APRILE 2012 NUMERO 105 - Urban

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APRILE 2012 NUMERO 105

SOMMARIO
MENSILE, ANNO XII, NUMERO 105
www.urbanmagazine.it Facebook: Urban Magazine
redazione.urban@rcs.it Twitter: Urbanrcs
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Coretti
alberto.coretti@rcs.it
PROGETTO GRAFICO
Topos Graphics
ART DIRECTION
Sergio Juan
7 | EDITORIALE
9 | ICON
11 | INTERURBANA
al telefono con Alexandra Maria
Montevecchi
13 | PORTFOLIO
America Latina su carta
a cura di Floriana Cavallo
18 | CULT
di Michele Milton
20 | DESIGN
di Olivia Porta
23 | NIGHTLIFE
di Lorenzo Tiezzi
24 | FOSTER CARE
di Maria Cristina Didero
foto Tatiana Uzlova, Mattia
Zoppellaro, Cesare Cicardini
41 | LIBRI
di Marta Topis
42 | THE DESIGNER’S ATTITUDE
di Ciro Cacciola
foto Ornella Sancassani
44 | CHARACTERS
di Ciro Cacciola
CAPOSERVIZIO
Floriana Cavallo
floriana.cavallo@rcs.it
SEGRETARIA DI REDAZIONE
Rosy Settanni
rosy.settanni@rcs.it
FASHION
a cura di Ivan Bontchev
fashion.urban@rcs.it
AMMINISTRATORE DELEGATO
Bruno Lommi
DIRETTORE MARKETING
Giancarlo Piana
FIELD MANAGER
Carmine Scandale
48 | PATRICK DEWITT
di Mirta Oregna
52 | MUSICA
di Paolo Madeddu
55 | DETAILS
di Ivan Bontchev e Tatiana Uzlova
56 | IN THE SHADOW
OF THE PALMS
foto Alvaro Beamud Cortés
styling Ivan Bontchev
P. 56
URBAN
via Rizzoli, 8 · 20132 Milano tel. 02.25.84.1 / fax 02.25.84.2120
testata del gruppo City Italia S.P.A.
DISTRIBUZIONE
Pubbligroup s.r.l.
Padova
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FOTOLITO
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20143 Milano
STAMPA
San Biagio Stampa S.p.A.
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N.S. della Guardia, 43P
rosso
16162 Genova
RCS PUBBLICITÀ S.P.A.
Francesca Moroni
Via Rizzoli, 8
20132 Milano
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francesca.moroni@rcs.it
67 | FUORI
74 | ULTIMA FERMATA
di Franco Bolelli
P. 24
TORINO
Corso Duca D’Aosta, 1
10121 Torino
tel. 011.502.116 / fax. 011-503.609
COMO
Pizza del Popolo, 5
22100 Como
tel. 031.243.464 / fax. 031.303.326
PADOVA
Via F. Rismondo, 2e Int. 6
35131 Padova
tel. 049.699.6311 / fax. 049.781.1380
VERONA
Via Cattaneo, 26
37126 Verona
tel. 045.801.1449 / fax 045.801.0375
UDINE
Via Tiepolo. 45
33019 Tricesimo (UD)
BOLOGNA
Via San Donato, 85
40127 Bologna
tel. 051.420.1711 / fax. 051.420.1028
FIRENZE
Lungarno delle Grazie, 22
50123 Firenze
tel. 055.552.341 / fax. 055.5523.4234
OSIMO
Via Grandi, 10
60027 Osimo
tel. 071.7276.077 / fax. 071.727.6024
ROMA
Via Valentino Mazzola, 66/D
00142 Roma
tel. 06.8448.4965 / fax. 06.8448.4980-
4968
NAPOLI
Vico II S. Nicola alla Dogana, 9
P. 44
Cover: Alejandro Cerón
foto Tatiana Uzlova
80133 Napoli
tel. 081.4977.711 / fax. 081.4977.785
BARI
Via P. Villari, 50
70122 Bari
tel. 080.5760.111 / fax. 080.5760.126
PALERMO
Via Sciuti, 164
90144 Palermo
tel. 091.306.756 / fax. 091.342.763
URBAN | 5

EDITORIALE
HANNO HA HANN NN NNO CO COLL COLLABORATO
LL LLAB AB A OR O AT ATO
CON CO CON NO NOI
Alvaro Beamud Cortés
Franco Bolelli
Bruno Boveri
Ciro Cacciola
Cesare Cicardini
Roberto Croci
Maria Cristina Didero
Daniela Faggion
Paolo Madeddu
Michele Milton
Mirta Oregna
Olivia Porta
Sara Rambaldi
Leo Rieser
Laura Ruggieri
OVVIO E GENIALE
Lo so, ormai era un appuntamento fi sso, quasi
una tradizione: il numero di aprile lo
realizzavamo a quattro mani con un designer.
Quest’anno però cambiamo formula. Quando ci
hanno proposto di collaborare al progetto
Foster Care abbiamo subito capito che il
nostro numero dedicato al design si sarebbe
dovuto occupare di quello. Adotta un designer,
come strilla la nostra copertina, non è solo
un’esortazione ma è anche l’affermazione di un
modo di operare.
Se gli spazi uffi ciali per promuovere i
nuovi talenti del design, causa crisi, si
restringono, allora pensare a case private
quale luogo dove far brillare la creatività
emergente è ovvio e geniale al tempo stesso.
Non essersi arresi allo status quo e aver
immaginato altre porte che si potevano aprire
quando le solite sono state trovate chiuse,
è il modo giusto di reagire e di vivere da
protagonisti il nostro o tempo. temp emp empo. o
Lorenzo Tiezzi
Marta Topis
Tatiana Uzlova
Mattia Zoppellaro
URBAN | 7

LOS ANGELES ICON
L’OGGETTO DEL MESE
VENTILATORE
ZEROWATT VE 505
SCELTO DA JUSTIN TIMBERLAKE
“Non si cambia mai. Sono sempre stato un geek, uno
sfigato che smontava motorini elettrici nel garage
di casa, con mio padre. Tutti hanno un piccolo geek
dentro di sé, che non aspetta altro di uscire.
Sono stato così tutta la vita, anche se le persone
non mi consideravano tale dopo che avevo baciato
Britney (Spears) all’età di 17 anni. Persino dopo
Cameron (Diaz) e Jessica (Biel) ho ancora passioni
da geek, anche adesso. Tipo la mia collezione
personale di… ventilatori elettrici! Questo è uno dei
miei preferiti: Zerowatt Modello VE 505 con il quale
Ezio Pirali ha vinto il Compasso d’Oro nel 1954.
Geek, vero?”. •
URBAN | 9

AL TELEFONO CON
ALEXANDRA MARIA MONTEVECCHI
LUANDA È...
Enorme. Un boom economico che non
accenna a fi nire.
DI ‘STI TEMPI?!
Qui c’è tutto quello che serve: terreno fertile, mare pescoso,
ma soprattutto petrolio e diamanti. L’Angola si propone
come epicentro alternativo al Sudafrica, che ora è il referente
dell’Africa Australe.
I PORTOGHESI L’HANNO FATTA DA PADRONE A LUNGO.
INFLUENZE?
Nella Baixa, la parte della città vicino alla baia, ci sono
molti edifi ci coloniali, ma sono fatiscenti e cercano
di abbatterli per costruire dei mega-grattacieli.
È rimasto invece un gran numero di edifi ci anni
Sessanta, costruiti dai portoghesi per ridurre il gap
fra madrepatria e colonia.
E ATTORNO?
Il resto è deregulation: condoni, baraccopoli e condomini
superlusso.
L’INFLUENZA EUROPEA SI SENTE ANCORA?
Culturalmente sì. In Angola ci sono più europei
rispetto – che so – al Congo. Qui a Luanda, almeno,
tutti hanno qualche familiare che sta in Europa o in
America.
COME SI CHIAMA IL TUO QUARTIERE?
Sono cresciuta a Maianga, lavoro a Coqueiros, abito a Combatentes e ho
la residenza a Benfi ca.
COME TI MUOVI FRA L’UNO E L’ALTRO?
Con Xefemakina (Macchina Capo, n.d.r.), la mia auto, o con
la moto che guida il mio collega, perché durante il giorno in
macchina è un inferno.
SI DICE DI TUTTE LE CITTÀ...
Sì, ma non di tutte: su Google Earth non
vedi nemmeno le strade tanto sono piene
LUANDA INTERURBANA
di macchine. A Luanda la metro non esiste,
mentre gli autobus non costano niente
ma vanno lentissimi. Funzionano molto i
kandongueiros, taxi collettivi che seguono
percorsi precisi.
E TU CHE COSA FAI NEL TRAFFICO?
Di solito paziento!
E SE INVECE VUOI FARE UNA PAUSA DOVE TI FERMI?
Amo le baracchine lungo la strada. Oppure ho i miei bar di
riferimento: Flor da sé, Multibocas, Alcobaça.
E LA GENTE CHE FA IN GIRO?
Beve birra. La bandiera dell’Angola dovrebbe essere
il logo della Cuca. Ogni giorno vedo passare camion
murati di casse gialle.
E PER CHI ARRIVA DA FUORI CHE C’È DA FARE?
Oltre a essere carissima, Luanda non è una città
particolarmente ‘straniero-friendly’, quindi meglio visitarla
con qualcuno che la conosca bene. Si può vedere la Ilha (la
penisola di fronte alla città), andare al mare senza fi nire nei
bagni privati, mangiare per strada e imparare la kizomba.
LA KIZOMBA?!
Signifi ca “festa” ed è un ballo africano di coppia: si cammina
uno con l’altro, ma molto molto insieme... diffi cile da spiegare.
È facile che uno straniero si agiti troppo. Pensa sia una cosa
sexy e sculetta!
ROBA DA BALERA O DA DISCOTECA?
Qui non c’è diff erenza.
CHE COSA NON DIMENTICARE DI PORTARE A LUANDA?
La testa e i soldi, anche se a Luanda con un po’ di senso pratico si fa
tutto. Anche le feste in piscina col caviale, tornando a casa dove salta
la luce appena accendi l’aria condizionata.
OPPOSTI CHE SI CONCILIANO.
Molti opposti molto opposti.
ALEXANDRA MARIA MONTEVECCHI (1982) vive in mezzo alla musica, a metà fra l’Angola dove è cresciuta fi no ai 10 anni e l’Italia in cui si è
laureata. A Bologna insegna percussioni africane e danza afro contemporanea e tradizionale, con laboratori specifi ci per la Parata Par Tòt.
A Luanda vende e installa materiale elettroacustico e strumenti musicali, sulle orme del papà italiano che in Angola si trasferì nel 1979, incontrò la
sua mamma... eccetera eccetera eccetera.
DI DANIELA FAGGION
URBAN | 11

AMERICA
LATINA
SU CARTA
SÃO PAULO & CO. PORTFOLIO
A CURA DI FLORIANA CAVALLO
I migliori libri fotografici del ventesimo secolo
sull’America Latina, da Cuba alla Patagonia,
concentrati in una mostra. Realizzata attraverso
una ricerca di oltre tre anni con il contributo
di fotografi, studi grafici, editori, collezionisti,
biblioteche e archivi.
Un salto grafico prima ancora che fotografico,
con cui misurare l’ampiezza e la direzione dei
cambiamenti che hanno inciso sul continente
nel suo recente passato. Ma anche un modo
per ripercorrere una delle principali fonti su
cui più generazioni hanno costruito un proprio
immaginario del Sud America.
Foto/Grafica. A new history of the Latin-American
Photobook, Le-Bal, Parigi, fino all’8 aprile. Prossime
tappe: Madrid, New York, San Paolo, Buenos Aires.
www.le-bal.fr
URBAN | 13

Gretta, Auto-photos, 1978 - Mexico
14 | urban urban | 15
Horacio Coppola, Buenos Aires, Vision Fotografica, 1936 - Buenos-Aires
Barbara Brändli, Sistema Nervioso, 1975 - Caracas

Claudia Andujar, Georges Leary Love, Amazônia, 1978
Claudia Andujar, Georges Leary Love, Amazônia, 1978
16 | urban urban | 17
Sergio Larrain, El rectángulo en la mano, 1963
Oscar Munoz, Archivo porcontacto, 2009 - Bogotà

MILANO & CO. CULT
DI MICHELE MILTON
JEANS & BIKE
Il più classico dei denim presenta Levi’s Commuter Series, una nuova linea
progettata espressamente per le esigenze dei biker urbani. Sceglie di farlo in
quel di Milano (corso Garibaldi 71, di fronte a Rossignoli, storico negozio dei
ciclisti milanesi), nel corso del Fuorisalone, inaugurando il 17 aprile un Bike Shop
temporaneo con una Bike Parade non competitiva per le vie della città, la cui
partenza e arrivo è proprio Rossignoli. Al termine della pedalata, un party aperto
a bicimuniti e non, con live dj set come soundtrack. Poi, il 18 e il 19, il Levi’s Bike
Shop funzionerà a tutti gli eff etti come tale, con un vero e proprio meccanico a
disposizione per riparazioni e consigli e per dispensare gadget da collezione a ogni
visitatore.
www.levi.com
ULTRABODY
Conto alla rovescia: Milano sta per essere invasa dagli Ultracorpi.
ltracorpi.
Fino al 22 aprile (ingresso gratuito durante il Salone del Mobile)
è di scena al Castello Sforzesco (Sale Viscontee, dalle 9 alle lle
23) la mostra curata da Beppe Finessi e promossa da Peugeot: ugeot:
Ultrabody – 208 opere tra arte e design. Un progetto espositivo itivo tra
moda e scienza, architettura e arti applicate, che si muove ve tra tra
antropologia, società, tecnologia ed estetica e ospita le opere pere di
artisti internazionali dal pedigree trasversale e a cui Peugeot, geot, in
onore della stretta relazione che intercorre da sempre tra a il mondo
dell’automobile e quello del design, ha apposto volentieri ri la sua
fi rma.
www.peugeot.it
18 | URBAN
NEW N OPENING
Rinascimento R
di nome e di fatto
per p i negozi dell’omonima marca
che c presentano un nuovo concept
di d retail shop le cui parole chiave
sono s eleganza, contemporaneità,
emozioni, e
e che introducono al
proprio p interno la nuova linea
denim, d Rinascimento Jeans.
Da D scoprire nei nuovi negozi in
via v Indipendenza 61 a Bologna e
in i via Torino 61 a Milano. Spazi
dalle d atmosfere calde e preziose,
che c invitano a trattenersi aldilà
dell’acquisto.
d
www.rinascimento.com
w
MUSEUM M D’ALTA QUOTA
Museum M Live Igloom 2012, la tre giorni di pura adrenalina, ghiaccio e
divertimento, si è uffi cialmente conclusa il 15 marzo a Madonna di
Campiglio e adesso è pronta da gustarsi on-line sul sito uffi ciale o su
Facebook in forma di photo e videogallery. Dallo show di Max Pisu
alla ciaspolata notturna, dall’husky trekking al relax nella spa del
Majestic agli aperitivi in alta quota, tutta la travolgente Live Experience
all’insegna di natura, avventura e convivialità targata Museum, ora è
fi nalmente documentata come manco i reality lo sono.
www.facebook.com/museumtheoriginal

