze, il vedovo Giovanni Ranieri,<br />
dal quale neanche ebbe figli. Alla<br />
morte <strong>di</strong> Giovanni, il <strong>di</strong> lui figlio<br />
Angelo, detto poi “Agnirucciu”, e<br />
della prima moglie, Domenica, detta<br />
“Minicuccia”, la cacciò <strong>di</strong> casa.<br />
Per vivere, la Biscia confezionava<br />
coperte con ferri ad uncinetto e, alle<br />
persone che le chiedevano per chi<br />
lavorasse così tanto, era solita rispondere<br />
che lavorava per il pretore,<br />
con chiara allusione alle trascorse<br />
vicende giu<strong>di</strong>ziarie.<br />
Si stabilì alle “Casi Bassinèlli” in<br />
Via Borgo dei Fiori, pagando regolare<br />
affitto alla famiglia Tiberi che<br />
ne deteneva la proprietà, mentre<br />
possedeva una sua propria abitazione<br />
nella stessa via, affittata a Giovanni<br />
Cortellessa, detto “La Isciotta”.<br />
Rosa Sturabotti, moglie <strong>di</strong> Giovanni,<br />
nota per la sua generosità e la<br />
gentile loquacità, la pregò insistentemente<br />
<strong>di</strong> andare ad abitare con la<br />
propria famiglia nella sua casa presa<br />
in affitto, per alleviarle una vita<br />
solitaria e <strong>di</strong>fficile. E tanto <strong>di</strong>sse e<br />
tanto fece che alla fine la convinse<br />
ed avvenne che, alla sua morte, la<br />
Biscia lasciò la propria casa in ere<strong>di</strong>tà<br />
alla famiglia che l’aveva così<br />
benignamente ospitata.<br />
L’abitazione allora<br />
comprendeva solo<br />
la parte superiore,<br />
al piano stradale, e<br />
era composta soltanto<br />
<strong>di</strong> una camera<br />
e <strong>di</strong> una cucina.<br />
Una finestra della<br />
cucina dava sul<br />
“Casarino”.<br />
L’attuale finestra in<br />
Via Borgo dei Fiori<br />
è posta dove prima<br />
era la vecchia porta<br />
dì ingresso della<br />
casa.<br />
Il piano sottostante era <strong>di</strong> proprietà<br />
<strong>di</strong> Giovanni Cortellessa che, pertanto,<br />
alla morte della Biscia <strong>di</strong>venne<br />
proprietario dell’intero lato del fabbricato.<br />
In questa parte abitava la<br />
madre <strong>di</strong> Giovanni, Annamaria, che<br />
entrava a lato della casa dalla parte<br />
del “Casarino”, scendendo alcune<br />
scale.<br />
Si racconta che quando pioveva,<br />
dalla gallerietta fognaria proveniente<br />
dalla soprastante Via del Mascherone,<br />
con sbocco a lato dello scomparso<br />
forno <strong>di</strong> “Za’ Cristina”, l’acqua<br />
torrenziale che trasportava ogni<br />
genere <strong>di</strong> sporcizia si riversasse nella<br />
scalinata e Annamaria fosse co-<br />
3<br />
La finestra della stanza dove avvenne il delitto<br />
stretta ogni volta a mettere la “scifa”<br />
sull’uscio <strong>di</strong> casa per evitare il<br />
peggio.<br />
Le versioni del racconto, al <strong>di</strong> là delle<br />
risultanze processuali, sono tante,<br />
ognuna togliendo o aggiungendo<br />
qualcosa a suo piacimento; ma la<br />
sostanza dei fatti è quella appena<br />
narrata e che è stata trascritta anche<br />
quale risultato <strong>di</strong> una conversazione<br />
con Domenica Sturabotti il 9 marzo<br />
1991, in età <strong>di</strong> 98 anni, e quin<strong>di</strong> in<br />
grado <strong>di</strong> avere un ricordo assai vicino<br />
ai fatti narrati.<br />
La seconda parte del testo sarà pubblicata<br />
nel prossimo numero <strong>di</strong><br />
“Vallinfreda ieri e oggi”.<br />
L’ARCO DELLA ROCCA<br />
PRECISAZIONE - La foto dell’Arco<br />
della Rocca, relativa alla<br />
pietra rotta, non vuole in nessun<br />
modo alludere a una responsabilità<br />
<strong>di</strong> coloro che hanno sostituito il <strong>di</strong>scendente<br />
che sembra piuttusto nuovo,<br />
considerando che con ogni probabilità<br />
il danno alla pietra risale a<br />
una data antecedente<br />
gli anni Sessanta.<br />
Tale precisazione<br />
ci è utile per<br />
riba<strong>di</strong>re il concetto:<br />
in più <strong>di</strong><br />
cinquanta anni<br />
nessun amministratore<br />
(sono loro a<br />
occuparsi della cosa pubblica)<br />
è mai intervenuto. Ma non è<br />
mai troppo tar<strong>di</strong>. Anzi, siamo certi<br />
che quanto prima questo Arco possa<br />
<strong>di</strong>ventare un simbolo importante<br />
del nostro paese.
4 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
Nel 1950 mio nonno Francesco,<br />
conosciuto dai Vallinfredani<br />
come “Zì Cecco”, era<br />
proprietario, nel territorio <strong>di</strong> Vallinfreda,<br />
<strong>di</strong> una bellissima collina chiamata<br />
“Colle Pizzittu”, ove i miei familiari<br />
coltivavano grano, orzo e<br />
farro, e dove, successivamente, intorno<br />
agli anni ’60, furono costruite<br />
alcune palazzine residenziali.<br />
Ricordo che al termine <strong>di</strong> ogni raccolto<br />
vi rimanevano le stoppie, in<br />
mezzo alle quali, nel mese <strong>di</strong> settembre,<br />
dopo i primi temporali, vi<br />
crescevano delle erbe in<strong>di</strong>spensabili<br />
per alimentare le nostre mucche. Proprio<br />
in quella località, mentre custo<strong>di</strong>vo<br />
i nostri animali, ho conosciuto il<br />
personaggio in trattazione.<br />
Nei fred<strong>di</strong> mesi autunnali degli anni<br />
’50, in quella località, ero spesso<br />
esposto al vento <strong>di</strong> tramontana e per<br />
<strong>di</strong>fendermi al meglio, mi riparavo<br />
<strong>di</strong>etro alcune grosse pietre a ridosso<br />
della suddetta collina, tenendo sempre<br />
a bada le mucche <strong>di</strong> mio nonno.<br />
È proprio da quei precari ripari, nei<br />
momenti più malinconici, che sentivo<br />
la voce <strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong> tarda età<br />
che mi chiamava.<br />
Egli era Angelo Rinal<strong>di</strong>, conosciuto<br />
dai vallinfredani<br />
come “Angelone<br />
l’eremita”.<br />
Costui, possedeva<br />
un podere al fianco<br />
della nostra<br />
collina e si de<strong>di</strong>cava<br />
alla coltivazione<br />
della vigna,<br />
degli alberi da frutta<br />
nonché all’allevamento<br />
<strong>di</strong> una cinquantina<br />
<strong>di</strong> galline.<br />
Angelone, viveva in quel luogo, in<br />
una misera casetta, tutt’ora esistente,<br />
che aveva costruito egli stesso con vari<br />
materiali <strong>di</strong> risulta recuperati in zona.<br />
Egli aveva scelto <strong>di</strong> vivere in quel<br />
ANGELONE EROE SCONOSCIUTO<br />
E AVVENTURIERO SOLITARIO<br />
I poemi ed i racconti dei narratori latini e greci ci hanno sempre affascinato, soprattutto quando hanno<br />
messo in risalto le gesta eroiche dei protagonisti, spesso citati per inviare messaggi positivi comportamentali<br />
alle generazioni future.<br />
L’esaltazione delle prodezze <strong>di</strong> alcuni esseri umani è stata sempre il fiore all’occhiello della cronaca giornalistica,<br />
storica e letterale sin dai tempi antichi ma, tutto ciò che è stato scritto e/o raccontato è una<br />
minima parte dei reali avvenimenti ed episo<strong>di</strong> succedutisi nel tempo.<br />
I nomi e le vicende <strong>di</strong> molte persone, artefici <strong>di</strong> atti <strong>di</strong> eroismo e/o <strong>di</strong> orrende crudeltà, spesso sono sfuggiti<br />
agli storici o ai cronisti delle varie epoche.<br />
Proprio per questo ultimo motivo ho voluto scrivere la seguente Real Story affinché il crudele tempo, nemico<br />
dei mortali, non seppellisca anche la memoria del nostro umile e solitario piccolo eroe.<br />
luogo così drammaticamente solitario<br />
in seguito a delle incomprensioni<br />
scaturite nell’ambito della propria famiglia.<br />
Angelone mi chiamava spesso e mi<br />
invitava nella sua casetta, forse compassionevole<br />
della mia sofferenza e<br />
della mia malinconia. Quel buon<br />
uomo, teneva sempre acceso il fuoco<br />
anche <strong>di</strong> giorno e attizzava in continuazione<br />
i carboni ardenti non prima<br />
però <strong>di</strong> avermi offerto un uovo e<br />
mezzo bicchiere <strong>di</strong> vino. Mi faceva<br />
sedere davanti al camino in una se<strong>di</strong>a<br />
mezza spagliata e mi narrava le sue<br />
avventure e <strong>di</strong>savventure vissute nell’età<br />
giovanile.<br />
Probabilmente, non comunicando<br />
con i suoi familiari, aveva visto in me<br />
un attento bambino affascinato dai<br />
suoi racconti e degno depositario del<br />
suo testamento spirituale.<br />
Ricordo che Angelone mi chiamava<br />
e mi <strong>di</strong>ceva spesso: “Franco ricordati<br />
bene quello che ti racconto ti potrà<br />
essere utile nella vita”.<br />
La storia <strong>di</strong> quest’uomo è fulgido<br />
esempio <strong>di</strong> grande coraggio nonché<br />
<strong>di</strong> abnegazione per la propria famiglia.<br />
Egli, pur sapendo <strong>di</strong> rischiare la<br />
vita, si imbarcò su una nave<br />
definita a quei tempi “caretta<br />
dei mari”, al solo<br />
scopo <strong>di</strong> cercare<br />
fortuna in Argentina<br />
per sfamare i<br />
propri figli e<br />
nella speranza <strong>di</strong><br />
dar loro un avvenire<br />
migliore.<br />
Molti <strong>di</strong> Vallinfreda<br />
ricordano quest’uomo<br />
che, in tarda<br />
età, era solito incamminarsi<br />
su <strong>di</strong> un piccolo sentiero<br />
che, partendo da “Colle Pizzittu”, si<br />
ricongiungeva con la strada provinciale<br />
Vallinfreda/Vivaro Romano.<br />
Egli una volta la settimana si recava<br />
al centro del paese per vendere le<br />
uova e a volte qualche gallina. Aveva<br />
