∑ VO n 10 ottobre 2011_10 ottobre 2011 - Provincia Romana ...
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∑ VO n 10 ottobre 2011_10 ottobre 2011 - Provincia Romana ...
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POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA<br />
VITAOSPEDALIERA<br />
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della <strong>Provincia</strong> <strong>Romana</strong><br />
ANNO LXVI - N° <strong>10</strong><br />
OTTOBRE <strong>2011</strong><br />
SAN GIOVANNI GRANDE<br />
Già da 25 anni Patrono di Jerez
S O M M A R I O<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
9<br />
<strong>10</strong><br />
11-14<br />
15<br />
16<br />
17<br />
RUBRICHE<br />
DALLE NOSTRE CASE<br />
18-21<br />
Pellegrinaggio sulle tracce<br />
della mission dell’Ordine ospedaliero<br />
di san Giovanni di Dio - Sintesi giornaliera<br />
22<br />
23<br />
La chiesa che insegna,<br />
annuncia e guarisce<br />
La fragilità umana:<br />
aspetti etici e bioetici<br />
La continuità della missione<br />
di mons. José Luís Redrado<br />
Dormire con i poveri a fianco<br />
Nastro Broselow nel PALS<br />
Urografia<br />
Esame inutile?<br />
Già esisteva un insegnamento<br />
a Crotone, quando vi giunse Pitagora<br />
XV-italiche, le prime scuole al mondo<br />
di medicina (500 a.C. circa)<br />
Schegge Giandidiane N. 26<br />
Un morbo a gran rischio<br />
ma solo per lʼinventore<br />
La devozione di Jerez<br />
per san Giovanni Grande<br />
Poliposi naso-sinusale (II parte)<br />
Quanti pani avete: andate a vedere...<br />
Buccheri La Ferla<br />
Un delicato intervento chirurgico<br />
salva il braccio di un paziente<br />
Centro san Nicolò-Porta Eburnea<br />
Celebrazione e ricordo di Pietro Soriano<br />
Newsletter<br />
VITA OSPEDALIERA<br />
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della <strong>Provincia</strong> <strong>Romana</strong><br />
ANNO LXVI<br />
Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000<br />
Via Cassia 600 - 00189 Roma<br />
Tel. 0633553570 - 0633554417<br />
Fax 0633269794 - 0633253502<br />
e-mail: stizza.marina@fbfrm.it<br />
dicamillo.katia@fbfrm.it<br />
Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h.<br />
Redazione: Franco Piredda<br />
Collaboratori: Paolo Iavarone, fra Giuseppe<br />
Magliozzi o.h., Mariangela Roccu, Maria Pinto,<br />
Raffaele Sinno, Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano,<br />
Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio<br />
Liguori, Raffaele Villanacci<br />
Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini<br />
Segretaria di redazione: Marina Stizza, Katia<br />
Di Camillo<br />
Amministrazione: Cinzia Santinelli<br />
Grafica e impaginazione: Duemme grafica<br />
Stampa: Fotolito Moggio<br />
Strada Galli s.n.c. - 000<strong>10</strong> Villa Adriana - Tivoli (RM)<br />
Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro<br />
Sostenitore 26,00 Euro - c.c. postale n. 76697002<br />
Finito di stampare: <strong>ottobre</strong> <strong>2011</strong><br />
In copertina: san Giovanni Grande moltiplica il pane<br />
per i poveri di Jerez (dipinto di Violante Ferroni nel<br />
nostro antico Ospedale di Firenze).<br />
EDITORIALE<br />
MISSIONARI DA CASA<br />
Oggi che i mezzi di comunicazione c’informano all’istante d’ogni<br />
evento importante che accada in qualsiasi parte del mondo, proviamo<br />
un’altalena di sentimenti tra l’ottimismo per i continui progressi tecnologici<br />
e sociali, che ci fanno sperare in un futuro migliore, e lo scoraggiamento<br />
per le agghiaccianti notizie di cronaca nera, di stragi razziali e guerre<br />
fratricide, di negazione sistematica dei diritti umani, di maree di profughi in<br />
fuga da situazioni insostenibili, di immense sacche di povertà, di irresponsabili<br />
inquinamenti, tanto da farci angosciare per la sorte dell’umanità.<br />
Davvero, osservando il panorama internazionale, ma già quello dinanzi<br />
casa, “sentiamo il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia”<br />
(Gaudium et Spes, n. 4) e con sentita preoccupazione ci domandiamo<br />
che fine faranno l’umanità e questa nostra terra e se ci sarà un futuro e quale.<br />
La risposta può venire solo dalla Fede: è Cristo il nostro futuro e solo Lui può<br />
cambiare la nostra vita, donare la speranza, spalancare la porta oscura del<br />
tempo e illuminare il futuro dell’umanità e dell’universo (cf Spe salvi, n. 2).<br />
Questa è la Buona Novella che Gesù è venuto a portarci ed è la sola che può<br />
dare gioia ai nostri cuori.<br />
La gioia che Cristo ci dona è contagiosa e ci spinge a condividerla con gli<br />
altri, affinché in ogni cuore finalmente la speranza vinca l’angoscia. Questa è<br />
la molla che spinge i missionari a partire per luoghi remoti, affinché la Buona<br />
Novella raggiunga tutti gli uomini della terra e consenta la crescita del Regno<br />
di Dio, l’unico in cui, grazie all’Amore, trionferanno finalmente l’armonia, la<br />
giustizia, la comunione tra le persone, le razze e i popoli, a cui tutti aspirano<br />
(cf Deus caritas est, n. 12).<br />
Anche senza lasciar la propria casa, ognuno di noi credenti è chiamato a diffondere<br />
Amore nel suo ambiente, poiché ogni gesto d’Amore è un indistruttibile<br />
passo avanti nel costruire il Regno di Dio. E ugualmente senza muoversi<br />
di casa, ciascuno tramite la preghiera può trasmettere grazia e forza a quelli<br />
che Dio ha chiamato a diffondere il suo messaggio d’Amore nelle terre di missione.<br />
Proprio per questo la Chiesa ha istituito ogni penultima domenica di<br />
<strong>ottobre</strong>, che quest’anno cade il 23, una speciale Giornata Missionaria Mondiale<br />
per invitarci a offrire non solo un obolo, che certamente ha la sua utilità,<br />
ma soprattutto preghiere.<br />
Quest’appello a pregare per le Missioni è rivolto a tutti. Certamente è rivolto<br />
ai bambini e ai giovani, sempre così pronti a impegnarsi con generosità. Ma<br />
è rivolto anche ai malati e ai sofferenti, che proprio con l’offerta delle loro<br />
pene possono offrire una misteriosa ma indubbia collaborazione alla crescita<br />
del Regno Divino. Ed è rivolto ovviamente alle persone consacrate, specie<br />
alle Comunità contemplative. Tutti assieme siamo invitati a dar vita a una rete<br />
di preghiere per le Missioni.<br />
L’importanza di pregare per le Missioni appare evidente dalla decisione che<br />
prese Pio XI nel 1929 proclamando Patrona delle Missioni una suora di clausura,<br />
la carmelitana santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897), che mai mise<br />
piede in terra di Missione, ma che offrì le sue preghiere per i missionari. Per<br />
felice coincidenza, la sua festa liturgica ricorre proprio all’inizio del mese di<br />
<strong>ottobre</strong>, che è dedicato alle Missioni.
Quando ci imbattiamo in certe<br />
pagine del Vangelo e vediamo<br />
l’atteggiamento di Gesù nei<br />
riguardi della gente che senza stancarsi<br />
lo segue nel suo itinerario lungo le strade<br />
della Palestina, rimaniamo esterrefatti<br />
del modo come il Salvatore si soffermava<br />
nel parlare e nell’ascoltare le esigenze<br />
della gente.<br />
“Gesù percorreva tutta la Galilea,<br />
insegnando nelle loro sinagoghe,<br />
annunciando il vangelo del Regno e<br />
guarendo ogni sorta di malattie e di<br />
infermità nel popolo” (Mt 4,23). E ancora<br />
Matteo ripropone quasi letteralmente,<br />
come se fosse un sommario e una introduzione<br />
narrativa a quello che sta per<br />
annunziare e per fare, la stessa frase:<br />
“Gesù percorreva tutte le città e i villaggi,<br />
insegnando nelle loro sinagoghe,<br />
annunciando il vangelo del Regno e<br />
guarendo ogni malattia e ogni infermità”<br />
(Mt 9,35).<br />
Dell’opera messianica di Gesù vengono,<br />
quindi, sottolineati dall’evangelista<br />
tre momenti importanti che serviranno<br />
alla Chiesa come esempio di azione<br />
pastorale ed evangelizzatrice con i fedeli:<br />
l’insegnamento (didaskō), l’annuncio<br />
del Regno (kēryssō) e l’attività terapeutica<br />
((therapeuō). Il verbo therapeuō<br />
4<br />
CHIESA E SALUTE<br />
LA CHIESA CHE INSEGNA,<br />
ANNUNCIA E GUARISCE<br />
Fra Elia Tripaldi o.h.<br />
non significa solo guarire, ma questo<br />
verbo indica molto di più: in greco<br />
significa assistere, servire, prendersi<br />
cura di qualcuno, insomma curarlo.<br />
Gesù non si occupava soltanto di riportare<br />
in salute le persone, ma anche della<br />
loro reintegrazione sociale, come a<br />
esempio i lebbrosi mondati dalla lebbra.<br />
Immaginiamoci che cosa abbia significato<br />
in termini di dignità per loro e per<br />
le loro famiglie la cura che Gesù riservava<br />
loro. Gesù si propone, quindi,<br />
come insegnante (non dimentichiamo<br />
che lui è il rabbì, il maestro per eccellenza,<br />
esperto nella legge mosaica, titolo<br />
con il quale nel Vangelo i discepoli si<br />
rivolgevano a lui), come proclamatore<br />
della buona novella (vangelo) e come<br />
terapeuta, scatenando una reazione<br />
popolare da parte delle folle che portano<br />
a lui “malati, tormentati da varie malattie<br />
e dolori, indemoniati, epilettici e<br />
paralitici; ed egli li guarì” (Mt 4,24). In<br />
questo modo egli prepara le folle ad<br />
ascoltare il discorso della montagna che<br />
sta per proclamare, sia per introdurre il<br />
discorso missionario, preceduto dalla<br />
descrizione di Gesù che ha compassione<br />
delle folle descritte come “pecore senza<br />
pastore”, unito all’invito di pregare perché<br />
Dio non faccia mancare operai nella<br />
sua messe.<br />
La catechesi nella Chiesa corrisponde<br />
al servizio profetico di annunziare e<br />
insegnare la Parola di Dio non solo nella<br />
formazione dei credenti (Battesimo,<br />
Cresima, Eucarestia, Matrimonio,...), ma<br />
anche di quei cristiani che sperimentano<br />
il dolore e la sofferenza e costituiscono<br />
per noi i soggetti primari della pastorale<br />
della salute. Il Kerygma (cioè la proclamazione<br />
della morte e risurrezione di<br />
Cristo fatta sotto l’azione dello Spirito) è<br />
stato il primo annuncio della Chiesa apostolica;<br />
poi con la catechesi si sviluppa la<br />
comprensione del mistero di Cristo che<br />
annunzia la liberazione dal peccato e<br />
dalla morte definitiva. La missione della<br />
Chiesa è quella di annunciare il Regno<br />
che già è misteriosamente presente nella<br />
nostra terra e non ancora completamente<br />
realizzato; esso si perfezionerà solo<br />
alla venuta del Signore.<br />
Infine, parlando della guarigione,<br />
Benedetto XVI ricorda che “ogni volta<br />
che si entra in un luogo di cura, il pensiero<br />
va naturalmente al mistero della malattia<br />
e del dolore, alla speranza della guarigione<br />
e al valore inestimabile della salute,<br />
di cui ci si rende conto soltanto allorché<br />
essa viene a mancare. Negli ospedali si<br />
tocca con mano la preziosità della nostra<br />
esistenza, ma anche la sua fragilità” 1 . La<br />
fragilità umana è un valore che, a differenza<br />
delle dimostrazioni di forza, fa<br />
crescere, incoraggia ad andare avanti<br />
nella vita, e la Chiesa, maestra di umanità,<br />
ci insegna a praticare l’accoglienza<br />
del nascituro, del bambino, la cura al<br />
malato, il soccorso al povero, l’ospitalità<br />
all’emarginato, all’anziano..., tutte<br />
situazioni di debolezza e di vulnerabilità.<br />
Le strutture sanitarie cattoliche presenti<br />
in tutto il mondo vogliono testimoniare<br />
proprio quanto Cristo ha insegnato<br />
e fatto nella sua vita terrena.<br />
Oggi abbiamo una nuova visione della<br />
salute, un nuovo atteggiamento cristiano<br />
di fronte alla sofferenza mediante un<br />
atteggiamento dinamico, realistico e di<br />
speranza perché la sofferenza non venga<br />
affrontata in modo passivo, fatalistico e<br />
con rassegnazione, ma come male da<br />
curare e da superare.<br />
_________________<br />
1 BENEDETTO XVI Pensieri sulla<br />
malattia. Ed. Vaticana 20<strong>10</strong>, p. 70
LA FRAGILITÀ UMANA:<br />
ASPETTI ETICI E BIOETICI<br />
Raffaele Sinno<br />
In questo periodo storico di profonda<br />
crisi sociale, economica, e<br />
più in generale antropologica,<br />
discutere di fragilità sembra quasi un<br />
paradosso. Questo concetto sembra<br />
associato a una comune idea d’incapacità<br />
da parte dell’uomo di far fronte<br />
ai limiti e alle necessità della sua<br />
esistenza, proponendo l’antico dilemma<br />
tra la sua Hybris nei confronti<br />
della natura e del mondo. Spesso si<br />
sente discutere di fragilità e di vulnerabilità<br />
come di due nozioni quasi<br />
identiche, con forti connotazioni di<br />
similitudine. La fragilità e la vulnerabilità,<br />
pur rappresentano situazioni di<br />
locus minoris resistentiae, sono due<br />
aspetti ben distinti. La fragilità è il<br />
livello che indica la generalità e il<br />
rischio potenziale di marginalità<br />
sociale, in cui si può trovare ogni persona;<br />
è dunque “un aspetto contenutistico<br />
del limite”, come è stato segnalato<br />
da mons. Vittorio Nozza. 1 Al<br />
contrario, la vulnerabilità comprende<br />
un primo livello che è quello della<br />
finitudine della persona umana, mentre<br />
un secondo aspetto analizza il<br />
diritto leso della dignità quale fondamento<br />
comune di ogni essere vivente<br />
2 . In questo senso si potrebbe affermare<br />
che tutti sono vulnerabili nella<br />
loro costituzione etico-morale, mentre<br />
si diventa fragili se non si pongono<br />
in essere le condizioni per rendere<br />
l’esistenza umana quanto più possibile<br />