HARLEY SU MISURA
Uscendo dalle grandi città degli States, l’impressione dominante è di rimanere
impantanati in una marmellata urbana (urban jam) in cui, contea dopo contea, le
villette a schiera si succedono senza soluzione di continuità a strade dove a fare
la diff erenza è se prima arriva Subway o Kentucky Fried Chicken. E naturalmente
di quell’America on the road, wild and primitive che fa da quinta a molti fi lm e
romanzi di culto, nessuna traccia.
Dove la civilizzazione si ferma, la natura torna a manifestarsi con una intensità
inedita per noi della vecchia Europa e i grandi landmark, come i quattro
presidenti scolpiti sul monte Rushmore nel Dakota o il Seven Mile Bridge in
mezzo all’oceano, sulla strada che porta da Miami a Key West, fungono da punti
cardinali di una mappa più emotiva che geografi ca. Ma per entrare veramente in
sintonia con quest’America epica, per immergersi nella “land of opportunities” di
cui i pionieri spostavano la frontiera sempre più a ovest, ora come allora ci si deve
mettere una sella tra le gambe e iniziare a viaggiare. 1 2
In questa possibilità di riscoperta delle origini, della riappropriazione del mito
sempre presente nella mente di ogni americano, l’Harley-Davidson gioca un
ruolo da protagonista. Montare su una Harley lasciandosi tutto alle spalle è una
riserva mentale, una chance per ripartire, un modo per ritrovare un equilibrio
smarrito. Come la Coca Cola, come i jeans, come pochi altri elementi, l’Harley
fa parte di quel pantheon di oggetti che costituiscono il tessuto della cultura
pop nordamericana. E, come tutti i fondamentali della cultura contemporanea,
non è un oggetto cristallizzato e impermeabile ma è qualcosa di vivo in grado di
assorbire non solo lo spirito del tempo ma anche quello di chi la guida.
Una Harley, infatti, la si acquista ma si può (per alcuni si deve) customizzare.
Le forcelle si allungano, i manubri si mozzano, i serbatoi diventano tele da
dipingere o su cui scrivere. Perché, appunto, la moto non sia solo un mezzo di
trasporto ma sempre di più un veicolo di signifi cati.
Proprio perché, ancora di più, il serbatoio dell’Harley diventi un crocevia della
contemporaneità, sul sito http://tankwall.harley-davidson.it, artisti e appassionati
possono partecipare entro il 30 aprile al concorso Art of Custom, scaricando il
modello che preferiscono per creare il proprio serbatoio.
I primi 50 classifi cati, votati dalla rete, saranno valutati da una giuria composta
dai membri dello Styling Team di Harley-Davidson. Il vincitore si aggiudicherà
un’esperienza da ricordare: una visita presso la sede di Harley-Davidson a
Milwaukee Wisconsin, dove riceverà in premio una Sportster Harley con
serbatoio customizzato. Ovviamente.
http://tankwall.harley-davidson.it
4
MIAMI & CO. CULT
URBAN | 19

milano design
di olivia porta
due giapponesi x 100 pezzi
Si chiamano Oki Sato e Akihiro Ito, in arte Nendo, che significa creta, materiale
semplice, concreto e versatile, come loro. Vengono da Tokyo e progettano design
per le aziende più importanti al mondo, “Designer dell’anno” 2012 secondo
Wallpaper. Dal 17 al 22 aprile festeggiano i loro 10 anni a Palazzo Visconti, in via
Cino del Duca, con Trial and error, un’esposizione di nuovi prototipi, limited
edition e la nuova collezione di 1% (dove ciascun singolo pezzo rappresenta l’uno
per cento dell’insieme), che comprende un’edizione di soli 100 pezzi di ciascun
oggetto. Un esempio? Block-vase: semplice, leggero e luminoso.
www.nendo.jp
una sedia per ripartire
Di scena durante la design week nella boutique di Marni in via Spiga 50 e nel
cortile adiacente, 100 sedie prodotte da ex detenuti in Colombia, per aiutarli a
reinserirsi nel mondo del lavoro. Le sedie fanno da sfondo anche al progetto L’arte
del ritratto: una mostra fotografica con un video che ritrae il mondo Marni realizzati
in collaborazione con Francesco Jodice. Le fotografie saranno pubblicate su
Anticamera2, il giornale online di Marni, e il ricavato della vendita delle sedie sarà
interamente devoluto in beneficenza.
www.marni.com
20 | urban
made in brasil
Brasil.IT – The New Generation of Brasilian Designers
vuole segnare l’inizio di un ciclo dedicato ai giovani
designer locali. I primi ad aprire questa iniziativa
del ministero della Cultura Brasiliana sono
Rodrigo Almeida, Mana Bernardes e Tété Knecht,
affrontando il tema “Radici” e il patrimonio atavico
del loro paese alla Galleria d’arte Il Castello, in via
Brera 16, dal 17 al 22 aprile. Un esempio è Atlantic
Forest di Almeida, divano in legno, pelle e acciaio
dalla duplice funzione: chiuso è un coffee table,
aperto una comoda seduta.
www.ilcastelloarte.it
design tellers
È un must passare durante la kermesse del Salone al Temporay Museum for New
Design al Superstudio Più, che segue il concept di successo “meno fiera e più
museo” di Gisella Borioli e Giulio Cappellini. Da non perdere infatti le oltre 40
mostre, spesso firmate da star del design. Quest’anno il filo conduttore è Telling
a story, il design raccontato da parole, aforismi, lettering di grandi architetti e
intellettuali, lungo il percorso comune del Temporary Museum.
Discovering, other talents, other worlds, other ideas è invece un viaggio tra le promesse
del design nel Basement di Superstudio Più, con un nuovo ingresso indipendente
accanto all’ingresso principale. Il 22 aprile le porte sono aperte anche al pubblico.
www.superstudiogroup.com
urban sotto teca
Quinto appuntamento per il Triennale Design
Museum, che porta avanti il suo percorso di
valorizzazione della creatività italiana. Il tema?
Grafica, comunicazione visiva e la loro storia, con
allestimento di Fabio Novembre, una delle firme più
creative nel panorama del nostro design.
Si parte dalla rivoluzione tipografica futurista fino
alle produzioni più recenti, con libri, periodici,
manifesti, pubblicità, imballaggi, per ripercorrere
gran parte della produzione del graphic design di
tutto il Novecento italiano. In mostra ci sarà anche
Urban, con il suo primo numero!
Dal 14 aprile 2012 al 24 febbraio 2013.
www.triennaledesignmuseum.org
cos a milano
Dall’altra parte delle Alpi ormai i negozi futuristici
di Cos dettano ispirazione a qualsiasi stylist e gli
abiti minimalisti sono ricercati dai trendsetter.
Finalmente il marchio di lusso di H&M ha deciso
di presentarsi con un pop up durante il Salone
del Mobile di Milano, in zona Ventura Lambrate.
Un cubo di legno 4X4 ideato dal celebre artista e
scenografo londinese Gary Card, dove saranno in
vendita capi selezionati ad hoc per l’occasione dal
team creativo della catena svedese, che a maggio
aprirà le vetrine del primo monomarca in corso
Venezia 5 a Milano.
www.cosstores.com
urban | 21

SONAR
TOKYO
21-22 APRILE
SAN PAOLO
11-12 MAGGIO
Il Sonar originale si tiene come sempre a Barcellona. La città dal 14 al 16 giugno si riempirà
di chi non può perdersi il festival elettronico più avanguardista. Ci saranno anche i big
della cassa dritta (da Hawtin a Deadmau5) e soprattutto tutto quello che i puristi non si
aspettano. Per esempio una star molto pop e poco indie come Lana del Rey: per capire
che la sua musica è anche elettronica ci volevano quelli del Sonar. È gente strana: ascolta
la musica per quello che è, fregandosene di successo e hype. Tra i consueti repêchage
di lusso, non può non piacere quello di Squarepusher. Re del drum’n’bass a fi ne e inizio
millennio, oggi è un po’ fuori dal giro, ma senza le sue sperimentazioni uno come Skrillex
sarebbe ancora un cantante metal (fallito).
Ma ormai Barcellona è piccola, per il Sonar. Proprio Squarepusher è tra i protagonisti di
quella che sarà molto più di un’anteprima. Il 21 e 22 aprile, infatti, a Tokyo SonarSound
mette sul palco e/o in console anche un’icona come Vincent Gallo e soprattutto i maestri
di The Cinematic Orchestra. I loro loop orchestrali sono dolci e per questo amatissimi dai
pubblicitari, ma un capolavoro come To build a home va ascoltato per intero.
L’11 e il 12 maggio il circo elettronico si sposta a San Paolo, in Brasile. Tra le glorie locali Gui
Boratto, dj producer capace di mixare armonie malinconiche a massicce dosi di batteria
elettronica. Il suo disco più importante è Chromophobia, del 2007, per cui anche in questo
caso è un meritato rilancio. Insieme a lui l’ormai rodato James Blake (si esibirà sia come
musicista sia come dj), la voce di Cee Lo Green, la classe di Björk, le distorsioni dei Justice... ..
www.sonar.es
TOKYO & CO. NIGHTLIFE
MILANO
ELITA
Anche quest’anno, grazie al team di Elita, il Salone
del Mobile si muove a tempo. Il nuovo claim (“Work
hard, party harder”) forse non è un gran che. Le feste
invece sono tante, in posti nuovi e alternativi come
Ostello Bello. Quelle imperdibili però sono solo
due: il 21 aprile Skrillex, fresco di Grammy, porta la
sua dubstep all’oscuro Live di Trezzo d’Adda. I Soul
Clap invece inaugurano il 19 aprile con la loro house
retrò la seconda vita del Plastic, che ha appena
traslocato in zona Ripamonti.
18-22 aprile
www.elitamilano.org
TORINO
HIROSHIMA MON AMOUR 25TH ANNIVERSARY
Oggi Torino è sinonimo di movida di qualità.
A metà anni ’80, invece, in discoteca andava forte la
musica dell’isolano Den Harrow. Ma all’Hiroshima si
andava per il rock e perché si cominciava a capire che
un’associazione culturale non produce per forza anche
sbadigli. A festeggiare il 25esimo compleanno d’un
mito molte delle band che l’hanno creato: i Mau Mau,
Giuliano Palma e ovviamente gli Africa Unite. E se per
una notte con Bunna & Mada ci fosse alla chitarra il
subsonico Max Casacci?
19-21 aprile
www.hiroshimamonamour.org
ROMA
AXWELL
C’è voluta la crisi globale del clubbing per far sì
che anche a Roma si possa fi nalmente ballare con
i più richiesti dj del pianeta. A marzo sono arrivati,
purtroppo nella stessa sera, Benassi e Afrojack. Il 30
aprile Supersonic porta all’Atlantico Axwell, un terzo
degli Swedish House Mafi a. Quand’è in console da solo
il dj svedese ha un sound melodico, molto legato alla
house anni ’80. Può sembrare strano, ma tra un colpo di
cassa e l’altro si sente pure un fi lo di malinconia.
30 aprile
328-8815041
DI LORENZO TIEZZI
URBAN | 23

miLano design
24 | urban
248 | urban
Tre curatori, cinque designer emergenti e cinque case
d’insider milanesi per cinque serate speciali.
Più una mostra di cinque giorni a Casa Dondup
TesTo maria cristina didero
Fenk Zhang
Una formula espositiva inedita, per continuare a spingere
sui nuovi talenti, nonostante e oltre la crisi. Per ricollocare
il design nel proprio spazio naturale. Per triangolare inedite interazioni
fra persone-oggetti-persone.
Urban – partner dell’iniziativa – con queste pagine ha voluto fare
da agente catalizzatore a questo esperimento. Dal 17 al 21 aprile, ogni
sera una casa diversa con invitati diversi ospita le opere di un singolo
designer. Padroni di casa saranno il fotografo Francesco Jodice, con i
suoi spazi minimalisti; la dealer d’arte contemporanea Irene Crocco,
che da tempo sperimenta la sua abitazione anni Trenta come galleria;
Nicola Zanardi, che da dieci anni abita in Ventura-Lambrate, nell’ex
sede della Faema, dove dirige Hublab, osservatorio strategico su nuove
tecnologie e innovazione. E poi Barbara Ghella, fondatrice, tra le mille
attività, di un’affollata community fotografica su Instagr.am, che vive nel
cuore di Brera in una casa nascosta, su più livelli, progettata da un amico
di famiglia, Ettore Sottsass. Infine, Antonio Piccirilli, fashion designer
formatosi con Giorgio Correggiari e Antonio Marras.
L’evento ha poi la sua dimensione pubblica a Casa Dondup, primo
spazio del marchio di moda a Milano, a metà tra un negozio, una casa e
un ristorante. O meglio, tutto questo insieme, il che lo rende un luogo
d’incontro unico e accogliente. Dove per l’intera durata della design
week sono esposte al pubblico le sculture di Alejandro Cerón.
Ma prima di svelare tutti i designer, scopriamo il progetto dalle
suggestioni dei tre curatori, Susanna, Stefano e Marco.
SuSanna Legrenzi
“Foster Care è un progetto corsaro che mette radici nella grande vetrina
della design week, riportando il design nella sua dimensione abituale,
l’abitare. Un contesto più caldo, intimo, per certi versi parassitario,
dove il risultato dei processi di progettazione non è più solo display di
oggetti ma strumento di relazione tra l’uomo e le cose. Il risultato è un
network internazionale sull’asse Milano, Zurigo, Londra, Amsterdam
ed Eindhoven in grado di mettere in gioco designer e curatori, adottati
e adottanti. Ingrediente base, la capacità di fare rete, attraverso la
condivisione di visioni, interessi, obiettivi, pagine di giornale, web e
spazi fisici, i più privati”.
Stefano Mirti
“Abbiamo lavorato immaginando situazioni tipicamente italiane,
milanesi: giochi di relazione confidenziale, sguardi, ammiccamenti,
‘...ah ci sei anche tu...’. Mettendo in tensione l’intimità domestica
con l’estensione infinita tipica del social media quali Facebook,
Twitter e Instagr.am. Ogni sera prende vita un teatrino diverso da
quello precedente, un palcoscenico a dimensione familiare dove si
incontrano il designer selezionato, le persone che lo ospitano e alcuni
amici invitati a reagire con il tutto”.
Marco Petroni
“Nell’immaginario comune l’adozione suona come qualcosa di
compassionevole, di inevitabile blocco biologico. Una sorta di
sostituzione, deviazione del corso normale delle cose. Ma in realtà
è il contesto più congeniale a una relazione non frontale, dove si
sospende il giudizio e per aprirsi allo sguardo e, perché no, anche al
cuore. Costruire reti prima di tutto umane che poi diventino network
progettuali e operativi: è la direzione che vogliamo seguire e Foster Care
rappresenta solo il primo stadio”.
urban | 25

