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Foto: AP/LaPresse<br />
gLI ItaLIanI e La SoLIdaRIetà<br />
La fatica di chiedere soldi<br />
per annunciare <strong>il</strong> Vangelo<br />
«Spesso in Italia trovo fondi per opere sociali ma<br />
non per costruire una chiesa. Perfino un comboniano<br />
mi ha confidato: per convincere gli italiani ad<br />
aiutarti economicamente devi dire che i catechisti<br />
fanno opere sociali, aiutano gli ammalati, seguono<br />
i moribondi, fanno scuole, opere di sv<strong>il</strong>uppo. Ed è<br />
vero: per l’educazione, le emergenze e la salute, la<br />
nostra gente è disposta ad aiutare i missionari. Ma<br />
se si parla di missione vera e propria, sembra che si<br />
voglia fare la guerra santa contro le altre religioni o<br />
contro l’islam. Così si deve camuffare la missione del<br />
Vangelo, senza mettere l’aureola a quello che facciamo.<br />
È un brutto segnale: siamo diventati iconoclasti<br />
e non vogliamo più sentire parlare di cose sante. E<br />
allora capita che i fondi per i missionari, i catechisti,<br />
per chi annuncia direttamente <strong>il</strong> Vangelo, siano i più<br />
ardui da raccogliere. Però, quando capiremo cosa<br />
davvero la Chiesa realizza nel Terzo Mondo, ovvero<br />
che non fa la vittima bensì sta portando la solidarietà<br />
autentica perché guarda <strong>il</strong> povero in faccia<br />
senza paura, allora sarà fatta giustizia. Una volta gli<br />
italiani davano un’offerta perché venisse battezzato<br />
un bambino africano con <strong>il</strong> tal nome: pensi che lo<br />
facciano ancora oggigiorno? Neppure per sogno!».<br />
Cesare Mazzolari<br />
da Lorenzo Fazzini, Un Vangelo per l’Africa.<br />
Cesare Mazzolari, vescovo di una Chiesa crocifissa,<br />
ed. Lindau 2011, 150 pagine, 12 euro<br />
ca, cultura locale centrata su valori molto<br />
lontani dal Vangelo, assenza quasi totale di<br />
comunità cattoliche e presidio del territorio<br />
da parte degli anglicani.<br />
In un trentennio Mazzolari è riuscito<br />
a fare di Rumbek una diocesi, ad attirarvi<br />
missionari cattolici da tutto <strong>il</strong> mondo,<br />
a costruire scuole, ambulatori e parrocchie<br />
come se si vivesse nella pace dell’epoca<br />
coloniale e non nei decenni della grande<br />
strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti, 3<br />
m<strong>il</strong>ioni di profughi e sfollati). E persino a<br />
coltivare vocazioni sacerdotali che sono sfociate<br />
nelle prime ordinazioni di preti locali<br />
dinka. Mazzolari era uno che aveva perfettamente<br />
compreso e calato dentro di<br />
sé <strong>il</strong> monito di Jahveh del salmo: “Le mie<br />
vie non sono le vostre vie”. Non si scoraggiava<br />
di fronte all’apparente impossib<strong>il</strong>ità<br />
di innestare <strong>il</strong> cristianesimo sulla pianta<br />
del modo di vita dinka, antropologicamente<br />
estraneo all’annuncio evangelico.<br />
Alla domanda su cosa avessero capito i dinka<br />
del cristianesimo finora, rispondeva con<br />
ironia e senza alcun disagio: «Vagamente<br />
l’hanno capito». E di fronte al misto di triste<br />
sorpresa e morbosa curiosità giornalistica<br />
che io mostravo di fronte al succedersi<br />
settimanale di massacri fra pastori e intere<br />
comunità di v<strong>il</strong>laggi nella sua diocesi causati<br />
dai reciproci furti di vacche e dal dovere<br />
di proseguire vecchie faide, lui tagliava<br />
corto: «Non perdiamoci nel gossip. Cerchiamo<br />
di vedere sempre <strong>il</strong> quadro di insieme».<br />
