funghi - Il divulgatore
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<strong>Il</strong> Divulgatore n° 7-8/2011 “TARTUFI E FUNGHI“<br />
Regole a protezione dell'uomo e dell'ambiente<br />
FUNGHI<br />
<strong>Il</strong> raccoglitore di <strong>funghi</strong> può operare entro un vasto territorio mediante<br />
l’acquisto di un tesserino presso l’ente competente, osservando<br />
semplici regole di rispetto del bosco e degli organismi fungini.<br />
La commestibilità del prodotto viene assicurata attraverso il servizio<br />
gratuito di controllo da parte degli Ispettorati micologici e l’attività di<br />
formazione al riconoscimento svolta dalle associazioni.<br />
Marco Rizzoli Provincia di Bologna, Servizio Tutela e Sviluppo Fauna<br />
MUSHROOMS<br />
Rules to protect humans and environment<br />
By following some fundamental rules for forest and mushroom protection, mushroom harvesters can explore<br />
a wide territory purchasing a specific card permit released by the competent authorities. Mushroom edibility<br />
is certified by a free control service provided by mycological inspectorates. These also run important<br />
educational actions to associations by means of refresher courses, mycological shows as well as<br />
publications addressed to mushroom lovers, both to satisfy scientific needs and to provide the basic keys for<br />
the recognition of edible mushrooms.<br />
Fino alla primavera del 1996 la raccolta dei <strong>funghi</strong> era considerata una semplice attività del tempo<br />
libero soggetta a una regolamentazione che si limitava a dettare regole sulle modalità di raccolta e<br />
sul quantitativo prelevabile giornalmente. Questa gestione sommaria ha però dato origine a una<br />
pressione incontrollata di frequentazione dei boschi che nel tempo era divenuta incompatibile con<br />
la conservazione dei delicati equilibri degli habitat forestali. Da ciò la decisione dei legislatori<br />
regionali di elaborare una normativa specifica che disciplinasse la raccolta e la<br />
commercializzazione dei <strong>funghi</strong> anche in considerazione della loro importanza come componenti<br />
insostituibili ed equilibratori degli ecosistemi e della loro rilevanza per l’economia delle zone<br />
montane. nasce così la legge regionale n. 6/96 tuttora in vigore.<br />
Le autorizzazioni nei due ambiti di raccolta<br />
l’elemento di maggiore innovazione introdotto dalla L.R. n. 6/96 è stato sicuramente quello<br />
dell’obbligo del tesserino. La validità di questa autorizzazione può variare tra giornaliero,<br />
settimanale, mensile, semestrale, con possibilità per i residenti in zone montane di ottenere un<br />
tesserino annuale oppure per i proprietari di immobili, sempre in zone montane, di ottenere un<br />
tesserino semestrale a prezzo agevolato.<br />
Ogni ente competente si è visto assegnare la possibilità di emettere propri tesserini a costi e in<br />
quantitativi che ciascuno può determinare in base alle proprie esigenze di conservazione<br />
dell’equilibrio dell’ecosistema forestale. La normativa regionale, infatti, assegna le funzioni<br />
amministrative ai vari enti territoriali; nella sola provincia di Bologna sono state individuate 11<br />
istituzioni che potrebbero autonomamente agire in materia di raccolta <strong>funghi</strong> sul territorio di<br />
rispettiva competenza, ma il forte spirito di collaborazione tra di esse e la disponibilità dei vari<br />
amministratori ha permesso di giungere positivamente alla sottoscrizione di specifiche<br />
convenzioni, che di fatto hanno raggruppato gli 11 enti di partenza in due sole cordate, Bologna<br />
<strong>funghi</strong> e Comunità Montana (si veda sotto).<br />
Per andare quindi a <strong>funghi</strong> nel bolognese il cercatore deve per prima cosa scegliere tra due aree di<br />
raccolta molto vaste e diversificate e successivamente deve procurarsi il tesserino autorizzativo<br />
per il quale può rivolgersi direttamente agli enti competenti oppure ai comuni o agli esercizi<br />
commerciali convenzionati.<br />
Con il tesserino così acquistato si può eseguire la raccolta sull’intero territorio dei vari soggetti<br />
aderenti alla specifica convenzione.
Le due cordate bolognesi competenti in materia di raccolta <strong>funghi</strong><br />
Bologna Funghi Comunità Montana<br />
• Provincia di Bologna(*) • Comunità Montana dell’Appennino Bolognese<br />
• Unione dei Comuni della Valle del Samoggia • Parco Regionale del Corno alle Scale<br />
• Unione Montana Valli Savena-Idice • Parco Storico Regionale di Monte Sole<br />
• Nuovo Circondario Imolese • Parco Regionale dei Laghi Suviana e Brasimone<br />
• Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi<br />
dell’Abbadessa<br />
• Parco Regionale dell’Abbazia di Monteveglio<br />
• Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola<br />
(*) competente in materia di <strong>funghi</strong> solo per le zone esterne alle ex Comunità Montane.<br />
Per esempio con un tesserino acquistato a castel del rio (nuovo circondario imolese) si potrà<br />
andare per <strong>funghi</strong> sia a Monghidoro (Unione Montana Valli Savena-Idice) che a Savigno (Unione<br />
dei Comuni della Valle del Ssamoggia) che a Crevalcore (territorio non montano), ma per<br />
raccogliere <strong>funghi</strong> a Granaglione (Comunità Montana dell’Appennino Bolognese) bisognerà<br />
acquistare un tesserino autorizzativo relativo alla convenzione Comunità Montana.<br />
I costi dei diversi tesserini variano sensibilmente in relazione alla durata e alla zona di interesse,<br />
passando dai 6,50 euro del giornaliero dell’area della convenzione Bologna <strong>funghi</strong> ai 64 euro del<br />
semestrale senza agevolazioni della convenzione Comunità Montana. Quello indiscutibilmente più<br />
economico è il tesserino semestrale gratuito che consente la raccolta dei <strong>funghi</strong> esclusivamente<br />
nelle aree esterne alle ex comunità montane, che la provincia di Bologna distribuisce attraverso i<br />
comuni interessati. in questo territorio rientrano anche zone micologicamente valide come le aree<br />
collinari di Sasso Marconi, di Castel San Pietro Terme, di Ozzano Emilia, ecc.<br />
I giovanissimi appassionati di <strong>funghi</strong> sono esentati dall’obbligo del tesserino fino al compimento del<br />
14° anno di età, possono però operare solo se accompagnati da una persona munita di<br />
autorizzazione con cui concorrono a formare il quantitativo giornaliero personale di <strong>funghi</strong><br />
raccoglibili.<br />
Regole semplici a salvaguardia di un delicato equilibrio<br />
le regole da rispettare nella raccolta dei <strong>funghi</strong> sono poche, semplici e basate principalmente sul<br />
rispetto dell’ambiente e della salute degli utilizzatori. Infatti è vietato danneggiare o distruggere i<br />
<strong>funghi</strong> di qualsiasi specie, raccogliere esemplari in tutto o in parte decomposti ed è vietato l’uso di<br />
rastrelli, uncini o altri mezzi che possano danneggiare lo strato humifero del terreno.<br />
Per favorire la conservazione del prodotto raccolto e assicurare la massima diffusione delle spore<br />
è obbligatorio raccogliere esemplari interi e completi, eseguirne una sommaria pulizia in loco e<br />
riporre i <strong>funghi</strong> in contenitori rigidi e aerati (cestino). È inoltre vietato raccogliere i <strong>funghi</strong> di maggior<br />
pregio (porcini, ovuli, prugnoli e galletti) quando non abbiano ancora raggiunto dimensioni tali da<br />
poter essere classificati inequivocabilmente e quando non abbiano avuto ancora la possibilità di<br />
diffondere almeno un po’ delle loro spore.<br />
Viene inoltre fissato un limite quantitativo giornaliero raccoglibile di 3 kg a persona (massimo 1 kg<br />
di ovuli buoni e 1 kg di prugnoli) e una limitazione delle uscite settimanali di raccolta alle sole<br />
giornate di martedì, giovedì, sabato e domenica in orari di sufficiente visibilità che vanno da un’ora<br />
prima dell’alba a un’ora dopo il tramonto, così da offrire a tutti la possibilità di divertirsi e assicurare<br />
al sottobosco e ai <strong>funghi</strong> alcune giornate di riposo biologico.<br />
I <strong>funghi</strong> non raccolti costituiscono infatti una risorsa importantissima per l’equilibrio del sottobosco,<br />