Spagnolo, classe 1985, è nato e ha studiato Product Design
a Murcia. Approda a Milano nel 2006 per studiare al
Politecnico, con due successivi stage in Olanda, uno con
Richard Hutten e l’altro con Nacho Carbonell. Ha da sempre
un rapporto particolare con la natura grazie anche al nonno che lo ha
avvicinato ai dettami dell’agricoltura e all’amore per le piante. Da Irene
Crocco presenta The Beautiful Mess, una collezione tra arte e design che
guarda alla scultura-funzionale.
coMe hai iniziato?
Mi piace pensare che tutto sia iniziato da bambino. Ho sempre disegnato
per divertimento, un modo per astrarmi dalla realtà e comunicare. Con
il passare del tempo poi ho aggiunto la tecnica, come a raffinare il mio
modo di lavorare/giocare, e non ho ancora smesso di farlo.
iL tuo aPProccio aL deSign?
Credo che il mio lavoro abbia a che fare con la complessità del mondo.
Ogni progetto ha una storia, un processo e un contest che mi porta a
una maggior conoscenza di me stesso, di quello che faccio e del perché
lo faccio. Il design è creare delle interazioni, fare domande, instaurare
un dialogo, condividere idee e svilupparle nella giusta direzione.
26 | urban urban | 27

IL TUO O APP APPROCCIO PP PPRO RO ROCC CC CCIO IO ALL ALLA LL LLA VITA VI V TA DI I TUTTI TU T TT TTI I I GI GIOR GIORNI? OR ORNI NI N ?
Devo o dire dir ir ire e ch che
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IL PADRE DRE RE SPIRITUALE SPI PI P RI R TU T AL ALE (SE (S ( E ESISTE) ES ESIS IS ISTE TE T ) DA CUI UI VORRESTI VOR OR ORRE RE R ST S I ESSERE ES ESSE SE SERE RE ADO ADOTTATO?
DO D
Chiunque mi possa insegnare qualche cosa. Non necessariamente
la cosa giusta.
QUALCOSA DEL TUO LAVORO CHE VORRESTI TUTTI SAPESSERO?
La curiosità e la creatività come fi losofi a di vita quotidiana. Una
soluzione contro l’apatia, il conformismo e la crisi.
QUALE RELAZIONE HAI CON LA TUA CITTÀ?
Mi manca spesso anche se sei anni fa ho sentito l’esigenza di
lasciare questa “comfort zone” in cerca di esperienze e nuove
sfi de e mi sono trasferito a Eindhoven. A Murcia, nel sud-est della
Spagna, c’è una qualità di vita molto alta. Clima, luce, paesaggio,
persone, cibo, tutto perfetto. È importante sapere da dove si viene.
Non c’è futuro senza passato.
QUALE RAPPORTO CREDI SI POSSA INSTAURARE CON IL PUBBLICO?
L’interazione è un punto fermo del mio lavoro. I pezzi non
possono considerarsi completi se le persone non li utilizzano.
In questo modo il cerchio si chiude.
PREFERISCI ESSERE OSPITATO O OSPITARE? PERCHÉ?
Preferisco essere ospitato perché mi piace l’inatteso.
IN QUALE PARTE DI UNA CASA TI SENTI PIÙ A TUO AGIO?
Sdraiato sul mio divano al computer.
OLTRE AI TUOI OGGETTI, CHE COSA TI PORTERAI DA CASA?
Un paio di occhiali da sole e il mio spazzolino da denti.
PIANI PER IL FUTURO?
Probabilmente una mostra a Berlino, in giugno. Poi un progetto
iniziato nel mio paese di origine che vorrei concludere con una
mostra a Murcia.
MUSICA A CUI NON PUOI RINUNCIARE?
Doors, Joy Division, Bambino, Chopin, Los Planetas, Sr.Chinarro,
Kase O. Più recenti, Metronomy, M83, Guadalupe Plata, The Black
Keys ma anche jazz, hip hop e funk. Ma più che alla musica, non
posso davvero rinunciare alla paella di pesce di mia madre!
17-22 Aprile, a casa Dondup, via Sirtori 34. www.dondup.it
Inaugurazione 19 aprile, ore 19-22.30 (su invito)
19 Aprile, a casa di Irene Crocco, ore 20.30-22 (su invito)
URBAN | 29

Innamorata dei poshy macaron parigini, il lavoro
di Linda Monique si basa sulla sperimentazione
e l’avventura alla ricerca della forma perfetta
associata al gusto perfetto, che non attende altro che il
giudizio del palato del pubblico. Sorprendente la sua performance
culinaria dal titolo MMM – ispirata all’espressione inglese “yum”,
per dire quanto si ama un certo cibo. Per Foster Care presenta
The Food Designer goes to Milan, da scoprire a Casa Ghella.
Come hai iniziato?
Mi sono avvicinata al food design per naturale curiosità
indagando come il mondo della gastronomia si relazioni con
la sfera sociale e culturale. Ho iniziato con il mio blog nel
2008, mentre studiavo alla Bocconi, per trasformarlo in una
piattaforma per il dialogo e lo sviluppo del food design. Da allora
mi sono impegnata ad approfondire questo soggetto in più città.
il tuo approCCio alla vita?
Esplorare. Imparare. Ascoltare. Andare oltre i limiti. La vita non
avrebbe significato senza i sogni.
il padre spirituale (se esiste) da Cui vorresti essere adottata e
perChé?
Massimo Bottura. Carlo Cracco. Alessi. La cucina di alta qualità
senza limitazioni di tempo è un match che si gioca davvero in
paradiso.
una Cosa del tuo lavoro Che non riveleresti a nessuno.
Ho un segreto black book di tutti i miei caffè preferiti, bar, chef e
ristoranti in giro per il mondo. Raramente condivido questi posti
segreti per preservarne l’autenticità. Non voglio che le persone
sappiano questi indirizzi!
Che relazione hai Con la tua Città?
Amo Melbourne. È la capitale culinaria dell’Australia. Viviamo
per mangiare e il design è parte integrante di questo. È una città
che non può annoiare e custodisce molto segreti.
Quale rapporto pensi di instaurare Con il tuo padrone di Casa?
È una relazione molto delicata e basata sulle sensazioni.
Quale rapporto Credi si possa instaurare Con il pubbliCo?
Superare le aspettative è una delle cose che può succedere
quando si interagisce con il pubblico. Alla fine della visita
dovrebbe rimanere una memoria inedita, una fotografia
visuale, un gusto particolare e una nuova percezione di quello
che significa food design.
in Quale parte di una Casa ti senti più a tuo agio? e perChé?
La cantina. È il luogo del vino. Un posto simbolico per il food
design. Riunisce valore, qualità, prodotto e cultura.
adottati – metaforiCamente: è una strana Condizione?
Certo che lo è. Sono stata adottata tante volte nella mia vita
da diverse culture, città, organizzazioni e persone. Puoi vivere
in una nuova città e adottarne la sua cultura e tradizioni
gastronomiche. Ecco perché mi piace molto viaggiare; puoi
aprire porte a nuove dimensioni culinarie.
oltre agli attrezzi del mestiere, Che Cosa ti porterai da Casa?
Tè verde. Il mio iPad. Un Moleskine.
Cibo a Cui non puoi rinunCiare?
Oltre al tè verde? Sushi e cioccolato.
21 Aprile, a casa di Barbara Ghella, ore 20.30-22 (su invito)
30 | urban urban | 31

Spagnolo d’origine, nomade per attitudine, Jorge
Mañes Rubio, studi al Royal College of art di Londra,
in squadra ad Amsterdam con Droog Design, rinuncia a
tutto ma non a viaggiare e sperimentare. A casa di Nicola
Zanardi, in Ventura Lambrate, presenta il progetto Useless, una
lampada di ghiaccio che si scioglie con il calore della lampadina
accesa a interrogarsi sul concetto dell’assenza e come questo
possa considerarsi valore di funzionalità. Ma con un calco Jorge
continuerà a produrre altre lampade di ghiaccio in loco.
Come hai iniziato?
Sono partito da ingegneria industriale e da lì mi sono mosso verso
il design con un approccio un po’ più creativo. Adesso cerco di
fare tutto ciò che mi piace: insegnare, organizzare mostre d’arte,
curare progetti di comunicazione.
il tuo approCCio al design?
Sperimentale. Cerco sempre nuovi modi per creare e comunicare
il mio lavoro.
il tuo approCCio alla vita di tutti i giorni?
Stare con gli occhi aperti nel tentativo di godermi il meglio.
il padre spirituale (se esiste) da Cui vorresti essere adottato e
perChé?
Vorrei essere adottato dagli Eames ma sfortunatamente questo
non è più possibile.
i tuoi oggetti finisCono di essere tuoi Quando vengono realizzati
oppure Continui a mantenere un Cordone ombeliCale Con le tue
opere?
Cerco di trovar loro un buon posto dove stare, un posto dove
possano essere utili e servire da ispirazione per altri. Ho un
rapporto genitoriale con i miei oggetti, continuo ad amarli.
32 | urban urban | 33

CHE FEEELING HAI CON LA TUA CITTÀ, MADRID?
Ci vivono la mia famiglia e i miei amici. Non mi stanco mai di
passarci del tempo.
VIVI NELLA STESSA CITTÀ DOVE SEI NATO?
No, vivo ad Amsterdam e sono qui già da un po’…
QUALE RAPPORTO PENSI DI INSTAURARE CON IL TUO PADRONE DI CASA?
In realtà non lo conosco personalmente ma spero che si sentirà a
suo agio con il mio lavoro e le trasformazioni che subiranno parti
della sua casa. La casa è uno spazio privato e intimo, quindi sono
felice che sia disposto ad aprirmi la porta.
QUALE RAPPORTO CREDI SI POSSA INSTAURARE CON IL PUBBLICO?
Credo che sia la cosa più importante. Useless è un progetto molto
personale che chiede molto al pubblico.
IN QUALE PARTE DI UNA CASA TI SENTI PIÙ A TUO AGIO?
Mi piacciono i giardini e i cortili.
ADOTTATI (METAFORICAMENTE): È UNA STRANA CONDIZIONE?
Essere accettati in un nuovo luogo o da nuove persone è bello. “La
felicità è davvero tale solo se la si condivide”, si dice nel fi lm Into
the Wild e credo sia davvero così.
ESISTE UN QUALCHE TIPO DI SENTIMENTO DI APPARTENENZA (A UNA FAMIGLIA
PIUTTOSTO CHE A UN’ALTRA) NEL MONDO DEL DESIGN?
Non mi piacciono le etichette. Per me la parola “design” è già
abbastanza specifi ca.
OLTRE AI TUOI OGGETTI, CHE COSA PORTERAI DA CASA?
Un sacco a pelo, un po’ di attrezzi, il mio piccolo notebook, matite
colorate, la mia macchina fotografi ca e una bottiglia di rum da bere
con i miei amici del posto. Ho vissuto due anni a Milano e conosco
molte persone, sarà bello rivederle.
PIANI PER IL FUTURO?
Al momento sto preparando un progetto in Dharavi, uno slum di
Mumbai, e presto mi trasferirò a Chongqing, in Cina, un paio di
mesi per fare esperienze di lavoro lì.
QUALCOSA A CUI NON PUOI PROPRIO RINUNCIARE?
Il jamon iberico!
18 Aprile, a casa di Nicola Zanardi, ore 20.30-22 (su invito)
URBAN | 35

