Le crociate: un atto d'amore o di violenza? - Davide Pavani

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29 gennaio 2007 LE CROCIATE: UN ATTO D'AMORE O DI VIOLENZA?
Autore: Davide Pavani
Ho avuto modo di leggere su un sito cattolico radicale (o
tradizionalista "estremo", almeno per certi aspetti),
intitolato "Contro la Leggenda Nera", un articolo e
un'intervista tesi a dimostrare che le crociate indette e
combattute in epoca medievale furono un "segno
d'amore" della Chiesa e della cristanità verso i cristiani
d'oriente assoggettati all'Islam, nonché una serie di
"guerre sante", poiché santificate dal sangue del martirio
di chi vi cadde animato, appunto, da tanto amore... Chiaramente, dopo aver letto
gli articoli (che si possono leggere cliccando qui e qui), ho scritto ai curatori del
sito dichiarando la mia totalòe indignazione per aver letto una così grave
apologia di ciò che reputo solo una serie di sanguinose guerre, tutt'altro che
sante e tutt'altro che segni d'amore. Con pronta perizia, mi ha risposto il
webmaster del sito, Emiliano, il quale, dopo avermi invitato a meglio
documentarmi onde colmare la mia lacunosa ignoranza storica, ha definito come
ridicole, anzi false, le ragioni della mia "virtuosa indignazione". Per darmi
dimostrazione di ciò, mi ha invitato anche a porre attenzione alla vita dei santi
crociati, come S.Luigi IX , re di Francia, conduttore della VIII e della IX crociata.
Ora, alla mia successiva replica non è ancora giunta risposta alcuna, ma la
sottopongo comunque all'attenzione dei lettori del mio blog, sorattutto di quelli
cattolici, perché mi possano rispondere, constatando di persona quanto ridicoli e
falsi siano i ragionamenti e le sensazioni che mi inducono a ritenere le "sante
crociate cristiane" solo un atto di violenza, un atto di guerra e, in quanto tale, un
errore. Un errore da cui Dio ha spauto trarre esempi di santità, certamente. Ma
l'argomentazione di ciò la lascio alla mia lettera. Buona lettura e buon commento!
Davide Pavani
________________________________________________
All'attenzione del webmaster di "Contro la Leggenda Nera".
Caro Emiliano,
trovo decisamente ridicolo trattare e giudicare un evento
storico alla sola stregua degli stati d'animo che l'hanno
prodotto e caratterizzato, tantopiù se da ciò dipende un
giudizio morale quale l'indagine della fedeltà al volere di Dio di
chi ha realizzato quell'evento.
E' vero: non si può mettere in discussione la "buona fede"
(quindi l'intenzione d'amore ai fratelli nella fede) di chi ha
voluto e partecipato alle prime crociate (esclusa la quarta, e ho
seri dubbi anche sulle altre). Ma la buona fede non può bastare
a salvare il giudizio sulla storia, anche se può parzialmente
assolvere lo spirito di chi ha combattuto e ucciso altri esseri
umani.
Qualcuno potrebbe dire che non si può giudicare la storia di ieri
con le lenti e i valori di oggi. Ma anche questo è un esercizio,
quantomeno opportunistico, di relativismo culturale teso a
giustificare ogni cosa per il solo fatto di non riguardarci hic et
nunc.
Oggi chi predicherebbe una crociata se improvvisamente
Gerusalemme divenisse capitale di uno stato palestinese
eventualmente governato da un regime islamista simile a
quello iraniano? Sicuramente non la Chiesa cattolica. Forse
perché non ne ha più il potere, o forse, più probabilmente,
perché ha rigettato e condannato la violenza come mezzo di
difesa della fede.
Uno Stato è laico quando:
fa le leggi senza
considerare i dettami delle
dottrine religiose
approva leggi che tengano
conto delle diverse visioni
culturali presenti nella società
si rimette all'identità
culturale maggioritaria nel
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fa le leggi senza sottostare
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1 di 6 12/08/2007 20.46

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Uno degli articoli che lei mi ha proposto scrive:
"Nel Medioevo l’opinione prevalente era che la violenza fosse
moralmente neutra e che il suo colore morale dipendesse
dall’intenzione di chi la compiva"
E, a meno di un esercizio di realtivizzazione piuttosto
deprecabile, oggi sappiamo che questo è un atteggiamento
cristianamente inaccettabile. Il fatto che all'epoca esso fosse la
norma, anche per la Chiesa, non basta a giustificarlo, né a
giustificare gli errori commessi da chi era preposto a guidare la
Chiesa e il popolo cristiano.