a cui offrono un contributo prezioso sia come risorsa alimentare per insetti, lumache, e altri animali<br />
sia per la riproduzione dei <strong>funghi</strong> stessi attraverso la diffusione delle spore.<br />
Infine la raccolta dei <strong>funghi</strong> è vietata nelle riserve naturali regionali e statali cosi come nelle aree<br />
classificate “Zona a - Zona di protezione integrale” dei parchi regionali. per evitare comunque il<br />
rischio di incorrere in pesanti sanzioni è sempre opportuno prendere visione dell’eventuale<br />
regolamentazione specifica che i singoli parchi possono adottare.<br />
Nei giardini privati e nei terreni di pertinenza delle abitazioni la raccolta dei <strong>funghi</strong> è consentita<br />
invece ai soli proprietari.<br />
Convivenza con l’attività venatoria e aree riservate<br />
<strong>Il</strong> raccoglitore di <strong>funghi</strong> silenzioso, mimetico e armato solo del suo capiente cestino non arreca<br />
certamente alcun disturbo particolare alla fauna selvatica e quindi la normativa specifica non detta
egole o comportamenti speciali da adottare in presenza di ambiti di gestione venatoria.<br />
Si sottolinea infatti che la raccolta può essere effettuata nei boschi e nei terreni non coltivati esenti<br />
da specifici divieti, da parte di chiunque abbia titolo o ne abbia ottenuto l’autorizzazione. una<br />
particolare attenzione andrà comunque prestata nei casi di ricerca dei <strong>funghi</strong> in concomitanza con<br />
lo svolgimento di battute di caccia al cinghiale: il rischio di trovarsi in condizioni di involontario<br />
pericolo sono troppo alti e non valgono certamente il confronto con qualunque paniere dei migliori<br />
porcini. la normativa regionale prevede infatti che ogni azione di caccia al cinghiale svolta con la<br />
tecnica della battuta o braccata venga segnalata utilizzando opportuni cartelli amovibili disposti<br />
lungo i confini perimetrali dell’area interessata e lungo i percorsi di accesso. prestando quindi un<br />
po’ di attenzione prima di entrare nel bosco e agendo nel reciproco rispetto degli altri fruitori si<br />
potranno certamente trascorrere ore piacevoli alla ricerca di <strong>funghi</strong> in assoluta sicurezza.<br />
I coltivatori diretti o i conduttori di terreni boscati possono riservarsi il diritto esclusivo di raccolta dei<br />
<strong>funghi</strong> richiedendo all’ente territorialmente competente l’autorizzazione a tabellare l’area come<br />
“raccolta <strong>funghi</strong> riservata”. Questo consente ai titolari e agli altri soggetti autorizzati (famigliari e/o<br />
dipendenti) di impostare un’attività di raccolta a fini economici che li esenta da qualunque<br />
limitazione quantitativa e temporale. a supporto di questa iniziativa imprenditoriale il titolare si<br />
impegna a porre in atto un piano di conduzione silvicolturale dei terreni per garantire il<br />
mantenimento delle condizioni di equilibrio morfologico e idrogeologico dell’area.<br />
La presenza di tabelle non può comunque limitare il passaggio pedonale lungo sentieri e percorsi<br />
pedonali o carrabili su cui insistano comprovati diritti di passaggio.<br />
Perché il piacere non si trasformi in rischio<br />
una buona legge deve certamente regolare la raccolta dei <strong>funghi</strong> e prevedere le regole per<br />
salvaguardarne l’habitat, ma difficilmente può imporre ai raccoglitori percorsi formativi difficili su<br />
una materia complessa e in continua evoluzione come quella del riconoscimento delle varie specie<br />
e sul loro utilizzo ottimale. Questi due compiti fondamentali sono implicitamente delegati agli<br />
ispettorati micologici delle aziende sanitarie locali e alle associazioni micologiche; i primi<br />
supportano il raccoglitore nella precisa e certa commestibilità delle specie raccolte e le seconde<br />
oltre a ciò svolgono anche un prezioso lavoro di formazione e di sensibilizzazione attraverso corsi,<br />
seminari e mostre che coinvolgono sempre più persone. solo la conoscenza e la sensibilità dei<br />
raccoglitori potrà infatti garantire il giusto e doveroso livello di tutela che meritano forme di vita<br />
delicate, semplici e ancestrali come i <strong>funghi</strong>.<br />
UN UNICO TESSERINO NELL’ALTA VALLE DEL RENO<br />
Nel territorio della Comunità Montana Appennino Bolognese sono in vigore tre<br />
convenzioni che ripartiscono funzioni e risorse fra i soggetti competenti, ma per<br />
l’utente c’è un unico tesserino che autorizza alla raccolta sull’intero territorio.<br />
Gabriele Zaccoletti Comunità Montana dell’appennino Bolognese<br />
<strong>Il</strong> territorio dell’attuale Comunità Montana dell’Appennino Bolognese comprende per intero i comuni di<br />
Camugnano,<br />
Castel d’aiano, Castel di Casio, Castiglione dei Pepoli, Gaggio Montano, Granaglione, Grizzana Morandi,<br />
Lizzano in Belvedere, Marzabotto, Monzuno, Porretta Terme, San Benedetto Val di Sambro e Vergato, per<br />
una superficie complessiva di oltre 81 mila ettari dei quali circa il 60% coperti da boschi e aree forestali<br />
tipiche di tutte le fasce altimetriche che dalla prima collina si susseguono progressivamente fino al limitare<br />
della vegetazione arborea in appennino.<br />
Su tale territorio, molto differenziato ed eterogeneo dal punto di vista floristico e più generalmente<br />
ambientale, sono stati istituiti ben tre parchi regionali (del corno alle scale, storico di Monte Sole, dei Laghi di<br />
Suviana e Brasimone) rappresentanti, ognuno per quanto appropriato, i diversi aspetti delle successioni<br />
ambientali dell’appennino bolognese e dell’evoluzione degli insediamenti antropici e sociali su queste terre. il<br />
volgere dei secoli ha localmente dato vita ad aspetti aggreganti e identitari del tutto particolari che, a seguito<br />
del riordino degli usi civici della fine del XIX secolo, ha originato delle proprietà forestali collettive e indivise<br />
identificate negli attuali consorzi degli utilisti che caratterizzano ampie porzioni di bosco nelle alte vallate del<br />
Reno.<br />
La gestione della L.R. 6/1996 in tale contesto è risultata quanto mai complessa ed eterogenea, sia per<br />
l’importanza che tale normativa ha rivestito per tutto il settore turistico-ricettivo della montagna, ma anche
per la contestuale riconferma della facoltà delle popolazioni montane di utilizzare un patrimonio intrinseco e<br />
proprio dei territori boscati come possibile fonte integrativa degli scarsi redditi garantiti dalla montagna.<br />
In un contesto così eterogeneo anche dal punto di vista sociale e amministrativo che nella superficie sopra<br />
indicata identificava ben quattro enti pubblici competenti (una Comunità montana e tre parchi regionali) a<br />
gestire in proprio la raccolta dei <strong>funghi</strong> epigei spontanei, si è ritenuto indispensabile procedere a una<br />
gestione coordinata tra gli enti e, in accordo con le espressioni sociali locali, a una condivisione delle linee<br />
generali di gestione con una ripartizione di funzioni e delle risorse derivate.<br />
Allo stato attuale sono tre le convenzioni in essere che regolano i rapporti tra i vari soggetti coinvolti, come di<br />
seguito riportato.<br />
Convenzione con gli Enti Parco regionali<br />
Questa convenzione prevede che gli organi amministrativi della Comunità montana e dei consorzi di<br />
gestione degli enti parco, operino in maniera coordinata sull’intero bacino di pertinenza della Comunità<br />
montana ai fini di una maggior semplificazione per l’utenza riconoscendo la validità di un unico tesserino<br />
autorizzativo per la raccolta dei <strong>funghi</strong> sull’intero territorio.<br />
<strong>Il</strong> numero, le tipologie e i prezzi di vendita dei tesserini sono stabiliti annualmente dalla giunta della comunità<br />
montana, la quale, a fronte degli introiti netti derivanti dalla vendita dei tesserini, trasferisce ai tre parchi una<br />
somma complessiva di 77.600 euro annui, secondo criteri di calcolo e di riparto differenziati e stabiliti nella<br />
convenzione.<br />
Convenzione con i Consorzi degli Utilisti<br />
I consorzi degli utilisti sono forme di proprietà collettiva e indivisa, amministrativamente ben identificate e<br />