Il design come una forma di impegno sociale:
Antonio Scarponi, di base a Zurigo, si interroga
sull’utilità dell’arte e del design nella società
contemporanea. Con Hedron, una greenhouse progettata
in collaborazione con UrbanFarmers, è in gara all’edizione
2012 del Buckminster Fuller Challenge. Con Foster Care
porta a casa di Francesco Jodice Zoroaster, serra idroponica
per crescere – più velocemente grazie a nutrienti minerali
dissolti nell’acqua, ma anche nell’urina umana – piante o
verdure all’interno del proprio appartamento. Appartiene
alla collezione Readykea: un sistema modulare realizzato
con due pezzi IKEA, Trofast e Antonius.
Come hai iniziato?
Forse ho iniziato iscrivendomi alla facoltà di architettura.
Che sogno vorresti realizzare?
Una volta in Grecia ho conosciuto una donna che mi ha
raccontato la sua storia. Mi disse che il suo sogno era quello
di gestire un albergo. A un certo punto molla tutto e decide
di prenderne uno in affitto. L’attività non decolla e ha
dovuto chiudere. Era felice: seppur fallendo, poteva dire a
se stessa di avere fatto quel che aveva sempre voluto fare.
Ecco io mi sento in questa condizione. Il sogno che volevo
realizzare si è avverato, ora mi tocca lavorare duro per farlo
funzionare e sperare di avere un po’ di fortuna per non
doverlo accantonare.
il tuo approCCio al design?
Una volta ho scritto un manifesto che ho chiamato
“manifesto triangolare” per descrivere quel che faccio e
perché. È composto da 12 statement. Il primo dice: il design
non deve fondarsi su principi formali ma su un’idea di
società. L’ultimo statement dice: ENJOY.
una Cosa del tuo lavoro Che non riveleresti a nessuno. C’è o
non C’è?
Il lavoro è fatto di piccoli segreti, che sono direttamente
proporzionali al capitale di fascino che devi gestire. Per cui
sì, certo, sono pieno di segreti, che assolutamente non deve
conoscere nessuno.
i tuoi oggetti finisCono di essere tuoi quando vengono
realizzati oppure Continui a mantenere un Cordone
ombeliCale Con le tue opere?
Io non progetto oggetti. Un designer non fa gli oggetti: un
designer organizza informazioni, istruzioni. Normalmente
queste istruzioni vengono ricevute ed elaborate da
un artigiano che le realizza. Per molte delle cose che
faccio il mio “artigiano” è una persona qualunque che
si può realizzare da solo le informazioni che io metto a
disposizione per realizzarla.
Come vedi il tuo lavoro in una dimensione domestiCa altrui?
Nel mio caso penso che sia la condizione ideale. Come si
fa a esporre un oggetto d’uso quotidiano in un museo o in
una galleria? Le cose si devono usare, vivere. Credo che la
“mostra” sia una forma di celebrazione che si addice molto
poco alle cose.
quale rapporto pensi di instaurare Con il tuo padrone di
Casa?
Sono molto preoccupato dal tipo di rapporto che lui vorrà
instaurare con me.
quale rapporto Credi si possa instaurare Con il pubbliCo?
Spero sia un’occasione di conoscere persone in grado di
accettare e rilanciare la mia proposta, o provocazione.
Quando si fanno mostre nei luoghi più tradizionali come
gallerie o musei raramente si incrocia il pubblico. Questo
per me è spesso frustrante. È come organizzare una
cena dove poi non viene nessuno. O dove tu non sei lì a
mangiare con i tuoi ospiti.
adottati: è una strana Condizione?
Mi piace l’idea che io possa essere invitato nella vita di
qualcuno e che qualcuno si prenda cura di me e del mio
lavoro.
esiste un qualChe tipo di sentimento di appartenenza (a una
famiglia piuttosto Che a un’altra) nel mondo del design?
Mi sento sempre un outsider rispetto a qualsiasi disciplina.
Arte, architettura, design: in qualche modo appartengo a
tutti questi mondi ma ogni volta che mi ci trovo al centro
non mi sento a mio agio.
qualCosa a Cui non puoi rinunCiare?
Forse l’unica cosa a cui farei fatica a rinunciare è il caffè
fatto con la mia Bialetti che sorseggio la mattina presto
davanti a un qualche tipo di dispositivo per connettermi a
internet e verificare di persona che il mondo esiste ancora e
che va avanti inesorabilmente anche senza di me.
17 Aprile, a casa di Francesco Jodice, ore 20.30-22 (su invito)
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Il suo lavoro spazia dalla fotografia all’arte al
prodotto industriale, dalla moda alla grafica
raccontando storie. È creative designer e problem
solver, innamorato dell’esperienza creativa tutta. Presenta
da e con Antonio Piccirilli la performance Nipple Cerimony
nella quale guest e host disegnano insieme, e in cui verrà
servito tè con il latte della vita.
Come hai iniziato?
Come aspirante Papa. Facevo il chierichetto e mi piaceva
suonare la campanella e i cerimoniali liturgici.
il tuo approCCio al design?
Fare un prototipo e poi marketing test martellanti con i clienti
di un bar a caso.
il tuo approCCio alla vita di tutti i giorni?
Just do it.
il padre spirituale (se esiste) da Cui vorresti essere adottato?
Il filosofo sloveno Slavoj Žižek.
una Cosa del tuo lavoro Che vorresti tutti sapessero?
Il disegno, come il tiramisù, è più buono il giorno dopo,
perché si asciuga e diventa più consistente.
una Cosa del tuo lavoro Che non riveleresti a nessuno.
Il mio assistente è un criceto stagista che tengo in gabbia nel
mobiletto del bagno da 10 anni, a cui ho attaccato una penna
stilografica sulle zampette con del biadesivo.
i tuoi oggetti finisCono di essere tuoi quando vengono
realizzati oppure Continui a mantenere un Cordone
ombeliCale Con le tue opere?
Le mie creazioni hanno un’anima e respirano ma non
possono riprodursi. Alcuni invecchiano con me, altri più
lentamente.
milano è una Città Che ti trasmette distanza o ti fa sentire
subito a Casa?
È una donna ambiziosa, bella solo per feste e occasioni
mondane, a cui piace molto andare solo in macchina.
quale rapporto pensi di instaurare Con il tuo padrone di
Casa?
Fulgidamente amoroso.
quale rapporto Credi si possa instaurare Con il
pubbliCo?
Apatico o ipersensibile, senza vie di mezzo.
preferisCi essere ospitato o ospitare?
Ospitare. Ne sono totalmente dipendente.
in quale parte di una Casa ti senti più a tuo agio?
La cucina in quanto luogo di socialità e convivialità.
adottati: è una strana Condizione?
No, sono abituato e abbastanza predisposto.
una CamiCia troppo stretta o un’esperienza da provare?
Un frac elasticizzato.
Come vivi questa esperienza?
Come quando ti accingi a fare l’amore e ti si rompe la zip.
libri preferiti?
Non leggo, guardo solo le figure.
20 Aprile, a casa di Antonio Piccirilli, ore 20.30-22 (su invito)
38 | urban urban | 39

IN STATO DI EBBREZZA
JAMES FRANCO
MINIMUM FAX, 2012
190 pp., 14 euro
“Il giorno di Halloween di dieci anni fa, al mio secondo anno di
liceo, ho ucciso una donna. Avevo passato il pomeriggio a bere a casa
di Ed Sales…”. Inizia così l’esordio letterario in forma di raccolta
di racconti fi rmato dalla star di Hollywood James Franco, che è
anche regista di cortometraggi, con tanto di laurea in Letteratura.
Undici racconti, narrati da giovani adolescenti (maschi e femmine,
quasi indistinti) sbandati e senza scopo nella vita che popolano
una provincia americana grigia e abulica, come la noia che diventa
denominatore comune di tutte le storie e dove violenza gratuita
(in Uccidere animali), sesso al limite dello stupro (in Chinatown),
autodistruzione (in Testa di zucca), alcool e droghe, sembrano essere
l’unica ragione di vita.
JERUSALEM & CO. LIBRI
IL TERZO GIORNO
CHOCHANA BOUKHOBZA
EINAUDI, 2012
400 pp., pp 19 euro
È il 1990. In volo da New York, due violoncelliste atterranno a
Gerusalemme per un concerto. La prima, Rachel, è israeliana, ha 23
anni ed è scappata 5 anni prima dalla città natale in rottura con il padre
che non credeva al suo sogno di musicista; la seconda, Elisheva, è la sua
insegnante, che è riuscita a organizzarle il primo concerto da solista.
Nei tre giorni che precedono l’evento le due donne devono aff rontare il
passato: per Rachel l’incontro con il padre, ancora duro e intransigente, e
con l’ex-fi danzato che però aspetta un fi glio dalla nuova compagna; per
Elisheva, sopravvissuta a un campo di concentramento, la possibilità di
uccidere il medico che è stato suo aguzzino.
L’autrice, tunisina trasferita a Gerusalemme, ha costruito il suo settimo
avvincente romanzo come un concerto in cui dietro la voce solista
narrante di Rachel suona l’orchestra di personaggi che rappresentano
la complessità del popolo israeliano. Per tutti, però, tra i piccoli dettagli
della vita quotidiana (bagel, couscous e falafel) è una guerra continua
con il passato, il presente e il futuro, che si chiude con un coup de théâtre
fi nale. E se ne facessero un fi lm?
IL VIAGGIO DEL NAGA
TEW BUNNAG
METROPOLI D’ASIA, 2012
300 pp., 14,50 euro
DI MARTA TOPIS
Il culto del Naga, come viene spiegato nelle prime pagine, è un residuo
del credo animistico del Sud-est asiatico: un serpente a più teste, che
spesso coincide con l’elemento stesso dell’acqua. L’autore, nobile
maestro di tai-chi, fi glio di diplomatici laureato a Cambridge qui al suo
esordio letterario, ne ha fatto il protagonista di un romanzo fantastico,
quasi premonitore (è del 2007) dell’alluvione che ha sommerso
Bangkok lo scorso anno. Nella sua complessa storia (ben 49 i capitoli)
tre personaggi chiave s’incontrano al funerale di un quarto scomodo
personaggio, sullo sfondo di una Bangkok contemporanea, che aff oga
incapace di difendersi dalla forza distruttrice dell’acqua. E da quel giorno
ciascuno risolve un punto oscuro che macchia il proprio passato. Da
mettere in valigia.
URBAN | 41

MILAnO fenomeni
The designer’s
aTTiTude TesTo
42 | urban
Richard G. J. Hutten
Wang Hui
Uno stato dell’arte per immagini,
una mostra in Triennale, un libro di
fotografia. Il Design secondo Hogan
CIRO CACCIOLA
foTo ORneLLA sAnCAssAnI
Jacopo Foggini
Luca Bombassei e Simona Traversa
Nacho Carbonell che fa capolino in jeans, gilet, baffi e pizzetto
da una delle sue celebri sedie, Jacopo Foggini in posizione da runner
olimpionico ma in completo nero, Ora-Ïto a mo’ di street dancer davanti a
una delle sue candide navicelle spaziali, Kengo Kuma a gambe incrociate in
un giardino zen, Wang Min che ci guarda serafica accomodata su una delle
sue creazioni, Fabio Novembre che attraversa con lo sguardo una delle sue
Nemo total black, Luca Bombassei e Simona Traversa incastrati tête-à-tête
in un disegno di cubi come piace fare a Madonna nei suoi video, Doreen Liu
Heng minimale e très chic come una diva del cinema muto dentro occhiali
scuri e su divano da Hollywood e tanti altri (Tadao Ando, Santiago Calatrava,
Jean Nouvel… eh sì, ci sono proprio tutti!) per un numero complessivo di 56.
Wang Min
Fabio Novembre
Architetti e designer da tutto il pianeta immortalati per Hogan dalla fotografa
Ornella Sancassani “into” Future Roots, un progetto che, attraverso la
passione e la genialità di questi celeberrimi e celebrati creativi di esperienza
internazionale, centra la visione del futuro mettendo radici nei valori e nelle
tradizioni del passato, fonte di continua ispirazione. “Radici del Futuro”
che attualizzano il meglio di ieri con il senso dell’innovazione nello stile
autentico e unico di Hogan, che da sempre caratterizza l’essenza delle sue
creazioni in equilibrio perfetto tra passato e futuro. •
In mostra alla Triennale di Milano dal 17 al 22 aprile nel corso della Design Week.
Catalogo Skira. A cura di Donatella Sartorio
Nacho Carbonell - Spazio Rossana Orlandi
urban | 43

melbourne fenomeni
44 | urban
CharaCters
TesTo ciro cacciola
urban | 45

Senza scomodarsi fi no al Cairo, Atene o Gerusalemme, basta fare
un giro nella Roma contemporanea per comprendere come, sin
dall’antichità, da quando esistono le scritture, la tipografi a urbana caratterizzi
un luogo tanto quanto la civiltà che quel luogo abita ed esprime. Pensando
a oggi: cosa sarebbe Times Square senza quelle decine di insegne che
insistono sull’incrocio tra Broadway e la Quinta Strada? Cosa ci colpirebbe
del caos ordinatissimo di Tokyo senza quelle scritte verticali/orizzontali
accese twentyforseven sulla folla a passeggio nella Milky Way? E, pensando
al futuro (cinematografi co): cosa sarebbe la metropoli di Blade Runner senza
le suggestioni di quelle insegne parlanti continuamente presenti nelle vite
spericolate dei cyber/protagonisti? Insegne, scritte e indicazioni stradali, loghi,
pubblicità e forse anche graffi ti raccontano in “caratteri” la storia di un luogo e
di chi ci vive mediante ciò che rimane stampato sulle architetture di quella tale
città. Proprio Characters è il titolo del bellissimo libro che ha dato alle stampe
Stephen Banham, quarantenne intraprenditore di Melbourne, Down Under,
instancabile typographer che studia, insegna, produce e fotografa tipografi a
urbana della sua amata Australia. Fondatore di Letterbox, uno studio di design
tipo/grafi co, e autore di numerose pubblicazioni che hanno sempre avuto
l’intento di tracciare una via australiana al design ai suoi studenti di grafi ca,
con Characters: cultural stories revealead through typography, mette insieme
defi nitivamente topografi a e tipografi a raccontando pezzi di storia della sua
giovane città. Fondata nel 1835 e capitale fi no al 1927, la città di Olivia Newton-
John e Kylie Minogue oggi conta quattro milioni di abitanti, uno skyline degno
di Manhattan e una vivacità culturale forse superiore all’antagonista Sydney.
I suoi splendori che furono e che restano, le imprese che c’erano e tutto il
nuovo che affi ora sono raccontati da Banham in questo prezioso volume edito
da Thames & Hudson che non è solo un racconto per immagini ma anche
l’occasione, talora nostalgica, di esprimere una collezione di short stories,
racconti brevi che spuntano dietro le insegne, grandi e piccole, iperstilose
o più semplici. Banham ha fatto ricerche per ogni insegna fotografata,
rintracciando per ciascuna di esse notizie su come furono concepite, come
furono realizzate e da chi, cosa è accaduto negli anni a quelle insegne, cosa è
stato fatto per conservarle o come sono andate distrutte, nel tentativo, anche,
di capire cosa hanno signifi cato per le diverse generazioni di melburniani.
Così, Characters diventa un libro non solo sui luoghi ma anche sul tempo.
Le insegne che luccicano by night sono versi di poesia urbana al cielo per
taluni. Per altri, meno romantici, più scettici, pezzi di capitalismo insidioso
che cerca di globalizzare il pianeta. Ma Banham rivendica la sua posizione:
“Segnaletica e letterform trascendono la loro origine pubblicitaria e creano
marcatori di posizioni culturali e di memoria, quindi di vita. Quando questi
segni vengono rimossi o distrutti, perdiamo parte della nostra memoria
collettiva e la continuità con il senso del luogo”.
Come un archeologo della grafi ca, Banham ha impiegato tre anni per la
sua ricerca, catalogando e raccontando circa 100 insegne, ripercorrendo
l’evoluzione e anche le eventuali sovrapposizioni. Così racconta il
mistero della Skipping Girl, la ragazza che salta alla corda nell’enorme
insegna al neon della Vinegar, una marca di aceto, e che è certamente
uno dei simboli della città di Melbourne: nessuno sa chi sia stata la
modella che ha ispirato il disegno ma è certo che si sia trattato di ragazze
realmente esistite. Banham rintraccia i nomi delle più papabili (Alma
Burns, Kitty Minogue, Irene Barron) cercando una spiegazione analogica
tra il salto alla corda e l’aceto. Celebra come un narratore nostalgico
l’orologio digitale della Nylex Plastics ma ancor più riporta la storia
di quello posto sulla cima della Richmond Tower, un grattacielo la
cui architettura è un mix eclettico di stili ispirati all’antichità (Roma e
Bisanzio über alles) celebre per il globo rosso svettante. Quell’orologio
rimarcava in un primo tempo le dimensioni e lo stile di quello che si
trova sulla facciata del municipio di Melbourne ma fu radicalmente
modifi cato negli anni Sessanta quando i numeri romani furono sostituiti
con 12 lettere dell’alfabeto di modo che, lette in sequenza, dessero come
risultato la scritta “Dimmeys Stores” per pubblicizzare gli omonimi
magazzini, ispirandosi a un altro orologio alfabetico che era stato
costruito dalla Bryant & May nel 1922, e ispirando a sua volta quello dei
Giardini Reali. Su quattro pagine poi è riprodotta l’insegna dell’Astoria,
una vecchia compagnia di taxi che ha una storia incredibile, essendo
sopravvissuta ben due volte: la prima, negli anni ’60, al crollo dell’edifi cio
sul quale era stata installata; la seconda, all’incendio (28 luglio 2009)
del Taxi Museum nel quale era stata esposta, portata in salvo lettera per
lettera dai vigili del fuoco e oggi riallestita nel nuovo Gange Taxi Museum.
I ricordi e le storie affi orano dal libro come i neon di una notte ricca di
luci: la scritta dell’Hotel Graham in Swanson Street fi nita in un videoclip
degli AC/DC, le insegne delle pasticcerie Allen rimaste nei ricordi di tutti
i buongustai. E così via. A tutti gli appassionati, oltre al libro in questione,
segnaliamo designbeep.com, un sito che, ogni venerdì, pubblica foto
di tipografi a urbana delle più note città del mondo con i contributi dei
lettori e dei blogger. •
http://characters.net.au/
URBAN | 47