Chi ha scelto di rimettersi a ciò in obbedienza, a guisa di
dovere compiuto in sottomissione al volere del vicario di Cristo
senza indagarne le intenzioni politiche, è stato giustamente
santificato. Non già per l'atto di aver combattuto in difesa della
Chiesa, ma di essere rimasto fedele a Cristo e alla sua Chiesa
anche di fronte all'umanamente inaccettabile. La fede che ha
condotto a morire nella IX crociata S.Luigi di Francia ne è
regione di santità, a coronamento di una vita pia e zelante
nell'amore verso i sudditi e verso il proprio paese, figure di
Cristo e del suo popolo.
L'obbedienza di S.Luigi alla Chiesa non è venuta meno (e l'ha
condotto a morire nella carne) nemmeno di fronte all'ordine di
partire per due imprese fallimentari (la VIII e la IX crociata), la
quali furono tutt'altro che mosse dall'amore a chicchessia, se
non dall'amore al potere e al denaro di quegli stati mercantili
che le hanno a tutti i costi volute. I papi di allora furono tutti
più o meno ingenuamente attirati dal desiderio di liberare le
terre sante occupate dai musulmani, ma caddero
(praticamente ogni volta che riuscirono a ottenere sostegno
militare) nella rete di intrighi politici tra sovrani autointeressati
e senza scrupoli.
L'esempio più lampante fu la IV crociata, diretta a
saccheggiare Costantinopoli. Quale fraterno amore ai fratelli
cristiani.... E di lì, la storia si ripeté in varia misura nelle
crociate successive, anche se senza più simili episodi. Ma i
tempi non erano ancora maturi perché le gerarchie
acclesiastiche avessero occhi sufficientemente aperti per
accorgersene.
A dire la verità, i tempi sono maturati nel XX secolo, quando lo
scempio della Guerra Totale (le due guerre mondiali) hanno
finalmente e a duro prezzo indotto la voce della Chiesa a
condannare senza più riserve ogni genere di violenza e ogni
guerra, ad affermare senza più compromessi un valore che le è
sempre stato proprio.
La vita umana è sacra e inviolabile, indipendentemente da ogni
sorta di colpa che riguardi l'essere umano.
La stessa pena di morte, per quanto non incontri il divieto
esplicito della Chiesa, è stata giudicata un atto che ormai non
trova più una colpa sufficientemente grande per essere
accettata dalla moralità cristiana. Ed è quanto scrive Giovanni
Paolo II nell'enciclica Evangelium Vitae.
Che questo principio fosse chiaro anche nel Medioevo è
evidente, ma per le caretteristiche e per la debolezza delle
istituzioni di potere di allora (si era infatti in una situazione di
dominio del diritto comune e in assenza di solidi stati-nazione)
era più facile derogare ad esso, pensando che così fosse
meglio difendibile la struttura ordinata della società.
Per questo trovarono spoazio, per esempio, gli eccidi ordinati
dall'Inquisizione spagnola.
E la deroga era divenuta la regola, al punto che anche il
Chiesa Cattolica Italiana
sito web ufficiale della
Conferenza Episcopale Italiana
(CEI)
dottrina sociale della Chiesa
Compendio della dottrina
sociale della Chiesa Cattolica, a
cura del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace (da
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sito web ufficiale dell'Unione
delle Comunità e delle
Organizzazioni Islamiche in
Italia, l'organizzazione islamica
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Sito web della Comunità
Religiosa Islamica Italiana, la
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2 di 6 12/08/2007 20.46

Le crociate: un atto d'amore o di violenza? http://www.bloggers.it/pavani/index.cfm?blogaction=permalink&id=...
comandamento dato da Cristo sul Monte delle Beatitudini
risultava all'epoca delle predicazioni crociate quantomeno
imbarazzante: "amate i vostri nemici, fate del bene a coloro
che vi odiano".
L'intervista sul suo sito, caro Emiliano, lo dice esplicitamente:
"parecchi anni or sono ho chiarito in un articolo che c’era un
difetto in questo “amore crociato”. L’amore dei crociati per i
loro fratelli e sorelle cristiani era evidente (i cristiani d’Oriente
avevano bisogno di difesa [come ha dimostrato la III crociata,
no?]). Ma era poi arduo per teologi e predicatori parlare anche
dell’amore per il nemico, benché parecchi tra loro ci abbiano
provato"
Un "difetto", eh?... La Chiesa non predica un amore "difettato",
ma integrale e radicale. Chi predica un amore parziale o
compromesso, non parla in nome di Dio.
