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Dicembre/Gennaio 2009 · numero 81<br />
SUPER<br />
HEROES<br />
Dal fashion<br />
designer<br />
Umit Benan<br />
al coreografo<br />
Michael Clark,<br />
dal regista<br />
Wes Anderson<br />
al fotografo<br />
Ben Watts.<br />
Arrivano i nostri<br />
superuomini<br />
NIGER<br />
STYLE<br />
L’eleganza<br />
naturale<br />
dei ragazzi<br />
di Niamey<br />
FEBBRE<br />
DA DIARIO<br />
Creativi come<br />
non mai. Torna la<br />
passione per gli<br />
scrapbook
Mensile · Anno IX, Numero 81<br />
www.urbanmagazine.it / redazione.urban@rcs.it<br />
direttore responsabile<br />
Alberto Coretti alberto.coretti@rcs.it<br />
art direction<br />
Maurizio Varotti<br />
caposervizio<br />
Floriana Cavallo fl oriana.cavallo@rcs.it<br />
segretaria di redazione<br />
Rosy Settanni rosy.settanni@rcs.it<br />
fashion<br />
a cura di Ivan Bontchev fashion.urban@rcs.it<br />
presidente<br />
Giorgio Valerio<br />
amministratore delegato<br />
Bruno Lommi<br />
marketing manager<br />
Giancarlo Piana<br />
fi eld manager<br />
Carmine Scandale<br />
URBAN via Mecenate, 87/6 · 20138 Milano<br />
tel. 02.50.95.1 · fax 02.50.95.2120<br />
testata del gruppo City Italia S.P.A.<br />
PUBBLICITÀ<br />
Direzione<br />
sales manager<br />
Augusta Ascolese augusta.ascolese@rcs.it<br />
key account<br />
Giorgia Fraccapani giorgia.fraccapani@rcs.it<br />
key account<br />
Silvia Saturni silvia.saturni@rcs.it<br />
Triveneto<br />
Federico Spiazzi info@federicospiazzi.com tel. 045.8350771<br />
Filippo Capuzzo fcapuzzo@yahoo.it tel. 049.8722702<br />
distribuzione<br />
Albatros 2001 S.r.l. · 02.45713752<br />
TNT Post Srl<br />
fotolito<br />
Mygraph s.r.l. · via S. da Vimercate, 27/5<br />
20128 Milano<br />
stampa<br />
CSQ · Centro Stampa Quotidiani<br />
via dell’Industria 6 · Erbusco BS<br />
cover: foto di Saverio Cardia<br />
T-shirt, G-Star by Marc Newson<br />
Occhiali, Police<br />
SOMMARIO<br />
11<br />
13<br />
15<br />
17<br />
23<br />
28<br />
32<br />
37<br />
38<br />
43<br />
44<br />
52<br />
54<br />
62<br />
66<br />
68<br />
71<br />
73<br />
82<br />
EDITORIALE<br />
ICON<br />
di Massimo De Carlo<br />
INTERURBANA<br />
al telefono con Emanuele Carcano<br />
di Maurizio Marsico<br />
PORTFOLIO<br />
The art of bike<br />
CULT<br />
di Federico Poletti<br />
LA STOFFA DI UMIT BENAN<br />
di Federico Poletti · foto Cesare Cicardini<br />
bozzetti Umit Benan<br />
CARO DIARIO<br />
di Ciro Cacciola · foto Ben Watts<br />
ARTE<br />
a cura di Floriana Cavallo<br />
IO E MR. FOX<br />
di Roberto Croci<br />
DESIGN<br />
di Olivia Porta<br />
EASY ELEGANCE<br />
foto Saverio Cardia · styling Ivan Bontchev<br />
ORIGAMI IN LOVE<br />
foto Giorgio Codazzi · styling & artwork<br />
Ivan Bontchev<br />
CAT GIRL<br />
foto Fabio Leidi · styling Veronique Ross<br />
NIGER STYLE<br />
di Maria Luisa Frisa / Federico Della Bella<br />
foto Nicola Lo Calzo<br />
MUSICA<br />
di Paolo Madeddu<br />
MICHAEL L’INQUIETO<br />
di Valeria Crippa<br />
NIGHTLIFE<br />
di Lorenzo Tiezzi<br />
FUORI<br />
ULTIMA FERMATA<br />
di Efraim Medina Reyes<br />
URBAN · 9
Superheroes<br />
EDITORIALE<br />
I supereroi mi hanno sempre provocato una sana dose d’invidia. Non tanto per le<br />
gesta, alla fine un po’ noiose, quanto per i loro superpoteri e soprattutto per il<br />
costume. Avere un unico vestito per ogni situazione e ogni stagione, che non solo<br />
calza a pennello sul corpo ma è anche tagliato a misura del proprio carattere, è<br />
sempre stata una mia grande aspirazione.<br />
Inseguendo tali pensieri, per questo numero ci siamo messi a caccia di supereroi.<br />
Non tanto quelli immaginari, ma piuttosto personaggi il cui “abito” in qualche modo<br />
ci raccontasse qualcosa della loro anima e forse dei loro superpoteri. Dato che<br />
l’habitat naturale di ogni supereroe che si rispetti è la città, per noi non è stato<br />
difficile. Così, in una ricerca da Milano a Londra a Los Angeles, ci siamo fatti<br />
affascinare dal talento emergente del fashion designer Umit Benan, dall’inquietudine<br />
del coreografo londinese Michael Clark e dal temperamento del regista Wes Anderson,<br />
ma anche dalla spontanea eleganza dei ragazzi della capitale del Niger. A voi non<br />
resta che scoprirne il costume e i superpoteri.<br />
Francesca Bonazzoli · Bruno Boveri · Ciro Cacciola · Saverio Cardia · Cesare Cicardini · Giorgio Codazzi<br />
· Valeria Crippa · Roberto Croci · Federico Della Bella · Maria Luisa Frisa · Fabio Leidi · Nicola Lo<br />
Calzo · Paolo Madeddu · Maurizio Marsico · Mirta Oregna · Federico Poletti · Olivia Porta · Efraim Medina<br />
Reyes · Leo Rieser · Veronique Ross · Francesca Roveda · Laura Ruggieri · Lorenzo Tiezzi · Marta Topis<br />
URBAN · 11
MILANO<br />
icon<br />
MASSIMO DE CARLO inizia la sua attività di gallerista nel 1987, dopo la laurea in Farmacia a Padova. Negli anni si è sempre impegnato<br />
a sostenere il lavoro di artisti italiani presso il pubblico europeo e internazionale, e molto spesso è stato il primo a portare in Italia affermati<br />
artisti stranieri. Maurizio Cattelan, Rudolf Stingel, Piotr Uklanski, Carsten Höller, Diego Perrone, Paola Pivi e Roberto Cuoghi, solo per citare<br />
alcuni dei nomi rappresentati dalla Galleria Massimo De Carlo, hanno ottenuto importanti premi e riconoscimenti in tutto il mondo.<br />
URBAN · 13
«LE SITUAZIONI PIÙ DIVERTENTI LE HO VISSUTE DURANTE I CONCERTI IN LUOGHI<br />
IMPROVVISATI, COME UN NEGOZIO CHE VENDE CIOCCOLATA VICINO ALL’ARC DE TRIOMPHE. I CONCERTI<br />
È meglio vivere di musica a Parigi o a Milano?<br />
Parigi offre molta più scelta in ambito musicale,<br />
dalle grandi rassegne come il Festival d’Automne<br />
(che quest’anno si occupa anche di sperimentazioni<br />
poetiche) fi no ai locali più underground dove è sempre<br />
possibile vedere artisti internazionali di passaggio nella<br />
capitale. Da anni poi vengo a Parigi per incontrare i<br />
compositori (quelli concreti) e i poeti (quelli sonori) che<br />
vivono in questa città.<br />
In quale arrondissement abiti?<br />
Nel quindicesimo, dove storicamente si sono sempre<br />
installati gli emigranti che arrivavano per la prima volta<br />
a Parigi. Il quartiere ha subito grandi trasformazioni a<br />
partire dagli anni ’60, diventando all’epoca una specie<br />
di città del futuro che è invecchiata presto e male.<br />
Rimane un luogo molto tranquillo con uno splendido<br />
angolo di verde sotto casa, il Parc Citroën, l’ultimo<br />
grande parco progettato dalla municipalità parigina<br />
all’inizio degli anni ’90 sull’area dove prima sorgevano<br />
gli stabilimenti della casa automobilistica.<br />
Dove compri vinili e cd?<br />
Anche a Parigi negozi di dischi ne sono rimasti molto<br />
pochi... I compact disc li ho sempre ricevuti in regalo<br />
NELLE CASE PRIVATE, POI, PORTANO SPESSO A INCONTRI IMPREVISTI»<br />
o per promozione (non credo di averne mai acquistato<br />
uno), mentre le edizioni in vinile che ancora preferisco<br />
le trovo soprattutto da contatti privati. Vicino a Bastille<br />
ci sono comunque un paio di indirizzi che vale la pena<br />
scoprire come Bimbo Tower che, oltre a organizzare un<br />
festival di musica indipendente, ha un negozio/bazar<br />
dove puoi trovare le cose più strane.<br />
E in quali luoghi trovi la musica dal vivo<br />
che più ti piace?<br />
Ne ho girati moltissimi in questi ultimi due anni, dalla<br />
cité de la Musique al Beaubourg, dai piccoli club nel<br />
Marais ai locali autogestiti nella banlieu. Le situazioni<br />
più divertenti le ho vissute durante i concerti in luoghi<br />
improvvisati, come un negozio che vende cioccolata<br />
vicino all’Arc de Triomphe o un atelier di un artista<br />
dietro a Bastille. I concerti nelle case private, poi,<br />
portano spesso a degli incontri imprevisti.<br />
Hai un tuo posto segreto?<br />
C’è una piccola libreria in Rue Gît le Coeur che si<br />
Emanuele Carcano<br />
PARIS<br />
interurbana<br />
chiama Un Regard Moderne e che è da oltre 20 anni<br />
uno dei luoghi veramente moderni della città, oltre a<br />
essere la più bella libreria del mondo.<br />
Dove porti i tuoi amici italiani a cena?<br />
Li porto da Polidor, una classica brasserie parigina, a<br />
mangiare l’anduiette. Oppure alla Cupole che è molto<br />
cambiata dai tempi d’oro di Hemingway e Sartre ma<br />
che è aperta fi no a tardissimo e ha un’ottima mousse<br />
au chocolat noire (che non è la sua specialità ma a me<br />
piace moltissimo).<br />
E i francesi...<br />
Con gli amici francesi vado piuttosto nei piccoli<br />
ristoranti familiari con cucina indiana della Porte Saint<br />
Denis, dove puoi mangiare benissimo e a poco prezzo.<br />
Oppure nelle trattorie giapponesi attorno a Opéra dove<br />
si può trovare la vera cucina giapponese, molto più<br />
rara a Milano.<br />
Se Parigi avesse lu mare....<br />
Non so, ma se avesse il sole palermitano tutto l’anno<br />
mi piacerebbe perdermi tra i suoi viali e camminare<br />
per ore fi no a essere esausto. Passeggiare per Parigi è<br />
sempre una fonte inesauribile di sorprese.<br />
Maurizio Marsico<br />
Milanese, classe 1968, dopo la laurea in architettura si dedica alla ricerca sulle connessioni tra suono e arte contemporanea, fondando a metà degli anni ’90<br />
le edizioni Alga Marghen. Vive a Parigi dal 2007 dove continua la sua attività editoriale e di ricerca, oltre a collaborare con diverse istituzioni<br />
tra le quali il Centre Pompidou per cui cura la serie di eventi dal titolo Oeuvres Sonores.<br />
URBAN · 15
THE ART OF BIKE<br />
NEW YORK<br />
portfolio<br />
Lukas Wassmann<br />
Gennaio: Philip-Lorca diCorcia<br />
Copyright Swiss Institute Contemporary Art New York<br />
Sono tutti artisti contemporanei, vivono nella Grande Mela e condividono una passione sfrenata per i pedali. Lo Swiss<br />
Institute di New York ha pensato che non ci fosse soggetto più azzeccato per raccontare il 2010 e ha affi dato al giovane<br />
fotografo svizzero Lukas Wassmann il calendario Artists on their bicycles New York: da David Byrne, tra i fautori della<br />
rivoluzione a pedali a Manhattan, a Terry Richardson, da Maurizio Cattelan a Ryan McGinley, grandi protagonisti per 12<br />
mesi da vivere by bike. Se cercate il calendario lo trovate in edizione limitata sul sito www.swissinstitute.net.<br />
URBAN · 17
Lukas Wassmann<br />
Febbraio: Collier Schorr<br />
Copyright Swiss Institute Contemporary Art New York<br />
Lukas Wassmann<br />
Luglio: Rita Ackermann / Aurel Schmidt<br />
Copyright Swiss Institute Contemporary Art New York<br />
18 · URBAN URBAN · 19
Lukas Wassmann<br />
Ottobre: Ryan McGinley<br />
Copyright Swiss Institute Contemporary Art New York<br />
Lukas Wassmann<br />
Settembre: Maurizio Cattelan<br />
Copyright Swiss Institute Contemporary Art New York<br />
20 · URBAN URBAN · 21
FORTEZZA DA BASSO<br />
PITTI UOMO 77<br />
PITTI W 5<br />
dal 12 al 15 gennaio<br />
www.pittimmagine.com<br />
CROSSING PITTI<br />
Dal 12 al 15 gennaio torna Pitti Immagine Uomo e Firenze si trasforma in luogo di ricerca e sperimentazione.<br />
Questa edizione si preannuncia ricca di cambiamenti, a partire dal nuovo layout del Padiglione<br />
centrale affi dato all’archistar e designer Patricia Urquiola. Un progetto che prevede anche l’ampliamento<br />
della gamma prodotti, sempre più sofi sticati, e con sconfi namenti nel mondo gioielli, fragranze e cosmetici,<br />
occhiali, orologi e pocket technology. Nelle collezioni uomo si consolidano i mood legati al mondo<br />
della caccia e pesca, temi e colori provenienti da foreste e boschi. Parallelamente tornano anche il punk<br />
e rock. Must have per il prossimo autunno: il piumino declinato in mille varianti e colori da abbinare in<br />
modo creativo anche sul look più formale, capispalla iper colorati e materiali tecnici ultra leggeri. Per la<br />
donna Pitti W_Woman Precollection, presenta una selezione di circa 60 marchi con proposte mirate, che<br />
spaziano da collezioni monoprodotto – le migliori realtà specializzate del Made in Italy – agli accessori e<br />
gioielli più particolari, fi no all’area vintage, realizzata in collaborazione con A.N.G.E.L.O.<br />
Marithé + François Girbaud, Watt Wash<br />
Pitti Immagine Uomo, Pop up Stores by Patricia Urquiola<br />
di Federico Poletti<br />
FIRENZE<br />
cult/pitti e dintorni<br />
FIRENZE<br />
DENTRO & FUORI<br />
Tantissimi i progetti speciali e le<br />
collaborazioni dentro e fuori la fi era. Per<br />
esempio, lo stile Notify viene interpretato<br />
da Ron Arad in un mix tra artigianalità e<br />
contemporaneità. Dopo tempo ritorna sulle<br />
scene Lars Nilsson con un evento al Museo<br />
Marino Marini. Gentucca Bini presenta un<br />
nuovo progetto dedicato al rethinking di abiti<br />
già esistenti, mentre .normaluisa gioca sul<br />
tema dell’incanto con un curioso allestimento<br />
in Dogana, per svelare quali sono gli “oggetti<br />
indispensabili” per la donna di oggi.<br />
FIRENZE<br />
LADIES AND GENTLEMEN:<br />
VIKTOR & ROLF<br />
www.luisaviaroma.com<br />
Durante il Pitti, Luisa Via Roma inaugura<br />
ACTS, una serie di progetti multimediali<br />
che animeranno gli spazi del concept<br />
store fi orentino. Apripista è l’installazione<br />
Ladies and Gentlemen: una sorta di danza<br />
surreale, realizzata da Felice Limosani, in<br />
cui si vedranno fl uttuare nello spazio della<br />
galleria tutti gli elementi iconici di Viktor &<br />
Rolf: piccole mani, bombette e ancora baffi e<br />
occhiali con pipa. Una rappresentazione tra<br />
il magico e il teatrale per entrare nel mondo<br />
onirico dei designer olandesi.<br />
FIRENZE<br />
WATT WASH<br />
www.girbaud.com<br />
Marithé + François Girbaud sbarcano a<br />
Firenze durante Pitti Uomo per un evento<br />
speciale che celebra il Watt Wash, ossia l’uso<br />
del watt (della luce) per la lavorazione del<br />
denim, al posto della sempre più preziosa<br />
acqua. La salda vocazione ecologista del<br />
duo francese incontra l’arte contemporanea:<br />
mercoledì 13 gennaio la boutique “A Piedi<br />
Nudi Nel Parco” diventa il palcoscenico<br />
ideale per i video e i giochi di luce orchestrati<br />
dal digital artist Giuseppe La Spada con la<br />
direzione artistica di Phlegmatics.<br />
.normaluisa FW 10-11<br />
URBAN · 23
ELECTRIC ALLURE<br />
Prove tecniche di “Creative Revolution”. A Milano, ma anche a Padova, Verona e Vicenza. Dopo diverse<br />
tappe internazionali, a fi ne novembre è sbarcata proprio nella città della moda una sfi da tecnologica<br />
rigorosamente eco-friendly, che potrebbe rivoluzionare la mobilità urbana: si chiama BB1, ed<br />
è (per ora) una concept car completamente elettrica progettata da Peugeot, che combina la manualità<br />
dello scooter con il comfort dell’auto. Su BB1 si siedono quattro persone e c’è il vantaggio di poter<br />
parcheggiare anche in senso perpendicolare al marciapiede. Si distingue per il totale rispetto verso<br />
l’ambiente, il design contemporaneo e la spiccata vocazione tecnologica (per esempio, lo schermo a<br />
colori e il sistema audio della macchina riproducono le funzionalità del vostro iPhone). Scopritela<br />
sul sito www.bb1-peugeot.com: vi sembrerà di fare un salto nel futuro.<br />