catastalmente ammontanti a circa 2.700 ettari.<br />
Sono tutte dotate di piano economico di assestamento forestale che consente loro di potersi porre come<br />
soggetti titolari dei benefici esclusivi riconosciuti dall’art. 11 della L.R. 6/96. si tratta di importanti realtà sociali<br />
e insediative del territorio montano, che spesso costituiscono punti di riferimento fondamentali per la<br />
gestione forestale, per la protezione e la valorizzazione dell’ambiente di ampi territori boscati del crinale<br />
tosco-emiliano. sono quindi soggetti presenti e attivi sul territorio per i quali valgono considerazioni di<br />
riconoscimento e di sostegno.<br />
A fronte di tali valutazioni la Comunità montana ha stabilito di erogare un sostegno economico come<br />
contributo alle attività di queste proprietà forestali collettive, secondo i rispettivi obiettivi statutali e<br />
subordinate a finalità di pubblico interesse limitatamente a tipologie di intervento forestali e ambientali<br />
stabilite dalla Comunità Montana.<br />
La convenzione sottoscritta con i consorzi degli utilisti non entra nel merito dell’emissione dei tesserini<br />
autorizzativi, ma prevede soltanto un’erogazione contributiva straordinaria di 24.000 euro annui.<br />
Convezione con l’Unione Montana Savena-Idice<br />
Al pari di quanto stipulato con i consorzi di gestione dei parchi regionali, anche questa convenzione è stata<br />
avviata al fine di limitare il disagio derivante dalla difficoltà di effettuare una precisa e rigorosa individuazione<br />
dei confini comunali nei territori montani come limite di validità del tesserino individuale.<br />
A tale scopo, ormai da molti anni le ex Comunità Montane Cinque Valli Bolognesi e Alta e Media Valle del<br />
Reno hanno reciprocamente convenuto di estendere la validità territoriale dei rispettivi tesserini autorizza tori<br />
rilasciati ai residenti anche al territorio dei comuni reciprocamente confinanti. Questo accordo ha trovato la<br />
necessaria continuità anche dopo il riordino istituzionale intervenuto con la L.R. 10/2008. l’accordo estende<br />
quindi la validità dei tesserini autorizzatori rilasciati ai residenti dalla Comunità Montana Appennino<br />
Bolognese e dall’Unione Montana Valli Savena-Idice ai territori dei comuni di San Benedetto val di Sambro,<br />
Monzuno, Loiano, Monghidoro e Pianoro, fatte salve comunque le limitazioni sia di quantità di <strong>funghi</strong><br />
raccoglibili sia di ulteriore giornata riservata ai residenti, che si intendono non estese ai raccoglitori residenti<br />
nei territori confinanti. Questa convenzione non è onerosa per gli enti firmatari.
UNA CULTURA CHE CRESCE<br />
Le Associazioni micologiche svolgono un fondamentale servizio di formazione e sensibilizzazione<br />
mediante corsi, mostre, pubblicazioni rivolti a un pubblico crescente di appassionati, al fine di<br />
soddisfare interessi di tipo scientifico e di fornire gli strumenti utili al riconoscimento dei <strong>funghi</strong><br />
eduli.<br />
GRUPPO MICOLOGICO AVIS BOLOGNA<br />
Casa dei Donatori di Sangue<br />
Via dell’Ospedale, 20 - 40133 Bologna<br />
tel. 051.383412 fax 051.6429301<br />
<strong>Il</strong> Gruppo si costituì nel 1978 dopo una conferenza del Prof. Gilberto Govi dell’Università di Bologna, organizzata da due<br />
amici donatori di sangue, Roberto Mantovani e Paolo Cazzoli.<br />
Le finalità sono quelle di sviluppare le conoscenze micologiche fra gli aderenti e i simpatizzanti, di stabilire e mantenere<br />
contatti con gli altri gruppi naturalistici e con gli organi scientifici e culturali della regione, di promuovere iniziative volte a<br />
sviluppare la conoscenza e la salvaguardia del patrimonio micologico e naturalistico del nostro territorio e nel contempo<br />
divulgare l’opera e la funzione dell’Avis, l’Associazione Volontari Italiani Sangue. <strong>Il</strong> Gruppo aderisce in campo nazionale<br />
all’Associazione Micologica Bresadola e all’Unione Micologica Italiana.<br />
Presso la sede si trovano una grande sala conferenze e una sala studio, attrezzate l’una con megaschermo e sistemi<br />
audiovisivi ad alta fedeltà e l’altra con microscopi e computer, e una vastissima biblioteca specialistica.<br />
Le attività del Gruppo si sono andate via via estendendo in varie direzioni: incontri didattici e ricreativi del lunedì sera,<br />
mostre a Bologna e in provincia, corsi di micologia, di botanica e di microscopia, conferenze su vari temi (micologici,<br />
botanici, storici, ambientali ecc.), pubblicazioni, escursioni didattiche, censimento della flora fungina in alcuni parchi e in<br />
varie zone della provincia, costituzione dell’erbario micologico provinciale, ecc. L’evento più importante rivolto alla<br />
cittadinanza bolognese è certamente la Mostra dei Funghi e delle Erbe: quest’anno si svolgerà il 15 e 16 ottobre 2011<br />
sotto il Voltone del Podestà mentre dal 10 al 16 ottobre si terrà una mostra fotografica nel Palazzo d’Accursio.<br />
I FONZARÙ<br />
Centro Croce Coperta<br />
Via G. Papini, 28 – 40128 Bologna<br />
tel. 051.6237817<br />
Prima associazione micologica operante nel bolognese, è cresciuta poi pian piano, dandosi connotati sempre più precisi:<br />
il primo statuto del 1978 è stato revisionato dai soci fino alla versione attualmente in vigore dal 2006.<br />
Le attività sono rivolte al mondo dei macromiceti, con percorsi di studio e divulgazione, ponendo particolare attenzione<br />
a ciò che concerne l’osservanza delle regole di rispetto e conservazione degli habitat nei quali i <strong>funghi</strong> si sviluppano.<br />
In particolare viene organizzato, ogni anno, un corso di micologia di base, nell’ambito del quale viene insegnato ai nuovi<br />
soci, o ribadito a coloro che volessero ripetere l’esperienza, l’uso delle chiavi micologiche e i metodi scientifici<br />
tassonomici per il riconoscimento delle varie specie fungine.<br />
<strong>Il</strong> percorso didattico prevede anche lezioni riguardanti i regolamenti regionali o locali (con particolare riferimento alla<br />
Regione Emilia-Romagna e alla Provincia di Bologna) e i comportamenti da osservare per non arrecare danni<br />
all’ambiente boschivo né riportare danni alla propria persona quando si svolge la raccolta dei <strong>funghi</strong>, oltre che lo studio<br />
del regno vegetale nel suo complesso. Tutto ciò viene svolto settimanalmente, il lunedì sera, presso la sede del gruppo.<br />
L’attività svolta dai soci è impreziosita da stage micologici e da esperienze “sul campo” che vengono organizzate e<br />
divulgate tramite il periodico Al Bandidour, distribuito trimestralmente ai soci stessi.<br />
GRUPPO MICOLOGICO IMOLESE<br />
“GIANBATTISTA LANZONI”<br />
c/o Istituto Tecnico Agrario “G. Scarabelli”<br />
Via Ascari 19 - 40026 Imola<br />
cell. 333.3212809<br />
Gli associati hanno in comune l’amore per l’ambiente naturale connesso ai boschi, ai prati e alle campagne in tutte le<br />
loro manifestazioni, ma in particolare i <strong>funghi</strong>. Alcuni soci coltivano la passione scientifica per la determinazione delle<br />
pecie fungine reperite, mentre per la maggioranza l’interesse primario è la ricerca dei <strong>funghi</strong> eduli.<br />
Per giungere senza problemi al consumo dei <strong>funghi</strong>, occorre pervenire con certezza alla corretta determinazione delle<br />
specie e questo è possibile solo con un’accurata analisi dei caratteri botanici degli stessi. <strong>Il</strong> compito degli ispettori<br />
micologi e degli esperti presenti nel gruppo è proprio quello di dare una sufficiente sicurezza a chi intende consumare<br />
i <strong>funghi</strong> raccolti.<br />
Gli appassionati botanici che invece vanno alla ricerca di <strong>funghi</strong> con motivazioni scientifiche, non si interessano alla loro<br />
commestibilità ma esclusivamente alla loro determinazione.<br />
La coesistenza di questi diversi approcci allo stupefacente mondo dei <strong>funghi</strong> si verifica continuamente anche nel gruppo<br />
imolese, che organizza su tali temi conferenze, gite, mostre micologiche in collaborazione anche con altri enti e<br />
associazioni.<br />
<strong>Il</strong> gruppo cura inoltre un erbario delle specie studiate e conservate in soluzione alcolica da più di trent’anni.
