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I Luglio 2003 L'aria è greve, compatta, quasi ... - Robin Edizioni

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<strong>Luglio</strong> <strong>2003</strong><br />

I<br />

L’aria <strong>è</strong> <strong>greve</strong>, <strong>compatta</strong>, <strong>quasi</strong> irrespirabile.<br />

L’ondata di afa che tiene mezza Italia tra le sue<br />

fauci pare non abbia alcuna voglia di placarsi.<br />

Spietata e irriducibile, ci mastica da giorni e giorni,<br />

addirittura da settimane, e l’unico desiderio<br />

che genera in ognuno <strong>è</strong> quello di fuggire in fretta<br />

e confinarsi fra neve e ghiaccio, orsi polari e<br />

foche. Vorrei neve in quest’istante. Neve a larghe<br />

falde. Non stare in una stanza da letto in cui si<br />

gronda di sudore. Neve e freddo. Neve e gelo. Ci<br />

fosse almeno un condizionatore in questa casa!<br />

Macché, neanche l’ombra, nemmeno vecchio,<br />

brutto, arrugginito e semiguasto. E non c’<strong>è</strong> neanche<br />

un fottuto ventilatore. Solo finestre aperte<br />

dalle quali non entra che caldo infernale. Sembra<br />

una sauna. Peggio di una sauna. A confronto di<br />

quest’appartamento, la sauna <strong>è</strong> mille volte più<br />

fresca. La prossima volta che dovrò vedermi con<br />

Mirco, proporrò un hotel naturalmente climatizzato<br />

o l’incontro sarà rimandato all’autunno. A<br />

lui la scelta.<br />

Scendo dal letto, insoddisfatta, insofferente,<br />

anche un poco disgustata. Acciuffo i jeans molla-<br />

11


Rodesia Vichi<br />

ti sulla sedia e, rinunciando allo slip che non trovo,<br />

mi ci introduco. Quantomeno tento di farlo.<br />

Ho la pelle talmente madida che la stoffa s’impunta<br />

e rifiuta di scorrere. Faccio qualche passo<br />

per la stanza: anche il pavimento <strong>è</strong> bollente, lo<br />

sento con i piedi. Nello specchio intravedo la mia<br />

immagine, scopro di essere in condizioni indecenti<br />

ma non mi sorprendo: un’oretta di attività<br />

fisica da letto addizionata a condizioni climatiche<br />

avverse, penso non abbellisca nessuno. Guardo<br />

fuori della finestra, sporgendomi appena dal davanzale.<br />

Infine rivolgo gli occhi a Mirco. Bello,<br />

in costume adamitico, palestrato, riccamente tatuato<br />

su braccio destro e polpaccio sinistro,<br />

sdraiato sul fianco, dorme pacifico come un beb<strong>è</strong>.<br />

Si direbbe che non avverta alcun disagio. È il ritratto<br />

della rilassatezza, e mi domando se stia fingendo.<br />

Abbottono i jeans che, dai e dai, sono saliti.<br />

Raccatto la mia roba disseminata qua e là, maglia,<br />

borsa, stivali. Evito di accendere la luce per<br />

non svegliare il bell’addormentato: quella che<br />

proviene dal televisore basta e avanza. La tv <strong>è</strong><br />

sempre accesa in questa camera, credo di non<br />

averla trovata a riposo una sola volta. Per fortuna<br />

Mirco la tiene a basso volume e ha il buon senso<br />