Gas 25 Days<br />
MILANO & CO.<br />
cult/creative revolution<br />
di Federico Poletti<br />
MILANO & CO.<br />
ONLINE COOLHUNTING<br />
www.trendsgymnasium.com<br />
Un corso per tutti gli appassionati<br />
di tendenze e per futuri coolhunter:<br />
TrendsGymnasium è un training online per<br />
capire e prevedere l’evoluzione della società<br />
e del mercato attraverso le innovative<br />
metodologie di ricerca sviluppate da<br />
Future Concept Lab. Il programma guida<br />
i partecipanti attraverso sette moduli per<br />
capire le differenze fra macro e micro trend,<br />
trend locali e globali, imparando a integrare<br />
discipline diverse come il marketing<br />
creativo, l’etno-antropologia e la psicologia.<br />
VICENZA<br />
GAS 25 DAYS<br />
www.gasjeans.it<br />
Da sempre attento al mondo della ricerca<br />
e dell’innovazione, Gas ha lanciato una<br />
sfi da coraggiosa per dialogare in modo<br />
attivo con i giovani e festeggiare i 25<br />
anni di attività. Per 25 giorni la sede di<br />
Chiuppano è diventata infatti una vera e<br />
propria residenza creativa che ha ospitato<br />
fotografi , designer, redattori, grafi ci e<br />
videomaker. Una piattaforma sperimentale<br />
di integrazione tra mondo esterno (i<br />
creativi ospitati) e quello interno (l’azienda<br />
ospitante) per ridefi nire insieme il futuro<br />
percorso del brand.<br />
PADOVA & CO.<br />
CREATIVE R’EVOLUTION 4<br />
www.innovetionvalley.com<br />
www.fuoribiennale.org<br />
Creative R’evolution è un progetto<br />
di Innovetion Valley promosso da<br />
Fuoribiennale articolato in un ciclo di<br />
incontri per approfondire il sistema<br />
contemporaneo italiano e internazionale<br />
che si muove tra arte, design, fashion,<br />
impresa e territorio. Per la sua quarta<br />
edizione, Creative R’evolution ospita in<br />
cinque appuntamenti alcuni fra i grandi<br />
protagonisti del sistema moda: da Antonio<br />
Marras a Celso Fadelli e Chandler Burr (il 22<br />
gennaio a Padova), da Giovanna Furlanetto<br />
(il 5 febbraio a Verona) a Giusi Ferrè (il<br />
12 febbraio sempre a Verona). Storie di<br />
moda raccontate direttamente dai loro<br />
grandi interpreti per scoprire un territorio<br />
ricco di grandi talenti ed energie creative,<br />
l’Innovetion Valley.<br />
URBAN · 25
Tori Prayer indossa i nuovi denim True Religion<br />
LABORATORIO BERLINO<br />
A gennaio rifl ettori puntati su Berlino, meta ideale da cui osservare la nascita di nuove tendenze, come<br />
si può leggere navigando su Styles Report Berlin (www.stylesreportberlin.com), un monitor caleidoscopico<br />
sulla cultura urbana contemporanea e sull’estetica cutting-edge. Due gli eventi da non perdere:<br />
Bread&Butter, fi era street & casual wear, dal 20 al 22 gennaio 2010 (www.breadandbutter.com), che<br />
presenta oltre 500 marchi e designer tra i più innovativi del panorama streetwear e urban. Tantissimi gli<br />
happening organizzati durante Bread&Butter, tra cui True Religion, brand fondato nel 2002 in California,<br />
che organizza un evento speciale per presentare la nuova campagna pubblicitaria fi rmata da Nino<br />
Munoz, con i nuovi denim indossati da Tori Prayer e Gabriel Aubry (www.truereligionbrandjeans.com).<br />
Negli stessi giorni anche la Berlin Fashion Week (www.fashion-week-berlin.com): una piattaforma creativa<br />
che vede protagonisti brand affermati come Hugo Boss, Joop! Vivienne Westwood Anglomania, Strenesse,<br />
Wunderkind affi ancati da talentuosi emergenti come Lala Berlin, Marcel Ostertag, Kilian Kerner e<br />
Michael Sontag, la cui collezione ha saputo entusiasmare la giornalista Suzy Menkes.<br />
BERLIN<br />
cult/around bread & butter<br />
di Federico Poletti<br />
BERLINO<br />
ALTERNATIVE FASHION SHOW<br />
www.projektgalerie.net<br />
Per chi è a caccia di nuovi talenti, durante la<br />
settimana della moda berlinese ci sono anche<br />
eventi alternativi, come quelli proposti da<br />
projektGalerie, una piattaforma creativa in<br />
cui si incontrano artisti, fotografi e fashion<br />
designer. Un trade show che presenta dai<br />
marchi di nicchia e d’avanguardia allo<br />
streetwear più contemporaneo. Inoltre<br />
projektGalerie organizza eventi culturali,<br />
invitando artisti e designer a esporre per dare<br />
vita a contaminazioni tra mondi sempre più<br />
contigui.<br />
BERLINO<br />
NEW GEN & POP UP STORE<br />
www.butterfl ysoulfi re.com<br />
Butterfl ysoulfi re è una label berlinese fondata<br />
da Maria Thomas e Thoas Lindner in cui si<br />
fondono ispirazioni al confi ne tra architettura e<br />
decorazione fatta a mano, tra arte e moda. Uno<br />
stile contemporaneo e fi eramente metropolitano<br />
per chi vive al confi ne tra la notte e il giorno.<br />
Non solo un brand di ricerca, ma anche un pop<br />
up store ricco di sorprese che si sposta per le<br />
vie di Berlino.<br />
BERLINO<br />
DIESEL PARTY @ BREAD&BUTTER<br />
www.diesel.com<br />
La notte del 20 gennaio Diesel sbarca<br />
a Berlino, diventando protagonista di<br />
Bread&Butter con uno spettacolare after-show<br />
party: un’esperienza interattiva con 2mila<br />
partecipanti, live performance sorprendenti<br />
e dj set. Tutto in perfetto stile Diesel per far<br />
respirare il mondo creativo e ricco di proposte<br />
di questo lifestyle brand.<br />
URBAN · 27
Milano<br />
fashion<br />
La stoffa<br />
di Umit Benan<br />
Barba folta, sguardo fiero, braccio destro tatuato e un approccio alla<br />
moda molto personale, che gli ha valso il premio Who is on next? Uomo<br />
2009 e il progetto New Performer all’attuale edizione di Pitti Uomo.<br />
Classe 1980, turco d’origine, sta iniziando a capire che vivere a Milano<br />
non è poi così terribile<br />
Testo: Federico Poletti · Foto: Cesare Cicardini · Bozzetti: Umit Benan<br />
Pantaloni dalle proporzioni esagerate che si fermano alla caviglia, camicie oversize stropicciate, grande<br />
attenzione alla qualità dei materiali che si accendono in toni cromatici caldi. Lo stile di Umit Benan, un po’<br />
come la sua personalità, appare giocato su un sapiente mix di contrasti, tra ciò che appare provocatoriamente<br />
fuori dai limiti e una sostanza costruita in modo quasi sartoriale con dettagli deluxe. Un gusto per l’ironia,<br />
per una moda apparentemente casual ma in fondo sempre impeccabile. A tutto questo si aggiunge un forte<br />
interesse per le arti visive, che lo avvicinano all’estetica del suo collega newyorchese Adam Kimmel, sempre<br />
in bilico tra il formale e il workwear, che sceglie come modelli per i suoi look veri e propri artisti più o meno noti.<br />
Umit, che durante il suo soggiorno a New York ha conosciuto Adam, sviluppa però una poetica narrativa e una visione<br />
estetica diversa, un mix più classico, tra formale e sportswear adatto alle più diverse occasioni. Per capirlo basta varcare<br />
la soglia del suo studio milanese nel cuore di Brera. Volumi di fotografia disseminati per le stanze, pareti coperte dai<br />
“mood board”, i pannelli in cui il designer raccoglie diverse immagini, input creativi, i disegni e le foto delle persone<br />
che sta scegliendo per la sua prossima performance. E poi la musica rock, che si diffonde in tutta la casa-atelier.<br />
Quindi la musica è parte della tua dimensione creativa o forse sbaglio?<br />
Essendo cresciuto in città e culture diverse, ascolto i generi musicali più disparati: dalla musica turca a quella hip hop,<br />
fino alla musica latina, che amo molto perché mi ricorda i tempi del college. Di recente sto ascoltando anche molto<br />
rock. Mi piace scoprire vecchie band. Ultimamente sono preso molto dai Dire Straits e Bryan Ferry. Amo andare<br />
28 · URBAN URBAN · 29
NEW YORK<br />
fenomeni<br />
caro diario<br />
Non solo per scrivere, non solo per ricordare, non solo per disintossicarsi dalla<br />
bulimia tecnologica. Il diario come necessità dell’anima<br />
Testo: Ciro Cacciola · Foto: Ben Watts<br />
32 · URBAN URBAN · 33<br />
© Tutte le immagini: Ben Watts, Lickshot, Princeton Architectural Press New York
annotare gli incontri, quelli inattesi, ben oltre gli appuntamenti. Fissare<br />
emozioni, situazioni, le astrali congiunzioni. Aggiungere tutte le prove cartacee<br />
a disposizione: scontrini, postit, stralci di giornale, piccoli flyer, tickets,<br />
fotografie. Comporre ogni pagina come un lavoro artigianale: forbici, colla,<br />
materie prime e ogni forma di utensile scrivente, penne, pennelli, pennarelli,<br />
matite, evidenziatori, pastelli. Infine, qui è il bello, metterci dentro l’anima,<br />
almeno un po’, possibilmente noi stessi, il nostro sguardo, la vita propria e le vite<br />
degli altri. Gossip rigorosamente out. Tenere un diario, ergo pubblicarlo, è uno dei<br />
progetti più ambiziosi che possa mettere in moto un artista. Espressione naturale per un<br />
fotografo. Soprattutto per chi usa la camera come fosse appendice del braccio, mettendo<br />
continuamente a fuoco, registrando con l’obiettivo quello che succede attorno. “Non è<br />
proprio come fare il fotoreporter. Non è raccontare la cronaca. È appuntare la vita”: Ben<br />
Watts, fratello dell’attrice Naomi, non si separa praticamente mai dalla sua macchina.<br />
Scatta, scatta, scatta. E fa bene. Perché il suo ultimo libro, Lickshot. A photo scrapbook<br />
(Princeton Architectural Press), è una roba fantastica, piena di colore ed energia. La sua<br />
vita sul pianeta è un’esperienza esaltante, flash mob continuo con la musica dei Black<br />
Eyed Peas in sottofondo. Assemblando sul foglio tante piccole immagini, scrivendoci<br />
su, incollando ritagli e virando a destra e a manca le tonalità del colore, Watts ha<br />
confezionato un diario di bella vita zeppo di vip che non fanno i vip, di spiagge, di<br />
metropoli, di musica, di festa. It’s party time! Benicio Del Toro, Ben Harper, Tom<br />
Waits, Springsteen, Lenny Kravitz solito strafigo, Will.I.Am, Fergie & soci che jumpano<br />
“Boom boom pow”, Andre 3000 à la torero, Kelis e Mary J. Bridge strepitose, sorella<br />
Naomi Watts certo, Franz Ferdinand, Coldplay e sopra tutti lui, Heath Ledger, nel<br />
fulgore della sua intensa bellezza, ritratto mentre gioca a fare a pugni con l’obiettivo o<br />
sullo skate come un qualunque ragazzo australiano. C’è anche un sacco di gente comune<br />
in Lickshot: da Brooklyn al Bronx, da Miami al Brasile, dalla Giamaica alla Costiera<br />
Ben Watts: “La vita è un gioco. Per<br />
questo mi piace starmene per ore<br />
a ritagliare e a mettere insieme le<br />
immagini. Il collage è una tecnica<br />
da teenager. Ed è così che mi sento<br />
quando lavoro. Un teenager”<br />
Amalfitana, Ben Watts (Londra, 1967, studente al Sydney College of Arts tra il 1985<br />
e il 1990, dal 1995 stabilito definitivamente a New York) immortala piccoli rapper<br />
scolpiti, bagnanti tatuati, surfisti, boxeur e cowboy, belledonne, figure androgine e<br />
lesbo chic. “La vita è un gioco. Per questo mi piace starmene per ore seduto nel mio<br />
appartamento a ritagliare e a mettere insieme le immagini. Il collage è una tecnica da<br />
teenager. Ed è così che mi sento ancora quando lavoro. Un teenager”.<br />
Ben diversa la vita di Anders Petersen. Nato a Stoccolma nel 1944, i suoi diari<br />
fotografici raccontano ben altre esperienze. Una immagine del cimitero di<br />
Montparnasse sotto la neve gli trasmise, a 20 anni, la voglia di fare fotografia. Viveva<br />
ad Amburgo, a quei tempi, nei bassifondi della città, ospite di una prostituta e del<br />
suo locale di sbandati ed emarginati, il Lehmitz. Le sue foto sono tutte in banco e<br />
nero. Raccontano il lato oscuro della vita. Elettrizzante. Nel libro City Diary (Steidl)<br />
Petersen mette in luce il privato dei suoi soggetti: con un inevitabile accento su ciò che<br />
può essere proibito, celato, intimo fino all’inconfessabile. A metà strada fra Petersen e<br />
Watts c’è un altro artista, disinibito e provocatorio: Sante D’Orazio, che sofferma A<br />
private view (Taschen) possibilmente su top model e strafighe in genere. Mica scemo.<br />
Quella del diario è una mania che spesso ha convinto gli artisti. Nel 1976 Andy Warhol e<br />
Pat Hackett, sua assistente, stabilirono di parlarsi al telefono ogni mattina per trascrivere<br />
tutto ciò che l’artista faceva il giorno prima. Pubblicate nel 1989, quelle telefonate<br />
rappresentano l’autobiografia di un artista e la testimonianza di un tempo. Pop.<br />
Anche le aziende hanno fiutato il momento portando sul mercato agende e diari fatti<br />
apposta per essere vissuti in maniera creativa. Dalla imperdibile Smemoranda All Red,<br />
dedicata al tema dell’erotismo con una speciale sezione VM18, fino alle infinite versioni<br />
di Moleskine, divenuta vero e proprio oggetto di culto da quando promuove se stessa<br />
come pezzo d’arte e luogo di creatività con concorsi ad hoc per giovani artisti. Dunque:<br />
qualunque cosa vi dica l’oroscopo, il 2010 sarà l’anno perfetto per un nuovo diario.<br />
Assemblando tante piccole immagini,<br />
scrivendoci su, incollando ritagli e<br />
virando le tonalità del colore, Watts<br />
ha confezionato un diario di bella vita<br />
zeppo di vip, di spiagge, di musica<br />
34 · URBAN URBAN · 35
Gilbert & George, Rosetted, 2008. Courtesy White Cube Gallery, London<br />
BAROCK<br />
Arte, Scienza, Fede e Tecnologia<br />
nell’Età Contemporanea<br />
Madre, Napoli<br />
fi no al 5 aprile 2010<br />
www.museomadre.it<br />
LET’S BAROCK<br />
La domanda è: il nostro tempo è barocco? Anzi, barock? A porsela è il museo Madre di Napoli con una<br />
mostra di arte contemporanea inserita nel circuito di esposizioni dedicate questo inverno al Seicento, il<br />
secolo che più ha modellato l’aspetto della città. A dare una risposta sono stati chiamati 28 fra i principali<br />
artisti di oggi, dal più rock di tutti, l’inglese Damien Hirst la cui opera Heaven, il celebre squalo tigre<br />
immerso nella formaldeide, è collocata subito all’ingresso, al nostro Maurizio Cattelan che ha issato la<br />
sua donna “crocifi ssa” sopra l’altare della chiesa del museo, un ex convento. Stilisticamente, barocco è<br />
sinonimo di eccesso, irregolarità, retorica, capriccio, espansione visiva dei limiti del reale, fi nzione, teatro,<br />
esagerazione. Insomma una fuga dal mondo attraverso una totale immersione nei sensi. La carne che si<br />
fa spirito esaltandosi. L’irrazionale che si libera dal razionale. L’artifi ciale che vince sul reale. Nel Seicento<br />
era la battaglia della chiesa contro Galileo; dell’emozione contro la ragione; della fede contro la tecnica; il<br />
contrasto tra miseria e fasto. E oggi? Siamo di nuovo a confrontarci con le stesse lacerazioni? L’arte è tornata<br />
a esprimerle? Il lavoro degli artisti riuniti sembra andare in quella direzione: da Jeff Koons a Orlan, da<br />
Anish Kapoor a Jake&Dinos Chapman, da Gibert&George a Douglas Gordon, tutti sembrano inseguire<br />
il sensazionalismo, la spettacolarità, il desiderio di colpire l’immaginario e i sensi del visitatore inseguendo<br />
anche lo shock, come il sangue che colava dalle ferite delle statue barocche. È del poeta il fi n la meraviglia?<br />