libera dagli accidenti che la circondano.<br />
Si situa, in tal senso, un rapporto<br />
bipolare tra la propria fragilità e<br />
quella delle istituzioni che dovrebbero<br />
essere preposte a evitare l’ampliare<br />
di questo fenomeno. In tal modo<br />
possiamo affermare che non tutte le<br />
condizioni di fragilità possono contare<br />
su un corredo adeguato di risorse e<br />
politiche socio-assistenziali:<br />
BIOETICA<br />
- accanto a settori dove è rilevabile<br />
da sempre un forte impegno delle istituzioni<br />
e del volontariato organizzato<br />
(si pensi ai minori o agli anziani);<br />
- vi sono settori di disagio sociale<br />
trascurati e particolarmente fragili, in<br />
quanto connotati da una certa dose di<br />
carenza e debolezza nel sistema di<br />
risposte (esempi di questo tipo di<br />
carenze potrebbero essere individuati<br />
nel settore del carcere o della<br />
malattia mentale);<br />
- inoltre, la presenza di situazioni<br />
di fragilità dai contorni non sempre<br />
ben definibili esigono non solo una<br />
“politica” più mirata ad affrontare le<br />
cause del fenomeno (il lavoro, la<br />
casa, il sistema dei valori, l’appartenenza<br />
culturale, la rete dei servizi<br />
alla persona e alla famiglia.<br />
Ogni persona umana deve sempre<br />
essere considerata come una narrazione<br />
individuale, una storia di affetti,<br />
capacità, e desideri, per cui quando<br />
diviene particolarmente esposta ai fattori<br />
di fragilità deve essere aiutata non<br />
in maniera generica, ma utilizzando<br />
percorsi multidisciplinari, che sappiano<br />
riconoscere e integrare le diverse<br />
condizioni di fragilità impegnate:<br />
1) Gli aspetti fisici legati alla fragilità<br />
del corpo come le disabilità nelle<br />
diverse forme;<br />
2) I livelli legati all’ambiente;<br />
3) Gli aspetti delle fragilità psicoemotive;<br />
4) Quelli legati alle relazioni sociali<br />
o alle reti comunitarie 3 .<br />
Da tali premesse orientative sorge<br />
la riflessione etica e bioetica sulla<br />
fragilità della persona umana, che<br />
spesso è costretta a scelte difficili,<br />
che comportano enormi dilemmi<br />
etici. Nella letteratura bioetica “gli<br />
oceani della fragilità riguardano i<br />
destini degli embrioni, come il livello<br />
degli stati minimi di coscienza, in<br />
cui la nave della ragione spesso perde<br />
la bussola, e i riferimenti sono drasticamente<br />
rivolti alla risoluzione dei<br />
casi a tutti i costi” 4 .<br />
È noto che su questo argomento si<br />
confrontano due aspetti normativi e<br />
relazionali. Il primo, considera la<br />
fragilità un comune denominatore<br />
d’appartenenza, da tenere in giusta<br />
considerazione nell’analisi comportamentale<br />
umana, mentre il secondo<br />
percorso nega che ci possa essere,<br />
dall’esperienza individuale, o collettiva<br />
della fragilità, nessun elemento<br />
conoscitivo per una crescita e una<br />
risposta a tale esperienza. Questa<br />
posizione è definita non cognitivista,<br />
e nega qualsiasi livello positivo da<br />
attribuire alla fragilità e sofferenza,<br />
considerata un “cieco e incomprensibile<br />
peso alla gioia dell’esistenza<br />
umana”. Al contrario, sembra ovvio<br />
che nella vita impariamo dalle nostre<br />
e altrui fragilità, elevando il nostro<br />
spirito verso i porti della com-passione<br />
e con-divisione.<br />
Per noi cristiani si realizza, inoltre,<br />
una vera e propria rivoluzione dei limiti:<br />
ciò che sembra scandalo alla ragione<br />
o impossibile per la scienza, diviene<br />
il terreno operativo per quell’imitazione<br />
di Cristo, che fece della fragilità, la<br />
forza del Suo operare salvifico.<br />
La fragilità dell’uomo diviene l’Amore<br />
per Dio.<br />
_________________<br />
1 Mons. Vittorio Nozza, Presentazione<br />
del rapporto povertà ed esclusione in<br />
Italia, Roma 2006<br />
2 Raffaele Sinno, Corso di Bioetica<br />
sulla vulnerabilità e fragilità umana,<br />
una cultura da costruire, Roma 20<strong>10</strong><br />
3 Renata Ghisalberti, Gli indicatori<br />
della fragilità, in Convegno della Regione<br />
Emilia Romagna, Fragilità, territorio<br />
e istituzioni preposte, Bologna 20<strong>10</strong>.<br />
4 Raffaele Sinno, op. cit.<br />
5
La Redazione di Vita Ospedaliera,<br />
ringrazia di cuore il fatebenefratello<br />
mons. José Luís<br />
Redrado, che ha collaborato con la<br />
rivista nella rubrica Chiesa e Salute,<br />
e ora, terminato per limiti di età il suo<br />
servizio alla Chiesa nel Pontificio<br />
Consiglio per gli Operatori Sanitari,<br />
ritorna nella sua <strong>Provincia</strong> d’Aragona<br />
(Spagna), nella Casa di Saragozza,<br />
per continuare il suo ministero<br />
episcopale e di ospitalità.<br />
Sintetizzare in poche righe il ruolo<br />
e il percorso svolti da mons. José<br />
Luís Redrado Marchite, quale Segretario<br />
del Pontificio Consiglio per<br />
Operatori Sanitari (per la Pastorale<br />
della salute) è impresa ambiziosa e<br />
utopistica.<br />
La “caritas in veritate” nel mondo<br />
sanitario, mons. Redrado l’ha sperimentata<br />
e attuata sin dal suo ingresso<br />
nell’Ordine ospedaliero di san Giovanni<br />
di Dio.<br />
Le cure eque, umanizzanti, il servizio<br />
verso i sofferenti senza alcuna<br />
distinzione, sono parte integrante del<br />
voto di ospitalità dei Fatebenefratelli.<br />
Mons. Redrado ha saputo interpretare,<br />
da vero esperto, questo cammino<br />
e questa volontà dell’Ordine e<br />
della Chiesa, con vigore e competenza,<br />
denunciando anche le difficoltà<br />
che si incontrano nel voler conciliare<br />
il progresso economico, scientifico e<br />
tecnico con la persistente disparità di<br />
accesso ai servizi sanitari, con le ineguaglianze<br />
tra i sistemi sanitari dei<br />
Paesi ricchi e quelli dei Paesi in via<br />
di sviluppo; molti poveri ed emarginati<br />
non hanno accesso ai farmaci e<br />
ad altre tecnologie salvavita, a causa<br />
dei costi inaccessibili o delle scarse<br />
6<br />
ATTUALITÀ<br />
LA CONTINUITÀ DELLA MISSIONE<br />
DI MONS. JOSÉ LUÍS REDRADO<br />
Florence<br />
infrastrutture sanitarie esistenti nelle<br />
loro Nazioni.<br />
Mons. Redrado ha così sintetizzato la<br />
missione dell’importante Dicastero<br />
della Chiesa di cui è stato segretario<br />
(come 1 a nomina dal 4 gennaio 1986 e<br />
poi rinnovata; come vescovo dal 6 gennaio<br />
1999 al 14 luglio <strong>2011</strong>): “…evangelizzazione<br />
e azione della Chiesa nel<br />
settore sanitario, sia per i malati sia<br />
per i sani, iniziando da coloro che si<br />
prendono cura dei malati”.<br />
Avendo il Dicastero funzioni istituzionali,<br />
è stato fondamentale informare,<br />
formare, animare, perfezionare<br />
le forme per integrarvi la Pastorale e<br />
il “Professore”, come gradiva essere<br />
chiamato presso il Centro Studi dell’Ospedale<br />
San Pietro, dagli studenti<br />
Infermieri, sapeva far veicolare il<br />
messaggio con lo slancio del combattente<br />
nel presiedere alla carità, in una<br />
continuità che è quella della professione<br />
di fede e in una variazione di<br />
modi che è quella della Chiesa viva.<br />
Il servizio e l’impegno intesi come<br />
formazione e umanizzazione, mons.<br />
Redrado li ha svolti accanto ai giovani,<br />
nelle università, ma prioritariamente<br />
nell’incontro con gli operatori<br />
sanitari di ogni ordine e grado, ricordando<br />
loro costantemente che non<br />
bisogna limitarsi a curare solo il<br />
corpo, ma che è necessario salvaguardare<br />
l’intera persona, attraverso<br />
un approccio olistico.<br />
La sensibilizzazione capillare della<br />
comunità ecclesiale verso il mistero<br />
della sofferenza per riconoscere la<br />
sorgente della luce, della speranza e<br />
trovare la forza di vivere le condizioni<br />
di sofferenza, ha sempre trovato<br />
riscontro concreto nelle molteplici<br />
attività della segreteria del Dicastero<br />
per gli Operatori Sanitari.<br />
Innumerevoli i viaggi internazionali<br />
a cui ha partecipato e i congressi<br />
internazionali da Lui organizzati che<br />
si sono svolti con la partecipazione di<br />
numerosissimi professionisti della<br />
salute, che hanno ascoltato e che<br />
sono intervenuti alla formazione<br />
della Pastorale della salute.<br />
L’umanizzazione nell’ambito sanitario<br />
insieme all’impegno della Chiesa<br />
e nella Chiesa perché tutti si adoperino<br />
affinché la cura delle persone<br />
sofferenti, malate, sia migliorata, resa<br />
più efficace e rispettosa della dignità<br />
inalienabile dell’uomo, è quanto<br />
mons. Redrado continuerà attraverso<br />
la vicinanza e il sostegno alla persona<br />
umana, nella consapevolezza che nessuno<br />
può essere dimenticato o escluso<br />
e, soprattutto, attraverso la sua<br />
missione di fede, il senso forte e l’orgoglio<br />
dell’appartenenza ecclesiale<br />
all’Ordine dei Fatebenefratelli.
DORMIRE CON I POVERI<br />
A FIANCO<br />
Simone Bocchetta<br />
Ipoveri non ci lasceranno dormire,<br />
questo il titolo di un piccolo<br />
libro più volte ristampato e riedito<br />
dall’Editrice Monti, che è uscito in<br />
terza edizione nel febbraio di quest’anno.<br />
Un “classico” della letteratura<br />
missionaria italiana, il libro del<br />
comboniano p. Alex Comboniano<br />
(definito come tale anche sulla prima<br />
pagina di “Agorà”, su “Avvenire”<br />
dell’8 marzo <strong>2011</strong>, p. 23), in cui questa<br />
volta è presente una toccante<br />
introduzione del regista-attore<br />
Marco Paolini e di Michela Signori.<br />
Una testimonianza significativa e<br />
toccante: «Ricordiamo bene quel<br />
viaggio, l’incontro con Gino, un missionario<br />
laico che ha dedicato la sua<br />
vita ai poveri d’Africa, con padre<br />
Alex, con sister Gill e con la gente di<br />
Korogocho. Credevamo di essere<br />
preparati a quell’incontro, e invece…<br />
Le dimensioni, difficili da<br />
descrivere, da immaginare, difficili<br />
da credere perfino quando ce le hai<br />
sotto gli occhi e sotto i piedi: a Nairobi<br />
il 55% della popolazione, circa<br />
due milioni di persone, vive<br />
nell’1,5% del territorio municipale, e<br />
nell’80% dei casi per una baracca di<br />
lamiera paga l’affitto a gente che non<br />
vive nemmeno in baraccopoli, ma in<br />
città. Korogocho è una delle tre grandi<br />
baraccopoli che circondano la<br />
capitale, è immensa, ma ci vivono<br />
“appena” centomila persone, a Kibera<br />
sono oltre un milione… gente a<br />
cui può accadere qualsiasi cosa<br />
senza che il mondo se ne accorga,<br />
perché sulla carta non esiste. Mentre<br />
eravamo là, a Kibera scoppiò una<br />
rivolta: i proprietari delle baracche,<br />
per sfrattare un gruppo di abitanti da<br />
un appezzamento diventato edificabile,<br />
bruciarono le baracche. Per<br />
gente che non ha nulla tutto è prezio-<br />
SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI<br />
so e una baracca di lamiera rappresenta<br />
l’unico tetto possibile per la<br />
propria famiglia, così scoppiò la<br />
ribellione. Padre Alex ci impedì di<br />
andare a Kibera, disse che era troppo<br />
pericoloso, lui però con Gino ci<br />
andò, per ragionare, mediare, aiutare.<br />
Negli scontri che seguirono morirono<br />
alcune persone. Di questa, che<br />
imparammo essere la consueta<br />
modalità di sfratto per vincere la<br />
resistenza dei baraccati, l’Europa,<br />
l’Italia, forse non ne avrebbe saputo<br />
nulla se Gianfranco Bettin non avesse<br />
chiamato la redazione di alcune<br />
testate giornalistiche italiane. Non<br />
c’è nulla ai nostri occhi che ti aiuti a<br />
orientarti, non un cartello, uno slargo,<br />
un crocicchio delineato, seguiamo<br />
Alex che ci guida e ci raccomanda<br />
di fare attenzione, di non restare<br />
indietro, soprattutto di non lasciare<br />
che i bambini ci seguano: per loro il<br />
rischio di perdersi è altissimo e qui<br />
c’è gente che nei loro sorrisi non<br />
vede il candore della vita che si rinnova,<br />
della speranza in un futuro<br />
migliore, ma purtroppo solo un business.<br />
I bambini scomparsi qui raramente<br />
vengono ritrovati» (pp. 9-<strong>10</strong>).<br />
Seguono poi le pagine di Zanotelli,<br />
brevi, ma molto dense, scritte da<br />
qualcuno che sicuramente dai poveri<br />
si è sempre fatto interpellare, togliere<br />
il sonno, che ha sempre cercato di<br />
dormire al loro fianco. È stato testimone<br />
della lenta Via Crucis per i<br />
nuovi crocifissi della storia: i poveri<br />
di Korogocho, inchiodati alla croce<br />
con oltre un miliardo di altri crocifissi,<br />
e ci ha fatto capire quanto noi tutti<br />
siamo convocati dal Dio dei diseredati<br />
per staccare questi popoli crocifissi<br />
dalla croce. Sono interi popoli,<br />
ma sono anche individui che hanno<br />
un nome e un volto; volti di chi vive<br />
nei sotterranei della vita e della storia.<br />
Il “toccare” la loro vita, il pellegrinare,<br />
lo sfiorarci e conoscerci,<br />
sono significativi: forse l’uomo esiste<br />
proprio nel momento in cui<br />
incontra l’altro: «E una delle prime<br />
cose che ho percepito in baraccopoli<br />
è stato il dono della presenza, o forse<br />
è più corretto chiamarla presenzaassenza,<br />
di tanti amici. È una rete<br />
misteriosa, quella che lega le nostre<br />
vite, ed è una delle cose che mi portano<br />
molto spesso a sentire il Mistero.<br />
È incredibile vedere gli incontri<br />
che facciamo nella nostra vita, scoprire<br />
quanto sono importanti, capire<br />
che di sicuro c’è qualcuno che tira i<br />
fili, anche se non comprendiamo mai<br />