oregon city LIbrI
48 | urban
488 | urban
Patrick
deWitt TesTo
“Sensitive and Cowboys”: da queste due parole (la prima che
traduce l’aggettivo sensibile, la seconda che si spiega da sé
aprendo la porta di un’epopea), scarabocchiate un giorno di oltre tre
anni fa su un taccuino, è nato il secondo romanzo dell’americano Patrick
deWitt, Arrivano i Sisters, in uscita in Italia per Neri Pozza. Un romanzo
che sorprende anche chi, come la scrivente, alla sola pronuncia della
parola western, viene colto da orticaria.
Ma il cowboy è uno dei fondamentali della cultura pop-americana
(vi dicono niente Billy the Kid, John Wayne, El Grinta o Clint
Eastwood?), e se non fosse per i grandi occhiali – più da designer che
da cowboy – forse anche deWitt, classe 1975, lunghi capelli biondastri
lasciati bradi, look vintage e la frase thank you tatuata su un palmo,
potrebbe tranquillamente impersonarne uno.
Originario del Canada, ha vissuto in California e oggi abita a Oregon City,
città che adora per la gente amichevole, il bel paesaggio e perché ancora
a buon mercato. Città che già sa gli mancherà: sta infatti facendo gli
scatoloni per traslocare a Parigi e scrivere il suo prossimo romanzo.
Graficamente annunciato da un book-trailer animato a tinte pastello
dall’illustratrice di Brooklyn, Joanna Neborsky, il libro ha per
protagonisti i due fratelli sicari Charlie ad Eli Sisters che, nel 1851, epoca
della “corsa all’oro”, vengono incaricati di ammazzare il concessionario
di una miniera nei pressi di Sacramento. L’avventuroso viaggio per
raggiungerla, a cavallo di Fulmine e Tinozza, si tramuta in odissea
scandita dall’incontro con figuri comico-grotteschi che mettono a dura
prova la cattiveria di Charlie e la non comune sensibilità di Eli, dando
vita a un plot originale, pennellato di pulp, che grida con ragione al
grande schermo (i diritti sono già stati opzionati).
Intervistiamo Patrick nel suo studio, tra gli scatoloni dell’imminente
trasloco, pigne di libri e dischi (niente cd, tutti vinili), mentre ascolta
Ovvero come scrivere un romanzo
western nel ventunesimo
secolo e risultare maledettamente
contemporaneo
mirta oregna
il jazz di Eric Dolphy e le note country di Newbury e Hurly, seduto
su quella stessa sedia dove qualche mese fa ha appreso di essere tra i
finalisti del prestigioso Booker Prize 2011: un premio che non ha vinto,
ma “anche se vincere è sempre meglio di perdere – dice il saggio – in
questo caso aver partecipato è stato altrettanto speciale. Impossibile
restarci male”.
Come si è sviluppato il proCesso Creativo e di sCrittura di questo libro?
“Una volta che i personaggi e le loro voci erano al posto giusto, mi sono
tuffato nel loro mondo e non ci sono più uscito per due anni, né avevo
voglia di venirne fuori”.
Che Cosa faCevi prima di diventare uno sCrittore?
“Un sacco di lavori manuali (deWitt non ha mai finito la scuola, n.d.r.):
costruivo, imbiancavo ecc. Ho lavorato in un bar, lavato piatti e servito
cocktail, per sei anni. Prima di scrivere a livello professionale, il mio
scopo principale era lavorare il meno ‘umanamente’ possibile, per
lasciare il tempo a cose importanti come addormentarsi, innamorarsi,
disinnamorarsi e accumulare multe della biblioteca!”.
quando hai CominCiato a Considerarti uno sCrittore?
“Ho iniziato, con serietà, all’età di 17 anni, e suppongo di essermi
pensato ‘scrittore’ proprio in quel momento, anche se non avevo alcuna
evidenza pratica a sostenere la teoria (i mie scritti erano ben pochi)”.
Fenk Zhang
urban | 49

I frame sono tratti dal booktrailer di Arrivano i Sisters di Patrick deWitt, illustrazioni e animazioni di Joanna Neborsky
CHE COSA AVRESTI SOGNATO DI DIVENTARE “DA GRANDE” SE NON LO SCRITTORE?
“Non ho mai avuto un piano B! Ho sempre e solo voluto scrivere romanzi.
Forse scrivere delle canzoni, ma non ne ho il talento. Oppure costruire”.
CHE COSA STAI LEGGENDO ORA?
“Il fl âneur dello statunitense Edmund White e Ho servito il re d’Inghilterra del
ceco Bohumil Hrabal”.
INVECE, QUALI LIBRI HAI LETTO MENTRE SCRIVEVI “ARRIVANO I SISTERS”?
“Poco prima di iniziare ho riletto un libro di inizi Novecento, You can’t win,
un memoriale scritto da un ex oppiomane, di mestiere scassinatore di
appartamenti. Questo mi ha portato nel mood dell’ambientazione western.
Almeno così penso…”.
E CORMAC MCCARTHY, IL MAESTRO DEL WESTERN CONTEMPORANEO? I SUOI LIBRI TI
HANNO INFLUENZATO?
“Per niente”.
LA TUA PROSA PREGNA DI HUMOUR NERO È STATA PARAGONATA ANCHE AI FRATELLI COEN.
CONCORDI?
“Penso che la gente veda soprattutto il nesso con il loro fi lm El Grinta, tratto
da un romanzo di Charles Portis. Io piuttosto direi che Portis è un’infl uenza,
probabilmente la principale. Lo leggo da quando ho 15 anni!”.
È STATO DIFFICILE SCRIVERE SCENE DI VIOLENZA O UCCISIONI CON TAGLIO COMICO?
“Per me sarebbe stato più complicato scriverne senza”.
QUANTE ORE PASSI A SCRIVERE? E DOVE SCRIVI?
“Non tanto, dalle due alle quattro ore. Scrivo nel mio uffi cio, una piccola
stanza che dà sul verde, piena di dischi, libri, scatole…”.
E COSA FAI IL RESTO DEL TEMPO?
“Sto con la famiglia, mangio e bevo con gli amici, vado in bici… sono stato
spesso in viaggio lo scorso anno, per cui i ricordi si sono annebbiati”.
COME TI ACCORGI CHE IL TUO LAVORO PROCEDE NELLA GIUSTA DIREZIONE?
“Se mi alzo al mattino ansioso di mettermi al lavoro, so che andrà bene. Se
faccio fatica a ingranare, allora capisco che devo tornare indietro per capire
dove e che cosa è andato storto”.
CHE COSA LA GENTE NON CAPISCE O TRAVISA DEL TUO LAVORO?
“A me sembra niente. La media dei lettori di romanzi è molto più intelligente di
quanto si immagini!”.
IL RESPONSO DELLA CRITICA È IMPORTANTE PER TE?
“Fa parte del processo della pubblicità, e penso sia importante. Mi sentirei
malissimo se il mio lavoro non venisse discusso del tutto”.
TORNIAMO AI SISTERS: NELLA NARRAZIONE SI VA OLTRE LE CLASSICHE ICONE WESTERN (IL
SALOON, I DUELLI, GLI INDIANI…). LO SPAZZOLINO DA DENTI, PER ESEMPIO, SEMBRA QUASI UN
OGGETTO FETICCIO, PROTAGONISTA DI MOMENTI DAVVERO COMICI. COME TI È VENUTO IN MENTE?
“Mi sono interrogato su certi aspetti della vita di frontiera che nessuno guarda:
dove compravano i vestiti? Cosa prendevano per il mal di testa? Come era l’igiene
orale? Poi ho pensato: se non ti lavi i denti per 40 anni, quando ci provi è davvero la
rivoluzione!”.
QUALE DEI DUE SISTERS È IL TUO FRATELLO PREFERITO?
“Oh, Eli. È quello che credo mi assomigli di più. Mi piace Charlie, ma adoro Eli”.
NEL TUO LIBRO PRECEDENTE, “ABLUTIONS”, SIAMO IN UN FAMOSO BAR DI HOLLYWOOD DOVE
LAVORA UN BARISTA SENZA NOME. UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA…
“Sì, e in parte autobiografi ca, in cui il protagonista, un po’ come i sicari, è
insoddisfatto del suo lavoro e della posizione nel mondo. Io mi sono sentito così
a lungo!”.
HAI SCRITTO LA SCENEGGIATURA DI “TERRI” PER AZAZEL JACOBS. NIENTE PER I SISTERS?
“Ho già scritto la sceneggiatura, e spero di non averne rovinato la storia. L’opzione
è nelle mani di John C. Reilly (visto recentemente in Carnage, n.d.r.) che tra l’altro
vuole recitare la parte di Eli. Penso sarebbe perfetto e non vedo l’ora di vederlo!”.
E CHE COSA VAI A SCRIVERE A PARIGI?
“La storia di un consulente fi nanziario corrotto di New York che capisce che sta
per essere arrestato e allora fugge in Francia dove vive nell’anonimato”.
Tutt’altro Far West. Una nuova totale inversione di marcia. Se è come quella di
Arrivano i Sisters, non vediamo l’ora… •
URBAN | 51

Milano & co. musica
di paolo madeddu
SoUl &
diNtorNi
MICHAEl KIWANuKA
20 aprile 2012
milano – magazzini generali
C’è un tipo di musica che al mondo evidentemente non basta mai,
una musica in bianco e nero che sembra venire da luoghi lontani,
abitati da gente che aveva capito tutto dell’anima (altrove nota come: soul).
Gente come Otis Redding, Marvin Gaye, Amy Winehouse. E d’accordo,
sono tutti morti giovani, ma non è che per capire tutto dell’anima devi
anche capire tutto della vita. A ogni buon conto, possiamo aggiungere
anche il miglior Ben Harper, Van Morrison, persino Jack Johnson: se avete
capito di chi stiamo parlando, cioè del tipo che canta quella canzone che
le radio non smettono più di mandare, Home again, sapete che siamo da
quelle parti lì. Michael Kiwanuka ha 24 anni, è di origine ugandese e due
anni fa non cantava né scriveva canzoni, faceva il sessionman a Londra,
come chitarrista. Poi ha trovato dei dischi di Bob Dylan e ha detto: “Ehi,
anch’io”. Nel 2011 ha aperto alcuni dei concerti di Adele. Il 20 aprile sarà
in Italia, per un’unica data. D’altro canto, da uno che ha intitolato anche
il suo primo album Home again, non si può pretendere che stia troppo
tempo lontano da casa. •
JACK WHITE
BlunderBuss
XL/Columbia
WHO: John Anthony Gillis, 37 anni, di Detroit,
uomo alla cui carnagione avrebbe giovato un altro
nome d’arte – magari, Mr. Pink. Precedentemente
leader dei White Stripes, poi leader dei Raconteurs,
nonché leader dei Dead Weather. Non vi sarà
sfuggito che i gruppi di cui è leader hanno vita breve
e fondamenta traballanti. Ciononostante la cosa
non lo butta giù, anzi. Attitudine che condivide a
tutti gli effetti con Francesco Rutelli.
WHERE: A giudicare dalla copertina, alla sua festa di
compleanno.
WHY: Rifà il rock anni ’70 in modo così convincente
che vi verrà voglia di comprare una Fiat Ritmo.
WHAT: “Se i White Stripes fossero costretti a riunirsi,
penso che l’unico motivo sarebbe un assoluto
bisogno di soldi, che sarebbe una cosa triste.
Annunciando il tour, mi scuserei con la gente”.
WHEN: Quando la vostra esistenza è oggettivamente
impantanata in Kamchatka.
UNA SU 14
PAul WEllEr
study in Blue , da sonik kicks
Cooperative/Universal
THE ASTErOIDS
GAlAXY TOur
out of frequency
BMG
WHO: Mette Lindberg e Lars
Iversen, di Copenhagen. Lei
canta con timbro vagamente
assimilabile a quello di una
celebrità a lungo fidanzata con
Mickey Mouse, lui fa ciò che fa
il maschio in questo tipo di duo:
mette mano 1) agli strumenti 2)
alla produzione 3) alla cantante.
WHERE: In qualche pubblicità.
Around the bend era in uno spot
per Apple, The golden age in
quello della Heineken – sapete,
il tipo che entra nel locale e
disputa il pentathlon della
figaggine finendo poi per suonare
il flauto.
WHY: Soul psichedelico, Stax e
Motown con colori pop alla Mark
Ronson. Ci sta. È il 2012.
WHAT: “Quando Amy Winehouse
venne in Danimarca ci chiese
di aprire il suo concerto. E noi:
Oh, grazie! E poi, Oh, c****!...
Non avevamo mai suonato in
pubblico prima”.
WHEN: Quando la vostra esistenza
è oggettivamente nel Vicolo
Stretto.
THE MEN
open your heart
Sacred Bones
Gli inglesi non sono così più fighi di noi.
Mantengono da anni il principe Carlo, guardano
soap incresciose, diventano cretini per i gossip,
mangiano cibo che da noi provocherebbe rivolte
nelle carceri, vanno in orgasmo per il cricket e
da 35 anni considerano Paul Weller un punto di
riferimento musical-culturale. Leader dei Jam
negli anni ’70 per sfruttare l’onda del punk, leader
degli Style Council negli anni ’80 per sfruttare
l’ondata modaiola, padrino degli Oasis negli anni
’90 per sfruttarne la popolarità, Weller anche da
noi gode, tra i conoscitori delle cose suonate, di
un credito difficile da spiegare, come del resto le
magliette Fred Perry di cui è uno dei principali
indossatori (tanto da aver ottenuto dalla griffe
un modello personalizzato). Chissà quanto del
WHO: Nick Chiericozzi, Mark
Perro, Rich Samis e Hubble
Greenberg. Sì, lo sappiamo
che siete incantati da Nick
Chiericozzi. Uno di quei nomi
rochenroll tipo John Cipollina
o Jeff Porcaro o John Panozzo o
Warren Cucurullo.
WHERE: Brooklyn, come tanti
altri. Abbiamo fatto un’inchiesta:
perché Brooklyn è così
scoppiettante? Risulta che a
Manhattan la gente se la tira
e tutto costa, così quelli con
2-3 idee e molti dollari vanno
a Manhattan, quelli con molte
idee e 2-3 dollari si fermano a
Brooklyn. La prendiamo per
buona.
WHY: Fanno un rock irrisolto e
psicogaragico. Sembrano un po’
quei tipi, comesichiamano. Ecco,
loro.
WHAT: “Twitter, Facebook. Sono
così necessari a una band?
Davvero volete sapere cosa
mangia il nostro batterista a
colazione?”.
WHEN: Quando la vostra esistenza
è oggettivamente complicata
da un alfiere, e non sapete
nemmeno bene cosa faccia di
mestiere, un alfiere.
SCuBA
personality
Hotflush
WHO: Paul Rose, deejay e
produttore inglese, ma è
diventato una star nei club di
Berlino. Dove in effetti già 80
anni fa era in voga il tipico grido
dei deejay: “Su le maniii”.
WHERE: Dubstep, techstep, prog
house, UK bass, trance, triphop,
bigbeat, rave, old techno,
tribe, synthpop, retrodance,
pianohouse, afrodub, 2-step
garage, drum&bass, acid beat.
Come chiunque.
WHY: Un suo brano si intitola
“Dissonanza cognitiva”. Come
sapete si tratta della teoria
avanzata nel 1956 da Leon
Festinger per spiegare il disagio
dell’uomo moderno nel credere
contemporaneamente in idee,
sentimenti o valori che alla fine,
a ben guardare, sono in conflitto.
Mentre ballate, potete pensarci.
WHAT: “Alla fine, alla base di tutto
questo c’è il non avere un vero
lavoro e fare quel che gira per la
testa”.
WHEN: Quando la vostra esistenza
è oggettivamente piena di maiali
verdi.
suo carisma si deve al suo soprannome, “The
Modfather”, che lo ricollega alla moda mod e al
suo ribellismo fashionissimo. Il suo ultimo disco
è fortemente rinunciabile a meno che non troviate
accattivante un tipo di 54 anni che imita in modo
sconcertante i Gorillaz. Ma si può salvare Study
in blue, questo quadretto dipinto senza pensarci
troppo e colorato con grazia e attenzione invece
che forzandoci dentro colori pretenziosi. Tant’è
che invece che completare il brano con un ospite
di prestigio come fa altrove nel disco (Noel
Gallagher, Graham Coxon: come dire le due facce
del brit-pop) duetta con la moglie, la corista
Hannah Andrews – per non farla tanto pomposa. •
52 | urBan urBan | 53