A voi l’ardua risposta. Ma, se non altro, lo spettacolo è garantito.<br />
Francesca Bonazzoli<br />
NAPOLI & CO.<br />
arte<br />
a cura di Floriana Cavallo<br />
REASON WHY<br />
parola di curatore*<br />
“Signifi ca quasi insultare le forme<br />
del mondo pensare che noi possiamo<br />
inventare qualcosa o che abbiamo il<br />
bisogno di inventare qualcosa”. Tratta<br />
da una conversazione tra Borges e<br />
Victor Burgin, questa frase è diventata<br />
una regola che sottende tutta la ricerca<br />
di Rapahël Zarka. Se si parte dall’idea<br />
a priori di un mondo fi nito, anche<br />
l’insieme delle forme e delle possibilità<br />
deve esserlo. Il percorso espositivo si<br />
svolge attraverso una selezione di opere<br />
prodotte negli ultimi anni, testimonianze<br />
dell’eclettismo linguistico dell’artista<br />
che sembra muoversi con singolare<br />
disinvoltura tra i riferimenti alti della<br />
storia dell’arte e quelli della cultura<br />
popolare. Infl uenzato in particolare<br />
dall’Arte Povera, dal Minimalismo e dalla<br />
Land Art, il lavoro di Zarka si basa su<br />
una ricerca quasi scientifi ca di spazi e di<br />
forme da esplorare, guidata dall’esigenza<br />
di trovare un ordine agli oggetti, di<br />
organizzare il caos delle cose che lo<br />
interessano. L’approccio sperimentale<br />
verso volumi, geometrie e materiali, gli<br />
deriva in gran parte dall’esperienza di<br />
skater al quale l’artista ha dedicato molti<br />
saggi e lavori, che gli ha permesso di<br />
familiarizzare con le superfi ci dinamiche<br />
dello spazio urbano, ma anche dalla<br />
passione per l’archeologia, che si<br />
riscontra nell’aspetto documentaristico<br />
delle sue opere, basate sempre su una<br />
ricerca precisa e rigorosa.<br />
Spesso Zarka trae ispirazione da opere<br />
di altri artisti, dando origine a diverse<br />
categorie di lavori: le sue non sono<br />
mai semplici copie, ma interpretazioni<br />
(“reprise”); ricostruzioni con oggetti<br />
di origine artigianale o industriale<br />
(“replique”); riproduzioni di oggetti<br />
virtuali; ready-made intesi come oggetti<br />
ritrovati elevati al rango di opera d’arte.<br />
* Marcello Smarrelli, curatore<br />
della mostra Raphaël Zarka, Rhombus<br />
Sectus dal 21 gennaio al 30 marzo<br />
al Centro culturale francese<br />
di Milano. www.culturemilan.com<br />
URBAN · 37<br />
Raphaël Zarka, Riding Modern Art. Courtesy Michel Rein
© Julian Anderson / eyevine<br />
los angeles<br />
cinema<br />
Io e Mr. fox<br />
Come continuare a vestirsi sempre nello stesso modo,<br />
frequentare gli stessi dieci vecchi amici dei tempi<br />
dell’università e dirigere sette film di successo in sala e sulla<br />
stampa. Un segreto che abbiamo provato a scucire a Wes<br />
Anderson, fresco del successo americano di Fantastic Mr. Fox<br />
Testo: Roberto Croci<br />
Camicie Oxford, impeccabili abiti da sartoria con tanto di monogramma<br />
ricamato sul taschino, scarpe di camoscio, quasi una divisa indossata in<br />
ogni situazione. Wes Anderson, 40 anni, regista texano residente a Parigi,<br />
non è riuscito a privarsene neanche sotto il sole tropicale del Rajasthan<br />
indiano durante le riprese de Il treno per Darjeeling .<br />
I vestiti lo distinguono e lo caratterizzano a tal punto che potrebbe<br />
sembrare un personaggio di uno dei suoi stessi film. Pellicole umoristiche,<br />
complicate, esistenziali, nostalgiche, in cui emerge prepotentemente un gusto feticcio<br />
per oggetti e personaggi strani che sono diventati il trademark estetico del suo stile.<br />
Da Un colpo da dilettanti , passando per Rushmore e I Tenenbaum , a Le avventure<br />
acquatiche di Steve Zissou . Da Il treno per Darjeeling all’ultimo Una volpe troppo furba ,<br />
in uscita in Italia in primavera dopo il successo americano.<br />
Nato e cresciuto a Houston, Wes si può definire uno dei veri auteur del cinema a<br />
stelle e strisce, e l’ultimo suo film, Una volpe troppo furba , tratto dal romanzo di<br />
Roald Dahl e scritto in collaborazione con lo scrittore regista Noah Baumbach, ne<br />
è forse la conferma. Dopo pedigree e resumé attuale, torniamo indietro negli anni.<br />
Flashback. Tutto comincia con una storia molto americana. Due studenti in un<br />
campus universitario che si incontrano e diventano amici, dividono la stessa dorm<br />
room e quando non studiano decidono di scrivere insieme una sceneggiatura, che<br />
diventerà il primo film per entrambi, nei ruoli rispettivamente di attore per Owen<br />
Wilson e di regista per Wes. Il risultato una commedia, Un colpo da dilettanti ,<br />
definito dallo stesso Martin Scorsese come uno dei dieci migliori film degli anni ’90<br />
che gli ha fruttato the best debut director of the year.<br />
Sette film, dieci amici con cui lavori sempre o quasi. Come nasce questa band of<br />
brother?<br />
“Mollata l’Università mi sono trasferito a Los Angeles dove dividevo casa con Owen<br />
e Luke Wilson, suo fratello minore. È nato così un gruppo di geek con i quali si<br />
cantava, scriveva, e si facevano party universitari alla Animal House, a cui si sono<br />
aggiunti Jason Schwartzman, Andrew Wilson, Anjelica Huston e Bill Murray.<br />
Con Owen abbiamo anche scritto Rushmore e i Tenenbaum , per il quale Owen è<br />
tutt’oggi l’unico scrittore al mondo ad aver ricevuto una nomination come miglior<br />
sceneggiatore, nonostante non abbia mai posseduto una macchina da scrivere o un<br />
computer. Owen è stato un partner ideale, la miglior relazione professionale che<br />
abbia mai avuto. Divertente, sensibile, eternamente ragazzino. Avere un partner di<br />
lavoro è importantissimo, ti misuri, esplori, cresci come contenuto e come uomo.<br />
Per me è stato come avere un fratello. Owen ama l’oceano, io invece sono urbano,<br />
metropolitano di pelle, avevo la fissa di vivere a New York, preferisco cemento,<br />
traffico, teatri e librerie e, come vedi, poi sono finito a vivere a Parigi”.<br />
38 · URBAN URBAN · 39
Come si vive in Francia?<br />
“Mi sento uno straniero sempre alla ricerca di avventure, quando scopro una<br />
zona o visito una città che non conosco mi sembra di entrare in un fi lm: il fatto<br />
di beccare qualcosa di nuovo sconvolge quella familiarità che rende la vita sicura,<br />
oltre che essere fonte inesauribile di nuove idee e sensazioni”.<br />
Non per niente uno dei suoi registi preferiti è Louis Malle, soprattutto con i suoi<br />
documentari sull’India degli anni ’60, seguito da François Truffaut, Le fl euve di<br />
Jean Renoir e Bande à part di Jean-Luc Godard.<br />
Da dove nasce questa tua passione per il cinema diciamo... impegnato?<br />
“Senza questi fi lm e registi a cui devo il mio amore per il cinema, non tanto come<br />
carriera ma come scelta di vita, non sarei diventato chi sono. Le star non sono<br />
importanti, quello che mi interessa è il lavoro dietro la macchina da presa. Alla<br />
lista aggiungerei anche il neorealismo italiano, i fi lm violenti di Sam Peckinpah, e<br />
quel gusto politically-renaissance che era la fonte d’ispirazione di Hal Ashby. Per<br />
i fi lm, Il laureato, Paper moon, Harold and Maude, Sullivan’s travels, A boy named<br />
Charlie Brown e i Soliti ignoti di Monicelli”.<br />
L’hanno defi nito un loner, un lupo solitario, il Mago di Oz, perché gli piace stare<br />
dietro le quinte, un’etichetta che cerca in tutti i modi di supportare – per Le<br />
avventure acquatiche di Steve Zissou si è rifugiato spesso nella camera iperbarica di<br />
decompressione del set, per Il treno per Darjeeling ha riservato un’intera carrozza<br />
del treno solo per sé.<br />
Soprattutto nell’ultimo fi lm, non hai quasi mai messo piede sul set...<br />
“Tutti abbiamo passato da bambini un periodo in cui non potevamo integrarci.<br />
Quelli sono i momenti in cui formiamo la nostra personalità. L’isolamento<br />
non è necessariamente negativo, a volte isolandoci possiamo crescere e<br />
diventare persone con idee incredibili. Girare Una volpe troppo furba è stato<br />
un processo lungo e complicato durato più di un anno. Abbiamo creato tutto<br />
“Owen Wilson ama<br />
l’oceano, io invece sono<br />
urbano, metropolitano<br />
di pelle, avevo la fi ssa<br />
di vivere a New York,<br />
preferisco cemento,<br />
traffi co, teatri e librerie<br />
e, come vedi, poi sono<br />
fi nito a Parigi”<br />
minuziosamente a mano senza mai usare computer o effetti speciali, girato tutto<br />
in stop-motion, fotogramma per fotogramma. La tecnologia l’abbiamo sfruttata<br />
quando ho deciso che non avrei messo piede quotidianamente nello studio di<br />
Londra dove sono state fatte le riprese, bensì collegando le 30 telecamere del<br />
set al mio computer di casa, permettendomi di decidere le inquadrature con<br />
un telecomando a distanza, le cui scelte venivano trasmesse al direttore della<br />
fotografi a via telefono o e-mail”.<br />
Una delle infl uenze decisive per la scelta di girare utilizzando una tecnica<br />
vecchia quasi come il cinema è stato il fi lm di animazione degli anni ’30, Le<br />
roman de Renard dell’animatore francese Wladyslaw Starewicz. Perché la<br />
scelta di questa storia?<br />
“Ho sempre amato Dahl, e quel tipo di animazione stop-motion con cui sono<br />
cresciuto. Dahl era una persona estremamente particolare che non scriveva mai<br />
a una scrivania ma sulle pile di scatole di cartone. Ho iniziato a conoscerlo<br />
veramente quando con Noah abbiamo avuto il permesso dagli eredi di iniziare<br />
a scrivere la sceneggiatura nella villa di famiglia vicino a Oxford, passeggiando<br />
nella campagna, esaminando gli oggetti di cui si circondava, analizzando la storia<br />
punto per punto aiutati dai manoscritti originali, pieni di riferimenti visivi che ci<br />
sono serviti per scoprire il mondo che voleva raccontare. Quello che amo in questo<br />
fi lm è la sua imperfezione naturale, che attraverso l’imprecisione dei movimenti<br />
dei personaggi li porta a essere quasi vivi. Persino le voci – cast versione originale<br />
George Clooney, Meryl Streep, Jason Schwartzman, Bill Murray e Michael<br />
Gambon – sono state registrate in una fattoria del Connecticut, dove gli attori<br />
potevano sommare le proprie voci a quelle della natura, evitando studi asettici che<br />
avrebbero dato un suono troppo pulito, togliendo al fi lm quella spontaneità che<br />
lo rende davvero unico e soprattutto magico”. Il tutto a favore dell’immaginazione<br />
collettiva e non solo per quella dei bambini. Thank you Wes.<br />
URBAN · 41
VETRI DA TAVOLA<br />
Arrivano da Design Miami, di anno in anno più ambiziosa che mai, questi due straordinari pezzi<br />
da collezione: la serie Fall of the Damned (design Luc Merx), composta da una massa di corpi nudi<br />
come congelati che si contorcono tra loro formando una trama, e la collezione di vetri Crystal<br />
Virus di Pieke Bergmans. Una volta realizzati, i vasi vengono appoggiati su un tavolo di legno<br />
ancora incandescenti, prendendo forme sempre diverse. Il tutto è stato esposto in gallerie di fama<br />
internazionale come Droog, Mitterand + Cramer, Paul Kasmin e Moss, dall’1 al 5 dicembre.<br />
www.piekebergmans.com<br />
www.gagat.com<br />
www.designmiami.com<br />
Nelle immagini: Fall of the Damned by Luc Merx/MGX, Materialize, esposto da MOSS Gallery, NY. Courtesy MGX<br />
Crystal Virus Massive Infection by Pieke Bergmans, esposto da Droog Gallery, NY. Courtesy Droog<br />
Composition Chair by Kouichi Okamoto<br />
di Olivia Porta<br />
MIAMI & CO.<br />
design<br />
Aiaiai Tracks Headset<br />
COPENHAGEN<br />
AIAIAI TRACKS HEADSET<br />
Nate da un’ispirazione ironica ai vecchi<br />
walkman anni ’80 e dalla collaborazione tra<br />
Kilo Design e Aiaiai, ecco le nuovissime<br />
cuffi e Tracks Headset. Un progetto<br />
tecnologico e artigianale in un’unica<br />
espressione, che gioca con colori e linee<br />
sottili. Confortevoli e attente alla resa<br />
sonora, con packaging curato grafi camente<br />
ideale per un bel regalo.<br />
www.aiaiai.dk<br />
www.kilodesign.dk<br />
www.kibisi.com<br />
SAN PAOLO<br />
RODRIGO ALMEIDA<br />
Da tenere d’occhio la produzione di oggetti<br />
del giovane designer brasiliano Rodrigo<br />
Almeida. Ispirato dalle varietà culturali di<br />
San Paolo, con materiale da riciclo e oggetti<br />
trovati crea sedie in carta, tavoli di plastica<br />
fusa e scaffali fatti con zaini. Di volta in<br />
volta esteticamente imperfetti, ma per<br />
questo unici.<br />
www.rodrigoalmeidadesign.com<br />
TOKYO<br />
COMPOSITION CHAIR<br />
Questi giapponesi non fi niscono mai<br />
di stupirci. Durante la Tokyo Designers<br />
Week Kouichi Okamoto ha presentato la<br />
Composition Chair. Per sei mesi, con le sue<br />
abili mani, ha letteralmente costruito una<br />
poltrona in fi lo di alluminio: con un paio di<br />
pinze e una base di ferro, utile per piegare<br />
in maniera precisa il fi lo, ha creato il pezzo<br />
unendo e assemblando la trama, senza<br />
usare viti né saldature. Davvero paziente il<br />
giovane nipponico…<br />
www.kyouei-ltd.co.jp<br />
URBAN · 43
MIAMI<br />
fashion<br />
easy elegance<br />
Colori chiari e naturali, camicie multifantasia, pantaloni a vita alta, sovrapposizioni<br />
di tessuti leggeri, per un mood Miami Vice<br />
Foto: Saverio Cardia · Styling: Ivan Bontchev<br />
Camicia in denim, Levi’s<br />
T-shirt, William Rast<br />
Gilet (usato come sciarpa), Pepe Jeans<br />
Pantaloni, Vivienne Westwood<br />
Bracciali, Maison Martin Margiela
Giacca, Emporio Armani<br />
Camicia, Rosso Malaspino<br />
T-shirt e collana, Maison Martin Margiela<br />
Pantaloni, Massimo Rebecchi<br />
Cintura, Daniele Alessandrini<br />
Giacca in denim, 55DSL<br />
Cardigan, Haute<br />
T-shirt, Adidas Originals by David Beckham<br />
Jeans, Wrangler
Trench, Haute<br />
Trench, Haute<br />
Camicia, G.V. Conte<br />
T-shirt, Daniele Alessandrini<br />
Pantaloni, Ra-Re<br />
Bracciali e cintura, Maison Martin Margiela
Trench, Marithé François Girbaud<br />
Camicia, Massimo Rebecchi<br />
Jeans e cintura, Levi’s<br />
Occhiali, Police<br />
Grooming: Luciano Chiarello @ Atomo<br />
Management<br />
Model: Lino Meiries @ Why Not Milano<br />
Styling Assistant: Lorenzo Candioto<br />
Sopra, a destra:<br />
Giacca, Diesel Black Gold<br />
Camicia, Armani Jeans<br />
T-shirt, Ra-Re<br />
Pantaloni, Dockers<br />
Cintura, Maison Martin Margiela<br />
Occhiali, Super<br />
A sinistra:<br />
Trench, Marithé François Girbaud<br />
Address List<br />
55DSL, www.55dsl.com. Adidas Originals by David Beckham, www.adidas.com. Armani<br />
Jeans, www.armanijeans.com. Daniele Alessandrini, www.danielealessandrini.com.<br />
Diesel Black Gold, www.diesel.com. Dockers, www.eu.dockers.com. Emporio Armani,<br />
www.emporioarmani.com. Haute, tel. 030-2427817. Levi’s, www.eu.levi.com. Maison<br />
Martin Margiela, www.maisonmartinmargiela.net. Marithé François Girbaud, www.<br />
girbaud.com. Massimo Rebecchi, www.massimorebecchi.it. Pepe Jeans, www.pepejeans.<br />
com. Police, www.police.it. Ra-Re, www.ra-re.it. Rosso Malaspino, www.rossomalaspino.<br />
it. Super, www.retrosuperfuture.com. Vivienne Westwood, www.viviennewestwood.com.<br />
William Rast, www.williamrast.com. Wrangler, www.wrangler.com.