il come e il quando. È un mistero:<br />
voi non comprendete il motivo che<br />
vi porta a leggere queste parole, e<br />
nemmeno io so perché vivo a Korogocho.<br />
Per me è un mistero che consiste<br />
nel condividere le esistenze<br />
distrutte dei poveri, nell’accostare la<br />
morte da mattina a sera, perché proprio<br />
in questi istanti dolorosi avviene<br />
l’incontro con la vita: i poveri affermano<br />
incessantemente la loro voglia<br />
di danzare la vita, di credere che,<br />
nonostante tutto, la vita vince» (pp.<br />
19-20).<br />
7
Il bambino non deve essere considerato<br />
come un adulto in miniatura:<br />
le malattie e le risposte sono<br />
completamente diverse sia dal punto<br />
di vista fisico, sia psicologico, rispetto<br />
a quelle di un adulto.<br />
Questo è dovuto al fatto, principalmente,<br />
che il bambino ha un fisico<br />
in evoluzione, che cresce con rapidità<br />
nei primi sei anni di vita. Questa<br />
rapida crescita fa si che la maggioranza<br />
dei dosaggi dei farmaci sia<br />
espressa facendo riferimento al peso<br />
in chili.<br />
Molti autori hanno dimostrato che<br />
il calcolo dei farmaci, in ambito di<br />
emergenza pediatrica, tende pericolosamente<br />
all’errore e all’utilizzo di<br />
materiali per la rianimazione non<br />
corretti in rapporto alla taglia del<br />
bambino, complice anche la pressione<br />
emotiva.<br />
Per affrontare le emergenze, storicamente<br />
gli ospedali e gli ambulatori<br />
pediatrici hanno utilizzato dei carrelli<br />
di emergenza standard con cassetti<br />
o moduli organizzati per tipo di<br />
intervento: (modulo per l’intubazione,<br />
modulo per i farmaci, modulo per<br />
la ventilazione, ecc.).<br />
Molti Pronto Soccorso e servizi di<br />
emergenza territoriale, attualmente<br />
utilizzano carrelli basati sul sistema<br />
del nastro di Broselow. Con questo<br />
8<br />
SANITÀ<br />
NASTRO BROSELOW NEL PALS<br />
Mariangela Roccu<br />
sistema il bambino da soccorrere<br />
viene misurato col nastro di Broselow<br />
e viene determinato un codice<br />
colore corrispondente alla sua statura/età.<br />
Il “Broselow tape” introdotto nel<br />
1986 dai medici James Broselow e<br />
Bob Luten, è un nastro metrico colorato<br />
da utilizzare in condizione di<br />
emergenza. Un metodo semplice e<br />
rapido per stimare il peso e il dosaggio<br />
farmacologico pediatrico, nonché,<br />
in seguito, la corretta misura dei<br />
devices; il tutto mettendo in correlazione<br />
età e statura del bambino.<br />
Detto presidio, approvato dal<br />
PALS (Pediatric advanced life support)<br />
è un nastro lungo 146,5 cm che<br />
stima un peso sino ai 36 kg. Si divide<br />
in 9 differenti colori: grigio, rosa,<br />
rosso, viola, giallo, bianco, blu, arancio<br />
e verde.<br />
Il carrello basato sul nastro di Broselow<br />
è suddiviso in cassetti o borse<br />
ciascuno dei quali ha un codice colore<br />
corrispondente a uno dei diversi<br />
intervalli di statura e d’età del bambino.<br />
Ciascun cassetto o borsa contiene<br />
tutto il materiale necessario per la<br />
rianimazione di un paziente compreso<br />
in quel range di statura ed età,<br />
inclusi i farmaci già predosati.<br />
La letteratura degli ultimi anni è<br />
abbastanza concorde nel ritenere che<br />
la precisione del nastro di Broselow<br />
nello stimare il peso dei pazienti sia<br />
discutibile. La stessa è ugualmente<br />
concorde nell’affermare che è necessario<br />
uno strumento pratico in grado<br />
di dare informazioni rapide e sintetiche<br />
per affrontare le emergenze<br />
pediatriche.<br />
Recentemente, per migliorare la<br />
comunicazione del team di rianimazione<br />
e per la sicurezza al bambino,<br />
nelle Scuole di Medicina presso<br />
alcune Università americane, stanno<br />
convertendo il Broselow tape in un<br />
formato elettronico mediante la<br />
visualizzazione dei dati su un monitor<br />
LCD ((Liquid Crystal Display),<br />
di grandi dimensioni, all’interno del<br />
Pronto Soccorso. Ulteriori informazioni<br />
comprendono i farmaci somministrati,<br />
il tempo di somministrazione<br />
e la successiva programmazione.<br />
In caso di ustioni, sarà visualizzato<br />
un calcolo automatico della superficie<br />
interessata e la necessaria quantità<br />
sia liquidi, sia dei farmaci da somministrare.<br />
Nel nostro Paese sussistono realtà<br />
d’emergenza ospedaliera e territoriale<br />
molto eterogenee in fatto di strumenti<br />
di gestione dell’emergenza<br />
pediatrica; sarebbe quindi necessario<br />
e razionale uniformare gli strumenti<br />
a partire dall’introduzione di carrelli<br />
basati sul Broselow tape per ottenere<br />
una crescita significativa negli standard<br />
qualitativi di intervento.
UROGRAFIA<br />
Esame inutile?<br />
Raffaele Villanacci<br />
L’urografia, introdotta nel<br />
1930, è stata utilizzata elettivamente<br />
per lo studio morfologico<br />
delle vie escretrici urinarie<br />
fin dalla sua introduzione nella pratica<br />
clinica.<br />
Ultimamente il suo ruolo si è progressivamente<br />
ridimensionato alla<br />
luce degli sviluppi tecnologici e dell’introduzione<br />
di altre tecniche radiologiche,<br />
in particolare l’ecografia, la<br />
tomografia computerizzata (TC) e la<br />
risonanza magnetica (RM).<br />
È nata così l’uro-TC, definita dai<br />
membri del CT Urography Working<br />
Group della Società Europea di<br />
Radiologia Urogenitale (ESUR),<br />
come un “esame diagnostico ottimizzato<br />
per l’imaging dei reni,<br />
degli ureteri e della vescica, che<br />
necessita l’uso di un’apparecchiatura<br />
TC multidetettore, con acquisizione<br />
di immagini a strato sottile,<br />
somministrazione endovenosa di<br />
mezzo di contrasto e una scansione<br />
ottenuta in fase escretoria”.<br />
L’uro-TC si è affermata negli ultimi<br />
anni come eccellente modalità<br />
di studio dell’apparato urinario e<br />
questa tecnica sta rapidamente<br />
sostituendo l’urografia tradizionale<br />
la quale, probabilmente, sopravvivrà<br />
a breve solo nelle strutture prive<br />
della TC multistrato (a 16, 32, 64 o<br />
più strati).<br />
Infatti nel nostro ospedale Fatebenefratelli<br />
di Benevento l’urografia,<br />
per i pazienti ricoverati, non<br />
viene più eseguita da pochi mesi<br />
dopo l’istallazione della TC multistrato<br />
a 32 strati, mentre è un esame<br />
ancora prescritto per i nostri<br />
pazienti ambulatoriali su richiesta<br />
SANITÀ<br />
del medico di base e/o<br />
dell’urologo specialista<br />
extra-ospedaliero.<br />
Rispetto all’urografia,<br />
l’uro-TC ha il vantaggio<br />
di essere più tollerata<br />
dal paziente, necessitando<br />
del solo digiuno preliminare,<br />
senza ulteriori<br />
preparazioni (dieta, purganti,<br />
clismi evacuativi).<br />
Vanno, comunque, sempre<br />
fatti gli esami di<br />
laboratorio pre-contrastografici<br />
e un ECG con<br />
visita cardiologica.<br />
L’esame è accettato ancora di<br />
più dai pazienti se si considera che<br />
essi non rischiano, come avviene<br />
per l’urografia, di dover essere<br />
rinviati in quanto la pulizia intestinale<br />
(leggasi clisteri e/o purganti)<br />
non è stata efficace.<br />
Anche l’esecuzione della procedura<br />
è più rapida e più confortevole<br />
dell’urografia, non essendovi<br />
necessità di compressione ureterale,<br />
che oltretutto è controindicata, a<br />
esempio, nei pazienti con aneurisma<br />
aortico o sottoposti a recente<br />
intervento chirurgico addominale.<br />
La maggior rapidità della procedura<br />
ha evidenti risvolti positivi<br />
sotto il profilo organizzativo potendo<br />
effettuare, nello stessa seduta,<br />
un numero superiore di pazienti.<br />
L’uro-TC è un esame panoramico,<br />
che consente nella stessa seduta<br />
di valutare non solo le vie escretrici,<br />
ma anche il parenchima renale e<br />
le altre strutture addominali, come<br />
testimoniato dall’elevato numero di<br />
reperti collaterali, anche di notevole<br />
impatto clinico, che abbiamo<br />
riscontrato. L’esecuzione è semplice.<br />
Si posiziona il paziente sul lettino<br />
TC e dopo aver acquisito la<br />
firma del consenso informato alla<br />
iniezione del contrasto EV, si iniettano<br />
80-<strong>10</strong>0 ml di contrasto iodato<br />
non ionico.<br />
Successivamente si effettuano<br />
scansioni TC dell’addome-pelvi<br />
che permettono di acquisire un<br />
certo numero di volumi di immagini<br />
che successivamente saranno<br />
elaborate alla stazione di ricostruzione<br />
3D.<br />
Alla fine dell’esame Uro-TC è<br />
possibile studiare anche la vescica<br />
mediante cistografia TC con cistografia<br />
virtuale. L’indagine ha quindi<br />
valenza sia morfologica che funzionale.<br />
Le principali indicazioni<br />
possono essere costituite dalla ematuria<br />
e dallo studio della patologia<br />
litiasica e neoplastica (in particolare<br />
vescicale).<br />
9
<strong>10</strong><br />
IL CAMMINO DELLA MEDICINA<br />
GIÀ ESISTEVA UN INSEGNAMENTO A CROTONE,<br />
QUANDO VI GIUNSE PITAGORA<br />
XV – italiche, le prime scuole al mondo di medicina (500 a.C. circa)<br />
Fabio Liguori<br />
Città aperte ai commerci e agli<br />
scambi con culture diverse, è<br />
nelle colonie ioniche della<br />
Magna Grecia (Crotone, Agrigento)<br />
che nel VI sec. a.C. si sviluppa una<br />
coscienza critica: la capacità, cioè, di<br />
distaccarsi dalle tradizioni empiriche e<br />
magico-religiose per scrutare gli eventi<br />
naturali con occhio ancorato all’osservazione.<br />
Aristotele (384-322 a.C.)<br />
chiamò italica la grande Scuola filosofica<br />
che, con Talete, Anassimene e<br />
Anassimandro, ebbe studiosi con innata<br />
curiosità verso ogni fenomeno che<br />
coinvolgesse l’uomo e quanto lo circondava:<br />
la natura, prima e fondamentale<br />
realtà di ogni cosa esistente. La<br />
domanda di Talete “di cosa è fatto il<br />
mondo?” sarà così il presupposto del<br />
pensiero scientifico.<br />
Con lo studio dell’uomo, e delle<br />
variazioni al naturale suo trascorrere a<br />
causa di malattie, nasceva a Crotone il<br />
primo insegnamento al mondo di<br />
medicina, dunque già esistente quando<br />
Pitagora<br />
vi giunse (530 a.C.) il filosofo greco<br />
Pitagora che qui stabilì la sua Scuola<br />
pitagorica: la “migliore” del mondo<br />
greco, famosa per lo studio dei numeri<br />
e dei cicli astrali, e per una medicina<br />
intesa come “regola di vita”.<br />
Mitico personaggio e sommo matematico<br />
(celebre il suo teorema), per<br />
Pitagora l’uomo è “qualcosa di mezzo<br />
tra Dio e gli altri animali, soggetto<br />
all’errore e alla morte”, ma che si<br />
distingue per la volontà di non rimanere<br />
nell’ignoranza. Il numero è un<br />
concetto di quantità: quantità minori<br />
formano la maggiore, cioè la materia.<br />
Ma il numero è anche armonia, ritmo<br />
che governa il creato: perché un ordine<br />
misurabile esiste in tutte le cose. E<br />
come la nascita è l’aggregarsi di particelle<br />
elementari, così la morte è il disunirsi<br />
di questi insiemi.<br />
È da queste raffigurazioni ideali che<br />
discende l’impulso alle scienze matematiche<br />
e a una concezione razionalistica<br />
dell’universo che saranno alla<br />
base della civiltà europea. Non a caso<br />
le teorie cosmologiche dei pitagorici<br />
anticiperanno di molti secoli l’ipotesi<br />
galileiana eliocentrica. E predicando la<br />
dipendenza delle malattie da processi<br />
naturali, le Scuole della Magna Grecia<br />
porranno la premessa per la definitiva<br />
affermazione della medicina razionale.<br />
Tra i più famosi medici della Scuola<br />
di Crotone s’annovera Democède che<br />
curò con successo il re Dario (caduto<br />
da cavallo) e la regina di Persia laddove<br />
medici persiani ed egiziani avevano<br />
fallito, ricevendone un pubblico stipendio.<br />
Sposò la figlia di Milone, il<br />
celebre lottatore di Crotone vincitore<br />
di più Olimpiadi e considerato il più<br />
grande atleta dell’antichità. Sotto l’aspetto<br />
preventivo (“mens sana in corpore<br />
sano”) la ginnastica era talmente<br />
Crotone<br />
perfezionata a Crotone da dare origine<br />
al detto “l’ultimo dei crotoniati vale il<br />
primo degli ateniesi”.<br />
Altro celebre medico è Alcmeone<br />
(allievo di Pitagora), tra i primi a sostenere<br />
che l’organismo è del tutto indipendente<br />
da divinità e magie. Noto per i suoi<br />
studi sull’anatomia che lo porteranno a<br />
distinguere il sangue arterioso da quello<br />
venoso, fu anche il primo a indicare il<br />
cervello come organo centrale di tutte le<br />
sensazioni (“l’uomo si distingue dagli<br />
animali perché capisce, mentre gli animali<br />
percepiscono ma non capiscono”).<br />
Nella scuola di Agrigento primeggiava<br />
il filosofo Empedocle (492-430<br />
a.C. circa) che considerava il mondo<br />
formato da quattro “radici” primordiali<br />
e incorruttibili: terra, aria, acqua<br />
e fuoco. La composizione degli organi<br />
e la morte originavano dall’aggregarsi<br />
e disgregarsi di questi elementi,<br />
dipendendo il tutto da due forze<br />
cosmiche e divine in perenne lotta tra<br />
loro: Amore e Odio.<br />
Quanto a lui, Empedocle non conosceva<br />
modestia e, abilissimo nel farsi<br />
pubblicità, andava in giro col capo<br />
coronato d’alloro, i lunghi capelli<br />
sciolti sulle spalle e una vistosa tunica<br />
color porpora. A questo lato pittoresco<br />
della sua personalità si aggiunse la<br />
leggenda (non vera) che abbia posto<br />
fine ai suoi giorni gettandosi nel cratere<br />
dell’Etna.