sempre un bastone nella mano destra<br />
ed un canestro nella sinistra.<br />
Ebbene, per non annoiare i lettori<br />
con altri particolari <strong>di</strong> minore importanza,<br />
entro subito nel vivo <strong>di</strong> questa<br />
affascinante storia umana.<br />
Angelone nacque a Vallinfreda il 10<br />
maggio del 1888 ed era sposato con<br />
la signora Cortellessa Loreta la quale<br />
ebbe nel tempo sei figli. Prima della<br />
guerra 1915/1918 si arruolò nel<br />
corpo della regia Guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Finanza<br />
frequentando il corso <strong>di</strong> formazione<br />
a Maddaloni in provincia <strong>di</strong> Caserta<br />
e finito tale corso fu assegnato ad un<br />
reparto operativo a Roma/Tor <strong>di</strong><br />
Quinto.<br />
A guerra finita si congedò, tornò al<br />
paese ed aprì un piccolo negozio <strong>di</strong><br />
merceria varia; le cose però non andarono<br />
bene, sia a causa della grande<br />
recessione dell’epoca, sia perché a<br />
Vallinfreda, da sempre, l’ignoranza<br />
andava a braccetto con la povertà.<br />
Nel 1927, l’apice della grande recessione<br />
era alle porte ed Angelone,<br />
prima ancora del grande collasso dell’economia,<br />
decise <strong>di</strong> emigrare in Argentina,<br />
come fecero in quel tempo<br />
milioni <strong>di</strong> italiani. Egli, verso i<br />
primi <strong>di</strong> ottobre,<br />
dopo aver salutato i<br />
suoi cari, prese il<br />
treno per recarsi a<br />
Genova, dove, il<br />
giorno 11 dello<br />
stesso mese, si imbarcò<br />
sul famoso e<br />
sfortunato transatlantico<br />
“Principessa<br />
Maria Mafalda”.<br />
Analizzando le cronache del tempo,<br />
riferite alla sicurezza delle navi mercantili<br />
italiane, ho accertato che la<br />
suddetta nave doveva essere demolita<br />
già da qualche anno, ma il governo<br />
italiano non aveva possibilità <strong>di</strong> finanziare<br />
le imprese costruttrici per<br />
produrne altre più sicure, quin<strong>di</strong> le<br />
società armatrici, non curandosi affatto<br />
delle alte probabilità <strong>di</strong> rischio<br />
<strong>di</strong> affondamento, continuavano ad<br />
utilizzare delle vecchie navi pur sapendo<br />
del grave rischio della per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> vite umane che correvano.<br />
In quel drammatico viaggio a cui prese<br />
parte Angelone, la nave trasportava<br />
circa 1.100 persone <strong>di</strong> cui 977 erano<br />
emigranti. Questi ul- timi erano<br />
alloggiati in quattro<br />
gran<strong>di</strong> stanzoni nel<br />
ventre della nave proprio<br />
affianco delle stive<br />
riservate alle merci.<br />
Ammassati come<br />
animali,<br />
v e n i -<br />
v a n o<br />
alimentati<br />
con tre pasti<br />
al giorno<br />
m o l t o
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
Real Story <strong>di</strong> Francesco Sturabotti<br />
scarsi e per lo più si trattava <strong>di</strong> brodaglie<br />
e patate ed ogni tanto <strong>di</strong> qualche<br />
etto <strong>di</strong> pasta.<br />
Il nostro concitta<strong>di</strong>no, pieno <strong>di</strong> speranza<br />
ed anelante <strong>di</strong> future fortune,<br />
dal piccolo oblò della nave scrutava<br />
l’immenso mare che non aveva mai<br />
avuto il privilegio <strong>di</strong> vedere prima.<br />
Egli, nato in montagna, si era avventurato<br />
in un mare ostile che doveva<br />
riservargli brutte sorprese.<br />
Dopo circa quin<strong>di</strong>ci giorni <strong>di</strong> navigazione<br />
la nave Principessa Maria<br />
Mafalda giunse nelle vicinanze delle<br />
isole Abrolhos, a punta Corumbau<br />
proprio qui, a circa 80 miglia dalla<br />
costa brasiliana, si consuma una<br />
grave trage<strong>di</strong>a per la marineria italiana<br />
nonché per Angelone. La mattina<br />
del 25 ottobre del 1927, mentre<br />
tutti quei poveri sventurati si alzavano<br />
dai pagliericci dove avevano<br />
trascorso la notte, respirando la poca<br />
aria malsana, si udì un grande boato,<br />
e dopo pochi minuti Angelone, che si<br />
trovava nel ventre della nave, vide<br />
una enormità <strong>di</strong> acqua riversarsi nelle<br />
stive delle merci, nonché nella sala<br />
macchine e, infine, osservò il panico<br />
impadronirsi dei passeggeri. La nave<br />
aveva perso l’elica e l’asse ove la<br />
stessa era alloggiata e, poiché non<br />
erano state costruite le paratie stagne,<br />
come negli attuali moderni transatlantici,<br />
si creò una falla che consentì<br />
all’oceano <strong>di</strong> entrare<br />
liberamente e rapidamente all’interno<br />
della “Principessa Maria Mafalda”.<br />
O g n i<br />
sforzo dei bravi marinai fu vano e, in<br />
meno <strong>di</strong> quaranta minuti, il Comandante<br />
<strong>di</strong>ede l’or<strong>di</strong>ne all’ufficiale marconista<br />
<strong>di</strong> lanciare via ra<strong>di</strong>o l’SOS<br />
nonché l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> abbandonare la<br />
nave che era in procinto <strong>di</strong> affondare.<br />
Si può immaginare la <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong><br />
tutta la gente e del nostro piccolo<br />
eroe che aveva lasciato a Vallinfreda<br />
la moglie e cinque dei suoi figli in tenera<br />
età. Le cronache del tempo descrivono<br />
molto bene i fatti del naufragio,<br />
mettendo particolarmente in<br />
risalto un episo<strong>di</strong>o gravissimo, cioè<br />
che l’armatore non aveva dotato la<br />
nave <strong>di</strong> scialuppe <strong>di</strong> salvataggio e<br />
salvagenti sufficienti per tutte le persone<br />
imbarcate. Il naufragio del Titanic,<br />
verificatosi alcuni<br />
anni prima, non era stato<br />
<strong>di</strong> monito per gli armatori<br />
dell’epoca<br />
ed anche se, in <strong>di</strong>mensioni<br />
minori, il<br />
dramma tornò a ripetersi.<br />
Il nostro Angelone<br />
era un uomo<br />
<strong>di</strong> ottima<br />
prestanza<br />
fisica, robusto e temperato alla dura<br />
vita <strong>di</strong> montagna e lo stesso, me<strong>di</strong>ante<br />
spintoni e forzature varie, riuscì<br />
a risalire sul ponte <strong>di</strong> prua dell’imbarcazione,<br />
mentre la poppa era<br />
già immersa nell’oceano e la nave<br />
stava proprio per affondare. Risalito<br />
in superficie, il mitico nostro paesano,<br />
nel vedere finalmente il limpido<br />
cielo del sud America, pensava<br />
<strong>di</strong> essere in salvo ma non era ancora<br />
conscio dell’amara sorpresa che il<br />
destino gli avrebbe riservato.<br />
Egli cercò subito una scialuppa,<br />
un salvagente, non<br />
trovò nulla; i mezzi <strong>di</strong> salvataggio<br />
erano finiti e per Angelone<br />
la sorte sembrava segnata.<br />
D’un tratto l’istinto <strong>di</strong> sopravvivenza<br />
assalì il nostro personaggio<br />
che, con una forza da leone,<br />
schiodò una piccola porta <strong>di</strong> legno<br />
che separava il ponte <strong>di</strong> prua con la<br />
cabina <strong>di</strong> comando e, senza riflettere,<br />
si buttò in quel mare infestato da<br />
pericolosi squali.<br />
Egli sperava che giungesse qualche<br />
nave a trarlo in salvo ma purtroppo le<br />
venti navi arrivate per soccorrere i<br />
naufraghi non poterono avvicinarsi<br />
alla “Principessa Maria Mafalda” fin<br />
quando essa era avvolta da una<br />
grande nuvola <strong>di</strong> fumo e fiamme per<br />
il fondato pericolo <strong>di</strong> esplosione. In<br />
tale circostanza Angelone aiutò anche<br />
due o tre persone ad aggrapparsi<br />
alla sua porta, mentre circa 314 naufraghi,<br />
compreso il Comandante<br />
della nave Simone Giulì, annegarono<br />
e, in parte, finirono sbranati dai<br />
feroci squali.<br />
Il coraggioso compaesano trascorse<br />
circa due ore in mare dal momento<br />
dell’incidente dopo<strong>di</strong>ché fu tratto in<br />
salvo da una nave olandese che gli<br />
lanciò la rete <strong>di</strong> salvataggio sottraendo<br />
lui ed altri naufraghi al sicuro<br />
pasto degli affamati squali.<br />
5<br />
Questa storia sembra inverosimile<br />
specialmente per i Vallinfredani, eppure<br />
è veritiera e fedele ai racconti<br />
del protagonista.<br />
Il grande Angelone non seppe mai<br />
che qualche minuto prima <strong>di</strong> lui si era<br />
buttato a mare un pasticcere che<br />
stava andando in argentina per aprire<br />
un negozio e che quest’uomo si<br />
chiamava Ruggiero<br />
B a u l i ,<br />
fondatore<br />
dell’impero dei “pandoro”.<br />
La storia umana <strong>di</strong> quest’umile<br />
uomo del nostro paese non<br />
finisce con il naufragio. Egli fu portato,<br />
con la stessa nave che lo salvò,<br />
a New York a spalare la neve durante<br />
il rigido inverno del 1927 e, dopo<br />
qualche mese, la compagnia armatrice<br />
della nave affondata, “Loyd Italiano”,<br />
gli offrì un biglietto per raggiungere<br />
l’Argentina. Angelone si<br />
recò esattamente a Buenos Aires<br />
dove trovò lavoro in qualità <strong>di</strong> vigilantes<br />
presso una grande industria.<br />
Solo dopo alcuni anni, sentendo nostalgia<br />
<strong>di</strong> Vallinfreda e per il grande<br />
amore per la propria famiglia, egli<br />
tornò in Italia.<br />
La storia della vita <strong>di</strong> Angelone mi ha<br />
sempre affascinato ed il mio desiderio<br />
era quello <strong>di</strong> poter scrivere i suoi<br />
racconti soprattutto per lasciare ai<br />
posteri un ricordo <strong>di</strong> tale coraggioso<br />
personaggio vissuto a cavallo dei due<br />
secoli.