di non abbandonarsi a uno zapping sfrenato mentre<br />

scopiamo. Ci mancherebbe solo questo. Già<br />

tollero a fatica tutti gli sguardi che in certi momenti<br />

volge verso lo specchio lasciando intendere<br />

che ama la visione dei nostri corpi uniti. “Che<br />

12


Esibizionista a pagamento<br />

spettacolo” dice, “siamo un’opera d’arte.” Io<br />

sono però convinta che voglia ammirare principalmente<br />

se stesso, i propri addominali, i glutei, e<br />

le contrazioni dei vari muscoli durante l’andirivieni.<br />

In confronto a lui, Narciso <strong>è</strong> poco più di un<br />

dilettante.<br />

Alla fine trovo lo slip, fra le spire del lenzuolo,<br />

ma non ho voglia di rispogliarmi e lo caccio<br />

nella borsa. Mi passo le mani fra i capelli: sono<br />

umidi alla radice e ben oltre la radice, almeno<br />

quattro centimetri. Anche Mirco li aveva così bagnati<br />

prima. Gli lancio un’altra occhiatina <strong>quasi</strong> a<br />

voler esaminare lo stato della sua capigliatura. Ha<br />

cambiato posizione ma <strong>è</strong> sempre dormiente. Ora<br />

<strong>è</strong> supino, con un braccio disteso e l’altro poggiato<br />

sull’addome.<br />

Sorrido. Forse compiaciuta. Forse sarcastica.<br />

Dalla strada arrivano rumori. Sebbene la mezzanotte<br />

sia passata da una trentina di minuti,<br />

transitano ancora molte automobili, e anche parecchi<br />

scooter: Mirco abita in una zona trafficata,<br />

nei pressi della circonvallazione. Mi allaccio il<br />

reggiseno, infilo gli stivali e la maglia bianca.<br />

Guardo un’ultima volta l’angioletto mettendomi<br />

ai piedi del letto, sbadigliando con garbo e in silenzio.<br />

Ha la bocca socchiusa, il respiro tranquillo,<br />

la testa girata da un lato. Forse avverte la mia<br />

presenza, il mio sguardo, si muove appena, gira la<br />

testa dall’altra parte. Per un attimo respira più<br />

forte, ma solo per un attimo. Ritorna subito calmo.<br />

Perché svegliarlo? Sarebbe un sacrilegio. Per<br />

13


Rodesia Vichi<br />

dirgli che cosa poi? Ciò che dovevamo dirci ce lo<br />

siamo già detto dianzi sul confortevole giaciglio.<br />

E, prima ancora, via sms: una serie di porcate per<br />

eccitarci a vicenda e prepararci all’incontro. Il<br />

resto non conta, il dialogo non fa parte del gioco.<br />

Temporeggio prima di prendere la porta. Gradirei<br />

che Mirco si svegliasse. Detesto andarmene<br />

senza un saluto, <strong>quasi</strong> di soppiatto, in modo furtivo.<br />

Ma lui non accenna a farlo. Mugola appena,<br />

flebilmente, muove un piede, forse sogna quanto<br />

abbiamo fatto. O forse sogna ciò che farà tra ventiquattro<br />

ore con un’altra donzella. Più probabilmente<br />

non sogna niente: esiste qualcuno che possiede<br />

ancora la capacità di sognare? Mi cerca sul<br />

letto allungando una mano laddove poco fa stavo<br />

distesa, ma non mi trova. Rinuncia subito senza<br />

disperarsi. Penserà che sia andata al bagno. Ma sì,<br />

me ne vado.<br />