KYOtO<br />
details<br />
Foto: Giorgio Codazzi<br />
Styling & artwork: Ivan Bontchev<br />
Anche gli animali di carta nel loro piccolo s’innamorano. E le sneaker non disdegnano<br />
origami in love<br />
1 4<br />
2<br />
3<br />
52 · URBAN URBAN · 53<br />
5<br />
6<br />
1 nike<br />
Lunar Mariah PR<br />
Info: www.nike.com<br />
Euro 135<br />
2 adidas originals<br />
Centennial Mid<br />
Info: www.adidas.com<br />
Euro 95<br />
3 le coq sportif<br />
Wendon II<br />
Info: www.lecoqsportif.com<br />
Euro 78<br />
4 reebok<br />
Court Victory Pump<br />
Info: www.reebok.com<br />
Euro 126<br />
5 puma<br />
Unlimited Hi<br />
Info: www.puma.com<br />
Euro 100<br />
6 onitsuka tiger<br />
Saiko Runner<br />
Info: www.onitsukatiger.it<br />
Euro 85
MILANO<br />
fashion<br />
cat girl<br />
Un po’ rock e un po’ felina. Con jeans, giubbottini in pelle e intimo a vista<br />
Foto: Fabio Leidi · Styling: Veronique Ross<br />
Gilet smanicato effetto sfilacciato in denim, Twin-Set by Simona Barbieri<br />
Calze a rete lavorate, Calzedonia<br />
Slip elasticizzati color carne, Sloggi
Giacca in pelle modello ‘chiodo’, Closed<br />
T-shirt nera in cotone tagliata con strappi, Petit Bateau<br />
Shorts neri in seta, Prada<br />
Cintura nera con borchiette tonde, A Brand Apart<br />
Bracciale acciaio e pelle, D&G<br />
Tronchetto con borchie a stella, Francesco Scognamiglio<br />
Gilet taglio chiodo in denim smanicato, Wrangler<br />
Abito nero con maniche corte e stella in tulle, Francesco Scognamiglio<br />
Bracciale morbido in acciaio e pelle, D&G
Camicia in denim a maniche lunghe e bottoni a clip, Pepe Jeans<br />
Blue jeans 5 tasche con decoro di metallo sulla tasca, Nolita de Nimes<br />
Abito nero in seta arricciato intorno alla zip, Albino<br />
Leggings in pizzo, M Missoni
Camicia a maniche corte in denim, Meltin’Pot<br />
Canotta traforata con scollo profondo, Vince<br />
Collana corta a ‘catena’ in acciaio con maglie spesse, D&G<br />
Collana più lunga con catena sottile, Manuel Bozzi<br />
Modella: Liza@Women<br />
Make up: Luciano Chiarello@Atomo<br />
Hair: Kilian Marìn@GreenApple<br />
Assistente stylist: Angelica Torelli<br />
Operatore digitale: Alessandra Bellantone<br />
Assistenti fotografo: Ferdinando Bertin<br />
Address list<br />
A Brand Apart, www.abrandapart.eu. Albino, www.albino-fenizia.com. Angelos Frentzos,<br />
www.studiozetamilano.com. Calzedonia, ww.calzedonia.it. Christian Louboutin, www.<br />
christianlouboutin.com. Closed, www.closed.com. D&G, www.dolcegabbana.it. Francesco<br />
Scognamiglio, www.francescoscognamiglio.it. H&M, www.hm.com. M Missoni, www.mmissoni.com.<br />
Manuel Bozzi, www.manuelbozzi.it. Meltin’Pot, www.meltinpot.com. Nolita<br />
de Nimes, www.nolita.it. Pepe Jeans, www.pepejeans.com. Petit Bateau, www.petitbateau.com.<br />
Prada, www.prada.it. Sloggi, www.sloggi.com. Twin-Set by Simona Barbieri,<br />
www.twin-set.it. Vince, www.vince.com. Wrangler, www.wrangler.com.<br />
Giacca taglio chiodo in cotone a quadri con borchie applicate, Angelos Frentzos<br />
Fascia in cotone portata come top, H&M<br />
Shorts neri in pelle, Twin-Set by Simona Barbieri<br />
Décolleté bianche con borchie applicate, Christian Louboutin
Niamey<br />
people<br />
niger style<br />
Le foto di Nicola Lo Calzo non sono “rubate”,<br />
non sono “vere”. Sono scatti in cui i soggetti<br />
esprimono la propria identità, il proprio stile.<br />
Sulle rive del Niger, va in scena un’inedita e<br />
profonda eleganza. Fatta di vestiti locali ma<br />
anche di abiti “nostri” che giunti a fondo corsa<br />
trovano nuova energia<br />
Testi: Maria Luisa Frisa / Federico Della Bella · Foto: Nicola Lo Calzo<br />
62 · URBAN<br />
la moda e i suoi blog ci hanno ormai abituato alla foto schedatura delle persone e del<br />
loro abbigliamento. Persone colte per strada, ma soprattutto immortalate durante le<br />
ritualità delle diverse fashion week. Occasioni in cui ormai tutti i fashion addicted si<br />
vestono per essere fotografati. Questi scatti seguono delle regole ben precise: al soggetto<br />
è richiesto di mettersi in posa (raramente sono scattate a sua insaputa) e viene ritratto<br />
a figura intera, anche perché si devono poter vedere tutti gli elementi del suo progetto<br />
vestimentario. La figura è circondata, quasi ritagliata nel luogo in cui si trova, sicuramente per<br />
cogliere le influenze che ciascuna città del mondo esercita sullo stile, anche dei suoi visitatori, ed<br />
è quasi sempre ripresa dal basso verso l’alto per darle una maggiore presenza. Capita ormai così<br />
di vedere più fotografi intenti a to shoot gli ospiti fuori dalle sfilate, che ai bordi delle passerelle.<br />
Comunque queste immagini sono ormai uno dei punti di forza di molti blog a cominciare da<br />
The Sartorialist dell’ormai sopravvalutato Scott Schuman, che sulla schedatura ha costruito una<br />
professione e una fama che lo hanno elevato a “Selected as one of Time Magazine’s Top 100<br />
Designer Influencers”. Con il risultato che è uscito recentemente, edito da Penguin, il libro<br />
The Sartorialist, in cui però, persa una delle principali qualità della rete, che è quella di poter<br />
consumare velocemente sempre nuove immagini, ci si trova a fare i conti con la staticità del<br />
libro che non giova a questi ritratti (troppo legati al momento dello scatto) perché impedisce di<br />
eliminare quello che non interessa.<br />
Così succede che le fotografie di Nicola Lo Calzo che mi arrivano sempre attraverso la rete e che<br />
ritraggono lavoratori, artigiani e contadini che lavorano lungo il bacino fluviale di Tillabéri e<br />
Dosso in Niger mi creino immediatamente uno strano corto circuito con tutte quelle immagini<br />
che frequento quotidianamente e che raccontano di moda, di persone e di luoghi. Nonostante<br />
tutt’altro spirito abbiano gli scatti di Lo Calzo, sempre di schedatura si tratta. Infatti le immagini<br />
che questo fotografo italiano, ma oramai basato da tempo in Francia, ha scattato nel Sahel, una<br />
regione del Niger Occidentale e che hanno dato vita a un progetto che si chiama Inside Niger, nel<br />
URBAN · 63
Questi ritratti sono<br />
reperto di qualcosa lontano,<br />
arcaico e selvaggio.<br />
E paradossalmente<br />
raccontano di abiti, di moda<br />
Inside Niger<br />
Nel Niger occidentale, nella regione che da Tillabéri<br />
arriva a Dosso, scendendo lungo il corso del fi ume<br />
omonimo, il fotografo Nicola Lo Calzo ha incontrato e<br />
ritratto mercanti, preti, addetti di mattatoi e concerie,<br />
operai, giardinieri, insegnanti, impiegati, pescatori.<br />
Una grande varietà di volti, abbigliamenti, storie,<br />
incontrate sulle rive del fi ume principale dell’Africa<br />
occidentale, dove si concentrano quasi tutte le attività<br />
di uno dei paesi più poveri e con più disoccupati<br />
al mondo. Questa serie di Nicola Lo Calzo, nata da<br />
una collaborazione con la ONG Projet Pan-Africain<br />
e presentata a Les Rencontres D´Arles Photographie<br />
2009, riesce contemporaneamente a ritrarre il<br />
particolare e raccontare l’universale, costruendo sì<br />
una straordinaria documentazione ma collezionando<br />
soprattutto affascinanti caratteri e psicologie. “Non<br />
giudico i miei soggetti, anzi, penso sia importante dare<br />
loro l’occasione di esprimersi, per questo mi limito ad<br />
assisterli nella scelta della posa”, dice, raccontando della<br />
diffi denza iniziale e della fi ducia conquistata: perché<br />
non è facile per un fotografo occidentale avvicinare<br />
e riprendere gli abitanti del Sahel. Nelle fotografi e<br />
emergono psicologie individuali piuttosto che maschere<br />
sociali: anche se li incontriamo nelle divise da lavoro,<br />
queste persone, paradossalmente proprio ostentandone<br />
i segni esteriori, trascendono il proprio ruolo e mettono<br />
in scena se stessi. Non si deve tuttavia dimenticare<br />
che siamo in Africa, perché l’ambiente incide, eccome,<br />
sulla vita e i sentimenti delle persone: “In un territorio<br />
estremo come quello del Sahel incontri situazioni ed<br />
emozioni che non trovi altrove”, conclude il fotografo.<br />
Federico Della Bella<br />
nel loro valore antropologico e sociale risuonano del lavoro di August Sander e sono osservazione<br />
scheda di ciascun personaggio. Persona che si staglia nella sua forte fi sicità su un panorama fatto<br />
di contrasti e di violenza tra natura, lavoro e industrializzazione.<br />
Il progetto in sintesi è un reportage nato dalla collaborazione con l’associazione Projet Pan-<br />
Africain operativa nel Niger da più di 15 anni. Il reportage commissionato dal consiglio General<br />
du val de Marne ha interessato principalmente le popolazioni locali che vivono e lavorano lungo<br />
le sponde del fi ume Niger dove si concentrano le maggiori attività commerciali (mattatoio,<br />
mercati, orti, concerie, università, lavori pubblici, pesca). Queste foto vogliono sicuramente<br />
raccontare una realtà fatta di lavoro durissimo e di vite al limite. Compresse come sono tra<br />
sopravvivenza e desiderio di riscatto.<br />
Eppure questi ritratti esercitano un grandissimo fascino su di noi. Che non è solo il fascino<br />
legato a una bella fotografi a che arriva da un territorio lontano e per noi sempre evocativo<br />
come l’Africa, ma anche per quello stile innato che hanno i protagonisti di questa campagna<br />
fotografi ca. Sono reperto di qualcosa lontano, arcaico e selvaggio, ma sono anche visioni di<br />
quel futuro accidentato che ci suggerisce la fantascienza. E ancora paradossalmente raccontano<br />
di abiti, di moda. Mi viene in mente Charles Dickens che popola la sua Londra Ottocentesca,<br />
un luogo straordinario dove collassano individui, cose, speranze, di moltitudini che si vestono<br />
di stracci. Di quelle montagne di stracci prodotte dalla città e dalla civiltà. In una mistica<br />
della rovina che tende ad analizzare le cose nel momento della caduta e non dell’innocenza.<br />
Quell’interesse per la corruttibilità che non guarda avanti ma che preferisce frugare in<br />
quel serbatoio sconfi nato che è l’archivio. Quelle montagne di stracci sono state rovesciate<br />
nell’estremo sud del mondo. Dove possedute e metabolizzate si perderanno in nuove traiettorie.<br />
URBAN · 65
london & Co.<br />
musica<br />
HOT CHIP<br />
one life stand<br />
emi<br />
TecnoDipenDenze<br />
Se dalle recensioni del primo decennio del millennio togliessimo le parole “Depeche” e “Mode”, potremmo<br />
aprire delle voragini. Il gruppo di Basildon non era mai stato tanto popolare, forse nemmeno negli<br />
anni ’80: la sua influenza sulle band più giovani è stata impressionante, e anche i critici più devoti alla<br />
religione della chitarra sono stati costretti a rivalutare i tre (un tempo quattro) pigiatasti. Dopo i successi<br />
di classifica delle sintetizzatissime Little Boots e La Roux, a maggior ragione gli Hot Chip, quintetto di<br />
“geek” londinesi, proseguono la loro full immersion funkyelettronica nel proprio quarto album One life<br />
stand, circondato da una spasmodica attesa specie su internet: lo zoccolo duro dei fan è probabilmente<br />
costituito da web designer e content manager. D’altronde solo a leggere la strumentazione del gruppo, il<br />
tecnodipendente sbava: Felix Martin suona un Jazzmutant Lemur, una Elektron Machinedrum SPS MKII,<br />
un Akai MPC2500, un Dave Smith PolyEvolver. Al Doyle e Owen Clarke sfoderano un Roland SH-101<br />
e un Moog Little Phatty. Alexis Taylor si arrangia con un semplice Nord Wave, Joe Goddard si infila dove<br />
può col suo Moog Voyager. Quasi certa la loro presenza in Italia a metà marzo. La quantità di iPhone in<br />
platea sarà senza precedenti.<br />
Memory Tapes<br />
Seek Magic<br />
Rough Trade<br />
• • • • •<br />
Who: dayve Hawk. dice di essere un qualunque padre<br />
di famiglia 28enne del New Jersey non molto bravo con i<br />
computer. Al primo disco. Where: Tra uno dei suoi remix di<br />
Yeah Yeah Yeahs e uno di Britney Spears. Ma anche negli<br />
anni ’80, forse. e in una specie di genere dance in chiave<br />
lo-fi. No, non fatelo. Non chiedete cos’è il lo-fi. No! Why: Va<br />
bene, ormai lo avete chiesto. Se la musica fosse una casa,<br />
il lo-fi sarebbe il sottoscala. Se vi sembra una definizione<br />
scema, provate a googlare. Non crediate di cavarne definizioni<br />
molto più lucide. What: “L’ultima cosa che voglio è risultare<br />
deliberatamente misterioso”. When: Se avete da lavorare di<br />
sera e avete bisogno di qualcosa che vi tenga svegli, ma non<br />
così sovreccitante da portarvisi via.<br />
Spoon<br />
TranSference<br />
Self<br />
• • • • •<br />
Who: Quattro ex giovanissimi di Austin, Texas, al settimo<br />
disco. Ma da sempre, indie. per cui. Where: Nei vostri<br />
televisori. Quando sentite un pezzo che non sapete cos’è in<br />
Scrubs, o Numb3rs, o oc, o i Simpson (!), potrebbero essere<br />
loro. Why: Nel 2007 il loro disco intitolato Ga Ga Ga Ga Ga<br />
fu tra i 10 preferiti di Rolling Stone. Fu tra i 10 preferiti di<br />
pitchfork. e fu tra i 10 preferiti dal pubblico americano. What:<br />
“Non credo sia mai esistito nulla di più figo dei Wire e dei<br />
Gang of Four. Sono ciò che ho cercato di imitare per un sacco<br />
di tempo”. When: per poter dire fieramente agli amici: “Io<br />
