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Vittorio Parlato* IL VESCOVO DI ROMA, PATRIARCA D ...

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T<br />

<strong>Vittorio</strong> Parlato *<br />

<strong>IL</strong> <strong>VESCOVO</strong> <strong>DI</strong> <strong>ROMA</strong>, <strong>PATRIARCA</strong> D’OCCIDENTE.<br />

ALCUNE RIFLESSIONI<br />

ABSTRACT<br />

he article treats the recent controversy concerning the title of Patriarch of the West attributed to<br />

the Pope, and omitted by the 2006 Annuario Pontificio. The study begins with the remarks<br />

of the Orthodox Church in this sense. The author notes the absence of an unitary plan of the Church<br />

organisation at a level higher than the metropolitan one. Studying the basis of the special Primate<br />

prerogatives and the territorial extension, the article shows the limits of these rights in the case of the<br />

Bishop of Rome. The historical and normative reality of today should be a reference for the reestablishment<br />

of the full communion with the Orthodox Church.<br />

1. Attualità del tema<br />

Una recente polemica è nata dalla mancata indicazione, nell’Annuario<br />

Pontificio del 2006, tra i titoli spettanti al Romano Pontefice di quello di<br />

Patriarca d’Occidente, cui hanno fatto seguito le spiegazioni del 22 marzo<br />

2006 da parte Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei<br />

Cristiani apparsa nell’Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose 1 .<br />

Ci sono state delle osservazioni negative di parte ortodossa, sia della<br />

Chiesa Greca del 17 marzo 2006 e poi dallo stesso Santo Sinodo del<br />

Patriarcato Ecumenico dell’8 giugno 2006 2 ; la non menzione del titolo<br />

di Patriarca d’Occidente e quindi di un limite territoriale, viene temuta a<br />

* Prof. <strong>Vittorio</strong> F. Parlato preda Drept bisericesc la Universitatea din Urbino;<br />

Presedinte al Facultatii de Stiinte politice; Director al Institutului juridic; Cavaler al<br />

Ordinului Sfântului Iosif.<br />

1 Comunicato del P. Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, del 22 marzo<br />

2006, www.olir.it<br />

2 In cui tra l’altro si esprimono riserve sul il mantenimento per il Papa dei titoli di<br />

Vicario di Cristo e di Sommo Pontefice della Chiesa universale. Letter of Greek Orthodox<br />

Archbishop, www.ecclesia.gr e Announcement Holy and Sacred Synod Ecumenical Patriarchate,<br />

www.ec-patr.gr ; sull’argomento si segnala LORUSSO, L., Reazioni ortodosse circa la rinuncia<br />

del Papa di Roma Benedetto XVI al titolo di “Patriarca di Occidente”, in O Odigos, n. 2 del 2006,<br />

p. 11 s.<br />

Caietele Institutului Catolic VII (2008, 1), 102-120.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 103<br />

Costantinopoli come possibile giustificazione di una giurisdizione, anche<br />

sull’Oriente, come si verificò dopo la IV Crociata.<br />

La tesi sostenuta dal succitato P. Consiglio è che:<br />

Il titolo di ‘Patriarca d’Occidente’ fu adoperato nell’anno 642 da Papa Teodoro I.<br />

In seguito esso ricorse soltanto raramente e non ebbe un significato chiaro. La<br />

sua fioritura avvenne nel XVI e XVII secolo nel quadro del moltiplicarsi dei titoli<br />

del Papa; nell’annuario esso apparve per la prima volta nel 1863.<br />

A questa precisazione, che potremmo chiamare cronologica, si aggiungono<br />

altre considerazioni che toccano la concezione ecclesiale del<br />

primo millennio allorquando vigeva la piena comunione, sia pure con<br />

ripetuti momenti di rottura, tra la chiesa latina e le chiese orientali 3 .<br />

Continua il documento citato:<br />

Senza la pretesa di considerare la complessa questione storica del titolo di Patriarca<br />

in tutti i suoi aspetti, si può affermare dal punto di vista storico che gli antichi<br />

Patriarcati d’Oriente, fissati dai Concili di Costantinopoli (381) e di Calcedonia<br />

(451), erano relativi ad un territorio abbastanza chiaramente circoscritto, allorché<br />

il territorio della Sede del vescovo di Roma rimaneva vago. In Oriente nell’ambito<br />

del sistema ecclesiastico imperiale di Giustiniano (527-565), accanto ai quattro<br />

Patriarcati orientali (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme), il<br />

Papa era compreso come Patriarca d’Occidente. Inversamente, Roma privilegiò<br />

l’idea delle tre sedi episcopali petrine: Roma, Alessandria ed Antiochia. Senza<br />

usare il titolo di ‘Patriarca d’Occidente’, il IV Concilio di Costantinopoli<br />

(869-870), il IV Concilio del Laterano (1215) ed il Concilio di Firenze (1439),<br />

elencarono il Papa come primo degli allora cinque Patriarchi.<br />

Queste note nel ricordare alcuni dati storici sembrano voler continuare<br />

a legare il rango primaziale di certe sedi all’essere sedi petrine,<br />

così Alessandria, sede vescovile fondata da Marco inviato da Pietro,<br />

avrebbe dovuto precedere Antiochia, prima sede episcopale di Pietro.<br />

Discutibile è poi l’affermazione secondo cui<br />

attualmente il significato del termine ‘Occidente’ richiama un contesto culturale<br />

che non si riferisce soltanto all’Europa Occidentale, ma si estende agli Stati Uniti<br />

d’America fino all’Australia e alla Nuova Zelanda, differenziandosi così da altri<br />

contesti culturali. Ovviamente tale significato del termine ‘Occidente’ non intende<br />

descrivere un territorio ecclesiastico né esso può essere adoperato come definizione<br />

di un territorio patriarcale. Se si vuole dare al termine ‘Occidente’ un significato<br />

applicabile al linguaggio giuridico ecclesiale, potrebbe essere compreso<br />

3 Basti vedere ad es. il volume PARLATO,V., L’ ufficio patriarcale nelle chiese orientali dal IV<br />

al X secolo, Contributo allo studio della ‘communio’, Padova, 1969, in cui si ricordano i periodi<br />

più o meno lunghi di mancanza di comunione tra Roma e Costantinopoli.


