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4.<br />
La morte <strong>di</strong> mia madre<br />
L’esempio che segue, che è parte importante della sezione del libro de<strong>di</strong>cata<br />
alla datazione degli avvenimenti, riguarda la previsione che feci relativamente alla<br />
morte <strong>di</strong> mia madre. Non vuole assolutamente essere una vanteria, giacché avrei<br />
preferito sbagliarmi mille volte e avere ancora accanto a me l’essere umano che<br />
mi ha amato <strong>di</strong> più anziché avere fatto centro. Esso è un esempio concreto <strong>di</strong> dove<br />
può giungere, come precisione, una previsione astrologica.<br />
Devo, tuttavia, far precedere la trattazione tecnica da tutta una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguo<br />
e <strong>di</strong> premesse.<br />
Se qualcuno ha un parente prossimo assai ammalato e mi chiede una previsione<br />
simile a questa, mi rifiuto assolutamente <strong>di</strong> accontentarlo. Per due motivi: 1) perché<br />
non potrei impiegare settimane <strong>di</strong> tempo per un lavoro del genere; 2) perché<br />
penso che sarebbe deontologicamente scorretto praticare uno stu<strong>di</strong>o del genere<br />
finalizzato solamente ad annunciare – magari – la settimana della morte <strong>di</strong> un congiunto<br />
stretto a chicchessia. Ma – qualcuno potrebbe obiettare – allora perché lo<br />
hai fatto per tua madre? La cosa è del tutto <strong>di</strong>versa e lo capirete nel corso della<br />
trattazione dell’esempio stesso.<br />
Partiamo da alcune premesse fondamentali. Mia madre non era ammalata o, per<br />
lo meno, non lo era nel senso stretto del termine, secondo i me<strong>di</strong>ci che non <strong>di</strong>agnosticavano<br />
per lei, fino al giorno precedente la sua scomparsa, alcun serio pericolo<br />
<strong>di</strong> vita. Mio padre era morto tre<strong>di</strong>ci mesi prima, il 10 novembre 1995, per<br />
motivi car<strong>di</strong>aci, in conseguenza <strong>di</strong> una lunga malattia <strong>di</strong>abetica. Pochi mesi dopo<br />
era deceduta mia sorella Lia, <strong>di</strong> cinquantuno anni, a maggio 1996, per cancro ai<br />
polmoni, <strong>di</strong>agnosticato poche ore prima dell’ultimo compleanno <strong>di</strong> mio padre.<br />
All’apparenza mia madre sembrava avere reagito abbastanza bene a questi due<br />
lutti: non vi erano state scene <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione e neanche <strong>di</strong> pianto prolungato, ma<br />
era del tutto evidente che ella si stava lasciando morire per l’insopportabilità <strong>di</strong> un<br />
simile dolore. Mangiava pochissimo o nulla, le forze l’abbandonavano progressivamente<br />
e una febbricola costante costituiva, ormai da mesi, una presenza giornaliera.<br />
Da settembre 1996 fino alla sua morte avvenuta il 26 <strong>di</strong>cembre dello stesso<br />
anno, alle 5.25 del mattino, a Napoli, fu ricoverata in tre nosocomi <strong>di</strong>fferenti:<br />
prima nel piccolo ospedale <strong>di</strong> Vico Equense, dove si era trasferita a vivere da qualche<br />
anno con mio padre e con mia sorella Rosanna che l’assistette con grande<br />
devozione; poi presso il Nuovo Policlinico <strong>di</strong> Napoli e infine presso l’Ospedale<br />
Monal<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli dove le applicarono un pacemaker.