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Rescritto di Adriano a Caio Minucio Fundano riportato da Eusebio di ...

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<strong>Rescritto</strong> <strong>di</strong> <strong>Adriano</strong> a <strong>Caio</strong> <strong>Minucio</strong> <strong>Fun<strong>da</strong>no</strong><br />

<strong>riportato</strong> <strong>da</strong> <strong>Eusebio</strong> <strong>di</strong> Cesarea, Storia ecclesiastica,<br />

V,1,4-7<br />

«A <strong>Minucio</strong> <strong>Fun<strong>da</strong>no</strong>. Ho ricevuto una lettera<br />

scrittami <strong>da</strong> Serennio<br />

Graniano, uomo chiarissimo, <strong>di</strong> cui tu sei<br />

successore. Non mi pare giusto lasciare la<br />

questione in sospeso, perché gli uomini non si<br />

agitino e non si fornisca ai calunniatori un<br />

pretesto per la loro malvagità. 2 Perciò, se i<br />

provinciali possono sostenere apertamente<br />

questa petizione contro i Cristiani, in modo<br />

che essi possano replicare anche in tribunale,<br />

ricorrano a questa sola procedura e non ad<br />

opinioni o ad acclamazioni <strong>di</strong> popolo. Se<br />

qualcuno vuole formulare un’accusa, è quin<strong>di</strong><br />

molto più opportuno che tu istruisca un<br />

processo. 3 E se qualcuno li accusa e<br />

<strong>di</strong>mostra che stanno facendo qualcosa <strong>di</strong><br />

illegale, deci<strong>di</strong> secondo la gravità del reato.<br />

Ma, per Ercole, se uno sporge denuncia per<br />

calunnia, determinane la gravità ed abbi cura<br />

<strong>di</strong> punirlo».<br />

.<br />

<strong>Rescritto</strong> imperiale inviato <strong>da</strong>ll‘<br />

imperatore <strong>Adriano</strong> a Gaio<br />

<strong>Minucio</strong> <strong>Fun<strong>da</strong>no</strong>, (ma richiesto<br />

<strong>da</strong>l suo predecessore Serennio<br />

Graniano) proconsole d’Asia <strong>da</strong>l<br />

122 al 123<br />

Il documento, scritto<br />

originariamente in latino, ci è<br />

stato traman<strong>da</strong>to nella sua<br />

traduzione greca <strong>da</strong> <strong>Eusebio</strong>, il<br />

quale, a suo volta, lo deduceva<br />

<strong>da</strong> Giustino, Apologia LXVIII, 3-5.


I motivi dell’animosità<br />

popolare<br />

I crimina occulta<br />

<strong>Minucio</strong> Felice, Octavius, VIII,4-IX,7<br />

(Marco Cornelio Frontone, 160 d.C. c.)<br />

Essi, raccogliendo <strong>da</strong>lla feccia più ignobile i più ignoranti e le donnicciuole, facili ad abboccare<br />

per la debolezza del loro sesso, formano una ban<strong>da</strong> <strong>di</strong> empia congiura, che si raduna in congreghe<br />

notturne per celebrare le sacre vigilie o per banchetti inumani, non con lo scopo <strong>di</strong> compiere un<br />

rito, ma per scellerataggine; una razza <strong>di</strong> gente che ama nascondersi e rifugge la luce, tace in<br />

pubblico ed è garrula in segreto. Disprezzano ugualmente gli altari e le tombe, irridono gli dei,<br />

scherniscono i sacri riti; miseri, commiserano i sacerdoti (se è lecito <strong>di</strong>rlo), <strong>di</strong>sprezzano le <strong>di</strong>gnità<br />

e le porpore, essi che sono quasi nu<strong>di</strong>! […] Regna tra loro la licenza sfrenata, quasi come un culto,<br />

e si chiamano in<strong>di</strong>stintamente fratelli e sorelle, cosicché, col manto <strong>di</strong> un nome sacro, anche la<br />