6 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
ATTUALITÀ<br />
E L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE?<br />
<strong>di</strong> Gabriele SCOTTO<br />
Sabato 13 marzo 2010 inviai<br />
all’amico Eugenio una e-mail<br />
nella quale manifestavo il mio<br />
rammarico a non poter partecipare<br />
alla presentazione del nuovo giornale<br />
“Vallinfreda ieri & oggi”; contestualmente<br />
però garantivo la mia<br />
piena collaborazione, essendo giornalista,<br />
sia mettendo a <strong>di</strong>sposizione<br />
la mia esperienza acquisita come<br />
Capo dell’Avvocatura del Comune <strong>di</strong><br />
Roma per tutte le materie inerenti il<br />
<strong>di</strong>ritto pubblico, con particolare riferimento<br />
agli Enti locali, come ad<br />
esempio: E<strong>di</strong>lizia, urbanistica, piani<br />
regolatori, espropri, opere pubbliche,<br />
ecc. ecc., e sia come appassionato <strong>di</strong><br />
Auto d’epoca. A tal proposito ricordo<br />
proprio che codesto spettabile<br />
perio<strong>di</strong>co, per due volte e <strong>di</strong> recente,<br />
ha pubblicato dei servizi relativi ad<br />
incontri <strong>di</strong> Auto storiche svoltisi proprio<br />
a Vallinfreda per alcuni anni, corredando<br />
gli stessi con bellissime fo-<br />
Dall’ormai lontano 1986 l’Associazione<br />
‘Amici <strong>di</strong> fra Diego’<br />
<strong>di</strong> Vallinfreda organizza<br />
ogni anno un pellegrinaggio a Bellegra<br />
la prima domenica <strong>di</strong> Giugno,<br />
in prossimità della morte del Beato<br />
Diego Od<strong>di</strong>, avvenuta nel Sacro Ritiro<br />
<strong>di</strong> S. Francesco il 3 giugno<br />
1919. Ad onor del vero già qualche<br />
anno prima del 1986 si effettuava il<br />
pellegrinaggio in maniera spontanea,<br />
ma la tra<strong>di</strong>zione venne inaugurata e<br />
consolidata dall’Associazione.<br />
Oltre ai rappresentanti del Comune<br />
tografie.<br />
La mia deformazione professionale <strong>di</strong><br />
avvocato (che nella “curiosità” ripone<br />
una delle sue componenti), mi ha<br />
portato a chiedere se tra le varie firme<br />
dei collaboratori ci fosse un qualche<br />
rappresentante dell’Amministrazione<br />
comunale, ed alla risposta<br />
negativa mi sono alquanto meravigliato<br />
e mi sono chiesto: “ma come,<br />
una importante iniziativa culturale del<br />
genere non ha il plauso e l’appoggio<br />
del Comune”? Iniziativa culturale<br />
che, da quanto mi consta leggendo i<br />
vari numeri, non mi pare abbia alcuna<br />
finalità politica, né tanto meno risulta<br />
osteggiare l’attuale Amministrazione,<br />
essendo i vari articoli o <strong>di</strong><br />
natura filosofica (e in quanto tali <strong>di</strong><br />
carattere generale ed in cui mi sembra<br />
palese il desiderio e l’auspicio <strong>di</strong><br />
un sano confronto <strong>di</strong>alettico tra le varie<br />
componenti della società ) o <strong>di</strong> valorizzazione<br />
del passato in tutti i<br />
(Sindaco in testa) e al Direttivo dell’Associazione,<br />
vi partecipano numerosissimi<br />
pellegrini provenienti da<br />
Vallinfreda, Riofreddo, Agosta, Tivoli,<br />
Guidonia, Collefiorito, Villanova,<br />
Cretone, ecc. ma anche da Roccacasale<br />
in onore del Beato Mariano.<br />
Basta guardare la foto per rendersi<br />
conto dell’enorme presenza <strong>di</strong> gente<br />
che raggiunge Bellegra sia con i<br />
pullman messi a <strong>di</strong>sposizione dall’Associazione<br />
e sia con i mezzi<br />
privati.<br />
Quest’anno il pellegrinaggio si è<br />
suoi aspetti, dalla storia, alla “riscoperta”<br />
del <strong>di</strong>aletto locale, all’ambiente,<br />
allo sport, e via <strong>di</strong>scorrendo.<br />
A mio modesto avviso è un vero peccato!<br />
L’Ente locale mi è sembrato<br />
molto attento all’aspetto estetico del<br />
paese ed al suo lindore (che ho potuto<br />
apprezzare in occasione del re<strong>di</strong>vivo<br />
“raduno <strong>di</strong> Auto d’epoca” il mese <strong>di</strong><br />
agosto scorso e, sempre il mese <strong>di</strong><br />
agosto, durante la presentazione del<br />
libro del Prof. Eugenio Tiberi “Il maestro<br />
Nino – una vita senza tramonto”,<br />
alla quale erano presenti, tra gli altri,<br />
il Sindaco e l’Assessore alla cultura);<br />
pari attenzione – se non maggiore -<br />
ritengo andava prestata verso il giornale.<br />
Ed invece mi ha veramente colpito<br />
il fatto che nella realizzazione <strong>di</strong><br />
una così importante e meritevole<br />
iniziativa culturale, in un paese così<br />
piccolo ma così ricco <strong>di</strong> storia e tra<strong>di</strong>zione,<br />
sia stata totalmente assente<br />
l’Amministrazione comunale non<br />
svolto domenica 5 giugno (per la prima<br />
volta era presente il neo eletto sindaco<br />
Piero Moscar<strong>di</strong>ni); al termine<br />
della messa, officiata dal P. Provinciale<br />
dell’O.F.M. P. Carlo Ferri, i pellegrini<br />
hanno consumato il pasto la<br />
maggior parte al vicino ristorante<br />
Sancamillo ed altri al sacco all’interno<br />
della struttura del S. Ritiro. Da<br />
sottolineare che in mattinata e per tutta<br />
la durata della Messa il tempo è stato<br />
magnifico ma appena terminata la<br />
funzione religiosa si sono aperte le cateratte<br />
del cielo!<br />
<strong>di</strong>co con un sostegno finanziario (il<br />
cui onere mi risulta essere, a quanto<br />
mi si <strong>di</strong>ce, a quasi totale carico dei redattori),<br />
ma almeno a livello <strong>di</strong> semplice<br />
incoraggiamento verso gli audaci<br />
“pionieri”.<br />
C’è qualcuno che mi sa fornire una<br />
risposta in proposito?<br />
Non è curiosità ma è un legittimo desiderio<br />
<strong>di</strong> sapere.<br />
Non credo che questa mia domanda,<br />
che ritengo più che legittima, conoscendo<br />
per mia lunghissima esperienza<br />
personale il modo <strong>di</strong> essere <strong>di</strong><br />
tutte le amministrazioni, troverà un riscontro,<br />
anzi, sono fermamente convinto<br />
<strong>di</strong> essere <strong>di</strong> fronte ad una classica<br />
ipotesi <strong>di</strong> scuola che, quando stu<strong>di</strong>avamo,<br />
era definita con termine efficace<br />
“domanda retorica”. Ma, in<br />
ogni caso, non foss’altro che per<br />
mettermi a posto la coscienza, non ho<br />
potuto fare a meno <strong>di</strong> avanzarla.<br />
PELLEGRINAGGIO A BELLEGRA<br />
(un rito che si rinnova ogni anno)<br />
Un momento della S. Messa sul palco allestito dall’Associazione fuori della Chiesa<br />
<strong>di</strong> EUGENIO TIBERI<br />
Nel pomeriggio i fedeli si sono recati<br />
a Vallinfreda dove, dal rione <strong>di</strong> S.<br />
Rocco, in corteo, nonostante la pioggia,<br />
e con la partecipazione <strong>di</strong> quattro<br />
postulanti e del vicemaestro provenienti<br />
da Bellegra, hanno ricevuto<br />
la bene<strong>di</strong>zione nella Chiesa Parrocchiale<br />
<strong>di</strong> S. Michele Arcangelo; la<br />
cerimonia ha avuto termine, come<br />
sempre, con la visita nella casa natale<br />
del Beato. Era presente la Banda Musicale<br />
<strong>di</strong> Licenza che, a causa del maltempo,<br />
ha dovuto necessariamente limitare<br />
il suo servizio.
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
LA STORIA DEL TRICOLORE<br />
< dalla prima<br />
Decisamente è un fatto, <strong>di</strong>fficilmente smentibile,<br />
che il Tricolore sia la ban<strong>di</strong>era dell’Italia da 150<br />
anni, anzi nella coscienza dei primi patrioti, come<br />
vedremo, tale simbolo era stato adottato ancor<br />
prima che si riuscisse a compiere l’Unità d’Italia.<br />
Passando a trattare della storia del nostro simbolo<br />
nazionale, una delle prime apparizioni del Tricolore<br />
avvenne durante la campagna d’Italia sotto<br />
il comando <strong>di</strong> Napoleone Buonaparte.<br />
La campagna d’Italia, cui fu posto a capo il ventiseinne<br />
e semisconosciuto Napoleone Buonaparte,<br />
fu decisa dalla Francia rivoluzionaria per<br />
finalità <strong>di</strong> politica interna, ossia creare un <strong>di</strong>versivo<br />
militare al fine <strong>di</strong> alleggerire la pressione<br />
delle forze antirivoluzionarie al confine sul Reno.<br />
La <strong>di</strong>scesa in Italia consentì a Napoleone <strong>di</strong> rivelare<br />
in pieno le sue capacità <strong>di</strong> abile organizzatore,<br />
profondo conoscitore dell’animo dei soldati,<br />
geniale quanto fortunato stratega, unite ad un’in<strong>di</strong>scussa<br />
capacità politica e, soprattutto, ad un<br />
grande talento nel creare il mito <strong>di</strong> se stesso presso<br />
le masse, militari e civili.<br />
Quin<strong>di</strong>, almeno in un primo momento, il giovane<br />
ufficiale còrso <strong>di</strong>venne anche un polo <strong>di</strong> attrazione<br />
per molti patrioti italiani che si misero entusiasticamente<br />
a sua <strong>di</strong>sposizione nella lotta contro<br />
gli stranieri ed i regimi assolutistici.<br />
Nell’organizzare uno dei tanti corpi militari <strong>di</strong><br />
volontari, Napoleone creò la legione Lombarda,<br />
cui egli stesso consegnò come segno <strong>di</strong>stintivo il<br />
Tricolore ricordando il sacrificio <strong>di</strong> due anni prima<br />
<strong>di</strong> Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolan<strong>di</strong>s<br />
1.<br />
In occasione della sommossa organizzata dai due<br />
sfortunati patrioti a Bologna nella notte tra il 13<br />
e il 14 Novembre del 1794, come segno <strong>di</strong> riconoscimento,<br />
furono <strong>di</strong>stribuite delle coccarde<br />
bianche, rosse e ver<strong>di</strong>, a simiglianza del Tricolore<br />