Schegge Giandidiane N. 26<br />
Un morbo a gran rischio,<br />
ma solo per l’inventore!<br />
Esattamente mezzo secolo fa,<br />
nel pomeriggio del 24 agosto<br />
1961, mentre era ricoverato<br />
in una cameretta del<br />
Reparto San Pietro dell’Ospedale<br />
S. Giovanni Calibita che abbiamo<br />
all’Isola Tiberina, circondato da<br />
parenti, colleghi e frati, rendeva<br />
serenamente la sua anima a Dio il<br />
dott. Giovanni Borromeo, che tra<br />
quelle mura aveva speso 27 anni<br />
di brillante vita professionale dapprima<br />
di Primario Medico e poi<br />
anche di Direttore Sanitario.<br />
Durante il ricovero, consapevole<br />
dell’imminente fine, aveva<br />
chiesto i Sacramenti e li ricevette<br />
con devoto e profondo raccoglimento:<br />
aveva commentato che si<br />
sentiva pronto a morire e che l’unico<br />
dolore era quello dei suoi<br />
cari, ai quali però lasciava in eredità<br />
la sua fede ed il suo esempio.<br />
In un omaggio resogli dall’Accademia<br />
Lancisiana, di cui era socio<br />
dal 1928, se ne lodò infatti “la fede<br />
profonda, che traeva forza e pace dai<br />
grandi scrittori cristiani”.<br />
Era nato a Roma il 15 dicembre<br />
1898 da famiglia profondamente<br />
cattolica. Suo nonno Ercole, nato<br />
nel 1854, s’arruolò volontario col<br />
generale Oudinot per liberare nel<br />
1849 Roma e ridarla al Papa; nel<br />
1854 si laureò in Medicina e la<br />
esercitò nell’Urbe. Parimenti vi fu<br />
medico suo padre Pietro, nato nel<br />
1869 e che fu eletto deputato in<br />
Parlamento nelle file del Partito<br />
Popolare Italiano, fondato da don<br />
Luigi Sturzo nel 1919.<br />
Giovanni Borromeo si iscrisse<br />
Dott. Giovanni Borromeo (1898-1961).<br />
anche lui a Medicina nel 1916,<br />
ma già a dicembre dovette partir<br />
soldato. Poté comunque laurearsi<br />
nel 1922 ed iniziare a Roma una<br />
brillante carriera negli Ospedali<br />
Riuniti, divenendo presto Aiuto e<br />
vincendo nel 1931 il concorso per<br />
Primario: ma per accedere a tale<br />
incarico gli imposero d’iscriversi<br />
al Partito Fascista ed egli preferì<br />
restare Aiuto. Nel 1934 pareva ci<br />
fosse più tolleranza e si presentò<br />
di nuovo al concorso, vincendolo,<br />
ma poi ugualmente gli chiesero la<br />
tessera del Partito e lui rinunciò.<br />
Decise allora di partecipare al<br />
concorso bandito il 18 marzo<br />
1934 dall’Ospedale Tiberino per il<br />
posto di Primario Medico, lasciato<br />
libero dal dott. Giuseppe Proli.<br />
Bisogna sapere che nel 1930 il<br />
nostro Superiore Generale, fra<br />
Faustino Calvo - con il paterno<br />
incoraggiamento di Pio XI che<br />
nell’Udienza del 24 maggio 1930<br />
si complimentò per la decisione di<br />
dar nuovo volto all’Ospedale<br />
Tiberino ed auspicò divenisse un<br />
modello d’avanguardia per tutto<br />
l’Ordine fondendovi “carità antica<br />
e mezzi modernissimi” - aveva ottenuto<br />
aiuto da tutte le Province<br />
del nostro Ordine per ristrutturare<br />
totalmente l’edificio di cui, per<br />
il loro valore monumentale,<br />
lasciò immutate solamente la<br />
Chiesa e la Sala Assunta, ma moltiplicò<br />
gli spazi, grazie anche<br />
all’acquisto e demolizione di tutte<br />
le casupole adiacenti. Dopo quattro<br />
lunghi anni d’intensi lavori,<br />
che furono diligentemente seguiti<br />
dal Priore fra Leonardo Ilundain e<br />
dal <strong>Provincia</strong>le fra Camillo<br />
Viglione, il nuovo Ospedale fu<br />
inaugurato il 3 aprile 1934 dal<br />
Cardinal Vicario, presenti i confratelli<br />
venuti d’ogni nazione per<br />
il Capitolo Generale. Dopo i<br />
lavori, i posti letto erano saliti a<br />
350, parte in corsie, di cui la sola<br />
vasta era la Sala Assunta con 41<br />
letti di Medicina, e parte in camere<br />
per solventi. L’Ospedale disponeva<br />
inoltre dei Servizi di Radiologia<br />
e di Pronto Soccorso, di vari<br />
Ambulatori e di una Scuola per<br />
Infermieri Professionali.<br />
Le strutture erano state portate<br />
all’altezza dei tempi ed ora c’era<br />
bisogno di professionisti validi,<br />
che le utilizzassero al meglio. A<br />
Priore dell’Isola Tiberina era stato<br />
eletto dal Capitolo Generale fra<br />
Faustino Giulini, che s’affrettò a<br />
completare l’organico: nella<br />
prima riunione che ebbe con i<br />
frati della Comunità il 27 aprile<br />
1934, diede i risultati del citato<br />
concorso e fu approvata la nomi-<br />
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 26 - Un morbo a gran rischio, ma solo per l’inventore!<br />
<strong>10</strong>5
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 26 - Un morbo a gran rischio, ma solo per l’inventore!<br />
<strong>10</strong>6<br />
na a Primario Medico del dott.<br />
Borromeo. Nella seguente riunione<br />
del <strong>10</strong> giugno fu discusso chi<br />
affiancargli come Aiuto e si preferì<br />
il dott. Marco Marini perché,<br />
come si legge nel verbale, i suoi<br />
“titoli sono stati esaminati dal nostro<br />
Direttore Sanitario dott. Alfredo<br />
Ramoni e dal dott. Borromeo, i quali<br />
hanno dato parere favorevole”.<br />
Borromeo si distinse subito per<br />
lo zelo nel veder completate le<br />
attrezzature dell’Ospedale, come<br />
fece notare l’on. Egilberto Martire<br />
quando nel 1934 pubblicò “L’Isola<br />
della Salute”, illustrandovi i<br />
lavori di rinnovamento dell’Ospedale.<br />
Ma ancor più si distinse per<br />
le sue capacità diagnostiche e se,<br />
come poi attestò il prof. Filippo<br />
Rocchi, nutriva talora qualche<br />
dubbio, con tutte le conseguenze<br />
per la prognosi e la terapia, tale<br />
dubbio lo teneva in ansia e usava<br />
tornar ad esaminare il malato più<br />
e più volte, fino a tranquillizzarsi.<br />
Se negli Ospedali Riuniti, come<br />
allora quasi ovunque in Italia, per<br />
far valere i propri diritti occorreva<br />
iscriversi al Partito Fascista, ben<br />
diversa era l’aria che si respirava<br />
nel nostro Ospedale Tiberino, in<br />
cui Borromeo si sentiva libero di<br />
manifestare i suoi ideali politici di<br />
cattolico liberale e di esprimere le<br />
sue critiche ai fascisti, che con<br />
Fra Maurizio Bialek nel 1947.<br />
arguzia medica paragonava alle<br />
emorroidi, che si gonfiano a più<br />
non posso, ma per poi finire in<br />
una chiazza di feci e sangue.<br />
Egli riteneva assurde le leggi razziali<br />
del 1938 e quando una mattina<br />
gli si presentò in corsia il giovane<br />
medico ebreo Vittorio<br />
Sacerdoti, chiedendogli di poter<br />
restare come infermiere, poiché<br />
l’avevano cacciato dall’Ospedale<br />
Civile d’Ancona, il cui Primario,<br />
prof. Bombi, l’ha indirizzato a lui<br />
perché furono compagni d’armi e<br />
lo sa inserito in una struttura non<br />
pubblica, subito ordinò di dargli<br />
invece un camice da medico ed<br />
andò a chiederne l’assunzione in<br />
Amministrazione, dove era certo<br />
d’avere l’appoggio dell’Economo,<br />
fra Maurizio Bialek, un polacco<br />
assai sveglio, pronto al sorriso ed<br />
all’ironia, giunto all’Isola il 3 gennaio<br />
1936, ma con cui s’era subito<br />
sentito in perfetta sintonia e della<br />
cui amicizia godette poi sempre,<br />
poiché fino al 1961 il frate non si<br />
mosse mai dall’Isola.<br />
Va detto che allora mancava un<br />
Priore effettivo nell’Isola, poiché<br />
fra Faustino Giulini alla fine del<br />
1936 era stato trasferito come<br />
Superiore alla Farmacia Vaticana<br />
e fino al 1939 solo formalmente<br />
s’assunse l’incarico di Priore il<br />
Superiore Generale, fra Narciso<br />
Durchschein, un bavarese con cui<br />
Borromeo ebbe parimenti un ottimo<br />
rapporto, anche per la sua<br />
padronanza del tedesco.<br />
Nel 1940, per incrementare le<br />
degenze per acuti, si trasferì lo<br />
speciale Reparto per sacerdoti<br />
lungodegenti in una Villa sulla<br />
Cassia, da poco acquistata dai<br />
frati della <strong>Provincia</strong> <strong>Romana</strong> ed<br />
intitolata all’Apostolo San Pietro,<br />
quale Patrono della <strong>Provincia</strong>.<br />
Già l’anno dopo, fu aperto nella<br />
Villa anche un Reparto per mala-<br />
Borromeo con la moglie<br />
e il figlio Pietro nel 1943.<br />
ti mentali e dal 17 novembre ne<br />
fu nominato Direttore Sanitario il<br />
dott. Borromeo, che guidò fino<br />
alla propria morte l’evoluzione del<br />
nuovo Istituto, cui fu annessa nel<br />
1949 una Casa di Riposo che poi<br />
nel 1955, trasferiti a Genzano i<br />
malati mentali nel nostro nuovo<br />
Istituto Psichiatrico, fu mutata in<br />
Ospedale Generale, di cui egli fu<br />
Primario e v’ebbe come Aiuto il<br />
dr. Salvatore Casa, che dal 1943<br />
era con lui all’Isola Tiberina. Tali<br />
stretti rapporti tra Villa San Pietro<br />
e l’Isola furono facilitati dal<br />
fatto che la Curia Generalizia dal<br />
1942 al 1953 trasferì alla <strong>Provincia</strong><br />
<strong>Romana</strong> l’Ospedale Tiberino.<br />
Particolarmente encomiabile fu<br />
la parte avuta dal dott. Borromeo<br />
durante l’occupazione nazista di<br />
Roma dal <strong>10</strong> settembre 1943 al 4<br />
giugno 1944. In quei tragici mesi<br />
nel nostro Ospedale trovarono<br />
rifugio molti antifascisti ed ebrei.<br />
Fu l’addetto alla manutenzione,<br />
Pietro Scarabotti, a suggerire ai<br />
frati i possibili nascondigli ed uno<br />
dei più capienti fu sotto la botola<br />
d’accesso alle fognature, sita nel<br />
pavimento della stanza per malati<br />
infettivi ch’era a lato dell’altare<br />
della Sala Assunta. La botola fu<br />
coperta con un tappeto ed era fra<br />
Fabiano Secchi, allora in servizio<br />
in Sala Assunta, ad aprirla per
portarvi il vitto ad oltre una decina<br />
di persone nascoste lì; spesso a<br />
fornire quel cibo era la sorella dell’attore<br />
Aldo Fabrizi, la famosa<br />
“sora Lella”. Altri invece furono<br />
ricoverati dal dott. Borromeo con<br />
finte diagnosi e finte generalità<br />
nelle camere per solventi, che<br />
permettevano riservatezza, però<br />
aumentando il numero s’azzardò a<br />
metterli in Sala Assunta, ma nel<br />
settore che era separato da una<br />
vetrata, e s’inventò un’apposita<br />
malattia per loro, il “morbo di K”,<br />
termine con cui sarcasticamente<br />
alludeva al gen. Kappler, capo a<br />
Roma dei servizi segreti delle SS e<br />
poi della Gestapo, oppure al gen.<br />
Kesserling, che comandava tutte<br />
le truppe tedesche in Italia.<br />
Presto l’Ospedale fu punto di<br />
riferimento della Resistenza e vi si<br />
rifugiò l’avv. Giuseppe Spataro,<br />
che nella sua cameretta scriveva<br />
articoli per il giornale clandestino<br />
“Il Popolo” ed incontrava membri<br />
del CNL (Comitato di Liberazione<br />
Nazionale). Un altro membro<br />
del CNL, il gen. Roberto Lordi,<br />
che era paziente del dott. Borromeo,<br />
lo convinse ad attivare una<br />
radio ricetrasmittente nel sotterraneo<br />
delle caldaie, collegandola<br />
alle tubature dei termosifoni per<br />
così ampliarne il segnale: a gestir-<br />
la provvide fra Maurizio e grazie<br />
ad essa il CNL si teneva in contatto<br />
con gli alleati e segnalava per la<br />
rubrica di “Radio Bari” i nomi<br />
delle spie romane dei nazisti.<br />
Adriano Ossicini, che era allora<br />
interno di Medicina, all’alba del<br />
16 <strong>ottobre</strong> 1943, mentre stava<br />
eseguendo un’endovenosa, notò<br />
dalla finestra un gran trambusto<br />
nel Ghetto. Scese giù al ponte in<br />
camice bianco e vide che era in<br />
atto una retata nazista di ebrei;<br />
come poi raccontò nel suo libro<br />
“Un’Isola sul Tevere”, c’era chi<br />
riusciva a scappare verso l’Isola e<br />
lui li nascose in Ambulatorio,<br />
sicuro che poi il dott. Borromeo li<br />
avrebbe aiutati. Questi li ricoverò<br />
e ne informò il card. Marchetti<br />
Selvaggiani, Vicario di Roma, che<br />
man mano li nascose altrove. È<br />
difficile sapere il numero di ebrei<br />
salvati, ma secondo una ricerca<br />
pubblicata nel 2004 da Grazia<br />
Loparco, sono ben 46 i casi di cui<br />
riuscì a trovare documentazione.<br />
I colleghi, specie Marini, Casa,<br />
Tenaglia e Sacerdoti, erano tutti<br />
solidali col dott. Borromeo, che<br />
però per la sua generosità certo<br />
correva grossi rischi, sicché mons.<br />
Montini, allora Sostituto della<br />
Segreteria di Stato e che poi sarà<br />
Papa, per garantirgli una qualche<br />
Sala Assunta: la vetrata separante quelli col morbo di K.<br />
La falsa tessera di Guardia Nobile<br />
protezione se l’avessero arrestato i<br />
tedeschi, gli rilasciò una falsa tessera<br />
di Guardia Nobile Pontificia.<br />
Prima che finisse quel mese di<br />
<strong>ottobre</strong> un ragazzetto corse una<br />
mattina in Ospedale ad avvertire il<br />
dott. Borromeo che erano in arrivo<br />
due camion di tedeschi in cerca di<br />
gente imboscata. Presto arrivò il<br />
primo camion, ma l’altro tardò<br />
mezzora, dandogli tempo così d’avvertire<br />
i finti malati di mai rispondere<br />
a eventuali domande, lasciando<br />
parlare solo lui; ed al Caposala<br />
dell’Assunta, il polacco fra Giuseppe<br />
Kuras, chiese di spiegarlo agli<br />
sbandati polacchi, nascostivi da fra<br />
Silvestro Ghetti.<br />
Quando iniziò l’ispezione, egli si<br />
rivolse in perfetto tedesco al<br />
medico militare che era con loro e<br />
snocciolò i dati clinici d’ogni<br />
paziente. Arrivati poi a quelli col<br />
morbo di K, spiegò che si trattava<br />
di una nuova terribile infezione,<br />
tremendamente contagiosa e che<br />
se non portava a morte lasciava<br />
gravi esiti, dalla paralisi alla<br />
demenza ed alla cecità. Se poi<br />
qualche finto malato fissava con<br />
occhi terrorizzati i tedeschi, lui<br />
tranquillamente spiegava che era<br />
l’inizio dell’istupidimento. Assai<br />
più spaventati erano i soldati, che<br />
stettero fuori la vetrata, e pure il<br />
medico della Whermacht seguiva<br />
il dott. Borromeo tre passi dietro,<br />
credulo ed impaurito.<br />
Secondo quanto racconterà poi<br />
ai figli il dott. Salvatore Casa,<br />
<strong>10</strong>7 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 26 - Un morbo a gran rischio, ma solo per l’inventore!