1
EYE IN
THE SKY
5
2
4
MIAMI DETAILS
DI IVAN BONTCHEV E TATIANA UZLOVA
3
1. ysl by safi lo: 240 euro, www.safi lo.it
2. sonia rykiel by l’amy: 136 euro,
www.lamy-diff usion.com
3. miu miu eyewear by luxottica: 191,60,
www.luxottica.com
4. asos eyewear: 16,14 euro, www.asos.it
5. john galliano eyewear by marcolin:
223 euro, www.marcolin.com
URBAN | 55

arcelona fashion
56 | urban
foto alvaro beamud cortÉs
styling ivan bontchev
in the
shadow
of the
Palms
Tuta nera fantasia, sergio zambon
urban | 57

58 | urban
Sopra: mini abito, moschino cheap & chic
Bracciale, bottega veneta
Nella pagina a fianco: abito giallo in maglia
con volant arancioni, missoni
urban | 59

60 | urban
Abito, zadig et voltaire
Bracciale, prada
urban | 61

Soprabito rosso, fausto puglisi
Top nero con fiori rossi, miu miu
Shorts, costume national
Collana, francesco scognamiglio
62 | urban
Abito multi fantasia, marni. Scarpe, asos
urban | 63

64 | urban
Abito giallo con fiore, kenzo
Giacca e pantaloni, costume national
Occhiali, hogan
address list
Asos, www.asos.com. Bottega Veneta, www.bottegaveneta.
com. Costume National, www.costumenational.com. Fausto
Puglisi, www.faustopuglisi.com. Francesco Scognamiglio, www.
francescoscognamiglio.it. Hogan, www.hogan.com. Kenzo, www.
kenzo.com. Marni, www.marni.com. Missoni, www.missoni.it. Miu
Miu, www.miumiu.com. Moschino Cheap & Chic, www.moschino.it.
Prada, www.prada.com. Sergio Zambon, www.sergio-zambon.com.
Zadig Et Voltaire, www.zadig-et-voltaire.com
Hair: Lorenzo Barcella @ Aldo Coppola Agency. Make Up: Sissy
Belloglio @ Freelancer. Model: Katharina Friedrich @ Women Models.
Assistente fotografo: Mattia Gelsi. Assistente moda: Christian Di Perna
urban | 65

GUARDATI TRA I PIEDI
In attesa che la piantumazione di
migliaia di alberi trasformi Milano
in una città-foresta. Che il ponte
della Ghisolfa venga reinventato
come un lunghissimo giardino pensile
e camminamenti sopraelevati fra le
fronde degli alberi di corso Sempione
sostituiscano i marciapiedi. Che
l’acqua dei navigli torni a irrorare le
arterie della città.
In attesa che i sogni divengano
veri, vogliamo iniziare con una micro
rivoluzione. Vogliamo che il verde
spunti là dove meno te lo aspetti.
Vogliamo iniziare dal basso. Perciò,
mentre il Fuorisalone impazza e cammini
per le strade della città, guardati tra
i piedi!
Urban & Lancia EcoChic
www.urbanmagazine.it
www.lanciaecochic.it

BAR, RISTORANTI & CO.
URBAN | 67

milano
Di MiRTA OREgNA
UN POSTO A MILANO
via Cuccagna 2/4 ang. via Muratori
02-5457785
chiuso lunedì
A cena nell’aia: la Milano che si reinventa senza sosta rilancia il luogo sociale delle cascine padane.
Un posto dove tutti si possano sentire a proprio agio, in un contesto piacevole, con prodotti di
qualità e a prezzi contenuti. E anche lo chef stellato (Nicola Cavallaro) si reinventa lasciando il
naviglio per la Cascina Cuccagna, piccolo fazzoletto di campagna strappato all’asfalto di Porta
Romana. Nasce così “Un posto a Milano”, una post-osteria di 60 coperti (di cui una parte nella
corte) nata con lo zampino di Esterni e l’esperienza di un bravo cuoco che ha ricercato carni,
verdure, uova (ma anche pesce) nell’hinterland milanese per comporre un menu “diversamente
convenzionale” (si ordina un piatto dell’aia o dell’orto, non un primo o un secondo!) che viaggia
sui 30 euro vino sfuso incluso. Ci si accomoda su vecchie sedie scolastiche “Milano” rieditate, ma
anche su divanetti di recupero un po’ lounge, dove si mangia a tutte le ore, o si prende un bicchiere
di vino accompagnandolo con un cicchetto (perché lo chef è padovano) o un rubitt alla milanese.
Chi amava Cavallaro ritroverà i suoi proverbiali spaghetti aglio, olio, peperoncino ma questa volta
in versione low-cost, e chi ancora non lo conosce scoprirà la zuppa di zucca, zenzero e caprino o gli
asparagi e uova a bassa temperatura: perché un po’ di sana tecnologia è arrivata anche in cascina.
Consigliato per
sentirsi in campagna anche se, in realtà, si è in un’oasi verde in mezzo ai grattacieli
68 | urban
CLICQ-NIC DESIGNSTORE
C/O DE LIGHT
via Ponte Vetero, 13
02-89093931
dal 17 al 22 aprile, dalle 10 alle 21
a
In collaborazione con le bollicine della vedova, l’ormai leggendaria signora in giallo
Veuve Clicquot Ponsardin, il deLight bar & lounge, locale votato al food gustoso ma
senza grassi, si trasforma in pic-nic area giallo-sole con la creatività di Cristina Morozzi e
della designer Ilaria Marelli: all’interno si può acquistare e portar via la pratica Clicq-nic
Bag contenente una bottiglietta di champagne , 2 flûte e finger food abbinato, oppure
la food box mista con delizie come muffin al salmone, aneto e semi di papavero, o
tramezzino con crème de brie, pollo al curry e germogli di alpha alpha. I più stanchi si
siedono nella Champagnerie sulle comode Family Chair, per l’immancabile flûte della
casa (Yellow Label) con mozzarella e crudo, un plateau d’ostriche o un invitante riso
venere con calamaretti spillo, albicocca e prezzemolo.
Da non perdere
il nuovo audace package dello champagne che – giocando sul nome Pon-sardine –
riproduce una divertente mega-scatola di sardine
TEMPORARY AND POP UP
Da mettere in agenDa Durante il Salone
PuBLIC HOuSE E VENTuRa BaR
via Ventura, 5
+44-207-8200742
+31-302-716311
dal 17 al 22 aprile, dalle 10 alle 20
Ventura. La squadra del designer londinese Lee Broom
festeggia qui, a Milano, il suo primo lustro con l’esposizione
Public House che omaggia con un twist surreale la tradizione
britannica della Public House, il pub: la rivisitazione in
legno di un bancone da pub diventa irriverente sfondo per
i suoi pezzi di design (attenzione alle originali lampade
a sospensione) e per offrire l’ultimo Scotch whisky
Ballantine’s di 12 anni in bottiglie progettate ad hoc che
riprendono decanter vintage di cristallo. Sempre negli
spazi di Ventura Lambrate, il designer Marteen Baas ha
collaborato invece alla realizzazione del Ventura Bar dove
su arredi firmati da lui e altri designer come Bertjan Pot e
Fabien Dumas vengono serviti, all’insegna del relax, il più
classico dei cappuccini e panini made in Italy.
SPRING TaBLE aT MOST
via Olona, 6B
02-48555558
dal 17 al 22 aprile, dalle 10 alle 21
(mercoledì e domenica fino alle 18)
Museo della Scienza e della Tecnologia. Torna a Milano
Stevie Parle con un pop-up del suo locale londinese di
successo Dock Kitchen, questa volta accanto al chiostro
museale, nei suggestivi spazi che furono refettorio. Aperto
per pranzo e per il tea-time (e per cene su invito) propone
al pubblico ricette ideate dallo chef con gli ingredienti
del mercato milanese magistralmente mescolati a erbe e
spezie, come solo Parle sa fare, pensate per essere servite
in piatti da condividere. Una pausa ideale alla visita delle
installazioni del designer Tom Dixon, mentre un Soda
Stream Bar dispensa drink nella speciale bottiglia di Yves
Behar, e una futuristica gelateria anglo-italiana firmata
dall’Università del Gelato Carpigiani insegna a fare e fa
assaggiare gelati.
FaRMER’S STREET MaRkET
Zona Tortona
333-7571138
dal 17 al 22 aprile, sempre aperto
Tortona. Sulla scia dei mitici food-truck americani
dispensatori in strada, all’angolo sotto l’ufficio, di
hamburger gourmet, tacos farciti e altre delicatessen,
Tortona Design Week lancia nella piazza principale e nelle
vie della zona il suo camion gourmet firmato Arca Inox: a
bordo del truck (che è una vera e propria cucina itinerante),
coordinati da Cesare Battisti del Ratanà, si alternano diversi
colleghi chef a preparare piatti con ingredienti delle cascine
lombarde, tutti prodotti – come li definisce la CIA che
sostiene cascine e progetto – “dell'agricoltura periurbana
della campagna metropolitana”. Latte, burro e formaggi
del Parco Sud, farina di mais bio, riso, carni, salumi, ortaggi
e vino a km zero entrano e diventano i protagonisti delle
ricette di Viviana Varese (Alice), Matias Perdomo (Al Pont
de Ferr), dei fratelli Cerea da Bergamo, di Alice Delcourt
dell’Erba Brusca e anche di Fabio Pisani e Alessandro
Negrini de Il Luogo di Aimo e Nadia.
VISCONTI STREET FOOD
via Corridori, 10
02-54102545
chiuso domenica. Aperto fino alle 20
Sul biglietto da visita e in gigantografia sulla parete d’ingresso hanno
scelto di apparecchiare il pavé di largo Augusto con piatto, coltello
e forchetta. Il messaggio è chiaro: cibo di strada, nel senso che viene
cotto e servito al momento, come per panini, arancini, kebab o quiche
salate, ma la qualità qui è alta e il tempo di attesa brevissimo, con una
media record intorno agli 8 minuti. Il segreto si scopre seduti agli
sgabelli che circondano il banco-cucina iper-tecnologica a isola, cuore
del piccolo locale che nasce come costola dell’adiacente Taverna
Visconti, ordinando le proposte del giorno scritte a gessetto sulla
lavagna. Seguendo la regia dello chef Matteo Torretta si spazia dal
kebab di coniglio con salsa di yogurt e cetriolo croccante al guanciale
cotto sottovuoto a bassa temperatura e fatto rinvenire nel forno Roner,
dall’hamburger di fassona con ketchup di carote alla parmigiana in
cocotte (7-15 euro), accompagnandoli con una serie di fragranti pani
fatti in casa. Per ora niente cena, ma si può fare l’aperitivo: un calice di
vino con sfizioso finger food di giornata (da 5 euro). (M.T.)
Consigliato per
chi, in centro, ha 15 minuti di tempo e si rifiuta di mangiare la plasticosa
piadina del bar
LE BICICLETTE
via Torti, 1
02-8394177
sempre aperto / wi-fi
Cambiano colori e arredi, restano le biciclette appese al soffitto e Ugo Fava,
l’ideatore del locale, entrato in società con Andrea Meoni dei Seven. Restano
anche i plurimi cocktail (8 euro) come Basil Honey con vodka, pompelmo,
basilico e miele, e qualche calice di vino. Arrivano dalla cucina fritti leggeri,
salumi, burger gourmet e tartare (anche vegetariana di avocado!).
Da non perdere
durante il Fuori Salone la serata BookBike (18 aprile) in cui viene presentata la
libreria porta-bici firmata dal pr Ugo Fava, ora anche designer
GauSSIaN BLuR
c/o Spazio T’, via Tortona, 37
dal 17 al 22 aprile, dalle 10 alle 20 / wi-fi
L’iconica bottiglia trasparente color zaffiro colpisce in zona Tortona con
un’installazione luminosa di Moritz Waldemeyer e Florian Dussopt, a
connotare lo spazio di Bombay Sapphire “Gaussian Blur”, luogo di incontro
di designer e creativi all’insegna di musica e cocktail. Dal classico gin-tonic al
più raffinato Tom Collins, con soda, succo di limone fresco e zucchero, allo
speciale Bombay Twist studiato ad hoc per celebrare l’installazione.
Da non perdere
uno sguardo ai video proiettati, come quello della performance sull’edificio di
Battersea Station, la vecchia centrale elettrica di Londra
barcelona
Di MiRTA OREgNA
CAFÉ KAFKA
C/ Fusina, 7
+34-933151776
http://cafekafka.es
Nel rione de La Ribera, cuore della Ciutat vella, a due passi
dalla suggestiva architettura di ferro dello storico Mercat del
Born, è rinato con spirito chic-bohemién cosmopolita il Café
Kafka, già ristorante, ma dalla nuova gestione. Merito di Karel
Schröder, il neo-proprietario che già segue un altro locale in
città e uno a Ibiza, che qui ha voluto mescolare (con il tocco
di Yolanda Vilalta e Helena Jaumá) pezzi vintage e materiali
di recupero, con specchi vissuti e lampade a sospensione
che rendono l’atmosfera suggestiva ma casual, a metà strada
tra un bistrot parigino di Saint Germain e un bar glam della
Soho newyorkese. Musica francese e italiana in sottofondo
incorniciano lo sfizioso menu per chi sceglie di fermarsi a cena:
in mano al giovane chef Fernando Poveda, è un tour culinario
del Mediterraneo che inizia con jamon iberico e acciughe
cantabriche, passa per le Kafka Spoon (zuppe), tocca riso e
pasta “al dente”, per approdare al fiore all’occhiello: le tartare
di carne e pesce. E per chi è più chic che bohémien, in lista
anche il pregiato chatka, granchio reale russo!
Consigliato per
una serata chic-bohémienne, conquistando un posto a sedere sui
tavolini vintage in vetro colorato incorniciato d’ottone o al bancone
sugli sgabelli impagliati
urban | 69