104 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

soltanto in riferimento alla Chiesa latina. Pertanto il titolo di ‘Patriarca<br />

d’Occidente’ descriverebbe la speciale relazione del Vescovo di Roma a<br />

quest’ultima, e potrebbe esprimere la giurisdizione particolare del Vescovo di<br />

Roma per la Chiesa latina.<br />

Ancor più criticabile è l’ulteriore precisazione:<br />

Di conseguenza il titolo ‘Patriarca d’Occidente’ , sin dall’inizio poco chiaro, nell’evolversi<br />

della storia diventava obsoleto e praticamente non più utilizzabile.<br />

Appare dunque privo di senso insistere a trascinarlo dietro. Ciò tanto più che la<br />

Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II ha trovato per la Chiesa latina nella<br />

forma delle Conferenze Episcopali e delle loro riunioni internazionali di Conferenze<br />

episcopali, l’ordinamento canonico adeguato alle necessità di oggi. Tralasciare<br />

il titolo di ‘Patriarca d’Occidente’ non cambia chiaramente nulla al riconoscimento,<br />

tanto solennemente dichiarato dal Concilio Vaticano II, delle antiche<br />

Chiese patriarcali (Lumen Gentium, 23). Ancor meno tale soppressione può voler<br />

dire che essa sottintende nuove rivendicazioni. La rinuncia a detto titolo vuole<br />

esprimere un realismo storico e teologico e, allo stesso tempo, essere la rinuncia<br />

ad una pretesa, rinuncia che potrebbe essere di giovamento al dialogo ecumenico.<br />

In tutto il documento si confondono dati teologici, situazioni giuridiche<br />

storiche e istituti giuridici attuali, così si equiparano le Conferenze<br />

Episcopali e le loro riunioni internazionali di Conferenze episcopali,<br />

che certamente rispondono alle necessità pastorali odierne, ai patriarcati<br />

orientali, e si presenta l’omissione della titolo di Patriarca d’Occidente<br />

come un fatto non solo non influente nel dialogo ecumenico, ma addirittura<br />

utile.<br />

Senza voler esaminare i punti qualificanti del documento succitato ed<br />

esprimere un mio giudizio, ritengo opportuno fare alcune precisazioni<br />

storiche che permettano di comprendere le riserve manifestate da parte<br />

di autorità ortodosse, riserve che certamente nuocciono al dialogo ecumenico.<br />

Le osservazioni di parte ortodossa<br />

Le osservazioni da parte ortodossa partono dalla diversa ecclesiologia<br />

loro propria, perciò si soffermano sul principio di collegialità e di comunione<br />

tra chiese e si rifanno alla concezione pentarchica della Chiesa<br />

universale, ed alla necessaria esistenza di un patriarcato d’Occidente,<br />

come patriarcato del vescovo di Roma; è come patriarca d’Occidente<br />

che il Papa è membro del collegio patriarcale.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 105<br />

Il Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli prende atto, come<br />

innegabile realtà, che il termine Occidente abbia oggi acquistato un contesto<br />

colturale che travalica gli antichi confini dell’Impero romano d’Occidente<br />

comprendendo le Americhe e l’Oceania, ma ricorda anche che,<br />

secondo la concezione ortodossa, il principio culturale non può essere<br />

sostituito al principio geografico per delineare la struttura organizzativa<br />

della Chiesa 4 .<br />

Il Patriarcato ecumenico ritiene anche (numero 5) che il fatto che il<br />

vescovo di Roma mantenga il titolo di Patriarca d’Occidente, cioè si<br />

consideri uno dei patriarchi, esprima bene il concetto di ‘chiese sorelle’<br />

che deve essere alla base dell’ecclesiologia su cui ripristinare la piena comunione<br />

tra le Chiese 5 .<br />

Aggiungo a quanto detto il pensiero dell’Arcivescovo di Grecia: Il titolo<br />

di Patriarca d’Occidente attribuito al Vescovo di Roma deve essere<br />

mantenuto; esso implica il riconoscimento di una duplice potestà nel<br />

Papa: quella di Protos con una speciale giurisdizione sulla Chiesa latina,<br />

identificabile con il Patriarcato d’Occidente, e quella di Sommo Pontefice,<br />

con un primato sulla comunione delle Chiese, cioè una sollecitudine<br />

nei confronti della Chiesa universale.<br />

For us Orthodox, the Pope of Elder Rome has always been the Patriarch of the<br />

West, the successor of the Apostles Peter and Paul who funded the Church of<br />

Rome, the first in honour, primus inter pares, and he who presides in Charity, and it<br />

is only logical that upon this title, within the framework of the ancient pentarchy<br />

[…] of the first millennium that we can build the reunification of One Undivided<br />

Church 6 .<br />

4 “The unity of Church cannot be conceived as a sum of culturally distinct<br />

Churches, but as a unity local, namely geographically determined, Churches. The removal<br />

of the title ‘Patriarch of the West’ must not lead to the absorption of the clearly<br />

distinct geographical ecclesiastical ‘jurisdictions’ by a ‘universal’ Church, consisting of<br />

Churches which are distinguished on the basis of either ‘culture’ or ‘confession’ or<br />

‘rite’,” cfr. punto 4.<br />

5 I titoli di Vicario di Cristo e di Sommo Pontefice della Chiesa universale creano<br />

invece serie difficoltà per il dialogo ecumenico in quanto sono percepiti “as implying a<br />

universal jurisdiction of the bishop of Rome over the entire Church, which is<br />

something the Orthodox have never accepted”.<br />

6 Lettera dell’Arcivescovo di Atene, Christodoulos, del 17 marzo 2006, inviata a<br />

Papa Benedetto XVI.


106 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

Credo che queste parole, così autorevoli per la fonte e per il destinatario,<br />

esprimano meglio di ogni altra considerazione una delle linee su<br />

cui muovere il dialogo fruttuoso con l’Ortodossia 7 .<br />

2. Assenza di un disegno unitario nell’organizzazione<br />

ultra metropolitana della Chiesa<br />

Le norme costituzionali che regolavano la vita della Chiesa, ed in<br />

specie l’organizzazione ecclesiastica del primo millennio, anche riconosciute<br />

definitivamente dal Concilio di Nicea II, del 787, non sono il<br />

frutto di una elaborazione di un legislatore sovrano o di un’assemblea<br />

costituente e promulgate in un determinato momento storico, esse<br />

sono invece frutto di una prassi che si stava consolidando, prassi accettata<br />

e sancita nel prosieguo del tempo da canoni dei concili ecumenici,<br />

o anche particolari e da leggi imperiali.<br />

Queste norme, spesso, costituiscono la soluzione di specifiche fattispecie<br />

date da sinodi particolari o sono risposte di alcuni Padri della<br />

Chiesa, recepite poi in altre chiese locali con atti di comunione ecclesiastica.<br />

Esempio tipico dell’accettazione di una prassi instaurata è il can. 6<br />

del Concilio di Nicea I, del 325, in cui si dice:<br />

Antiqua consuetudo servetur per Aegyptum, Lybiam et Pentapolim ita ut<br />

Alexandrinus episcopus horum omnium habeat potestatem, quia et urbis Romae<br />

episcopo parilis mos est. Similiter autem et apud Antiochiam ceterasque<br />

provincias sua privilegia serventur ecclesiis.<br />

I Padri a Nicea prendono atto, quindi, che alcune chiese avevano goduto<br />

sin dall’età sub-apostolica di un prestigio particolare, sia a causa<br />

della loro origine apostolica, sia a causa della fama e santità di uno dei<br />

loro vescovi, sia per importanza civile della città 8 .<br />

Il vescovo di Alessandria si vede riconfermato un potere eccezionale<br />

(????s?a ) non su una provincia come ogni metropolita, bensì su più<br />

7 Sui problemi attuali dell’ecumenismo con le Chiese Ortodosse rinvio al volume V.<br />

PARLATO, Le Chiese d’Oriente tra storia e diritto, Saggi, Torino, 2003, in special modo al<br />

capitolo IV, titolo I, Principi dell’ecumenismo cattolico e titolo II, Le Chiese orientali cattoliche e<br />

la problematica ecumenica con le Chiese ortodosse.<br />

8 PARLATO,V., L’ufficio cit., p. 11-12 e bibl. ivi cit.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 107<br />

province e su più metropoliti 9 ; egli è paragonato al vescovo di Roma, è<br />

a lui parilis, in quanto dalle fonti si rileva che ha una giurisdizione, in<br />