sento il più indie tra i gruppi indie”. “…e quindi?”.<br />
Wild Beasts<br />
Two DancerS<br />
domino Records<br />
• • • • •<br />
Who: Quattro giovanissimi di Leeds al secondo disco. Where:<br />
In una strana polenta che impasta il fighismo dei Franz<br />
Ferdinand, il dandismo dei Roxy Music, il vocalismo di Antony<br />
& The Johnsons. più un vago cupismo alla editors. Why: Se<br />
non vi piacciono è perché la voce un po’ castrata di uno dei<br />
due cantanti è ridondante in certi pezzi. d’accordo, però che<br />
schizzinosi che siete, eh? What: “più che un disco è una serie<br />
di scene. Un grande party, la strada deserta quando tutto è<br />
finito, un uomo che muore di fame su una spiaggia lontana”.<br />
When: Serata in casa, verso mezzanotte.<br />
Screaming Lights<br />
Like angeLS<br />
Anti<br />
• • • • •<br />
Who: Quattro giovanissimi da Liverpool, al debutto. Where:<br />
In un laboratorio scarsamente illuminato in cui si dedicano<br />
alla destabilizzante ricerca di sintetizzatori che graffino come<br />
chitarre, e di chitarre che ammicchino come sintetizzatori.<br />
Why: Non è facile dire a chi somigliano. La famiglia è quella<br />
funk-elettronica, ma di quelle col muso lungo alla Interpol.<br />
però c’è dell’altro. Un goccio di White Lies, forse. o dei vecchi<br />
cars? che somiglino a troppe cose per somigliare davvero<br />
a qualcuno? che non somiglino a nessuno? What: “Ho<br />
cominciato a concepire questo album praticamente dal mio<br />
primo giorno di scuola” (Jay Treadell, chitarra e voce). When:<br />
Se fa freddo – e la cosa per qualche motivo non vi dispiace.<br />
cd pokeR<br />
LA COLONNA SONORA<br />
DEL MESE<br />
UNA SU 14<br />
Elisa<br />
forgiVeneSS<br />
da Heart<br />
(Sugar)<br />
Il consenso ottenuto da questo album è<br />
cospicuo, sicché il rischio è fare la parte<br />
(stucchevole) dei bastian contrari. Ma<br />
sinceramente, da quel Sanremo portato a<br />
casa nel 2000, sembra di ascoltare sempre<br />
la stessa lacrima da anni. e non è ciò<br />
che si aspettava di sentire chi nell’elisa<br />
degli esordi constatava una facilità quasi<br />
irrisoria nel cimentarsi, con originalità e<br />
personalità, con qualsiasi tipo di variante<br />
della musica pop internazionale. oggi la<br />
ragazza è una star, un nome consacrato<br />
della musica italiana – buon per lei.<br />
Ma le sue canzoni sembrano sempre<br />
parti faticosi, in salita e controvento,<br />
raggomitolate su se stesse; così come<br />
le riesce faticoso comporre in italiano:<br />
dopo due brani, ha lasciato perdere e ha<br />
preferito tornare all’inglese. Il che non è<br />
del tutto un male, perché elide un po’ dei<br />
singhiozzini alla dolores o’Riordan con cui<br />
infioretta le vocali; tuttavia non è un caso<br />
che per cercare di arrivare al pubblicone<br />
debba ricorrere al duettone: dopo quello<br />
con Ligabue è toccato allo straziato e<br />
gesticolatissimo trattato di meteorologia<br />
Ti vorrei sollevare con il fratello di casa<br />
discografica Giuliano Sangiorgi. Allo stesso<br />
modo, per il brano melodicamente più<br />
ambizioso, Forgiveness, eccola appoggiarsi<br />
alla voce e al carisma di Antony Hegarty<br />
(Antony & The Johnsons), che non si fa<br />
pregare e gorgheggia da par suo. È l’unico<br />
pezzo che può far alzare un sopracciglio<br />
anche a chi non è un fan di elisa. oltre<br />
naturalmente alla cover di Mad World dei<br />
Tears For Fears. che poi, quanta originalità<br />
e personalità c’è nel mettersi a fare una<br />
cover di Mad World? ormai la versione di<br />
Gary Jules è un classico di X Factor. era<br />
questo che poteva dare alla musica italiana<br />
elisa? Se è così, è giusto accontentarsi. Ma<br />
di inchinarsi non si vede motivo.<br />
66 · URBAN di Paolo Madeddu<br />
URBAN · 67
London<br />
danza<br />
© Jake Walters<br />
Michael<br />
l’inqUieto<br />
Ha osato profanare la danza con<br />
il rock and roll. Cinque interventi<br />
al ginocchio gli vietano il ballo<br />
in prima persona. Ma le sue<br />
coreografie continuano a lasciare<br />
il segno. Tanto che nel 2010 uscirà<br />
la prima monografia dedicata a<br />
Michael Clark<br />
Testo: Valeria Crippa<br />
Un ribelle compulsivo tutto genio e sregolatezza. Oscillante tra danza,<br />
depressione e droghe, dall’eroina al metadone all’alcool, dipendenza,<br />
quest’ultima, assimilata nel ricordo del padre alcolista, morto suicida per aver<br />
ingerito volontariamente un diserbante − agonia tra le più atroci −, quando<br />
lui era appena diciottenne. Con queste stimmate Michael Clark, dancestar<br />
scozzese oggi 47enne, ha sommato nella sua intermittente carriera tutti i<br />
vizi e le virtù del rock. “Il rock è la mia roccia: è stato vitale per me a livello<br />
personale. Mi ha formato sia come individuo che come artista”. Agli idoli del rock<br />
Iggy Pop, Lou Reed e David Bowie ha dedicato il suo recente lavoro Swan Lack/Thank u<br />
Ma’am presentato in prima mondiale nel giugno scorso al Teatro delle Tese dell’Arsenale<br />
di Venezia nell’ambito della Biennale Danza, poi approdato in tour all’Edinburgh<br />
International Festival, a Stoccolma, alla Maison des Arts di Creteil a Parigi, al Barbican<br />
Theatre di Londra per il Dance Umbrella, al Festspiele di Berlino e già opzionato, per il<br />
novembre 2010, dal Grand Théâtre de Luxembourg. Riunire nella colonna sonora di un<br />
balletto “la santa trinità del rock”, come la definisce il sulfureo Michael, è già una scelta<br />
radicale: di Bowie, lo spettacolo include l’iconica Heroes. A essa si accompagnano alcune<br />
autocitazioni di spettacoli che fruttarono a Clark la fama di iconoclasta della danza: un<br />
costume di latex bianco, utilizzato in OTT, in cui sono conficcate siringhe ipodermiche,<br />
riferimento ovviamente autobiografico. I rimandi si fanno più arditi quando Michael<br />
si lancia in un parallelo tra le tre rockstar (che condivisero un percorso contiguo negli<br />
anni Settanta) e tre miti del balletto: il coreografo George Balanchine, il ballerino<br />
degli scandali Vaslav Nijinsky e la sorella di questi, Bronislava Nijinska. “Faccio un<br />
gioco con me stesso: mi interrogo su chi dei tre potrebbe essere Balanchine, Nijinsky<br />
e Bronislava. Penso che Iggy Pop sia affiancabile a Nijinsky, con cui condivide follia<br />
e abbandono, ma sono indeciso sugli altri due, Lou Reed e David Bowie”. Al Duca<br />
Bianco, scoperto all’età di nove anni in un’immagine che lo ritraeva avvinghiato a un<br />
collega, Clark deve in particolare la confortante conferma che la propria emergente<br />
omosessualità non era una deprecabile e isolata anomalia, ma una condizione<br />
condivisa anche da uno dei suoi miti.<br />
Su YouTube restano tracce del periodo creativamente più fertile di Clark, quando<br />
nella metà degli anni ’80, nei Riverside Studios di Londra, egli stesso si esibiva −<br />
superbo danzatore plasmato nello stile classico più elegantemente british del Royal<br />
Ballet −, in zeppa alta, cresta da punk e una vistosa apertura a vista sul deretano,<br />
assurgendo al rango di icona della cultura giovanile. Nato ad Aberdeen in Scozia<br />
nel ’62 e forgiato dalle due accademie più paludate del Regno Unito, la Royal Ballet<br />
School e il Ballet Rambert, allievo di Frederick Ashton (il coreografo della coppia di<br />
star Nureyev-Fonteyn), assecondò precocemente la propria natura ribelle uscendo dai<br />
ranghi istituzionali per formare, ad appena 22 anni, la sua compagnia con cui diventò<br />
l’emblema danzante della cultura underground della Londra anni Ottanta, coniugando<br />
rock a balletto classico in una miscela esplosiva. Tra le creazioni commissionate per<br />
le maggiori compagnie di danza del mondo, come il Balletto dell’Opéra di Parigi, il<br />
London Festival Ballet e la Deutsche Oper di Berlino, si cucì addosso la coreografia<br />
da lui interpretata, nel ruolo di Calibano, nel film Prospero’s Books di Peter Greenaway.<br />
Oggi, il sempre efebico Michael coltiva la trasgressione applicata alla coreografia<br />
attraverso i suoi ballerini (“sono loro l’unico capitale su cui ho investito per anni e che<br />
non è però monetizzabile perché purtroppo la mia unica ambizione è stata la danza,<br />
mai i soldi”, lamenta nei frequenti momenti di penuria economica): dopo cinque<br />
operazioni al ginocchio, la danza non gli è più concessa. In giugno è prevista l’uscita<br />
di un sontuoso volume fotografico, pubblicato da Suzanne Cotter e Robert Violette,<br />
che ne ripercorre la carriera dai primi anni Ottanta a oggi: 40 lavori in 25 anni di<br />
creatività vissuti pericolosamente, da New Puritans a I am Curious Orange, fino al recente<br />
assolo Rattle your Jewellery per il divo Mikhail Baryshnikov e al successivo The Stravinsky<br />
Project, salutato dalla stampa britannica come “uno straordinario evento musicale, ma<br />
soprattutto una nuova pietra miliare della coreografia”. Intitolata Michael Clark, sarà la<br />
prima monografia sulla star post-punk arricchita da un prezioso corredo di saggi, articoli<br />
di giornale, contributi di collaboratori del mondo della danza, moda, arte e musica<br />
(come gli artisti Cerith Wyn Evans, Leigh Bowery, Trojan, Charles Atlas e Sarah Lucas,<br />
i designer Bodymap e Hussein Chalayan, le band The Fall, Laibach e Wire ) e fotografie<br />
inedite di David LaChapelle, Wolfgang Tillmans e di molti altri.<br />
34 · URBAN URBAN · 69<br />
Michael Clark Company, Swan Lack / Thank U Ma’am. Foto: courtesy La Biennale di Venezia
TUTTI I COLORI DEL GAMMA<br />
Dalle grandi vetrate del Gamma salta agli occhi un bel ponte sul Po, ma aguzzando la vista si vedono<br />
bene pure la Germania e la Gran Bretagna. Il nuovo club torinese nasce infatti da una costola del Fluido<br />
e al suo mixer trovano spazio sia le sonorità underground di dj piemontesi purosangue come Andrea<br />
Frola (che cura anche la direzione artistica), Federico Gandin e Roger Rama, sia i ritmi mai ortodossi<br />
dei dj dei club più dark di Berlino e Londra.<br />
Per esempio il 23 gennaio in console c’è Prosumer, resident al Panorama Bar e alfi ere di una house elettronica<br />
che non si vergogna di guardare alle radici del genere. Nei suoi set non mancano infatti brani<br />
pieni di soul, il che giova anche al coinvolgimento di chi non ama solo la cassa dritta. Dall’UK il 13<br />
febbraio arriva invece Andrew Weatherall, che propone una techno onirica capace di far dimenticare<br />
le sdolcinature di San Valentino anche alla coppia più affi atata. Come tutti i dj della vecchia scuola,<br />
Weatherall lavora con i vinili e spesso si avvicina pericolosamente al rock.<br />
Più in generale, ogni sera o quasi, l’ingresso è piacevolmente gratuito, e le sonorità sono sempre diverse.<br />
Il venerdì si ballano soprattutto fi dget house e nu disco anche con dj guest come Congorock e<br />
Riva Starr, il sabato ci si sposta verso techno e dub… in ogni caso, non c’è da aver paura: la pressione<br />
sonora è senz’altro meno pesante di quella d’un qualsiasi fashion club. Al Gamma l’unica cosa scura<br />
sono pareti e soffi tto (presto verrà coperto), la musica è sempre colorata.<br />
TORINO<br />
CLUB GAMMA<br />
viale Cagni, 7<br />
www.clubgamma.it<br />
TORINO & CO.<br />
nightlife<br />
ROMA<br />
DIMMI<br />
via dei Volsci, 126b<br />
www.dimmidisiroma.it<br />
“Dimmi di sì” diventa semplicemente “Dimmi”<br />
e grazie alla partecipazione di tanti collettivi<br />
diversi si conferma come uno degli spazi<br />
più vitali di Roma. Il mix di proposte chic &<br />
prezzi contenuti voluto da Snob Production<br />
è spesso irresistibile, anche a gennaio, da<br />
sempre il mese più moscio per chi ha voglia<br />
di ballare. Il 16 tocca al funk selezionato da<br />
Ad Bourke e Andrea Angelini, dj italiani<br />
innamorati della black music, mentre il 23 in<br />
console salgono i ragazzi di Busta. Il 29 spazio<br />
all’arte visiva col party Bastart curato dai<br />
creativi visionari di Bang Art Magazine. Con<br />
un po’ di fantasia si può far fi nta di essere a<br />
New York, al Loft, negli anni ’70, non a San<br />
Lorenzo. Niente revival, comunque, la musica<br />
è psichedelica ma anche leftfi eld, ossia elettronica<br />
e piuttosto pesante.<br />
FIRENZE<br />
NO LIMIT<br />
via Vittorio Emanuele, 10<br />
Calenzano (Fi)<br />
www.nolimitclub.org<br />
Chi non ama giocare col kitsch stia lontano<br />
dal No Limit, nuovo dinner & dance alla<br />
periferia di Firenze. Lo stile è quello dei club<br />
anni ’80, quando le mirrorball lasciavano<br />
spazio ai laser e i pavimenti erano pieni di<br />
neon. Qui ogni serata parte con la musica di<br />
una orchestra e culmina con uno show stile<br />
Moulin Rouge dedicato al gentil sesso. Certe<br />
sere, come cantava Cindy Lauper, le ragazze<br />
hanno solo voglia di divertirsi.<br />
MILANO<br />
BOSSASONICA @ COLUMBUS<br />
Columbus Bar & Grill<br />
via Milano, 1bis – Peschiera Borromeo<br />
www.ristorantecolumbus.it<br />
Luca Dondoni, dj di culto e giornalista, ha<br />
scelto un ristorante fuoriporta per le sue<br />
sperimentazioni musicali. Il 15 gennaio la<br />
sua onda ruota attorno alle nuove sonorità<br />
della bossa nova. “Dai Bossa Nostra a Jobim<br />