Non era cinismo frutto della consuetudine<br />
con i cicli delle vendette tribali, ma fede<br />
risoluta nei tempi di Dio.<br />
Realista e orgoglioso<br />
Mi aveva esortato a parlare con le donne<br />
dell’associazione Santa Monica, lebbrose<br />
cacciate dalla famiglia, poliomelitiche,<br />
vedove costrette a risposare parenti che le<br />
maltrattavano. Frequentando l’associazione<br />
diretta da una suora, avevano imparato<br />
a produrre creme e saponi da un frutto tropicale,<br />
a cucire a macchina, persino a leggere<br />
e a scrivere. Erano passate dallo statuto<br />
di proprietà di valore inferiore a quello<br />
delle vacche con cui erano state comprate<br />
dai mariti a quello di persone a pieno titolo.<br />
Quando era stato letto loro <strong>il</strong> brano del<br />
Genesi dove si racconta la creazione di Eva<br />
dalla costola di Adamo, avevano esultato<br />
insieme: «Ma allora anche noi siamo esseri<br />
umani come i maschi!». Del cristianesimo<br />
fino ad allora avevano capito poco più<br />
di questo. Ma quel poco in realtà era un pas-<br />
«In un trentennio è riuscito a fare di Rumbek<br />
una diocesi, a costruire scuole, ambulatori e<br />
parrocchie. Come se quelli non fossero gli anni<br />
della grande strage sudanese (2 m<strong>il</strong>ioni di morti)»<br />
Alcune foto di Mazzolari in missione. Il vescovo è mancato<br />
<strong>il</strong> 16 luglio scorso improvvisamente mentre celebrava la Messa<br />
saggio di civ<strong>il</strong>tà enorme, destinato a minare<br />
negli anni a venire la poligamia e la vendetta,<br />
le due istituzioni attorno alle quali<br />
ruota la società dinka precristiana. Ma Mazzolari<br />
ne era certo: nelle omelie non dimenticava<br />
mai di spiegare quali valori tradizionali<br />
non erano compatib<strong>il</strong>i con <strong>il</strong> cristianesimo.<br />
Ma puntava su altro: le sue chiese<br />
piene di giovani e di ragazzi e quasi prive<br />
di anziani erano <strong>il</strong> segno della strada che <strong>il</strong><br />
cristianesimo aveva trovato per entrare nel<br />
cuore dei dinka: «Questi frequentano tutti<br />
le nostre scuole», commentava con orgoglio.<br />
Rispettato e onorato da tutti, dopo i<br />
giorni duri della guerra, quando a un certo<br />
punto l’Spla lo aveva arrestato e espulso<br />
per alcune giuste critiche da lui espresse,<br />
Mazzolari continuava a vivere con una<br />
modestia che sfiorava l’indigenza. La casa<br />
vescov<strong>il</strong>e era un casotto sormontato da una<br />
tettoia ondulata, diviso in due minuscoli<br />
locali, <strong>il</strong> soffitto basso da sfiorarci la testa.<br />
L’atrio ospitava la scrivania da lavoro, una<br />
libreria e poco altro, la camera da letto conteneva<br />
<strong>il</strong> giaciglio sovrastato dalla zanzariera<br />
e nient’altro. Niente servizi: per <strong>il</strong> gabinetto<br />
e la doccia bisognava traversare <strong>il</strong> cort<strong>il</strong>e<br />
ed entrare in un gabbiotto. Monsignor<br />
Cesare riceveva le visite sotto una tettoia di<br />
vimini davanti all’ingresso di casa, attorno<br />
a un tavolo all’aperto poggiato sul nudo terreno.<br />
Un missionario di questa scorza è giusto<br />
che se ne sia andato così come è successo:<br />
esalando l’ultimo respiro mentre diceva<br />
Messa nella piccola, gradevole, temporanea<br />
cattedrale rotonda dipinta di giallo e circondata<br />
di contorte piante tropicali, a fianco<br />
della grande, rialzata strada rossa sterrata<br />
che attraversa Rumbek da est a ovest.<br />
| | 27 luglio 2011 | 63