quel periodo sub-apostolico sulle dieci province civili della diocesi dell’Italia<br />

suburbicaria 10 ; non è invece precisato il potere sopra-episcopale<br />

riconosciuto al vescovo di Antiochia 11 ed anche questo è a riprova del<br />

prendere atto e sanzionare di situazioni giuridiche preesistenti il cui<br />

contenuto è noto e perciò non precisato.<br />

Queste sedi con Roma, come poi quelle di Costantinopoli e di Gerusalemme,<br />

prenderanno il titolo di sedi patriarcali.<br />

L’esistenza di una differenza di poteri tra i vescovi di Alessandria e<br />

quello di Antiochia con conseguente presa d’atto, senza indicazione di<br />

causa, risulta dai deliberati del Concilio di Costantinopoli I, del 381,<br />

dove, anche qui, il can. 2 stabilisce:<br />

Qui sunt super diocesim episcopi, nequaquam ad ecclesias quae sunt extra terminos<br />

sibi praefixos, accedant nec eas hac praesumptione confundant. Sed iuxta canones<br />

Alexandrinus antistes quae sunt in Aegypto regat solummodo. Et Orientis<br />

episcopi Orientem tantum gubernent servatis privilegiis, quae nicaenis canonibus<br />

ecclesiae Antiochenae tributa sunt.<br />

Mentre il vescovo di Alessandria si vede riconfermata il suo potere<br />

su tutta la diocesi civile d’Egitto, nella diocesi civile d’Oriente è il sinodo<br />

dei vescovi che ha la supremazia, salvi quei poteri, ancora una volta<br />

non menzionati, che il concilio di Nicea aveva riconosciuto al vescovo<br />

di Antiochia 12 .<br />

La mancanza di un disegno giuridico unitario è del tutto evidente. Lo<br />

stesso accordo tra il vescovo di Antiochia e quello di Gerusalemme, ra-<br />

9 Oltre ad ordinare tutti i vescovi e metropoliti il vescovo di Alessandria interviene a<br />

difesa dell’ortodossia convocando sinodi, inviando lettere, deponendo anche vescovi,<br />

risolvendo controversie, promulgando norme per tutti quei territori, PARLATO,V.,<br />

L’ufficio cit., p. 13, nota 12. La comparazione con i poteri del vescovo di Roma va intesa<br />

naturalmente per quel che concerne i poteri sopra-episcopali, cfr. sul punto PARLATO,V.,<br />

L’ufficio cit., p. 13, nota 11.<br />

10 Tuscia-Umbria, Campania, Lucania-Bruttium, Apulia-Calabria, Sannio, Piceno,<br />

Valeria, Sicilia, Sardegna e Corsica, cfr. VOGEL, C., Unité de l'Église et pluralité des formes<br />

historiques d’organisation ecclésiastique du III au V siècle, in L'Épiscopat et l'Église universelle,<br />

Paris, 1962, p. 629.<br />

11 Antiochia era considerata la principale metropoli ecclesiastica dell’Oriente. Il<br />

vescovo antiocheno già nel 252 presiede i concili regionali; cfr. PARLATO,V., L’ufficio cit.,<br />

p. 13, nota 13.<br />

12 PARLATO,V., L’ufficio cit., p. 14-15 e bibl. ivi citata


108 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

tificato dal Concilio di Calcedonia del 451, con il quale si riconosce una<br />

giurisdizione ultrametropolitana anche a Gerusalemme sulle tre Palestine,<br />

istituisce una quinta giurisdizione patriarcale per soddisfare un desiderio<br />

di una persona, Giovenale di Gerusalemme 13 , o di una Chiesa locale,<br />

quella gerosolimitana, non è fatto per razionalizzare con una ripartizione<br />

equilibrata l’organizzazione ecclesiastica regionale.<br />

3. Il fondamento delle speciali prerogative<br />

primaziali ed estensione territoriale<br />

Quanto all’affermazione contenuta nel Documento del Pontificio<br />

Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani secondo cui “gli<br />

antichi Patriarcati d’Oriente, fissati dai Concili di Costantinopoli (381) e<br />

di Calcedonia (451), erano relativi ad un territorio abbastanza chiaramente<br />

circoscritto , allorché il territorio della Sede del vescovo di Roma<br />

rimaneva vago”, mi pare che le fonti parlino espressamente sì di giurisdizione<br />

in determinati territori, ma prevedono interventi primaziali aldilà<br />

di quei territori specifici.<br />

La giustificazione e legittimità delle speciali prerogative esercitate dal<br />

patriarca di Costantinopoli 14 traggono fondamento nel can. 28 del concilio<br />

di Calcedonia, del 451, e nel can. 36 del concilio in Trullo, del 691,<br />

dove anche si ribadisce il primato di onore a quella sede, seconda solo<br />

all’antica Roma; lì si affermava che spettava al vescovo primate di ogni<br />

diocesi civile dell’Impero consacrare (e quindi controllarne la nomina) i<br />

vescovi di quella diocesi e che al vescovo di Costantinopoli spettava or-<br />

13 PARLATO,V., L’ufficio cit., p. 17 ; si legge in MANSI, VIII, 177 s., „Maximus<br />

reverendissimus episcopus Antiochiae Syriae dixit. Placuit mihi reverend. Episcopo<br />

Juvenali, propter multam contentionem per consensum ut sedes quidem<br />

Antiochensium maxime civitatis beati Petri habeat duas Phoenicias et Arabiam, sedes<br />

autem Hierosolimorum habeat tres Palestinas. Et rogamus ex decreto vestrae<br />

magnificentiae et sancti concilii, haec scripto firmari”.<br />

14 Sulle prerogative di Costantinopoli cfr. VOGEL, C., Unité de l’Eglise et pluralité des<br />

formes historiques d’organisation cit., p. 620 s. e JOANNOU, P.P., Pape et patriarches dans la<br />

législation canonique, in Les canons des synodes Particuliers (Pontificia commissione per la<br />

redazione del codice di diritto canonico orientale, Fonti, Discipline générale antique, IV-X<br />

s., t. I,2) Grottaferrata, 1962, p.541 s.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 109<br />

dinare i vescovi del Ponto, Asia e Tracia e quelli dei paesi fuori i confini<br />

dell’Impero (Paesi barbari) vicini 15 .<br />

Stando alla situazione politico-geografica del V secolo si può ritenere<br />

che i Paesi barbari fossero quelli limitrofi all’Impero Romano d’Oriente,<br />

cioè i territori orientali balcanici e quelli della odierna pianura russa e<br />

delle sponde del mar Nero fino al Caucaso; territori non ‘chiaramente<br />

circoscritti’ 16 .<br />

Analogamente i vescovi della Mesopotamia e della Persia venivano<br />

ordinati all’inizio 17 dal patriarca viciniore, quello di Antiochia, e sempre<br />

fin dai primi tempi il metropolita di Etiopia veniva ordinato dal patriarca<br />

di Alessandria 18 .<br />

Quanto al fondamento ecclesiologico delle speciali prerogative riconosciute<br />

ad alcuni vescovi va detto che per gli orientali esse derivavano<br />

da decisioni conciliari che prendevano atto di situazioni esistenti determinate<br />

da fattori politici e sociali. Per la Chiesa di Roma il Decretum Ge-<br />

15 A tal proposito il canone recita: „et ut Ponticam et Asiam et Thraciam<br />

gubernationem habeant etiam qui in barbaricis sunt episcopi a sede suprascripta<br />