UMI - UNIONE MICOLOGICA ITALIANA<br />
c/o Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare<br />
Università di Bologna<br />
Viale G. Fanin, 46 - 40127 Bologna<br />
tel. 051.2096564 fax 051.2096565<br />
www.agrsci.unibo.it/umi e-mail: umi@agrsci.unibo.it<br />
Costituita nel 1969 dai due docenti dell’Università di Bologna Gilberto Govi e Gabriele Goidànich, l’Umi raccoglie come<br />
associati sia singoli micologi sia gruppi micologici di tutta Italia.<br />
Gli scopi dell’Unione sono quelli di promuovere e di stimolare studi e ricerche in campo micologico, sia dal punto di vista<br />
botanico che da quello medico e tossicologico, e di sviluppare l’interesse e le conoscenze sui <strong>funghi</strong> fra gli amatori,<br />
stabilendo e mantenendo contatti fra di loro e con i vari cultori e centri di studio della materia.<br />
A questo fine l’Umi organizza ogni anno un convegno o un seminario, a cui regolarmente partecipano micologi amatori<br />
e ricercatori afferenti alle diverse istituzioni scientifiche (Università, Cnr, Ministeri). Questi appuntamenti rappresentano<br />
un momento importantissimo della vita associativa quali strumenti di scambio di esperienze pratiche e conoscenze<br />
scientifiche. Dal 13 al 16 ottobre 2011 si svolgerà il XXI Seminario di Micologia dell’Umi a Sant’Angelo D’Alife,<br />
organizzato dall’Associazione Micologica del Matese.<br />
L’organo ufficiale dell’Umi è la rivista Micologia Italiana, fondata nel 1972 dal prof. Govi, una delle poche riviste italiane<br />
che tratti di sistematica ed ecologia, fisiologia, biochimica e tossicologia dei <strong>funghi</strong>, coltivazione, aggiornando sia lo<br />
studioso sia il cultore sugli ultimi studi nel campo della genetica. Vengono inoltre esaminate le modalità di interazione<br />
fra i <strong>funghi</strong> e gli altri organismi in diversi ambienti. Da anni risulta il periodico fondamentale per chi desidera approfondire<br />
le proprie conoscenze in materia. Come supplemento alla rivista è pubblicato anche il Notiziario Micologico, che affronta<br />
esclusivamente argomenti divulgativi, curiosità ed eventi inerenti il mondo micologico.
Per un consumo in sicurezza<br />
I <strong>funghi</strong> sono alimenti poco digeribili e facilmente deperibili, occorre<br />
quindi adottare le necessarie precauzioni durante le fasi di raccolta,<br />
preparazione, cottura e conservazione. <strong>Il</strong> pericolo principale è<br />
comunque legato alla presenza di specie velenose oltre che alla<br />
diffusione di opinioni assolutamente false ma molto radicate.<br />
Mirko <strong>Il</strong>lice Renato Todeschini<br />
Ausl Bologna, Dipartimento Sanità Pubblica<br />
Rules for a safe mushroom consumption<br />
as mushrooms perish quickly and their digestion is not easy, it is necessary to adopt some precautions<br />
during harvesting, cleaning, cooking and storage. indeed, many cases of intoxication, following to mushroom<br />
consumption, occur yearly (above 200 cases in emilia-romagna region, between 2009 and 2010). Most of<br />
the hospitalized patients states to have eaten edible mushrooms and this is often true, as mycologists’<br />
analysis confirm afterwards. Poisonous species represent the main danger, although unfounded but deeprooted<br />
popular beliefs make victims, too. Cultivated mushrooms, usually snubbed by harvesters and also by<br />
many consumers, actually have the advantage of ensuring high quality nutritional properties and of being<br />
certified.<br />
Camminare per boschi e per prati immersi nella natura è di per sé un’attività molto appagante, ma<br />
se a ciò si associa la raccolta di <strong>funghi</strong> commestibili il tutto diventa ancor più stimolante.<br />
Farlo con attenzione e nel rispetto delle regole non costa nulla, ma evita inutili rischi e potenziali<br />
danni all’ambiente.<br />
La disponibilità di tempo libero e la grande divulgazione micologica esistente nel nostro paese ha<br />
comportato un notevole aumento, negli ultimi anni, della raccolta e del conseguente consumo dei<br />
<strong>funghi</strong> spontanei.<br />
Occorre innanzitutto sapere che ciò che utilizziamo con soddisfazione in cucina e che in queste<br />
pagine per comodità chiameremo impropriamente fungo, è in realtà solo il corpo fruttifero<br />
(carpoforo) dell’organismo fungino, nel suo insieme formato da un intreccio sotterraneo (o immerso<br />
in altro substrato, ad esempio il legno) di filamenti (micelio) composti da cellule allungate<br />
denominate ife. per fare un esempio, anche se un po’ grossolano, è come se il fungo fosse un<br />
melo e i corpi fruttiferi che noi consumiamo le mele da esso prodotte.<br />
Mangiare <strong>funghi</strong> però non è come mangiare mele, infatti ne esistono anche di talmente velenosi<br />
che possono danneggiare irreparabilmente organi vitali (reni o fegato) o addirittura portare alla<br />
morte. In altri casi il danno non è irreparabile ma i disturbi sono molto forti e spesso costringono al<br />
ricovero in ospedale.<br />
Attenzione anche a quelli commestibili<br />
Per poter consumare tranquillamente e in assoluta sicurezza i <strong>funghi</strong> trovati, occorre possedere le<br />
necessarie informazioni sia sulla loro potenziale pericolosità che sulle corrette modalità di raccolta,<br />
preparazione e conservazione: informazioni che proviamo a sintetizzare in queste pagine.<br />
Bisogna tenere presente che tutti i <strong>funghi</strong> sono, per la loro composizione, alimenti sempre poco<br />
digeribili e facilmente deperibili, per cui vanno adottate alcune basilari precauzioni.<br />
Infatti, anche se sembra strano, molte persone ricoverate in seguito al consumo di <strong>funghi</strong> (oltre 200<br />
in Emilia-Romagna tra 2009 e 2010) sostengono di avere mangiato specie commestibili e spesso,<br />
in seguito alle verifiche del micologo, ciò risulta vero. A volte ciò accade perché, a seguito di<br />
disturbi gastrointestinali insorti dopo un pasto comprendente, oltre ad altri alimenti, i <strong>funghi</strong>, di<br />
solito si attribuisce a questi ultimi la responsabilità del malessere. la vera causa potrebbe invece<br />
avere tutt’altra origine, ad esempio una contaminazione da batteri patogeni, un consumo eccessivo<br />
di alcol, un’influenza con sintomatologia gastroenterica, ecc.<br />
Altre volte però questa apparente stranezza è dovuta al fatto che frequentemente vengono<br />
disattese alcune precauzioni determinanti nelle fasi di raccolta e di preparazione dei <strong>funghi</strong>,
necessarie per poterli poi mangiare senza inconvenienti. Ecco allora alcune utili indicazioni per una<br />
raccolta non affrettata né superficiale e una corretta preparazione prima della cottura.<br />
ISTRUZI ONI PER LA SCELTA E LA PRI MA PREPARAZI ONE<br />
• Si deve essere assolutamente certi della commestibilità dei <strong>funghi</strong>: a questo proposito vale sempre la<br />
raccomandazione di non fidarsi mai di persone che si improvvisano esperte o che affermano “di averli<br />
sempre mangiati” senza dimostrare di conoscerli dettagliatamente.<br />
• Non si devono raccogliere esemplari troppo maturi, ammuffiti o alterati, eccessivamente invasi da<br />
parassiti o intrisi di acqua.<br />
• I <strong>funghi</strong> non vanno raccolti se si trovano vicino a fonti potenzialmente inquinanti (discariche, colture<br />
agricole, cumuli di rifiuti, strade trafficate, parchi cittadini, ecc.) in quanto possono assorbire e<br />
concentrare (così come i molluschi marini) gli eventuali veleni presenti nel substrato di crescita.<br />
• Dopo la raccolta devono essere trasportati in contenitori rigidi e areati, comportamento questo che è<br />
addirittura stato reso obbligatorio sia per l’aspetto ecologico (più o meno scientificamente provato) della<br />
dispersione delle spore durante il trasporto, sia per l’aspetto igienico-sanitario di consentire la<br />
traspirazione degli esemplari rallentando così i processi fermentativi e putrefattivi, molto rapidi, invece,<br />
nelle buste di plastica (che inoltre costituirebbero un inutile rifiuto).<br />
• Vanno conservati in ambienti freschi e areati (o ancora meglio in frigorifero) prima della preparazione,<br />