consueta impu<strong>di</strong>cizia <strong>di</strong>venti incesto. […] Ho sentito <strong>di</strong>re che venerano, dopo averla consacrata,<br />

una testa d’asino, non saprei per quale futile credenza […] Altri raccontano che venerano e<br />

adorano le parti genitali del medesimo celebrante e sacerdote […] E chi ci parla <strong>di</strong> un uomo<br />

punito per un delitto con il sommo supplizio e il legno della croce, che costituiscono le lugubri<br />

sostanze della loro liturgia, attribuisce in fondo a quei malfattori rotti ad ogni vizio l’altare che più<br />

ad essi conviene […] Un bambino cosparso <strong>di</strong> farina, per ingannare gli inesperti, viene posto<br />

innanzi al neofita, […] viene ucciso. Orribile a <strong>di</strong>rsi, ne succhiano poi con avi<strong>di</strong>tà il sangue, se ne<br />

spartiscono a gara le membra, e con questa vittima stringono un sacro patto […] Il loro banchetto,<br />

è ben conosciuto: tutti ne parlano variamente, e lo attesta chiaramente una orazione del nostro<br />

retore <strong>di</strong> Cirta […] Si avvinghiano assieme nella complicità del buio, a sorte.


I motivi dell’animosità<br />

Sintesi <strong>da</strong>ll’Apologeticum <strong>di</strong> Tertulliano


Impero romano<br />

e religioni<br />

Per capire le ragioni dello scontro fra<br />

cristianesimo e impero occorre considerare il<br />

particolarissimo rapporto dell’impero romano<br />

con le “religioni straniere” e, ancora prima,<br />

con la religione in generale<br />

• l’impero romano si estendeva su una straor<strong>di</strong>naria e vasta congerie <strong>di</strong><br />

popoli, culture e religioni<br />

• Ciò impose a Roma (ai suoi citta<strong>di</strong>ni e governanti) <strong>di</strong> entrare in<br />

rapporto con culture e religioni <strong>di</strong> popoli altri <strong>da</strong> sè<br />

• Dato fon<strong>da</strong>mentale <strong>da</strong> tener presente è – in generale per l’intero<br />

mondo antico – che non esisteva la <strong>di</strong>stinzione a noi nota fra sfera<br />

civile (e quin<strong>di</strong> anche giuri<strong>di</strong>ca) e sfera religiosa:<br />

– Ciò non significa che per l’uomo antico non esistessero <strong>di</strong>stinzioni<br />

– Egli tracciava però le sue linee <strong>di</strong> demarcazione seguendo criteri <strong>di</strong>versi<br />

<strong>da</strong>i nostri


Impero romano<br />

e religioni<br />

AD ESEMPIO<br />

• Agli inizi del III s. Il giurista Ulpiano (Digesto<br />

1,1,1,2) definisce il <strong>di</strong>ritto pubblico (ius publicum):<br />

– Quod ad statum rei romanae spectat<br />

• (quello che riguar<strong>da</strong> il modo <strong>di</strong> essere della<br />

organizzazione della società romana)<br />

– Consistit in sacris, in sacerdotibus, in magistratis<br />

• (è fon<strong>da</strong>to sui sacra – tutto ciò che riguar<strong>da</strong> il mondo<br />

della religiosità, tanto pubblica che privata – sui<br />

sacerdozi, sulle magistrature)<br />

• Sempre Ulpiano (Digesto 1,1,10,2) definisce la<br />

Iurisprudentia:<br />

– Divinarum atque humanarum rerum notitia, iusti<br />

atque iniusti scientia<br />

• Conoscenza delle cose <strong>di</strong>vine e umane, scienza del giusto<br />

e dell’ingiusto)