[Costantinopoli] paroecias eis ordinentur“. Su questo cfr. JOANNOU, P.P., op. cit., p. 546<br />

dove si dice: „ Quant aux mission en territoires sis hors des limites de l’empire, le droit<br />

consétudinaire établi attribuait au chef de claque diocèse [civile] la juridiction sur les<br />

peuples habitant les terres limitrophes à son territoire: c’est ainsi que p. ex. la<br />

Mésopotamie, la Perse dépendaient d’Antioche ; suivant cette pratique le siège de CP se<br />

voit attribuer la juridiction de métropolitain sur les évêchés ‘des barbares’ , limitrophes<br />

de Trace et du Pont “.<br />

16 Si tenga presente che dal 374 il Catholicos di Armenia negò la propria soggezione<br />

all’esarca di Cesarea, uno dei tre esarcati su cui si sovrapponeva la giurisdizione<br />

patriarcale di Costantinopoli. Coussa, G. A., Epitome praelectionum de iure ecclesiastico<br />

orientali, I, Grottaferrata, 1948, p. 198.<br />

17 COUSSA, G. A., Epitome cit., p. 189.<br />

18 COUSSA, G. A., Epitome cit ., p. 173-174. La consacrazione del metropolita per<br />

l’Etiopia (chiesa monofisita) da parte del patriarca copto di Alessandria si è protratta<br />

fino al XX secolo. Il primo vescovo di Auxum, Frumenzio, fu consacrato vescovo<br />

pochi anni prima del Concilio di Nicea, del 325, da Atanasio di Alessandria (Cfr. La<br />

Chiesa d’Etiopia, a cura del Centro Studi e Documentazione del C.V.M. [Centro<br />

Volontari Marchigiani], Ancona 1984, p. 20) e dopo Frumenzio i vescovi etiopi erano<br />

sempre di nazionalità egiziana e consacrati dal vescovo di Alessandria, con riferimento a<br />

normative particolari anche ricomprese nel Feta Negist (p. 26); solo nel 1948 dopo<br />

lunghe trattative il Patriarca copto di Alessandria accettò l’indipendenza della Chiesa<br />

etiope con successiva nomina di un proprio patriarca (p. 52).


110 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

lasianum 19 oltre a rivendicare il collegamento speciale tra il vescovo di<br />

Roma e Pietro precisa che anche gli speciali privilegi di Alessandria ed<br />

Antiochia hanno fondamento nell’essere tutte e tre sedi petrine, nella<br />

prima ha predicato Marco, inviato di Pietro, nella seconda ha predicato<br />

lo stesso Pietro prima di venire a Roma dove ha subito il martirio; Gerusalemme<br />

dove ha predicato ed è stato crocifisso il Cristo non sembra<br />

riscuotere speciale valore, secondo questa tesi romana.<br />

L’esercizio delle prerogative primaziale del vescovo di Roma in Occidente:<br />

limiti di modalità e di tempi<br />

Credo che una cosa sia da chiarire subito, quando noi oggi parliamo<br />

di speciali prerogative primaziale di alcuni vescovi rispetto ad altri vescovi<br />

e ad altre chiese, non dobbiamo aver presente i caratteri tipici della<br />

giurisdizione ultrametropolitana o metropolitana classica del diritto<br />

canonico occidentale.<br />

Una antica e tradizionale prerogativa, ribadita da concili ecumenici e<br />

particolari, è quella di consacrare i vescovi metropoliti soggetti, controllandone<br />

così la nomina, ma poteva anche essere quella di conferire loro<br />

la communio ecclesiastica tramite lettere di comunione. Il vescovo di Roma<br />

consacrava di norma i vescovi dell’Italia centro meridionale 20 , si limitava<br />

a riconoscere i vescovi di Arles in Gallia e di Tessalonica in Macedonia<br />

21 e con lettere di comunione li nominava anche suoi vicari per quei<br />

territori.<br />

19 Documento composito di oscure origini rispecchiava la visione della curia papale<br />

secondo cui non dai concili, ma dallo stesso Cristo Pietro e i suoi successori avevano<br />

ricevuto il primato con la frase evangelica “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la<br />

mia Chiesa”, Cfr. anche Meyendorff, J., Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, a cura di A.<br />

Rigo, Comunità di Bose, Magnano, 2005, p. 17.<br />

20 VOGEL, C., Unité de l'Église et pluralité des formes historiques d’organisation cit., p. 629.<br />

21 Cfr. PARLATO, V., Il vicariato di Tessalonica (IV-VII sec.), in Studi in memoria di Pietro<br />

Gismondi, vol. II, 2, Milano, 1991, p. 98-112, in cui il pontefice investe di poteri vicariali<br />

vescovi di Tessalonica e di Arles già nominati(p. 100-101), cfr. anche VOGEL, C., Unité de<br />

l'Église et pluralité des formes historiques d’organisation cit., p. 630 e 632.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 111<br />

Limitatissima era poi l’influenza che la sede di Roma attuava in Africa<br />

dove un vero primato era esercitato dalla sede di Cartagine fino all’invasione<br />

dei Vandali del 455 22 .<br />

L’affermazione del potere primaziale, ultrametropolitano, in Occidente<br />

sarà realizzato per tappe, nel 445 l’Imperatore d’Occidente “emana<br />

un editto con il quale riconosce pienamente il primato giurisdizionale<br />

del papa in Occidente con la seguente formula ‘nulla deve essere fatto<br />

contro o senza l’autorità della chiesa romana’ ” 23 . Sarà solo dopo il 742<br />

che papa Bonifacio imporrà a tutti i vescovi dell’Occidente di ricevere il<br />

pallium da Roma, quale segno di soggezione alla sede romana 24 .<br />

Roma esercita anche il suo ruolo ultrametropolitano sempre in Occidente<br />

patrocinando e favorendo l’attività missionaria nei popoli del<br />

Nord-Europa: Irlandesi e Anglosassoni 25 e in seguito a cavallo tra il I e<br />

II millennio presso Magiari, Polacchi e alcuni Slavi. Nello stesso periodo<br />

si assiste ad una frantumazione normativa e di governo nei nuovi regni<br />

che si vengono formando in Europa 26 .<br />

Tutto questo territorio viene considerato l’Occidente, il patriarcato<br />

del vescovo di Roma, caratterizzato da un riferimento alla tradizione rituale,<br />

giuridica, culturale e linguistica latina.<br />

4. Ulteriore espansione territoriale<br />

della giurisdizione patriarcale bizantina<br />

Il processo di accentramento, operato da Costantinopoli già dal IX<br />

secolo e della progressiva estensione delle suo prerogative anche sugli<br />

altri patriarcati 27 , dilaniati da scismi ed eresie e soggetti a dominazione<br />

araba, ha determinato l’interpretazione estensiva dei poteri del patriar-<br />

22 Cfr. anche VOGEL, C., Unité de l'Église et pluralité des formes historiques d’organisation cit.,<br />

p. 630-631.<br />

23<br />

ULLMANN, W., Il papato nel Medioevo, Roma-Bari, 1987, p. 26, citato da FANTAPPIÈ, C.,<br />

Introduzione storica al diritto canonico,Bologna, 1999, p. 64.<br />

24<br />

MEYENDORFF, J., Lo scisma tra Roma e Costantinopoli cit., p. 28-29.<br />

25<br />

FANTAPPIÈ, C., Introduzione storica al diritto canonico cit., p. 71 s.<br />

26<br />

FANTAPPIÈ, C., Introduzione storica al diritto canonico cit., p. 67 s.<br />

27 Sul potere di accentramento del patriarcato di Costantinopoli cfr. PARLATO,V., Le<br />

Chiese d’Oriente tra storia e diritto cit., p. 13-20; DARROUZÈS, J., Documents inédits d’Ecclesiologie<br />

byzantine, Paris, 1966, p. 78.