della Rivoluzione Francese, sostituendo il turchino<br />
con il verde (v. foto a lato), perciò taluni ritengono<br />
<strong>di</strong> far risalire la nascita del Tricolore a<br />
questo antefatto.<br />
La fulminea campagna d’Italia<br />
portò il giovane Napoleone alla<br />
conquista <strong>di</strong> gran parte del<br />
settentrione e alla creazione,<br />
sul modello francese, delle<br />
Repubbliche c.d. Giacobine,<br />
in particolare furono istituite<br />
la Repubblica Transpadana<br />
(Lombar<strong>di</strong>a) e Cispadana (Emilia),<br />
quest’ultima deliberò il 7<br />
Gennaio 1797 <strong>di</strong> assumere<br />
come simbolo il Tricolore<br />
ed è questa la prima volta<br />
in assoluto che uno degli<br />
Stati della penisola<br />
adotta tale simbolo,<br />
per questo motivo il nostro<br />
Presidente della Repubbli-<br />
ca quest’anno ha aperto le celebrazioni del 150°<br />
anniversario dell’Unità d’Italia il 7 Gennaio a<br />
Reggio Emilia.<br />
Si può notare che, se sui colori (bianco, rosso e<br />
verde) si era già formata una tra<strong>di</strong>zione, non altrettanto<br />
si può <strong>di</strong>re circa la loro <strong>di</strong>sposizione<br />
(verticali o orizzontali?), inoltre nel simbolo centrale<br />
la Repubblica Cispadana rinviava comunque<br />
alla tra<strong>di</strong>zione municipale dei suoi principali<br />
centri (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio<br />
Emilia) rappresentandole come quattro frecce<br />
unite all’interno della faretra<br />
(= turcasso).<br />
1796<br />
18 Maggio<br />
a Milano Napoleone<br />
consegna alla Legione Lombarda<br />
il Tricolore, a bande verticali,<br />
con i colori verde, bianco e rosso<br />
ricordando il sacrificio<br />
<strong>di</strong> Luigi Zamboni e<br />
Giovanni Battista de Rolan<strong>di</strong>s<br />
Ci si potrebbe domandare che senso abbia far risalire<br />
la nascita del Tricolore al 1797, quando lo<br />
stato unitario italiano (neanche in modo completo)<br />
sarà ufficialmente proclamato solo nel 1861?<br />
Il senso sta nel fatto che il nostro Risorgimento e<br />
la lenta nascita del sentimento nazionale affondano<br />
le proprie ra<strong>di</strong>ci negli eventi <strong>di</strong> quegli ultimi<br />
anni del secolo XVIII e quanto accadrà dopo<br />
(tra il 1848 e 1870) sarà solo la conclusione <strong>di</strong> un<br />
faticoso processo storico iniziato proprio in questo<br />
periodo.<br />
7<br />
<strong>di</strong> Carla PULICANI<br />
7 Gennaio 1797<br />
a Reggio Emilia su proposta<br />
<strong>di</strong> Giuseppe Compagnoni,<br />
segretario della Repubblica<br />
Cispadana, viene adottato il<br />
Tricolore a bande orizzontali con<br />
al centro il Turcasso con quattro<br />
frecce a simboleggiare l’unione <strong>di</strong><br />
Bologna, Ferrara, Modena e Reggio<br />
Emilia, ai lati le iniziali della<br />
Repubblica Cispadana.<br />
11 Maggio 1798<br />
Il Gran Consiglio della<br />
Repubblica Cisalpina decreta che<br />
“la ban<strong>di</strong>era della Nazione<br />
Cisalpina è formata <strong>di</strong> tre bande<br />
verticali parallele all’asta,<br />
la prossima all’asta verde,<br />
la successiva bianca,<br />
la terza rossa”
8 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
1802- 1805<br />
Repubblica Italiana: il drappo era<br />
quadrato o <strong>di</strong> forma allungata.<br />
Marzo 1805 – Primavera 1814<br />
Regno Italico<br />
la ban<strong>di</strong>era della Repubblica Italica<br />
non fu cambiata, ma fu aggiunta<br />
al centro l’aquila d’oro<br />
napoleonica.<br />
La presenza e le conquiste <strong>di</strong> Napoleone in Italia<br />
portarono a più riprese alla ridefinizione dei confini<br />
delle repubbliche Giacobine, in particolare<br />
dall’unione delle repubbliche Cispadana e Transalpina<br />
fu creata la Repubblica Cisalpina nuovamente<br />
con il Tricolore come simbolo, con richiami<br />
più espliciti alla Rivoluzione Francese.<br />
Nel Gennaio del 1802 scompare la Repubblica<br />
Cisalpina e fu proclamata la Repubblica Italiana<br />
(sempre limitatamente a parte dei territori del Settentrione),<br />
il cui Presidente fu Napoleone in persona,<br />
mentre il vice presidente fu Malzi d’Eril. Si<br />
abbandonarono le tre bande verticali e si adottò la<br />
forma <strong>di</strong> un quadrato rosso, cui fu inscritto un<br />
rombo bianco, con inscritto un quadrato verde.<br />
Da rilevare che è la prima volta nella storia che ricorre<br />
il nome <strong>di</strong> “Repubblica Italiana”, per questa<br />
ragione l’attuale simbolo del Presidente della<br />
Repubblica Italiana riprende il medesimo motivo,<br />
incorniciato dal blu presidenziale (v. a lato).<br />
Le vicende napoleoniche in Francia non potevano<br />
non avere ripercussioni anche nei territori italiani,<br />
cosicché in conseguenza della svolta imperiale<br />
<strong>di</strong> Napoleone, non potendo più esistere delle<br />
Repubbliche nel nuovo Impero, nasce il Regno<br />
Italico (1805-1814), che comprendeva quasi tutta<br />
l’Italia settentrionale e <strong>di</strong> cui fu vicerè Eugenio<br />
Beauharnais, figlio della prima moglie <strong>di</strong> Napoleone.<br />
Il Tricolore fu confermato nella stessa versione<br />
della sostituita Repubblica con l'aggiunta<br />
del simbolo imperiale (l’aquila) sormontante la<br />
“N” <strong>di</strong> Napoleone.<br />
Il Tricolore fu spiegato dalle corpose formazioni<br />
italiane che fecero parte della “Grande Armeé” e<br />
“gli Italiani” combatterono l’uno a fianco all’altro<br />
per tutta l’Europa, in tal modo imparando a<br />
conoscersi veramente ed a conoscere anche le<br />
genti <strong>di</strong> altri paesi; anche da questa esperienza<br />
reale nasce la presa <strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong> un’identità nazionale<br />
e della necessità <strong>di</strong> una unificazione, anche<br />
per la crescente insofferenza a dover sottostare<br />
al giogo francese.<br />
Il regno Italico ebbe vita breve in quanto la parabola<br />
<strong>di</strong>scendente dell'avventura napoleonica portò,<br />
con il Congresso <strong>di</strong> Vienna (1815), al ripristino<br />
degli antichi governi e dei precedenti confini.<br />
Tuttavia la Restaurazione non seppellì definitivamente<br />
la volontà <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong> unità;<br />
sorsero molte società segrete (per lo più tollerate<br />
dai governi restaurati),<br />
tuttavia la loro <strong>di</strong>sorganizzazione<br />
e l'incertezza<br />
sugli obiettivi da raggiungere<br />
fecero sì che i<br />
moti degli anni '20 e '30<br />
fallissero e le aspirazioni<br />
all’unità restassero tali<br />
(anche perché tali aspirazioni<br />
rimanevano patrimonio<br />
degli intellettuali e<br />
<strong>di</strong> parte della borghesia<br />
illuminata, ma restava totalmente<br />
escluso il popolo<br />
oppresso da altri più<br />
assillanti problemi).<br />
La svolta alla causa ita-<br />
LA STORIA DEL<br />
liana la dette Giuseppe Mazzini, il quale si rese<br />
conto che occorreva un cambiamento <strong>di</strong> impostazione<br />
ed elaborò un pensiero che pose l’enfasi<br />
sull’idea <strong>di</strong> “nazione” <strong>di</strong>stinguendosi dai rivoluzionari<br />
“cosmopoliti” della generazione precedente<br />
e pose l’accento più sui “doveri” che sui<br />
“<strong>di</strong>ritti”.<br />
Nel 1831 fondò la Giovine Italia organizzata più<br />
saldamente e mirante a rendere espliciti i suoi fini<br />
come simbolo adottò il Tricolore a bande orizzontali<br />
(v. foto a lato) ed il motto (“Unione, forza<br />
e libertà”) riassume il programma ispiratore:<br />
senza unione non c'è forza e senza forza neanche<br />
libertà.<br />
I moti del 1848, 2 che scoppiarono un po’ in tutta<br />
Italia, vanno inseriti nel mutamento più generale<br />
del quadro europeo. In effetti, le aspirazioni dei<br />
singoli popoli, soggetti a domini stranieri, ad<br />
unirsi in nazioni in<strong>di</strong>pendenti coincidevano in sostanza<br />
con le istanze <strong>di</strong> carattere economico <strong>di</strong><br />
gran parte della borghesia, che auspicava unioni<br />
doganali ed estensioni delle reti ferroviarie al fine<br />
<strong>di</strong> garantire lo sviluppo dei commerci e dell’industria.<br />
Questa coincidenza <strong>di</strong> interessi determinò<br />
una crescita del movimento nazionale-liberale<br />
a tal punto che esso rappresentò una forza <strong>di</strong><br />
rottura nei confronti dell’assetto politico-territoriale<br />
stabilito con il Congresso <strong>di</strong> Vienna.<br />
Nella pagina seguente ecco una sintesi visiva <strong>di</strong><br />
alcuni dei moti italiani del 1848 3.<br />
In questo quadro e sotto la forte spinta dell’opinione<br />
pubblica, Carlo Alberto (che aveva anch’egli<br />
già concesso da poco lo “Statuto”, dopo le<br />
barricate <strong>di</strong> Parigi ed i moti <strong>di</strong> Palermo) <strong>di</strong>chiarò<br />
guerra all’Austria e<br />
corse in aiuto degli insorti<br />
milanesi; nonostante<br />
la sconfitta <strong>di</strong><br />
Custoza ed il successivo<br />
armistizio, Carlo<br />
Alberto fu costretto dal<br />
timore <strong>di</strong> una rivoluzione<br />
repubblicana in<br />
Piemonte a riprendere<br />
nel 1849 la campagna<br />
contro l’Austria, anche<br />
questa male organizzata,<br />
quin<strong>di</strong> conclusasi<br />
con la sconfitta <strong>di</strong> Novara<br />
e l’ab<strong>di</strong>cazione<br />
del Re.<br />
1848<br />
23 Marzo:<br />
Carlo Alberto<br />
<strong>di</strong>chiara<br />
guerra<br />
all’Austria,<br />
adotta il<br />
Tricolore a<br />
fasce<br />
verticali, con<br />
al centro lo<br />
scudo dei<br />
Savoia.
