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scrittori che scrivono da di cani-1.indd - Robin Edizioni

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L’avventura <strong>di</strong> un <strong>cani</strong>no<br />

Anton ČEchov<br />

Un <strong>cani</strong>no rossiccio con un musetto <strong>che</strong> pareva quello d’una<br />

volpe correva in su e in giù per il marciapiede, guar<strong>da</strong>ndosi<br />

intorno inquieto. Ogni poco si fermava e, levando ora una ora<br />

l’altra zampa inti rizzita, cercava <strong>di</strong> capire: come mai si era<br />

smarrito?<br />

Si ricor<strong>da</strong>va benissimo come aveva trascorso la gior nata e<br />

come era capitato su quel marciapiede sconosciuto. Alla mattina<br />

il suo padrone, il falegname Luca, si era messo il berrettone,<br />

si era ficcato sotto un braccio un certo piccolo oggetto <strong>di</strong> legno<br />

avviluppato in un fazzo letto rosso e gli aveva gri<strong>da</strong>to:<br />

“Kastanka, an<strong>di</strong>amo!”<br />

Sentendosi chiamare, il cane era uscito <strong>di</strong> sotto al banco <strong>da</strong><br />

falegname dove era il suo posticino per dor mire, sui trucioli,<br />

s’era stirato con vivissimo piacere e aveva seguito il padrone.<br />

I clienti <strong>di</strong> Luca abitavano molto lontano; così <strong>che</strong>, prima<br />

<strong>di</strong> giungere alla casa dell’uno o dell’altro, Luca aveva dovuto<br />

entrare in parecchie trattorie per rifo cillarsi e rimettersi un po’<br />

in forze.<br />

Kastanka si ricor<strong>da</strong>va <strong>di</strong> essersi comportato in modo assai<br />

sconveniente; felice <strong>che</strong> Luca l’avesse condotto con sé a passeggio,<br />

s’era <strong>di</strong>vertito a spiccar salti, a buttarsi contro certi vagoni,<br />

ad entrare nei cortili e a rincorrere dei <strong>cani</strong>. Il falegname<br />

a ogni momento lo perdeva <strong>di</strong> vista, doveva fermarsi e lo sgri-<br />

5


Anton ČEchov<br />

<strong>da</strong>va. Anzi, una volta gli aveva stretto nel pugno un orecchio,<br />

uno degli orecchi volpini <strong>di</strong> Kastanka, lo aveva tirato un po’ e<br />

gli aveva detto, mettendo lunghe pause fra una parola e l’altra:<br />

“Che ti venisse... un accidente... colera!”<br />

Dopo aver visto i clienti, Luca aveva fatto visita a sua sorella,<br />

dove era rimasto a fare uno spuntino, poi era entrato <strong>da</strong><br />

un legatore <strong>di</strong> libri suo conoscente, poi in una trattoria e aveva<br />

fatto sosta <strong>da</strong>l suo compare. In conclusione, quando Kastanka<br />

era capitato su quel mar ciapiede, scendeva la sera e il falegname<br />

era ubriaco come un calzolaio al lunedì. Gesticolava, tirava<br />

dei gran sospiri fon<strong>di</strong> fon<strong>di</strong> e brontolava; o prendeva un tono<br />

bonario, chiamava Kastanka e gli <strong>di</strong>ceva:<br />

“Tu, Kastanka, sei un insetto, e nient’altro. In confronto con<br />

un uomo, tu sei quel ch’è un carpentiere in confronto a un falegname.”<br />

Mentre gli parlava così, s’era sentito un frastuono <strong>di</strong> musica,<br />

e Kastanka aveva visto un intero reggimento <strong>di</strong> sol<strong>da</strong>ti<br />

marcianti al passo verso <strong>di</strong> loro. Siccome Kastanka non poteva<br />

soffrire la musica, si era come con torto <strong>da</strong>l dolore e s’era<br />

messo con tutto l’impeto a ur lare; ma con grande sorpresa <strong>di</strong><br />

Kastanka, il falegname, invece <strong>di</strong> guaire e abbaiare an<strong>che</strong> lui,<br />

aveva aperto la bocca al più largo sorriso, si era posto sull’attenti<br />

e aveva fatto il saluto militare con tutte le cinque <strong>di</strong>ta della<br />

destra spiegate. Poichè il padrone non protestava, Kastanka<br />

aveva urlato ancora <strong>di</strong> più e, <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong> tutto, at traversando<br />

la via, era scappato sull’altro marciapiede.<br />

Quando era ritornato in sè, la musica non si u<strong>di</strong>va più e an<strong>che</strong><br />

il reggimento era sparito. Kastanka aveva riattraversato la<br />

stra<strong>da</strong>, aveva ritrovato il posto dove il padrone stava ritto un<br />

momento prima, ma Luca pa reva essersi sprofon<strong>da</strong>to nel suolo.<br />

