04.06.2013 Views

La relazione medico-paziente (PDF 163 KB)

La relazione medico-paziente (PDF 163 KB)

La relazione medico-paziente (PDF 163 KB)

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Relatore:<br />

Dr.ssa M.L. Gallo,<br />

Dr. M. Palermo<br />

50<br />

A.M.O.I.C.<br />

Associazione<br />

Medici Omeopatici di<br />

Ispirazione Cristiana<br />

Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

<strong>La</strong> Bioetica, in quanto scienza, ha<br />

un’origine recente, ma i suoi<br />

fondamenti e principi risalgono<br />

ad epoche lontane, da quando, in realtà<br />

l’uomo ha preso coscienza e conoscenza<br />

di sé, del suo essere persona e del riconoscere<br />

la stessa persona nell’altro<br />

uomo.<br />

Il continuo progresso scientifico-tecnologico<br />

se da un lato ha permesso di avanzare<br />

nella conoscenza scientifica (non<br />

soltanto nel campo <strong>medico</strong>), dall’altro ha<br />

imposto una serie di riflessioni teoricopratiche,<br />

allo scopo di trovare soluzioni<br />

ai problemi emergenti.<br />

<strong>La</strong> <strong>relazione</strong> <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong> è uno dei<br />

problemi che rientrano nell’ambito bioetico,<br />

poiché, a seconda di come vengano<br />

rapportati i due termini della <strong>relazione</strong>,<br />

si verifica la possibilità di una modalità<br />

d’intervento, piuttosto che un’altra.<br />

L’atto <strong>medico</strong> è, innanzitutto un incontro<br />

tra due persone individuali.<br />

Ciò che è racchiuso nell’atto <strong>medico</strong><br />

dipende dalla volontà di aiutare e dalla<br />

corrispondente volontà di guarire.<br />

Il <strong>medico</strong>, con i suoi atti, umani ed allo<br />

stesso tempo morali, si pone tra teoria e<br />

prassi, in altre parole, tra le scienze dello<br />

spirito e le scienze della natura.<br />

L’atto <strong>medico</strong> è costituito da quattro<br />

fasi:<br />

1) Etica e religiosa<br />

2) Affettiva o di amicizia, transfert (tipico<br />

della psicoterapia)<br />

3) Conoscitiva o di diagnosi<br />

4) Operativa o di cura<br />

Generalmente sono le ultime due fasi<br />

ad essere considerate le più rappresentative,<br />

ma, in realtà, l’atto <strong>medico</strong> inizia<br />

dal riconoscimento dell’essere persona<br />

individuale nell’altro, <strong>paziente</strong>.<br />

<strong>La</strong> <strong>relazione</strong><br />

<strong>medico</strong> - <strong>paziente</strong><br />

Allo stesso tempo, in ogni atto <strong>medico</strong>,<br />

umano e morale, sono presenti contemporaneamente:<br />

- aspetti conoscitivi<br />

- aspetti storico-sociali<br />

- aspetti etico-affettivi<br />

Nell’antichità, la medicina considerava<br />

la malattia provocata da spiriti ostili o da<br />

malefici effettuati dai nemici; i mezzi<br />

per recuperare l’anima del malato erano<br />

gli esorcismi e le purificazioni che tentavano<br />

di ripristinare l’armonia tra macrocosmo<br />

e microcosmo, facendo leva sulle<br />

analogie esistenti tra malato ed oggetti<br />

terapeutici.<br />

L’appartenenza ad una casta, l’esoterizzazione<br />

delle pratiche mediche, la fusione<br />

del patrimonio magico-religioso ed<br />

empirico si incontrarono, pertanto, nella<br />

pratica medica e condizionarono a lungo<br />

la medicina.<br />

<strong>La</strong> <strong>relazione</strong> <strong>medico</strong>–<strong>paziente</strong> risulta<br />