che deve avvenire nel più breve tempo possibile.<br />
• Si procede quindi a una pulizia accurata dalle impurezze vegetali o minerali (fili d’erba, sassolini ecc.),<br />
togliendo quindi il gambo se coriaceo e la cuticola se viscosa.<br />
• Un lavaggio sotto acqua corrente (non è vero che i <strong>funghi</strong> non vanno lavati, ma solo spazzolati, a meno<br />
che non piaccia trovarsi la terra sotto ai denti) aiuta efficacemente a togliere impurezze altrimenti<br />
difficilmente eliminabili e a ridurre la contaminazione batterica senza compromettere i sapori e gli aromi<br />
del fungo.<br />
• Gli esemplari invasi da parassiti vanno scartati o eventualmente, se i <strong>funghi</strong> sono solo moderatamente<br />
infestati, vanno essiccati in modo che i parassiti escano dai carpofori e possano così essere eliminati.<br />
• Cuocerli e consumarli il prima possibile.<br />
Crudi o cotti, comunque deperibili<br />
in relazione al tipo di <strong>funghi</strong> di cui si dispone, vi sono possibilità di consumo a crudo o dopo<br />
cottura.<br />
Sarebbe opportuno che il consumo di <strong>funghi</strong> crudi fosse limitato alle seguenti specie: Amanita<br />
caesarea (ovolo buono), Agaricus bisporus (champignon o prataiolo), Coprinus comatus (coprino),<br />
Calocybe gambosa (prugnolo, fungo di s. giorgio, ecc.) in quantità comunque moderata. i Boletus<br />
del gruppo edulis, cioè i gustosi porcini, se consumati crudi sono spesso causa di disturbi o<br />
addirittura possono determinare, in persone predisposte, intolleranze permanenti; per questa<br />
ragione è sconsigliabile il loro utilizzo da crudi.<br />
Per le specie tossiche da crude (ad esempio tutte le Morchella, Amanita rubescens, Armillaria<br />
mellea, Boletus luridus, ma ve ne sono parecchie altre) è indispensabile una cottura per almeno 30<br />
minuti o una pre-bollitura di 5-10 minuti prima della cottura nel modo scelto.<br />
Per le specie non tossiche da crude possono essere utilizzate tutte le normali modalità di<br />
cottura, comprese quelle che non consentono il raggiungimento di temperature particolarmente<br />
elevate “al cuore” del prodotto (come per esempio la frittura o la grigliatura).<br />
Anche quando “il piatto è già pronto”, non bisogna dimenticare che, in funzione della loro<br />
impegnativa digeribilità, i <strong>funghi</strong> non dovrebbero essere mangiati dai bambini di pochi anni, dalle<br />
donne in gravidanza e dalle persone con problemi digestivi. essi vanno comunque consumati in<br />
misura moderata (a maggior ragione, come già detto, quando si mangiano da crudi) e sarebbe<br />
sempre meglio limitarsi a una sola portata a base di <strong>funghi</strong> per pasto.<br />
Sia crudi che cotti, i <strong>funghi</strong> sono sempre altamente deperibili e devono quindi essere conservati in<br />
frigorifero a una temperatura di 1-4 °c e soltanto per periodi brevi.<br />
Per evitare poi il pericolo principale legato al consumo di <strong>funghi</strong>, ovvero quello di consumare per<br />
errore specie velenose, bisogna sgombrare completamente il campo da tutte le diverse<br />
“credenze”, sempre rigorosamente false ma talvolta molto radicate, che accompagnano<br />
l’argomento ormai da troppo tempo. eccone a sinistra un buon elenco.<br />
Si può quindi affermare che non esistono “bacchette magiche” per stabilire la commestibilità di un<br />
fungo, rimanendo l’unico sistema efficace a tal fine quello di conoscerne bene le caratteristiche<br />
botaniche in modo da identificare la singola specie o (solo per alcuni generi, che annoverano
specie tutte commestibili) almeno il genere. per fare questo occorre dedicare tempo e pazienza in<br />
quantità proporzionali al numero di specie che si vogliono utilizzare in cucina.<br />
Gli errori più frequenti<br />
nonostante le continue campagne di sensibilizzazione e la relativa facilità con cui si possono far<br />
controllare i <strong>funghi</strong> raccolti, tutti gli anni in cui la crescita è abbondante continuano purtroppo ad<br />
essere numerosi anche i ricoveri per il consumo di specie tossiche.<br />
• Uno degli errori commessi più di frequente è la confusione tra il commestibile “galletto”<br />
(Cantharellus cibarius) e il tossico “fungo dell’olivo” (Omphalotus olearius). il primo ha<br />
dimensioni generalmente più piccole, pieghe (e non lamelle) sottostanti il cappello, l’odore fruttato<br />
e la crescita terricola. il secondo ha taglia maggiore, delle vere e proprie lamelle, odore fungino e<br />
cresce su legno o su radici interrate.<br />
• Clitocybe nebularis, conosciuta anche come “ordinario grigio”, “nebbiolo” o “cimballo”, ecc.<br />
- di commestibilità controversa, tuttavia abbondantemente consumata senza particolari<br />
inconvenienti se giovane e prebollita - viene spesso scambiata con il pericoloso Entoloma<br />
sinuatum (= E. lividum), a colpo d’occhio molto simile per portamento e colore e anche molto<br />
“attraente” per carnosità e odore (al punto che i francesi lo chiamano “le perfide”); E. sinuatum si<br />
differenzia, tra l’altro, per lamelle più distanziate tra loro, di colore giallino o rosa salmone (e non<br />
biancocrema) e attaccate al gambo in modo diverso (smarginate e non decorrenti) e per l’odore di<br />
farina (anziché aromatico-nauseante).<br />
• Altro errore molto comune soprattutto nelle zone di pianura, ma fortunatamente meno doloroso, è<br />
quello di considerare commestibili tutti i <strong>funghi</strong> bianchi con anello e lamelle rosa o cacao che si<br />
trovano nel prato (normalmente chiamati “prataioli”).<br />
Anche questa convinzione è fortemente sbagliata in quanto tra questi, come indicato nel capitolo<br />
successivo, ve ne sono parecchi di tossici (seppur debolmente) ovvero quelli appartenenti alla<br />
sezione Xanthodermatei come ad esempio Agaricus xanthodermus. si riconoscono, anche se non<br />
sempre facilmente, dall’ingiallimento e dall’odore di inchiostro della carne soprattutto alla base del<br />
gambo.<br />
ISPETTORATI PER IL CONTROLLO DEI FUNGHI<br />
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BOLOGNA<br />
Bologna<br />
CAAB - Centro Agro Alimentare di Bologna<br />
Via P. Canali, 1 - Tel. 051.2863131<br />
lunedì, mercoledì, venerdì* ore 8-10<br />
Via Gramsci, 12 - Tel. 051.6079828<br />
dal lunedì al venerdì* ore 12,30-13,30<br />
San Lazzaro di Savena<br />
Via del Seminario, 1 - Tel. 051.6224434<br />
dal lunedì al venerdì su appuntamento<br />
Casalecchio di Reno<br />
Via Cimarosa, 5/2 - Tel. 051.596970<br />
dal lunedì al venerdì su appuntamento<br />
Porretta Terme<br />
Via Pier Capponi, 4 – Tel.0534.20817 / 20<br />
dal lunedì al venerdì su appuntamento<br />
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI IMOLA<br />
Imola<br />
Viale Amendola, 8 - Tel. 0542.604950<br />
*Si consiglia di concordare un appuntamento<br />
• In testa alla classifica degli episodi di<br />
intossicazione troviamo, a sorpresa, una<br />
specie commestibile e addirittura<br />
commerciabile, conosciuta a livello nazionale<br />
come “chiodino” e in provincia di Bologna<br />
come “ragagno” (Armillaria mellea). Molte<br />
persone infatti non sanno che si tratta di una<br />
specie che va cotta a lungo (almeno per 30<br />
minuti) perché contiene tossine termolabili e<br />
che vanno utilizzati solo esemplari giovani<br />
privati dei gambi; è anche consigliabile non<br />
congelarla da cruda.<br />
<strong>Il</strong> controllo pubblico dei <strong>funghi</strong><br />
se non si è in grado di stabilire<br />
autonomamente la commestibilità di quanto<br />
raccolto o si hanno comunque delle<br />
incertezze, ci si può rivolgere agli ispettorati<br />
micologici delle aziende unità sanitarie locali,<br />
dove i <strong>funghi</strong> sono controllati gratuitamente<br />
da personale appositamente formato. Quelli commestibili vengono restituiti e quelli velenosi, di<br />
norma, trattenuti. Le modalità di accesso sono vincolate agli orari di apertura del servizio. (di fianco<br />
i recapiti degli ispettorati della provincia di Bologna) e alla presentazione dei <strong>funghi</strong> interi e in<br />
buono stato di conservazione. È opportuno inoltre sottoporre al controllo tutti i <strong>funghi</strong> raccolti e non<br />
solo “un campione”.