Impero romano<br />

e religioni<br />

• Sin <strong>da</strong>i primor<strong>di</strong> a Roma nessun atto della comunità<br />

poteva svolgersi senza una serie <strong>di</strong> adempimenti nei<br />

confronti <strong>di</strong> “forze” o “<strong>di</strong>vinità” considerate superiori<br />

agli uomini.<br />

– Questo riguar<strong>da</strong>va al tempo stesso:<br />

• Qualisiasi atto della res publica<br />

• L’ambito della familia (cioè la sfera del privatum)<br />

• Era appunto la correttezza <strong>di</strong> tali adempimenti a<br />

consentire, secondo la mentalità religiosa romana, che<br />

la benevolenza degli dèi verso la comunità venisse<br />

conservata inalterata :<br />

– questo auspicabile stato <strong>di</strong> cose veniva in<strong>di</strong>cato con<br />

l’espressione<br />

PAX DEORUM<br />

• Alla base <strong>di</strong> tale concezione sta l’idea che tutto si basi<br />

su un insieme <strong>di</strong> rapporti o <strong>di</strong> forze in equilibrio<br />

– Ogni azione umana turba, per definizione, questa<br />

armonia naturale e quin<strong>di</strong> l’or<strong>di</strong>ne voluto <strong>da</strong>gli dèi<br />

– Di qui la necessità prima <strong>di</strong> tutto (o, nei casi peggiori,<br />

dopo) <strong>di</strong> conciliarsi l’approvazione degli dèi.<br />

– Solo così la pace universale può essere salvaguar<strong>da</strong>ta<br />

• La religione consiste dunque nel restare in buoni<br />

rapporti con gli dèi, per averli favorevoli<br />

Johon Scheid, stu<strong>di</strong>oso della Religione romana,<br />

afferma:<br />

La repubblica è effettivamente costituita <strong>da</strong> tre<br />

partners: gli dèi, il popolo, i magistrati<br />

Si ricor<strong>di</strong> la definizione <strong>di</strong> Ulpiano: sacra,<br />

sacerdotes, magistratus


Impero romano<br />

e religioni<br />

• Ai sacra publica si affiancavano dunque i sacra privata<br />

– I primi affi<strong>da</strong>ti alla responsabilità dei vari collegi sacerdotali<br />

– I secon<strong>di</strong> affi<strong>da</strong>ti alla responsabilità del pater familias<br />

• Proprio perché ogni manifestazione della vita comunitaria era permeata <strong>da</strong>l<br />

senso del <strong>di</strong>vino, per mettere al riparo la società <strong>da</strong>lle conseguenze negative <strong>di</strong><br />

possibili manchevolezze verso la <strong>di</strong>vinità vengono progressivamente precisati<br />

– sotto il profilo della doverosità giuri<strong>di</strong>ca – i comportamenti <strong>da</strong> osservare nei<br />

confronti della <strong>di</strong>vinità<br />

– Da ciò deriva l’articolazione dei sacerdozi, ciascuno con incarichi specifici<br />

• La presenza <strong>di</strong> sacerdotia non comporta una completa laicizzazione del potere<br />

(prima regio, poi passato ai pretori-consoli ed infine agli imperatori)<br />

– Questo infatti conserverà sempre un forte collegamento con l’ambito religioso<br />

• essendo le componenti religiose alla base stessa della possibilità<br />

– <strong>di</strong> assumere il potere<br />

– <strong>di</strong> esercitarlo a favore della res publica:<br />

– Si ritiene infatti che solo coloro per i quali sia stato accertato il gra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>vino<br />

• Saranno in grado <strong>di</strong> investigare la volontà degli dèi prima <strong>di</strong> ogni atto importante (gli auspici),<br />

• Rivolgersi agli dèi con atti propiziatori, <strong>di</strong> voto, <strong>di</strong> ringraziamento, ecc.<br />

• E’ questo complesso <strong>di</strong> idee a spiegare l’esistenza del crimen religionis