già definita nel Codice di Hammurabi<br />

(1717-1665 a.C.).<br />

I papiri di Ebers, Brugsch, Smith<br />

(1500-1200 a.C.) dimostrano l’esistenza<br />

dei primi libri di medicina; nella Bibbia<br />

e nel Talmud si osservano le basi per una<br />

legislazione sanitaria.<br />

<strong>La</strong> medicina cinese, attraverso il testo<br />

Nei Ching, datato 500 anni prima dell’avvento<br />

di Cristo e comprendente insegnamenti<br />

di 5000 anni fa, individuò pratiche<br />

mediche ancora oggi attuali.<br />

<strong>La</strong> medicina ayurvedica, che affonda le<br />

proprie radici nei Veda, risulta quanto<br />

mai moderna: nel Rk Veda, ci sono le<br />

indicazioni per una terapia fatta con i<br />

suoni, analogamente a quanto attualmente<br />

si fa con la terapia di biorisonanza.<br />

Nel mondo greco, Chitone riconosciuto<br />

come lo scopritore dell’uso e della coltivazione<br />

delle piante medicinali, ebbe


Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

come allievo Asclepio, divinizzato come<br />

figlio di Apollo e dio della medicina.<br />

Accanto alla medicina sacerdotale realizzata<br />

nei templi, anche uomini liberi<br />

cominciarono a praticare l’arte, istruiti in<br />

scuole spesso poste nelle vicinanze dei<br />

templi, allo scopo di poter osservare i<br />

malati che vi affluivano (scuole di<br />

Crotone, Cirene, Rodi, Cnido e Coo).<br />

Prima del V sec. a.C. gli associati<br />

all’arte, decisero di darsi regole etiche al<br />

di là delle leggi e delle ideologie vigenti<br />

nei vari Paesi, con l’intento di poter<br />

effettuare le terapie con indicazioni<br />

comuni.<br />

<strong>La</strong> medicina iniziò allora a perdere le<br />

caratteristiche legate alla sacralità ed alla<br />

religione e cominciò ad essere interpretata<br />

come arte, téchne: si operava, cioè,<br />

secondo una causa ed un fine.<br />

Il <strong>medico</strong> doveva essere un uomo perfetto,<br />

nel quale l’amore per l’arte era<br />

accompagnato dalla moralità e dall’onestà.<br />

Il <strong>medico</strong>, non tenendo più in considerazione<br />

gli dei, cominciò ad avere l’esigenza<br />

di razionalizzare il suo operato.<br />

Alcmeone di Crotone ed Ippocrate ai loro<br />

allievi insegnarono che le Conoscenze del<br />

<strong>medico</strong> dovevano riguardare:<br />

- la malattia<br />

- il rimedio per la cura<br />

- il meccanismo attraverso cui il rimedio<br />

agiva specificamente in quella<br />

malattia e non in un’altra.<br />

Il Giuramento d’Ippocrate, documento<br />

pubblicato in un periodo non precisato,<br />

ma compreso tra il 458 a.C. ed il 351<br />

a.C., contiene un ideale che può essere<br />

tradotto in norme etiche applicabili<br />

ancora oggi, per avere una buona medicina.<br />

Gli aspetti metodologici inerenti alla<br />

<strong>relazione</strong> del <strong>medico</strong> con il <strong>paziente</strong> e<br />