Ora, non sono un esperto della materia, ma mi piacerebbe
sapere quali divertenti artifici sillogicistici e quali stravaganti
sofismi usassero i predicatori delle crociate quando
insegnavano ad uccidere il nemico e al tempo stesso ad
amarlo.
Disse Gesù Cristo: "sia il vostro parlare sì sì, no no". Pertanto,
se predici l'amore, non puoi predicare la guerra. Sicché mi
pare d'intendere che se ami il nemico sei disposto a farti
uccidere come agnello condotto al macello, non come
macellaio condotto all'agnello!
Certo, facendo leva sull'inevitabilità dell'uccisione dell'infedele
nella difesa della Chiesa, si può sempre guardare negli occhi il
moro che si sta trafiggendo e dirgli "ti amo, ma devo
ammazzarti lo stesso". Quando poi quello sarà caduto esanime
nel suo sangue, sarà ancora più semplice sgozzare un altro
infedele spiegandogli che la contraddizione tra amore e
omicidio è solo apparente, basta dire "Dio lo vuole!"... come
dire "non è colpa mia, caro musulmano che stramazza al
suolo... se vuoi, prenditela con Dio! io non faccio altro che la
sua volontà...".
Il bello è che le cose andavano esattamente così.
Io credo che per capire che cosa furono le crociate, e per
capire se erano veramente spinte da zelo d'amore cristiano,
bisognerebbe poterle viverle. Anche immaginado di trovarcisi
in mezzo. Trovarsi cioè a tranciare arti umani di combattenti
avversari, pronti a sbudellarli tra colpi di spada e fendenti di
mazze ferrate, in precario equilibrio su terreni resi viscidi da
litri e litri di sangue... In una simile situazione, anche la più
buona intenzione di partenza, si traduce in foga omicida, e
questa non può sussistere se non per ricerca della
sopravvivenza sul campo di battaglia, che necessariemnte è
alimentata e alimenta l'odio dell'uomo contro l'uomo.
No, non ci può essere alcun bene in guerra, neanche in una
guerra santa. E se la santità è ricavata dal morire in
pellegrinaggio verso la Città Santa, allora sarà santo solo
l'umile soldato che fu convinto a partire da un misto di zelo e
obbedienza. Nessuna giustificazione (se non il perdono) può
esserci per chi una simile mostruosità l'ha invece voluta e
predicata, inclusi santi e papi (la cui santità nel ministero, non
eslude né l'errore umano, né il peccato).
E che la violenza porti all'odio (e allontana anche le più buone
intenzioni) lo dimostrano gli eccidi compiuti in diverse
occasioni e citati anche nell'intervista:
Signore.
II Lettura Eb
11,1-2.8-19 (forma
breve: Eb
11,1-2.8-12)
Aspettava la città il
cui architetto e
costruttore è Dio.
Vangelo Lc
12,32-48 (forma
breve: Lc 12,35-40)
Anche voi tenetevi
pronti.
3 di 6 12/08/2007 20.46

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"si pensi ad alcuni episodi di massacri che vanno condannati:
come quello seguito alla riconquista di Gerusalemme nel 1099
che, se pure non fu così «totale» come di solito si ripete, fu
comunque tragico; e quello di Acri nell’agosto del 1191,
quando il re inglese Riccardo Cuor di Leone — per molti altri
versi un eroe crociato — si spazientì per l’atteggiamento
ingannevole di Saladino e fece eliminare circa 2.000 prigionieri
musulmani. Si potrebbero ricordare almeno altrettante
violenze subite dal cristiani per mano islamica. Ma il problema
non è quello di una luttuosa contabilità dei morti e del torti. Il
fatto è che la crociata, fondata sulla guerra giusta e santa,
necessariamente armata per le ragioni che si sono dette, non
poteva che produrre anche guasti di questo genere."
Già, perché in fin dei conti è pur sempre una guerra.
Da quando in qua, mi dica lei, caro Emiliano, i cristiani
accettano la conta di danni e benefici, e dicono "fu un
massacro indegno, ma le ragioni erano giuste e sante"?
Le intenzioni contano, ma fino a che punto esse bastano a
giustificare atti tanto deprecabili? E non sapevano forse, i
predicatori delle crociate, che in guerra si sprofonda nell'odio e
si finisce per commettere efferate atrocità?
Certo che lo sapevano.
Allora, se si accetta di indire una guerra in nome di Dio (di
fatto, bestemmiandolo), allora si accetta che Satana abbia
libero sfogo nell'accanire uomo contro uomo, nel seminare odio
e tentare verso il male. E chi ha voluto tutto ciò, sapendolo, se
ne assume pienamente la responsabilità.