napoli
Di ciRO cAcciOlA
LA VOLPE SBRONZA
via G. Martucci, 61
081-661978
chiuso lunedì
Anche le favole possono evolvere. E così, dopo tanta uva, e con tutto il rispetto
per il saggio Esopo, ecco La Volpe Sbronza (con la “B”, ragazzi, mi raccomando…),
ristorante, wine & cheese bar al centro della Rinascente di via Martucci. Due
ambienti su altrettanti livelli: il piano terra è disegnato nei toni del bianco,
vivacizzato dalla mise en place e dalle bottiglie onnipresenti ma soprattutto dal
live act dei cuochi ai fornelli in bella vista oltre il vetro; lo spazio underground,
ampio e altissimo, è quasi una cantina, ma très chic: il vano rustico riservato alle
botti di rovere si contrappone all’arredamento new design della sala dove sono
esposti vini, champagne, spumanti e passiti. Si può stare al bar oppure sedersi
sui comodi divani bianchi, assaggiare le stuzzicherie e i taglieri preparati con le
diverse specialità di formaggi e salumi DOC italiani ed europei (la mozzarella di
solo latte di bufala arriva ogni giorno dal noto caseificio Lo Spicchio di Minturno).
La cucina dello chef Davide Bacio Terracino e della signora Rossella Storace è
mediterranea, rispetta le buone prassi della tradizione, ricerca ingredienti genuini
e semplici. Il menu recita sempre nuove varianti, con abbinamenti di vini spillati
direttamente dalle botti di casa o scelti dalla carta dei vini da scorrere sull’iPad da
tavolo attrezzato di app ad hoc con indicazioni e tracciabilità per ogni etichetta
disponibile. Di media, si spendono 35 euro con soddisfazione.
Consigliato per
le serate della Comunità del Vino, social network lanciato dalla furbastra Volpe per chi
volesse “adottare” una certa quantità di rosso o di bianco e assistere alla sua naturale
maturazione nelle barrique dei produttori
new york
Di MiRTA OREgNA
70 | urban
GRaN CaFFÈ CIMMINO
via F. Petrarca, 147
081-5757697
chiuso mercoledì
Ritrovo must per giovanotti e
signorine in odore di mondanità,
di appuntamenti galanti e di
pirchipetolerie di varia generazione,
la versione sopra a Posillipo del bar
Cimmino è a ridosso di uno degli
incroci più panoramici della città. Gli
ambienti interni sono eleganti, il tono
è classico, molto napoletano, ma è
con i tavolini all’aperto che di questi
tempi si sbanca, affollatissimi ogni
sera per l’aperitivo e, nel weekend,
anche in tarda mattinata, per il
risveglio dei giovin signori.
Da non perdere
il caffè, vincitore di numerosi premi di
categoria, disponibile non solo nella
versione standard ma anche in una
serie di pericolose varianti che attingono
alla nocciola, al cioccolato, alla panna e
attentano, irrimediabilmente, alla linea.
Un consiglio da amico? Il caffè freddo.
ORaZIO CaFÉ
via Orazio, 147/B
081-19810316
chiuso lunedì
Una passeggiata a Posillipo, nel
quartiere più vipposo di Napoli,
significa volersi bene e, perché no?,
anche volersi bere, magari seduti ai
tavolini di questo accogliente lounge
baretto, nel cuore strategico della
strada più residenziale di Posillipo,
con civilissima area fumatori e posto
per parcheggiare, che non guasta. I
dolci della casa sono ottimi, sia per la
BOwERy DINER
241 Bowery Street (at Prince)
+1-212-3880052
http://bowerydiner.com
prima colazione che per un più tardivo
spuntino aperitivo, e i prezzi sono
assolutamente abbordabili, a dispetto
delle quotazioni del mercato.
Da non perdere
la possibilità di scambiare quattro
chiacchiere sugli argomenti del giorno
con la simpatica e affabile padrona di
casa, la signora Viviana, i rustici fatti
a pezzi per il finger food e il cocktail
Martini, tra i migliori in circolazione
uP STROkE
via Coroglio, 128
081-5708992
chiuso lunedì
Sotto Posillipo, isolotto di Nisida
dirimpettaio, è il posto ideale per chi
predilige la musica dal vivo, per chi
segue e insegue le jam session, per
chi un po’ ha nostalgia del vecchio
piano bar, per chi ama le ore piccole
e ritrovarsi nel classico porto sicuro,
perché magari ci puoi andare anche
da solo, o last minute, senza troppi
programmi, e… sai cosa bevi. Il target
è over 30, con una buona percentuale
di single di ritorno. Si apre da ora di
cena in poi, ma è per il dopo cena
che lo spazio comincia ad animarsi,
quando il dj set cede il posto alla
musica suonata, e l’ambiente jazz, un
po’ scuro, fumoso, riscalda il cuore
e la gola anche a chi non riesce più a
innamorarsi.
Da non perdere
i “lisci”. Non quelli romagnoli, cari
lettori, ma quelli scozzesi, irlandesi,
cubani, texani, invecchiati bene,
barricati, brunosi, vigorosi, con
ghiaccio o senza
Mathieu Palombino, lo chef belga che ha reso la “neapolitan pizza” dei suoi ristoranti
Motorino un piatto cult della Grande mela, ora rilancia la sfida reinterpretando il mito
dell’American Diner. Avete presente il locale di Happy Days? Ecco, questo lo stile, vintageretrò,
con i divanetti color vinaccia, i pannelli in acciaio alle pareti, i pavimenti grezzi
in cemento, il lungo bancone turchese con gli sgabelli e la classica insegna al neon che
risplende nel buio della notte. Non mancano il juxe box e la macchina dei milkshake, a
fare da cornice a menu nostalgici che rivisitano con mano francese alcuni tra i piatti più
diffusi nelle tavole calde americane. Si comincia con i bagel farciti e i donut del mattino,
per proseguire a pranzo con la tradizionale zuppa di cipolle alla francese o l’immancabile
sandwich con pastrami (il Reuben è il più gettonato), senza dimenticare i plurimi burger.
La sera compaiono anche piatti più strutturati (petto d’anatra arrosto, aragosta al vapore)
da accompagnare sempre e comunque a estrosi cocktail o analcolici milkshake.
Consigliato per
chi ha voglia di condividere un pancake Suzette con le diverse etnie che abitano il quartiere
torino
Di bRUNO bOvERi E lEO RiEsER
CRUDO
via Palazzo di Città, 26/b
011-4310110
chiuso domenica sera e lunedì
Nel cuore della città ha aperto Crudo, costola dell’altrettanto nuovo Otto Porte, che
rispecchia la sua filosofia. In sole tre parole: gastronomia con coperti. Il locale è ancora
più essenziale: tavoli in legno con scaffali grezzi, carichi di frutta, verdura, fiori e bottiglie
di vino, anche molto interessanti. La cucina per le preparazioni è a vista, c’è attrezzatura
per le cotture a bassa temperatura, ma qui la partita si gioca prevalentemente sul crudo,
appunto. Ottime materie prime e grande freschezza e quindi possiamo scommettere
su un decollo ai primi caldi. Prezzi sostanzialmente in linea a pranzo e a cena il che ne
fa una sosta sofisticata a pranzo, ma decisamente economica a cena. Si può iniziare
con una vellutata di porri (6 euro) o un’altra zuppa ma il meglio è la battuta di fassone
con carciofi e parmigiano (8,50 euro) o il carpaccio di salmone con l’insalata d’arance o
ancora il merluzzo “garibaldino”. Tutti i piatti vengono serviti in forma di monopiatto,
anche al tavolo, dentro a grandi scatole di cartone, quasi a ricordare la possibilità
dell’asporto (scontato del 20 per cento). Il piatto misto vegetariano del giorno, che
abbiamo testato, prevedeva sformato di cimone, insalata di puntarelle e giardiniera
tiepida preparata in casa. Ottime le torte casalinghe: con cioccolato e pere oppure la
crostata di frutta. Il locale è aperto la domenica a pranzo, il che per Torino rappresenta
una lodevole eccezione.
Consigliato per
chi ama materie prime fresche e di qualità
MaIaLETTO
via Bava, 2
011-4276108
chiuso sabato e domenica a pranzo e lunedì tutto il giorno / wi-fi
Mai nome fu più azzeccato. Qui si tira fino alle 4 tutte le mattine. Il
cuoco se la cava, e la sosta è più che consigliabile anche a pranzo e cena.
Ma l’apertura fino alle ore piccole ne fa il posto ideale per cocktail,
hamburgeroni giganti, taglieri e panini di ottima qualità.
Da non perdere
il panino con la scelta personalizzata di ingredienti artigianali
TORLOVINI WINE BaR & COFFE
via Arsenale, 44
011-3821338
aperto fino alle 21, chiuso domenica / no wi-fi
Cosimo Torlo ha trasferito la sua vineria in centro, a due passi dalla
stazione di Porta Nuova, dandole sempre più l’aspetto di una vera
“cantina metropolitana”, con una grande offerta di vini (anche a
bicchiere) affiancati da buoni piatti. L’aperitivo è uno dei suoi fiori
il MEgliO “UNDER 30”
alta qualità Sotto i trenta euro
È CuCINa – CESaRE MaRRETTI
via Bertola, 27/a
011-5629038
chiuso domenica
Lui è diventato una stella televisiva, la formula è divertente e il
rapporto qualità/prezzo è invidiabile. Questo ne spiega l’ottimo
successo. A pranzo con 10 euro si mangiano entrée, primo,
dessert, acqua, vino e caffè. Voi scegliete solo se preferite pesce,
carne o vegetariano. Cinque euro in più per avere il secondo,
dieci in più per avere primo e secondo. La sera, di nuovo, tutto
a sorpresa, scegliendo la sola tipologia e indicando eventuali
intolleranze, a 8 euro a pietanza. I piatti? Non vi sveliamo nulla.
Vi garantiamo che non uscirete insoddisfatti.
IL kITCHEN
via Principe Tommaso, 16
347-5354628
aperto solo di sera, chiuso domenica e lunedì
San Salvario è davvero un paradiso: locali che aprono o
cambiano faccia, sempre di più e sempre meglio. Prendete
Il Kitchen: era una gastronomia low cost, adesso è una delle
migliori trattorie della zona, con un rapporto tra qualità e
prezzo che la pone ai vertici cittadini. Un cuoco giovane ma
di buona esperienza, dotato di estro ma dalla mano sicura.
Provate il formaggio caprino in pastafillo coi pomodorini,
buttatevi sulla quaglia glassata al Punt e Mes, planate soddisfatti
sullo zabaione con mele cotogne e pagate un conto che vi
renderà ancora più felici.
NESCI FERDINaNDO
via Don Bosco, 4
011-482926
chiuso lunedì e martedì a pranzo
Locale tutto sostanza e niente fronzoli, a partire dall’ambiente
spartano e (piacevolmente) datato per finire all’accoglienza
franca e (spesso) salace. Non aspettatevi coccole o (falsa)
cortesia sabauda, qui è tutto vero e tosto… a iniziare dalla
cucina: spaghetti alla chitarra, pasta e fagioli, pappardelle
con le polpette, orecchiette con la salsiccia e i broccoli, la
trippa, gli arrosticini, il mitico galletto alla brace (una delizia
indescrivibile) e c’è pure la pizza (hanno il forno a legna, vuoi
non farla???) pure lei buonissima. Astenersi fighetti spocchiosi
e frettolosi…
all’occhiello ed è tematico: lunedì fritti e pizzette campane, martedì i
formaggi, mercoledì salumi e prosciutti, giovedì ostriche e crudi di pesce,
venerdì mozzarella di bufala. Spesso propone serate speciali… che sono
davvero speciali.
Da non perdere
l’aperitivo vecchia piola (acciughe al verde e altre delizie d’antan)
DE COSTER’S
via Nizza, 71
338-4778703
aperto fino alle 21, chiuso domenica / no wi-fi
L’apericena ormai la fanno tutti (magari pure con risultati spesso discutibili)
e allora sti benedetti ragazzi si son detti: e a pranzo no??? e ovviamente hanno
risposto: sì. Vai con l’aperipranzo… Piatti freddi degni di fare il bis: insalata
russa verace, uova ripiene e (buonissime) in carpione, mousse di formaggio e
tanto altro. Piatti caldi (e qui tutti fanno il bis): farfalle al ragù, polenta concia,
frittata di verdure e uno splendido spezzatino con patate. Vini decorosi.
Da non perdere
l’apericena (fanno pure quella, ovviamente…)
urban | 71