Esco dalla stanza ma torno subito indietro: ho<br />

dimenticato alcune cose. Cercando di non fare<br />

troppo rumore, mi porto a lato del letto. Continuando<br />

a sbadigliare di noia, raccolgo dal pavimento<br />

manette e vibratori. Sono accessori di mia<br />

proprietà. Me li ha regalati Mirco, in più tempi,<br />

ma <strong>è</strong> come se avesse fatto regali a se stesso giacché<br />

vuole che li usi con lui. E io lo accontento, infatti.<br />

Sempre, ogni volta che me lo chiede. Sono<br />

generosa, altruista. So dare in certe circostanze.<br />

Non mi risparmio né lesino attenzioni.<br />

Però ho la cattiva abitudine di esaudire anche<br />

gli altri componenti del mio sovraffollato harem.<br />

14


Esibizionista a pagamento<br />

Hanno tutti le stesse fantasie da qualche tempo<br />

a questa parte, ed esprimono identiche richieste:<br />

vogliono essere imprigionati e sottomessi, umiliati,<br />

strapazzati, calpestati... vogliono che mi masturbi<br />

con oggetti vari intanto che loro, immobilizzati,<br />

si struggono e logorano; alcuni, gli oggetti<br />

vari, desiderano anche sentirli, non solo vederli.<br />

Per farla breve, mi vogliono in versione padrona,<br />

e alla sottoscritta non manca certo il physique<br />

du rôle. La cosa buffa <strong>è</strong> che ognuno me lo<br />

dice in tono sommesso, con la massima segretezza,<br />

come se svelasse chissà quale rara patologia,<br />

e nemmeno lontanamente immagina che, il giorno<br />

precedente, ho sentito proferire le stesse parole<br />

da un’altra bocca. Sembra l’influenza di gennaio:<br />

arriva un’armata di virus e, in quattro e<br />

quattr’otto, si ritrovano tutti a letto coi medesimi<br />

sintomi, tosse, raffreddore e febbre alta. Mi servono,<br />

quindi, queste preziosità, forse già domani<br />

sera. L’acquisto di un altro set rappresenterebbe<br />

uno scrupolo stridente. Non meritano troppo rispetto<br />

questi signori, anche perché loro, le donne,<br />

non le rispettano mica tanto. È forse un segno di<br />

rispetto addormentarsi subito dopo l’orgasmo? Certo<br />

che no, pertanto non vedo perché dovrei rispettarli<br />

io.<br />

Metto manette e cazzi finti nella borsa bianca<br />

e capiente. Esco. Stavolta non torno indietro.<br />

È <strong>quasi</strong> l’una quando arrivo a casa. Mi scoccia<br />

mettere l’auto in garage: la lascio nel primo posto<br />

15


Rodesia Vichi<br />

libero, a qualche decina di metri dalla palazzina<br />

in cui risiedo. Scendo con il portachiavi già in<br />

mano e percorro il tratto che mi separa dal portone<br />

a velocità sostenuta. Il rumore dei miei passi<br />

risuona nel silenzio della notte. Nessun via vai di<br />

macchine qua, soltanto quiete: a differenza di Mirco,<br />

io abito in un placido quartiere periferico. Mi<br />

guardo attorno con un accenno di timore. Oggigiorno<br />

<strong>è</strong> pericoloso per una donna aggirarsi per le<br />

strade di notte. Soprattutto se <strong>è</strong> sola e se <strong>è</strong> a piedi.<br />

