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HIMed - Anno 3, numero 1 - Maggio 2012 - SIOMI

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CONTRIBUTI ORIGINALI<br />

Tutte le cellule dell’organismo possono subire lesioni radioindotte,<br />

ma esiste una scala di sensibilità relativa (specie<br />

per i danni acuti) per le differenti tipologie cellulari.<br />

Di seguito riportiamo in ordine di sensibilità decrescente<br />

i vari gruppi cellulari: a) spermatogoni; b) linfociti, eritroblasti,<br />

granulociti, mieloblasti; c) cellule basali e cripte<br />

intestinali, stomaco, colon; d) cellule ovariche, cutanee,<br />

delle ghiandole, alveolari polmonari, dotti biliari; e) cellule<br />

endoteliali; f) cellule connettivali; g) cellule tubulari<br />

renali; h) cellule ossee; i) cellule nervose; l) cellule muscolari.<br />

Esistono poi per ogni citologia effetti graduati di entità<br />

crescente all’aumentare della dose radiante, che può essere<br />

in unica dose o frazionata nel tempo. La patogenesi<br />

comune a tutte le lesioni da raggi è stata dimostrata essere<br />

il danno vascolare 4, 7, 8 .<br />

Effetti graduati<br />

delle radiazioni ionizzanti sulla cute<br />

La cute è il tessuto che rientra più frequentemente nel<br />

campo d’irradiazione della radioterapia (ad eccezione<br />

delle forme di brachiterapia), ed è coinvolta sempre, qualunqe<br />

sia l’organo da trattare. E’ pertanto importante valutarne<br />

specificatamente gli effetti lesivi. L’epidermide è<br />

un tessuto particolarmente radiosensibile, riparabile e<br />

non subisce un effetto cumulativo dell’esposizione a radiazioni.<br />

Il derma e l’ipoderma, invece, sono strutture a<br />

rinnovamento lento, sono relativamente più radioresistenti,<br />

hanno meno possibilità di riparazione e subiscono<br />

l’effetto cumulativo dell’irradiazione.<br />

Lesioni cutanee precoci di un’irradiazione cutanea focale<br />

sono rappresentati da: a) eritema, edema e vasodilatazione<br />

per una dose di 5 Gy; b) epidermide secca, seguita<br />

da depilazione, desquamazione per almeno due settimane,<br />

per una dose di 10 Gy; c) radiodermite essudativa<br />

con flittene per una dose di 15 Gy gg; d) radiodermite<br />

acuta con necrosi per una dose di 2-30 Gy.<br />

Lesioni cutanee tardive, determinate da sequele riparative,<br />

si osservano per dosi superiori ai 10 Gy. Al di sotto<br />

di tale esposizione la guarigione è usualmente senza sequele.<br />

Oltre tale esposizione, invece, si hanno alterazioni<br />

minime quali alterazioni della pigmentazione. In un<br />

tempo variabile da 1 a 5 anni si osservano quadri di dermite<br />

cronica, che si manifesta con atrofia cutanea, secchezza,<br />

alterazioni delle unghie, teleangectasie, fibrosi e<br />

cheratosi.<br />

Gli effetti acuti della radioterapia su cute e mucose consistono<br />

quindi, usualmente, in una risposta infiammatoria:<br />

a) eritema; b) edema; c) pigmentazione; d)<br />

mucositi. Queste reazioni più frequentemente si osservano<br />

nei caso di radioterapie palliative, perché richiedono<br />

elevati dosi giornaliere ravvicinate nel tempo, una<br />

o due settimane. Le radiolesioni cutanee presentano,<br />

come alterazione anatomo-patologica caratteristica, le alterazioni<br />

vasali: vasodilatazione, alterata permeabilità endoteliale,<br />

riduzione del letto e del flusso capillare.<br />

Si tratta di fenomeni patologici locali che possono persistere<br />

anche a lungo, come stanno a dimostrare la lenta<br />

regressione del danno e talvolta la loro non completa<br />

scomparsa, oltre alla possibile insorgenza e persistenza di<br />

teleangectasie.<br />

HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio <strong>2012</strong> | vol. 3 | n. 1<br />