con la società sono quanto mai attuali.<br />

Accanto alle figure dell’empirista, del<br />

mago purificatore e del sacerdote di<br />

Asclepio, compare l’asclepiade tecnico e<br />

la medicina diventa l’arte di curare<br />

secondo le regole del Corpus<br />

Hippocraticum.<br />

L’asclepiade ippocratico aveva come<br />

caratteristica l’essere amico del malato,<br />

il quale era riconosciuto semplicemente<br />

come un membro della comunità umana,<br />

la polis.<br />

L’amicizia (philia) per i greci era sempre<br />

amore per la natura (physiophilia)<br />

mentre la tecnica (tékhné) un saper fare<br />

razionalmente quanto la natura consente<br />

di fare.<br />

L’astensione terapeutica era considerata<br />

giustificata di fronte alla “necessità<br />

della natura”, che non poteva essere<br />

superata: ciò ad indicare che i malati non<br />

guaribili, non erano più seguiti dal <strong>medico</strong>,<br />

il quale si riteneva al servizio della<br />

sua arte e contemporaneamente servitore<br />

della natura.<br />

Esisteva anche una valutazione economica<br />

del malato: solo i malati che potevano<br />

pagare le cure erano seguiti, mentre<br />

gli schiavi erano curati da medici che<br />

si occupavano esclusivamente di loro.<br />

Nel pensiero ippocratico, il <strong>medico</strong><br />

doveva essere preoccupato sia del corpo,<br />

sia dell’anima:<br />

il <strong>medico</strong> si considerava coautore della<br />

vita umana.<br />

<strong>La</strong> corretta cooperazione tecnica tra la<br />

propria libertà e quella del malato era ciò<br />

che permetteva l’atto terapeutico: <strong>medico</strong><br />

e <strong>paziente</strong> esercitavano, insieme e<br />

Documento: “Il Giuramento di Ippocrate”<br />

51


52<br />

Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

contemporaneamente, quella che era<br />

considerata l’arte creativa.<br />

Platone, che sosteneva una distinzione<br />

tra anima e corpo (contrariamente a ciò<br />

che Aristotele confuterà successivamente),<br />

indicava, però nel Timeo, che l’uomo<br />

era composto di un anima divina<br />

(immortale) posta in un corpo (mortale)<br />

“in modo naturale e secondo un progetto<br />

divino”.<br />

Il corpo risultava, quindi, uno strumento<br />

al servizio dell’anima, con la quale<br />

costituiva un “insieme strutturale”.<br />

L’equilibrio e l’armonia tra il corpo e<br />

l’anima, erano il presupposto per uno<br />

stato di salute: una “parte del corpo”<br />

poteva essere curata solo in funzione<br />

dell’intero corpo, ritenuto incurabile se<br />

non ci si occupava anche dell’anima, il<br />

tutto in un’ottica unitaria.<br />

Paradossalmente, lo stato di equilibrio<br />

e di armonia, secondo Platone, poteva<br />

realizzarsi anche quando il corpo era<br />

malato.<br />

<strong>La</strong> salute, allora, era ritenuta correlata<br />

ai concetti di misura e proporzione conveniente:<br />

il compito del <strong>medico</strong> era di<br />

restaurare la nascosta proporzione, qualora<br />

fosse turbata dalla malattia.<br />

Il concetto del giusto mezzo, inteso in<br />

senso onto-assiologico, piuttosto che quantitativo,<br />

era, infatti, una rivoluzione teoretica<br />

inserita da Platone e dai pitagorici.<br />

In uno dei suoi dialoghi, Platone indicava<br />

che la prima e più importante medicina<br />

era rappresentata dal <strong>medico</strong>, che<br />

con il suo carisma (l’incantesimo di<br />

Socrate) riesce a promuovere il processo<br />

di guarigione. Socrate, offre a Carmide,<br />

malato affetto da cefalea, un rimedio:<br />

questo farmaco non agisce solo attraverso<br />

le sue proprietà chimico-farmacologiche,<br />

ma anche e soprattutto, attraverso il<br />

suo valore simbolico.<br />

Il giuramento d’Ippocrate fu adottato<br />

nella Roma imperiale soltanto nel III sec<br />

a.C.<br />

Galeno (129-201), seguendo il modello<br />

indicato da Ippocrate, indicò quali dovevano<br />

essere le qualità del bravo <strong>medico</strong>:<br />

modestia, onestà, saggezza, temperanza.<br />

L’arte, nell’antichità basata soprattutto<br />

sull’ascolto del <strong>paziente</strong>, si trovò nel<br />

corso dei secoli, ad utilizzare la deduzione<br />

e l’intuizione per interpretare i pro-<br />

blemi del <strong>paziente</strong>, senza avere più la<br />

necessità di domandare ed ascoltare.<br />

Nel medioevo, la diffusione del cristianesimo<br />

arricchì l’amicizia medica del<br />

carattere di prossimità: il solo essere un<br />

uomo era ritenuto sufficiente per promuovere<br />

il suo bene. Infatti, non era<br />

necessario conoscerlo per trattarlo come<br />

persona individuale (parabola del samaritano).<br />

Per il cristiano, a differenza del <strong>medico</strong><br />

greco, era ed è un imperativo morale<br />

superare i limiti dell’arte che è considerata<br />

delimitata solo dalla condizione di<br />

mistero e di rispetto della persona riconosciuta<br />

nell’altro.<br />

Il superamento dell’arte medica giunse<br />

all’assunzione metodica del conforto da<br />

parte del <strong>medico</strong>, alla cura dei moribondi<br />

e degli incurabili, all’assistenza gratuita,<br />

solo per carità, al malato bisognoso.<br />

Vennero introdotte, altresì, le pratiche<br />

religiose nella cura del malato: la<br />

preghiera e l’estrema unzione.<br />

Il <strong>medico</strong> aveva, quindi, l’obbligo di<br />

curare allo scopo di procurare il bene del<br />

corpo quanto quello dell’anima<br />

Tutto il corpus metodologico relazionale<br />

si è mantenuto valido nel corso di due<br />

millenni, ma, a partire dal XIX sec. la<br />

scoperta e l’introduzione di nuove metodiche<br />

d’indagine, ha promosso quella<br />

che fu definita come rivoluzione tecnologica<br />

della medicina.<br />

Il rapporto <strong>medico</strong>–<strong>paziente</strong> nasce, per<br />

definizione, squilibrato ed asimmetrico a<br />

motivo della sapienza del primo e della<br />

dipendenza del secondo.<br />

Lo squilibrio di tale <strong>relazione</strong> era risolto<br />

dal dovere che il <strong>medico</strong> si poneva<br />

nell’assicurare al <strong>paziente</strong> il diritto di<br />

essere curato in maniera idonea (paternalismo)<br />

Il rapporto dialettico <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong><br />