I tempi della città piccola e tranquilla sono tramontati<br />

da un pezzo.<br />

Qualcosa squittisce all’interno della mia borsa.<br />

È il telefonino. Un sms <strong>è</strong> giunto a destinazione<br />

ma non mi fermo per scoprire chi sia il mittente.<br />

Lo faccio solo quando mi trovo davanti all’entrata.<br />

Con un piede tengo aperto uno dei due battenti<br />

del portone. Con una mano catturo la fonte di<br />

stress. Leggo il messaggio.<br />

Perché te ne sei andata senza svegliarmi?<br />

To’, se n’<strong>è</strong> accorto. Incredibile, non l’avrei<br />

mai detto. Rispondo senza cambiare posizione,<br />

con la scarpa sempre puntata contro l’uscio. Scrivo<br />

la verità, ossia che mi ero rotta di vegliare il<br />

suo dolce sonno. Invio ma, subito dopo, mi pento:<br />

ho la sensazione di essere stata troppo fredda e indelicata.<br />

Frettolosamente, senza alcuna cura, confeziono<br />

un secondo messaggio con tanti baci e la<br />

buonanotte. Faccio per inviare anche questo ma<br />

16


Esibizionista a pagamento<br />

mi blocco. Un rumore alle mie spalle ha attirato<br />

la mia attenzione. È un rumore continuo e rimbombante<br />

analogo a quello prodotto poc’anzi dai<br />

miei stivali. Un rumore di passi, di passi vicini<br />

che, presto, si fanno vicinissimi.<br />

L’apprensione ha fatto appena in tempo a svanire<br />

che già si ripresenta. Se ciò che provo non <strong>è</strong><br />

paura, <strong>è</strong> comunque qualcosa che le somiglia molto.<br />

Mi volto tuttavia, pescando non so dove un<br />

pizzico di sangue freddo.<br />

“Buonasera” dice uno sconosciuto dalla voce<br />

profonda, un individuo ormai a un metro da me.<br />

“Buonasera” ribatto esitante, e sento lo spavento<br />

regredire rapido: non ha l’aria dello stupratore<br />

questo qua, nemmeno dell’assassino. Mi scanso<br />

per lasciar entrare colui che, senza proferire verbo,<br />

fa capire che sto ostruendo il passaggio e gradirebbe<br />

tanto che mi togliessi di mezzo.<br />

Entra nell’atrio passandomi davanti. Prosegue,<br />

dopo aver premuto l’interruttore e acceso la luce.<br />

È un ragazzo. L’ho guardato poco, l’ho visto male,<br />

ma mi <strong>è</strong> parso molto giovane. Abbronzatura<br />

superba da vacanza ai Tropici. Capelli scuri ma<br />

non neri, direi castani, lisci, lunghi fin oltre le<br />

spalle, suppergiù come i miei. Alto, molto alto, sicuramente<br />

più di un metro e ottantacinque. Jeans<br />

neri, t-shirt bianca, stivali.<br />

Ma chi <strong>è</strong>?<br />

Lo sconosciuto si dirige verso le scale. Gli<br />

vado dietro dimenticando di spedire il messaggio.<br />

17


Rodesia Vichi<br />

Intanto continuo a chiedermi chi sia. Non l’ho<br />

mai visto prima d’ora. Abiterà qui o sarà venuto a<br />

visitare qualcuno? Ma da chi potrà mai andare a<br />

quest’ora?<br />

Lui va su con andatura regolare e calma. Faccio<br />

altrettanto. Arrivato al primo piano, si ferma e<br />

gira a destra, percorre il pianerottolo tirando fuori<br />

qualche cosa di tintinnante dalla tasca posteriore<br />

dei calzoni. Io continuo a salire, stando però con<br />

l’orecchio teso. Odo il rumore di una chiave che<br />

gira nella serratura; mi giunge il tonfo di una<br />

porta che si chiude un po’ pesantemente. Ne deduco<br />

che il tizio risiede qui. Deve aver preso alloggio<br />

di recente, forse proprio in questi giorni;<br />

non si spiegherebbe altrimenti, il fatto che finora<br />

non l’abbia mai incontrato. Non ho visto con precisione<br />

dove sia entrato, non ci sono riuscita. È<br />

facile che stia in uno di quegli appartamentini già<br />

arredati nei quali avviene un ricambio impressionante<br />

di gente, un continuo avvicendamento di<br />

facce. Chissà se vive da solo o con una compagna.<br />

Magari fra qualche giorno m’imbatterò pure<br />

in lei.<br />

I miei passi si fanno più spediti. Salgo di corsa,<br />

come se all’improvviso avessi una gran fretta, o<br />

un’incontenibile smania di rifugiarmi nel mio nido.<br />

Raggiungo il mio appartamento al terzo piano.<br />

Apro la porta con gesti frenetici ed entro. Solo<br />

