Dove non suoanano più i fucili - Europuglia
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stante oggi sia il decennale della strage di Srebrenica e l’ordinario palinsesto sia<br />
stato sostituito da musica classica, è radiosa e appassionata quando parla di broadcasting<br />
in Erzegovina.<br />
Ci racconta con orgoglio che tutti i collaboratori sono in regola con i contributi previdenziali<br />
(i quali assorbono il 68% dell’intero costo di un dipendente) e, seppur gli stipendi<br />
<strong>non</strong> siano alti, a lei pare che riuscire a retribuire uno speaker o un regista con<br />
6-800 marchi al mese sia già un ottimo motivo per <strong>non</strong> andare via. Ché il problema<br />
endemico della Bosnia è questo qui: tutti i giovani sognano soltanto di tagliare la<br />
corda <strong>non</strong> appena possibile. (Francesco Lanzo, mentre registriamo l’intervista, è riuscito<br />
a sbirciare l’e-mail che una giovanissima segretaria stava scrivendo a un’amica<br />
in California: aria insopportabile, voglia di fuggire, atmosfera a casa intollerabile).<br />
Amila tiene a precisare che la sua <strong>non</strong> è una Radio per dilettanti. Lei stessa ha lavorato<br />
negli USA e alla BBC ma, rispetto a quest’ultima storica emittente pubblica,<br />
dove ci sono degli standard qualitativi da rispettare sia nei contenuti delle trasmissioni<br />
che nel genere di musica da trasmettere, in una realtà come l’Erzegovina è estremamente<br />
difficile stabilire a quale livello uno standard sia alto poiché, semplicemente,<br />
è arduo rintracciare lo stesso target d’ascolto. Infatti Radio Studio 88, loro lo<br />
sanno, lo hanno testato attraverso indagini di mercato, è sì la terza radio <strong>più</strong> seguita<br />
in tutta la regione, ma come si fa a stabilire se i tantissimi avventori dei caffè che,<br />
almeno in città, diffondono invariabilmente le loro trasmissioni, siano o meno istruiti?<br />
In generale, Amila sa che tantissimi, troppi laureati, almeno l’80% di loro, <strong>non</strong> hanno<br />
uno straccio di occupazione. E tuttavia il livello culturale offerto dalle due università<br />
mostariane è notoriamente bassissimo e, con l’andar del tempo, tendente verso il<br />
basso con professori cooptati dalle Chiese e programmi molto diversi fra loro oltre<br />
che titoli di nessun valore fuori dai Paesi dell’ex-Iugoslavia.<br />
Oltre che giornalista, Amila è la presidente del Sindacato Giornalisti Erzegovesi. È<br />
stata lei a voler far redigere una normativa deontologica che supplisce a una mancanza<br />
di leggi statali che regolamentino la professione, “perché qui, durante la guerra,<br />
troppi si sono improvvisati giornalisti e il risultato è che le testate son quasi tutte<br />
al soldo di questo o quel politico”. La filosofia di Radio Studio 88 è affatto diversa.<br />
Abortito un tentativo di mettere in rete alcune stazioni bosniache che comprendeva-<br />
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no anche un paio di radio di Sarajevo (“qui la gente vuol sentire l’accento locale, <strong>non</strong><br />
sopportava questi speaker dalla cadenza settentrionale…”), oggigiorno su 9 stazioni<br />
mostariane, loro sono gli unici a svolgere un ruolo “pubblico”, a trasmettere programmi<br />
che <strong>non</strong> siano semplice intrattenimento ma che, liberamente, indaghino a<br />
fondo le questioni sociali ed economiche così da pedagogizzare il pubblico, renderlo<br />
consapevole dei propri diritti, far intravedere ai giovani fra i 25 e i 40 anni una<br />
chance di cambiamento, lottare contro l’apatica attesa che qualcosa, dall’esterno,<br />
arrivi a migliorare le loro condizioni di vita.<br />
“Su cosa ha puntato l’Unione Europea subito dopo la guerra? Sulla ricostruzione di<br />
asili e scuole elementari, che in sé è un fatto meritorio. Ma dietro queste scelte si<br />
nasconde una politica ben precisa: accontentatevi di un’istruzione di base, vi sarà<br />
bastevole quando arriveranno le nostre multinazionali a impiantare filiali per rastrellare<br />
manodopera a bassissimo costo. In Bosnia, lo vedrai, le grosse Compagnie arriveranno<br />
prestissimo e se <strong>non</strong> maturiamo fin da adesso una coscienza civile che<br />
forse è esistita al tempo di Tito ma che oggigiorno è tutta da reinventare: be’, allora<br />
<strong>non</strong> ci rimarrà che dare vita all’ennesima colonia del Grande Impero Americano”.<br />
Durante il pomeriggio il cielo si è aperto. Avevamo pranzato insieme a due venticinquenni<br />
conosciute per caso. Ci avevano raccontato delle loro vite e del carattere dei<br />
giovani del posto, delle loro speranze e delle loro ambizioni. “Primitivi” era l’aggettivo<br />
che <strong>più</strong> risuonava sulla bocca di queste due musulmane dai gusti e dall’attitudine<br />
esistenziale che <strong>più</strong> occidentali è difficile immaginare. Primitivi son quelli che ascoltano<br />
il folk -questo mix letale di smielature melodiche e ritmi gitani. Primitivi sono i<br />
ragazzi che <strong>non</strong> sanno corteggiare, <strong>non</strong> sanno amare, che sbarcano la sera ubriacandosi<br />
di birra Sarajevoska e pronunziando commenti volgari sulle scollature delle<br />
signorine. Ma primitiva è pure la sequela di nomi che snoccioliamo, la gente che<br />
abbiamo già sentito e quella che vorremmo intervistare. Di Radio Studio 88 hanno<br />
un’opinione che sta a metà strada fra il sarcasmo e lo sdegno. Degli attori e dei centri<br />
culturali della città che citiamo sanno poco -loro, laureate con voti altissimi nell’università<br />
di Mostar Est. C’è questo cupio dissolvi nei loro discorsi. Ci chiedono di scrivere<br />
che <strong>non</strong> vedono l’ora di entrare nella Comunità Europea, e di poter viaggiare,<br />
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