Egualmente, chi apologizza quei fatti, esaltandone le ragioni
spirituali (che furono più realisticamente un isterico fanatismo
collettivo) e sminuendone la continua violazione della sacralità
della vita umana, se ne rende corresponsabile, nel bene e nel
male.
Eppure non tutti, allora, accettarono di buon grado l'idea che a
decidere fossero le armi.
Sbaglia chi ritiene che l'unica via verso migliori condizioni di
vita dei cristiani sudditi del sultano fosse quella della guerra.
C'era infatti una piccola élite colta, nell'Europa di allora (e,
specularmente, anche nel mondo islamico) che credeva nel
dialogo, studiava la cultura dell'"avversario" per entrare in
contatto con esso, e discutere con esso le soluzioni ai
problemi. Finivano a volte con il diventare amici, con
l'ammirarsi a vicenda. Finivano con il trovare ammirabili
soluzioni che consentivano la pace tra le religioni, la
convivenza tra usi e culture diverse.
Chi rifiutò lo spargimento inutile di sangue fu soprattutto
l'imperatore Federico II di Svevia, uno tra gli uomini più grandi
che Dio abbia mai concesso in dono all'umanità. E per questo
pagò con la scomunica il proprio amore per la vita e per la
pace. Anche per quella altrui.
Federico II dimostrò che le crociate erano inutili ed inefficaci,
dimostrò che cristiani e musulami potevano trovare insieme la
soluzione al problema di convivere in una terra sacra ad
entrambi.
Ma purtroppo, i tempi non erano maturi quanto lo era la mente
di Federico. In vita fu colpito da scomunica e, dopo la sua
morte, una nuova politica violenta in pochi anni devastò il suo
meraviglioso esperimento e ripiombò Gerusalmenne nella
guerra.
Fuoro certamente i musulmani ad attaccarla, ma perché con la
morte del Sultano d'Egitto al-Malik al-Kamil, nipote di
Saladino, anch'egli amante della pace e contrastato da
gererchie bellicose a corte, senza più tentativi di mantere la
4 di 6 12/08/2007 20.46

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situazione pacificata da parte cristiana, fu facile per i nuovi
sovrani sia cristiani che musulmani, tornare a fare quello che
meglio gli riusciva: ammazzarsi tra loro (o meglio, far
ammazzare tra loro i propri popoli inebetendoli con
stupidaggini para-religiose)
Federico, che disobbedì al papa (e fece la cosa giusta), non fu
certamente santo. Lo fu invece Luigi, che obbedì. E ciò è segno
che l'amore alla Chiesa non dipende da come questa agisce. Si
può infatti ammettere che i pastori della cristianità
commettano errori, anche gravi, senza però smettere di
credere nella Chiesa, quale sposa e corpo mistico di Cristo, e in
forza di ciò, madre e maestra. La fede nella Chiesa è prodotta
esclusivamente dell'infinito e incondizionato amore di Cristo
per la sua sposa, nonostante gli errori, i tradimenti e le
mancanze perpetrati dagli uomini ai quali Cristo stesso ha
affidato, per il mistero della propria sapienza, il ministero
sacerdotale, apostolico e profetico.
E il fatto che in tempi recenti la Chiesa cattolica abbia più volte
e su più argomenti implorato il perdono del suo Sposo e
Signore per le colpe di errori compiuti nel passato, è segno
della presenza (mai venuta meno) dello Spirito Santo.
Luigi IX, dunque, è santo perché è morto obbedendo alla
volontà di Dio, la quale gli imponeva di obbedire al richiamo di
Roma verso una guerra che è cosa di uomini contro uomini. E
ciò perché fosse segno che anche laddove vi è ingiustizia e
inutilmente si semina morte, anche là la potenza di Dio è
capace di suscitare esempi di santità. Ma la santità di Luigi IX
non è in alcun modo motivo di santificazione per le stupide
missioni militari verso le quali si lasciò inviare.
Tuttavia ebbe anche cura di non violare la propria stessa
sapienza, e di fronte allo scontro tra Fedrico II e papa
Innocenzo III, decise di non prendere posizione, in ciò
contravvenendo uno stesso ordine del papa, il quale dovette
arrangiarsi altrimenti. Fu una scelta saggia e coraggiosa, anche
se a rischio di scomunica. Nondimeno, re Luigi fu canonizzato
comunque.