si è via via trasformato nel corso dei<br />

secoli, dall’interrogatorio e dall’esame<br />

clinico, ad una valutazione di conferma<br />

delle ipotesi del <strong>medico</strong>.<br />

Gli strumenti diagnostici, se da un lato<br />

hanno aperto nuovi orizzonti diagnostici<br />

e terapeutici, dall’altro hanno reso sempre<br />

più impersonale e frammentata tale<br />

<strong>relazione</strong>.<br />

Gli stessi studi clinici randomizzati, talvolta<br />

realizzati in doppio cieco, utilizza


Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

ti allo scopo di confrontare in maniera<br />

“obiettiva” un metodo terapeutico o<br />

addirittura diagnostico, nei confronti di<br />

nessun trattamento o di un placebo, ha<br />

ridotto sempre di più l’arte medica in<br />

una valutazione “scientifica”, spersonalizzata,<br />

in cui viene meno l’espressione<br />

della conoscenza, dell’abilità e della<br />

capacità del <strong>medico</strong> di elaborare la totalità<br />

delle conoscenze acquisite personalmente.<br />

Gli aspetti economici, sociali e politici<br />

della ricerca medica hanno reso obbliganti<br />

quei percorsi diagnostici e terapeutici<br />

che non sempre sono rivolti a<br />

migliorare le condizioni generali del<br />

<strong>paziente</strong>: egli si trova ad affrontare un<br />

costo elevato a causa del compromesso<br />

accettato per ottenere non la guarigione,<br />

ma solo la “certezza” di una diagnosi e la<br />

sola scomparsa dei sintomi (per definizione<br />

la terapia allopatica è una terapia<br />

rivolta a “combattere” la sintomatologia).<br />

<strong>La</strong> tecnologia informatica, inoltre,<br />

risparmia anche il dover trarre delle<br />

deduzioni decisionali personali, che<br />

sono riferite alla sola valutazione statistica.<br />

<strong>La</strong> necessità di trovare risposte sempre<br />

più “scientifiche” e meno personalizzate,<br />

ha però messo a dura prova le<br />

coscienze di chi si ritrova, coinvolto, a<br />

dover prendere delle decisioni.<br />

Per poter rispondere a tali quesiti morali<br />

ed allo scopo di rendere le decisioni<br />

quanto più obiettive, è nata quella che è<br />

stata definita la scienza bioetica.<br />

Potter (I), con un’impostazione di tipo<br />

bio-evoluzionistico e Ramsey (II), con<br />

un taglio teologico-morale, furono i<br />

primi a definire ed evidenziare i problemi<br />

che la bioetica poteva affrontare.<br />

A questi primi tentativi, seguì, nel<br />

1978, la formulazione del “Metodo dei<br />

principi” (Principlism), attraverso il<br />

Belmont Report (III), che “rappresenta<br />

lo studio sistematico del comportamento<br />

umano nel campo delle scienze della vita<br />

e della salute, quando questo comportamento<br />

è esaminato alla luce di valori e di<br />

principi morali”. (IV)<br />

I principi del Belmont Report, furono<br />

rielaborati da Beauchamp e Childress,<br />

nel loro volume Principles of<br />

Biomedical Ethics. (V)<br />

Il metodo da loro promosso, negli anni<br />

‘70 e ’80, fu utilizzato come riferimento<br />

per indagare e risolvere i problemi di<br />

ordine morale, collegati alla pratica clinica:<br />

attraverso tali principi era possibile<br />

identificare il problema morale e risolverlo<br />

attraverso una procedura che fu<br />

accettata universalmente.<br />

Il “Metodo dei principi”, attraverso i<br />

quattro principi dell’Autonomia, di<br />

Beneficialità, di Non maleficienza e di<br />

Giustizia realizza un’etica normativa per<br />

la scienza biomedica, applicando principi<br />

e norme etiche generali.<br />

Essi utilizzano l’etica deontologica (di<br />

tipo pluralista, che ammette doveri<br />

“prima facie”, con validità assoluta e<br />

bilanciamento dei principi in <strong>relazione</strong><br />

alle circostanze concrete) e la teoria utilitaristica<br />

(il ben-essere è la ragione e<br />

scopo della vita morale ed i concetti di<br />

bene e male sono sostituiti da piacevole<br />

e spiacevole) come teorie etiche di riferimento.<br />

In questa ottica, deontologia ed utilitarismo<br />

sono utilizzati per giustificare e<br />

difendere i principi.<br />

<strong>La</strong> facile possibilità di dedurre logicamente<br />

le scelte etiche attraverso il riferimento<br />

alle norme ed ai principi, ne ha<br />

decretato il successo, soprattutto nel<br />

mondo statunitense ed anglosassone.<br />

L’aspetto imparziale dal punto di vista<br />

ideologico, li rende anche utilizzabili da<br />

sostenitori di teorie etiche diverse.<br />

L’assenza di una teoria unificata e sistematica<br />