Il crimen religionis<br />

– Se nella presenza della <strong>di</strong>vinità è avvertito il<br />

fon<strong>da</strong>mento della vita or<strong>di</strong>nata della comunità<br />

– Allora il crimen si configura e come un<br />

comportamento che interrompe la pace con gli dèi,<br />

infrange la pax deorum<br />

– In quanto tale esso può essere lesivo<br />

» del singolo<br />

» dell’intera comunità<br />

– Per questo la pena comminata è la “sacertà”<br />

» automatica esclusione <strong>da</strong>ll’or<strong>di</strong>ne della comunità, che espone<br />

il colpevole alla azione ven<strong>di</strong>cativa degli dèi o <strong>di</strong> qualsiasi<br />

membro della comunità stessa<br />

• Il giuramento, quale chiamata della <strong>di</strong>vinità prima a giu<strong>di</strong>ce e<br />

poi a testimone della veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>chiarato, è non a<br />

caso il momento centrale del processo


Impero romano<br />

e religioni straNIERE<br />

• Per comprendere i rapporti dei Romani con le religioni straniere è quin<strong>di</strong> necessario<br />

tenere sempre presente il quadro sopra delineato, poiché era esattamente la<br />

compatibilità/incompatibilità con esso a determinare la politica <strong>di</strong><br />

tolleranza/intolleranza nei confronti <strong>di</strong> un determinato culto<br />

– Nella storia dell’impero romano la maggior parte delle religioni straniere trovò una possibilità<br />

<strong>di</strong> espressione e, non <strong>di</strong> rado, assimilazione<br />

– Fra quelle che furono accolte si possono contare anche alcuni culti orientali e misterici (molto<br />

popolari ma notevolmente <strong>di</strong>versi rispetto ai riti tra<strong>di</strong>zionali della religione politeista romana)<br />

che in ogni caso, pur provenendo <strong>da</strong> Oriente, troivarono a Roma espressioni nuve e talvolta del<br />

tutto ine<strong>di</strong>te<br />

• Culto <strong>di</strong> Cibele (Asia Min.),<br />

• Giove Diolicheno, Giove Elipolitano, Atargatide (Siria)<br />

• Iside e Serapide (Egitto)<br />

• Mitra (Persia)<br />

– Questi culti avevano delle caratteristiche che li rendevano comunque compatibili con ciò che<br />

per un romano poteva considerarsi “accettabile” sotto il profilo religioso<br />

• Conservavano comunque forti connotati della tra<strong>di</strong>zionale originale,<br />

• avevano sacerdoti (propri) professionisti, non pubblici ma assunti <strong>da</strong>lla comunità dei fedeli<br />

• scopo del culto era ottenere il benessere del corpo e dell’anima del singolo fedele (e non propiziare la<br />

vita e potenza della comunità – con termine anacronistico – politica)<br />

• In linea <strong>di</strong> principio il comportamento osservato <strong>da</strong> romani rispetto alla religioni<br />

straniere si uniformava alla concezione espressa <strong>da</strong> Cicerone in Pro Flacco 28:<br />

Sua cuique civitati religio, Laeli est nostra nobis


Impero romano<br />

e religioni straNIERE<br />

• Trattandosi <strong>di</strong> un popolo politeista i romani, in linea <strong>di</strong><br />

principio, non avevano <strong>di</strong>fficoltà ad accogliere nel<br />

proprio Pantheon ulteriori <strong>di</strong>vinità:<br />

– La lista delle <strong>di</strong>vinità conosciute, i nomina deorum dei libri<br />

pontificum, venivano regolarmente aggiornate per<br />

aggiungervi nuovi dèi<br />

– Sebbene gli dèi delle altre popolazioni non fossero sempre<br />

riconosciuti come egualmente potenti (la loro<br />

considerazione <strong>di</strong>pendeva <strong>da</strong>ll’importanza del popolo che li<br />

venerava!) tutti venivano ritenuti ugualmente “veri”<br />

• Di conseguenza la religione politeista romana non conosceva, in<br />

linea <strong>di</strong> principio, né il proselitismo, né l’intolleranza religiosa<br />

