Prologo Cantami o diva, degli Smegma Riot, L'ira ... - Robin Edizioni
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<strong>Prologo</strong><br />
<strong>Cantami</strong> o <strong>diva</strong>, <strong>degli</strong> <strong>Smegma</strong> <strong>Riot</strong>,<br />
L’ira funesta che infinite addusse<br />
Gioie ai suoi membri, molti anzitempo di cinesi<br />
Generosi travolsero con bellissime canzoni<br />
E di cani e d’augelli orrido pasto<br />
Lor vomito – dopo sbronze – abbandonarono<br />
(Così di Giove l’alto consiglio si adempia)<br />
Da quanto primamente ottennero aspra<br />
Registrazione con il re <strong>degli</strong> indecisi<br />
E il suo scudiero Eddy. E qual dei numi inimicolli?<br />
Il figlio di Latona e Giove. Irato al sire<br />
Destò quel dio nel viaggio feral dramma e sconfitta.<br />
E la gente fuggiva; colpa delle loro voci<br />
Che fecero alla musica sacro oltraggio<br />
Tra gli <strong>Smegma</strong> era un musicista dalle<br />
Veloci dita venuto a riscattare il Papozzi<br />
Con alto prezzo. In man le bende avea,<br />
E l’auro scettro dell’arciere Apollo<br />
E agli <strong>Smegma</strong> tutti supplicando, e in prima<br />
Ai due supremi condottieri <strong>degli</strong> stalloni:<br />
O <strong>Smegma</strong>, ei disse, o conturnati punkers<br />
Gl’immortali del cielo abitatori<br />
Concedanvi di espugnare la Terra di mezzo<br />
Nazionide, e salvi al patrio suolo tornarvi.<br />
Deh, mi sciogliete il diletto musicista<br />
Ricevetene il prezzo, e il saettante<br />
Figlio di Giove rispettate. Al prego<br />
Tutti acclamar: doversi al musicista<br />
Riverire e accettar le ricche offerte.<br />
9
Lucio Cascavilla<br />
Ma la proposta al cor di Lucio,<br />
Non talentando, in guise aspre il superbo<br />
Accommiatollo, e minaccioso aggiunse:<br />
Musicista, non far che presso a queste zone<br />
Né or né poscia più ti colga io mai<br />
Ché forse nulla ti varrà lo scettro<br />
Né l’infula di Dio. Franco non fia<br />
Costui, se lungi dalla patria, in Italia,<br />
Nella nostra magion pria non lo sfiori<br />
Vecchiezza all’opra della nostra musica intento<br />
E a parte assunto nel mio proprio diletto<br />
Or va, né mi irritar. Papozzi verrà<br />
Impaurissi il musicista e al comando<br />
Obbedì. Poco taciturni, gli <strong>Smegma</strong> incamminaronsi<br />
Dal risonante monte verso le brumose rive del mare<br />
Fino al grande muro della capital.<br />
Di questi, o <strong>diva</strong>, di questi prodi<br />
Permettimi di cantar con attenzione<br />
Le gesta, le canzoni, le armi e gli amori.<br />
10
Parte Prima<br />
PARADISO
1.<br />
Il ciondolo portafortuna<br />
Allungai le gambe. Mi stiracchiai. Era un lavoro duro,<br />
il mio. Durissimo. Quando lo accettai non me ne ero reso<br />
conto. Un groppo allo stomaco mi distolse dalle mie elucubrazioni.<br />
Una goccia di sudore freddo scese dalla fronte e<br />
mi bloccò. Dovevo correre. Respirai profondamente, come<br />
per cercare di fermare quel movimento indipendente dalla<br />
mia volontà. Il telefono dell’ufficio squillò, io zompai fuori<br />
dalla stanza e mi diressi in bagno. Sapevo cosa mi stava<br />
accadendo. Era una cosa normale in Cina. La laduzi 1 mi<br />
aveva colto all’improvviso. Mi sedetti sulla tazza e attesi<br />
che giungesse alla fine. Dopo essermi rialzato, mi riavviai<br />
lento nell’ufficio. Il capo aveva appena messo giù il telefono.<br />
La sua faccia non era per nulla rassicurante.<br />
“Dove sei stato?”, mi chiese con rabbia.<br />
Lui era l’imprenditore dei nuovi mestieri, il capitalista<br />
del popolo. Pochi capelli legati dietro la nuca, l’occhio<br />
chiaro e malefico, pronto a tutto pur di ottenere denaro. Indossava<br />
<strong>degli</strong> abiti bizzarri, che gli venivano regalati dalla<br />
fidanzata o dai parenti di lei e che, benché orribili, lui non<br />
poteva disdegnare di indossare. Quel giorno portava una<br />
minuscola maglia di cotone marrone, talmente corta da risultare<br />
imbarazzante.<br />
“Chi te l’ha regalato ’sto maglione?”, chiesi io glissando<br />