Kastanka aveva ten tato <strong>di</strong> rintracciarlo all’odore, fiutando; ma<br />

6


L’AvvEntuRA <strong>di</strong> un cAnino<br />

chissà mai quale cattivo soggetto era appena passato coi pie<strong>da</strong>cci<br />

infilati in soprascarpe nuove <strong>di</strong> gomma e tutti gli odori<br />

fini s’eran confusi con un puzzo acuto <strong>di</strong> gomma e non si <strong>di</strong>stingueva<br />

più nulla.<br />

Kastanka correva avanti e in<strong>di</strong>etro, non riusciva a rintracciare<br />

il padrone, e intanto l’aria si faceva scura. D’un tratto ai<br />

lati della via s’erano accese le fiamme dei fanali; alle finestre<br />

delle case erano comparsi dei lumi. Una neve tiepi<strong>da</strong>, morbi<strong>da</strong>,<br />

scendeva e imbiancava il selciato, i dorsi dei cavalli,<br />

i berrettoni dei vetturini, e più l’aria si oscurava, più tutto il<br />

resto si faceva bianco. Davanti a Kastanka passavano e ripassavano,<br />

impedendogli <strong>di</strong> vedere e urtandolo coi loro pie<strong>di</strong>,<br />

dei ‘clienti’ <strong>che</strong> non aveva mai visti. (Per Kastanka tutta<br />

l’umanità si <strong>di</strong>videva in due parti molto ineguali, in padroni<br />

e in clienti, e una grande <strong>di</strong>fferenza c’era fra loro: <strong>che</strong> i primi<br />

avevano il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>da</strong>rgli delle busse; quanto ai secon<strong>di</strong>,<br />

Kastanka stesso aveva il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> addentarli per i polpacci). I<br />

‘clienti’ parevano aver molta fretta e non lo degnavano nemmeno<br />

<strong>di</strong> uno sguardo.<br />

Quando l’aria fu del tutto buia, Kastanka si sentì preso <strong>da</strong>llo<br />

scoramento e <strong>da</strong>lla paura. Si accoccolò contro un portone e cominciò<br />

a piangere. Quella lunga peregrinazione con Luca, durata<br />

tutto il giorno, l’aveva stancato; si sentiva gelare le orecchie<br />

e le zampe e <strong>di</strong> più aveva fame, una fame tremen<strong>da</strong>. Due<br />

volte sole in tutta la giornata aveva potuto mettere sotto i denti<br />

qual cosa: un po’ <strong>di</strong> colla fatta <strong>di</strong> farina <strong>da</strong>l legatore <strong>di</strong> libri e<br />

una pelle <strong>di</strong> salame <strong>che</strong> aveva scoperto ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> un banco, in<br />

una delle tante trattorie visitate <strong>da</strong> Luca, niente altro. Se fosse<br />

stato un uomo, la povera bestia avrebbe pensato: “No, vivere<br />

così è impossibile! Meglio tirarsi una revolverata!”<br />

9


Anton ČEchov<br />

Ma Kastanka non pensava a niente: piangeva. Quando già<br />

la neve molle e soffice gli ebbe modellato la schiena e la testa,<br />

e si era assopito in una sorta <strong>di</strong> dor miveglia penoso, il portone<br />

cigolò, stridette, lo urtò in un fianco.<br />

Kastanka sobbalzò. Dal portone uscì un uomo appar tenente<br />

alla specie dei ‘clienti’. Poichè Kastanka guaiva e gli era capitato<br />

proprio fra i pie<strong>di</strong>, lo sconosciuto non potè non accorgersi<br />

della povera bestia. Si curvò e le chiese:<br />

“Canino, donde vieni? T’ho fatto male? O pove rino, poverino.<br />

Be’, non arrabbiarti, non arrabbiarti... Scusa.”<br />

Kastanka guar<strong>da</strong>va lo sconosciuto attraverso le falde <strong>di</strong> neve<br />

