«Cicerone e l'epicureismo» di Luciano Albanese
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come vedremo – ingeneroso attacco sferrato contro <strong>di</strong> lui, pur senza nominarlo mai, da Cicerone<br />
nell’Adversus Pisonem. Il programma filosofico <strong>di</strong> Filodemo era infatti esattamente uguale e<br />
contrario a quello <strong>di</strong> Cicerone. Si trattava <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgare su tutto il territorio della Repubblica il punto <strong>di</strong><br />
vista dell’epicureismo, e, parallelamente, la sua critica <strong>di</strong> tutte le altre dottrine filosofiche e<br />
soprattutto delle nozioni correnti sulla natura delle <strong>di</strong>vinità.<br />
L’atteggiamento fortemente negativo <strong>di</strong> Cicerone verso l’epicureismo nasceva quin<strong>di</strong>, in primo<br />
luogo, da fattori che potremmo definire <strong>di</strong> «concorrenza culturale». L’epicureismo si era posto nei<br />
confronti della cultura filosofica romana gli stessi scopi <strong>di</strong> Cicerone, ma ovviamente con segno<br />
<strong>di</strong>verso. L’ostilità e l’inimicizia nascevano quin<strong>di</strong> da una circostanza oggettiva. Era una lotta per la<br />
conquista della supremazia sul terreno della <strong>di</strong>vulgazione filosofica. Tanto più che Cicerone,<br />
<strong>di</strong>versamente dagli epicurei, non aveva un bagaglio dottrinale da <strong>di</strong>fendere. Come Cotta, il suo<br />
portavoce nel De natura deorum, gli era più facile <strong>di</strong>struggere che costruire. Cicerone non aveva<br />
nulla <strong>di</strong> positivo da contrapporre all’epicureismo. Poteva solo essere urtato dagli aspetti dogmatici<br />
<strong>di</strong> tale dottrina. E tuttavia anche qui, come vedremo, saranno necessarie delle precisazioni.<br />
Il secondo motivo dell’avversione <strong>di</strong> Cicerone verso Epicuro si lega alla concezione epicurea degli<br />
dèi come esseri inattivi. Tale concezione è giu<strong>di</strong>cata da Cicerone pericolosa e inatten<strong>di</strong>bile<br />
soprattutto per motivi politici. Essa <strong>di</strong>strugge infatti le basi religiose e culturali della costituzione<br />
repubblicana, perché la protezione accordata dagli dèi alla città fa parte delle convinzioni più<br />
ra<strong>di</strong>cate trasmesse al popolo romano dai suoi padri e dalla tra<strong>di</strong>zione. Significativo e accorato, in<br />
questo senso, è il prologo al De natura deorum, nel quale viene riba<strong>di</strong>to che l’eliminazione della<br />
pietas verso gli dèi comporterebbe necessariamente quella <strong>di</strong> ogni devozione e pratica religiosa,<br />
soppresse le quali il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne e il <strong>di</strong>sorientamento si impadronirebbero della vita umana, minando le<br />
basi stesse dei rapporti sociali e politici.<br />
Ugualmente pericolosa, dal punto <strong>di</strong> vista politico, appare a Cicerone la raccomandazione <strong>di</strong><br />
Epicuro <strong>di</strong> liberarsi dal carcere degli affari e della politica (SV 58). In realtà la maggior parte degli<br />
epicurei era schierata politicamente col Senato e con Pompeo, e quin<strong>di</strong> dalla stessa parte <strong>di</strong><br />
Cicerone. Ma naturalmente Cicerone sollevava in questo caso una questione <strong>di</strong> principio, non <strong>di</strong><br />
fatto.<br />
E tuttavia, come avremo modo <strong>di</strong> vedere, Cicerone stesso <strong>di</strong>mostrerà, per bocca del suo<br />
portavoce Cotta, che non è possibile offrire nessuna <strong>di</strong>mostrazione razionale della provvidenza<br />
degli dèi, e quin<strong>di</strong> nemmeno della provvidenza verso Roma. Al contrario, l’dea che gli dèi abbiamo<br />
pronoia e preveggenza si <strong>di</strong>mostrerà pericolosa e suscettibile <strong>di</strong> sviluppi in senso ateistico, al punto<br />
che Cotta sarà spinto, drammaticamente, a recuperare la tesi epicurea dell’inattività <strong>di</strong>vina come la<br />
massima espressione filosofica della pietas verso gli dèi, e a fondare la tesi della<br />
pronoia esclusivamente su basi irrazionali, ossia sulla tra<strong>di</strong>zione.<br />
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