– Ma quest’ultimo èa concetto moderno e come tale inapplicabile al mondo<br />

antico


Impero romano e religioni straNIERE<br />

• Nel corso della conquista dei<br />

territori e popoli che sarebbero<br />

venute a costituire l’impero, i<br />

romani:<br />

– Non <strong>di</strong>strussero i templi, né<br />

proscrissero le <strong>di</strong>vinità dei popoli<br />

sottomessi<br />

– La loro pietas religiosa – <strong>di</strong> cui<br />

an<strong>da</strong>vano particolarmente fieri –<br />

imponeva al contrario <strong>di</strong> venerarli in<br />

modo adeguato al fine <strong>di</strong><br />

• Volgere la potenza <strong>di</strong> quegli stessi dèi<br />

in favore dell’ imperium populi<br />

Romani<br />

•Gli antichi riconoscevano un segno del favore degli dèi nell’egemonia (quasi) mon<strong>di</strong>ale del popolo<br />

romano:<br />

•Ma erano altresì coscienti del fatto che ciò non sarebbe potuto accadere senza un merito particolare<br />

dello stesso popolo<br />

•Di qui l’orgoglio tutto romano <strong>di</strong> essere popolo sopra tutti gli altri religioso<br />

Et si conferre volumus nostra cum externis, ceteris rebus aut pares aut etiam inferiores reperiemur, religione, id est<br />

cultu deorum, multo superiores<br />

(Cicerone, De natura Deorum 2,8)<br />

Proprio la consapevolezza del ruolo fon<strong>da</strong>mentale esercitato <strong>da</strong>lla religio nella vita del popolo romano<br />

costituiva una caratteristica saliente della storiografia latina.


Impero romano e<br />

religioni straniere<br />

L’impero romano tollerava che i popoli soggetti conservassero e<br />

rispettassero le proprie tra<strong>di</strong>zioni religiose a con<strong>di</strong>zione che<br />

queste:<br />

• avessero una chiara connotazione nazionale (non fossero cioè universalistiche)<br />

• non contrastassero con ciò che nel mondo romano veniva considerato, lecito,<br />

giusto in linea con le proprie norme morali<br />

• venissero contemporaneamente accolte le <strong>di</strong>vinità romane e, particolarmente in<br />

età imperiale, si prestasse il culto dovuto alla dea Roma ed ai <strong>di</strong>vi imperatores<br />

(o si giurasse sul genio dell’imperatore)<br />

– Le religioni che rispondevano ai criteri sopra in<strong>di</strong>cati godevano dello statuto <strong>di</strong><br />

religio licita<br />

– Le religioni che non rispondevano ai criteri sopra in<strong>di</strong>cati venivano qualificate<br />

come superstitiones<br />

• In particolare “Era superstitio ogni religione che implicasse un timore eccessivo degli dèi,<br />

particolarmente pericolosa poi se il culto suscitava forti emozioni (morbus animi) e se i fedeli si<br />

riunivano in privato o <strong>di</strong> notte” (F. Sini, Sua cuique civitati religio. Religione e <strong>di</strong>ritto pubblico in<br />

Roma antica, Torino 2001, pp. 60-61).<br />

• Significativo in tal senso il caso del senatus consultum de bacchanalibus, Emesso <strong>da</strong>l Senato nel<br />

186 a.C. su iniziativa <strong>di</strong> Catone, per proibire il culto trane in casi accezionalissimi preventivamente<br />

autorizzati <strong>da</strong>l Senato


Impero romano e religioni straniere:<br />

il senatus consultum de bacchanalibus<br />

• A Roma non esisteva un registro delle Religioni approvate o rifiutate<br />

• Le decisioni erano generalmente prese (si ripensi al carteggio fra Plinio e Traiano)in<br />

rapporto a casi specifici<br />

• I fon<strong>da</strong>menti che regolavano l’atteggiamento dei romani nei confronti delle religioni<br />

straniere o comune nuove possono già leggersi nelle leggi delle XII tavole (Vs. a.C.)<br />