La radiodermite eritematosa è caratterizzata dalla comparsa<br />

di chiazze eritematose con tendenza alla confluenza,<br />

fino ad invadere tutto il campo cutaneo<br />

irradiato. La cute è arrossata, edematosa, spesso pruriginosa.<br />

Successivamente il colorito si fa più intenso, rosso<br />

rame, l’edema si attenua; a distanza si osserva caduta di<br />

annessi e desquamazione dell’epidermide, residuando<br />

una pigmentazione cutanea variabile. Talvolta l’edema<br />

può coinvolgere il connettivo pervasale del derma.<br />

La radiodermite eritemato-bollosa viene distinta istologicamente<br />

dal quadro di eritema per la scomparsa quasi<br />

totale, per citolisi, degli elementi dello strato germinativo<br />

basale dell’epidermide, già pochi giorni dopo l’irradiazione.<br />

La formazione delle bolle è correlata alla comparsa<br />

di versamento sieroso che si forma tra derma ed epidermide<br />

nella stessa sede occupata dallo strato germinativo<br />

distrutto. La cute alla periferia della lesione si pigmenta<br />

intensamente, formando un alone scuro che contrasta<br />

con la cute sana circostante. La rigenerazione spontanea<br />

dell’epidermide, data la scomparsa dello strato germinativo<br />

basale, usualmente avviene per proliferazione dei<br />

bordi della lesione ed impiega parecchi giorni (anche 20<br />

giorni e più) seguendo i principi di rigenerazione cutanea<br />

per seconda intenzione descritti per la prima volta nella<br />

metà dell’800 da Ranvier. In entrambi i casi l’eritema è<br />

sostenuto dalla vasodilatazione.<br />

La dermite cronica è caratterizzata da comparsa di ispessimento<br />

ed indurimento cutaneo, iperpigmentazione, caduta<br />

degli annessi, atrofia del connettivo, con sclerosi.<br />

Perché ciò si verifichi sono necessari almeno tre eventi<br />

contemporanei: l’ipovascolarizzazione (per danno subito<br />

dai vasi arteriosi), l’ipossia tessutale (cioè l’assenza di ossigeno),<br />

l’ipocellularità (per la morte cellulare). In queste<br />

situazioni il rischio di complicanze, quali ulcere, fistole,<br />

infezioni croniche specie ad opera di staphilococcus 4,5 è<br />

abbastanza frequente.<br />

Campi elettromagnetici e terapia<br />

Gli atomi, come sappiamo, sono formati da nuclei e da<br />

nubi elettroniche; nei nuclei si trovano i protoni, particelle<br />

dotate di carica elettrica positiva. Essi ruotano attorno<br />

al loro asse. La carica elettrica connessa al protone<br />

quindi gira insieme ad esso. Una carica elettrica in movimento<br />

crea una corrente elettrica e una corrente elettrica<br />

crea un campo magnetico. Da un punto di vista<br />

fisico, le diverse cellule dell’organismo caratterizzate da<br />

una forma differente a seconda del tessuto biologico al<br />

quale appartengono, possono essere considerate dei dipoli<br />

elettromagnetici. Tale diversità di forma provoca una<br />

differenza della polarità di membrana a cui consegue una<br />

differenza della corrente endogena che le attraversa,<br />

quindi una differente densità del campo magnetico che<br />

è ad esse associato. Il campo magnetico cellulare è, dunque,<br />

strettamente legato alla massa-forma della cellula in<br />

esame.<br />

Un esempio pratico è rappresentato dalla Risonanza Magnetica<br />

Nucleare che riesce a creare immagini dei tessuti<br />

in esame discriminando il diverso campo magnetico endogeno<br />

della cellula stessa, sfruttando un campo magnetico<br />

statico e la contemporanea presenza di impulsi di<br />

radiofrequenza non costanti 9 .<br />

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