da cui far derivare i principi e<br />

renderli collegabili in maniera armonica,<br />

è alla base del conflitto che si viene a<br />

creare tra i principi.<br />

Al “Metodo dei principi” si accompagnò<br />

anche un’etica di tipo contrattualistico<br />

che ebbe come maggiore esponente<br />

R.M. Veatch (VI), il quale si interessò<br />

dell’aspetto paternalistico della professione<br />

medica, legato alla tradizione<br />

ippocratica e dal principio di beneficenza<br />

che rendeva il <strong>medico</strong>, responsabile<br />

assoluto del destino del <strong>paziente</strong>.<br />

In contrapposizione alla lettura paternalistica,<br />

attualmente, si evidenzia il<br />

“contratto <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong>”, inserito in<br />

un contesto contrattualistico più ampio,<br />

che istituisce le relazioni sociali risultan-<br />

53


54<br />

Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

ti da un triplice ordine di contratti: il<br />

contratto sociale generale, il contratto tra<br />

la società ed i professionisti, il contratto<br />

tra professionista e cliente, riconosciuta<br />

parte in causa, solo dopo aver ricevuto<br />

un’informazione adeguata e completa e<br />

dopo aver constatato la sua capacità e<br />

disponibilità ad esprimere il suo consenso<br />

(VII).<br />

Il recupero delle virtù, intese come<br />

capacità dell’agente ad essere “buono”,<br />

in grado di curare e guarire e, attraverso<br />

questi atti posti in maniera corretta, realizzare<br />

il fine specifico cui l’azione del<br />

<strong>medico</strong> è chiamata ad essere posta, sono<br />

stati la risposta all’etica dei principi.<br />

Pellegrino (VIII) ed Engelhardt (IX), in<br />

modo diverso, hanno tentato il recupero<br />

delle virtù nell’ambito bioetico.<br />

Per Pellegrino, lo sbilanciamento del<br />

rapporto <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong> a sfavore di<br />

quest’ultimo, lo obbliga ad avere fiducia<br />

e ad essere in una posizione di dipendenza<br />

dal <strong>medico</strong>.<br />

È necessario, quindi che esista una<br />

“moralità interna” (X) che superi la contrapposizione<br />

diritti-doveri, e che renda<br />

il <strong>medico</strong> virtuoso e capace di agire per<br />

il bene del <strong>paziente</strong> in maniera abituale:<br />

“Il bene del <strong>paziente</strong> è il fine della medicina,<br />

che modella determinate virtù<br />

necessarie al suo raggiungimento”.(XI)<br />

L’opportunità del <strong>medico</strong> di operare<br />

secondo virtù, si realizza, pertanto, per le<br />

condizioni di vulnerabilità psico-fisica<br />

del malato, per le aspettative del <strong>paziente</strong><br />

nei confronti di chi si prende cura di<br />

lui, per il non equilibrio delle competenze<br />

e per la fiducia che la persona malata<br />

pone nella capacità di guarigione del<br />

<strong>medico</strong>.<br />

Il bene del <strong>paziente</strong> diventa, allora, il<br />

fine principale dell’atto terapeutico; per<br />

Pellegrino, infatti, è il <strong>paziente</strong> a stabilire<br />

ciò che per lui è importante, nel<br />

momento e nelle circostanze particolari,<br />

considerandolo capace di effettuare scelte<br />

opportune e consapevoli, ma che<br />

abbiano come riferimento la possibilità<br />

terapeutica che la scienza mette a disposizione<br />

nelle situazioni particolari.<br />

<strong>La</strong> compassione, la fedeltà alla fiducia,<br />

la competenza, l’onestà intellettuale, l’agire<br />

in scienza e coscienza, rappresentano<br />

le caratteristiche della scelta etica che<br />

il <strong>medico</strong> deve compiere per adempiere<br />

a quel dovere che, liberamente, ha scelto<br />

nell’esercitare la sua professione, superando<br />

il rispetto dei principi dell’autonomia,<br />

di giustizia e di autodeterminazione<br />

del <strong>paziente</strong>.<br />

Per Engelhardt, è la tolleranza o rispetto<br />

totale della libertà ed autonomia<br />

altrui, la virtù che prevale sulle altre, nel<br />

tentativo di realizzare il bene dell’altro.<br />

In un tale contesto il rapporto <strong>medico</strong><strong>paziente</strong><br />

diventa solo l’esercizio di atti<br />

posti ad adempiere la volontà del malato;<br />

nell’esercizio della tolleranza,<br />

Engelhardt propone la possibilità di<br />

esercitare anche altre virtù, quali il<br />

coraggio, la modestia, la perseveranza.<br />

Appare difficile, però, la gestione del<br />

rapporto <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong> nella sua ottica,<br />