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
TRICOLORE<br />
Fu lo stesso Carlo Alberto ad or<strong>di</strong>nare che: "Le<br />
truppe che entreranno sul suolo lombardo inalberino<br />
ed assumano la ban<strong>di</strong>era italiana bianca, rossa<br />
e verde, con al centro lo scudo dei Savoia (croce<br />
bianca in campo rosso)". L'incarico <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare<br />
il modello della nuova ban<strong>di</strong>era fu affidato<br />
a Bigotti, segretario del Ministro dell'Interno e da<br />
quel giorno tale ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong>verrà il vessillo del<br />
Regno <strong>di</strong> Sardegna, che lo conserverà assieme allo<br />
Statuto anche dopo la definitiva sconfitta del<br />
1849, mentre nel resto d’Italia vennero ripristinate<br />
le vecchie ban<strong>di</strong>ere (a parte la parentesi della<br />
Repubblica Romana).<br />
Nonostante le alterne vicende, continuò per tutta<br />
la seconda parte dell’’800 il tentativo <strong>di</strong> unificare<br />
l’Italia e sebbene, durante la successiva guerra<br />
contro l’Austria, nel 1859 a Villafranca fosse<br />
firmato l’armistizio che prevedeva la cessione<br />
della Lombar<strong>di</strong>a dall’Austria alla Francia (che la<br />
rigirò al Piemonte) con grave <strong>di</strong>sappunto italiano,<br />
tra l’11 e il 12 marzo del 1860 le popolazioni<br />
dell’Italia centrale votarono l’annessione al<br />
Piemonte, mentre Nizza e Savoia furono cedute<br />
alla Francia.<br />
Un’accelerazione all’Unità si ebbe con la nota<br />
Impresa dei Mille, che consentì, con il decisivo<br />
apporto delle popolazioni locali, <strong>di</strong> giungere tramite<br />
il plebiscito del 21-22 Ottobre 1860 all’annessione<br />
del regno delle Due Sicilie allo Stato Sabaudo<br />
e <strong>di</strong> pervenire il 17 Marzo 1861 alla proclamazione<br />
del Regno d’Italia sotto Vittorio Ema-<br />
nuele II <strong>di</strong> Savoia.<br />
“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;<br />
noi abbiamo sanzionato e promulghiamo<br />
quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio<br />
Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo<br />
<strong>di</strong> Re d'Italia. Or<strong>di</strong>niamo che la presente, munita<br />
del Sigillo dello Stato, sia inserita nella rac-<br />
Tricolore conservata al Museo Garibal<strong>di</strong>no<br />
9
10 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
17 Marzo 1861<br />
Nascita del regno d’Italia<br />
fu adottato il Tricolore<br />
del regno <strong>di</strong> Sardegna<br />
con l’aggiunta della corona reale<br />
sullo stemma dei Savoia.<br />
Durerà fino al 1946.<br />
Note<br />
1. Luigi Zamboni (Emiliano) e G.B. De Rolan<strong>di</strong>s (Piemontese) erano due studenti<br />
<strong>di</strong> legge dell’Università <strong>di</strong> Bologna. Come spesso accade ai giovani, i due<br />
si erano infervorati alle idee rivoluzionarie provenienti da Oltralpe (pare fossero<br />
“agganciati” da un agente <strong>di</strong> idee rivoluzionarie, tale Saliceti), quin<strong>di</strong> dapprima<br />
<strong>di</strong>edero vita ad un interessante esperimento sull’isola <strong>di</strong> San Pietro, a Caloforte in<br />
Sardegna. Insieme ad altri compagni invasero pacificamente l’isola, per altro bene<br />
accolti dalla popolazione locale, ed istituirono un sistema <strong>di</strong> governo ispirato<br />
ai principi illuministici; l’esperimento durò pochi anni, ma ancora oggi se ne possono<br />
trovare le tracce sia nei cognomi non <strong>di</strong> origine sarda, sia nel <strong>di</strong>aletto del<br />
luogo intriso <strong>di</strong> termini per lo più del nord Italia.<br />
Tornati in Emilia organizzarono la sommossa, ma il tentativo fallì e i partecipanti,<br />
tra cui Zamboni e De Rolan<strong>di</strong>s, furono imprigionati nelle carceri del Torrione<br />
<strong>di</strong> Bologna.<br />
A processo iniziato Luigi Zamboni fu trovato impiccato nella cella che <strong>di</strong>videva<br />
con due criminali comuni, non si sa se suicida o ucciso dai compagni <strong>di</strong> cella su<br />
LA STORIA DEL TRICOLORE<br />
colta degli atti del Governo,<br />
mandando a chiunque spetti<br />
<strong>di</strong> osservarla e <strong>di</strong> farla osservare<br />
come legge dello Stato.<br />
Da Torino addì 17 marzo<br />
1861".<br />
Sono le parole che si possono<br />
leggere nel documento della<br />
legge 17/03/1861 n. 4671 del<br />
Regno <strong>di</strong> Sardegna e valgono<br />
come proclamazione ufficiale<br />
del Regno d'Italia, che fece<br />
seguito alla seduta del 14<br />
marzo 1861 del Parlamento,<br />
nella quale fu votato il relativo<br />
<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge. Il 21<br />
aprile 1861 quella legge <strong>di</strong>ventò<br />
la n. 1 del Regno d'Italia:<br />
quin<strong>di</strong> l’anno della nascita ufficiale dell’italia<br />
è il 1861 (ecco perché quest’anno si celebra il<br />
150° anniversario dell’Unità d’Italia).<br />
Il nuovo regno assunse come simbolo il Tricolore<br />
con al centro lo stemma Sabaudo, ma restarono<br />
fuori i territori del Lombardo-Veneto (in parte<br />
conquistato a seguito della III guerra <strong>di</strong> In<strong>di</strong>pendenza<br />
nel 1866) e lo Stato pontificio.<br />
La c.d. questione romana, sotto il profilo territoriale,<br />
fu risolta con l'entrata in Roma dei bersaglieri<br />
attraverso la Breccia <strong>di</strong> Porta Pia (20 Settembre<br />
1870) sotto il vessillo del Tricolore, mentre<br />
a Giugno del 1871 la capitale fu trasferita a<br />
Roma.<br />
Il nuovo stato italiano non aveva ancora cominciato<br />
ad affrontare gli immensi problemi socioeconomici<br />
e la sua riorganizzazione che si trovò<br />
a fronteggiare una <strong>di</strong>etro l’altra ben due guerre<br />
mon<strong>di</strong>ali, anch’esse combattute all’insegna del<br />
Tricolore.<br />
Di fatto la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale<br />
obbligò i nuovi Italiani<br />
ad uscire dai limiti angusti dei<br />
loro paesi <strong>di</strong> origine ed a<br />
combattere spalla a spalla,<br />
rendendo tangibili tanto le<br />
<strong>di</strong>fferenze che ancora li separavano<br />
(in primis la lingua realmente<br />
parlata) quanto le cose<br />
comuni che li univano;<br />
inoltre questa guerra completò<br />
l’unificazione territoriale<br />
dell’Italia consentendo l’acquisizione<br />
del Trentino, dell<br />
l’Alto A<strong>di</strong>ge, <strong>di</strong> Trieste e dell’Istria.<br />
La crisi economica tra le due<br />
guerre comportò una massiccia<br />
emigrazione italiana in altri paesi (Americhe,<br />
soprattutto) e l’identità nazionale rappresentò per<br />
i nostri compatrioti migranti un reale momento <strong>di</strong><br />
unione nel duro processo <strong>di</strong> integrazione che ogni<br />
migrazione implica.<br />
La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, per l’Italia, fu anche<br />
più tragica della prima, in quanto alla <strong>di</strong>sfatta<br />
militare sui vari fronti esteri, ad un certo punto,<br />
in seguito all’armistizio, si aprì una guerra civile<br />
interna combattuta tra Italiani e su territorio<br />
italiano, che si trovò ad essere occupato sia dalle<br />
forze alleate che da quelle tedesche.<br />
Alla conclusione <strong>di</strong> questa catastrofe che si può<br />
<strong>di</strong>re coinvolse, per un verso o per un altro, ogni<br />
famiglia italiana, il Popolo Italiano, con il referendum<br />
del 2 Giugno 1946, stabilì <strong>di</strong> essere una<br />
Repubblica e votò i rappresentanti dell’Assemblea<br />
Costituente con l’incarico <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere la<br />
Costituzione della Repubblica Italiana, entrata<br />
in vigore il 1 Gennaio 1948, la quale recita:<br />
Costituzione<br />
Art. 12 La ban<strong>di</strong>era della Repubblica è il Tricolore<br />
italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali<br />
<strong>di</strong> eguali <strong>di</strong>mensioni.<br />
istigazione della polizia.<br />
De Rolan<strong>di</strong>s vide la fine del processo che comportò l’emanazione <strong>di</strong> una sentenza<br />
<strong>di</strong> condanna all’impiccagione.<br />
2 Riassuntivamente in italia vi furono: i moti milanesi il 3 Gennaio del 1848; i moti<br />
<strong>di</strong> Palermo il 12 Gennaio, che costrinsero Fer<strong>di</strong>nando II a concedere la costituzione;<br />
i moti <strong>di</strong> Venezia il 17 Marzo; novembre, il Papa fugge a Gaeta, e viene proclamata<br />
la Repubblica Romana.<br />
3 Gli anni dei moti rivoluzionari in Europa (1848-1849) furono più un clamore<br />
verso le mancanze degli stati della Restaurazione che una consapevole lotta per un<br />
nuovo or<strong>di</strong>ne sociale; gli artigiani, i bottegai ed i poveri delle città che furono la<br />
spina dorsale delle insurrezioni agirono più per rabbia spontanea verso la <strong>di</strong>soccupazione,<br />
i prezzi o le tasse che per il desiderio <strong>di</strong> creare un nuovo tipo <strong>di</strong> società.<br />