sulla sua domanda, “Wenjin?”<br />
Lui abbassò lo sguardo e si osservò. C’era qualcosa che<br />
non andava nel suo abbigliamento. Mi sorrise e fece cenno<br />
1 In cinese letteralmente “tira lo stomaco”. Significa diarrea.<br />
13
Lucio Cascavilla<br />
di accomodarmi. Accesi una sigaretta e mi posizionai sulla<br />
sedia di fronte a lui.<br />
“Peggio”, mi disse, “Me lo ha regalato la mamma di<br />
Wenjin. Ma la cosa più triste è che lo ha fatto lei...”<br />
Risi anch’io: non poteva evitare di indossare quel maglione.<br />
La mamma della propria fidanzata è sacra. È qualcosa<br />
che non si può decidere, come la squadra di calcio per<br />
la quale tifare.<br />
Aspirai con forza dalla Honghe 2 che avevo tra le dita e<br />
presi a guardarlo. Ma lui si era perso nelle righe del forum<br />
toronews.net. Già, era anche un tifoso del “Toro” e questo<br />
lo rendeva diverso da tutti gli altri tifosi. Il telefono squillò<br />
e io potei tornare alla mia postazione sul <strong>diva</strong>no. Mi allungai<br />
e ripresi a leggere I luoghi del delitto di Luigi Pintor.<br />
Mentre cercavo di concentrarmi, sentivo che lui, con la sua<br />
consueta professionalità, si districava in mezzo a migliaia<br />
di richieste senza senso. Annuiva sempre, e sembrava che<br />
fosse a conoscenza dei “sacri misteri dell’economia”. Passava<br />
senza alcun problema dalle candele richiestegli dal Vaticano,<br />
alla vendita di watt. Adesso parlava di bulloni dello<br />
spessore di 0,4 millimetri, che sarebbero serviti per qualcosa<br />
della quale sia io che lui non eravamo a conoscenza.<br />
“Da adolescente la mia massima ambizione era diventare<br />
un idiota, nel senso che i greci intendevano, stare in un<br />
angolo in disparte”. Gli lessi questa frase appena mise giù<br />
il telefono.<br />
“Mi ha chiamato questo qui...”, cominciò con calma, “e<br />
quando l’ho visto la prima volta , mi è sembrato talmente<br />
buffo, che non mi sarei mai aspettato che a settembre,<br />
avremmo firmato un contratto. Faceva il direttore sportivo<br />
per il Genoa negli anni Ottanta. Io ero allo stadio col mio<br />
babbo. Era un Torino-Genoa e io ero in tribuna con lui. A<br />
un certo punto il numero 8 del Genoa fece un retropassag-<br />
2 Nota marca di sigarette dello Yunnan (5 renminbi al pacco. Il<br />
renminbi o rmb è la moneta cinesa il cui valore è pari a circa 1/10<br />
dell’euro).<br />
14
Punk road in Cina<br />
gio di quelli mitici, quasi autorete, e il numero 4 corse e<br />
salvò la porta, a portiere battuto. Con una scivolata memorabile.<br />
Io cominciai a inveire contro di lui. Era un giocatoraccio.<br />
Davvero pessimo, un bidone mai visto. Salvò solo<br />
quel gol. Ovviamente contro il Toro, come tutti gli altri,<br />
che da superbidoni diventavano campioni solo quando incontravano<br />
noi”.<br />
Stava <strong>diva</strong>gando. Parlava di cose poco o per nulla connesse<br />
con l’aneddoto. Era passato al punto cardine del suo essere<br />
torinista: il palo di Sordo durante la finale di coppa Uefa<br />
di non so che anno. Ma riuscii a riportarlo sulla retta via.<br />
“Ah sì, adesso ricordo di cosa ti stavo parlando”, riprese<br />
dopo essersi fermato a riflettere per ritrovare il filo<br />
del discorso perduto, “mi alzo in piedi e inizio a gridargli<br />
qualcosa sulla sua bidonaggine e sulle sue scarse capacità<br />
calcistiche e difensive. Qualcosa di bruttissimo, condito<br />
da parecchie bestemmie, fino a che non conclusi: chi ti ha<br />
comprato non capisce un cazzo di calcio!”.<br />
Beh, il tutto si confaceva alla sua personalità. Nel raccontare<br />
accompagnava le urla e le bestemmie stringendo i<br />
pugni e indicando, come se fosse lì sul campo a sbraitare.<br />
“Beh”, riprese “alla fine l’ometto che stava seduto di<br />
fianco a me si alzò in piedi e disse: la ringrazio, sono io che<br />
ho comprato quel ragazzo... Alla fine ho smesso di accompagnare<br />
il mio babbo in tribuna...”.<br />
La storiella era finita e io riaprii il mio libro per proseguire<br />
nella lettura, ripensando al poveraccio che si era<br />
