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Ruolo identitario della caccia:<br />
sopra, la famiglia ravennate dei Gardella<br />
negli anni ‘30 (per gentile concessione<br />
di Giuseppe Gardella).<br />
Ecco allora sorgere “Agl’Ombar”,<br />
“I Cuntaden”, “E’ Canel” (composta<br />
soprattutto da coloni di Porto<br />
Fuori), “La Cocla”, nata nel 1888<br />
in una piccola stanza di borgo San<br />
Biagio da una secessione dalla<br />
Compagnia di caccia. Alcuni giovanissimi<br />
componenti della Cocla<br />
ne fuoriuscirono a loro volta per<br />
creare la “Cumpagnì d’Iorfan”, negli<br />
stessi anni in cui la “Parpaia” e<br />
i “Bigaròn” davano vita ad una furiosa<br />
rivalità reciproca. “E terròr”<br />
riuniva invece medici e farmacisti,<br />
che arrivavano alla partite di caccia<br />
in diligenza e non dovevano go-<br />
Una passione di Romagna<br />
A Forlì gli estimatori dell’arte venatoria, trovano ancora oggi una<br />
manifestazione fieristica dedicata a questo settore, che si propone come<br />
evento di riferimento nel centro Italia per tutti gli appassionati di caccia, tiro<br />
sportivo e pesca. È Caccia & Country Expo, ospitata alla Fiera di Forlì, la cui<br />
terza edizione è prevista tra novembre e dicembre 2013. Grazie alla presenza<br />
e all’impegno delle principali associazioni venatorie, di pesca e sportive, la<br />
kermesse fieristica intende essere anche un palcoscenico per iniziative ed<br />
attività legate a tematiche di tutela ambientale.<br />
30 | IN Magazine<br />
dere di eccessiva simpatia da parte<br />
degli altri sodalizi, dal momento<br />
che furono gratificati del poco<br />
commendevole epiteto di rompacaz.<br />
Particolarmente attivo nella<br />
caccia fu poi il Circolo <strong>Ravenna</strong>te.<br />
Questo, alla fine dell’Ottocento, in<br />
collaborazione con gli ufficiali del<br />
presidio militare, introdusse anche<br />
la pratica aristocratica della caccia<br />
alla volpe in pineta (per quanto si<br />
trattasse in effetti di un esercizio<br />
di abilità equestre, più che venatoria),<br />
ripresa con successo alla fine<br />
degli anni ’30, quando l’associazione<br />
mutò addirittura il nome in<br />
Circolo <strong>Ravenna</strong>te delle Cacce.<br />
Rispetto a quella di pineta la caccia<br />
di valle, che consisteva in lunghi<br />
appostamenti in ricoveri semisommersi<br />
spesso fra le intemperie, era<br />
un esercizio più solitario e, si può<br />
dire, più meditativo. “Il fascino<br />
della caccia in palude, chiusi nella<br />
botte, a godersi la burrasca (la<br />
bura), a scrutare nella nebbia”…<br />
Così la rievocava Massimo Stanghellini<br />
quando ormai era divenuta<br />
un argomento da vecchie memorie<br />
“ravignane”.<br />
Oggi il rapporto con la natura si<br />
cerca in altro modo, magari con in<br />
mano una macchina fotografica<br />
al posto del fucile. Cosa buona in<br />
sé ma anche, a ben vedere, il segno<br />
di un distacco. Quello che si<br />
è consumato qualche decennio fa,<br />
e che ci fa guardare come ad una<br />
favola i secoli in cui l’uomo era<br />
talmente connesso alla natura da<br />
condividerne anche il lato crudele,<br />
e al tempo stesso sfruttarla senza<br />
remore, proprio perché sapeva di<br />
non poterla distruggere davvero. IN