in quanto Engelhardt riconosce la<br />

condizione di persona solo a quel malato<br />

che ha un’attività mentale presente e<br />

sviluppata, che presenti la capacità di<br />

esercitare la propria autonomia e libertà.<br />

Ad un’etica laica, che riconosce ad<br />

Engelhardt valore etico, si contrappone<br />

un’etica di ispirazione cattolica, in cui il<br />

malato si riappropria del suo essere persona<br />

in qualunque condizione psico-fisica<br />

si presenti.<br />

Nell’espressione del personalismo(XII)<br />

, diffuso in Italia dalla Scuola di Bioetica<br />

dell’Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, si pone in evidenza la legge<br />

morale naturale che riconosce all’uomo,<br />

l’essere morale per sua natura, ed alla<br />

ragione, l’essere pratica e morale: attraverso<br />

la luce naturale della ragione pratica<br />

l’uomo conosce l’evidenza immediata<br />

di principi primi (fac bonum, vita<br />

malum), la verità e le virtù correlate ai<br />

principi primi.<br />

<strong>La</strong> visione personalistica si basa sulla<br />

definizione di persona introdotta da<br />

Boezio, (rationalis naturae individua<br />

substantia) e successivamente arricchita<br />

da San Tommaso d’Aquino (Omne subsistens<br />

in natura rationali vel intellectuali<br />

est persona).<br />

Tale visione, si pone come ponte di collegamento<br />

tra l’etica anglosassone dei<br />

principi e quella delle virtù: i principi<br />

possono indicare le linee guida generali<br />

per una scelta morale, ma sono le virtù a<br />

rendere l’atto buono, giusto, attraverso


Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

l’interiorizzazione e la testimonianza del<br />

dovere che obbliga la scelta etica. In tale<br />

contesto antropologico, l’uomo si riappropria<br />

della sua unità di corpo e spirito<br />

e del suo valore in quanto soggetto e non<br />

oggetto. L’espressione della persona si<br />

manifesta nella sua completezza di<br />

corpo e spirito e la vita dell’uomo torna<br />

ad essere espressione di questa unità<br />

indissolubile.<br />

Il principio del rispetto della vita (in<br />

quanto indisponibile ed inviolabile), il<br />

principio terapeutico o della totalità, il<br />

principio della libertà-responsabilità, di<br />

socialità e di sussidiarietà, propri del personalismo<br />

sono quelli che ridanno al rapporto<br />

<strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong> il giusto valore.<br />

<strong>La</strong> vita, attraverso la quale l’uomo si<br />

manifesta e realizza nello spazio e nel<br />

tempo, si riappropria del suo valore<br />

intrinseco e viene riconosciuta come<br />

inviolabile, neppure per favorire la vita<br />

di altri; la salute, condizione perché tale<br />

vita possa essere mantenuta, deve essere<br />

tutelata.<br />

L’atto <strong>medico</strong>, attraverso il quale può<br />

essere mantenuto lo stato di salute, deve<br />

essere inteso a salvaguardare l’integrità<br />

della persona, deve riguardare la parte<br />

malata, causa diretta della malattia, deve<br />

presentare opportune prospettive di successo,<br />

rispettare il principio di proporzionalità<br />

e deve essere posto con il consenso<br />

esplicito del <strong>paziente</strong>.<br />

I principi di libertà e responsabilità<br />

impegnano entrambe le parti al rispetto<br />

delle scelte responsabili dell’altro, nell’ottica<br />

di tutti gli altri valori, così come<br />

la costruzione del bene di tutti impegna<br />

ognuna in una scelta che si presenta personale<br />

e sociale allo stesso tempo.<br />

Al personalismo ontologicamente fondato<br />

(Sgreccia) si contrappone, quindi, il<br />

personalismo materialista (<strong>La</strong>in) che<br />

considera l’uomo semplicemente un<br />

corpo, distinto dagli altri esseri viventi<br />

perché capace di percepirsi inserito nel<br />

mondo, di riflettere sulla propria limitatezza,<br />

finitudine e materialità e possiede<br />

un cervello che, organo del corpo, presiede<br />

alla condotta umana.<br />

Il corpo è in funzione della natura e non<br />

più della persona nella sua interezza di<br />

corpo-mente-spirito: ciò ad indicare che<br />

soltanto chi si ritiene inserito nel mondo<br />

(escludendo gli incapaci di intendere e<br />

volere, gli embrioni, i feti, i neonati, i<br />

bambini, i soggetti in coma, gli individui<br />

sottoposti ad anestesia etc. etc.) gode del<br />

riconoscimento di essere persona.<br />

Accanto a queste posizioni etiche precise<br />

si delineano anche altri indirizzi. In<br />

un contesto pluralistico è difficile, alla<br />

luce di scelte bioetiche di tipo emotivistico,<br />

utilitaristico e sociologistico, delineare<br />

una corretta proporzionalità nella<br />

<strong>relazione</strong> che si viene a creare tra <strong>medico</strong><br />