– Qui si affermava la <strong>di</strong>stinzione tra ius (<strong>di</strong>ritto umano) e fas (<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino)<br />

• E ancora (cfr. sopra) fra<br />

– ius publicum : consistit n sacris, in sacerdotibus, in magistratis)<br />

– ius privatum: riguar<strong>da</strong>va il <strong>di</strong>ritto naturale, il <strong>di</strong>ritto dei popoli, il <strong>di</strong>ritto civile<br />

• I due <strong>di</strong>ritti non erano separati, ma continuarono ad interagire lungo tutta la storia romana,<br />

– il <strong>di</strong>ritto pubblico era criterio <strong>di</strong> misura del <strong>di</strong>ritto privato, come <strong>di</strong>mostra proprio il caso dell’ambito religioso<br />

» Quanti rifiutavano <strong>di</strong> prestare il rispetto dovuto ai culti pubblici potevano essere costretti <strong>da</strong>lle autorità <strong>di</strong> polizia<br />

all’obbe<strong>di</strong>enza con misure coercitive<br />

• La legge delle XII Tavole, inoltre, già si confronta con il problema<br />

del controllo giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> religioni, culti, associazioni che potessero<br />

mettere a rischio il sistema <strong>di</strong> sicurezze del mondo romano<br />

– In Particolare esse già vietano<br />

• le adunanze segrete: VIII,14-15: Coetum ne facito<br />

– Controllo delle associazioni religiose<br />

• il pronunciamento <strong>di</strong> carmina (VIII,1), cioè incantamenti magici<br />

– Rifiuto delle magia e <strong>di</strong>vinazione (privata)


Impero romano e religioni straniere:<br />

il senatus consultum de bacchanalibus<br />

• Il caso dell’atteggiamento preso nei confronti dei Baccanali ha valore esemplare per la<br />

comprensione dell’atteggiamento romano<br />

– La con<strong>da</strong>nna del culto <strong>di</strong>onisiaco costituì infatti un precedente fon<strong>da</strong>mentaleper le future con<strong>da</strong>nne <strong>di</strong><br />

associazioni religiose non gra<strong>di</strong>te<br />

• Stando al racconto <strong>di</strong> Livio (39,8-19), i consoli vennero a sapere della presenza in città <strong>di</strong> un<br />

gruppo <strong>di</strong> seguaci del culto e ne <strong>di</strong>edero notizia in una riunione pubblica, notificamendo anche<br />

che il fenomeno non era isolato, ma <strong>di</strong>ffuso anche in altre città<br />

• Ne seguì una con<strong>da</strong>nna emanata con l’autorità del senato, appunto il senatus consultum de<br />

Bacchanalibus, che avrebbe portato, sempre secondo Livio a massicce esecuzioni ed una azione<br />

militare <strong>di</strong> repressione che sarebbe durata per molti anni<br />

…] Riguardo ai Baccanali sono state approvate le seguenti<br />

<strong>di</strong>sposizioni per gli alleati.<br />

Nessuno <strong>di</strong> loro partecipi a un baccanale. Coloro che<br />

eventualmente affermino <strong>di</strong> dover prendere parte a un<br />

baccanale si rechino a Roma presso il pretore urbano;<br />

ascoltate le loro parole, sulla questione deliberi il senato,<br />

purché alla seduta siano presenti non meno <strong>di</strong> cento senatori.<br />