4 Giuseppe Garibal<strong>di</strong> sbarcò a Marsala l’11 Maggio 1860.
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
Questa è la storia <strong>di</strong> un uomo<br />
che è cresciuto. È <strong>di</strong>ventato<br />
ragazzo, poi è <strong>di</strong>ventato un bambino,<br />
poi un neonato e alla fine è<br />
rientrato nella pancia della mamma.<br />
Insomma, è cresciuto!<br />
Ma questa è pure la storia <strong>di</strong> un<br />
conta<strong>di</strong>no emigrante al contrario.<br />
Dalla valle è partito ed è ritornato<br />
al paese sui monti. Un emigrante<br />
al contrario.<br />
Questo conta<strong>di</strong>no lo chiamavano<br />
Checchereché. L’uomo che è<br />
rientrato dentro la pancia della<br />
mamma, invece, sono io: Simone<br />
Saccucci.<br />
“Come è accaduta questa cosa<br />
strana?”, <strong>di</strong>rete voi.<br />
“Non lo so”, rispondo io.<br />
Ho iniziato piano piano, dentro<br />
la chiesa <strong>di</strong> San Michele Arcangelo<br />
qui a Vallinfreda.<br />
Davanti a me c’era parecchia<br />
gente, tanto che ho dovuto mettermi<br />
la camicia bianca e i pantaloni<br />
neri per sentirmi un po’ più coraggioso.<br />
Ho detto: “oggi vi chiederò <strong>di</strong><br />
cantare con me. Come fanno gli<br />
STORIE AL CONTRARIO<br />
emigranti che scendono dal paese<br />
e per non sentire la fatica cantano<br />
insieme”.<br />
Loro mi hanno risposto.<br />
“Come?”, <strong>di</strong>rete voi.<br />
“Cantando, battendo i pie<strong>di</strong> e ridendo.<br />
Tutti insieme”, rispondo io.<br />
Sono storie al contrario. Dove chi<br />
canta si ritrova a vivere il piacere <strong>di</strong><br />
ascoltare e chi è venuto ad ascoltare<br />
si ritrova a cantare.<br />
Sono storie al contrario, ve l’ho<br />
detto.<br />
La storia che veramente vi voglio<br />
raccontare è la storia <strong>di</strong> alcune persone,<br />
tra Vallinfreda, Guidonia e<br />
Roma, che domenica 19 giugno<br />
hanno cantato la storia del viaggio<br />
<strong>di</strong> Checchereché e, cantando questa<br />
storia, alla fine mi è sembrato<br />
che hanno cantato, in fondo, la loro<br />
storia.<br />
Insomma, ci siamo fatto gli affari<br />
nostri.<br />
Questo è un articolo <strong>di</strong> ringraziamento.<br />
Il mio ringraziamento a<br />
tutti quelli che erano presenti questa<br />
domenica in cui sono successe<br />
queste cose strane, <strong>di</strong> questo con-<br />
ta<strong>di</strong>no al contrario e <strong>di</strong> questo uomo<br />
che è ritornato nella pancia della<br />
mamma. E <strong>di</strong> questa gente che<br />
cantava.<br />
Grazie a chi non riuscendo a<br />
battere i pie<strong>di</strong>, ha battuto il bastone.<br />
Grazie per l’affetto e la partecipazione<br />
che avete regalato a questo<br />
“Simone de Checcheleché” che<br />
è salito a Vallinfreda per cantare ed<br />
ha avuto il grande onore <strong>di</strong> ascol-<br />
11<br />
SPETTACOLO<br />
19 giugno, Vallinfreda, Rocce Spine Streghe<br />
tarvi cantare. A questo Simone che<br />
è salito per far ridere un po’, e invece<br />
ha riso tanto pure lui, insieme<br />
a tutti voi.<br />
Da solo non si può.<br />
Da solo nulla accade.<br />
Da solo in questi tempi<br />
<strong>di</strong> certo non può bastare.<br />
Simone SACCUCCI
12 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
OSSERVATORIO<br />
NOTIZIE FLASH<br />
RISULTATI ELEZIONI AMMINISTRATIVE <strong>2011</strong><br />
(Fonte dati: Ministero dell’Interno – Dipart. Affari Interni e Territoriali)<br />
Comune <strong>di</strong> Vallinfreda<br />
Abitanti: 343 - Elettori: 246 • Sindaco uscente: Piero Chirletti eletto al<br />
primo turno il 28 maggio 2006 con il 59,4% • Consiglieri da eleggere: 9<br />
• Affluenza: 71,72% (precedente 2006: 84,37%) • Schede nulle: 3<br />
Can<strong>di</strong>dati Voti % Partiti Voti % Seggi<br />
Piero Moscar<strong>di</strong>ni<br />
122 50,20 Lista Civica 122 50,20 6<br />
Rinascita<br />
Pasquina Bencivenga<br />
121 49,79 Lista Civica 121 49,79 3<br />
Vallinfreda Democratica<br />
Comune <strong>di</strong> Vivaro Romano<br />
Abitanti: 175 - Elettori: 153 • Sindaco uscente: Gaetano Cerini eletto al<br />
primo turno il 28 maggio 2006 con il 59,4% • Consiglieri da eleggere: 9<br />
• Affluenza: 87,42% (precedente 2006: 90,47%) • Schede nulle: 1<br />
Can<strong>di</strong>dati Voti % Partiti Voti % Seggi<br />
Francesco “Franco” Mezzaroma<br />
65 42,76 Lista Civica - 65 42,76 6<br />
Rinnovamento<br />
Ernesto Tomei<br />
47 30,92 Lista Civica 47 30,92 2<br />
Camminiamo Insieme<br />
Ottorino Cerini<br />
40 26,31 Lista Civica 40 26,31 1<br />
Vivaro nel Cuore<br />
Comune <strong>di</strong> Riofreddo<br />
Abitanti: 663 - Elettori: 592 • Sindaco uscente: Giorgio Caffari eletto al<br />
primo turno il 28 maggio 2006 con il 42,2% • Consiglieri da eleggere: 9<br />
• Affluenza: 89,29% (precedente 2006: 93,19%) • Schede bianche: 2 •<br />
Schede nulle: 5<br />
Can<strong>di</strong>dati Voti % Partiti Voti % Seggi<br />
Giorgio Caffari<br />
338 57,77 Lista Civica 338 57,77 6<br />
Rinascita Riofreddana<br />
Bruno Vasselli<br />
247 42,22 Lista Civica 247 42,22 3<br />
Uniti per Riofreddo<br />
VOTI DI PREFERENZA<br />
VALLINFREDA DEMOCRATICA Arnaldo Rinal<strong>di</strong> 25<br />
Carlo Pasquali 2<br />
Giuseppe Trombetta 12<br />
Giuseppe Pulicani 3<br />
Rosalba Pasquali 10<br />
Luciano Teresi 7<br />
Simonetta Guglielmotti 5<br />
Stefano Sturabotti 11<br />
Ivan Sturabotti 38<br />
RINASCITA Piero Chirletti 7<br />
Alberto Bencivenga 9<br />
Filippo Sturabotti 14<br />
Paolo Pulicani 0<br />
Maria Giovanna Od<strong>di</strong> 5<br />
Raffaello Rinal<strong>di</strong> 3<br />
Luca Ceccarelli 0<br />
Filippo Mazzetti 2<br />
Luigi Saccucci 0<br />
NEWS E INFORMAZIONI<br />
DI PUBBLICA UTILITÀ<br />
RISULTATI REFERENDUM <strong>2011</strong><br />
(Fonte dati: www.repubblica.it)<br />
a cura <strong>di</strong> MARCO MELONI<br />
I Quesito - Privatizzazione dell’acqua<br />
Vallinfreda Vivaro Romano Riofreddo<br />
Affluenza*: 75,4% 65,9% 72,2%<br />
SI: 187 (96,9%) 107 (97,3%) 432 (97,7%)<br />
NO: 6 (3,1%) 3 (2,7) 10 (2,3%)<br />
Schede bianche: 3 1 2<br />
Schede nulle: - 1 1<br />
Schede contestate: - - -<br />
II Quesito - Profitti sull’acqua<br />
Affluenza*: 75,4% 65,3% 72,2%<br />
SI: 191 (97,4%) 109 (99,1%) 433 (98,0%)<br />
No: 5 (2,5%) 1 (0,9%) 9 (2,0)<br />
Schede bianche: - - 2<br />
Schede nulle: - 1 1<br />
Schede contestate: - - -<br />
III Quesito - Energia nucleare<br />
Affluenza*: 75,4% 65,3%** 72,2%<br />
SI: 190 (97,4%) 104 (94,6%) 422 (95,5%)<br />
NO: 5 (2,6) 6 (5,4%) 20 (4,5%)<br />
Schede bianche: 1 - 2<br />
Schede nulle: - 1 1<br />
Schede contestate: - - -<br />
IV Quesito - Legittimo impe<strong>di</strong>mento<br />
Affluenza*: 75,4% 64,7% 72,4%<br />
SI: 185 (95,4%) 99 (91,7%) 426 (96,4%)<br />
NO: 9 (4,6) 9 (8,3%) 16 (3,6%)<br />
Schede bianche: 2 1 3<br />
Schede nulle: - 1 1<br />
Schede contestate: - - -<br />
Comune <strong>di</strong> Vallinfreda: Abitanti: 316 - Elettori: 261<br />
Comune <strong>di</strong> Vivaro Romano: Abitanti: 192 - Elettori: 170<br />
Comune <strong>di</strong> Riofreddo: Abitanti: 790 - Elettori: 617<br />
* Affluenza a chiusura delle operazioni<br />
** Ultimo aggiornamento 13 giugno <strong>2011</strong> ore 17:38<br />
Il presidente della provincia Zingaretti inaugura<br />
Centro <strong>di</strong> formazione provinciale a Vallinfreda<br />
Fonte: Adnkronos<br />
All'interno dell'e<strong>di</strong>ficio inaugurato a maggio con l’intervento del<br />
presidente della provincia Zingaretti si svolgeranno corsi <strong>di</strong> formazione<br />
per il personale <strong>di</strong> enti pubblici ed aziende e corsi integrati<br />
<strong>di</strong> Protezione Civile per i volontari, con attività teoriche e pratiche,<br />
da svolgere in parte in aula ed in parte sul territorio. Per<br />
ogni corso sarà rilasciato un attestato finale <strong>di</strong> frequenza e un<br />
eventuale riconoscimento <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti scolastici e professionali per i<br />
giovani volontari, anche attraverso la formula delle vacanze-stu<strong>di</strong>o.<br />
Nella stessa struttura, inoltre, si svolgeranno le attività <strong>di</strong> informazione<br />
e documentazione sull'attività <strong>di</strong> protezione civile attraverso<br />
la realizzazione <strong>di</strong> corsi multime<strong>di</strong>ali che prevedono l'utilizzo<br />
<strong>di</strong> materiale au<strong>di</strong>ovisivo <strong>di</strong> archivio relativo ad eventi <strong>di</strong> emergenza,<br />
come terremoti, alluvioni e incen<strong>di</strong> boschivi.<br />
Nel corso della stessa giornata, il presidente della provincia Zingaretti<br />
ha inaugurato un nuovo hot spot wi-fi in via san Rocco a<br />
Vallinfreda per connettersi gratis al web.
