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HIMed - Anno 3, numero 1 - Maggio 2012 - SIOMI

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IN PRIMO PIANO<br />

sumibile e non del provato sperimentalmente. E la cosa,<br />

come dice Jonas 28 , diviene ancora più drammatica, dato<br />

che la techne dell'homo faber ormai trionfante non proclama<br />

il suo dominio solo sul mondo della natura ma sul<br />

corpo dell'uomo stesso, che essa pretende di trasformare<br />

bionicamente in qualcosa di fisicamente perfetto (non<br />

più invece spiritualmente perfetto).<br />

Si tratta quindi di acquisire una capacità di previsione<br />

del possibile fatto negativo, come opposto speculare del<br />

valore presunto positivo, che a sua volta permette di dare<br />

un valore non più neutro a quest'ultimo, permettendone<br />

di giudicarlo, e, se necessario, di inibirlo 29 . Il che implica<br />

il superamento di una neutralità scientifica che semplicemente<br />

non è morale. Bisogna insomma ormai più che<br />

mai saper guardare al fondo di male che c’è dietro la malattia<br />

con uno sguardo che sia ancora più severo ed acuto<br />

di quello di Platone, di Pitagora e di Ermete Trismegisto.<br />

Perché questo sguardo conosce ormai il futuro.<br />

Ciò, dice Jonas, comporta peraltro più scienza e non<br />

meno scienza, nel senso dell'affermazione di una nuova<br />

verità scientifica, non più basata sul sapere già disponibile,<br />

e quindi oggettivo, ma sul sapere non ancora disponibile,<br />

e quindi incerto.<br />

Ciò pone a mio avviso la necessità urgentissima di una<br />

nuova epistemologia scientifica. E, come ho sostenuto<br />

nel passato 30 , si tratta con ciò di rovesciare finalmente<br />

come inaccettabili le pretese della medicina sperimentale<br />

materialistico-razionalistica di fungere da paradigma epistemologico<br />

per le medicine, come quella omeopatica,<br />

che non condividono il suo metodo conoscitivo. Si tratta<br />

di affermare, come peraltro ha sostenuto Husserl, che<br />

scientifico non è affatto esclusivamente ciò che è sperimentale.<br />

Insomma, se la terapeutica omeopatica vuole<br />

costituire una reale alternativa rispetto alla terapeutica<br />

allopatica, essa deve saper andare molto più indietro della<br />

dottrina hahnemanniana, per ritrovare un modo di fare<br />

medicina che sia veramente svincolato da paradigmi utilitaristici<br />

e sappia essere profondamente etico.<br />

Il male e l’estremo orizzonte della morte<br />

Abbiamo già parlato di diversi aspetti della prassi terapeutica<br />

degenerata in quanto utilitaristica e non etica, e<br />

resta quindi da parlare dell'ultimo e forse più scottante<br />

scenario che si nasconde dietro una non cieca categorizzazione<br />

di ciò che è da intendere come male, ovvero la<br />

morte.<br />

In realtà, una volta tenuto conto della profondità alla<br />

quale si colloca il male nella condizione umana, non si<br />

può non presumere che la suprema malattia sia proprio<br />

la morte. Fu infatti proprio in questa direzione che si rivolsero<br />

gli sforzi di due grandi sperimentatori spirituali<br />

come Sri Aurobindo e Mère 31 .<br />

La tendenza anche degli omeopati a perseguire una prassi<br />

terapeutica utilitarista ha come sfondo una tendenza tenace<br />

della modernità, che è quella di negare la morte,<br />

considerata come il culmine stesso dell'indegnità.<br />

In fondo il culto dell'equilibrio perfetto, da mantenere<br />

costi quel che costi, allontanando da sé tutto ciò che sa<br />

di sacrificio, non rappresenta altro che quella tendenza<br />

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio <strong>2012</strong> | vol. 3 | n. 1<br />