preso quell’insulto da un ragazzino con il quale adesso faceva<br />
affari. La vita è strana. Sfogliai altre due pagine. Il<br />
capo, perso tra le sue web-page, si era rimesso a pensare<br />
agli affari e ai cazzacci suoi. Con l’occhietto rosso mi fissò.<br />
Stava per dirmi qualcosa, ma non fece in tempo. Bussarono<br />
alla porta. Edmondo entrò e cominciò a parlare del più e del<br />
meno con il capo. Io ascoltavo silente. Mi fece l’occhiolino,<br />
qualcosa era sicuramente successo. Ma ne avremmo<br />
parlato a casa, non certo davanti al capo. Non era consigliabile.<br />
Edmondo uscì.<br />
15
Lucio Cascavilla<br />
“Vedi che ho fatto bene ad assumerti”, mi disse il capo<br />
sorridendo, dimentico della discussione precedente riguardo<br />
al suo maglione. Era felice e la felicità sprizzava fuori<br />
da ogni suo poro. “Senza di te le cose andrebbero peggio,<br />
molto peggio. Ma da quando sei arrivato l’azienda viaggia<br />
benissimo, e anche il Toro sta quasi per salvarsi. Come potrebbe<br />
andare meglio di così?”.<br />
Lo guardai serio. Fissai lo sporco tra le sue unghie, una<br />
delle caratteristiche di ogni uomo o donna che viva in Cina.<br />
“Magari il Toro in Champions League?”, chiesi polemico.<br />
Avevo toccato un nervo scoperto. Lui scrollò la testa.<br />
“No!”, disse come se gli avessi proposto un incesto.<br />
“Meglio non vincere nulla. Se poi dovessi scoprire che<br />
abbiamo truccato le partite come ha fatto la Juve l’anno<br />
scorso, non lo sopporterei. Meglio così. In bilico, tra serie<br />
A e serie B. Onesti e sfigati. Se cominciassimo a vincere,<br />
non saremmo più il Toro. Abbiamo avuto Superga, la morte<br />
di Meroni, il palo di Sordo. Noi siamo una squadra sfigata<br />
che deve soffrire, altrimenti perdiamo tutto il gusto. Non<br />
avrebbe senso vincere quindici scudetti come la Juve, con<br />
tutte le polemiche. Mi accontento di questo”.<br />
Contento lui, mi sembrava giusto così. Perché avrei dovuto<br />
provare a convincerlo di qualcosa di diverso? Il telefono<br />
squillò ancora. Consultai il mio cellulare. Erano le<br />
18:45. Avevo un altro quarto d’ora di lavoro. Poi sarei sgusciato<br />
via. L’imprenditore del popolo mise giù il telefono.<br />
“Quando sei qua arrivano solo belle notizie”, disse lui “il<br />
più grande investimento che ho fatto è stato assumerti”.<br />
“Se mia madre sapesse qual è il mio vero mestiere”,<br />
gli risposi riponendo il libro nello zainetto, “mi direbbe di<br />
andarmene. Di lasciare tutto e tornare in Italia. Chi mai potrebbe<br />
credere a una stronzata come questa?”.<br />
Rise e si mise a cercare qualcosa nei suoi cassetti. Io,<br />
salutandolo, uscii. Edmondo era sulla soglia. Mi aspettava.<br />
Era eccitato. Cominciò a parlare mentre eravamo in ascensore,<br />
ma io lo seguivo poco. Pensavo alla mia situazione.<br />
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Punk road in Cina<br />
Lui lavorava nel mio stesso ufficio, era un consulente finanziario<br />
per chiunque avesse voglia di investire capitali in<br />
Cina. Io invece, stravaccato su un <strong>diva</strong>no a leggere i miei<br />
libri, avevo un incarico molto più prestigioso. Ero il “ciondolo<br />
portafortuna” della società. Dovevo solo rimanere lì,<br />
davanti al capo, per circa otto ore al giorno. Potevo fare<br />
quello che volevo. Qualsiasi cosa: leggere un libro o un<br />
fumetto, scrivere romanzi o poesie che nessuno avrebbe<br />
mai letto. Io ero lì per portare fortuna, anche se la mia vita<br />
andava a rotoli. Ma avevo un contratto a tempo indeterminato.<br />
Non ero un precario e forse avrei anche cominciato ad<br />
avere dei contributi pagati per ottenere un’onesta pensione,<br />
in un bel giorno di primavera.<br />
Facevo parte della tribù dei Punk, minoranza etnica dei<br />
Pu-gli-zu. I Punk vivevano sulle spiagge occidentali della<br />
costa settentrionale dei mari di Plutone e praticavano il surf<br />
selvaggio. La caratteristica principale era il capello riccio<br />
e scarmigliato.<br />
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