Rescritto di Adriano a Caio Minucio Fundano riportato da Eusebio di ...

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Il crimen religionis – Se nella presenza della divinità è avvertito il fondamento della vita ordinata della comunità – Allora il crimen si configura e come un comportamento che interrompe la pace con gli dèi, infrange la pax deorum – In quanto tale esso può essere lesivo » del singolo » dell’intera comunità – Per questo la pena comminata è la “sacertà” » automatica esclusione dall’ordine della comunità, che espone il colpevole alla azione vendicativa degli dèi o di qualsiasi membro della comunità stessa • Il giuramento, quale chiamata della divinità prima a giudice e poi a testimone della veridicità di quanto dichiarato, è non a caso il momento centrale del processo
Impero romano e religioni straNIERE • Per comprendere i rapporti dei Romani con le religioni straniere è quindi necessario tenere sempre presente il quadro sopra delineato, poiché era esattamente la compatibilità/incompatibilità con esso a determinare la politica di tolleranza/intolleranza nei confronti di un determinato culto – Nella storia dell’impero romano la maggior parte delle religioni straniere trovò una possibilità di espressione e, non di rado, assimilazione – Fra quelle che furono accolte si possono contare anche alcuni culti orientali e misterici (molto popolari ma notevolmente diversi rispetto ai riti tradizionali della religione politeista romana) che in ogni caso, pur provenendo da Oriente, troivarono a Roma espressioni nuve e talvolta del tutto inedite • Culto di Cibele (Asia Min.), • Giove Diolicheno, Giove Elipolitano, Atargatide (Siria) • Iside e Serapide (Egitto) • Mitra (Persia) – Questi culti avevano delle caratteristiche che li rendevano comunque compatibili con ciò che per un romano poteva considerarsi “accettabile” sotto il profilo religioso • Conservavano comunque forti connotati della tradizionale originale, • avevano sacerdoti (propri) professionisti, non pubblici ma assunti dalla comunità dei fedeli • scopo del culto era ottenere il benessere del corpo e dell’anima del singolo fedele (e non propiziare la vita e potenza della comunità – con termine anacronistico – politica) • In linea di principio il comportamento osservato da romani rispetto alla religioni straniere si uniformava alla concezione espressa da Cicerone in Pro Flacco 28: Sua cuique civitati religio, Laeli est nostra nobis
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