oma
& co. nightlife roma & co. nightlife
Di contributor name
GINGER
Di lAURA RUggiERi
Di contributor name
72 | urban
OlTRE lO sTRETTO... iN ciTTÀ
Sicilia per tutte le taSche e tutte le Stagioni
aNTICa FOCaCCERIa SaN FRaNCESCO
piazza della Torretta, 39
06-68308297
chiuso lunedì sera
Non sarà come stare a due passi dalla Vucciria in questa piazzetta
appartata nel cuore dello shopping romano, eppure si respira una
certa atmosfera palermitana. Nei profumi che arrivano dalla cucina,
come nell’arredo. Sul bancone troverete sempre pani e panelle,
sfinciuni, la focaccia maritata, gli immancabili arancini, le crocchè.
Oltre che arrivarvi a tavola, il menu lo potete leggere a parete con
alcuni dei piatti forti, tipo la pasta ch’i sardi, quella al pesto trapanese,
il taboulet. Tra i secondi, le bracioline alla messinese, gli involtini alla
palermitana o le sarde a beccafico. Lasciate ampio spazio ai dolci,
ovvio: cannoli a volontà e cassate, soprattutto.
Il servizio è informale, i prezzi corretti (si cena con circa 25 euro), a
parte una mini porzione di pane al prezzo di 2 euro a testa. Con l’arrivo
della bella stagione, ci si siede nel dehor esterno coi piccoli alberi
d’arancio per sentirsi già oltre lo Stretto.
FILIPPO La MaNTIa - HOTEL MaJESTIC
via Vittorio Veneto, 50
06-42144855
chiuso sabato a pranzo e domenica sera
Qui la Sicilia è veramente d’autore, un tripudio di colori, profumi,
sapori freschi, vivaci, gioiosi, sottolineati da ambienti altrettanto forti,
importanti e scenografici, come l’illuminazione che si può scegliere
via Borgognona, 44
06-96036390
sempre aperto
Lungo una delle vie della moda più raffinate ha appena
aperto Ginger, un bello spazio di oltre 250 metri
quadri, ex quartier generale di una nota stilista. Soffitti
alti con due grandi lucernari inizio Novecento con
bell’effetto di luce sul lungo bancone che attraversa
il locale. All’entrata, salumeria e formaggi a vista con
una selezione di piccoli produttori italiani ma anche
francesi, inglesi, greci. Il necessario per più di 40 tipi
di panini gourmet (dai 6 ai 13 euro) con baguette
del forno della casa. A vista le affettatrici Berkel, i
prosciutti appesi, alle spalle in un box di vetro la cucina
dove Gaspare, esperienza a Berlino, e Sharon, inglese,
siglano un menu che cambia ogni settimana, estroso
e brillante, ineccepibile quanto a prodotti e materie
prime. Perché qui c’è molto di biologico, presidi slow
food, Dop. Sapori ma anche salute, come recita il nome
e come garantisce perfino un nutrizionista tre giorni
a settimana a disposizione dei clienti. Il design stesso
integra la natura agli arredi, con piante di aranci, limoni
e olivi tra i tavoli ed erbe aromatiche nelle nicchie dei
finestroni. Dalle 8 del mattino a oltre la mezzanotte vi
serviranno insalate biologiche, vegane o tradizionali,
centrifugati e spremute (ottima la “Verdissima”
sedano, prezzemolo, spinaci e cetrioli) o, tra i frullati,
il “San Diego” (ananas, papaya e menta) o il “Vitamina
C”. L’aperitivo è energizzante e si prende con finger
tipo panelle con mousse di baccalà, insalata in pillole,
cilindri di pane al caprino. Per cena, tra gli antipasti
(8/10 euro), millefoglie di foie gras con salsa di more,
come primo (10/15 euro) ravioli di burrata e gamberi
rossi con zucchine al cardamomo. Tra i secondi (15/18
euro), tagliata di tonno con zenzero e rosmarino,
e come dessert (6 euro) il watalappan, una sorta di
pudding dello Sri Lanka, ma soprattutto l’açai na tigela,
un concentrato di antiossidanti.
tramite un'applicazione iPhone: luce d’atmosfera, gradazioni forti
o fasci di luce puntati sui piatti. E allora eccoli sfilare i classici di
uno degli chef più vip, Filippo La Mantia. A cominciare dalla sua
caponatina e poi il cous cous al pesto di peperone, basilico, mandorle,
acciughe, menta e calamari fritti, il carpaccio di tonno fresco con fichi
e lemon grass o un piccolo involtino di carne con pangrattato, uvetta
e pinoli. Poi le tante frittate, tra cui l'immancabile, quella di spaghetti.
Tra i dolci, come non assaggiare il gelo di mellone o il bianco mangiare
al latte di mandorle e pistacchio?
In cantina 285 etichette esclusivamente siciliane. Conto sugli 80 euro.
La CaNNOLERIa SICILIaNa
via Cipro, 79
06-39746807
sempre aperto
Qui si fa, si acquista o si degusta in loco, il più vario e autentico
artigianale dolce siciliano. Perché i cannoli in sei versioni diverse
sono un vero capolavoro: con frutta candita, con pistacchi, nocciola,
mandorla, scaglie di cioccolato e perfino una variante alla nutella.
La particolarità e l'eccellenza vengono dalla ricotta che arriva tutte
le mattine da Agrigento, terra d’origine dei proprietari. Così come le
mandorle da Avola e i pistacchi da Bronte. Ottime anche le cassate,
anche in mini porzioni, la torta ricotta e pera, la torta savoia (strati di
pan di spagna con cioccolata gianduia e cioccolata fondente bagnati al
rum), le piccole cialde con ricotta, i ricci di pistacchio e le colombine
di mandorle, le arance candite, semplici e bagnate nel cioccolato
fondente. Un vero must, soprattutto con la stagione calda, le granite.
Da comprare o degustare sul posto vini passiti e zibibbi.
IN&OUT
viale dell’Oceano Atlantico, 271
06-98963236
chiuso domenica
Uno degli Apple store più frequentati della capitale, quasi la
succursale della casa madre di Cupertino per gli Apple maniaci
dell’Eur, ha suddiviso i suoi spazi dedicandone la metà al food.
Ovviamente le comande si prendono con l'iPad… Niente a che
vedere col Genius Bar ma trattasi di un vero e proprio gourmet
restaurant, visto il livello degli chef in cucina. Ai fornelli, infatti
Andrea Cricenti, solo 26 anni ma ben più che una promessa, con la
supervisione di Severino Gaiezza, una griffe nella capitale. Minimal,
essenziale, raffinato il design, di forte impatto visivo. Non c’è gesto
dei cuochi che rimanga segreto: è quasi un gioco dai tavoli spiare in
diretta ogni spadellata, rubare il segreto di un dettaglio d’autore nel
piatto. E che piatti: gamberoni al guanciale di cinta senese e rosty di
patate (13 euro), seppia scottata con panzanella, pecorino e salsa di
limone, tonnarelli al cacio e pepe e fiori di zucca, un noto capolavoro
dello chef (10 euro). Tra i dolci non perdete il tiramisù con biscotti
Gentilini Osvego, citazione d'infanzia per i trentenni romani.
Consigliato per
i tre menu degustazione (30-40-50 euro) per una cena gourmet, rarità per
il quartiere degli affari a due passi dal mare
CLOCkWORk
via Fanfulla da Lodi, 5a
349-2967628
chiuso lunedì / no wi-fi
Si entra direttamente in una sala dove si può anche
ballare e ascoltare musica dal vivo, sul nero e rosso,
con molti graffiti, qualche divano sparso e un
bancone. Normalmente la serata comincia verso
le 22 e prosegue a oltranza, quando per tutti gli altri
locali ormai al Pigneto vige il ‘coprifuoco’. Serate
techno, live rock, jazz o di musica elettronica, ma
anche film o mostre. Tanti drink, cocktail, birre e
vino.
Da non perdere
il 27 aprile Le Bestie Rare, il gruppo di Elio Germano,
con una performance live di hip hop
SLIM
via Tagliamento, 56
06-88922145
chiuso domenica / wi-fi
london
Di MiRTA OREgNA
È arrivata la stagione giusta per un aperitivo o un
cocktail da Slim, con uno spazio veranda-giardino
molto carino dove fermarsi a chiacchierare
spiluccando tra sapori niente male, perché anche
la cucina qui è un po’ innovativa e sempre diversa.
Fashion cocktail bar, insomma. Giovane e ricercato,
posizionato strategicamente tra il Piper e i Parioli,
va bene anche per uno spuntino a pranzo. Per un
cocktail dopo cena resta aperto fino alle 2 con una
bella scelta di dolci.
Da non perdere
una cena veloce prima del cinema, con un tagliere di
salumi e formaggi o un piatto caldo senza sentirsi al
ristorante
KETEL ONE BAR
c/o Gilgamesh, The Stables Market, Chalk Farm Road, Camden
+44-2074284922
sempre aperto
All’interno di Gilgamesh, uno dei grandi (oltre 680 coperti) ristoranti
pan-asiatici che ancora oggi vanno per la maggiore guidato dal
celebrity chef Ian Pengelley, il designer sudafricano di stanza a Londra
Christopher Jenner ha inaugurato uno dei suoi ultimi luccicanti
progetti: il Ketel One Bar, omaggio all’omonimo brand di vodka. Con
l’idea di valorizzare il processo artigianale della fattura della vodka
ma in un’ambientazione contemporanea, Jenner stupisce con un
materiale simbolico, il rame, lo stesso con cui per anni sono stati
fatti gli alambicchi per distillare, qui martellato a mano per creare
l’imponente banco bar e gli sgabelli che lo circondano. Alle pareti,
invece, curve come sgabelli e bancone, pannelli in Mdf sono stati
intagliati a mano con motivi assiro-babilonesi che riprendono il décor
del ristorante sottostante, quasi a creare un fil-rouge fra le due realtà,
quella etnica del passato di Gilgamesh e quella lounge contemporanea
di Ketel One, dove comune denominatore resta comunque un
pubblico ad alta concentrazione glamour.
Consigliato per
una serata scintillante innaffiata dalla vodka contenuta nel signature
cocktail con ananas, fiori di sambuco e ginger beer
urban | 73

MILANO ULTIMA FERMATA
DI FRANCO BOLELLI
74 | URBAN
IL FUORISALOTTO
Ogni volta che Milano si ritrova a
essere travolta da quello che è ormai
l’appuntamento più signifi cativo della sua
annata, mi viene da pensare che – aveva
davvero ragione Lost – nulla accade per
caso. Perché niente quanto il design
possiede ed esprime la natura di questa
città, il suo stesso metabolismo. Altrove
la bellezza è estetica (e fa in fretta a
diventare estetizzante), qui è funzionale.
Qui il talento inventivo non si guarda – non
troppo – allo specchio, ma si fa progetto,
prodotto. Il modo stesso in cui la settimana
del design è nata, è cresciuta ed evolve
– contando sulle proprie forze, senza
dipendere dalle istituzioni – corrisponde
a un modello mentale e comportamentale al
tempo stesso creativo e imprenditoriale.
Si fa, punto.
E si cambia, perché così come l’atmosfera
generale e le manifestazioni stesse del
vecchio salone del mobile – gli inizi
pionieristici, e poi la scoperta che
nel design ci sono più cose che non il
design stesso – non erano che il prologo
dell’esplosione delle ultime stagioni – la
conquista della città intera, la creazione
di modelli comunicativi vitali e non
soltanto specialistici –, allo stesso modo
adesso si sta inevitabilmente aprendo una
nuova fase evolutiva. Perché da una parte
la generale sensazione di recessione non
soltanto economica ma anche psicologica,
DON’T FORGET
e dall’altra l’irresistibile avanzata
Fateci caso: quanto più una città è
del web e dei social network tanto nella
evoluta, quanto più è espressione del
progettazione quanto nella comunicazione,
mondo globale, tanto più ogni volta che
stanno – così mi sembra – abbassando i toni
ci andate non potete non accorgervi che
eclatanti a favore di una dimensione più
aumenta il numero di bambini che non si
intima.
riesce a defi nire in base ad alcuna identità
In questo senso è sintomatica la scelta
etnica e razziale. È così a New York,
di “adottare” alcuni nuovi designer
a Los Angeles, e poi a Londra, e giù a
internazionali in case private nel
scendere. Le grandi metropoli sono sempre
corso della settimana, sostenuta da
più popolate da spettacolari frullati
Urban, offrendo loro una possibilità di
genetici, seconda o terza generazione di
esposizione altrimenti diffi coltosa: in
combinazioni dove le origini scivolano
questo modo il design torna nel suo habitat
sempre più sullo sfondo e nuove misteriose
più naturale, quello dell’abitazione.
sfumature conquistano la scena. Ok, non
No, non si tratta di un ripiegamento
tutte riusciranno come Jessica Alba o come
minimalista, se non altro perché, a
– permettetemelo – la spettacolare bambina
differenza di quella del passato anche
californiana di mio fi glio (babbo milanese e
prossimo, oggi la casa è in istantanea
madre di San Francisco ma taiwanese): però
connessione con il mondo. Diverse
questa condizione indefi nibile e plurale sta
centinaia di anni fa un signore di nome
diventando non dico trendy ma in qualche
Lao Tsu – scrivendo quel meraviglioso
modo familiare. D’altra parte qualunque
manifesto biologico e paradossale che è
evoluzione in qualunque campo è sempre
il Tao – diceva “senza lasciare la mia
nata da connessioni al di là dei confi ni,
casa, io conosco tutto l’universo”. Lui
e viceversa le culture più arretrate sono
ce la faceva anche senza, ma noi che
quelle difensivamente arroccate su se
abbiamo Google e Facebook stiamo davvero
stesse. Per esempio le città di frontiera
trasformando le nostre private case nel
hanno sempre avuto una loro particolare
luogo più aperto al mondo.