passando per la collaborazione tra Black Eyed<br />
Peas e Sergio Mendez, è un genere musicale<br />
in evoluzione”, spiega Dondoni. Non si balla<br />
ma si chiacchiera e si beve bene, in un locale<br />
che sembra uscito da un telefi lm anni ’50.<br />
di Lorenzo Tiezzi URBAN · 71<br />
Amigdala @ Dimmi Roma
“IL SESSO E COME<br />
UN COCKTAIL:<br />
STESSA DURATA,<br />
STESSO EFFETTO,<br />
PIU O MENO<br />
STESSO VALORE...”<br />
David Herbert Lawrence<br />
FUORI<br />
URBAN · 73
GIOVANI<br />
CHEF<br />
ALLA<br />
RISCOSSA<br />
La tradizione nel futuro<br />
sempione 42<br />
corso Sempione, 42<br />
chiuso sabato a pranzo, domenica<br />
e lunedì sera<br />
02-317849<br />
andrea alfieri. 35 anni, docente in<br />
materia, già chef executive dello Yar<br />
e presente in tante guide, conduce<br />
dal 2006 il suo locale: un ambiente<br />
classico, giallo senape con solidi tavoli<br />
in legno che nasconde a sorpresa<br />
una cucina dal forte piglio creativo e<br />
con materie prime di alta qualità. La<br />
sua carne si scioglie in bocca (vedi<br />
il maialino da latte con salsa alla<br />
birra e purè di broccoli), la fantasia<br />
è sconfinata (fois gras e caco con<br />
scampo crudo), il servizio attento<br />
(con terrina di benvenuto e cono<br />
sorbetto in omaggio) e il conto (come<br />
le porzioni) non esagerato (45 euro).<br />
Da provare.<br />
al FicoDinDia<br />
via Bonghi, 11<br />
chiuso lunedì e sabato a pranzo<br />
02-84892887<br />
Salvatore Giaramida. Siciliano da<br />
Santa Ninfa (nel trapanese), il giovane<br />
Salvo (classe 1982) ricco di entusiasmo<br />
e dell’esperienza nella sua terra arriva<br />
a Milano dove trova casa nel locale<br />
creato da Daniela Di Blasi, architetto<br />
dalle mille idee e risorse. Squadra<br />
vincente, se la loro “alta cucina di<br />
Sicilia” è stata premiata con l’ingresso<br />
nella Guida 2010 dell’Espresso. Sicilia<br />
alleggerita e resa contemporanea,<br />
ma sempre autentica: dal delicato<br />
sformatino di melanzane con salsa di<br />
pomodoro e ricotta salata alla leggera<br />
caponatina spruzzata di cacao con<br />
gambero in gomitolo di patate, al cous<br />
cous di pesce, una specialità.<br />
45/50 euro senza il bere. (M.T.)<br />
manna<br />
via Governo Provvisorio, 6<br />
chiuso domenica<br />
02-26809153<br />
matteo Fronduti. Brillante giovane<br />
allievo presso plurimi fornelli stellati,<br />
da più di un anno e mezzo in proprio,<br />
in un delizioso angolo di Turro,<br />
continua a divertire e deliziare<br />
i palati degli ospiti attraverso i<br />
suoi piatti intitolati con ironia e<br />
che rappresentano “il futuro della<br />
tradizione”. In carta troverete, tra gli<br />
altri, il “Dammatrà” (risotto giallo con<br />
midollo), “Come a Capodanno” (raviolo<br />
tostato con cotechino, lenticchie e<br />
Bonarda) o “Ha vinto la tartaruga”<br />
(lepre in salmì con purea di patate<br />
al burro), tutti rivisitati con gusto<br />
contemporaneo e design nel piatto.<br />
Conto 40 euro, con l’utile possibilità<br />
delle mezze porzioni.<br />
milano di<br />
Ratanà<br />
Mirta Oregna<br />
via De Castillia, 28<br />
02-87128855<br />
sempre aperto,<br />
tranne sabato a pranzo<br />
CONSIGLIATO PER<br />
un’iniezione di buon umore<br />
e ottima cucina<br />
Poker vincente di soci che amano la pesca a mosca (lo chef, il sommelier, il<br />
dermatologo e il comico Albanese) prende base in un ex deposito ferroviario<br />
all’Isola: il risultato è un ristorante dove in un ambiente sobrio, curato da<br />
rgAstudio, si sprecano ottima cucina, eccellenti vini e tanto buon umore.<br />
L’insegna rimanda al popolare Pret de Ratanà, guaritore un po’ blasfemo che invita a ricordare una Milano scomparsa, e ci<br />
guida ai fornelli dove il giovane Casare Battisti esegue la più tradizionale cucina lombarda (vedi super-costoletta e risotto giallo<br />
con grana lodigiano) alleggerendola, con l’aggiunta di eccellenti ricette creative ma sempre “pulite” (vedi lo squisito risotto con<br />
peperoni dolci e sesamo o con Bitto e Sassella). Sommelier non è il socio Antonio Albanese ma il giovane Danilo, competente,<br />
discreto ma sempre sorridente, che ha studiato una carta al 50% lombardo-piemontese, con alcune etichette che – con<br />
orgoglio − per ora ha solo lui. A pranzo il piacevole menu ridotto “La schisceta” (18 euro), all’aperitivo i “Rubitt” (robette),<br />
sorta di mini-tapas lombarde (da 1 a 4 euro) che accompagnano un calice di vino, infine la cena alla carta (dai 35 euro) con<br />
simpatici sconti previsti per ciclisti metropolitani, pescatori a mosca e un’altra categoria a scelta per settimana. In arrivo il tè<br />
pomeridiano, mentre già si sogna la stagione estiva quando l’aperitivo si potrà consumare nel mini-parchetto all’aperto.<br />
teRRazza Visconti<br />
Double sense<br />
Prima & doPo<br />
Due anni di silenzio, poi finalmente questa strepitosa location con terrazza<br />
affacciata sui Giardini pubblici di via Palestro con l’estate ha ripreso vita<br />
grazie ai soci della Taverna Visconti, che le hanno dato una bella pennellata<br />
di contemporaneità negli arredi, in cucina (regno di Gaetano Riccio) e al bar<br />
(Luca Contrini). Ora che fa freddo in terrazza si va per fumare (e per la vista), ma<br />
alla Taverna – che sta al quarto piano – si sale per altre due ottime ragioni: il Business<br />
Délice, veloce, chic e abbordabile, servito su un piatto-tavolozza in ceramica<br />
con polletto da fieno Bressan gratinato al timo<br />
e scalogno, pinzimonio di verdure fresche e<br />
maionese al pistacchio di Bronte e risotto alla<br />
parmigiana (16 euro); e l’aperitivo molecolare,<br />
con cocktail gelatinoso (un Chocolate Martini<br />
per esempio) accompagnato da un mini-pasto<br />
in porzioni finger. Qualche nota per chi resta<br />
a cena: penchant francese dello chef e piatti<br />
che si sviluppano in altezza, importante lista<br />
dei vini e conto che tocca i 60/70 euro.<br />
Ultimo nato all’Arco della Pace,<br />
lounge bar votato agli happy-hour:<br />
un po’ più low-profile dei vicini, tra<br />
pareti a tasselli di legno e un mix<br />
di sedute dalla plastica trasparente<br />
al damascato su eco-pelle oro,<br />
offre buffet all’italiana e lunga lista<br />
di cocktail, oltre a due divanetti<br />
privé color prugna da prenotare<br />
telefonicamente.<br />
DA NON PERDERE<br />
per chi guida, l’invitante scelta di<br />
cocktail analcolici (8 euro) come<br />
l’elaborato Lime Mint Lemongrass<br />
Sparkler a base di menta fresca<br />
aromatica, lemongrass, Rose’s<br />
Lime e succo di mela<br />
corso Sempione, 7<br />
chiuso lunedì<br />
02-33607953<br />
no wi-fi<br />
via Palestro, 2<br />
02-76028316<br />
chiuso domenica<br />
e sabato a pranzo<br />
74 · URBAN URBAN · 75<br />
zoom baR<br />
In piena ex-Casbah a Porta<br />
Venezia, il Cibboi salentino chiude<br />
e si reinventa come piccolo club<br />
underground di stampo londinese o<br />
barcelloneta. Al piano terra bar preserata<br />
con cocktail a 5 euro (pestati<br />
7), poi si scende al piano sotto, tra<br />
pezzi di modernariato e piastrelle a<br />
scacchi, per ascoltare musica, ballare<br />
o vedere un happening d’artista.<br />
DA NON PERDERE<br />
la serata Camel Toe del mercoledì:<br />
la galleria d’arte contemporanea<br />
nomade firmata Biokip, con Digital<br />
Genetic Pasta come dj resident<br />
via Panfilo Castaldi, 26<br />
chiuso lunedì<br />
02-29529006<br />
no wi-fi<br />
CONSIGLIATO PER<br />
stupire a 360°, dalla location,<br />
al business lunch, dall’aperitivo<br />
molecolare alla cena con piatti<br />
piramidali<br />
cacio DiVino<br />
Restyling dell’unico cheese-bar<br />
della città, il locale di Livio Casu,<br />
che dal bianco-latte è passato al<br />
rosso vinaccia: al nuovo bancone,<br />
sotto lampade di design, si prende<br />
l’aperitivo a base di vino e formaggio<br />
servito con piattini e bicchierini (7<br />
euro), mentre il giovedì è Apedivino<br />
con dj-set, vino al calice e un buffet<br />
di salumi e formaggi.<br />
DA NON PERDERE<br />
il banco a vista con la selezione<br />
di oltre 150 formaggi italiani e<br />
francesi, per un dopo-aperitivo<br />
rigorosamente a tema<br />
via Santa Croce, 4<br />
chiuso domenica<br />
02-83242350<br />
no wi-fi<br />
ROSSO<br />
& BIANCO<br />
oysteR baR<br />
peRRieR-Jouët<br />
Bianco, candido, quasi abbagliante,<br />
iridescente come<br />
una perla: è il nuovo oyster<br />
bar che lo champagne Perrier<br />
Jouët ha aperto nella ricercata<br />
food hall al settimo<br />
piano de La Rinascente.<br />
Un sinuoso bancone con<br />
sgabelli avvolgenti dove<br />
accomodarsi per ordinare<br />
un flûte di pregiate bollicine<br />
con vista sulle operose<br />
cucine del ristorante Maio,<br />
o sulle guglie del Duomo se<br />
si esce in terrazza. Si può<br />
scegliere tra Grand Brut<br />
Perrier-Jouët (personalità<br />
fruttata con note di frutta<br />
esotica e miele), Blason<br />
Rosé (con sentori di bacche<br />
rosse mature) e Cuvée Belle<br />
Epoque, fiore all’occhiello<br />
della maison che degli<br />
anemoni disegnati nel 1902<br />
sulla bottiglia dal maestro<br />
vetraio Emile Gallé ha fatto<br />
il simbolo (qui sono stati<br />
prontamente trasformati<br />
in aeree lampade). Sono<br />
tutti serviti con ostriche Belon<br />
o Fines de Claire al costo<br />
di 15 euro. Per una pausa<br />
super-chic.<br />
c/o La Rinascente<br />
piazza Duomo<br />
sempre aperto, solo la sera<br />
www.larinascente.it
PIzzA<br />
D’ALTA<br />
CUCINA<br />
Lievitazione lunga,<br />
qualità e fantasia<br />
la Fucina<br />
via G. Lunati, 25<br />
chiuso domenica<br />
06-5593368<br />
Vince il premio innovazione della<br />
Guida Gambero Rosso 2010 e<br />
s’impone subito tra food blogger e<br />
amanti del genere come the best.<br />
Perché qui si fa cucina vera e propria,<br />
solo che la si serve sulla pizza. Aprite<br />
la lista e capirete subito la filosofia:<br />
solo pizza secondo un menu di mare<br />
e uno di terra (intorno ai 18/19 euro),<br />
a parte le tradizionali (12 euro). In<br />
tavola arrivano tagliate a spicchi, per<br />
assaggiarne diversi tipi. Per esempio<br />
quella con prosciutto di Sauris<br />
affumicato riserva 24 mesi, mozzarella<br />
di bufala e robiola fresca ai tre latti,<br />
oppure quella con le capesante e i<br />
funghi al forno in salsa di zafferano di<br />
Navelli. Le mail di Edoardo vi avvisano<br />
dell’arrivo di nuovi prodotti e delle<br />
serate con abbinamento pizze/vini.<br />
sFoRno<br />
via Statilio Ottato, 110<br />
chiuso domenica<br />
06-71546118<br />
Biglietto da visita è un barattolone di<br />
lievito madre custodito da generazioni<br />
accanto al forno a legna. Impasto<br />
a lievitazione mista, riposo di 24 o<br />
30 ore, e un pizzaiolo entusiasta di<br />
parlarvi delle sue farine che miscela<br />
con sapienza: ecco come nascono<br />
tutte le possibili variazioni su pizza e<br />
dintorni. Uno degli storici guru della<br />
pizza a lunga lievitazione, Stefano<br />
Callegari, infatti qui propone una<br />
serie di golosissimi abbinamenti da<br />
gourmet romanesco, come la pizza<br />
cacio e pepe. Buonissima quella con<br />
patate, pancetta e scamorza, oppure<br />
la Iblea con peperoni e formaggio<br />
ragusano. Il costo di ogni pizza si<br />
aggira sugli 8/9 euro. In abbinamento<br />
solo birre artigianali, ormai quasi<br />
“un tormentone”.<br />
Gatta manGiona<br />
via F. Ozanam, 32<br />
chiuso lunedì<br />
06-5346702<br />
È stata la prima pizzeria gourmet a<br />
Roma e anche quella più di lusso,<br />
dove i prezzi all’inizio facevano un<br />
po’ scalpore. Ha fatto scuola quanto<br />
a pizze a lunghissima lievitazione,<br />
lievito madre, farine scelte. Oggi è un<br />
classico anche se continua a macinare<br />
idee oltre che farine. Eccellente la<br />
“delicata” con mozzarella, broccoli<br />
romaneschi ripassati e coppa di testa;<br />
oppure quella con carciofi, patate<br />
e strolghino della Bassa Parmense.<br />
Contenuta ma rigorosa anche la<br />
piccola carta dei piatti cucinati:<br />
porchetta calda, tonnarelli del pastore<br />
con ricotta di pecora e pepe, una sorta<br />
di salame/salsiccia emiliano con purè.<br />
Una lista dei vini che si addice più a<br />
un ristorante che a una pizzeria.<br />
roma di<br />
opiFicio<br />
via Albalonga, 46<br />
06-7000910<br />
sempre aperto<br />
Laura Ruggieri<br />
CONSIGLIATO PER<br />
l’aperitivo al bancone e un<br />
ottimo semifreddo al mojito<br />
Appena aperto si era già sparsa in giro la voce che qui si mangiava molto<br />
bene. Quando poi si è saputo che al timone della cucina c’era Mattia Miscia,<br />
solo 28 anni ma già una bella esperienza nei locali romani e oltre confine, si è<br />
capito che il ristorante sarebbe andato alla grande. E così è.<br />
L’ambiente è accogliente, con quell’aria rassicurante da neo osteria appena un po’ chic ma molto easy. I colori prevalenti sono<br />
nettamente il bianco e il grigio scuro, quasi nero: così le doghe a terra, le pareti, il soffitto. Piacevolissima la prima sala col<br />
bancone che fa da tavolo per il “prima della cena”. Crostini burro e alici, involtini di verdure, piccoli fritti, fantastiche sfoglie<br />
di chips a peso, sformatini, concia di zucchine fritte. Mentre si chiacchiera e si spilucca, già si studia per il dopo. Carattere e<br />