e <strong>paziente</strong>: il solo desiderio del soggetto,<br />

il suo profitto, l’opinione dominante,<br />

non possono assicurare un equilibrio<br />

tra le parti in causa.<br />

È in questa complessità che debbono<br />

essere inserite le scelte del singolo: l’oggettività<br />

del bene, le buone intenzioni<br />

del soggetto, le scoperte tecnologicoscientifiche<br />

vanno amalgamate ed armonizzate<br />

allo scopo di lasciar emergere le<br />

verità ed il fine dell’uomo.(XIII)<br />

I principi di libertà e responsabilità e<br />

tutti gli altri valori impegnano entrambe<br />

le parti al rispetto delle scelte responsabili.<br />

<strong>La</strong> costruzione del bene di tutti impegna<br />

ognuno in una scelta che è personale<br />

e sociale allo stesso tempo.<br />

L’incontro tra il <strong>medico</strong> ed il malato<br />

deve essere un’alleanza terapeutica<br />

(XIV) ed anche un’amicizia: è l’incontro<br />

di due persone che decidono di fare<br />

insieme il percorso di guarigione.<br />

<strong>La</strong> malattia, il dolore che l’accompagna<br />

ed il malato, non sono l’espressione di<br />

peccato e dell’azione dei demoni come<br />

erano interpretati nel mondo antico, ma<br />

rappresentano l’opportunità per il <strong>medico</strong><br />

di offrire al <strong>paziente</strong> la speranza, rendendolo<br />

consapevole del messaggio che<br />

la malattia ed il dolore portano a lui.<br />

L’aspettativa di guarigione del <strong>paziente</strong><br />

deve corrispondere all’impegno che il<br />

<strong>medico</strong> pone, per libera scelta, nell’accompagnare<br />

il malato nel cammino di<br />

guarigione dove si trovano in equilibrio<br />

le due componenti dell’uomo: l’anima<br />

ed il corpo.<br />

Per poter realizzare ciò, deve esistere la<br />

necessità di lasciare alla medicina quelle<br />

caratteristiche che le sono proprie: la ricchezza<br />

degli eventi che caratterizzano la<br />

storia del <strong>paziente</strong>, la capacità del valore<br />

55


56<br />

Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

di giudizio del <strong>medico</strong>, l’importanza dell’incontro<br />

interpersonale che va oltre il<br />

solo rapporto dialettico tra le due parti.<br />

Per conservare questi valori, il <strong>medico</strong><br />

deve considerare la sua arte passata<br />

attraverso i secoli ed arricchita dal suo<br />

significato antropologico e scientifico ed<br />

utilizzarla per dare significato agli eventi<br />

che arricchiscono la vita di ognuno: la<br />

nascita, l’incontro interpersonale, la<br />

malattia, la morte. <strong>La</strong> medicina, quindi<br />

non deve perdere di vista l’antropologia,<br />

la scienza e l’etica di riferimento: essa<br />

deve poter prospettare al <strong>paziente</strong> il<br />

meglio di ciò che la scienza offre oggi<br />

per lui, recuperando la dimensione<br />

umana, cosmologica e metafisica che da<br />

sempre le appartengono. Occorre superare<br />

la dicotomia tra la medicina tecnicoscientifica<br />

e la medicina umanistica,<br />

comprendendole entrambe e rendere il<br />

rapporto <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong> capace di<br />