F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 26 - Un morbo a gran rischio, ma solo per l’inventore!<br />
<strong>10</strong>8<br />
Borromeo nel 1960.<br />
varie altre volte militari sia italiani<br />
sia tedeschi vennero di nuovo a<br />
ispezionare i malati, ma senza<br />
riscontrare irregolarità o facendo<br />
finta di non notarle.<br />
Se con i finti malati tutto filò<br />
sempre liscio, fu invece sfiorato il<br />
dramma quando a fine maggio del<br />
1944 i tedeschi vennero a cercare<br />
la nostra ricetrasmittente. I soldati<br />
salirono al primo piano all’Ufficio<br />
del Priore, fra Natale Paolini, ma<br />
non c’era e chiesero di lui a fra<br />
Maurizio, che era nel contiguo<br />
Economato: egli intuì tutto e con<br />
prontezza disse loro che andava a<br />
chiamarlo. In realtà, istruì fra Clemente<br />
Petrillo di far sparire la radio<br />
e corse in Clausura a celare dietro<br />
ad un quadro le carte compromettenti<br />
che aveva in camera e poi<br />
subito il fidato Scarabotti lo sistemò<br />
accucciato sullo sgabelletto di<br />
fra Alipio in un armadietto a muro,<br />
contro cui addossò un mobile.<br />
Intanto fra Clemente riuscì a<br />
portare la radio sul terrazzo del<br />
Noviziato, che era assai vicino al<br />
fiume, e ne buttò i pezzi in acqua.<br />
Da un articolo uscito su l’Unità<br />
del 12 giugno 2004 sappiamo che<br />
uno dei soldati tedeschi posti di<br />
vedetta attorno all’Ospedale,<br />
notò il frate all’opera sul terrazzo<br />
ma, come poi raccontò alla figlia,<br />
reso apatico dall’ormai scontata<br />
disfatta tedesca, non lo segnalò.<br />
I tedeschi inizialmente furono<br />
insospettiti da alcuni fili volanti<br />
che notarono al pianterreno, ma<br />
Scarabotti dimostrò che era un<br />
suo accrocco per dar corrente ad<br />
una piccola pompa che inviava<br />
l’acqua della fontanella del cortile<br />
ai piani alti, rimasti a secco per un<br />
guasto dell’allaccio comunale. L’ispezione<br />
proseguì poi invano<br />
dovunque, dopo aver chiuso in<br />
una stanza tutti gli spauriti frati,<br />
sperando d’ottenere informazioni<br />
con la minaccia di fucilarli.<br />
Pochi giorni dopo, finì l’incubo<br />
nazista. Chi era nascosto, tornò<br />
libero, ma fra Clemente narrava<br />
poi la sua amarezza quando un<br />
gruppo di facinorosi venne in<br />
Ospedale a cercare se v’erano<br />
nascosti dei fascisti e li guidava<br />
proprio uno di quelli che doveva<br />
la sua vita all’essersi nascosto lì.<br />
Altri, invece, si mostrarono grati<br />
e per le loro testimonianze fu nel<br />
1952 data la Medaglia d’Argento<br />
al Valor Militare a fra Maurizio per<br />
“aver con grave rischio nascosto<br />
patrioti e permesso in Ospedale<br />
riunioni del comando clandestino e<br />
l’installazione d’una radio”.<br />
Identica Medaglia ebbe anche il<br />
dott. Borromeo per l’impegno nel<br />
“curare partigiani, patrioti e ebrei<br />
ricercati dalla polizia nazifascista” e<br />
per “dare e far dare asilo, sostegno e<br />
conforto a tanti perseguitati”. Tra i<br />
riconoscimenti postumi ricordiamo<br />
la strada che il Comune di<br />
Roma gli dedicò nella zona di<br />
Monte Spaccato ed il titolo di<br />
Giusto tra le nazioni, con cui il<br />
Governo Israeliano va insignendo<br />
dal 1962 i non ebrei che rischiarono<br />
la vita per salvare gli ebrei<br />
dal genocidio nazista: al dott. Borromeo<br />
il titolo fu dato il 13 <strong>ottobre</strong><br />
2004 e la correlata medaglia<br />
d’oro fu consegnata il 2 marzo<br />
2005 dall’ambasciatore israeliano<br />
Ehud Gol ai figli Pietro e Beatrice<br />
durante una cerimonia cui hanno<br />
assistito varie Autorità dell’Urbe<br />
e che si è svolta proprio nella Sala<br />
Assunta, che dal 1982 è divenuta<br />
la Sala Convegni del nostro<br />
Ospedale Tiberino. Quale eco<br />
dell’onorificenza l’avv. Pietro Borromeo<br />
ha pubblicato nel 2007 un<br />
profilo romanzato del padre,<br />
ponendovi in copertina una foto<br />
dell’Ospedale Tiberino sotto la<br />
scritta in rosso: Il Giusto che inventò<br />
il morbo di K.<br />
I gesti d’umana solidarietà, che il<br />
dott. Borromeo e fra Maurizio<br />
compirono anche a rischio della<br />
vita, furono certo annotati da Dio<br />
per l’eternità ed inoltre rimasero<br />
incisi nel cuore dei frati, creando<br />
un clima di profonda reciproca<br />
intesa, poi dimostrata in speciali<br />
circostanze. Nel caso del frate,<br />
quando nel 1946 furono rinnovate<br />
le cariche dell’Ordine, lo elessero<br />
Priore dell’Ospedale Tiberino e lo<br />
riconfermarono nel 1950; inoltre,<br />
tra il 1946 e il 1959 fu eletto nel<br />
Consiglio <strong>Provincia</strong>le e Generale<br />
e fu anche Economo Generale.<br />
Riguardo al dott. Borromeo, dal<br />
1949 lo vollero come successore<br />
ad interim del Direttore Sanitario,<br />
che era ancora il dott. Ramoni, e<br />
poi nel Capitolo Conventuale del<br />
21 dicembre 1951 all’unanimità<br />
resero definitiva la nomina “per la<br />
sua rettitudine e attaccamento alla<br />
Casa”. Una riprova di tali suoi<br />
sentimenti la si ebbe quando i frati<br />
festeggiarono i suoi 25 anni di Primariato<br />
ed egli confidò loro di<br />
sentirsi “felice di avere speso con fraterna<br />
dedizione al servizio dell’Ospedale<br />
i migliori anni della sua vita di<br />
medico” e rimarcò la sua devozione<br />
ai Fatebenefratelli “alla cui famiglia<br />
sentiva di appartenere per affetto e<br />
per lunga consuetudine di lavoro<br />
comune al sollievo degli infermi”.
Questo mese si compiono 25<br />
anni dalla proclamazione di<br />
San Giovanni Grande quale<br />
Patrono della Diocesi andalusa di<br />
Asidonia-Jerez.<br />
Jerez, che fin dalla Riconquista<br />
Cattolica era unita all’Arcidiocesi di<br />
Siviglia, fu eretta con decreto del 3<br />
marzo 1980 in Diocesi autonoma dal<br />
Beato Giovanni Paolo II e ne fu suo<br />
primo vescovo mons. Rafael Bellido<br />
Caro, che con decreto del 31 <strong>ottobre</strong><br />
1986, ratificato il <strong>10</strong> dicembre dello<br />
stesso anno dalla Congregazione per<br />
il Culto Divino, scelse San Giovanni<br />
Grande quale Patrono Diocesano.<br />
Costui era in quel<br />
momento ancora<br />
Beato, ma non appena<br />
fu proclamato<br />
Santo il 2 giugno<br />
1996, subito il<br />
seguente 16 giugno<br />
la nostra Chiesa di<br />
Jerez, che ne custodisce<br />
il corpo, fu da<br />
mons. Bellido dedicata<br />
al Santo e<br />
dichiarata Santuario<br />
Diocesano. Si noti<br />
che San Giovanni<br />
Grande non era di<br />
Jerez, ma fu lì che<br />
visse la sua epopea<br />
di santità, che fu non<br />
solo di dedizione<br />
agli infermi che<br />
accolse nell’Ospedale<br />
che vi fondò, ma<br />
anche di solidarietà<br />
per ogni problema<br />
cittadino. Non per<br />
nulla i dipinti che lo<br />
raffigurano, hanno<br />
come tema non tanto<br />
lo zelo con gli infermi,<br />
fino a morire vit-<br />
“NOVELLIERE ANDALUSO”<br />
LA DE<strong>VO</strong>ZIONE DI JEREZ<br />
PER S. GIOVANNI GRANDE<br />
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.<br />
tima di carità il 3 giugno 1600 assistendo<br />
gli appestati, quanto i miracoli<br />
che compì per alleviare la cittadinanza,<br />
moltiplicando il pane per sfamare<br />
i poveri ed intercedendo la<br />
pioggia in tempo di siccità.<br />
In copertina riproduciamo uno dei<br />
più bei quadri antichi del Santo,<br />
dipinto a metà Settecento nell’atrio<br />
del nostro Ospedale di Firenze da<br />
Violante Ferroni (1736-1762) e che<br />
mostra il Santo mentre moltiplica il<br />
pane da distribuire ai poveri. Anche<br />
nel quadro qui accanto e che Marcello<br />
Sozzi dipinse nel 1853 quale dono<br />
al Papa quando ci fu la Beatificazio-<br />
Moltiplicando il pane per i poveri di Jerez.<br />
Minacciando lo sciopero della fame.<br />
ne, è raffigurato questo miracolo,<br />
avvenuto nel Natale del 1579 e durato<br />
fino all’Epifania. Una prova più<br />
commovente del suo<br />
amore a Jerez la dette<br />
nel 1589 quando la<br />
città, afflitta da tremenda<br />
siccità, impetrò<br />
la pioggia con<br />
una processione<br />
della Madonna della<br />
Mercede.<br />
Egli vi accorse e,<br />
come testimoniò al<br />
Processo il sacerdote<br />
Juan Román Martel<br />
che era lì, sfidò Dio<br />
gridando che “non<br />
avrebbe più mangiato<br />
finché non piovesse e<br />
che se Dio non avesse<br />
fatto piovere, avrebbe<br />
perso a Giovanni”.<br />
Già a sera iniziarono<br />
abbondanti piogge,<br />
sicché quello che<br />
avevano preso a<br />
chiamare “anno poltrone”<br />
perché il<br />
grano non riusciva a<br />
germogliare, lo dissero<br />
poi “anno del<br />
miracolo” poiché il<br />
raccolto fu favoloso.<br />
15
16<br />
PAGINE DI MEDICINA<br />
POLIPOSI NASO-SINUSALE (II parte)<br />
Dante Caliento, Melissa Zelli<br />
L’indagine di primo livello è la<br />
Rinoscopia anteriore: nelle<br />
forme iniziali i polipi sono visibili<br />
a livello del meato medio o superiore<br />
e si possono rilevare anche edema<br />
e secrezioni mentre, nelle forme avanzate,<br />
occupano tutta la cavità nasale;<br />
macroscopicamente si presentano<br />
come vegetazioni lisce, traslucide, di<br />
colore biancastro, di consistenza molle<br />
in fasi iniziali e meno molle nelle fasi<br />
avanzate.<br />
L’esame più importante è l’Endoscopia:<br />
permette l’osservazione diretta<br />
delle masse endonasali e la loro caratterizzazione<br />
macroscopica, non consente<br />
però di visualizzare la reale base<br />
d’impianto dei polipi né di valutare<br />
l’effettiva estensione; inoltre alcune<br />
regioni anatomiche sono del tutto inaccessibili<br />
a essa.<br />
Un dettagliato studio diagnostico si<br />
completa quindi con la TC del massiccio<br />
facciale senza MDC: ha il<br />
duplice scopo di studiare la reale<br />
estensione della patologia, soprattutto<br />
a livello dell’etmoide, e di identificare<br />
eventuali varianti anatomiche delle<br />
strutture ossee; la TC riveste un ruolo<br />
fondamentale anche nel follow-up<br />
post-chirurgico data la grande recidività<br />
della poliposi.<br />
Esami complementari per un eventuale<br />
approfondimento diagnostico<br />
sono test allergometrici, studio della<br />
funzionalità nasale, tamponi nasali e<br />
citologia nasale.<br />
La diagnosi differenziale deve esser<br />
fatta con neoformazioni benigne o<br />
maligne del rinofaringe, delle fosse<br />
nasali e dei seni paranasali, con l’iperplasia<br />
dei turbinati, con l’ipertrofia<br />
edematosa delle code dei turbinati inferiori,<br />
con il papilloma invertito; nel<br />
bambino va ipotizzata una correlazione<br />
con la fibrosi cistica. La TC ha una<br />