Nessun citta<strong>di</strong>no romano o <strong>di</strong> nome latino o alleato si<br />

avvicini alle baccanti, a meno che in precedenza non si<br />

sia recato <strong>da</strong>l pretore urbano e al riguardo si sia espresso<br />

il senato, purché alla seduta siano presenti non meno <strong>di</strong><br />

cento senatori.<br />

[…] Nessuno celebri riti né in pubblico né in privato né<br />

fuori del territorio citta<strong>di</strong>no, a meno che si sia recato<br />

<strong>da</strong>l pretore urbano e al riguardo si sia espresso il senato,<br />

purché alla seduta siano presenti non meno <strong>di</strong> cento<br />

senatori. Questo il parere del senato. […]<br />

Di quanto precede <strong>da</strong>te pubblica lettura per almeno<br />

tre giorni <strong>di</strong> mercato; e affinché siate a conoscenza del<br />

decreto del senato, esso ha decretato per chi agirà in modo<br />

contrario a quanto scritto sopra la pena capitale […].


La realtà dello scontro<br />

Echi <strong>di</strong> un antico processo<br />

Acta Martyrum Scilitanorum (BHL 7527)<br />

• Breve ma densissimo, <strong>di</strong> alta atten<strong>di</strong>bilità in quanto certo<br />

vicinissimo ai fatti narrati, questo testo è, cronologicamente,<br />

il primo scritto cristiano in lingua latina.<br />

• Esemplato, <strong>da</strong> un punto <strong>di</strong> vista formale, sugli atti giu<strong>di</strong>ziari,<br />

– conserva memoria del processo <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> cristiani <strong>di</strong> Scili,<br />

una località dell’Africa Proconsolare,<br />

• I suoi protagonisti subirono il martirio il 17 luglio 180.<br />

• Il testo non consente <strong>di</strong> dedurre in<strong>di</strong>cazioni chiare in merito<br />

ai motivi specifici che possono aver scatenato l’episo<strong>di</strong>o<br />

persecutorio che portò alla con<strong>da</strong>nna ed esecuzione <strong>di</strong><br />

questo gruppo <strong>di</strong> cristiani.


La realtà dello scontro<br />

Echi <strong>di</strong> un antico processo<br />

• Lo scritto, <strong>da</strong>l punto <strong>di</strong> vista formale, è esemplato sugli atti giu<strong>di</strong>ziari<br />

• Esso conserva memoria del processo <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> cristiani <strong>di</strong> Scili, una località dell’Africa Proconsolare,<br />

• I suoi protagonisti morirono il 17 luglio 180<br />

• Re<strong>da</strong>tto poco dopo i fatti narrati, è il primo scritto cristiano noto in lingua latina<br />

1.Essendo consoli Presente, per la secon<strong>da</strong> volta, e Clau<strong>di</strong>ano,<br />

se<strong>di</strong>ci giorni prima delle calende <strong>di</strong> agosto (17 luglio), in<br />

Cartagine, furono convocati nell'ufficio del governatore Sperato,<br />

Nartzalo e Cittino, Donata, Secon<strong>da</strong>, Vestia. Il proconsole<br />

Saturnino <strong>di</strong>sse loro: “Potete ottenere il perdono del nostro<br />

