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«Cicerone e l'epicureismo» di Luciano Albanese

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Sequitur μαντική vestra, quae Latine <strong>di</strong>vinatio <strong>di</strong>citur, qua tanta inbueremur<br />

superstitione si vos au<strong>di</strong>re vellemus (De nat. deor. I 20 55).<br />

Questo è Velleio, e Cicerone gli fa eco:<br />

Nec enim <strong>di</strong>vinationem, quam probatis, ullam esse arbitror (Luc. XL 126).<br />

Occorre precisare, peraltro, che la posizione <strong>di</strong> Cicerone nel De <strong>di</strong>vinatione riflette esattamente<br />

quella <strong>di</strong> Cotta nel De natura deorum. Cicerone stesso era un augure, e non era certo sua<br />

intenzione abolire la <strong>di</strong>vinazione, come non era certo intenzione <strong>di</strong> Cotta, un pontefice, abolire la<br />

religione tra<strong>di</strong>zionale. Si tratta piuttosto, in entrambi i casi, <strong>di</strong> affermare l’impossibilità <strong>di</strong> darne una<br />

fondazione filosofica per mezzo <strong>di</strong> argomenti razionali. Le seguenti affermazioni sono molto<br />

chiare in proposito.<br />

Cominciamo dall’aruspicina, che io ritengo si debba osservare per il bene dello Stato<br />

e della religione professata da tutti – ma qui siamo soli, e possiamo ricercare la verità<br />

senza procurarci l’o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> alcuno, io specialmente che dubito riguardo alla maggior<br />

parte delle cose […] Ritengo che il <strong>di</strong>ritto augurale, sebbene all’inizio sia stato<br />

costituito in base alla credenza nella <strong>di</strong>vinazione, sia stato poi conservato e rispettato<br />

per utilità politica (De <strong>di</strong>vinatione II 28 e 75).<br />

Anche a proposito del fato si registra una identità <strong>di</strong> vedute fra Cicerone e gli epicurei. Epicuro, nella<br />

Lettera a Meneceo, aveva affermato che «sarebbe stato meglio credere al mito degli dèi che farsi<br />

schiavo del fato [heimarmene] dei fisici», e Velleio si pronuncia contro il fato in modo analogo.<br />

Quanti autem haec philosophia aestimandast, cui tamquam aniculis, et his quidam<br />

indoctis, fato fieri videantur omnia? (De nat. deor. I 20 52).<br />

Cicerone, che al tema del fato ha de<strong>di</strong>cato una intera opera, non <strong>di</strong>ce cose <strong>di</strong>verse.

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