Gli Ispettorati micologici, istituiti dalla Legge n.352/1993 e successivo Dpr n. 376/1995 e dalla<br />
Legge Regionale n. 6/1996, oltre al controllo dei <strong>funghi</strong> freschi spontanei raccolti dai privati per il<br />
proprio consumo famigliare, effettuano la certificazione di quelli posti in vendita, collaborano con le<br />
strutture ospedaliere in caso di intossicazioni, vigilano in generale sulla vendita e fanno attività<br />
informativa e formativa nei confronti dei cittadini al fine di prevenire episodi di intossicazione.<br />
Due parole, infine, sui <strong>funghi</strong> coltivati, normalmente snobbati dai cercatori di <strong>funghi</strong> e anche da una<br />
parte di consumatori. in realtà sono numerosi i vantaggi che essi offrono, primo fra tutti la<br />
sicurezza che si tratta di specie commestibili con ottime caratteristiche organolettiche. a questo si<br />
aggiunge il fatto che sono disponibili freschi tutto l’anno, perché vengono prodotti in tutte le<br />
stagioni e possono raggiungere velocemente e in perfetto stadio di maturazione il punto vendita,<br />
conservando integre le loro qualità. Sono inoltre un prodotto economico la cui produzione ha un<br />
basso impatto sull’ambiente in quanto utilizza materie prime disponibili (residui vegetali di scarto) e<br />
il substrato di crescita, una volta esausto, può essere usato come fertilizzante.<br />
CREDENZE DA SFATARE<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> che crescono nel prato sono tutti commestibili.<br />
Possono infatti esservi specie addirittura mortali (ad esempio piccole Lepiota) anche nei prati di<br />
pianura, nei parchi cittadini e perfino nel giardino di casa propria.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> che crescono su legno sono tutti commestibili.<br />
Anche sul legno crescono specie tossiche - ad esempio Omphalotus olearius e Hypholoma<br />
fasciculare - e anche potenzialmente mortali come Galerina marginata, che possiede le stesse<br />
tossine delle più note Amanita phalloides, Amanita verna e Amanita virosa.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> già parzialmente mangiati da animali del bosco sono tutti<br />
commestibili.<br />
Gli animali, infatti, hanno un organismo diverso dal nostro, come ad esempio gli scoiattoli, o<br />
estremamente diverso come le lumache e potrebbero essere indenni a tossine per noi mortali.<br />
D’altronde chi può sapere che gli animali “assaggiatori” non siano poi morti?<br />
• Non è utile far consumare <strong>funghi</strong> ad animali domestici per testarne la commestibilità.<br />
Prima di tutto perché immorale e penalmente perseguibile, secondariamente perché gli effetti sul<br />
gatto e sul cane potrebbero a loro volta essere diversi da quelli che si hanno nell’uomo.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> con un bell’aspetto e un buon profumo (ad esempio di farina) sono<br />
tutti commestibili.<br />
Come esempio si pensi ad Entoloma sinuatum (= E. lividum), che è un bellissimo e carnoso fungo<br />
dalla carne bianca e con odore di farina, ma che provoca intossicazioni piuttosto gravi, seppur di<br />
solito non mortali.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> che anneriscono o non anneriscono l’aglio, l’argento o altre sostanze<br />
sono commestibili.<br />
Non c’è infatti alcuna correlazione tra le tantissime sostanze presenti nei <strong>funghi</strong> ed eventuali<br />
cambiamenti di colore di oggetti, metalli, vegetali o altro.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> che crescono nella stessa posizione dove sono cresciuti o stanno<br />
crescendo specie commestibili siano a loro volta commestibili.<br />
Purtroppo questa errata convinzione ha fatto parecchi morti anche tra i raccoglitori “esperti”, perché<br />
specie diverse (e quindi sia commestibili che velenose) possono successivamente o anche<br />
contemporaneamente crescere vicine o anche nella stessa posizione.<br />
• Non è vero che i <strong>funghi</strong> che crescono in primavera sono tutti commestibili.<br />
Questa informazione fu data qualche tempo fa addirittura da una popolare trasmissione televisiva,<br />
ma ciò non è affatto vero perché in primavera, ad esempio, crescono Amanita verna (mortale) e<br />
Gyromitra esculenta (potenzialmente mortale).
Non trascuriamoli, son prelibati<br />
Accanto a porcini, ovoli reali e galletti si trovano nei nostri boschi molte<br />
altre specie commestibili di ottimo o buon sapore, sia consumate<br />
singolarmente che in gustosi misti. Alcune sono anche facili da<br />
riconoscere - previo accertamento rispetto a eventuali somiglianze con<br />
<strong>funghi</strong> velenosi - e abbondanti nei ritrovamenti. Raccogliere queste, al<br />
posto delle specie pregiate, contribuisce al mantenimento della<br />
biodiversità del bosco.<br />
Elena Tibiletti Naturalista esperta micologa<br />
Do not neglect them, they are delicious!!<br />
besides porcini, caesar mushrooms and chanterelles, in our wood areas it is possible to find also other<br />
edible species characterized by a good taste, in some cases even wonderful. Once the similarity with<br />
poisonous species is solved, the recognition of these edible mushrooms is often very easy. Because of their<br />
abundance of in our forests, their harvesting contributes to biodiversity preservation.<br />
Le foto di questo capitolo sono dell’Autrice salvo diversa indicazione<br />
Le specie di <strong>funghi</strong> commestibili solo in italia sono ben più di un centinaio. Tuttavia sono poche le<br />
specie veramente pregiate e fra queste sono ancora meno quelle conosciute dal vasto pubblico.<br />
È un vero peccato perché, se è vero che le specie pregiate sono realmente ottime, è anche vero<br />
che le specie meno pregiate, cucinate sapientemente in un buon misto di <strong>funghi</strong>, risultano<br />
ugualmente deliziose al palato.<br />
Conoscere e raccogliere anche le specie meno pregiate, ma commestibili e di buon sapore,<br />
contribuisce anche a conservare il prezioso equilibrio del bosco: è meglio raccogliere varie specie<br />
in modica quantità piuttosto che una o due in grande quantità (sempre entro i limiti di legge).<br />
Non bisogna però improvvisarsi nella raccolta: si possono aggiungere nel cestino solo le specie<br />
della cui commestibilità si è quasi sicuri, con l’avvertenza però di mostrarle a un esperto micologo<br />
per il verdetto finale.<br />
Colombina verde, verdone<br />
Russula virescens (schaeff.) fr.<br />
Russola ottima e inconfondibile grazie al cappello verdeggiante (da cui il<br />
nome latino virescens), molto apprezzata per la consistenza e il sapore<br />
delle sue carni.<br />
<strong>Il</strong> cappello (diametro 5-15 cm) è dapprima globoso con margine aderente al<br />
gambo, poi piano-convesso, a volte irregolare con margine ondulato; la<br />
cuticola è separabile solo sul margine, secca e più o meno screpolata<br />
areolata, inizialmente bianca, poi verdastra e ocra nelle areole poligonali,<br />
infine decolorata irregolarmente. le lamelle sono fitte, fragili, prima biancastre, poi crema pallido, spesso<br />
chiazzate.<br />
<strong>Il</strong> gambo (6-10 cm x 2-4 cm) è robusto, rugoso, più o meno cilindrico, spesso ingrossato al centro, pieno e<br />
poi cavernoso, bianco.<br />
La carne è soda, fragile, bianca; l’odore è leggermente fruttato, il sapore gradevole di noci, meno piacevole<br />
negli esemplari maturi.<br />
È una specie micorrizica. si riviene in estate fino all’inizio d’autunno, solitaria o in piccoli gruppi, soprattutto in<br />
boschi di latifoglie, sotto quercia, faggio o castagno, anche nell’erba ai margini del bosco.<br />
È un ottimo fungo commestibile sia da crudo che da cotto, da molti ritenuto la migliore russola edibile.<br />
Si può confondere con R. cutefracta, dal cappello screpolato ma a volte violaceo, anch’essa commestibile.<br />
Dentino, steccherino dorato<br />
Hydnum repandum l.: fr. (sin. Sarcodon r. l. ex fries)<br />
Fungo molto facile da riconoscere grazie alla presenza sotto il cappello<br />
degli aculei (idni) che è bene togliere, specie negli esemplari adulti.<br />
<strong>Il</strong> cappello (diametro 2-12 cm) è convesso, poi piano e anche concavo, con<br />
margine irregolare, a volte contorto, e cuticola glabra, asciutta e vellutata,<br />
poi leggermente squamata; colore da quasi bianco a giallo pallido e giallo<br />
opaco-aranciato, se contuso vira al bruno-aranciato.