notevole accuratezza nella diagnosi<br />
differenziale con i tumori infatti un<br />
segno radiologico di malignità è la presenza<br />
di una ampia distruzione delle<br />
pareti ossee mentre più complicata<br />
risulta la differenziazione con processi<br />
benigni in quanto il quadro TC della<br />
poliposi non è patognomonico ma<br />
simile a quello dei processi sinusitici,<br />
dei tumori benigni, del papilloma<br />
invertito, della semplice iperplasia<br />
della mucosa.<br />
Per tale motivo spesso si rende<br />
necessario l’esame istologico.<br />
La poliposi nasale è una malattia<br />
comune e la terapia è solo sintomatica;<br />
l’obiettivo è di combinare terapia<br />
medica e chirurgica in modo da offrire<br />
i maggiori benefici e i minori effetti<br />
collaterali.<br />
Terapia medica: si avvale dei corticosteroidi<br />
sistemici o topici endonasali<br />
che svolgono azione antinfiammatoria,<br />
antiallergica e immunosoppressiva;<br />
il risultato è la diminuzione dell’infiammazione,<br />
dell’edema e delle<br />
secrezioni sierose e mucose. Solitamente<br />
si imposta un trattamento che<br />
prevede l’utilizzo di corticosteroidi<br />
sistemici ad alte dosi nella terapia di<br />
attacco, associati o meno ai corticosteroidi<br />
locali, per periodi brevi e con lo<br />
scopo di ridurre le dimensioni dei polipi<br />
e la loro ostruttività; ciò consente<br />
una maggiore risposta ai farmaci topici<br />
e di poter virare verso una terapia di<br />
mantenimento con corticosteroidi<br />
locali che in genere si protrae per<br />
periodi abbastanza lunghi. Sono utili<br />
sospensioni periodiche della terapia<br />
farmacologia attraverso un trattamento<br />
a cicli. Il paziente andrà adeguatamente<br />
istruito circa le dosi e le modalità di<br />
assunzione e rivalutato nel tempo per<br />
monitorare il decorso clinico della<br />
patologia e l’eventuale adeguamento<br />
dei dosaggi farmacologici.<br />
Esistono oggi molti altri farmaci<br />
complementari ai corticosteroidi nella<br />
terapia della poliposi come gli antiallergici,<br />
gli antibiotici mirati in caso di<br />
sovrainfezioni batteriche, i vasocostrittori,<br />
i diuretici locali che agiscono<br />
come stabilizzatori di membrana dei<br />
mastociti.<br />
Terapia chirurgica: la FESS<br />
(Functional Endoscopic Sinus Surgery)<br />
si rende necessaria per le forme<br />
marcatamente ostruenti; può essere<br />
effettuata in anestesia locale, con<br />
intento solo disostruttivo, oppure in<br />
anestesia generale con intento più radicale.<br />
Lo scopo è sia di eliminare la<br />
zona di mucosa degenerata sia di ripristinare<br />
un’adeguata ventilazione e un<br />
adeguato drenaggio delle cavità nasosinusali<br />
così da renderle accessibili ai<br />
farmaci topici; è essenziale asportare i<br />
polipi in toto mirando alla massima<br />
radicalità possibile, ma, nonostante<br />
ciò, le recidive si verificano anche<br />
dopo un intervento eseguito perfettamente.<br />
La chirurgia ha però scarsa efficacia<br />
nei casi in cui sono coinvolti più seni,<br />
nei casi con importante infiltrato eosinofilo<br />
nelle secrezioni nasali, nei casi<br />
di poliposi associati a intolleranza ai<br />
FANS o all’aspirina, all’asma e all’iperreattività<br />
bronchiale.
ANIMAZIONE GIOVANILE<br />
QUANTI PANI AVETE: ANDATE A VEDERE...<br />
Paolo Larin<br />
Dal 31 luglio al 6 agosto si è svolto<br />
nell’Istituto san Giovanni di<br />
Dio, a Genzano di Roma, un<br />
campo di servizio con la partecipazione<br />
di giovani provenienti dalla parrocchia<br />
dei santi Giuseppe e Pio di Casarano<br />
(Lecce), e dell’ACR (Azione Cattolica<br />
Ragazzi) delle zone dei castelli romani.<br />
È stata una settimana ricca di sorprese<br />
sempre nuove che ci hanno fatto di giorno<br />
in giorno sempre meravigliare, come<br />
se guardassimo con gli occhi innocenti<br />
di un bambino.<br />
Fra Benedetto, superiore dell’Istituto,<br />
ci ha comunicato che all’inizio si può<br />
provare un po’ di rigetto, di paura, ma<br />
questi atteggiamenti derivano dalla non<br />
conoscenza della realtà. Successivamente,<br />
grazie anche all’aiuto degli educatori,<br />
abbiamo sperimentato diverse attività<br />
con gli ospiti quali onoterapia, ortoterapia,<br />
musicoterapia, laboratorio artistico,<br />
e nel reparto di Day hospital che ci hanno<br />
fatto cambiare progressivamente il<br />
nostro punto di vista. Inoltre il pomeriggio,<br />
dopo un momento di riflessione sul<br />
Vangelo quotidiano proposto da fra Massimo,<br />
responsabile del Centro d’Animazione<br />
giovanile-vocazionale della <strong>Provincia</strong><br />
<strong>Romana</strong> dei Fatebenefratelli, e da<br />
don Tommaso, parroco della suddetta<br />
parrocchia, abbiamo partecipato, insieme<br />
agli ospiti, agli sport di lancio del vortex,<br />
Partecipanti con il parroco di Casarano don Tommaso Sabato<br />
Partecipanti con il parroco di Casarano don Tommaso Sabato<br />
calcetto, corsa dei 60 metri, bocce…<br />
Pensavamo di insegnare loro quello<br />
che sapevamo, in realtà erano loro che ci<br />
accompagnavano, ci istruivano a pulire<br />
una stalla o a piantare il basilico o come<br />
riconoscere un frutto maturo…<br />
Come ci accennava un educatore, le<br />
attività proposte sono delle opportunità,<br />
delle occasioni per dare all’ospite<br />
uno scopo alla giornata, alla sua esistenza.<br />
Anche loro, impegnandosi a<br />
fondo, credendo nelle proprie forze ed<br />
energie, sono stati riconosciuti a livello<br />
nazionale e addirittura internazionale!<br />
C’è un campione di bocce oppure<br />
alcuni di loro hanno potuto esporre i<br />
loro quadri a Parigi.<br />
Questi ospiti sono persone capaci di<br />
relazionarsi, di accontentarsi di un saluto,<br />
di un abbraccio, della disponibilità<br />
all’ascolto. Le famose battute “Ah,<br />
belli!” di Franco o “Ciao, come ti chiami?”<br />
di Tiziano sono solo alcune frasi<br />
che gli ospiti hanno potuto dire per<br />
manifestare e far sentire il loro calore, il<br />
loro affetto.<br />
La settimana è stata faticosa, con ritmi<br />
molto lunghi. I giovani hanno manifestato<br />
il loro star bene a fine campo commuovendosi,<br />
stringendoli uno a uno<br />
vicino ai propri cuori. Questi pani che il<br />
Signore ci ha chiesto di andare a vedere,<br />
questi bisogni che Gesù ci chiede di<br />
poter soddisfare per il bene dell’altro<br />
sono stati in questo campo la continua<br />
ricerca e il costante nutrimento con la<br />
Parola, l’Eucaristia e con la vicinanza e<br />
il servizio all’Altro.<br />
Concludo con una riflessione che in<br />
sintesi racchiude le idee di questi ragazzi:<br />
“Non esiste la pazzia o la normalità:<br />
ciascuno è pazzo a modo suo. Non esiste<br />
un concetto di normalità, di misure. E<br />
poi in un gruppo così, se le persone non<br />
sono matte, se non sono pazze di Cristo,<br />
di questo amore traboccante, non le<br />
vogliamo!!! Con loro la vita ha tutto un<br />
altro sapore!!!”.<br />
17
18<br />
ANNO DELLA FAMIGLIA OSPEDALIERA<br />
PELLEGRINAGGIO SULLE TRACCE<br />
DELLA MISSION DELL’ORDINE OSPEDALIERO<br />
DI SAN GIOVANNI DI DIO<br />
Luigi Pilla<br />
Sintesi Giornaliera<br />
Roma, <strong>10</strong> settembre <strong>2011</strong>, ore 7.00<br />
È mattino presto quando un gruppo di<br />
50 persone, guidato da fra Gerardo<br />
D’Auria ha “conquistato” con la sua<br />
allegria e gioiosa confusione l’aereo che<br />
li doveva portare nella terra natìa del<br />
Fondatore. Medici, infermieri, amministrativi<br />
e volontari provenienti dai Centri<br />
di Roma, Genzano, Napoli e Benevento,<br />
nonostante l’eterogeneità delle<br />
loro esperienze si sono fusi in unico spirito<br />
di corpo e insieme hanno vissuto un<br />
periodo di empatia e di spirito cristiano.<br />
Montemor-o-Novo, <strong>10</strong> settembre<br />
Lisbona ci accoglie nel suo splendido<br />
e nostalgico romanticismo ma facciamo<br />
appena in tempo a vedere il<br />
barocco classico e la sua gente sempre<br />
cosi passionale. Il nostro cammino<br />
non consente soste fuori programma<br />
ci aspetta Montemor-o-Novo, la città<br />
natale di Giovanni di Dio!<br />
Il viaggio è lungo ma il pullman è<br />
confortevole e l’autista Riccardo<br />
diventa da subito un nostro “companeros”<br />
cercando di esaudire i bisogni<br />
di ciascuno di noi. Fra Giuseppe Dorguete,<br />
la sig.ra Paula e fra Adelino<br />
Manuel Manteigas ci accolgono e<br />
sono degli ospiti perfetti, ci fanno sentire<br />
da subito a casa nostra. Visitiamo<br />
il nuovo Ospedale, orgoglio della <strong>Provincia</strong><br />
portoghese, inaugurato l’8<br />
marzo 1953 e la bella e grande Chiesa<br />
attigua dove ci raccogliamo in una<br />
preghiera di ringraziamento.<br />
Il primo dei tanti momenti di alta<br />
spiritualità che ci hanno accompagnato<br />
in questo cammino è stato la<br />
visita della casa natia di san Giovanni<br />
di Dio. Respirare gli odori del<br />
luogo, vedere dal vivo i luoghi dove<br />
aveva vissuto il Santo ci ha dato una<br />
forte emozione. Purtroppo il tempo è<br />
tiranno e il tempo di far una visita<br />
alla graziosa cittadina ed eccoci di<br />
nuovo in viaggio.<br />
Lisbona - Portogallo -, 11 settembre<br />
Prima tappa nella capitale lusitana<br />
è la Curia <strong>Provincia</strong>le dei Fatebenefratelli<br />
dove incontriamo la comunità<br />
locale. Sono gentili e ospitali. Ci<br />
piace ricordare il grande calore con<br />
cui fra Alvaro ci ha accolto a conferma<br />
della carismatica ospitalità dei<br />
Fatebenefratelli.<br />
Il giorno dopo, di buon’ora, dopo le<br />
lodi mattutine con il prezioso aiuto di<br />
Gabriel, la simpatica guida, visitiamo<br />
la Torre di Belèm, la Cattedrale dei<br />
Visita all’ospedale di Montemor-o-Novo<br />
Geronimos e la Cattedrale di sant’Antonio<br />
da Lisbona, da noi conosciuto<br />
come sant’Antonio di Padova e infine<br />
il Museo delle Carrozze orgoglio e<br />
vanto di Lisbona. Le emozioni si susseguono<br />
a ritmo incalzante.<br />
Fatima, 11 settembre<br />
Dando un’ultima occhiata ai grandi<br />
viali alberati del ponte XXV aprile, e<br />
il ponte Vasco de Gama che attraversiamo,<br />
abbandoniamo Lisbona per la<br />
volta di Fatima. Fatima è stato davvero<br />
commovente per tutti noi!<br />
Dopo aver partecipato alla Santa<br />
Messa l’intero gruppo è voluto rimanere<br />
sul sagrato davanti all’immagine<br />
della Madonna rimanendo in raccoglimento<br />
e preghiera. Il giorno<br />
seguente fra Gerardo ci ha fatto una<br />
piacevole sorpresa, portandoci a visitare<br />
il borgo in cui erano nati e vissuti<br />
i tre pastori, Lucia, Giacinta e Francesco<br />
a cui è apparsa la Madonna.