capire quali siano i reali bisogni dell’uomo<br />

che si ha davanti. Un’etica medica<br />

non solo descrittiva, ma strumento di<br />

apertura e di riflessione su ciò che è giusto<br />

fare in un determinato momento e<br />

situazione, deve tener conto di tutti i<br />

valori che entrano in gioco nella vita di<br />

ogni persona: il valore della vita, della<br />

persona stessa, della sua libertà, della<br />

sua dignità in ogni espressione.<br />

Il <strong>medico</strong> del nuovo millennio deve,<br />

pertanto, essere proiettato nel futuro, ma<br />

deve mantenere lo sguardo sul passato<br />

per poter arricchire la sua vita presente<br />

ed essere capace di offrire al suo <strong>paziente</strong><br />

“quell’incantesimo” che rende ogni<br />

sua azione un atto speciale, unico.<br />

Il potere e la vanagloria che emergono<br />

quando ci si rende conto di essere capaci<br />

di “guarire”, deve essere sostituito dalla<br />

consapevolezza e dalla gioia di svolgere<br />

una missione per quell’individuo che,<br />

oltre ad essere uomo, persona è soprattutto<br />

un fratello.<br />

In realtà, il rapporto <strong>medico</strong>-<strong>paziente</strong>,<br />

rappresenta una <strong>relazione</strong> di tipo intrapersonale<br />

(corpo e anima), interpersonale<br />

(uomo e società), extrapersonale<br />

(uomo-natura).<br />

Per queste caratteristiche, l’uomo in<br />

<strong>relazione</strong> con e per qualcuno si trova in<br />

una condizione intrinsecamente normativa,<br />

in cui l’eguaglianza ontologica, la<br />

simmetria, il bene, diventano il legame<br />

tra l’essere ed il dover essere, con una<br />

realizzazione che si manifesta con il<br />

con-esserci. (XV)<br />

(I) Potter V.R.: Bioethics. Bridge to the future. Englewood Cliffs, 1970.<br />

(II) Ramsey P.: The Patient as Person. New Heaven, 1970.<br />

(III) National Commission for the Protection of Human Subjects of Biomedical and Behavioral<br />

Research, The Belmont Report, DHEW, Washington D.C., 1978.<br />

(IV) Reich W.T. (a cura di): Encyclopedia of Bioethics, New York, The Free Press, 1978, vol. I, Introduction pag.<br />

XIX.<br />

(V) Beauchamp T.L., Childress J.F.: Principle of Biomedical Ethics, Oxford University Press, New York<br />

1994.<br />

(VI) Veatch R.M.: The Patient as Partner. A Theory of Human-Experimentation Ethics, Indiana<br />

University Press, Bloomington, 1987. Veatch R.M.: The Patient-Phisician Relation. The Patient as<br />

Partner, Part 2, Indiana University Press, Bloomington, 1991.<br />

(VII) Bucci F.: Cristo <strong>medico</strong>, Edizioni Camilliane, Torino, 1998, pag. 19-20.<br />

(VIII) Pellegrino E.D., Thomasma D.C.: For the patient’s good:, Oxford University Press, New York,<br />

1988. Trad.it.: Per il bene del <strong>paziente</strong>, Ed. Paoline, Milano, 1992.<br />

(IX) Engelhardt H.T.: Manuale di Bioetica, Il Saggiatore, Milano, 1991.<br />

(X) Aramini M.: Introduzione alla Bioetica, Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 31.<br />

(XI) Pellegrino E.D., Thomasma D.C.: op.cit. pag. 239.<br />

(XII) Sgreccia E.: Manuale di Bioetica, Vita e Pensiero, Milano, 1999.<br />

(XIII) Aramini M.: op.cit., pag. 71.<br />

(XIV) Cattorini P.: Malattia e alleanza, Angelo Pontecorbi Editore, Firenze, 1994.<br />

(XV) Aramini M.: op.cit., pag. 73.


Atti del Primo Convegno Nazionale A.M.O.I.C.<br />

Aramini M.: Introduzione alla Bioetica,<br />

Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 31.<br />

Beauchamp T.L., Childress J.F.:<br />

Principle of Biomedical Ethics, Oxford<br />

University Press, New York 1994.<br />

Bucci F.: Cristo <strong>medico</strong>, Edizioni<br />

Camilliane, Torino, 1998, pag. 19-20.<br />

Cattorini P.: Malattia e alleanza, Angelo<br />

Pontecorbi Editore, Firenze, 1994.<br />

Engelhardt H.T.: Manuale di Bioetica, Il<br />

Saggiatore, Milano, 1991.<br />

National Commission for the Protection of<br />

Human Subjects of Biomedical and<br />

Behavioral Research, The Belmont Report,<br />

DHEW, Washington D.C., 1978.<br />

Pellegrino E.D., Thomasma D.C.: For the<br />

patient’s good:, Oxford University Press,<br />

New York, 1988. Trad.it.: Per il bene del<br />

Bibliografia<br />

<strong>paziente</strong>, Ed. Paoline, Milano, 1992.<br />

Potter V.R.: Bioethics. Bridge to the future.<br />

Englewood Cliffs, 1970.<br />

Ramsey P.: The Patient as Person. New<br />

Heaven, 1970.<br />

Reich W.T. (a cura di): Encyclopedia of<br />

Bioethics, New York, The Free Press,<br />

1978, vol. I, Introduction pag. XIX.<br />

Sgreccia E.: Manuale di Bioetica, Vita e<br />

Pensiero, Milano, 1999.<br />

Veatch R.M.: The Patient as Partner. A<br />

Theory of Human-Experimentation Ethics,<br />

Indiana University Press, Bloomington,<br />

1987.<br />

Veatch R.M.: The Patient-Phisician<br />

Relation. The Patient as Partner, Part 2,<br />

Indiana University Press, Bloomington,<br />

1991<br />

57

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!