<strong>che</strong> gli pendevano <strong>da</strong>lle ciglia e vedeva un uomo piuttosto corto<br />

e grosso, con una faccia rasa e paffuta, col cilindro sul capo<br />

e la pelliccia sbottonata.<br />

“Perchè mugoli?” continuò lo sconosciuto, <strong>da</strong>ndo dei buffetti<br />

con un <strong>di</strong>to alle lunghe falde <strong>di</strong> neve <strong>che</strong> coprivano il dorso<br />

del cane. “Dov’è il tuo padrone? Ti sei smarrito? Ah, povero<br />

cane! Che cosa faremo ora?”<br />

Sentendo nella voce dell’ignoto una piccola nota <strong>di</strong> simpatia,<br />

<strong>di</strong> cor<strong>di</strong>alità, Kastanka gli leccò il viso ed emise un guaito<br />

ancor più lamentevole.<br />

“E tu sei buono, sei comico!” <strong>di</strong>sse l’ignoto. “Sembri proprio<br />

una volpe! Be’, non c’è nulla <strong>da</strong> fare, vieni con me! Forse,<br />

sarai buono a qualcosa! Be’, vieni!”<br />

Fece schioccare le labbra e gli fece un cenno con una mano,<br />

un cenno <strong>che</strong> poteva significare una cosa sola: an<strong>di</strong>amo! Kastanka<br />

lo seguì.<br />

Una mezz’ora dopo era accucciato sul pavimento <strong>di</strong> una<br />

stanza grande e chiara e col capo piegato <strong>da</strong> una parte seguiva<br />

con uno sguardo <strong>di</strong> tenerezza e <strong>di</strong> curio sità tutte le mosse dello<br />

sconosciuto, <strong>che</strong> sedeva a ta vola e cenava. Mangiava e gli<br />

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L’AvvEntuRA <strong>di</strong> un cAnino<br />

gettava dei bocconi; <strong>da</strong>pprima del pane e un crosta verde <strong>di</strong><br />

formaggio, poi un pezzetto <strong>di</strong> carne, la metà d’un pasticcino,<br />

alcune ossa <strong>di</strong> pollo, e Kastanka <strong>da</strong>lla gran fame inghiottiva<br />

tutto così in fretta <strong>che</strong> non riusciva a rendersi conto del sapore.<br />

E anzi, più Kastanka mangiava, e più la fame cresceva.<br />

“Però i tuoi padroni ti nutrono assai male” <strong>di</strong>sse a un certo<br />

momento lo sconosciuto, osservando con quale avi<strong>di</strong>tà il cane<br />

trangugiava i bocconi senza masti carli. “E come sei smilzo!<br />

Sei tutto pelle ed ossa...”<br />

Kastanka mangiò molto senza riuscire a saziarsi. Poi si <strong>di</strong>stese<br />

in mezzo alla stanza, allungando le gambe e poiché sentiva<br />

in tutto il corpo un senso <strong>di</strong> languore molto gradevole, agitò<br />

la co<strong>da</strong>. Intanto <strong>che</strong> il suo nuovo padrone, sdraiato nella poltrona,<br />

fumava un sigaro, Kastanka agitava la co<strong>da</strong> e risolveva un<br />

grave problema: dove si stava meglio, nella casa dell’ignoto o<br />

in quella del falegname? Nella casa dell’ignoto la mobilia era<br />

povera e brutta: tranne due poltrone, la lampa<strong>da</strong> e dei tappeti,<br />

non c’era nulla, e la stanza pareva vuota; invece la casa del<br />

falegname era tutta ingombra <strong>di</strong> cose <strong>di</strong>verse: c’era una tavola,<br />

un banco <strong>da</strong> falegname, un mucchio <strong>di</strong> trucioli, pialle, scalpelli<br />

a manico <strong>di</strong> legno, seghe, una gabbia con un canarino, una<br />

tinozza...<br />

In casa dello sconosciuto non si sentiva nessun odore:<br />

nell’appartamento del falegname invece c’era sempre come<br />

una nebbia e si sentiva uno squisito odorino <strong>di</strong> colla, <strong>di</strong> vernice<br />

e <strong>di</strong> trucioli. Però nella nuova casa si godeva <strong>di</strong> un grande vantaggio:<br />

l’ignoto <strong>da</strong>va molto <strong>da</strong> mangiare e, bisogna pur <strong>di</strong>re la<br />

verità, mentre Kastanka stava <strong>da</strong>vanti alla tavola e lo guar<strong>da</strong>va<br />

teneramente, non gli aveva allungato nemmeno una pacca, non<br />

aveva battuto i pie<strong>di</strong> sul pavimento, non aveva gri<strong>da</strong>to:<br />

“Vattene via, tre volte maledetto!”<br />

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