Madonna di Fatima<br />
Come si può descrivere, senza essere<br />
retorico, una emozione cosi forte?<br />
Forse, nel modo più semplice,<br />
descrivendo la visione di una anziana<br />
signora, cugina di Lucia, una dei tre<br />
pastorelli, seduta su un muretto,<br />
mentre recitava il Rosario. Il suo<br />
volto, la sua serenità era la manifestazione<br />
più palese della presenza<br />
della Madonna in quel luogo. Prossima<br />
tappa Jerez de la Frontera.<br />
Jerez de la Frontera, 12 settembre<br />
Ci aspetta un lungo viaggio di circa<br />
700 km. A tarda serata, giunti all’albergo<br />
“Los Jandolos” dove ci viene<br />
incontro con la sua grande giovialità<br />
un nostro vecchio amico, fra José<br />
Luís Muñoz, che ci accompagnerà<br />
nella restante parte del nostro tour.<br />
Jerez è pieno di edifici sacri e antichi.<br />
Ma l’apice della visita in questa<br />
cittadina è la “collina del Calvario”<br />
dove è ubicato il santuario di san Giovanni<br />
Grande, uno dei seguaci più<br />
fedeli del santo Fondatore, che custodisce<br />
le spoglie del Santo e quelle del<br />
beato martire, fra Manuel Jmenez<br />
Salado, uno dei molti Fatebenefratelli<br />
trucidati durante l’ultima Guerra<br />
Civile, rei solo di non aver voluto<br />
rinnegare la propria fede.<br />
Accanto a esso visitiamo il<br />
moderno ospedale intitolato<br />
a san Giovanni Grande,<br />
punto di riferimento importante<br />
per la città di Jerez de<br />
la Frontera.<br />
Granada 13/14 settembre<br />
Il giorno successivo,<br />
lasciato Jerez, siamo diretti<br />
a Granada, distanza circa<br />
230 Km. Prima tappa, i<br />
luoghi dove visse e operò<br />
san Giovanni di Dio. Dopo<br />
aver visitato i suoi monumenti<br />
e le sue chiese tra le<br />
quali spicca la Basilica di<br />
san Giovanni Di Dio, dove<br />
sono custodite le sue spoglie,<br />
sostiamo nella Casa<br />
de Los Pisa dove il Santo<br />
spirò all’alba di sabato 8<br />
marzo 1550 dicendo “Gesù nelle tue<br />
mani mi affido”.<br />
Dopo questo lungo e istruttivo<br />
momento di “appartenenza” ci siamo<br />
abbandonati ai<br />
piaceri più materiali<br />
e siamo<br />
andati nel quartiere<br />
gitano del<br />
Sacromonte<br />
dove abbiamo<br />
cenato e assistito<br />
a uno spettacolo<br />
di flamenco.<br />
Il giorno dopo<br />
vi è stato il<br />
momento più<br />
intenso dell’intero<br />
viaggio. Infatti<br />
tornati nella<br />
calle san Juan de<br />
Dios, nella Basilica<br />
dove sono<br />
custodite le spoglie<br />
del Santo<br />
della Carità, insieme<br />
al Rev.mo superiore<br />
generale,<br />
fra Donatus For-<br />
Santuario di san Giovanni Grande<br />
kan, e alla comunità dei Frati dell’Ospedale<br />
di Granada, abbiamo partecipato<br />
alla Santa Messa. Dopo la toccante<br />
celebrazione eucaristica officiata<br />
da fra Giancarlo Lapic, abbiamo<br />
potuto visitare, i tesori che la<br />
Basilica custodisce, l’urna d’argento<br />
nella quale vi sono le spoglie di san<br />
Giovanni di Dio e una serie di altre<br />
preziose reliquie.<br />
Alle ore <strong>10</strong>,15, il padre generale,<br />
fra Donatus Forkan, al quale fra<br />
Gerardo ha illustrato gli scopi della<br />
nostra visita nell’anno dedicato alla<br />
Famiglia ospedaliera, ci ha spiegato<br />
in che consiste il carisma di san Giovanni<br />
di Dio e dell’Ordine da lui<br />
diretto. Tra le molte preziose parole<br />
come non ricordare e sottolineare che<br />
quello che unisce è il segno dell’ospitalità<br />
e che dobbiamo sentirci<br />
uniti nella missione di curare gli<br />
infermi in ogni parte del mondo<br />
come veri collaboratori dell’Ordine<br />
ospedaliero dei Fatebenefratelli,<br />
ciascuno secondo le proprie compe-<br />
19
tenze. Tutti noi, amministrativi, personale<br />
tecnico, medici, infermieri e<br />
anche i volontari, siamo chiamati alla<br />
missione della ospitalità e al tal fine<br />
come Giovanni Di Dio, dobbiamo<br />
amare e servire il malato senza<br />
distinzione tra frati e laici. Il Superiore<br />
generale ha voluto ricordare il<br />
compianto fra Pierluigi Marchesi,<br />
superiore generale, che della collaborazione<br />
tra i frati dell’Ordine e i laici<br />
ne aveva fatto una ragione di vita e<br />
nel suo ricordo ci ha esortato a seguire<br />
i documenti pontifici: Lumen<br />
Gentium e Christifideles laici,<br />
soprattutto in quest’anno, dedicato<br />
alla Famiglia ospedaliera, a lasciarsi<br />
guidare dallo spirito di san Giovanni<br />
di Dio.<br />
Altro punto saliente del discorso del<br />
Superiore generale è stato il mettere<br />
al centro della nostra attività lavorativa<br />
la Fede in Cristo. Lo stesso san<br />
Giovanni di Dio fu salvato dalla fede<br />
in una fredda mattinata del gennaio<br />
del 1539, nel Romitorio dei Martiri<br />
quando colpito da una predica di san<br />
Giovanni d’Avila dopo pochi giorni<br />
dette in escandescenze e fu internato<br />
come malato di mente nell’Ospedale<br />
Reale dove fu tenuto digiuno e brutalmente<br />
malmenato. In quel luogo<br />
angusto fu la Fede a salvarlo.<br />
Fra Donatus ci ha invitato ad agire<br />
come Giovanni di Dio quando dalla<br />
20<br />
Da sinistra: fra Donatus Forkan e fra Gerardo D’Auria<br />
sua disperazione trovò dal profondo<br />
del suo nulla, l’Amor di Dio e realizzò<br />
l’idea dell’Ospitalità che avrebbe<br />
cambiato il sistema dell’assistenza<br />
agli ammalati e per trovare il nostro<br />
amore per il malato e curarlo come<br />
fece il Santo.<br />
Come la Misericordia e la Bontà di<br />
Dio di colui che ha donato la vita per<br />
l’Uomo anche san Giovanni sperimentò,<br />
nel momento delle sue più<br />
grandi sofferenze, mentre la gente lo<br />
chiamava “loco” (pazzo), l’Ospitalità<br />
vuol dire vedere le cose con gli<br />
occhi di Dio e sapere come tutto ciò<br />
che è stato creato da Dio è buono,<br />
anche se talvolta in una realtà di<br />
morte e di violenza dubitiamo del suo<br />
amore.<br />
L’Ospitalità, può essere la cura per<br />
una umanità pervasa dalla violenza,<br />
Basilica di san Giovanni di Dio<br />
dal consumismo, dalla globalizzazione,<br />
dalla droga e dalla “cultura della<br />
morte” come la chiamava il papa<br />
Giovanni Paolo II, ora beato, quell’Ospitalità<br />
che fa parte da sempre<br />
del DNA dell’Ordine dei Figli di san<br />
Giovanni di Dio.<br />
Da sempre l’Ordine, ha ribadito il<br />
Superiore generale, ha contrapposto<br />
alla cultura della morte la cultura dell’ospitalità,<br />
lo abbiamo fatto da sempre,<br />
perché Giovanni di Dio ci ha<br />
insegnato che gli uomini sono stati<br />
creati a immagine e somiglianza di<br />
Dio e con il dono dello Spirito santo<br />
possono trasformare odio e morte in<br />
amore e fratellanza. I cristiani e la<br />
Chiesa, costruita intorno a loro,<br />
hanno il dovere di essere ospitali e<br />
accoglienti con i poveri e i diseredati,<br />
devono dare Carità e Amore perché<br />
i poveri e gli emarginati non si<br />
sentano come forestieri e come san<br />
Giovanni di Dio (detto anche “il portoghese”<br />
e “il libraio”) sperimentino<br />
il rifiuto della società.<br />
Fra Donatus ha continuato la sua<br />
interessante relazione ricordando che<br />
oggi ci sono 52.000 persone a collaborare<br />
con l’Ordine ospedaliero di<br />
san Giovanni di Dio in un mondo<br />
attraversato dal malessere e praticando<br />
l’ospitalità possono impegnarsi<br />
per contrapporre il bene al male.<br />
Al termine dell’incontro i partecipanti<br />
hanno posto delle domande<br />
focalizzate su come porsi oggi con-
cretamente, nella qualità di collaboratori,<br />
per contribuire alla trasformazione<br />
che la realtà richiede per continuare<br />
a esprimere il carisma del santo<br />
Fondatore.<br />
A tali domande il Padre generale ha<br />
risposto di buon grado esortando tutti<br />
con le parole del papa Giovanni<br />
Paolo II a “Non avere paura” e a<br />
essere forti come sono forti i Santi e<br />
i Beati dell’Ordine. Il costruttivo e<br />
istruttivo incontro è continuato nella<br />
mensa dove il Superiore generale nel<br />
modo più semplice e informale ha<br />
continuato a conversare con noi sino<br />
al tardo pomeriggio quando ci siamo<br />
salutati non prima di averlo ringraziato<br />
dal profondo del cuore.<br />
Madrid 14/15 settembre<br />
La nostra nuova meta è stata<br />
Madrid. Dopo aver pernottato in un<br />
comodo albergo abbiamo raggiunto<br />
Ciempozuelos, dove abbiamo visitato<br />
l’Ospedale Psichiatrico dei Fatebenefratelli<br />
e dove abbiamo approfondito<br />
la figura di san Benedetto<br />
Menni, quello che viene definito un<br />
Santo contemporaneo.<br />
Fra Gerardo da ottimo cicerone, ci<br />
ha descritto il periodo complesso e<br />
belligerante in cui visse il Santo “italiano”.<br />
Nel 1850 l’Ordine, a causa<br />
dei noti eventi politici che scossero<br />
l’Europa, si era quasi estinto; quasi<br />
Urna con le spoglie di san Benedetto Menni<br />
tutti gli ospedali dei Fatebenefratelli<br />
in Spagna erano stati confiscati. Solo<br />
quello di Siviglia si era salvato.<br />
San Benedetto Menni, Benito per<br />
gli spagnoli, partì nel 1867 da Roma<br />
per restaurare l’Ordine in Spagna.<br />
Con amore e tenacia iniziò a Barcellona<br />
la rinascita degli ospedali dell'Ordine<br />
e la proseguì nel 1876 da<br />
Ciempozuelos, dove si prese cura dei<br />
malati di mente. Fu un lavoro duro<br />
ma fruttuoso.<br />
Grazie a quel lavoro che ora in<br />
Spagna vi sono Ospedali come<br />
quello di Ciempozuelos. Ci ha stupito<br />
la sua efficienza e la sua professionalità.<br />
L’Ospedale psichiatrico attualmente<br />
è un’importante sede di formazione<br />
universitaria per la specializzazione<br />
nella salute mentale e psichiatrica,<br />
un’ottima Scuola di Fisioterapia e<br />
scienze infermieristiche, e ha un<br />
importante ambulatorio esterno.<br />
Attualmente conta 700 collaboratori<br />
e la Comunità è formata da 8 confratelli<br />
di cui due infermi curati amorevolmente.<br />
Ma non è tutto.<br />
L’Ospedale ha un museo intitolato<br />
a san Benedetto Menni che custodisce<br />
anche opere d’arte di notevole<br />
valore lasciate in eredità da veri geni<br />
dell’arte che avevano soggiornato nel<br />
nosocomio come Carlos Gonzalez<br />
Rajel e Alejandro Sanz Moreno.<br />
Ma la nostra visita in terra madrilena<br />
è proseguita al Complejo Asistencial<br />
Benito Menni, Hermanas Hospitalarias<br />
del Sagrado Corazon de<br />
Jesus, l’Istituto di suore fondato da<br />
san Benedetto Menni, dove abbiamo<br />
pregato davanti alle spoglie sacre del<br />
Santo.<br />
Dopo una breve passeggiata per le<br />
vie del centro soleggiato siamo tornati<br />
in Ospedale dove abbiamo vissuto<br />
un altro momento di felice convivialità<br />
coinvolti dall’allegria di fra<br />
José Luís e dalla cordialità con cui<br />
fra Gerardo è stato accolto dai Confratelli,<br />
ora a Ciempozuelos, e che in<br />
passato hanno ricoperto importanti<br />
incarichi a Roma, nella Farmacia<br />
vaticana.<br />
Italia, 16 settembre<br />
È giunto il momento del nostro<br />
ritorno in Italia. Ci aspettano la nostra<br />
routine e il nostro lavoro. Tutti noi<br />
siamo consapevoli che però torneremo<br />
al nostro lavoro illuminati da una<br />
luce più vivida e da uno spirito più<br />
attento all’esigenza del fratello, sia<br />
esso il malato, il collega o il familiare.<br />
Che dire in conclusione di questo<br />
magnifico viaggio?<br />
Senza esagerazione è stato veramente<br />
costruttivo. Vivere la storia, i<br />
luoghi del Santo ci ha permesso di<br />
capire con maggiore empatia che<br />
cosa vuol dire il Carisma. Quello che<br />
per noi sembrava una parola altisonante<br />
ma di difficile comprensione in<br />
quei luoghi si è trasformato in un<br />
motivo di orgoglio per il lavoro che<br />
svolgiamo e in un motivo di appartenenza<br />
per come lo svolgiamo. Auspichiamo<br />
che questa esperienza davvero<br />
importante venga ripetuta e che<br />
collaboratori, specialmente quelli più<br />
giovani, possano recarsi in futuro nei<br />
luoghi in cui hanno vissuto i Santi e i<br />
Beati Fatebenefratelli per vivere con<br />
il cuore pulsante la vera essenza della<br />
Mission dell’Ospitalità.<br />
21
Sta bene ed è tornato a casa il<br />
paziente S.P. di 39 anni, che il<br />
23 agosto, a seguito di un incidente<br />
stradale, è stato trasportato<br />
d’urgenza in questo Ospedale.<br />
Il paziente è giunto al pronto soccorso<br />
della struttura sanitaria con una<br />
vasta ferita lacera al gomito e braccio<br />
destro con recisione totale dell’arteria<br />
omerale, delle vene comitanti e<br />
vena cefalica, recisione del bicipite e<br />
lesioni nervose. È arrivato in grave<br />
Era il 18 agosto 1588 quando il<br />
venerabile Pietro Soriano,<br />
primo superiore dell’Ordine<br />
dei Fatebenefratelli, morì a Perugia,<br />
nell’ospedale san Nicolò che lui stesso<br />
aveva fondato quattro anni prima, al<br />
ritorno dalla battaglia di Lepanto,<br />
dove si era prodigato per organizzare<br />
22<br />
OSPEDALE BUCCHERI LA FERLA - PALERMO<br />
UN DELICATO INTERVENTO CHIRURGICO<br />
SALVA IL BRACCIO DI UN PAZIENTE<br />
Cettina Sorrenti<br />
stato anemico per emorragia imponente<br />
con ischemia acuta del braccio<br />
e conseguente rischio di amputazione<br />
dell’arto.<br />
Il giovane è stato subito trasportato<br />
in sala operatoria ed è stato sottoposto<br />
a un delicato intervento chirurgico<br />
dall’équipe di Chirurgia Plastica e<br />
Ricostruttiva, diretta dal dott. Ettore<br />
Pirillo, che ha eseguito la sutura dei<br />
vasi omerali con immediata ripresa<br />
del circolo arterioso e venoso e la<br />
ricostruzione degli altri tessuti.<br />
“L’intervento è riuscito con successo<br />
– dichiara il dott. Pirillo - con un<br />
risultato soddisfacente e previsione<br />
di ottimo recupero funzionale del<br />
braccio. L’intervento tempestivo ha<br />
dato la possibilità al giovane di potere<br />
recuperare l’arto e così non vedrà<br />
cambiata la propria vita, sia lavorativa<br />
che personale. Dopo il recupero<br />
funzionale il paziente potrà riprendere<br />
le sue normali attività”.<br />
CENTRO SAN NICOLÒ, PORTA EBURNEA - PERUGIA<br />
CELEBRAZIONE E RICORDO<br />
DI PIETRO SORIANO<br />
Franco Volpini<br />
l’assistenza infermieristica sulle galee.<br />
Da allora le sue spoglie sono custodite<br />
nella chiesa di san Nicolò. E proprio<br />
qui, come accade ogni anno,<br />
anche il 18 agosto scorso i Fatebenefratelli<br />
di Perugia lo hanno ricordato<br />
con una solenne celebrazione presieduta<br />
da fra Bartolomeo Coladonato<br />
che guida il piccolo gruppo di religiosi<br />
che perpetua nel capoluogo<br />
umbro il carisma dell’Ordine: assistere<br />
materialmente e spiritualmente<br />
gli infermi e i bisognosi poveri, senza<br />
alcuna differenza etnica, sociale o<br />
religiosa.<br />
Alla celebrazione, che in occasione<br />
dell’Anno della Famiglia ospedaliera<br />
di san Giovanni di Dio ha assunto<br />
maggiore pregnanza, hanno partecipato<br />
le suore di sant’Antonio e una<br />
rappresentanza degli abitanti di Porta<br />
Eburnea, lo storico quartiere perugino<br />
che per oltre quattro secoli è stato<br />
testimone dell’opera dei Fatebefratel-<br />
li che affonda le sue radici nella Carità<br />
e che si rifà appunto agli insegnamenti<br />
di san Giovanni di Dio e del<br />
venerabile Pietro Soriano.<br />
Già al centro, negli anni passati, di<br />
un’importante opera di ristrutturazione,<br />
il complesso di san Nicolò continua<br />
a ospitare in un’ala i religiosi,<br />
mentre buona parte è stata destinata<br />
a residenza per studenti. Sono inoltre<br />
in fase di ultimazione i lavori per<br />
portarvi la fonoteca Trotta e realizzarvi<br />
anche una sala espositiva.