Non santo, ma certamente in pace con l'ordine stabilito da Dio,
fu invece Federico II, che preferì la vita alla morte, la pace alla
guerra, l'amore all'odio, il dialogo alla violenza, la conoscenza
all'ignoranza, la sapienza alla stupidità. Un solo errore:
disobbedì al vicario di Cristo. Ma in ciò non vi fu mai alcuna
colpa, poiché in nessun modo, agendo così, mise in pericolo
l'ordine stabilito dall'uomo e da Dio. Se non altro perché,
essendo egli Cesare, ed essendo riservato a Cesare il potere di
fare guerre e organizzare la vita nei dominii umani, non ha
violato in alcun modo le norme della divina sovranità.
Due uomini diversi, insomma, ma anche due uomini giusti.
E anche per il loro esempio, si può concludere che le crociate
non furono sante, ma ad esse parteciparono anche uomini
santi, perché Dio è capace di far sgorgare l'acqua dalla roccia e
sa tramutare l'acqua (segno del male) in vino (segno
dell'amore di Cristo). Non è cosa diversa l'aver permesso che
esempi di santità sgorgassero dall'empietà della guerra.
Se le intenzioni delle crociate erano quelle di mostrare l'amore
ai fratelli cristiani d'oriente, esse violavano l'ordine ben più
importante di amare il prossimo come sé stesso e tantopiù il
nemico, e violavano altresì il principio assoluto di sacralità
della vita umana (dei fedeli e dei non fedeli).
Chi si è fatto promotore delle crociate e ha gridato "Dio lo
vuole!", che fosse, papa, santo, monaco, prete, contadino o
mercante, e abbia utilizzato il nome di Dio per motivare i fedeli
a uccidere, rendendoli così facili preda del demonio che gode
dell'orrore e della violenza della guerra, ha inevitabilmente
bestemmiato il nome di Dio. Solo un tanto abile quanto
artificiale sofisma potrebbe negare questa evidenza. Dio non
5 di 6 12/08/2007 20.46

Le crociate: un atto d'amore o di violenza? http://www.bloggers.it/pavani/index.cfm?blogaction=permalink&id=...
ha voluto le crociate: le ha permesse, come un dono ricavato
dal libero arbitrio umano, perché l'uomo potesse confrontarsi
una volta di più con la propria superbia.
Chi infine afferma che le crociate furono del tutto inevitabili
(sul piano della giustificazione nella fede) non la racconta
tutta. Se da un punto di vista storico-politico esse furono il
prodotto, forse inevitabile, di una commistione complessa di
fenomeni politici e strategici, le ragioni che qualche nostalgico
adduce a giustificazione (e quasi a santificazione) delle crociate
sono invece riconducibili alla carità verso i fratelli delle Chiese
orientali da secoli sottomessi dal potere dei musulmani. E' su
questo piano che le crociate risultano evidentemente una
scelta piena di alternative. Certamente, non si sa cosa sarebbe
successo se un Federico II fosse vissuto ai tempi della prima
crociata, o se al termine di questa si fosse stabilita una
condivisione di potere tra cristiani e musulmani sulla Città
Santa. Si tratta di scenari fantastorici e fantapolitici.
Ma l'esempio di Federico II scuote dal rincoglionimento e
chiarisce una volta per tutte che l'obiettivo di evitare la guerra
poteva credibilmente essere perseguito. Ciò che è chiaro è che
la marea montante dello spirito di crociata fu cavalcato da
moltine potenti operatori di inquità, che ne approfittarono per
arricchirsi e incrementare il proprio potere. La buona fede nella
massa che partiva non veniva comunque meno, nemmeno
quando si partiva per saccheggiare la cristiana Costantinopoli.
Infine, resta il fatto di principio: nessuna guerra è mai
giustificabile, tantomeno santa.
Perdoni la prolissità, caro Emiliano.
Anche a lei auguro buona giornata, e la pace di Cristo Risorto.
Davide
______________________________________________
NOTE:
Per una cronologia delle crociate si può visitare il sito di Paolo Dalla Pria, cliccando qui
La numerazione delle crociate, a partire dalla quinta, non è sempre concorde nelle diverse
fonti. Io ho usato su questo post la numerazione di Dalla Pria.
Notizie storico-documentaristiche sono facilmente reperibili sulle corrispondenti voci di
Wikipedia.
Credo sia infine necessaria una precisazione: per quanto riguarda S.Luigi IX, non intendo
negare che egli credesse profondamente nell'azione militare che intraprese, ma nego che in
ciò consista la ragione prima e ultima della sua santità.
______________________________________________
:: Tag: crociate, federico ii, storia della chiesa, leggenda nera, crociata, san luigi, guerra
santa
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6 di 6 12/08/2007 20.46