calore li hanno infatti il menu e i piatti che assaggerete. Tipo polpo alla diavola con le puntarelle alle alici o un’insalatina di<br />
gallina lessa con le sue verdurine. Pasta alla chitarra con stracciatella, bottarga e asparagi. Un favoloso agnello cotto a bassa<br />
temperatura e poi fritto panato accompagnato con la verza e patate, uno stracotto con polenta tenerissimo. Sfiziose le polpette<br />
di vitella con salsa al pistacchio, speziate di noce moscata. Tra i dolci, il budino alle mandorle in salsa di tozzetti, la bavarese al<br />
pistacchio e una chocolate tarte. Spesa mai oltre i 40 euro.<br />
Prima & doPo<br />
76 · URBAN URBAN · 77<br />
Vice<br />
meRcatino<br />
La location è un negozio di riuso<br />
e modernariato che ha fatto del<br />
vintage un luogo di ritrovo. E<br />
così ogni venerdì il dj fa girare i<br />
suoi piatti al ritmo delle hit, tra<br />
improvvise performance, sfilate e<br />
aste di oggetti. Tra statuine liberty<br />
e Budda etnici, giradischi a valvole<br />
perfettamente funzionanti, bevete e<br />
spiluccate da un catering fatto come<br />
una volta. Prima consumazione con<br />
buffet 10 euro, la seconda 8 euro.<br />
DA NON PERDERE<br />
la cornice di scaffali zeppi di libri<br />
introvabili, modern design e vestiti<br />
second hand<br />
via Sebastiano Grandis, 7<br />
sempre aperto<br />
06-7024299<br />
no wi-fi<br />
secRets caFé<br />
Incastonato tra le mura Aureliane<br />
e quelle dell’antico acquedotto<br />
romano questo piccolo locale vive<br />
soprattutto di un giardino quasi<br />
segreto illuminato di fiaccole dal<br />
tramonto in poi. Si gustano frozen<br />
di frutta, superalcolici molto ben<br />
miscelati oppure magari solo un<br />
calice di vino. In abbinamento<br />
frittatine, sformati di verdure,<br />
involtini di melanzane o di prosciutto<br />
e caprini, tutto fatto al momento.<br />
DA NON PERDERE<br />
musica dal vivo nel weekend con<br />
serate jazz o con dj set<br />
via Tuscolana, 692<br />
chiuso lunedì<br />
06-76968667<br />
wi-fi<br />
Fabio D’Angelantonio e l’architetto Michele Marchese insieme sono<br />
una coppia esplosiva, così dopo il riuscitissimo Fluid, ecco la loro nuova<br />
creatura: format nuovissimo, design d’effetto, gelati gourmet tanto<br />
sorprendenti quanto fantastici. Non a caso la Guida Gambero Rosso 2010 lo<br />
ha premiato come uno (tre in tutto) dei locali più innovativi della capitale. Un<br />
ambiente che crea un’emozione anche sensoriale, dove sembra di galleggiare.<br />
In questa atmosfera un po’ irreale non vi aspetterete mica una gelateria tradizionale:<br />
produzione esclusivamente artigianale con materie prime dei migliori<br />
consorzi agricoli, fantasia, abbinamenti creativi, estetica nel piatto e nel bicchiere.<br />
La novità più divertente sono però gli aperitivi del giovedì, ovviamente<br />
ghiacciati, dalle 17 alle 22: finger food e tris<br />
di mini porzioni, tipo il sorbetto di ananas<br />
al curry con cous cous al papavero, il gelato<br />
di ricotta di bufala con pappa al pomodoro<br />
e pane carasau, la crema con fonduta<br />
al parmigiano e cialda di riso, e così molte<br />
altre golose combinazioni. Aperto fino<br />
all’una di notte.<br />
via Gregorio VII, 385<br />
06-631779<br />
sempre aperto<br />
CONSIGLIATO PER<br />
gli amanti della cioccolata con i<br />
migliori cru al mondo<br />
RiVe GaucHe<br />
Una ricerca capillare in giro per<br />
il mondo porta qui le migliori<br />
selezioni di whisky, circa 40,<br />
molti anche i rum. Cinque birre<br />
artigianali e altrettante pastorizzate.<br />
Particolare anche la ricerca dei vini<br />
al bicchiere. Buffet libero con piatti<br />
che cambiano ogni sera come paste<br />
fredde, cous cous e taglieri. Quello<br />
che vince è soprattutto l’atmosfera,<br />
i tanti giornali a disposizione e la<br />
grande facilità con cui si socializza.<br />
DA NON PERDERE<br />
la novità di potersi fermare per cena:<br />
tra i piatti, feta al forno, zuppa ceci e<br />
castagne, torta irish coffee<br />
via dei Sabelli, 43<br />
sempre aperto<br />
06-4456722<br />
wi-fi<br />
ROSSO<br />
& BIANCO<br />
enoteca<br />
pRoVincia<br />
Di Roma<br />
Scegliere tra oltre 150 vini<br />
che più romani non si può,<br />
“toccando con un dito la<br />
colonna Traiana”, non era<br />
mai capitato finora. Non c’è<br />
infatti vitigno, blend, piccolo<br />
produttore di nicchia o<br />
nomi blasonati, che non sia<br />
contemplato sugli scaffali<br />
di legno chiaro che circondano<br />
il bancone all’entrata<br />
dell’Enoteca della Provincia<br />
di Roma, nel cuore del più<br />
spettacolare scenario della<br />
Città Eterna. Da padrone<br />
ovviamente la fa il Frascati<br />
con più di 60 produttori in<br />
carta ma non sono da meno<br />
il Cesanese di Olevano, il<br />
Cerveteri, i Colli Lanuvini,<br />
l’area di Velletri. Grande<br />
attenzione alle uve autoctone<br />
come il “nero buono”,<br />
una bacca di straordinaria<br />
eleganza e vigore, o il “cacchione”<br />
di grandi potenzialità<br />
che lavorato in purezza<br />
dà esiti interessanti come<br />
nel caso del Pantastico a 10<br />
euro. Una decina di vini in<br />
mescita ogni sera. Si degusta<br />
anche sul posto in abbinamento<br />
a pochi piatti (due<br />
o tre caldi) e prodotti eccellenti<br />
accompagnati da pane<br />
cotto a legna di Genzano.<br />
largo Foro Traiano, 84<br />
chiuso domenica<br />
06-67662424
HAM<br />
BURGER!<br />
Purificato, reinventato,<br />
destrutturato. L’hamburger<br />
che non ti aspetti<br />
eataly<br />
RistoRantino<br />
Della caRne<br />
via Nizza, 230/14<br />
sempre aperto<br />
011-19506801<br />
Si chiama Giotto, ma con l’artista<br />
fiorentino ha in comune solo la<br />
forma, quasi tonda. È l’hamburger<br />
prodotto esclusivamente con le<br />
carni bovine della “Granda”, presidio<br />
Slow Food e progetto del veterinario<br />
Sergio Capaldo. Carne “pulita”<br />
dunque, proveniente da capi allevati<br />
secondo un rigoroso disciplinare<br />
che fa della naturalità il proprio<br />
caposaldo. Al ristorantino della<br />
carne di Eataly il Giotto non manca<br />
mai, abbinato a verdure stagionali.<br />
Assaggiatelo, con un bicchiere di<br />
Dolcetto di Dogliani, e se vi piace<br />
compratelo nello scaffale attiguo.<br />
aGRi<br />
HambuRGHeRia<br />
m** bun<br />
via Susa, 22/E − Rivoli<br />
chiuso domenica a pranzo<br />
011-9534062<br />
Il nome doveva essere “Mac Bun” ma<br />
la multinazionale non ha gradito...<br />
e allora vai d’asterischi. Che poi è<br />
un modo di dire piemontese: solo<br />
buono… E buono lo è davvero<br />
l’hamburgher dei fratelli Scaglia,<br />
perché è fatto con carne dei loro<br />
allevamenti di Bruere, con bovini<br />
(ma hanno anche maiali, polli,<br />
conigli..) allevati come si faceva una<br />
volta. E il risultato si vede. Notevoli<br />
le varianti “Chiel” (sempre dialetto,<br />
vuol dire “quello” o “lei”) con toma<br />
fusa e “Gaute mac da suta” (togliti<br />
solo di torno) con cipolla e pancetta.<br />
Buoni vini a bicchiere. Ma chi volete<br />
che li confonda con il Big Mac…<br />
tHe beeF<br />
corso Moncalieri, 5/B<br />
sempre aperto la sera<br />
011-8193378<br />
Un mix riuscito tra tradizione e<br />
modernità, un bistrot all’insegna<br />
del design: marmo, acciaio e pelle<br />
opportunamente armonizzati.<br />
Musica lounge e chill out di<br />
sottofondo e grandi piatti di carne<br />
(ma anche il pesce compare a fare<br />
bella mostra). Visto che stiamo a<br />
fare l’elogio della carne, voi buttatevi<br />
sul filetto d’angus argentino o del<br />
bufalo: cotti a meraviglia, sono una<br />
vera delizia per il palato. Ottimi pure<br />
i taglieri di salumi e formaggio. Dolci<br />
artigianali per finire. Carta dei vini<br />
all’altezza.<br />
78 · URBAN<br />
satpRem via Piave, 8/10<br />
011-4366680<br />
aperto a pranzo e cena,<br />
ABernard Enginger, meglio conosciuto come Satprem, filosofo evoluzionista di chiuso domenica<br />
origine francese, è dedicato questo nuovo ristorante nella zona del quadrilatero. CONSIGLIATO PER<br />
portare l’amico carnivoro e<br />
Non sappiamo abbastanza dei gusti gastronomici dello studioso bretone<br />
vedere se Satprem convince<br />
emigrato in India, ma indubbiamente un locale che fa della cucina naturale e biologica la anche lui!<br />
propria bandiera l’avrebbe certamente attratto.<br />
La carta è molto ampia, ma la scelta dei numerosi menu degustazione (ben 12) è senz’altro da consigliare. Si spazia dai 23 euro<br />
dei menu vegani Gandhi e Shri Ganesh fino ai 29 dell’Akihabara e Fairbanks che comprendono portate di pesce. Ottime le<br />
biolasagne di verdure con besciamella di soia e la paillard di pollo sfumato al mirto con olive, del menu New Delhi, ma anche<br />
la cotoletta di seitan e soia con salsa Manhattan e la mousse di tofu alle melanzane in crosta di pane nero. Si chiude con un<br />
biotiramisù, con un sorbetto naturale o più “castamente” con una tisana ayurvedica o un tè allo zenzero. Piacevole l’atmosfera<br />
e assai cortese il servizio: sobrio e lontano dagli eccessi kitsch di troppi presunti ristoranti etnici.<br />
torino<br />
coRneR baR<br />
Ha aperto da poco e già si segnala per la<br />
buona pasticceria, i golosi panini espresso, le<br />
pizze e le focacce. All’ora dell’aperitivo ci si<br />
accomoda ai tavolini, o nel dehors riscaldato,<br />
e poi ci si serve da una ventina di vassoi<br />
ricolmi di stuzzichini, salatini, insalate, torte<br />
di verdura, semolini caldi, olive all’ascolana,<br />
canapè. Bonus per i piatti di ceramica e le<br />
forchette “vere”. A partire da 6,50 euro.<br />
DA NON PERDERE<br />
salatini, pizzette e focacce fatte in casa<br />
corso Vittorio Emanuele II, 100<br />
sempre aperto<br />
011-5360807<br />
no wi-fi<br />
Prima & doPo<br />
sHoRe cocKtail club<br />
Allo Shore, sul lato meno congestionato<br />
di piazza Emanuele Filiberto, è strepitoso<br />
l’elenco dei cocktail (almeno un’ottantina), un<br />
po’ meno la scelta dei vini. Anche il bancone<br />
con gli stuzzichini è un vero paese della<br />
cuccagna: insalata di riso o di pasta, tabulé,<br />
verdure gratinate, flan, insalata di mare,<br />
uova ripiene e tantissimo altro. Altro che<br />
apericena, questo è un aperisogno…<br />
DA NON PERDERE<br />
un buon vecchio Between the sheet<br />
piazza Emanuele Filiberto, 10<br />
chiuso lunedì<br />
011-4363495<br />
no wi-fi<br />
- 2<br />
di Bruno Boveri e Leo Rieser<br />
Murazzi, lato destro, anzi se scendete dalla<br />
scalinata del Lungo Po ci capitate dentro.<br />
Atmosfera giusta per tirar tardi, bella gente,<br />
buona musica, buona roba da bere, dai liquori<br />
tradizionali (e qui consigliamo il rum, magari<br />
un buon agricole) ai cocktail in tutte le loro<br />
varianti tra shakerati e pestati, a qualche buon<br />
vino. Se poi la madre del gestore si è data da<br />
fare in cucina farete felice anche lo stomaco.<br />
DA NON PERDERE<br />
fuori, l’incanto del fiume di notte<br />
Murazzi del Po lato destro, 2<br />
venerdì e sabato dalle 22 alle 3<br />
333-3037471<br />
no wi-fi<br />
beluGa FasHion caFé<br />
Se vi trovate in zona Duomo, in particolare il<br />
mercoledì o nei weekend, per un classico e<br />
intramontabile spritz patavino o una caipiroska<br />
a prezzi politically correct (5 euro) una tappa al<br />
Beluga è doverosa. Ricca la stuzzicheria, dai<br />
classici tramezzini alle pizzette. Se lo spritz<br />
non basta, via libera agli shot “shock”, tipo il<br />
Negroski, versione strong del Negroni.<br />
DA NON PERDERE<br />
sangria alla fragola<br />
via Dei Soncin, 39<br />
Padova<br />
chiuso domenica<br />
no wi-fi<br />
veneto<br />
bambuRGeR<br />
Prima & doPo<br />
motiVi caFé<br />
Locale spazioso con alcuni appuntamenti da<br />
non perdere, tipo i dj set del venerdì e del<br />
sabato dalle 22 in poi o l’aperitivo con buffet<br />
della domenica dalle 18. Tutti i mesi festa del<br />
prosecco, con uno sponsor ogni volta diverso.<br />
Tra i cocktail particolari, moijto blu, con blu<br />
curaçao e lemonsoda o al mirtillo (5 euro).<br />
DA NON PERDERE<br />
snowbunny, con cioccolata, cointreau,<br />
panna e scorza d’arancia<br />
via Pacinotti, 12<br />
Piombino Dese (Pd)<br />
chiuso lunedì<br />
347-3352184<br />
no wi-fi<br />
caFé ViViani<br />
Location centralissima, proprio dietro a<br />
piazza delle Erbe e a via Cappello. Ma una<br />
volta arrivati parcheggiate la macchina e<br />
riprendetela il giorno dopo: tutti i venerdì<br />
e i sabato, infatti, spritz a 2 euro dalle 19<br />
alle 23 con ricco buffet e dj selection. Per le<br />
compagnie numerose: se si va almeno in sei<br />
una bottiglia di bollicine è offerta.<br />
DA NON PERDERE<br />
tutti i cocktail a 4 euro<br />
piazza Viviani, 1 − Verona<br />
sempre aperto, venerdì e sabato solo<br />
la sera<br />
348-3239511<br />
no wi-fi<br />
di Francesca Roveda<br />
via del Costo, 4<br />
Zanè (Vi)<br />
0445-1745031<br />
sempre aperto<br />
CONSIGLIATO PER<br />
i patiti della cucina bio<br />
S<br />
e diventerà una catena, non sarà certamente a scapito della qualità, a partire dall’architettura essenziale e dalle materie<br />
prime naturali utilizzate per i complementi d’arredo, come il bambù, da cui il nome del posto. Lo slogan recita “hamburger<br />