al “survivalismo” recentemente criticata dal pensatore<br />

francese Isabel 32<br />

In quest'ottica non tanto il vivere è importante quanto<br />

il continuare a vivere, il sopravvivere alle ingiurie dell'ambiente.<br />

Non a caso Hannah Arendt 33 ha messo in<br />

evidenza come nella modernità si sia progressivamente<br />

dissolto il valore morale che il suicidio aveva nella società<br />

antica, suicidio che non rappresentava un atto di viltà di<br />

fronte alle avversità, quanto piuttosto l’affermazione che<br />

una vita degna di essere vissuta ha delle condizioni inderogabili,<br />

e peraltro condizioni più morali e spirituali<br />

che fisiche.<br />

Lo scopo del survivalismo è quello della eliminazione<br />

della morte che, come dice Jonas 34 , è ormai considerata<br />

appena alla stregua di un'inaccettabile disfunzione del<br />

vitale, qualcosa insomma che può e deve essere evitato.<br />

Purtroppo, come la medicina tradizionale, ormai messa<br />

in condizione dalla tecnologia (farmaci ed apparati meccanici<br />

per la sopravvivenza, protesi fisiche e biochimiche,<br />

trapianti, etc.) di prolungare la vita umana ben oltre i<br />

suoi limiti naturali, anche l'omeopatia si è messa su questa<br />

strada, e lo ha fatto proprio degradandosi a medicina<br />

estetico-naturale, al centro della quale c'è l'ossessione<br />

(peraltro del tutto truffaldina ed illusoria) dell'equilibrio<br />

perfetto. Tale equilibrio non è altro che soptavvivenza, e<br />

sopravvivenza a scapito di tutto ciò che si può frapporre<br />

come ostacolo sul cammino dell'individuo. Com'è sicuramente<br />

il dovere. Devo stare bene e sopravvivere, essere<br />

sano, forte, attivo, giovane e felice a tutti i costi. E dunque<br />

qualunque cosa mi chieda una deviazione da questo<br />

cammino, come lo è per esempio il dovere di sacirificio<br />

per il benessere degli altri, singolo o comunità,esso dev'essere<br />

scartato come insano ed ingiusto, ovvero immorale.<br />

In tal modo l'intera medicina non si cura del<br />

possibile male futuro, non si cura della responsabilità, e<br />

dilapida senza ritegno le risorse che dovrebbero essere<br />

conservate per il futuro, per i posteri.<br />

La società moderna è dunque l'esatto contrario della società<br />

ideale che auspicava il conservatore inglese Burke 35 :<br />

una società basata su un patto tra i vivi, gli uomini attuali<br />

e presenti, ed i non ancora nati da un lato ed i già morti<br />

dall'altro. E una società che non conserva ciò che ha ricevuto<br />

e che non preserva ciò che ha ricevuto per tramandarlo<br />

ai posteri.<br />

La medicina che le corrisponde lotta così per l'eliminazione<br />

della morte, che è considerata non più che una<br />

bruttura morale, lotta per la bellezza del corpo allo scopo<br />

di godere dell’edonismo più pieno, sostituisce la biologia<br />

con la tecnica (trapianti), mettendo riparo così alle perdite<br />

sifilitiche che la stessa dedizione al male provoca, e<br />

sostiene il godimento incondizionato del diritto (medicina<br />

sociale) invece del valore della funzione. Ed in questo<br />

caso la funzione non implica solo il dovere verso<br />

coloro che ci stanno intorno nel presente, ma soprattutto<br />

verso coloro che verranno dopo di noi.<br />

Ecco quindi che la medicina omeopatica si correda del<br />

nitore metallico (Arendt) di una tecnologia macchinina:<br />

depliants satinati, brillanti esperimenti in laboratori immacolati,<br />

apparecchi di ogni genere. La condizione ideale<br />

di vita che corrisponde a questa medicina prevede quindi<br />

9

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