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
SPORT<br />
UN ANNO STORICO<br />
Conclusa la stagione calcistica<br />
2010-<strong>2011</strong> è tempo <strong>di</strong> tirare le<br />
somme.<br />
Quarti in classifica a un solo punto<br />
dalla terza.<br />
Conquistati i play off per la prima<br />
volta nella storia <strong>di</strong> Vallinfreda.<br />
Siamo arrivati ai quarti <strong>di</strong> finale perdendo<br />
(immeritatamente) uno a zero<br />
con la squadra che poi ha vinto i play<br />
off stessi.<br />
Il nostro bomber Angelo Di Paolo è<br />
il capocannoniere del torneo con 33<br />
goal.<br />
Insomma, per noi è stato un anno<br />
“storico”.<br />
Ma la cosa più importante è che<br />
dopo due anni <strong>di</strong> sacrifici, sconfitte<br />
e polemiche abbiamo potuto risentire<br />
il calore <strong>di</strong> tutti i vallinfredani.<br />
Nessuno escluso. E questo<br />
rappresenta la vera vittoria del nostro<br />
campionato.<br />
Grazie a tutti<br />
Ps. Un grande plauso va al timoniere<br />
Augusto Di Gennaro, che pur<br />
avendo sempre giocato e lavorato in<br />
squadre <strong>di</strong> categoria superiore, si è<br />
calato umilmente e immedesimato<br />
nello spirito della nostra piccola realtà.<br />
Senza battere ciglio, fino all’ultimo,<br />
con una determinazione<br />
che ci ha insegnato a combattere.<br />
Grazie mister. Ci rive<strong>di</strong>amo a settembre,<br />
sicuro.<br />
la squadra del Real Vallinfreda 2010-<strong>2011</strong> è composta da: Amoni Maurizio, Paolo Borgi (PORTIERI). Daniele Frasca, Giovanni Luci<strong>di</strong>, Marco Magnelli,<br />
Simone Minati, Marco Proietti, Antonio Santucci, Ivan Sturabotti, Stefano Sturabotti, Gianluca Vasselli (DIFENSORI). Daniele Bernar<strong>di</strong>ni, Diego<br />
D’Agostino, Duilio D’Agostino, D'Ascenzo Giacomo, Andrea Filippi, Daniele Fiorentini, Emiliano Luci<strong>di</strong>, Fabrizio Luci<strong>di</strong>, Cristian Pasquali, Federico<br />
Pasquali, Giulio Rinal<strong>di</strong> (CENTROCAMPISTI). Angelo Di Paolo, Maurizio Luci<strong>di</strong>, Emanuele Saccucci, Maurizio Timperi (Attaccanti).<br />
13<br />
Tutti i RAGAZZI DELLA SQUADRA<br />
VALLINFREDA IERI & OGGI<br />
Direttore Responsabile<br />
Chiara BEGHELLI<br />
Direttore <strong>di</strong> Redazione<br />
Tony SACCUCCI<br />
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Autorizzazione n. 5 del 21/1/<strong>2011</strong><br />
del Tribunale Civile <strong>di</strong> Tivoli<br />
Grafica e Impaginazione<br />
Fulvia Sordelli<br />
Stampa<br />
Tipografia SILGRAF - Roma<br />
Chiusura Redazionale 9 mar <strong>2011</strong><br />
Distribuzione gratuita
14 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
STORIA E TRADIZIONE<br />
TACCHI E SOLE<br />
Nino con un “giovane appren<strong>di</strong>sta”<br />
Maddemà me ’óléa mette le scarpi nòe,<br />
ma còme l’òglio ’nzaccate…<br />
“trùcche e tràcche, trùcche e tràcche”…<br />
le scarpi sonéanu!<br />
ORIZZONTALI<br />
1. Gliu sopennòme de chi<br />
refacéa ppiù rranu, dóppo<br />
l’utima querra mun<strong>di</strong>ale (d)<br />
10. Un zasiccióne… 'na cria tundu<br />
15. Le “pónde” sé i se déanu a<br />
ppascipàsculu dóppo la recóta<br />
(d)<br />
16. Se manga quaeccósa 'mmi<strong>di</strong>atamènde<br />
proéde de nóo (d)<br />
18. Gliu primu prònome de ognunu<br />
de nui<br />
19. Gliu fruttu degli rui (d)<br />
21. L’hau da tené ròssa pe’ èsse<br />
gliu chirualle<br />
23. Gliu stu<strong>di</strong>u pe’ ssapine quello<br />
che è bènvattu e quello che è<br />
mmalefattu<br />
24. Gliu 'nníziu della sfiuritura<br />
26. Gliu sòle senza l’arba e ssenza<br />
la calata<br />
28. Se ice de chi è biangu de<br />
capigli (d)<br />
31. A Ravènna cogli'automòbbile<br />
32. Còme se chiamanu certi capucciuni<br />
abbissini<br />
34. Un zórge sénza capu nné<br />
ccóa<br />
35. La femmena de un gillittu…<br />
creenzóne (d)<br />
38. La parte “B” (d)<br />
39. La filastròcca de cèrte cose<br />
che sérvo pe' cavargane (6, 4,<br />
5, 1, 5) (d)<br />
43. Prupiu io<br />
44. Mezza rapa<br />
45. Nonne alècre, prupiu simbaticòne<br />
46. Una “cónga” 'na cria…<br />
“ciónga” (d)<br />
49. Só ttutte piazzòle pure pélle<br />
pagliaròle (d)<br />
51. Addó stau gli banghi degli<br />
scolari (sing.)<br />
52. Sèrve pe’ ffà le mariòle o le<br />
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varòle, còme <strong>di</strong>cu agliu Chiauru<br />
(d)<br />
55. 'Mmézzo allo “veléno”<br />
57. Un “gallo” a Vallinfreda<br />
spaccatu 'ndóa (d)<br />
58. Draendo la tóneca degliu<br />
frate (d)<br />
59. Pron. pers femm. <strong>di</strong> 3a pers.<br />
VERTICALI<br />
2. “Ghine” e, meglio “ghì”: è<br />
un verbo pinu de defétti e,<br />
ècco, pure re ciungu, addoperatu<br />
dagli poèti e, sopettuttu,<br />
'Ndoscana (tr.)<br />
3. Una che nnon za addó ghine,<br />
che vva ggirènno sulitaria<br />
come 'na matta (d)<br />
4. Arriatu (d)<br />
5. Duùtu; giustamènde quatagnatu<br />
(d)<br />
6. Se tte mariti e nnon de pórti<br />
l’;rca (che agliu paese nóstro<br />
<br />
<br />
è ccòme una cassa pe'rrepusacce<br />
gliu corrédo della<br />
spusa), la róbba dell’attacchi<br />
alla sparruccia<br />
7. Nonn'è rróbba méa: è de issu<br />
o de éssa (d)<br />
8. La spesa appena conenzata<br />
9. Gli eranu recacciatu “Sénza<br />
curu”, ma ècco ce nne sta arméno<br />
mézzo (d)<br />
10. Quello che remane dello latte<br />
dóppo leata la recòtta (d)<br />
11. Addó stau i mórti degli<br />
an<strong>di</strong>chi<br />
12. La parte dello Da Monde che<br />
tte fa recordane gli cacciaturi;<br />
ci sta pure gliu fondanile<br />
degli Scifégli (compreso l’articolo)<br />
(2, 9) (d)<br />
13. Còme fa gli attu quanno piagne<br />
14. Allo méo ce nne manga 'na<br />
cria (d)<br />
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Le reòto, e allora… ce créo!<br />
Gli tacchi eranu de ’na plastichettaccia<br />
che già se stéanu a scollà’<br />
pe’ quigliu minuto che ll’èra messe pe’ camminà’!<br />
Ah, suscì è?<br />
Mó vve porto da Nino che ve sistèma issu!<br />
Eh scine, la bottega degliu carzolaru de Valanvréa!…<br />
Còme me lla pozzo scordà’?<br />
Gli viàghi che ce sò fatti da chiattarèlla<br />
ppe’ lle scarpi mée, de nonno e nonna ,<br />
che ppe’ ghicce, faciammo acchiapparèlla!’<br />
Quigliu buscittu luscì miccu…<br />
che eranu più róssi gli busci<br />
e le caròfe delle scarpi che gli portéanu!<br />
Ma lòco però non manghéa gniènde!<br />
Còme te ’edéa alla porta<br />
CRUCIVERBA Le definizioni sono date in <strong>di</strong>aletto e, per<br />
questo, possono contenere qualche <strong>di</strong>fficoltà, ma offrono anche, così si spera, un<br />
qualche giovevole contributo grafico, espresso secondo i canoni riportati nel<br />
<br />
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te ’icéa:”Ohé, que tta da refà’, gli tacchi o le sòle?”<br />
Ahó, a Roma, te cce mettéanu ’na leccata de colla<br />
e ’na solétta che se speréa…<br />
Sta sicuru che se era Nino<br />
a resolatte le scarpi… e quanno te sse stacchéanu!<br />
Vi<strong>di</strong> pó’… co’ quelle sòle luscì paccùte<br />
e ’na vindìna de chiói, se poteanu rescollà’!?<br />
Che quanno le repiglìi… pe’ lla puttana… peséanu pure<br />
deppiù!<br />
Eppure, quanno ce repasso lòco icìnu,<br />
me pare de resindì’ quella puzza della colla<br />
e lo batte de Nino co’ gliu martéglio,<br />
’nmézzo alle scarpi vècchie e nòe,<br />
che, còme te ’edéa te ’ìcéa:<br />
“Ohé, ta da refà’ gli tacchi o le sòle?”…<br />
Alessandra Francola<br />
“<strong>di</strong>zionario” unico del linguaggio <strong>di</strong>alettale vallinfredano. Le stesse, solo quando<br />
prevedono soluzioni <strong>di</strong>alettali, <strong>di</strong>rette o in<strong>di</strong>rettamente ricavabili, sono<br />
contrassegnate dalla lettera (d). Le lettere inserite nello schema sono iniziali <strong>di</strong><br />
parole <strong>di</strong>alettali <strong>di</strong> almeno sei lettere.<br />
<br />
17. Gliu “èscì” de 'na òta della<br />
parlata frangese icinu all’Italia<br />
20. Una ia micca e strétta draendo<br />
agliu paese (d)<br />
22. Se crée d’èsse préna e 'mmici<br />
è… (vuota) (d)<br />
25. La parte dello Da Monde tra<br />
Pòrteca e Gli Casali (senza<br />
l’art.) (d)<br />
27. Ci sta Luisétta, ma ci sta pure<br />
una Luisa più <strong>di</strong>licata, più<br />
moderna<br />
29. Se sennonbiù, se nnonnàru;<br />
acquandu (d)<br />
30. Gliu primu strumendo degliu<br />
sartóre (d)<br />
32. Tandu va l’atta allo lardu che<br />
cce lassa gliu… (d)<br />
33. Cégna de corame pegliu<br />
cambanacciu degliu iaréglio<br />
(d)<br />
36. Un cóso volande scunusciutu<br />
(sigla)<br />
37. Alla Cina stau 'ndìspiru<br />
38. Magnà la séra<br />
40. L’arma degliu pala<strong>di</strong>nu Orlando<br />
(d)<br />
41. Mézzo còre<br />
42. La “e” de Oraziu, de<br />
Irgìliu…<br />
47. Gregòliu Berbar<strong>di</strong>ni (iniz.)<br />
48. Un artìculu romaniscu<br />
50. Giu<strong>di</strong>cati e condannati<br />
pe'quae mmalefatta<br />
56. Gli'esémbiu curtu<br />
57. Angilu e Soemia (iniz.)<br />
<strong>di</strong> A ngelo Tiberi Soluzione
Vallinfreda ieri & oggi <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong><br />