ora mi rilasso, <strong>quasi</strong> per incanto. Col capo appoggiato<br />

allo stipite, sospiro, abbassando le palpebre.<br />

L’ingresso <strong>è</strong> già soffusamente illuminato.<br />

18


Esibizionista a pagamento<br />

La luce proviene dal soggiorno, da una stravagante<br />

lampada che ho acceso prima di uscire. È<br />

una mia radicata abitudine: rientrando di notte,<br />

non amo trovare la casa completamente immersa<br />

nel buio. Anche se vivo felicemente sola oramai<br />

da alcuni anni, non sono ancora riuscita a debellare<br />

certe paure vagamente infantili.<br />

Mi guardo nello specchio dalla cornice laccata<br />

in cui ho infilato una mezza dozzina di foglietti<br />

promemoria: una donna dai capelli scuri e lisci<br />

mi fissa con occhi truccatissimi e tormentati. Distolgo<br />

lo sguardo da quell’immagine; come uno<br />

struzzo nascondo subito la testa sotto la sabbia.<br />

Camminando in punta di piedi per non disturbare<br />

gli inquilini del piano inferiore, passo in salotto.<br />

Mi libero della borsa che lascio cadere sul tappeto<br />

di foggia moderna. Vestita, con tanto di stivali,<br />

mi distendo su uno dei due divani disposti fra<br />

loro ad angolo retto. Appoggio la nuca al bracciolo.<br />

Senza voltarmi, allungo un braccio all’indietro,<br />

verso il tavolino che sorregge la bizzarra<br />

lampada. Tasto qua e là alla ricerca delle sigarette.<br />

Sono certa di trovarle. So che ci sono. Ce ne<br />

sono dappertutto in questa casa, dissemino pacchetti<br />

ovunque. Sfioro di tutto e di più, vari oggetti<br />

lasciati con incuria in un posto che non <strong>è</strong> il<br />

loro. Mi rendo conto di quanto l’appartamento sia<br />

trascurato. Agguanto infine ciò che andavo cercando.<br />

L’accendino <strong>è</strong> lì accanto. E pure il portacenere,<br />

stracolmo di mozziconi e di chewinggum<br />

masticati. Ma da quanto tempo non lo svuo-<br />

19


Rodesia Vichi<br />

to? Accendo una sigaretta con movimenti indolenti,<br />

annoiati; aspiro forte, <strong>quasi</strong> con rabbia, risucchiandomi<br />

le guance, e soffio il fumo lontano,<br />

verso l’alto, illudendomi, con esso, di buttare fuori<br />

anche quella sorta di spleen che mi sta devastando.<br />

Le finestre sono aperte. Non sento troppo<br />

caldo, la mia casa non <strong>è</strong> un forno crematorio come<br />

quella di Mirco. Forse ciò <strong>è</strong> dovuto alla buona<br />

posizione rispetto ai punti cardinali. O forse <strong>è</strong><br />

merito dei tanti alberi che, durante il giorno, riparano<br />

la palazzina dai prepotenti raggi del sole.<br />

Non so. Fatto sta che qui si sta abbastanza bene.<br />

Dovrei farli venire da me Mirco e gli altri... i miei<br />

ragazzi... i miei concubini, insomma. Ma non ci<br />

penso minimamente, piuttosto sopporto il caldo.<br />

Questa <strong>è</strong> casa mia, il mio rifugio, la mia tana.<br />

Niente maschi gaudenti fra queste pareti. Oltre<br />

tutto qui ho vissuto con Gabriele, il mio ex marito,<br />

ed <strong>è</strong> lui che continua a pagare le rate del mutuo;<br />

reputo inopportuno trasformarlo in una specie<br />

di bordello, in una reggia dei vizi, in un ambiente<br />

corrotto.<br />

Gabriele. Già, Gabriele. Quanto <strong>è</strong> durato con<br />

lui? Pochi anni, otto in tutto, compreso il biennio<br />

di fidanzamento: tre soddisfacenti, altri tre sopportabilmente<br />

trascinati, infine un paio di crisi<br />

dura. Dopodiché, un bel taglio netto e ognuno per<br />

la sua strada. Senza drammi, senza lanci di piatti,<br />

vasi cinesi, porcellane di S<strong>è</strong>vres, senza duelli con<br />

schiere di toghe tra i coglioni. Una firma e stop.<br />

Una firma uguale a quella che sancì l’unione.<br />

20


Esibizionista a pagamento<br />

Una all’inizio e una alla fine. In seguito, soltanto<br />

una sequenza di firme che Gabriele appone sugli<br />

assegni che mi passa con cadenza bimestrale, e<br />

continuerà a passarmi fino a quando non avrò trovato<br />

un’occupazione (che però me ne guardo bene<br />

dal cercare), assegni che mi consentono di restare<br />

ancora per un po’ legata alla meravigliosa,<br />

