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Untitled - A. Venturi

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sano “humour” di un racconto d’insieme, dal ritmo veloce e brillante,<br />

con scene di notazione anche di costumi, al cui processo di composizione<br />

l’artista sembra partecipare, vestendo i panni di un regista cinematografico,<br />

con avvedute operazioni di montaggio e smontaggio della<br />

scena.<br />

Non c’è dissacrazione satirica, né irriverente giudizio critico, ma una<br />

trepida vicinanza all’uomo, con un disincantato atteggiamento di giocosa<br />

benevolenza. La simpatia per i personaggi è l’elemento dominante<br />

cui fa appello la fantasia dell’artista che sa che il sale della vita consiste<br />

tutto nel sapersi affidare al buonsenso. Viene dato rilievo a schietti<br />

sentimenti, senza che la stima, il rispetto e, persino, l’ammirazione non<br />

possano essere portati a garbata ironia (il preside al microfono durante<br />

il collegio dei docenti).<br />

Permane intatta nelle caricature quell’aria gentile di “divertissement”,<br />

per le azioni inaspettate e le trovate estrose che vengono calate nello<br />

spazio del foglio. Danno sapore alle caricature invenzioni, divagazioni,<br />

certi eccessi e “tagli” di episodi e figure di irresistibile ilarità (l’operazione<br />

dell’addetto alla sicurezza e all’evacuazione; la prudenza mentre<br />

si sega un tronco in legno nel laboratorio di arredamento; la concentrazione<br />

del tecnico nell’intervenire su un computer, con la meraviglia di<br />

chi gli sta accanto) che fioriscono sul foglio come rievocazioni affettuose<br />

di cui l’osservatore può immediatamente gioire. Senza dimenticare<br />

la bizzarria delle situazioni, la vivacità e immediatezza delle<br />

scene scandite da una “scrittura” incisiva (l’“obbedisco” di addetti alle<br />

pulizie con la scopa in mano, come loro “bandiera”) per un diversa<br />

cronaca di tutti i giorni.<br />

L’ironia è affidata alle situazioni e anche agli atteggiamenti “coloriti”<br />

dei personaggi (la visita agli scavi di Pompei). Impossibile una riflessione<br />

distaccata, perché l’artista è, per innata partecipazione umanissima<br />

ed affettiva, fin troppo immerso nelle “storie” cui dà vita attraverso<br />

il segno di pienezza compositiva, nel riconoscimento della sua autonomia.<br />

Per questo gli elementi vengono abilmente smussati e sfumati con<br />

un “grafia” elegante e disinvolta di articolazioni distintive e di rela-<br />

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zioni inattese. L’immagine non perde la carica umoristica e un certo<br />

gusto sapido, con una descrizione brillante, scherzosa, immaginosa (la<br />

professoressa di disegno dal vero che ama le piante grasse; il professore<br />

tra i manichini che sono oggetto della sua arte). Bisogna riconoscere<br />

all’artista un’acuta intelligenza di rappresentazione con sintesi grafiche<br />

di molteplici varianti linguistiche che puntano, nell’amplificazione<br />

della realtà, a rivelare paradossi (la professoressa di matematica che<br />

impiega il pallottoliere).<br />

A questa analisi Pisco sottopone sé stesso in un “quadretto” di arguzia<br />

narrativa che dà il titolo alla raccolta di queste caricature. “Se la memoria<br />

non m’inganna” ne è il titolo, con uno sguardo fin troppo attento,<br />

penetrante, di discreta malizia dell’artista su una donna che lascia<br />

intravedere alcune sue fattezze. A dare saporosità alla scena è quella<br />

sorta di curiosità e incredulità nell’osservazione di pur “discrete” nudità<br />

femminili che sanno risvegliare, non solo nell’artista, la dolcezza dei<br />

ricordi, certe sopìte fantasie e, forse, la vertigine del desiderio. Una dimensione<br />

privatissima che egli manifesta agli altri e che gli apre la via<br />

ad una splendida avventura conoscitiva in un “piccolo” mondo al quale<br />

reca, con caldo sentimento, quella sua aperta disponibilità a narrare con<br />

segni di libertà di combinazione, la più ampia possibile.<br />

Al gusto caricaturale è sottoposta la varia umanità, di cui l’artista riesce<br />

a manifestare, con calore e assidue invenzioni, molte voci, persino<br />

segrete, dell’esistere grazie ad un segno di evidenza costruttiva, formale<br />

che è esigenza di sintesi, grafico di sentimenti, caratterizzando<br />

inconfondibili figure nella quotidianità, in una unità ideale con l’ambiente<br />

in cui esse sembrano ritagliarsi i loro spazi. Un piccolo universo<br />

indagato, sostiene l’artista, con “la memoria visiva”, con un richiamo<br />

di Gennaro all’insegnamento di suo zio, famoso caricaturista napoletano,<br />

e con una aristocratica naturalezza espressiva, una forma esclusiva<br />

d’amore che fanno assumere ad ogni caricatura la “pienezza del documento”<br />

di una comunità, di un luogo, come lo storico Istituto “<strong>Venturi</strong>”<br />

in cui si attua la trasmissione della cultura, dei diversi saperi rivolti, in<br />

modo particolare, alla creatività, all’arte.

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