112 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

cato costantinopolitano in tutti i territori posti fuori dei confini dell’Impero<br />

bizantino per tutelare e provvedere alla cura pastorale anche di<br />

quanti, seguaci dell’ortodossia, abitanti nel patriarcato d’ Occidente – il<br />

patriarcato del Papa - che ormai si era irrimediabilmente staccato dagli<br />

altri quattro patriarcati orientali. Di qui la dipendenza attuale da Costantinopoli<br />

di circoscrizioni episcopali negli Stati dell’Europa occidentale.<br />

Diverso è il problema della dipendenza da Costantinopoli delle chiese<br />

e dei vescovi di diocesi situate nelle Americhe ed in Australia; si può<br />

ritenere che esse dipendano dal Patriarca bizantino perché i fedeli<br />

appartengono alla diaspora ortodossa in Occidente (analogamente a<br />

quello che succede per i cristiani ortodossi dell’Europa occidentale), e<br />

quindi si tratterebbe di una giurisdizione personale giustificata dalla cura<br />

pastorale di fedeli della diaspora 28 , oppure potrebbe essere ricondotta<br />

alla prevista giurisdizione sui Paesi Barbari, di cui ai canoni 28 di Calcedonia<br />

e 36 del Trullano, qualificando le Americhe e l’Australia come<br />

28 A suffragio della qualificazione di giurisdizione eccezionale e personale, che si può<br />

portare quanto affermato da un canonista ortodosso (THEODOROU, E. T., Gli uniati<br />

ostacolo per l’unità, trad. italiana, in Oriente Cristiano, n. 2-3, 1992, pp. 37-38) secondo il<br />

quale “si richiede un’attenzione ed un tatto particolare nel regolare i rapporti tra Chiese<br />

di confessioni diverse, che non sono dal punto di vista numerico ugualmente<br />

rappresentate nello stesso ambito geografico. La Chiesa ufficiale o dominante deve<br />

evidentemente rispettare la libertà di coscienza dei membri delle minoranze, ma queste,<br />

in quanto credono sul serio che la Chiesa ufficiale o dominante ha le caratteristiche di<br />

vera Chiesa e può assicurare le condizioni della salvezza e la possibilità di appropriarsi<br />

dell’opera redentrice del Signore dovrebbero manifestare la sincerità del loro spirito<br />

ecumenico non solo evitando qualsiasi attività di proselitismo, diretta o indiretta, ma<br />

anche auto limitarsi al minimo indispensabile per la soddisfazione delle esigenze dei<br />

propri membri nella loro situazione particolare e lasciando via libera alla Chiesa ufficiale<br />

o dominante“. In altre parole si chiede che nei territori in cui la religione ortodossa è la<br />

religione di stato o della maggioranza della popolazione e come tale abbia una<br />

situazione particolare anche nell’ambito civile, quale è la Chiesa in Grecia considerata<br />

dallo stato greco come religione dominante, i fedeli delle altre confessioni, cioè i fedeli<br />

della Chiesa cattolica o quelli delle antiche Chiese orientali, Chiese tutte che<br />

riconoscono la Chiesa ortodossa come Chiesa sorella e strumento di grazia divina,<br />

godano di una libertà religiosa minima, vicina ad un regime di tolleranza, al fine di non<br />

ostacolare le attività della Chiesa dominante. Uguale situazione dovrebbe valere in<br />

occidente per gli ortodossi, che sono un’esigua minoranza tra i cattolici e i protestanti.<br />

Bisogna riconoscere che, per più ragioni, gli ortodossi in occidente non fanno opera di<br />

proselitismo e si limitano alla cura spirituale dei propri fedeli.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 113<br />

tali; in questo caso non sarebbe una giurisdizione personale, bensì una<br />

vera e propria giurisdizione territoriale.<br />

Certo è difficile dire in base ai citati canoni chi sia il patriarca competente<br />

in ragione della vicinanza, ed è difficile dire che siamo in presenza<br />

di una concorrenza di giurisdizioni patriarcali in medesimo territorio,<br />

sia pure vastissimo, contraddicendo un principio classico dell’ortodossia<br />

che vuole una unica chiesa in un unico territorio 29 .<br />

Forse si potrebbe ritenere che, in base alla situazione che si è creata<br />

in virtù del potere di accentramento del patriarcato bizantino, ricordato<br />

sopra, saremmo in presenza di una giurisdizione esclusiva di Costantinopoli<br />

sui fedeli ortodossi e di Roma sui fedeli cattolici.<br />

Quanto ai limiti dei singoli patriarcati, si potrebbe sostenere che corrispondano<br />

ai limiti territoriali esistenti nell’Impero Romano e che i territori<br />

al di fuori di esso non fanno parte di nessun patriarcato storico,<br />

ma seguono le tradizioni proposte (e accettate) dell’azione missionaria.<br />

Basti ricordare l’azione di Cirillo e Metodio nei confronti dei Boemi e<br />

degli altri slavi mitteleuropei, della chiesa bizantina nei confronti dei<br />

Bulgari 30 e dei Russi, per non parlare della successiva evangelizzazione<br />

delle Americhe e dell’Australia; non credo che si possa parlare di Patriarcato<br />

d’Occidente per questi territori, ma solo di zone in cui si è sviluppata,<br />

in modo del tutto prevalente, la chiesa cattolica latina, tramite<br />

l’azione missionaria occidentale e per il numero dei fedeli e per la volontà<br />

dei governi, specie latino-americani di convertire i nativi alla chiesa<br />

cattolica; le tradizioni orientali, bizantine, melkite, russe sono rimaste<br />

così solo proprie di popolazioni emigrate appartenenti a quelle tradizioni,<br />

riti e culture.<br />

29 Cfr. anche quanto affermato in CARPIFAVE, A., Conversazioni con Alessio II, patriarca di<br />

Mosca e di tutte le Russie, Milano,2003, p. 213.<br />

30 Sulla volontà della Chiesa di Roma di ottenere la giurisdizione ultrametropolitana<br />

sulla Bulgaria, cfr. DVORNIK, F., Byzance et la primauté romaine, Paris, 1964, p. 137s. e 147s.