gratificante, realizzante condizione di fancazzista<br />

full time.<br />

Non sono, questi, tempi adatti alle unioni. Individualismo,<br />

edonismo, vita frenetica e mondana<br />

sono le nuove parole d’ordine e, con simili<br />

concetti nella testa, la coppia va poco lontano. Il<br />

cervello della gente non <strong>è</strong> più programmato per<br />

stare in due. Il matrimonio non <strong>è</strong> più visto come<br />

un obiettivo, addirittura come un bisogno da soddisfare.<br />

Il per sempre delle fiabe non affascina<br />

più nessuno e, se non lo si desidera, se non ci si<br />

crede, allorché la minestra comincia a raffreddarsi,<br />

la si getta immediatamente nella pattumiera<br />

senza nemmeno provare a riscaldarla. Sono cambiati<br />

uomini e donne. Moltissimo. Soprattutto <strong>è</strong><br />

cambiata la donna e, se lei non s’impegna, non<br />

regge, l’unione non si crea affatto o dura pochissimo.<br />

La donna di oggi non ha alcuna intenzione<br />

di maritarsi soltanto per evitare che il popolo la<br />

definisca con disprezzo zitella. Alla donna moderna<br />

non si può dire:<br />

- sposati e sii infelice;<br />

- accogli con gioia (e possibilmente in silenzio)<br />

ogni tradimento;<br />

21


Rodesia Vichi<br />

- accetta umiliazioni, maltrattamenti, botte...<br />

- non uscire da casa, non affacciarti alla finestra<br />

e, se puoi, se ci riesci, astieniti anche dal respirare:<br />

quando ti trasferirai in altro luogo, ti sarà<br />

donata una bella medaglia lucente;<br />

- ricordati che <strong>è</strong> meglio un cattivo marito che<br />

un buon amante;<br />

- ricordati che <strong>è</strong> motivo di lode e vanto conoscere,<br />

nel corso della vita, un cazzo soltanto;<br />

- ricordati di possedere la vagina solo quando<br />

il consorte la esige; in tutti gli altri momenti,<br />

quella cosa fatta di mucosa e secrezioni non <strong>è</strong> che<br />

un tubo insensibile e muto, la comunicazione con<br />

l’esterno dell’unico tuo organo importante, cio<strong>è</strong><br />

l’utero;<br />

- non dimenticare mai che la vanità <strong>è</strong> peccato,<br />

che mostrare il corpo <strong>è</strong> peccato, quindi trasformati<br />

il più presto possibile in un rospo parlante e<br />

vai in giro coperta da capo a piedi.<br />

No, alla donna di oggi non si possono dire tali<br />

stronzate in nome di una morale che sa più di tornaconto<br />

umano che di volontà divina.<br />

E a onor del vero non gliele dice più nessuno.<br />

Proprio nessuno nessuno.<br />

Già, sono di gran lunga mutati i comandamenti,<br />

i canoni di comportamento e, per prendere visione<br />

dei nuovi, basta consultare a qualsiasi ora<br />

del giorno e della notte, in un qualunque giorno<br />

della settimana, le sacre scritture degli anni Duemila.<br />

Il vecchio decalogo <strong>è</strong> stato messo al bando,<br />

dalle donne in primis, ma pure dagli uomini<br />

22


Esibizionista a pagamento<br />

ormai irrimediabilmente affascinati da altre virtù.<br />

È roba vecchia quella, <strong>è</strong> merce che non vale più<br />

niente, fuori uso, deteriorata. Sono prodotti scaduti<br />

che, tuttavia, nessuno ha buttato nel cesso<br />

poiché, quando si ha voglia di sparlare del prossimo,<br />

si rivelano ancora utilissimi: una corsa in soffitta,<br />

una rovistatina nel baule delle anticaglie da<br />

conservare... e poi, via, si parte...! Il maldicente,<br />

il criticone ricava fulmini dal materiale appena<br />

recuperato e, spalancata la finestra, li scaglia alla<br />

maniera di Giove contro i presunti peccatori.<br />

Ma a parte ciò, zero utilizzo. Zero assoluto. E,<br />

tutto sommato, <strong>è</strong> meglio... molto meglio così. A<br />

quel concentrato d’ipocrisia, falsità, prigionia, violenza<br />

psicologica e, non di rado, fisica del passato,<br />

preferisco decisamente l’ingordigia sessuale<br />

del presente, un’ingordigia che somiglia parecchio<br />

alla bulimia: mangi, mangi e mangi... mangi<br />

a crepapelle... ti rimpinzi come un animale... poi<br />

vomiti tutto.<br />

23

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