signore l’imperatore, se ritornate ai sani principi”.<br />

2. Sperato <strong>di</strong>sse: “Non abbiamo mai fatto del male, non abbiamo<br />

mai commesso iniquità. Non abbiamo mai parlato male del<br />

prossimo, anzi abbiamo sempre ringraziato anche del male<br />

ricevuto, perché noi obbe<strong>di</strong>amo al nostro imperatore”.<br />

3. Disse il proconsole Saturnino: “Anche noi siamo religiosi e la<br />

nostra religione è semplice. Giuriamo per il genio del signore<br />

nostro, l’imperatore, e facciamo sacrifici per la sua salute, cosa<br />

che dovete fare anche voi”.<br />

4. Sperato <strong>di</strong>sse: “Se mi ascolterai tranquillamente, ti spiegherò il<br />

mistero della semplicità”.<br />

5. Saturnino <strong>di</strong>sse: “Non presterò orecchio a te che ti appresti a<br />

parlar male dei nostri misteri; piuttosto giura per il genio del<br />

signore nostro, l’imperatore”.<br />

6. Sperato <strong>di</strong>sse: “Io non riconosco il potere <strong>di</strong> questo mondo,<br />

servo invece quel Dio che nessun uomo ha mai visto né può<br />

vedere con i suoi occhi. Io non ho mai rubato; se esercito un<br />

commercio pago le tasse, poiché conosco il mio Signore, Re dei<br />

re e imperatore <strong>di</strong> tutte le genti”.<br />

7. Il proconsole Saturnino <strong>di</strong>sse agli altri: “Abbandonate il credo<br />

<strong>di</strong> costui”. Sperato <strong>di</strong>sse: “Cattivo credo è uccidere e testimoniare<br />

il falso”.


Atti dei Martiri <strong>di</strong> Scili<br />

8. Il proconsole Saturnino <strong>di</strong>sse: “Non partecipate alla sua follia”.<br />

Disse Cittino: “Non temiamo nessun altro all'infuori <strong>di</strong> Dio,<br />

Signore nostro, che è nei cieli”.<br />

9. Disse Donata: “Onore a Cesare come Cesare, il timore però è<br />

riservato a Dio” (cf. Mc 12,13-17; Mt. 22,15-22; Lc. 20,20-26).<br />

Disse Vestia: “Sono cristiana” . Disse Secon<strong>da</strong>: “Voglio essere ciò<br />

che sono”.<br />

10. Il proconsole Saturnino <strong>di</strong>sse a Sperato: “perseveri nell’essere<br />

cristiano?”. Sperato <strong>di</strong>sse: “Sono cristiano”; e tutti ripeterono la<br />

stessa cosa.<br />

11.Il proconsole Saturnino <strong>di</strong>sse: “Volete un po’ <strong>di</strong> tempo per<br />

decidere?”. Sperato <strong>di</strong>sse: “In una cosa tanto giusta non serve<br />

riflettere”.<br />

12 . Il proconsole Saturnino <strong>di</strong>sse: “Che avete in quella cassetta?”.<br />

Sperato <strong>di</strong>sse: “I libri e le lettere <strong>di</strong> Paolo, un uomo giusto”.<br />

13. Disse il proconsole Saturnino: “Avete trenta giorni <strong>di</strong> tempo<br />

per ripensarci”.<br />

14. Sperato <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> nuovo: “Sono cristiano”; e tutti ripeterono la<br />

stessa cosa. Il proconsole Saturnino lesse la sentenza <strong>da</strong>lla<br />

tavoletta: “Sperato, Cittino, Donata, Vestia, Secon<strong>da</strong> e gli altri che<br />

hanno confessato <strong>di</strong> vivere secondo la religione cristiana, poiché<br />

hanno ostinatamente rifiutato la possibilità ad essi offerta <strong>di</strong><br />

tornare al costume romano, si è deciso che siano con<strong>da</strong>nnati alla<br />

decapitazione”.<br />

15. Sperato <strong>di</strong>sse: “Grazie a Dio”. Nartzalo <strong>di</strong>sse: “Oggi siamo<br />

martiri in cielo; ren<strong>di</strong>amo grazie al Signore”.<br />

16. Il proconsole Saturnino, or<strong>di</strong>nò che fosse proclamato <strong>da</strong> un<br />

araldo: “Ho <strong>da</strong>to or<strong>di</strong>ne che siano giustiziati Sperato, Nartzalo,<br />

Cittino, Veturio, Felice, Aquilino, Letanzio, Gennara, Generosa,<br />

Vestia, Donata, Secon<strong>da</strong>.<br />

17. Tutti insieme <strong>di</strong>ssero : “Grazie a Dio”. E così tutti insieme<br />

furono coronati col martirio e regnano col Padre e il Figlio e lo<br />

Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli . Amen.

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