114 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

5. La pentarchia: limiti temporali e territoriali<br />

I termini „patriarca“ e „patriarcato“ sono successivi; non lo sono,<br />

invece, come ho detto sopra, le speciali prerogative attribuite ai cinque<br />

vescovi di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e<br />

Gerusalemme in determinati territori.<br />

Nel concilio di Calcedonia, del 451, la Chiesa viene divisa in cinque<br />

grandi circoscrizioni ultra-metropolitane, i cinque patriarcati 31 : Roma,<br />

Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, cui si aggiunge<br />

la chiesa di Cipro 32 . Tutto il territorio dell’Impero romano era compreso<br />

in quelle cinque grandi circoscrizioni; la parte occidentale, su cui<br />

esercita il potere primaziale il vescovi di Roma, in quel periodo non<br />

corrisponde ormai più ai confini dell’Impero d’Occidente sotto Diocleziano;<br />

Spagna, Gallia, Germania, Britannia e parte dell’Africa sono soggetti<br />

a domini barbarici, non per questo si ritiene che le speciali prerogative<br />

del vescovo di Roma siano venute meno in tutti quei territori che<br />

una volta facevano parte dell’Impero. Una riprova di ciò sta nel fatto<br />

che quando, nel 379, le diocesi civili di Macedonia e di Dacia che facevano<br />

parte della Prefettura dell’Illirico e quindi dell’Impero d’Occidente,<br />

furono unite all’Impero d’Oriente, i papi per salvaguardare le loro<br />

speciali prerogative su vescovi di quelle regioni, conferiscono al vescovo<br />

di Tessalonica, una potestà vicaria 33 .<br />

Ho detto che il titolo di patriarca viene assunto dai cinque vescovi in<br />

quegli anni, senza un deliberazione ad hoc, ma come titolo corrispondente<br />

allo speciale ruolo ricoperto.<br />

Quello che merita rilevare è che agli inizi quando si parla di chiesa di<br />

Roma, di chiesa di Costantinopoli, di chiesa di Alessandria, di chiesa di<br />

Gerusalemme non si intende riferirsi alle circoscrizioni territoriali sottoposte<br />

alle succitate chiese, ma alla chiesa particolare dove risiede il vescovo-patriarca,<br />

considerata chiesa madre. Nel IV e V secolo il patriar-<br />

31 Per una diversa valutazione della pentarchia cfr. anche ZANCHINI <strong>DI</strong> CASTIGLIONCHIO,<br />

F., Riflessioni sulla collegialità episcopale nel sistema della pentarchia, in Studi in onore di P. A.<br />

D’Avack, vol. III Milano, 1977, p. 1043 s.<br />

32 La cui autocefalia venne giustificata dal fatto che quella chiesa fosse stata fondata<br />

dall’apostolo Barnaba nel IV secolo Cfr. PALMIERI, A., Chypre (Église de) in Dictionnaire de<br />

Théologie catholique, II,2, Paris, 1923, 2424-2472.<br />

33 Cfr. PARLATO, V., Il vicariato di Tessalonica (IV - VII sec.) cit., p. 98-112 e bibliografia<br />

ivi citata; DVORNIK, C., Byzance et la primauté romaine cit., p. 31.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 115<br />

cato può essere considerato come ‘unione’ di chiese locali o regionali<br />

raggruppate intorno ad una chiesa-madre ed unite da un vinculum communionis<br />

tra loro e soggette alle speciali prerogative del patriarca.<br />

Attraverso lo sviluppo della teoria della pentarchia si giungerà ad un<br />

grado di astrazione che permetterà di individuare nella chiesa patriarcale<br />

non più la chiesa madre dove risiede il vescovo-patriarca, bensì una unità<br />

organica composta di più chiese locali sotto l’autorità gerarchica di<br />

un prelato: il Patriarca; la conseguenza sarà che il fulcro della vita ecclesiale<br />

si sposterà dalle chiese locali e dalle chiese metropolitane al patriarcato<br />

34 .<br />

Il concilio di Costantinopoli, dell’869-870, VIII ecumenico per la<br />

Chiesa di Roma, segna l’apice della concezione confederale, pentarchica,<br />

della Chiesa; da tutto il contesto si deduce che il vescovo di Roma<br />

ha una giurisdizione sull’Occidente; nelle sue sessioni si proclama che<br />

Dio ha fondato la sua Chiesa sui cinque patriarchi e che se anche quattro<br />

di loro dovessero errare, uno di essi rimarrà sempre a custodire il<br />

gregge di Cristo 35 .<br />

Questo concilio è, però, disconosciuto dagli ortodossi. Si sostiene<br />

che fu annullato da papa Giovanni VIII 36 ; i canoni di questo concilio<br />

non si trovano in nessuna collezione canonica orientale e non può essere<br />

portato come documento a suffragio della pentarchia da parte ortodossa.<br />

A sostegno della pentarchia gli ortodossi pongono invece il concilio<br />

dell’879-880 tenuto anche questo a Costantinopoli, un concilio che riabilita<br />

Fozio e disconosce il precedente sinodo; dai canoni si ricava il<br />

principio della pentarchia e l’affermazione della reciproca parità tra<br />

Roma e Costantinopoli in relazione alla potestà coercitiva.<br />

34 In Oriente si sostenne che il potere supremo nella Chiesa spettasse ai cinque<br />

patriarchi. “Cette idée – scriveva DUCHESNE, L., Autonomies ecclésiastiques, Églises séparées,<br />

vol. I, Paris, 1906, p. 167 – s’est perpétuée dans le droit byzantin; à Rome on l’acceptait<br />

dans le langage officiel, mais sens enthousiasme”.<br />

35 MANSI, op. cit., XVI, coll. 140-141; DVORNIK, F., Bizance cit., p. 91; PARLATO, V.,<br />

L’ufficio patriarcale cit., p. 176.<br />

36 Lo stesso Papa in una lettera inviata all’imperatore afferma: “sanctam<br />

Constantinopoli synodum contra eundem sanctissimum Photium definimus omnino<br />

damnatam et abrogatam esse” MANSI,J. D., Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio,<br />

Florentiae-Venetiis-Parisiis-Lipsiae, 1759 s., XVII, col. 490 e Conciliorum Oecumenicorum<br />

Decreta, Bologna-Friburgi, 1962, p. 133.


116 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

In realtà il canone I è un punto di partenza per superare la concezione<br />

pentarchica. I contraenti sono solo Roma e Costantinopoli; il rappresentante<br />

di Gerusalemme plaude all’intesa raggiunta; quello di Alessandria<br />

compare solo alla firma degli atti conciliari; il rappresentante di<br />

Antiochia esprime il suo parere favorevole a che contro chiunque chierico<br />

o laico trovato intento a separare se stesso dalla Chiesa di Dio sia<br />

punito da Fozio, detentore del pieno potere di legare e sciogliere 37 .<br />

Un concilio che si proclama ecumenico 38 avrebbe legiferato in modo<br />

diverso se la potestà dei cinque patriarchi fosse stata considerata eguale<br />

e, visto, che il canone si chiude con la salvaguardia degli speciali privilegi<br />

della sede romana avrebbe potuto accennare, a maggior ragione, ai<br />

diritti delle altre chiese patriarcali.<br />

Se il concilio di Costantinopoli dell’869-870, antifoziano, ma, come<br />

ho detto, non riconosciuto dagli ortodossi, dette un’indubbia prova dell’esercizio<br />