L’imenio è dato da fitti aculei, lunghi 2-6 mm, di colore bianco, poi concolore al cappello, diseguali, appena<br />
decorrenti sul gambo, fragili e delicati, che si staccano subito alla pressione.<br />
<strong>Il</strong> gambo, di 2-9 cm x 1-4 cm, è da cilindrico ad allargato alla base, talora eccentrico e incurvato, glabro,<br />
concolore al cappello. la carne è soda, fragile, bianca (ingiallisce leggermente all’aria); l’odore è gradevole e<br />
fruttato; il sapore è lievemente acidulo negli esemplari giovani, ma amarognolo a maturità.<br />
È una specie micorrizica. cresce dalla metà dell’estate alla metà dell’autunno, in gruppi nei boschi di conifere<br />
e latifoglie. sotto latifoglie appenniniche raggiunge le dimensioni maggiori formando colonie numerose,<br />
reperibili anche fino a dicembre.<br />
È un fungo buono se giovane e liberato dagli aculei amarognoli; gli esemplari maturi divengono amari e poco<br />
digeribili. si consuma nei misti in padella e soprattutto sottolio e sottaceto.<br />
Si può confondere con Cantharellus cibarius e Albatrellus confluens, entrambi privi di aculei, e con H.<br />
rufescens e H. albidum, tutte e quattro specie commestibili. non esistono <strong>funghi</strong> a idni tossici, tutt’al più sono<br />
immangiabili per il sapore amaro o la consistenza coriacea.<br />
Famigliola buona, chiodino<br />
Armillaria mellea (vahl) p. Kumm. (sin. Armillariella m. (vahl)<br />
singer; Clitocybe m. (vahl) ricken)<br />
È un fungo a colorazione mutevole in base al legno ospitante: è color<br />
giallo miele (da cui il nome latino mellea) se nasce su gelso, nocciola<br />
su melo e pero, bruno o bruno-rossastro su querce, bruno scuro su<br />
castagno, olivastro su olivo, biancastro su robinia.<br />
<strong>Il</strong> cappello, di 3-15 cm, è convesso, poi piano e quindi umbonato, con<br />
margine ondulato, striato e poi fessurato; cuticola viscida con l’umidità; color miele, cannella, cuoio,<br />
brunastro, bruno rossastro, olivastro a seconda della specie ospite, più scuro al centro con sottili squame.<br />
Le lamelle sono rade, appena decorrenti sul gambo, biancastre con iridescenze giallo-rosate, poi con<br />
tonalità più scure. il gambo (5-7 cm ma anche 18 cm x 0,5-3,0 cm) è slanciato, fibroso, elastico, midolloso,<br />
assottigliato alla base nei cespi, allargato e bulboso alla base se solitario; roseo e striato in alto, brunastro e<br />
più scuro dall’anello al piede. il velo parziale forma un anello supero, che somiglia a una calza svasata<br />
(armilla = calza), spesso, durevole, striato, bianco pallido sopra e bruno-giallastro-rossastro sotto.<br />
La carne del cappello è soda, quella del gambo è fibrosa e coriacea e va scartata; l’odore è fungino, non<br />
molto gradevole; il sapore è acidulo-dolciastro. È una specie parassita. si rinviene in autunno in cespi su<br />
alberi vivi, alla base del ceppo o tra l’erba che maschera le radici superficiali; più<br />
raramente solitaria.<br />
È un fungo buono se ben cotto (almeno 30 minuti dalla bollitura), previa eliminazione<br />
del gambo fibroso e di tutto il liquido rilasciato in cottura. può essere conservato<br />
sottaceto.<br />
Si può confondere con Kuehneromyces mutabilis (sin. Pholiota mutabilis), ottimo<br />
commestibile, o con Hypholoma fasciculare, velenoso.<br />
Finferla<br />
Cantharellus lutescens (pers.) fries.<br />
È uno fra i <strong>funghi</strong> più ricercati nella stagione autunnale, perché è una<br />
specie di buona qualità e molto abbondante nelle stazioni di crescita. si<br />
riconosce per la caratteristica forma a fiore.<br />
<strong>Il</strong> cappello è submembranoso, inizialmente convesso, ombelicato, poi<br />
espanso e a forma di imbuto, di colore bruno scuro su fondo giallo<br />
aranciato; del diametro di 2-6 cm; margine crespo, revoluto e sinuoso.<br />
L’imenio da giovane è liscio, poi con venature o pieghe sinuose, che<br />
decorrono sul gambo; ha colore rosa carne, aurora o giallo arancio. il gambo sottile è lungo 4-8 cm; è<br />
irregolare, più largo in alto, spesso ricurvo, normalmente a maturità più lungo del diametro del cappello,<br />
cavo, poco carnoso, liscio, di color giallo oro con la base a volte biancastra. la carne è delicata, minuta,<br />
elastica, giallo crema; l’odore è intensamente fruttato; il sapore è gradevole e dolce.<br />
È una specie micorrizica. È molto comune, numerosa, in gruppi, nei boschi di latifoglie e aghifoglie, in luoghi<br />
umidi, in estate e fino all’autunno inoltrato.<br />
È un fungo buono, gustoso e aromatico, adatto per frittate e trifolati misti, ma anche essiccato e polverizzato<br />
per condimento.<br />
Si può confondere con C. tubaeformis, commestibile.
Mazza di tamburo, ombrellone, bubbola<br />
maggiore, parasole<br />
Macrolepiota procera (scop. fr.) singer<br />
È uno dei più vistosi <strong>funghi</strong> commestibili e si presta a ricette particolari e<br />
diverse da quelle dei suoi consimili.<br />
<strong>Il</strong> cappello è inizialmente sferoidale, poi semi-ellittico e a maturità piano.<br />
È dotato di umbone liscio al centro, mentre il resto del cappello è coperto<br />
di scaglie fioccose e brunicce. le dimensioni sono di 15-40 cm.<br />
Le lamelle sono fitte e di colore bianco, poi di color cipria e facilmente<br />
imbrunenti al tocco; mostrano un evidente distacco dal gambo. il gambo è<br />
assai slanciato e sottile (20-45 cm x 1-2 cm), diritto, fibroso, abbastanza duro<br />
nei giovani esemplari e poi cavo e bulboso al piede. L’anello è doppio,<br />
scorrevole e persistente; al di sotto c’è una caratteristica zebratura color<br />
caffellatte.<br />
La carne è bianca, rosata al taglio, fioccosa e fragile nel cappello, fibrosa<br />
(quasi legnosa) nel gambo; l’odore è di farina fresca; il sapore è dolce, di<br />
nocciola specialmente negli esemplari giovani, più aromatico negli esemplari<br />
adulti.<br />
È una specie micorrizica. vive indifferentemente in boschi di latifoglie o di<br />
conifere, nei prati e nelle radure, dall’estate all’autunno ed è spesso gregario<br />
(cioè presente in numerosi esemplari per volta).<br />
È un fungo eccellente. È leggermente indigesto: si raccomanda di cuocerlo<br />
bene. si presta per la preparazione di cotolette, quando il cappello è totalmente aperto e con le lamelle<br />
ancora bianche, mentre con gli esemplari non ancora aperti si preparano gustose frittate o saporiti sottoli.<br />
Si può confondere con M. escoriata, commestibile; M. mastoidea, commestibile; M. rhacodes, velenosa da<br />
cruda.<br />
Prataiolo<br />
Agaricus arvensis schaeff.: fr.; A. langei (möll.) möll.Agaricus arvensis<br />
È la specie spontanea di prataiolo che si trova nei campi e nei prati; A. langei è<br />
il prataiolo di bosco. il cappello è largo fino a 12 cm, prima è ovoideo, poi<br />
emisferico, infine convesso; molto carnoso e di color bianco, spesso con<br />
squame brunastre in A. arvensis, nocciola-bruno fioccato in A. langei; il<br />
margine è fioccoso.<br />
Le lamelle sono color rosa candido, ma diventano color cioccolato in breve<br />
tempo e infine marrone scuro; sono libere e piuttosto fitte.<br />
<strong>Il</strong> gambo è corto, tozzo e cilindrico, di colore bianco in A. arvensis; tende a<br />
macchiarsi vivacemente di rossastro alla base se contuso in A. langei.<br />
L’anello è fioccoso, bianco, facilmente asportabile. La carne è bianca,<br />
leggermente virante al rosso se esposta all’aria (intensamente rossa al taglio<br />
in A. langei); l’odore è gradevole, come di muschio o di erba stropicciata in A.<br />
arvensis, con un intenso sentore di mandorla in A. langei; il sapore è grato e<br />
dolce. È una specie saprofita. A. arvensis cresce in campi concimati, letamai,<br />
giardini, prati ai margini dei boschi; A. langei nasce con frequenza nei boschi<br />
di abete rosso; è gregaria.<br />
È un fungo ottimo. si può cucinare in numerosissimi piatti e ricette diversi, dal<br />
risotto alla pizza, passando per i contorni trifolati, i cappelli ripieni o alla<br />
griglia e i sottoli.<br />
Si può confondere con altre specie del genere Agaricus (evitare i prataioli<br />
che odorano di inchiostro o di fenolo) e con specie mortali del genere<br />
Amanita (queste presentano la volva) allo stadio di ovulo (raccolta vietata per legge).<br />
Prugnolo, fungo di San Giorgio, fungo della saetta,<br />
maggengo<br />
Calocybe gambosa (sin. Tricholoma georgii) (fr.) Donk<br />
<strong>Il</strong> precedente nome scientifico, Tricholoma georgii, sta a indicare che il<br />
fungo fa la sua comparsa intorno al 23 aprile, giorno della ricorrenza di<br />
san giorgio: in realtà può anticipare o posticipare la sua comparsa anche<br />
di alcune settimane, a seconda dell’altitudine o dell’andamento<br />
stagionale.
