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BERBERIDACEAE - Kaos-omeopatia.org

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MITI, LEGGENDE, RITI<br />

Sambuco<br />

Secondo Graves era considerato dai Celti un albero “aurorale” il primo nella<br />

foresta nordica a mettere le foglie insieme alla betulla, preposta al mese che<br />

cominciava col solstizio d’inverno.<br />

Caterina Sforza, signora di Forlì, battezzò acqua celeste un tonico ottenuto<br />

distillando tre volte, oltre al rosmarino, altre erbe tra cui la salvia, il basilico, il<br />

garofano, la menta, la noce moscata, il sambuco, il ginepro, la cannella, le<br />

rose bianche e rosse, l’anice e l’incenso.<br />

L’albero del flauto magico<br />

Pianta inquietante, il sambuco (Sambucus nigra), un alberello che può<br />

giungere anche ai dieci metri di altezza, molto ramificato, con grandi corimbi<br />

di fiori bianco- avorio cui succedono in settembre grappoli di bacche nere e<br />

lucenti. Cresce dappertutto, specie vicino agli edifici abbandonati e intorno<br />

agli allevamenti, dove il suolo è ricco di azoto per la decomposizione di foglie<br />

e rifiuti.<br />

Fra i Germani lo si chiamava Holunder, “albero di Holda”. Holda o Hulda era<br />

una fata del folklore germanico medioevale, raffigurata come una giovane<br />

donna benigna dai lunghi capelli d’oro: abitava nei sambuchi che si trovavano<br />

nei pressi delle acque di fiumi, laghi e fonti.<br />

Fino all’inizio del secolo i contadini tedeschi rispettavano a tal punto il<br />

sambuco che incontrandolo per i campi si levavano il cappello. Non osavano<br />

sradicarlo e, se volevano tagliarne un ramo, s’inginocchiavano davanti alla<br />

pianta con le mani giunte pregando: “Frau Holda, dammi un poco del tuo<br />

legno e io, quando crescerà, ti darò qualcosa di mio”. Per curarsi il mal di<br />

denti si doveva camminare fino al sambuco invocando per tre volte: “Frau<br />

Holda, Frau Holda imprestami una scheggia che te la riporterò”. Si staccava<br />

la scheggia e, giunti a casa, la si usava per incidere la gengiva fino a<br />

macchiare il legno di sangue. Si tornava infine alla pianta continuando a<br />

camminare all’indietro e si reinnestava la scheggia nel punto in cui era stata<br />

tolta così le si trasmetteva il dolore.<br />

Panacea era ed è considerato il sambuco nella medicina tradizionale. In<br />

quella tirolese lo si è chiamato “farmacia degli dei”. Sette volte il contadino si<br />

inchinava davanti all’albero perché sette sono i doni che si ricavano dai<br />

germogli, dai fiori, dalle foglie, dalle bacche, dal midollo, dalla corteccia e<br />

dalle radici del sambuco. Dai germogli si ottiene un decotto che calma le<br />

nevralgie; gli impacchi di foglie curano le malattie della pelle; con i fiori si fa<br />

un tè depurativo e dalle bacche si ottiene uno sciroppo contro le<br />

infiammazioni dei bronchi e dei polmoni. Quanto alla corteccia è emetica o<br />

lassativa a seconda della quantità usata: fresca, cura il glaucoma, ponendola

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