del primato pontificio in Oriente con l’ottenere la piena<br />

sconfessione dell’operato di Fozio e con la ratifica di molte disposizioni<br />

relative alla nomina di patriarchi e vescovi, fino ad allora non osservate<br />

nella chiesa bizantina 39 , il concilio dell’879-880 segna, invece, il trionfo<br />

di Fozio, non solo per la sua piena reintegrazione, ma anche per la<br />

completa invalidazione del concilio precedente e la cassazione dei canoni<br />

disciplinari di quello.<br />

Questo concilio fu approvato dagli inviati di Papa Giovanni VIII e<br />

benché non ecumenico, riscuote grande autorevolezza presso gli ortodossi<br />

che in esso vedono una conferma della sede romana alla pentarchia<br />

40 .<br />

Approfittando del momento favorevole 41 l’abile patriarca costantinopolitano<br />

si equipara, quasi, al vescovo di Roma, le sue decisioni discipli-<br />

37 „Ut qui ex Dei jussu praesit tamquam pontifex maximus”, cfr. MANSI, XVII, A,<br />

col, 499.<br />

38 Can. I: „sancta et universalis synodus“ nell’edizione citata da JOANNOU, P. P., nella<br />

versione latina; in quella greca: ? ??a ?a? ?????µe??? ? s???d??/ „sancta et oecumenica<br />

Synodus“, in Mansi, XVII A, col. 498.<br />

39 In particolare il divieto di elevare alla cattedra patriarcale un laico, can. IV del<br />

Concilio di Costantinopoli dell’869-870; cfr. PARLATO, V., L’ufficio patriarcale cit., p. 172 s.<br />

e bibl. ivi citata e in parte nota 164 a p. 176.<br />

40 “Agreed upon at the Council of Constantinople of 879 and signed by the Legates of Pope John<br />

VIII”, così si legge nella lettera di Christodoulos, Arcivescovo di Atene del 17 marzo<br />

2006, inviata a Papa Benedetto XVI.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 117<br />

nari sono valide come quelle del romano pontefice e l’uno e l’altro si<br />

impegnano a recepirle.<br />

Se consideriamo la situazione politica di quegli anni il primato di Costantinopoli<br />

appare ben giustificato. Gli arabi hanno conquistato i territori<br />

degli altri patriarcati, quelle antiche sedi sono in piena decadenza e<br />

per gli scismi che le hanno dilaniate, e, ora, per la dominazione intollerante<br />

ed ostile dei conquistatori mussulmani. Solo Costantinopoli vive,<br />

legata alle fortune dell’Impero d’Oriente; essa si identifica sempre più<br />

con quello e vuole estendere la sua giurisdizione fino là dove si estende<br />

la sovranità imperiale, anche nei territori d’Occidente; in Oriente, poi,<br />

come l’imperatore, si considera rappresentante e portatore di interessi<br />

di tutte le popolazioni cristiane e territori caduti in mano agli infedeli.<br />

La pentarchia così delineata alla metà del I millennio si presenta ben<br />

presto come una costruzione debole, essenzialmente per tre motivi che<br />

la minano dalle fondamenta. Alla fine del I millennio resterà solo un<br />

fatto storico, un dato ecclesiale che esprimerà una realizzazione ormai al<br />

tramonto. Il primo motivo negativo risiede del programma del vescovo<br />

di Roma di voler esercitare un primato su tutti i vescovi, compresi i patriarcati<br />

orientali, ratione primatus Petri 42 ; il secondo motivo di debolezza è<br />

dato dalla costituzione di gerarchie ecclesiastiche eretiche monofisite<br />

contrapposte a quelle melkite (ortodosse e filo imperiali) nei patriarcati<br />

di Alessandria e di Antiochia, gerarchie che tuttavia riscuotevano il consenso<br />

di gran parte dei fedeli cristiani 43 ; il terzo fattore che ne ha sanzionato<br />

la fine va visto nella occupazione, secoli VIII e IX, dei territori dei<br />

patriarcati di Alessandria e di Antiochia da parte dell’islam e la<br />

41 Siamo in un periodo di splendore e potenza dell’Impero d’Oriente sotto Basilio I, i<br />

bizantini si presentano come gli unici in grado di contrastare gli Arabi che continuavano<br />

a dominare il Mediterraneo ed a minacciare perfino Roma, la quale, vista la gravissima<br />

crisi che travagliava quello d’Occidente, dovette chiedere aiuto all’Impero d’Oriente.<br />

Questo spiega l’atteggiamento conciliante che il papato assunse allora verso Bisanzio<br />

nelle questioni ecclesiastiche. Cfr. OSTROGORSKY, G., Storia dell’Impero bizantino, Torino<br />

1968, p. 215.<br />

42 Su questo cfr. VOGEL, C., Unité de l'Église et pluralité des formes historiques d’organisation<br />

ecclésiastique du III au V siècle, in L’Épiscopat et l'Église universelle, Paris, 1962, p.632 s.<br />

43 Cfr. PARLATO,V., L’ ufficio patriarcale nelle chiese orientali dal IV al X secolo, Contributo<br />

allo studio della ‘communio’, Padova, 1969, p. 26-27.


118 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

contemporanea politica di accentramento di Costantinopoli su tutte le<br />

chiese orientali 44 .<br />

6. Realtà storica e normativa attuale,<br />

come punti di riferimento per il ristabilimento<br />

della piena comunione con le Chiese ortodosse<br />

Un punto fermo del dialogo ecumenico è che il vescovo di Roma<br />

come Patriarca d’Occidente ha speciali funzioni, diritti, prerogative nell’ambito<br />

della chiesa latina, ha una giurisdizione ultrametropolitana assimilabile<br />

negli aspetti fondamentali per origine e contenuto a quella degli<br />

altri patriarchi nel primo millennio; diversamente come successore di<br />

Pietro, come colui che presiede nella carità, ha un primato universale 45<br />

che può essere meglio specificato, quanto all’esercizio, in successive<br />

precisazioni che tengano conto dell’ecclesiologia del primo millennio<br />

nonché delle tesi di teologi cattolici 46 ed ortodossi 47 .<br />

A tal proposito cito quanto scrive Joannou 48 :<br />

Nous y voyons persister, au IX e siècle, la tradition antique de l’église qui voyait<br />

dans l’évêque de Rome la garantie d’infaillibilité des conciles œcuméniques, le<br />

juge suprême de la foi à cause du pouvoir des clefs confié par le Christ à Pierre,<br />

et le lien d’unité entre les églises chrétiennes.<br />

44 cfr. PARLATO,V., Le Chiese d’Oriente tra storia e diritto, Saggi cit., p. 13-20; DARROUZÈS,<br />

J., Documents inédits d’Ecclesiologie byzantine cit., p. 78. Segnalo un recente studio del<br />

metropolita di Vienna ALFEYEV, H., La nozione di ‘territorio canonico’ nella tradizione ortodossa,<br />

in O Odigos, n. 3 del 2006, p. 10-20.<br />

45 Che, per i cattolici, trova il punto più alto nel contenuto del dogma stabilito dal<br />

Concilio Vaticano I nella Costituzione Pastor aeternus.<br />

46 Cito, ad esempio, gli studi di DEJAIFVE, G. , Primauté et collégialité au premier concile di<br />

Vatican, in L’Épiscopat et l'Église universelle cit., p. 639 s., DEWAS, W. F., “Potestas vere<br />

episcopalis” au premier concile du Vatican, in L’Épiscopat et l'Église universelle cit., p. 661 s. e di<br />