DIALETTO E RADICI<br />
IL DECAMERONE<br />
SETTIMA GIORNATA - NOVELLA SECONDA<br />
(da Giovanni Boccaccio - libera traduzione in vallinfredano)<br />
<strong>di</strong> Eugenio TIBERI<br />
Peronella, appena che revè gliu maritu alla ’mbruisa, fa mette gli’amande draéndo una<br />
vittìna (rósso ricipiènde de cóccio de quigli pé conzervà’ l’óglio) che gliu maritu aéa<br />
vinnuta; ma essa <strong>di</strong>ce che l’ha vinnuta a unu che sta lòco draéndo pe’ vedene se è sana.<br />
E gli’amande sarda fore e la fa pulì’ agliu maritu pe’ poi portàssella a casa sea.<br />
Non tandu témbo fa, a Napuli, ci<br />
staéa un gioenótto che se spusà<br />
co’ ’na bella gioenòtta chiamata<br />
Peronella; e issu co’ gliu mistiere séo<br />
de muratore, e essa che s’arragéa a<br />
filane, guadagnéanu lo strittu nicissariu<br />
e cambéanu còme meglio<br />
potéanu.<br />
Mo’ soccesse che un béglio<br />
gioenótto un giorno vedde Peronella<br />
e subbitu gli piacì’, ma gli piacì<br />
cuscì tandu, che, tandu fece e tandu<br />
<strong>di</strong>sse, la convénze a ’ngondrasse più<br />
de quae ’òta… E pe’ fa’ le cóse fatte<br />
bbene, se missiru d’accordo cuscì:<br />
datu che gliu maritu escéa la matina<br />
abbonora pe’ ghi a laorà’, appena<br />
che gliu gioenótto gliu vedéa iscìne,<br />
issu se ’nviléa drendo casa, sénza che<br />
chièlle gliu vedesse datu che la ’ia<br />
addò staéa la casa era solitaria e<br />
quasci annabbuscata. E suscì ficiru<br />
paricchie ’òte.<br />
Ma, còme se <strong>di</strong>ce?, tandu va la ’atta<br />
allo lardu …! E ’na matina, quanno<br />
che gliu maritu era iscìtu, ecco<br />
che Giuannittu (cuscì se chiaméa<br />
gliu gioenótto) endrà e comenzaru,<br />
issu e Peronella, a dasse quae bacittu<br />
e a fasse un pó’ de “cunvidènze”,<br />
quanno che all’imbruisa gliu maritu,<br />
che pe’ tuttu gliu ggiorno non renéa,<br />
revenne e, troata la porta anzerrata,<br />
bussà e ’ndandu, tra sé e sé, <strong>di</strong>céa:<br />
“D<strong>di</strong>o scia lodatu! Sebbenànghe io<br />
so’ un poeracciu, armeno tèngo ’na<br />
moglie gioane, bella, onesta e timorata<br />
de D<strong>di</strong>o. Lo ’i<strong>di</strong>? Essa ha anzerrata<br />
la porta appena che so’ iscitu<br />
pe’ fa sci che chielle pòzza endrà’ a<br />
dagli fasti<strong>di</strong>u”.<br />
Peronella, che dalla bussata reconobbe<br />
gliu maritu, <strong>di</strong>sse:<br />
“Poeraccia me! Giuannittu méo,<br />
ecco marìtimu, gliu pòzzinammazzàgliu,<br />
quere bboglia ’ice? Nonn’è<br />
mai rinutu a quest’ora… pe’ ccasu<br />
t’ha vistu quanno che sci endratu?<br />
Ma pe’ ll’amor de D<strong>di</strong>o, còme che<br />
scia, fìccate draéndo a ssa vittìna, ’ndandu<br />
gli rrapro e vedémo que vo’rdì<br />
che è rinutu a quest’ora…<br />
Giuannittu endrà’ all’ambrescia<br />
draéndo alla vittìna, Peronella ghi a<br />
raprì la porta e, mèzza ’ngrumàta,<br />
<strong>di</strong>sse agliu maritu:<br />
“Ma com’è che sci rinutu a<br />
quest’ora? Oghi non té fantascia da<br />
faticane che sci rinutu co’ gli férri<br />
’mmani? Fregna nonna! E co’ que<br />
cambémo? Co’ que ce ghiémo a<br />
combrà’ lo pane? Tu te crìi che io<br />
pozzo sopportà’ che te va a ’mbegnà’<br />
la bunnella méa e gli’ari panni?<br />
Io non faccio aru che filane, notte e<br />
ggiorno, tandu che me ss’è cunzumata<br />
la ciccia attorno all’ógna pe’<br />
aéne armeno l’óglio pe’ appiccià’ la<br />
lindèrna. Maritu méo, tutte le commari<br />
se fau maraéglia e me sbefféggianu<br />
pe’ tutta la fatica che faccio;<br />
e tu revé a casa a mani scómmore<br />
quanno che ’mmici arristi da stà’ a<br />
laorane!” E <strong>di</strong>ttu quesso, attaccà a<br />
piagne e recomenzà’ a <strong>di</strong>ce:<br />
“Oh, poeraccia me, me desgrazziata,<br />
que sso’ nata a ffa’? Me sarrìa<br />
pututa marità’ co’ un béglio<br />
gioenotto, e non gliu so’ vulutu!...<br />
Pe’ cque ffa? Pe’ pigliamme quistu<br />
che non pénza a chi s’è spusata…<br />
L’are mittu le corna agli mariti co’<br />
unu e pure co’ ddoa e quaeuna pure<br />
co’ tre aman<strong>di</strong> e fau crée agli mariti<br />
che la gliuna è gliu sòle; io, ’mmici,<br />
me poeraccia, timorata de D<strong>di</strong>o che<br />
non pènzo a sse cóse, me retròo,<br />
còme se <strong>di</strong>ce?, co’ ’na mani denanzi<br />
e l’ara deréto! Io non lo saccio pecqué<br />
non te faccio curnutu còme<br />
tutte l’are. Ma llo capisci che se volesse<br />
quaeùnu gliu tròo, béglio e riccu,<br />
e quan<strong>di</strong> me sse só’ presendati a<br />
<strong>di</strong>mme che me vógliu bbene e m’hau<br />
offérti regali e sòr<strong>di</strong> e aru… ma io,<br />
che non so figlia de ’na bbona donna,<br />
gli so’ refiutati! E tu, te nne revé<br />
a casa co’ lle mani ’mmani ’mmici de<br />
ghi a laorane.”<br />
E gliu maritu, doppo ssa gran sfuriata,<br />
<strong>di</strong>sse:<br />
“Statte bbona moglie méa, io lo<br />
saccio chi sci e còme sci, e pure<br />
maddemane me nne so’ accórto, che<br />
sci anzerrata la porta appena che so’<br />
iscìtu. E’ vero che so’ ghitu a laorane,<br />
ma chi s’era recordatu che oghi è<br />
festa? E’ pe’ quesso che sso rinutu a<br />
casa. Ma ’ndandu so’ troàta la<br />
manèra de assicuracce lo pane pe’<br />
più d’un mese pecqué so’ vinnutu a<br />
quistu cristianu che sta co’ mme<br />
quella vittìna che ci stéa a ’mbiccià’<br />
e la so’ vinnuta pe’ cendomila lire”.<br />
Disse allora Peronella:<br />
“Bella robba! Ha fattu gliu<br />
guadagnu de ‘maria cazzetta’! Tu sci<br />
omo e va de fore e arristi de sapì’ più<br />
meglio de me còme se trattanu<br />
gli’affari e sci vinnuta la vittìna a<br />
céndomila lire, io ’mmici che so’<br />
femmena e nonn èscio mai de casa,<br />
datu che ce ’mbiccéa, la so’ vinnuta<br />
a céndocinguanda a un brao cristianu<br />
che sta draéndo pe’ vedé’ se è<br />
sana”.<br />
Quanno che gliu maritu sindì<br />
quesso, fu condéndo còme ’na<br />
pasqua e <strong>di</strong>sse a quigliu che era inutu<br />
co’ issu:<br />
“Ha sin<strong>di</strong>tu? Te nne po’ pure reghì’<br />
ché mógliema l’ha vinnuta a céndocinguandamila<br />
lire e tu me nn’arristi<br />
date solo céndomila”.<br />
E quigliu salutà e se nne ghì.<br />
Peronella <strong>di</strong>sse agliu maritu:<br />
“Mo’ vi<strong>di</strong> tu de sistemà’ co quissu<br />
che sta èsso dréndo gli fatti nóstri”.<br />
Giuannittu, che stéa a rrecchie<br />
sturate e gli’occhi azzati pe’ vvedé se<br />
aéa da tené paura o nno, sin<strong>di</strong>tu<br />
quello che Peronella <strong>di</strong>céa, iscì subbitu<br />
dalla vittìna, e còme se no<br />
nn’aésse sin<strong>di</strong>tu gniende degli <strong>di</strong>scurzi<br />
degliu maritu, <strong>di</strong>sse:<br />
“Addó’ sta, femmena méa?”<br />
A ché gliu maritu s’accostà e <strong>di</strong>sse:<br />
“Eccome, <strong>di</strong>mme”<br />
E Giuannittu:<br />
“E tu chi sci? Io voglio parlane co’<br />
lla femmena che è la padrona de<br />
questa vittìna”.<br />
“Parla pure co’ mme, io so’ gliu<br />
15<br />
La vettina per l’olio<br />
maritu”.<br />
Allora <strong>di</strong>sse Giuannittu:<br />
“La vittìna è sana, ma a mme me<br />
pare che draéndo ce séte tinuta la<br />
ghiozza: è tutta ’mbiastràta de non<br />
saccio que cósa, tandu secca che<br />
non ce rrèscio a leàlla co’ l’ógna. Io<br />
non me lla piglio se non la ’édo prima<br />
pulita”.<br />
Disse Peronella:<br />
“Pe’ tuttu quesso non facémo<br />
gli’affare? Mo’ marìtimu te lla<br />
pulisce”.<br />
E gliu maritu:<br />
“Va bbene”;<br />
e repusati gli ferri da lauru, se leà<br />
la giacchetta, se fece appiccià la<br />
lindèrna, piglià la raschiétta, se calà<br />
dréndo alla vittìna e comenzà a<br />
raschià’.<br />
Peronella allora, còme se volesse<br />
vedene còme gliu maritu facéa gliu<br />
lauru, messe gliu capu, gliu racciu e<br />
la spalla alla ’ócca della vittìna e<br />
comenzà a <strong>di</strong>ce:<br />
“Raschia ècco… ècco… lòco… un<br />
pó’ più sotto… un pó’ più sopre… vi<strong>di</strong><br />
che ècco ce nn’è remasa ’na crielletta…”<br />
E ’ndrammin<strong>di</strong> che staéa accucciata<br />
e parlea, Giuannittu, che la<br />
matina no nn’aéa finitu gliu<br />
servizziu quanno che era arriatu gliu<br />
maritu, s’arrangià alla meglio; s’accosta<br />
alla femmena che tenéa chiusa<br />
la ’ócca della vittìna e, còme fau gli<br />
cavagli co’ lle cavalle ’n calore all’arammonde,<br />
suscì issu smorzà gli<br />
“ardori giovanili”… Agliu stissu momendo<br />
la vittìna finì d’èsse raschiata<br />
tutta, Giuannittu se scostà da<br />
Peronella, Peronella leà coccia, racciu<br />
e spalla dalla ’ócca della vittìna e<br />
gliu maritu iscì fore.<br />
E Peronella <strong>di</strong>sse a Giuannittu:<br />
“Tè, ècco la lindèrna e vi<strong>di</strong> se è<br />
pulita còme vó’ tu”.<br />
Giuannittu, doppo aé’ vistu draéndo,<br />
<strong>di</strong>sse che ghiéa bbene e che se<br />
potéa accondendà’; e pagate le céndocinguandamila<br />
lire se lla fece<br />
portà’ alla casa séa.
16 <strong>Luglio</strong> <strong>2011</strong> Vallinfreda ieri & oggi<br />
I E R I & O G G I<br />
La casa natale del<br />
Beato Diego Od<strong>di</strong><br />
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