<strong>Il</strong> cappello nella prima fase dello sviluppo sembra saldato al gambo e di forma rotondeggiante, poi prende<br />
forma emisferica, convessa, infine quasi piana, liscia, con margine involuto; di colore bianco o color nocciola<br />
chiaro, simile alla crosta di pane; del diametro di 5-10 cm.<br />
Le lamelle sono smarginate al gambo, fitte, intercalate da lamellule, di colore bianco tendenti al crema negli<br />
esemplari adulti. <strong>Il</strong> gambo, di 3-8 cm x 1-3 cm, è sodo, massiccio, talvolta tozzo, assottigliato alla base. la<br />
carne è molto soda e compatta, bianca; l’odore e il sapore sono molto grati, di farina lievitata.<br />
È una specie saprofita. cresce in primavera, da aprile a maggio, nei prati o ai margini<br />
del bosco, spesso in cerchi, fra i cespugli di piante spinose come il biancospino, la<br />
rosa canina, il ginepro e il prugnolo da cui deriva il nome volgare prugnolo. È uno dei<br />
<strong>funghi</strong> più saporiti e gustosi e per questo molto ricercato: anche nelle zone dov’è<br />
reperibile sta diventando sempre più raro.<br />
Si può confondere con Inocybe patouillardii, velenoso.<br />
Sanguinello, rossello<br />
Lactarius deliciosus (l.: fr.) s.f. gray<br />
Fungo dalle ottime qualità gastronomiche, come indica anche la<br />
denominazione latina deliciosus, delizioso.<br />
<strong>Il</strong> cappello, di 5-15 cm di diametro, è convesso-ombelicato, poi piano e<br />
depresso al centro fino a imbutiforme, con margine involuto poi disteso e<br />
irregolarmente ondulato; cuticola glabra, viscida con tempo umido, rossoarancio,<br />
ocra-arancio, rosa-arancio con patina biancastra e con larghe<br />
cerchiature concentriche più scure che invecchiando divengono verde-rame. Le lamelle sono fitte, sottili,<br />
fragili, appena decorrenti sul gambo, di color arancio vivo, se ammaccate si tingono di verdastro. il gambo<br />
(3-7 cm x 1-2 cm) è cilindrico o ristretto verso il piede, tozzo, consistente, fragile, presto cavo, del colore del<br />
cappello, ma ricoperto di una leggera pruina che lo sbiadisce. La carne è soda ma fragile, di color arancio<br />
pallido; al taglio emette un lattice rosso carota; ha odore fruttato e sapore dolce, poi più o meno acre.<br />
È una specie micorrizica. È reperibile in estate e autunno, sotto pino silvestre, pino nero e ginepro,<br />
tendenzialmente su suolo acido. Buona specie commestibile soprattutto cotta alla griglia oppure posta<br />
sottolio o sottaceto (solo esemplari piccoli e sodi); meno indicata nei misti in padella dove il suo sapore si<br />
disperde.<br />
Si può confondere con le altre specie a lattice rosso o arancione, come L. deterrimus, L. salmonicolor, L.<br />
sanguifluus, L. semisanguifluus e L. vinosus, tutti commestibili.<br />
Spugnola<br />
Morchella esculenta (sin. M. rotunda) (l.) pers.<br />
È uno fra i <strong>funghi</strong> che aprono la stagione, già in marzo, rendendosi<br />
reperibile anche in pianura.<br />
<strong>Il</strong> cappello delle spugnole prende il nome di “mitra”. Nella Morchella<br />
esculenta è media grandezza, ovatoconico, con apice ottuso, alveoli<br />
allungati, angolosi e contornati da costolature di color fuligginoso e poi<br />
nero, attraversati nel fondo da vene trasversali, mentre internamente è<br />
cavo e bianco; colore castano brunastro o fuliginoso-olivastro; alto da 5-10 cm e largo 2-5 cm.<br />
<strong>Il</strong> gambo è di media grandezza (6-8 cm x 3-4 cm), grosso e solcato, finemente pruinoso in alto, cavo, di<br />
colore biancastro o giallastro. La carne è di consistenza ceracea, bianca; l’odore è gradevole; il sapore è<br />
dolciastro, delicato e gradevole. È una specie saprofita. cresce nei terreni<br />
umidi, presso frassini, pioppi, olmi ecc., in primavera.<br />
È un fungo molto buono, adatto a risotti e contorni, ma come tutte le<br />
morchelle va consumato previa bollitura in quanto contiene acido elvellico,<br />
micotossina termolabile.<br />
Si può confondere con gyromitra esculenta, velenosa anche mortale,<br />
distinguibile per la mitra di tipo “cerebriforme” (ricorda le circonvoluzioni del<br />
cervello).<br />
Trombetta da morto, cornucopia<br />
Craterellus cornucopioides (l.: fr.) pers.<br />
È un fungo molto ricercato: viene usato, essiccato e polverizzato, come<br />
condimento. viene chiamato “trombetta da morto”, non tanto per il colore<br />
scuro, ma perché spunta intorno al 2 novembre, giorno della<br />
commemorazione dei defunti. il nome “cornucopia” si riferisce<br />
all’abbondanza degli esemplari in uno stesso luogo di raccolta.
<strong>Il</strong> cappello è a forma di tromba, interamente cavo sino alla base del gambo, di colore da bruno grigiastro con<br />
tempo secco, a nero brillante con l’umidità; del diametro di 2-10 cm.<br />
L’imenio da giovane è liscio, poi rugoso, venoso a maturità, di colore grigio cenere o bluastro secondo il<br />
grado di maturità. il gambo è imbutiforme, cavo, elastico, floscio, di forma irregolare.<br />
La carne è prima grigia, poi subito nera, scarsa, sottile ed elastica; l’odore è gradevole, fruttato di prugna,<br />
molto più intenso nel fungo essiccato; il sapore è molto caratteristico, eccellente, dolce, con retrogusto<br />
aromatico di tartufo. È una specie micorrizica. È molto comune, in gruppi numerosi, in terreni umidi e boschi<br />
di latifoglie, spesso vicino a ceppi marcescenti, sotto fogliame in decomposizione, lungo piccoli corsi d’acqua<br />
o fossati, in autunno inoltrato.<br />
È un fungo eccellente in cucina in tutti i misti, è ottimo nei risotti e con la selvaggina; si presta<br />
all’essiccazione per la preparazione della polvere di fungo, che viene utilizzata come aromatico condimento.<br />
Si può confondere con Cantharellus cinereus, commestibile.