TH<strong>IL</strong>S, G., “Potestas ordinaria”, in L’Épiscopat et l'Église universelle cit., p. 690 s. dove si<br />

esaminano i lavori conciliari e le possibili interpretazioni e da ultimo FANTAPPIÈ, C.,<br />

Introduzione storica al diritto canonico cit., p. 245-249 con fonti e bibl. ivi citata.<br />

47 Lo stesso documento del Santo Sinodo, al punto 3, dice espressamente che:<br />

“Among the ‘ancient’ Patriarchates the first place belongs to the Patriarchate of West,<br />

under the bishop of Rome, even though its communion with the Orthodox Churches<br />

has been interrupted after the Schism of 1054 AD.”<br />

48 JOANNOU, P.P., op. cit., p.550.


Il Vescovo di Roma, Patriarca d’Occidente. Alcune riflessioni 119<br />

La duplice codificazione canonica una per la chiesa latina ed una per<br />

le chiese orientali e la stessa costituzione Pastor Bonus regolatrice delle<br />

competenze di Congregazioni ed Uffici della Curia Romana in cui si indicano<br />

le competenze della Congregazione per le Chiese Orientali 49 che<br />

assorbono anche quelle di altri dicasteri competenti su questioni della<br />

chiesa latina, mostrano la volontà di regolare al vertice in modo differente<br />

quanto attiene alla chiesa latina, patriarcato d’Occidente, da quanto<br />

attiene alle chiese d’Oriente.<br />

Ho detto, mostrano la volontà di regolare in modo differente, giacché<br />

la normativa avrebbe potuto essere molto più incisiva.<br />

Il Decreto del Concilio Vaticano II Orientalium Ecclesiarum stabilisce<br />

che sono riconosciuti e confermati i diritti e i privilegi dei patriarchi affermando<br />

che “i patriarchi e i loro sinodi costituiscono le supreme<br />

istanze di quelle chiese” ed esprime la volontà di ripristinarli secondo le<br />

antiche tradizioni di ogni chiesa e secondo i decreti dei concili ecumenici,<br />

questi diritti e privilegi debbono essere quelli vigenti al tempo dell’unione<br />

tra Oriente ed Occidente, adattati alle odierne esigenze 50 .<br />

Stando alla lettera la nuova codificazione orientale con la distinzione<br />

tra chiese patriarcali, chiese arcivescovili maggiori, chiese metropolitane<br />

e altre chiese sui iuris è stato riconosciuto un largo autogoverno alle<br />

chiese patriarcali, mentre si è previsto un intervento progressivamente<br />

più accentuato sulle altre tre tipologie di chiese, specie per la nomina<br />

dei vescovi. Forse lo spirito della norma conciliare dava la possibilità di<br />

una maggiore autonomia per le chiese d’oriente e l’introduzione della<br />

nuova figura giuridica di Chiesa arcivescovile maggiore non ha ampliato molto<br />

l’autonomia riconosciuta alle chiese metropolitane 51 . La competenza<br />

della Congregazione per le Chiese Orientali incontra dei limiti al §2 dello<br />

stesso art. 58 per la riconfermata esclusività della competenza di altri<br />

dicasteri ed uffici della Curia Romana, in alcuni casi (ad es. dispensa dal<br />

matrimonio rato e non consumato) a mio sommesso giudizio non<br />

necessaria.<br />

49 Peraltro già precisate nella Costituzione Apostolica Regimini Ecclesiae Universae di<br />

Paolo VI del 1967, ai cap.44 e 45, §1.<br />

50 Orientalium Ecclesiarum, n. 9.<br />

51 La Chiesa Ucraina fu eretta in arcivescovato maggiore il di Leopoli il 23 dicembre<br />

1963; cfr. LORUSSO, L., La chiesa Greco-Cattolica Ucraina, in O Odigos, n. 4 del 2005.


120 <strong>Vittorio</strong> Parlato<br />

Altro punto su cui occorre riflettere è l’aver deciso di mantenere per i<br />

patriarchi orientali in comunione con la Santa Sede 52 una potestà più limitata<br />

sui fedeli residenti in eparchie al di fuori dei patriarcati 53 , volendo<br />

ribadire che la loro giurisdizione è al tempo stesso personale sui fedeli<br />

della propria chiesa rituale, ma piena solo su quelli residenti nel tradizionale<br />

territorio patriarcale.<br />

Credo la valutazione corretta della realtà storica-giuridica del primo<br />

millennio, di cui ho evidenziato alcuni aspetti salienti ed alcune considerazioni<br />

cattoliche ed ortodosse indichino le linee su cui muovere il dialogo<br />

fruttuoso con l’Ortodossia 54 .<br />

Va sottolineato che rispetto nell’altra Dichiarazione comune tra il<br />

Romano Pontefice e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, quella del<br />

7 dicembre 1965, Pénétrés de reconnaissance con la quale si tolgono reciprocamente<br />

le scomuniche tra Roma e Costantinopoli si legge “Il Papa Paolo<br />

VI e il Patriarca Atenagora I nel suo sinodo” 55 (ed il 28 ottobre 1967), la<br />

recentissima Dichiarazione comune del 30 novembre 2006, riportata<br />

nel L’Osservatore Romano del 1 dicembre 2006 recita testualmente:<br />

La rencontre fraternelle que nous avons eu, nous Benoît XVI, Pape de Rome, et<br />

Bartholomaios I, Patriarche œcuménique, est l’œuvre de Dieu [… ] 56 .<br />

Si sottolinea così l’aspetto territoriale della giurisdizione papale,<br />

usando a mo’ di compromesso un titolo quello di Papa di Roma non<br />

usato nello stile della Curia romana. Ugualmente si indica l’aspetto<br />

territoriale della potestà pontificia nell’ultima Dichiarazione comune del<br />

Romano Pontefice e un primate ortodosso, l’Arcivescovo di Atene, si<br />

legge: “Nous, Benoît XVI, Pape et Évêque de Rome, et Christodoulos<br />

Archevêque d’Athènes et de toute la Grèce […]” 57<br />

52 Alessandria dei Copti, Antiochia dei Melkiti, Antiochia dei Siri, Antiochia dei<br />

Maroniti, Cilicia degli Armeni, Babilonia dei Caldei.<br />

53 In materia legislativa le leggi liturgiche entrano in vigore immediatamente in tutte<br />

le chiese locali del rito, quelle disciplinari nelle eparchie ‘esterne’ vengono regolate in<br />

modo particolare ai sensi del canone 150 C.C.E.O.<br />

54 Sui problemi attuali dell’ecumenismo con le Chiese Ortodosse rinvio al volume V.<br />

PARLATO, Le Chiese d’Oriente tra storia e diritto, Saggi, cit., in special modo al capitolo IV,<br />

titolo I, Principi dell’ecumenismo cattolico e titolo II, Le Chiese orientali cattoliche e la problematica<br />

ecumenica con le Chiese ortodosse.<br />

55 A.A.S. 58 (1966), p. 20.<br />

56 La Dichiarazione è riportata in www.vatican.va, 14/12/2006.<br />

57 La Dichiarazione è riportata in www.vatican.va, 14/12/2006

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