NEWSLETTER<br />
NUOVA AULA PER I DISABILI<br />
Già dall’agosto del 20<strong>10</strong> la Scuola<br />
per l’Infanzia Audiolesa, aperta da<br />
noi a Manila nel 1996, ha avuto dal<br />
Ministero dell’Educazione permesso<br />
d’ampliare la propria attenzione ad<br />
un più ampio ventaglio di disabilità e<br />
non solo della prima Infanzia, ma di<br />
tutta l’Età Giovanile, sicché ha ora<br />
adottato il nuovo nome di Scuola<br />
Speciale “San Giovanni di Dio”.<br />
Nel presente anno scolastico, che<br />
nelle Filippine inizia a giugno, su 31<br />
allievi sono appena 7 gli audiolesi,<br />
mentre gli altri iscritti sono giovani<br />
con paralisi cerebrale o con ritardo<br />
mentale o con sindrome di Down<br />
(mongoloidi) o autistici o iperreattivi<br />
o affetti da disturbi del linguaggio,<br />
sicché urgeva ampliare la Sezione di<br />
Riabilitazione e Socializzazione col<br />
darle una separata Aula di Terapia<br />
Occupazionale, da affidare a fra Gian<br />
Marco L. Languez.<br />
Nell’attesa che ci siano sufficienti<br />
fondi per affrontare la costruzione di<br />
un nuovo edificio scolastico nella<br />
contigua area comprata a tal fine e<br />
nel quale intendiamo avviare anche<br />
corsi per l’Avviamento Professionale<br />
dei Disabili, abbiamo riorganizzato<br />
al pianterreno la distribuzione dei<br />
locali dell’Ambulatorio, rendendo<br />
libero un vasto ambiente, sito giusto<br />
di fronte all’ascensore della Scuola e<br />
che ora servirà per le sedute di Terapia<br />
Occupazionale. La nuova Aula,<br />
dopo avervi collocato un tappeto plastico<br />
antiurto e dei tramezzi per delimitare<br />
due box al cui interno il disabile<br />
sia meno portato a distrarsi, è<br />
stata benedetta il 16 settembre dal<br />
Vicario Apostolico di Taytay, il<br />
nostro amico vescovo, mons. Edgardo<br />
S. Juanich.<br />
FRONTE COMUNE<br />
L’enorme area urbana di oltre 600<br />
km² e più di dodici milioni di abitanti<br />
che i turisti chiamano Manila, in<br />
realtà non è una città, ma una Regione,<br />
che si chiama Metro Manila e si<br />
distingue dalle altre in quanto è la<br />
sola a non aver campagne, poiché i<br />
suoi 17 Comuni sono interamente<br />
edificati, senza alcuna soluzione di<br />
continuità tra di loro. Dei 17 Comuni,<br />
solo quello in cui siamo noi si<br />
chiama davvero Manila ed ha circa<br />
due milioni di residenti ufficiali, oltre<br />
a innumerevoli clandestini, per lo più<br />
poverissimi.<br />
Da settembre, per affrontare uno<br />
dei tanti problemi sociali di queste<br />
masse di poveri, è entrato in vigore<br />
un accordo, rinnovabile annualmente,<br />
che ci vede impegnati ad offrire<br />
per i poveri della Città di Manila<br />
interventi gratuiti in campo oculistico,<br />
agendo in fronte comune con il<br />
Municipio di Manila, l’Ospedale del<br />
La benedizione della nuova Aula.<br />
MISSIONI FILIPPINE<br />
Intervento di cataratta da noi.<br />
Bambin Gesù, il Rotary Club di<br />
Manila e la Società Medica di Manila.<br />
I pazienti vengono visitati da noi o<br />
nel citato Ospedale o in quello<br />
Comunale di Tondo; i medici volontari<br />
sono messi a disposizione o dalla<br />
Società Medica o dall’Ospedale del<br />
Bambin Gesù; le attrezzature da noi o<br />
dall’Ospedale del Bambin Gesù o<br />
dalla Società Medica o dal Rotary<br />
Club; gli interventi chirurgici maggiori<br />
sono effettuati o nell’Ospedale<br />
del Bambin Gesù o da noi; quelli<br />
minori, anche nell’Ambulatorio della<br />
Società Medica o nell’Ospedale di<br />
Tondo.<br />
In questo fronte comune il nostro<br />
contributo è tener aperto tre mattine a<br />
settimana l’Ambulatorio Oculistico,<br />
dove finora sono confluiti circa 400<br />
pazienti; nel nostro piccolo blocco<br />
operatorio sono state finora eseguiti<br />
<strong>10</strong>8 interventi di cataratta.<br />
23
I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO<br />
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.<br />
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:<br />
CURIA GENERALIZIA<br />
www.ohsjd.org<br />
• ROMA<br />
Centro Internazionale Fatebenefratelli<br />
Curia Generale<br />
Via della Nocetta 263 - Cap 00164<br />
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637<strong>10</strong>2<br />
E-mail: segretario@ohsjd.org<br />
Ospedale San Giovanni Calibita<br />
Isola Tiberina 39 - Cap 00186<br />
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001<br />
E-mail: frfabell@tin.it<br />
Sede della Scuola Infermieri<br />
Professionali “Fatebenefratelli”<br />
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli<br />
Via della Luce 15 - Cap 00153<br />
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308<br />
E-mail: fbfisola@tin.it<br />
Ufficio Stampa Fatebenefratelli<br />
Lungotevere deʼ Cenci 4 - Cap 00186<br />
Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492<br />
E-mail: ufstampa@tiscali.it<br />
• CITTÀ DEL VATICANO<br />
Farmacia Vaticana<br />
Cap 00120<br />
Tel 06.69883422<br />
Fax 06.69885361<br />
PROVINCIA ROMANA<br />
www.provinciaromanafbf.it<br />
• ROMA<br />
Curia <strong>Provincia</strong>le<br />
Via Cassia 600 - Cap 00189<br />
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794<br />
E-mail: curia@fbfrm.it<br />
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali<br />
“San Giovanni di Dio”<br />
Via Cassia 600 - Cap 00189<br />
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536<br />
E-mail: centrostudi@fbfrm.it<br />
Sede dello Scolasticato della <strong>Provincia</strong><br />
Centro Direzionale<br />
Via Cassia 600 - Cap 00189<br />
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520<br />
Ospedale San Pietro<br />
Via Cassia 600 - Cap 00189<br />
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424<br />
www.ospedalesanpietro.it<br />
• GENZANO DI ROMA<br />
Istituto San Giovanni di Dio<br />
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045<br />
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052<br />
www.istitutosangiovannididio.it<br />
E-mail: vocazioni@fbfgz.it<br />
Sede del Noviziato Interprovinciale<br />
• PERUGIA<br />
Centro San Niccolò<br />
Porta Eburnea<br />
Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121<br />
Tel e Fax 075.5729618<br />
• NAPOLI<br />
Ospedale Madonna del Buon Consiglio<br />
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123<br />
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643<br />
www.ospedalebuonconsiglio.it<br />
• BENEVENTO<br />
Ospedale Sacro Cuore di Gesù<br />
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82<strong>10</strong>0<br />
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935<br />
www.ospedalesacrocuore.it<br />
• PALERMO<br />
Ospedale Buccheri-La Ferla<br />
Via M. Marine 197 - Cap 90123<br />
Tel 091.479111 - Fax 091.477625<br />
www.ospedalebuccherilaferla.it<br />
• ALGHERO (SS)<br />
Soggiorno San Raffaele<br />
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041<br />
MISSIONI<br />
• FILIPPINE<br />
San Juan de Dios Charity Polyclinic<br />
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo <strong>10</strong>01 Manila<br />
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918<br />
E-mail: ohmanila@yahoo.com<br />
Sede dello Scolasticato e Postulantato<br />
della Delegazione <strong>Provincia</strong>le Filippina<br />
San Ricardo Pampuri Center<br />
26 Bo. Salaban<br />
Amadeo 4119 Cavite<br />
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737<br />
E-mail: fpj026@yahoo.com<br />
http://bahaysanrafael.weebly.com<br />
Sede del Noviziato della Delegazione<br />
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA<br />
www.fatebenefratelli.it<br />
• BRESCIA<br />
Centro San Giovanni di Dio<br />
Via Pilastroni 4 - Cap 25125<br />
Tel 030.35011 - Fax 030.348255<br />
centro.sangiovanni.di.dio@fatebenefratelli.it<br />
Sede del Centro Pastorale <strong>Provincia</strong>le<br />
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico<br />
San Giovanni di Dio<br />
Via Pilastroni 4 - Cap 25125<br />
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513<br />
E-mail: irccs@fatebenefratelli.it<br />
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri<br />
Fatebenefratelli onlus<br />
Via Corsica 341 - Cap 25123<br />
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386<br />
E-mail: asilonotturnopampuri@libero.it<br />
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)<br />
Curia <strong>Provincia</strong>le<br />
Via Cavour 2 - Cap 20063<br />
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285<br />
Sede del Centro Studi e Formazione<br />
Sede Legale<br />
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123<br />
e-mail: prcu.lom@fatebenefratelli.org<br />
Centro Sant’Ambrogio<br />
Via Cavour 22 - Cap 20063<br />
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332<br />
E-mail:a s.ambrogio@fatebenefratelli.it<br />
• ERBA (CO)<br />
Ospedale Sacra Famiglia<br />
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036<br />
Tel 031.638111 - Fax 031.640316<br />
E-mail: sfamiglia@fatebenefratelli.it<br />
• GORIZIA<br />
Casa di Riposo Villa San Giusto<br />
Corso Italia 244 - Cap 34170<br />
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988<br />
E-mail: s.giusto@fatebenefratelli.it<br />
• MONGUZZO (CO)<br />
Centro Studi Fatebenefratelli<br />
Cap 22046<br />
Tel 031.650118 - Fax 031.617948<br />
E-mail: monguzzo@fatebenefratelli.it<br />
• ROMANO D’EZZELINO (VI)<br />
Casa di Riposo San Pio X<br />
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060<br />
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153<br />
E-mail: s.piodecimo@fatebenefratelli.it<br />
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)<br />
Centro Sacro Cuore di Gesù<br />
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078<br />
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384<br />
E-mail: scolombano@fatebenefratelli.it<br />
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)<br />
Beata Vergine della Consolata<br />
Via Fatebenetratelli 70 - Cap <strong>10</strong>077<br />
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175<br />
E-mail: sanmaurizio@fatebenefratelli.it<br />
Comunità di accoglienza vocazionale<br />
• SOLBIATE (CO)<br />
Residenza Sanitaria Assistenziale<br />
San Carlo Borromeo<br />
Via Como 2 - Cap 22070<br />
Tel 031.802211 - Fax 031.800434<br />
E-mail: s.carlo@fatebenefratelli.it<br />
Sede dello Scolasticato<br />
• TRI<strong>VO</strong>LZIO (PV)<br />
Residenza Sanitaria Assistenziale<br />
San Riccardo Pampuri<br />
Via Sesia 23 - Cap 27020<br />
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088<br />
E-mail: s.r.pampuri@fatebenefratelli.it<br />
• VARAZZE (SV)<br />
Casa Religiosa di Ospitalità<br />
Beata Vergine della Guardia<br />
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019<br />
Tel 019.93511 - Fax 019.98735<br />
E-mail: bvg@fatebenefratelli.it<br />
• VENEZIA<br />
Ospedale San Raffaele Arcangelo<br />
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121<br />
Tel 041.783111 - Fax 041.718063<br />
E-mail: s.raffaele@fatebenefratelli.it<br />
Sede del Postulantato e dello Scolasticato<br />
della <strong>Provincia</strong><br />
• CROAZIA<br />
Bolnica Sv. Rafael<br />
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga<br />
Sumetlica 87 - 35404 Cernik<br />
E-mail: frakristijan@fatebenefratelli.it<br />
MISSIONI<br />
• ISRAELE - Holy Family Hospital<br />
P.O. Box 8 - 16<strong>10</strong>0 Nazareth<br />
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576<strong>10</strong>1<br />
Altri religiosi Fatebenefratelli sono presenti in:<br />
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu<br />
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé<br />
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu<br />
Tanguiéta - B.P. 7