fatti con amore”, nel senso che la carne di maiale o di manzo proviene esclusivamente da due allevamenti italiani, uno a<br />
Thiene e uno in Toscana. Il pane viene sfornato da un paio di panifici della zona, anche nella versione glutine free così come la birra<br />
artigianale di Isola Vicentina. Per gli astemi le proposte sono quasi più allettanti e vanno dalla Bamaranciata, fatta con spremuta<br />
di arance siciliane e acqua gassata (3 euro), alla polpa di frutta bio ai tè. Anche i vegetariani saranno accontentati con il Bambu<br />
hambutofu e il Bambu wursteltofu (5 euro). Tutti i venerdì si scodellano zuppe, paste e frittura di pesce (7), per cambiare un po’<br />
il menu. Da provare i dolci artigianali senza latte e derivati, dalla classica torta al cioccolato alla Sacher, dal tiramisù alla crema<br />
catalana caramellata. Ma ci potete venire anche per una ricca colazione con uova, pancetta, formaggio e prosciutto, oppure con<br />
tortine senza lievito, biscotti biologici, miele e marmellate ovviamente bio…<br />
CUCINA<br />
ALTA<br />
NELLA<br />
BASSA<br />
Sapori & conti<br />
memorabili fuoriporta<br />
la GRupia<br />
via Casa Nova, 1<br />
San Pietro di Morubio (Vr)<br />
chiuso lunedì<br />
045-7125340<br />
Sembra un casolare sperduto nella<br />
campagna veronese, in realtà è<br />
uno dei ristoranti di pesce più<br />
prestigiosi del triveneto: oltre<br />
alle proposte dei fratelli Paolo e<br />
Giobatta, che vanno dal caciucco<br />
alla livornese al riso con scampi e<br />
tartufo agli spaghetti al cartoccio<br />
con aragosta e scampi, le crudité di<br />
pesce sono il pezzo forte, dai ricci<br />
di mare al carpaccio di gallinella<br />
alle capesante con tartufo. Da bere<br />
champagne. Conto giustamente<br />
salato! Non meno di 50 euro a testa.<br />
Due Volti<br />
via Villafontana<br />
Bovolone (Vr)<br />
chiuso mercoledì<br />
045-7145021<br />
Se volete spendere poco (circa 25<br />
euro a testa) mangiando in maniera<br />
superlativa questo è il posto che<br />
fa per voi, rustico e interamente in<br />
legno come le trattorie d’una volta.<br />
Tra le specialità della casa, risotto<br />
all’isolana, pappardelle ai funghi<br />
porcini, pasta e fagioli, maialino alla<br />
brace con polenta, ma soprattutto<br />
fiorentine alla brace esclusivamente<br />
di allevamenti italiani, con il<br />
cuoco che ve le serve al tavolo<br />
sorseggiando insieme a voi un<br />
bicchiere di Ripasso Valpolicella.<br />
RistoRante<br />
peRbellini<br />
(atto pRimo)<br />
via Muselle, 130<br />
Isola Rizza (Vr)<br />
chiuso domenica sera,<br />
lunedì e martedì<br />
045-7135352<br />
Aperta campagna, location<br />
sontuosa e camerieri in livrea<br />
per questa sinfonia di sapori di<br />
mare. Meglio però saperlo subito:<br />
il conto può fare male, ma ne vale<br />
la pena. Insieme a un calice di<br />
blanc de blancs entrée a base di<br />
alici, sgombro e capelonghe su<br />
pane al pomodoro, olive, carciofi e<br />
foglie di menta (34 euro), poi ravioli<br />
farciti di grancevola con polpettine<br />
di scampi e cipollotti (34 euro),<br />
branzino al bacon con castagne,<br />
uova strapazzate e tartufo (46).<br />
Il ricordo indelebile è la quasi<br />
leggendaria millefoglie “strachin”<br />
(20 euro).<br />
URBAN · 79
SHANTI<br />
Presso la religione induista, la parola<br />
sanscrita Santi (naturalmente anglicizzata<br />
in Shanti) indica uno stato di assoluta pace<br />
interiore. Hassan, dinamico inventore dello<br />
spazio, con lounge room a livello strada e<br />
dance hall underground con tutto il “best of”<br />
dei dj campani, ce la mette tutta per offrire<br />
relax & happiness, dall’aperitivo all’after.<br />
DA NON PERDERE<br />
Traxx, appuntamento quasi settimanale con<br />
Marco Corvino, produttore tra i più “cool” in<br />
circolazione di eventi<br />
via Giovanni Palladino, 56/57<br />
sempre aperto<br />
329-1699898<br />
no wi-fi<br />
napoli<br />
BLUESTONE<br />
PRIMA & DOPO<br />
SHISHA NARGHILÈ BAR<br />
Immaginate di essere a Fes o Meknes, di<br />
avvertirne i profumi, di intuire il deserto.<br />
Distesi su tappeti multicolori, accucciati<br />
su enormi cuscini luccicanti, abbagliati<br />
da bianchi tendaggi, potete gustare un<br />
tè sahariano alla menta o magari lasciarvi<br />
sedurre da un cocktail analcolico alla frutta,<br />
fumando rapiti il narghilè.<br />
DA NON PERDERE<br />
il cous-cous, da mangiare assolutamente con<br />
le mani, e le sinuose movenze del Raqs Sharqi,<br />
ogni venerdì sera<br />
via del Parco Margherita, 12/a<br />
chiuso lunedì<br />
339-7354299<br />
no wi-fi<br />
ARET’O’VICO<br />
Le cose napoletane a Napoli non mancano<br />
mai. Questo è un ritrovo per chi canta Napoli,<br />
tifa Napoli e mangia Napoli. E i turisti si<br />
divertono di più. Piano bar, disco bar, “Tu<br />
vuo’ fa’ l’americano” e un po’ di D’Alessio<br />
perché ci sta. Il mondo è bello perché vario.<br />
Napoli poi…<br />
DA NON PERDERE<br />
il trash party della domenica, meno vipposo di<br />
un Saturday night all’Anema e Core di Capri,<br />
ma forse più autentico e irriverente<br />
via G. Martucci, 42<br />
chiuso lunedì<br />
081-3031388<br />
no wi-fi<br />
di Ciro Cacciola<br />
via Alabardieri, 10<br />
chiuso lunedì<br />
081-4238455<br />
CONSIGLIATO PER<br />
organizzarci una festa privata:<br />
un compleanno, un fashion<br />
show, una cena rivoluzionaria<br />
una volta il Cinema Arlecchino. Poi venne il ristorante italo/americano Farinella. Adesso il cielo è sempre più<br />
blue. BlueStone. Sull’asse più consumato del viavai metropolitano, la riconversione in live dinner club di questo<br />
C’era<br />
enorme spazio cittadino ha fatto la felicità di molti. In ordine non alfabetico: quelli che amano la buona musica,<br />
possibilmente jazz, e mettono da parte fi no all’ultimo centesimo pur di venire a sentirsi Diane Schuur (per esempio); quelli che sono<br />
rimasti fermi agli anni Ottanta e continuano a sentire da 20 anni lo stesso cd di Christopher Cross; quelli che non capiscono un’acca<br />
di musica ma si sentono strafi ghi a prendere un tavolo con vista sul palco con strafi ga griffata di turno. Il posto è molto bello: la<br />
cupola circolare divisa in triangoli isosceli con le diaproiezioni, i salotti nell’area drink comodi e spaziosi, gli sgabelli e i tavoli dietro<br />
vetrina. E la cucina che sforna pure piatti davvero buoni. La serata di punta è il martedì, con i concerti più “vistosi”. Per il resto il<br />
BlueStone sembra accomodarsi sugli allori di un’eleganza evidente, proposte musicali non sempre all’altezza e qualche nostalgia di<br />
troppo. Ma è un gran bene per la città avere fi nalmente un live club capace di ospitare eventi altrimenti non collocabili.<br />
JAPAN<br />
NEWS<br />
Luci e ombre<br />
(a volte cinesi)<br />
della ristorazione<br />
nipponica<br />
DISCO GIAPPO<br />
SUSHI BAR<br />
vico Ischitella, 7d<br />
sempre aperto<br />
081-7648465<br />
Ed ecco fi nalmente il sushi che<br />
segue i dettami della movida<br />
napoletana: a due passi dalla zona<br />
dei baretti di Chiaia, informale,<br />
carino, rilassato, sembra<br />
fatto apposta per chi vuole<br />
proseguire l’aperitivo restando<br />
sashimevolmente leggero.<br />
They say: il pesce è selezionato<br />
all’origine, il riso è frutto di una<br />
ricetta esclusiva (sic), il basic<br />
menu è un percorso inconsueto.<br />
Comunque sia, qui ciascuno<br />
compone il suo box come più gli<br />
piace, magari per portarselo a<br />
spasso. Oltre al take away c’è pure<br />
il servizio delivery.<br />
TOKYO<br />
via S. Maria della Neve, 26<br />
chiuso lunedì<br />
081-7612936<br />
È il nuovo big dei giapponesi da<br />
queste parti. Nel senso che davvero<br />
è il più grande: sale enormi, c’è<br />
poco il rischio di non trovare posto,<br />
persino nel weekend. Che non<br />
è roba da poco. Purtroppo resta<br />
chiara nello stile (ammesso che ci<br />
sia) la matrice China, perché questo<br />
è il tipico esempio di cinese che<br />
evolve (?) in giapponese. Cuochi<br />
e camerieri sanno più di Pechino<br />
che di Tokyo, ma sashimi e sushi<br />
non sono male, passi anche la<br />
tempura… insomma, se po’ fa’...<br />
con 25 euro a persona di media.<br />
NERO<br />
via Partenope, 12/h<br />
sempre aperto<br />
081-7647426<br />
L’ambizione è chiara: un giapponese<br />
sul lungomare di Napoli, a due<br />
passi dai Cinquestelle e dallo<br />
struscio chic del quartiere di<br />
Chiaia. Esteticamente funziona: il<br />
design è minimale, rigoroso, molto<br />
contemporaneo, con abbondanza<br />
di neri e di contrasti luce. Lo staff<br />
è stiloso, tavoli e sedute comodi e<br />
anche parzialmente open air. Ma il<br />
cuoco non s’impegna col cuore e<br />
il rapporto prezzo qualità stordisce<br />
anche il più appassionato della<br />
materia. Che, ci prendono “nigiri”?!<br />
URBAN · 81
BOGOTÀ<br />
ultima fermata<br />
In viaggio con<br />
sul minibus<br />
82 · URBAN<br />
EFRAIM MEDINA REYES<br />
SPD 871<br />
da San Victorino a San Cristobal Norte<br />
Il minibus è strapieno, sono le 7:12 p.m. di un agitato venerdì. L’autista pensa solo a far salire<br />
quante più persone a bordo, pigiandole tutte all’interno del veicolo come sardine in scatola.<br />
Uno dei passeggeri osserva la città che si stende fuori dal fi nestrino.<br />
Bogotà è una metropoli vibrante e selvaggia dove convivono dieci milioni di anime, che a quell’ora<br />
fremono per arrivare a casa, farsi una doccia, mangiare un boccone in fretta e furia, tirarsi a lucido e<br />
andare a dimenticare un’altra settimana di duro lavoro sottopagato ballando e bevendo fi no all’alba. Per i<br />
colombiani la cena del venerdì non è altro che un fastidioso tramite prima di scatenarsi in qualche festa.<br />
Ma questo passeggero, schiacciato dalla robusta umanità di sua moglie, guarda attraverso il vetro e la<br />
ascolta in silenzio mentre lei, incollata al suo orecchio, si lamenta senza sosta rimproverandogli di aver<br />
preferito quel minibus scassato anziché rimanere fedele al Transmilenio. Lui chiude gli occhi e immagina<br />
una luce giallognola che attraversa il fi nestrino e disintegra sua moglie e poi immagina che il minibus,<br />
trasformato in navicella spaziale, si elevi verso qualche pianeta gradevole e silenzioso. A Bogotà solo<br />
il 14% delle persone hanno auto propria, il resto è condannato a usare i mezzi pubblici. In un libero<br />
mercato selvaggio, autobus, minibus e furgoni di vario genere si disputano i passeggeri in modo criminale,<br />
senza alcun rispetto delle fermate uffi ciali né della capienza massima permessa, visto che lo stipendio<br />
dei conducenti dipende dal numero di “clienti” che riescono a far salire sul loro veicolo. Un’altra parte<br />
della città usa il sistema integrato di trasporto Transmilenio (una sorta di metro in superfi cie), che è in<br />
funzione dal 1999. Il biglietto del Transmilenio è più costoso, ma gli itinerari sono precisi e le fermate<br />
ordinate, i mezzi passano ogni cinque minuti come i rossi vagoni di un treno infi nito. Il guaio è che il<br />
numero dei passeggeri nelle ore di punta supera di gran lunga i posti disponibili, causando così lo stesso<br />
insopportabile sovraffollamento e la stessa odiosa insicurezza di qualsiasi altro vetusto pulmino. Ed è<br />
proprio questa, anche se sua moglie non lo capisce, la ragione per cui il nostro passeggero ha preferito<br />
evitare il Transmilenio. Per fortuna la donna si è fi nalmente addormentata con la testa appoggiata sulla<br />
spalla dell’uomo, che è libero di osservare la ragazza seduta di fronte a lui: affascinanti occhi neri e tette<br />
grandi e sode che traspaiono dalla sottile tela della blusa. All’improvviso il passeggero non ha più alcuna<br />
fretta di arrivare da nessuna parte. La ragazza sorride, lui sposta con il gomito la moglie e scambia con<br />
la ragazza occhiate e gesti sempre più audaci. Lei apre leggermente le gambe, la gonna corta e attillata<br />
riesce a malapena a contenere l’ampia curva dei suoi fi anchi. Lui scivola sul sedile fi nché le loro ginocchia<br />
si sfi orano, lei apre di più le gambe e lui riesce a scorgere la sagoma del suo sesso stretto in un paio<br />
di mutandine bianche. Lei si lecca le labbra con gli occhi inchiodati sulla patta dell’uomo, che cerca<br />
invano di controllare l’erezione. La ragazza continua ad aprire le gambe, le sue mutandine sono umide<br />
e il passeggero sente l’organo sul punto di scoppiargli… giusto in quell’istante il minibus, nel tentativo<br />
di avvicinarsi al marciapiede per raccogliere un gruppo di persone, si scontra contro un autobus della<br />
concorrenza e si ribalta varie volte. L’ultima visione del passeggero infedele sono i seni della ragazza che<br />
escono dalla maglietta e i suoi scuri capezzoli che gli sfi orano le labbra.<br />
(Traduzione Marta Oliviero)<br />
Efraim Medina Reyes nato a Cartagena, in Colombia. In Italia ha pubblicato C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo,<br />
Tecniche di masturbazione tra Batman e Robin e La sessualità della Pantera Rosa (tutti per Feltrinelli), Cinema albero (Fusi Orari),<br />
Sarah e le balene (Orecchio Acerbo). Vive tra la Colombia e l'Italia. È un columnist di Internazionale.